stephen dunn, ore diverse

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Stephen Dunn ORE DIVERSE Traduzione di Marco Federici Solari e Lorenzo Flabbi

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Stephen Dunn fa della quotidianità il suo soggetto poetico, espandendone i confini emozionali per dipingere un paesaggio di sensibilità profonde e oscure. I misteri di Eros e Thanatos, la tenace resistenza della mente e del corpo di fronte alla meschinità, scorrono sotterranei tra i versi del poeta, che esplora le “ore diverse” non solo della vita individuale, ma anche di quella vita più grande, sociale e del pensiero, che travalica i limiti del personale per rendere ognuno parte del tutto. Il risultato è affascinante. Il poeta raggiunge, percepisce e fissa nel verso i nostri istanti più sfuggenti e intangibili, in un linguaggio che non si può dire semplificato, ma tanto essenziale da arrivare all’universalità.

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Stephen Dunn

ORE DIVERSE

Traduzione di Marco Federici Solarie Lorenzo Flabbi

Stephen Dunn, ORE DIVERSE

Copyright © Stephen Dunn 2000

First published as a Norton paperback 2002

W. W. Norton & Company, Inc., New York

Traduzione italiana © Del Vecchio Editore 2009

Redazione: Vittoria Rosati Tarulli

Grafica e impaginazione: Dario Lucarini

www.delvecchioeditore.it

ISBN 978–88–6110–014–5

IInnttrroodduuzziioonnee

MMaarrccoo FFeeddeerriiccii SSoollaarrii ee LLoorreennzzoo FFllaabbbbii

Inerpicati sul palo del telefono, alcuni tecnici stanno siste-mando i fili delle comunicazioni. Le loro silhouette si staglia-no contro il cielo. Un uomo li osserva da dietro la finestra dicasa, trattiene sulla retina le figure in controluce, un abbaglioche diviene metamorfosi. Il poeta conosce l’evanescenza della realtà trasfigurata,l’evanescenza della realtà quotidiana. Avvolti nei loro giub-botti arancioni, quei corpi sembrano librarsi in volo comeuccelli. È la bellezza di un istante quotidiano e banale, lapotenza umile di un presente che sfuma in un continuo flui-re incantatorio.Come l’albatro di Baudelaire, anche quegli operai sprigiona-no il proprio splendore soltanto a mezz’aria, contro il cielo.Una volta a terra, anch’essi si impoveriscono nei tratti goffi escollacciati di una vita di cui nulla sa stupire. È così cheStephen Dunn, poeta dapprima surreale nelle raccolte giova-nili, poi legato a doppio filo con la tradizione metrica delleterzine à la William Carlos Williams, e infine sciolto daentrambe le caratteristiche per entrare nella sua fase piùadulta e compiuta che ha in Different Hours il testo più cele-brato, oblitera il proprio biglietto per un metafisico aldiquà,per una poesia che restituisca la semplicità e la tristezza dellecose.Dunn ci chiede di sedere accanto a lui, di ascoltare le suestorie, instaurando con il lettore una voce intima, interlocu-toria, di dialogo narrato. Non una voce lirica o epica, bensìquella di un uomo contraddittorio che rivendica un’esperien-

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za autentica e personale del mondo, un maestro che ha dainsegnare solo lo stupore per l’inesausta varietà del vivere e,a tratti, per il suo disgusto e la sua fatica. La sua è la voce diun saggio, sì, ma di un saggio del senso comune, di un pro-feta modesto e consapevole dei propri inganni come i meta-fisici del South Jersey di cui narra.In questa raccolta Dunn giunge a esporre il ritratto di un séper momenti oppositivi, quasi contrapposti, e lo fa non tantoritagliando il profilo di una sensazione, ma piuttosto scolpen-do a tutto tondo un cuore al contempo calmo e inquieto. Ilprocedimento è inverso rispetto a quello della famosa formu-la pirandelliana: centomila, nessuno, uno.La cifra di questi versi non è quella della metafora, la libe-ra trasposizione del mondo nell’inventario fantastico del lin-guaggio. Non vi si cercano traslazioni figurali di senso, bensìvi è perseguita l’intenzione di proporre il senso stesso, inqualche maniera nudo, o denudato dalla gravità che pesasulla nostra percezione del presente. Tutto ciò è esplicito, adesempio, nell’apparente divertissement di John e Mary, dovela similitudine viene appiattita ironicamente come se l’imma-gine non possa che rimandare a un’altra immagine identica ase stessa e, in quanto tale, necessariamente depotenziata dalpunto di vista lirico. La poesia, qui, è il correlativo oggettivo.Ecco allora che ogni paesaggio fornisce l’occasione per esplo-rare e scoprire diversi aspetti di un sé: il desiderio, la perdita,la gioia, la delusione, l’alterità, il gioco. Credere agli oggetti,essere realisti nel disperato tentativo di chiudere, concluderee limitare in uno spazio di rappresentazione un irraggiungi-bile reale, è una necessità implacabile che attraversa presso-ché tutta l’arte che non possiamo non chiamare moderna. Peril pittore Cezanne la natura (morta e perciò trasfigurata) era

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una geometria senza contorni. Per il poeta Dunn, che sa cheda un’ora a un’altra – in ore diverse – il mondo può cambia-re volto, il tempo è un attimo che va colto mentre ne divieneun altro, nel momento della sua inevitabile scomparsa.Con impossibile puntualità bisogna allora cercare di indivi-duarlo facendone trapelare il vuoto sulla pagina. È l’attimoche sfuma nel momento che sfuma. Eppure Dunn è terso.Preciso e a volte indefinito, traccia un contorno emotivo ereferenziale, ma spesso per non concluderlo, lasciando aper-to il perimetro: e proprio da quell’apertura salgono le noteoblique del suo canto, i suoi semitoni più toccanti. L’intensitàrisplende in una nitidezza del pensiero che spiana il campo anarrazioni per frammenti e persino improbabili, come neltesto intitolato eloquentemente Racconto. La sua poesia èscritta alla presenza costante della ragione, una ragione pie-gata al servizio del dire come ci si sente al di qua della morte.D’altronde, sin dalle prime letture pubbliche, Different Hoursvenne salutato con il motto: «la mortalità è la migliore amicadi un poeta». Narrazioni, si è detto, ma si tratta comunque diistantanee senza immagini, nel tentativo di catturare il pre-sente “spoglio e sfolgorante” in cui è ancora dato di impara-re a vivere come meglio si può, senza speranza, “quasi felice-mente”.

Giugno 2009, Roma e Limoges

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EVANESCENCE

The silhouette of a mountain. Above it

a dark halo of rain. Dusk’s light

fading, holding on. He thinks he’s seen

some visible trace of some absent thing.

Knows he won’t talk about it, can’t.

He arrives home to the small winter pleasures

of a clothes tree, a hatrack,

his heroine in a housedress saying hello.

He could be anyone aware of an almost,

not necessarily sad. He could be a brute

suddenly chastened by the physical world.

They talk about the storm in the mountains

destined for the lowlands, the béarnaise sauce

and the fine cut of beef it improves.

The commonplace and its contingincies,

his half–filled cup, the monstrous

domesticated by the six o’clock news –

these are his endurances,

in fact his privileges, if he has any sense.

Later while they make love, he thinks of

Mantle’s long home run in the ’57 Series.

He falls to sleep searching for a word.

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EVANESCENZA

La silhouette di una montagna. Al di sopra

uno scuro alone di pioggia. La luce del crepuscolo

si affievolisce, perdura. Crede di aver visto

qualche traccia visibile di qualche cosa di assente.

Non ne parlerà, lo sa, non può.

Raggiunge a casa i piccoli piaceri invernali

di un attaccapanni, di un cappello appeso al muro,

della sua eroina in un maglione largo che lo saluta.

Potrebbe essere chiunque consapevole di un quasi,

non necessariamente triste. Potrebbe essere un bruto

imprigionato all’improvviso dal mondo fisico.

Parlano della tempesta che dalle montagne

scenderà a valle, di come la salsa bernese

rende più buona una bella bistecca.

La frase fatta e le sue contingenze,

la tazza in mano, il mostruoso

addomesticato dal telegiornale delle sei –

queste le sue prove di resistenza,

di fatto i suoi privilegi, se solo avesse un po’ di

buonsenso.]

Più tardi mentre fanno l’amore, pensa al

lungo fuori campo di Mantle nel campionato del ’57.

Si addormenta cercando una parola.

Finito di stampare nell’Ottobre 2009

presso la Tipografia Mancini s.a.s.

Tivoli (Roma)