salute e potere - humandevelopment.va

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Atti della XVI Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute su Salute e Potere 15-16-17 novembre 2001 Nuova Aula del Sinodo Città del Vaticano DOLENTIUM HOMINUM N. 49 — anno XVII — N. 1, 2002 RIVISTA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DELLA SALUTE

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Atti della XVIConferenza

Internazionale

promossa dal Pontificio Consiglio

per la Pastorale della Salutesu

Salutee Potere

15-16-17 novembre 2001

Nuova Aula del SinodoCittà del Vaticano

DOLENTIUM HOMINUMN. 49 — anno XVII — N. 1, 2002

RIVISTA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DELLA SALUTE

Page 2: Salute e Potere - humandevelopment.va

DIREZIONE

S.E. MONS. JAVIER LOZANO BARRAG�N, DirettoreS.E. MONS. JOS� L. REDRADO, O.H., Redattore CapoP. FELICE RUFFINI, M.I., Segretario

COMITATO DI REDAZIONE

BENEDETTINI P. CIROBOLIS DR.A LILIANACUADRON SR. AURELIAD�ERCOLE DON GIOVANNIEL-HACHEM DR.A MAYAGRIECO P. GIANFRANCOHONINGS P. BONIFACIOIRIGOYEN MONS. JES�SJOBLIN P. JOSEPHMAGNO DON VITONEROZZI-FRAJESE DR.A DINAPLACIDI ING. FRANCOSANDRIN P. LUCIANOTADDEI MONS. ITALO

CORRISPONDENTI

BAUTISTA P. MATEO, ArgentinaCASSIDY MONS. J. JAMES, U.S.A.

DELGADO DON RUDE, SpagnaFERRERO P. RAMON, Mozambico

GOUDOTE P. BENOIT, Costa d�AvorioLEONE PROF. SALVINO, ItaliaPALENCIA P. JORGE, MessicoPEREIRA DON GEORGE, IndiaVERLINDE SIG.A AN, Belgio

WALLEY PROF. ROBERT, Canada

TRADUTTORI

CHALON DR.A COLETTEFARINA SIG.A ANTONELLAFFORDE PROF. MATTHEW

GRASSER P. BERNARD, M.I.QWISTGAARD SIG. GUILLERMO

Direzione, Redazione, Amministrazione: PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA PASTORALE DELLA SALUTECITT¸ DEL VATICANO; Tel. 06.698.83138, 06.698.84720, 06.698.84799,

Fax: 06.698.83139 - www.healthpastoral.org - E-MAIL: [email protected]

Pubblicazione quadrimestrale. Abbonamento: 32 € per Europa, 30 $ per extra Europacompresa spedizione

Realizzazione a cura della Editrice VELAR S.p.A., Gorle (BG)

In copertina: Vetrata di P. Costantino Ruggeri

Spedizione in abbonamento postale - art. 2, comma 20/c, legge 662/96 - Roma

Page 3: Salute e Potere - humandevelopment.va

LISTA DEI MEMBRI E CONSULTORI

Indirizzo d’omaggio al Santo PadreS.E. Mons. Javier Lozano Barragán

Discorso del Santo Padre

SALUTE E POTERE

Saluto di aperturaS.E. Mons. Javier Lozano Barragán

I. PROLUSIONE

Dimensione teologica.Parola di Dio. Salute e PotereS.Em.za Card. Fiorenzo Angelini

II. LA REALTÀ

1. Il potere dell’economia nel campo della saluteProf. Jean Foyer

2. Potere e politica di assistenza sanitariaProf. Michael F. Collins

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3. Potere, salute e societàProf. Vincenzo Maria Saraceni

4. L’informazione medico-scientificaDott. Luciano Onder

5. Il potere dei professionisti della saluteDott. Salvador Rofes i Capo

6. Potere dell’industria farmaceuticaProf. Eric-Paul Pâques

7. Potere religioso e saluteProf. Pierluigi Zucchi, S.O.

III. ILLUMINAZIONE DELLA REALTÀ

1. Potere e salute nella storiaProf. Diego Gracia Guillén

2. Riflessione teologica sul potere e la saluteS.E. Mons. Rino Fisichella

3. Le frontiere morali di Potere e SaluteP. Brian Johnstone, C.SS.R.

Sommario

giovedì15

novembre

venerdì16

novembre

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4. L’atteggiamento ecclesialedavanti a “potere e salute”Mons. Sergio Pintor

5. Il dialogo interreligioso

5.1. L’IslamDott. Dalil Boubakeur

5.2. La filosofia indù offre delle soluzioniDott. A.R.K. Pillai

5.3. Il BuddismoDott. Chin-Lon Lin

IV. AZIONI CONCRETE DA REALIZZARE

1. Cosa fare nell’economia e saluteDott. Francesco Silvano

2. Il potere nella ricerca sanitaria e i mezzi di comunicazioneS.E. Mons. John P. Foley

3. Che fare con il potere dei professionisti della medicina?Mons. Ignacio Carrasco de Paula

4. Azioni pratiche da promuovere in relazione al potere delle industrie farmaceuticheDott. Bernd Pastors

5. Il potere e la salute nelle strutture nazionali e internazionaliDott. Fernando S. Antezana Araníbar

6. Cosa fare in relazione alla politica degli StatiDott. Eduardo R. Mondino

7. Educare alla relazione tra tutti i soggetti della curaP. Luciano Sandrin, M.I.

8. Azioni pratiche da promuovereper gli Ospedali e gli altri Centri SanitariDott. Edgar Widmer

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sabato17

novembre

Le illustrazioni di questo numero sono tratte dal libro:“Caeli Novi et Terra Nova.

L’evangelizzazione del nuovo mondo attraverso i libri ed i documenti anteriori al 1600

presenti nell’Archivio e nella Biblioteca del Vaticano”a cura di Isaac Vazquez Janeiro OFM,

Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano, 1992

Page 5: Salute e Potere - humandevelopment.va

MEMBRI

S.Em.za Card. Nasrallah Pierre SFEIRPatriarca di Antiochia dei MaronitiLibano

S.Em.za Card. Ricardo J. VIDAL Arcivescovo di CebuFilippine

S.Em.za Card. Andrzej Maria DESKUR Presidente emerito del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni SocialiSanta Sede

S.Em.za Card. José Freire FALCÃOArcivescovo di BrasiliaBrasile

S.Em.za Card. Michele GIORDANOArcivescovo di NapoliItalia

S.Em.za Card. Jaime Lucas ORTEGA y ALAMINO Arcivescovo di San Cristóbal de La Habana, Cuba

S.Em.za Card. José SARAIVA MARTINS Prefetto della Congregazione per le Cause dei SantiSanta Sede

S.E. Mons. Tarcisio BERTONE, S.D.B.Arcivescovo emerito di VercelliSegretario della Congregazione per la Dottrina della FedeSanta Sede

S.E. Mons. Charles A.SCHLECK, C.S.C.Arcivescovo tit. di AfricaSegretario aggiunto emerito della Congregazione per l’Evangelizzazione dei PopoliSanta Sede

S.E. Mons.Elio SGRECCIA Vescovo tit. di Zama minoreVice Presidente della Pontificia Accademia per la VitaSanta Sede

S.E. Mons.Jorge Enrique JIMÉNEZ CARVAJALVescovo di ZipaquiráPresidente del CELAMColombia

S.E. Mons. Giuseppe PITTAU, S.I.Arcivescovo tit. di Castro di SardegnaSegretario della Congregazione per l’Educazione CattolicaSanta Sede

S.E. Mons. Thomas Kwaku MENSAHVescovo di ObuasiGhana

S.E. Mons. Peter Joseph CONNORSVescovo di BallaratAustralia

S.E. Mons. Joseph Leo CHARRON Vescovo di Des MoinesStati Uniti d’America

S.E. Mons. José Dimas CEDEÑO DELGADOArcivescovo di PanamáPanama

S.E. Mons. Carlos AMIGO VALLEJOArcivescovo di SevillaSpagna

S.E. Mons. James Mathew WINGLEVescovo di Saint CatharinesCanada

S.E. Mons. Thumma BALAVescovo di WarangalIndia

S.E. Mons. Wladys‡aw ZIÓ£EKArcivescovo di £ód…Polonia

S.E. Mons. Jacques PERRIERVescovo di Tarbes et LourdesFrancia

S.E. Mons. Serafim DE SOUSA FERREIRA E SILVAVescovo di Leiria-FátimaPortogallo

S.E. Mons. Jacinto GUERRERO TORRESVescovo di TlaxcalaMessico

Rev.P. Anthony Frank MONKSSuperiore Generale dei Padri Camilliani

Rev.P. Pascual PILES FERRANDO, Priore Generale dell’Ordine Ospedaliero di S. Giovanni di Dio

Rev.P. Angelo BRUSCO, M.I.Già Superiore Generale dei Padri Camilliani

Rev.da Sr. María del Camino AGÓS MUNÁRRIZSuperiora Generale delle Suore Ospedaliere del S. Cuore di Gesù

Rev.da Sr. Serafina DALLA PORTASuperiora Generale delle Figlie di San Camillo

Rev.da Sr Juana ELIZONDOSuperiora Generale delle Figlie della Carità di S. Vincenzo de’ Paoli

Prof. Juan de Dios VIAL CORREAPresidente della Pontificia Accademia per la VitaRettore dell’Università Cattolica di Santiago de Chile

Prof. Gian Luigi GIGLIPresidente della F.I.A.M.C.

Barone Albrecht von BOESELAGER Grand’Ospedaliere del Sovrano Ordine Militare di Malta

Dott. Marcello SACCHETTIPresidente dell’Associazione di Volontariato “Circolo San Pietro”Roma, Italia

Prof. Alain LEJEUNEPresidente della F.I.P.C.

CONSULTORI

S.E. Mons. Ing. Renato DARDOZZIAccademico Onorario della Pontificia Accademia delle Scienze

Membri e Consultori del nostro DicasteroL’elenco dei Membri e Consultori del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute,

a seguito di nuova nomina o riconferma del Santo Padre, risulta così composto:

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Mons. James P. CASSIDYPresidente Onorario dell’AISACStati Uniti d’America

Mons. Ignacio CARRASCO DE PAULAProfessore Ordinario di Bioetica all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma

Mons. Krzysztof SZCZYGIEL Direttore dell’Istituto di Bioetica della Pontificia Accademia di Teologiadi Cracovia, Polonia

Mons. Mauro COZZOLIProfessore di Teologia Morale Fondamentale alla Pontificia Università Lateranense

Mons. Sergio PINTORDirettore dell’Ufficio Nazionale per la Pastorale Sanitaria della C.E.I.Roma

Rev.P. Tadeusz STYCZEN, S.D.S.Professore di Etica all’Università Cattolica di LublinoPolonia

Rev.P. Bonifacio HONINGS, O.C.D.Professore emerito di Teologia Morale alla Pontificia Università LateranenseRoma

Rev.P. Joseph JOBLIN, S.I.Assistente Ecclesiastico del C.I.C.I.A.M.S.

Rev.P. Rudesindo DELGADO PÉREZAssessore Ecclesiastico Nazionale della PROSACMadrid, Spagna

Rev.P. Vitor Francisco Xavier FEYTOR PINTODirettore dell’Ufficio nazionale di Pastorale SanitariaLisbona, Portogallo

Rev.P. Athanase WASWANDIRettore della Università Cattolica del GrabenRep. Democratica del Congo

Rev.P. Ernesto SCIRPOLIPresidente dell’Associazione di Volontariato “Emmaus”Novara

Rev.P. Juvenal ILUNGA MUYAProfessore di Teologia Fondamentale presso la Pontificia Università UrbanianaRoma

Rev.P. Jacques SIMPORÉ, M.I.Docente presso l’Università di Ouagadougou, Burkina Faso

Rev.P. Tony ANATRELLAPsicanalista e Specialista in Psichiatria socialeParigi, Francia

Rev.P. Edward PHILIPS, M.M.Delegato continentale dell’AISACArcidiocesi di Nairobi, Kenya

Rev.P. Mario BIZZOTTO, M.I.Docente presso l’ Istituto di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum”Roma

Rev.P. Carlo CASALONE, S.I.Docente presso la Pontificia Università Gregoriana, Roma

Rev.P. Francisco Cristóbal FERNÁNDEZ SÁNCHEZDocente presso la Pontificia Università UrbanianaRoma

Rev.P. Jerome HALADUS, O.P.Docente presso la Pontificia Università S. Tommaso d’AquinoRoma

Prof.ssa Carla Giuliana BOLISProfessore di Biologia Comparata all’Università degli Studi di MilanoItalia

Sig.ra Birthe LEJEUNEMembro della PontificiaAccademia per la VitaFrancia

Prof.ssa Wanda POLTAWSKAGià Direttrice dell’Istituto di Teologia della Famiglia alla Pontificia Accademia di Cracovia, Polonia

Sig.ra Viviane VERLINDE-BOUTELEGIERSegretaria Generale del C.I.C.I.A.M.S.

Sig.ra Maria Inez LINHARES DE CARVALHO Presidente dell’Associazione dei Medici Cattolici del Brasile

Dott.ssa Fiorenza DERIU BAGNATORicercatrice SocialeRoma

Dott. Bernard NATHANSONDocente presso il “Clinical Associate Medical College”New York, Stati Uniti d’America

Dott. Michael Francis SHANAHANPresidente della “Catholic Doctors Association of Western Australia” Australia

Dott Fernando S. ANTEZANA ARANÍBARGià Vice-Direttore Generale dell’OMSSvizzera

Avv. Maurizio SCELLIGià Segretario Generale dell’UnitalsiRoma

Prof. Corrado MANNIProfessore emerito di Anestesiologiae Rianimazione dell’Università Cattolica del Sacro CuoreRoma

Prof. Bruno SILVESTRINIProfessore di Farmacologia e Farmacognosia presso l’Università “La Sapienza” di Roma, Italia

Prof. Diego GRACIA GUILLÉNProfessore di Storia della Medicina Università Complutense di MadridSpagna

Dott. Antonio CICCHETTIDirettore Generale del Policlinico Gemelli Università Cattolica del Sacro CuoreRoma

Dott. Francis SULLIVANDirettore esecutivo dell’“Australian Catholic Health Care Association”Australia

Dott. Comm. Giorgio FILIBECKAiutante di Studio presso il Pontificio Consiglio della Giustizia e della PaceSanta Sede

Dott. Salvino LEONEDirigente del Servizio di Umanistica Medica della Provincia Romana dei “Fatebenefratelli”, Italia

Dott. Thomas GRACIOUSDocente presso l’“Indira Gandhi National Open University”New Delhi, India

Prof. Pierluigi ZUCCHIDocente di Fisiopatologia e Terapia del dolore e delle cefalee, Università degli studi di Firenze, Italia

Dott. Volodymyr SEMENIVPrimario presso l’ Ospedale “Szeptycky”Lviv, Ucraina

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8 SALUTE E POTERE

Beatissimo Padre:

Vostra Santità ha affidato al nostro Dicasterodella Pastorale della Salute, il far presente la solle-citudine della Chiesa verso gli ammalati e coloroche soffrono, aiutando spiritualmente gli operatorisanitari. Nella presente XVI Conferenza Interna-zionale su “Salute e Potere” abbiamo visto comechi detiene il potere politico, sociale, scientifico,tecnologico, economico e religioso, si presenti an-che come operatore sanitario, occupandosi delcampo della salute. Abbiamo quindi riflettuto sucome mostrare a queste persone, alla luce del Van-gelo, il cammino per ottenere in una maniera piùaccurata e cristiana la salute integrale del mondo.Abbiamo considerato il potere inteso alla luce diDio Padre Onnipotente come “Fare la verità nel-l’amore” (Ef 4, 15), e conseguentemente come ilcammino verso la armonia dell’umanità nel campodella salute. In questa armonia uomini e donne do-

vranno trovare le condizioni propizie per realizza-re la propria salute, concepita come una tensioneverso la pienezza che è la risurrezione di Cristo.

Abbiamo visto l’urgente necessità di applicarequesti criteri alla realtà sanitaria che viviamo. In-fatti, ogni anno le malattie infettive uccidono 17milioni di persone nel mondo, dei quali il 90% vi-ve nei paesi in via di sviluppo. Il 95% dei 34,5 mi-lioni di malati di AIDS non ha risorse economicheper pagare la cura medica necessaria, enormemen-te cara a causa dei brevetti che la proteggono. Nonsono medicamenti aggiornati, con o senza brevetti,per le cosi dette “malattie soltanto per i poveri”,come la tubercolosi, la malaria, il dengue emorra-gico, la leishmaniasis, certe forme di meningite, lamalattia del sonno, il vaiolo, ecc.. Dei 1223 nuovimedicamenti messi sul mercato tra il 1975 e il1997, soltanto 13 furono per la cura di malattie tro-picali infettive. Si stima che il preventivo farma-ceutico mondiale sia tra i 50 e i 60 bilioni di dolla-ri (USA), dei quali soltanto lo 0,2% si dedica alleinfezioni acute respiratorie, alla tubercolosi e allemalattie diarroiche. Queste malattie sono respon-sabili del 18% dei decessi nel mondo attuale1.

Nella Conferenza abbiamo accennato, prese dalVangelo, varie soluzioni a questi e simili problemiche ci presenta l’uso del potere nell’ambito sanita-rio. Vostra Santità molte volte si è riferito alle si-tuazioni d’ingiustizia e al cambiamento necessarioche deve operarsi nel mondo affinché viviamo l’a-more del Signore.

Siamo qui, Santo Padre, scienziati e professiona-li della sanità di circa 60 Nazioni e, con molta gra-titudine per averci concesso questa così importan-te udienza, attendiamo ora da Vostra Santità la Pa-rola che ci guidi e la Benedizione che ci aiuti ad es-sere testimoni “della speranza che non delude” (Ro5, 5) nei campi così ardui e difficili della medicinae della salute.

S.E.Mons. JAVIER LOZANO BARRAGÁNArcivescovo-Vescovo di ZacatecasPresidente del Pontificio Consiglio

per la Pastorale della Salute

Nota1 Médecins sans frontières “MSF” Briefing Note (June 2000) in

htpp://www.accesmed-msf.org

INDIRIZZO D’OMAGGIO AL SANTO PADRE

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9DOLENTIUM HOMINUM N. 49/1-2002

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,Carissimi Fratelli e Sorelle!

1. Sono lieto di porgere il mio cordiale benve-nuto a tutti voi, che partecipate alla sedicesimaConferenza Internazionale, promossa dal Pontifi-cio Consiglio per la Pastorale della Salute sul tema“Salute e potere”.

Rivolgo il mio affettuoso saluto al Presidentedel vostro Pontificio Consiglio, Mons. Javier Lo-zano Barragán, e lo ringrazio per le cortesi paroleche ha voluto indirizzarmi a nome dei presenti.Estendo il mio pensiero a tutti voi, che operate inun campo tanto significativo per la qualità dellavita umana e per l’annuncio del Vangelo.

L’argomento del vostro Congresso è impegnati-vo e complesso, oltre che attuale e urgente; in par-ticolare, esso è singolarmente utile per rinnovarela cultura del servizio alla salute e alla vita, a par-tire dall’attenzione alle persone più deboli e indi-genti.

Ricordavo nella Lettera enciclica Sollicitudo reisocialis che “tra le azioni e gli atteggiamenti op-posti alla volontà di Dio e al bene del prossimo ele strutture che essi inducono, i più caratteristicisembrano oggi soprattutto due: da una parte, labramosia esclusiva del profitto e, dall’altra, la setedel potere col proposito di imporre agli altri la pro-pria volontà... a qualsiasi prezzo” (n. 37).

Mi compiaccio con voi che, in queste giornatedi studio, intendete offrire uno specifico apportoperché nel mondo della salute l’esercizio del pote-re non si ispiri al desiderio di dominio o di profit-to, ma sia animato da sincero spirito di servizio.Come in ogni campo, anche nell’ambito della Sa-nità l’esercizio del potere risulta buono quandopromuove il bene integrale della persona e dell’in-tera comunità.

Quest’armonia si compie pienamente nel mi-stero di Cristo, nel quale il Padre ci ha eletti comefigli adottivi e con la ricchezza della grazia “ci ha

fatto conoscere il mistero della sua volontà, se-condo quanto nella sua benevolenza aveva in luiprestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tem-pi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte lecose, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef1,9-10).

2. Con questa vostra Conferenza Internazionale,voi intendete compiere, alla luce del dato rivelato,una lettura approfondita della realtà della salutesecondo ogni suo aspetto. Nel mondo della salutes’incontrano ed interagiscono diversi generi di po-tere: da quello economico e politico a quello lega-

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Nel mondo della salute l’esercizio del poterenon si ispiri al desiderio di dominio o di profitto, ma sia animato da sincero spirito di servizio

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10 SALUTE E POTERE

to ai mezzi di comunicazione, da quello professio-nale a quello delle industrie farmaceutiche, dal po-tere degli organismi nazionali e internazionali aquello delle organizzazioni religiose.

Tutto ciò dà origine a una fitta rete di interventiin cui, da una parte, si evidenziano le immensepossibilità esistenti per migliorare il servizio allavita e alla salute e, dall’altra, è messo in luce il ri-schio di poteri esercitati in modo non rispettosodella vita e dell’uomo.

A una realtà tanto vasta e complessa la vostra ri-flessione intende offrire elementi preziosi per undiscernimento etico e pastorale, valorizzando an-che i contributi che scaturiscono da un rispettosodialogo interreligioso.

Confido che da questi giorni di studio emerganoutili indicazioni, specialmente per quanto concer-ne l’azione sociale e spirituale della Chiesa nelcampo della cura della salute, considerata nellasua globalità.

Per comprendere e vivere correttamente ogniforma di “potere” nel mondo della salute, è neces-sario tenere fisso lo sguardo su Cristo. È Lui, ilVerbo fatto carne, che ha preso su di sé le nostreinfermità per guarirle. È Lui che, venuto non peressere servito ma per servire, ci insegna a esercita-re ogni forma di potere come servizio alla perso-na, specie se debole e fragile. È Lui che ha assun-to l’umanità dolorante per restituirle il volto trasfi-gurato della risurrezione.

3. Nell’andare incontro alle persone in condi-zione di malattia, di sofferenza o di disabilità, laChiesa è mossa dal desiderio di annunciare e testi-moniare il Vangelo della vita. Così facendo, al

tempo stesso, essa offre un apporto concreto per lacostruzione armonica della società.

Di fronte ad una diffusa cultura di indifferenzae, talora, di disprezzo per la vita, dinanzi alla spre-giudicata ricerca di predominio da parte di alcunisugli altri, con la conseguente emarginazione deipoveri e deboli, è più che mai necessario offriresaldi criteri, perché l’esercizio del potere nel mon-do della salute si ponga in ogni situazione al servi-zio della dignità della persona umana e del benecomune.

Colgo volentieri l’occasione per lanciare unpressante appello a chi in quest’importante settoredetiene ruoli di responsabilità, perché in spirito dicollaborazione costruttiva si adoperi per promuo-vere un’effettiva cultura della solidarietà, tenendoconto delle condizioni di coloro che vivono inPaesi segnati da preoccupante indigenza materia-le, culturale e spirituale.

In tal senso, mi faccio portavoce di ogni perso-na malata e sofferente, come pure dei popoli feritidalla povertà e dalla violenza, perché anche per lo-ro e per tutta l’umanità sorga un futuro di giustiziae di solidarietà.

Quanti hanno il dono della fede si sentano inspecial modo impegnati a testimoniare con il lorocomportamento la speranza evangelica. Soltantocon l’amore e con il servizio, in effetti, si è in gra-do di curare e di guarire, ponendo in tal modo lebasi d’un mondo rinnovato.

Con questi voti, affido i lavori della vostra Con-ferenza e le vostre persone alla materna protezio-ne della Vergine Santa, e di cuore imparto a cia-scuno una speciale Benedizione Apostolica.

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Salute e Potere

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12 SALUTE E POTERE

Ho il piacere di inaugurare que-sta Conferenza Internazionale su“Salute e Potere” rivolgendo un ca-loroso saluto a tutti voi.

Nella lettera agli Efesini (4,15)troviamo una frase di San Paoloche mi sembra possa sintetizzare lafinalità che intendiamo perseguirein questo Congresso. La versionenel testo greco recita: alezeian dèpoiountes en ‘agape che traduceletteralmente il testo latino: “Veri-tatem autem facientes in caritate”,cioè facendo la verità nell’amore.Questo, dice San Paolo, è quelloche dobbiamo fare per crescere co-me Corpo di Cristo di cui Egli è ca-po e “dal quale tutto il corpo, bencompaginato e connesso, mediantela collaborazione di ogni giuntura,secondo l’energia propria di ognimembro, riceve forza per crescerein modo da edificare se stesso nellacarità” (v. 16). La strada quindi èquella di fare la verità nell’amore.Penso che sia questo il potere au-tentico. Il potere, infatti, non consi-ste solo nel fare qualcosa, bensì nel

farla secondo la propria verità e, inpiù, perché sia autentico potere,dobbiamo farla nell’amore.

Così è Dio nostro Signore; DioPadre è onnipotente perché pro-nuncia la verità piena, che è suo Fi-glio, e lo fa con l’Amore, che è loSpirito. Il potere autentico è la San-tissima Trinità, il potere autenticodi fare la verità nell’amore. La pic-cola frase che recitiamo all’iniziodel Credo, “Credo in Dio PadreOnnipotente”, ci addentra nel mi-stero di Dio e spiega la nostra fede.

Come quindi fare la verità nel-l’amore nel campo della salute edella medicina? È questo il temadel nostro Congresso. Il potere au-tentico è composto di tre fattori:forza, verità e amore. Forza, più in-telligenza, più amore. La salute e lamedicina attuale sono forza, più in-telligenza, più amore? Quale è larealtà dei giorni nostri? Come pro-cedere perché tanto la salute quan-to la medicina siano un vero pote-re? In cosa consiste l’autentico po-tere curativo?

Rispondere a questi interrogati-vi è l’obiettivo di questo Congres-so il cui tema è proprio “Potere eSalute”. Cominceremo con una vi-sione d’insieme che sarà sviluppa-ta dall’Em.mo Card. Fiorenzo An-gelini nella prolusione iniziale sul-la prospettiva teologica nella Paro-la di Dio su salute e potere. Poi,scienziati prestigiosi e altamentecompetenti nel ramo della medici-na e teologi eminenti di diverseparti del mondo, svilupperanno va-ri temi che saranno suddivisi in treparti: la prima riguarderà la situa-zione attuale del potere e della sa-lute nella realtà che viviamo; la se-conda contemplerà in dettaglio ilpiano di Dio su potere e salute, e laterza ci inviterà a intraprendere li-nee concrete di condotta per avvi-cinarci nel migliore dei modi alpiano di Dio e poter fare la veritànell’amore.

Non voglio terminare questabreve introduzione senza primaringraziare di tutto cuore il Cardi-nale Angelini, mio degnissimo pre-decessore come Presidente delPontificio Consiglio per la Pastora-le della Salute, e tutti gli oratori emoderatori di questo Congresso.Ringrazio altresì per la presenza at-tiva di tutti i partecipanti. Comepotrete vedere dal programma invostro possesso, abbiamo riservatoalcuni spazi al dialogo, che risul-terà senza dubbio molto interessan-te e nel quale tutti voi potrete libe-ramente intervenire.

Vi ringrazio di nuovo per la vo-stra partecipazione. Siate i benve-nuti.

S.E.Mons. JAVIER LOZANO BARRAGÁN

Arcivescovo-Vescovo di ZacatecasPresidente del Pontificio Consiglio

per la Pastorale della Salute

JAVIER LOZANO BARRAGÁN

Saluto di apertura

giovedì 15

novembre

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13DOLENTIUM HOMINUM N. 49/1-2002

L’argomento scelto per la prolu-sione di questa XVI Conferenza In-ternazionale è tanto vasto da poterapparire, a prima vista, generico,tanto sono onnicomprensivi i con-cetti di salute e di potere.

Il titolo del tema assegnatomi,tuttavia, lo circoscrive fortemente,poiché si richiama al rapporto di po-tere e salute con la dimensione teo-logica e la Parola di Dio.

Vorrei, tuttavia, premettere qual-che riflessione.

Potere e salute sono concetti glo-bali. Quale potere? Quale salute?

Secondo l’impostazione data alprogramma di questa Conferenza èla salute stessa, intesa come salutefisica, psichica e spirituale e comesanità, a costituire il primo, il piùuniversale e il più vasto potere, dalmomento che, come si legge, “inquanto forza orientata alla vita, essacostituisce il potere autentico”1.

Mi pare perciò, che sotto questoaspetto, nella nozione di salute sivoglia includere anche quello di sa-nità che, almeno nell’uso corrente,è piuttosto l’insieme delle istituzio-ni, delle leggi e delle politiche alservizio della salute2.

Poiché trattiamo l’argomento Sa-lute e Potere dal punto di vista dellateologia cristiana e della Parola diDio, ne consegue che con il termineSalute si vuole significare tutto ciòche concerne la prevenzione, la dia-gnosi, la terapia e la riabilitazioneper il migliore equilibrio fisico, psi-chico e spirituale della persona nel-la prospettiva di quella salute cheapproda al concetto di salvezza.

Termine e concetto di potere, allaluce della visione cristiana della vi-ta, non si riferiscono affatto alla no-zione di dominio3, bensì a quella diservizio4.

Servire la salute, è collocarsi nel-la linea del disegno della salvezzache è salute nel senso più pieno edesaustivo del termine5. Farlo con ilmassimo impegno, con efficacia econ credibilità significa esercitarenel modo più idoneo il potere nellasua dimensione di servizio.

A questo punto, di fronte a temitanto impegnativi, non dovremmoforse chiederci che significato assu-mono tanti convegni, tante confe-renze, tante frasi che, se prese sulserio, dovrebbero tradursi in altret-tante iniziative concrete?

Ci siamo mai chiesti se crediamoveramente a quello che ci sembranon solo doveroso, ma a volte addi-rittura spontaneo ed ovvio afferma-re ad alta voce?

Ci rendiamo veramente conto diquali conseguenze concrete dovreb-bero farsi carico tante affermazionidi principio che, in sede di congres-si, convegni, simposi, vengono per-sino entusiasticamente applaudite?

Nella Lettera apostolica NovoMillennio Ineunte, il Papa ha messoin guardia dal rischio di “affogare inun mare di parole” prive di efficaciae di credibilità6.

Nel corso della fase che precedet-te l’istituzione del Dicastero Ponti-ficio per la Pastorale degli Operato-ri sanitari, feci più volte osservareche, di fatto, la sua istituzione risali-va direttamente a Cristo. Egli, nel-

l’assolvere la sua missione, associòsempre alla predicazione il servizioai malati e ai sofferenti nel corpo enello spirito. Tanto è vero – comeribadì Giovanni Paolo II nel docu-mento istitutivo del dicastero – che“la Chiesa, nel corso dei secoli, hafortemente avvertito il servizio aimalati e ai sofferenti come parte in-tegrante della sua missione”7.

Questo assunto teologico, larga-mente attestato dalla Sacra Scrittu-ra, è anche una verità che, dal puntodi vista umano, deve considerarsiovvia. La salute, e quindi la vita, è ilpiedistallo di tutto. Di qualsiasi pro-blema si tratti, il presupposto è lavita.

Se c’è un tema che davvero non sipresta a disquisizioni accademiche èproprio quello della vita. Lo dobbia-mo alla vita se siamo qui, se possia-mo parlare di potere e di salute.

I drammatici eventi in corso han-no spinto l’umanità a riscoprire ilvalore prioritario della vita, la qualepuò essere oggi aggredita nelle for-me più sottili ed impensabili.

È di questi giorni l’importantedocumento interdicasteriale: La sa-lute riproduttiva dei rifugiati direttoalle Conferenze episcopali nelmondo; dobbiamo domandarci qua-le attuazione avrà nella vasta operadi evangelizzazione7bis.

Eppure, se andiamo a rileggeretante affermazioni e conclusioni ap-provate all’unanimità anche nellesedi più autorevoli, i rischi di gra-vissimi attacchi alla vita sono statisempre segnalati e addirittura previ-sti. Con quali risultati?

FIORENZO ANGELINI

Dimensione teologica. Parola di Dio.Salute e Potere

I. PROLUSIONE

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14 SALUTE E POTERE

In una conferenza internazionaleche ha scelto un tema tanto impe-gnativo, o si prendono le verità es-senziali disinvoltamente accettatecome ragione per guidare il nostrooperato, o è preferibile evitare occa-sioni di clamorosa incoerenza.

Nel campo della sanità e della sa-lute abbiamo esempi che hanno se-gnato e continuano a segnare la sto-ria con una segnaletica inconfondi-bile. È la segnaletica del fare, direndere operante la fede attraversola carità, cioè il servizio agli altri(cfr. Gal 5, 6).

San Camillo de Lellis non si li-mitò a dire che per lui i malati, so-prattutto i più ripugnanti, erano dei“principi”, li servì e li amò comeprincipi. Eppure, tra le ultimeespressioni di San Camillo morenteci fu anche questa: “Signore, ioconfesso di non aver fatto niente dibene...”8.

San Giovanni di Dio, grande in-novatore dell’assistenza sanitaria esanto, si firmava “frate Zero”9.

Albert Schweitzer avvertì comeinsopprimibile, in materia di difesae di promozione della vita, il biso-gno di passare dalle parole ai fatti edi tutta la sua opera, è Lambarené ilsuo capolavoro. Lo stesso fecero iServi di Dio: Marcello Candia, l’A-bate Ildebrando Gregori, Madre Te-resa di Calcutta, e innumerevoli te-stimoni sconosciuti e silenziosi.

Ho premesso queste considera-zioni poiché ritengo doveroso, incircostanze di rilevanza scientificae accademica caratterizzate dal di-scorso sulla salute e sulla vita, sot-

tolineare l’importanza di essereconsapevoli della necessità di unasaldatura forte tra le parole e i fatti,tra le affermazioni di principio e laloro applicazione.

Come l’uomo ha bisogno del ser-vizio alla vita e unità psicosomati-ca, così coloro che si impegnano nelservizio alla vita devono intenderela loro dedizione, a tutti i livelli – diricerca, di studio, di assistenza –non in maniera settoriale, ma totale.

A tutto l’uomo ci si dedica contutto l’uomo; a chi ha bisogno ditutto, si da tutto noi stessi.

Consentitemi il ricordo di un ri-chiamo che, a quasi vent’anni di di-stanza, suona ancora attuale, anchese non è rimasto, finalmente, deltutto inascoltato, essendo stato re-cepito dal recentissimo Sinodo epi-scopale.

Nel 1983 si tenne l’Assembleaordinaria del Sinodo dei Vescovi sultema: La riconciliazione e la peni-tenza nella missione della Chiesa.Negli interventi dei 197 Padri sino-dali non si ebbe neppure un accen-no al malato e al mondo della salu-te. Era presente come semplice “au-ditore invitato a parlare” l’alloraSuperiore generale dei Fatebenefra-telli, Fra Pierluigi Marchesi. Nelsuo intervento, dopo essersi chiestodove si sarebbe collocato Cristo sel’assemblea sinodale fosse stata ce-lebrata nel suo tempo, andando alcuore del tema della riconciliazio-ne, aggiunse: “Si accusa molte vol-te la medicina moderna, con le suemolteplici infraspecialità, di proce-dere quasi ad una spartizione delmale nelle sue parti anatomiche; percaso, anche la Chiesa non ha forsepartecipato a questa spartizione oc-cupandosi esclusivamente dell’ani-ma del malato e del suo sentire spi-rituale? Noi che per mandato dellaChiesa e dei nostri fondatori siamoaccanto ai malati, dobbiamo evi-denziare un senso di impotenza e diirrilevanza per quello che abbiamoda offrire. Sembra, molte volte, noninteressare più nessuno”10.

La vita non si serve per partes,ma nella sua pienezza e integralità.

Credo, perciò, sia necessario fis-sare con chiarezza e concretezza iprincipi operativi che discendonodalla visione cristiana della salute edalla visione cristiana del potere.Essi si riassumono nei seguenti treenunciati: 1. La dimensione del po-tere e la dimensione del servizio al-

la salute; 2. Non si serve la salute,se non si serve la vita, tutta la vita ela vita di tutti; 3. Il potere come ser-vizio alla vita comporta l’incontrotra giustizia e carità.

1. La dimensione del potere e la dimensione del servizio alla salute

La dimensione del potere comeservizio viene tracciata dalla di-mensione del concetto di salute co-me pienezza della vita. In caso con-trario, non soltanto non si può servi-re la vita, ma neppure si può pensa-re e disquisire su di essa.

Nei confronti della salute così in-tesa, il potere di Gesù non aveva li-miti: Egli “curava ogni infermità”,perché da Lui “usciva una forza chesanava tutti” (Lc 6, 17-19). Gesùsanò i malati nello spirito, i tribolatie gli oppressi, i colpiti da vere eproprie malattie: a Lui, infatti,“conducevano tutti i malati, tor-mentati da varie malattie e dolori,indemoniati, epilettici e paralitici,ed Egli li guariva” (Mt 4, 23-25).

Il potere sanante di Gesù non èesclusivo del Figlio di Dio, non èqualcosa con cui egli integra la suapredicazione e, nello stesso tempo,che si esaurisce in essa insieme aLui: questo potere sanante, o me-glio, questo servizio efficace allavita, fa parte dell’annuncio evange-lico in quanto tale. È un potere cheGesù partecipa ai suoi seguaci. AiDodici, infatti, Gesù “diede il pote-re di scacciare gli spiriti immondi edi guarire ogni sorta di malattie e diinfermità” (Mt 10, 1).

La predicazione del Regno di Diodovrà essere contestuale a questaazione sanante11.

Leggiamo nel vangelo di Matteo:“Gesù inviò i Dodici dopo averlicosì istruiti: ‘Predicate che il regnodi Dio è vicino. Guarite gli infermi,risuscitate i morti, sanate i lebbrosi,cacciate i demoni. Gratuitamenteavete ricevuto, gratuitamente date’”(Mt 10, 7-8).

Nel Vangelo di Luca è ancorapiù chiara l’associazione dei con-cetti di salute e di potere, là dove silegge: “Egli chiamò allora a sé iDodici e diede loro potere e auto-rità su tutti i demoni e di curare lemalattie. E li mandò ad annunziareil Regno di Dio e a guarire gli in-fermi” (Lc 9,1-2).

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Se questa è, per così dire, la cor-nice teologica del rapporto tra salu-te e potere, ne deriva che il potere,inteso come servizio, è servizio allavita che, nella sua pienezza, è salutenel suo significato integrale.

Il problema nasce e moltiplica lesue articolazioni quando si tratta didare attuazione coerente, costrutti-va ed efficace a questo servizio, ilquale non abbraccia soltanto ilmondo della sanità.

Nel concetto di salute rientra an-che quello di sanità, intesa comepolitica, legislazione e programma-zione sanitaria propria di ciascunPaese. Tuttavia, nel concetto speci-fico di sanità potrebbe anche nonrientrare compiutamente il concettopienamente umano e cristiano di sa-lute. Non si tratta di un bisticcio ditermini, poiché il fatto che in alcunelingue sanità e salute siano indicatecon il medesimo termine può indur-re qualche ambiguità.

La salute è un traguardo, la sanitàè l’insieme degli strumenti per rag-giungerlo. Ed è proprio nella indivi-duazione e, soprattutto, nella appli-cazione di questi strumenti che ladimensione teologica del rapportosalute e potere conosce i suoi piùgravi e complessi problemi.

Tanto è vero che in un momentoin cui, nelle società progredite, si èraggiunta la piena socializzazionedell’assistenza sanitaria, si è fattopiù acuto e persino drammatico ilproblema della sua umanizzazione.E questo accade, a mio avviso, per-ché il potere, nel senso di servizioalla salute, è condizionato da fina-lità che ignorano, trascurano e addi-rittura offendono il vero e pienoconcetto di salute che coincide conil vero e pieno concetto di vita.

2. Non si serve la salute, se non si serve la vita, tutta la vita e la vita di tutti

La vita ha una dimensione chetrascende la salute in senso stretto,poiché chiama in causa la sua origi-ne e il suo destino. In questo sensonon esiste un concetto cristiano“esclusivo” di difesa e di promozio-ne della vita, come ha ripetutamen-te affermato Giovanni Paolo II 12,anche se la fede in Dio creatore e inCristo redentore arricchisce una vi-sione esclusivamente razionale del-la vita13.

La salute come pienezza di vita enozione che discende dal profilodella civiltà nella quale intendiamoriconoscerci. La civiltà fa riferi-mento ad una cultura, ma per quan-to attiene alla vita, non possonoaversi culture che ne comportino néin tutto né in parte la negazione oche ne circoscrivano il diritto in ma-niera discrezionale.

Si parla molto oggi impropria-mente di confronto e addirittura discontro tra civiltà. La civiltà retta-mente intesa è civiltà della vita,quindi la civiltà è unica. Le culturepossono essere diverse, ma il loropunto concentrico è il servizio e,quindi, la celebrazione della vita.Come unica è la vita, unica è anchela civiltà che è tale nella misura incui la promuove e la difende.

Senza difendere e promuovere lavita di tutti, non si difende né sipromuove compiutamente neppurela vita dei singoli individui. E que-sto, come ribadisce il Santo Padre,non soltanto in termini di difesa da-gli attentati alla vita, ma come sfor-zo di rigenerare di continuo il tes-suto interiore della cultura stessa, laquale influenza in maniera determi-nante anche le scelte politiche e le-gislative14.

Mentre tuttavia le culture si dif-ferenziano anche in maniera quasiessenziale circa particolari aspettidel conoscere, del progredire e del-l’organizzare sia la vita individualesia il sistema sociale, sulla difesa esulla promozione della salute, cioèdella pienezza di vita, tutti gli esse-ri umani – salvo aberranti eccezio-ni – si incontrano, trattandosi diuna istanza assolutamente insop-primibile.

Se difesa e promozione della vitasono il campo di civiltà nel quale ilservizio alla vita è chiamato ad ope-rare, ne consegue una saldaturastrettissima tra civiltà e visione eti-ca e morale della persona umana.

È infatti un atteggiamento moralequello che si è chiamati ad assume-re: – di fronte alla difesa della vitanascente e contro l’aborto; – difronte alla maternità e paternità re-sponsabile contro un egoistico con-trollo demografico; – di fronte allamedicina dei trapianti e contro unabiologia genetica che minacci allaradice la personalità dell’individuo;– di fronte alla salvaguardia del di-ritto a morire in pace contro l’euta-nasia; – di fronte alla umanizzazio-

ne della medicina contro ogni for-ma burocratica e spersonalizzante;– di fronte alla utilizzazione di tuttele scoperte della scienza e della tec-nica a servizio della vita.

Più che in passato, la ragioneumana oggi deve farsi consapevoledi non poter rimanere prigioniera diconquiste che, appena raggiunte,svelano paurosi limiti, che soltantouna visione più vasta – spirituale etrascendente – può debitamentecontrollare15.

L’analisi razionale dello squili-brio, del malessere, della malattiache affligge l’uomo moderno, arte-fice e insieme vittima del progressotecnologico, configura una diversanozione della stessa salute: una no-zione più integrale e comprensiva.Ciò postula una diagnosi antropolo-gica che arrivi al paziente spiritua-le, che scopra cioè la radice del ma-le oltre i meccanismi e lo spettrodella fisicità e della psiche.

La medicina, nelle sue articola-zioni di prevenzione, diagnosi, tera-pia e riabilitazione, opera con rigo-re e con metodi non arbitrari. Devedunque esserci una medicina dellospirito, quasi un’ascetica spiritualeche aiuti a prevenire e a liberare lospirito dall’ombra dell’angosciamoderna.

In altre parole, per risolvere il di-lemma: artefice o vittima del pro-gresso tecnico, l’uomo deve com-piere una scelta non scientifica, maetica e spirituale, vale a dire unascelta di civiltà. Una scelta raziona-le, non emotiva.

Tutto ciò non comporta certa-mente un’ambiguità del termine edel concetto di “salute”, bensì unasua necessaria integrazione, poichénon si risana l’uomo se la terapianon attinge la psiche e non sanaquel nucleo unitario che nessun ter-mine può esprimere adeguatamentese non il termine spirito.

La salute dello spirito non è sol-tanto condizione di salute psico-fi-sica, ma autentica liberazione di ri-sorse e perciò strumento di veracoordinazione del progresso dellascienza stessa, il tutto al servizio diuna degna qualità della vita.

Questa visione, che è insiemeumana e cristiana, comporta dellescelte che quanti credono e profes-sano una solida fede nel valore as-soluto e primario della salute comevita devono promuovere con tutte leloro forze e attraverso una coopera-

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zione concreta e fattiva. Quest’ulti-ma, purtroppo, fatica a decollareanche per l’insufficiente prepara-zione dei cristiani in questo campofondamentale della pastorale, veropunto di incontro del servizio al-l’uomo e motivo di quell’ecumeni-smo delle opere che è trascrizionepratica del messaggio evangelico diun annuncio della Parola di Dio inquanto Parola di vita e di salvezza.

Il Santo Padre è stato chiaro, assi-curando la piena collaborazionedella Chiesa a quanti operano nelcampo della sanità e della salute, innome di una concezione della salu-te che include quello di salvezza:una salute “globale” che risanal’uomo nella sua totalità16.

Quanto possa fare la Chiesa, nonsolo gerarchicamente intesa, ma co-me comunità di credenti in Cristonel campo del servizio a tutta la vitae alla vita di tutti, lo dimostra la suapresenza con oltre 30.000 istituzionisanitarie cattoliche operanti nelmondo, con le centinaia di migliaiadi sacerdoti, religiosi, religiose e lai-ci consacrati, con i milioni di volon-tari, con la distribuzione capillaredelle sue strutture nel territorio.

Il Dicastero Pontificio per la Pa-storale degli operatori Sanitari o,come si dice oggi, della Salute, nac-que come istanza di coordinamentoe di animazione. Parimenti fu fon-data dal Santo Padre la PontificiaAccademia per la Vita.

Il Papa dei diritti umani, è il Papadefensor vitae.

Il divario evidente tra possibilitàe concreta realizzazione deve costi-tuire la preoccupazione primaria diogni riflessione scientifica e pasto-rale promossa dalla Chiesa. Di quiil passaggio al terzo elemento.

3. Il potere come servizio alla vita comporta l’incontro operativo tra giustizia e carità

Si dà per acquisito che l’eserciziodel potere come servizio alla salutecostituisca l’espressione principaledel dovere della giustizia, intesa co-me obbligo di riconoscere e di darea ciascuno il suo, in forza della de-stinazione comune dei beni17.

La storia insegna che anche nelcampo del servizio alla salute, ogniimpegno di realizzare la giustizia siè dimostrato, a causa della fragilità edell’egoismo umano, insufficiente.

Senza l’apporto della carità nonsi è avuta né sufficiente né crescen-te affermazione della giustizia.

Secondo la visione cristiana, Diosolo è giusto e l’uomo può esserechiamato giusto nella misura in cuisi comporta secondo il volere diDio.

L’attributo della giustizia, tutta-via, in Dio è associato alla sua natu-ra, che è quella di essere Amore(1Gv 4, 9; 2Cor 13, 11) e quindi in-finita misericordia (Mt 18, 12, 23,25; Lc 15, 3-11; 12-32 ecc.).

Perché il potere si trasformi inservizio alla salute è necessaria lacarità che, per definizione, è gra-tuità di servizio.

C’è un equivoco, tuttavia, da su-perare, ed è che la gratuità – conno-tato essenziale della carità – sia in-tesa come scelta opzionale e surro-gatoria.

Pesa, su termine e concetto di ca-rità, l’ambiguità che si riscontra in-tendendola e praticandola, da partedei cristiani, come forma di genero-sità occasionale, discontinua, op-zionale.

Mentre si riconosce come cristia-namente irrinunciabile il doveredella giustizia, si considera spessoun sovrappiù il prioritario doveredella carità. In realtà, come non puòaversi carità senza giustizia, così lagiustizia, privata dell’impulso dellacarità, può cadere nel legalismo,nello spingere a dare soltanto il mi-nimo indispensabile, nel non riusci-re a trasformarla in atteggiamentocostante e abituale della condottacristiana.

Secondo una felice indicazione diSan Gregorio Magno: “Quando do-niamo ai poveri le cose indispensa-bili, non facciamo loro delle elargi-zioni personali, ma rendiamo lorociò che è loro. Più che compiere unatto di carità, adempiamo un doveredi giustizia”18. Ciò si conferma par-ticolarmente vero nel servizio chedeve essere prestato alla salute. E ladimostrazione di questa verità, dalpunto di vista della dimensione teo-logica del rapporto potere e salute, èofferta, nel Vangelo, dalla paraboladel Buon Samaritano e, nella realtàconcreta sia del passato sia delmondo di oggi, dalle molteplici for-me di volontariato.

Il Buon Samaritano della parabo-la evangelica (Lc 10,25-37), sebbe-ne collocato in un periodo storicoche ignorava gli attuali progressi

dell’assistenza, è figura compiuta diuna matura civiltà, perché il Sama-ritano si china “con amore” sull’in-fermo che reclama il ricupero dellavita.

Manifestandosi come amore, ilBuon Samaritano, cioè Cristo stes-so, salda il divino con l’umano nel-la sintesi dell’amore. “L’uomo – scrive il Santo Padre – non puòvivere senza amore. Egli rimaneper sé stesso un essere incompren-sibile, la sua vita è priva di senso,se non gli viene rivelato l’amore,se non si incontra con l’amore, senon lo sperimenta o lo fa proprio,se non vi partecipa vivamente”19.

Soltanto nell’amore – che è di-mensione spirituale – civiltà e ser-vizio alla salute e alla vita possonoconiugarsi: solo l’amore, infatti, of-fre alla condizione umana che aspi-ra alla salvaguardia e alla promo-zione della qualità della vita, il mas-simo della dedizione e l’impegnoad accompagnare questa dedizionecon tutti gli strumenti costruttiviche il progresso della scienza e del-la tecnica sono in grado di offrire.

La figura del Buon Samaritanocostituisce il punto di riferimentoper una interpretazione piena delsodalizio tra giustizia e carità, diuna giustizia che dalla carità acco-glie i connotati della sensibilità,della condivisione e della solida-rietà.

Come è stato osservato, la stessaorigine degli istituti religiosi ma-schili e femminili quale risposta adistanze sociali urgenti, si deve allascelta di una forma di vita, nel se-

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gno della gratuità, che aveva le ca-ratteristiche di una immissione del-la carità nella realizzazione delleopere di giustizia, dal momento chele istituzioni e le strutture pubblichesi confermavano insufficienti o in-capaci di rendere il doveroso servi-zio alla vita20.

In realtà, solo quando in una co-munità cristiana l’adempimento deldovere della carità cesserà di essereritenuto esclusivamente un’espe-rienza come tante, ma si trasfor-merà in esperienza educativa checoinvolge e responsabilizza l’interacomunità, esso si trasformerà in ter-reno fertile di vocazioni all’amoree, perciò, di vocazioni alle formepiù alte e definitive di amore.

Salute e potere, alla luce della Pa-rola di Dio, dell’insegnamento dellaChiesa e della riflessione teologicaesaltano il concetto cristiano di po-tere e di salute nel nome della cele-brazione della vita.

Conclusione

Il mio augurio ai lavori di questaConferenza internazionale è un in-vito ad avere il coraggio di sceltecoerenti con la nostra fede. La mi-sura del giudizio di Dio su tale coe-renza è offerta da Gesù con le paro-le: “Ero infermo e mi avete visita-to... Tutto quanto avrete fatto a unosolo dei miei fratelli più piccoli,l’avrete fatto a me” (Mt 25, 40).

Il Signore non parla di afferma-zioni teoriche, ma di fatti e di opere.Non che il parlare della verità siainutile, anzi; ma – come ha detto ilSanto Padre – “la carità delle opereassicura una forza inequivocabilealla carità delle parole”21.

S. Em.za Card.FIORENZO ANGELINI

Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute

Santa Sede

Note1 Si legge, infatti, nella presentazione del

programma: “Dieu tout-puissant manifeste sonpouvoir par sa création merveilleuse. La direc-tion la plus intelligente de la force est celle quiconduit à la vie, à susciter la vie. La santé estune tension harmonieuse vers la plénitude de lavie, elle est la force orientée vers la vie, elle estle pouvoir authentique”.

2 Una distinzione, questa, che sebbene moltochiara, almeno nell’uso corrente della linguaitaliana, non lo è altrettanto, per esempio, nelle

lingue francese e inglese. Cfr Vocabolario del-la Lingua Italiana, Istituto dell’EnciclopediaItaliana, IV, Roma 1991, p. 322, secondo ilquale con il termine salute si intende lo stato dibenessere fisico psichico e, aggiungerei, spiri-tuale; con il termine sanità, pur senza escludereil suddetto significato, si intende piuttosto l’in-sieme delle istituzioni al servizio della salute.

3 Il concetto di potere come servizio è pres-soché sconosciuto ai dizionari della lingua ita-liana che definiscono il potere, in generale: co-me “capacità, possibilità oggettiva di agire”,come “potenza”, come “capacità superiore”(poteri paranormali, taumaturgici ecc.), come“capacità di influire sul comportamento altrui,di influenzarne le opinioni, le decisioni, le azio-ni, i pensieri’, come “dominio, possesso”; inparticolare, nel senso giuridico di facoltà dicompiere azioni rilevanti (potere legislativo,esecutivo, giudiziario) o nel senso di proprietàspecifica (potere di acquisto, potere economico,potere di mercato ecc.). Cfr. Vocabolario dellalingua italiana, Istituto dell’Enciclopedia Ita-liana, Roma 1991, III, p. 1039.

4 Un testo evangelico fa da sfondo a questaconcezione teologica di salute e potere. Gesù,dal quale emanava grande autorità (Lc 6, 19), hadetto: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, domi-nano su di esse e i grandi esercitano su di esse ilpotere. Non così dovrà essere tra voi; ma coluiche vorrà diventare grande tra voi, si farà vostroservo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, sifarà vostro schiavo, appunto come il Figlio del-l’uomo che non è venuto per essere servito, maper servire e dare la sua vita in riscatto per mol-ti” (Mt 20, 25-28). Che cosa significi “riscatto”,è spiegato nell’altro passo evangelico attribuitoa Gesù: “Io sono venuto perché / tutti / abbianola vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10).Vita come ricupero della salute, come salva-guardia della salute e come pienezza della salu-te e, quindi, come pienezza di vita.

5 Lc 9, 2.6 “Senza questa forma di evangelizzazione

compiuta attraverso la carità e la testimonianzadella povertà cristiana, l’annuncio del vangelo,che pure è la prima carità, rischia di essere in-compreso o di affogare in quel mare di parole acui l’odierna società della comunicazione quo-tidianamente ci espone”. Lettera apostolica No-vo Millennio Ineunte, 06.01.2001, n. 50.

7 Motu proprio Dolentium Hominum,11.02.1985n n. 1.

7bis La salute riproduttiva dei Rifugiati, Cittàdel Vaticano 2001.

8 M. VANTI, S. Camillo de Lellis, Coletti Edi-tore, Roma 1957, p. 469.

9 C. NEWCOMBE, Brother Zero. A Story andLife of Saint John of God, New York 1955.

10 P. MARCHESI, La riconciliazione nelmondo della Sanità. Intervento al Sinodo deiVescovi, Roma, 29 settembre-29 ottobre1983, p. 4.

11 “È ben evidente che ci deve essere un rap-porto tra predicazione e azione, tra il nostro es-sere in Cristo e il nostro essere nella storia... Leopere del cristiano sono servizio cristiano. Èquesto il senso della relazione istituita da Cristotra predicare il Regno di Dio e guarire”. S. RO-STAGNO, Teologia e società. Claudiana, Torino1989, p. 112-113.

12 “La difesa e la promozione della vita nonsono monopolio di nessuno, ma compito e re-sponsabilità di tutti”. Lett. enc. Evangelium vi-tae, 25.03.1995, n. 91.

13 “La questione della vita e della sua difesa epromozione non è prerogativa dei soli cristiani.Anche se dalla fede riceve luce e forza straordi-narie, essa appartiene ad ogni coscienza umanache aspira alla verità ed è attenta e pensosa perle sorti dell’umanità. Nella vita c’è sicuramenteun valore sacro e religioso, ma in nessun modoesso interpella solo i credenti: si tratta infatti diun valore che ogni essere umano può cogliereanche alla luce della ragione e che perciò ri-guarda necessariamente tutti”. Ibidem, n. 101.

14 “Il miglior modo per superare e vincere lapericolosa cultura della morte consiste proprionel dare solidi fondamenti e luminosi contenu-ti ad una cultura della vita che ad essa si con-trapponga con vigore. Non è sufficiente, anchese necessario e doveroso, limitarsi a esporre edenunciare gli effetti letali della cultura dellamorte. Occorre piuttosto rigenerare di conti-nuo il tessuto interiore della cultura contempo-ranea, intesa come mentalità vissuta, comeconvinzioni e comportamenti, come strutturesociali che la sostengono. Tanto più preziosaappare questa riflessione, se si tiene conto chedalla cultura non viene influenzata soltanto lacondotta individuale, ma anche le scelte legi-slative e politiche, le quali, a loro volta, veico-lano spinte culturali che non di rado ostacola-no, purtroppo, l’autentico rinnovamento dellasocietà”. Discorso di Giovanni Paolo II aipartecipanti alla VII Assemblea generale del-la Pontificio Accademia per la Vita, 3 marzo2001. L’Osservatore Romano, 4 marzo 2001,p. 2.

15 “I problemi suscitati o resi più acuti dallaciviltà tecnologica e, insieme, gli interrogatividegli uomini e delle donne del nostro tempoconvergono nel farci presenti i pericoli del pre-dominio di una razionalità unidimensionale.L’impostazione scientifica, la molteplicità dellebranche e dei tempi in cui si dispiegano le suericerche, i limiti del sapere e della sua comuni-cazione, sono tutti fattori che gettano nuova lu-ce sulle possibilità e le esigenze di un uso uni-versale e coerente della ragione. La ragioneumana si impone oggi, con maggiore evidenzadi un tempo, come una capacità pluridimensio-nale di conoscenza e non svela la sua coerenzaprofonda se non a prezzo di una riflessione tan-to più necessaria quanto più difficile. Nella pro-spettiva direttamente etica... la ragione apparedotata di una intenzionalità multipla e correlati-va, come capacità di decifrazione del mondo edell’uomo come soggetto individuale, comecomunicazione intersoggettiva, come vocazio-ne allo sviluppo, cioè al superamento, alla tra-scendenza”. C.J. PINTO DE OLIVEIRA, La crisidella scelta morale nella società tecnica, Tori-no 1978, p. 65-66.

16 “La Chiesa apprezza quanti operano inquesto campo e offre alle pubbliche strutture ilsuo apporto per rispondere alle esigenze di unacura integrale della persona. In ciò è mossa esostenuta da una visione della salute che non èsemplice assenza della malattia, ma tensioneverso un’armonia piena e un sano equilibrio alivello psichico, spirituale e sociale. Proponeun modello di salute che si ispira alla salvezzasalutare offerta da Cristo: un’offerta di saluteglobale, integrale che risana il malato nella suatotalità”. Discorso di Giovanni Paolo II ai par-tecipanti al Convegno promosso dall’UfficioNazionale per la Pastorale della Sanità dellaCEI, 12 maggio 2001. L’Osservatore Romano,13 maggio 2001, p. 6.

17 “L’uomo, usando dei beni creati, deveconsiderare le cose esteriori che legittimamentepossiede, non solo come proprie, ma anche co-me comuni, nel senso che possano giovare nonunicamente a lui, ma anche agli altri”. ConcilioEcumenico Vaticano II, Cost. past. Gaudium etspes, 69.

18 GREGORIO MAGNO, Regula pastoralis, 3,21.

19 GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Re-demptor hominis, 10.

20 “Le istituzioni sono molto importanti e in-dispensabili; tuttavia, nessuna istituzione puòda sola sostituire il cuore umano, la compassio-ne umana, l’amore umano, l’iniziativa umana,quando si tratti di farsi incontro alla sofferenzadell’altro” GIOVANNI PAOLO II, Lett. apost. Sal-vifici doloris, 11.02.1984, 29.

21 “La carità delle opere assicura una forzainequivocabile alla carità delle parole. Lett.apost. Tertio Millennio Ineunte, 06.01.2001,50.

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Nei paesi industrializzati, il ge-nere umano, che non vuole piùpensare alla morte, prova un in-tenso bisogno di salute. A questo iprogressi della scienza e della tec-nica permettono di risponderesempre meglio, con la prevenzio-ne e le cure, con medicinali poten-ti ed efficaci, con una chirurgiasempre più audace e mezzi di ri-cerca e di trattamento continua-mente perfezionati. Dopo aver de-cifrato il genoma umano, si èaperta la strada alla medicina pre-dittiva e alle terapie geniche. Tut-to ciò ha un costo. Nei paesi indu-strializzati, le spese per la sanitàrappresentano una parte impor-tante del prodotto interno lordo(PIL), che il più delle volte si ag-gira attorno al 10%. Negli StatiUniti raggiunge il 14%.

Le attività relative alla sanitàsono dunque attività economiche.Nella scorsa metà del secolo si èformata una nuova branca dellescienze economiche, che è statadenominata economia della salutee che è oggetto di ricerche in nu-merosi centri e istituti, nonchémateria di insegnamento. Consi-derevole è diventata la letteraturain materia, libri e articoli di rivistesoprattutto in lingua inglese. Que-sta nuova disciplina presenta tut-tavia grandi difficoltà. Le nozionisono difficilmente quantificabili.L’Organizzazione Mondiale dellaSanità ha definito la salute conuna formula ben nota: “La salute èuno stato completo di benesserefisico, mentale e sociale, e nonsoltanto l’assenza di malattie o in-fermità”. Il benessere è difficil-

mente misurabile e non di meno èfuori dal campo del quantificabilela valutazione monetaria dellaproduzione degli agenti e degliedifici sanitari.

Tuttavia, i lavori degli economi-sti della salute, fondati sulla stati-stica, apportano lumi che permet-tono di rispondere in qualche mo-do alla questione che ci viene po-sta, “quella del potere dell’econo-mia nel campo della salute”. Essiportano a considerare principal-mente la salute in un senso chel’OMS reputa troppo ristretto,quello dell’assenza di malattia oinfermità, al fine di ricercare anzi-tutto come e in quale misura il fun-zionamento dell’economia possafavorire, o al contrario deteriorare,lo stato di salute stricto sensu, epoi di esaminare come l’economiadetermini le attività del sistema sa-nitario.

Evidentemente, può trattarsi so-lo di considerazioni di caratteremolto generale. Nel campo sanita-rio la disuguaglianza è considere-vole, ampiamente funzione dellostato dell’economia. Essa è osser-vabile all’interno di ogni paese eforse ancor più tra i paesi del Norde quelli del Sud, secondo la termi-nologia in atto tra paesi ricchi epaesi poveri, tra paesi industrializ-zati e in via di sviluppo o menoavanzati. Queste differenze di li-vello e di grado spiegano in parte,ma non spiegano del tutto le diffe-renze tra i sistemi sanitari e le mo-difiche introdotte dai modi di fi-nanziamento.

Partendo da queste osservazio-ni, esamineremo:

I – il potere dell’economia sullostato della salute;

II – il potere dell’economia sulsistema sanitario.

I. Il potere dell’economia sullo stato della salute

Lo stato della salute di una po-polazione sul territorio di un deter-minato Stato è determinato o in-fluenzato dal funzionamento del-l’economia, nell’ordine sincronicoe nell’ordine diacronico? E, se sì,in quale misura?

È questo l’interrogativo relativoal potere dell’economia sullo statodella salute. La risposta a questadomanda non è univoca né unifor-me. Il funzionamento dell’econo-mia può fare il bene o fare il male,produrre effetti positivi o negativio non produrli affatto ovunque eper chiunque.

a. Effetti positivi

Per misurare il miglioramentodella salute in base al funziona-mento dell’economia, gli econo-misti prendono in considerazione irapporti tra la crescita dell’econo-mia con, da una parte, l’aspettativadi vita e, dall’altra, la diminuzionedella mortalità infantile. Il primorapporto, tra aspettativa di vita ereddito per abitante, è stato calco-lato dalla Banca Mondiale nel1993 e dal programma delle Na-zioni Unite per lo sviluppo. È sor-prendente la curva che fa salire l’a-spettativa di vita oltre i settantacin-que anni, come pure sorprendente

II. LA REALTÀ

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1. Il potere dell’economia nel campo della salute

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è lo studio compiuto sull’evoluzio-ne del tasso di crescita del PIL edel tasso di crescita all’inversodella mortalità infantile.

Questa correlazione è spiegatada un insieme di conseguenze delmiglioramento del livello di vitache la crescita ha reso possibile.Condizioni di vita adeguate pre-vengono la propagazione dellemalattie contagiose (tubercolosi);la crescita ha permesso di finan-ziare l’educazione (quella delledonne che formano e curano ibambini), i programmi di preven-zione e i sistemi sanitari, di cui ri-parleremo.

Sono stati rilevati i rapporti del-lo stato sanitario con le variazionidella crescita nel corso dei ciclilunghi di Kondratiev e dei ciclicorti.

È considerevole ed è stato nota-to che l’aspettativa di vita aumen-tava fortemente per i paesi poveriin funzione del loro sviluppo,mentre era debole nei paesi ricchi.Sembrerebbe quasi una corsa adostacoli. Alcuni autori hanno cal-colato che l’aspettativa di vita au-mentava finché il reddito per abi-tante era inferiore a 10.000 dollarie che la sua progressione rallenta-va in seguito.

La correlazione tra crescita eco-nomica e aspettativa di vita è veri-ficata al contrario. L’anti-crescita,il deterioramento dell’economia, èaccompagnato da una riduzionedell’aspettativa di vita. Il fatto siosserva negli Stati nati dalla vec-chia Unione Sovietica e dagli altripaesi dell’Europa centrale e orien-tale. Dopo il 1990 – prima di que-sta data la situazione dell’econo-mia non era brillante – la mortalitàdegli uomini russi è regredita da65 a 60 anni. Le malattie cardio-vascolari e il cancro uccidono duevolte più che in occidente, mentresono ricomparse con forza malat-tie contagiose, quali la difterite e latubercolosi.

In quest’ultimo caso si è verifi-cata una regressione mentre, pernumerosi paesi, la progressionestessa è troppo debole quando nondel tutto inesistente.

Per quanto riguarda la salute, nelmondo regna la disuguaglianza trai paesi e all’interno degli stessiStati industrializzati.

La situazione più drammatica èsenza dubbio quella dell’Africa

sub-sahariana, dove la salute si èdegradata e continua a degradarsi.L’Africa conta il 10% della popo-lazione della terra, produce il 10%del PIL mondiale e partecipa per il2% agli scambi internazionali. Ne-gli ultimi dieci anni, questo conti-nente ha visto diminuire l’aspetta-tiva di vita dei suoi abitanti. Certa-mente le guerre hanno contribuitoa deteriorare lo stato sanitario, masono apparse o riapparse malattiealle quali economie balbuzienti ofragili non permettono di porre ri-medio. L’AIDS ha fatto la suacomparsa in questo continente e siè diffuso con una velocità folgo-rante. In alcuni paesi dell’Africacentrale, il 25% della popolazioneè sieropositiva. La malaria e le ma-lattie contagiose imperversano,mentre altrove sono state sradica-te. L’aspettativa di vita nel conti-nente è di quarant’anni, come era150 anni fa in Europa e in Americadel Nord.

Il miglioramento dello stato del-la salute in questi paesi potrebbeavvenire con la restaurazione o illoro sviluppo. L’aiuto allo svilup-po al fine di ridurre disuguaglianzetanto ingiuste è uno dei grandi pro-blemi internazionali la cui urgenzaè di solito riconosciuta, ma la cuisoluzione sembra allontanarsi piùche avvicinarsi.

In ogni paese esiste ancora l’ine-guaglianza benché gli sforzi chetendono a correggerla siano di so-lito più efficaci, ma sempre insuf-ficienti. Ci sono sempre ricchi epoveri per i quali l’aspettativa di

vita differisce e ai quali le cure so-no più o meno facilmente accessi-bili. Tuttavia, i sistemi sanitari ten-dono ad aprire l’accesso alle cure,e se non si rende immediatamenteuguale per tutti, l’aspettativa di vi-ta si allunga mentre il reddito au-menta.

Per una parte del resto, alcune diqueste disuguaglianze sono pro-dotte dal funzionamento dell’eco-nomia.

b. Gli effetti del deterioramento

I deterioramenti dello stato dellasalute dovuti all’economia sono didiverso tipo, alcuni colpisconol’insieme della popolazione e sonol’effetto di attentati all’ambiente.Non parliamo qui della guerra. Al-tri sono effetti più individualizzati.Gli uni colpiscono gli agenti eco-nomici, si tratta allora dell’erosio-ne del capitale umano, gli altri l’u-tilizzo di prodotti o di servizi offer-ti dall’attività economica, cioè leepidemie industriali.

b.1. L’erosione del capitale umano

Il termine capitale umano è co-munemente utilizzato dagli econo-misti (cf. Dictionnaire des Scien-ces économiques – Paris, PUF2001 – V° Capital. P. 103 col. 1).Non è molto felice perché ha unsuono molto materialistico. Essonon indica un bene materiale, co-me una macchina o una quantità didenaro, ma capacità umane, cioècapacità produttive legate alla per-sona, in materia di talento e cono-scenza. Poiché queste capacità so-no una fonte, presente e futura, dibeni e servizi, dunque di reddito,viene loro attribuito il termine dicapitale.

Nei secoli scorsi, Marx e imarxisti preferivano parlare dellaforza lavoro, più che di capitaleumano, termine allora inusitato.Essi hanno insistito molto sull’u-sura della forza lavoro, prodottadal funzionamento dell’impresacapitalistica, e il movimento ope-raio ha reclamato misure atte ad at-tenuare questi effetti e a porre lororimedio. Si osserverà che l’econo-mia sovietica ha senza dubbio abu-sato della forza lavoro più di qua-lunque altra economia occidentale.

Nei paesi del nord, la legislazio-

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ne del lavoro ha molto migliorato,sotto questo aspetto, le condizionidel personale delle imprese: limi-tazione della durata del lavoro,concessione delle ferie, introdu-zione di regole di igiene e sicurez-za, apertura alla formazione per-manente; purtroppo ciò non èuguale per tutto il mondo. In nu-merosi paesi, bambini, donne e an-che uomini continuano ad esseresottoposti al lavoro in condizioniinsopportabili e anche inammissi-bili, e vi lasciano la salute. E, pur-troppo, in molti casi sottoporvisi èinevitabile.

Gli effetti del deterioramentosono più notevoli sull’aspettativadi vita. Si parla a questo propositodi mortalità differenziale. L’aspet-tativa di vita è legata, per una partenon trascurabile, alla natura e alladurata dell’attività professionaleesercitata. In numerosi paesi, lalegge ha tenuto conto dell’attivitàesercitata per fissare l’età dell’am-missione al pensionamento di fun-zionari e impiegati dei servizi pub-blici. In verità, l’età fissata, quan-do è poco elevata, non corrispondesempre all’oberosità del lavorosvolto. In Francia, ad esempio, gliinsegnanti possono andare in pen-sione a 55 anni. La conseguenzasulla longevità è evidente. Gli in-segnanti costituiscono la categoriaalla quale è permessa l’aspettativadi vita più lunga.

Un effetto delle epidemie indu-striali è l’accorciamento della vitaumana, malattie e infermità gravi.

b.2. Le epidemie industriali

Il termine sembra curioso. Essoindica fenomeni la cui teoria è re-cente. Possiamo considerare che sitratta proprio di epidemie, cioè dipatologie che colpiscono un grannumero di persone o un determina-to territorio. Ma queste epidemienon sono causate dalla diffusionedi un batterio o di un virus, bensìdal consumo o dall’uso di prodottiofferti da certi commercianti o in-dustrie e che sono, in generale,molto proficui per queste industrieo venditori. Tali consumi sono avolte involontari, ad esempio quel-li dell’amianto la cui inalazionegenera il cancro al polmone. Altri,senza dubbio più numerosi, sonovolontari se i consumatori non im-maginano affatto il pericolo. Essi

sono molteplici e la lista è lunga.Talora, si tratta di prodotti consu-mati dall’organismo umano, qualiil tabacco, che provoca tumori,malattie respiratorie e cardio-va-scolari negli uomini e, insieme allapillola, nelle donne; l’alcol e ledroghe. Talora, si tratta di prodottiche moltiplicano le capacità di no-cività degli esseri umani a detri-mento loro o di altri. Di questo ge-nere sono i veicoli a motore e le ar-mi da fuoco. Questi non sono cheesempi.

È un potere molto negativo chel’economia industriale esercita inquesto modo sulla salute. Esso èconsiderato come caratteristica delXX secolo. Il calcolo ha rivelatoche le epidemie industriali colpi-scono soprattutto gli uomini gio-vani. La prova è stata monitorataspecialmente per la Francia. Per iragazzi dai 15 ai 25 anni, la morta-lità dovuta alle epidemie industria-li ha sostituito la mortalità dovutauna volta alle malattie classicheche la vaccinazione ormai previe-ne e la medicina guarisce. La metàdegli uomini morti prima dei 65anni è imputabile a queste epide-mie, il che spiega il maggior nu-mero di morti maschili rispetto al-le femminili (cf. Meslé et Vallin –Transition sanitaire: bilan et per-spectives, in Médecine et ScienceJove n. 11).

Il legislatore non può lasciareche si sviluppi, in rapporto allaproduzione e alla commercializza-zione, un liberalismo economico

senza limiti e senza freni. In moltipaesi, lo Stato si preoccupa di ri-durre gli effetti dei consumi chegenerano epidemie industriali.

Per l’esperienza e l’uso, i mezzieconomici sembrano essere i piùefficaci, partendo dall’elasticitàconsumo/prezzo. Il rincaro delprezzo del tabacco, con l’imposi-zione di pesanti tasse fiscali, ha lavirtù di ridurre il consumo.

Più in generale, l’istituzione didiritti fiscali sui consumi nociviper la salute è uno dei mezzi racco-mandati – sono in verità molto po-co praticati – per finanziare partedei sistemi sanitari. Si tratterebbeallora di fare dell’ “auto-inquinato-re” uno che paga.

II. Il potere dell’economia sul sistema sanitario

In origine, fin quando un paesecontava dei professionisti sanitari,poiché non tutti ne avevano, il si-stema sanitario è stato libero (cf.Dictionnaire des Sciences écono-miques, V° Santé p. 841 col. 1). Ladispensazione delle cure era atti-vità di liberi professionisti che pre-stavano i loro servizi ad orari con-venuti con i pazienti e pagati da lo-ro. Lo Stato si accontentava dimantenere una polizza sanitarialeggera. Il sistema era completatodalla carità. Gli indigenti venivanoaccolti in ospedali che erano piut-tosto ospizi. Per il pagamento de-gli onorari fu istituita più tardi

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un’assistenza medica gratuita. Ipazienti avevano potuto contratta-re un’assicurazione contro le ma-lattie presso compagnie assicurati-ve e, per i meno fortunati, delle ini-ziative private crearono cassamu-tue di soccorso.

Questo sistema è ancora quellodi gran parte dell’umanità, qualchevolta completato, nei paesi che untempo erano colonie, con l’inter-vento di servizi sanitari militariche hanno esercitato un’azionemolto benefica di prevenzione me-diante l’eliminazione di malattiepericolose quali la febbre gialla ola tripanosomiasi (malattia delsonno).

In un sistema del genere, la po-polazione più povera era in una si-tuazione degna di commiserazio-ne, quando su di lei si abbattevauna malattia grave. La miseria lacolpiva, se già non si era abbattutasu di lei, e spesso in maniera defi-nitiva.

Nacque così l’idea di ripartire ilcarico delle spese di prevenzione edi cure su una collettività di perso-ne ciò che la mutualità aveva co-minciato a fare. A partire dalla finedel XIX secolo, furono istituitinuovi sistemi sanitari che deriva-vano da questa idea. Era però ne-cessario che il livello di sviluppodell’economia lo permettesse. Ciòdipendeva dunque dal suo potere.Necessaria all’istituzione di questisistemi, l’economia tende anche aregolarne l’ampiezza.

a. Economia e istituzione dei sistemi sanitari

I moderni sistemi sanitari sononati in Europa. Ognuno di essi viconserva un campo d’applicazioneanche se hanno avuto degli imita-tori in altri continenti e, nel corsodegli anni, ognuno ha preso in pre-stito alcuni dei suoi elementi dal-l’altro. Essi sono stati istituiti neipaesi più industrializzati che ave-vano una popolazione operaia nu-merosa e spesso povera. Affinchéun tale sistema fosse necessario,bisognava che ci fossero numerosipoveri e allo stesso tempo che l’e-conomia fosse abbastanza forte dasopportare il peso del sistema, cioèil livellamento dei costi del siste-ma sanitario mediante prelievodalla ricchezza nazionale.

L’idea generale era quella di ri-

partire il peso delle spese sanitariesu una collettività di persone e –per raggiungere il risultato socialemirato – in maniera tale che laquota di pagamento tenesse contodella situazione finanziaria dei pa-ganti, più che della natura e dellagravità del rischio coperto dal si-stema. Il primo di questi sistemi fucreato in Germania nel primoquarto del XIX secolo su iniziativadel Cancelliere Bismarck. Il se-condo è stato teorizzato dall’eco-nomista inglese Beveridge, all’in-domani della seconda guerra mon-diale. Entrambi sono il più dellevolte indicati con il nome dei dueideatori.

a) Elemento della Sozial Politikdi Bismark che tentava di unire ilmondo operaio al regime imperia-le nel 1880, il sistema sanitario diBismark, detto qualche volta pro-fessionale e più tardi imitato inFrancia, è stato istituito nel 1883.Si trattava di un sistema d’assicu-razione obbligatoria contro le ma-lattie degli stipendiati a basso sala-rio dell’industria. La sua istituzio-ne sembrò possibile perché, eco-nomicamente, l’industria tedescaaveva la forza di sostenerlo. Il si-stema era finanziato da una quotadi iscrizione calcolata per ogni as-sicurato non in funzione della na-tura e della gravità del rischio, masull’ammontare del salario. E so-prattutto – ed è qui che l’economiaaveva permesso l’istituzione diquesta riforma sociale – la metàdella quota era a carico dell’impre-sa. La malattia non veniva rimbor-sata integralmente, ma era chiestauna partecipazione dal 10 al 15%,che poteva essere coperta daun’assicurazione.

Quando i regimi di assicurazio-ne sociale sono stati estesi ad altrecategorie professionali con piccolieffettivi di salariati, o che non neavevano affatto, l’adattamento èstato disagevole e ha richiesto avolte delle compensazioni demo-grafiche tra regimi e perfino un fi-nanziamento parziale da parte del-lo Stato.

Si trattava di un sistema incom-pleto, che venne corretto solo atappe – e richiese molto tempo –poiché non garantiva né gli esclu-si, né i disoccupati, né quanti nonlavoravano. L’assicurazione medi-ca di tipo bismarkiano resta sotto

la stretta dipendenza dell’evolu-zione dell’economia. I regimi delleattività economiche in declino so-no inevitabilmente deficitari, men-tre quelli delle professioni emer-genti sono naturalmente eccedenti.Tutto ciò comporta delle conse-guenze quasi matematiche. Lequote di iscrizione e i diritti alleprestazioni gestiti da casse diffe-renti possono essere diversi, il cheè considerato ingiusto da parte dicoloro che ricevono poco o che pa-gano di più.

La dottrina contemporanea si èoccupata dell’evoluzione dellaparte delle spese sanitarie nel PILsecondo i cicli di crescita della vi-ta economica, cicli lunghi una cin-quantina d’anni messi in evidenzada Kondratiev (cf. Schilling – Ladynamique de longue durée du sy-stème de soins. Thèse Montpellier1995), o cicli brevi da cinque asette anni, detti cicli degli affari(Y. Ulman. Croissance et santé –Les nouvelles théories de la crois-sance appliquée aux pays déve-loppées. Thèse Paris – Val deMarne 1999). Questi studi condu-cono ad osservazioni a volte inat-tese. Per lungo tempo le fasi dellaprosperità dei cicli Kondratievhanno conosciuto una regressioneo almeno una stabilizzazione del-le spese sanitarie e le fasi di reces-sione una progressione di questespese; le politiche sociali tendonoa compensare il deterioramentodella situazione sociale. Al con-trario, il ciclo iniziato all’indoma-ni della seconda guerra mondialeha conosciuto in Europa un forteaumento delle spese sanitarie du-rante la fase di progressione (1945– 1975) e un certo rallentamentodurante la fase di recessione(1975 – 1995).

Tale inversione è dovuta agli in-terventi degli Stati che, in un pri-mo tempo, hanno continuamenteesteso la protezione sociale a cate-gorie professionali che fino ad al-lora non ne avevano beneficiatoaffatto, e in un secondo tempo sisono sforzati di rallentare la pro-gressione delle spese, perché la di-soccupazione riduceva il prodottodelle quote.

Nel ciclo breve, le evoluzionisono contrastanti tra la maggioran-za dei paesi del Nord e dei membridell’OCDE in cui la crescita dellespese sanitarie è stata inversa a

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quella del PIL a breve termine. Èandata diversamente in Germania,Austria, Danimarca, Francia eGrecia.

Questo confronto verteva su si-stemi differenti.

b) Il sistema sanitario detto diBeveridge, nato nel Regno Unitoall’indomani della seconda guerramondiale, è stato imitato, quandonon adottato, nei paesi scandinavie nei paesi mediterranei dell’Euro-pa. Si tratta di un sistema statalisti-co, caratterizzato dall’esistenza diun servizio sanitario nazionale,aperto a tutti, gratuito e finanziatodalle imposte. In verità, l’idea nonera nuova. I russi avevano istituitoun sistema sanitario nazionale nel1925, che è stato imitato a partiredal 1945 dalle vecchie democraziepopolari e che ha prodotto ovun-que risultati detestabili, a differen-za dei risultati ottenuti nell’Europaoccidentale.

Anche il finanziamento median-te imposte è in relazione con il li-vello di sviluppo e lo stato dell’e-conomia. Si spiega così perché ipaesi in via di sviluppo e soprattut-to i paesi meno progrediti ai qualiun sistema di tipo Bismark è inap-plicabile, per mancanza di un tes-suto industriale sufficiente, nonl’abbiano istituito.

c) Possiamo parlare di un siste-ma sanitario nei paesi poveri, an-che quando può esserci qualcheospedale, spesso sprovvisto dellemoderne attrezzature e di alcunemedicine?

Questi paesi attualmente si ri-bellano al sistema dei brevetti deimedicinali, a cui rimproverano dilasciare agli industriali dei paesisviluppati il potere di regolarnel’approvvigionamento e di fissar-ne i prezzi. Tale sistema general-mente è giudicato necessario al-l’investimento nella ricerca. Finoalla metà del XX secolo, la mag-gior parte delle legislazioni esclu-deva dalla brevettabilità i nuovimedicinali. L’esclusione è statatolta, in quanto l’industria si èorientata verso la ricerca di nuovemolecole, ricerca che presenta co-sti enormi dato che il risultato te-rapeutico di una molecola è spessoaleatorio. La maggior parte deipaesi del mondo ha aderito allaConvenzione d’unione di Parigi

del 1883 per la protezione dellaproprietà industriale e, più di re-cente, all’accordo di Marrakechdel 1994 in cui è stata istituital’Organizzazione Mondiale delCommercio. Questo accordo com-porta un’appendice sugli aspettidei diritti di proprietà industrialeche interessano il commercio, det-to accordo ADPIC. Gli Stati han-no istituito, di conseguenza, dellelegislazioni sui brevetti di inven-zione e si lamentano del monopo-lio conferito dal brevetto, che ren-

de il titolare di questo titolo padro-ne del prezzo del prodotto. Ora,con una stupefacente inversione dimarcia, gli Stati Uniti, che aveva-no praticamente forzato la manoagli Stati poveri per farli aderireall’accordo ADPIC, hanno, a lorovolta, giudicato eccessive le prero-gative annesse ai brevetti dei me-dicinali, costringendo la Bayer aridurre il prezzo dei suoi medici-nali brevettati efficaci nel tratta-mento del carbonchio.

Sotto questo aspetto, i legamidell’economia e della salute devo-no essere considerati non soltantonell’ordine sincronico, ma anchenell’ordine diacronico.

b. L’economia e la moderazione delle spese del sistema sanitario

La dottrina americana ha messoin luce la necessità di una concor-danza tra il ritmo di crescita dellaricchezza nazionale e i ritmi di

crescita dei diversi settori dell’e-conomia. In mancanza di ciò,quando il ritmo di crescita di unsettore è più rapido di quello dellaricchezza nazionale, esso mette inpericolo gli equilibri macro-eco-nomici. L’osservazione è partico-larmente evidente nella crescitadelle spese sanitarie (C.C. Thu-row, in New England Journal ofmedecine – 1984).

Un’accelerazione del ritmo dicrescita delle spese sanitarie com-porta una reazione, altrimentiquesta accelerazione minacciaquasi tutti i sistemi. Essa è dovutacertamente al costo crescente deimezzi di trattamento, ma per unaparte anche al sistema stesso. Ilsuo successo – cioè la prevenzio-ne e la guarigione – aumentanosia l’aspettativa di vita sia le spesesanitarie imputabili all’invecchia-mento.

Ora, se non gli vengono posti li-miti, l’aumento delle spese sanita-rie comporta un aumento dei prele-vamenti obbligatori, imposte oquote, con ripercussioni diverse.Di qui lo sforzo dei legislatori odegli organismi di gestione del si-stema sanitario per moderare, arre-stare o invertire la progressione.Questo è un compito difficile, inquanto il suo adempimento è di na-tura tale da provocare più malcon-tenti e rancori che incoraggiamentie soddisfazioni. Tuttavia, l’aumen-to degli oneri imposti alle impreseha conseguenze malsane. Un auto-re francese, membro della Pontifi-cia Accademia delle Scienze, M.Malinvaud, ha mostrato che i pae-si che fanno sostenere le più altequote sociali alle imprese sonoquelli che presentano il tasso piùalto di disoccupazione, come laFrancia, la Spagna e l’Italia (Ma-linvaud – Les cotisations socialesà la charge des entreprise – LaDocumentation Française. 1997).Neanche l’aggravio dell’onere del-l’imposta è perfettamente innocen-te, anche se le sue ripercussionisulla disoccupazione sono in appa-renza meno visibili.

La molteplicità delle misure isti-tuite e dei mezzi messi in atto illu-stra abbastanza bene la difficoltà,senza dubbio più politica che eco-nomica e tecnica, di fermare laprogressione che la legge agiscasulla domanda, sull’offerta o sullanatura delle cure rimborsate o sul

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volume delle spese dedicate allasalute. Tutte misure, queste, più omeno mal accettate. In tutti i casi, èl’economia che costringe a limita-re le spese o a ridurre ed escluder-ne il rimborso. Anche qui si eserci-ta, non senza resistenza, ma siesercita comunque il potere dell’e-conomia.

Quando la misura presa consistenel non applicare più la dialisi adei malati di reni che hanno supe-

rato l’età dei sessantacinque anni,possiamo immaginare le obiezioniche tali misure possono legittima-mente sollevare.

In conclusione, il costo delle cu-re ha i propri limiti nelle possibilitàofferte dall’economia. È così neipaesi industrializzati. Allo stessotempo, l’insufficienza delle risorseofferte dall’economia dei paesi po-veri non permette di dispensare le

cure più essenziali e solo un con-corso enorme da parte dei paesi in-dustrializzati può apportare qual-che miglioramento.

Sono questi i problemi più diffi-cili che attendono i tempi a venire,e li attendono in un futuro prossi-mo.

Prof. JEAN FOYERMembro dell’Istituto di Francia

Membro della Pontificia Accademiaper la Vita

MICHAEL F. COLLINS

2. Potere e politica di assistenza sanitaria

L’obiettivo di questo simposiodel Pontificio Consiglio per la Pa-storale della Salute è quello di ana-lizzare l’assistenza sanitaria, nellesue molteplici espressioni, ed ilpotere, e le sue molteplici forze, alfine di indicare alla Chiesa comemigliorare ed ampliare il proprioministero di assistenza sanitaria ela propria influenza sulle attività esulle politiche sanitarie nel mondo.Si tratta, alla luce delle problemati-che che il mondo di oggi deve af-frontare, di un’iniziativa molto ap-propriata per una Chiesa cui sonostate affidate l’assistenza e la di-gnità di ogni persona.

Ci sono, nel Vangelo, molti rife-rimenti al ministero terapeutico diGesù. Tutti conosciamo i raccontidi Gesù che ridà la vista ai ciechi1,la parola ai muti2 e l’udito ai sordi3,che cura i lebbrosi4, la donnaemorroissa5 e che tende la mano acoloro che non possono cammina-re6. Parte integrante della missionedi Gesù sulla terra era una profon-da attenzione per gli infermi. Mal-grado le sofferenze incontrate, Ge-sù ha dimostrato che l’assistenzaagli ammalati era parte integrantedella Sua vita quotidiana. I Suoipoteri terapeutici erano rivolti allamalattia. Nel curare la malattia,Egli curava l’intera persona: cor-po, anima e spirito. Gesù ci inse-gna con l’esempio che dobbiamo

cercare di offrire la stessa cura atutti coloro che si rivolgono a noinel bisogno.

Arricchita dal Suo insegnamen-to, negli ultimi due millenni laChiesa Cattolica ha proseguito nelproprio impegno verso gli amma-lati. La storia è piena di esempi chemostrano la Chiesa protesa versogli infermi, sia poveri che tutti co-loro privati del diritto di voto, por-tando avanti l’esempio di Gesù neltempo moderno.

I religiosi e le religiose possie-dono una ricca tradizione di assi-stenza agli infermi. Non c’è dub-bio che questa rappresenti unacomponente integrante della loromissione. Le Suore della Miseri-cordia, le Figlie della Misericordiae gli Alessiani sono fulgidi esempidi questa verità7.

In tutta la lunga storia dell’assi-stenza, chi si è dedicato al ministe-ro dell’assistenza sanitaria cattoli-ca è stato guidato dagli insegna-menti della Chiesa e dalla nostralimpida tradizione morale. LaChiesa Cattolica non è nuova alsuo impegno verso gli infermi, néallo sviluppo dei propri insegna-menti. Questi insegnamenti e tra-dizione morale, che trovano le pro-prie radici nel tempo di Gesù sonoprincipi che hanno costruito solidefondamenta dalle quali possonoprocedere coloro che operano nel-

l’assistenza agli infermi. Gli ospe-dali cattolici ed il comportamentodi coloro che operano in questeistituzioni rappresentano l’incar-nazione moderna del ministero delpotere terapeutico di Gesù.

Concentrerò le mie osservazionisul tema del Potere e della PoliticaSanitaria, con specifico riferimen-to all’assistenza sanitaria in genereed alla politica sanitaria cattolicanegli Stati Uniti. Attingerò allemie esperienze come medico e co-me direttore generale della CaritasChristi Health Care System, ungrande organismo cattolico che sioccupa dell’assistenza sanitarianell’Arcidiocesi di Boston, nelMassachusetts, come Segretariodei servizi di Assistenza Sanitariadi Sua Eminenza il Cardinale Ber-nard Law, Arcivescovo di Boston ecome attuale Presidente del Consi-glio di Amministrazione dellaCatholic Health Association degliStati Uniti d’America. In quest’ul-tima funzione condivido la respon-sabilità di contribuire a delineareed influenzare la politica assisten-ziale per conto degli enti di assi-stenza sanitaria della Chiesa Cat-tolica negli Stati Uniti.

Voglio, innanzi tutto, contestua-lizzare per voi il ruolo della Cari-tas Christi Health Care System nelministero della Chiesa nell’Arci-diocesi di Boston (la quarta dioce-

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si cattolica per dimensione in tuttoil Nord America) ed il ruolo rile-vante che l’assistenza sanitaria cat-tolica riveste rispetto all’intero si-stema sanitario nel nostro paese.

Ritengo che la forza ed il poteredell’assistenza sanitaria cattolicanegli Stati Uniti siano diretta con-seguenza dell’unità della sua mis-sione. Infatti, mentre negli StatiUniti l’assistenza sanitaria è mani-festamente una raccolta di grandiaziende imprenditoriali, che inci-dono per più del 16% dei ricoveriospedalieri della nazione e per ol-tre 50 miliardi di dollari di entratenette da parte dei pazienti ogni an-no, l’assistenza sanitaria cattolicaè stata, e resta ancor oggi, una mis-sione prima ed un’impresa poi.Consentitemi di sottolineare que-sto punto, perché io credo che lafonte del nostro potere e della no-stra influenza nel campo della po-litica sanitaria sia l’imperativo delministero dell’assistenza sanitariadella Chiesa.

Negli Stati Uniti ci sono oggi637 ospedali di terapia intensivacattolici ed oltre 500 strutture alunga degenza, o non-intensive.Sessantuno organismi cattolici diassistenza abbracciano svariatiservizi sanitari e coprono buonaparte del ciclo assistenziale8. Moltidi questi organismi sono impresemultimiliardarie. L’organismo cheho il privilegio di presiedere si av-vicinerà quest’anno ad un miliardodi dollari di entrare, impiegherà12.000 dipendenti, tra personaleassistenziale ed altri, e fornirà assi-stenza ad oltre mezzo milione dipersone9. Ma, ancora una volta,voglio sottolineare che la nostraforza, il nostro potere e la capacitàdi influenzare la politica sanitarianon rappresentano la funzione pri-maria della nostra dichiarazione dioperatività, ma è invece una fun-zione della nostra dichiarazione diintenti, della nostra fedeltà allamissione.

L’ampiezza e lo spessore dellapresenza dell’assistenza sanitariacattolica negli Stati Uniti è impo-nente. Esiste una struttura di assi-stenza sanitaria cattolica in 48 deinostri 50 stati. Inoltre, in America,le strutture sanitarie cattolichehanno oltre 250 sponsor religiosiche riflettono la grande diversitàdegli ordini religiosi maschili efemminili, delle diocesi cattoliche

e di altri che vivono l’appello delVangelo ad assistere gli ammalati egli infermi.

La Caritas Christi Health CareSystem, il cui nome deriva dal lati-no “l’amore caritatevole di Cri-sto”, è essa stessa sponsorizzatadall’Arcidiocesi di Boston ed èfrutto della lungimiranza del no-stro Arcivescovo, il Cardinale Ber-nard Law. Sin dal suo avvio nel1985, quando il Cardinale Law perla prima volta preannunciò la crea-zione degli organismi di assistenzasanitaria, la Caritas Christi, per ri-spondere alle necessità di ogni sin-golo paziente, si è sforzata di rag-giungere un più alto standard di in-tegrazione clinica e di cooperazio-ne tra le strutture sanitarie cattoli-che della nostra area.

Oltre ai vantaggi medici che de-rivano da un sistema assistenzialecoordinato, il Cardinale Law spe-rava di raggiungere due altri risul-tati di vitale importanza, il primodei quali era l’ovvia economia discala che si sarebbe potuta ottene-re avendo diverse piccole strutturecattoliche di assistenza sanitariaindipendenti che operassero comeun organismo unificato di maggio-ri dimensioni. Questi considerevo-li benefici finanziari potevano es-sere ottenuti dai vantaggi derivatidagli acquisti collettivi e dallastandardizzazione dei prodotti,dalla coordinazione delle agevola-zioni a favore dei dipendenti, edall’adozione di “procedure otti-mizzate” in una serie di settori, siaclinici sia commerciali. Le istitu-zioni più forti potevano assisterequelle non altrettanto grandi, ric-che o influenti.

Tuttavia, è il secondo motivodell’unificazione che ha dato l’im-pulso primario all’intuizione ed al-le azioni di Sua Eminenza, e preci-samente la conservazione ed il so-stegno dei valori della missione as-sistenziale cattolica. Riuniti sottoun’unica struttura societaria catto-lica, la modesta seppur importantepresenza ed il potere di ogni singo-la istituzione sarebbe stato incre-mentato esponenzialmente. La vi-sione del Cardinale si è concretiz-zata nell’arco degli ultimi quindicianni. L’influenza delle istituzionicattoliche di assistenza sanitariaall’interno della diocesi di Bostonè cresciuta in modo significativo.Quale riconoscimento dell’impor-

tanza dei nostri valori, ci viene ri-chiesto il nostro parere che si ri-flette poi praticamente in ogni di-battito politico sull’assistenza sa-nitaria ed in ogni decisione presanel Massachusetts; un fatto signifi-cativo se si considera l’enorme in-fluenza esercitata dalle grandi isti-tuzioni ben finanziate e dalle orga-nizzazioni sanitarie che hanno se-de a Boston.

Oltre al potere esterno e all’in-fluenza che l’assistenza sanitariacattolica detiene, l’unione rappre-sentata dal ministero assistenzialedella Chiesa garantisce la fedeltàdi ogni istituzione alle DirettiveEtiche e Religiose dei Servizi Cat-tolici di Assistenza Sanitaria, comepromulgate dalla Conferenza na-zionale dei vescovi cattolici. Que-ste Direttive, alle quali frequente-mente ci si riferisce come DER,sono state riesaminate nella scorsaprimavera con notevoli input daparte di molti partecipanti alla con-ferenza. Le Direttive Etiche e Reli-giose forniscono indicazioni teolo-giche e testimoniano un chiaro in-dirizzo morale che indica la stradaa medici, personale infermieristi-co, assistenti pastorali, ammini-stratori ospedalieri e assistenti sa-nitari a tutti i livelli ed in tutte lestrutture cattoliche.

Una missione così chiaramentedefinita dà vita, a Boston, ad unministero sanitario cattolico vi-brante e coerente che a sua voltainfluenza, ad esempio, la praticamedica e scientifica in quello cheè, forse, uno dei centri di assisten-za e ricerca più autorevoli delmondo.

La creazione della Caritas Chri-sti Health Care System da parte delCardinale Law non è servita solo apromuovere il ruolo della Chiesanella nostra regione, ma ha ancheconsentito al nostro ministero diassistenza sanitaria di condividereil proprio approccio assistenzialeolistico e ricco di valori (attento al-le necessità fisiche, psicologiche,sociologiche e spirituali di ciascunpaziente) con un mercato assisten-ziale locale influente sul pianomondiale.

Qualcuno vede le Direttive Eti-che e Religiose come un docu-mento proibitivo, che si limita avietare l’aborto, la sterilizzazione,la fertilizzazione in vitro e l’euta-nasia nelle strutture assistenziali

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cattoliche. Tuttavia, un’attenta let-tura delle DER rivela non soloquesti impegni nei confronti dellavita, ma anche i principi normativiche guidano il ministero assisten-ziale della Chiesa. Sono questiprincipi che costituiscono le fon-damenta dell’autorità morale dellaChiesa, il suo “potere”, se voglia-mo, di influire sulla politica e sul-l’attività sanitaria a livello locale,nazionale e, come dimostrato daquesto Pontificio Consiglio, inter-nazionale. Le DER offrono al di-battito sulla politica pubblica argo-mentazioni ben studiate e moral-mente fondate su moltissimi argo-menti. Esse offrono consigli sul-l’importanza del rapporto profes-sionale individuale assistente/pa-ziente e su altre grandi questioni,come quelle che riguardano la fu-sione di strutture di assistenza sa-nitaria, la responsabilità socialedelle strutture assistenziali cattoli-che nei confronti dei propri dipen-denti, e questioni di giustizia versoi poveri e gli emarginati della so-cietà. Questi settori di consulenzae di indirizzo, vissuti con fede e di-battuti con vigore, costituiscono labase degli interventi da intrapren-dere in difesa della politica sanita-ria della Chiesa10.

La coerenza e la forza delle no-stre convinzioni, tutte basate suuna fede ardente, incrementano lanostra capacità di influenzare lastruttura del potere federale ed ilforo su una serie di questioni poli-tiche. Esse includono:

1) La necessità della coperturaassicurativa sanitaria universaleper i 44 milioni di americani cheoggi non la possiedono e per i qua-li il perseguimento di un’opportu-na assistenza sanitaria di qualitàviene impedita da questa deplore-vole realtà. Gli Stati Uniti sonouna delle poche nazioni industria-lizzate che non ha ancora adottatouna qualche forma di assicurazio-ne sanitaria nazionalizzata.

2) La necessità di garantire aipoveri l’esistenza di una sceltapreferenziale per un’assistenza sa-nitaria accessibile, economica-mente abbordabile e di qualità.

3) La necessità di difendere e ce-lebrare la dignità di ciascun essereumano, dal momento del concepi-mento sino all’ultimo attimo dellasua vita naturale.

Questo chiaro sostegno della vi-

ta dei nascituri e dei moribondi èuna difesa a cui molte altre fedi,che condividono le nostre convin-zioni, guardano, affinché la ChiesaCattolica in tutto il suo potere (mo-rale, politico e collegiale) si pongaalla testa di questo importante di-

battito sulla politica pubblica.Quel potere trova la propriaespressione in numerosi impegnidi base. Quale ministero, il nostroimperativo è di promuovere e di-fendere la dignità umana. Ognipersona della quale abbiamo il pri-vilegio di prenderci cura è fatta adimmagine di Gesù. Nel volto diogni paziente noi dobbiamo vede-re il volto di Gesù. Siamo quindispinti ad agire dagli insegnamentidel Vangelo, a sanare l’infermitàdel paziente ed a prenderci curadelle sue necessità seguendo l’e-sempio e la testimonianza di Gesù,la cui assistenza agli infermi è sta-ta parte così attiva della Sua vita.

Poiché il ministero è il nostroimperativo, se l’assistenza cattoli-ca deve impersonare quell’esem-pio di Gesù e trasformare quellatestimonianza in azioni del tempomoderno, l’assistenza sanitariacattolica, per essere autentica, de-ve prendersi particolare cura dellepersone povere e vulnerabili. Co-me il Santo Padre esprime chiara-mente in modo così stupendo nellaNovo Millennio Ineunte, “…nes-suno può essere escluso dal nostroamore, dal momento che ‘con l’in-carnazione il Figlio di Dio si è uni-to in certo modo a ogni uomo’.

Ma, …nella persona dei poveri c’èuna sua presenza speciale, che im-pone alla Chiesa un’opzione prefe-renziale per loro”11. Sua Santitàprosegue: “È l’ora di una nuova‘fantasia della carità’, che si di-spieghi non tanto e non solo nel-

l’efficacia dei soccorsi prestati, manella capacità di farsi vicini, soli-dali con chi soffre, così che il gestodi aiuto sia sentito non come oboloumiliante, ma come fraterna con-divisione”12.

Le necessità degli emarginatidella società devono diventare lanostra speciale e specifica respon-sabilità. Attraverso il nostro esem-pio e la nostra influenza – il nostropotere se volete – incoraggeremoaltri a seguire il nostro esempio perdare assistenza, soprattutto, conquell’opzione preferenziale per ipoveri che Sua Santità ci imploradi perseguire. Quale ministero,dobbiamo accettare questa respon-sabilità con gioia.

Quali enti che possiedono la ca-pacità di influenzare il mercatodell’assistenza sanitaria, dobbia-mo indirizzare il nostro considere-vole potere verso la promozionedel bene comune. Di concerto conaltri ministeri della Chiesa (p. es.,quelli che provvedono ai bisognisociali, didattici, abitativi e pasto-rali di coloro che appartengono al-le nostre comunità) ed attraversoun maggior impegno di collabora-zione, possiamo ottenere quel po-tere attraverso il quale dobbiamoesercitare la nostra responsabilità

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per garantire la promozione del be-ne comune.

La giustizia deve essere il segnodistintivo delle nostre azioni. Qua-le ministero, il nostro esempio de-ve essere visibile e vitale. Attraver-so le nostre azioni dobbiamo ga-rantire che la giustizia verso ognisingolo individuo sia tutelata epromossa. I nostri luoghi di lavorodevono essere fedeli all’insegna-mento sociale della Chiesa. Le ne-cessità dei nostri pazienti e dellecomunità che serviamo devono es-sere poste al di sopra delle neces-sità commerciali delle nostre isti-tuzioni.

Dobbiamo sempre essere fedeliinnanzi tutto all’imperativo del no-stro ministero ed in secondo luogoagli obblighi aziendali. Qualimembri di un importante elementodel ministero della Chiesa, dobbia-mo indirizzare le nostre risorse conattenzione e rispondere sempre al-la vocazione di servire i più biso-gnosi. Quale nazione dalle moltefortune, dobbiamo raddoppiare ilnostro impegno verso i bisognosidi tutto il mondo. Se vogliamo ri-manere fedeli a questa vocazionedi giustizia, le necessità dei nostrifratelli e delle nostre sorelle, ovun-que essi vivano, devono divenirele nostre necessità. Poiché il nostroministero di assistenza sanitaria èparte integrante della vita dellaChiesa, dobbiamo condurre i no-stri affari ed indirizzare le nostreazioni di comune accordo con glialtri ministeri della Chiesa.

Negli Stati Uniti, il ministerocattolico dell’assistenza sanitaria,radunato ed unito sotto il nomedella Catholic Health Associa-tion, ha studiato strategie specifi-che per sostenere e raggiungeredeterminate vittorie nella politicapubblica che fossero conformi ainostri valori, così come espostinella nostra comune dichiarazionedi identità13.

Proprio come i 12.000 dipen-denti della Caritas Christi HealthCare System operano quotidiana-mente sotto una dichiarazione diintenti comune, altrettanto fanno i750.000 dipendenti delle strutturesanitarie cattoliche in tutto il pae-se. Questa dichiarazione di identitàcomune stimola il nostro ministeroe sostiene il nostro appoggio.

“Noi siamo il popolo dell’assi-stenza sanitaria cattolica, un mini-

stero della Chiesa che prosegueoggi la missione d’amore e di curadegli infermi di Gesù. Il nostro mi-nistero, che è fonte di aiuto per ibisognosi, datore di lavoro, difen-sore e cittadino e che riunisce per-sone di fede diversa e diversobackground, rappresenta un segnoduraturo di un’assistenza sanitariale cui radici affondano nel nostrocredo che ogni persona è un tesoro,ogni vita un dono sacro, ogni esse-re umano un insieme di corpo,mente e spirito. Noi operiamo perfar rivivere il concetto di giustiziae di pace del Vangelo. Rispondia-mo alla chiamata di Dio per favori-re la guarigione, agire con com-passione e promuovere il benesse-re di tutte le persone e le comunità,con particolare attenzione ai nostrivicini poveri, sottoserviti e più vul-nerabili. Noi, con la nostra opera,ci sforziamo di trasformare il dolo-re in speranza”.

Questa comune visione ci aiutaa dare rilievo agli impegni comu-ni del nostro ministero, in modoche le nostre azioni e la nostra in-fluenza possano dare risonanza al-le nostre voci per “promuovere edifendere la dignità umana; assi-stere la persona tutta; prendersicura dei poveri e dei deboli; pro-muovere il bene comune; agireper conto della giustizia; gestire lerisorse; operare in comunione conla Chiesa”14.

Questi impegni comuni anima-no le nostre azioni e danno forza epotere alla nostra voce cattolica.

Alcuni di questi obiettivi possonosembrare più teorici che pratici,ma voglio assicurarvi che quandoquesti argomenti ed impegni ven-gono sollevati nelle stanze del go-verno – dal Congresso alla CasaBianca – la forza della nostra dife-sa è tutto fuorché teorica. Il poteredel ministero dell’assistenza sani-taria cattolica è reale ed è efficace.

Vorrei offrirvi un solo esempiodi come questa visione aiuti a defi-nire un impegno che stimola lepriorità della politica pubblica delnostro ministero. In risposta al-l’appello della dichiarazione di in-tenti della Catholic Health Asso-ciation, che richiama l’appello cheSua Santità ha rivolto a noi tutti didedicare particolare attenzione ainostri vicini poveri, sottoserviti epiù vulnerabili, abbiamo preparatoun impegno di base per “prendercicura delle persone povere e vulne-rabili”. Questo impegno fa sì chenoi, uniti nel ministero, peroriamoliberamente e con forza la causadella trasformazione del sistemasanitario americano in un sistemain cui tutte le persone, indipenden-temente da reddito o malattia, ab-biano accesso ad un’assistenza sa-nitaria di qualità ed economica-mente accessibile.

Malgrado la crescita da recorddell’economia del nostro paesenell’ultimo decennio, il numero diamericani senza assicurazione sa-nitaria è aumentato oggi a 44 mi-lioni, ed un quarto dei non assicu-rati sono bambini, che sono tra i

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soggetti più vulnerabili della po-polazione. La maggioranza di que-sti individui appartiene a famiglieche lavorano. Quasi il 40% dei po-veri ed il 30% degli indigenti nonha copertura sanitaria, non sor-prende dunque che questa fasciadella popolazione trovi da due a trevolte maggiori difficoltà di acces-so all’assistenza rispetto alle per-sone coperte da assicurazione15.

Allo stesso tempo, sembra che iltasso inferiore dell’inflazione del-l’assistenza sanitaria della metàdegli anni ’90 sia giunto alla fine esi prevede che i costi dell’assisten-za negli Stati Uniti aumentino inmodo consistente e che, entro il2007, possano raggiungere i duetrilioni di dollari, giustificando unapercentuale notevolmente maggio-re del nostro prodotto interno lor-do. Così come aumentano i costi,altrettanto accade alla pressione sugoverno e imprenditori per ridi-mensionare le indennità assisten-ziali o eliminare completamente lacopertura. Recenti tagli hanno giàcompromesso la stabilità finanzia-ria e la capacità di fornire servizi acomunità e pazienti bisognosi daparte di ospedali ed altri enti assi-stenziali16.

Tuttavia, di fronte a questerealtà, la Catholic Health Associa-tion, facendosi portavoce del no-stro ministero cattolico di assisten-za, ha mantenuto il suo impegno dilunga data per garantire una coper-tura sanitaria per tutti. Questo im-pegno è fondato sull’insegnamen-to sociale cattolico, sul nostro im-pegno a favore della giustizia esulla nostra missione di fornireservizi ai poveri. Per milioni diamericani vulnerabili, che politica-mente non hanno voce in capitolo,che non possono avere accesso al-l’assicurazione sanitaria per sé eper le proprie famiglie, la ChiesaCattolica è la voce più energica,più potente. Noi rappresentiamo laloro migliore e più forte speranzaper una trasformazione del sistemadi assistenza sanitaria americano eper ridare un valore prioritario allanostra politica nazionale, concen-trando l’attenzione sull’esigenzadi rispondere ai bisogni dei piùvulnerabili tra noi17.

Oggi, mentre condivido con voiqueste prospettive sul forte ruoloche il ministero dell’assistenza cat-tolica riveste nello sviluppo di

un’equa politica pubblica in Ame-rica, ho presente le enormi dispa-rità che esistono nel consumo dimerci e servizi, inclusi i servizi diassistenza sanitaria, tra gli StatiUniti ed il resto del mondo. Sareinegligente se non riconoscessiquesta realtà come un’ulteriore, eforse più importante, sfida che ilnostro ministero deve affrontare.Tuttavia, come Chiesa in comu-nione, possiamo, e dobbiamo, im-pegnare le nostre capacità globaliper influire su questa ingiustizia eportare la speranza della dignitàumana a tutti nel mondo.

Sua Santità ha colto questa sfidain modo splendido e con vigorenella Novo Millennio Ineunte.

“Sono tanti, nel nostro tempo, ibisogni che interpellano la sensibi-lità cristiana. Il nostro mondo co-mincia il nuovo millennio caricodelle contraddizioni di una crescitaeconomica, culturale, tecnologica,che offre a pochi fortunati grandipossibilità, lasciando milioni e mi-lioni di persone non solo ai margi-ni del progresso, ma alle prese concondizioni di vita ben al di sottodel minimo dovuto alla dignitàumana. È possibile che, nel nostrotempo, ci sia ancora chi muore difame? Chi resta condannato all’a-nalfabetismo? Chi manca delle cu-re mediche più elementari? Chinon ha una casa in cui ripararsi?

Lo scenario della povertà puòallargarsi indefinitamente, se ag-giungiamo alle vecchie le nuovepovertà, che investono spesso an-che gli ambienti e le categorie nonprive di risorse economiche, maesposte alla disperazione del nonsenso, all’insidia della droga, al-l’abbandono nell’età avanzata onella malattia, all’emarginazione oalla discriminazione sociale. Il cri-stiano, che si affaccia su questoscenario, deve imparare a fare ilsuo atto di fede in Cristo decifran-done l’appello che egli manda daquesto mondo della povertà. Sitratta di continuare una tradizionedi carità che ha avuto già nei duepassati millenni tantissime espres-sioni, ma che oggi forse richiedeancora maggiore inventiva”18.

Così, quelli tra noi uniti e mossidall’esempio di Gesù a far rivivereil Vangelo nel mondo, hanno laformidabile responsabilità di im-pegnare tempo, capacità e beni asostegno della promozione della

dignità umana. Noi condividiamola responsabilità del ministero del-l’assistenza sanitaria della Chiesa,dedicata ai suoi insegnamenti, gui-data da questi stessi ed incoraggia-ta dal nostro impegno di lunga da-ta verso i bisognosi. La nostra ca-pacità di influenzare la politica sa-nitaria deriva dalla forza dei nostrivalori e dalla validità delle nostreargomentazioni morali. Tuttavia,ricordiamoci sempre che il veropotere per noi prioritario è quellomanifestato nell’esempio della vi-ta e del sacrificio di Gesù, e nutritoda una vita di preghiera.

Dobbiamo impegnarci ad opera-re insieme per ampliare l’autore-vole e appassionato ministero del-l’assistenza sanitaria cattolica perrispondere alla sfida globale illu-strata da Sua Santità ed ispirata daiVangeli. Allora, e solo allora, sare-mo riusciti ad allineare il poteredel nostro ministero di assistenzasanitaria con il suo immenso po-tenziale, non ancora realizzato.

Prof. MICHAEL F. COLLINSPresidente e Direttore Generale

Caritas Christi Health Care SystemBoston, Massachusetts, USA

Note

1 Matteo 20, 29-34.2 Luca 11, 14.3 Marco 7, 31-37.4 Matteo 8, 1-4.5 Luca 8, 43.6 Matteo 9, 1-8.7 KAUFMAN, CHRISTOPHER J.; Ministry and

Meaning: A Religious History of CatholicHealth Care in the United States. CrossroadsPublishing, 1995, New York.

8 The Catholic Health Association of theUnited States (1999). Catholic Health Care inthe United States.

9 Caritas Christi Health Care System(2001). Statement of operations.

10 National Conference of Catholic Bishops(1997). Ethical and Religious Directives forCatholic Health Care Services. 6-8.

11 PAPA GIOVANNI PAOLO II (2000). NovoMillennio Ineunte, 49.

12 PAPA GIOVANNI PAOLO II (2000). NovoMillennio Ineunte, 50.

13 The Catholic Health Association (2001).Uniting for Transformation, 9.

14 The Catholic Health Association (2001).Uniting for Transformation, 6.

15 The Catholic Health Association (2001).Uniting for Transformation, 7.

16 The Catholic Health Association (1999).United voice for Change, Expanding HealthCoverage for the Uninsured.

17 The Catholic Health Association (1999).United voice for Change, Expanding HealthCoverage for the Uninsured.

18 PAPA GIOVANNI PAOLO II (2000). NovoMillennio Ineunte, 50.

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l. È noto come la salute sia oggiunanimemente riconosciuta neidocumenti principali delle istitu-zioni internazionali cui aderisco-no gli Stati di ogni continente qua-le diritto inalienabile da assicurareall’uomo. La nozione stessa di sa-lute si va allargando dalla meracondizione di assenza di malattiaatta a debilitare, minacciare, com-promettere o distruggere la fun-zionalità dell’organismo umano aquella di stato generale di benes-sere in cui, oltre ai tradizionalicontenuti, sono ricompresi tantola salubrità dell’ambiente nel qua-le si concretizza l’esistenza quan-to l’appagamento psichico legatoalla qualità della vita realizzata daciascun individuo.

In questo senso, anzi, l’idea disalute appare sempre più legarsi aicontenuti assegnati al concetto,molto più complesso e totalizzan-te, di qualità della vita.

Detto obiettivo, nato dalla salda-tura salute-qualità della vita, testi-monia il consolidarsi, nell’era po-st-industriale, di un’aspirazioneben più ambiziosa di quella con-nessa al puro soddisfacimento deibisogni primari al mantenimentodella completa funzionalità psico-fisica dell’organismo. Questa aspi-razione è caratterizzata dal deside-rio di conseguire la piena realizza-zione del proprio essere oltre che,naturalmente, nelle relative poten-zialità psicofisiche, anche nelle na-turali esigenze di relazionalità in-tersoggettive e di riconoscimentosociale, in un contesto ambientaletanto integro quanto stimolatoredell’espressività, della fantasia,della creatività e della stessa spon-taneità ludica.

La qualità della vita presuppo-ne, pertanto, la sussistenza di unbenessere generale del corpo edello spirito dell’uomo, la dispo-nibilità di risorse non solo suffi-cienti ma anche adeguate al soddi-

sfacimento di bisogni non soltantoelementari, come dire un’integritàequilibrata ed accogliente sia de-gli spazi fisici che di quelli socialiin cui si localizzano le esperienzeesistenziali di ogni soggetto.

Sotto questo profilo, dunque, ilconcetto di salute può a buon di-ritto ritenersi il perno di quella ci-vilizzazione umanistica verso cuile Chiese cristiane e le altre con-fessioni religiose consolidate, ol-tre che svariati ambienti filantro-pici, tentano di dirigere la storiadell’umanità contemporanea, se-gnando l’avvento di un nuovo an-tropocentrismo, più maturo diquello già conosciuto in Occiden-te in quanto alimentato anche dal-l’apporto di culture diverse daquella euro-nordamericana.

Siffatto antropocentrismo è cer-tamente, per gran parte, frutto del-la speculazione occidentale eredi-tata dal pensiero ellenico che, conPlatone ed Aristotele, aveva ela-borato il concetto basilare di iden-tità soggettiva dell’uomo, ancor-ché affermata in una, per noi am-bigua, prospettiva dualistica dinetta separazione tra spirito e ma-teria.

Epperò esso, liberandosi final-mente da una tale ipoteca dualisti-ca che aveva condizionato per se-coli lo sviluppo ideologico euro-peo, a superamento del dualismoantropologico occidentale recepi-sce, in primo luogo, la prospetta-zione giudaico-cristiana sull’esse-re umano. Questo è visto nella suainscindibile unitarietà di anima ecorpo, cioè come persona, il cuivalore è assoluto, di esclusiva pre-ziosità ed irripetibile specificità,la cui tutela va quindi considerataadempimento sacro.

Inoltre, il neo antropocentrismoappare anche costituire il risultatosia del rispetto costantemente tri-butato dalle filosofie orientali al-l’ambiente naturale sia della sere-

na accettazione, propria dei costu-mi delle genti afroasiatiche, delleleggi che lo governano. Né sem-bra trascurabile come in esso ap-paia quell’ulteriore humus etolo-gico in cui sono insite l’esigenzacomunitaria e la vocazione socia-le di quella sfera inter-soggettivaconsolidata e vincolante, nonchéterritorialmente definita, che èpropria della mentalità clanistica etribale appartenente alla cultura ditanti popoli del Sud del mondo.

Il nuovo germe della cultura an-tropocentrica globale è sicuramen-te in progressiva espansione anchese contrastato da forti elementi ne-gativi e, di certo, lungi dall’essersiancora affermato in modo sostan-ziale. Esso sembra tuttavia in gra-do di condizionare positivamentel’opinione pubblica contempora-nea e può costituire lo strumentoattraverso cui realizzare un più ele-vato livello di garanzia della salutedell’uomo, nel quadro di un equili-brio mondiale che meglio si con-faccia, nella distribuzione dellericchezze, nella determinazionedelle priorità, nella prassi politica,a questa esigenza.

L’affermarsi di una sensibilitàculturale diffusa rispetto a questivalori, attraverso la sanzione teo-rica dei diritti, è il primo dato cheoccorre registrare.

In questo senso si tratta, senzaalcun dubbio, di un progresso dirilievo poiché la solenne procla-mazione di principio del diritto al-la salute viene comunque a porsiin modo chiaro, come base pro-grammatica necessaria per l’azio-ne politica dell’Organizzazionedelle Nazioni Unite e di tutti gliStati nazionali ad essa aderenti erappresenta il principale obiettivostrategico verso cui indirizzare glisforzi compiuti dai governi conopportune iniziative operative.Allora, se la politica mondiale nonè più vuota di fini o, piuttosto, se

VINCENZO MARIA SARACENI

3. Potere, salute e società

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gli scopi fondanti da essa ideal-mente perseguiti sono oggi comu-ni a tutti, almeno nelle dichiara-zioni di intenti, e paiono non rap-portarsi più a logiche di potenza,non si può non salutare tutto ciòcome un notevole passo avanti.

Sembrerebbe quindi che la sa-lute, almeno nei sia pur evane-scenti territori delle buone inten-zioni, debba e possa essere, final-mente, affiancata dal condiziona-mento del potere per essere resti-tuita integralmente, nella prospet-tiva antropocentrica, alla veritànuda dell’uomo.

2. Tuttavia, l’enfatizzazione deiproclami, anche se giustamente danon sminuire, non va neppure so-pravvalutata rispetto all’analisioggettiva dello stato delle cose, ilquale risulta essere ben lontano daciò che viene solennemente rico-nosciuto e teoricamente garantito.

Infatti, la stessa lodevole spintaumanistica diretta ad affermare lasocietà del benessere e ad elevarela qualità della vita, di per sé mira-bile impulso di civilizzazione,può però ingenerare un’intensifi-cazione del processo di compro-missione tra salute, potere ed as-setti sociali oligarchici, considera-ta l’obiettiva, accresciuta neces-sità di risorse che l’attuale condi-zione qualitativa dell’esistenza ri-chiede. Mezzi, questi, la cui di-sponibilità risulta ancor oggi in-scindibilmente legata all’eserciziodel potere ed al controllo sociale.

Si tratta pertanto di evitare il ri-

schio di eludere, in concreto, laquestione del persistente collega-mento tra diritto alla salute, pos-sesso del potere e condizione nel-la società. Si tratta, cioè, di nonnascondersi la verità brutale delpermanere di una stretta correla-zione tra tutela della salute e pote-re della ricchezza, della conoscen-za, della comunicazione.

Situazione, questa, che determi-na l’affermarsi di una duplice, pe-sante discriminazione.

La prima, dolorosissima, intol-lerabile ed abissale, è quella veri-ficatasi tra le società evolute del-l’emisfero settentrionale del pia-neta e i popoli del Sud del mondo,atteso che solo per le nazioni opu-lente si può considerare già par-zialmente realizzato e realistica-mente perseguibile l’obiettivo diun benessere diffuso.

La seconda riguarda la spere-quazione insorgente anche all’in-terno delle aree sviluppate, in me-rito ai diversi livelli di tutela delbene salute ed i condizionamentiche l’assistenza sanitaria subisceda parte del potere, laddove, comenel caso dei paesi ricchi, esso ap-pare organizzato in modo sofisti-cato ed espressivo degli assettiproduttivi multinazionali di matri-ce capitalistica.

In relazione a ciò, i motivi di in-quietudine sono profondi e colle-gati al moltiplicarsi delle attese ri-feribili alla garanzia della saluteintesa, questa, come qualità dellavita, attese tanto più vanificatenelle aspettative dei popoli poverima, spesso, neppur equamente econgruamente realizzate nellestesse zone privilegiate del nostroglobo.

Riguardo a tali problematiche,appare allora opportuno ap-profondire il discorso della rela-zione o, forse, dell’intreccio sussi-stente tra potere e salute, partendoproprio dall’analisi degli strumen-ti attraverso i quali quest’ultimaviene tutelata.

Ebbene, nel corso del processodi civilizzazione, è dato constata-re come la difesa della salute siastata realizzata attraverso la tipi-cità di una pratica e di una scien-za: la medicina che, specie in oc-cidente, ha assunto un livello dielevato rango scientifico.

È pertanto verso quest’ultimache occorre puntare l’attenzione.

Una riflessione attenta e gene-rale sulla medicina fa subito rico-noscere la difficoltà di inquadrarel’oggetto stesso dell’analisi, inquanto la pratica medica non èmai stata un’attività caratterizza-bile entro una cornice contenuti-stica certa e generalmente condi-visa. Essa ha sempre rappresenta-to lo specchio di un relativo speci-fico modello culturale, di talché sipuò, anzi, si deve ammettere chesussistono più medicine generatedalle varie culture, dunque più tipidi medicine correlate a costumi eculture.

Certo è che l’arte medica, puressendo in ogni tempo e civiltàsussistita quale riflesso di un co-stume sociale, è andata però sem-pre più acquistando una propriaautonoma e una più netta configu-razione rispetto a vecchie prati-che, talora magico-stregoniche,mano a mano che le conoscenzetanto in campo anatomico quantoin quello farmacologico si sonoandate consolidando, a seguitodell’emergente metodologia del-l’analisi e della sperimentazioneapplicata al sapere.

Tuttavia, l’autonomia della me-dicina è sempre stata fortementecondizionata dal suo esprimersiquale disciplina rappresentativa diun modello socio-culturale defini-to. Ecco perché una indagine sulrapportarsi della medicina rispettoalla società ed al potere sembracostituire lo strumento più utileper giungere ad individuare unquadro sufficientemente esaustivodell’arte medica, il quale sia ingrado di coglierne, in termini rea-li, la sostanza tanto storica quantoattuale.

Sotto questo profilo, la medici-na è sempre stata considerata unamateria che non potesse esserecircoscritta entro un solo campo,quello della scienza piuttosto chedell’arte, ovvero quello della ma-gia piuttosto che della tecnica,bensì l’oggetto di una disciplinapoliedrica, riassuntiva della paricomplessità del tema del suo stu-dio: l’uomo.

Si riconosce, così, che il rappor-to sussistente tra medicina, so-cietà o potere si origina e dipendedalla stretta ed imprescindibile re-lazione intercorrente tra di essa el’intero mondo dell’umano.

Questo legame congiuntivo tra

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l’arte medica e la sfera esistenzia-le dell’umanità, è un fatto non ac-cessorio ma determinante, inquanto coinvolge la qualità onto-logica della medicina, caratteriz-zandone gli aspetti basilari.

Si rammenta, in proposito, co-me in ogni società la salute del-l’uomo sia sempre stata appan-naggio della medicina, che ha po-tuto facilmente conquistare unasignoria di valore talvolta al limi-te della sacralità, laddove il sacroappare strettamente connesso al-l’evento taumaturgico della guari-gione ottenuto con l’applicazionemedica e da cui deriva una sorta dirispetto rituale e totemico verso lamedicina. Da ciò deriva ancheuna commistione tra medicina epotere, in quanto nulla più dell’ar-te di guarire appare in grado di in-cidere sul destino degli uomini siaindividualmente considerati chesocialmente organizzati.

A questa liaison tra medicina epotere, vista sotto il profilo ogget-tivo del risultato incidente sull’e-sistenza stessa degli uomini, si de-ve aggiungere l’appartenenza al-l’arte medica del potere di supre-mazia, tanto fisica quanto psicolo-gica, esercitabile sui pazienti inragione dei gesti di esplorazione emanipolazione dei corpi che le so-no propri e che si connettono al-l’attività diagnostica. Sotto questoaspetto, infatti, le operazioni basi-lari proprie della pratica medicadeterminano l’insorgere, nel ma-lato, di un atteggiamento di ab-bandono e di soggezione, raffor-zato certo dalla sua condizione dicrisi che, nei confronti del medi-co, lo pone in un rapporto di più omeno accentuata subalternità.

Tale realtà può condurre a con-siderare l’esercizio del potere co-me fatto connaturante l’arte medi-ca, intrinsecamente connesso,cioè, ad ogni gesto terapeutico epertanto elemento costitutivo del-la stessa arte.

Da ciò non può non derivarel’attribuzione di una fondamenta-le rilevanza sociale alla medicinae il suo costituirsi come area (siaprofessionale, sia scientifica chedi prassi) produttiva di specificiassetti della società. Ma ne scatu-risce anche la difficoltà di enu-cleare una organica identità delmodello medicale, che è assaicomplesso perché necessariamen-

te da riferire a più terreni di svi-luppo (scienza, prassi, professio-ne, arte) ben apparentemente dif-ferenziati.

Se questo profilo appare validoper ogni concreta situazione stori-ca nelle varie epoche e nei varicontesti territoriali, tuttavia la na-tura e la dimensione del potereconnesso all’arte medica possonorisultare differenziate a seconda

sia del livello di efficacia raggiun-to dall’attività terapeutica sia delmodello culturale dominante nellasocietà, in relazione al problemadella morte e della sofferenza.

È fuori dubbio che il ruolo rive-stito, in questo senso, dalla medi-cina abbia acquistato uno spessorecrescente in relazione alla suaevoluzione tecnico-scientifica edal progressivo indebolirsi del co-stume di accettazione della morte,conseguente all’espandersi dellacrisi di quella concezione religio-sa e trascendente del creato cheaveva caratterizzato, in modo to-talizzante, le società cristiane del-l’emisfero settentrionale.

La medicina moderna nasce,appunto, con la cultura della rivo-luzione francese, la quale istitu-zionalizza professionalmente ilcorpo medico, attribuendogli ilcompito di tutelare globalmente lasalute dei cittadini, ma, al contem-po, si sviluppa sostanzialmentecol quasi coevo processo di indu-strializzazione diffusa. Quest’ulti-mo fenomeno, nel favorire lo svi-luppo della ricerca e della speri-

mentazione quali elementi funzio-nali all’espansione dei processiproduttivi, ha sostenuto ed impo-sto la qualificazione tecnica dellaprassi medico-terapeutica: ciò hacondotto a straordinari risultatinel campo delle scoperte cliniche,prima fra tutte quella dei micror-ganismi patogeni.

Si è trattato di un evento il qua-le, nel corso del XIX e XX secolo,

si è andato non solo consolidandoma anche estendendo con impres-sionante progressione così da farscaturire progressi clamorosi nel-l’assistenza sanitaria.

Infatti, attraverso le nuove tec-niche chirurgiche, le vaccinazionidi massa e le sempre più sofistica-te terapie farmacologiche, si èconsiderevolmente ampliata la ca-pacità di fronteggiare le varie pa-tologie e sconfiggere epidemie,un tempo considerate micidiali.

Tuttavia, lo spettacolare incre-mento della tecnologizzazionedella medicina, l’affinamento del-le sue qualità scientifiche e pro-fessionali, l’accentuarsi della suaefficacia terapeutica hanno finitoper produrre, nel mondo sviluppa-to, conseguenze estremamente ri-levanti riguardo al rapporto sussi-stente tra medicina e salute, che èrisultato profondamente alterato.

Si è, infatti, via via attribuito unpeso eccessivo al ruolo giocatodalla pratica medica rispetto altrend positivo registratosi nel qua-dro sanitario dei paesi industrializ-zati, trascurando altri fattori pari-

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menti determinanti, quali il mi-glioramento delle condizioni so-cio-economiche, la diminuzionedella natalità, l’accresciuta osser-vanza di norme igieniche basilari,l’arricchimento e selettività dell’a-limentazione. Questa mitizzazio-ne della medicina ha ingenerato, asua volta, una scissione preoccu-pante tra gesto medico e cura dellasalute. Ciò perché la sopravvaluta-ta potenzialità della medicina ha,prima, accresciuto il ricorso allamedicalizzazione anche di moltiaspetti puramente fisiologici del-l’esistenza e, contestualmente, de-responsabilizzato i pazienti a col-tivare personali impulsi reattivi ri-spetto ai morbi e, infine, ha creatouna nuova classe di malattie, comele patologie iatrogene (effetti col-laterali dei farmaci, interventi chi-rurgici sbag1iati, errori terapeuticiecc.). Si è cioè determinata un’in-vadenza della medicina che hatentato di autoaffermarsi come fi-nalità di sé medesima, qua1e prati-ca diretta prioritariamente all’e-sercizio ed alla produzione di unpotere, estranea e talvolta addirit-tura nociva nei confronti della tu-tela della salute. Fenomeno, que-sto, definito da Ivan Illich in un’a-nalisi assai dura e provocatoriadella realtà, Iatrogenesi Medica.

Parallelamente, la massiccia in-troduzione di alte tecnologie bio-mediche e i clamorosi progressiregistratisi nella trapiantologiahanno consegnato all’arte medicauna vera e propria facoltà di mani-polazione sulla vita e sulla morte,la quale si autoreferenzia comepura espressività della ricercascientifica e si autogiustifica inquesta funzione autonoma, risul-tando solo in parte destinata a pro-durre salute.

Questa alterazione dei compitisvolti dalla medicina in rapportoalla salute, cioè il collocarsi dellamedesima innanzitutto al serviziodegli interessi corporativi dellaclasse medica in uno sforzo ideo-logico diretto a sanzionare la pro-pria funzione arbitrale e garantedella programmazione sociale incampo sanitario, ridimensionandoil tradizionale ruolo ancillare po-sto a disposizione della conquista,della difesa e del recupero dellasalute, può produrre, nell’ambitodi società dominate dalla logica li-berista, ulteriori pericolose conse-

guenze poiché rende la prassi me-dica assai più permeabile ai con-dizionamenti ed alle esigenze delmercato. Ne deriva che la medici-na, apparentemente svincolata daogni fondamento teleologico, ivicompreso quello tradizionale dimatrice ippocratica, rischia forte-mente di vedersi imbrigliata nelquadro di un rispetto di parametridi pura tendenza economica.

E sarebbe chiaro il risultato digrave pregiudizio alla tutela dellasalute, una volta che fosse davveroconsolidata la circostanza che pu-re per l’assistenza sanitaria lo sco-po primario vada individuato nelconseguimento del massimo pro-fitto, da perseguire anche con mo-dalità disinvolte consistenti nellaricerca generalizzata dell’incre-mento delle vendite di farmaci, deiricoveri, degli interventi chirurgi-ci, delle attività cliniche, purequando non fossero attestate, conesaustiva certezza, né la sicurezza,né la necessità, né la validità nél’efficacia delle terapie proposte.

La descritta compromissione trapotere, medicina e società, diretta-mente incidente sul livello realisti-camente ottenibile di garanzia esviluppo della salute a beneficio ditutti, induce a considerare la ne-cessità di restaurare lo stretto lega-me storicamente sussistito tra ge-sto terapeutico e tutela della saluteattraverso il recupero di una auten-tica comunanza di radici, qualequella proposta dalla prospettivaculturale neo-antropologica. Però,il collegamento diretto da ristabili-re o sviluppare tra medicina, salu-te e sfera propria dell’essere uma-no, comporta l’esigenza di aggan-ciare prassi medica e condizionedi salubrità ad un sistema di valorifondanti che ne rappresentino lafinalità ultima, vale a dire di para-metrare il tutto secondo criteri dimoralità. Da questa considerazio-ne, penso debba nascere la convin-zione dell’intrinseca eticità ogget-tiva, tanto del gesto medico quan-to della tutela della salute. Ma sela salute e, con essa, la medicinaquale strumento della sua preser-vazione, vengono considerate nel-la sfera etica, risulterà evidenteche il loro intreccio con il potere,in ogni contesto sociale, dovrà es-sere governato secondo una fina-lità ultima che, coerente con indi-scussi canoni etici, risulti preordi-

nato al perseguimento del benedella creatura umana.

Resta, infatti, l’uomo nella suaunitarietà di persona e nella suavalenza indiscriminata, il centro diquel disegno culturale di civilizza-zione globale proclamato dalleNazioni Unite e che corrispondealle speranze e condivide le attesedi tutti i popoli del mondo. E, tut-tavia, come è possibile dare dueconcreti sviluppi agli indirizziprogrammatici enunciati dal-l’OMS in piena aderenza alle esi-genze di una moralità condivisa?

3. Il nodo da sciogliere, oggi, ri-sulta esser quello del potere. Ilproblema riguarda tanto l’uso delpotere quanto il suo sagomarsi inun sistema, sempre più unificato,di vari poteri, come lo scientifico,il tecnico, l’economico, il politico,l’informativo che, consapevol-mente o meno, finiscono per ma-nipolare integralmente l’uomo.

Ciò si verifica in modo accen-tuato nell’Occidente, ma riguardaormai, atteso il fenomeno mon-tante della globalizzazione, qual-siasi società del pianeta.

Serpeggia infatti, nella societàcontemporanea, una suggestioneassai pericolosa che riguarda iltentativo, spesso riuscito, di confi-gurare l’esercizio del potere comeespressione neutra di una oggetti-va disponibilità di conoscenzescientifiche, tecnologiche, profes-sionali, cioè di una capacità cultu-rale data e vincolata alla mera os-servanza dei parametri di raziona-lità affinati attraverso la ricerca, lasperimentazione, la speculazionelogica.

In tal maniera, il potere risulte-rebbe del tutto scisso da ogni con-fronto con una qualsiasi identitàdefinita, vuoi politica, vuoi filoso-fica o religiosa e, depurato secon-do tale ottica da ogni visione par-ziale che ne inquini la serenità el’equità dell’uso, finirebbe per es-sere esercitato senza alcun impe-dimento in quanto necessariamen-te indirizzato, secondo i criteripropri della razionalità, a benefi-cio dell’uomo.

Da ciò consegue, altresì, unaimplicita e acritica giustificazionedell’assetto sistemico dei vari po-teri che, costituendo insieme l’ori-gine dell’esercizio del potere, uni-tariamente inteso, non potrebbe

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32 SALUTE E POTERE

non corrispondere tanto ad unabase oggettiva quanto ad una so-stanziale logicità complessiva cherisulti vantaggiosa per la società.

Dovrebbe così essere la razio-nalità la garanzia dell’equità delpotere e la fonte della sua legitti-mità e libertà, individuandolo co-me rispondente alle esigenze del-l’uomo.

A sua volta, la libertà costitui-rebbe l’unico punto di riferimentoetico e finirebbe per porsi comenorma a se stessa.

Si soggiunga che questa conce-zione e pratica della libertà tenta-no, in modo deciso, di definirsi inun sistema sociale, in istituti poli-tici ed assetti giuridici di naturacontrattualistica ove, cioè, ciascu-no possieda il proprio spazio indi-sturbato di potere e nessuno possachiedere conto dell’operato e del-le scelte dell’altro.

Si tratta di una prospettazionein totale contrasto con la visioneumanistica della realtà dianzi de-scritta, in quanto contribuisce asagomare l’organizzazione dellasocietà in funzione dell’assettodel potere. Ciò implica una cri-stallizzazione dei rapporti sussi-stenti tra le varie società mondialisecondo gli attuali assetti, deter-minati dalle disponibilità di risor-se, di conoscenze, di tecnologiaconseguita dalle diverse nazioni.

Sembra evidente che un similequadro di relazioni tra esercizio esistema di potere da un lato e so-cietà dall’altro, quadro tutto teso aconsolidare gli equilibri esistentiin cui appaiono tutelati i soli inte-ressi generali dei popoli ricchi equelli particolari e più ristretti del-le oligarchie multinazionali, con-diziona in modo determinante ilpanorama sanitario, rendendo, difatto, la salute un privilegio di po-chi anziché un diritto umano e ci-vile di cui ciascun uomo dovrebbeessere riconosciuto titolare e be-neficiario.

Occorre allora, al fine di avvia-re concretamente la realizzazionedei proclami approvati dalle Na-zioni Unite ed appoggiati dall’a-zione costante ed incisiva dellechiese e delle organizzazioni nongovernative di volontariato, esten-dere la filosofia ed i modelli com-portamentali propri dell’umanesi-mo integrale anche all’uso del po-tere e all’articolazione sociale, at-

tribuendo all’uno ed all’altra quel-la stessa finalità umanizzatriceche appartiene alla cultura antro-pocentrica. Bisogna, cioè, colle-gare potere e società a una realtàsuperiore, ad un sistema di valoricomuni e come tali unanimemen-te riconosciuti, che sia in grado diregolare l’esercizio dell’uno el’organizzazione dell’altra.

Né questa operazione può com-portare il paventato rischio di unaideologizzazione del potere o del-la società, cioè il loro definirsi intermini di astratta identità totaliz-zante vuoi religiosa, vuoi politicao filosofica. La garanzia rispetto aquesto timore è costituita dal rife-rimento costante ed unico al valo-re dell’uomo e alle sue radici on-tologiche, nonché all’esigenzafondamentale della sussistenzadella condivisione diffusa del sen-timento di comunanza dei valoriprofessati.

Detto percorso, che presupponeovviamente la spontaneità dell’a-desione, appare complesso, diffi-cile ma possibile. Esso non puòche nascere dalla stessa societàcome maturazione dell’esperien-za dell’appartenenza ad una datacomunità espressiva di valori ecostumi che si raffronta con altresimilari comunità ed insieme adesse enuclea una serie di elementiunitari di identità etica.

Sarà allora la società, compostadall’aggregazione di vari gruppi emodellata su di una scala di pochiprincipi fondanti liberamente ac-co1ti, a condizionare l’esercizio

del potere secondo le esigenze diuna moralità intrinseca ma gene-ralmente avvertita e all’un tempoa fissare, per il medesimo, un si-stema di regole che lo rendanocorrispondentemente, struttural-mente limitato.

Questo risultato appare decisi-vo per il perseguimento dell’o-biettivo umanistico di tutela dellasalute, perché la subordinazionedel potere e del suo esercizio al ri-spetto di norme agganciate all’eti-ca dei valori costituisce uno scopoelevato a disposizione dell’uomoper ogni agire individuale e socia-le. In particolare tale risultato co-stituisce uno scopo elevato peruno strumento operativo dell’uo-mo, appunto il potere, tanto dasmantellare tutte le suggestioniideologiche moderne dirette a for-nire una qualche giustificazioneteorica alla sconfitta dei deboli avantaggio del progresso, quantodire dei forti e degli abbienti, esmaschera l’inconsistenza di queldescritto tentativo di fondare unanuova universalità morale che sivoglia basata sull’etica del poterelibero.

Sarà, infine, lo sviluppo di untessuto sociale più autenticamenteumano, ossia fondato sull’intui-zione del rapporto insostituibilesussistente tra l’uomo ed il mondoe costituito dalla percezione co-sciente di una comunanza di iden-tità e di destini fra tutti gli uomini,insieme al riconoscimento di unafunzionalità organica della naturaa servizio dell’irripetibilità e pre-ziosità dell’esistenza umana, aconsentire, con l’inesorabile af-fiorare di un forte sentimento direciproca solidarietà, un camminodi speranza verso la meta di un li-vello di qualità della vita confa-cente alla dignità dell’uomo da as-sicurare, quod est in votis, a tutti ipopoli del pianeta.

Prof. VINCENZO MARIA SARACENI

Assessore Sanità Regione LazioItalia

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Il titolo della mia relazione Il po-tere dei mass media in campo sani-tario può sembrare un po’ cinico,ma l’informazione medico-scienti-fica ha un potere enorme perchécondiziona, influenza i comporta-menti e le scelte di milioni di per-sone e questo in modo spesso radi-cale e in breve tempo.

Per questo io penso che non siasoltanto una specializzazione delgiornalismo, ma molto di più: è unsettore vero e proprio della medici-na, perché da lei dipendono la pre-venzione, il nostro benessere, spes-so anche il modo di curare. Le rica-dute sono enormi e riguardanoaspetti sociali ed etici. L’informa-zione medico-scientifica ha una di-mensione etica più di ogni altrosettore del giornalismo.

Buona informazione contribui-sce a fare buona medicina ed è uti-le al cittadino; cattiva informazio-ne aggrava i problemi e danneggiail cittadino. In sintesi l’informazio-ne medico-scientifica può servirealla salute, oppure danneggiarla.

Tutto questo i medici e i giorna-listi che si occupano di medicina losanno bene.

Nel 1984 a Washington, in unodei primi incontri mondiali sul-l’AIDS, lo scienziato Robert Galloalla domanda su come sarebbe sta-to possibile frenare la diffusionedell’epidemia, rispose che il con-trollo della nuova malattia sarebbeavvenuto attraverso metodi nonstrettamente medici e clinici, maattraverso le informazioni date daimedia: “Tutto dipenderà da voigiornalisti e il risultato ci sarà se fa-rete un’informazione corretta, utileal cittadino e non scandalistica”.

Robert Gallo aveva ragione: intutti i paesi occidentali l’epidemiaè stata frenata anche grazie adun’informazione corretta, benorientata, che ha svolto un ruoloeducativo e di prevenzione. “Se loconosci lo eviti”, “Non morire per

ignoranza” sono stati i messaggidelle campagne di prevenzione allequali i media occidentali hanno da-to un grande contributo, campagneche attraverso i media hanno avutobuoni risultati, soprattutto nelle ca-tegorie a rischio verso le quali era-no dirette.

L’importanza di una buonainformazione che contribuisca allaprevenzione e all’educazione è sot-tolineata in ogni congresso. Inquello dei Cardiologi Ospedalieridi pochi giorni fa, ad esempio, ilprofessor Pierluigi Prati del SanCamillo ha affermato: “Il numerodegli infarti e delle malattie cardio-vascolari è diminuito in un decen-nio di quasi il 20% grazie anche adun’informazione che ha fatto capi-re ai cittadini quali sono i fattori dirischio cardiovascolari e quanto èimportante correggerli”.

In sostanza più il cittadino èinformato, più è in grado di con-trollare ciò che influenza la sua sa-lute. “Se siete informatori respon-sabili, siete anche educatori”, ave-va detto Karl Popper ai giornalisti,sottolineando che l’informazionedeve sempre diventare strumentodi educazione e produrre effetti pe-dagogici, se vale.

Non è sempre facile capire tutto,le tante informazioni che arrivanoper il grande pubblico: io mi occu-

po di informazione attraverso la te-levisione, un mezzo con una poten-za enorme. Gli ascoltatori vivonospesso solo emotivamente notizieche avrebbero bisogno di una baseculturale che frequentemente noiitaliani non abbiamo avuto a scuo-la. Pensiamo con quanta emotività,con quanta poca razionalità sonostate vissute le notizie sulle ondeelettromagnetiche, sugli effetti col-laterali di farmaci come il Lipobay,sull’uranio impoverito, nei mesiscorsi.

Per questo l’informazione medi-co-scientifica deve tener conto dichi ascolta o legge, avere, in pocheparole, una dimensione etica ed unruolo pedagogico.

In Francia il Comitato di Bioeti-ca, il 31 maggio 1995, è intervenu-to sulle questioni poste dalle infor-mazioni scientifiche biologiche emediche con una “Raccomanda-zione” rivolta ai giornalisti e ai di-rettori di giornali.

Al punto n.5 del documento dice“Il numero limitato di giornalisticon una reale formazione scientifi-ca preoccupa il comitato circa l’ef-ficacia della informazione stessa.Riconoscendo un importante ruolopedagogico al giornalista scientifi-co si auspica che tale formazionesia ritenuta indispensabile dalle di-rezioni delle testate giornalistiche eposta come requisito essenziale peraffidare un servizio”.

E il punto n.11 si occupa delladimensione etica della formazioneprofessionale. “Il comitato racco-manda che il giornalista abbia unasensibilizzazione etica appropriatache tenga conto delle situazioniche possono venire a determinarsicon le informazioni che vengonodate”.

“La salute rappresenta un argo-mento che ‘tira’, dal punto di vistagiornalistico, ma è indispensabileche le notizie non vengano mani-polate o distorte suscitando illuso-

LUCIANO ONDER

4. L’informazione medico-scientifica

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rie speranze o pericolosi allarmi-smi nella ricerca del sensazionale.

Spesso i giornalisti presi dall’an-sia della notizia, dimenticano adesempio che parole come ‘immi-nente’ o ‘prossimo’, per un risulta-to scientifico, possono significareanche cinque o dieci anni”.

Queste raccomandazioni del Co-mitato Etico francese sono attualis-sime anche da noi in Italia poichénon sempre il giornalismo tieneconto della dimensione etica dellaprofessione e non sempre ha unruolo pedagogico.

Spesso la scienza fa notizia nelmodo peggiore e finiscono in primapagina soltanto il bizzarro, il curio-so, il sensazionale, lo scoop. Leinformazioni sono sovente strillatecon titoli assurdi, alle volte distortee finiscono per creare illusioni o fal-se speranze: tutto in pratica vienemesso sullo stesso piano, sia ciò cheè realmente documentato, sia ciòche è nella fantasia di chi scrive.

“Nel giornalismo italiano accadeun fenomeno particolare – ha scrit-to Umberto Eco in una bustina diMinerva – per cui non sono i fattiche diventano parole, ma moltospesso sono le parole che si trasfor-mano in fatti. È un’informazione‘virtuale’, per cui spesso tutti di-scutono di una cosa che in realtà

non esiste... è un’informazione –disinformante, in cui solo lo spetta-colo fa notizia”.

Ed è stato proprio il settore delgiornalismo medico-scientificoche ha prodotto negli ultimi annigli esempi di un’informazione – di-sinformante.

Ne sono un esempio, solo nel1995, l’UK 101 (la cosiddetta pro-teina anticancro di Bartorelli), nel1996 il metodo UROD (per disin-tossicare in modo rapido i tossico-dipendenti), e nel 1997-1998l’MDB (il Metodo Di Bella per lacura dei tumori).

Mi domando se questo è un fe-nomeno soprattutto italiano o an-che europeo e mondiale. Notiziecome quelle sulle onde elettroma-gnetiche, sugli effetti collaterali deifarmaci, sulle biotecnologie e gliOGM, sull’uranio arricchito, danoi, in Italia, vengono agitate finoal punto di bloccare lo sviluppo, dicreare un’emergenza sanitaria. So-no notizie che impongono ai citta-dini schieramenti pro e contro, indestra e sinistra, favorevoli o con-trari, senza attenzione alle rispostescientifiche.

Tutto questo è inutile dirlo, nonserve al cittadino, è un danno per ilmalato, gli impedisce di curarsi nelmodo più appropriato.

La raccomandazione del Comita-to di Bioetica francese, chiude conun invito specifico ai giornalisti:

“È importante considerare cheil pubblico destinatario dell’infor-mazione scientifica non e’ unamassa indistinta e amorfa. Si trat-ta dei malati, delle loro famiglie,delle loro associazioni, dei loromedici curanti; ancora, tutti i gio-vani in età scolare, di fronte ai pe-ricoli dell’AIDS o della droga,con i loro genitori e i loro inse-gnanti; infine, gli animatori dellagrande solidarietà sociale, comele associazioni di volontariato o didonatori di sangue o di organi. Sitratta in definitiva di tutti i cittadi-ni che vivono lo sviluppo impe-tuoso del sapere e del potere bio-medico ed è a tutti costoro che de-ve pensare chi crea e diffondel’informazione”.

E recentemente anche l’Osserva-tore Romano riferendosi a fatti dicronaca ha stigmatizzato una certainformazione e ha invitato i giorna-listi a non creare illusioni sulla curadei tumori e a considerare che die-tro una notizia c’è sempre l’uomo,il sofferente, il debole. È a questapersona che bisogna pensare.

Dott. LUCIANO ONDERGiornalista, Italia

SALVADOR ROFES I CAPO

5. Il potere dei professionisti della salute

Devo riconoscere che il titolodella conferenza che mi è statochiesto di presentare è, in sé, unesempio di diplomazia e sensibi-lità, giacché il titolo logico sarebbestato “il potere dei medici”, di co-loro cioè che hanno veramente de-tenuto o ancora detengono il pote-re. Come avrete capito, mi riferiròprincipalmente al potere dei medi-ci, poiché gli altri professionistidella salute (infermieri/e, psicolo-gi, fisioterapisti, ecc.) sono statiper tanti anni, e in molti luoghi losono ancora, sotto il potere domi-

nante e abusivo dei medici che, co-scientemente o meno, hanno impe-dito loro di godere di una proiezio-ne professionale più rilevante diquella di cui hanno disposto finora.

Non credo che tale percezionepresente in Europa occidentale siamolto differente in altre parti delmondo. In un eccellente articolo incui Dianna Kenny e BarbaraAdamson1 analizzano il controllodei medici sulle altre professionisanitarie in Australia, risulta che il73% delle persone intervistate, chenon sono medici, non si sente trat-

tato in maniera equa, in quanto iprofessionisti con un maggiore nu-mero di anni di servizio alle spallesono più valorizzati dai medici,mentre i giovani si sentono moltopoco apprezzati. Le conclusionidell’inchiesta sono una richiesta dirispetto e considerazione da partedei medici nei confronti delle altreprofessioni e un riconoscimentodel fatto che gli uni non possonooperare senza gli altri.

A questa “dominazione” ha con-tribuito anche una confusione nella“sacerdotizzazione” del ruolo del

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medico che si è giunti ad investiredel potere divino, cosa alla qualenon sono stati estranei alcuni mo-ralisti che, senz’altro in buona fe-de, attribuivano agli infermieri eagli altri professionisti il ruolo disottomessi e obbedienti esecutoridegli ordini dei medici. Basta ri-leggere alcuni trattati di moraleche si studiavano, non più di cin-quant’anni fa, in alcune Scuole diInfermieristica, per comprenderel’evoluzione storica del medicocome essere potente; a ciò contri-buiva anche il fatto che gran partedei medici di solito proveniva dauna classe medio-alta, mentre glialtri professionisti sanitari apparte-nevano a classi medio-basse, il chegià di per sé dava loro una certaprepotenza sociale. Oggigiornoquesto fattore ha perso rilevanza.

Non è strano che con questi pre-cedenti il potere di curare, il poteredi ascoltare il malato che ha biso-gno di spiegare la storia della pro-pria vita tanto legata ai problemi disalute a un professionista che sap-pia e desideri ascoltarlo (cosa que-sta che a volte ai medici costa mol-to), il potere del linguaggio verba-le e non verbale fatto di parole ogesti che ispirano pace in momentidi angoscia – che sono i grandi po-teri della professione infermieristi-ca – siano valori rimasti da parte,silenziosi ma vivi. È ora che la me-dicina metta in risalto il valore del-le équipe interdisciplinari, in cuispero emergano con vera forza ivalori degli infermieri e degli altriprofessionisti sanitari e che moltimedici inizino a comprendere ilruolo e il potere di questi profes-sionisti.

Dopo aver spiegato questi pre-cedenti, mi riferirò al potere deimedici. Comincerò con le conclu-sioni di un intervento su questo te-ma che il Prof. Diego Gracia hapresentato in alcuni studi interdi-sciplinari su Scienza e Potere, te-nutosi presso l’Università di Co-millas, a Madrid, nel 1987. DiegoGracia diceva: “Il medico continuaad avere potere? Come singolo in-dividuo meno che mai. Però la me-dicina in quanto istituzione godeoggi di un potere maggiore diquello che avrebbe potuto avere inuna qualsiasi epoca della sua sto-ria. Mai la vita dell’uomo è statatanto medicalizzata. Mai il poteredella medicina è stato maggiore”2.

Questa premessa è condivisa daFeidson e Mecchanic, i quali affer-mano che il medico sta perdendopotere a beneficio della professio-ne3, e da Eric Tangalos, Direttoredi Medicina Interna della ClinicaMayo che, in alcune recenti di-chiarazioni a “El País”, affermacon enfasi che “è finito il modellodi medico autoritario e paternali-sta. I medici che esercitano oggidevono negoziare con i pazienti”4.

Credo che le parole di DiegoGracia, espresse una quindicina dianni fa, acquisiscano oggi, se pos-sibile, maggior vigore e io le sotto-scrivo in gran parte. Sta terminan-do l’epoca in cui nella Spagna ru-rale (e credo anche in altri paesi,specialmente del Sud Europa) ilmedico, insieme al maestro, al par-roco e la guardia civile erano quel-li che avevano realmente il potere.La professione medica sta perden-do potere giorno dopo giorno ma,al contrario, la medicina in quantotale aumenta il proprio potere nellanostra società. La medicina comepotere scientifico, morale, politico,sociale, ecc.

Il medico ha perso potere nelmomento in cui la medicina si è so-cializzata, gli ospedali si sono tra-sformati in aziende e l’attenzioneprimaria ha trasformato il medicorurale in un’équipe di attenzionecomunitaria. Egli continua a per-dere potere nel momento in cui gliviene detto che deve gestire, per-ché la medicina che progredisce adun ritmo vertiginoso comporta co-sti tali che bisogna stabilire delle

priorità. Si passa dal principio del-la beneficenza a quello della giu-stizia. Il professionista sanitario sitrasforma in buona parte in un fun-zionario che riceve uno stipendiofisso alla fine del mese, a cui la so-cietà chiede sempre più e che sitrova di fronte a termini come pro-duttività, efficacia, efficienza ocontrollo delle risorse, per i qualinon ha ricevuto alcuna preparazio-ne alla Facoltà di Medicina. Inoltreegli si trova di fronte ad una seriedi domande giudiziarie, giuste oingiuste, che lo disorientano. Co-me scrive molto bene il Prof. Gigli,la fiducia reciproca è sostenutasempre più dal sospetto legittimo,in cui il paziente e il medico si con-siderano come potenziali nemici5.Dal medico si esigono risultati cer-ti, perciò la morte, come risultatodi una malattia, viene posta in que-stione e attribuita al fallimento del-la scienza. Sembra che tutto si ri-duca all’applicazione di tecniche.In un’inchiesta realizzata tra uncampione significativo di medicinorvegesi e pubblicata recente-mente in The Lancet, oltre la metàriconoscono di aver subito pressio-ni o minacce da parte dei pazienti odei loro familiari. Tali “minacce”sembrano colpire l’assunzione didecisioni dei medici in forma di ri-chieste eccessive di prove diagno-stiche che, a loro volta, possonodare luogo a un aumento di falsipositivi quando la probabilità dellamalattia è bassa6.

Nella seconda metà del XX se-colo, abbiamo assistito ad una serie

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di scioperi da parte dei medici, chesarebbero stati impensabili anniprima. Io stesso ho partecipato nel1971 al primo sciopero di mediciresidenti che ha avuto luogo inSpagna e ricordo l’impatto socialeche significò per il Paese. Il mioCapo Servizio, scandalizzato, mifece uscire da un’assemblea e bia-simò il mio atteggiamento che a luisembrava fuori da ogni logica ip-pocratica e molto lontano dai codi-ci deontologici. A me ciò che nonsembrava ragionevole era lavorarein un ospedale della PrevidenzaSociale e non avere Previdenza So-ciale, ricevere uno stipendio mise-revole e lavorare più di sessantaore la settimana. Ma il fenomenonon ebbe luogo solo in Spagna. Bi-sogna ricordare gli scioperi deimedici d’Australia (1984), Francia(1995-96), Germania (1996), variscioperi delle diverse province ca-nadesi, uno sciopero massiccio inSpagna nel 1995 e tanti altri in di-versi paesi del mondo7. Coloro chehanno potere, che si sentono soddi-sfatti e motivati non sono solitipartecipare allo sciopero.

In un recente articolo riportato inDiario Medico, J.C. Sandeogra-cias8 afferma che il superuomo del-la sanità è morto e che il voler ab-bracciare una situazione insosteni-bile, la solitudine per la mancanzadi appoggi o l’impotenza, possonotrasformare l’interessato in un ca-davere professionale.

Nella letteratura medica trovia-mo numerosi riferimenti alla sin-drome del burn-out o “essere bru-ciato” che è una dimostrazione pal-pabile dell’insoddisfazione lavora-tiva. Secondo Carlos Obeso, pro-fessore di Esade, il 30% del perso-nale sanitario risente di un males-sere psichico e l’indice globale disoddisfazione in un’inchiesta rea-lizzata in tre grandi ospedali diBarcellona raggiunse soltanto il47,94 in coloro che lavoravano co-me medici, che però scendeva al29,67 se si prendeva in esame lasoddisfazione di lavorare in unospedale9.

In un macro studio sulla profes-sione infermieristica in Catalogna,elaborato nel 1990 dall’UnioneCatalana di Ospedali, cioè la gran-de associazione degli ospedali ca-talani, è stato dimostrato che unterzo delle 26.000 infermiere cata-lane si dichiara stanco e ha pensato

di abbandonare la professione10.Una delle cause principali, oltre al-l’orario e allo stipendio, è la man-canza di riconoscimento professio-nale. Ripeto, pertanto, che qualco-sa deve mancare in queste profes-sioni quando lo scoraggiamento ela sensazione di derrata hanno fat-to breccia nelle loro file.

Qual è la causa per cui i profes-sionisti sanitari, insieme agli inse-gnanti, presentano la sindrome diburn-out in proporzioni allarman-ti? Può essere mancanza di motiva-zione, il lavorare in un ruolo diver-so da quello che avevano sognatoquando erano studenti? In Spagnail burn-out del medico è stato bat-tezzato come sindrome di Tomas, aricordo del neurochirurgo del rac-conto di Kundera L’insostenibileleggerezza dell’essere. La malattiadi Tomas è un disturbo che riguar-da l’identità del professionista sa-nitario il cui sintomo principale èla perdita di autostima, accompa-gnata dal disanimo e dalla noia nellavoro quotidiano, l’assenza diaspettative di miglioramento e lacredenza che solo in un altro luogoè possibile lavorare con fondamen-to scientifico. Tra i fattori scate-nanti si trovano colpite, tra altreaspettative, quelle di status (dimi-nuzione di potere) e quelle affetti-ve (tecnificazione eccessiva dellarelazione medico-paziente)11.

Il medico come persona va per-dendo il suo potere di leader cari-smatico o di leader prepotente a

seconda dei casi, che abbiamo vis-suto nella Facoltà o nei films conla tipica scena del professore cir-condato da tutti i suoi alunni, at-tenti ad ascoltare qualsiasi parolascientifica o banale che uscissedalla bocca del maestro, però nelcontempo disposti a soddisfare ipiù piccoli capricci del capo. Ri-cordo un professore di chirurgiadella Facoltà, che era tra le perso-ne più brillanti che io abbia mai vi-sto con un bisturi in mano, il qualeaveva un aiutante del quale si van-tava, che gli raccoglieva con unaprontezza non abituale i fogli checadevano per terra. Una delle“grazie” preferite del citato pro-fessore, quando aveva qualche in-vitato, era quella di lasciare cadereun foglio in terra e dire: “Vedrà co-me X correrà a raccoglierlo...”, co-sa che il povero aiutante facevaprontamente.

Situazioni come queste attual-mente sarebbero impensabili. Oggii medici in formazione hanno i lo-ro orari, diritti e stipendi ricono-sciuti e quando scelgono l’ospeda-le per la loro formazione non sonosoliti cercare questo o quell’altroprofessore come si faceva prima,ma si dedicano all’ospedale A o Bin cui l’équipe di professionisti e latecnologia mirata hanno sostituitocome attrattiva quella dei baroni edelle loro scuole, che avevano ciòche Corona, citando Max Weber,definisce come “dominazione cari-smatica”12. Nella misura in cui si

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va consolidando la medicina, que-sta dominazione carismatica vienesostituita dalla burocrazia legal-ra-zionale.

Saremmo ingiusti se ammettes-simo che il potere storicamenteraggiunto dalla classe medica siastato cercato solo dai professioni-sti. È stata proprio la società adaver concesso ai medici parte diquesto potere, perché è ai mediciche compete la sopravvivenzadell’umanità. E il fatto del poterenon è in sé un fattore negativo selo si sa amministrare con la ragio-ne, il senso comune e lo spirito diservizio.

Però perdere il potere non vuoldire che lo si sia perso del tutto.Esistono ancora dei campi in cui ilmedico continua ad essere potenteo molto potente. E il potere può es-sere utilizzato dai professionistiper il bene del paziente o per il pro-prio. Vediamo quali sono questicampi:

Potere sulle persone e sulle lorodecisioni. Ci riferiamo al potereche può supporre il buon esito diuna tecnica chirurgica o il fatto diorientare e trattare il paziente sullabase di una diagnosi giusta che èqualcosa di per sé innato alla pro-fessione. Ci riferiamo al potere sul-l’assunzione di decisioni da partedei malati. La risposta alla tipicadomanda “se lei avesse quello cheho io, si opererebbe dottore?”, puòfar pendere la bilancia verso una ol’altra decisione. Ma anche in que-sto campo i medici vanno perden-do rapidamente il ruolo concessoloro dalla storia.

In un recente articolo pubblicatoin Diario Medico, Antonio Castil-lejo della consultoria Pricewa-terhoseCoopers scrive: “A mano amano che Internet crea uguali op-portunità per accedere alle cono-scenze scientifiche, la fonte princi-pale di informazioni sicure (il me-dico) sta cambiando e trasforman-dosi in quella di tecnico che pre-scrive ricette”13. Se constatiamoche oltre il 30% delle consulte chesi realizzano nella rete riguarda ar-gomenti sanitari, vediamo che lafigura del medico, la cui diagnosiera accolta con riverenza e senzadiscussione, si ammorbidisce difronte agli utenti più informati (avolte eccessivamente, in quantonon sono capaci di filtrare benel’informazione). Anche i gruppi di

autoaiuto hanno contribuito a que-sta perdita di potere.

E se guardiamo al futuro, in cuiil genoma umano può essere l’asseprincipale della diagnosi, preven-zione e trattamento di molte malat-tie, solo una piccola élite di studio-si potrà rispondere alle domandedei sempre meglio informati utentiche avranno nella rete la loro fontenaturale di informazione.

Il potere del medico, e delle suedecisioni, che ancora persiste sullepersone malate, deve essere eserci-tato sulla base dei principi classicidell’etica ma, allo stesso tempo,con trasparenza e onestà, conside-rando che il malato è un adulto cheha tutto il diritto di essere informa-to sulla propria malattia e sullepossibilità di trattamento.

Come diceva il Dott. GregorioMarañón, il medico deve conside-rare la sedia come il suo migliorestrumento, attraverso cui stare se-duto, senza fretta, di fianco o difronte al paziente, dove deve e puòesercitare il suo potere di informa-zione e di comprensione, renden-dosi conto del fatto che il valoreche egli dà al tempo è molto diffe-rente da quello del malato ango-sciato.

Potere morale o etico. Fino adalcuni anni fa, il rapporto medico-paziente era guidato dal principiodi beneficenza e le norme moraliche regolavano la professione era-no dettate dai teologi e dai morali-sti. Non si poteva parlare propria-mente di un’etica medica o di bioe-tica in medicina, bensì di codicideontologici che incidevano sugliatteggiamenti del medico. Quandoil malato comincia a reclamare isuoi diritti e la sua porzione di po-tere nell’assunzione delle decisio-ni, la medicina si vede obbligata ariflettere sulla propria etica e co-mincia a crescere, con grande for-za, la bioetica. Però i professionistisi rendono conto che ci sono deci-sioni che non possono essere presesolo con i pazienti e con la loro fa-miglia e hanno la necessità di cer-care il sostegno di esperti, costi-tuendo comitati d’etica di cui gliospedali si sono andati dotando.

Il potere di un comitato d’etica èenorme, non de facto, giacché nonè vincolante, ma di sostegno mora-le al momento di assumere delledecisioni, in alcuni casi di trascen-denza vitale. Curiosamente, questo

potere non si ottiene individual-mente (benché le opinioni deigrandi esperti in bioetica sianomolto apprezzate) bensì il potereemana dall’équipe dei professioni-sti sanitari e dai suoi assistenti.

Potere economico. Il 25% del fi-nanziamento che il governo auto-nomo di Catalogna destina alla sa-nità pubblica dipende dalle pennedei medici nel dispensare ricette dimedicinali in regime ambulatoria-le; queste cifre sono simili a quelledi altri paesi. Se analizziamo il cal-colo dei risultati di un ospedale dicure intensive, vediamo che il 60-65% è destinato alla retribuzionedel personale (per la maggior partesanitario) e un 15-20% a farmaci emateriale sanitario. Ciò ci fa con-cludere che il buono o il cattivouso delle risorse sanitarie è nellemani dei professionisti sanitari.

I medici esercitano il proprio po-tere economico in materia di as-senze e incapacità lavorative. Al-cuni giorni di assenza per compia-cenza o per non doversi confronta-re con le rivendicazioni di un lavo-ratore, costano all’erario pubblicocentinaia di milioni l’anno.

La domanda che possiamo farciè fino a che punto i professionistisono consapevoli del loro immen-so potere in questo campo. Secon-do me, essi lo sono poco ma se ungestore, che sia di un ospedale odell’amministrazione, basa la pro-pria gestione sull’andare contro imedici, può essere sicuro che ot-terrà un fallimento a breve o a me-dio termine.

Tuttavia, come dice Donald Li-ght riferendosi ai medici america-ni, “i medici guadagnano oggi piùche mai, però sono più miserabiliche mai”14, in quanto sono i com-pratori dei servizi sanitari (ammi-nistrazione, mutue, ecc.) a segnarei prezzi ai fornitori, cioè ai medici,che si trovano sempre più indifesidi fronte ai grandi padroni.

Potere nei mezzi di comunica-zione. Una semplice lettera al di-rettore di un quotidiano in cui unCapo Servizio del reparto di Chi-rurgia Cardiaca denunciava che, acausa della lunga lista di attesa, al-cuni malati sarebbero potuti mori-re se il loro intervento chirurgiconon fosse stato effettuato in tempo,ha scatenato in Spagna una buferapolitica di grandi dimensioni e haobbligato i governi centrale e auto-

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nomi a destinare una somma mag-giore di fondi per abbreviare i tem-pi d’attesa in questo tipo di inter-venti. Alcuni potrebbero arguireche il potere è stato dei media peròè evidente che senza la prima lette-ra di denuncia di un prestigiosochirurgo, il tema non avrebbe avu-to questa risonanza. La popolaritàe la frequenza con cui appaiono neimedia i traumatologi delle squadredi calcio che operano i grandi cam-pioni sono fonte sicura di guadagninei loro studi privati.

L’apparizione di un medico intelevisione che parla di temi speci-fici della sua specializzazione me-dica, è accolta come un dogma difede dalla gente semplice che asso-cia popolarità a sapere infallibile,senza chiedersi mai il come e ilperché egli è stato invitato alla tra-smissione.

Potere nell’Università. La lottaper una cattedra all’Università, èdifferente nella Facoltà di Medici-na da altri rami dell’insegnamentosuperiore. Mentre nella maggiorparte delle facoltà le cattedre sonoil termine di una carriera universi-taria, in Medicina e in particolarenelle materie cliniche, esse sonouna proiezione esteriore per la me-dicina privata di prestigio, benchéalcune volte i grandi teorici sianorisultati nella pratica dei mediocri.L’Università, che per alcuni docen-ti innati è l’unico modo di comuni-care le proprie conoscenze aglialunni, si è trasformata per altri nelrifugio per ottenere questo ricono-scimento sociale che la società gliè andata negando a poco a poco.

Potere scientifico. Poche scienzenel mondo sono colpite dalla “feb-bre tipografica” come la Medicina.Il pubblicare (a volte non importacome e cosa) è un obbligo per ilmedico in formazione e, per quelli

già affermati, presuppone lo staresempre in corsa per ottenere unapubblicazione, spesso in inglese, inuna rivista scientifica col più alto“fattore di impatto”. Per alcuni me-dici, l’avere nel proprio curriculumil maggior numero di pubblicazio-ni possibile è diventato un’osses-sione che potrebbe essere logicaper quanti hanno ancora una bassaproiezione professionale, ma cherisulta ridicola in determinati capiche obbligano a scrivere il loro no-me nei lavori realizzati dai membridella propria équipe, ma in cui nonsono affatto intervenuti. Chi nonricorda le lotte sulla proprietà intel-lettuale di tal o tal’altra scopertascientifica o le dequalificazioni acui sono stati sottoposti da parte diesperti alcuni lavori presentati conpoco rigore e troppo in fretta perpaura che altri li superassero?

Potere dei “favori personali”.Non esiste altra professione nelmondo a cui si chiedano più favoripersonali e più consulenze gratui-te. I familiari, i vicini, gli amici,obbligano il povero medico a ve-dere radiografie, analisi comples-se, a volte di una specializzazionediversa da quella da lui praticata esulla quale deve dare un’opinionegratuita e di buon grado. Non cre-do che questo fenomeno esista inaltre professioni. Per il fatto di es-sere medico, si ritiene che egli deb-ba essere sempre a disposizione eche lo si possa disturbare in ognimomento. Evidentemente è un cer-to potere di riconoscimento socialeche obbliga, inoltre, ad essere mol-to cauto, giacché conosco il caso diun medico che studiò gratuitamen-te le radiografie di un’amica, sba-gliando la diagnosi e fu citato ingiudizio.

E i favori che vengono chiestiperché si salti una lista di attesa diquel cugino al quale hanno dettoche non sarebbe stato operato pri-ma di sei mesi? O quella vicina al-tezzosa che non saluta quando la siincontra per le scale, ma che accor-re angosciata alla porta del “medi-co funzionario” quando il bambinosi sta soffocando con un osso dipollo? Qui sì che il medico conti-nua ad avere la sua modesta ma im-portante parte di potere senza ren-dersi conto del fatto che, una voltarisolto il problema, la stessa vicinafarà finta di non riconoscerlo.

Ho cercato di dare una visione

molto personale di ciò che pensodel potere dei professionisti sanita-ri ed è del tutto possibile che alcu-ni di voi non condivideranno lamia opinione. È anche certo che lapercezione sarà differente a secon-da della cultura di ogni paese e chela mia è influenzata da una visionetroppo spagnola del tema, e forseun po’ pessimistica. Credo peròche tutti saranno d’accordo con lapremessa con cui ho iniziato que-sto mio intervento, cioè la perditadel potere dei professionisti sanita-ri a beneficio del potere della me-dicina. È cosa buona che si sia per-so il potere dell’autoritarismo, del-l’impunità, del paternalismo ma èpossibile che la legge del pendoloabbia castigato eccessivamentequesti professionisti tra i quali,senza dubbio, ci sono molte perso-ne che si impegnano con volontà diservizio e di dedizione agli altri eche oggi si sentono disillusi.

Dott. SALVADOR ROFES I CAPO Coordinatore dei Centri

della Provincia Aragonesedell’Ordine Ospedaliero

di San Giovanni di Dio(Fatebenefratelli)

Bibliografia1 KENNY D., ADAMSON M. “Medicine and

the health professions: issues of dominance,autonomy and authority”. Aust. Health Rev.1992: 15 (/3); 319-334.

2 BRACHO S., GRACIA D. Y COLS. Ciencia yPoder. Actas de las reuniones de la Asocia-ción Interdisciplinar “ José de Acosta ”.1987. Vol XIII. Univ. Pont. De Comillas. Ma-drid.

3 Citato da Light D.4 Diario “El País” 24.04.01. Madrid.5 GIGLIO GH. “Le sfide dei medici cattolici

per il nuovo millennio”. Dolentium Homi-num. 2000: 45 (3); 26-31.

6 SONBO I Y COLS. “Threats from patientsand their effects on medical decision making:a cross-sectional, randomised trial”. TheLancet 2001; 357: 1258-61.

7 DUFFIN J. History of Medicine. Universityof Toronto Pres, 1999. Toronto.

8 “Diario Médico”. 05.01.01. Madrid.9 “Diario Médico”. 01.02.93. Madrid.10 “El Periódico de Catalunya”. 03.11.90.11 GERVÁS J.J. Y HERNÁNDEZ MONTSALVE

L.M. “Tratamiento de la enfermedad de To-mas”. Med. Clin. (Bar) 1989, 93: 572-575.

12 CORONA J.F. “Idees de poder”. Coordina-dor M.B. Escolá. INHECA. 2000. Barcelona.

13 “Diario Médico”. 14.02.01. Madrid.14 LIGHT D. “Professionalism as a Counter-

vailing Power”. Journal of Health politics, Po-licy and Law. 1991., 16 (3): 499-506.

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39DOLENTIUM HOMINUM N. 49/1-2002

Introduzione

Prima di parlare del Potere del-l’industria farmaceutica, è neces-sario precisare subito cosa si inten-de per potere.

La parola potere si riferisceall’“essere capace di fare qualcosa,cioè di svolgere un’azione”. Il fat-to di svolgere un’azione conferiscea colui che agisce un’autorità ouna potenza su qualcuno o su qual-cosa. Potenza è, pertanto, “coman-dare, dominare o imporre la pro-pria volontà”.

Se i due termini “potere” e “po-tenza” sono molto vicini l’uno al-l’altro, ciò non toglie che uno deri-vi dall’altro e che non siano nep-pure sinonimi. Occorrerà dunquedistinguerli con accuratezza e di-mostrare che se, in alcuni casi,l’industria farmaceutica esercitasimultaneamente “potere” e “po-tenza”, in altri casi, quando ha ilpotere scientifico, tecnico e com-merciale di svolgere una cosa, nonha tuttavia la potenza di imporla.

Dopo aver precisato la nozionedi potere, è necessario stabilirel’oggetto del potere dell’industriafarmaceutica. Per questo definire-mo come “industria farmaceutica”l’insieme delle imprese il cui co-mune denominatore è il potere dicommercializzare prodotti terapeu-tici e/o diagnostici. Questa defini-zione abbraccia tanto le imprese lecui attività vanno dalla ricerca allacommercializzazione passando perlo sviluppo e la produzione, quantole imprese che si limitano a produr-re e a vendere, oppure orientatesoltanto alla vendita.

La definizione invece esclude ilmondo delle Start-up’s – aziendeorientate esclusivamente alla ricer-ca terapeutica e allo sviluppo dinuove tecnologie. Tali imprese chesono oggetto di molti interessi – inquanto sono volte ad apportaregrandi innovazioni terapeutiche o

tecnologiche – non sono, per esse-re esatti, dei laboratori farmaceuti-ci. Esse sono rette da altri fattorieconomici poiché generalmentenon godono ancora di entrate pro-prie, né queste derivano diretta-mente dalla vendita dei loro medi-cinali.

Del potere economico

Se l’oggetto dell’esercizio delpotere dell’industria farmaceutica,così come l’abbiamo appena defi-nito, è quello di scoprire, produrree vendere medicinali, risulta chegrazie a questi ultimi l’industriafarmaceutica ha, nella misura incui i suoi prodotti lo permettono, lacapacità di mantenere o di ristabi-lire la salute degli individui tantodal punto di vista fisico quanto daquello psichico.

Attraverso le terapie medicinaliche propone, essa ha un impattosulla vita e sulla morte, la salute ela malattia, il comfort e il disagio.L’esercizio del suo potere conferi-sce all’industria farmaceutica una

potenza di impatto sulla situazioneeconomica, politica e sociale diuna società.

Va da sé che lo stato e l’avveniredi una nazione dipendono in primoluogo dalla nutrizione, dall’igienee dalle cure mediche. Questi treelementi influiscono direttamentesullo stato di salute fisica e moraledelle popolazioni e si traducono intasso di natalità e di mortalità, inlongevità e qualità di vita.

Ne risulta che le cure medichehanno un impatto decisivo dalpunto di vista micro- e macro-eco-nomico. Tanto la piramide demo-grafica mondiale quanto la situa-zione finanziaria ed economica deipaesi dipendono profondamentedalla quantità e dalla qualità dellecure mediche dispensate. Perquanto riguarda le conseguenzemediche, sociali, economiche epolitiche dei servizi offerti dall’in-dustria farmaceutica, non stupisceche questa industria sia sottopostaa un gran numero di regolamentiemanati da organismi nazionali esopranazionali. È evidente che ilmondo della salute – di cui l’indu-

ERIC-PAUL PÂQUES

6. Potere dell’industria farmaceutica

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40 SALUTE E POTERE

stria farmaceutica è solo uno deipilastri – è una forza economicaincontrovertibile poiché colpiscel’economia delle nazioni gravandosui budget, da una parte, e contri-buendo, dall’altra, in maniera so-stanziale alla salute dell’economianazionale. In questo senso, il pote-re dell’industria farmaceutica diassicurare la salute delle popola-zioni garantisce anche la potenzadi queste stesse popolazioni. È co-sì che, anche in termini di salute, sipone la questione della condivisio-ne della potenza tra i paesi.

Del potere finanziario

Dopo aver precisato tutto ciò, èimportante sottolineare che si par-la di industria farmaceutica e nondi farmacia industriale.

Se le due denominazioni coniu-gano allo stesso tempo l’azione in-dustriale e l’atto farmaceutico, ladenominazione in vigore di indu-stria farmaceutica mette l’accentosul carattere commerciale, econo-mico e finanziario dell’attività incausa.

Bisogna subito riconoscere chesi tratta di un’attività a scopo lu-crativo che ha come oggetto ilcampo della salute. Tutta la que-stione sarà dunque di sapere inquale misura l’oggetto sarà sotto-posto allo scopo: in altri termini,come il potere e la potenza sarannoesercitati con tutta la responsabi-lità che esige una questione tantofondamentale quanto quella dellasalute.

Allo stesso titolo di altri settoridell’attività economica, l’industriafarmaceutica possiede un poterefinanziario considerevole. Da solaessa ha rappresentato nell’anno2000 una cifra d’affari pari ad oltre360 miliardi di dollari.

Anche se considerata come untutto, l’industria farmaceutica rap-presenta una potenza economica efinanziaria considerevole, ed è atutt’oggi un settore molto fram-mentato poiché in tutto il mondo sicontano ancora oltre 10.600 labo-ratori. Se si considerano i primi 30laboratori mondiali, questi copro-no circa il 70% del mercato, il checorrisponde nondimeno al 2,3%del mercato in media per impresa.

A titolo di paragone, si contanosolo una ventina di produttori

d’automobili, i 3 più grandi deiquali riuniscono da soli circa il60% del mercato.

Le cifre aiutano a misurarel’ampiezza del frazionamento del-l’industria farmaceutica in rappor-to ad altri settori economici.

Tuttavia, l’industria farmaceuti-ca sta vivendo un profondo cam-biamento. È indubbio che, a moti-vo della pressione economica, unmovimento importante di centra-lizzazione sta attraversando la no-stra industria e, in uno o due de-cenni al massimo, ci ritroveremoin una situazione molto simile aquella di altri settori, in cui i primi5 laboratori mondiali domineran-no oltre la metà del mercato. Il po-tere e la potenza dell’industria far-maceutica ne risulteranno alloranon solo profondamente modifi-cati, ma anche massicciamente ac-cresciuti poiché, non soltanto ilsettore industriale in quanto tale,ma dei laboratori da loro soli sa-ranno diventati una parte sostan-ziale di questo settore (stesso mo-vimento di centralizzazione dal la-to clienti, OMS, ospedali, ecc.).Questo movimento è dovuto tral’altro alla comparsa dei farmacigenerici che comportano un’ero-sione dei prezzi e, di conseguenza,del margine di beneficio non appe-na un medicinale è fuori brevetto.Anche l’esplosione del costo dellaricerca e dello sviluppo costituisceun altro fattore. Attualmente si sti-ma che il costo della ricerca e del-lo sviluppo necessario per la mes-sa a punto di una nuova molecolaè dell’ordine di oltre 500 milionidi dollari.

Per mantenere i margini di bene-ficio, il settore reagisce intensifi-cando il proprio sforzo sulle vendi-te, estendendo la sua presenza ter-ritoriale, così come migliorandol’efficacia dei suoi strumenti di in-novazione. Uno dei mezzi per rag-giungere questi obiettivi è il rag-gruppamento industriale e la ten-denza alla monopolizzazione delpotere.

Poiché l’industria farmaceuticaha il privilegio di creare, sviluppa-re, produrre e vendere agenti dia-gnostici e terapeutici, tutta la que-stione consiste dunque nel saperein quale misura l’oggetto della suaattività sarà sottoposto agli scopi,essendo cosciente che lo scopo ditutta l’attività industriale è quello

di assicurarne la perennità. In altritermini, ci sarà motivo di fare alcu-ne domande: quale medicinale, perquale indicazione, a che prezzo,per quale paziente, in quale paese eper raggiungere quale margine dibeneficio?

Dopo aver detto ciò senza amba-gi, bisogna specificare anche chese l’industria farmaceutica ha lacapacità, il potere di scoprire, diprodurre e vendere medicinali, nonle spetta decidere unilateralmentequale prodotto sarà commercializ-zato in quale paese, per quale indi-cazione e a quale prezzo. Pur se ilpotere tecnico, scientifico e com-merciale dell’industria farmaceuti-ca è sostanziale, la sua potenza è li-mitata, in quanto si tratta del setto-re economico probabilmente piùregolamentato. In breve, non sia-mo nell’ambito di un’economia dilibero mercato.

Il potere decisionale dell’indu-stria farmaceutica viene esercitatoa livelli molto differenti, ma inparticolare al livello:

– della scelta dell’indicazioneterapeutica su cui si orientano le ri-cerche

– del prezzo di vendita del medi-cinale immesso sul mercato.

È evidente che questo potere de-cisionale non è unilaterale, ma è ilfrutto di un’interazione tra piùpartners, cioè i pazienti e i loro me-dici, gli organismi governativi in-teressati e l’industria.

Del potere di innovazione

L’industria farmaceutica è, percosì dire, l’unica organizzazione almondo a possedere la capacità tec-nica e finanziaria di scoprire e pro-durre medicinali. Questo quasi-monopolio le conferisce una po-tenza e una responsabilità enormiper quanto riguarda i tipi di medi-cinali sviluppati.

Tutte le decisioni relative all’in-dicazione terapeutica sulla quale laricerca si orienta tengono conto dialmeno tre elementi: del fonda-mento scientifico-medico dell’ap-proccio terapeutico desiderato,delle dimensioni etiche, ma anchedella realtà economica.

Prendiamo a titolo d’esempio ladepressione come indicazione te-rapeutica. Converremo molto pre-sto che, tanto da un punto di vista

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medico quanto etico, è auspicabileapportare una soluzione terapeuti-ca a questa malattia e la terapiamedicinale rappresenta una dellepossibilità.

L’apporto di una soluzione medi-cinale risponde non solo a un biso-gno medico e si iscrive nel contestocomunemente accettato dell’etica,ma risponde anche ai necessari cri-teri economici; in effetti, si tratta di

una popolazione di malati localiz-zata principalmente nei paesi ric-chi, che aumenta di numero e chedispone di un potere di acquistosoddisfacente. In questo contesto,sarà lecito concludere che la de-pressione è in principio un’indica-zione accessibile e attraente perl’industria farmaceutica.

Lo stesso vale per il trattamentodi infezioni d’origine batterica ovirale (AIDS, epatiche, ecc.), cam-po d’azione accessibile e accetta-bile per l’industria tanto dal puntodi vista della necessità terapeutica,quanto della dimensione etica edelle obbligazioni economiche. Ineffetti, come nell’ambito della de-pressione, poiché la popolazioneche può accedere alla terapia me-dicinale è sufficiente, l’investi-mento dal punto di vista economi-co è giustificabile. Tuttavia, la dif-ferenza in rapporto alla depressio-ne sta nel fatto che il bisogno tera-peutico è almeno tanto grande neipaesi sfavoriti e che, se le condi-zioni d’accesso al medicinale sonosufficientemente favorevoli, que-ste popolazioni potranno anche ap-

profittare del progresso scientificoe terapeutico.

Non è lo stesso per altre malat-tie, come quelle rare o per le qualii malati non possiedono il potered’acquisto necessario. Queste ma-lattie, finora senza terapia, non so-no oggetto di preoccupazione nelmondo della salute oppure sonooggetto solo di preoccupazionitroppo timide.

Sembrerebbe che le scelte del-l’industria farmaceutica sianosempre più orientate verso indica-zioni di gran lusso.

Come abbiamo già detto, i costidella ricerca e dello sviluppo sonofortemente aumentati. Questaesplosione è dovuta alla sofistica-zione degli strumenti di ricerca edi sviluppo, all’atteggiamento del-le autorità preposte alla registra-zione e incaricata di fissare i prez-zi di vendita e/o le aliquote di rim-borso.

Ancora un decennio fa, lo svi-luppo clinico di un antibiotico ne-cessitava di un collettivo di un mi-gliaio di pazienti, ora questo col-lettivo è più che decuplicato e ilcosto è passato da 2 a 100 milionidi dollari. Con la messa in atto diun quadro sempre più rigoroso edesigente, gli organismi responsabi-li della registrazione dei medicina-li – quali l’FDA negli Stati Uniti el’EMEA in Europa – hanno la vo-lontà legittima di evitare l’immis-sione sul mercato o di limitare l’u-so di medicinali che potrebberoavere effetti collaterali gravi, an-che se la loro frequenza è rara, orarissima, cioè tra 1 su 1000 e 1 su10.000. Questo principio in sé nonsolo non è contestato da nessuno,ma gode di un maggiore supportoda parte di tutti. Tuttavia la tenta-zione del rischio zero non è esenteda conseguenze gravi poiché è unfreno al progresso terapeutico e al-la sua diffusione. È un’illusionecredere che il rischio zero esista eche l’industria farmaceutica saràun giorno capace di mettere a di-sposizione dei pazienti dei prodot-ti farmaceutici altamente efficaci eesenti da effetti secondari.

Si comprenderà che la congiun-zione dei tre fattori, cioè l’esplo-sione dei costi di sviluppo dovuti aquesta volontà di minimizzare almassimo l’esposizione delle popo-lazioni ai rischi di effetti seconda-ri, l’atteggiamento restrittivo delle

autorità per quanto riguarda le in-dicazioni concesse e la crescentereticenza da parte delle autorità re-sponsabili di accordare un prezzoe/o un tasso di rimborso soddisfa-cente per l’industria, comportanouno scivolare sensibile dei campid’attività verso terapie di gran lus-so, comunemente chiamate lifestyle therapy, e per le quali unacerta popolazione di pazienti maanche le assicurazioni mediche dicerti paesi sono pronte, se ce nefosse bisogno, a dare il prezzo ne-cessario. Per questo tipo di indica-zioni, la valutazione dei tre criterienunciati – il fondamento medico,i criteri etici e la dimensione eco-nomica – si rivela sensibilmentedifferente. Di fatto – per fare dueesempi conosciuti – la disfunzioneerettile e la pillola del giorno doporispondono a bisogni terapeuticimeno evidenti, forse, della terapiadell’infarto del miocardio. E se laquestione etica è più complessa,bisogna ammettere che nella misu-ra in cui questo tipo di farmaci nonè sottoposto né a un prezzo, né a unrimborso fissato da un’autorità sta-tale, e dell’importanza della popo-lazione desiderosa di restare gio-vane, bella, sana e immortale, l’in-dustria ritrova un campo in cui isuoi criteri economici sono soddi-sfatti.

Questi esempi, che riguardinol’infarto del miocardio, la depres-sione, l’antibiotico o i farmaci lifestyle, hanno il merito di sollevarealcuni interrogativi:

– grazie al suo potere d’innova-zione, l’industria respinge i limitidel sapere e del possibile e, di con-seguenza, genera nuove questionietiche. L’industria ha il diritto, amonte, di prendere una decisioneetica o la questione etica deve all’i-nizio essere sottoposta a un dibatti-to della società?

– quale prezzo una società comel’Europa occidentale è pronta a pa-gare per salvare la vita, per mante-nere o ristabilire la salute o ancheper assicurare il comfort dei suoicittadini?

– esiste una scala di valori tra ilbisogno di una società di trattare isuoi cittadini depressi, ammalati dicancro o di cuore, e quello diun’altra società di vincere la diffu-sione delle infezioni attraversoprogrammi d’igiene?

– e se l’insoddisfazione soggia-

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cente dell’uomo conduce all’insa-ziabilità, è per questo diritto o dove-re dell’industria definire i limiti del-l’accettabile e dell’inaccettabile?

– quale profilo legittimo, qualedecisione etica?

È ugualmente importante af-frontare la questione della sceltadel campo terapeutico fatto dal-l’industria farmaceutica alla lucedella comprensione della nozionedi salute.

Una volta nei nostri paesi, e an-cor’oggi nei paesi meno favoriti,sulla nozione di salute incideva fa-cilmente il fatto di essere in vitaprima, e poi di possedere uno statofisico e psichico che permetteva disvolgere le attività al fine di sovve-nire ai bisogni fondamentali. Inol-tre mi sembra, a dir poco, che lanozione di salute si adattava allecadenze della vita.

La nozione di salute si è inveceprofondamente evoluta nel corsodel secolo scorso nei paesi occi-dentali, al punto che possiamoparlare di un cambiamento di pa-radigma poiché non si tratta piùsoltanto di essere in vita ma di vi-vere eternamente in un comfort fi-sico e psichico. La salute per il no-vantenne vuol dire poter fare lamaratona e rivivere la passioneamorosa con la qualità della suaadolescenza.

L’edonismo ambientale ha pro-fondamente modificato l’attesa neiconfronti dell’industria farmaceu-tica. Essa non si limita più a medi-cinali che permettono di preveniree di combattere la malattia per con-tinuare ad attendere ai propri obbli-ghi, ma assicurare un comfort, unbenessere, cioè uno stato di felicità.In questo senso, l’industria farma-ceutica rischia, attraverso i farmaciche propone, di essere trasformatao di lasciarsi trasformare in dispen-satrice di felicità. Se essa permettela prevenzione e la guarigione dimalattie fisiche e psichiche, nonpuò servire a trattare l’inquietudinemetafisica.

Stare male nella propria pellevuol dire essere malati. Se ciò èchiaro, deve essere altresì chiaroche l’industria non ha il diritto disostituirsi ad altre autorità né perdefinire i limiti dell’etica, né perdecretare sullo stato del malato,nozione questa che solo Dio saquanto sia fluttuante e relativa.

La salute che una volta era es-

senzialmente imperniata su unostato relativamente oggettivabile,si è sempre più trasformata in unmito d’immortalità, di vita senzasofferenza, di comfort. Questa mi-stificazione, questa sacralizzazio-ne della salute conduce a una con-futazione ancor più radicale, persi-no violenta della realtà della mortee, di conseguenza, ad assurdità te-rapeutiche. Per estremo, ci siaspetta dall’industria farmaceuticache estirpi la morte e la malattia eassicuri ai consumatori di non es-sere chiamati a portare né nel cor-po, né nello spirito le conseguenzedei loro atti.

E se sperano tutti questi beneficida coloro che desidererebberoprendere per maghi della vita – ba-sta leggere i titoli della stampa – ipazienti non amano tuttavia questaindustria che ricorda loro che nonesiste terapia senza rischi e che lasalute ha un prezzo.

A seconda delle scelte che farà,delle risposte che darà alle atteseeccessive e stravaganti, e del modocon cui utilizzerà il suo potere e lacredulità dei suoi clienti, l’indu-stria farmaceutica ridurrà il pa-ziente al livello di consumatoretrasformandosi in un’industria delbenessere, o resterà credibile pro-seguendo il suo sforzo per preser-vare e ristabilire la salute.

Del costo del medicinale

La questione del costo dei medi-cinali è particolarmente emoziona-le e riflette la tensione tra il dirittoalla salute e la percezione comunedella potenza e del potere di un’in-dustria che si arricchisce grazie al-la malattia.

La salute è considerata in gene-rale come il bene più importante alquale ogni essere umano ha fonda-mentalmente diritto. Ma ciò vuoldire che diritto fondamentale equi-vale a gratuità?

La questione del prezzo assumeuna dimensione esplosiva quandola si affronta nella prospettiva delmonopolio concesso attraversol’ottenimento di brevetti. Si pensacomunemente che l’industria far-maceutica abbia non solo il mono-polio dello strumento di ricerca e disviluppo ma, per di più, la prote-zione legale delle sue scoperte e ilcontrollo dei suoi prezzi. Se l’indu-

stria ha de facto il monopolio dellaricerca e dello sviluppo, essa impe-gna anche in effetti enormi capitaliin progetti ad alto rischio finanzia-rio. Nella logica del modello eco-nomico in vigore essa spera in unritorno adeguato sull’investimento.È così che durante il periodo diprotezione del princeps, che è del-l’ordine di una diecina d’anni inpratica, l’industria è solo parzial-mente sottoposta alle leggi dell’of-ferta e della domanda e, di conse-guenza, i prezzi sono generalmentemolto elevati. Tuttavia è importan-te notare che in numerosi paesiquesti prezzi non sono deliberatima fissati da autorità statali e che,se il mercato vale la posta in gioco,molto presto la concorrenza appa-rirà con prodotti competitivi checomporteranno un’erosione deiprezzi. Inoltre, non appena il medi-cinale diventa generico, i prezzi siabbassano subito e in maniera mol-to significativa. E se l’industria hapotuto raggiungere i suoi obiettividi redditività, anche la società civi-le trae un profitto sostanziale e du-revole dallo sforzo di innovazionein quanto il medicinale generico èormai disponibile a un prezzo mo-dico. Se si considera che durante ilperiodo di esclusività solo le classipiù abbienti di una società e solo ipaesi più ricchi possono pagarsi te-rapie costose, possiamo anche con-siderarle i finanzieri dell’innova-zione. In altri termini, qui siamo difronte a un meccanismo di ridistri-buzione della ricchezza.

Gli Stati Uniti d’America, in cuii prezzi sono ancora liberi, finan-ziano per una gran parte lo sforzodi ricerca e di sviluppo. Mentre nel1980 il mercato americano rappre-sentava circa il 30% del mercatomondiale, nel 2000 aveva raggiun-to il 40% e verso il 2010 arriveràverosimilmente a coprire il 50%.La ragione principale è l’erosionedei prezzi in altre parti del mondo ein particolare in Europa e Giappo-ne. È così che alcuni prodotti co-stano ad esempio da 5 a 10 voltepiù cari quando si supera la frontie-ra che separa il Canada dagli StatiUniti. Ci si può chiedere cosa av-verrà dell’innovazione terapeuticaquando gli Stati Uniti rifiuterannodi sostenerne il peso finanziario.

La questione del prezzo assumetutta la sua dimensione passionalenei paesi in cui il prezzo del farma-

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co è libero e in cui l’assistenza sa-nitaria non è accessibile alla gran-de maggioranza dei suoi cittadini.Questa situazione è evidentementequella di numerosi paesi economi-camente deboli, ma anche, almenoin grandi linee, degli Stati Uniti.

Come abbiamo visto, con lascelta delle indicazioni terapeuti-che sulle quali si concentra, l’indu-stria farmaceutica assume una de-cisione e determina chi – paesi ric-chi e paesi poveri o soltanto paesiricchi – avrà accesso a quale tipodi salute – terapia di base o terapiadi lusso.

Fra le righe di questa scelta siprofila evidentemente la questionedel prezzo, della redditività e, di

conseguenza, della perennità. Talescelta segna la linea di demarca-zione tra coloro che avranno e co-loro che non avranno accesso allasalute.

Polarizziamo la situazione permeglio comprendere la portata maanche i limiti del potere e della po-tenza dell’industria farmaceutica.

Per estremo, si potrebbe preten-dere che l’industria dei medicinalisi trovi di fronte alla scelta di ap-portare rimedi alle grandi malattieinfettive del terzo mondo – malat-tie che uccidono milioni di personel’anno – o di risolvere i problemisanitari dei paesi ricchi. In altri ter-mini, rispondere a questo interro-gativo equivarrebbe sia a rinuncia-re a fare del profitto, sia ad assicu-rare la sua ragion d’essere finan-ziaria. Il primo atteggiamento re-clamerebbe una rifusione comple-ta e totale del settore per orientarloverso una nuova vocazione, quelladi salvare i meno favoriti.

Questo approccio riduzionistadel problema probabilmente non

porta molto lontano. Sarebbeun’ambizione estremistica imma-ginare che l’industria farmaceuticapossa salvare il terzo mondo. Laquestione sanitaria non potrà esse-re risolta né senza la partecipazio-ne attiva dei governi, delle orga-nizzazioni internazionali e delleONG né senza la messa in atto, inmodo efficace e durevole, delle ne-cessarie infrastrutture.

Da tutto ciò risulta che se l’indu-stria ha il dovere di confrontarsi eapportare risposte alle questionietiche e sociali che nascono, è er-rato insinuare e lasciar supporreche essa ha il potere, la potenza ela responsabilità di salvare il mon-do. Semplificazioni del genere

portano a un falso dibattito in cuile vittime restano i poveri di oggi.

Il problema di rendere le curesanitarie accessibili a tutti equivalea quello di assicurare il diritto fon-damentale di ogni essere umanoalla vita. Questo problema non èanzitutto un problema industriale –come gli ultimi avvenimenti ri-guardo all’AIDS in Sudafrica han-no cercato di far credere – ma unproblema sociale. Basti considera-re la tubercolosi che riguarda oltre25 milioni di essere umani nelmondo e che causa oltre 3 milionidi morti l’anno. Una soluzione me-dicinale efficace, fuori brevetto eaccessibile al prezzo di costo è di-sponibile. Per numerosi motivi,ma soprattutto a causa della caren-za delle parti in gioco, questo pro-blema farmacologicamente e tec-nicamente risolvibile, continua tut-tavia a fare danni.

Esso non impedisce che in prin-cipio l’industria possa definire lapropria risposta in rapporto ai pro-blemi etici e sociali accettando un

limite dei suoi profitti e di vietarsigli abusi. Tale limitazione può es-sere effettuata sviluppando medi-cinali necessari principalmente oesclusivamente per i più poveri e/oproponendo soluzioni terapeuticheche riguardino tanto i ricchi quan-to i poveri, ma modulando i prezzi.

Oggi l’industria ha adottato idue approcci più o meno volonta-riamente. Diverse volte, e ancorarecentemente, essa ha accettato dimettere a disposizione dei più po-veri le terapie disponibili a condi-zioni finanziarie favorevoli e pos-sibili. L’esempio dei laboratori chehanno deciso di mettere i loro trat-tamenti contro l’AIDS a disposi-zione di certe popolazioni al prez-zo di costo mostra, alla luce dellereazioni provocate dall’altro latodell’Atlantico, quanto è difficileper l’industria adottare un atteg-giamento che concili le sue re-sponsabilità di società e i suoi im-perativi economici. Questa rinun-cia a una parte dei suoi benefici aprofitto dei malati del Sudafrica haprovocato una reazione molto for-te da parte dei malati di AIDS negliUSA che reclamavano l’accesso aifarmaci alle stesse condizioni. Per-mettetemi di affermare che è quiche il testimone deve essere presodagli stati e in particolare dai paesiricchi.

Inoltre l’industria farmaceuticapartecipa, cioè inizia dei program-mi sanitari da cui fin dall’inizio sadi non poter trarre nessun benefi-cio finanziario. A titolo d’esempioe tra altri programmi più prestigio-si di laboratori più importanti, ilnostro laboratorio ha ideato unprogramma di nutrizione del neo-nato in America del Sud e sostieneattivamente il movimento delle cu-re palliative in Europa.

La questione non è di sapere sel’industria farmaceutica ha o menoil diritto di agire come ogni altraimpresa industriale, ma l’industriadel medicinale deve definire da sél’ampiezza della sua generosità.

In questo contesto, che non èquello dell’assoluto ma del relati-vo, è interessante analizzare i para-digmi soggiacenti che governanole nostre economie.

Come descritto dal Prof. F.J.Rademacker dell’università diUlm, possiamo dire che a livellogenerale la logica europea riposasul paradigma dell’uguaglianza

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(diritto all’assicurazione medica,all’assicurazione sociale, dirittoall’educazione, ecc.) mentre la lo-gica nordamericana si basa sulprincipio del più forte (tutto è per-messo, ognuno per sé, ecc.). Ilmondo economico e, di conse-guenza, l’industria farmaceuticasono sempre più sottoposti al pa-radigma dominante dell’Americadel Nord. Questo conduce a un’at-tesa di redditività esagerata da par-te degli azionisti e dei PDG. Lanozione di shareholder value haaccecato tanto i PDG quanto gli

azionisti, che di fronte al fascinodel denaro dimenticano che quan-do tutto è finito, nessuno può por-tarsi i soldi all’altro mondo e lasperanza soffoca l’aspettativa. Èimportante che il paradigma euro-peo serva da contrappeso – comenota giustamente Hendersoon del-la Organization for Economic De-velopment – non per sopprimere ilcapitalismo, ma per canalizzarloverso scopi sociali, economici eambientali.

Per essere dirigente e/o proprie-tario, è imperativo essere respon-

sabile e rispettabile qualunque sial’ambito economico ma più in par-ticolare nel campo della salute. Ledue cose, rispettabilità e responsa-bilità, non esistono senza genero-sità e distacco.

Ciò che si tiene per sé imputridi-sce, ciò che si dona fiorisce (pro-verbio alverniate).

Dott. ERIC-PAUL PÂQUESDottore in Scienze,

Ordinario d’UniversitàDirettore Generale, Grünenthal GmbH

Aachen, Germania

PIERLUIGI ZUCCHI

7. Potere religioso e Salute

Introduzione

Il titolo generale di questa XVIConferenza Internazionale “Salutee Potere” e quello più particolare af-fidatomi “Potere Religioso e Salu-te” si calano perfettamente in quelleche sono le esigenze attuali sociali eindicano le aspirazioni e i fini as-sunti da parte dell’Organismo Ec-clesiale anche nel delicato ambitosanitario.

Il rapporto potere religioso e sa-lute, binomio in stretta colleganza,presente d’altro canto in tutte leepoche dell’era cristiana e legato al-la stretta reciprocità delle due en-tità, viene giustamente ripropostooggi con una attenzione ed un inte-resse ancora più particolari rispettoai tempi passati. Questo rapporto siinserisce in un contesto dialogicopiù ampio rappresentato dal con-fronto tra la Chiesa e l’Ordine tem-porale, tra la Chiesa e lo Stato, tra laChiesa e la Vita politica, economicae culturale. Da un punto di vista sto-rico sono sempre esistite ed esisto-no correnti di pensiero che hannonegato e negano alla Chiesa qual-siasi potere in ambito temporale co-me d’altro canto esistono sistemi euomini di cultura che attendonodalla Chiesa risoluzioni concrete.

Saint-Simon, ad esempio, nel suoNouveau Christianisme rivolgen-dosi al Papa di allora, così si espri-meva: “I vostri predecessori hannoperfezionato sufficientemente lateoria del cristianesimo e l’hannosufficientemente propagata. È del-l’applicazione della dottrina che vidovete occupare. Il vero cristianesi-mo ha da rendere gli uomini felicinon solamente in cielo, ma anchesulla terra. Il vostro compito consi-ste nell’organizzare l’umana speciesecondo il principio fondamentaledella morale divina. Non basta chevi accontentiate di predicare ai fe-deli che i poveri sono i figli cari aDio, bisogna che usiate con fran-chezza e con energia tutti i mezzidella Chiesa militante per migliora-re rapidamente lo stato morale e fi-sico della classe più numerosa”.

Da questa impostazione si argui-sce quanto sia importante il caratte-re immanente della missione dellaChiesa che obbligatoriamente deverimanere in dialogo continuo con isuoi inscindibili parametri di ordinetrascendente.

Definizione di Potere e di Salute

Partirei, quindi, dalla definizionedi Potere e di Salute per poi adden-

trarmi nei vari aspetti più specificidel tema “Potere Religioso e Salu-te”. Il termine Potere, secondo l’ac-cezione più comune, indica il pos-sesso, da parte di un soggetto indi-viduale o collettivo, della capacitàdi raggiungere i propri fini in unasfera specifica della vita sociale,nonostante la volontà contraria dialtri. Da questa definizione così re-strittiva e ampiamente criticabilehanno dissentito molti Studiosi, in-tegrandola o addirittura sostituen-dola. Popitz ritiene che nella defini-zione di potere debbano inserirsi al-tri parametri quali quello di auto-rità, intesa come un genere di pote-re fondato sul prestigio, quello didominio, inteso come potere istitu-zionalizzato, quello della violenza,come espressione estrema del pote-re e quello dell’agire tecnico che,aumentando l’efficienza, incremen-terebbe il potenziale del potere (so-ciale).

Luhmann ritiene che “il poterenon sia altro che un codice di sim-boli generalizzati che rende possibi-le e disciplina la trasmissione diprestazioni selettive da un soggettoall’altro”. Le definizioni di potereriportate e anche le correnti di pen-siero degli Studiosi testé prese inesame danno una visione riduttiva

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del concetto di potere, che rimanenon accettabile per una visione cri-stiana, perché identificabile, in talmodo, unicamente in termini utili-taristici e non ontologici.

Tentiamo, quindi, di dare del Po-tere una definizione etica identifi-candolo come parametro esclusi-vamente in funzione dell’Uomo,come Persona, come proprietà pro-spettica dell’essere, e, quindi, unavere in funzione dell’essere, dallaquale entità viene indirizzato ne-cessariamente e non accidental-mente. Da questo inquadramentoetico il concetto di Potere si nobili-ta non solo da un punto di vista as-siologico, cioè dei valori, ma ancheontologico, perché diviene entità infunzione dell’essere. Il potere,quindi, così definito può ambire ad

entrare nella gerarchia assiologicadei valori perché tende alla realiz-zazione di parametri etici di vita, inquanto diventa strumento oggettivodel progetto trascendente di Diosull’Uomo.

Si comprende, quindi, come solola dimensione dell’autorità apertaalla trascendenza può concretizzar-si a livello di potere, mentre l’auto-rità chiusa alla trascendenza puòscendere a livelli incomprensibiliche possono sfociare in autoritari-smo o addirittura nella violenza onell’abuso. In tal modo il passaggiodal volere al voler fare avviene tra-mite l’esperienza vissuta dal poterfare. Da qui si arguisce il fonda-mentale ruolo della incarnazionedella Trascendenza nel Potere Reli-gioso, come piena espressione delsacro in funzione dell’uomo.

Il potere, comunque, deve essereesercitato come servizio, in funzio-

ne dell’Uomo come Persona perchécome ribadisce Leone XIII nellaRerum Novarum “il potere viene daDio ed è una certa partecipazionedella divina sovranità e deve ammi-nistrarsi sull’esempio di questa, checon paterna cura provvede non me-no alle particolari creature che a tut-to l’Universo”. L’insegnamento pe-dagogico più importante sul Potereci viene comunque da Gesù e, an-che se riguarda soprattutto coloroche hanno un posto di responsabi-lità nella gerarchia della Chiesa,non può non interessare anche i re-sponsabili di altri settori, per esem-pio, i capi delle nazioni. “Voi sape-te”, ribadisce Leone XIII, “che co-loro che sono ritenuti i capi dellenazioni le dominano ed esercitanosu di esse il potere. Fra voi, però,non è così; chi vuol essere grandefra voi si farà servitore, e chi vuolessere il primo tra voi sarà il servodi tutti”. È un nuovo modo di intro-durre e concepire il concetto di po-tere come autorità (auctoritas) cheinveste tanto l’ordine della salvezzache quello della creazione. Non sa-ranno, dunque, i membri della so-cietà al servizio di coloro che deten-gono il potere, ma costoro al servi-zio di quelli. I Cristiani tutti, quindi,laici e appartenenti alla gerarchiaecclesiastica sono chiamati ad esse-re testimoni di un mondo nuovo incui anche il potere tende a liberarsidalle sue prerogative immanenti perassurgere a posizioni trascendenti edivenire più efficace strumento del-la Provvidenza Divina. ScrivevaMerleau Ponty: “il cristiano è unelemento di disturbo nei confrontidel potere stabilito, giacché è sem-pre altrove e non si può mai esseresicuri di lui. Ma per la stessa ragio-ne egli disturba anche i rivoluziona-ri i quali non lo sentono mai total-mente con loro”. Il Potere, quindi,deve essere al servizio della Perso-na, entità assiologica che rappre-senta una delle grandi conquiste delCristianesimo. Il concetto di Perso-na manca, infatti, nella cultura clas-sica e in tutti gli altri contesti cultu-rali (Sgreccia). Oggi più che mai, èproprio tramite il Potere Religiosoin ambiti delicati come la Sanità chebisogna sottolineare con forza il va-lore e il primato della Persona uma-na minacciata sempre più da totali-tarismi facenti capo a diversi indi-rizzi culturali e politici. È di comu-ne riscontro quotidiano, infatti, co-

me variegate posizioni collettivisti-che, ma anche individualistiche,tendano a voler influenzare il lin-guaggio cristiano con regole gram-maticali, che da un punto di vistaetico non sono accettabili perchébasate sulla forza e la prepotenza enon su valori umani sicuramentepiù incisivi, come quelli che si fon-dano sull’amore e sulla fraternitàtra gli uomini.

Passando invece alla definizionedi Salute ritengo che non si debbaaggiungere alcunché a quella pro-posta da Javier Lozano Barragán(2000) che afferma che “la saluteumana è una tensione verso l’armo-nia fisica, psicologica, sociale e spi-rituale e non soltanto l’assenza dimalattie, che rende capace la perso-na di adempiere la missione ricevu-ta da Dio, secondo la tappa della vi-ta nella quale si trova”.

Potere Religioso e Cultura Sanitaria

Una delle funzioni fondamentaliche il Potere Religioso esercita pro-prio nell’ambito della Sanità è quel-la di porgere il messaggio e i valoridel Vangelo incarnandoli nella fi-sionomia culturale di ciascun indi-viduo, soprattutto se malato. Questaforma di inculturazione trova il mo-dello perfetto nella incarnazione delFiglio di Dio. Con l’incarnazione,infatti, “il divino si incarna nell’u-mano e l’umano si compie nel divi-no, ma in modo che il divino non siperda nell’umano e l’umano non sidissolva nel divino” (G. Pittau,2000). Uno degli scopi principali,quindi, che la Chiesa continuamen-te si prefigge nell’esercitare il SuoPotere Religioso, soprattutto nelmondo della salute, è quello di fe-condare ogni cultura, che in tal mo-do risulta nuova, perché arricchitadal Cristianesimo. In questa operadi inculturazione non dobbiamo,però, ridurre il Cristianesimo a sem-plice Umanesimo, evitando in talmodo di umanizzare e relativizzareil mistero di Dio che ci è rivelato daCristo, e di divinizzare l’uomo o undeterminato filone culturale. Tuttoquesto grande sforzo che compie laChiesa trova un terreno ampio direalizzazione nell’ambito della sa-lute, dove viene esercitata la peda-gogia della carità. La pedagogiadella carità deve, innanzitutto, edu-care l’uomo a salvaguardarsi da

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quei funzionalismi esasperati per iquali è vero tutto ciò che serve, cheproduce, che dà profitto, eliminan-do eutanasicamente qualsiasi entitàimproduttiva, anche umana. Da tut-to ciò si arguisce quanto sia impor-tante la presenza in una società cosìconsumista, pragmatista ed edoni-sta, di un forte potere religioso chepossa proporre con autorità le coor-dinate nelle quali poter difendere etutelare gli interessi di tutti e, so-prattutto, dei più poveri.

Rapporto Potere Religioso – Fede – Scienza

Un altro aspetto da tener presen-te nell’ambito della Sanità è il rap-porto Potere Religioso Fede-Scien-za. L’operatore sanitario cattolicodeve mirare sempre alla verità e apoterla comunicare per entrare incontatto con le altre culture. La ri-cerca della Verità nasce sempre dal-l’Amore. È dall’amore della veritàche nasce la passione per la ricerca.Il metodo scientifico che il ricerca-tore adotta nella indagine da ese-guire costituisce un criterio di di-scernimento per la verità da amaree per non amare ciò che verità nonè. Evidenziare il rapporto scienza-fede significa evidenziare il rappor-to scienza-amore per la verità. Ilpotere religioso nell’ambito dellasanità può trovare un suo momentoincisivo tramite lo strumento deldialogo evangelizzante verso il sof-ferente. Il dialogo, quindi, rappre-senta il primo momento di comuni-cazione della verità la cui accetta-zione risulta dalla verità stessa e latrasmissione della fede diventa digrande incisività quando viene at-tuata una appropriata grammaticadella comunicazione.

Potere Religioso e Comunicazione

Nella nostra società, infatti, latrasmissione della cultura sembracontrassegnata da contraddizionicome l’incapacità al dialogo o, alcontrario, la ricerca spasmodica econtinua di punti di incontro.

In una società consumista ed edo-nista la comunicazione viene spes-so distorta e si proietta in modomolto lontano dall’essenza della ve-rità e dalle ragioni vere della vita.Oggi gli Organismi preposti allainformazione e alla sensibilizzazio-

ne esercitano un grande potere, chese non è fondato su presupposti eti-ci rischia di trasformare questo do-no di alterità in obiettivi di profitto edi manipolazione culturale. Ogniforma dialogica che sia alla base diciascun potere, soprattutto religio-so, si fonda sull’accettazione del-l’alterità come diversità e libertàdell’altro, parametri questi con iquali l’uomo deve entrare in rap-porto e confrontarsi ogni giorno. IlPotere Religioso, quindi, in ciascunambito, ma in quello della Salutesoprattutto, tende ad accogliere e acapire le esigenze e le diversità del-l’altro tramite il dialogo e la comu-nicazione della parola giusta rap-presentata dall’Amore e dalla Ve-rità: “quest’ultima può risultare piùgrande dell’Amore solo se ritenia-mo che l’Amore è la Verità cui ab-biamo creduto” (Schinella, 2001).

Incisività del Potere Religioso nella Salute

Il rapporto sempre più presente epressante tra l’espressività dei para-metri tangibili del potere religioso ela salute, si palesa nella nostra so-cietà con valenze di spessore sem-pre maggiore. Comunque le spon-sorizzazioni economiche sembranoottenersi con sempre maggiori diffi-coltà e l’aiuto concreto alle confes-sioni rappresenta, come sottolinea-no anche altri Ricercatori (Ferrari eIban 1997), uno degli aspetti più de-licati. La sponsorizzazione econo-mica finalizzata alle esigenze dellaChiesa incide a tal punto sulla strut-tura istituzionale ecclesiale che rap-presenta “lo specchio dal quale sipuò cogliere la sua autocompren-sione, la sua relazione con lo Stato ela sua posizione di fronte ai fedeli”(Helmut Pree, 1993).

Potere Religioso e modelli di finanziamento: ossia l’Avere in funzione dell’Essere

Qualsiasi Struttura Religiosa peresercitare un potere finalizzato alleesigenze etiche dell’uomo deve ob-bligatoriamente disporre di finan-ziamenti e, quindi, di risorse econo-miche da parte di Enti Pubblici e/oPrivati. In Europa i modelli di fi-nanziamento alle diverse confessio-ni sono diversi da Stato a Stato a se-conda della sensibilità del Legisla-tore. Esistono infatti Stati che proi-

biscono ogni sostegno finanziarioalle confessioni, tra questi: l’Irlan-da, l’Olanda, il Portogallo, la GranBretagna. In Francia invece la Co-stituzione a partire dal 1958 sottoli-nea la propria fisionomia laica, omeglio laicista, lasciando quindi in-travedere non molte possibilità inmerito. D’altro canto esistono an-che Paesi che tendono ad ossigena-re e nutrire le proprie Confessioniperché esercitino un giusto poterereligioso tra la gente e a tal proposi-to hanno inserito nella propria Co-stituzione forme di finanziamentostatale, come accade in Belgio, Da-nimarca, Germania, Italia, Spagna,Ungheria, Svezia, Austria, Finlan-dia, e fuori dall’Unione Europea, inNorvegia e in alcuni cantoni dellaSvizzera. Le diversificate forme dicontributo economico da parte de-gli Stati disponibili verso le diverseConfessioni testimonia l’individua-zione etica del fondamento del fi-nanziamento e la rilevanza socialedel fattore religioso, insito in cia-scuna comunità che voglia definirsicivile.

Potere Religioso e Salute nel mondo

Mai come oggi l’uomo è costret-to ad accettare discrepanze cosìmarcate e crescenti sia nel redditoche nella salute. Il percorso versouna maggiore giustizia tra i popoli everso una globalizzazione dei dirittiin aiuto dei più poveri e dei più de-boli sembra subire rallentamenti ri-correnti nonostante gli sforzi di in-contri internazionali anche recente-mente avvenuti. Dal Convegno diErice (26 Marzo 2001) “Sull’equitàe il diritto alla salute” si apprendonodei dati veramente sconcertanti per-ché: 1) le popolazioni dei paesi piùricchi e industrializzati hanno unalongevità che si avvicina agli 80 an-ni, mentre le popolazioni di moltipaesi dell’Africa Sud-Sahariana re-gistrano livelli di longevità ancheinferiori a 40 anni; 2) le persone af-fette da HIV/AIDS dei paesi ricchihanno a disposizione gratuitamentefarmaci efficaci contro l’infezione ela malattia, mentre alle persone af-fette da HIV/AIDS dei paesi poveriquesta possibilità di cura spessonon è raggiungibile; 3) quasi 900milioni di persone al mondo nonhanno accesso ai servizi sanitari es-senziali. Questi dati sottolineano

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chiaramente il sistematico smantel-lamento di principi di salvaguardiadella dignità della persona umana,del rispetto della vita e della equità,indicando la Salute sempre più co-me bene di consumo.

Da questa visione utilitaristicadella salute si arguisce come sia im-portante che la Chiesa, latrice di va-lori etici e spirituali universali che

autorevolmente propone (auctori-tas), cerchi in maniera sempre piùincisiva di calarsi in situazioni im-manenti di potere (potestas), perchéquesto sia indirizzato a favore del-l’Uomo come Persona, fatto a im-magine e somiglianza di Dio, da di-fendere dal concepimento fino allamorte. Questa posizione personali-sta dell’etica cristiana dovrebbe sti-molare una forte responsabilità mo-rale negli scienziati. L’uomo, quin-di, deve essere posto al centro delmondo, soprattutto della salute, co-me Persona.

La Persona in tal modo deve es-sere considerata entità fondamenta-le tra il mondo naturale e quello spi-rituale, fornita di volontà come au-todeterminazione, tramite la qualeciascun individuo stabilisce un rap-porto di trascendenza con i propriatti che può dominare e dirigere infunzione di un fine rappresentatodal valore morale. Il Potere Reli-gioso incide proprio su questo valo-re morale cercando di creare indi-rizzi etici a tutela del progresso del-l’uomo. “Per il cristiano” come af-ferma il Cardinal Tettamanzi “ilprogresso non solo è da benedirsi

(quando si pone al servizio dell’uo-mo), ma costituisce più propria-mente una benedizione, eco ininter-rotta della benedizione di Dio, cheproprio all’uomo, alla sua intelli-genza e al suo dominio ha affidato ilmondo da Lui creato”. “Il dominiodell’uomo” sottolinea GiovanniPaolo II “sul mondo visibile a luiassegnato come compito dallo stes-so Creatore consiste nella prioritàdell’etica sulla tecnica, nel primatodelle persone sulle cose, nella supe-riorità dello spirito sulla materia”.(Giovanni Paolo II, Redemptor Ho-minis, n.16).

Il Potere Religioso, quindi, anchenel rapporto con il mondo della sa-lute porge un insegnamento di gran-de incisività in modo tale che il cri-stiano abbia responsabilità e grati-tudine per un dono così prezioso.

Al medico e all’uomo di scienzaè richiesta una vigilanza prudenteed eticamente rigorosa perché ilprogresso si risolva in un crescenteservizio all’uomo, a tutto l’uomo ea tutti gli uomini. Di qui l’urgenzaassoluta e indilazionabile della al-leanza tra Scienza e Sapienza. L’e-poca nostra più ancora che nei se-coli passati ha bisogno di questasapienza, perché diventino piùumane tutte le sue nuove scoperte egli uomini di scienza devono tenerpresente che ciò che è tecnicamen-te possibile può essere moralmentenon lecito. Il Magistero della Chie-sa con la propria autorità moralecerca di esercitare costantementenell’ambito della Sanità un poterereligioso che sottolinea che “solola consapevolezza del primato deivalori consente un uso delle im-mense possibilità messe nelle manidell’uomo dalla scienza, che siaveramente finalizzato alla promo-zione della persona umana nellasua intera verità, nella sua libertà edignità” (Giovanni Paolo II, Esor-tazione Apostolica “FamiliarisConsortio”, n. 8).

Anche da parte del medico e del-lo scienziato può venire esercitatoun potere nell’ambito del mondodella salute. La scienza, infatti, dàpotere all’uomo: anche se è beneporre all’uso di questo potere deiperimetri etici.

Gli scienziati, infatti, sono ingrado di consentire l’utilizzo dei ri-sultati della ricerca, ma non devonodiventare arbitri dei destini delmondo (Agazzi E., 1980). Un pote-

re religioso, quindi, ben esercitatonon deve mirare solo alla tutela del-la salute di ciascun uomo, ma an-che sensibilizzare il medico-scien-ziato, che come persona umana hail dovere di rispondere a certi parti-colari valori quali il bene, il giusto,l’onesto, ponendosi in atteggia-mento di responsabilità amorosaverso il sofferente.

Uno dei valori comunque in asso-luto più importanti, verso il quale ilmedico deve essere sensibilizzatosia come persona umana sia comescienziato, è il valore della vita del-l’uomo e della natura. Da questeconsiderazioni si comprende che ilrisultato ottimale della salute fisicanel paziente deve partire dall’acqui-sizione del concetto di salute etica,da parte del curatore di questo statodi necessità fisiologica che è il me-dico. Si arguisce, quindi, come siadi fondamentale importanza la sen-sibilizzazione da parte del poterereligioso alla formazione culturaledel medico e come questi debba es-sere educato prima come persona epoi come medico, alla responsabi-lità morale verso quei valori rappre-sentati dall’amore verso la natura,verso la persona umana, verso la vi-ta e soprattutto verso Dio, fonte del-la vita eterna.

Potere religioso e difesa della vita

I parametri valoriali dell’etica as-siologica nei confronti dell’etica te-leologica portano attualmente adesaminare uno degli aspetti piùscottanti che coinvolgono l’Uomocome Persona, ossia la difesa dellavita dal concepimento fino allamorte. Il potere religioso, esercitatodal Magistero della Chiesa, conti-nua giustamente a ribadire, soprat-tutto nel mondo della salute, i prin-cipi intoccabili della vita, come do-no trascendente (Honings, 2001).

Nell’attuale società nella qualeprevalgono i principi fondati sul-l’edonismo, sul pragmatismo, sulconsumismo, il concetto etico dellasacralità della vita sembra averepoche possibilità di essere accoltoperché utilitaristicamente contrap-posto a quello della qualità dellavita, considerato parametro assolu-tamente inalienabile di rivendica-zione del diritto dell’individuo, co-me se il rispetto del valore della vi-ta non fosse in funzione anche del-

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48 SALUTE E POTERE

la sua qualità. Da ciò si può ben ar-guire che se l’uomo attuale ha dif-ficoltà di comprendere le ragioniontologiche del rispetto della vita,gli può essere più facile rifletteresulle sue ragioni antropologiche,constatando che la cultura contem-poranea, fragile a livello della ra-gione ontologica, è molto recettivanei confronti delle relazioni inter-soggettive. Il Potere Religioso, for-te della sua posizione etica trascen-dente, ribadisce costantementel’allontanamento della libertà, co-me concezione nichilista e anarchi-ca, dalla posizione spesso oltraco-tante di onnipotenza della tecnicache tende a favorire unicamentepersonalità narcisistiche, ossia im-mature, in perenne conflittualità esoggette alle più gravi forme psico-patologiche di ciclotimia, in pas-saggi continui da sindromi depres-sive a facili forme di violenza schi-zofrenica.

Bisogna ribadire il profondo ri-spetto della vita partendo ab ovo daiprincipi magisteriali della Chiesa eproponendo in maniera incisivaun’etica della vita e, quindi, dellamaternità Questo non nel senso diuna regolazione etica della mater-nità, ma nel senso di un’etica cheassuma la maternità come suo para-digma, di un’etica cioè “che inizidalla consapevolezza che la vita ècondivisione e che si sviluppa comedecisione di autolimitazione delproprio dominio e come accoglien-za e cura dell’altro in quanto valoredi per sé” (Tettamanzi). È necessa-rio, quindi, ribadire che la vita nondeve essere concepita come beneoggettivo e anonimo che appartieneunicamente all’altro, ma come pa-rametro assiologico che rappresentail bene e la salute di tutti, perchéogni uomo tende a progredire e adevolversi solo con il progredire el’evolversi della vita dell’altro uo-mo e la non disponibilità verso lavita possibile o attuale dell’altroporta a un riduzionismo inevitabileanche della propria. È indispensabi-le, perciò, creare dei punti di riferi-mento per la salute psichica, fisicaed etica per noi e per gli altri, dovel’altro rappresenta, innanzitutto, unfine e non un mezzo per la risolu-zione delle proprie ansie e dei pro-pri traguardi.

Bisogna quindi seguire una an-tropologia fondata metafisicamentesull’ontologia, tenendo presente

che accogliere la vita ci deve inevi-tabilmente mettere nella posizionedi accogliere anche la sofferenza eil dolore.

Potere Religioso e Dolore

A questo proposito, per eviden-ziare quanto possa il Potere Reli-gioso come entità trascendente eimmanente essere incisivo nell’am-bito della Salute, mi permetterò diriportare i punti più salienti di unaricerca pubblicata circa due mesi fa,da me eseguita in collaborazionecol Professor Honings, teologo mo-ralista, e con la Professoressa Voe-gelin, fisico medico, sul rapportoFede, Preghiera, Dolore. In questaricerca si dimostra con dati scienti-fici evidenziati con analisi statisticacome la fede e la preghiera, entitàaprioristiche del Potere Religioso,possano innalzare la soglia del do-lore, ossia far avvertire meno dolo-re al paziente affetto da sindromidolorose. Un primo studio (Zucchi,Honings, 1996) era stato eseguitosu una popolazione di 120 pazienticon risultati molto incoraggianti.Stimolati da questi esiti, gli Autorihanno allargato la casistica fino a1104 pazienti esaminando se l’ele-mento trascendente della Fede e laPreghiera potesse influenzare i ri-sultati terapeutici e la soglia del do-lore in maniera diversificata a se-conda delle diverse patologie presein esame.

All’ingresso in reparto o in am-bulatorio, veniva verificata la pato-logia responsabile del quadro algi-co. Le diverse patologie dolorosevenivano divise in quattro gruppi:centrale, oncologica, articolare emiofasciale. I pazienti venivanoquindi suddivisi secondo un criteriorandom (assegnazione casuale deipazienti) in due gruppi S (studio) eC (controllo) di 552 soggetti. Lafrequenza delle patologie nei duegruppi era la seguente:

dolore centrale: 157 soggetti (69C e 88 S)

dolore oncologico: 236 soggetti(109 C e 127 S)

dolore articolare: 358 soggetti(190 C e 168 S)

dolore miofasciale: 353 soggetti(184 C e 169 S)

In Tabella 1 sono state riportate ledistribuzioni delle diverse patologiedei soggetti presi in esame.

Ad entrambi i gruppi veniva

somministrata una terapia farmaco-logica comprendente farmaci anti-flogistici non steroidei e vitamina Cper via parenterale. Al gruppo S ve-niva inoltre somministrato un trat-tamento definito Test di Trascen-denza Spirituale (TTS) costituitodalla lettura meditata di un branoneotestamentario. Il brano, trattodalla Prima Lettera di Giovanni,veniva consegnato al paziente conl’invito ad una attenta lettura. Ilbrano era il seguente:

Dio è amore; chi sta nell’amoredimora in Dio e Dio dimora in lui.

Per questo l’amore ha raggiuntoin noi la sua perfezione, perché ab-biamo fiducia nel giorno del giudi-zio; perché come è Lui così siamoanche noi in questo mondo. Nell’a-more non c’è timore, al contrariol’amore perfetto scaccia il timore,perché il timore suppone un casti-go e chi teme non è perfetto nell’a-more.

Noi amiamo perché Egli ci haamati per primo. Se uno dicesse:“io amo Dio” e odiasse il suo fra-tello, è un mentitore. Chi infatti nonama il proprio fratello che vede,non può amare Dio che non vede.

Questo è il comandamento cheabbiamo da Lui: “chi ama Dio amianche il suo fratello”.

Chiunque crede che Gesù è ilCristo è nato da Dio; e chi ama co-lui che ha generato, ama chi da Luiè stato generato. Da questo cono-sciamo di amare i figli di Dio: seamiamo Dio e ne osserviamo i co-mandamenti, perché in questo con-siste l’amore di Dio, nell’osservarei suoi comandamenti; e i suoi co-mandamenti non sono gravosi. Tut-to ciò che è nato da Dio vince ilmondo; e questa è la vittoria che hasconfitto il mondo: la nostra fede.

1Gv 4, 16-21; 5, 1-4

Il trattamento aveva una duratadi 10 giorni. Al primo, al quinto e aldecimo giorno, i soggetti venivanosottoposti ad una valutazione psi-cofisica del dolore, prima e due oredopo la somministrazione del trat-tamento, che consisteva nella som-ministrazione di farmaci al gruppodi controllo (C) e di farmaci insie-me alla lettura meditata del branoneotestamentario al gruppo di stu-dio (S).

La valutazione psicofisica del-l’intensità del dolore veniva effet-tuata mediante una scala visiva ana-

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logica (VAS). La scala VAS consi-ste in un segmento rettilineo L di 10cm i cui punti iniziale e finale ven-gono fatti corrispondere alla stimasoggettiva del minimo e del massi-mo dolore percettibile.

Il soggetto evidenziava con unsegno su L il livello del dolore per-cepito (Fig. 1).

Al termine del trattamento, cioèalla fine del decimo giorno di de-genza, veniva chiesto ai pazienti sefossero credenti o no, ottenendocosì due classi tipologicamente di-verse: C (credenti), di 650 soggetti,ed A (agnostici), di 454 soggetti(Fig. 2).

In sintesi i risultati dello studiosono stati i seguenti:

a) i pazienti credenti rispetto agliagnostici presentano una soglia dipercezione iniziale del dolore piùelevata e cioè avvertono meno do-

Fig. 1 - Scala VAS: L è un segmento su cui il paziente segnail livello di dolore percepito.Il tratto compreso tra il punto segnalato ed il punto corrispondente a «nessun dolore»viene misurato in centimetri.

Fig. 2 - Valori medi della VAS in 6 determinazioni effettuate al 1º, al 5º ed al 10º giorno in pazienti con diversa patologia: centrale, oncologica, articolare e miofasciale;delle classi: C1 = credenti con TTS;C3 = credenti senza TTS; A2 =agnostici con TTS; A4 = agnosticisenza TTS.

Tab. 1 - Distribuzione delle diverse patologie nei 4 sottogruppi: C1 = credenti trattati con TTS; C3 = credenti non trattati con TTS;A2 = agnostici trattati con TTS; A4 = agnostici non trattati con TTS.

Patologia N. CasiC1 -298 C3 — 352 A2 — 254 A4 - 200

Emicrania 13 19 6 5

Cefalea a grappolo 19 22 14 12

Cefalea muscolotensiva 53 55 50 42

Nevralgia del trigemino 5 7 6 5

Dolore da deafferentazione 6 9 6 5

Eteroplasia pancreatica 9 12 7 5

Eteroplasia polmonare 12 16 8 6

Eteroplasia gastrica 14 17 13 10

Eteroplasia renale 7 9 7 6

Eteroplasia vescica 7 9 7 6

Eteroplasia utero 5 7 6 5

Eteroplasia testicolo 3 5 5 5

Artrosi della colonna 68 72 60 50

Periartrite scapolo-omerale 2 3 7 6

Gonartrosi 8 10 8 5

Coxartrosi 13 15 8 5

Artrite reumatoide 5 7 7 5

Lombaggine 31 35 13 10

Lombosciatalgia da E.D. 18 23 16 7

10

9

8

7

6

5

4

3

2

1

0

cmL

MASSIMO DOLORE

NESSUN DOLORE

DOLORE PERCEPITO

DOLORE CENTRALE

DOLORE ARTICOLARE

DOLORE ONCOLOGICO

DOLORE MIOFASCIALE

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50 SALUTE E POTERE

lore. Questo fenomeno possiamoindicarlo come effetto Fede. I pa-zienti credenti inoltre hanno unamigliore risposta antalgica con i so-li farmaci (gruppo di controllo) e inmisura maggiore con i farmaci as-sociati con la preghiera (gruppo distudio).

b) i pazienti del gruppo di studiotrattati anche con preghiera hannouna migliore risposta al trattamentofarmacologico di quelli non trattatisiano essi credenti che agnostici.Questo fenomeno possiamo indi-carlo come effetto Preghiera;

Gli effetti fede e preghiera sullasintomatologia dolorosa varianoanche nelle diverse patologie presein esame:

– nelle patologie centrali (cefa-lee per esempio) l’effetto Fede agi-sce in minor misura a livello dellapercezione dolorosa di base, ma sela condizione di fede è abbinata allapreghiera, questa produce un risul-tato terapeutico migliore (effettoPreghiera). Si ipotizza quindi che lostimolo preghiera in queste patolo-gie attivi e regoli i meccanismi neu-rofisiologici e neurochimici primainibiti da una eccessiva e disordina-ta attività centrale;

– nelle patologie oncologiche èl’effetto Fede che assume l’impor-tanza più rilevante rispetto all’effet-to Preghiera. Questo fenomeno sipuò attribuire alla particolare condi-zione psicologica di “allarme”, incui si trova il paziente. In questacondizione i meccanismi di inibi-zione del dolore sono in forte attiva-zione e, quindi, meno recettivi adaltri stimoli esterni, come può esse-re quello rappresentato dalla letturameditata del brano evangelico;

– nelle patologie articolari e

miofasciali, fede e preghiera produ-cono effetti equiparabili, per cui sipuò ipotizzare che i meccanismi diazione di tali condizioni siano equi-valenti.

Il meccanismo fisiopatologicocon cui la condizione di fede e lapreghiera modulano la percezionedello stimolo doloroso può esserecosì spiegato (Zucchi, Honings,Voegelin, 2001, Fig. 3):

a) neurofisiologicamente: conl’attivazione di fasci inibitori di-scendenti che modulano la condi-zione dello stimolo nocicettivo de-terminando una minor percezionedel dolore (gate control theory,Melzack e Wall, 1965);

b) neurofarmacologicamente:con la liberazione di endorfine, so-stanze endogene di natura oppiaceaad azione analgesica, che bloccano irecettori algogeni sia a livello cen-trale che periferico.

Conclusioni

Da questo studio si evidenziascientificamente come il Potere Re-ligioso, tramite l’elemento trascen-dente della Fede e lo strumento del-la Preghiera, possa calarsi in unmondo così delicato come quellodella Salute, nel quale può terapeu-ticamente incidere influenzando inmaniera favorevole i risultati clini-ci, aprendo cuori e menti in circo-stanze molto particolari come quel-le rappresentate dalla malattia, dallasofferenza e dal dolore.

Prof. PIERLUIGI ZUCCHI, S. O.Direttore dell’Istituto per lo Studio

e la Terapia del Dolore, FirenzeDocente di Fisiopatologia e Semeiologia

Strumentale del Dolore Università degli Studi di Firenze

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Fig. 3 - Meccanismo fisiopatologico con il quale si evidenzia come laFede e la Preghiera modulino la percezione dello stimolo doloroso.

peccato originale

ALGOS o DOLORE FISICO

(percezione che indica pura PASSIVIT¸:

FASE BIOLOGICA

PREGHIERA (TTS)

AUMENTO RESISTENZAFISICA E PSICHICA

FEDEconoscenza di Dio

+

PATHOS o SOFFERENZA MORALE(libera e cosciente RE-ATTIVIT¸ dell�uomo

che implica volont�: FASE ETICA)

gate control endorfine

COLPA - MALE

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Introduzione

Il vocabolo potere riveste oggiuna connotazione fortemente ne-gativa. Si parla del potere del de-naro, del potere dei mezzi di co-municazione o dei poteri mediati-ci, del potere politico, ecc., semprecon un significato e un tono chia-ramente peggiorativi. Ricordiamola famosa frase di Lord Acton: “ilpotere corrompe, e il potere asso-luto corrompe in modo assoluto”.Tuttavia, il termine potere non puòessere ridotto alla sua dimensionepuramente negativa. E questo nonsolo perché ne ha un’altra chiara-mente positiva, bensì e soprattuttoperché il potere è un ingredientefondamentale della vita umana.L’esistenza umana non è possibilesenza il concorso di un complessosistema di poteri. Di qui la neces-sità di analizzare questo terminecon una certa precisione.

Le tesi che mi propongo di di-fendere in questo lavoro sono leseguenti: la prima è che la storiaconsiste nella consegna di potereagli esseri umani, che li rende ingrado di fare cose, di costruire lapropria vita e che, pertanto, la sto-ria è un processo di trasmissione dipossibilità; la seconda tesi è che lastoria, come processo di trasmis-sione di possibilità, ha sempre un

carattere ambivalente, così che inessa non c’è mai creazione di pos-sibilità positive che non abbia co-me conseguenza collaterale lacomparsa di possibilità negative.In altri termini la storia, mentrepossibilita, impossibilita; o anche,mentre possibilita positivamente,possibilita negativamente. La salu-te è, in questo senso, una possibi-lità positiva di vita e la malattiauna possibilità negativa. La terzatesi è che il risultato del processodi trasmissione storica di possibi-lità è ciò che chiamiamo culturaumana, che per questo occorre de-finire come un sistema di poteridegli esseri umani, tanto positiviquanto negativi. Quarta tesi, questipoteri hanno sempre una dimen-sione morale e pertanto è necessa-rio differenziare chiaramente la di-mensione di potere degli atti dallaloro dimensione di dovere. Ci sonocose che si possono fare e che nonsi debbono fare, e cose che si deb-bono fare e non si possono fare. Laquinta e ultima tesi, è che non c’èmai concordanza perfetta tra l’or-dine del potere e quello del doveree che pertanto nessuno fa comple-tamente ciò che può e che deve fa-re, motivo per cui ogni vita umanae ogni progetto morale terminanosempre, in qualche misura, in falli-mento. Di qui la necessità di un’i-

stanza superiore, di un potere su-premo, che tutte le culture hannoidentificato sempre con il poteredivino.

I. La storia come processo di trasmissione di possibilità e la cultura come sistema di potere

Il termine “potere” ha due fun-zioni grammaticali distinte, unacome verbo e l’altra come sostanti-vo. Come verbo transitivo, potereè la capacità di fare qualcosa e vasempre necessariamente riferita aun soggetto che può essere rappre-sentato grammaticalmente da unnome (“Pietro può volare”), o daun pronome, “io”, “tu”, “egli”(“egli può volare”), ecc. Quando,al contrario, funziona come so-stantivo, va preceduto dall’articolomaschile “il” (“il potere delle mul-tinazionali”). Una cosa è dire “ioposso” o “egli può” e un’altra è di-re “il potere”. La differenza tra idue significati della parola “pote-re” è importante. Quello originarioè il primo dei due, che ha carattereconcreto, mentre il secondo è unsostantivo astratto, che per questosi considera ulteriore nel tempo ederivato dal precedente. “Il pote-re” come sostantivo è sempre ri-

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1. Potere e salute nella storia

III. ILLUMINAZIONE DELLA REALTÀ

venerdì16

novembre

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sultato dall’attuazione della capa-cità o potenza dell’essere umano diagire e realizzare cose. Come è bennoto, è questo che portò Aristotelea differenziare la potenza (dyna-mis) dall’atto (enérgeia). Una cosaè la potenza o la possibilità e un’al-tra, molto diversa, il potere. I latinitradussero queste parole grechecon potentia o facultas, nel primocaso, e con actus, nel secondo. Inaltri termini, quando sostantivia-mo il potere, lo trasformiamo inuna realtà in atto, risultato dell’at-tuazione di una potenza o facoltà. Ipoteri esistono, sono realtà e a lorovolta diventano fonte di nuovepossibilità. Di qui risulta che esisteuna dinamica del potere. Il potereinizia come una creazione umana,risultato dell’esercizio di una po-tenza o possibilità interna. Peròquesta creazione umana, stretta-mente soggettiva, finisce per og-gettivarsi e trasformarsi in realtà,che a sua volta è fonte di nuovepossibilità. È ciò che con termino-logia hegeliana si potrebbe deno-minare la “dialettica del potere”. Ilpotere come potenza appartiene aciò che Hegel chiamerebbe lo “spi-rito soggettivo”, in quanto il poterecome atto o realtà, il sistema di po-teri, costituisce la trama dello “spi-rito oggettivo” hegeliano.

Questa allusione a Hegel è rile-vante perché mostra l’importanzadel potere nella storia. Di fatto, lastoria è il processo di trasforma-zione delle risorse naturali in pos-sibilità e poteri o, usando altri ter-mini, essa è un processo di tra-smissione di possibilità e la cultu-ra, risultato dell’attuazione storica,il sistema di poteri che l’essereumano costruisce a partire dalle ri-sorse naturali. La storia è il proces-so di trasmissione di possibilità ela cultura il risultato di questo pro-cesso, il sistema dei poteri risultan-ti. Come le possibilità si oggettiva-no sempre e finiscono per acqui-stare distanza rispetto all’indivi-duo che le ha create, così dobbia-mo dire che la cultura è il sistemadi poteri che l’essere umano elabo-ra sulla base delle risorse naturali.

A partire da qui acquistano sen-so vari termini molto importantinella vita e nella storia. Il primo èil termine “ricchezza”. La ricchez-za lo è sempre di possibilità di vi-ta. È più ricco chi ha maggioripossibilità di vita, e meno ricco chi

ne ha meno o manca di alcune. Èun errore pensare che la ricchezzasi identifichi con le risorse. La ric-chezza non sono le risorse, trannein quei casi, abbastanza rari, in cuile risorse naturali sono di per ségià possibilità di vita. Questo suc-cede poche volte. La cosa normaleè che le risorse necessitino di unprocesso di trasformazione pertrasformarsi in possibilità di vita.Il petrolio era una risorsa naturale,ma ha acquistato senso e valoreper l’essere umano quando questoinventò il motore a scoppio. Ciòvuol dire che le risorse sono natu-rali mentre le possibilità di vita so-no storiche. Quindi il processo ditrasformazione delle risorse inpossibilità, cioè il processo di ge-nerazione di “ricchezza”, è ciò chesi conosce come “lavoro”. È que-sto un altro termine che è opportu-no recuperare. Non c’è ricchezzasenza lavoro. Adam Smith iniziacosì il suo grande libro Sulla natu-ra e causa della ricchezza dellenazioni: “Il lavoro annuale di ogninazione è il fondo da cui derivatutta la somministrazione di cosenecessarie e convenienti per la vi-ta, che la nazione consuma an-nualmente e che consiste semprenel prodotto immediato di questolavoro, o in ciò che si compra condetto prodotto dalle altre nazioni”.Ricchezza, quindi, è uguale a la-voro poiché questo è necessarioaffinché le risorse naturali si tra-sformino in possibilità di vita.

Un esempio chiarirà quanto det-to finora. A partire dalle risorsedella natura, e mediante l’eserciziodelle sue potenze o facoltà, cioèmediante il lavoro, l’essere umanoè stato capace di costruire, adesempio, aerei che permettono iltrasporto rapido di persone e merciper lunghe distanze in tempi incre-dibilmente brevi. Una volta inven-tati e costruiti, gli aerei sono realtàsostantive, in quanto hanno una vi-ta indipendente da chi li ha inven-tati e costruiti. Sono realtà il cuipossesso conferisce potere. Adesempio, possedere aerei da guerradà potere militare; per questo di-ciamo di chi possiede molti aereiche ha un grande potere militare,ecc. A loro volta queste realtà, que-sti poteri, aumentano le nostre pos-sibilità di vita. Così, ad esempio, cipermettono di trasferirci da un luo-go ad un altro, cosa che per un uo-

mo di due secoli fa non era possi-bile, nemmeno per Leonardo daVinci, il quale tuttavia sognò di vo-lare. In breve, i poteri ci danno lapossibilità di fare cose che gli uo-mini delle generazioni precedentinon hanno potuto fare.

Da tutto ciò dobbiamo conclu-dere una cosa importante, cioè chela cultura è un sistema di poteri chesi trasforma in fonte di possibilitàstoriche. La storia, pertanto, è ilprocesso di trasmissione di possi-bilità. Questo è quanto hanno dife-so, tra gli altri, Heidegger e Zubiri.La storia è il processo di trasfor-mazione delle risorse naturali inpossibilità di vita, ed è ciò che l’es-sere umano fa sulla terra, semprecon lo stesso obiettivo, quello dicondizionare nel migliore dei mo-di la sua vita sul pianeta. Si trattasempre di modificare la natura avantaggio dell’essere umano, conl’obiettivo di rendere la sua vitamigliore, più sana, più bella, ecc.Ciò che succede è che l’essereumano non conosce nessun mezzoper trasformare le risorse in possi-bilità positive di vita che non gene-ri, collateralmente, possibilità ne-gative. Come dice Kant in un notopassaggio, un farmaco e un velenomolte volte si differenziano solonell’intenzione. Un coltello puòservire per mangiare o per ferire, el’energia atomica cura e uccide al-lo stesso tempo.

Ciò spiega come la cultura siaun complesso sistema di poteri po-sitivi e negativi: probabilmentenon risulta concepibile un incre-mento dei primi senza che si pro-duca anche un incremento dei se-condi. Così, l’aumento del benes-sere è fonte di nuove malattie co-me, ad esempio, le cosiddette ma-lattie della civiltà. Non c’è dubbioche le malattie siano possibilità ne-gative di vita, così come la salute èuna possibilità di vita. Questi ulti-mi poteri sono definiti buoni, men-tre gli altri cattivi.

Per riassumere, quindi, bisognadire che la storia è la trasmissionedi possibilità e la cultura, che è ilrisultato dell’azione storica del-l’uomo sulla natura, consiste in unsistema di poteri. Abbiamo visto,d’altra parte, che tali poteri posso-no essere positivi e negativi e che iprimi vengono chiamati buoni e isecondi cattivi. Da ciò risulta chetutti sono oggetto sempre e neces-

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sariamente di una qualificazionemorale. È il secondo punto, la do-manda di etica del potere, l’analisidei poteri come poteri del bene opoteri del male.

2. Potere e dovere: i poteri del bene e i poteri del male

L’essere umano, per la propriacondizione biologica, non è unasemplice realtà naturale, ma unarealtà morale. Il filosofo spagnoloXavier Zubiri lo ha spiegato para-gonando la realtà biologica del-l’essere umano a quella dell’ani-male. L’animale, dice Zubiri, pervivere deve adattarsi all’ambienteoppure scompare. Quando, nelcorso dell’evoluzione biologica,nasce un essere dalle caratteristi-che incompatibili con l’ambientein cui deve sussistere, la sua vitadiventa impossibile e, di conse-guenza, l’animale scompare. Unanimale del deserto africano mo-rirà al Polo Nord e, al contrario, ipinguini dell’Antartide si estin-guerebbero nelle selve equatoriali.La scomparsa fisica fa sì che la tra-smissione dell’informazione gene-tica alla discendenza non si produ-ca o che ne sia molto gravementecolpita, per cui questo spazio eco-logico viene ad essere occupato daun altro essere con proprietà biolo-giche più adatte a quel determinatoambiente. È la legge della “soprav-

vivenza del più adatto”, stabilita daCharles Darwin.

L’animale si adatta all’ambienteo scompare. Ciò porta Zubiri a di-re che l’animale vive in “giustez-za” naturale, cioè “aggiustato” na-turalmente all’ambiente. Il casodell’essere umano è completamen-te diverso. Innanzitutto, l’essereumano non si adatta all’ambientein cui vive secondo il meccanismosopra descritto. Già se ne reseroconto i primi pensatori presocrati-ci. In epoche più recenti, ciò haportato a parlare dell’ “impotenza”biologica dell’essere umano, o an-che del suo carattere “eccentrico”e “deficitario”. Se l’adattamentodell’uomo all’ambiente dipendes-se soltanto dai meccanismi che ab-biamo spiegato finora, senza dub-bio egli sarebbe già scomparsodalla faccia della terra. La sua pe-nuria biologica è molto vistosa.L’uomo non ha un grande olfatto,né molta vista, non è molto veloce,né possiede una grande potenzamuscolare. La legge darwinianadella sopravvivenza del più adattolo avrebbe fatto scomparire già damolto tempo.

L’unica superiorità biologicadell’essere umano sta nell’intelli-genza. Questa è una qualità nuovanel processo evolutivo, che gli per-mette di adattarsi a qualsiasi am-biente, mediante un meccanismocompletamente diverso da tutti iprecedenti. L’intelligenza, in effet-ti, permette all’essere umano diadattare l’ambiente a se stesso, in-vece di essere lui ad adattarsi al-l’ambiente, come era accaduto du-rante tutta l’evoluzione biologica.In altri termini, l’intelligenza con-siste non nell’adattamento all’am-biente, bensì nell’adattamentodell’ambiente all’essere umano.Tale adattamento dell’ambiente èciò che denominiamo “cultura”.Per questo l’essere umano non siadatta naturalmente all’ambientecome l’animale ma, mediante l’in-telligenza, deve fare, facere, il pro-prio “aggiustamento”, la propriaiustitia. Deve fare il proprio aggiu-stamento, facere iustum, pertanto“giustificarsi”. Tutto ciò porta Zu-biri a dire che l’uomo non è un ani-male naturale, bensì morale; nonvive in giustezza naturale ma ingiustizia morale.

Ne consegue che tutta l’attivitàdell’essere umano sulla terra, tutto

quello che chiamiamo “storia” e“cultura”, è un processo di giustifi-cazione, cioè un’attività morale.La moralità non è una cosa aggiun-ta alla realtà umana, o una qualitàdi cui godono alcune persone, oche esercitiamo in determinati attidella nostra vita. La moralità è lacondizione intrinseca ed essenzia-le dell’essere umano, in modo taleche questo non può non essere mo-rale in tutti i suoi atti. In altri ter-mini, il processo di trasformazionedella natura in cultura, che è ciò incui consiste la storia umana, avvie-ne attraverso la propria indole mo-rale.

Ora, siccome la cultura è, comeabbiamo visto, un sistema di pote-ri e la storia il processo di trasmis-sione di possibilità, risulta che ipoteri saranno positivi o negativi,buoni o cattivi, a seconda che con-dizionino nel bene o nel male la vi-ta degli esseri umani.

Esiste un primo tipo di poteredel male, quello che Zubiri chiama“maleficio”. Esso consiste nel-l’impossibilità fisica di fare qual-cosa che corrisponde o appartieneall’essere umano in virtù della pro-pria natura. Si tratta, pertanto, diun difetto fisico che impedisce di“fare” cose e di conseguenza diavere possibilità di vita. Il fare, ilfacere, è alterato, e in questo sensosi parla di male. Il maleficio corri-sponde a ciò che classicamente èstato inteso per “male fisico”, uncattivo adattamento all’ambiente.La malattia è maleficio perché nonpermette di fare certe cose con lanostra vita e la salute, al contrario,è beneficio, in quanto è fonte dipossibilità di vita.

Esiste però un altro tipo di malepiù profondo e grave, il male mo-rale, la cattiva intenzione. È ciòche costituisce la “malizia”. Lamalizia è fonte e radice di possibi-li mali o, per dirlo altrimenti, èl’intenzione negativa di possibili-tare, o l’intenzione di possibilitarenegativamente. È un grado piùprofondo di quello precedente,perché aggiunge la cattiva vo-lontà, il volere il male e il deside-rio di fare il male. Se abbiamo de-finito la storia come processo ditrasmissione di possibilità, oradobbiamo dire che la malizia è latrasmissione di possibilità negati-ve o cattive. La storia si costituiscemediante atti di cattiva intenzione

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o malizia o, al contrario, di buonaintenzione.

C’è di più. Nella storia non cisono solo maleficio e malizia maanche malignità, che è l’induzioneal male, cioè il trascinare gli altriverso il male. Chi lo fa non solo è

cattivo, ma anche maligno. Perquesto nella Bibbia il demonio èchiamato “il Maligno”, ponerós. Iltermine appare con una certa fre-quenza nel Vangelo di Matteo (5,37; 6, 13; 13, 19; 13, 38), di Gio-vanni (17, 15), nelle lettere di Pao-lo (Ef 6, 16; 2Ts 3, 3) e nella primalettera di Giovanni (2, 13; 2, 14; 3,12; 5, 18; 5, 19). Nel Padre Nostrosi chiede a Dio di liberarci non dalmale ma dal “Maligno” (nella tra-duzione latina, a Malo).

Infine c’è la “malvagità”. Lamalvagità è l’oggettivazione delmale, la traformazione del male inspirito oggettivo, cioè in cultura. È,se si vuole, il male trasformato inpotere, il potere del male, la cultu-ra del male. La malizia è soggetti-va, essa è la cattiva intenzione,però gli atti di cattiva intenzione egli atti di induzione al male, per-tanto gli atti di malizia e malignità,si oggettivano, si trasformano inspirito oggettivo, in cultura. È l’og-gettivazione del male, la culturadel male. Il male si sostantiva e ac-quisisce vita propria. Dalla sempli-ce possibilità cattiva siamo passatial potere del male, il male cioè in-teso come potere culturale e stori-

co. È questo ciò che vuole far in-tendere la Bibbia quando parla deipoteri del Maligno (Lc 10, 19; Ap13, 2), e a sensu contrario dei “Po-teri” o “Potestà” come categorieangeliche (Poteri del bene: Rom 8,38; 1Co 15, 24; Ef 1, 21; 1Pt 3, 22).

Molti anni fa, nel 1935, Zubiriscrisse: “Insieme al peccato origi-nale e al peccato personale, biso-gnerebbe introdurre tematicamen-te, nella teologia, il peccato deitempi, il peccato storico. È il ‘po-tere del peccato’ come fattore teo-logico della storia, e credo sia es-senziale dire che questo potere ac-quisisce forme concrete, storiche,a seconda dei tempi. Il mondo, inogni epoca, è dotato di grazie epeccati peculiari”.

Maleficio, malizia, malignità emalvagità, e i loro contrari, costi-tuiscono la geografia etica del po-tere. I primi tre coprono l’area delpotere come possibilità: comepossibilità fisica (il maleficio) ecome possibilità morale (l’inten-zione moralmente negativa nellamalizia e nell’induzione alla mali-gnità). Infine, c’è il potere oggetti-vato, l’oggettivazione del potere:la malvagità.

Tutto questo può e deve essereapplicato al tema che ci riguarda,quello della salute e della malattia.È ovvio che la salute è un valorepositivo e la malattia un valore ne-gativo. In quanto caratteristiche fi-siche o biologiche, la salute e la

malattia appartengono al primo deilivelli descritti, quello del malefi-cio o quello del beneficio. Peròogni atto umano, come abbiamodetto, ha una dimensione stretta-mente morale, e pertanto lo ha an-che ciò che facciamo con il nostrocorpo, con la nostra vita e con lanostra salute. La salute e la malat-tia non sono quindi puri fenomenifisici ma anche, e allo stesso tem-po, fatti morali. Soprattutto dipen-de molto dalle strutture oggettiveincorrette, ingiuste e insane, per-tanto dalle strutture storiche e cul-turali incorrette, inumane e insalu-bri. La malattia non è un mero fe-nomeno individuale, ma anche so-ciale e pertanto le strutture socialie storiche condizionano in modoradicale la salute e la malattia degliindividui e delle popolazioni. Ilproblema della salute e della ma-lattia non è quindi solo una que-stione di potere, ma anche di dove-re. Il potere che non si adatta al do-vere è, per se stesso, un valore ne-gativo. Questi sono proprio i pote-ri del male.

3. Il potere del reale: dall’obbigo alla rilegazione

Come abbiamo visto, il potereha molteplici dimensioni. C’è l’e-conomia del potere, la sociologiadel potere, la psicologia del potere,l’etica del potere, ecc. C’è ancheuna teologia del potere. E c’è, e aquesto intendo riferirmi nella con-clusione di questo lavoro, una me-tafisica del potere. Ricordiamo, adesempio, la “volontà del potere” diNietzsche.

Questo tema della metafisica delpotere è stato molto studiato a par-tire da Nietzsche e soprattutto nel-la filosofia dell’ultimo secolo. Laragione è che la filosofia moderna,che iniziò con Cartesio e culminònell’idealismo tedesco, special-mente nell’opera di Hegel, partìsempre dalla soggettività e dal-l’autocoscienza come principio efondamento di tutta la filosofia, fi-no al punto che l’io era quello chenecessariamente doveva prenderel’iniziativa filosofica e andare in-tenzionalmente verso il non-io,cioè verso le cose. Il risultato natu-rale di questo tipo di procedere era,ovviamente, l’idealismo. La filo-sofia contemporanea ha cercato di

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fare metafisica oltre l’idealismo, disuperarlo sulla base di una radica-lizzazione del punto di partenza.L’esperienza originaria dell’essereumano è precedente a qualsiasi ini-ziativa dell’io o del soggetto. Lacosa meravigliosa, radicale, è checi troviamo con cose che ci ap-paiono sorprendentemente nelcampo della coscienza e si impon-gono su di noi, senza nessun inter-vento attivo da parte nostra. Piùche di “posizione” delle cose daparte della coscienza, come diceval’idealismo, dobbiamo parlare di“imposizione”. Le cose si impon-gono su di noi, esercitano un “po-tere” su di noi. Ecco nuovamentequesta parola. Però ora con un sen-so che non è storico, culturale oetico, ma strettamente filosofico,metafisico. La realtà si impone sudi noi. Per questo Heidegger diceche il primario, l’originario non ètanto la ousia o sostanza dei filoso-fi greci, bensì la parousia, terminegreco che come ben si sa significa“presenza”, “manifestazione”, “ri-velazione”. Non siamo noi a rive-lare le cose, ma le cose che si rive-lano a noi. Tutto, la vita umana, lastoria, sono un processo continuodi rivelazione. La realtà si rivela anoi, e, rivelandosi, si impone su dinoi.

Zubiri ha apportato a questo pa-norama precisazioni molto impor-tanti. La sua tesi è che la realtà nonsolo si rivela, bensì si impone su dinoi. Ciò significa che la realtà ha“potere” su di noi. È quello cheegli chiama il “potere del reale”,principio e fondamento del feno-meno che egli denomina “rilega-zione”. Perché la realtà ci può e cilega, essa ci rilega (è questo il si-gnificato del verbo religare in lati-no, rilegare), siamo, che lo voglia-mo o no, rilegati o uniti al poteredel reale, che si impone su di noinella sua triplice condizione di po-tere “ultimo”, “possibilitante” e“impellente”. Il potere del reale cifonda, ci possibilita e ci impelle. Sitratta, pertanto, di un potere possi-bilitante. Siamo nuovamente nelladialettica potere-possibilità, che ciha interessati fin dall’inizio di que-sto lavoro. Ed è, inoltre, un potereimpellente. Ciò significa che cilancia in avanti, ci obbliga a fare lavita in, per e a partire dalle cosereali, dalla realtà. Per questo Zubi-ri dice che la “rilegazione” è il fon-

damento di ogni “obbligo”. Siamoobbligati perché siamo rilegati. Inaltre parole, il potere del reale è ilfondamento dei nostri obblighimorali, della promozione dei pote-ri positivi e dell’evitare quelli ne-gativi.

Zubiri dice di più, dice che la ri-legazione è il fondamento naturaledella religione positiva. San Tom-maso diceva che la grazia non di-strugge la natura, bensì la perfezio-na. Dobbiamo affermare qualcosadi simile a proposito della rilega-zione, che non risulta distrutta oannullata dalla religione positiva,ma perfezionata. Quando si passadalla rilegazione alla religione, ilfondamento del potere del reale siidentifica con un essere personale,Dio, e le tre caratteristiche del po-tere del reale che abbiamo primasegnalato, quella di “ultimità”,“possibilitanza” e “impellenza”acquistano un nuovo carattere, ri-solutamente religioso, che Zubirichiama “adorazione”, “supplica” e“rifugio”. Chi desiderasse maggio-ri precisazioni a questo propositopuò leggere il libro di Zubiri dal ti-tolo El hombre y Dios.

Vorrei terminare facendo allu-sione a un fatto oltremodo sorpren-dente, che è alla base delle relazio-ni tra rilegazione e obbligo. Si trat-ta del fatto che non c’è vita umanache faccia esattamente tutto ciòche deve fare, e che pertanto nonc’è vita morale assolutamentecompiuta. Ciò significa che nellastoria coesistono necessariamentei poteri del bene e i poteri del ma-le, dato che nessuno fa completa-mento tutto ciò che deve. Hare loha chiamato The Moral ‘Gap’, laspaccatura morale, o il fallimentomorale. Ogni vita morale terminain un modo o nell’altro nel falli-mento. Di qui la necessità dellaguarigione sovrannaturale e trans-storica. L’obbligo rimette necessa-riamente alla rilegazione.

Conclusione

In sintesi, pertanto, occorre direche la storia è la tramissione dipossibilità e che la cultura è il si-stema oggettivo di poteri. Senza diquesti la vita umana è impossibile.Ciò vuol dire che il potere non è insé né buono né cattivo, ma risultaimprescindibile per la vita umana e

che pertanto è la condizione dipossibilità dello sviluppo dell’uo-mo. Il problema è che questi poteripossono essere positivi o negativi.La salute è un potere positivo e lamalattia un potere negativo. La sa-lute è un potere positivo perché cidà la possibilità di fare cose, di rea-lizzare la nostra vita, mentre la ma-lattia ce lo impedisce. Ciò dal pun-to di vista fisico. Ma c’è una se-conda dimensione del potere, chenon è fisica bensì morale. Ci sonopoteri morali e immorali e pertantopositivi o negativi dal punto di vi-sta morale. Il che significa che ilpotere non può essere sempre con-fuso con il dovere. Questo ci haportato a studiare le dimensionimorali del potere, soprattutto quel-le negative, il maleficio, la malizia,la malignità e la malvagità. Tutti,in special modo gli ultimi tre, sonopoteri moralmente negativi. L’ulti-mo, il potere della malvagità, èstrutturale e pertanto sovraindivi-duale: ha carattere sociale e stori-co. È il potere delle strutture eco-nomiche, sociali, culturali, ecc.,moralmente negative. Ad esso ciriferiamo quando parliamo dei po-teri economici, o mediatici, ecc.Infine, abbiamo visto che non èpossibile che nella storia esistanopoteri positivi senza i loro corri-spondenti negativi. Per questo lavita morale termina in un modo onell’altro nel fallimento. Nessunopuò fare tutto ciò che deve, né de-ve fare tutto ciò che fa. È il falli-mento inerente a ogni vita morale.Ciò spiega perché questa abbia bi-sogno di una istanza che non puòessere storica ma trans-storica, so-vrannaturale. Ogni vita necessitadi redenzione e salvezza. È l’obiet-tivo della religione. Questo poteresanante è Dio. Egli è, perciò, il po-tere ultimo sulla salute e la malat-tia, sul bene e sul male, sulla vita esulla morte.

Prof. DIEGO GRACIA GUILLÉNProfessore di Storia della MedicinaUniversità Complutense di Madrid,

Spagna

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Premessa

“Mi è stato dato ogni potere incielo e sulla terra” (Mt 28, 18). Èsignificativo che tra le ultime paro-le di Gesù, prima di ritornare al Pa-dre, si trovi questa espressione conil richiamo al potere. Forse, per lanostra sensibilità attuale, tutto ci sipotrebbe aspettare tranne che unrichiamo a un tema simile; eppure,proprio questo testo permette diverificare più da vicino il senso delpotere a cui Cristo fa riferimento ela sua influenza nella storia dell’u-manità e nella nostra esistenza per-sonale. Per comprendere a fondo ilsenso biblico del potere, e più di-rettamente il significato che è sot-teso al nostro testo, è necessariocompiere una breve panoramica. Iltermine, che esprime il grecodynamis, non appare molte voltenella sacra Scrittura; il concetto,tuttavia, sembra tagliare trasver-salmente l’intero testo sacro. Il re,il profeta, il messaggero sono in-vestiti del potere che viene donatoloro da Dio; Lui rimane come ilgarante di ogni potere di cui un uo-mo viene investito e solo Lui per-mane come giusto giudice per ogniuso che ne viene fatto. Se qualcunoabusa del potere che gli è stato af-fidato, allora questo gli viene toltoper essere trasmesso ad un altro; ilcaso di Saul è certamente emble-matico in proposito1.

Se lo sguardo si posa su Gesù diNazareth, uno degli elementi piùevidenti che balza all’attenzione èla sua autoconsapevolezza di averericevuto il potere da Dio, con ilquale forma “una cosa sola” (Gv10, 30). Egli, infatti, è inviato perfar conoscere la Sua volontà ecompie quanto ha visto operare dalPadre, mentre pronuncia le Suestesse parole. Il primo potere checolpisce i suoi contemporanei èl’autorità con cui insegna (Mt 7,29), con lo stesso perdona i pecca-

ti (Mc 2, 10), guarisce i malati,scaccia i demoni e opera ogni sor-ta di miracoli (Mt 9, 8; 10, 1). LaSua risurrezione, comunque, per-mette di vedere in Lui la pienezzadel potere divino. Come dice il te-sto da cui siamo partiti, “ogni pote-re” gli è stato conferito; è, quindi,un potere globale, esteso al “cieloe sulla terra”, vale a dire all’interocreato. Per ognuno egli diventaportatore di una salvezza che hauna dimensione cosmica: essa siapre ed estende ad ogni uomo, inogni terra e in ogni tempo.

L’icona di Icaro

Questa premessa era necessariaper cercare di compiere un’ulterio-re riflessione teologica che nelcontesto contemporaneo sembrainteressare il potere nel suo riferi-mento alla salute. In un periodocome il nostro, sottoposto a uncambiamento culturale tra i piùcomplessi che la storia dell’uma-nità abbia conosciuto, la relazionetra potere e salute non è affatto ov-via. Che esista un potere della sa-lute appare sempre di più comeuna conquista che caratterizza ilprogresso della scienza e della tec-nica contemporanea. Che esista unaltrettanto potere sulla salute,emerge come un oggetto di rifles-sione e dibattito che investe i di-versi ambiti della vita sociale, poli-tica ed ecclesiale. Da qualsiasi par-te si cerchi di considerare la nostraproblematica, appare chiaro che larelazione con il potere coinvolgel’uomo in prima persona a tal pun-to da poter affermare, senza peri-colo di smentita, che la gestione diquesto potere, nel particolare fran-gente della storia dell’umanità chesiamo chiamati a vivere, è deter-minante per la stessa sussistenzadell’uomo. Il potere sulla vita esulla morte che, in qualche modo,l’uomo sembra avere conquistato

deve essere gestito con un profon-do discernimento, perché non ab-bia ad accadere che la potenza del-la conquista si rivolti contro di luie lo sommerga facendolo soccom-bere2.

Intorno al tema del potere si po-trebbe facilmente rileggere la para-bola della modernità e cercare didescrivere i prodromi della post-modernità. Che nel suo progressol’uomo abbia raggiunto un insiemedi conoscenze che permettono diaccedere ai meandri più nascostidel mistero della natura e del crea-to è un dato di cui doversi rallegra-re. La capacità che l’uomo ha ac-quistato di trasformare la natura, dimodificare le condizioni e le rela-zioni tra diversi elementi, gli hapermesso di verificare in se stessoun’energia tale che, progressiva-mente, lo ha imposto alla naturastessa. La Scrittura è consapevoledella forza del potere e del neces-sario esercizio che l’uomo è chia-mato ad operare. Fin dalle primepagine della Genesi, l’autore sacrosi sforza di far comprendere che èessenziale per l’uomo vivere delpotere che gli è stato dato sulla na-tura; in lui vi è come un’inclina-zione a questo esercizio perché èstato creato a “immagine e somi-glianza di Dio”. Di questo potere,però, egli ne è responsabile. Lacondivisione del potere divino gliimpone una responsabilità nei con-fronti del creato che non ha con-fronti. Il suo “dominio” (cfr Gen 1,28) sulla natura non è e non puòessere realizzato in totale autono-mia, ma in stretta relazione perchétutto possa essere conservato nel-l’ordine originario e riportato al fi-ne ultimo a cui è destinato. Insom-ma, nel vivere del potere che gli èstato affidato, l’uomo comprendesempre di più se stesso.

Forte di questa relazione, l’epo-ca antica fu caratterizzata mag-giormente dal timore per la natura

RINO FISICHELLA

2. Riflessione teologica sul potere e la salute

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e dal senso della sua inviolabilità;l’uomo moderno, al contrario, èstato affascinato dalla conquista edal potere di imprimere nella natu-ra la sua forza. Non è ovvio, quin-di, che in questo momento di svol-ta epocale si ponga la domanda:come si rapporterà l’uomo post-moderno nei confronti della natu-ra? Sarà questa una realtà ancorain grado di lasciarsi trasformare

oppure reagirà in modo da rivoltar-si contro l’uomo e la sua audacia?Esiste ancora, nel sentire comunedell’uomo moderno, qualcosa chesia ritenuto intangibile e che nonpossa essere sottoposto a speri-mentazione? Il richiamo al mito diIcaro, in questo contesto, potrebbecondurre ad un insegnamento nonprivo di significato. Preso dal gu-sto di volare, il giovane Icaro sispingeva sempre più in alto senzarendersi conto che le sue ali eranocomposte di cera. Il suo volo versoil sole, se da una parte gli forniva ilfascino per azzardare ciò che eraimpensabile, dall’altra portava consé la sua distruzione. A poco servi-ranno i richiami e le grida del vec-chio padre Dedalo che dopo averprovato la gioia per aver liberato ilfiglio dalla schiavitù del labirinto,doveva sperimentare ben presto latristezza per la tragedia della suamorte.

La natura non è priva di anima,anch’essa porta impresso in sé unordine che il Creatore di tutto haposto perché sia certamente svi-luppato, ma non alterato. Il potere

che l’uomo di oggi ha raggiuntosulla natura sembra innalzarlo alrango di creatore. Il fascino perquesta conquista, comunque, nonpuò lasciare indenni; essa portacon sé delle conseguenze che mo-dificano il rapporto che finora si èinstaurato con la creazione. È perquesto che il mito di Icaro si innal-za ad icona su cui riflettere. Il po-tere dell’uomo è un potere parteci-pato: se da una parte gli permettedi vedere la sua supremazia sullanatura, dall’altra gli impone di ve-dere se stesso all’interno di un pro-cesso più ampio della natura cheegli non può sovvertire perché nongli appartiene a pieno titolo. Saràchiamato ad essere garante perchéquanto esce dalle sue mani possariflettere il suo potere ma anche ilsuo limite.

Senza equilibrio e senza discer-nimento nei confronti del potere èillusorio pensare che esso possarealmente servire per il progresso ela civiltà dell’umanità. La spinta albisogno naturale di dare sostegnoalla propria vita obbliga l’uomo ascoprire sempre nuovi mezzi con iquali raggiungere la certezza dellapropria incolumità; la disponibilitàdegli stessi mezzi, tuttavia, deveportare a considerare il carattere ela natura del bisogno e della suasoddisfazione. Non è giustificabi-le, infatti, che nella scoperta disempre nuove tappe si abbia a pre-scindere dal necessario giudizioetico che ne valuta non solo l’effi-cacia, ma la stessa necessità ebontà. Ogni forma di conquistapuò affascinare, ma anche illudere;il potere che viene raggiunto espri-me certamente un esercizio di au-torità, ma se non è accompagnatoda un argine culturale porta alladeriva. Come si nota, il potere e ilsuo esercizio appartengono allosviluppo dell’attività creativa del-l’uomo, ma per la complessità del-le relazioni che si vengono a con-densare appaiono problematici eimpongono la riserva etica comemomento normativo per il vero di-scernimento.

Questa dimensione permette dicogliere nel potere una dupliceconnessione: da una parte la sco-perta dell’energia propria dell’atti-vità dell’uomo con la quale egliplasma e assoggetta il creato, dal-l’altra la coscienza del proprio po-tere e la consapevolezza di un

principio ulteriore che abbia a fis-sare gli obiettivi del potere stesso ei suoi limiti3. Questa considerazio-ne porta a individuare il poteresempre e solo come un dono con-segnato all’umanità. Se non lo sisperimenta come tale, frutto dellagratuità e non della pretesa, diffi-cilmente si potrà vivere di esso conla responsabilità dovuta e nell’o-rizzonte di un servizio. Esso deveessere custodito con attenzioneperché conservato in “vasi di cre-ta” (2Cor 4, 7). Siamo posti dinan-zi, come si nota, a un processo diautoconsapevolezza che richiedel’assunzione della responsabilità.

Potere come responsabilità

Il principio di responsabilità, inquesto contesto, si impone comeun elemento fondamentale nellatrattazione del potere. È parados-sale che la modernità, sorta all’in-segna della pretesa dell’autonomiadel soggetto divenuto ormai matu-ro e responsabile dei suoi atti, con-segni alla post-modernità un sog-getto in profonda crisi circa il prin-cipio di responsabilità. Per quantoconcerne la nostra tematica, è diindubbia importanza cercare dicomprendere l’assunzione di re-sponsabilità propria della scienza.Il potere che essa possiede sullasalute, e che si esprime ampiamen-te nella forza della sperimentazio-ne, sembra assoluto. L’obiettivocirca la salute e il benessere vieneposto come un principio la cuiinarrestabilità si impone per la pe-culiarità propria che possiede inquanto espressione del progresso.Richiedere che la scienza, oltre alpotere che di fatto possiede in ma-niera incontrovertibile, acquistianche la responsabilità dei suoiprocessi e delle conclusioni a cuigiunge è, tuttavia, un atto indero-gabile a cui la comunità intera nonpuò sottrarsi. Una sperimentazioneselvaggia, che comporta spesso esempre di più l’impiego di celluleumane fecondate, mostra certa-mente il volto del Giano bifronte acui la scienza è sottoposta. Ridarleun volto sereno e benevolo è uncompito che non può essere ritar-dato. Se si vuole, è un servizio dipotere che viene a porsi dinanzi al-la scienza come consapevolezza didisponibilità al servizio nei con-fronti dell’uomo e questo non po-

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trà mai essere contro la natura.In ogni contesto culturale una

genuina riflessione sapienzialepermette di scoprire il pericolo delpotere. La presenza del male neinostri atti non è un’invenzione perparalizzare il progresso, ma un’e-sperienza che quotidianamente sicompie. Il potere può giungere alladeriva con la superbia, la tracotan-za e il disprezzo per il diritto. Perandare oltre è necessaria la mode-razione, la giustizia e, soprattutto,l’umiltà. Una parola fuori moda,eppure l’unica che permette di co-gliere il senso reale delle cose, per-ché capace di collocarle nel lorogiusto orizzonte. Se la modernitàha voluto mettere fuori gioco unasimile virtù, identificandola con ladebolezza, la post-modernità do-vrà essere capace di coglierne il si-gnificato più profondo e restituirleil posto sottratto. L’umiltà, infatti,esprime la forza della libertà. Ac-coglierla equivale a saper sceglierequale direzione dare alla vita, qua-le senso dare alla morte, qualespessore dare a ciò che ci circonda.È proprio dell’umile percepirel’essenziale e vivere per esso, rela-tivizzando le diverse forme di effi-mero che tendono a illudere e na-scondere il senso profondo dellavita. A questo discorso non può es-sere insensibile il pensiero post-moderno, che ha saputo cogliereun tratto importante del cambia-mento epocale riconoscendo la de-bolezza della ragione. Se la ragio-ne è divenuta debole, comunque,non è dovuto alla sua incapacitànel cogliere la verità, ma alla su-perbia con la quale ha voluto pre-disporre tutto. Un recuperato sensodi profonda fiducia nella ragione enelle sue capacità può favorire unrinnovato senso del potere e unadisponibilità maggiore a porre leforze verso un bene che sappia es-sere universale4.

È in questo contesto che diventa-no normative per noi le parole del-l’apostolo “Quando sono debole èallora che sono forte” (2Cor 12,10). La debolezza dell’uomo, so-stiene Paolo, diventa quasi il pulpi-to da cui Dio fa sentire la sua po-tenza e ne permette di verificare isegni. Ciò che rende l’uomo poten-te non è il rinchiudersi in se stessoo confidare solo negli strumentidella sua scienza, ma nell’aprirsiall’altro con l’atto del più grande

abbandono fiduciale. Sperimentarenella propria esistenza la debolezzadella malattia può permettere dicogliere l’essenza della vita e indi-care la forza con cui resistere.Ognuno, in forza della dignità per-sonale, è chiamato a dare senso aldolore per non lasciare spazio nellapropria esistenza al non senso e al-l’assurdo. Il potere della salute èanche la forza con la quale si acco-glie la sua assenza e ad essa si dàsignificato. Il potere che si svilup-pa attraverso la degenza in un lettopermette di raggiungere ciò chespesso sfugge: la potenza del no-stro essere interiore, anche se rive-stito dei panni della fragilità. Lapotenza della salute, tuttavia, è ciòche favorisce il cogliere l’essenzia-le della vita. Con ragione, Giovan-ni Paolo II ha scritto nella Salvificidoloris: “Coloro che sono partecipidelle sofferenze di Cristo hanno

davanti agli occhi il mistero pa-squale della croce e della risurre-zione... ciò significa che le debo-lezze di tutte le sofferenze umanepossono essere permeate dalla stes-sa potenza di Dio, quale si è mani-festata nella croce di Cristo. Inquesta concezione soffrire signifi-ca diventare particolarmente su-scettibili, particolarmente aperti al-l’opera delle forze salvifiche diDio, offerte all’umanità in Cristo.In lui Dio ha confermato di voleragire specialmente per mezzo dellasofferenza, che è la debolezza e lo

spogliamento dell’uomo, e di volerproprio in questa debolezza e inquesto spogliamento manifestarela sua potenza”. Con ciò si può an-che spiegare la raccomandazionedella prima lettera di Pietro: “Mase uno soffre come cristiano, nonne arrossisca; glorifichi anzi Dioper questo nome” (n. 23). In questosenso, acquistano maggior signifi-cato le parole dell’apostolo: “Tuttoposso in colui che mi dà forza” (Fil4, 13).

La salute segno concreto di redenzione

Portiamo in noi i segni dell’ap-partenenza alla natura. Il corpo,più di ogni altra realtà, consente disperimentare noi stessi inscritti nellimite della natura segnata dal pec-cato. Con ragione, l’apostolo Pao-lo può dire che “la creazione stessa

nutre la speranza di essere liberatadalla schiavitù della corruzione”(Rm 8, 19); nella luce della risurre-zione, infatti, “tutto ciò che è cor-ruttibile deve vestirsi di incorrutti-bilità” (1Cor 15, 53), per rendereevidente la gloria di chi ha credutonel Signore risorto. La guarigionedalla malattia e l’acquisizione diuna certezza di salute che si speri-menta nel proprio corpo può con-durre a comprendere quanto fosseprivilegiata la condizione dell’uo-mo prima della rovina del peccato:la bontà e la bellezza dell’uomo e

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della creazione (Gen 1, 3), dovenon esisteva né malattia né lutto népianto. I cristiani, tuttavia, leggonoil valore della corporeità non solonella luce della creazione, ma so-prattutto nell’orizzonte della risur-rezione, vero centro e originalitàdella fede5. È in questo spazio chela salute del corpo assume tutto ilsuo pieno valore, che la creazionenon può dare. Con il richiamo allacreazione, infatti, la fede è riporta-ta inevitabilmente al segno delpeccato impresso nella carne; conla risurrezione di Cristo, invece, ilcorpo viene innalzato nella gloriadella vita intratrinitaria dove nonvi è più peccato né morte, ma solopienezza di significato e di gloria.La risurrezione dice vita e pienez-za di vita senza fine; Cristo ha tra-sformato nel suo corpo risorto tut-to questo come anticipo e caparraper la nostra stessa sorte. La fedevede in questo luogo la provoca-zione ultima che viene data all’in-telligenza per poter pensare di an-dare oltre il limite impostole dalpeccato in forza della libertà dellacreazione.

Alla luce della risurrezione, lafede cristiana afferma che il corpoè molto di più della sola estensioneanatomica; esso rappresenta, inve-ce, una realtà sconfinata che si in-serisce certo nella storia, nello spa-zio e nel tempo, ma non per essereda questi sottomesso quanto, piut-tosto, per vivere in essi la propriavocazione a tendere verso l’infini-to, esprimendo in sé lo stesso infi-nito e l’eternità. Nella risurrezioneil corpo rimane come agente prin-cipale che in nulla viene privatodella sua natura, ma riempito dellasua pienezza. Ciò che le diverseepoche storiche possono averoscurato con le loro argomentazio-ni circa il corpo, non impedisce diaffermare che solo il pensiero cri-stiano ha saputo portare la corpo-reità ai livelli più alti della suacomprensione, inserendola neglispazi più intimi della vicinanzacon Dio. Nessuna religione potevapermettersi di arrivare ad inserirela corporeità trasformata dell’uo-mo nella vita stessa della Trinità;solo la fede nell’incarnazione po-teva consentire di raggiungere leconseguenze più estreme del farsiuomo da parte di Dio. La salute,come condizione che si impone adogni creatura per il dovuto rispetto

alla dignità della persona e di ognipersona, permette di comprendereil contenuto centrale della fede cri-stiana. Essa indica il cammino cheè chiamata a percorrere: vivere find’ora un’esistenza personale chesia carica di significato e di sensoin modo tale da lasciar percepire esperimentare la promessa del com-pimento, là dove non vi sarà piùmalattia, né pianto né morte.

Per concludere

Viviamo con lo sguardo protesoverso il futuro, ma carichi del sen-so della tradizione e del nostropassato. Nel suo famoso De la Dé-mocratie en Amérique A. de To-queville scriveva: “Verrà dunqueun’epoca in cui si potranno vederenel Nord America centocinquantamilioni di uomini uguali tra loro,che apparterranno tutti alla stessafamiglia, che avranno lo stessopunto di partenza, la stessa civiltà,la stessa lingua, la stessa religione,le stesse abitudini, gli stessi costu-mi e attraverso i quali il pensierocircolerà sotto la stessa forma e sitingerà degli stessi colori. Tutto ilresto è dubbio, ma questo è certo.Ecco, dunque, un fatto interamentenuovo nel mondo e di cui persinol’immaginazione non riesce ad af-ferrare la portata”6. Le sfide che siraccolgono in questi anni all’inter-no dell’ambiguo termine “globa-lizzazione” trovano, come si nota,radici lontane. Viviamo semprepiù in città che sono uguali tra diloro. Il mondo sta diventando sem-pre più piccolo e, forse, anche mo-notono per l’incapacità a saper co-niugare insieme originalità comu-ne e tradizione particolare. Daogni parte della terra, però, si ritro-va l’uomo con la sua forza e la suadebolezza. Un sorriso come unalacrima non hanno una particolareconnotazione culturale, ma solo laforza del sentimento e dell’animoche è peculiare dell’uomo.

In questo senso si deve porre ilvalore della salute e la fragilità del-la malattia. Nel mondo in cui vi-viamo non è tollerabile che il pote-re della salute conosca confini cheabbiano a relegare la conquistadella scienza solamente nelle manidi pochi beneficiati. Per sua stessanatura, questo potere si apre a unavisione universale capace di inclu-dere in sé soprattutto quanti hanno

maggiormente bisogno di benesse-re. Questo potere permette di offri-re loro un pizzico di speranza chepermetta di guardare con occhi di-versi al futuro. Il pericolo per unpotere sulla salute che abbia a pri-vilegiare solo pochi fortunati è rea-le, ma impoverisce chi lo possiede.Di fatto, l’uso limitativo di un si-mile potere si rivolterebbe controchi lo possiede perché lo lascereb-be in balia di se stesso. Più la me-dicina fa progressi e più sembradare credito al valore dello spirito.Non è raro che il medico riconoscain maniera efficace la salute o lamalattia del corpo a partire dallasalute o dalla malattia dell’animo.Non sono forse le malattie più dif-fuse nell’occidente quelle relativea questa condizione in cui si vienea trovare l’uomo moderno?

La responsabilità propria deicredenti porta con sé l’annunciodella speranza nella risurrezione.Sappiamo che il corpo vive dellacondizione di essere stato redentoe salvato, ma questa certezza pro-viene in noi dalla forza della con-versione. È necessario che il pote-re si trasformi e accolga in sé lametanoia necessaria per ritornareentro i propri confini. È questa lacondizione per poter approdare anuove e positive conquiste checonsentano di vivere il potere co-me un atto partecipato a una chia-mata che indica la missione da se-guire e non solo un ruolo di cui ri-vestirsi.

S.E. Mons. RINO FISICHELLAVescovo Ausiliare di Roma

Italia

Note1 Cfr 1 Sam 15.23; 16,14.2 Cfr GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Re-

demptor hominis, n. 15.3 Cfr. R. GUARDINI, Il potere, Brescia 1963

(or 1951), 13.4 È il tema affrontato dall’enciclica di GIO-

VANNI PAOLO II, Fides et ratio; per un’appli-cazione al nostro tema cfr. J. L. BARRAGÀN,Teologia e medicina, Bologna 2001, 47-58.

5 Cfr. C. ROCCHETTA, Per una teologia del-la corporeità, Torino 1990; M. Teani, Corpo-reità e risurrezione, Roma-Brescia 1994.

6 A. DE TOQUEVILLE, De la démocratie enAmérique, 1835, II, Conclusione.

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60 SALUTE E POTERE

Come ha detto il Cardinale An-gelini nel suo discorso di apertura,chi si occupa di questioni relativeall’assistenza sanitaria dall’internodella tradizione cattolica deve co-municare con chi, pur coinvoltonella promozione della salute, nonappartiene a questa tradizione.Nella mia presentazione intendosuggerire un modo per farlo. Cer-cherò, in altre parole, di mostrarecome potremmo presentare la posi-zione cattolica ad altri, appartenen-ti al regno della “ragione pubbli-ca”. Per ragione pubblica intendoquei modi di pensare e giudicaresenza i quali le persone non potreb-bero vivere insieme in uno statopluralistico, ma unificato, comel’Italia o gli Stati Uniti. La ragionepubblica esige che la posizionepresa nei confronti di questioni im-portanti riguardanti la tutela e il so-stegno dei diritti umani debba esse-re giustificata. La posizione assun-ta non solo deve essere motivata daargomentazioni coerenti con leconvinzioni di un particolare grup-po, ma deve anche essere comuni-cabile alla società nella sua interez-za. Solo se queste ragioni sono co-municabili ad altri questi ultimi po-tranno collaborare o criticare; sen-za collaborazione e critica una so-cietà democratica non può esistere.

Il caso che intendo discutere è ilseguente: nei termini di questa ra-gione pubblica, è possibile svilup-pare un concetto di giustizia mini-ma che possa essere accettabile pertutti. Tenendo presente questo con-cetto, se ci troviamo di fronte a duemodelli di società, uno dei qualiesclude alcuni dalla partecipazionealla società stessa senza alcunagiustificazione ragionata mentrel’altro non esclude nessuno, allora,per motivi di giustizia, si dovrebbepreferire il secondo. Cercherò, inparticolare, di dimostrare che ilmodello di società basato su unavisione liberale esclude alcuni,

mentre quello che corrisponde allaposizione cattolica non escludenessuno.

È innanzi tutto necessario defi-nire i termini della questione. Insenso generale, il termine poteresignifica capacità di un soggetto odi un gruppo di controllare altrisoggetti o gruppi o entità apparte-nenti all’ambiente naturale o so-ciale, agendo su di essi. In ambitosociale, il potere utilizza l’autoritàper esigere l’obbedienza di altri ela capacità per influenzare il lorocomportamento. Ogni società rap-presenta un complesso sistema dirapporti di potere, organizzato inuna qualche forma gerarchica estrutturato in modo da incoraggia-re la cooperazione o la competi-zione.

Per la società umana il potere èessenziale: è compito dell’etica in-dividuare i principi che dovrebbe-ro guidarne l’uso. Questi principisaranno fondati sulla giustizia. Nelcontesto di questa conferenza, vor-rei suggerire che un sistema socio-politico dovrebbe essere conside-rato giusto quando propugna lapartecipazione di tutti i suoi mem-bri al sistema stesso e quando im-pedisce l’esclusione di alcuni deisuoi membri da parte di altri. Così,il primo punto della mia argomen-tazione è: l’uso del potere in que-stioni di assistenza sanitaria do-vrebbe essere governato dalla giu-stizia, intendendo giustizia comepartecipazione.

Come enunciato da Papa Gio-vanni Paolo II, un punto chiavedella dottrina sociale della Chiesaè il diritto di tutte le persone a par-tecipare alla vita economica e poli-tica1. La partecipazione si basa sul-la condivisione della comune uma-nità. La giustizia, come partecipa-zione, necessita di una societàstrutturata in modo tale da renderepossibile e sostenere l’impegno ditutti nelle sue attività come attori

liberi ed intelligenti. La società,perciò, dovrebbe essere dotata distrutture adeguate per salvaguar-dare questa partecipazione, che è ilfondamento dell’ordine democra-tico2. In altre parole, la giustiziacome partecipazione richiede chead ogni membro della società ven-ga fornito il potere necessario perdare il proprio contributo, ed im-pedisce che, senza una giustifica-zione ragionata, uno qualsiasi deisuoi membri venga ostacolato nelraggiungere ed esercitare detto po-tere.

In questa relazione intendo di-scutere un caso sull’uso del poterenell’ambito dell’assistenza sanita-ria. È noto che, quando si sollevanoquestioni di potere nelle pubblica-zioni di bioetica in generale, si di-scute per lo più in termini di con-senso informato del paziente. Que-sto solleva il problema dello statusmorale, rispetto ai rapporti di pote-re, di coloro che non sono in gradodi dare il proprio consenso, vuoi acausa di disturbi evolutivi, vuoi acausa della perdita di capacitàmentale o perché non hanno anco-ra raggiunto il grado di svilupponel quale il consenso è possibile.Considerate, in modo particolare,la situazione dell’embrione umano.Ci troviamo oggi davanti ad inter-rogativi quali se è moralmente leci-to clonare un embrione umano, ascopo sperimentale o terapeutico,quando questo comporti la distru-zione dell’embrione stesso. Similiatti sono esempi dell’uso del pote-re. È questa la specifica “frontieradel potere” che intendo discutere inquesta sede. In che modo, allora, lagiustizia come partecipazione sirapporta all’uso del potere nei con-fronti dell’embrione umano?

Nella prossima fase della di-scussione, traccerò una correlazio-ne tra uso del potere, giustizia co-me partecipazione ed un testo per-tinente del Magistero sullo stato

BRIAN JOHNSTONE

3. Le frontiere morali di Potere e Salute

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dell’embrione umano. GiovanniPaolo II, nell’Evangelium Vitae,dice: “Sotto il profilo dell’obbligomorale, basterebbe la sola probabi-lità di trovarsi di fronte a una per-sona per giustificare la più nettaproibizione di ogni intervento vol-to a sopprimere l’embrione uma-no”3. Farò mia questa posizione ela metterò in relazione con le argo-mentazioni espresse nel pubblico

dibattito su questo problema.Nell’arena della pubblica ragio-

ne esistono due posizioni di granderilievo. La prima sostiene che es-sere una persona significa posse-dere determinati attributi “ontolo-gici” ora, nel momento cruciale incui l’atto della distruzione del-l’embrione umano sta per avveni-re. Si sostiene che, poiché l’em-brione non possiede queste qualitàontologiche, esso non può essereparte della società e non può per-ciò avere diritto a parteciparvi. Perqualità ontologiche intendo, adesempio, lo status di essere un in-dividuo ontologico o di possederela facoltà di essere cosciente. Alcontrario, nel presente documentosi sosterrà che non è necessarioche questa entità possieda questiattributi ontologici adesso, nel mo-mento in cui si sta contemplandola sua soppressione, ad esempio a2 giorni o a 14 giorni. È sufficienteil fatto che l’embrione raggiunga

in futuro, nel normale corso deglieventi, il livello di sviluppo cheper le persone ragionevoli lo/laqualifichi come persona, avente ildiritto di partecipare alla società dicui noi godiamo. Non è necessariostabilire esattamente quando quellivello di sviluppo sarà raggiunto.È sufficiente sostenere che l’em-brione, dal momento del concepi-mento e salvo che non accadaqualcosa di negativo, raggiungeràquel livello.

Non è, di conseguenza, necessa-rio dimostrare che l’embrione èuna persona ontologica e neppureche sia un individuo ontologico. Èsufficiente che noi possiamo desi-gnarlo come “questa entità” perstabilire il principio su cui sostene-re che non deve essere ucciso. Po-tremmo naturalmente, a condizio-ne che chiariamo il concetto, chia-mare l’entità una “persona”, maciò dovrà allora essere inteso nonin senso ontologico ma in sensomorale, cioè con il significato di“un’entità che non può essereesclusa dal partecipare alla so-cietà” o, in altre parole, uccisa.

Se esaminiamo, come ho sugge-rito, le varie argomentazioni pro-dotte a favore e contro il diritto al-la vita dell’embrione, scopriamoche esse sono determinate da dueinteressi. Questi interessi si mani-festano in due modi diversi di por-re l’onere della prova, che è quellodi decidere cosa deve essere dimo-strato per far sì che l’argomenta-zione sia coronata da successo. Lastruttura dei due tipi di argomenta-zione può essere presentata nelmodo seguente:

1. L’embrione umano non deveessere considerato una persona,salvo che non si possa dimostrareil contrario.

Ma il contrario non può esseredimostrato.

Perciò l’embrione umano nondeve essere considerato una per-sona.

L’onere della prova grava su co-loro che negano la prima premes-sa. Ciò che deve essere dimostrato,in questo caso, è che l’embrione èuna persona.

2. L’embrione umano deve esse-re considerato una persona, a me-no che non si possa dimostrare ilcontrario.

Ma il contrario non può esseredimostrato.

Perciò l’embrione umano deveessere considerato una persona.

L’onere della prova grava su co-loro che negano la prima premessa.Ciò che deve essere dimostrato èche l’embrione non è una persona.

Il punto chiave della discussio-ne è, quindi, dove viene a gravarel’onere della prova. Le argomenta-zioni, sia a favore sia contro il fat-to che l’embrione è una persona,non sono conclusive se considera-te a sé stanti, indipendentementedagli assunti di dove grava l’oneredella prova. Il motivo per cui nes-suna delle due parti in contrastopotrà mai convincere l’altra è chele rispettive argomentazioni non siincontrano mai. Ogni parte sta di-scutendo, secondo presupposti di-versi, su cosa deve essere dimo-strato.

Con l’aiuto di questi elementiche mostrano come funzionano ledue opposte argomentazioni, ana-lizzerò, ora, prima la posizione li-berale e poi la posizione dellaChiesa Cattolica. Il significato del-la parola “liberale”, in questo con-testo indica un certo modo di argo-mentare, basato su determinatipresupposti che ora illustrerò.

La visione liberale adotta il pri-mo tipo di argomentazione, cioèche l’embrione non è una persona.Nei testi sull’argomento, ciò nonviene sempre dichiarato esplicita-mente ma è implicito, ad esempio,nell’argomentazione del GiudiceBlackmun, della Corte Supremadegli Stati Uniti, nel caso Roe v.Wade del 1973, che ha in realtà au-torizzato l’aborto negli Stati Uniti.Il quesito che la corte doveva af-frontare era se lo stato avesse o noun motivo convincente per vietarel’aborto. Fu deciso che il divietoavrebbe violato il diritto alla pri-vacy della donna4. Notate che, nel-l’interpretare la questione comeuna faccenda che colpisce esclusi-vamente la privacy della donna, siesclude sin dall’inizio qualsiasiconsiderazione sul fatto che l’em-brione sia una persona con dei di-ritti. Si tratta di una questione pri-vata solo della donna; l’embrionenon viene preso in considerazione.La struttura della legge italiana194/1978 sembra essere essenzial-mente la stessa: si presuppone im-plicitamente che l’embrione nonsia una persona5.

A questo punto mi occuperò

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della forma del dibattito. È evi-dente che si presuppone che ladonna abbia dei diritti e l’embrio-ne no. L’onere della prova gravaallora su coloro che difendonol’embrione. Ma una volta che que-sta forma di argomentazione è sta-ta accettata, poiché non è disponi-bile alcuna argomentazione apo-dittica e conclusiva che possa di-mostrare che l’embrione è unapersona, il punto di vista liberaleuscirà certamente vincente. Il ri-sultato è decretato dal momento incui l’onere della prova viene postosu coloro che difendono il dirittoalla vita dell’embrione.

Ho dichiarato che questa posi-zione presuppone che l’embrionenon sia una persona. Si potrebbeobiettare che coloro che la pensanoin questo modo non soltanto lopresuppongano ma lo dimostrinocon le loro argomentazioni. Que-sto io lo contesterei. Gli argomentiche vengono solitamente portatiper suffragare la visione liberalenon sono, di per sé, veramente ar-gomenti, ma dichiarazioni somma-rie di presupposti non espressi.Cercherò ora di sostenere questamia affermazione. Le argomenta-zioni, di solito, si basano su duepunti: coscienza e interessi.

Secondo il primo punto, essereuna persona significa essere co-scienti o almeno possedere la ca-pacità di essere coscienti. Coscien-za è un termine tratto dalle opere diJohn Locke. Gli esperti non sonostati in grado di decidere cosa esat-tamente Locke intendesse conquesto termine, ma è tuttavia anco-ra in uso in questo tipo di dibatti-to6. L’embrione umano, si dice,non è cosciente. Perciò non è unapersona. Notiamo l’assunto: peressere una persona, un’entità deveessere cosciente. Così, in breve,dove non c’è coscienza, non c’èpersona e non ci sono diritti.

La seconda argomentazione sibasa sul termine “interessi”7. Ro-nald Dworkin argomenta che ciòche dà status morale ad un essere èla sua capacità di avere “interessi”.Un interesse viene indicato dallapresenza di una condizione psico-logica, ad esempio il sentimento didelusione e frustrazione. È diffici-le che queste condizioni siano pre-senti prima della formazione dellacorteccia cerebrale8. Quindi, primadi questo momento, l’embrione

non ha interesse nella propria so-pravvivenza. Uccidere l’embrionenon è, perciò, contro i suoi interes-si. Ci potrebbero essere altri moti-vi per cui un embrione non do-vrebbe essere ucciso, ad esempio,potrebbe essere oggetto di fortissi-mi sentimenti positivi da parte deisuoi genitori, che soffrirebberomolto se venisse ucciso. Ma, se-condo questo punto di vista, nonesistono motivi inerenti l’esistenzadell’embrione stesso per cui essonon dovrebbe essere eliminato.

Notate che entrambe le argo-mentazioni sono studiate per scon-figgere la contro-argomentazione,esse non dimostrano nulla di certo.Di conseguenza, ciò che dobbiamoanalizzare è il fondamento dell’as-sunto di base e precisamente chel’embrione non è una persona equindi non ha diritti, salvo che nonsi possa dimostrare il contrario.

Entrambe le argomentazioni, in-fatti, presuppongono una formadella teoria contrattuale della so-cietà umana. Secondo questa teo-ria, la società umana ha origine acausa di un contratto, come nellateoria di John Locke. Inoltre, peressere in grado di fare un contratto,bisogna ovviamente essere co-scienti. Perciò, per essere una per-sona, è effettivamente necessariopossedere coscienza o almeno lacapacità di riacquistarla quando ètemporaneamente assente. Poichéun embrione non ha coscienza,non conta come persona, e cosìnon ha diritti. Allo stesso modo, laseconda argomentazione sembrapresumere che la società e le suestrutture esistano per proteggeregli interessi individuali dei proprimembri. Perciò, un’entità che nonha interessi non entra nella sferaprotetta dalla società.

Possiamo ora esaminare questeargomentazioni. La loro conclu-sione, per l’esattezza che l’embrio-ne non è una persona e non ha di-ritti, non è coerente neppure con lateoria contrattuale. Locke stessoha ammesso che doveva esistereun qualche tipo di moralità primadel contratto e che, prima del con-tratto, esistevano diritti naturali in-nati nello stato stesso della natura9.Possiamo aggiungere che, se nonci fosse stata moralità prima delcontratto, allora il contratto stessopotrebbe non possedere alcun po-tere morale vincolante. Anche se

accettiamo che la società umanasia fondata su un contratto, e chequesto contratto richieda consape-volezza da parte di chi lo sottoscri-ve, non ne consegue che solo chi ècosciente è protetto dalla moralitàche è antecedente al contratto, nédimostra che solo chi è effettiva-mente cosciente possa essere rico-nosciuto dal contratto stesso comemembro della società, avente dirit-to alla vita. Né, ancora, ne conse-gue che solamente coloro che han-no interessi meritino di essere pro-tetti dalla società.

Per dimostrare la tesi liberale sa-rebbe necessario dimostrare duecose: primo, che la moralità pre-contrattuale non protegge l’em-brione pre-cosciente e, secondo,che il tipo di contratto che è statofatto da esseri coscienti non po-trebbe proteggere anche quell’em-brione. Non viene offerta nessunaprova di questo genere. Perché do-vrebbe essere necessariamente il-logico per coloro che sottoscrivo-no il contratto riconoscere l’em-brione pre-cosciente come mem-bro della comunità e concederglicosì dei diritti? Questa ipotesi nonviene in alcun modo dimostrata.

John Rawls, nella sua ben notaopera A Theory of Justice, ha ten-tato di dimostrare ciò che gli esten-sori ideali del contratto avrebberoincluso nel contratto stesso10. Inmodo particolare, egli ha sottoli-neato che un sistema sociale e po-litico giusto dovrebbe essere strut-turato in modo tale da proteggerecoloro che potrebbero finire ai li-velli più bassi della scala gerarchi-ca della società. È questo un aspet-to della teoria di Rawls che la ren-de particolarmente attraente perchi è impegnato per l’eguaglianzasociale. Ma, anche qui, si presup-pone semplicemente che l’embrio-ne pre-conscio non sia incluso tracoloro che dovrebbero essere pro-tetti. Obietterei che questo non ècoerente con la teoria di Rawlsstessa. Tutto ciò che ne consegue èche un essere pre-conscio non puòsottoscrivere il contratto che formala comunità. Ciò non dimostra inalcun modo che questo essere pre-conscio non possa essere protettodai termini del contratto. Presume-re che un simile essere non possaessere protetto in questi termini èun assunto e nulla più.

Ciò significa che la posizione li-

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berale, che presume che l’embrio-ne non sia tra coloro che devonoessere protetti da una società giu-sta ed esige che sia chi afferma l’e-guaglianza fondamentale dei dirit-ti anche per l’embrione umano adover dimostrare la propria tesi,sia basata semplicemente su un as-sunto non dimostrato.

Esaminerò ora la nozione di “ra-gione” adottata dalla posizione li-berale. Possiamo farlo consideran-do le argomentazioni del punto divista liberale come sono state pre-sentate da John Rawls. La doman-da principale è: qual è la societàideale? Le risposte classiche sonostate (1) quella che incontrerebbel’approvazione di un osservatoreideale neutrale, (2) e/o quella fon-data su un contratto cui si è aderitoliberamente11. Il problema che en-trambe queste risposte cercano di

affrontare è la tendenza inestirpa-bile degli esseri umani di andarealla ricerca del proprio egoisticovantaggio. Ciò rende necessariol’osservatore ideale neutrale che,libero da ogni egoismo, può giudi-care obiettivamente. Guardiamocomunque meglio questo osserva-tore ideale. Esiste certamente il ri-schio, o persino la probabilità, chenoi creiamo l’osservatore ideale anostra immagine, facendo sì cherispecchi i nostri desideri e pregiu-dizi. Come possono coloro che co-struiscono l’osservatore idealeneutrale essere sicuri di avere ef-fettivamente concepito un osserva-tore ideale, quando l’unico criterio

di valutazione è proprio l’idealeche essi stessi hanno costruito?

Sosterrebbero, naturalmente, chel’esclusione non è una decisionearbitraria della volontà, ma “ragio-nevole”. Tuttavia, come ho già det-to, essi non lo hanno dimostrato.Inoltre, si scopre che la “ragione”alla quale fanno appello non è ra-gione in quanto tale, o ragione im-mutabile ed universale, ma unaversione della ragione emersa inun particolare periodo storico. Pre-supporre, come fa la visione libe-rale, che questo modo di ragionaredebba essere quello di tutte le per-sone ragionevoli è semplicementeun assunto. Potremmo qui ricorda-re la critica alla posizione liberalefatta da filosofi come Alasdair Ma-cIntyre12. Nella parte della sua ope-ra Political Liberalism, che trattadel problema dell’aborto, Rawls

sostiene che qualsiasi equilibriodei tre valori, e precisamente “...ildovuto rispetto per la vita umana,l’ordinato riprodursi della societàpolitica nel tempo, includendo inqualche modo la famiglia, ed infi-ne la parità delle donne come citta-dini uguali, ...darà alla donna il di-ritto adeguatamente legittimato didecidere se porre termine o no allapropria gravidanza entro il primotrimestre”13. Ma, ribatterei io, l’e-quilibrio si sposterebbe in questosenso solo se si partisse già dall’as-sunto che i diritti dell’embrionenon hanno lo stesso peso dei dirittidella donna interessata. Vale a direche l’argomentazione di Rawls

implica quel particolare modo diporre l’onere della prova che è giàstato criticato nella prima parte diquesta relazione. Egli presuppone,cioè, semplicemente che l’embrio-ne non sia considerato una personae così sposta l’onere della prova sucoloro che difenderebbero l’em-brione. Ho cercato di dimostrare ladebolezza di questa posizione.

Sostengo, inoltre, che il modo incui viene ripartito l’onere dellaprova è di per se stesso un giudiziomorale sull’allocazione del potere.In primo luogo, coloro che adotta-no una teoria che esclude l’em-brione dalla comunità moraleumana, hanno avocato a sé il pote-re di decidere chi deve essere am-messo a quella comunità ed i crite-ri di ammissione.

Nella seconda teoria, quella so-stenuta dalla Chiesa Cattolica, nonesiste una tale imposizione di pote-re sull’embrione, né una simileesclusione di quest’ultimo dallapartecipazione alla comunità uma-na. L’embrione è piuttosto accetta-to per quello che è, e può divenire,semplicemente perché è un em-brione umano e, pertanto, possiedeil potenziale di svilupparsi nel tipodi essere che noi indiscutibilmenteaccettiamo come persona. Peresprimere questo stesso concettoin modo alquanto diverso: non sista affermando, naturalmente, chel’embrione ha la capacità di sotto-scrivere un contratto e, di conse-guenza, entrare a far parte della so-cietà. Siamo noi che, avendo la ca-pacità di fare ciò, dovremmo ac-consentire a che l’embrione appar-tenga a quella comunità. Perchédovremmo?

Uno degli elementi della realtàdell’embrione è che possiede la ca-pacità di svilupparsi, nel tempo,nel tipo di essere che noi certa-mente chiameremmo una persona.Non possiamo arbitrariamenteescludere l’elemento del temposenza tralasciare un aspetto dellarealtà. Il motivo per cui vieneescluso è che la nozione della ra-gione utilizzata dall’argomenta-zione liberale è una nozione cheesclude il tempo. Si tratta di unaversione del tipo di ragione, appa-rentemente immutabile nel tempo,che appartiene alla visione libera-le14. La mia argomentazione è chenon possiamo pensare in modomorale ad un embrione umano

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senza pensare in termini di tempo.Si discute sul fatto che eliminare

l’embrione non è la stessa cosa cheeliminare un altro essere umano,poiché questo embrione non è an-cora un essere umano. Ma ciò si-gnifica ritornare ad un modo parti-colare di presentare il caso. Esclu-dere tempo e storia dalla nozione diragione, significa semplicementeaccettare incondizionatamente nel-la nostra argomentazione una parti-colare nozione di ragione, condi-zionata dal tempo. Un’argomenta-zione etica che esclude semplice-mente questo concetto, è un’argo-mentazione etica incompleta. Sel’embrione viene distrutto, non esi-sterà mai la persona che sarebbe al-trimenti esistita. Questo embrione,cioè, non potrà mai esercitare lapropria facoltà di partecipare allasocietà, una facoltà che possiedegià in potenza.

A questo punto, coloro che rifiu-tano di riconoscere un diritto allavita da parte dell’embrione ribatte-ranno: ma l’embrione ha solo lapotenzialità di essere parte dellacomunità e di essere una persona,non è effettivamente partecipe, néuna persona reale. Ho già fornito ipresupposti per rispondere a talequestione. L’obiezione non è unavera argomentazione, è semplice-mente una diversa formulazionedell’assunto che presuppone chel’embrione non partecipi alla so-cietà, che non sia una persona. Va-le a dire che ripropone semplice-mente il modo di ripartire l’oneredella prova che, come ho prece-dentemente dimostrato, è senzafondamento. Potremmo, per amordi discussione, concedere chel’embrione umano è solo una per-sona potenziale, ontologica. Maanche se fosse possibile stabilirequesto, non ne consegue necessa-riamente che l’embrione non siauna persona in senso morale, comeho spiegato precedentemente.

Considerate ora la posizioneadottata dalla dottrina ufficiale cat-tolica. Notate che le posizioniespresse nei documenti vengonoformulate con molta cautela. Vienedetto che l’embrione umano pro-babilmente è una persona e che ilcontrario non può essere dimostra-to15. È chiaro che anche questa po-sizione comporta il far gravare l’o-nere della prova in modo particola-re, e precisamente su coloro che af-

fermano che l’embrione non è unapersona, nel senso sopra descritto.Viene loro richiesto di dimostrareil contrario e, sulla base del docu-mento che ho citato, essi non sonoin grado di dimostrare la propria te-si. E direi che questo è corretto.Come è stato sopra sostenuto, nonesistono argomentazioni apoditti-che disponibili che possano dimo-strare che l’embrione non è unapersona o che è una persona indi-pendentemente dall’assunto fattorispetto all’onere della prova.

I documenti ufficiali della dottri-na della Chiesa non pretendono diaver fornito prove apodittiche del-lo status di persona dell’embrione.Le argomentazioni della tesi chel’embrione è probabilmente unapersona funzionano sull’assuntofondamentale che l’embrione deb-ba essere considerato una personasalvo che venga dimostrato il con-trario. Di conseguenza, la posizio-ne presa da questi documenti dellaChiesa si basa su un assunto, pro-prio come la posizione liberale.

Nella prima parte di questa rela-zione, ho tentato di dimostrare chel’argomentazione liberale si basasul modo in cui fa gravare l’oneredella prova, ed ho affermato cheessa si sostiene su una supposizio-ne non dimostrata. Potrebberomai, i sostenitori della posizione li-berale, non ribattere che anche latesi cattolica si basa su un assuntoche non è stato dimostrato?

In genere, nel pubblico dibattitosulla questione, si presuppone chela posizione della Chiesa sullostatus dell’embrione si basi non suconsiderazioni della ragione masulla fede religiosa. Concediamo,ancora una volta per amor di di-scussione, che, in ultima analisi,la posizione della Chiesa sullostatus dell’embrione si basa es-senzialmente su convinzioni di fe-de e non può essere categorica-mente dimostrata in termini di ra-gione pubblica.

Prendiamo ora gli stessi criteridella ragione pubblica ed appli-chiamoli alla posizione liberale.Secondo questi criteri, bisognereb-be ammettere che la posizione li-berale, in quanto basata su un as-sunto non dimostrato, non avrebbebasi più solide e razionali di quan-te ne avrebbe la visione cattolica,che si presume sia basata sulla fe-de. Così, in termini di ragione pub-

blica, non esistono motivi per pre-ferire la posizione liberale a quellacattolica.

Torniamo allora alla tesi moraleproposta all’inizio di questa rela-zione. La posizione cattolica nonesclude nessuno dalla partecipa-zione alla società. La posizione li-berale, d’altro canto, esclude alcu-ni da tale partecipazione e, pertan-to, necessita di una giustificazioneper farlo. Ma, come è stato dimo-strato, non è in grado di fornirla.Ciò pertanto implica l’esclusionedi qualcuno dalla società senza al-cuna giustificazione razionale chela ragione pubblica esigerebbe.Sulla base morale della giustizia,perciò, la posizione cattolica è dapreferirsi.

P. BRIAN JOHNSTONE, C.SS.R.Docente dell’Istituto Superiore

di Teologia Morale dell’Accademia Alfonsiana

Pontificia Università LateranenseRoma, Italia

Note1 GIOVANNI PAOLO II, Centesimus Annus,

(Roma: Libreria Editrice Vaticana, 1991), nn.34, 35, 46.

2 Centesimus Annus, n. 47.3 GIOVANNI PAOLO II, Evangelium Vitæ

(Roma: Libreria Editrice Vaticana, 1995), n.60.

4 Ronald Dworkin, Life’s Dominion (Lon-dra: HarperCollins, 1993), 7.

5 Legge n. 194 del 22 maggio 1978. Normeper la tutela sociale della maternità e sull’in-terruzione volontaria della gravidanza.

6 CHRISTOPHER FOX, Locke and the Scrible-rians: Identity and Consciousness in Early Ei-ghteenth Century Britain, (Berkley: Univer-sity of California Press, 1988), 32.

7 DWORKIN, Life Dominion, 18.8 DWORKIN, Life Dominion, 18.9 LOUIS DUPRÉ “The Common Gogg and

the Open Society”, in Catholicism and Libe-ralism, eds. R. Bruce Douglas and David Hol-lenbach (Cambridge: Cambridge UniversityPress, 1994), 179.

10 JOHN RAWLS, A Theory of Justice (Cam-bridge, Mass.: Belknap Press, 1971), 118.

11 JOHN RAWLS, A Theory of Justice, 188.12 ALASDAIR MACINTYRE, Whose Justice?

Which Rationality? (Notre Dame: Universityof Natre Dame Press, 1988).

13 JOHN RAWLS, Political Liberalism (NewYork: Columbia University Press, 1993), 243.

14 MacIntyre, Whose Justice? Which Ratio-nality? 346.

15 Congregazione della Dottrina della Fe-de, Dichiarazione sull’Aborto, AAS 66(1974), 738, Nota 19.

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Il presente intervento, all’internoe in stretto collegamento con quelliche lo hanno preceduto, si caratte-rizza come riflessione teologico-pa-storale, cioè come riflessione di fe-de sugli atteggiamenti concreti chela Chiesa è chiamata a vivere, testi-moniare e promuovere nell’eserci-zio del potere nella cura della salu-te, attualizzando l’agire evangeliz-zante e risanante di Gesù Cristo.

1. Attualità e complessità della riflessione

Davanti a “potere-salute” l’agiredella Chiesa è chiamato a interro-garsi con un sano realismo, propriodi un atteggiamento autenticamenteevangelico teso a educare e a farfruttificare le possibilità di bene;non devono esserci, quindi, demo-nizzazioni pregiudiziali, ma nean-che facili accomodamenti o formedi compromissione.

In questa prospettiva, la rifles-sione appare di particolare attualitàoggi.

Infatti, se da una parte lo svilup-po scientifico-tecnologico ed eco-nomico (proprio di una parte delmondo) ha offerto nuove possibi-lità di crescita umana, d’altra parte– e l’esperienza quotidiana lo di-mostra – ha provocato il proliferaredi forme nuove di manipolazione,di poteri arroganti, di lotte di pote-re, di alienazioni. Tutto ciò, se puòavere esiti pesanti in tutti i settoridella convivenza umana, li ha an-cora più drammatici nell’ambitodella cura della vita e della salutedelle persone1.

Ciò che viene messo in discussio-ne in questa sede, non è il poterecon le molteplici possibilità positi-ve che esso offre all’agire umanoma l’uso e l’esercizio del potere, af-fidato a persone umane nella lorocondizione di limite, in situazioniconcrete e nei diversi ruoli.

Il problema serio sul quale riflet-tere e agire è quello di una “forma-zione della coscienza” delle perso-ne, denunciato con estrema chia-rezza, ancora 50 anni fa, da R.Guardini, quando affermava chementre nel corso dei tempi il pote-re su ciò che esiste, uomini e cose,si è accresciuto in misura immensa,la serietà del sentirsi responsabili,la chiarezza della coscienza, la for-za del carattere non si sono mante-nute al livello di quella crescita. “Sirileva – egli affermava – che l’uo-mo moderno non è stato educato alcorretto uso della potenza e del po-tere”. E, con particolare vigore, av-vertiva che “nella misura in cui lacoscienza dell’uomo non assumela responsabilità del potere, di que-sto prendono possesso forze demo-niache”2.

Due elementi o aspetti, in ognicaso, mi sembra vadano tenuti pre-senti per dare concretezza alla ri-flessione:

a) Il complesso e ambiguo intrec-ciarsi tra loro delle singole forme dipotere, spesso anonime, con la lororicaduta nell’ambito della cura dellasalute delle persone.

b) Lo scenario dei bisogni nelmondo, con le sfide della povertà,richiamate da Giovanni Paolo IInella lettera apostolica Novo Mil-lennio Ineunte3:

“Il nostro mondo – scrive il Papa– comincia il nuovo millennio cari-co delle contraddizioni di una cre-scita economica, culturale, tecnolo-gica, che offre a pochi fortunatigrandi possibilità, lasciando milionie milioni di persone non solo aimargini del progresso, ma alle presecon condizioni di vita ben al di sot-to del minimo dovuto alla dignitàumana. È possibile che, nel nostrotempo, ci sia ancora chi muore difame? Chi resta condannato all’a-nalfabetismo? Chi manca delle curemediche più elementari? Chi non hauna casa in cui ripararsi?”

Davanti a queste realtà la Chiesae i cristiani sono chiamati a porsi e aporre delle domande che favorisca-no un sapiente discernimento; a de-nunciare quanto attenti al rispettodella vita e della dignità di ogni per-sona, quanto non risponda a criteridi giustizia; a portare un afflato eti-co e di solidarietà; a promuovereconcreti atteggiamenti e scelte ope-rative per una utilizzazione di ogniforma di potere più rispettosa delbene di tutti gli uomini.

Come non chiedersi, ad esempio,in quali situazioni e per quali causeil potere che ci è dato di curare e diguarire venga utilizzato, tante volte,per ferire e per altri scopi? Qualiconseguenze abbiano sulla salutel’uso strumentale dei poteri mass-mediatici nel loro frequente intrec-cio con l’idolatria tentatrice di sem-pre del denaro, del potere, della ri-cerca di sé, del piacere? Ma la stes-sa domanda vale per l’uso del pote-re politico, economico, professio-nale... E, tutto questo, a partire dal-l’esperienza di prossimità di ciascu-no di noi.

Oggetto, quindi, della riflessionenon possono essere “potere-salute”considerate in un rapporto tra realtàastratte ma gli atteggiamenti che lepersone hanno o devono avere nelconcreto servizio di un potere(qualsiasi esso sia e a qualunque li-

SERGIO PINTOR

4. L’atteggiamento ecclesiale davanti a “potere-salute”

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vello) in rapporto alla cura della sa-lute e della vita di ogni persona nel-le proprie singolari condizioni, inogni momento dell’esistenza, inogni paese dove essa viva. Atteg-giamenti nell’esercizio di un “pote-re”, quindi, che, in una certa misurae in modi diversificati, riguardanonon solo coloro che agiscono all’in-terno dei grandi poteri – e sui qualiricade certamente una grande re-sponsabilità – ma riguardano tutti.Ogni persona è chiamata a esercita-re il “potere-possibilità” di prender-si cura della propria e della altrui sa-lute, come ogni istituzione e struttu-ra più direttamente coinvolte nelmondo della salute, ma anche ogniistituzione e struttura di tipo politi-co, economico, scientifico, educati-vo, mass-mediatico..., per la ricadu-ta che esse possono avere sulla curadella salute.

2. Un atteggiamento ecclesiale di fondo

L’atteggiamento di fondo che laChiesa è chiamata ad assumere da-vanti al rapporto “potere-salute” siiscrive e si concretizza all’internodi quell’atteggiamento così magi-stralmente delineato dal ConcilioVaticano II, particolarmente nellacostituzione Gaudium et Spes e al-l’interno del magistero sulla dottri-na sociale. Esso è un atteggiamentodialogico con la realtà temporale,di cui rispetta la legittima autono-mia ma nella quale sa di dover por-tare la forza e la luce dirompentedel Vangelo. In una parola: l’atteg-giamento di una Chiesa, insepara-bilmente, “serva di Dio” e “servadegli uomini”.

Un atteggiamento, quindi, ispira-to esclusivamente dalla verità e ca-rità evangelica, a servizio del benedella persona umana, superando irischi di qualunque atteggiamentoideologico, spiritualistico o tempo-ralistico.

Infatti, “La missione propria cheCristo ha affidato alla sua Chiesanon è di ordine politico, economicoe sociale: il fine, infatti, che ha pre-fisso è di ordine religioso. Eppureda questa missione religiosa scatu-riscono dei compiti, della luce edella forza che possono contribuirea costruire e a consolidare la comu-nità degli uomini secondo la leggedivina”4.

“La Chiesa è inseparabilmente‘mistero’ di comunione e di fede e,insieme, sacramento-segno-stru-mento di una salvezza integrale,piena e universale per l’uomo. Essaè portatrice di possibilità di ‘vitanuova’ nello Spirito e, quindi, testi-mone di una fede cristiana che sitraduce in un’etica, frutto e manife-stazione dell’amore di Dio. Per que-sto la Chiesa non può non sentirsiimpegnata in concezioni e norme dicomportamento umano individualee sociale, cioè in una determinatarealizzazione della persona umana,non solo quanto alla sua interiorità,ma anche quanto alla sua socialità,nella quale la persona umana deverealizzarsi come ‘persona umanaper gli altri’”.

Ecco perché la Chiesa si sentespinta ad assumersi, come espres-sione della sua fede e della sua ca-rità, la missione di “impregnare eperfezionare tutto l’ordine tempora-le con lo spirito evangelico”5, com-preso il rapporto “potere-salute”.

3. Alcuni criteri fondamentali per una illuminazione e un discernimento

Una illuminazione e un discerni-mento sugli atteggiamenti ecclesia-li in riferimento a “potere e salute”,possono meglio attuarsi alla luce dialcuni criteri teologico-pastoralifondamentali. Si tratta di “criteri”fortemente unitari, rivolti a pensare,illuminare, interpretare, valutare,rinnovare i concreti modi di agirenell’esercizio del potere, nell’ambi-to della cura della salute.

3.1. Il criterio cristologico-trinitario (o della gratuità-dono-servizio)

Il primo e fondamentale criterioper definire l’atteggiamento eccle-siale e per discernere la bontà o me-no di un qualsiasi esercizio di pote-re, in riferimento alla salute, è quel-lo di mettersi in relazione con Dio eil suo agire, così come si è manife-stato nella storia e si è pienamenterivelato nel suo mistero attraversosuo Figlio Gesù Cristo e nel donodel suo Spirito.

Credere in Dio, onnipotente eunico Signore, guardare al suo agi-re nell’esercizio della sua “signo-ria”, proietta una luce decisiva e

suggerisce conseguenze estrema-mente concrete sugli atteggiamentida assumere in relazione a “potere-salute”.

Anzitutto, questo criterio com-porta l’ammettere che ogni potereumano è limitato e deve riconosce-re le sue “radici” in Dio, da cui pro-viene e dalla cui relazione viene co-stantemente giudicato.

L’esercizio del potere da parte diDio nella Rivelazione viene presen-tato come potere per il bene dellapersona umana, mai come poteredell’uomo sull’uomo. Un poterecompartecipato agli uomini: nonsolo ad alcuni, ma a ciascuno inmodo diversificato6.

In Gesù Cristo, in particolare, ilpotere di Dio si manifesta nel be-neficare le persone, nel liberarledal male fisico e morale, dal pec-cato, nel vincere perfino l’estremolimite umano della morte, per rive-lare così pienamente il Dio Signo-re della vita.

Non si deve dimenticare che ilpotere di Dio in Cristo è essenzial-mente “salvifico”, tutto teso a scon-figgere le “potenze del male” desti-nate a scomparire con l’avvento de-finitivo del regno di Dio (si pensialle parabole evangeliche e al rac-conto dei miracoli nei vangeli).

Il suo è un “potere” che trasformae libera: una trasformazione cheviene da Dio e non dal potere del-l’uomo. Soprattutto, nell’agire diGesù, tale potere si configura comeservizio alla persona e per la perso-na umana. Un “potere-servizio” chenella persona del Cristo viene aidentificarsi con tutta la sua esisten-za, diventando una vita offerta-do-nata per la salvezza degli altri.

Tale identificazione tra servizioed esistenza conduce a percepireun’altra caratteristica dell’agire diDio dall’aspetto paradossale: l’e-sercizio di un potere che manifestatutta la sua natura e la sua forza nel-l’impotenza, cioè nella scelta della“non-potenza”.

È significativo che la manifesta-zione del potere salvante di Dio nelsuo Figlio Gesù Cristo si attui nel“non-potere” della passione e dellamorte in Croce: la manifestazionesuprema del “potere” come amore evita donata che si fa “non-potere”per il conseguimento della salvez-za-salute di tutti gli uomini. Ma, in-sieme, rivelandosi come il poterepiù grande, capace di vincere il ma-

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le, il peccato, la morte e restituire auna vita pienamente realizzata.

Guardare all’agire di Dio e la-sciarsi da esso illuminare diventacriterio fondamentale per valutare ecostantemente convertire ogni eser-cizio di potere umano nei confrontidella cura della vita e della salutedella persona umana.

Nessuno può pensare di esercita-re un potere come se venisse da luie non da Dio e, quindi, deve tende-re a esercitarlo con la consapevo-lezza di amministrare un “potere-compito” ricevuto, di esercitarlonon da solo ma in collaborazionecon tutti gli altri “poteri-compiti”che Dio ha affidato a ciascuno7.

Se Dio solo è il Signore della vi-ta, nessuno può arrogarsi il poteresulla vita, ma quello di prendersenecura con responsabilità, nel rispet-to e in collaborazione con il pianodi Dio.

Nessuno, nell’ambito della curadella salute, può pensare di usare le-gittimamente un qualsiasi poterecome potere sulla persona (magaristrumentalizzandola per altri fini enon rispettandola nella sua integraledignità...) ma invece come “potere”per la persona, per il suo bene au-tentico e integrale, come eserciziodi potere che si esprima nell’eserci-zio di un servizio fortemente unifi-cato con il senso della propria vita edella propria professione.

È un criterio che, pur nella con-sapevolezza realistica della conna-turale ambiguità e limitatezza insi-te in ogni esercizio di potere uma-no nei riguardi della cura della sa-lute, può aprire una prospettivaesaltante e illuminante: quella diun esercizio di potere che si tradu-ca in un esercizio al servizio inte-grale della persona e per la perso-na, per il suo bene personale e peril bene comune.

3.2. Il criterio ecclesiologico (della comunione-fraternità)

La Chiesa esiste per essere “inCristo come un sacramento o segnoe strumento dell’intima unione conDio e dell’unità di tutto il genereumano”8 ed è stata da Cristo assun-ta “ad essere strumento della reden-zione di tutti”9.

È a questa Chiesa tutta intera che,mediante gli Apostoli, viene affida-to l’esercizio del potere di Cristoper la salvezza degli uomini: “A me

è stato dato pieno potere in cielo esulla terra. Andate dunque e fate di-scepoli tutti i popoli, battezzandolinel nome del Padre e del Figlio edello Spirito Santo, insegnando loroad osservare tutto ciò che vi ho co-mandato. Ed ecco, io sono con voitutti i giorni, fino a quando questotempo sarà compiuto”10.

Essa è chiamata a esercitare talepotere secondo la consegna ricevu-ta da Cristo stesso e secondo il suomodello: “Voi sapete che i gover-nanti della nazioni dominano su diesse e i capi esercitano su di esse ilpotere. Tra voi non deve essere co-sì; ma chi vuole diventare grandetra voi, sarà vostro servitore e chivuole essere il primo tra voi, sarà

vostro schiavo; come il Figlio del-l’uomo non è venuto per farsi servi-re, ma per servire e dare la propriavita in riscatto per molti”11.

L’esercizio del potere, nellaChiesa si colloca all’interno di unarelazione gerarchica organica e fra-terna, dove nessuno può esercitarepotere padronale sugli altri ma doveciascuno con ministeri, compiti edoni diversi e complementari, hapotere-possibilità di servizio agli al-tri, per gli altri con gli altri. Dove, seun’attenzione particolare deve esi-stere, questa è per i membri più de-boli, piccoli e fragili, poveri e soffe-renti12.

Si tratta certamente, come il pre-cedente e alla luce dello stesso, diun criterio che giudica e illuminadirettamente ogni cristiano nell’e-sercizio pratico di un suo potere neiconfronti della cura della salute (sia

chi esercita un potere gerarchico,sia le persone di vita consacrata, siai fedeli laici...) ma che si offre in-sieme come criterio e sapiente mo-dello per qualunque esercizio di po-tere che voglia essere pienamenteumano nel mondo della cura dellasalute.

In concreto, di conseguenza, laChiesa e in essa tutti i cristiani, sonochiamati a:

– lasciarsi per primi illuminare econvertire dall’esercizio evangelicodi qualsiasi forma di potere;

– portare la luce del messaggioevangelico e l’orientamento diun’etica cristiana, di alto spessoreumano, perché l’esercizio di qual-siasi potere nel mondo della salutevenga attuato nel segno del servizioalla persona, per il suo bene e il be-ne comune;

– impegnarsi a promuovere unacultura di servizio, educando le co-scienze;

– offrire testimonianza e modellicredibili di esercizio di potere, co-me autentico ed effettivo servizioalla persona nella cura della vita edella salute (sia a livello di singolicristiani, religiosi o laici, sia a livel-lo di comunità cristiane, sia a livel-lo di istituzioni e strutture...).

3.3. Il criterio antropologico (o della “funzionalità” per l’uomo)

In realtà, ogni forma di potere e,ancora di più ogni suo esercizio, siispira, almeno in modo implicito, auna certa visione dell’uomo e delsuo destino, da cui deriva criteri digiudizio, gerarchia di valori e mododi comportarsi13. Un potere esercita-to senza un orizzonte di trascenden-za e di riferimento a Dio, senza uncriterio oggettivo di bene e di male(cioè senza un criterio etico), siespone immediatamente a forti espesso drammatici rischi di disuma-nizzazione14. La Chiesa interpreta ilrapporto potere-salute nella pro-spettiva di una antropologia cristia-na, considerata in tutta la sua origi-nalità, profondità e unitarietà, con lapersona umana rivelata nel misterodi Cristo in tutta la sua incompara-bile dignità15.

Per questo l’atteggiamento e l’a-gire della Chiesa devono sempremuoversi in una duplice e insepara-bile fedeltà: fedeltà all’agire di Dioe fedeltà ai reali bisogni e al bene

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integrale della persona, fino a fon-dersi in un unico atteggiamento diamore e di servizio.

L’agire della Chiesa, come attua-lizzazione della prassi salvifica diservizio e di cura di Gesù Cristo,“medico del corpo e dello spirito”,deve essere sempre rivolta e attentaalla persona umana nella sua inte-gralità e totalità, nella sua concretacondizione esistenziale, culturale erelazionale. Fino a scoprire e rico-noscere nel volto delle persone, acui si rivolge l’esercizio di qualsiasipotere nel mondo della salute, “unaltro me stesso/a”, “il volto umanodi Dio” o, se si vuole, “il volto divi-no” della persona umana.

A partire da questa visione e cen-tralità della persona umana, moltiaspetti potrebbero essere messi inseria discussione e cambiare decisa-mente in meglio nel rapporto pote-re-salute.

3.4. Il criterio storico-escatologico (o di concretezza-speranza)

Anche in rapporto al complessointreccio di problematiche, di fatto-ri, di interessi che si ripercuotonooggi su “potere-salute”, come Chie-sa siamo chiamati ad assumere que-sto momento storico, per farneemergere, con un discernimento sa-piente e coraggioso, gli elementipositivi e le nuove possibilità di ser-vizio nella cura della salute ma an-che per individuare, contrastare econvertire gli elementi negativi eogni intreccio di male e peccato cheferiscono la dignità e il vero benedella persona.

È un atteggiamento non facile dicontinua mediazione storica che,mentre interpreta la realtà attuale al-la luce della fede e in spirito di co-munione ecclesiale, insieme la col-loca nell’orizzonte dell’agire mise-ricordioso di Dio e del compimentofuturo da lui promesso, in cui il po-tere di amore salutare e salvante diDio si rivelerà pienamente per tuttigli uomini e il potere esercitato da-gli uomini sarà giudicato solamentedall’amore da cui si è lasciato ispi-rare e condurre.

Questo criterio escatologico illu-mina e relativizza ogni esercizio dipotere umano, fino a farne ricono-scere limiti e impotenza e, insieme,illumina il senso profondo e saluta-re del potere-servizio spirituale esacramentale, esercitato dalla Chie-

sa anche nel mondo della cura dellasalute.

Ma questo orizzonte futuro, chel’agire pastorale della Chiesa nelmondo della salute deve tenere co-stantemente presente, non distogliedall’impegno concreto per modifi-care quanto oggi, in ogni eserciziodi potere, non corrisponde al pianodi Dio e al rispetto della personaumana, anzi maggiormente lo ri-chiede e lo rafforza.

Infatti, come ben ricorda il Con-cilio Vaticano II, “l’attesa di unaterra nuova non deve indebolire,bensì piuttosto stimolare la solleci-tudine nel lavoro relativo alla terrapresente, dove cresce quel corpodell’umanità nuova che già riesce aoffrire una certa prefigurazione diquello che sarà il mondo nuo-vo...”16.

4. Le mediazioni con le quali la Chiesa esprime e traduce concretamente i suoi atteggiamenti in rapporto a potere-salute

Gli atteggiamenti che la Chiesa èchiamata a vivere nei confronti delrapporto “salute-potere” devono es-sere espressione, segno-strumento,dello stesso agire risanante-salvifi-co-salutare di Dio e del “potere” daCristo trasmesso a lei, attraverso gliApostoli17. Un potere che fonda-mentalmente consiste nel dono enella partecipazione delle “energie”salvifiche-salutari di Dio, per conti-nuare, attualizzandola, la missione

evangelizzatrice di Cristo, con ilsuo agire liberante da ogni forma dimale e quindi nella possibilità dataalla Chiesa di esercitarle anche nel-l’ambito della cura della salute, perla salvezza integrale delle persone.

Con il suo agire la Chiesa è chia-mata a comunicare “la forza risa-nante” che viene da Cristo nella suaParola, nei segni sacramentali, neisegni della comunione solidale efraterna, nei segni della carità e delservizio.

Si tratta di una missione e di unpotere spirituale, da non confonderecon i poteri di questo mondo, manon per questo “disincarnato”, per-ché in realtà li giudica, li relativiz-za, li apre al loro vero senso, li con-testa quando sono asserviti al male,li orienta al servizio del bene inte-grale della persona

In modo schematico e funziona-le, si può dire che la Chiesa è chia-mata a esprimere i suoi atteggia-menti su “salute-potere”, attraver-so il suo agire profetico (con il ser-vizio della Parola), attraverso ilsuo agire liturgico-sacramentale(celebrando la Pasqua del Signo-re), attraverso il suo agire nel se-gno della comunione-fraternità enel segno della testimonianza, delservizio della carità e della promo-zione umana.

4.1. Attraverso il suo agire profetico (atteggiamento ispirato dalla profezia)

La Chiesa è chiamata a portare ea vivere essa stessa l’annuncio e la

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luce della Rivelazione e del Vange-lo nel complesso intreccio dei pote-ri (grandi e piccoli, istituzionali, digruppi o personali) che interagisco-no nell’ambito della cura della salu-te. E, di conseguenza, alla luce delmessaggio cristiano, denunciare eaiutare a superare quanto non corri-sponde al vero bene della personaumana, sia personale che collettivo-comune.

L’atteggiamento profetico dellaChiesa, nell’ambito di “salute-po-tere”, deve essere caratterizzato ingenerale da un costante riferimen-to alla Parola di Dio, incarnata nel-le situazioni concrete per illumi-narle, da uno spirito di libertà e dicoraggio, da una grande forza disperanza.

In particolare alla Chiesa sembra-no richiesti:

– l’esercizio di un sapiente di-scernimento critico;

– la formazione delle coscienzesul senso e le finalità etiche chesempre devono ispirare qualsiasiesercizio di potere nell’ambito dellacura della salute;

– l’educazione al senso della re-sponsabilità e della corresponsabi-lità diversificata e complementarenell’esercizio dei poteri nella curadella salute;

– un atteggiamento magisterialee pedagogico che illumini, con i va-lori della dottrina sociale, il rappor-to potere-salute (la dignità dellapersona, i suoi diritti inviolabili,l’interdipendenza, la giustizia, lacarità...);

– la formazione di tutti i battezza-ti, specialmente dei cristiani laici edi vita consacrata impegnati nel-l’ambito della salute, perché cresca-no in una fede più matura, con tuttele implicanze dell’agire evangelicoed etico che ne derivano, anche nel-l’ambito dell’esercizio del poterenel campo della salute;

– la promozione di una culturaispirata dai valori evangelici intor-no a potere-salute.

4.2. Attraverso il suo agire liturgico-sacramentale (atteggiamenti ispirati e radicati nella celebrazione liturgico-sacramentale)

Gli atteggiamenti radicati nell’a-gire liturgico-sacramentale dellaChiesa non sono certamente “mar-ginali” per interpellare e modificare

positivamente il modo di vivere ilrapporto potere-salute. Se tale agireè riconosciuto come fonte e culmi-ne della stessa vita e azione dellaChiesa, c’è da domandarsi seria-mente come esso possa influire suuna più corretta interpretazione delrapporto potere-salute. La prospet-tiva deve essere quella di una litur-gia autenticamente pasquale contutto il suo spessore misterico, esi-stenziale e storico, come comunio-ne trasformante, risanante e salvan-te di Dio con noi e come aperturaalla speranza e al futuro.

L’essere battezzati e cresimaticon il partecipare a una comunitàche celebra l’Eucaristia, in forzadella partecipazione alla vita-mis-sione di Cristo, quali conseguenzedovrebbe avere nel modo in cui icristiani entrano in relazione congli altri ed esercitano una qualsiasiforma di potere nell’ambito dellasalute?

La stessa celebrazione dei “sacra-menti di guarigione” (la Riconcilia-zione e l’Unzione degli Infermi), lapreghiera e la cura spirituale deimalati e dei sofferenti da parte dellaChiesa, non ha nulla da dire sul mo-do di vivere il rapporto potere-salu-te, sulla necessità di conversione edi riconciliazione, sui limiti di ognipotere umano, sulla responsabilitàdi farsi carico gli uni degli altri, sul-la “impotenza” umana che si aprenella speranza alla “potenza” diamore che è Dio?

4.3. Attraverso il suo agire nel segno della comunione-fraternità (atteggiamenti nel segno della comunione e della fraternità)

La Chiesa, in forza del dono dellaComunione di Dio con noi, è chia-mata ad essere segno e strumento diun modo nuovo di vivere insieme edi entrare in relazione gli uni con glialtri in una comunione organica efraterna, di accogliersi reciproca-mente nella diversità dei compiti,nel riconoscimento effettivo di unauguale dignità, di riconciliarsi e dicomunicare nel rispetto della libertàdi ciascuno e della verità. Ma, que-sto, richiede un costante impegnoper smascherare e per superare logi-che spesso dominanti nei comporta-menti umani, quali: la logica dellosfruttamento, del potere fine a séstesso, della strumentalizzazione,

della spersonalizzazione, del prima-to dell’avere sull’essere, dell’indif-ferenza per l’altro/a con la propriadignità e diritti, della comunicazio-ne mass-mediatica strumentale a de-terminati poteri, dell’individuali-smo, ecc.

Nella luce di questo segno di co-munione-fraternità cristiana si im-pongono alcuni atteggiamenti ec-clesiali nell’ambito specifico delrapporto “salute-potere”:

– l’attitudine a pensare e a discer-nere insieme con tutte le persone in-teressate, i problemi e le soluzionipiù adeguate per un più correttorapporto tra potere e salute;

– l’atteggiamento del volere e sa-pere condividere quanto si è, e si ha,in vista di un bene comune da pro-muovere nell’ambito della cura del-la salute;

– l’atteggiamento di una consa-pevole responsabilità propria e de-gli altri da condividere;

– l’atteggiamento di apertura al-l’interrelazione rispettosa e frater-na;

– la promozione di una spiritua-lità di comunione18.

4.4. Attraverso il suo agire testimoniale di carità, di servizio e di promozione umana

La Chiesa è chiamata a esprimeretutto il suo essere e il suo agire, intermini di carità e di servizio.

Per questo i cristiani devono vi-vere e promuovere ogni forma dipotere nella cura della salute, comeautentico servizio e dono di vita pergli altri, verificando e purificandocostantemente in questa luce il pro-prio agire.

Tutti nella Chiesa, ai diversi li-velli e nei diversi compiti, siamochiamati, nell’ambito della curadella salute, a offrire la testimonian-za della carità cristiana, sia all’in-terno delle istituzioni e strutture sa-nitarie religiose sia all’interno dellacomunità civile.

Davanti alle diverse e ricorrentiforme di ricerca del potere fine a séstesso (e quindi, alla lotta per i postidi potere), davanti alla preoccupa-zione esclusiva di propri interessianche a scapito del rispetto dellagiustizia e della dignità degli altri,davanti a un esercizio di potere in-differente ai valori etici, la testimo-nianza di servizio e di carità da par-

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te della Chiesa e dei cristiani è chia-mata a rendere presenti e operanti isegni e i valori del regno di Dio.

In particolare, sembra oggi ur-gente promuovere atteggiamenti te-stimoniali, quali:

– un effettivo spirito di servizionella carità in tutti coloro che, in no-me della Chiesa, operano ed eserci-tano qualsiasi forma di potere nelmondo della salute;

– un atteggiamento autentica-mente evangelico, caratterizzato dalibertà profetica e da coerenza etica,nel gestire qualunque forma di po-tere nel mondo della salute e nelmodo di rapportarsi con i diversicentri detentori di tali poteri;

– l’atteggiamento di solidarietàcon i più deboli, fragili e poveri;

– la testimonianza, da parte dicristiani preparati, di quei valorievangelici ed umani, capaci di con-tribuire ad una nuova “cultura” nelmondo della salute, per un potereconsiderato ed esercitato come ser-vizio, rispettoso della dignità diogni persona e del bene comune.

5. Atteggiamenti e prospettive concrete da promuovere

Alla luce degli elementi finoraevidenziati, quasi a modo di sintesiconclusiva e operativa, si possonorichiamare alcuni atteggiamenti eprospettive concrete da promuovereda parte della Chiesa, intorno alrapporto potere-salute. Si tratta diatteggiamenti complementari e in-teragenti da avere presenti e da pro-muovere in un costante impegno diformazione a tutti i livelli, sempreda valutare e rinnovare nell’agireconcreto.

5.1. Atteggiamenti di umiltà

Il primo atteggiamento richiestodavanti alla complessità dei mecca-nismi interagenti nel rapporto pote-re-salute – e all’intreccio di tanti di-versi e spesso anonimi poteri al suointerno – sembra essere quello diuna profonda e seria “umiltà”.Umiltà nel senso di “coscienza dellimite”, di serietà del problema, didisponibile ricerca per comprende-re la “verità” nell’esercizio del po-tere. Il rapporto “potere-salute” po-ne, infatti, davanti a un affollatocrocevia costituito da una parte dal-l’incontro con una pluralità di espe-

rienze di limite umano (precarietàdi persone e situazioni, male fisicoe morale, disvalori etici, paure epreoccupazioni, malattia, disabilità,sofferenza, morte), dall’altra da unapluralità di poteri-possibilità di be-ne ma anche carichi di ambiguità.In altre parole, si è di fronte – in modo quanto mai acuto per le

situazioni esistenziali (di limite e dipossibilità), che vengono toccate –al mistero della persona umana conil senso del suo essere, della sua re-lazione, del suo agire, della suastessa vita.

Un atteggiamento di umiltà chedeve collocare ogni esercizio di po-tere davanti a Dio, alla relatività erelazionalità di ogni potere umano ealla sua stessa impotenza.

E senza mai dimenticare che lapersona umana, pur potendo averepotere su molte cose, non ha ancoraspesso il potere sul proprio potere.

5.2. Atteggiamenti di sapiente discernimento

Strettamente collegato con il pre-cedente è l’atteggiamento di un sa-piente discernimento critico chepermetta di individuare, nell’eserci-zio concreto dei diversi poteri nel-l’ambito della salute, gli aspetti chevanno contro la ricerca del bene co-mune e della singola persona, perindicare i necessari correttivi ecambiamenti. Si tratta di un discer-nimento da operare costantementealla luce del disegno di Dio per de-nunciare, nell’esercizio dei poteri inrapporto alla cura della salute, da

una parte i limiti, i rischi e i disvalo-ri (non in modo generico e retoricoma evidenziandone dal di dentro lecause) e, dall’altra, per promuover-ne il senso, una coscienza responsa-bile, le possibilità di bene.

5.3. Atteggiamenti di responsabilità e di corresponsabilità

Di particolare importanza è lapromozione di atteggiamenti di re-sponsabilità davanti all’esercizio diogni forma di potere nell’ambitodella salute. Una responsabilità cheriguarda tutti e in tutti va ricono-sciuta ed educata. Anche perchéogni persona ha delle possibilità,piccole o grandi che siano, di agirein merito alla propria e all’altrui sa-lute. Si tratta di possibilità-poteri dicui ciascuno deve essere aiutato aprendere coscienza ed educato ausare bene, a partire da coloro chedi fatto esercitano maggiori poterinel mondo della salute e, quindi,hanno più grandi ed evidenti re-sponsabilità. A tutti vengono richie-sti atteggiamenti di corresponsabi-lità a ogni livello.

Il compito di riconoscere, valo-rizzare e coordinare tutte le diverseenergie verso il conseguimento delbene comune nella cura della saluteè proprio, anzitutto, della responsa-bilità di chi esercita funzioni di pub-blica autorità e di pubblico servizioma riguarda in qualche modo ognipersona.

5.4. Atteggiamenti di servizio

Promuovere e formare a un au-tentico atteggiamento di servizionell’esercizio di qualsiasi forma dipotere nella cura della salute è, pro-babilmente, l’istanza etica più av-vertita e urgente a tutti i livelli. Inquesto contesto, la comunità cri-stiana è chiamata per prima a vive-re e a testimoniare “la consegna” ri-cevuta da Gesù Cristo, “venuto nonper essere servito, ma per servire”(cf. Mt 20, 28): la consegna cioè, diesercitare ogni forma di potere, noncome dominio sugli altri o ricercadi sé, ma come “servizio” ispiratodal comandamento dell’amore, neiconfronti di ogni persona nella suatotalità e in qualsiasi condizione.“Una consegna” da vivere dai cri-stiani ovunque essi operino nelmondo della salute ma che riguarda

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insieme ogni società e comunità ci-vile, perché sia più autenticamente“umana”, soprattutto là dove la per-sona vive situazioni esistenziali dipreoccupazione, di malattia e disofferenza e, quindi, più bisognosedi aiuto e di amore.

5.5. Atteggiamenti di dialogo, di interrelazione, di collaborazione

La Chiesa è e deve sentirsi piena-mente compartecipe e in comunio-ne con tutti gli uomini nel loro vive-re le problematiche inerenti il rap-porto potere-salute. Essa riconoscea ogni persona, con le sue diverseresponsabilità e competenze – apartire dai più deboli, malati e sof-ferenti – concrete possibilità dacondividere e da mettere in relazio-ne per migliorare la qualità della cu-ra della salute. Una positiva colla-borazione tra le persone con una piùorganica composizione dei diversipoteri – attorno a precisi valori eticinella comune tensione verso la ri-cerca del bene comune – può diven-tare un fattore “correttivo” di certi“pre-poteri” e uno strumento permeglio valorizzare le risorse neces-sarie nel mondo della salute, a parti-re dalla risorsa prima che sono lepersone.

Una tensione verso la condivisafinalità del bene comune – che met-ta al centro il vero e integrale benedella persona – può favorire una co-struttiva collaborazione tra diversipoteri e competenze nell’ambitodella cura della salute, aiutando co-sì a superare il rischio di accumuli eprevalenze di poteri, di sterili paral-lelismi e dannose contrapposizioni.

In questa prospettiva, assumeparticolare importanza lo sviluppodi un fraterno dialogo ecumenico edi un costruttivo dialogo interreli-gioso, con concrete forme di colla-borazione e di servizio condiviso.

5.6. Atteggiamenti di solidarietà aperta a tutti, a cominciare dai più deboli, svantaggiati e poveri

Nell’esercizio dei diversi poterinell’ambito della salute è necessa-rio promuovere un dinamismo disolidarietà, come atteggiamento eti-co e sociale: una solidarietà intesacome “determinazione ferma e per-severante di impegnarsi per il bene

comune: ossia per il bene di tutti edi ciascuno, perché tutti siano vera-mente responsabili di tutti”19. Que-sto richiede: da una parte un decisosforzo di superare quanto contrastacon una effettiva solidarietà e, cioè,il desiderio assoluto di profitto e lasete di potere20; dall’altra richiede difare delle scelte e di esercitare ogniforma di potere nell’ambito dellasalute, a partire dall’attenzione agliultimi, ai più deboli e poveri 21.

Anche perché solo partendo daquesti, e non dalle persone e classiper vari motivi privilegiate e mag-giormente tutelate, si avrà la garan-zia di essere attenti alla dignità ditutti e di tendere realmente al benecomune.

In questa prospettiva, vanno rico-nosciuti, integrati e valorizzati nellacura della salute, anche i poteri ap-parentemente deboli dei più piccoli,dei malati e dei sofferenti, ricordan-do come Dio stesso, nel suo FiglioGesù, abbia assunto l’esercizio delpotere nella stessa impotenza dellaCroce e, attraverso questo, sia di-ventato per tutti gli uomini fonte di“salute” e di “salvezza”.

5.7. Atteggiamenti di disponibilità e di impegno concreto per un processo formativo, previo e permanente che coinvolga tutti coloro che esercitano qualsiasi funzione e potere nell’ambito della cura della salute

Una formazione che non si esau-risca semplicemente in competenzetecniche, per quanto importanti efondamentali, ma riguardi la totalitàdella persona nella sua unitarietà enella promozione di una sua cresci-ta umana integrale, alla luce di unquadro di valori etici valutabili, nelcomportamento, con adeguati para-metri allo stesso modo in cui sonovalutabili competenze tecniche. Delresto, l’esperienza dimostra come lecompetenze tecniche, pur indispen-sabili, da sole e senza un afflato eti-co, non garantiscono una crescita inumanità e, quindi, non garantiscononell’ambito della salute una miglio-re e più umana qualità di cura.

Conclusione

In conclusione, si può affermareche, davanti alle problematiche e al-

le sfide che oggi vengono poste dalrapporto potere-salute, la Chiesa, intutte le realtà e con gli atteggiamen-ti di tutti i suoi membri, è chiamataa farsi parabola evangelica viventedi quel Dio – che non cessa di stu-pirci – perché da ricco e potentenella sua divinità si è fatto per noipovero e debole, assumendo la con-dizione di servo22, per prendersi cu-ra di noi come “buon samaritano”23,e così risanarci. Parabola evangeli-ca dell’uomo come “amministrato-re delegato”24, sveglio e responsabi-le, chiamato costantemente – e ungiorno definitivamente – a renderconto dell’esercizio dei doni e deipoteri ricevuti, davanti a Dio – ca-pace ancora di stupirci – nel rivelar-si un Dio “servitore” nella sua po-tenza: “Beati quei servi che il pa-drone al suo ritorno troverà ancorasvegli; in verità vi dico, si stringeràle vesti ai fianchi, li farà mettere atavola e passerà a servirli”25.

Mons. SERGIO PINTORDirettore dell’Ufficio Nazionale C.E.I.

per la Pastorale della Sanità

Note1 Cf. G. MACCACARO, Medicina e potere,

Dedalo, Bari 1975; AA.VV, La médicine faceaux nouveaux poivoirs. Compts-rendus du5éme Congres de la Federation Européeennedes Associations Medicales Catholique, Lisbo-ne-Fatima, 1984; cf. A Saude e o Poder in “Ac-cao Medicin”, n. 1 / 2, 2000, Lisboa.

2 Cf. R. GUARDINI, La fine dell’epoca mo-derna, cap. IV, in ID., Opere, vol. XII, Ed.Morcelliana, Brescia.

3 N.M.I., 50.4 GS 42 in EV1/1450.5 AA 5.6 Cf. CCC 1884, dove si legge: “Dio non ha

voluto riservare a sé l’esercizio di tutti i poteri.Egli assegna a ogni creatura le funzioni che es-sa è in grado di esercitare, secondo le capacitàproprie della sua natura. Questo modo di gover-nare deve essere imitato nella vita sociale...”.

7 Cf. CCC 1884.8 LG 1.9 LG 9.10 Mt 18-20.11 Mt 20, 25-28.12 Cf. 1Cor 12, 12-26.13 Cf CCC 2244.14 Cf GIOVANNI PAOLO II, Centesimus annus,

45;46.15 Cf. GS 22;14.16 GS 39.17 Cf. Mt 28, 12-20.18 Cf. N.M.I., 43.19 GIOVANNI PAOLO II, Sollicitudi rei socia-

lis, 38 in EV/10 n. 2650.20 Cf. ivi.21 Cf ivi, n. 42.22 Cf. Fil 2, 3-11.23 Cf. Lc 10, 25-37.24 Cf. Lc 12, 35-48.25 Lc 12, 37.

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72 SALUTE E POTERE

Nell’Islam, la nozione di saluteè indissociabile dallo stato di spiri-tualità. La salute è il rapporto ar-monioso che esiste tra l’organi-smo umano e il suo spirito o la suaanima (nafs), e che fa della perso-na la totalizzazione degli obiettividella creazione, l’ultima realizza-zione della natura umana volutada Dio.

Corano 95-4:“Invero creammo l’uomo nella

forma migliore”.Nel Corano ci sono una Grazia e

una Guarigione.Corano 82 – 6,7,8 (Al infitar)“O uomo, cosa mai ti ha ingan-

nato circa il tuo Nobile Signore,che ti ha creato, plasmato e t’hadato armonia e che ti ha formatonel modo che ha voluto?”

Lo stato di salute è dunque larealizzazione di tutto ciò che con-ferisce un potere all’uomo al finedi mantenere, restaurare o realiz-zare quella forza intelligente echiara che è la salute.

Tutto deve normalmente con-correre alla salute dell’uomo, dellanazione e perfino del mondo, af-finché l’interazione tra l’uomo e lanatura trovi equilibrio tra i bisognie gli scambi necessari al manteni-mento di tutte le potenzialità infi-nite della creazione.

Se l’etica delle scienze della vitae della salute tende a preservare lapersona umana nella sua dignitàma anche nel senso trascendentedella sua esistenza, è ancor più in-dispensabile che essa mantenga vi-va e costante l’esigenza di relazio-ne – di incontro – con l’altro. Unarelazione di vicinanza, interiorità eintimità che si esprime in terminidi responsabilità condivisa.

Uscire da se stessi vuol dire oc-cuparsi dell’altro, della sua soffe-

renza e della sua morte, prima dioccuparsi della propria morte.

Per l’Islam, ogni malattia vieneda Dio e non c’è malattia senza cheDio ne abbia previsto il rimedio.Di qui, il potere di agire sulla salu-te non è altro che una preghiera aDio affinché ci permetta di cono-scere i mezzi per ristabilire la salu-te fisica, psichica e sociale.

Nel suo Kitab ach-chifa, il gran-de medico arabo Avicenna scriveche “l’arte del medico è costituitain parte dall’esperienza e dallascienza, in parte dalla decisioneispirata da Dio al momento dell’at-to operatorio”.

Medici musulmani, ebrei o cri-stiani, come Averroez, Razes,Abalcassin Azzahrawi, Maïmoni-de, Honyan (Johannitius), hannoonorato la medicina arabo-islami-ca per diversi secoli.

“Signore allontana da me l’ideafolle che posso tutto!” dice Maï-monide nella sua celebre preghieradel medico.

Da questa medicina e da questimedici è scaturito un umanesimoche ha trasformato il potere mito-logico dei sacerdoti-medici e deitaumaturghi dell’antichità, deten-tori di un potere misterioso checonferiva alla pratica medica unafunzione mistica, in una visionemoderna e scientifica del poteremedico.

Grazie alla trasformazione delsapere e all’illuminazione della fe-de religiosa mediante la conoscen-za e la scienza, è una visione piùtotalizzante dell’uomo globalequella che si è imposta al poteredel medico e all’arte di guarire.

Rispettare l’uomo vuol dire rico-noscerlo e considerarlo in tutta lasua umanità trascendente.

La medicina che ausculta la sa-

lute umana, l’industria farmaceuti-ca che continua a fornire nuovemolecole e processi per ripristinarela salute, si fondano su una baseetica accettabile per i secoli dei se-coli o, al contrario, dimenticandol’umanità dell’uomo, non creanoaltro che palliativi terapeutici diuna salute virtuale?

Dalla prevenzione alla guarigio-ne delle malattie, la medicina hainstaurato il proprio potere, empi-rico nella notte dei tempi, divenutooggi scientifico allo scopo di alle-viare la sofferenza umana. Questorispetto dovuto all’uomo si opponeall’abdicazione, all’abbandono, al-la morte: prevenire, alleviare, nonnuocere! Tre regole fondamentalidell’etica medica classica (primumnon nocere!).

Se il potere è definito come unacapacità operativa al servizio del-l’intelligenza, questa deve garanti-re la propria efficienza d’utilitàuniversale mediante un’etica delbene e del male che si riferisca:

1 – sia alla morale kantiana checoncepisce il bene solo in ciò che èuniversalizzabile in quanto impe-rativo della ragione;

2 – sia a una visione più attualedi un’etica di responsabilità chepreconizzi un rispetto dell’umanitàcosì come essa è e di cui bisognaproteggere tutte le potenzialità pre-senti e future (genetica, ambiente);

3 – sia, infine, a un’etica spiri-tuale tale che ogni religione possaproporre la propria visione del ri-spetto, dell’umiltà e della misuranell’affermazione assoluta del sen-so ultimo dell’esistenza.

Per l’Islam, l’etica religiosa fis-sa le norme e i valori umani nel le-game costitutivo e indissolubileche lega l’uomo a Dio dalla crea-zione.

5. Il dialogo interreligioso

DALIL BOUBAKEUR

5.1. L’Islam

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73DOLENTIUM HOMINUM N. 49/1-2002

L’uomo è vincolato nei confron-ti di Dio, dall’amore creativo e dal-la fede, ad un uso moderato deisuoi poteri al fine di rispettare gliequilibri naturali per concorrere al-la salvezza dell’intera umanità.

L’Islam dice che c’è vera forzae vero potere solo in Dio onnipo-tente.

Come allora dare fiducia al po-tere degli uomini quando questopriva intere popolazioni africanedei medicinali essenziali per com-battere l’AIDS per semplici ragio-ni d’interesse commerciale, men-

tre la malattia fa strage nel conti-nente?

Dov’è la giustizia? Dov’è l’inte-resse generale? Affermare il dirittoalla salute di ogni uomo vuol direriconoscere la dignità della perso-na umana e affermare i suoi diritti,al primo posto dei quali ci sono ildiritto alla vita e alla salute.

Potere e salute devono dunqueobbedire ad altri impulsi che nonalla legge del mercato o al domi-nio del più forte (economico e po-litico).

L’etica religiosa deve incessan-temente ricordare la primazia del-l’uomo e il dovere imperativo del-la solidarietà, non permettendo chenessuno al mondo resti senza dirit-to alla salute, alla nutrizione e allaprevenzione.

Se non vi porremo attenzione, lamedicina a due velocità che diffe-renzia il ricco e il povero creeràveramente uno scontro dell’uma-nità, tra la minoranza che trae pro-fitto dai 3/4 delle risorse dell’uma-nità e l’immensa coorte dei popolidella miseria, della denutrizione edel sottosviluppo e porterà ad unacrisi del mondo intero, perché que-sto non avrà saputo rispondere alla

disperazione e alla morte lenta dimiliardi di individui e soprattuttodi bambini che muoiono ogni gior-no in silenzio.

Potere vuol dire indifferenza?Di fronte ai cataclismi naturali

che sono causa di disgrazia per mi-gliaia di persone, come in Bangla-desh, Algeria o in Colombia, l’e-sercizio del potere in materia di sa-lute non consiste solo nell’inviaregeneri alimentari e personale delleorganizzazioni di soccorso, prestosuperate dall’ampiezza dei disa-stri.

In Afghanistan il fatto di accom-pagnare i bombardamenti con lan-ci di pacchi di viveri non è in unacerta maniera assurdo?

Pertanto, per rivestire di un’eticanuova l’esercizio del potere in ma-teria di salute, c’è urgenza di:

1. un’etica d’interesse generalesu scala mondiale

2. un’etica di responsabilità neiconfronti dell’umanità di oggi edel futuro

3. un’etica umanistica di rispettoe protezione di ogni essere umanonelle sue opportunità di vita e disopravvivenza alle quali ha diritto

4. un’etica d’economia della sa-lute, certo, ma basata su una ripar-tizione più equa delle ricchezze esulla protezione dell’ambiente ter-restre e atmosferico

5. un’etica che faccia della soli-darietà con i paesi poveri un’ur-genza di prima necessità, affinchéle popolazioni possano restare nelloro paese, sulla loro terra resa piùproduttiva, al fine di evitare questeincontenibili transumanze e immi-grazioni Sud-Nord di cui abbiamovisto solo i primi effetti

6. infine, una volontà di sradica-re le grandi pandemie comel’AIDS, il paludismo, il kwa-shiokor e tutte le febbri virali lega-te all’uso smodato di antibiotici.

Dove va il mondo e dove va ilnostro pianeta?

Nella “crisi” che stiamo vivendosu scala mondiale, possiamo con-statare che all’origine dell’ingiu-stizia, ci sono la negazione del di-ritto di vivere e una mancanza disolidarietà che scavano ogni gior-no di più il divario tra i paesi ricchie gli altri.

I poteri si dimostrano ancora im-potenti a ristabilire ordine e giusti-zia per popolazioni che sono vitti-me della carestia, della mancanza

d’acqua e della morte lenta perAIDS che in Africa si diffondesempre più.

L’irruzione di un terrorismo in-tercontinentale dopo l’11 settem-bre 2001 mostra che la frattura èconsumata tra paesi del benesseree paesi del bisogno.

Nessuno è al riparo ormai dallaviolenza terroristica più sofisticatae delirante che sia.

Ignoranza, malnutrizione eoscurantismo sono fonti di fanati-smo e di violenze nei paesi più po-veri e sembrano dover attirare ver-so Bin Laden coorti di simpatiz-zanti che, nella loro logica di pariadella terra, constatano con soddi-sfazione che possono fare pauraanche loro e far vivere agli altri leangosce della loro stessa dispera-zione quotidiana.

In conclusione

Non ci sono né conoscenza népotere innocenti. Tutti i progressiportano in germe delle calamitàpotenziali, rischi d’aggressivitàcrescente, uomini più chiusi nelleloro risorse. Le manipolazioni ge-netiche, l’alienazione attraversomedicinali psicotropi, la poliziainformatica, tutte queste devianzedella modernità suscitano rifles-sioni prudenti.

Alcuni intravedono un mondo diviolenza e d’oppressione, al qualela scienza, mal impiegata, avràcontribuito.

Altri, al contrario, riferendosi al-l’evoluzione dei sistemi regolati,vedono l’universo non comeun’entità statica ma come un siste-ma evolutivo in espansione, ricor-dando la facoltà dell’uomo di adat-tare il suo comportamento in fun-zione dei nuovi mezzi tecnici ap-portati dal progresso e che ogninuovo potere potrà agire per il be-ne dell’umanità a condizione di as-sociare

SAPERE, POTERE —> e SALUTEMORALEpoiché “la scienza senza co-

scienza è la rovina dell’anima”.

Dott. DALIL BOUBAKEURRettore dell’Istituto Musulmano

della Moschea di ParigiFrancia

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74 SALUTE E POTERE

Dio Onnipotente ha creato l’uni-verso e tutto ciò che vediamo nelmondo, inclusi gli esseri umani; ilsole, la luna, le stelle e le costella-zioni, tutto fa parte del Suo gran-dioso disegno e tutto funziona se-condo un piano preciso, secondo ilvolere di Dio. Egli è l’Altissimo.Egli desidera che gli esseri umanivivano in pace ed armonia, operinoper il miglioramento degli altri edinfine raggiungano la divinità at-traverso una serie di incarnazioni.

Gli esseri umani sono diversi da-gli animali, a loro è stata concessauna mente e l’intelletto per adem-piere ai propri doveri fondamenta-li. La maggior parte dei progressiche vediamo è il contributo fornitodagli esseri umani sotto questograndioso disegno. Tuttavia, noiabbiamo un ciclo di vita e una du-rata precisi su questo pianeta. I mi-steri della creazione e della crescitanon ci sono noti e restano ancoranel regno segreto del Grande Mae-stro.

Secondo l’Induismo, siamo sullafaccia della terra per nostro precisovolere, spinti dalle nostre voglie edai nostri desideri. La nostra animaè permanente e indistruttibile manoi, quando nasciamo come incar-nazioni, assumiamo nuovi corpi enuove vite. Portiamo con noi ilKarma, frutto delle azioni buone ecattive delle nostre vite precedenti.Come risultato di questo karma delpassato, nasciamo con le vasana(tendenze/inclinazioni). Le nostretendenze, la forza del pensiero el’intensità delle nostre azioni sonodirette dal karma.

Tuttavia, secondo il Saggio Vasi-shta (grande Santo), il destino puòessere modificato attraverso azionitempestive e ben indirizzate. Egli,nel suo lungo discorso con il Si-gnore Sri Ram, aveva abbracciatoalcuni dei segreti della vita e avevafornito al principe un piano d’azio-ne dettagliato.

Il Dio incarnato Shree Krishna,nel suo consiglio ad Arjuna, ha sot-tolineato la necessità di adempiereal proprio dovere per tempo e que-sto è il fulcro del Bhagwad Gita.

Il Karma

Il Signore vuole che la gente vi-va in pace ed armonia, operi altrui-sticamente per gli altri e proseguanel cammino spirituale sino a rag-giungere lo stato di moksha, la fu-sione con l’Infinito. Ci viene datoil libero arbitrio per pensare ed agi-re in modo da conformarci al dise-gno Divino. L’anima, da sola, nonpuò fare le cose ed è per questo cheabbiamo forma e corpo umani. Noinon siamo i corpi ma le anime chesono racchiuse nei corpi e questadistinzione è stata chiarita in nu-merosi testi. Per realizzare i compi-ti assegnatici, ci dobbiamo assicu-rare che il nostro corpo e la nostramente siano in uno stato di perfettasalute.

È volere del Signore che tutto ilsuo creato e gli esseri viventi viva-no in pace ed armonia. Ecco perchéEgli ha stabilito un dharma, unalegge universale per ciascuno di lo-ro. Il dharma è la legge che gover-na il comportamento dell’uomo.Ishwara (Dio) ha dotato l’uomo diintelligenza per una severa osser-vanza. Dobbiamo considerare ilmondo come appartenente a Dioed è nostro dovere comportarci inmodo da essere conformi a questoprincipio. Di fronte al Potere Su-premo ed al Creatore dell’universonoi non siamo nulla. La nostra in-telligenza ci deve guidare sul cam-mino del dharma e di una vita direttitudine nel bel mezzo della no-stra vita terrena. A questo scopopossiamo considerare Dio come unsostegno.

Amare tutti, vivere una vita di sa-crifici, servire l’umanità e fare con-

creti progressi nella spiritualità so-no alcuni degli importanti principidella fede Indù. Il dharma ci servenella vita e nell’aldilà. Dobbiamoseguire attentamente ed assidua-mente questi principi durante la vi-ta, in modo che essi ci conducanoad uno stato positivo dopo che l’ab-biamo lasciata. Il dharma è l’assi-curazione per l’aldilà. Nel famosopoema epico Ramayana si dice chela regina Kausalya diede a suo fi-glio, il Dio Rama, un valido consi-glio. Essa disse che solo il dharmalo avrebbe protetto durante i suoiquattordici anni di esilio nella fore-sta ed aggiunse inoltre che Egliavrebbe dovuto proteggere il dhar-ma con coraggio e fermezza. Sitrattava di un invito ad osservare ildharma con fede incrollabile perraggiungere la beatitudine eterna. IlDio Rama è noto come il più gran-de Purushothama, il re più virtuosoche sia mai vissuto.

La fede indù pone in evidenza lateoria del Karma e sottolinea il fat-to che l’uomo ottiene la rinascitaattraverso le vasana (tendenze)delle incarnazioni passate. Gli ef-fetti delle azioni precedenti avran-no rilevanza nella vita presente edè questo il motivo per cui gli uomi-ni rientrano in tre guna (qualità).Esse sono descritte come Sativaguna, che denota un grande stato dibontà, chiarezza e serenità; Rajasguna che indica rapidità, azione epassione e Tamas guna che denotasonnolenza, inerzia ed indolenza.Si ritiene che tutti gli sviluppi ne-gativi siano dovuti ad una mancan-za di equilibrio tra le guna ed il Si-gnore decreta che l’uomo dovreb-be andar oltre le tre guna e viverenell’Atman (Realtà Suprema).Dobbiamo sopravvivere a questaeredità delle vite precedenti e rag-giungere la salvezza.

La salute del corpo e della menteè essenziale per gestire con succes-so il dharma e la vita nella sua in-

A.R.K. PILLAI

5.2. La filosofia indù offre delle soluzioni

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75DOLENTIUM HOMINUM N. 49/1-2002

terezza. L’Induismo offre rispostea tutti i problemi che ci tormenta-no. La vita non è un letto di rose, hai suoi alti e bassi anche per i più po-tenti. La religione indù impone agliuomini di condurre vite virtuose inpace ed armonia, di essere disponi-bili verso gli altri e di dedicare leproprie energie alla ricerca di Dio.Per raggiungere questo obiettivosono indispensabili buona salute edequilibrio. Il Saggio Patanjali, nelsuo Yogasutra (trattato sullo yoga),aveva sintetizzato i complicati pas-si della pratica dello yoga per con-servare una perfetta salute fisica ementale.

Lo Yoga

Lo yoga è una scienza e coloroche lo praticano devono seguire leregole che lo disciplinano. In gene-rale la gente pensa che lo yoga siafatto di posture e tecniche meditati-ve, senza comprendere l’importan-za degli esercizi Pranayama (pra-na significa respiro e yama signifi-ca pausa o regolazione).

La parola yoga, nel linguaggiosemplice, significa unire. Quali so-no le due cose che dovrebbero es-sere unite attraverso la pratica del-lo yoga? Secondo i più alti concet-ti della filosofia indù, della quale loyoga è parte integrante, l’animoumano, o jivatma, è un aspetto ol’espressione parziale della super-anima o paramatma, la Realtà Di-vina che è la fonte del sostrato del-l’universo magnificato. Benché idue siano essenzialmente gli stessie siano indivisibili, lo jivatma si èsoggettivamente separato dal para-matma ed è destinato, dopo aver at-traversato un ciclo evolutivo nel-l’universo manifesto, a diventarenuovamente unito a Lui nella con-sapevolezza. Questo stato di unifi-cazione dei due nella consapevo-lezza, come pure il processo men-tale e la disciplina attraverso i qua-li questa unione viene raggiunta,sono entrambi chiamati yoga.

Secondo il concetto indù, ci sonoquattro suddivisioni principali del-lo yoga. Ciascuna porta con sé lapratica di una disciplina corretta esevera. Lo Jnanayoga è l’esplora-zione dell’intelletto oltre i normalilimiti della mente umana, il Bhak-tiyoga si riferisce agli aspetti delladevozione al Signore, il Rajayoga

riguarda la concentrazione interio-re, mentre Karmayoga significaazione disinteressata ed intrapresa,più o meno direttamente, per contodel Divino.

A parte questi quattro grandi yogae le loro diverse varianti e combina-zioni, esistono yoga classici, cioèmantrayoga, japayoga, layayoga, eyoga tantrici: agniyoga e hathayo-ga. L’Hatha Yoga è lo yoga del cor-po fisico e, benché sia incluso nellastruttura dell’Indusimo, è stato pra-ticato, a volte sotto altro nome, daaltri gruppi religiosi come Sikh,Giainisti, Parsi e Maomettani.

L’Hata Yoga

L’Hatha Yoga offre diversi van-taggi al genere umano. Può esserepraticato da credenti e non credentiin qualsiasi parte del mondo.L’Hatha Yoga può essere praticato

con successo da tutti, perché non èuna religione e non richiede né pre-suppone di aderire ad una specificafilosofia, chiesa o fede. Si tratta diuna disciplina unica, con impareg-giabili effetti benefici.

Swami Sivananda ha chiaritomolto bene i principi dell’HathaYoga sia per i laici che per quanticercano la verità. La vita e tutte lesue attività dovrebbero essere con-siderate come parte della sublimeazione della natura. Il sadhak (il di-

scepolo) è in grado di percepire cheattraverso il battito del proprio cuo-re si manifesta il canto della vitauniversale. Se ignoriamo le neces-sità del corpo o le consideriamoempie, allora noi trascuriamo e ne-ghiamo la Vita Suprema di cui essesono parte e falsifichiamo la dottri-na dell’unità e l’identità ultima del-la materia e dello spirito. Quandoanche la più umile delle necessitàfisiche viene vista sotto questa lu-ce, assume un significato cosmico.Il corpo è natura, le sue necessitàsono quelle della natura, quandol’uomo gioisce in essa, shakti (ladea) gioisce attraverso di lui.

Per apprezzare appieno tuttoquesto, è necessario perfezionarele manifestazioni del corpo. L’uo-mo che cerca di diventare padronedi sé stesso deve farlo ad ogni li-vello: fisico, mentale e spirituale,poiché tutti i livelli sono intercon-nessi, essendo aspetti della stessaconsapevolezza universale che esi-ste in lui. Attraverso le tecnichedell’Hatha Yoga, il discepolo cercadi acquisire un corpo perfetto chediventa uno strumento sufficienteal funzionamento armonioso del-l’attività mentale.

L’hatha yogi desidera acquisireun corpo forte come l’acciaio, sa-no, libero da sofferenza e pronto aduna lunga vita. Egli è padrone delproprio corpo e sconfiggerebbe lamorte, si compiace della perfezio-ne del proprio corpo con la vitalitàdella giovinezza. Un obiettivo im-portante dello yoga è di accumula-re e conservare ogni oncia di vita-lità possibile.

Per praticare l’Hatha Yoga non èassolutamente necessario che ac-cettiamo questa dottrina. Al profa-no le posizioni possono sembraredolorose ma per il discepolo adde-strato esse non producono mai fa-stidio o dolore. Dall’Hatha Yogaabbiamo tutto da guadagnare e nul-la da perdere.

Gli antichi saggi hanno suggeritootto stadi di yoga per garantire lapurezza di corpo, mente ed anima ela comunicazione ultima con l’Infi-nito. Questi otto stadi sono noti co-me Ashtangayoga.

Essi sono:1. Yama (disciplina sociale) che

comprende moderazione ed asten-sione. I principi morali dello Yamasono Ahimsa (non violenza), Satya(veridicità), Asteya (non desiderare

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76 SALUTE E POTERE

ed appropriarsi dei beni altrui),Brahmacharya (castità – modera-zione sessuale per le coppie sposa-te), Aparigraha (mancanza del de-siderio di acquisire beni – rinunciaalla ricchezza ed ai mezzi di piaceresensuale).

2. Niyama (disciplina individua-le) che comprende regole di com-portamento, sia fisico che mentale,verso noi stessi. La pulizia (Shau-cha), l’accontentarsi (Santosha),l’austerità (Tapas), studio del sé(Swadhyaya) e l’abbandonarsi aDio (Ishwara Pranidhara) sono glielementi che costituiscono il Niya-ma.

3. Asana (posizioni). Ci sonomolte posizioni.

4. Pranayama (controllo del re-spiro) – Lo scopo è quello di stimo-lare, regolare ed armonizzare l’e-nergia vitale del corpo.

5. Pratyahara (disciplina dei sen-si) tiene gli organi sensoriali sottocontrollo.

6. Dharana (concentrazione) aiu-ta la mente a concentrarsi su un par-ticolare oggetto.

7. Dhyana (meditazione). La me-ditazione profonda distrugge glielementi più spregevoli e sviluppavirtù più elevate (satvik guna).

8. Samadhi (auto-realizzazione).Colui che medita, l’atto della medi-tazione e l’oggetto della meditazio-ne si fondono in una visione singo-la dell’intero cosmo. Nello samadhisi prova grandissima felicità e ci sisente liberi dal dolore o dalle affli-zioni.

L’illusione

Il mondo di oggi ha introdottonotevoli progressi nella nostra vita.Guardate la sequela dei successimoderni: trasporto aereo veloce esicuro, conquiste straordinarie nellascienza, nella tecnologia, nellascienza nucleare, nell’elettronica,nell’informatica e nelle sue applica-zioni, nella medicina moderna, nel-la biotecnologia e, in effetti, in qua-si tutti i settori delle idee e dellacreatività umana. Il mondo occi-dentale è molto progredito in questisettori, mentre i paesi in via di svi-luppo sono in fase di crescita. I red-diti nazionali e pro capite hanno re-gistrato incrementi notevoli, la di-sponibilità alimentare è migliore,l’aspettativa di vita media è salita e

la qualità della vita in genere, grazieallo sviluppo generale, è migliorata.

Ma se il progresso è stato spetta-colare, esiste l’altra faccia dellamedaglia. La popolazione è cre-sciuta considerevolmente, eserci-tando pressione sul territorio, sulleriserve d’acqua e sulle altre risorsenaturali. Sono proliferate le armi didistruzione di massa, nucleari enon. Il fondamentalismo ed il terro-rismo hanno mostrato il loro orribi-

le volto ovunque. Sono comparsenuove malattie e patologie resisten-ti ai farmaci per le quali abbiamopoche risposte. Le gente è diventa-ta avida di denaro, gaudente ed in-tollerante verso le necessità e leaspirazioni degli altri. Le malattiedel benessere e quelle della povertàvivono fianco a fianco. I livelli diinquinamento sono aumentati, cosìcome l’impoverimento dell’ozono,causando preoccupazione. Fatta ec-cezione per una manciata di nazio-ni ricche, in molti paesi il budgetnazionale per l’assistenza sanitariaè tristemente inadeguato e la cresci-ta galoppante della popolazionemondiale potrebbe vanificare tuttigli sforzi programmati per dare ini-zio alla “salute per tutti”.

In conformità con l’argomentoprincipale della sedicesima Confe-renza Internazionale, riconosciamoche la salute è una tendenza armo-nica verso la pienezza della vita eche questa forza donata da Dio è au-tentica.

Alla luce dei cambiamenti pro-dotti nella società moderna, è essen-ziale esercitare pressioni affinché

vengano destinati budget maggiorialla sanità e all’ambiente e promuo-vere azioni per migliorare nellagente la conoscenza sanitaria pro-veniente da antichi testi e da fedi di-verse. Alcuni di questi preziosi ma-gazzini di conoscenza sono andatiperduti per la comunità, come per-duti sono andati i legami, ma pos-siamo ancora riportare alla luceinformazioni importanti ed accer-tarne la validità e l’utilità per la so-cietà moderna.

Le soluzioni

Se da un lato è necessario esami-nare la nostra ricerca per il progre-dire della scienza, della tecnologia,della medicina e dei settori attinen-ti, potrebbe essere utile portare al-l’attenzione di tutti i sistemi dispo-nibili nel mondo per aiutare l’uma-nità. È necessario manovrare la ten-denza dell’intuizione pubblica, ben-ché un simile sforzo possa incontra-re la resistenza di una società votataal piacere e agli interessi acquisiti.

Ecco alcuni pensieri per miglio-rare la salute pubblica in modosemplice ma efficace.

Sin dai tempi antichi l’uomo si èreso conto della necessità di mante-nere il proprio corpo sano, forte epulito per seguire il dharma e disentire la divinità dentro di sé. Loyoga si occupa della salute, dellaforza e della conquista del corpo.Esso solleva anche il velo della dif-ferenza tra il corpo e la mente e por-ta il discepolo alla salute perfetta,all’armonia ed alla pace. Chi praticalo yoga si disfa del corpo esterno afavore del sé interiore. Così il disce-polo passa dall’ignoranza alla cono-scenza, dall’oscurità alla luce.

Gli scopi della vita

L’uomo ha quattro scopi princi-pali nella vita: dharma, artha, ka-ma e moksha. Il dharma è la leggeuniversale dell’uomo. La nostra in-telligenza ci deve guidare sul cam-mino del dharma e di una vita ret-ta. La mancanza di dharma e disci-plina etica rende impossibile unabuona vita ed il conseguimentodella spiritualità. L’artha è l’acqui-sizione della ricchezza per l’auto-nomia, l’indipendenza e per le piùalte aspirazioni nella vita. Non può

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dare gioia duratura se la salute è inpericolo.

Un corpo debole e malnutrito èterreno fertile per malattie e preoc-cupazioni. Una persona malata nonpuò raggiungere i propri scopi nellavita a causa del suo handicap.

Il kama indica i piaceri della vitache sono totalmente dipendenti daun corpo sano. I deboli e gli amma-lati non riescono a raggiungere ipiaceri della vita umana. Per questepersone è anche difficile aderire al-le discipline spirituali.

Il moksha è la liberazione. L’uo-mo sano e illuminato consegue ilpotere, i piaceri, la ricchezza e laconoscenza. Una persona tanto ele-vata si innalza al di sopra delle pro-prie qualità sarvik, rajasik e tama-sik, sfuggendo così alla stretta deiguna.

Il corpo è la dimora di Brahman(l’Essere Supremo). La luce dentrodi noi non è che un’increspatura nelvasto oceano della beatitudine, ciòche noi chiamiamo Brahman, l’As-soluto, l’Infinito, l’Altissimo. Noisiamo quell’increspatura, siamoun’onda. Dovremmo avere la cer-tezza che la luce della vita è dentrodi noi. Dobbiamo anche sapere chesiamo padroni del nostro destino,nessun altro ha creato quel destinoper noi, nessun altro può chiederequalcosa, noi possediamo la lucedella nostra lampada.

All’inizio, i turbamenti del mon-do esterno, i suoi fascini e la suetentazioni disturbano l’uomo e glicreano problemi. Ciò avviene per-ché il desiderio è debole, è solo unaminuscola fiamma. Ma quandoquella fiamma viene protetta e leviene consentito di crescere, nessu-no la potrà fermare. Una volta rag-giunto questo stadio, l’uomo non hapiù bisogno di proteggere la fiam-ma, perché essa brucerà tutto ciòche lo turba. Il fuoco e la luce sonoveramente con noi. Ecco perché igrandi Upanishad dicono “Tu seiquello, tu sei l’Assoluto”.

Così, seguendo la pratica delloyoga, possiamo raggiungere la com-pleta salute del corpo e della mente.Non costa nulla e può essere fatto inprivato, da soli senza rivolgersi adalcun aiuto esterno. Lo yoga è unabenedizione per il genere umano e,creando la giusta consapevolezza,un graduale cambiamento verso lasua accettazione è destinato adiffondersi in tutto il mondo.

Pranayama – il controllo della respirazione

Per il cittadino medio può esseredifficile seguire tutte le complessitàdelle diverse pratiche dello yoga.Ma, con un’adeguata strutturazio-ne, i cittadini possono apprendere iprincipi dell’Hatha Yoga anche neiritmi intensi di oggigiorno. Gliesperti nel campo dello yoga devo-no condividere i propri pensieri estudiare una struttura ed un livelloadatti che possano essere seguitidalla gente. Tuttavia, la salute do-vrebbe divenire una “necessità sen-tita” tra le persone. Per “chi cerca” èpossibile migliorare, ecco perchénella Sacra Bibbia è scritto “bussatee vi sarà aperto”.

Il Pranayama è il cosciente pro-lungamento, apnea ed espirazione.L’inspirazione è l’atto di riceverel’energia primeva sotto forma di re-spiro e l’apnea è quando si trattieneil respiro per assaporare quell’ener-gia. Nell’espirazione i pensieri e leemozioni vengono fatti uscire insie-me al respiro. Poi, mentre i polmonisono vuoti, ci si arrende all’energiaindividuale. “Io” è l’energia prime-va, l’Atman. La pratica del Pra-nayama sviluppa un’eccellente sa-lute fisica, una mente ferma, unanotevole forza di volontà ed un sal-do giudizio. Queste qualità non so-no tuttavia esaurienti. Esiste moltodi più di quanto non sia detto qui.Secondo gli Upanishad, il Pra-nayama è il principio della luce edella coscienza e viene equiparatoal sé reale. Prana è il respiro dellavita di tutte le energie dell’universo.Prana è il mozzo della ruota dellavita. In esso tutto viene stabilito.Tutti gli esseri dell’universo nasco-no attraverso di esso, attraverso diesso vivono e quando muoiono laloro vita individuale entra nel respi-ro cosmico. Se il respiro si ferma,altrettanto fa la vita.

I saggi indiani hanno conosciutotutti questi segreti per generazioni.Come è stato detto più sopra, Pranasignifica respiro, respirazione, vita-lità, energia della forza. Ayama (Ya-ma) significa allungamento, esten-sione, espansione, lunghezza, respi-ro, regolazione, prolungamento,contenimento o controllo. CosìPranayama indica il prolungamen-to del respiro ed il suo contenimen-to. Patanjali, nello Yogasutra, de-scrive il Pranayama come l’inspi-

razione e l’espirazione controllatadel respiro in una posizione rigida-mente prestabilita.

Il Pranayama è un’arte e possie-de tecniche per far volontariamentemuovere ed espandere ritmicamen-te ed intensamente gli organi respi-ratori.

Esso consiste in un lungo, soste-nuto e tenue flusso di inspirazionepuraka, espirazione rechaka eapnea del respiro kumbhaka. Il pu-raka stimola il sistema, il rechakaespelle l’aria viziata e le tossine,mentre il kumbhaka distribuisce l’e-nergia attraverso il corpo. I movi-menti includono espansione oriz-zontale e verticale, ascensione edestensione circonferenziale dei pol-moni e della cassa toracica. Questarespirazione regolamentata aiuta lamente a concentrarsi e consente alsadhaka (praticante) di ottenere unasalute vigorosa e la longevità.

Il Pranayama non è solo l’abitua-le respirazione automatica per man-tenere uniti corpo ed anima. Attra-verso l’abbondante inspirazione diossigeno con le sue tecniche, nelcorpo del sadhaka avvengono im-percettibili cambiamenti chimici.La pratica delle asana (posizioni)rimuove gli ostacoli che impedisco-no il flusso del prana e la pratica delPranayama regola quel flusso diprana attraverso il corpo. Esso re-gola anche tutti i pensieri delsadhaka, i suoi desideri e le azioni,gli conferisce padronanza di sé el’incredibile forza di volontà neces-saria per divenire padrone di séstesso.

L’erosione della fede

Le generazioni precedenti posse-devano una salda fede in Dio e que-sta fede in Dio Onnipotente era in-crollabile. Durante gli ultimi cin-quant’anni, si è registrato uno spic-cato calo della fede. Ciò può essereparzialmente dovuto al fatto che lascienza e la tecnologia offrono pro-ve delle varie scoperte ed in questoprocesso le cose al di là dei nostrisensi ed al di là della normale com-prensione vengono relegate in se-condo piano. Dio Onnipotente è ec-celso ed i Suoi poteri avvolgonol’intero universo ma la maggiorparte dei misteri della natura si tro-vano al di là del regno dei semplicimortali, a meno che non se ne fac-

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cia l’esperienza attraverso discipli-ne severe e il sadhana (pratica). Co-sì la società contemporanea ha as-sunto un atteggiamento cinico neiconfronti della fede, ciò non riguar-da una sola fede ma questa tragediaha colpito tutti. L’ego e l’orgogliohanno preso il sopravvento, lascian-do molto poco spazio al sovranna-turale.

Dio è stato e continua ad essere ilfulcro della vita degli uomini ed èsempre possibile trovare riparo sot-to la sua ala. Ma per moltissimagente, a causa delle delusioni, que-sto fulcro non è più al centro del-l’attenzione. Gli alti e bassi della vi-ta hanno inflitto duri colpi e l’uomomoderno si trova nella morsa del-l’ansia, della depressione e della ne-vrosi, mentre i fervidi credenti tro-vano l’equilibrio dopo essersi com-pletamente abbandonati a Dio. Du-rante i primi anni, l’ansia, la depres-sione e la nevrosi annullano le op-portunità di vivere una vita di qua-lità. Perciò tutti le fedi dovrebberofare uno sforzo congiunto per ren-dere l’accettazione di Dio l’oggettocentrale della vita.

Nella mente di moltissime perso-ne i pensieri negativi, così comequelli passivi, crescono. Questipensieri hanno un effetto debilitan-te e invalidante sulla loro vita. Gliantichi saggi dell’India avevanoformulato procedure yoga per inco-raggiare il pensiero positivo e perbloccare sul nascere i pensieri ne-gativi e passivi. Gli Upanishad di-cono “svegliati”, sei nello stato delprofondo sonno dell’ignoranza.Puoi liberarti di questa ignoranza esofferenza, puoi comprendere il ve-ro scopo della vita. Le persone conpensieri negativi generalmente so-no noiose, introverse ed ammalatee raramente le medicine possonoavere effetto su di loro perché la lo-ro mente rifiuta le cose buone edanche il potere curativo dei farma-ci. Attraverso lo yoga e la medita-zione è possibile addestrare i sensie preparare la mente agli alti e bas-si della vita. Questo trova rispostenello yoga.

I chakra – centri del potere

Nel nostro corpo ci sono settecentri del potere noti come chakra.Sono come case del potere nel cor-po. La manifestazione della forza

cosmica si esprime attraverso questicentri che danno energia e governa-no le corrispondenti zone del corpo.In questi centri viene organizzata laforza vitale dello shakti (potere) delcorpo. Essi non sono centri fisicima possiedono una corrispondenzafisica con i diversi plessi del corpo.I centri chiamati chakra aiutano adorganizzare il corpo fisico, benchénon possano essere percepiti permezzo dei sensi e degli organi cor-porei.

I chakra sono allineati lungo l’as-se centrale del corpo in congiunzio-ne con la spina dorsale. L’energia èsolitamente concentrata in uno opiù di questi centri con l’esclusionedi altri.

Il muladhara chakra (il chakradi base) si trova al perineo. Le prin-cipali emozioni ed atteggiamentiassociate a questo chakra sono lapaura e l’insicurezza. Coloro chesono integrati a questo centro han-no sentimenti di stabilità e di sicu-rezza. Il muladhara chakra, kunda-lini (shakti) risiede latente alla basedella spina dorsale. Coloro che ri-svegliano questa forza dalla suaforma latente a quella attiva diven-tano i genii dinamici di ogni epocae cultura.

Il secondo, lo svadhishthanachakra (hara plexus) situato all’in-terno della sezione della colonnavertebrale che corrisponde all’areagenitale. Si trova circa a metà tral’ombelico e gli organi sessuali. Co-lui che consegue la padronanza diquesto chakra raggiunge l’espres-sione controllata della sessualità, silibera dei nemici e risplende come ilsole. Le sue parole fluiscono comenettare per esprimere la ricchezzadella sua saggezza.

Il terzo è il manipura chakra(plesso solare), posizionato nell’ad-dome, sopra l’ombelico. L’integra-zione con questo chakra aiuta l’as-similazione del cibo e porta allacooperazione ed all’energia dina-mica.

Il quarto è l’anahata chakra(chakra del cuore), posto nella re-gione del cuore. L’anahata è il cen-tro dove risiedono compassione,amore altruista ed empatia. Questochakra fornisce la motivazione peressere attivi e rajasik, ma dà al tem-po stesso maturità emotiva.

Il quinto è il vishudha chakra(chakra della gola), posizionatonella colonna vertebrale, nell’inca-

vo della gola. Vishudha significa sa-cro. Questo chakra controlla il sen-so dell’udito ed è la sede della crea-tività e della ricettività. Ad esso so-no associati la devozione, l’abban-donarsi a Dio, la fiducia e la forza divolontà. Si dice che i musicisti e gliartisti abbiano la propria energiaconcentrata qui.

Il sesto chakra è l’ajna chakra(terzo occhio), posto nello spaziotra le sopracciglia. Ajna significacomando. Colui che ha padroneg-giato questo livello possiede unavisione interiore, vede tutte le cosechiaramente ed acquisisce unamaggiore conoscenza intuitiva. Isuoi attributi sono il giudizio logicoe l’intuizione al suo massimo.

Il settimo è il sahasrara chakra(chakra della corona o del loto), po-sto nel punto molle alla sommitàdel capo. Chi ha raggiunto questolivello si può trovare in uno stato disamadhi – impegno spirituale di al-to livello.

Conferire potere ai sette chakraattraverso la pratica dello yoga puòdare al sadhaka tutto ciò che si puòdesiderare. Questo non è affatto unmito ma una certezza. Anche il me-todo giapponese di guarigione – ilReiki – fornisce energia universalea questi chakra dopo debita inizia-zione da parte di un maestro e permezzo di un’efficace sadhana(pratica).

Il suono

I mantra vengono tramandati dapersone sagge e da anime evolute.Ogni mantra è presieduto da una di-vinità che viene invocata nel canto.Tra tutti i mantra, il più potente e si-gnificativo è quello con la singolasillaba – chiamata Pranava Man-tram – “OM”. Esso pervade la vitaed attraversa il prana o respiro.Ogni mantra comprende la Prana-va Om. Senza Om nessun canto sa-cro ha potere. L’Om rappresenta ilmanifesto ed il non manifesto.

Il Gayatri Mantra è un Mantrapotente ed è un’invocazione dedi-cata al Dio Sole; è contenuto nelRig Veda (testo sacro). Cantandoquesto mantra, il devoto cerca l’e-voluzione spirituale.

Ci sono molti altri mantra ade-guati alle necessità e agli usi cui so-no destinati; se siamo in grado dicomprendere che i mantra possie-

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dono enormi poteri, lo scopo è rag-giunto.

Esiste una pratica speciale chia-mata suryanamaskaram (eserciziodi devozioni per propiziarsi il DioSole), che è un mezzo potente perraggiungere un’ottima salute, la fe-licità terrena e l’evoluzione spiri-tuale.

La dieta è un fattore importanteper mantenersi in buona salute. Laletteratura indù ed i vecchi saggihanno tramandato tutti i minimidettagli riguardanti la dieta. La die-ta vegetariana è la più adatta all’uo-mo sia per la salute fisica sia per l’e-voluzione spirituale. Se si assume ilgiusto tipo di cibo in quantità e adintervalli adeguati, non si avrannoproblemi di salute. Si dice “lasciache il cibo sia la tua medicina”, in-tendendo che un’alimentazione cor-retta evita qualsiasi malattia. Il ciboè preventivo e curativo. La CuraNaturale stabilisce che i cibi alcali-ni dovrebbero formare il 75% delladieta quotidiana mentre il resto puòessere costituito da cibi acidi. Esi-stono elenchi che mostrano la sud-divisione dei cibi vegetali in alcali-ni ed acidi.

Il codice indù espone anche ivratas (osservanza del digiuno)adatti ad ogni età e situazione. Que-sti digiuni, non solo consentono ildovuto riposo al sistema, ma con-servano anche la corretta funzionedigestiva. Anche l’utilizzo di acquapulita, succhi e liquidi è spiegatodettagliatamente. Queste prescri-zioni sono state sperimentate nel

tempo e se seguite correttamentepossono favorire la buona salute. Siconsigliano anche latte e latticini,anche se non strettamente vegeta-riani, poiché le mucche, fornendo illatte, non subiscono alcun maltrat-tamento.

Esistono istruzioni chiare e benprecise per conservare in buona sa-lute neonati, bambini e donne ed èstata dedicata particolare attenzioneal periodo della gravidanza e del-l’allattamento.

Ayurveda

L’Ayurveda è un sistema di curafornito dagli antichi testi indù. Essoè basato sui principi Ashtangahri-daya (enfasi sugli otto sistemi) ed irimedi sono a base di erbe e frutta.In natura essi sono preventivi, cura-tivi e corroboranti e non produconoeffetti collaterali.

I testi dell’Ayurveda sono statiscritti in sanscrito ed erano princi-palmente a disposizione delle tra-dizionali vaidyas (famiglie di gua-ritori). Esisteva probabilmentequalche segreto in connessione al-la somministrazione dei rimedi eforse questo settore era riservatoad un numero limitato di neofiti. Itesti, scritti su foglie di palmira,non hanno sopportato i danni deltempo. I lavori di ricerca nell’in-tento di migliorare le procedurediagnostiche e la materia medicasono stati pochi, con il risultatoche l’Ayurveda ha ceduto il passoal moderno sistema allopatico.Tuttavia, un numero esiguo di per-sone utilizza questa pratica che stamostrando segni di ripresa. Restacomunque il fatto che l’Ayurvedapossiede risposte precise per gliaspetti preventivi e curativi dellasalute umana.

L’antico Sistema Indù aveva trac-ciato quattro Ashrama (stazioni del-la vita) basate sul fattore età. Essesono: brahmacharyam (infanzia egioventù), Garhasthyam (vita fami-gliare), vanaprastham (oltre lamezza età) e sanyasam (lasciare lavita terrena per divenire asceta). Itesti indù hanno prescritto attività,dharma, programmi alimentari,esercizi, riposo ed attività spiritualiadeguati all’età ed alla condizionedi ciascuno, adatti alle persone adogni livello per conservare salutebrillante ed allegria.

Ahimsa

Il fulcro della filosofia indù èsempre stato il dharma, la leggedella vita retta e dell’adesione al-l’Ahimsa (non violenza) verso tuttigli esseri viventi attraverso pensie-ro, parole ed azioni. Grazie alla dot-trina dell’Ahimsa, gli Indù hannoseguito la politica del vivi e lasciavivere e questo spiega le diverse in-vasioni e il debole sforzo della po-polazione per difendere la propriapatria.

L’Induismo pone l’accento sullatolleranza assoluta verso tutte le al-tre fedi. In India vivono seguaci diquasi tutte le religioni del mondoed essi hanno convissuto in pace edarmonia attraverso i secoli. La pacee l’armonia, insieme alla dottrinaAhimsa, favoriscono una buona sa-lute fisica e mentale; le preghierequotidiane comprendono il passo“Loka Samastha Sukhino Bhavan-to” (che la pace e la felicità sianocon ogni essere vivente).

Il fondamentalismo, il terrorismoe le lotte tra varie fazioni e nazionidel mondo stanno minacciando lavita sul pianeta. L’uomo ha perfe-zionato bombe nucleari ed armi perla distruzione di massa; gli attacchiterroristici sono aumentati su scalamondiale; l’intolleranza religiosaha creato un baratro tra le varie fedi.Nessuna religione ha mai favoritolotte e conflitti e tuttavia i testi ven-gono distorti, male interpretati eviolati per interessi settari. Conflittidi questa natura hanno ucciso mi-lioni di persone, ne hanno mutilatoun grandissimo numero e ne hannotrasformato alcuni milioni in profu-ghi. In una situazione così tempe-stosa è necessario portare buonsen-so e moderazione e garantire a tutti,con la promessa di buona salute, ilpiacere della propria vita e dei pro-pri beni.

Cambiamenti per il progresso

La smania della ricchezza mate-riale, la ricerca egoistica ed il godi-mento dei piaceri sensuali è statoovunque il modello comune. Labramosia per i piaceri terreni stacrescendo ma essi hanno naturatemporanea e fuggevole, anche sel’uomo moderno non è consapevoledi questa verità. Noi abbiamo un re-taggio e la saggezza provenienti dal

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passato ma essi sono fruibili solo daparte di una piccolissima minoran-za di ardenti seguaci. Essi cercanola solitudine per far evolvere il pro-prio cammino. Insito in questo pro-cesso esiste però il rischio che, perl’umanità, queste perle di saggezzavadano perdute per sempre. Sarà unvero peccato se si consentirà che unsimile fiasco sia causa della nostrarovina.

È necessario che la saggezza pre-valga per sfruttare i principi e leprocedure contenuti nei testi sacri enei detti degli antichi saggi della fi-losofia dell’Induismo. È necessarioanche fare sforzi analoghi per recu-perare le verità delle altre fedi. Ciòfatto, i grandi leader del mondo de-vono riunirsi e recuperare principi ecriteri adatti alla comprensione del-l’uomo moderno. I governi di varienazioni possono essere consigliatidi incoraggiare la divulgazione diquesti utili testi.

I media potrebbero dover cam-biare il loro attuale concetto di “va-lore della notizia” per dare maggiorcopertura ad idee riformatrici e ri-vedere la tendenza al sensazionali-smo usata per aumentare la tiratura.I mezzi di comunicazione visiva,inclusi cinema e televisione, devo-no portare alla ribalta attività più sa-ne adottando un qualche tipo di au-tocensura. I media sono molto po-tenti e possono indirizzare la ten-denza della gente verso atteggia-menti più sani e morali. È necessa-

rio avviare azioni determinate e benprogrammate, senza perdere tempoprezioso. Facendo questo, i mediapossono pilotare un cambiamentodi tendenza per il bene comune.

Lotta contro la lebbra

La lotta contro la lebbra e lo stig-ma sociale continua da secoli. Nel1982, l’India aveva il maggior nu-mero di ammalati: 4 milioni su untotale di 12. La lotta dell’India con-tro la lebbra ha dato risultati spetta-colari ed oggi i pazienti sono circamezzo milione. L’OMS ed il gover-no meritano i nostri complimenti.Altrettanto importanti sono la lottaeroica ed i sacrifici fatti da suore,medici, paramedici e da diverse mi-gliaia di volontari.

Sono ora quasi trent’anni chepartecipo al lavoro per debellare lalebbra in India. La Indian LeprosyFoundation (ILEF), della quale so-no Presidente fondatore, è un’orga-nizzazione nazionale di volontariimpegnata a favore di un’India sen-za lebbra. I media hanno dato unnotevole contributo a questa lotta.L’ILEF ringrazia Dio Onnipotentedi averci dato la forza di servire ilebbrosi poveri, trascurati ed ostra-cizzati in tutta l’India, con dedizio-ne e spirito di fratellanza. (www.in-dianleprosy.org)

I cambiamenti non avvengonoper semplice desiderio. Una ten-

denza negativa può essere fermatasolo da una guida saggia e da unosforzo programmato. La Conferen-za Internazionale convocata dal Va-ticano è, assolutamente, un passoenorme in questa direzione e meri-ta il riconoscimento e l’approvazio-ne del mondo.

Possa Dio benedire questa splen-dida iniziativa mondiale così che lagente possa alfine sublimare ed edi-ficare la propria vita.

Vi ringrazio tutti!

Dott. A.R.K. PILLAIPresidente

Indian Leprosy Foundation

Bibliografia

Autobiography of a Yogi – Sri ParamahansaYogananda – Jaico Books

Scientific Healing Affirmations – Sri Para-mahansa Yogananda – Yogoda Satsang So-ciety of India

The Vedas – Sri Chandrasekhara Saraswati– Bharatiya Vidya Bhavan

Hindu Dharma – Sri Chandrasekhara Sara-swati – Bharatiya Vidya Bhavan

Eight Upanishads Vol. I & II – SwamiGambhirananda – Advaita Ashrama

Ancient Secrets of Kundalini – Gopi Krish-na – UBS Publishers Distributors Ltd.

Breath, Mind and Consciousness – HarishJohari – Destiny Books

Meditation and Life – Swami Chinmaya-nanda – Chinmaya Mission Trust

Path of Fire and Light Vol. I & II – SwamiRama – The Himalayan Institute Press

Light on Pranayama – BKS Iyengar – HaperCollins Publishers, India

CHIN-LON LIN

5.3. Il Buddismo

Background

Tutto iniziò 2546 anni fa (545 a.C.), quando ai piedi dell’Himalayanacque Budda, “un principe”.Budda trovò il sentiero dell’Illu-minazione (Nirvana) all’età di 35anni. La sua predicazione, che i di-scepoli raccolsero, durò 45 anni.

Gli insegnamenti fondamentalidi Budda furono:

1. La Verità della Sofferenza: ilmondo è pieno di sofferenza. Na-scita, invecchiamento, malattia emorte rappresentano il corso natu-rale della vita e sono tutte soffe-renze.

2. La Verità dell’Origine dellaSofferenza: la causa della sofferen-za umana risiede certamente nellebramosie del corpo fisico e nell’il-lusione della passione terrena che

traggono origine dai violenti desi-deri degli impulsi fisici.

3. La Verità dell’Estinzione del-la Causa della Sofferenza: se il de-siderio, che sta alla base di tutte lepassioni umane, può essere rimos-so, allora la passione si estingueràe tutte le sofferenze umane avran-no fine.

4. La Verità del Nobile Sentieroche conduce all’Estinzione della

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Causa della Sofferenza: per entra-re in uno stato in cui non ci sia de-siderio, né sofferenza, si deve se-guire il Nobile Ottuplice Sentiero:Retta Visione, Retto Pensiero, Ret-ta Parola, Retta Azione, Retta For-ma di Vita, Retto Sforzo, RettaConsapevolezza e Retta Praticadella Meditazione.

Le cause primarie di tutta l’infe-licità umana sono il desiderio e l’i-gnoranza, e da queste cause prima-rie derivano avidità, gelosia e stu-pidità che diventano le tre fiammeche bruciano il mondo. Questi in-cendi divampanti non solo brucia-no l’io, ma causano sofferenza aglialtri e li inducono ad atti, parole epensieri sbagliati. Per estinguerequeste tre fiamme bisogna osser-vare i precetti, praticare la concen-trazione dello spirito e possederela saggezza.

Gli esseri umani tendono a muo-versi nella direzione dei propripensieri. La mente è l’origine diogni cosa. Le persone devono di-fendere con forza la propria mentedalla scorrettezza e dalla sventura.Esse devono eliminare i pensieriche stimolano l’avidità, la gelosiae la stupidità ed incoraggiare quel-li che stimolano la carità e la bontà.

Le persone si aggrappano osti-natamente alla ricchezza, all’ono-re, alle comodità, al piacere, all’ec-citazione e, cosa più importante,all’ ”egoismo”. Proprio questo è lafonte della sofferenza umana. Ci sidovrebbe liberare di una menteegoista e sostituirla con una mentedesiderosa di aiutare gli altri.

Esistono Quattro Stati Illimitatidella Mente che colui che cercal’Illuminazione dovrebbe alimen-tare: Compassione, Amorevolez-za, Letizia ed Imparzialità. È pos-

sibile estirpare l’avidità alimentan-do la compassione, eliminare l’iracon l’amorevolezza, la sofferenzacon la letizia ed è possibile elimi-nare la cattiva abitudine della di-scriminazione alimentando unamente imparziale.

Fondazione Tzu-Chi (Assistenza compassionevole)

Il buddismo arrivò in Cina dopoessere giunto a Taiwan. La nostraMaestra di Dharma, Cheng-Yen,nata nel 1937, venne a contatto conl’insegnamento del Budda in gio-vane età a causa della malattia diun familiare. Nel 1961, all’età di24 anni, lasciò casa; nel 1963 di-venne buddista; studiò sotto ilMaestro di Dharma In-Shun e fueducata a dedicare la propria esi-stenza “Al buddismo per tutti gliesseri viventi”. Nel 1966 la Mae-stra Cheng-Yen istituì la Compas-sion Relief Foundation (Fondazio-ne dell’assistenza compassionevo-le) (Tzu-Chi).

La Missione di Carità: Cheng-Yen iniziò la sua opera di carità, suscala ridotta, nella parte orientaledi Taiwan, fornendo indumenti, ci-bo e persino alloggio agli anzianied ai bambini lasciati soli quando igiovani si erano trasferiti nella par-te occidentale dell’isola in cerca dilavoro.

La Missione di Assistenza Sani-taria: la Maestra presto si rese con-to che spesso dietro alla povertàc’era la malattia ed a quel tempo,nella parte orientale di Taiwan,non esistevano strutture medichemoderne. Inoltre, prima di ricove-rare un paziente, la maggior partedegli ospedali privati chiedeva undeposito che molte persone nonpotevano permettersi. Così, nell’a-gosto del 1986, Cheng-Yen aprì unospedale moderno con 700 postiletto che non chiedeva alcun depo-sito prima del ricovero.

La Missione Formativa: dopoche l’ospedale ebbe aperto i bat-tenti, la Maestra si rese conto che,in questo remoto paese orientale,il reclutamento di infermieri, dot-tori ed altro personale medico ca-pace rappresentava un compitomolto difficile; quindi, nel 1989,fondò un istituto di studi infermie-ristici e, nel 1996, una scuola dimedicina. Queste scuole hanno

già concluso diversi cicli di studioe fornito la manodopera essenzia-le. Furono fondate altre facoltà,quali Umanistica e Scienze che,tutte insieme, andarono a costitui-re la Tzu-Chi University. Furonoinoltre istituite scuole elementari,medie inferiori e superiori e, nel2000, abbiamo celebrato il com-pletamento del nostro programma“Educazione completa”: dal nido,all’asilo, alla scuola elementare,alla media inferiore, alla media su-periore, all’università, tutto il per-corso sino ai programmi di dotto-rato post-laurea.

La Missione Culturale: l’educa-zione non dovrebbe essere limitataall’interno della classe o dellascuola ma dovrebbe poter raggiun-gere un pubblico più vasto. Il 18giugno 1990, la Maestra fu invita-ta dal Ministero degli Interni ad in-tervenire sul tema “Purificare lamente con lo spirito Tzu-Chi” difronte ad una numerosa assem-blea. Questo discorso, trasmessoanche dalla televisione, è statomolto apprezzato dal pubblico e,l’anno successivo, la Maestra fuinvitata a tenere un giro di confe-renze nell’intera isola. Gli inter-venti sono stati molto utili per indi-rizzare la gente a fare del bene e apromuovere l’armonia sociale. Lestorie e le buone azioni delle per-sone rette si diffusero grazie a pe-riodici, libri, trasmissioni radiofo-niche o programmi televisivi, labontà umana venne encomiata e lacausa dell’amore (disinteressato)trovò ampio sostegno nel mondo.Tutto ciò culminò con l’inaugura-zione della stazione televisiva de-dicata a Tzu-Chi, nel 1998.

Negli ultimi 35 anni la nostra or-ganizzazione si è dedicata a questequattro missioni principali. Inoltre,a seguito di necessità pratiche, si èampliata in: Assistenza Internazio-nale Catastrofi, Registro DonatoriMidollo Osseo, Salvaguardia Am-bientale e Volontariato Comunita-rio che, insieme, sono andate a co-stituire ciò che noi chiamiamo “Unpasso, quattro orme”.

Come ampliamento della mis-sione di assistenza sanitaria ed inrisposta alle crescenti necessità,abbiamo fondato la Tzu-Chi Inter-national Medical Association (As-sociazione Medica InternazionaleTzu-Chi) (TIMA), abbiamo svoltoregolarmente servizio medico gra-

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tuito nelle zone più remote delmondo e fornito l’assistenza medi-ca essenziale alle migliaia di per-sone che non possono permettersile moderne cure mediche. Stiamoinoltre cercando di creare una retedi strutture mediche all’internodell’isola di Taiwan per fornireun’assistenza sanitaria di primaqualità, amorevole e premurosa aisuoi abitanti.

La costruzione di un nuovo ospedale moderno

Inizio e costruzione

Più di 10 anni fa, un gruppo dipersone premurose, tra le qualil’ex sindaco di Dalin, erano angu-stiate dalla mancanza di strutturemediche moderne nella regione diChia-Yi. Si narravano storie terri-bili di parenti che morivano in in-cidenti automobilistici sulla super-strada mentre guidavano troppovelocemente perché volevano rag-giungere i loro cari che erano statiricoverati in ospedale a Taipei o aKaoshiung. Queste persone forma-rono un comitato per promuoverel’iniziativa di costruire un ospeda-le moderno a Dalin; cercaronoovunque, invitando tutti i possibiliinteressati a venire a Dalin ed allafine giunsero a Hualien. Quando laMaestra Cheng-Yen sentì la lorostoria promise che, se avessero tro-vato un terreno adatto, la Fonda-zione Tzu-Chi avrebbe costruitoun ospedale a Dalin.

Per assicurarsi questo pezzo diterra – un ex campo di canna dazucchero appartenente alla Natio-nal Taiwan Sugar Company – essiimpiegarono 5 anni ed ebbero più

di 200 incontri con le autorità go-vernative locali, regionali, provin-ciali e centrali.

La progettazione e la costruzio-ne richiesero altri 5 anni. Migliaiae migliaia di persone in tutto ilmondo diedero il proprio contribu-to al fondo per la costruzione emolte altre aiutarono durante laprogettazione e la realizzazione.L’ospedale è la personificazionedell’amore e della sollecitudine diinnumerevoli persone.

Migliaia di persone in tutto ilmondo fecero donazioni ed aiuta-rono a costruire questo ospedale aDalin, una piccola cittadina delChia-Yi, una regione a sud di Tai-chung.

Il paziente al centro del progetto

Abbiamo progettato l’interoospedale tenendo il paziente sem-pre presente; abbiamo un ingressospazioso ed un grande atrio con al-te soffittature. Ad accogliere il pa-ziente c’è un grande murale cheraffigura il Budda ed i suoi disce-poli che assistono un altro discepo-lo, che aveva creduto che il sentie-ro verso l’illuminazione passasseattraverso la realizzazione dell’io enon si era mai preoccupato di nes-sun altro ma quando si ammalònessuno venne ad aiutarlo. Così ilBudda in persona venne ad assi-sterlo e, quando il Budda ed i suoidiscepoli gli asciugarono il sudore,egli improvvisamente si rese contoche il sentiero verso l’illuminazio-ne passa attraverso l’aiuto datoagli altri. Questa è, fondamental-mente, la dichiarazione di intentidel nostro ospedale: Assistere concompassione, donare con gioia.

I banconi della reception sonobassi, in modo che i pazienti in at-tesa di registrarsi possano sedere,anziché restare in piedi. Per deco-rare l’ospedale usiamo pergamene,dipinti e composizioni floreali inmodo che i pazienti si sentano acasa propria.

Nel seminterrato, dove si trova ilnostro reparto di radioterapia,quando i pazienti sono distesi sullettino, possono godere non solodello splendido scenario attorno aloro ma anche di nuvole bianche,cieli azzurri ed uccelli in volo cheproiettiamo sul soffitto.

Nel reparto di terapia antidolore,forniamo un soggiorno, un’area ri-

creativa e una sala da pranzo com-pleta di cucinotto, in modo che lafamiglia possa preparare il ciboper il nostro paziente. Abbiamoinoltre creato un giardino pensile,completo di cespugli, rampicanti,fiori multicolori ed un gazebo. Iltutto è sistemato in modo tale cheil letto d’ospedale possa esserespinto nel giardino, così che i no-stri pazienti terminali possanoesaudire i loro ultimi desideri che,spesso, sono proprio di godere delchiaro di luna, del cielo e dellabrezza notturna.

Nei reparti di terapia intensivaabbiamo cercato di fornire, perquanto possibile, luce naturale perridurre la psicosi derivata dal rico-vero in questo tipo di unità. Abbia-mo inserito uno spazio riservato alpersonale infermieristico tra dueletti ed installato un Clinical Infor-mation System (CIS) (sistema diinformazione clinica), in modo chetutti i dati monitorati, inclusi i pa-rametri dei respiratori automatici,vengano registrati automaticamen-te nel computer e gli infermieripossano stare quasi sempre accan-to ai pazienti.

Tecnologie avanzate

L’ospedale è dotato delle attrez-zature più all’avanguardia e pro-gettato con il concetto di e-hospi-tal, per cercare di ottenere un am-biente completamente privo di pel-licole e carta.

All’interno dell’ospedale abbia-mo creato un percorso elettronicoad alta velocità (1 GB/sec) chefunge da struttura portante per latrasmissione di tutti i dati rilevantida un reparto all’altro. Abbiamoanche integrato il nostro sistema inmodo tale da poter visualizzare,con una sola linea ed un solo mo-nitor, le cartelle cliniche dei pa-zienti, i dati del laboratorio, glielettrocardiogrammi e le immagi-ni, comprese radiografie, TAC, ul-trasuoni e persino artroscopie, en-doscopie e vetrini.

Il nostro sistema di radiologiadiretta, che inserisce le immaginiradiografiche direttamente nelcomputer, è il primo mai realizzatoin Asia. L’acceleratore lineare atripla energia è tra i primi presentia Taiwan. La nostra TAC spiraleultraveloce può ottenere e produr-re immagini ad altissima velocità

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in modo tale che queste immagini,tridimensionali e quasi in temporeale, possano fornire al chirurgoeccellenti dettagli anatomici altri-menti non disponibili.

Il nostro analizzatore chimicoautomatizza completamente, nonsolo la procedura dell’analisi delsangue ma anche i risultati, in mo-do che il tecnico non debba copiar-li ed inserirli manualmente nelcomputer.

Abbiamo importato dal Giappo-ne una macchina sterilizzatrice atunnel, che permette che gli stru-menti chirurgici possano esserepuliti a fondo, scossi elettronica-mente, asciugati e sterilizzati.

Assistenza amorevole, premurosa e totale

Cerchiamo di utilizzare la tecno-logia più avanzata per fornireun’assistenza medica amorevole epremurosa in modo:

Facilmente accessibile: fornia-mo il trasporto da e per l’ospedalealle persone anziane che vivono inzone lontane non dotate di mezziper raggiungerlo.

Accogliente: facciamo sentire acasa propria anche gli analfabeti egli anziani.

Completo: forniamo una seriecompleta di servizi in modo che ipazienti possano godere di un’as-sistenza medica completa in un’u-nica soluzione.

Costante: non forniamo soltantoservizi ma anche prevenzione e as-sistenza domiciliare dopo che i pa-zienti sono stati dimessi.

Totale: riteniamo che curare lemalattie non sia sufficiente e siainvece necessario occuparsi delpaziente nella sua interezza, inclu-dendo corpo, mente e spirito.

Concordiamo pienamente con ilmotto della Città della Speranza“Non c’è profitto nel curare la ma-lattia se, al tempo stesso, distrug-giamo l’anima”.

Non nocivo per l’ambiente:avendo anche compreso che le no-stre risorse sono limitate, prati-chiamo la conservazione limitandol’uso dei materiali di consumo,mentre in tutto l’ospedale i nostrimedici, infermieri e tecnici usanociotole, bacchette e tazze riutiliz-zabili e lavano le proprie stovigliedopo ogni pasto.

Ricicliamo i nostri rifiuti, riuti-

lizziamo l’acqua e forniamo am-bienti naturali per ridurre il consu-mo energetico.

Informatizzato: abbiamo creatoun percorso elettronico ad alta ve-locità all’interno dell’ospedale edintegrato l’Hospital InformationSystem (HIS) (sistema di informa-zione ospedaliera), il Picture Ar-chiving Communication System(PACS) (sistema di comunicazio-ne ed archivio immagini), il Labo-ratory Information System (LIS)(sistema di informazione del labo-ratorio) ed il Clinical InformationSystem (CIS) (sistema di informa-zione clinica) in un sistema unico,in modo che sia possibile accederecon una sola linea ed un solo mo-nitor se non a tutte, alla maggiorparte delle informazioni relative alpaziente.

Efficiente in termini di costo.Rivolto alla comunità: riteniamo

che l’assistenza medica non do-vrebbe essere limitata all’internodelle quattro mura dell’ospedale.

Misericordioso.

Seguire lo spirito dei medici impegnati

In occasione delle celebrazioniper l’inaugurazione, abbiamo or-ganizzato una mostra dedicata aimedici impegnati che, negli ultimi100 anni, hanno aiutato gli abitantidi Taiwan e le storie sono state ve-ramente commoventi. Ad iniziaredal Dott. Jacob Maxwell che, 135anni fa, fondò il primo ospedale ditipo occidentale a Taiwan, il Sin-Lau Hospital a Tainan. Per oltre 90anni lui ed il figlio dedicarono lapropria vita all’assistenza degliabitanti di Taiwan. Il Dott. LesileMackay, il famoso dentista chefondò il Mackay Memorial Hospi-tal a Taipei – con una sede anche aTaitong – ha estratto più di venti-mila denti. Il Rev. William Camp-bell rischiò la propria vita ed aiutòi non-vedenti di Taiwan.

Il famoso Dott. David Landsbo-rough, fondatore del Chang-HuaChristian Hospital, asportò la pel-le dalla coscia della propria moglieper trapiantarla su un bambino congravissime ustioni che richiedeva-no innesti cutanei ma non c’eranodonatori disponibili. Secondo quelbambino, che divenne poi un gran-de pastore, “Anche se la pelle in-nestata non attecchì, essa si im-

piantò profondamente nel miocuore per sempre”.

Il Dott. George Guishue Taylor,che dedicò tutto se stesso ad aiuta-re i lebbrosi, morì a bordo della na-ve che lo riportava in Canada. Lesue ultime parole furono “Seppel-litemi a Formosa, l’isola che hoamato sopra ogni cosa”.

Noi seguiamo lo spirito di tuttiquesti grandi medici, forniamo as-sistenza sanitaria di altissima qua-lità ai nostri compatrioti e siamo ilcardine della tutela della vita aYin-Lin, nella regione Chia-Yi diTaiwan.

Conclusioni

Noi seguiamo i principi degli in-segnamenti di Budda e l’impegnodella nostra Maestra di fare tutto ilpossibile “per amore del buddi-smo, per amore di tutti gli esseriviventi”. Oltre ad operare nell’am-bito della carità, della formazionee della cultura, lavoriamo intensa-mente anche nel campo dell’assi-stenza medica: abbiano istituito laTzu-Chi International Medical As-sociation (Associazione medicainternazionale Tzu-Chi) per fornireassistenza sanitaria gratuita a tutticoloro che nel mondo ne hanno ne-cessità. Stiamo organizzando unnetwork di strutture mediche nel-l’isola di Taiwan per fornire curemediche amorevoli e premurose aisuoi abitanti. Il primo ospedale èstato aperto nel 1986 ed il secondoinaugurato nell’agosto del 2000.

Un ospedale imperniato sul pa-ziente, tecnologie avanzate, edificispaziosi, unitamente a personalepremuroso e cortese forniscono ungenere di assistenza sanitaria uni-co: basato sul paziente, facilmenteaccessibile, confortevole, comple-to, costante, totale, misericordioso,non nocivo all’ambiente, rivolto atutta la comunità, informatizzatoed efficiente in termini di costo. Etutto ciò è basato sul principiobuddista di “Assistere con com-passione, donare con gioia”.

Dott. CHIN-LON LINVice Sovrintendente del

Buddhist Tzu-Chi General HospitalHUALIEN, TaiwanRepubblica Cinese

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84 SALUTE E POTERE

Premessa

Il tema che mi accingo a trattaremi è parso connotato da due fattoricaratteristici: il primo espressionedella complessità di un problemache coniuga, come vedremo,aspetti difficilmente riconducibiliad unità, il secondo espressione diuna concretezza che mette l’accen-to sul fare. E fare vuol dire che oc-corre prendere iniziative, modifi-care le situazioni in atto, introdurreelementi di cambiamento, stabilirecome operare e con quali obiettivi;vuol anche dire partire da una si-tuazione ritenuta imperfetta, ne-cessitante di interventi per arrivaread una meta che assicuri garanzienuove, visioni corrette, indirizzimirati a traguardare il contingenteverso una dinamica di evoluzionepositiva.

Se vi fosse il tempo per svolge-re un’analisi approfondita dellecause che hanno portato ad una di-varicazione tra l’economia e la ge-stione della salute, a livello mon-diale o anche solo a livello nazio-nale, dovremmo esaurire l’inter-vento all’interno di una esposizio-ne necessariamente lacunosa edincompleta.

È quindi preferibile procedereper rapidi cenni, per far emergerespunti di riflessione, per illuminarezone d’ombra che spesso, in modofortemente contraddittorio, si ten-de a trasformare in postulati di ba-se. Accade così che il problema difondo venga a priori obliterato per

dar spazio a messaggi che possanotrovare facili consensi e spontaneeadesioni: mi riferisco al concettofortemente propugnato nelle stra-tegie ospedaliere della centralitàdel paziente. Questa centralità puòassumere significato solo se pre-ventivamente si procede ad unamodifica delle strutture gestionalie dei comportamenti degli opera-tori, investendo nella formazionedi una cultura nuova che richiedeanni se non decenni prima che di-venga mens, mentalità recepita af-finché ispiri compiti ed azioni nelquotidiano rapporto con la realtà.

Ordine di priorità

Stabilire l’ordine di priorità trasalute ed economia può sembraredel tutto pleonastico, perché glistrumenti sono al servizio dell’uo-mo e non viceversa; dire che al pri-mo posto viene la salute e che iprofili economici debbono esseredefiniti in funzione della tuteladella salute, appare quasi scontatoe non meritevole di particolare at-tenzione.

Tuttavia, se lo sguardo amplial’orizzonte di riferimento, emergeche al centro dell’attività economi-ca nella sua più ampia accezionenon trova posto la tutela della di-gnità della persona umana, che difatto viene subordinata e condizio-nata dalla volontà di tutelare inte-ressi legittimi e non legittimi. Lapersona viene presa in considera-

zione come fattore produttivo ocome fattore decisionale per unprocesso d’acquisto di beni e diservizi e non come soggetto meri-tevole della massima tutela possi-bile.

Ne è una riprova, nel campo del-la sanità, che solo di recente abbiafatto una timida comparsa il con-cetto di tutela della salute, che tro-va espressione nei processi diinformazione, di formazione, diprevenzione, mentre prima tutti gliinteressi apparivano confluenti nelprincipio di fornire cure ai pazienti.

La dignità dell’uomo non puòessere condizionata da fattori eco-nomici; si possono registrare di-versi stili di vita, diverse esigenzedettate da fattori storici e/o di co-stume, ma la persona deve esseretutelata nella sua libertà fatta an-che della certezza di vedere soddi-sfatti i bisogni primari.

Ciò non toglie che si debba tene-re conto delle risorse disponibili,verso le quali dovrà essere dedica-ta tanta maggior attenzione quantopiù appaia rilevante il distacco trabisogni e capacità di soddisfarli.Non v’è spazio per tentazioni idea-listiche o per illusorie formule diprincipio, ma è comunque indi-spensabile delineare un orienta-mento che sia il più aderente possi-bile al principio del cambiamento.Tale orientamento deve anche es-sere il più coerente possibile congli appelli lanciati dal Santo Padrein merito all’esigenza di restituire,a tutti gli uomini, la prospettiva di

FRANCESCO SILVANO

1. Cosa fare nell’economia e salute

IV. AZIONI CONCRETEDA REALIZZARE

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vivere secondo giustizia, dove pergiustizia si intende avere le curenecessarie in caso di malattia o dipoter prevenire il diffondersi di pa-tologie distruttive.

Diseguaglianze e sussidiarietà

Quando venne pubblicata l’en-ciclica Centesimus Annus gli uo-mini di buona volontà furono mos-si da un sentimento di viva gratitu-dine nei confronti del Santo Padre,

non solo per la coraggiosa denun-cia dei perduranti squilibri sociali,ma soprattutto per l’aver messo inrilievo come fosse insensato nonaffrontare il problema di una piùequa redistribuzione delle risorse.

Purtroppo, dopo le consueteesercitazioni verbali dei commen-tatori, molti dei quali neppure leg-gono i testi di riferimento, scese ilsilenzio, confortante modalità diignorare rischi e pericoli e di nonsubire l’impatto del richiamo acoinvolgersi. Tutto è rimasto comevent’anni fa, altri appelli quali l’in-sistente richiesta di diminuire ildebito dei Paesi in via di svilupporestarono inascoltati o solo margi-nalmente accolti ma, a ben vedere,la situazione è ulteriormente peg-giorata, generando in un sistemaeconomico globalizzato ricadutenegative e creando sempre più unarealtà fatta di mondi contrapposti.

La rapida diffusione del virusHIV, in assenza di barriere protetti-ve, fa intravedere forme di stermi-nio di intere popolazioni e, mentrel’Occidente si fa vanto d’aver ri-dotto la mortalità infantile a valori

trascurabili, si registrano in alcuniPaesi africani percentuali che toc-cano il 20% di bimbi che muoiononei primi anni di vita. In Occiden-te, in Italia si affrontano costi dicentinaia di milioni per salvare lavita di un bambino con deforma-zioni cardiache congenite, mentrecon la stessa cifra in Congo o inRuanda verrebbero risanati o nonesposti a mortalità centinaia dibambini.

Da un lato la cultura “esaspera-ta” della difesa della vita, dall’al-tro la cultura della rassegnazione edell’accettazione della morte inassenza di adeguati sostegni, dicontinuità di aiuti, di strutture ido-nee. Eppure, al di là della tragediadell’11 settembre e delle inevitabi-li conseguenze che si vanno pro-ducendo e ancor più si produrran-no, il nostro mondo ha scoperto ilconcetto della globalizzazione,genericamente intesa come moda-lità di ricezione passiva di influen-ze generate da chi ha più potere epiù risorse. Esso ha dimostratouna preoccupante incapacità di farleva sul positivo per contenere glieffetti negativi generati da situa-zioni di esasperata miseria e daldramma di dover morire di fame.Si potrebbe obiettare che in realtà iPaesi industrializzati si sono im-pegnati ad intervenire, definendonuove strategie e stanziando fondiper la cooperazione. Ma, a guar-dare bene, si è assai lontani da unserio affronto del problema se èvero, come è vero, che due anni fanella Conferenza di Kioto, si ar-rivò a sostenere che gli aiuti orien-tati a diffondere la rete Internet edi servizi Web avrebbero consentitodi imprimere una svolta radicalenell’economia dei Paesi poveri,dando vita ad una spirale virtuosadi progresso sociale. Purtroppo isaggi di Kioto non hanno tenutoconto del fatto che Paesi come laR.D. del Congo non dispongonodi alcuna infrastruttura di base, apartire dalla fornitura di energiaelettrica, restando così esclusi dal-l’accesso alla rete Internet, cosìcome si è preferito chiudere gli oc-chi sul fatto che, sempre in Congo,interessi contrastanti di superpo-tenze generano il non utilizzo del-le risorse e la morte per fame dicentinaia di migliaia di persone.

Cosa si contrappone allora allamoderna globalizzazione se non la

dimensione di una globalizzazionesorta sulle sponde del Lago di Ga-lilea con l’invito di Gesù agli Apo-stoli di evangelizzare il mondo? Senon l’azione definita sussidiarietà,che nei secoli è stata in realtàespressione primaria di presenza,dalla difesa della cultura alla curadei pellegrini e dei malati?

Giovanni Paolo II di recente haricordato che quando il Signoredisse a Mosè “Io camminerò conte”, volle dichiarare di voler esse-re presente nel mondo, interve-nendo con la Sua presenza, poichéEgli si interessa a ciò che l’uomovive, dialoga con lui, si prende cu-ra di lui.

La sussidiarietà nasce da questaconsapevolezza che l’umanità nonè un’astrazione né termine di unadefinizione di sociologi, ma piut-tosto una realtà che affonda le radi-ci nell’io che sa raccogliere le esi-genze e le aspirazioni che defini-scono l’umano.

La sussidiarietà non è la rispostaultima e definitiva alla carenze diun sistema economico, fragile edesposto all’imprevedibilità deglieventi; è piuttosto un segnale im-portante della volontà di nutriresperanza valorizzando anche il piùpiccolo apporto che si traduce inun sostegno del fratello che ha bi-sogno di vivere con dignità il dise-gno che Dio ha su di lui.

Legame tra reddito e salute

Il ruolo svolto dalle variabiliambientali e comportamentali puòessere indagato con riferimento aduno dei più generali indicatori del-le condizioni di vita della popola-zione: ci riferiamo al fattore dellacrescita del benessere economicoche trova l’espressione più sinteti-ca nel parametro del reddito proca-pite. Recenti studi hanno eviden-ziato come esista una forte correla-zione tra mortalità e sviluppo eco-nomico: la riduzione della morta-lità risulta di fatto associata all’au-mento del reddito medio per abi-tante.

Tuttavia il nesso fra reddito e sa-lute è di non facile interpretazione,poiché l’aumento del reddito in-fluenza un insieme di variabiliquali il livello di istruzione e laspesa sanitaria, in grado di interfe-rire a loro volta e in forma autono-

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ma sul livello della salute: si trattadi una serie di interrelazioni assaicomplesse e non ancora sufficien-temente indagate.

È verosimile infatti che a paritàdi reddito, più alti livelli di istru-zione siano associati a miglioricondizioni di salute, poiché unamaggiore educazione induce gliindividui ad essere più attenti aifattori di rischio, più accorti nel ri-conoscere i sintomi di una malat-tia, più rapidi nel decidere gli in-terventi da intraprendere; è al tem-po stesso possibile che le miglioricondizioni di salute favoriscano losviluppo del reddito individuale.Per contro, i meno istruiti soffronopiù frequentemente di cattive con-dizioni di salute e di conseguenzasono esposti al rischio di diventaresempre più poveri, secondo unprocesso a spirale in cui le diversevariabili sono al tempo stesso cau-sa ed effetto di successivi cambia-menti.

È peraltro possibile che l’au-mento del reddito abbia un effettosulla speranza di vita in parte posi-tivo e in parte negativo; l’effettopositivo è connesso al migliora-mento delle condizioni igieniche edell’alimentazione, mentre quellonegativo – e ne siamo testimoninel quotidiano – è associato aicomportamenti dannosi alla salute.

A parità di ogni altra condizioneè possibile ipotizzare che la rela-zione tra reddito e salute sia dap-prima crescente e poi decrescente:a livello di redditi molto bassi larelazione è positiva ed è legata afattori quali ad esempio l’alimen-tazione di base, oltre un certo red-dito la relazione è negativa a causadella maggiore diffusione di com-portamenti e di situazioni dannosiquali lo stress, le diete squilibrate,la vita sedentaria, il fumo, l’alcoole i trasporti veloci.

È altresì interessante il nesso trareddito e mortalità, raggruppandoda un lato i paesi poveri e dall’altroquelli ricchi. I risultati di ricerchecondotte sul tema indicano che neiPaesi in via di sviluppo la speranzadi vita cresce regolarmente all’au-mentare del livello medio del red-dito procapite; nei Paesi sviluppatila speranza di vita aumenta al de-crescere delle diseguaglianze al-l’interno della collettività, che èquanto dire che nelle economie oc-cidentali la salute è legata alla mi-

sura della dispersione del reddito,più che al valore medio. Ne di-scende che nei Paesi ricchi un’ul-teriore riduzione della mortalitànon può che essere realizzata attra-verso l’adozione di politiche attivedi redistribuzione del reddito.

Ruolo dei sistemi sanitari

L’analisi del ruolo dei sistemisanitari nella promozione e nellatutela della salute evidenzia che,poiché la crescita del reddito pro-capite è normalmente associata adun aumento della quota di risorsedestinate alla salute, anche la spesasanitaria è statisticamente correla-ta alla riduzione della mortalità.Questo principio trova particolareconferma per ciò che attiene la

mortalità infantile, strettamentecorrelata ai diversi livelli di spesasanitaria.

Esiste poi una stretta correlazio-ne positiva tra il livello del redditoprocapite e l’incidenza della spesasanitaria sul prodotto interno lor-do; a mano a mano che aumenta ilreddito, la quota di risorse destina-te alla salute tende a crescere e talefenomeno si manifesta nel tempo enello spazio. L’invecchiamentodella popolazione, la diffusionedelle tecnologie mediche, la modi-ficazione delle condizioni di vita edi lavoro, l’evoluzione della legi-slazione sociale, costituiscono al-trettanti fattori di spinta per un au-mento della spesa sanitaria più ele-vato di quello del reddito prodotto,

secondo una costante continua neltempo (in Italia si è passati dal3,6% del 1960 a circa il 12% del2000).

È poi interessante rilevare comeil livello di tutela della salute cre-sca con la quantità dei servizi ero-gati ma, a mano a mano che au-menta l’utilizzo dei servizi sanita-ri, l’incremento di salute assumevalori sempre più modesti (in ter-mini economici si parlerebbe direndimenti marginali decrescenti).Comunque, il continuo aumentodella quantità di prestazioni sani-tarie fornite alla popolazione pro-duce effetti sulla salute in partepositivi, in parte dubbi (attenua-zione delle capacità autonome didifesa dell’organismo umano, cre-scente medicalizzazione degli sta-ti di disagio), in parte negativi(malattie iatrogene, in particolareospedaliere). Inoltre la mortalità ela morbilità sono oggi riconduci-bili a fattori di rischio che possonoessere rimossi prevalentementecon interventi non sanitari (si pen-si al fenomeno della droga, dellasovra alimentazione, degli infortu-ni stradali).

Infine il notevole divario tra ef-ficacia reale dei servizi sanitari –misurata in funzione delle condi-zioni operative delle strutture sani-tarie – ed efficacia teorica misura-ta in condizioni ideali o ottimali,contribuisce ad interpretare la fra-gilità della relazione tra la quantitàdelle prestazioni erogate ed i mi-glioramenti dei livelli di salute.

In sostanza si giunge ad unaconclusione banale e scontata: oc-corre affrontare i problemi orga-nizzativi ed accertare l’efficienzadei servizi.

Alla luce di queste considera-zioni occorre prevedere un ripen-samento critico della medicina edel suo attuale modo di operarenella tutela della salute della col-lettività. Invero le politiche sanita-rie dei Paesi evoluti appaiono oggiprofondamente obsolete rispettoalle mutate esigenze della popola-zione. Notevoli miglioramentipossono sin d’ora essere ottenutievitando di far crescere i sistemisanitari di tipo tradizionale, attra-verso politiche di riconversionedella spesa a favore di quelle atti-vità i cui effetti positivi sono piùelevati ed attraverso l’avvio di unprocesso di collaborazione inter-

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settoriale che coinvolga anche set-tori extra sanitari, in grado di pro-muovere il mantenimento dellecondizioni di salute soprattutto trale categorie più deboli.

Occorre partire da idee forti ca-paci di indirizzare la riforma dei si-stemi sanitari verso obiettivi chetengano conto correttamente dellepriorità e delle attese, evitando ilrischio di subordinarli alla tutela diinteressi di parte e promuovendouna reale accentuazione dell’atten-zione per i ruoli di prevenzione epromozione della salute.

Il servizio sanitario come impresa

Si è già accennato all’incidenzaeconomica del costo della salute inrapporto al prodotto interno lordoe si è già sottolineato come tale in-cidenza tenda a crescere, nono-stante l’impegno più dichiaratoche reale a contenere la spesa. Me-rita in proposito riflettere sul fattoche il sistema sanitario assorbepressochè il doppio del valore del-la produzione agricola del nostroPaese e che di fatto costituisce lapiù grande impresa di servizi, sor-passando di gran lunga i valori delcomparto elettrico o di quello te-lefonico.

Eppure al di là di molti proclamie di dichiarazioni di principio, adifferenza di ciò che dovrebbe co-stituire un primario riferimento peruna politica organizzativa, si assi-ste al singolare fenomeno di unaprogrammazione sanitaria in con-tinua evoluzione normativa, tantoda risultare infine contraddittoriaed incapace non dico di radicare leriforme, ma neppure di avviarle.Ne è causa certamente la farragi-nosità normativa che contraddi-stingue la nostra legislazione, maal di sopra di ogni altro fattore de-ve porsi l’incapacità a concepireun sistema organizzativo articolatoin modo da fornire risposte effica-ci ai bisogni. Si potrebbero elenca-re numerosi esempi di questo as-sunto, ma mi limito a citarne unoparticolarmente significativo. Il si-stema sanitario italiano è articolatosu tre livelli, a loro volta strutturatiin sub livelli: la medicina del terri-torio fondata sul medico di base esugli specialisti non ospedalieri, ildistretto sanitario, l’ospedalità de-

dicata alle acuzie. Ebbene il di-stretto sanitario, che dovrebbe co-stituire sul territorio un presidio-ponte tra la medicina di base e l’o-spedalizzazione, è stato da tempoprogrammato e definito nelle suefunzioni ma non è mai stato costi-tuito. In termini aziendali ciò equi-vale a privare una società che di-stribuisce prodotti del magazzinodel prodotto finito o delle scorteproduttive o della rete di distribu-zione.

Si è dunque in presenza di un as-surdo, di una situazione a dir pocoparadossale, ma di fatto l’attenzio-ne viene concentrata sul tema delrapporto in esclusiva dei medici osul progetto dell’Ospedale-tipo delfuturo o sulla indiscriminata ridu-zione dei posti letto.

Governare la complessità non ècerto impresa facile; presupponeinfatti libertà da condizionamenti,quali ad esempio la difesa di inte-ressi corporativi, dotazione di stru-menti idonei per promuovere i ne-cessari cambiamenti, grande equi-librio nella valutazione dei fattori,continuità d’azione nel tempo edimpegno a seguire una strada mae-stra evitando i rischi delle disper-sioni laterali, consenso diffuso intutti i soggetti coinvolti, strumentiidonei a tenere sotto controllo iprocessi attuativi.

Peraltro, se si pensa che in un pe-riodo così travagliato di una diversadistribuzione dei poteri che vengo-no trasferiti dal governo centraleagli esecutivi regionali, la soluzio-ne programmatica individuata sibasa sull’impegno delle Regioni anon superare i tetti di spesa collega-ti alle dotazioni dei fondi, si com-prende come non solo non si sia ingrado di governare la complessità,ma si giunga all’opposto risultatodi accrescerne il gradiente, con ine-vitabili ricadute negative.

Gli attori del sistema sanitario

Un sistema non è necessaria-mente un insieme coerente nellesue componenti, poiché spesso – come avviene per la sanità – i di-versi attori seguono normalmenteinteressi e logiche contrastanti. Ilproblema è conferire coerenza adun insieme di parti, riducendo learee di conflitto ed individuandodenominatori comuni.

Nel sistema sanitario sono pre-senti i consumatori, i produttori, lostato che provvede al finanziamen-to pubblico.

I consumatori liberi di orientarele loro scelte, ignorano di che cosahanno bisogno realmente, aspiran-do genericamente alla garanzia distar bene; dipendono dalle decisio-ni di chi è incaricato di gestire iservizi di assistenza, i cui costifanno capo ad un terzo soggetto;valutano emotivamente la qualitàdei servizi resi a seconda delle cir-costanze e delle tipologie di rap-porto instaurate. Ultimamente invirtù dell’estensione della rete In-ternet i consumatori accedono di-rettamente alle informazioni, sen-za saperle filtrare e valutare, con lapresunzione di poterne sapere dipiù dei medici cui tendono a con-ferire un ruolo marginale.

I produttori hanno l’ovvio inte-resse ad erogare e a vendere piùprestazioni possibili, sovente sen-za accertare se si tratti di interven-ti necessari adeguati ed efficaci;possono manipolare a loro vantag-gio le informazioni ed indurre do-manda aggiuntiva; tendono a ri-durre l’impegno in assenza di unforte senso etico, adottando l’alibidel contenimento dei costi.

Peraltro né consumatori né pro-duttori sostengono le conseguenzedelle loro scelte, perché i servizimedici sono forniti gratuitamentee un terzo soggetto copre gli onerirelativi; i pazienti non trovano unfreno nel prezzo delle prestazionied i medici nel potere d’acquistodei loro clienti. Da ciò scaturisceun eccesso strutturale di domandae non viene incentivata in alcunmodo l’efficienza del sistema.

Il sistema di finanziamento pub-blico è sostenuto dal sistema ditassazione dei redditi e distribuiscei fondi secondo bisogni sanitaripresunti (non è un caso se ancoroggi non si tiene conto, nell’asse-gnazione dei fondi, dei fattori dif-ferenziali rappresentati dal livellodi vita media, dalla morbilità, dallaconcentrazione di patologie parti-colari in determinate aree).

L’illusione che le cure siano co-munque dovute, i bisogni sempresoddisfatti anche se impropri, fa sìche venga ignorata la realtà di unsistema reso precario dalla scarsitàdelle risorse e dal formarsi di for-me incentivanti la spesa sanitaria,

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88 SALUTE E POTERE

perché la ricerca e l’evoluzionetecnologica consentono di curareoggi malattie un tempo neppurediagnosticabili.

Cosa occorre fare?

Non è facile dare risposte con-crete alla domanda, anche perchénegli ultimi tempi, per spinta di-versamente originata, va afferman-dosi un modello di sanità compa-rativa basato sull’intervento priva-tistico, sul principio della cono-scenza, sul rischio d’impresa, sulrecupero dell’inefficienza del ser-vizio pubblico, sull’offerta di ser-vizi “alberghieri” integranti quellisanitari, sull’utilizzo di risorsemarginali professionali impegnatenel settore pubblico e su molti altrifattori ancora.

Sarebbe improprio parlare disussidiarietà, così come di realecompetitività, se si considera chela sanità privata assorbe una quotapari al 30% di quella pubblica, co-sì come pare improponibile ipotiz-zare che la sanità scompaia dalloscenario del welfare, poiché innessun Paese occidentale il citta-dino può essere privato del dirittoalla salute o subordinato ad unagaranzia direttamente proporzio-nale al livello del suo reddito indi-viduale.

Occorre allora esaminare le vieragionevoli da seguire, vie che so-no riconducibili a:

a) opportunità di aumentare glistanziamenti dedicati alla preven-zione. È questo un capitolo tra ipiù trascurati anche se spesso for-ma oggetto di programmi che mi-rano a colpire l’attenzione dell’o-pinione pubblica (si pensi allecampagne per la prevenzione deltumore al seno, per la riduzione delfenomeno dell’obesità, per le vac-cinazioni, ecc., cui poi fanno se-guito interventi sporadici dedicati,dettati da volontarismo, ma non in-seriti in una programmazione diazioni rivolte alla totalità dei sog-getti a rischio). Di recente il Mini-stero della Sanità ha pubblicato unopuscolo destinato alle famiglie,pregevole per lo stile della comu-nicazione, non altrettanto pregevo-le sotto il profilo dei contenuti; ilfascicolo avrebbe dovuto essereinviato a 20 ML di famiglie, convi-venze, residenti e non, ma la stam-

pa e la diffusione si è arrestata adun decimo della tiratura necessa-ria. Il fenomeno migratorio che hainteressato il nostro Paese, e nonsolo il nostro, ha posto in evidenzacome le nuove presenze portinocon sé patologie non più trattate datempo, una fra tutte la tubercolosi.Inoltre ciò ha reso evidente comesia indispensabile promuovereazioni dedicate a contenere questifenomeni e ad impedirne la diffu-sione tra la popolazione sana, conun rapporto costi/benefici quantomai interessante ai fini della limi-tazione dei fattori incrementatividella spesa sanitaria.

E poi prevenzione significa ca-pacità di educare, di formare sindai primi anni scolari una menta-lità capace di interpretare i segnalie di operare di conseguenza, dipromuovere con continuità la for-mazione di una coscienza socialeispirata al principio del neminemledere.

b) Ottimizzazione dell’impiegodelle risorse; un’analisi, anche su-perficiale ed approssimata, dellerisorse messe in campo, consentedi affermare che l’apparato buro-cratico del sistema sanitario incideper il 50% sulla spesa complessi-va, costituendo un costo di struttu-ra inaccettabile per un sistema chedeve produrre tutela della saluteed interventi di assistenza. Peral-tro non è mai stato sviluppato al-cuno studio, né elaborata alcunaipotesi sulla possibilità di inter-vento per valutare la produttivitàdel personale impegnato, i carichidi lavoro, l’efficienza del sistemadi gestione.

L’informatizzazione delle pro-cedure, l’automazione dei proces-si, l’autocertificazione avrebberodovuto produrre una flessione con-siderevole dei costi strutturali, ma

le ricadute sono state del tutto irri-levanti e la causa prima può venirricondotta al confronto con lecomponenti sindacali che, a frontedella non violazione degli spazi diinefficienza, assicurano consensopolitico.

Un altro palese esempio dellareale possibilità di ridurre i costi distruttura è rappresentato dalla or-mai dimostrata non volontà di eli-minare gli Ospedali marginali cheesprimono non un servizio sanita-rio, ma una facilities politica chedà prestigio all’Amministrazionelocale. Le risultanze sono ben noteperché in questi ospedali operanosanitari che non sono riusciti ad in-serirsi nella rete ospedaliera piùqualificata, con la risultante di es-sere o strutture di transito versoospedali qualificati o ambulatori diprimo soccorso o cronicari per an-ziani. Inutile far rilevare che, ac-canto al profilo economico negati-vo (una piccola struttura ha costi

fissi sperequati rispetto ai serviziresi) v’è anche quello della qualitàdelle prestazioni ed il rischio dellanon efficiente tutela del paziente.

Né si è cercato di porre rimedioa questa pesante negativa situazio-ne con il ricorso sistemico all’im-piego delle nuove tecnologie ed inparticolare della telemedicina, per-ché la messa in rete dell’attività diassistenza sanitaria potrebbe tra-dursi in un boomerang rivelatoredelle inefficienze.

Ma molti sono i capitoli di spe-sa improduttiva che vanno da pro-cedure d’acquisto non controllate,all’investimento di immagine inapparecchiature che poi non ven-gono utilizzate per imperizia, allospreco nelle prescrizioni dei far-maci e alla influenza negativaprodotta dal connubio Università-Ospedale.

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c) Creazione di un sistema infor-mativo sanitario nazionale e regio-nale in grado di consentire l’eser-cizio di un controllo efficace sututte le variabili di spesa. È parsoinvero clamoroso che si sia prov-veduto, per ragioni elettorali, adabolire l’unico freno esistente nel-la dinamica dei consumi farma-ceutici, senza disporre di strumen-ti idonei per controllare la fonteoriginaria di spesa rappresentatadalla prescrizione del medico cu-rante. Così come sembra clamoro-so e preoccupante che si intenda, alivello di governo centrale, genera-re un sistema informativo sanitarionazionale talmente complesso darisultare di impossibile utilizzo: èla classica, dannosa logica del fareper poter sostenere che si è fatto,con l’ulteriore complicanza che ilsistema deve saper interagire con21 diversi sistemi regionali e concentinaia di strutture operative lo-cali, ciascuno dei quali dotato diproprie risorse, di proprie procedu-re, di specifici software.

L’unica deduzione che si puòtrarre da queste realtà, che solo ap-parentemente si ispirano a criterivalidi, è quella di poter nutrirescarsa fiducia in un futuro domina-to da fattori tradizionali e da bassilivelli di incentivazione a promuo-vere un cambiamento.

Aspetti etico-economici

Nel mondo da tempo si va svi-luppando un dibattito che, muo-vendo dalla constatazione dellascarsità delle risorse disponibili,tende a stabilire a priori i campi diintervento, sostituendo al concettodi tutela dell’individuo quello del-la salvaguardia degli interessi col-lettivi.

In altri termini si tende a defini-re la regola dell’utilità a quella deldiritto individuale alla tutela dellasalute e si vuole privilegiare l’ero-gazione delle cure a soggetti ingrado di operare nel circuito pro-duttivo rispetto a soggetti che rap-presentano un fattore di costo im-produttivo per la società. E così sistabilisce il principio che il neona-to immaturo non abbia titolo a vi-vere perché, se curato, porteràsempre con sé i riflessi discenden-ti dalle terapie intensive neonatali,così come si utilizza l’ecografia fe-

tale per bloccare prima della nasci-ta, attraverso pratiche abortive,qualsiasi vita contrassegnata damalformazioni o da patologie cro-niche.

Alcuni clamorosi esempi hannorichiamato l’attenzione dei media,ma il dato reale è espresso dal fat-to che la venuta al mondo di sog-getti con sindrome di Down si èprogressivamente ridotta sino atendere ad azzerarsi, privando l’u-manità di una sorgente viva fatta diaffetti, di tenerezza, di purezza, digioia di vivere e di intelligenza.

Al lato opposto del ciclo di vitasi pone la riflessione sulle conse-guenze che l’allungamento dellavita media genera sul sistema eco-nomico, chiamato ad affrontarel’impegno a provvedere alla sussi-stenza di anziani improduttivi, ca-paci solo di assorbire le risorse deisistemi pensionistici e di richiede-re cure onerosissime in funzionedella cronicità delle malattie checolpiscono la terza età.

Il rischio di subordinare alle va-lenze economiche la dignità e l’in-violabilità della persona è quantomai attuale, con una subdola pro-gressione ad acquistare spazi sem-pre maggiori di consenso, solleci-tando la tendenza all’egoistica va-lutazione del proprio interesse ed ilvenire meno della disponibilità neiconfronti del prossimo, anche se ilprossimo si identifica con i proprigenitori.

È il doloroso frutto dell’annulla-mento dell’etica a presidio deicomportamenti e nel riferimentoalle istituzioni statuali, è il fruttodel venir meno di una concezionedel governo economico ispirata al-la difesa del bene di tutti che ne-cessariamente comporta di stabili-re, quale fattore prioritario, la dife-sa dei più deboli.

Avviandomi a concludere riten-go di aver corso il rischio di nonessere concreto nelle proposte,avendo privilegiato l’analisi dellesituazioni e le cause che stanno al-la base di tante forme di disagio edi incertezza, di tante soluzioniprecarie nei presupposti e nell’at-tuazione; pertanto sento il doveredi segnalare un’ultima indicazio-ne, ben nota e al tempo stessoignorata dalla quasi totalità dei cit-tadini.

Mi riferisco agli aspetti etici delcomportamento individuale: sap-

piamo tutti quale sia l’entità dellosperpero nel richiedere i farmaci equanta improprietà vi sia nel ricor-so alle strutture sanitarie. Sperpe-rare così le risorse, limitate, signi-fica sottrarre risorse a chi ha piùbisogno, significa ignorare l’altropiù debole, significa assumere uncomportamento che per analogia – e non è un paradosso – si identi-fica con un furto, una sottrazioneindebita generatrice di gravi con-seguenze. Coscienze ottuse, sidirà, ma non è un alibi l’indifferen-za, né la ricerca di un proprio van-taggio: occorre recuperare una bendiversa sensibilità sociale e matu-rare la consapevolezza che la piùefficace forma di tutela è la difesadel bene comune.

Conclusioni

Un sistema sanitario è una mac-china organizzativa sociale che de-ve rispondere ad una pluralità disollecitazioni, via via variabili neltempo.

Il fattore economico rappresentaun riferimento naturale del sistemama non può condizionarlo sino allimite di renderlo inefficiente.

Sistema economico e politicasanitaria devono trovare una basecomune che non può non esserel’etica ed in particolare la tuteladella dignità della vita umana. Laquality of live non è dunque l’ori-gine del sistema, né può sostituirsial valore della persona.

È possibile conciliare i diversifattori in gioco a condizione di sa-per governare la complessità, defi-nendo obiettivi ragionevoli ed ope-rando con continuità nel tempo.

L’appello non si esaurisce nelconfronto con le Autorità di gover-no ma coinvolge tutti gli operatorisanitari e tutti i cittadini che inten-dono essere uomini di buona vo-lontà ed operatori di pace.

Dott. FRANCESCO SILVANOSegretario Generale

dell’Ospedale Bambino GesùRoma, Italia

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90 SALUTE E POTERE

Dopo le tragedie della secondametà del ventesimo secolo, chehanno visto persone condannateper crimini di guerra a causa deiloro esperimenti sugli esseri uma-ni e i mezzi di comunicazione giu-stamente riportare l’indignazionedella pubblica opinione per questeatrocità, sembrerebbe dover esi-stere una vena di simpatia per co-loro che cercano di preservare eproteggere la dignità della vitaumana. Purtroppo, però, non sem-pre è così.

Malgrado siano stati realizzatinotevoli progressi tecnici in tutti icampi della ricerca biologica e ge-netica, essi non sono sempre anda-ti di pari passo con un rispetto in-condizionato per la santità dellavita umana a tutti i livelli di svi-luppo, dal concepimento alla mor-te naturale.

Infatti, sembrerebbe che a voltei media abbiano visto il criticismoverso alcuni tipi di ricerca e di spe-rimentazione non come una lode-vole difesa dei diritti umani, macome un’opposizione oscurantistaal progresso scientifico.

Consideriamo alcuni esempi.La ricerca sulle cellule stamina-

li, l’uso di cellule spinali embrio-nali, ombelicali o di adulti per ilpossibile trattamento dei morbi diParkinson e di Alzheimer, ha su-scitato grande interesse.

Molti scienziati consideranoche il modo ottimale per otteneretali cellule sia quello di distrugge-re embrioni concepiti mediantefertilizzazione in vitro.

Voi potreste pensare che i me-dia, nei loro servizi, dovrebberoconsiderare:

1) da dove vengono questi em-brioni

2) cosa sono questi embrioni3) se questi embrioni possono

essere legittimamente distrutti, an-

che per il bene apparente di altri.La risposta al primo interrogati-

vo è che questi embrioni derivanodall’unione di un uovo femminilee di sperma maschile secondo ilmetodo normale di unione me-diante rapporti sessuali all’internodel matrimonio.

Accade mai che i media si chie-dano: è giusto questo? Abbiamo ildiritto morale di fare ogni cosa chesiamo in grado di fare fisicamen-te? Quali sono le conseguenze diqueste azioni per la società, per ilmatrimonio, per l’amore umano?

La risposta alla seconda doman-da è che se l’embrione è il risulta-to dell’unione di un uovo femmi-nile e di sperma maschile, allora ilrisultato è un essere umano em-brionico. Se questo è vero, la di-retta distruzione di una tale entitàad uso delle sue componenti nonequivale a un atto di omicidio, diinfanticidio e, di conseguenza, aun corpo fatto a pezzi o devastatonelle sue parti?

La risposta al terzo interrogati-vo è insita nella risposta al secon-do. L’eliminazione diretta di unavita innocente è sempre e in ognicaso sbagliata, dal primo momen-to del concepimento alla mortenaturale. Se il suddetto principionon è vero, allora quali sono leconseguenze per la società? Chi èsalvo? A quale età? E in quali cir-costanze?

Invece di porsi loro queste do-mande, i media spesso ritraggonocoloro che le fanno come fanaticiansiosi di condannare quanti sof-frono di terribili malattie a vitesenza sollievo.

Raramente i mezzi di comuni-cazione si pongono in primo luogola domanda del perché dell’esi-stenza degli embrioni congelati e,poiché lo fanno raramente, nonvedono difficoltà alcuna nel pro-

durre deliberatamente nuovi em-brioni così che la successiva ricer-ca scientifica possa andare avanti.

Quindi, da una politica che ten-de ad usare parti di esseri umaniviventi per la ricerca scientifica,essi arrivano a tollerare e perfino asostenere una politica intesa a pro-durre deliberatamente esseri uma-ni viventi per supplire ai bisognidei laboratori.

George Orwell ha scritto un li-bro dal titolo 1984, il cui scenarioera niente in confronto a quello del2001; in questo caso, il risultatonon è un’odissea nello spazio peresplorare nuove frontiere per losviluppo umano ma la produzionedeliberata di vite umane al fine didistruggerle e, in questo modo, di-struggere ogni confine morale dirispetto per la sacralità della vitaumana.

Credo che la questione dell’eu-tanasia sia strettamente collegata aquella della raccolta e della produ-zione di embrioni per la ricercasulle cellule staminali. Quandouna nonna non è più consideratautile? Quando la fine della sua sof-ferenza non sarà più il suo benefi-cio ma il beneficio di coloro cheerediteranno la sua ricchezza o de-vasteranno il suo corpo perchéparti di esso possano essere usateper altri?

I media, che cercano di metterein risalto la fine del dolore perquanti soffrono, offrono mai unariflessione sul significato della vi-ta umana e sulla sua sacralità?

Temo che, dai mezzi di comuni-cazione della seconda metà delventesimo secolo, che hanno vistoe condannato una visione mecca-nicistica e strumentale della perso-na umana in quanto violazionedella dignità umana intrinseca,siamo giunti a una situazione incui essi non riconoscono i diritti

JOHN P. FOLEY

2. Il potere nella ricerca sanitariae i mezzi di comunicazione

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inviolabili e inalienabili del debo-le nel grembo materno o prossimoa morire.

Siamo testimoni della canoniz-zazione di una sopravvivenzadarwiniana del più forte, attraver-so la distruzione dei senza difesa ei media – che dovrebbero essere il“campanello d’allarme” della so-cietà per metterci all’erta contro ipericoli che abbiamo di fronte –sono invece diventati complici nelmassacro silenzioso dei più picco-

li, dei più deboli e dei più vecchidella nostra società.

La scorsa estate mi trovavo ne-gli Stati Uniti quando il PresidenteGorge W. Bush ha pronunciato undiscorso sulla sua politica in mate-ria di ricerca delle cellule stamina-li. Francamente l’ho ritenuto uncapolavoro. Egli ha rivisitato la si-tuazione morale e scientifica e hadetto che avrebbe favorito il soste-gno governativo per la ricerca sucellule prelevate dal cordone om-belicale e da organi appropriati diadulti consenzienti. Bush ha dettoanche che avrebbe finanziato la ri-cerca di quelle che ha chiamato li-nee di cellule staminali già svilup-pate da embrioni morti. In altreparole, non avrebbe sostenuto il fi-nanziamento governativo di quel-la ricerca che avesse portato all’e-liminazione diretta di vite umaneinnocenti.

In tutta onestà, i mass media lohanno lodato e hanno ammesso diessere rimasti sorpresi dalla sofi-sticazione morale dei suoi ragiona-menti; era ovvio che si aspettavanoun trattamento molto meno espertoed intellettuale della questione.

I leader governativi e i giudici

degli Stati Uniti non hanno sem-pre fornito questa profonda lea-dership morale e, in verità, alcunepolitiche di controllo della popola-zione nei programmi di aiuto este-ro degli Stati Uniti continuano adoffendere ed instillare risentimen-to nelle nazioni riceventi.

Ad esempio, l’ex Presidentedelle Filippine, Corazon Aquino,mi disse una volta che il suo go-verno aveva ricevuto pressioni daquello degli Stati Uniti affinché

accettasse la distribuzione di con-traccettivi come condizione per ri-cevere assistenza economica. Ellarifiutò su basi morali, ma storiecome queste vengono raramenteriportate dai media perché vannocontro la linea corrente di “corret-tezza politica”.

Ho menzionato questo esempioperché le pillole e i dispositivi perla contraccezione vengono spessopresentati dalle nazioni donatricicome assistenza sanitaria; la com-binazione del potere economico diqueste nazioni e il potere dei me-dia di “correttezza politica” poneuna pressione tremenda sui gover-ni delle nazioni riceventi, affinchéfacciano concessioni morali incambio di guadagni economici.

Ora, naturalmente, i media han-no altri interessi e le sottigliezzedella ricerca sulle cellule stamina-li e le controversie sulle politichedi controllo della popolazionehanno dato il via a una maggiorecopertura grafica del terrorismo edella guerra.

Nei servizi dei media sui tratta-menti medici, tuttavia, è somma-mente importante ricordare il po-tere della pubblicità.

Come possiamo aspettarci unservizio critico sulle nuove medi-cine, i nuovi trattamenti o sulla di-stribuzione governativa, nel paesee all’estero, di pillole e dispositiviper la contraccezione, quando leindustrie farmaceutiche spendonocosì tanto per la pubblicità su mez-zi di comunicazione che lottanoper sopravvivere nell’attuale re-cessione economica mondiale?

So che la pressione – diretta opiù sottile e indiretta – può spinge-re e a volte spinge, a non dareun’impronta negativa a certi argo-menti, perché tali servizi andreb-bero contro gli interessi di quantiricorrono alla pubblicità, forsecontro gli interessi della pubblica-zione o dello stesso network. Co-me editore, a volte sono stato sog-getto, ma in maniera molto ridotta,a tali pressioni alle quali, grazie aDio, credo di aver resistito consuccesso. In tutta onestà, devo direche, nel mio caso, tali pressioninon venivano da industrie farma-ceutiche.

Quando le obiezioni morali so-no dirette contro talune medicineo trattamenti, è interessante notarecome esse non portino denaro allepubblicazioni o al network; lenuove medicine e i nuovi tratta-menti invece si. Le obiezioni mo-rali possono essere considerate,tanto dai responsabili delle indu-strie farmaceutiche quanto daquelli della stampa, come noie tra-scurabili e non degne di conside-razione, in particolare non alla lu-ce degli ampi profitti da trarre dainuovi farmaci e dalle spese di pub-blicità e promozione ad essi colle-gate.

Lodo i grandi progressi fatti nel-la tecnologia medica e nello svi-luppo di nuovi farmaci. So quantopossa essere costosa questa ricercae quanto sia necessario proteggerei brevetti per le nuove medicine,affinché le industrie farmaceuti-che non si scoraggino nell’investi-re in una ulteriore ricerca a benefi-cio della razza umana.

È interessante notare, tuttavia,che non vediamo molte campagnedei mezzi di comunicazione a so-stegno dei medicinali genericipiuttosto che specifici, anche sequesti farmaci generici fanno ri-sparmiare ai consumatori milioni,se non miliardi di dollari. Una del-le ragioni per cui questi farmaci

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92 SALUTE E POTERE

generici costano meno è che nonci sono campagne pubblicitariecostose, per questo sono trascuratidai media che vivono della pubbli-cità.

Per quanto riguarda i servizi deimedia sulla sanità e le questionilegate alla biotecnologia, vorreiraccomandare alcuni principi ba-silari:

– primo, avere giornalisti prepa-rati non solo in tecnologica medi-ca, ma anche in filosofia morale;

– secondo, mai permettere aconsiderazioni di interesse finan-ziario, di pubblicità effettive o po-tenziali di influenzare decisionieditoriali (al Time Magazine di so-lito ciò era chiamato “separazionedella chiesa e dello stato” – delcontenuto editoriale dalla pubbli-cità – una separazione che ho vistosgretolarsi anche in quella pubbli-cazione);

– terzo, non considerare ugualila capacità tecnologica e l’accetta-bilità morale; ogni successo tecno-logico non è necessariamente untrionfo morale, quindi fate ai letto-ri il favore di sottoporre i progres-si tecnologici a un valido critici-smo morale;

– quarto, non diventare prigio-nieri della correttezza politicapubblicando solo ciò che la gentevuole sentire.

All’inizio di queste riflessioni,

ho detto che i media nella secondametà del ventesimo secolo nonavevano paura di identificare talu-ne forme di sperimentazione me-dica come atrocità e forse questoera facilitato dal fatto che gli espe-rimenti erano spesso sponsorizzatida poteri ostili, su prigionieri diguerra senza speranza o su civiliinnocenti detenuti in campi diconcentramento.

Tali esperimenti avvengono an-cora, tuttavia, su embrioni chevengono distrutti affinché la ricer-ca possa aver luogo e, come alcunimedia hanno a volte riportato, sucavie umane che a volte possononon rendersi conto che i loro dirit-ti vengono violati e che non sonoin grado di dare il loro consensoinformato. Penso in particolare al-le persone mentalmente ritardateche, in alcune società, sono statesterilizzate, ai malati terminali eagli anziani che corrono il rischiodi essere aiutati in una morte pre-matura.

Il Pontificio Consiglio per leComunicazioni Sociali, di cui so-no Presidente, ha pubblicato unostudio dal titolo “L’etica nelle Co-municazioni”, in cui venivano sot-tolineati tre principi: verità, dirittidella persona umana e bene comu-ne. Nel campo della sanità e dellabiotecnologia, questi tre principihanno un’importanza particolare:

– primo, è necessario conoscerela verità – scientifica, economica emorale – sulle scoperte mediche ele politiche sanitarie;

– secondo, i diritti di coloro chesoffrono e in particolare il dirittoinviolabile alla vita devono essereconsiderati superiori;

– terzo, devono essere conside-rate le implicazioni per il bene co-mune e non semplicemente il pro-fitto economico di alcuni.

Le parole di Gesù: “ero malato emi avete visitato”, saranno tra i ti-toli che permetteranno di entrarenella gloria eterna.

Il potere più importante nellasanità non è il potere governativo,quello dei mezzi di comunicazio-ne o il potere dei medici, ma il po-tere di Dio e il potere morale cheviene dal cercare di fare la Sua vo-lontà nel curare i malati, gli afflittie gli anziani. Abbiamo bisogno dimedici, infermieri, tecnici e scien-ziati che nel volto del sofferentevedano l’immagine di Cristo.

I servizi dei mezzi di comunica-zione su quanti sono motivati daquesto potere morale può faremolto per stimolare altre persone aprestare cure umane e compassio-nevoli. Esse sono tanto necessarieper coloro che non dovrebbero es-sere oggetto di sperimentazionemedica e scientifica, ma soggettidegni del nostro amore e della no-stra preoccupazione, nel momentoin cui attraversano una crisi perso-nale nel loro pellegrinaggio versola vita eterna con Gesù, nostro sof-ferente Salvatore, che ha trionfatonon solo sul peccato, ma anchesulla morte.

Così la copertura dei malati e diquanti si occupano di loro non do-vrebbe soltanto informare le no-stre menti, ma anche toccare i no-stri cuori per risolversi nel servizioper i poveri e i malati che MadreTeresa ha giustamente identificatocome il potere dell’amore.

S.E. Mons. JOHN P. FOLEYArciv. tit. di Neapolis in Proconsulari

Presidente del Pontificio Consiglioper le Comunicazioni Sociali

Santa Sede

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1. Introduzione

L’espressione potere può appa-rire fuori posto quando viene ap-plicata alla professione sanitaria.Il potere, in quanto pura e sempli-ce capacità d’imporre di fatto lapropria volontà sia sulle cose chesulle persone, sembra collocarsiesattamente all’estremo oppostodello spirito di disinteressata dedi-zione al prossimo che idealmenteanima gli operatori impegnati sulfronte della salute. Nella tradizio-ne ippocratica, l’esercizio dellamedicina viene concepito comeun servizio, nel senso che la scien-za e l’esperienza del dottore si as-soggettano interamente e senzacondizioni al conseguimento de-gli interessi dei pazienti per quelche riguarda la loro salute e la lo-ro integrità psicofisica. La Cartadegli operatori sanitari, pubblica-ta nel 1995 dal Pontificio Consi-glio per la Pastorale Sanitaria, nonsolo definisce la professione me-dica come servizio alla vita, maaddirittura colloca questo concet-to come l’asse portante dell’interodocumento1. La Dichiarazione diGinevra del 1948, punto di riferi-mento per i medici di tutto il mon-do, arriva a dire che il dottore con-sacra la sua vita al servizio dell’u-manità2.

Non mi risulta che sia stata maicontestata la collocazione dellaprofessione medica tra le attivitàumane che richiedono grande al-truismo e abnegazione. Tuttavia,non mi sembra neanche improprioche, almeno per una volta, nelcontesto di una conferenza inter-nazionale su Salute e Potere, lanostra attenzione venga catturata– per non dire sfidata – proprio dalpotere dei professionisti della me-dicina, sebbene a qualcuno possasembrare che in questo modo si

getti quanto meno un ombra di so-spetto sull’operato della classemedica. Il potere, tutti i poteri, aragione o a torto, non godono inpartenza d’illimitata fiducia daparte del normale cittadino.

In ogni caso, nessuno può igno-rare che il medico detiene un pote-re effettivo, sia individualmenteche corporativamente, per lo me-no sui valori e sui costumi che ri-guardano la vita e la salute. Spes-so il medico è in grado d’imporreil proprio volere (preferenze, inte-ressi, traguardi, ecc.) non solo sucerte cose, ma anche sulle perso-ne, almeno nella misura in cui co-se e persone ricadono sotto le ca-tegorie sano o malato. La medici-na, attraverso uno sviluppo bio-tecnologico fino a poco tempo fainimmaginabile, ha dato una spet-tacolare dimostrazione di potere.Non solo ha abbattuto antiche bar-riere che si ritenevano insuperabi-li, ma ormai sembra che nessuntraguardo possa esserle considera-to precluso a priori. E se tali con-quiste sono state accolte dall’opi-nione pubblica in genere con am-mirazione e fiduciosa speranza,non sono tuttavia mancate vocipreoccupate e persino ostili difronte ad un tale sfoggio di poten-

za. In questo senso, per esempio, inostri giornali ogni tanto ci metto-no in guardia contro i ricercatoriapprendisti di stregone, mentrenel mondo anglosassone si denun-zia la arrogante tendenza di alcuniscienziati to play God, a usurpareil ruolo di Dio. In una linea paral-lela, in un discorso nel 1985, Gio-vanni Paolo II ammoniva scien-ziati e medici contro la tentazionedi “considerarsi i padroni della vi-ta”, invece che “suoi esperti e ge-nerosi servitori”3.

Tuttavia, vorrei far notare cherilievi di questo tipo non riguarda-no tanto il potere in sé stessoquanto l’uso distorto che di esso sipossa fare. A destare preoccupa-zione non è infatti la capacità diestendere il proprio dominio sullanatura – peraltro, condizione ne-cessaria di ogni progresso – mal’eventuale abuso della forza intutte le sue forme, da quelle palesia quelle nascoste oppure decisa-mente subdole: l’arbitrarietà, lafrode e l’inganno, la prepotenza, ilsopruso, la tirannia, ecc. Per quelche mi riguarda, vorrei per ora la-sciare fuori dalla nostra riflessio-ne il fenomeno delle deviazioni –su cui ritornerò dopo – per con-centrarmi quasi per intero sul po-tere proprio e specifico dei profes-sionisti della medicina, cioè sul-l’influsso – voluto o no – che essi,in quanto accreditati servitori del-la vita e della salute, esercitanosugli individui e sull’intera so-cietà.

Si tratta ovviamente di un argo-mento complesso e in parte sfug-gente per cui – tenendo conto delcontenuto tempo a disposizione –mi limiterò a tratteggiare alcuniaspetti, sottolineando quelli cheritengono possano essere mag-giormente utili per dare rispostaalla domanda che ci hanno posto

IGNACIO CARRASCO DE PAULA

3. Che fare con il potere dei professionisti della medicina?

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94 SALUTE E POTERE

gli organizzatori di questa Confe-renza Internazionale: che fare conil potere dei professionisti dellamedicina?

2. Potere e autorità

Innanzitutto, è bene ricordareuna prima distinzione rilevante:quella fra potere e autorità. Poteree autorità hanno in comune la ca-pacità d’imporre ad altri il propriovolere, ma lo fanno in manieramolto diversa. Mentre chi è in unaposizione di forza dispone deimezzi effettivi per costringere glialtri a sottostare alla propria vo-lontà, chi invece è rivestito d’auto-

rità non necessariamente ha biso-gno di ricorrere alla coercizione fi-sica. L’autorità infatti suppone so-prattutto una forza morale che, co-me tale, è riconosciuta e accettatada altri in quanto essi vedono nel-l’autorità uno strumento idoneo alservizio del bene comune e nondel tornaconto di chi comanda.L’autorità poggia sulla fiducia. Ilpotere invece può farne a meno:non ha bisogno del riconoscimen-to altrui e non è nemmeno neces-sariamente ordinato al bene deglialtri, anzi di fatto tende a promuo-vere e a privilegiare interessi diparte. È per questo che, come ho

notato prima, di fronte al potere gliatteggiamenti iniziali più comunisono la diffidenza, la paura e,quando possibile, la resistenza.

Da sempre, in tutte le cultureminimamente progredite, il medi-co ha goduto e gode di una notevo-le autorità per quanto riguarda lavita e la salute di tutti. Tale autoritànasce dalla dimostrata attitudinedel dottore ad indicare e persinoprescrivere cioè che è buono, giu-sto o conveniente alla salute e aproibire quello che è ad essa con-trario o nocivo. Inoltre l’autoritàdel dottore deriva anche dallo sta-tus al servizio della vita che la pro-fessione medica in quanto tale èriuscita a ritagliarsi nella società

moderna. È per questo che l’auto-revolezza di ogni singolo medicorisulta relativamente indipendentedalle qualità intrinseche – persona-li e professionali – del soggetto.Ogni dottore sa che, in partenza,può contare su un assegno sostan-zioso che gli viene accreditato dal-la fiducia che i pazienti ripongononella sua qualificazione professio-nale. Ugualmente, il dottore sa be-nissimo che la sua autorità non po-trebbe sopravvivere allo smarri-mento della fiducia da parte delpaziente.

Lasciando da parte le eccezioniche naturalmente non mancano in

ogni libera professione e che persé non fanno testo, ritengo chel’autorità del dottore sia piena-mente giustificata. Di più, mi sen-to d’affermare – e cercherò di di-mostrarlo più avanti – che essa ri-sulta un bene necessario per la riu-scita del suo operato e, di conse-guenza, per il bene dello stesso pa-ziente. Da qui non si può conclu-dere che l’autorità del dottore vadamantenuta ad ogni costo: la fidu-cia non dovrebbe mai essere mes-sa a repentaglio, poiché – ripetoancora una volta – nel momento incui venisse a meno il credito ac-cordato dal paziente l’autorità ces-serebbe d’esistere. Per questo bi-sogna guardarsi dalla tentazione divoler sostituire l’autorità con il po-tere effettivo. Un errore di questotipo, per esempio, può stare allabase di una certa lettura del princi-pio del silenzio assenso nel campodei trapianti, almeno nella misurain cui tale principio possa essereinterpretato come un tentativo diprocacciarsi con la forza (con unalegge) quegli organi da trapiantareche altrimenti (con l’autorità) nonriusciremmo ad ottenere. Non misi dica che l’autorità può far usolegittimo della coazione, proprioperché nel mondo dei trapianti ilricorso alla forza risulterebbechiaramente lesivo della dignitàdel presunto donatore.

3. La crisi del potere medico

Arrivati a questo punto, e ripren-dendo l’interrogativo posto dagliorganizzatori di questa Conferen-za, possiamo pure rispondere conuna contro-domanda volutamenteprovocatoria: il potere medico haoggi davvero dimensioni talmenterilevanti da doverci premunire neisuoi confronti? Il medico va anno-verato fra i signori del mondo con-temporaneo oppure fra le vittime?È lui il vero padrone del progressobiotecnologico o rappresenta unasemplice rotella in un meccanismoche lo sovrasta? La nostra societàipertecnificata riconosce ai profes-sionisti della medicina la medesi-ma autorità che gli riconosceva neitempi passati? Il dottore può con-dizionare in modo decisivo le scel-te dei singoli e le opzioni della co-munità? E così via.

Non sono sicuro di essere in

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grado di fornire risposte attendibi-li. Anzi, le domande forse sono so-lo forzature che svaniscono nelmomento stesso in cui vengonoformulate. Tuttavia servono a ri-chiamare la nostra attenzione suun altro fenomeno di segno con-trario molto preoccupante: la dop-pia e crescente tendenza, in atto daanni, a ridimensionare l’autorità eil potere del medico.

La prima tendenza parte da unaposizione critica – e per molti ver-si giusta – contro il vecchio pater-nalismo medico, per finire in unatteggiamento – ampiamente dif-fuso nell’ambito dell’etica medica– che respinge ogni forma d’auto-rità da parte del dottore, o almenola subordina e persino la sostitui-sce con l’autorità – meglio ancora,con l’autonomia – del paziente.L’unico potere riconosciuto all’o-peratore sanitario è quello di for-nire informazioni e – secondo al-cuni – di farlo solo su richiesta deimalati.

La seconda tendenza, invece, sipresenta sotto i panni di una impe-rativa legge di natura socio-econo-mica che imporrebbe il dovere distabilire dei limiti invalicabili a li-vello di finanziamento delle risor-se sanitarie4, limiti decisi da altricentri di potere – in primis, centripolitici e holdings commerciali –esterni alla classe medica e cheovviamente ne limitano la loro ca-pacità di scelta.

Il paternalismo – in quanto limi-tazione del ruolo decisivo del pa-ziente da parte del medico, il qua-le si sentiva giustificato poichéagiva nel nome del bene del pa-ziente stesso – ha meritato tutte lecritiche che hanno finito per rele-garlo in soffitta. Il malato ha il di-ritto inalienabile di decidere relati-vamente a tutto quanto riguarda lasua salute. Tuttavia tale diritto nonsi preserva con la cancellazionedell’autorità del dottore anzi ne-cessita dell’autorità del medico,altrimenti le informazioni, i sug-gerimenti e le previsioni del clini-co non avrebbero alcun valore, sa-rebbero dati inattendibili e la scel-ta finale del paziente non avrebbealcuna base ragionevole.

Per quanto riguarda la tendenzaalla marginalizzazione del medicodalla programmazione e dalla ge-stione della politica sanitaria, èchiaro che essa cresce quando la

classe medica è vista dai poteriforti come un ostacolo per il rag-giungimento di certi traguardi dipolitica socio-economica. Anchequi è forte il rischio che la perditad’autorità da parte della professio-ne medica si risolva in un dannoalla salute dei cittadini, special-mente di quelli meno abbienti.

4. Le deviazioni del potere

Nel contesto della professionemedica compare oggi un altro fe-nomeno, apparentemente impa-rentato con la medicina alternativama che in realtà si colloca all’e-stremo opposto. Sto parlando del-le new medicines, in realtà nuovitentativi di ampliare l’ambito delpotere dei medici a campi che soloin senso largo possono essere con-siderati inseriti nel servizio alla vi-ta e alla salute. Sono pratiche cheindossano il camice bianco, il cuicuore però batte con cadenze e pertraguardi lontani dalla tradizioneippocratica.

In primo luogo troviamo la co-siddetta medicina dei desideri:una medicina che si offre comestrumento per appagare qualun-que voglia, purché non urti troppola sensibilità della cultura postmo-derna e sia tecnologicamente rag-giungibile. È una medicina imper-niata sulla legge dell’offerta e del-la domanda, pertanto pronta a in-nescare nuovi desideri e a tentaredi soddisfarli con allettanti pro-messe d’incredibili perfomances,per esempio nel campo della pro-creazione assistita: il figlio su mi-sura, della chirurgia estetica: laavvenenza al silicone, dello sport:l’exploit al nandrolone... Tuttaviasi tratta di un potere che non è ingrado di preservare né di miglio-rare la salute, anzi c’è il rischioche la metta a repentaglio. Questemedicine del desiderio offrono so-lo un surrogato di alcuni beni (pa-ternità / maternità, bellezza, forzafisica, ecc.) negati dalla madre na-tura.

Esiste anche una medicina dallepretese smisurate, poiché sembradisposta a costruire un nuovo uo-mo e, se necessario, a rubare ilfuoco degli dei per conferirgli l’a-lito di vita. È una medicina prome-teica, forse la più rappresentativadi una società culturalmente plura-

lista, economicamente globalizza-ta e fortemente tecnificata. La ten-tazione del potere è così forte che,per accrescerlo, è ben decisa amettere da parte la coscienza e asacrificare quello che si deve sa-crificare: persone – embrioni e an-ziani, in primo luogo –, sentimen-ti, diritti...

Finalmente, esiste una medicinache scambia un maggiore accessoal potere con la disponibilità ad as-servire gli interessi dei potenti: lamedicina che collabora nel con-trollo pubblico delle nascite, nellasoppressione dei bambini portato-ri di handicap o di malattie geneti-che prima e dopo la nascita, neiprogrammi per liberare i costumisessuali e in futuro forse per allen-tare il peso di un crescente numerodi anziani improduttivi.

Paradossalmente queste formedevianti del potere medico si ap-pellano al servizio alla salute e al-l’umanità. Tuttavia nel loro lin-guaggio sono espressioni che han-no perso il loro autentico senso, inprimo luogo perché la salute delpaziente è subordinata ad un altrointeresse, e in secondo luogo per-ché l’azione clinica – diagnostica /terapeutica – è sostituita da un in-tervento che di clinico ha solo lastrumentazione, i ferri del mestie-re ma non l’intenzionalità o il si-gnificato di vero servizio alla salu-te del paziente.

Si potrebbe obiettare che la sa-lute – secondo l’OMS – compren-de il completo benessere dell’uo-mo. Ma proprio questa definizio-ne conferma quanto ho appenadetto, poiché la formulazione del-l’OMS risponde a scopi politici,cioè rappresenta un tentativo diallargare al massimo possibile ilcampo di competenza, il poteredell’OMS stessa. Inoltre, recente-mente l’OMS, ha ridimensionatola propria posizione puntualizzan-do che il new universalism (nuovouniversalismo) o copertura uni-versale dei mezzi per la salute, si-gnifica copertura per tutti (gli es-seri umani), non per tutto quantopuò offrire la tecnologia.

5. Che fare con il potere

A questo punto, penso che siaopportuno passare dal momentocritico – riflessivo, alla fase pro-

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96 SALUTE E POTERE

positiva, in relazione con la do-manda più volte ricordata: che co-sa fare con il potere dei professio-nisti della medicina? A mio avvi-so, per prima cosa, conviene rifor-mulare la questione per renderlapiù concreta e abbordabile, peresempio in questo modo: che cosafare per restituire maggiore traspa-renza all’autorità dei medici e pre-venire che essa si trasformi in unpotere al servizio d’interessi di ter-zi? Tra le tante cose giuste che sipotrebbero elencare, mi limiteròsolo a quattro:

primo: il progresso scientificoin campo biomedico, da tutti giu-stamente auspicato per il bene del-l’umanità, accresce contempora-neamente il potere del professioni-sta della medicina ma non neces-sariamente la sua autorità. Pertan-to, non ha senso per il medico lapromozione del progresso per ilprogresso, ma solo quando il pro-gresso sia al servizio della vita edella salute dell’uomo.

Secondo: la debolezza, l’infer-mità e, in ultimo termine, la mor-te sono connaturali all’esistenzaumana. Il medico può limitarne leconseguenze ma non deve spal-

leggiare false promesse di domi-nio sulla morte o sulla malattia.Con l’autorità di chi con tali coseconvive tutti i giorni, il dottore de-ve invece aiutare il paziente a ca-pire il significato di queste realtà ea fare una lettura corretta dell’e-sperienza che sta vivendo comemalato.

Terzo: sia il medico che il pa-ziente si definiscono per la rela-zione che la malattia stabilisce fradi loro. Essi sono alleati e quasicompagni di viaggio. Il vincoloche li lega non è propriamente uncontratto nel senso tecnico-giuri-dico del termine, ma un patto di fi-ducia fondato sull’umanità chehanno in comune. Questo signifi-ca che il medico dovrà agire sem-pre non tanto perché legittimatodalla propria scienza e coscienza,ma perché autorizzato dalla fidu-cia del paziente.

Quarto: in ogni caso, l’autoritàdel professionista della medicina èdipendente dal recupero del pri-mato del servizio al malato – adogni malato – come uomo patiens,tale e quale si sente e si riconosce,bisognoso di rispetto, di assisten-za, di aiuto. È quell’uomo che la

medicina ha giurato con orgoglioed onore non di dominare ma diservire con totale fedeltà.

Mons. IGNACIO CARRASCO DE PAULA

Professore di Teologia morale all’Ateneo della Santa Croce,

Roma, Italia

Note

1 La Carta degli operatori sanitari usa ben20 volte il concetto di servizio alla vita, ai ma-lati, alle persone, all’uomo. La definizione èripresa dall’enciclica Evangelium vitae chechiama i medici custodi e servitori della vitaumana (n. 89).

2 Associazione Medica Mondiale, Dichia-razione di Ginevra del 1948, rivista a Sidneynel 1968.

3 Discorso a due gruppi di lavoro promossidalla Pontificia Accademia delle Scienze, 21-X-1985, n. 3. Anche l’Evangelium vitae, n.89, ammonisce che i medici “possono esseretalvolta fortemente tentati di trasformarsi inartefici di manipolazione della vita o addirittu-ra in operatori di morte”, il che è contrario “al-l’intrinseca e imprescindibile dimensione eti-ca della professione sanitaria”.

4 Il riferimento all’opera Setting limits di D.Callahan è palese.

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97DOLENTIUM HOMINUM N. 49/1-2002

Anzitutto, vorrei ringraziareS.E. Mons. Lozano per avermi in-vitato a partecipare a questo sim-posio, organizzato dal PontificioConsiglio per la Pastorale dellaSalute, per presentare alcuniesempi di azioni pratiche da inco-raggiare in relazione al potere del-le industrie farmaceutiche.

Come tutti sappiamo, la situa-zione di molti nostri partner neipaesi dell’emisfero meridionale ècaratterizzata, tra l’altro, da unamancanza di medicine; essi cioènon possono accedere in manieraadeguata ai farmaci essenziali.

Secondo l’OMS1 e molti suoipartner, come Action Medeor, quat-tro sono i fattori e cinque i gruppidi attori che esercitano un’influen-za decisiva su questa situazione.

I fattori sono i seguenti:– una selezione e un uso razio-

nali2 – ciò richiede che venganodefiniti quali sono i farmaci mag-giormente necessari e che si assi-curi che essi vengano usati nelmodo stabilito;

– un costo accessibile – ciò di-pende, tra l’altro, da un’informa-zione trasparente sul prezzo per iprestatori e i consumatori dei ser-vizi sanitari, dalla competizionetra i produttori di farmaci genericidi qualità, dall’uso delle salva-guardie TRIPS ove necessario3,dalla riduzione degli oneri e delletasse e dall’aumento della distri-buzione;

– un finanziamento sostenibile –ciò richiede, tra le altre cose, che sidisponga di un meccanismo di fi-nanziamento vitale, di un’assicu-

razione sanitaria sociale, di un mi-glior uso del denaro proprio e diquello derivante dalle donazioni;

– sistemi sanitari e di fornituraaffidabili – per assicurare una di-sponibilità continua e medicineessenziali di qualità. Molti paesihanno compiuto notevoli progres-si attraverso un mix di pubblico,privato e ONG nei sistemi di for-nitura farmaceutica.

Gli attori sono:– i governi dei paesi in via di

sviluppo – gli amministratori delsistema sanitario delle singole na-zioni, responsabili del suo funzio-namento e della sua regolamenta-zione. Sono ugualmente responsa-bilità governative l’effettiva rego-lamentazione dell’acquisto e delladistribuzione dei medicinali, comepure la politica fiscale relativa allemedicine essenziali;

– i governi dei paesi industria-lizzati4 – che possono usare l’assi-stenza finanziaria per sostenere di-rettamente la politica nazionale dimolti paesi in via di sviluppo. Essipossono anche dare incentivi alleindustrie per produrre prodotti ap-propriati e renderli disponibili aprezzi accessibili;

– le compagnie farmaceutiche5 –il cui ruolo principale è quello diricercare, produrre e vendere far-maci efficaci per i maggiori pro-blemi sanitari. Gli incentivi piùforti sono quelli relativi ai vastimercati dei paesi ad alto reddito,come mostra la storia dello svilup-po del prodotto. Così, solo 13 dei1233 nuovi farmaci che hanno rag-giunto il mercato tra il 1975 e il

1997 sono stati specificamente ap-provati per le malattie tropicali!

– i gruppi di consumatori e leONG – come Action Medeor, chesono grossi sostenitori a lungo ter-mine del concetto di medicine es-senziali, con un accento sull’e-quità e l’accesso, tramite la loroattività di sostegno e l’uso del mo-dello di medicine essenziali neicasi di emergenza e nell’opera disviluppo sanitario;

– le agenzie e le fondazioni in-ternazionali – che ricoprono ugual-mente un ruolo nel sostenere unmigliore accesso ai farmaci essen-ziali. Questo è parte del mandatodell’OMS come agenzia sanitariamondiale, e parte del lavoro del-l’UNICEF e dell’UNFPA come en-

BERND PASTORS

4. Azioni pratiche da promuoverein relazione al potere delle industrie farmaceutiche

sabato 17

novembre

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98 SALUTE E POTERE

ti mondiali per l’acquisto dei vac-cini e, ad esempio, dell’UNAIDS,che rappresenta i diritti e i bisognidei malati di HIV/AIDS in tutto ilmondo.

Soffermiamoci ora su uno diquesti attori, le compagnie farma-ceutiche. Il loro compito è la ricer-ca, la fabbricazione e la vendita dimedicine per la salute umana au-mentando al massimo, nel con-tempo, il loro profitto. Queste in-dustrie sono ora entità general-mente internazionali, che devonooperare secondo le regole capitali-stiche del mercato internazionale emostrare un profitto ai loro azioni-sti. Con queste condizioni, i requi-siti essenziali di centinaia di milio-ni di persone che vivono in estre-ma povertà non vengono presi inconsiderazione:

– esse non hanno accesso a me-dicine essenziali semplici ed eco-nomiche;

– non hanno accesso a medicineaccessibili e nuove, come i nuovifarmaci contro l’AIDS;

– non hanno accesso a nuovifarmaci, di cui c’è urgente biso-gno, per combattere la malaria e latubercolosi, perché non si ritieneche lo sviluppo di queste nuovemedicine possa produrre un profit-to sufficiente – in stridente contra-sto con le cosiddette medicine ly-festyle, per combattere l’obesità,la calvizie o l’impotenza e per lequali esiste un enorme mercato.

Quali sono le azioni praticheche possiamo intraprendere insie-me all’industria farmaceutica inquesta situazione?

Ecco alcuni esempi.Migliorare l’accesso ai medici-

nali essenziali mediante la crea-zione e il mantenimento di unnetwork mondiale per la fornituradi medicinali essenziali accessibilie di alta qualità, in cooperazionecon le industrie farmaceutiche, se-condo le indicazioni dell’organiz-zazione tedesca per l’Aiuto Medi-co, Action Medeor.

Per oltre 37 anni, Action Me-deor6 ha fornito medicinali essen-ziali a circa 11.000 partner di 130Paesi; ogni anno vengono inviatiai nostri partner all’estero 4.000pacchi di farmaci del valore di cir-ca 18 milioni di marchi; il 50% ditutte le consegne ha un valore disoli 1000 marchi, l’85% di loro haun valore al di sotto dei 5000 mar-

chi. Action Medeor, pertanto, è im-pegnato principalmente in piccoliprogetti sanitari del mondo.

Questo lavoro è finanziato dadonazioni private, da contributipubblici o dal rimborso del prezzodi costo effettuato da terzi in Euro-pa. Rifornendo permanentementeun magazzino di medicinali delvalore di 700.000 marchi, ActionMedeor può fornire anche una ra-pida assistenza nei casi di emer-genza, come ad esempio durantela crisi dei rifugiati afgani.

Action Medeor acquista diretta-mente in blocco le medicine es-senziali dalle compagnie farma-ceutiche europee e può quindi spe-dirle, rapidamente e a basso costo,ai suoi partner.

Un miglioramento all’accessopuò essere realizzato anche me-diante la creazione e il manteni-mento di agenzie locali e centralidi approvvigionamento nei paesi

riceventi. Tale regionalizzazionepuò portare a un più rapido ed ef-fettivo accesso alle medicine es-senziali, rafforzare le strutture lo-cali e condurre a un’assistenza alungo termine; ad esempio, ActionMedeor sostiene la messa in attodi uffici centrali di approvvigiona-mento in Uganda, Camerun e Ko-sovo.

L’accesso viene migliorato at-traverso l’uso di farmaci secondogli effettivi requisiti essenziali del-

le popolazioni; sono utili qui lacompilazione e lo sviluppo di listenazionali di farmaci essenziali, lapubblicazione di indicazioni per iltrattamento, la formazione e il so-stegno di professionisti sanitarinell’uso razionale delle medicinee la creazione e il mantenimento distrutture che assicurino la qualità.

Esempi del lavoro di Action Me-deor:

– Medeor Manual (linee guidaper il trattamento)

– Medeor forum (formazione esostegno dei professionisti sanitari)

– Donazioni di farmaci – Disposizione di farmaci non

voluti/sorpassati.L’accesso può essere migliorato

mediante la creazione e il mante-nimento di strutture per la produ-zione di farmaci nei paesi in via disviluppo7, ove ciò sia tecnicamen-te fattibile. Le conoscenze posso-no essere trasferite dai paesi indu-strializzati ai paesi in via di svilup-po, tenendo presente che in Africa,Asia e Sudamerica esiste una di-versa situazione di mercato.

L’accesso alle medicine essen-ziali può essere migliorato ancheattraverso lo sviluppo di modellisostenibili per il finanziamento deisistemi sanitari, come la creazionedi sistemi locali di assicurazionesanitaria che possano anche finan-ziare i requisiti per i farmaci. Adesempio, fondi da Misereor e Ac-tion Medeor sono stati usati a Da-mongo, nel Ghana del nord, peraiutare a creare un sistema di assi-curazione sanitaria. I costi per i ri-coverati come pure le medicineessenziali vengono finanziati me-diante contributi annuali di assicu-razione finanziaria. Attualmente,circa 30.000 persone sono membridi questo schema assicurativo, cheè stato sviluppato da un ospedaleecclesiale a Damongo e che haoperato con successo negli scorsiquattro anni.

È importante che ci sia unoscambio internazionale di espe-rienze delle ONG che operano inquesti campi con i loro partner neipaesi in via di sviluppo.

Action Medeor è membro diMedicus Mundi International,un’organizzazione internazionaleche raggruppa 9 organizzazioninazionali di Medicus Mundi e altreONG, come CUAMM in Italia, lequali hanno tutte una lunga e vali-

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da esperienza nel campo dellacooperazione dello sviluppo me-dico.

Cooperazione invece di confronto

Ugualmente importante è unprogramma nazionale di dialogocon l’industria farmaceutica neipaesi industrializzati.

Un esempio dalla Germania.Fin dall’inizio degli anni ’90,

c’è stato un intenso dialogo tra ledue chiese cristiane che lavorano alivello ecumenico nella Joint Con-ference on Church and Develop-ment (GKKE) e i leader dellecompagnie farmaceutiche, che at-tualmente partecipano come rap-presentanti dell’Association andReserarch-Based PharmaceuticalManufacturers (VFA). Sono coin-volti anche Action Medeor, assie-me al Medical Mission Institute,Wurzburg, al German Institute forMedical Missions, Tubingen e adaltre organizzazioni. L’obiettivo diquesto dialogo internazionale èquello di raggiungere una visionee posizioni comuni sulla presta-zione delle cure e dei servizi sani-tari nei paesi poveri del mondo, erealizzare progetti congiunti8.

Con lo slogan “Cooperazioneinvece di confronto”, i rappresen-tanti del GKKE e del VFA inten-dono affermare che i vari gruppiche lavorano a livello individualepossono offrire soluzioni solo aparti del sistema sanitario. Moltiproblemi relativi al campo dellasalute, come l’accesso alle medici-ne essenziali, possono essere risol-ti soltanto mediante una collabora-zione costruttiva di tutte le partiinteressate.

Il dialogo tra queste diverse or-ganizzazioni riguarda argomenticorrenti, che vengono discussi inmodo obiettivo e rispondente aifatti, mentre le campagne interna-zionali di lobby iniziate da MSF9,Oxfam e la ONG tedesca BUKOdenunciano sui mass media in ma-niera provocatoria serie mancanzenei regolamenti dei TRIPS all’in-terno degli accordi dell’OMS.

Il dialogo nazionale cerca diraggiungere il massimo accordopossibile sulla responsabilità, i do-veri e i ruoli delle chiese e dell’in-dustria farmaceutica nei sistemi

sanitari dei paesi in via di sviluppoe di evitare il più rapidamente pos-sibile sviluppi suscettibili di falli-mento. In questo processo, le con-troversie dovrebbero essere af-frontate in modo aperto e serio erisolte là dove possibile. Allo stes-so tempo, le discussioni dovrebbe-ro riempire i vuoti nella conoscen-za e chiarire le incomprensioni.

Ad esempio, nel 1992 è statopubblicato e nel 1999 riveduto, unfoglio di posizione congiunta sullafornitura di farmaci nei paesi invia di sviluppo che include propo-ste di soluzioni per il marketing,l’imballaggio e la gamma di pro-dotti, tanto per il cosiddetto mer-cato privato quanto per quello ge-nerico pubblico.

Vengono proposti e intrapresiprogetti di collaborazione ma bi-sogna chiaramente ammettere chealcune questioni rimangono anco-ra irrisolte, come

– il ruolo del rappresentante far-maceutico

– una gamma sensibile di pro-dotti e l’uso razionale di medicine

– le priorità della ricerca che in-cludono la ricerca di nuovi farma-ci per combattere le malattie tropi-cali.

Le esperienze più produttive so-no state quelle che hanno riguar-dato progetti comuni. Tra queste:

lo sviluppo di un minilab10, per ilcontrollo della qualità delle medi-

cine sul campo. Mentre l’industriafarmaceutica è primariamente in-teressata nel minilab per il suo po-tenziale di individuare le contraf-fazioni dei propri prodotti, il prin-cipio di questo esame può essereusato anche per controllare gli in-gredienti delle medicine essenzia-li, scoprendo così una quantità dicontraffazioni nei progetti dei no-stri partner.

Lo sviluppo di un manuale11 chemostri come l’industria possa for-nire un aiuto efficace in caso di di-sastri, ad esempio seguendo le Li-nee Guida per le Donazioni di Far-maci, la compilazione di elenchiin cui le compagnie farmaceuticheforniscono informazioni ad esem-pio sulla qualità dei farmaci dona-ti, il loro tempo di conservazione epossibili registrazioni. A loro vol-ta, coloro che ricevono tale aiutoforniscono al donatore informa-zioni sui progetti per i quali si cer-ca assistenza allo scopo di giustifi-care la richiesta di aiuto.

Il paragone e l’adattamento diinformazioni differenti sul prodot-to per le stesse medicine vendutein Europa, Africa, Asia o Sudame-rica.

Spesso l’informazione del pro-dotto copre più indicazioni quandoè venduto nei paesi in via sviluppoche non in Europa. Dopo lunghediscussioni, molte di queste discre-panze sono state eliminate.

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100 SALUTE E POTERE

Le discussioni più difficili sonostate quelle relative alla valutazio-ne dei bisogni effettivi dei prodot-ti individuali, fino a quale misuracioè essi possono essere classifi-cati come irrazionali. Benché cifosse un interesse commercialenel continuare a vendere questiprodotti, un gran numero di loro èstato ritirato dal mercato da alcunecompagnie farmaceutiche e, attra-verso lunghe e difficili negozia-zioni, è stato raggiunto almeno unsuccesso parziale12.

Futuri progetti riguardano il so-stegno della ricerca nella medicinatropicale o la stesura di specialiaccordi mediante prezzi differentidei farmaci contro l’HIV/AIDS.

Negli ultimi anni il nostro dialo-go con il VFA è stato reso più dif-ficile dalle frequenti fusioni avve-nute tra le compagnie dell’indu-stria farmaceutica e dai continuicambiamenti nei nostri contatti.Inoltre, come risultato delle fusio-ni, alcune compagnie farmaceuti-che tedesche ora hanno sede in al-tre città europee e hanno pertantolasciato il programma nazionale di

dialogo. Sarebbe auspicabile chesimili dialoghi potessero aver luo-go in altri paesi industrializzati daparte di specialisti delle ONG edell’industria farmaceutica.

Un network internazionale di ta-li dialoghi e lo scambio risultanteda queste esperienze sarebbe cer-tamente prezioso.

Dr. BERND PASTORSManaging Director di Action Medeor

Board Member di Medicus Mundi International

Germania

Bibliografia1 Background paper for the WHO-WTO

secretariat workshops on differential pricingand financing of essential drugs, Hosbjor,Noway, 8-11 April 2001: MORE EQUITA-BLE PRICING FOR ESSENTIAL DRUGS:WHAT DO WE MEAN AND WHAT ARETHE ISSUES?

2 WHO medicines strategy: framework foraction in Essential Drugs and Medicine Policy2000-2003. World Health Organization, Ge-neva, Switzerland, 2000.

3 Deutsche Kommission Justitia et Pax:Das TRIPS-Abkommen bedroht die Men-schenrechte der Armen, Juni 2001.

4 JACOBZONE, S. Pharmaceutical policies inOECD countries: reconciling social and indu-strial goals. Labour market and social policy –occasional papers number 40. OECD, Paris,2000.

5 PECOUL, B ET AL, JAMA 281, 361 (1999),cited in Reich, M: The global drug gap, Scien-ce, 287, March 2000.

6 Annual Report 2000, Helping with Medi-cine all over the world, German Medical AidOrganization Action medeor e.V., Germany

7 MSF-Symposium Berlin 2000, Arzte oh-ne Grenzen-Symposium, Gesundheit – Opferfortschreitender Globalisierung?

8 Arzneimittelversorgung in der DrittenWelt, Positionspapier (ISBN 3-932535-27-8)der Gemeinsamen Konferenz Kirche undEntwicklung (GKKE) und des VerbandesForschender Arzneimittelhersteller (VFA),Bonn 1999.

9 Médecins Sans Frontières InternationalHomepage (www.msf.org), Fatal Imbalance:The Crisis in Research and Development forDrugs for Neglected Diseases, 2001.

10 Brochure German Pharma Health Fund(GPHF), The GPHF-Minilab®, Protectionagainst counterfeited and substandard phar-maceuticals, 2001.

11 Pressekonferenz Bonn 2001, The GPHGand Drug Donations in Emergency Situations

12 Auswertung und Beurteilung der Fir-menstellungsnahme zur Studie der BUKO-Pharmakampagne, DIFAM Tubingem 2001.

FERNANDO S. ANTEZANA ARANÍBAR

5. Il potere e la salute nelle strutture nazionali e internazionali

Come dice il titolo, questo in-tervento si propone di discutere imeccanismi d’azione che tendonoa sensibilizzare e orientare i varipoteri che convergono nel mondodella salute, al fine di migliorarela situazione della salute nel mon-do, in particolare tra le popolazio-ni più povere.

In questa linea si discute breve-mente l’interrelazione e l’influen-

za dei diversi poteri, come giàespresso in questa sede negli anniscorsi, per quanto riguarda la loronatura, obiettivi, interessi generalie particolari, ma anche le respon-sabilità di fronte alla società che èquella che, in diversi modi, general’esistenza di questi poteri. Il po-tere non può esistere nel vago, perquesto la coscienza sociale è tantoimportante per l’esistenza stessa

del potere, se si vuole che questosia durevole e vitale.

Quando si parla di poteri, si de-vono anche distinguere i principisu cui essi si basano per quanto ri-guarda il campo della salute. Inquesto senso crediamo che i prin-cipi proclamati nella costituzionedell’OMS e che coincidono conmolti dei principi cristiani, do-vrebbero essere la base universale

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per stabilire equità, giustizia so-ciale, cooperazione e solidarietà,morale ed etica nel mondo dellasalute e dei servizi sanitari.

Salute e potere, quale argomen-to più opportuno da dibattere trat-

tandosi di un rapporto tanto com-plesso, importante e indispensabi-le e per queste stesse ragioni con-flittuale, nel mondo globalizzatoed economicista di oggi. Ciò con-siderato, spero che siamo tuttid’accordo sul fatto che così comela salute dipende dai poteri che lariguardano e dalla loro interrela-zione, essa stessa e i servizi sani-tari possono essere, e in moltepli-ci contesti lo sono, fonti di potere.Se è evidente che la salute è il do-no materiale più apprezzato dal-l’essere umano, i servizi sanitaridiventano, per logica conseguen-za, la giusta speranza di ottenereprevenzione, cura e riabilitazione,quando la salute è compromessa.Allo stesso tempo, per conservarela salute, sono altresì fondamenta-li l’educazione, la promozione el’informazione su uno stile di vitasalutare.

Ma tutto ciò non può dipenderesolamente dalla scienza pura. Esi-ste una notevole influenza di ele-menti sociali, spirituali e moraliche fa sì che l’importante apportomedico-scientifico e culturale siapiù efficace ed efficiente. Cono-

sciamo esempi notevoli del poteredella fede cristiana nei processi dimantenimento e soprattutto di re-cupero della salute.

È qui che i sopra riferiti principiuniversali sulla salute dovrebbero

guidare un’azione coordinata e si-stematica, tanto a livello dellestrutture nazionali quanto, e ancorpiù, di quelle internazionali. Vor-rei sottolineare a questo punto chela portata universale della Chiesanella sua totalità fa di essa unostrumento imponderabile di pro-mozione e applicazioni di questiprincipi.

Livello nazionale

Tre dimensioni sono utili pervisualizzare la grandezza del te-ma e le possibili azioni da seguireper migliorarne l’efficacia e laportata.

Dimensione umana di giustiziasociale, equità, etica e morale, di-ritti umani.

Dimensione economica, in par-ticolare per quanto si riferisce alfinanziamento e al suo modo dioperare, ai costi, alle forme di ac-cesso, ai meccanismi di assicura-zione sociale, ecc.

Dimensione tecnologica, che siriferisce all’uso razionale ed equodelle tecnologie sanitarie, basate

su necessità e non su desideri oprivilegi, come pure al loro usoetico e deontologico.

Bisognerebbe aggiungere unaquarta dimensione per completareil panorama e cioè la relazione trasettore pubblico e privato, inclu-dendo il fecondo lavoro delleONG senza scopo di lucro nelcampo della salute.

Le tre dimensioni su menziona-te dipendono dall’interrelazionedi forze e influenze dei vari poteri(interessi) che convergono nelsettore sanitario. È indubbio, tut-tavia, che le politiche sanitarie dipaesi o regioni determinano ilquadro generale per l’interazionedei poteri citati. Questo fatto rico-nosce la trascendenza della fun-zione normativa dello Stato, che èl’unico potere che possa e debbaassolvere a queste funzioni, riflet-tendo così la politica sanitaria na-zionale, le sue priorità e i parame-tri da seguire, quando entra inazione l’inter-gioco di interessidegli altri protagonisti. Altrimentichi veglierà sulla sicurezza e lagaranzia dei pazienti? Chi potreb-be altrimenti adempiere al ruolodi custode dell’equità e della mo-rale? Tenuto conto di questo fatto-re basilare (il ruolo normativodello Stato) si fanno più evidentigli interessi degli altri poteri, sia-no questi accademico-scientifici,economici, tecnologici o altri.

All’interno di questo panorama,dobbiamo fare una considerazio-ne speciale per quanto riguarda ilruolo dei prestatori dei servizi sa-nitari, tanto come istituzioniquanto come persone. Anche ilruolo e le funzioni di queste istitu-zioni e persone hanno espressionidi potere e, in molti casi, il loropotere ha un grande peso. In varieoccasioni la privatizzazione deiservizi sanitari ha portato comeconseguenza sicuramente unamaggiore efficienza ma anche unamaggiore iniquità, giacché essa èdirettamente legata alla capacitàdi pagamento da parte dei malati odelle loro famiglie. Come tuttisappiamo, la persona ammalata èmolto vulnerabile, desidera avereuna dose logica di speranza ed èassolutamente disposta a fare qua-lunque sacrificio per se stessa oper i suoi familiari, in funzione diciò che percepisce come proble-ma di salute. Per questa circostan-

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102 SALUTE E POTERE

za è dovere dello Stato e della co-munità proteggere e guidare i ma-lati o le popolazioni a rischio.

Nel contesto nazionale deve es-sere stabilito il potere dello Statocosì come la sua responsabilità. Inquesto senso, cosa fare per vigila-re affinché queste funzioni nell’e-sercizio del potere riflettano le ne-cessità reali della popolazione? Èquesta la ragione per cui credo chela partecipazione diretta e/o indi-retta della comunità sia di crucialeimportanza. A questo scopo è fon-damentale identificare i meccani-smi, i livelli e le forme in cui sirealizza la determinazione delledecisioni del potere centrale stata-le. La diffusione dei fattori che in-fluiscono sulla salute e la malattia,soprattutto in relazione a stili divita, può essere un elemento pri-mordiale nell’organizzazione so-ciale di un determinato contesto

umano. Si dimostra così la naturaplurisettoriale della salute, comepure il suo profilo plurifattoriale.Riconoscendo questi fatti, potre-mo comprendere meglio come idiversi poteri influenzano la salu-te. L’educazione in generale e, inparticolare, l’educazione sanita-ria, sono condizioni importantiper migliorare il livello sanitariodi una popolazione, mettendo inpratica forme di vita e condotte at-te a conservare la buona salute eprevenire la malattia.

Rispetto agli altri poteri che in-fluiscono sulla salute e sui servizisanitari a livello nazionale, abbia-

mo già avuto occasione di ascolta-re importanti e utili contributi insessioni precedenti. Credo che ciòsi relazioni con la necessità di rea-lizzare un’azione coordinata eun’armonizzazione indispensabi-le degli sforzi dispiegati dai diver-si protagonisti. Sarebbe utile chie-dersi in questa riflessione se taliprotagonisti hanno interessi eazioni ben più contrastanti e per-tanto se operano guidati da questiinteressi e non necessariamentedal bene comune e dai principifondamentali a cui ci riferiamo,che sono espressi anche nell’ulti-mo documento di Missione ePrincipi dell’Associazione Inter-nazionale delle Istituzioni Sanita-rie Cattoliche.

È in questa situazione che lefunzioni normative e regolatricidel potere-Stato sono uniche einalienabili per concedere la ga-

ranzia che la comunità merita edomanda. Pertanto, l’influenzache la comunità può e deve eserci-tare nell’elaborazione e nell’ap-plicazione di queste norme e rego-lamentazioni, è la base per lo svi-luppo equo ed efficiente di qual-siasi sistema sanitario. È dirittodei cittadini eleggere coloro cheamministreranno le risorse dispo-nibili in un quadro di equità, soli-darietà, etica e morale che inoltresiano compatibili con gli insegna-menti di Cristo e della Chiesa.Quale deve essere quindi il nostrolavoro nella comunità cristiana?Anzitutto mettere da parte l’indif-

ferenza. Il pensare che siano altria doversi incaricare di dinamizza-re le azioni è un atteggiamentopassivo, se non addirittura negati-vo. Per questo è importante agirecon tutti i mezzi di cui disponia-mo. Prima con l’esempio e poicon la diffusione e la promozionedi principi, azioni e strategie. Esi-stono molteplici gruppi di personeansiose di partecipare al tipo diazioni su menzionate e che aspet-tano solo un strada che permettaloro di svilupparsi, senza distin-zioni di classe, guidati solo daquei principi e orientati ai fini per-seguiti dalla comunità e dalle suepriorità.

Se conveniamo che la salutenon conosce frontiere di razza, co-lore, religione, politica, economia,ecc., saremo d’accordo anche sulprincipio universale di accessoper tutti ad una migliore salute e amigliori servizi sanitari. Desiderosottolineare questo punto nell’im-portante ruolo che le ONG svol-gono a livello nazionale, riferen-domi più avanti al livello interna-zionale di queste organizzazioniche ogni giorno acquisisconomaggiore influenza nel settore sa-nitario in particolare e nel settoresociale in generale. È opportunoricordare ancora una volta la di-stinzione tra ONG senza e conscopo di lucro. In salute questa di-stinzione è importantissima.

Livello internazionale

La salute e il controllo delle ma-lattie, in particolare quelle tra-smissibili, sono stati sempre un te-ma importante e di costantepreoccupazione. È facilmente ac-cettabile il fatto che le malattienon hanno frontiere, ancor menonel mondo globalizzato in cui vi-viamo. Le malattie conosciute co-me non trasmissibili ancora oggisono malattie comuni a tutta la po-polazione del mondo, giacché lemalattie croniche e collegate allostile di vita sono diventate ancheloro globalizzate come i mezzi dicomunicazione, la televisione, iltrasporto rapido. In dimensioniimpensabili solo alcuni anni fa, ladigitalizzazione, la comunicazio-ne elettronica, l’e-mail, ecc., han-no promosso abitudini di culturediverse, soprattutto di quelle do-

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minanti, che non sempre sono lepiù sane e compatibili con la salu-te pubblica né con il controlloadeguato delle malattie. Ad esem-pio: prima i problemi di nutrizio-ne erano collegati quasi semprealla fame e alla denutrizione condisastrose conseguenze nei paesipoveri. Oggi preoccupa oltremo-do l’obesità, la supernutrizioneper eccesso di grassi, la sicurezzaalimentare quantitativa e qualitati-va, la presenza di fertilizzanti e dipesticidi in prodotti alimentari cheprima erano coltivati in modo deltutto naturale e in consonanza conl’ecologia e le caratteristiche pro-prie dell’ambiente.

Se a tutto questo aggiungiamocerti costumi e abitudini di vitacosiddetti “moderni” che promuo-vono pratiche incompatibili con labuona salute, come il tabagismo,il consumo esagerato di alcol, lamancanza di esercizio fisico, laconcentrazione in centri commer-ciali in grandi superfici, i rifiutisolidi, il trattamento dell’acqua,ecc., l’immagine del mondo in cuiviviamo sembra quella di un sog-getto portatore di tutti quei fattoriatti a renderlo presto un malatocronico a volte incurabile.

In questo scenario che sembracatastrofico, si evidenzia la naturainternazionale della salute e dellamalattia, imponendo così la ne-cessità di un’azione internaziona-le congiunta, coordinata e coeren-te di tutti i protagonisti internazio-nali della salute, rispettando sem-pre i principi di equità, solidarietà,etica e la pluriculturalità.

Sembra difficile, nel mondo dioggi, distinguere i protagonistinazionali da quelli internazionaliper ciò che si riferisce alla salute.I governi sono gli stessi e sono lestesse anche le ONG, specialmen-te quelle più influenti e che di-spongono di maggiori risorse, leistituzioni accademiche e scienti-fiche vanno compenetrandosi ealcune aprono la strada che devo-no seguire le altre, che come sem-pre sono quelle che dispongono diminori risorse. Qual è quindi ladifferenza tra l’operato a livellonazionale e quello a livello inter-nazionale in materia di salute? Ledifferenze sono varie, tanto perquanto riguarda la quantità quan-to, e soprattutto, la qualità. Ne ci-terò alcune per illustrare questa

affermazione. Ci sono almeno trecategorie di distinzione:

– ci sono i paesi ricchi, più svi-luppati, all’avanguardia, il cui po-tere a livello internazionale si puòapprezzare in tutti i fronti che ab-biamo menzionato in relazione al-la salute, ad esempio vaccinazionisistematiche e accessibili.

– ci sono i paesi poveri, che so-no la maggioranza anche comepopolazione, che sono sempre iperdenti e che spesso devono op-tare per alleanze che non sempresono quelle più convenienti e fat-tibili per loro.

– ci sono alcuni paesi che sitrovano tra questi, non sono moltie, malgrado alcuni non lo pensino,sono quelli che presentano glisvantaggi di entrambi e solo alcu-ni dei vantaggi dei ricchi, a voltepretendendo ciò che non possonoe mettendo da parte ciò che po-trebbero. Presentano una serie dicontrasti che è molto difficile su-perare e potenzialmente hannograndi problemi sociali, per quan-to riguarda la salute dei loro citta-dini.

Con questo scenario mondiale,quale dovrebbe essere la strada daseguire?

Non c’è dubbio che esiste unagrande componente politica perquanto riguarda l’azione interna-zionale in materia di salute. Que-sto fatto viene negato in molti fo-rum però la realtà dimostra che lapolitica nella salute non è neces-sariamente politica sanitaria o perla salute.

Tutti sappiamo che è necessariocondividere ideali, principi eobiettivi per un’azione coordina-ta, efficiente e basata, come abbia-mo detto rapidamente, su equità,solidarietà e giustizia sociale. Perqueste ragioni occorre chiedersise in realtà queste tre categorie(arbitrarie) di paesi siano capaci diarmonizzare i loro interessi infunzione di questi principi e idea-li. La salute potrebbe servire dacollante per ridurre le differenzeesistenti nel mondo, in modo taleche ci siano migliori condizionisanitarie per una migliore produ-zione umana, un migliore livellodi vita per i meno favoriti e perrafforzare la pace?

Chiaramente la risposta teoricaed accademica è positiva, però laprassi e l’esperienza ci dimostra-

no che è molto difficile, se nonimpossibile. Devono avveniregrandi tragedie per convincerciche siamo tutti sulla stessa barca?Francamente spero di no. Cosa fa-re quindi?

Per raggiungere un livello diconsenso internazionale sonosempre più evidenti l’urgenza e lanecessità della partecipazione edell’azione comunitaria. Questapartecipazione può avvenire in di-versi modi, occasioni e livelli.Tuttavia esistono alcuni aspetticomuni e di cui vale la pena tenerconto se si desidera realmente in-fluire sulle strutture sanitarie na-zionali e internazionali e sul lorocammino. Alcuni suggerimenti:

– conoscere le strutture gover-native e intergovernative in que-stione, come si sono formate, co-me sono strutturate e, soprattutto,come funzionano tanto a livellonazionale quanto internazionale(Organismi Internazionali).

– Conoscere il funzionamentodelle ONG, non solo la loro strut-tura e funzionamento ma anchel’origine dei loro fondi e i loromeccanismi operativi nei paesie/o comunità (oggi si sa che buo-na parte dei fondi delle principaliONG internazionali senza scopodi lucro provengono dai governi,il che rende sui generis la loro si-tuazione in termini di cooperazio-ne internazionale).

– evidenziare in modo tangibi-le le inquietudini esistenti in ma-teria di salute, a volte come rifles-so di iniquità maggiori e conflittidi interesse.

– Discussione aperta e traspa-rente dei fattori che determinano lasalute e la malattia, che in gran nu-mero sono fuori del controllo edell’influenza del settore sanitario,es. contaminazione ambientale.

– Coscientizzazione di tutta lacomunità sulla responsabilità diognuno in relazione alla propriasalute, come pure dell’ambienteche lo circonda e della comunitàin generale (prestatori e benefi-ciari).

– Informazione e conoscenzadettagliate delle strategie naziona-li e internazionali, includendo lepriorità d’azione (lobbying?).

– Rispetto degli spazi socio-culturali delle comunità, includen-do i concetti e le pratiche della me-dicina autoctona o tradizionale.

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– Maggiore demedicalizzazio-ne della salute, incorporando op-portunamente la nozione della di-mensione spirituale della salute.

Queste riflessioni possono esse-re utili per iniziare un dibattito al-lo scopo di giungere a determina-re azioni che influiscano realmen-te nel fare della salute e dei servi-zi sanitari un bene per tutta la po-polazione, cioè un bene universa-le. Per questo la nostra conferenzaè molto importante.

È stata presentata, discussa eanalizzata la relazione del potere(nelle sue diverse forme edespressioni) con la salute e i servi-zi sanitari. Ritengo che questaconferenza e l’invito che abbiamoricevuto dall’Ecc.mo Presidente

del Pontificio Consiglio della Pa-storale per la Salute, Mons. JavierLozano Barragán, non siano stativoluti per esprimere ancora unavolta i nostri desideri o le nostreconvinzioni, bensì per giungere aconclusioni e raccomandazionipratiche su come agire in questocampo. Credo altresì che l’inizia-tiva del Pontificio Consiglio e delsuo Presidente di riattivare e ag-giornare l’AISAC (Catholic Fe-deration of Health Care Institu-tions) è una dimostrazione di co-me rafforzare l’azione coordinata,sistematica ed efficiente nel cam-po della salute, per il più grandesistema di servizi sanitari esisten-te al mondo, cioè le istituzioni le-gate alla Chiesa cattolica e, an-

dando oltre, per l’azione ecumeni-ca nel campo della salute.

Nel futuro incerto in cui vivia-mo agli albori del secolo XXI, ri-tengo una necessità l’azione deci-sa, coordinata, impegnata e parte-cipativa nel campo della salute ela prevenzione della malattia co-me un elemento in più verso la co-struzione di un migliore intendi-mento tra gli esseri umani e il dia-logo interculturale, la pratica dellagiustizia sociale e la solidarietàper un pace duratura ispirata agliinsegnamenti cristiani.

Dott. FERNANDO S. ANTEZANA ARANÍBAR

Già vice Direttore Generale dell’OMS

EDUARDO R. MONDINO

6. Cosa fare in relazione alla politica degli Stati

Desidero anzitutto esprimere ilmio ringraziamento per l’opportu-nità offertami di presentare, inquesta prestigiosa Conferenza In-ternazionale, l’opinione del Difen-sore Civico della Nazione Argenti-na sul tema di questo incontro, percontribuire all’analisi del diritto al-la salute e dei rapporti di potere co-stituiti attorno al suo esercizio, allaluce del Magistero ecclesiale.

Allo stesso tempo, vorrei pre-sentare la visione dell’AmericaLatina sulla validità di questo dirit-to umano primario, consacrato datutte le convenzioni internazionalie dalle Costituzioni nazionali deinostri paesi ma reso altamente vul-nerabile nella sua realtà e danneg-giato nella sua validità.

In tal senso, secondo il Difenso-re Civico della Repubblica Argen-tina, per mandato costituzionale,per esercizio dello stesso e per

convinzione personale, il dirittoalla salute è un diritto umano es-senziale e primario.

Per diritto umano intendiamo“...un diritto morale, integrale euniversale che tutti gli uomini, diogni luogo e qualsiasi epoca, de-vono avere e del quale nessuno do-vrebbe essere privato ...In definiti-va, un diritto che appartiene a ogniessere umano semplicemente per ilfatto di essere uomo...”.

È in questo contesto interpretati-vo e con questa stessa portata eprofondità che intendiamo il con-cetto di “diritto alla salute”.

In termini più specifici, ilpreambolo della Costituzione del-l’Organizzazione Mondiale dellaSalute dichiara:

primo, che il godimento del li-vello più alto possibile di salute èuno dei diritti fondamentali di ogniessere umano e

secondo, che i governi sono re-sponsabili della salute dei loro po-poli e che questa responsabilitàpuò essere adempiuta soltanto me-diante l’adozione di misure sanita-rie e sociali adeguate.

È qui che, in primo luogo, stabi-liamo l’inseparabile legame tra“diritti umani” e “diritto alla salu-te” e interpretiamo che questo le-game è di una tale profondità chenon si può concepire la realizza-zione dell’uno senza l’altro.

Per questo non accettiamo diequiparare i cittadini a “consuma-tori o utenti” dei servizi sanitari,perché essi hanno diritto alla prote-zione della salute come bene socia-le e come diritto umano primario.

In secondo luogo, intimamentecorrelato al precedente e nell’am-bito della responsabilità dello Sta-to, il cosiddetto “accesso alla salu-te” si costituisce in diritto sociale e

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in “bene sociale” il cui consegui-mento deve essere garantito dalloStato.

Tale garanzia da parte dello Sta-to, nell’esercizio delle sue funzio-ni indeclinabili, trascende gliaspetti giurisdizionali, perché “undiritto umano non ha frontiere” eanche gli aspetti settoriali, perchéquesta stessa garanzia va oltre ilsettore (quasiasi esso sia: pubbli-co, privato o della previdenza so-ciale) che presta i diversi servizisanitari.

La nostra realtà

L’analisi della realtà latino-americana in questa materia, chesicuramente coincide con quella dialtri paesi detti “emergenti”, “mar-ginali” o in “via di sviluppo”, cipermetterà di valutare il ruolo del-lo Stato nell’esercizio di questagaranzia e di individuarne i falli-menti.

In generale possiamo affermareche, negli ultimi decenni, i paesilatino-americani hanno conosciutoprofonde riforme strutturali incampo economico e sociale, comeconseguenza dei cosiddetti proces-si di “riforma dello Stato”, di pri-vatizzazione dei servizi tradizio-nalmente considerati “pubblici” edi concentrazione della ricchezza,con la logica e prevedibile iniquitànella distribuzione delle entrategenerate.

Questi processi non sono statiaccompagnati da adeguate politi-che sociali di contenimento.

Questo fallimento e questa im-precisione, sicuramente variabiliimplicite nella stessa concezionedi quei processi, hanno generatoeffetti negativi su una popolazioneche non era stata debitamente assi-stita per sopportare tali conse-guenze.

L’esito dei citati processi globalisono state le politiche particolari econgiunturali applicate in ognipaese. Per questo non si può di-menticare la considerazione deicosiddetti “piani di adeguamento”,consigliati dagli organismi multi-laterali di credito come condizioneper l’accesso a nuove risorse di fi-nanziamento.

Tali piani di contingenza, emi-nentemente di carattere fiscalista,hanno colpito in generale l’esecu-

zione di programmi sociali e sani-tari, in particolare in adempimen-to dei criteri di tipo economico icui obiettivi non sempre coincido-no con le necessità della popola-zione e che, come sempre, pregiu-dicano quanti dispongono di mi-nori risorse.

I diversi programmi di riformadello Stato e i loro conseguenti“piani di adeguamento fiscale”,hanno dato come risultato un’e-norme paradosso, poiché l’obietti-vo enunciato da quelle politichepubbliche è sempre stato lo svilup-po di un modello in cui le presta-zioni sociali e sanitarie fossero at-tività principali del nuovo Stato.

Si supponeva che, a partire dalleprivatizzazioni e dall’adeguamen-to delle strutture statali, fosse pos-sibile raggiungere l’ “ideale di unoStato neoliberale” dedito, quasiesclusivamente, all’attenzione deiservizi di sicurezza, salute, educa-zione e giustizia.

Tuttavia, senza discutere il ruoloche si assegnava allo Stato, gliobiettivi enunciati erano lontanidall’essere raggiunti.

Una cruda concezione di redditi-vità ha ispirato e accompagnatol’esecuzione di tali riforme, le sueconseguenze negative non si sonofatte attendere e, in materia di at-tenzione alla salute, oggi è facileconstatare un reale “stato di indi-genza della salute pubblica”.

Questa dottrina, convertita in“politica di Stato”, in materia disalute ha un’aggravante giacché hasignificato, inoltre, la trasforma-zione di un bene sociale in unamerce, soggetta pertanto alle rego-le dell’offerta e della domanda edestranea a ogni questione vincolataalle finalità dello Stato.

Stando così le cose, gli Stati re-stano esclusi da quel ruolo protet-tore in materia di salute, lasciandola popolazione alla mercé degli an-damenti del mercato.

Non porre riparo alle ingiustiziecosì provocate rende ancor piùprofonde le attuali differenze so-ciali, come conseguenza dell’ab-

bandono o di una maniera inade-guata di trattare i pilastri tradizio-nali di ogni sistema sanitario quali“la prevenzione” e l’ “attenzioneprimaria”, situazione che si aggra-va per la carenza di sufficienti edegne fonti di lavoro per quanti nesono coinvolti.

Per riassumere, i risultati evi-denti sono: esclusione sociale ag-gravata dalla disoccupazione strut-turale.

Per questo è improrogabile faregli sforzi necessari per capovol-gere questi squilibri sociali, senzaignorare i reclami delle sue vitti-me e creare le condizioni per in-vertire la marginalità già installa-ta nel tessuto sociale dei nostripopoli.

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Per completare questa breve dia-gnosi, desidero esporre solo alcunidati del settore sanitario della Re-pubblica Argentina.

Secondo il rapporto 2000 del-l’Organizzazione Panamericanadella Salute, l’Argentina ha fattoun forte investimento in materia disalute: tra 600 e 800 dollari perabitante l’anno, il che rappresentatra l’8 e il 9% del PIL, occupando iprimi posti nella graduatoria deipaesi dell’America Latina che piùspendono nel campo della salute.

Dal rapporto si nota l’abbon-

danza e la qualificazione delle ri-sorse umane in Argentina, l’ade-guata offerta educativa, la capacitàesistente in materia di edifici e nu-mero di posti letto. Ma si osservaanche che “con queste valide ri-sorse i risultati del sistema sanita-rio non sono soddisfacenti, né alpari con esse...”.

Viene segnalata la presenza didifferenze regionali notevoli e in-dicatori di iniquità, per quanto ri-guarda le possibilità di accesso e diuso delle risorse, giacché questevariano notoriamente secondo ilsettore sociale o la regione del pae-se di cui si tratta.

Inoltre il rapporto precisa che il45% della spesa totale in camposanitario è sostenuto dalle fami-glie, con un divario crescente diaccesso al sistema tra i settori adalto e basso reddito.

Infine, si calcola che il 38% cir-

ca della popolazione gode soltantodi una copertura da parte del siste-ma sanitario pubblico, percentualeche sicuramente crescerà se conti-nueranno gli alti indici di disoccu-pazione, in quanto questa implical’automatica migrazione della po-polazione colpita dal sistema soli-dale delle opere sociali a quello delsettore pubblico.

Tale realtà non è propria del-l’Argentina ma riflesso e conse-guenza delle condizioni descrittee, sicuramente, è simile in molti al-tri paesi.

Vi sono un grande sforzo di in-vestimento annuale nel sistema eadeguati indicatori globali in ma-teria di risorse umane e materialiapplicati al settore sanitario. Però,come risultato finale si ottiene: di-suguaglianza nel trattamento tragruppi sociali e anche all’internodello stesso gruppo, disuguale co-pertura geografica, assenza delservizio pubblico per coprire lenecessità degli esclusi dalla priva-tizzazione di servizi e prestazionie dalla corruzione strutturale deisistemi di previdenza sociale.

In definitiva, l’inefficiente ap-plicazione di risorse pubblichescarse e la primazia dei criteri diredditività nell’attenzione del ser-vizio implicano una mancanza diprotezione e l’esclusione socialedi crescenti frange della popola-zione.

Nuovo ruolo dello Stato

In questo contesto, è evidenteche la società aspira a uno Statopresente, che intervenga in funzio-ne della sua responsabilità di pre-servare l’insieme sociale che loconfigura.

Nessun abitante di una qualsiasinazione si aspetta né pretende chelo Stato sia assente. Al contrario, siaspetta e pretende uno Stato checoncentri i propri sforzi nella rea-lizzazione dei principi su cui sifondano le necessità della propriaesistenza.

Per questo, nell’attuale conte-sto storico e con nuove sfide perla difesa della dignità dell’uomo,oggi dobbiamo parlare ancora deiruoli dello Stato, per quanto ri-guarda le sue finalità essenziali e isuoi conseguenti obiettivi d’azio-ne politica.

Nell’ultimo decennio abbiamoassistito al passaggio da uno “Statodi benessere”, con funzioni in ec-cesso che soffocano la libertà e losviluppo individuale, a uno “Statoneoliberale”, con delega di funzio-ni al mercato che attenta alla sicu-rezza e all’equità sociale.

È l’analisi di questo processo dicambiamento che ci permette dirivalutare la dottrina sociale dellaChiesa, in materia di validità delprincipio di sussidiarietà comecriterio di definizione del ruolodello Stato. Principio che deve es-sere inteso senza cattive abitudinitotalitarie, per quanto riguardal’assegnazione allo Stato di fun-zioni che possono essere assoltedai singoli, né andamenti liberalio neoliberali, che lasciano l’ordi-namento sociale nelle mani delmercato, dimenticano l’uomo elogorano ogni funzione regolatri-ce e di controllo.

Recuperiamo dalle Enciclichepontificie il principio di sussidia-rietà dello Stato come colui checoniuga armoniosamente, nell’e-sercizio delle sue funzioni, libertà,sicurezza e giustizia sociale.

Nell’interpretazione integraledel principio, lo Stato non deverealizzare quelle funzioni che pos-sono essere assolte dai singoli in-dividui o da unità sociali gerarchi-camente minori; però, quandoqueste unità minori non sono incondizioni di realizzarle o non so-no di loro interesse (ad esempio

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per loro scarsa redditività), lo Sta-to si deve assumere il compito didifendere le sue finalità essenziali.

Agendo così, lo Stato non di-menticherà che l’insieme socialeaspira ad essere trattato come cit-tadino e non come cliente o utentedi un sistema dispensatore di servi-zi. E ciò è particolarmente veroquando si tratta dell’attenzione al-la salute della popolazione.

Quando espongo quest’ultimorequisito essenziale sono coscienteche mi sto addentrando nel temadella crisi dei concetti di cittadinoe cittadinanza.

“Il concetto di cittadino non siesaurisce nella sua definizionegiuridico-politica, bensì acquistasignificato nel suo esercizio quoti-diano, nella sua realtà e nella suaidealità”, come dicevo nell’ultimoCongresso dell’Istituto Internazio-nale dell’ “Ombusdman”, realizza-to a Durban, in Sudafrica, nel no-vembre del 2000. E aggiungevoche “la mancanza di connessionetra le basi teoriche della cittadinan-za e le vie pratiche della sua con-cretezza è stata evidenziata nellerealtà delle democrazie latino-americane, quando si paragona ildifferente accesso dei cittadini allosfruttamento dei beni e ai dirittioggettivi e soggettivi”. “Cittadiniimpossibilitati ad accedere a un la-voro, che rimangono socialmentee culturalmente al di sotto dei limi-ti della sopravvivenza economica,sanitaria e educativa e mancanoperfino di una rappresentazionepropria, evidentemente mettono inquestione non solo la loro condi-zione di cittadini bensì il senso deiloro diritti umani”.

Con questo voglio solo segnala-re quale è la sfida a cui ci troviamodi fronte quando parliamo del nuo-vo ruolo dello Stato e di questo co-me agente di iniquità, per assicura-re l’accesso ai cosiddetti “beni so-ciali” e la piena validità dei dirittiumani.

Ruolo del Difensore

In questo quadro della realtà,per mandato della CostituzioneNazionale, riformata nel 1994, alDifensore Civico spetta “la difesae la protezione dei diritti umani edegli altri diritti, garanzie e inte-ressi tutelati dalla costituzione e

dalle leggi, per quanto riguardafatti, atti o omissioni dell’Ammi-nistrazione e il controllo dell’eser-cizio delle funzioni amministrati-ve pubbliche”.

Questa missione del Difensore,nell’ambito dei diritti umani e inquello della realtà del suo eserci-zio, implica il compito permanentedi evitare ogni forma di discrimi-nazione e non permettere nuoveforme di esclusione umana e so-ciale. Se così non facesse, eglicomprometterebbe il suo prestigioe la sua credibilità, giuridicamente,politicamente e moralmente.

In questo compito gioca un ruo-lo fondamentale il reclamo del cit-tadino che giunge alla nostra Isti-tuzione, giacché la sua voce man-tiene desta la coscienza collettiva eimpedisce che le necessità restinonell’oblio.

In questo senso, intendiamo chel’Istituzione del Difensore Civico,come ricevente il reclamo, è nellecondizioni di mostrare le conse-guenze di quei modelli di sviluppoche non hanno come primo riferi-mento l’uomo e, allo stesso tempo,apportare dati della realtà al potereamministrativo, responsabile fina-le nel disegno delle politiche pub-bliche.

Ciò avviene perché il DifensoreCivico, da un lato costituisce unaporta aperta al contratto quotidia-no e permanente con il singolo in-dividuo, destinatario finale di ognipolitica dello Stato. Dall’altro lato,egli realizza il controllo delle fun-zioni amministrative pubblichepartendo dalla sua finalità ultima,cioè la difesa e la protezione deidiritti umani, di tutti i diritti umanie per tutti. Come risultato di questocompito, il Difensore Civico di-sporrà di una diagnosi permanentee attuale dei risultati finali dell’a-zione dello Stato.

Il Difensore Civico risulteràquindi, in quanto tutore e promoto-re dei diritti umani, un valutatoreefficace dell’adempimento dellefinalità dello Stato.

La congiunzione di questi com-piti si traduce in raccomandazionie rapporti che il Difensore presen-ta annualmente al Potere Legislati-vo della Nazione.

Dalla lettura e dall’analisi di ta-li raccomandazioni realizzate dalPotere amministrativo dello Stato,dipenderà l’impatto dell’apporto

del Difensore Civico al processodi disegno delle politiche pubbli-che.

Ma nulla, neanche il totale di-sconoscimento delle stesse, inva-liderà questi compiti perché la lo-ro validità si fondamenta nel re-clamo del cittadino reale che ri-corre all’“Ombudsman” perchésente vulnerati i suoi diritti.

Un contributo

Nel quadro del ruolo del Difen-sore come colui che contribuisce aldisegno delle politiche pubblicheper il settore sanitario, desiderosottoporre alla considerazione diquesta Conferenza alcuni concetticontenuti nella “Carta di Ljublja-na” del 1996 dell’OrganizzazioneMondiale della Salute che, insiemeall’apporto della nostra modestaesperienza in materia, possono co-stituire principi che orientano unnecessario processo di cambia-mento in questo campo.

Semplificando, riassumo taliconcetti come raccomandazioni alpotere amministrativo dello Stato:

primo, investire nelle capacitàdel servizio sanitario, assicurandoil rispetto del principio di univer-salità dell’accesso e della copertu-ra geografica in ogni territorio na-zionale;

secondo, vigilare affinché lariforma del sistema sanitario sirealizzi partendo da una riflessioneprofonda dei fattori che ne condi-zionano l’evoluzione e da un’ana-

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lisi rigorosa degli scenari del suofuturo sviluppo;

terzo, andare al di là dei modimeccanici, unidimensionali e vo-lontaristici di disegnare politiche ecomprendere il cambiamento deisistemi sociali adottando una con-cezione dinamica e interattiva;

quarto, sostenere l’idea che uncambiamento del sistema devefondarsi sul cittadino e garantireuna vera assunzione di responsabi-lità da parte dei diversi attori impe-gnati nella sua realizzazione;

quinto, adottare forme di svilup-po equilibrato del sistema, appro-fittando al massimo degli sforzi diconcertazione e creando le condi-zioni per un’evoluzione graduale amedio e lungo termine, senza tra-scurare il rigore e l’opportunitàdell’azione a breve termine.

In questo modo possiamo lavo-rare per instaurare principi diequità nel disegno delle politichepubbliche: equità geografica, al fi-ne di ridurre le disuguaglianze sa-nitarie tra paesi e regioni, equitàsocio-economica, per evitare disu-guaglianze tra uguali ed equità sa-nitaria nel trattamento dei diversigruppi a rischio.

Conclusione

Al fine di essere preciso riguar-do alla mia partecipazione comeistituzione che si occupa delle di-

fese del popolo universalmenteracchiuse nell’“Ombudsman”, de-sidero concludere incorporando,come proposta epistemologica,una breve teoria di articolazionetra Stato, Potere e Salute, oggettocentrale di questa Conferenza In-ternazionale.

– Lo Stato come organizzazio-ne soggetta al bene comune e ge-neratrice dello stesso.

– Il Potere come strumento difacoltà concesse legittimamente,ma che si legittima solo se garanti-sce un equilibrio di uguaglianzanella società, senza coazioni néomissioni, in funzione del bene co-mune.

– Salute come diritto naturalealla natura umana, senza necessitàdi classificazioni o aggettivazioni,proprio per il fatto di essere natura.Filosoficamente Sant’Agostino di-ceva: Dio perdona, perché è Padremisericordioso; gli uomini perdo-nano a volte, la natura non perdonaper il fatto di essere natura.

C’è qui, perciò, la misura del Di-ritto Umano alla Salute e di conse-guenza la ragione di articolazionetra Stato-Potere-Salute, allo stessotempo, c’è il riferimento condizio-nante del tutore di questo Diritto, ilDifensore Civico, che in primoluogo e prima di qualsiasi dialetti-ca o legislazione imprecisa o for-zata, è per antonomasia il Difenso-re Civico di esseri umani, nella lo-ro natura umana.

Noi, nella nostra Istituzione, ab-biamo voluto che il tema-obiettivofosse: rendiamo credibili tutti i di-ritti umani, primo fra tutti, quellodella natura umana, di tutti gli uo-mini e di tutto l’uomo.

Affinché la teoria di cui soprafunzioni, l’articolazione a cui fac-cio riferimento si trova di fronte aun bivio, il più conflittuale nellarelazione degli uomini tra di loro:il senso del potere. Perché il pote-re, frequentemente svilito, comerivelato da Max Weber nel suo li-bro “Sulla teoria delle scienze so-ciali”, “è la capacità di forzare ocoartare qualcuno, affinché questi,benché preferisca non farlo, facciala tua volontà a motivo della tuaposizione di forza”.

Tutti sappiamo cos’è il potere. Ilmondo è pieno di potenti che lohanno distorto, violentando i dirit-ti umani. Ciò avviene anche nellepolitiche, negli atteggiamenti enelle omissioni nei riguardi dellasalute.

Di conseguenza il potere, per es-sere valido, deve basarsi sull’eser-cizio dell’autorità, in funzione delbene comune nei rapporti sociali ecollettivi significativi per la vita,dal concepimento fino alla morte.

Per questo l’universalità di auto-rità che proviene da Dio, come au-tore della vita totale di tutto e tota-le per tutto, è il principio e la finedella salute: fisica, psichica, spiri-tuale, morale e intellettuale.

Così quindi la salute è una tota-lità, al di là della definizione del-l’Organizzazione Mondiale dellaSalute e di qualsiasi puntualizza-zione superficiale delle costituzio-ni umane imperfette o fallibili.

Ciò presuppone, di conseguen-za, nell’ambito della teoria che hovoluto apportare a questo incontro,la definizione per i Difensori Civi-ci come quadro-contesto verso l’e-quità nell’uguaglianza degli ugua-li: il loro ruolo di tutori dei DirittiUmani e nell’articolazione tra Sta-to, Potere e Salute in funzione del-la natura umana.

Dott. EDUARDO R. MONDINO,Difensore Civico della Nazione.

Repubblica Argentina.Direttore dell’Istituto Internazionale

dell’“Ombudsman” (IOI)

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1. Una formazione che continua

Uno dei motivi dell’attuale disa-gio (e conseguente burnout) cheinteressa in modo particolare chilavora nel mondo sanitario sta nel-lo scarto, percepito e vissuto, tra lerichieste alle quali è quotidiana-mente sottoposto e le risorse (tec-niche e relazionali) di cui può di-sporre. Le “attese” sulle capacitàprofessionali di chi lavora in ambi-to sanitario superano, spesso, lesue competenze reali1.

Nell’analizzare le richieste cui èchiamato a rispondere, valutarne ilsenso e la portata, vedere se debba-no e possano essere realmente sod-disfatte e fissare delle priorità, ilprofessionista sanitario può accor-gersi che è inadeguata la sua for-mazione sia a livello di contenutisia di abilità ma anche, e soprattut-to, di atteggiamenti con i quali en-trare nel lavoro e gestirlo in modo“salutare”, per se stesso e per i ma-lati che si vogliono curare. Se l’ap-prendimento di tutto ciò avviene inprimo luogo nel curriculum for-mativo, cioè nel momento in cui siva a scuola e ci si prepara ad unaspecifica professione, deve peròcontinuare attraverso una forma-zione che accompagni l’attività te-rapeutica e sia adeguata alle esi-genze che man mano, proprio nelmondo sanitario, possono (anchevelocemente) cambiare.

Obiettare che “val più la praticache la grammatica” può portarefuori strada: il rapporto con il ma-lato e con chi soffre è troppo deli-cato per essere lasciato al caso eimparato attraverso “prove ed er-rori”. La qualità di vita e la salutedelle persone ne guadagnano cer-tamente di più se l’agire è illumi-nato e continuamente indirizzatoda un sapere aggiornato, sia in am-bito tecnico sia relazionale. La for-

mazione, per essere adeguata allenuove esigenze, deve continuareperché è il luogo dove l’esperienzaviene confrontata, i problemi foca-lizzati, le crisi elaborate, nuovemodalità di intervento progettate econseguenti strategie programma-te. Se il sapere illumina e rinnova ilnostro fare, è l’operare che interro-ga, provoca, vitalizza, rende “sto-rico” il nostro sapere, specialmen-te nelle professioni che, comequelle sanitarie, implicano una re-lazione di aiuto e di cura mai com-pletamente prevedibile e “catalo-gabile”.

Ma il tipo di formazione che sisceglie, cioè il sapere che deveguidare in modi adeguati il nostrosaper fare nel mondo sanitario,non può eludere alcune domande“antropologiche” fondamentali:chi è il partner della nostra relazio-ne? Che cosa chiede domandandodi essere curato e guarito? Qualetipo di relazione dobbiamo intes-sere con lui per rispondere, in mo-do efficace, alla sua domanda disalute? Quale modello antropolo-

gico sottostà e dirige la nostra rela-zione di cura?

A quali modelli, ad esempio, cirifacciamo nel modulare la nostrarelazione di cura? A modelli mili-tari (combattiamo una malattia e ilmalato è il campo di battaglia),sportivi (non si può che vincere operdere la partita e il malato è iltrofeo della vittoria o il segno del-la sconfitta), tecnologici (legati al-l’efficienza dei mezzi a disposi-zione, non sempre nostri preziosiaiuti ma troppo spesso nostri sosti-tuti e padroni), economici (c’è chifornisce una prestazione e chi ladeve pagare e i conti devono sem-pre tornare) o politici (è un luogodove esprimiamo un servizio allacomunità o dove ci istalliamo pergestire un potere)? O, pur non de-monizzando tutto ciò, la nostra re-lazione di cura ha un più ricco mo-dello antropologico che la fonda eche, nel riconoscimento non soloteorico ma pratico di una recipro-cità relazionale, ci invita ad essererispettosi della ricchezza di chi fala domanda di cura e ad essere

LUCIANO SANDRIN

7. Educare alla relazione tra tutti i soggetti della cura

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“critici” sulla nostra (a volte ridut-tiva e povera) modalità di porci inrelazione.

Una formazione che non siasemplice lifting per meglio vendereil prodotto-salute non può sfuggirea queste domande e non leggerecon attenzione i cambiamenti in at-to nel mondo sanitario. Non è miaintenzione fare un’analisi esaustivadi tutto ciò ma solo proporre alcuneriflessioni utili per il nostro tema.

2. La riscoperta del soggetto

Non c’è contraddizione tra lacritica di una “ideologia della tec-nica” (della sua egemonia anche inambito sanitario e insensibilità di-nanzi alle angosce e alle sofferen-ze del malato e di chi gli sta accan-to) e il riconoscimento della suaimportanza per un miglioramentodella cura. “Non c’è contraddizio-ne nella misura in cui ogni formatecnica di intervento sia immersanel contesto di una intersoggetti-vità radicale e di un’atmosfera psi-cologica e umana: che consentanoai pazienti di sentire intorno a sé,non fredde applicazioni di catego-rie tecniche, ma presenze umanecapaci di ascoltare e di fare, con-temporaneamente assistenza e te-rapia”, capaci di ad-sistere (stareaccanto) e therapeuein (servire ecurare)2.

La terapia e l’assistenza nonpossono essere tali se non all’inter-no di rapporti in cui la dignitàumana della persona malata è pie-namente riconosciuta in tutti i mo-menti e contesti del percorso di cu-ra. L’ambiente sanitario ed il rap-porto di cura sono spesso criticatiper la mancanza di “umanità”. Undiscorso che vale, però, non soloper i casi di “malasanità” ma ancheper un certo modo di relazionarsicon chi soffre e che chiama in cau-sa la visione di persona che sta afondamento di una formazione che“si rivela” poi nel processo di cu-ra. In questo processo, ad esem-pio, l’uso del farmaco e della tec-nologia, sia a livello di indagineche di intervento, finisce moltospesso per far ritenere “non fun-zionale” (se non proprio disturban-te) il riconoscimento del malatocome soggetto e l’attenzione rela-zionale a lui come persona.

Nel nuovo contesto socio-sani-

tario “in cui da una parte la perso-na vive il fascino della modernatecnologia applicata alla medicinae dall’altra avverte il disagio, siaper l’impersonalità delle procedu-re, specialmente a livello ospeda-liero e della medicina specialistica,sia di fronte al vissuto di disorien-tamento legato alla settorializza-zione degli interventi conseguenteil predominio del concetto di com-petenza che al massimo giunge apreoccuparsi del dolore fisico mamolto raramente delle condizionisoggettive di benessere-malesseree quindi della sofferenza, è riemer-so anche qui in modo evidente ilbisogno di soggettività”3.

Il malato vive spesso sulla suapelle un sentimento di frantuma-zione, di essere guardato e curatoda vari operatori sanitari, ognunodal suo punto di vista, senza il do-vuto rispetto della sua interezza.Gli viene rimandata nella relazio-ne di cura, come in uno specchio,un’immagine frantumata e parzia-le. Perché la risposta curante ridiaunitarietà al soggetto che la chiedee continuità narrativa ad una bio-grafia che la malattia interrompe,c’è bisogno, anche nella relazioneterapeutica, di riscoprire il model-lo di alleanza. C’è quindi la neces-sità di un patto in cui i due partnersi prendano sul serio nell’interezzadella loro personalità e dell’impli-cito esperienziale cui sia la doman-da di cura sia la risposta ad essa ri-mandano: non solo l’interezza delmalato ma anche di chi lo cura.

Alleanza terapeutica è il nomeche si può dare alla relazione tra unmalato e chi lo prende in curaquando tale relazione è intesa nellasua dimensione più radicalmenteesistenziale: all’interno di un’e-sperienza di malattia si solleva unadomanda di cura, cui un soggettocompetente promette di prestareaiuto. La malattia non è però sem-plicemente alterazione di una partedell’organismo e l’impegno tera-peutico non si esaurisce in un orga-no da far funzionare, in un virus-nemico da combattere, in qualcosache possa venir totalmente oggetti-vato. La domanda di cura, la ri-chiesta di aiuto che il sofferente faa chi gli sta intorno, è carica diun’attesa più ampia della sempliceprestazione tecnica, “è ricercacioè, da parte del sofferente, dellapropria vera identità, di che cosa

sia venuto realmente meno neldramma della malattia, di che cosadunque egli ultimamente cerchi,domandando salute e infine qualenome meriti il Dio che ha consen-tito il male”. Rispondere alle attesedel malato non può dunque ridursialla sola offerta di servizi tecnici.La domanda di cura è la richiestada parte di chi soffre di un suo ri-conoscimento come persona, diuna salute che gli interventi tecni-ci, da soli, non possono mai piena-mente soddisfare4.

Ma questa attenzione al malatocome soggetto deve andare oltre le“dichiarazioni di intenti” e può tro-vare luogo espressivo nella rela-zione terapeutica solo se è stataimparata, e fatta propria, lungo tut-to il curriculum formativo.

Nel motu proprio Dolentium ho-minum, Giovanni Paolo II ci ricor-da che nel suo servizio ai malati enel suo approccio al mistero dellasofferenza “la Chiesa è guidata dauna precisa concezione della per-sona umana e del suo destino nelpiano di Dio” e, considerando lamalattia e la sofferenza, aggiungeche queste “non sono esperienzeche riguardano soltanto il sostratofisico dell’uomo, ma l’uomo nellasua interezza e nella sua unità so-matico-spirituale”. La personaumana deve quindi essere compre-sa come unità globale. Questo èdel resto il modello antropologicoche la Bibbia ci propone. L’uomo èuna realtà integrale, complessa earticolata espressione di più di-mensioni distinguibili ma non se-parabili: la dimensione somatica,quella psichica, quella relazionalee quella spirituale. Tutto ciò haprofonde implicazioni nel rapportocon il malato (a livello medico, in-fermieristico, psicologico, tecnicoe pastorale) e nel tipo di formazio-ne che deve rendere capaci di ri-conoscere l’unità globale del ma-lato, pur attraverso un approcciospecialistico (e quindi dovutamen-te parziale) che si concentra suqualcuna di queste dimensioni.

Nell’esperienza di crisi della ma-lattia la persona che soffre vienechiamata a riscoprire la sua unitàglobale pur nell’emergere differen-ziato delle sue dimensioni, a co-gliere la sua autotrascendenza, os-sia la sua incessante ricerca di sen-so che la porta ad uscire da sé stes-sa per andare oltre l’attuale condi-

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zione. Egli è portato a concepire lasua esistenza come dialogicità e re-lazionalità all’interno di un proget-to di alleanza con Dio e con coloroche, prendendosi cura non solo del-la sua malattia ma di lui come ma-lato, colgano le voci della speranzanella sua invocazione di cura e ge-stiscano con competenza e discre-zione il suo affidarsi a loro5. Nonpoche volte questo affidamento dàluogo ad una relazione paternalisti-ca (e quindi infantilizzante) se nonproprio ad una rapporto di potere.Se nel parlare di alleanza terapeuti-ca il riferimento è al modello bibli-co di alleanza, c’è bisogno di qual-

che attenzione, non ultima quella dinon identificare l’operatore sanita-rio, in qualche modo, con Dio e ilmalato con il popolo al quale Diooffre la sua alleanza. Nell’alleanzaterapeutica operatore sanitario-malato, ognuno dei due partner èimmagine, in modi diversi, di Dio edel suo popolo, del Cristo-samari-tano e del Cristo-malato.

Quando la persona si ammala edentra in una istituzione di cura, af-fida se stesso agli altri, mettendonelle loro mani la sua vita ed anchela sua autonomia. Il rischio è che ivari operatori sanitari si facciano“padroni della sua vita” azzerandola sua autonomia e rendendolasempre più dipendente anche sulpiano psicologico e funzionale.Aiutare, guarire o anche solo cura-re e riabilitare significa accettarel’affidamento della persona in dif-

ficoltà, vivendolo come tempora-neo e limitato anche quando, pervari motivi, tende a durare nel tem-po. Ciò vuol dire anche difenderela vita del paziente, soprattutto ladignità e qualità della sua vita, at-tenti a non mascherare dietro “ilbene del paziente” la soddisfazio-ne di qualcosa che si radica altro-ve, come ad esempio motivazioni,spesso inconsce, di controllo e dipotere.

Nella malattia e nella disabilitàla situazione di dipendenza e la ca-pacità di essere autonomi subiscecontinue fluttuazioni, ma anche ilbisogno di essere protetti non è

sempre assoluto e definito una vol-ta per sempre6. Se la relazione tera-peutica deve essere rispettosa della“soggettività” del paziente ed at-tenta al mantenimento di una buo-na qualità di vita, il principio fon-damentale è il riconoscimento del-la sua autonomia che resta semprepossibile anche in presenza di unadipendenza che rimane7.

Il malato è estremamente “vul-nerabile”, già ferito dalla malattiae dal dolore ma reso ancor più fra-gile da inadeguate modalità rela-zionali: le “ferite” di chi cura ilmalato, le sue in-consistenze nonriconosciute, le sue ansie, i suoiconflitti non risolti e le sue in-com-petenze relazionali rischiano di de-bordare anche in forme, più o me-no celate, di controllo, di violenzae di potere8. “L’aver cura – scriveHeidegger – può in certo modo

sollevare gli altri dalla “cura”, so-stituendosi loro nel prendersi cura,intromettendosi al loro posto. Que-sto aver cura assume, per contodell’altro, il prendersi cura che gliappartiene in proprio. Gli altri ri-sultano allora espulsi dal loro po-sto, retrocessi, per ricevere, a cosefatte o da altri, già pronto e dispo-nibile, ciò di cui si prendevano cu-ra, risultandone del tutto sgravati.In questa forma di aver cura, gli al-tri possono essere trasformati indipendenti e in dominati, anche seil predominio è tacito e dissimula-to. Questo aver cura, come sostitu-zione degli altri nel prendersi “cu-ra”, condiziona largamente l’esse-re assieme e riguarda per lo più ilprendersi cura degli utilizzabili.Opposta a questa è quella possibi-lità di aver cura che, anziché porsial posto degli altri, li presupponenel loro poter essere esistentivo,non già per sottrarre loro la “Cu-ra”, ma per inserirli autenticamen-te in essa. Questa forma di aver cu-ra, che riguarda essenzialmente lacura autentica, cioè l’esistenza de-gli altri e non qualcosa di cui essisi prendono cura, aiuta gli altri adivenire consapevoli e liberi per lapropria cura”9.

3. Soggetti in relazione

Interessanti, a questo proposito,sono anche le riflessioni sull’im-magine del “guaritore ferito”: nonesiste uno speciale archetipo delguaritore e del paziente ma essi so-no aspetti dello stesso archetiporiesprimibili da ambedue i partnerdella relazione. La relazione di cu-ra è salutare solo quando l’opera-tore sanitario non si identifica rigi-damente nel “guaritore” ma si ri-conosce ferito ed è, per questo, ca-pace di “vibrare alle sofferenze al-trui”, senza indebite identificazio-ni, risvegliando nel paziente la suaforza di guarigione10.

Nel rapporto terapeutico è im-portante però essere attenti a non“oggettivare” nessuno dei due part-ner della relazione. Nella ricerca diricostruzione di un’identità che lamalattia mette in crisi la personachiede aiuto a chi lo cura. Ma sequesti “riduce” (ed impoverisce) lasua identità dentro un ruolo, o si farappresentare o sostituire dalla tec-nica, non può cogliere (o non può

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che negare) questo bisogno diidentificazione del malato obbli-gandolo a stare dentro un ruolo – ilruolo di malato – con il quale (sol-tanto) sa porsi in relazione. La rela-zione dell’operatore sanitario conil malato non è allora che una rela-zione tra personaggi (tra masche-re), tra ruoli funzionali al loro in-terno, ma non tra persone. Solo ac-cettando la domanda di identifica-zione che il malato fa, l’operatoresanitario può scoprire, o riscoprire,la ricchezza della sua stessa iden-tità e solo così la sua risposta di cu-ra può esprimere il ricco modelloantropologico di curante che, nellapersona del Cristo, buon Samarita-no, il Vangelo ci affida.

Un’articolata formazione uma-nistica non deve ridursi, però, a farapprendere tecniche relazionaliper convincere il malato ad accet-tare la cura e aderirvi (complian-ce). Essa deve aiutare a saper starenella relazione, ad essere attentiall’integralità esperienziale e co-municativa del malato (preziosaanche per una diagnosi più accura-ta perché attenta ai lati simbolici ecomunicativi del sintomo) senzafughe ma anche senza illusioni. Èla persona-curante il farmaco prin-cipale ed è un farmaco che svilup-pa la sua forza terapeutica attraver-so la relazione.

La guarigione della persona at-traverso i percorsi della malattia“richiede che si ascolti non soltan-to quello che preme per essereascoltato (spesso si tratta di un’or-ganizzazione di sintomi che fa daparavento alla vera causa del ma-lessere, impedendo alla persona dimodificarsi in profondità), ma an-che e soprattutto quello che è stato“scomunicato”, cioè sottratto allacomunicazione. Si può, in altre pa-role, usare la propria competenzanel guarire per “tenere a distanza”ciò che è veramente importante”11

ma che può risvegliare nell’opera-tore sanitario il difficilmente gesti-bile, e quindi rimosso, il mondo in-teriore.

Anche l’uso della tecnica puòrispondere nei curanti a questo bi-sogno di difesa. Ne deriva un regi-me terapeutico caratterizzato daltrascurare tutto ciò che può ripor-tare al centro il malato, la sua sto-ria, i suoi problemi, le sue emo-zioni e cioè tutti gli aspetti espe-rienziali nel rapporto di cura.

Questo è raramente intenzionalema porta automaticamente al ri-sultato che, più ancora deglistress-indotti-dalla malattia, sianogli stress-indotti-dall’ospedale-e-dal-rapporto-di-cura ad inserirsicome fattore patogeno nell’espe-rienza di malattia.

C’è bisogno, se si vuole miglio-rare la relazione di cura, di rivede-re (già a livello di curriculum for-mativo) il modello terapeutico di

riferimento, passando da un mo-dello centrato sulla malattia chediviene facilmente centrato sulmedico, sull’infermiere o sull’isti-tuzione ad un modello centrato sulmalato. Nella medicina centratasul paziente la relazione diventa unmomento del processo di cura cheha come protagonista il malato, at-tenta a cogliere quali siano i signi-ficati che egli dà alla malattia, isentimenti da essa generati, leaspettative e i desideri con cui sirivolge al medico e all’istituzionesanitaria, il contesto familiare, so-ciale e culturale in cui è inserito12.

Questo avviene solo all’internodi una relazione empatica in cuil’operatore sanitario è capace didecentrare il fuoco dell’attenzioneda sé stesso (dalle proprie catego-rie mentali e dalle proprie emozio-ni) al malato e al suo vissuto. Eglideve saper cogliere anche l’impli-cito delle comunicazioni del mala-to, della sua domanda di cura e delsuo dolore: un messaggio in codi-ce che non sempre viene decifrato

e al quale si risponde troppo spes-so in maniera puramente tecnica,senza averne prima decifrato ilsenso che ha per quella persona, ilposto che tiene nella sua vita e inquella della sua famiglia13.

Una visione antropologica inte-grale della persona (ed una forma-zione che ne tenga conto) ci aiuta aleggere la sua malattia come rottu-ra di un equilibrio che, se pur ha lasua matrice a livello somatico, in-

teressa la persona nella sua globa-lità e nelle varie dimensioni in cuiessa si esprime. La riflessione eticaed il tipo di formazione che essamotiva, deve quindi sempre più in-teressarsi della difesa e promozio-ne della vita e della salute dellapersona in tutto il suo percorso vi-tale e, quando debole e malata, intutto il percorso terapeutico. Ciòdeve avvenire perché tutta la curasia rispettosa del malato, della suadignità, della sua soggettività, deisuoi diritti e doveri, primo fra tuttiquello di essere partner attivo nelprocesso di cura e perché, soprat-tutto, la relazione terapeutica nondebordi in forme più o meno “na-scoste” di controllo e di potere.

Se l’uso della tecnica e del far-maco diventa sostitutivo della re-lazione impoverisce non solo ilmalato ma anche chi lo cura. La ri-scoperta del soggetto non vale so-lo per il malato ma anche per chi locura e non può non influenzare imodelli formativi che vengonoproposti.

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4. Relazioni condivise

Nonostante nuove definizioni edichiarazioni, riguardo alla salutenon è ancora avvenuto, sia in am-biti sanitari sia nel più largo mon-do sociale, un vero cambiamentoculturale. Troppo spesso le variedimensioni che la costituisconovengono viste come separate, almassimo confinanti, forse solosommabili, ma non tra loro intera-genti in un dinamico equilibrio incui il soggetto è chiamato (e aiuta-to se occorre) a trovare via via unsuo baricentro. E questo non solonella pratica terapeutica ma soprat-tutto nella formazione che la devepreparare14.

Eppure dovrebbe essere chiaroche non è possibile per un singolooperatore sanitario rispondere alleprofonde ed esigenti domande diguarigione del malato, fare con luiun’alleanza terapeutica che non lodeluda o che non debordi in unarelazione paternalistica o di potere,se non facendo obbligatoriamentealleanza con tutti quelli che hannoin cura il malato (e ne hanno a cuo-re la sua salute integrale). Vannocondivise competenze e sensibi-lità, accettando di essere tutti insie-me tasselli di un unico mosaico te-rapeutico, senza la pretesa che sia-no la propria visione e forma di in-tervento professionale a gestire odominare il processo di cura. Lamalattia come la salute interessanola persona nella sua interezza eperciò rimandano ad una grandealleanza di fattori. Anche la terapiadeve essere frutto di un riuscitomosaico di conoscenze e compe-tenze professionali. Solo insieme ivari operatori sanitari realizzanoun’adeguata terapia. Solo insiemediventano comunità terapeutica esalutare in cui il malato, al centrodi differenti sguardi conoscitivi edi varie relazioni professionali,viene curato nella sua interezza, intutte le dimensioni in cui la sua sa-lute entra in crisi15.

In un nuovo modello antropolo-gico di salute e di cura, la collabo-razione tra i vari operatori sanitarinon può essere frutto di “benevo-lenza” o semplice amicizia ma pre-ciso dovere etico (e quindi trovareadeguati spazi formativi) se si vuolrispondere all’integralità della do-manda del malato e alle profonditàdel suo bisogno di cura, di guari-

gione e di salute. Per rimanere at-tenti ai vari aspetti della domandadi cura da parte del malato (e di chigli sta accanto) ed essere capaci,per rispondere ad essa, di “con-la-borare”, c’è bisogno di una forma-zione, per molti aspetti nuova, cherenda capaci di cogliere l’interezzadella persona malata dietro alle sueespressioni parziali e di dialogarerispettosamente con tutte le altreprofessioni sanitarie, “con-divi-dendo” con i vari protagonisti del-la cura conoscenze e relazioni.

La cura del malato presuppone lacapacità di cogliere la ricchezzadella sua domanda, saper leggere ilsuo dolore, i suoi vissuti emotivi, lesue relazioni, la sua sete di signifi-cati e la sua tensione verso la tra-scendenza e attuare (perché forma-ti a farlo) un tipo di cura che ri-sponda integralmente, pur da diver-si cammini specialistici, al suo bi-sogno di guarigione. C’è bisogno,quindi, di “deprivatizzare” l’allean-za terapeutica, senza nulla togliereall’importanza (diversa a secondadel tipo e dei contesti di cura) di al-cune figure professionali.

La relazione operatore sanita-rio-malato, per essere sanante,non può che essere dentro ad unapiù ampia relazione comunità te-rapeutica-malato nella quale ilrapporto con il malato è anche re-lazione con la sua famiglia e con ilcontesto socio-culturale in cui vi-ve. Scrive Edmund Pellegrino:“L’era in cui le etiche dei vari ope-ratori sanitari potevano essere con-cepite solo in termini di transazio-ni individuali con i singoli pazien-ti è passata. Le obbligazioni mora-li diadiche sono importanti comesempre ma ora esse sono inseritedentro contesti istituzionali e col-lettivi”16. La risposta al bene delpaziente non può essere “monopo-lio” di un singolo professionista.E, di questo, anche la formazionedeve farsi carico. L’alleanza tera-peutica deve diventare, quindi, an-che alleanza tra tutti coloro che delmalato si prendono cura.

Già Ippocrate aveva capitoquanto l’ambiente – fisico e cultu-rale – incida sulla salute ed avevaaffermato che una società demo-cratica è più salutare in quanto ga-rantisce dignità alla persona17. Undiscorso, il suo, ancora attuale. Ilpresupposto di una società aperta èinnanzitutto la consapevolezza che

nessuno, nel cammino dell’umanoconoscere, può possedere tutta laverità. Questa consapevolezza del-la parzialità del nostro sapere cirende aperti all’ascolto e alla di-scussione delle nostre posizioni.La consapevolezza della nostraumana fallibilità è il motore delprogresso scientifico e tecnico per-ché ci impone il confronto nel ten-tativo di risolvere sempre nuoviproblemi e sono la libertà e la re-sponsabilità che garantiscono unasocietà aperta. Se la democrazia sibasa sulla fallibilità, sulla libertà eresponsabilità, condivide i suoipresupposti con la salute che ci im-pone di prendere le redini della no-stra contingenza, nella consapevo-lezza che siamo finiti ma che ab-biamo la responsabilità del nostrolimite.

La salute non è uno “stato”, unequilibrio dato, ma è un equilibriocontinuamente riconquistato in unconfronto interno ed esterno. Edu-care alla salute significa quindieducare all’umiltà intellettuale ealla libertà e responsabilità. Nonbisogna cercare la salvezza sullaterra, il farmaco in grado di curaretutto perché questo sarebbe illuso-rio: la nostra visione, proprio per-ché umana, è necessariamenteprospettica e dobbiamo affrontarei vari problemi “dialogando” conchi si pone da altre prospettive,proprio perché non siamo Dio enon possiamo avere il suo occhio.La dignità della medicina olisticasta nella sua esigenza nobile di cu-

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rare tutto l’uomo ma nella coscien-za che ciò è un’utopia, una speran-za e non una certezza, che la saluteè un già di salvezza di un non an-cora che mai potrà essere espressocompletamente su questa terra.

Educare alla salute e alla sua cu-ra è anche educare all’inevitabili-lità della malattia, segno di debo-lezza ma anche luogo di responsa-bilità, terreno di sfida personalema anche comunitaria, perché lalotta contro la malattia va affronta-ta con spirito autenticamente com-petitivo (nel senso di cum-petere, ecioè di cercare insieme). Per que-sto il sapere che sta alla base di unacura salutare non può essere cen-

tralizzato e, a volte, può essere tro-vato anche in luoghi insospettati ein voci poco autorevoli, nel malatoe in chi gli sta amorevolmente ac-canto.

L’umiltà intellettuale, la capa-cità di interagire e la responsabi-lità, che sono a fondamento siadella dinamica della democraziache della dinamica della salute edella cura, sono presupposti di ca-rattere intellettuale e morale cheforniscono i criteri per la forma-zione, la collaborazione e la condi-visione delle specifiche competen-ze a servizio di chi soffre.

Certamente gli ingegneri utopicidella sanità che pretendono sem-pre di anticipare ogni problema,anzi di sconfiggere la possibilitàdella sua insorgenza, pensano di

piegare la vita alla loro nobile, maansiosa, necessità di pianificazio-ne. E rischiano spesso di fabbrica-re idoli. Più realisticamente è im-portante formare ingegneri gra-dualisti che impegnano la loro for-za e la loro responsabilità nella cu-ra e nell’attenzione verso il malatoe di chi soffre, nella consapevolez-za che dovranno affrontare nuoviproblemi ogni giorno: professioni-sti che cercano la guarigione mache sanno che non potrà mai esse-re definitiva. E sanno che non pos-sono agire da soli.

Formare buoni operatori sanita-ri significa allora formare maestridella contingenza, esperti nel cura-

re “insieme” le ferite ma anche nelsaperne fare buon uso, mettendo incomunione valori e progetti comemembri di una comunità moraleche non si limita semplicemente acondividere delle abitudini (unaforma di vita acquisita con l’edu-cazione e non rivalutata in sensocritico) ma fa appello alla respon-sabilità di ciascuno: una comunitàche condivide modalità simili d’a-zione perché si pone dei fini comu-ni e cerca di attualizzare gli stessivalori.

La comunità ha continuamentebisogno di essere salvata dal ri-schio di relazioni non-sane, dallastrumentalizzazione dell’altro edal dominio e il farmaco universa-le per questo è il dialogo, dato chela comunicazione razionale è lo

specifico dell’uomo. E “ragionan-do insieme” si possono discutere estabilire compiti e competenze, di-ritti e doveri.

L’educazione alla comunità, al-la con-responsabilità, al con-vive-re e al con-dividere, al dialogo ealla reciprocità delle relazioni, èfondamentale perché significaeducare ad essere uomini liberi eresponsabili, ad essere un io matu-ro in rapporto con un tu che ci in-terpella e di cui, in alcuni casi, oc-corre farsene carico per non tradi-re la nostra umanità. Tale educa-zione ci rende disponibili a cam-minare perché coscienti che la pa-tria non è ancora stata raggiunta eche le approssimazioni sono tuttecontingenti. Ma questa patria, perquanto non oggettivabile, è il mo-tore, la condicio sine qua non delnostro pensare e del nostro agire,lontana e paradossalmente vicina.È l’intimior intimo meo agostinia-no, lo spirito trascendente che ciabita e ci rende autentici perché cilibera dall’empirico e dal banalerichiamandoci continuamente a fi-nalità ultraterrene, è l’amore checi fa comprendere le differenze ece le fa valorizzare.

I professionisti della salute, nelloro cammino formativo, sonochiamati oggi a “ri-scoprire insie-me” i valori e i significati dellapropria relazione di cura18 e soprat-tutto a far propria, attraverso unaformazione iniziale e continua,una “cultura dell’intersoggettività”che non è, anche nelle sue fonda-zioni umane, se non “cultura del-l’umiltà”19.

P. LUCIANO SANDRIN, M.I.Preside dell’Istituto Internazionale

di Teologia Pastorale Sanitaria “Camillianum”

Roma, Italia

Note1 Sul tema del burnout cfr. la mia voce Bur-

nout e lavoro sanitario (e la bibliografia se-gnalata) in CINÀ G., LOCCI E., ROCCHETTA C.,SANDRIN L. (a cura di), Dizionario di TeologiaPastorale Sanitaria, Camilliane Torino 1997,pp. 157-161. Questo dizionario sarà citato inseguito come DTPS.

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115DOLENTIUM HOMINUM N. 49/1-2002

Parlando di salute, potere edazioni da promuovere nei con-fronti di ospedali ed altri centri sa-nitari, prenderemo in considera-zione come referente primario leIstituzioni all’interno del cosid-detto District Health System (Si-stema Sanitario Locale) (DHS). IlDHS è un’organizzazione di assi-stenza sanitaria decentralizzata,funzionale e coerente, il cui scopoè quello di implementare l’assi-stenza sanitaria di base per unadeterminata fascia di popolazioneattraverso la partecipazione dellecomunità, e garantirne l’attenzio-ne alle necessità locali. Il sistema

si rivolge alla comunità, ha in pri-ma linea la salute e come referen-te principale l’ospedale. L’assi-stenza sanitaria di base racchiudei servizi di assistenza – sia tera-peutica che preventiva e di pro-mozione – disponibili, raggiungi-bili, economicamente accessibilied accettabili per tutti1. Il DHS è ilfulcro del Sistema Sanitario Na-zionale, così come la famiglia è lacellula della società. Attualmente,le riforme in corso nella politicasanitaria favoriscono la decentra-lizzazione, concentrando le mag-giori responsabilità sugli enti diassistenza sanitaria locali. A que-

sto livello troviamo principalmen-te Istituzioni sanitarie appartenen-ti alla Chiesa. La sfida è di inte-grare meglio queste Istituzioni nelDHS, intensificando le partner-ship tra governo e servizi dipen-denti dalla Chiesa.

Considerando che circa il 40%dei servizi sanitari nell’Africasub-sahariana appartiene alleChiese, ci si rende conto di qualesia l’enorme potenziale di integra-zione di queste Istituzioni non-go-vernative nel DHS, in vista del-l’ottimizzazione del servizio sani-tario globale. La responsabilitàdell’integrazione è in mano a co-

2 BORGNA E., Noi siamo un colloquio. Gliorizzonti di conoscenza e di cura in psichia-tria, Feltrinelli, Milano 20002, pp. 188-202 (lacitazione è a p. 199).

3 PINKUS L., Senza radici? Identità e pro-cessi di trasformazione nell’era tecnologica,Borla, Roma 1998, p. 147. Il corsivo è mio.Cfr. anche MARHABA S., (a cura di), Salute,ben-essere e soggettività. Nuovi orizzonti disignificato, McGraw-Hill, Milano 1999.

4 CATTORINI P., Alleanza terapeutica, inDTPS, pp. 30-37 (la citazione è a p. 31).

5 CINÀ G., Antropologia nel mondo dellasalute, in DTPS, pp. 64-78.

6 VERSPIEREN P., Respecter et promouvoirl’autonomie du malade, in Revue d’ethique ettheologie morale “Le Supplément” 1 (1995),pp. 47-60.

7 Cfr. DAVEGGIA L., SANDRIN L., L’autono-mia possibile. Attenzioni psicologiche nellariabilitazione del disabile, Camilliane, Torino1996 e SANDRIN L., Autonomia e dipendenzadella persona anziana in una prospettiva psi-cologica, in CARETTA F., PETRINI M., BERNA-BEI R. (EDS), La cura della persona anziana.Manuale per gli operatori sanitari, Vol. II,CEPSAG Università Cattolica del Sacro Cuo-re, Roma 2001, pp. 121-133.

8 Cfr. SANDRIN L., Etica del contenimento,in CESTER A. (a cura di), Legare i vecchi,Edup, Roma 1995, pp. 57-63 e CARETTA F.,L’uso dei mezzi di contenzione: aspetti clinicied etici, in CARETTA ed Altri, op. cit., pp. 145-165 e l’ampia bibliografia riportata.

9 HEIDEGGER M., Essere e Tempo, Longa-nesi, Milano 1976 (or. ted. 1927), pp. 157-158.

10 Cfr. BRUSCO A., Guaritore ferito, in DT-PS, pp. 565-568 e GUGGENBÜL-CRAIG A., Aldi sopra del malato e della malattia. Il potere‘assoluto’ del terapeuta, Raffaello Cortina,Milano 1987 (or. ted. 1983).

11 SPINSANTI S., L’ascolto nella pratica sa-nitaria. Gli interrogativi fondamentali, inAA.VV., L’ascolto che guarisce, Cittadella,Assisi 1989, p. 21.

12 Cfr. MOJA E.A., VEGNI E., La comunica-zione e la relazione fra medico e paziente nel-la medicina patient centered. The patient cen-tered model in medicine, in BOSIO A.C., CESA-BIANCHI M. (a cura di), Contributi per la me-dicina, Numero speciale di “Ricerche di psi-cologia”, 4 (1996)-1 (1997), pp. 444-445 eMOJA E.A., VEGNI E., La visita medica cen-trata sul paziente, Raffaello Cortina, Milano2000. Sulla psicologia del malato vedi SAN-DRIN L., Psicologia della salute e della malat-tia, in DTPS, e SANDRIN L., Compagni diviaggio. Il malato e chi lo cura, Paoline, Mila-no 2000.

13 Cfr. SANDRIN L., Come affrontare il do-lore. Capire, accettare, interpretare la soffe-renza, Paoline, Milano 1995. Cfr. anche NIEL-SEN N. P., Pillole o parole? Relazione verbalee rapporto psicofarmacologico, Cortina, Mi-lano 1998.

14 Cfr. BRESCIANI C., Salute. Approccio sto-rico-culturale, in DTPS, pp. 1073-1079 e una

lettura critica della definizione dell’OMS inLOZANO BARRAGÁN J., Teologia e medicina,Dehoniane, Bologna 2001, pp. 11-20.

15 CONSULTA NAZIONALE CEI PER LA PA-STORALE DELLA SANITÀ, Il mosaico terapeuti-co, Camilliane, Torino 1997. Per un approfon-dimento teologico-pastorale cfr. SANDRIN L.,Chiesa, comunità sanante. Una prospettivateologico-pastorale, Paoline, Milano 2001.

16 PELLEGRINO E. citato in KHUSHF G., Or-ganizational ethics and the medical professio-nal: reappraising roles and responsabilities,in THOMASMA D.C., KISSEL J.L. (editors), Thehealth care professional as friend and healer.Building on the work of Edmund D. Pellegri-no, Georgetown University, WashingtonD.C., 2000, p. 158.

17 Queste ultime riflessioni sono il risultatodi una conversazione con Palma Sgreccia.

18 Gli specialisti del settore stanno risco-prendo i significati e i valori anche come anti-doto allo specifico stress lavorativo chiamatoburnout. Cfr. CHERNISS C., Beyond burnout.Helping teachers, nurses, therapists, andlawyers recover from stress and disillusion-ment, Routledge, New York and London1995, in modo particolare, il cap. 14: What’smissing? The quest of meaning e MASLACH C.,LEITER M., Burnout e organizzazione. Modifi-care i fattori strutturali della demotivazione allavoro, Erikson, Trento 2000 (or. ingl. 1997),specialmente il cap. 7: promuovere i valoriumani, pp. 121-137.

19 Cfr. BORGNA E., op. cit., pp. 200-201.

EDGAR WIDMER

8. Azioni pratiche da promuovere per gli Ospedali e gli altri Centri Sanitari

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116 SALUTE E POTERE

loro che detengono il potere. Noidel Medicus Mundi collaboriamoda più di trent’anni con oltre 250ospedali ecclesiastici. Nel condi-videre questa nostra esperienzacon voi, siamo testimoni di im-portanti cambiamenti che riguar-dano “salute e potere a livello lo-cale”.

1. Cosa intendiamo per potere?

Leggiamo nel testo introduttivodi questa conferenza che poteresignifica forza unita ad intelligen-za. Vorrei proporre di aggiungerea questa definizione che poteredovrebbe essere la capacità di ge-nerare consenso. Il consenso le-gittima il potere.

2. Chi ha potere?

Secondo la legge, il potere ènelle mani del proprietario dell’I-stituzione. Il potere è legato allaresponsabilità e viceversa.

Ma, chi è la persona giuridicadell’Istituzione? Chi è il proprieta-rio? È il Vescovo, la Diocesi, laParrocchia, una congregazione,una fondazione ecclesiastica oun’associazione? L’Istituzione ap-partiene alla persona giuridica del-la Diocesi, o possiede uno statusgiuridico separato?

La maggior parte degli ospedaliappartenenti alla Chiesa manca diuno status giuridico separato. Ciòpotrebbe ostacolare la trasparenzaed essere causa di un difficile rap-porto sia con i governi, sia con leIstituzioni benefattrici. Un ospe-dale ecclesiastico dovrebbe avereil proprio organo direttivo, re-sponsabile verso il proprietario,ma non soggetto alla sua arbitrariainterferenza. Esiste la necessità dimaggior autonomia ed autogestio-ne all’interno delle diverse strut-ture ed entità di una diocesi ed èinoltre necessario stabilire chiara-mente quale tipo di responsabilitàe competenze vengono loro dele-gate.

Un proprietario intelligente sache, malgrado egli detenga poteree responsabilità, non è l’unico adecidere degli affari. Egli dovràaffidarsi a tutti coloro che svolgo-no i diversi servizi. I responsabili

devono essere competenti nel pro-prio settore, siano essi i medici, idiversi addetti sanitari o l’ammi-nistratore. Tutti loro hanno auto-rità e potere decisionale, mante-nendosi sempre nell’ambito degliinteressi globali dell’Istituzionecome stabilito nella dichiarazionedegli intenti e della politica dell’I-stituzione stessa. Un proprietariosaprà anche che coloro che procu-rano il denaro, sia che si tratti delgoverno, dei pazienti o dei dona-tori, lo fanno di solito a determi-nate condizioni.

3. Quali norme e quali fattori determinano il potere?

a. la visione della Chiesa delproprio impegno per la salute

A livello globale, il concetto delministero terapeutico2 trae origineda Cristo stesso come descrittonel Vangelo, dalla tradizione dellaChiesa attraverso i secoli e dal suoMagistero.

Tutti riconosciamo a questoPontificato il merito di avere, perla prima volta nella storia, creatouno specifico Dicastero medianteil Motu Proprio Dolentium Homi-num. Questo Dicastero per la Pa-storale della Salute coordina, tral’altro, l’opera delle AssociazioniInternazionali Sanitarie Cattoli-che come la Federazione Interna-zionale delle Istituzioni Cattolichedi Assistenza Sanitaria. Lo scorsoanno, questa Federazione ha for-nito nuove direttive per il lavorofuturo. In esse viene fortementeraccomandato di opporsi ferma-mente alle nuove tendenze di mer-cantilismo nel mondo sanitario, didifendere la politica del non-pro-fitto a beneficio di tutte le fascedella società, di rafforzare la posi-zione delle Istituzioni della Chie-sa ottimizzandone il coordina-mento, e di sostenere le iniziativetese a migliorare le partnershipcon i governi.

Il Vaticano ha dato pieno ap-poggio ad un’iniziativa lanciatadalla Medicus Mundi Internatio-nal (MMI) che, in occasione del-l’Assemblea Mondiale sulla Salu-te, ha promosso una risoluzioneper “Impegnare le ONG per la sa-lute” o, in altre parole, “Rafforza-re la fornitura del servizio sanita-

rio migliorando il partenariato trastrutture di assistenza sanitariapubbliche e private”3.

A livello locale, alcune Confe-renze Episcopali, unitamente aprofessionisti sanitari laici cattoli-ci, hanno elaborato Dichiarazionidi Intenti e di Politica. Esempi ec-cellenti sono le dichiarazioni re-centemente approvate in Uganda4,alle quali hanno contribuito tutti ivescovi del paese, il Catholic Me-dical Bureau di Kampala, il Nun-zio apostolico e molti esperti. Inesse sono descritte le diversestrutture del potere, quali l’auto-rità e le competenze del proprieta-rio, il ruolo del consiglio di ammi-nistrazione, dell’amministrazionee dello staff medico. Queste di-chiarazioni sono in linea con lespecifiche realtà del paese, tengo-no conto delle riforme in corso nelsettore sanitario e sono attente al-le conseguenze determinate nelmondo sanitario dal paradig-ma/cambiamento di Alma Ata. LaDichiarazione di Alma Ata sul-l’Assistenza Sanitaria Di Base nel1978 e la Conferenza di Hararenel 1987, che definiva il SistemaSanitario Locale, hanno modifica-to l’impegno tradizionale dellaChiesa verso gli infermi. Questoimpegno si è ora ampliato verso ilmiglioramento della salute, la di-fesa della vita e la tutela della di-gnità umana. Strategie come l’as-sistenza sanitaria di base e la pre-venzione sono diventate essenzia-li. Lo slogan “Salute per tutti e sa-lute per l’uomo nella sua totalità”è diventato un nuovo concetto cherisponde ampiamente alle strate-gie dell’Organizzazione Mondialedella Sanità, come è stato confer-mato nell’incontro di Roma del1997, quando si discusse su“Chiesa e salute nel mondo, attesee speranze alle soglie dell’anno2000”5.

Secondo la summenzionata vi-sione complessiva e nazionale delruolo delle Chiese nei confrontidella salute, un vescovo dovrebbeessere incoraggiato ad elaborareun concetto diocesano per la salu-te e ad istituire una CommissioneSanitaria Diocesana, dalla qualeegli potrà delegare dei rappresen-tanti presso le Commissioni Sani-tarie Pubbliche a livello locale. Irappresentanti del Governo, d’al-tro canto, dovrebbero essere invi-

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117DOLENTIUM HOMINUM N. 49/1-2002

tati a partecipare alle commissionidella Chiesa, istituzionalizzandouna partnership ben strutturata.

b. La politica degli organisminazionali di coordinamento deiservizi sanitari della Chiesa

A livello nazionale, la Chiesadovrebbe avere un’unica voce. Ilpotere dei diversi proprietari diospedali dovrebbe essere convo-gliato attraverso gli enti nazionali,ed i servizi sanitari della Chiesadovrebbero essere coordinati conincarichi chiari nei centri medicicattolici o cristiani già esistenti.

Questi organismi di coordina-mento dovrebbero incoraggiare lacooperazione ecumenica ed inter-religiosa al fine di incrementare ilpotere di negoziazione nelle trat-tative con il governo. Una posi-zione forte potrebbe persino esse-re utile nel fornire contributi allaformulazione della politica sanita-ria nazionale.

Le Istituzioni sanitarie dovreb-bero essere identificate come ap-partenenti alla Chiesa esclusiva-mente sulla base della propria fe-deltà alle Dichiarazioni di Intenti edi Politica, e non semplicementesulla base della proprietà legale daparte della Chiesa6.

c. L’Istituzione necessita di unconcetto di pastorale sanitariache sia attento al paradigma/modi-fica dalla precedente pastorale pergli infermi verso una pastorale piùampia a favore della salute e delsuo sviluppo, diretta anche aglioperatori sanitari, una pastoraleche educhi in modo fattivo il sin-golo e la comunità, che incoraggiil loro senso di responsabilità neiconfronti della salute e che si op-ponga al mero consumismo7.

d. Le Istituzioni collegate allaChiesa si devono ispirare ad unospecifico carisma cristiano. Ogniuomo dovrebbe essere chiamatocon il proprio nome, così comeCristo ci chiama con il nostro no-me. Il carisma non è una questio-ne di cordialità stereotipata, esso èsoprattutto amore, compassione erispetto, poiché l’amore, unito allasperanza ed alla fede, è il più im-portante fattore terapeutico. La di-gnità di ciascun uomo deve essereal centro del nostro interesse, l’u-manitarismo deve ergersi al di so-

pra di tecnologia e scienza8. Colo-ro che detengono il potere stabili-scono dei modelli con i loro stessiatteggiamenti.

e. L’Istituzione è vincolata astandard etici. Essa dovrebbe ave-re un proprio Comitato Etico peraffrontare questioni come le scelteper i poveri, la non-discriminazio-ne, la giustizia, l’accessibilità, ilsostegno della solidarietà, la pietàe l’empatia verso i bisognosi.

f. L’Istituzione è vincolata aiDiritti Umani

La Dichiarazione Universaledei Diritti Umani è stata elaboratanel 1948. La dichiarazione di Al-ma Ata, trent’anni dopo, indica il

concetto di assistenza sanitaria dibase come una strategia importan-te per raggiungere il diritto alla sa-lute. Tuttavia, nella dichiarazionedei diritti umani sono connaturatialcuni conflitti:

– richieste ed esigenze possonoessere controverse,

– dirigenti scientificamente va-lidi possono essere socialmentenon accettabili,

– interessi individuali e neces-sità della comunità possono esserecontrastanti.

I diritti della società possonovenire prima dei diritti dell’indivi-duo. Esiste una gerarchia di valo-ri. Pur sapendo che ogni essereumano ha diritto alla sicurezza, al

rispetto della propria dignità, allasalute, dobbiamo riconoscere checiascuno di questi elementi dipen-de dalla solidarietà umana e per-ciò è necessario salvaguardare gliinteressi economici, culturali epolitici della società9.

Ogni paese si trova a dover af-frontare il dilemma della riparti-zione del denaro, con il problemadi quanto spendere per la salute equanto a ciascun livello.

Un’Istituzione può trovarsi adover affrontare l’inquietante do-manda: chi deve morire quando imezzi non consentono la soprav-vivenza di tutti e nessuno vuolemorire? Come è possibile decide-re le priorità all’interno di un par-ticolare sistema di assistenza sani-

taria? Il diritto alla salute e la vo-lontà di curare, ci consentono ditrascurare il nostro obbligo versociò che Dio ha creato? I progressinella ricerca medica suscitanomolte domande bio-etiche. I dirit-ti umani sono strettamente legatiai valori etici e la fede deve af-frontare la realtà quotidiana. An-che cercando di assumere le deci-sioni attraverso discussioni inter-disciplinari, stabilire degli stan-dard etici non significa ottenerel’accettazione di ogni nuova ten-denza praticabile. Sono in corsodibattiti molto delicati ed è neces-sario stabilire dei limiti, special-mente nel campo della medicinariproduttiva10.

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118 SALUTE E POTERE

g. La maggior parte delle Istitu-zioni private senza scopo di lucroha funzione pubblica e dovrebbeessere parte integrante della poli-tica sanitaria nazionale. Tali Isti-tuzioni devono adeguare la pro-pria politica alla legislazione sta-

tale, ai suoi standard ed ai suoi cri-teri di base per quanto riguardal’assunzione di personale. È ne-cessario stabilire anche i criteri re-lativi ad attrezzature, obiettivi del-l’insegnamento, somministrazio-ne dei servizi, trasporti, supervi-sione, monitoraggio e ripartizionedel denaro.

Trasparenza e responsabilità so-no le principali prerogative per lafiducia reciproca. È necessario undialogo istituzionalizzato tra Go-verno e privati. Il perfezionamen-to della partnership tra le due par-ti necessita di un processo in cui,passo dopo passo, si giunga ad ac-cordi comuni, compromessi d’in-tesa ed infine a contratti legali.Una volta che l’OMS si dichiarad’accordo sulla risoluzione piùsopra menzionata “Rafforzare lafornitura del servizio sanitario at-traverso il partenariato con ONGdi assistenza sanitaria” o “Impe-gnare le ONG per la salute”, que-sto processo sarà accelerato a be-neficio di una migliore integrazio-ne dei servizi sanitari forniti dalleOrganizzazioni non Governativenell’ambito del Sistema SanitarioLocale3.

h. L’Istituzione si deve attenerea direttive mediche professionali,come ad esempio le decisioni cheriguardano l’individuazione dellepriorità, o la definizione del tipodi assistenza. Le discussioni rela-tive all’ottimizzazione dell’assi-

stenza, alla garanzia della qualitào alla razionalizzazione del servi-zio sono questioni professionali,bisognerebbe quindi evitare inter-ferenze ecclesiastiche. Un Gesuitauna volta parlò del pericolo del-l’incompetenza consacrata.

i. L’Istituzione è vincolata daobblighi sociali verso tutti coloroche lavorano nell’ospedale. Oltreagli aspetti economici, i lavoratorisanitari si aspettano: pianificazio-ne della carriera, etica professio-nale e soddisfazioni derivanti daun lavoro ben fatto. Ciò aiuta adevitare fughe di cervelli, corruzio-ne e demotivazione11.

l. Restrizioni finanziarieInnanzi tutto, è necessario defi-

nire il concetto di “senza scopo dilucro”. Esso significa che, benchéun’Istituzione di assistenza sanita-ria non-governativa miri ad un bi-lancio in pareggio, non viene per-seguito alcun ulteriore guadagno.Coloro che contribuiscono al bi-lancio in pareggio sono, da un latoil governo, gli utenti ed i benefat-tori, dall’altro, e altrettanto impor-tanti, un severo controllo delle

spese, una gestione ed un’ammi-nistrazione ottimali12.

L’Istituzione necessita di dena-ro per gli investimenti, la manu-tenzione ed i costi gestionali, iviinclusi i costi di formazione pro-fessionale e di ristrutturazione. Icontributi statali possono variareda paese a paese. Il fatto è che ilGoverno ha la responsabilità digarantire la fornitura dei servizisanitari. A causa delle riformestrutturali imposte dalla BancaMondiale e dal Fondo MonetarioInternazionale, molti sussidi sonostati drammaticamente ridotti. Peramor di giustizia nei confrontidella ripartizione del denaro, que-sti devono essere ridiscussi per leIstituzioni private riconosciute edaccreditate come “senza scopo dilucro” e “di pubblico interesse”.

I pazienti contribuiscono attra-verso le loro parcelle che sono sta-bilite dalle autorità politiche o daaccordi tra le Istituzioni e la popo-lazione. A volte le tariffe sono sta-bilite solo dall’Istituzione.

Far quadrare il bilancio incre-mentando i prezzi, spesso produceuna riduzione dell’utilizzo dei ser-vizi e può portare al punto criticodel collasso finanziario.

Perciò, prima di aumentare iprezzi, è necessario definire ilpacchetto medio dell’assistenzasanitaria da offrire ed analizzarepoi i fattori di costo reali. Senzainformazioni basate su verifichereali, è impossibile stabilire tarifferealistiche. In molti posti, alla finedell’anno, si conosce il costocomplessivo dell’assistenza. Ciò,tuttavia, ha un utilizzo limitato.Uno studio fatto nello Zimbabwedal Medicus Mundi del Belgio, in-sieme al Ministero della Sanità edell’Assistenza Infantile e all’Isti-tuto di Medicina Tropicale di An-versa13, ha dimostrato come è pos-sibile fornire ulteriori dati: qualisono i dati dei costi per livello distruttura? Quale percentuale delcosto globale è destinato all’ospe-dale circoscrizionale e quanto aidispensari? Quanto si spende neivari reparti di un ospedale? Quan-to si spende per i diversi compar-timenti di un ospedale? Quanto sispende per i diversi componenti dispecifici gruppi di malattie (mala-ria o pazienti affetti da HIV)? I be-ni di consumo vengono utilizzatial meglio? Chi viene assunto e

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qual è il salario medio per un’oradi lavoro? È anche possibile cal-colare e confrontare il tempo ne-cessario al personale per gestireun’unità di servizio. Il personaleviene utilizzato in modo efficien-te, ed è sufficientemente motiva-to? L’Istituzione, se posta a con-fronto con servizi sanitari similari,pubblici o privati, è competitiva?A questo scopo, la MMI ha pub-blicato, insieme alle linee-guidadell’OMS per i resoconti ospeda-lieri14, uno strumento che consentedi confrontare l’efficienza dellediverse Istituzioni e che aiuta adanalizzare quanto gli ospedali in-cidano sul miglioramento dellostato di salute di una determinatapopolazione. Questi sono sola-mente alcuni esempi pratici di co-me sia possibile calcolare i costicorretti in modo differenziato e, diconseguenza, stabilire le tariffe ocorreggere eventuali errori dovutiad una cattiva gestione. Sono indi-spensabili una contabilità effi-ciente, resoconti finanziari traspa-renti e piani delle operazioni ge-stionali chiari, nonché la consu-lenza di economisti sanitari.

Una maggior quantità di denaronon sempre dà risultati migliori.Alcuni anni fa, le ricerche hannodimostrato che le Istituzioni pove-re potrebbero addirittura fornireprestazioni migliori di quelle ric-che15. Kerala, con un reddito procapite molto basso, presenta untasso di mortalità infantile solodel 31 per mille delle nascite.Questa cifra è del 40% inferiore altasso del Punjab, che ha un reddi-to doppio rispetto a Kerala.

Un’altra possibilità è di portareil bilancio in pareggio creando re-parti per pazienti privati. Esistonoesempi che mostrano come le ta-riffe per un servizio di tipo alber-ghiero consentano di trarre unprofitto, e la combinazione “pri-vato a scopo di lucro” e “privatosenza scopo di lucro” potrebbe sa-nare il deficit.

Far quadrare il bilancio attra-verso la solidarietà collettiva, in-troducendo piani assicurativi, co-me è accaduto nei paesi più svi-luppati, potrebbe aiutare a ridurrele difficoltà individuali. I pianiassicurativi possono essere av-viati su scala ridotta da iniziativelocali e su scala nazionale dal go-verno16.

m. Le Istituzioni dovrebberogarantire la partecipazione deirappresentanti delle comunità allestrutture direttive ed ai program-mi. Poiché le donne rivestono unruolo chiave nella promozionedella salute, sarebbe opportunodedicare particolare attenzione adun’equilibrata partecipazione diuomini e donne nelle strutture di-rettive delle Istituzioni sanitariedella Chiesa al fine di garantire laformulazione di politiche non di-scriminatorie nei confronti deisessi.

n. Sino ad ora molti governi do-natori hanno investito i propricontributi attraverso le ONG.Molti enti donatori ed organizza-zioni internazionali, oltre che dal-le loro campagne per la raccoltadi fondi, dipendono dal denaroche amministrano per conto delproprio governo. Stiamo ora assi-stendo ad una modifica di questapolitica. Il cosiddetto approccio-per-settore dirotta gli aiuti dei go-verni stranieri direttamente in unpaniere globale amministrato dalgoverno centrale, a meno che l’I-stituzione privata e le autorità lo-cali non siano giunte ad un con-tratto definito. Le Istituzioni de-vono sapere che questi contrattipossono rappresentare la condi-zione per ulteriori pagamenti di-retti da parte dei paesi donatori at-traverso le ONG.

Gli aiuti degli enti donatori edelle organizzazioni internazio-nali dipenderanno molto dall’esi-stenza o meno di un’amministra-zione efficiente e dall’affidabilitàdell’Istituzione. In molti casi sa-rebbe più facile raggiungere la so-stenibilità offrendo aiuto in termi-ni di assistenza amministrativa,anziché di denaro. Pertanto, la Fe-derazione Internazionale delleIstituzioni Cattoliche di Assisten-za Sanitaria, nel suo programmadi lavoro per l’anno 2000, ha de-ciso di offrire strutture di forma-zione professionale per ammini-stratori ed economisti sanitari alfine di consolidare queste capa-cità. Gli economisti sanitari do-vrebbero essere inseriti nell’am-bito delle agenzie di coordina-mento nazionali ed operare comeesperti per i singoli ospedaliONG. Gli enti benefattori e le or-ganizzazioni internazionali non

offrono soltanto partnership e pa-trocinio; a causa del loro lavoro disviluppo e partenariato con altreIstituzioni private, siano esse al-l’interno dello stesso paese o inaltre regioni geografiche, essipossono condividere le proprieesperienze ed offrire consigli sucome evitare gli errori, nonché in-dicare strategie vincenti.

4. Strumenti di potere

L’autorità, la forza, la lotta, lepunizioni e le sanzioni sono statispesso associati al potere. Dob-biamo pensare che rafforzando laverità con l’autorità si favorisconoi più forti e non i più intelligenti.Usare il potere attraverso il co-mando e la forza è disgregativo edistruttivo. Un altro approcciopuò essere costituito dal dibattito,un dibattito la cui prerogativa èconvincere l’altro. Si tratta diquello che Jürgen Habermas de-scrive come: HerrschaftsfreierDiskurs, un dibattito senza auto-rità. Si tratta di una discussione incui l’informazione deve scorrerenei due sensi. Il libero dialogo de-ve sostituire la cieca obbedienza.Le decisioni devono essere presedal basso verso l’alto e dall’altoverso il basso e necessitano diconsenso. Le dinamiche di gruppoassicurano la creatività. I metodipartecipativi ottimizzano la moti-vazione e migliorano l’efficienza.Qualsiasi tipo di formazione do-vrebbe includere l’insegnamentodi come ottenere consenso. Unachiara descrizione delle mansionie l’attribuzione di responsabilitàstimolano l’iniziativa. Gli obietti-vi ben definiti facilitano l’introdu-zione di un sistema di monitorag-gio che consente di correggere emigliorare le prestazioni. Gli in-centivi per i buoni risultati man-tengono vivo l’impegno.

È necessario evitare che l’Istitu-zione diventi un laboratorio per unqualsiasi azionista. Vorrei citareuna suora della Medical Missionche 25 anni fa, in un workshop delCor Unum, disse: “Se vogliamoche l’Istituzione sanitaria si dedi-chi alla salute di molti, è innanzitutto essenziale un cambiamentodell’atteggiamento mentale daparte de:

1. i medici che vedono l’ospe-

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120 SALUTE E POTERE

dale come il “proprio” laborato-rio;

2. infermieri/e che voglionousare la propria formazione soloper profitto personale;

3. gli ammalati ed i loro parentiche pretendono l’attenzione per-sonale del medico per qualsiasipiccolo disturbo;

4. la gerarchia ed i religiosi, cheinsistono su servizi “più modernie migliori” indipendentemente daicosti, invece di essere soddisfattidi offrire un servizio semplice mabuono;

5. l’amministrazione dell’ospe-dale che vuole stare al passo con ivicini nella corsa alle attrezzatureed ai farmaci più recenti.

Il cambiamento di atteggiamen-to potrebbe essere necessario an-cor oggi.

Assumersi la responsabilità edusare il potere rispettando le nor-me qui sopra menzionate è unosforzo non da poco. Solo in que-sto modo un proprietario diverràun vero e proprio servitore del be-nessere degli individui e della so-cietà. Comprendere il potere inmodo corretto, condividerlo econvogliarlo in modo intelligentesono parte di un processo moder-no che include anche il controllodemocratico (da parte della co-munità ecclesiastica, dei consiglisanitari diocesani o delle autoritàlocali) sull’uso del potere. Ci so-no forti speranze che, in questo

modo, sia possibile ottenere ser-vizi di assistenza sanitaria ottima-li ed un efficiente Sistema Sanita-rio Locale.

Mai come oggi la comunitàmondiale è stata consapevole del-la portata apocalittica della crisinel settore sanitario. Perciò, sindall’inizio del nuovo millennio,l’Unione Europea, le agenzie del-le Nazioni Unite ed i G-8 stannodiscutendo una dozzina di iniziati-ve internazionali, come la lottadelle Nazioni Unite contro la po-vertà, e la battaglia dell’OMScontro AIDS, TBC e malaria ed afavore di farmaci meno costosi.Ma l’impegno principale è di ga-rantire l’accesso ad un’assistenzasanitaria adeguata come dirittoumano basilare e quale elementocruciale nella lotta contro la po-vertà ed il sottosviluppo. Persinocon i farmaci gratuiti, il trattamen-to antiretrovirale (ART) perl’AIDS non è possibile senza soli-de strutture mediche. La strategiauniversale per il controllo della tu-bercolosi, il cosiddetto DirectlyObserved Treatment Short-Cour-se (ciclo breve di trattamento adosservazione diretta) (DOTS) ne-cessita di “osservatori”. Il pro-gramma dell’OMS Roll Back Ma-laria (fare arretrare la malaria)(RBM) richiede innanzi tutto ilrafforzamento dei servizi di assi-stenza sanitaria17.

Ancora una volta, perciò, dob-

biamo affermare che la Chiesa,usando il proprio potere in modocorretto e adoperandosi per perfe-zionare le sue Istituzioni sanitarieall’interno del Sistema SanitarioLocale, può rivestire un ruolo cru-ciale nel miglioramento della sa-lute. Questo è quanto volevo con-dividere qui con voi.

Dott. EDGAR WIDMERMembro del C.d.A. della Medicus Mundi

International e Svizzera

Bibliografia:1 “Updating Health care Development Co-

operation, Report on the Partner Consultationin Dar as Salaam” MMI/MEMISA, 1999.

2 “Heil und Heilung”, MM Svizzera, Bol-lettino N° 80.

3 “Contracting NGO’s for Health”, inter-vento della MMI all’Assemblea Mondialesulla Salute, 1999, Ginevra, Newsletter dellaMMI N° 63/64, 1999.

4 “Mission Statement and Policy of theCatholic Health Services in Uganda”, testoapprovato dalla Conferenza episcopale del-l’Uganda, Giugno 1999.

5 Dolentium Hominum, N° 37, 1998.6 “Catholic Health Services in Uganda,

Faithfulness to the Mission in the Third Mil-lennium”, Resoconto del Workshop, Cor-daid, Olanda, 2000.

7 “Is our Health Work Part of the Socio-Pastoral Work?”, Workshop COR UNUM,1983.

8 Dolentium Hominum, N° 46, p. 13/21,2001.

9 “La Tutela della Dignità della Persona”,MM Italia, Atti del Convegno, Caserta, 1999.

10 “Concepts of Health and Ethical Choi-ces”, resoconto del Workshop della MMI,Triesen, Liechtenstein, 1981.

11 Dolentium Hominum, N° 46, S. Adams:“The new health care worker”.

12 “Financing Health” Workshop dellaMMI 2001 – Newsletter della MMI N° 67“Financing Health Care in Africa” Healthand Development, N° 2/2000, CUAMM, Pa-dova.

13 “Cost and Revenue Study, the districthealth services management project”, Mini-stero della Sanità dello Zimbabwe, MM Bel-gio, Istituto di Medicina Tropicale di Anver-sa, 2001.

14 “Guidelines for Hospital Reports”, Koke Hamel, MMI/WHO, 1983.

15 “Health Policy in Poor Countries”, D.Filmer, J. Hammer, L. Pritockett, 1997.

16 “Local Health Insurance System in De-veloping Countries”, B. Criel, MMBelgio/Istituto di Medicina Tropicale, An-versa, 2001.

17 Dichiarazione su “Health Care for All”,Anversa, 2001.