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Editore Reclam Edizioni & Comunicazione srl . viale della Lirica 43 . 48124 Ravenna . Iscrizione al Tribunale di Ravenna n. 1240 del 8/11/2004 . Redazione 0544.271068 . [email protected] . Pubblicità 0544.408312 . [email protected] CASA BELLA CASA | TOPOGRAFIA E STORIA | CITTÀ E TEMPO | CITTÀ E QUARTIERI | IDEE E PROGETTI | ABITARE LE CULTURE ALL’INTERNO offerte immobiliari con ANNUNCI fotografici INFORMAZIONI AFFARI E ABITARE RAVENNA n. 89 aprile 2014

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Tc 04 2014

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APRILE 2014

COP BBQ:Layout 1 14/04/14 18:55 Pagina 2

5850

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topografia e storia

città e tempo

città e quartieri

progettare il territorio

stato dell’arte

abitare le culture

offerte immobiliari

04

contenuti

Podere del Tiglioun “buen retiro”in alta Val Senio

Ponte Nuovo, monumentoalla diversione

di Ronco e Montone

Tesori gnomonicinascosti alla BibliotecaClassense di Ravenna

Fra via Cavour e San Vitalea passeggio

con la grande storia

Il destinodei luoghi:

centri del commercio

Metodo e Ricostruzione: da Casavecchia/Muratoria

a Montini e Zoli

In Palestina, privati del bene

primario dell’acqua

Brigliadori 9 .Idea Casa 12 .

Agenzia Romagna . Agenzia Futura 13 .Scor . Fratelli Savorani 14 .

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di Mario Arnaldi

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aprile 2014

fotografieAPRILE 2014

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APRILE 2014

Autorizzazione Tribunale di Ravenna n. 1240 del 8 novembre 2004

Direttore responsabile: Fausto Piazza

Consulenza redazionale: Paolo Bolzani

Collaborano alla redazione: Andrea Alberizia, FedericaAngelini, Pietro Barberini, Roberta Bezzi, Chiara Bissi, Alberto Giorgio Cassani, Enrico Gaudenzi, Serena Garzanti(segreteria), Maria Cristina Giovannini (grafica), MarinaMannucci, Luca Manservisi, Domenico Mollura, Guido Sani,Serena Simoni.

Progetto grafico: Quadrastudio - www.quadrastudio.info

Referenze fotografiche: Alberto Giorgio Cassani, Paolo Genovesi, Fabrizio Zani,

Redazione: tel. [email protected]

Editore: Reclam Edizioni e Comunicazione srlviale della Lirica 43 - 48124 Ravenna - tel. 0544.408312 [email protected] - www.reclam.ra.itDirettore generale: Claudia Cuppi

Stampa: Grafiche Baroncini - Imola - www.grafichebaroncini.it

edizione di Ravenna

ControcopertinaGli architetti Nadia Angeli e Matteo Brucoli sono gli idea-tori di un puntuale intervento di “rigenerazione” edilizia diun vecchio casolare nell'alta Val Senio. I nuovi proprietari,«animati da una grande sensibilità verso il paesaggio e il ter-ritorio si orientarono verso un recupero “rispettoso” dellatipologia delle tradizioni costruttive e dei materiali dell'edi-lizia rurale della zona...».

Colophon TC 1404:Layout 1 15/04/14 19:37 Pagina 1

CASA BELLA CASA

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Il selvaggio contesto naturale in cui si inserisce il Podere del Tiglio fra le montagne dell’alta Val Senio

04 10 CBC TC1404:Layout 1 15/04/14 16:22 Pagina 4

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APRILE 2014

di Paolo Bolzani

Alta Valsenio Il buen retiro di una famiglia

con la passione dell’equitazionee il contatto con la natura

Il casolare nei boschi dell’Appeninorigenerato da Angeli e Brucoli,

architetti in Faenza

Complice il ciclo di conferenze sull’architettura contemporaneaalle Cantine di Palazzo Rava, ed anche per il buon umore su-scitato dall’arrivo di una mite primavera, questa rubrica indugianuovamente sulla riscoperta del territorio, confermando unascelta non recente che privilegia l’alternanza in base al ciclodelle stagioni. Rispetto alle primavere precedenti, questa voltail nostro sguardo però si innalza oltre i confini della piatta pia-nura ravennate per spingersi, per la prima volta, fino ai crinalidell'Appennino tosco-romagnolo, là dove l’alta collina lasciail posto a quella che già si chiama montagna. Risaliamo dunquela valle del Senio per immergerci nei boschi che ornano il ter-ritorio di Palazzuolo, per raggiungere la nostra meta, vale adire un casolare campeggiante in un “solatio” pendio erboso,sito al centro del Podere del tiglio. Qualche tempo fa una fa-miglia di cinque persone con la passione per l'equitazione ela vita a contatto con la natura decise di acquistare il casolare,in origine adibito ad uso abitativo/agricolo, con il desiderio ditrasformarlo nella propria casa per le vacanze. Ai tempi di que-sta decisione alla loro vista si offriva un corpo di fabbrica pro-strato dall’incuria del tempo e ridotto alle spoglie vesti di ru-dere, come mostra un’immagine qui allegata. Le fondazioni diquella che era stata una casa colonica di tipo rurale incastonataa mezza costa su un versante boscoso in forte pendenza «pog-giavano su una lingua di roccia affiorante dagli strati argillosie si mostrava suddiviso in due livelli, di cui quello inferiore, in-terrato per tre lati, era stato adibito a ricovero animali». Cosìspiegano gli architetti Nadia Angeli e Matteo Brucoli, ideatoridi un puntuale intervento di “rigenerazione” edilizia del caso-lare. I nuovi proprietari, «animati da una grande sensibilitàverso il paesaggio e il territorio dove avevano intenzione di in-sediarsi – come spiegano i due giovani progettisti - si orienta-rono fin dal primo momento verso un recupero “rispettoso”della tipologia delle tradizioni costruttive e dei materiali del-l'edilizia rurale della zona e perciò ci chiesero espressamentedi costruire la loro casa con il lavoro di maestranze e artigianilocali». In virtù dell’impegno dello Studio Angeli e Brucoli, ildesiderio della famiglia si avvera. Il forte timbro locale della

struttura di montagna, esibito nella muratura in sasso confor-mata “a sacco”, nei solai in legno e nel manto di copertura inlastre di pietra viene declinato all’interno di un progetto che,«data la tipologia costruttiva e lo stato di conservazione del-l'edificio» ha previsto la sua «demolizione e ricostruzione ne-cessarie per l'adeguamento alla normativa sismica vigente»,effettuata sul medesimo sedime edilizio e con la medesimasagoma volumetrica. Perciò opportunamente Angeli e Brucoliparlano di «nuovo “Podere del tiglio”». Si tratta di «un corpodi fabbrica allungato, orientato con i lati maggiori a sud e anord; il forte dislivello del crinale su cui è poggiato fa sì che illato nord abbia un solo livello fuori terra, mentre il lato suddue. In tal modo sono minimizzate le dispersioni invernali esono invece massimizzati gli apporti solari passivi». Si decidedi aumentare ulteriormente l'inerzia termica delle muratureperimetrali, «accoppiando i sassi del vecchio edificio ad unblocco pesante in laterizio rettificato montato a colla, finito in-ternamente con intonaci a base calce. In tal modo si è ottenutauna parete che abbina ad un'ottima inerzia termica assicuratadalla massa un eccellente potere isolante e di traspirazione»ed inoltre assicura uno sfasamento termico sufficientementeconfortevole anche alle alte temperature della stagione estiva.Per ottimizzare le prestazioni energetiche del fabbricato a com-portamento termico passivo e per «aprire i locali interni verso

e o

Nell’alta Valle del Senio il casolare Podere del Tiglio

viene riutilizzato da una famigliadi cinque persone con la passione

per l'equitazione e la vita a contatto con la natura

per trasformarlo nella propria casa per le vacanze.

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CASA BELLA CASA

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Alla vista dei nuovi padroni di casa dopol’acquisto si offriva un corpo di fabbrica prostratodall’incuria del tempo e ridotto alle spoglie vesti dirudere. Le fondazioni di quella che era stata unacasa colonica di tipo rurale incastonata a mezza

costa su un versante in forte pendenza«poggiavano su una lingua di roccia affiorante

dagli strati argillosi e si mostrava suddiviso in duelivelli, di cui quello inferiore, interrato per tre lati,

era stato adibito a ricovero animali».

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APRILE 2014

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La facciata del casale di montagna

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CASA BELLA CASA

le viste migliori si è deciso di non aprire alcuna finestra sullafacciata nord e di concentrare invece tutte le aperture sullafacciata sud, lasciando sui lati est e ovest solo le bucaturestrettamente necessarie». Oltre a queste precauzioni si èinstallato un impianto di riscaldamento costituito da unapompa di calore aria-acqua collegata a pannelli radianti apavimento negli ambienti della casa e di coprire con unaserie di pannelli fotovoltaici la sua falda esposta a valle eorientata a sud. In questo modo, assicurano i progettisti, il'Podere del tiglio' si caratterizza come un intervento a bi-lancio energetico nullo, in quanto durante l'inverno la pompadi calore «viene alimentata tramite l'allaccio alla rete, mentrenelle altre stagioni l'elettricità prodotta dai pannelli fotovol-taici viene immessa in rete». Alle scelte rivolte a premiaresistemi di energia rinnovabile si associa anche quella di mi-nimizzare il consumo idrico «convogliando tutti i pluviali diraccolta delle acque piovane in un serbatoio di accumulointerrato che concorre anche al sistema di irrigazione del-l'ampio giardino circostante e dell'orto coltivato dai proprie-tari». Veniamo ora all’impatto nel paesaggio e alla vivibilitàdelle scelte. All’ospite in visita al nuovo 'Podere del tiglio' sipropone la vista di un edificio composito, con manto di co-pertura in tegole di cemento e rivestimento a lastre in pietraserena provenienti dal paramento del fabbricato originario.

Immagini degli spazi living del casalecon il soggiorno e un classico caminetto.

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APRILE 2014

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CASA BELLA CASA

Alcuni scorci della zona notte della casa di montagna.

Si trova articolato in un fabbricato principale cui si annettono trecorpi minori: loggia di ingresso a nord, lavanderia a ovest, e centraletermica con funzione anche di cantina collocata sud, il cui tetto di-viene la base per una bella terrazza rivolta alla valle, pavimentata eattrezzata con un forno a legna, che funge da espansione dellazona giorno della sala situata nel fabbricato principale attraversouna serie di porte finestre rivolte a sud. Ritroviamo la pietra localenella versione con lastre a spacco anche nelle pavimentazioniesterne ed anche all’interno, nella zona giorno e nei disimpegnicon lastre in pietra serena tagliata a sega e levigata in opera, mentrele stanze da letto sono omaggiate da doghe di massello di castagnonaturale levigato in opera; viceversa i bagni sono rivestiti a terra ein parete con pastina di cemento e inerti di marmo bardiglio. Portee finestre sono montate a filo interno, per enfatizzare il grandespessore delle murature perimetrali, e sono concluse da scuroni incastagno con apertura a libro. Una ringhiera in ferro verniciato daldisegno leggero si incarica di proteggere portefinestre e terrazza.L'ingresso alla casa avviene dalla loggia superiore, posta a nord,che immette in una stanza passante da cui si gode della vista dellavallata verso sud. «La pianta interna di entrambi i piani - precisanoAngeli e Brucoli - è divisa in tre campate di cui, al piano primo, il sa-lotto occupa la campata centrale mentre le tre stanze da letto e iservizi occupano quelle laterali. Nell'angolo nord-ovest è alloggiatala scala interna che collega i due livelli. La rigorosa divisione in cam-pate viene mitigata percettivamente allineando le aperture di pas-saggio nelle tramezzature e mettendo così in relazione visiva idiversi ambienti». All’interno, come spiegano i progettisti, «la sceltadei materiali è stata volta alla massima naturalità e alla ricerca diun'interazione forte tra la luce naturale e le superfici dei materiali».La tradizione viene rideclinata con solai in legno di castagno ad or-ditura principale e secondaria con essenze rinvenute nel territoriodi Palazzuolo, e solaio di copertura completato da tavelle in cotto eisolante in fibra di legno ad alta densità. Una scala interna scendenella grande sala da pranzo con camino, servita da cucina, un se-condo salotto con camino, lavanderia e un servizio igienico; l’insiemeviene caratterizzato «da una marcata fluidità degli spazi, ottenutacon l'allineamento delle grandi aperture che dividono salotto, salada pranzo e cucina». Una delle idee più interessanti delle sceltedegli interni è la ricerca di un effetto plastico nel disegno e nel po-sizionamento delle pareti divisorie, «trasformandole in pareti at-trezzate che alloggiano, di volta in volta, armadi a muro, nicchie,camini o librerie». Porte interne in castagno naturale e intonaci rea-lizzati “ad andamento” con tinte a calce, si rivelano scelte che con-corrono «a rendere le superfici più profonde e cangianti alla luce» .trasformazione novecentesca della villa».

All’ospite in visita al nuovo Podere del Tigliosi propone la vista di un edificio composito,

con manto di copertura in tegole di cementoe rivestimento a lastre in pietra serenaprovenienti dal paramento del corpo

di fabbrica originario. Si trova articolatoin un fabbricato principale cui si annettonotre corpi minori: loggia di ingresso a nord,lavanderia a ovest, e centrale termica confunzione anche di cantina collocata sud, il cui tetto diviene la base per una bellaterrazza rivolta alla valle, pavimentata

e attrezzata con un forno a legna, che fungeda espansione della zona giorno della salasituata nel fabbricato principale attraverso

una serie di porte finestre rivolte a sud.

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RAVENNA, IN CENTRO STORICO

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RAVENNA, S. BIAGIO

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S. MICHELE

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TROVACASA PREMIUM

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RAVENNA, CIRC.NE AL MOLINOAppartamento al PT: ingresso, sog-giorno, cucina abit., camera matrim.,antibagno-bagno. Classe energetica“G” KWh/m²/anno 265,55 (Rif. 9222).€ 105.000,00

RAVENNA, BORGO SAN ROCCO

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PUNTA MARINA TERME (RA)

Villetta a schiera in zona molto tran-quilla e appartata, abbinata ai lati com-posta da area cortiliva. Piano terra:soggiorno con angolo cottura, bagno,ampio soppalco spazioso e luminosocon terrazzo, aria condizionata conpompa di calore, posto auto scoperto,completamente arredata con gusto.Uso piscina. Classe energetica non de-terminabile edificio privo di impiantotermico. (Rif. 9198) € 185.000,00

SAN MICHELE (RA)

Villetta a schiera ben tenuta: PianoTerra: soggiorno, cucina, bagno, giar-dino con pergolato e n. 2 posti auto.Piano Primo: 2 camere, bagno. Sotto-tetto uso ripostiglio. Aria condizionata. Classe energetica F, KWh/mq./anno181,84 (Rif. A5049)€ 180.000,00

RAVENNA, SAN BIAGIO

Appartamento con ingresso indipen-dente: Piano Terra: ingresso, sog-giorno, cucina, due garage, giardinocon posto auto. Piano primo: 3 ca-mere, bagno. Sottotetto uso riposti-glio. Tavernetta con camino, bagno,lavanderia. Classe energetica F, KWh/mq./anno 180,92 (Rif. A5060)€ 320.000,00

RAVENNA, ZONA VIA CANALE MOLINETTOGrazioso appartamento posto al primopiano con ascensore: soggiorno, cuci-notto, disimpegno notte, 2 camere,bagno, 3 balconi, garage. Risc. aut. Classe energetica “F” - KWh/m²/anno206,50 (Rif. A5046)€ 165.000,00

RAVENNA, VIA MARZABOTTOAppartamento al terzo piano conascensore: ingresso, ampio soggiornocon balcone, cucina abitabile, disim-pegno notte, 3 camere, bagno, ripo-stiglio, cantina e garage. Classe energ.“G” KWh/m²/anno 142,68 (Rif. 9227)€ 165.000,00

RAVENNA, ZONA VIA ANTICA MILIZIA

grazioso appartamento al piano at-tico, con ampio terrazzo abitabile dimq. 70, soggiorno con soppalco di mq.20, camera matr. con bagno, camerasingola, bagno. Garage e cantina alpiano seminterrato. Risc. centr. conconta calorie, ascensore. Classe ener-getica C, KWh/mq./anno 83,39 (Rif. A50009) € 260.000,00

SAVORANI FLL SCOR TC:Layout 1 15/04/14 17:09 Pagina 14

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MARINA ROMEA

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RAVENNA - CENTRO STORICOAppartamento di circa 140 mq, posto alsecondo piano con ascensore : in-gresso, soggiorno, cucina abitabilecon balcone, tre camere da letto, ba-gno, ripostiglio. Garage e cantina.A.C.E. in fase di realizzazione. € 230.000,00 tratt.

RAVENNA - CENTRO STORICOIn contesto di sole 4 unità, apparta-mento da ristrutturare posto al primoed ultimo piano con soggiorno, cuci-notto, camera matrimoniale, bagno fi-nestrato. Cantina. Ottimo anche comeinvestimento. A.C.E. “G”. € 90.000,00

RAVENNA - BORGO SAN ROCCO

Elegante attico mansardato, ottima-mente rifinito : salone, cucina, tre ca-mere da letto, due bagni, ripostiglio,terrazzo di 40 mq circa. Garage. A.C.E.in fase di realizzazione. Informazioni in agenzia

RAVENNA ZONA GALILEI

Ampia villetta ad angolo con giardinoprivato su due lati : ingresso, sog-giorno con balcone a livello, cucinaabitabile con balcone, bagno al pianorialzato; tre camere da letto di cui duematrimoniali con terrazzo loggiato ebalcone, bagno al piano primo; ta-verna con camino, servizi, ripostiglio egarage. A.C.E. in fase di realizzazione.Informazioni in agenzia

RAVENNA BORGO SAN ROCCO

Casa di 200 mq circa sapientemente ri-strutturata nel 2002, comodo ingressoal PT, soggiorno con camino, sala dapranzo e cucina, dispensa-ripostiglio,bagno finestrato, garage collegato allacasa, corte interna (dove si affaccia lazona giorno); al 1°P. una camera ma-trim. ampia con balcone affacciato allacorte, bagno, camera matrim. con ter-razzo guardaroba e bagno; splendidamansarda con salotto, camera da letto,bagno. Finiture di pregio. Classe “D”. Informazioni in agenzia

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Ponte Nuovoil monumento alla diversione dei fiumi

Ronco e Montone

TOPOGRAFIA E STORIA

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Giulio Alberoni, cardinale legato a Ravenna dal1735 al 1739. In soli quattro anni di lavoroallontanò da Ravenna i fiumi Ronco e Montoneche avevano causato numerose alluvionirovinose. Instancabile e attivissimo promossei grandi lavori della diversione, dove sirecava di persona anche trevolte al giorno.

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APRILE 2014

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Vista del Ponte Nuovo dall’argine sud dopo una recente piena.

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TOPOGRAFIA E STORIA

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Non ci sono soldi né laterizi percostruire l’altro ponte sul tratto

deviato del fiume Montone: per farpassare la Ravegnana sarà realizzato

in legno. Sparite da tempo lerumorose tavole che lo lastricavano,

è ancora chiamato “Ponte Assi”.

I grandi lavori condotti fin dal 1733 dal legato pontificio Car-dinale Giulio Alberoni, vennero finanziati attraverso unatassa sul sale e i proventi del gioco del lotto, da poco isti-tuito nello Stato pontificio. Le opere principali per condurrea sud della città i fiumi Ronco e Montone, sono la grandechiusa San Marco costruita in laterizio con abbondante usodi angolari in pietra d’Istria e il monumentale ponte “Nuovo”che verrà realizzato prima ancora di ultimare l’escavazionedel nuovo letto artificiale per i nuovi “Fiumi Uniti”. Que-st’ultimo è il più importante manufatto, solido e utile “mo-numento” contrassegno della grande opera alberoniana,fatta di imponenti lavori di sterro, innalzamento di argini,escavazione e allargamento di canali, taglio di fiumi: questisegni sono stati conservati dal tempo. Ai nostri occhi appa-iono come elementi sovrapposti o addirittura inalterati.

di Pietro Barberini

Sopra: vista del Ponte Nuovo dall’argine nord.Al centro: vista del sottarco del Ponte Nuovo dall’argine nord.

Sotto: vista del Ponte Nuovo dal ponte pedonale-ciclabile.

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APRILE 2014

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TOPOGRAFIA E STORIA

E il ponte diventa “nuovo” una seconda volta

Nonostante sia stato fatto saltare dai tedeschi in ritirata, il“Ponte Nuovo” viene tuttora percorso dai moderni mezzi neidue sensi di marcia nelle condizioni in cui si trovava al mo-mento dell’inaugurazione. Unica variante un tappeto d’asfaltosovrapposto al lastricato. Nei giorni successivi alla liberazionedi Ravenna, infatti, furono recuperati quasi tutti i mattoni, an-golari in pietra d’Istria e altro materiale tanto da poter riedifi-care in poco tempo il settecentesco monumento col quale lacittà ricorda l’intelligente modernità di Giulio Alberoni. Conl’entusiasmo della fine della guerra, le mani di centinaia di mu-ratori e manovali si dedicarono a pacifici strumenti di lavoro:un cantiere brulicante di uomini e attrezzature tanto da riedi-ficare il ponte in poco più di due mesi sui disegni originali, con-servati nell’Archivio Storico comunale alla BibliotecaClassense.

In questa pagina, dall’alto:Vista dall’argine nord del ponte pedonale-ciclabile.

Uno dei quattro pilastri di ingresso al ponte (ingresso nord lato destro) con l’epigrafe: INCHOATVM DIE XXII / JULII ANNI

MDCCXXXV / ABSOLVTVM DIE XXII / DECEMBRIS MDCCXXXVI[Iniziato il 22 luglio 1735 terminato il 22 dicembre 1736].

Pagina a destra:- J.J. Grandville, “Le pont des planètes”, 1844

(da Un autre mond).

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APRILE 2014

Gran parte dei materiali proveniva dalla Rocca Brancaleone

Anche all’epoca delle diversioni, per mancanza di fondi oscarsa produzione di laterizi, il ponte fu edificato demo-lendo l’ultimo piano delle cinta murarie e dei torrioni dellaRocca Brancaleone, nonché edifici e la chiesetta internadella “cittadella” dove erano stati utilizzati parte dei marmiprovenienti da Sant’Andrea dei Goti, demolita in epoca ve-neziana. L’ingente quantità di mattoni impiegata nel-l’opera, a detta di un cronista dell’epoca, servì «alvantaggio notabile e al celere mirabile compimento di sìgran ponte». Mattoni e pietra d’Istria della Rocca “parteci-parono” anche alla costruzione della “chiusa” San Marco.È curioso notare come marmi romani, probabilmente tra-sportati al porto di Ravenna nel corso del I secolo d.C.,siano stati utilizzati per erigere monumenti teodoriciani,passando a costruzioni veneziane (quanta pietra d’Istrianei balconi delle palazzine del XV secolo…) per poi arrivaread un grande ponte settecentesco a cinque luci, vera apo-teosi delle diversioni fluviali alberoniane. In questo gigan-tesco domino di laterizi e materiale lapideo non sonoescluse le mura cittadine, il palazzetto veneziano, edificireligiosi e civili, porte e monumenti cittadini. Nel riuso dimateriali antichi il “Ponte Nuovo” è un esempio straordi-nariamente forte, tanto che i quattro poderosi piloni che sialleggeriscono verso l’alto si reggono su fondamenta di tra-chiti dell’antica via romana. I parapetti laterali sono in mu-ratura abbinata ad angolari in pietra d’Istria, il pontesorretto da cinque archi risultà così di elegante fattura.Anche ora permette il collegamento di Ravenna verso Romae la direttrice adriatica.

Il passaggio sui Fiumi uniti determinò un nuovo assetto urbano

A metà del Settecento rappresentava il passaggio fonda-mentale sull’asse urbano di via del Corso, (non a caso oravia di Roma) passando attraverso porta Nuova. Un tratto,quest’ultimo, che segna la storia, ricalcando canali portualid’epoca augustea, il sobborgo militare di Cesarea fra lacittà e il porto classicano e il canale Panfilio della secondametà del XVII secolo. Proprio quest’ultimo fu protagonistadelle diversioni fluviali: alla “voltazza”, poco a valle del no-stro ponte, i Fiumi Uniti furono inalveati nel vecchio canaleportuale. È ben evidente come i Fiumi Uniti abbiano deter-minato un nuovo assetto urbano, progredendo rapida-mente verso il mare e conquistando nuove terre perl’agricoltura. Intanto si stava già predisponendo un nuovocanale Naviglio a nord-est della città collegando il portodella Fossina con una darsena a ridosso delle mura orien-tali di Ravenna. Unica opera infrastrutturale, il “PonteNuovo” è ancora al suo posto ad assolvere compiti inim-maginabili anche ad una mente moderna e visionaria comequella di Giulio Alberoni.

Tutte le foto sono di Alberto Giorgio Cassani

«Invero, generalmente si pensa che il ponte sia anzitutto epropriamente solo un ponte». L’aforistica sentenza diMartin Heidegger (Costruire, abitare, pensare, 1951) cogliein pieno il carattere prettamente “simbolico” di una figura –«forse la più nobile fra quelle create dall’uomo» (GiulioPizzetti, Alcune considerazioni sulla evoluzione del ponte,in «Casabella», XLV, n. 469, maggio 1981) – che ha, dasempre, accompagnato l’uomo, come imago e comestruttura. Il ponte non è soltanto quell’oggetto chepermette di superare un ostacolo. Il ponte è molto altro. Mai figura architettonica è stata, nella storia, tanto carica disignificati metaforici. Uno straordinario racconto di Kipling,I costruttori di ponti (1893), mette sul tavolo tutti i temiprincipali che fanno della figura del ponte un vero e proprio“simbolo”, cioè una figura ancipite, doppia, dissós. Perpoter parlare di simbolo, è necessaria quest’ambivalenza,questa compresenza di opposti, secondo l’originariaetimologia greca: simbolo era una tavoletta che venivaspezzata in due e consegnata a due persone che sisarebbero riconosciute, ricongiungendola. Dunque: unasola e, al tempo stesso, due. Questa la ricchezza el’ambiguità del simbolo, che non mostra mai,semplicemente, una sola faccia, ma è come una medagliache ha un recto e un verso. Il ponte “riunisce” in sé molti aspetti contrastanti: “unisce”e, al tempo stesso, “divide”, come ha compresobenissimo, un secolo fa, Georg Simmel (Ponte e porta,1909); è stabile, apparentemente, ma anche fragile,pericoloso, come ci hanno raccontato Nietzsche (Cosìparlò Zarathustra) e Kafka (Il ponte, 1916) – e questoelemento di pericolosità rimane anche e soprattuttonell’età della Tecnica; è “sospeso” tra due mondi, puòessere “isolato” e “abitato”, può “crollare” e persino“muoversi”. È strumento della conquista del mondo daparte dell’uomo e, al tempo stesso, l’opera più sacrilega ditutte, perché intacca, oltre la terra, anche l’acqua,l’elemento sacro per eccellenza in tutte le culture antiche,come ci ha ricordato, magistralmente, Anita Seppilli(Sacralità delle acque e sacrilegio dei ponti, Palermo,Sellerio, 1977).Tutte le culture antiche hanno compreso il caratteresimbolico e perturbante del ponte e ne hanno fatto unadelle figure ricorrenti nei loro racconti mitici e nelleleggende e favole che quei miti hanno sostituito,apparentemente normalizzandoli. Ma la “secolarizzazione”non ha cancellato del tutto quell’aspetto “numinoso” cheha aleggiato per secoli intorno all’immagine del ponte.Questo lato oscuro emerge a volte, inaspettatamente,anche nell’età dei Lumi e nel secolo breve o lungo che dirsi voglia. C’è da aspettarsi che lo faccia anche nell’attualeterzo Millennio.

Il ponte come “simbolo”di Alberto Giorgio Cassani

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CITTÀ E TEMPO

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CITTÀ E TEMPO

Tesori gnomonicinascosti

Il “notturnale” sulla faccia rectadello strumento

costruito da Girolamo della Volpaia

nel 1575, un tempoappartenuto a Morigia

Camillo e ora custoditopresso la Biblioteca

Classense di Ravenna (per gentile concessione

della Biblioteca Classense

di Ravenna).

Piccole e pregiatecollezioni di valore

storico e scientifico in Romagna: la Biblioteca

Classense

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APRILE 2014

di Mario Arnaldi

Il 16 gennaio del 1795 morì a Ravenna il conte-archi-

tetto Morigia Camillo, importante esponente di quel

piccolo gruppo di nobili attivi, che sentì su di sé la re-

sponsabilità del suo status, operando in favore dello

sviluppo culturale e istituzionale della società del suo

tempo. Un ruolo, questo, assai diverso da quello

ozioso e salottiero della nobiltà di quel tempo.

Per sua disposizione testamentaria, tutti gli strumenti

di lavoro e di studio, oltre alla vasta biblioteca di fa-

miglia, passarono in eredità alla Biblioteca Classense

di Ravenna.

I volumi erano già stati catalogati da molto tempo,

ma gli oggetti che completavano il lascito furono ri-

scoperti poco più di un decennio fa durante le opera-

zioni di riordino dei magazzini. Nella cassa che li con-

teneva, furono trovati vari strumenti di misurazione,

sei orologi solari e alcune parti separate di apparati

compositi, dalla non chiara destinazione d'uso.

Ebbi già modo di descrivere tutti gli strumenti gno-

monici della collezione morigiana in due articoli ap-

parsi nel 2002 sulla neonata rivista scientifica spe-

cializzata “Gnomonica Italiana” e da cui traggo parte

di questo mio nuovo scritto; Erano ancora inediti e

assolutamente interessanti per la loro antichità, uni-

cità, rarità e fattura.

La collezione gnomonica comprende: un orologio so-

lare da tavolo, un anello astronomico, un orologio

notturno ( detto “notturnale”) con orologio solare sul

dorso, un astrolabio, un orologio solare tascabile con

“notturnale” e un quadrante di legno, forse incom-

pleto. Quasi tutti gli strumenti furono calcolati con il

calendario giuliano, quindi costruiti o in un periodo

antecedente la riforma gregoriana (1582) o prima

della sua adozione (non tutti gli stati, infatti, aderirono

immediatamente alla riforma del calendario). Alcuni,

inoltre sono stati costruiti per latitudini diverse da

Ravenna. Molti strumenti, quindi, non potevano es-

sere usati quotidianamente del Morigia, se non con

continui aggiustamenti, ne consegue che essi, pro-

babilmente, fossero parte della sua collezione pri-

vata.

Tutti gli strumenti lasciati dal Morigia meritano at-

tenzione, ma questo breve articolo non mi consente

d’illustrarli tutti. Mi limiterò a descriverne solo tre.

Fra tutti gli strumenti che Camillo Morigia lasciò alla

Biblioteca Classense, il posto d’onore spetta certa-

In alto: L’orologio solare portatile sulla faccia versadello strumento costruito da Girolamo della Volpaia nel 1575,

un tempo appartenuto a Morigia Camillo e ora custodito presso la Biblioteca Classense di Ravenna (per gentile concessione della

Biblioteca Classense di Ravenna).In basso: orologio solare da tavolo costruito a Roma da Carlo Plato

nel 1584. Nella foto si vede l’orologio solare a ore “babiloniche”inciso su una delle due facce della lastra d’ottone

(per gentile concessione della Biblioteca Classense di Ravenna).

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CITTÀ E TEMPOCITTÀ E TEMPO

Orologio solare da tavolocostruito a Roma da Carlo Plato

nel 1584. Nella foto si vedel’orologio solare a ore

“italiane” inciso su una delle due facce della lastra

d’ottone (per gentileconcessione della Biblioteca

Classense di Ravenna).

In basso: L’orologio solare da tavolo costruito a Roma

da Carlo Plato nel 1584 visto di profilo

(per gentile concessione della Biblioteca Classense

di Ravenna).

22 28 CITTA TEMPO TC1403:Layout 1 15/04/14 16:33 Pagina 24

APRILE 2014

mente al “notturnale” costruito da Girolamo della Volpaia

(Hyeronimus Vulparie, ca. 1530-1614) nel 1575 per Lau-

rentius Nicolai de Sirigatus (Lorenzo Niccolini Sirigatti),

avvocato e figlio di Piero di Matteo, della famiglia fioren-

tina dei Niccolini. Girolamo della Volpaia fu l’ultimo di-

scendente della notissima famiglia fiorentina dei che nel

'500 si dedicò tutta alla costruzione di strumentazione

scientifica.

Il notturnale in questione ha fatto parte dei numerosi

pezzi esposti alla grande mostra tematica “Le Temp Vite”,

prima a Parigi, poi a Roma, e infine a Barcellona; si tratta

di un oggetto raro e di fine lavorazione, forse il più bello

fra quelli che conosciamo costruiti da quest’autore.

Lo strumento si sviluppa su due facce: una che chiame-

remo recta e l’altra che diremo versa.

Nella faccia recta, è montato un orologio notturno (horo-

logium nocturnum), composto di tre dischi di diversa

grandezza e un indice mobile, imperniati su un cilindro

forato. Il disco maggiore (fisso) è suddiviso in quattro

cerchi concentrici assegnati alle notazioni calendariali.

Nella sua circonferenza maggiore si leggono i giorni del-

l'anno composti in tre decadi per ogni mese, poi proce-

dendo verso quello minore, i nomi latini dei mesi, i gradi

percorsi dal Sole in ogni segno dello zodiaco, i nomi latini

dei relativi segni zodiacali.

Il disco mediano (mobile) è munito d’indice con la scritta

MEDIA NOX, sulla sua circonferenza sono state incise le

ore uguali equinoziali da 1 a 24, e ogni ora si compone di

sei particelle.

Il disco minore - mobile anch’esso - è munito d’indice e

denti di sega per contare, con l’aiuto del solo tatto, le

ore al buio della notte. Nella porzione centrale del disco

la scritta MEDIA NOX PER TOTUM ANNUM ci illumina sul

significato dei dati riportati sui tre cerchi concentrici,

divisi in ventiquattro settori uguali, che troviamo disegnati

sulla sua superficie.

In ogni cerchio, dal maggiore al minore, si leggono: le

ore che separano il tramonto dalla mezzanotte, i minuti

da aggiungere alle ore del primo cerchio, e il nome dei

mesi sulla circonferenza minore.

Il bordo esterno di questo disco è segnato da ventiquattro

denti, ma solo i primi dieci sono numerati.

Lo strumento intero è sorretto in alto da un’estensione

traforata della piastra d’ottone, su cui è intagliato lo

stemma del committente, e inserito un anello per la so-

spensione.

Per leggere le ore della notte si poneva lo strumento so-

speso di fronte all'osservatore mirando la stella polare

all'interno del perno forato centrale. Sistemati gli indici

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CITTÀ E TEMPO

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Strumento gnomonico tascabile costruito per una latitudine vicina a Ravenna (forse Venezia). La faccia mostrata nella foto

mostra un orologio solare di altezza (per gentile concessione

della Biblioteca Classense di Ravenna).

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27

APRILE 2014

delle ruote sulla data e sull'istante della mezzanotte se-condo il periodo dell'anno, si ruotava l'indicatore grandefino ad incontrare sulla sua linea “della fiducia” le stellecorrispondenti alle due ruote posteriori della costellazionedel grande carro, a questo punto, contando i denti liberi,era possibile leggere l'ora della notte.Il dorso dello strumento, invece, mostra un orologio solared'altezza a ore italiche (ab occasu) per la latitudine di 43°e 30'. Due cartigli incisi recano il nome dell’autore conl’anno di costruzione e il nome del committente.Un terzo cartiglio informa il committente sul modo di leg-gere l'orologio senza errore, dichiara, cioè, che le lineepuntinate si riferiscono alle ore pomeridiane. Un quartocartiglio, all'estrema destra dello strumento, ci informaper quale latitudine lavora l'orologio.Nella porzione alta, ai lati del cartiglio con il nome delcommittente, sono saldate le due pinnule forate per mirareil Sole, e nella porzione centrale è disegnato l'orologiosolare d'altezza. Oltre alle ore, grazie ad alcuni artificigrafici, lo strumento permette di conoscere l'altezza solaresull'orizzonte, l’elevazione di edifici e monti o la profonditàdi pozzi e valli e la posizione giornaliera del Sole nello Zo-diaco.

Il secondo strumento di una certa importanza è un doppioorologio solare orizzontale da tavolo, d’ottone e legno,costruito per la latitudine di 45 gradi (probabilmente Ve-nezia). L’autore non ha posto la sua firma sull’oggetto, che recala data (18 agosto 1584) e il luogo di fabbricazione (Roma),ma è certo che, per la sua fattura inconfondibile, sia operadi Carlo Plato, un abile costruttore di strumenti scientificiche fu attivo nella capitale nella seconda metà del Cin-quecento. I due orologi solari sono tracciati sulle sue due facce diuna lamina tonda d’ottone munita di una bussola bascu-lante (oggi mancante) che serviva per orientare lo stru-mento. Un orologio solare è ad ore babiloniche (cioè leore contate dalla levata del Sole), l’altro ad ore italiche(con le ore contate dal tramonto del Sole). L'uso di questodoppio sistema orario era assai comune nel Rinascimento,soprattutto a Norimberga, dove l'unione dei due ne generòun terzo, ibrido, detto appunto Horæ Norimbergenses. Lalastra trova alloggio dentro una scatola di legno tornito.

Il terzo strumento che voglio descrivere è un piccolo og-getto tascabile composto di due dischi ruotanti imperniatinel centro con un rivetto forato. Su un lato si vede un oro-logio solare d'altezza ad ore italiche mentre su quello op-posto c’è un orologio notturno.

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CITTÀ E TEMPO

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L’autore è ignoto,ma l'oggetto è ben descritto, soprattutto nella sua parte notturna, nel volumeArmonia astronomica di Teofilo Bruni veronese, pub-blicato nel 1622.Una faccia funziona per le ore diurne (con il sole), l'altraper le notturne (con le stelle). Il disegno delle linee men-sili, e le conseguenti aperture angolari dello zodiacoobliquo nella parte notturna, ci permette di conoscere,seppur con una certa approssimazione, viste le dimen-sioni esigue dello strumento, la latitudine per cui fuprogettato e costruito. Fatti i dovuti calcoli e raffronti,questo valore dovrebbe essere pressappoco la latitu-dine di Ravenna: 44.5°, ma la sua lettura può essereaccettabile entro le latitudini comprese fra 44° e 45°.

Lo strumento non è datato, ma la posizione dello zodiaco inciso sul bordo

di questo disco corrisponde ancora al calendario giuliano e ci consente di datare facil-

mente l'oggetto ad un periodo che precede la riformagregoriana del calendario.

Ringrazio la Dott.ssa Claudia Giuliani, direttrice dellaBiblioteca Classense di Ravenna, per avermi gentil-mente concesso la pubblicazione delle immagini.Per una descrizione degli altri strumenti gnomonici col-lezionati da Camillo Morigia rimando il lettore ai duearticoli apparsi sulla rivista “Gnomonica Italiana” n. 2e n. 3, anno 2002.

[email protected]

Strumento gnomonico tascabile costruito per unalatitudine vicina a Ravenna (forse Venezia). La faccia

mostrata nella foto mostra un “notturnale” descritto perla prima volta da Teofilo Bruni di Verona nel 1622

(per gentile concessione della BibliotecaClassense di Ravenna).

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Per chi ama il centro storico cittadino esiste un quadrila-tero di irresistibile fascino, per tutti, per chi c’è nato e perchi la città ha imparato a conoscerla e viverla più tardi. Nonlontano da piazza del Popolo le strade non sono altro chereminiscenze di antichi corsi d’acqua, il più delle volte con-siderati pericolosi per la salute pubblica. Allora dopo secoliall’asciutto è più facile raccontare l’odierna meta della ri-cognizione urbana, partendo da via Cavour, la strada delpasseggio e dello shopping. Lo sguardo quindi si concentra verso l’area che va dall’in-crocio con via Salara, raggiunge via Traversari e da lì rag-giunge via Don Minzoni. Una sorta di quadrilatero checustodisce il tesoro più pregiato della città, il complesso diSan Vitale, con la basilica, il mausoleo di Galla Placidia e ilmuseo nazionale, non lontano dalla domus dei Tappeti dipietra. La vicinanza all’irresistibile fonte di attrazione per studiosi,viaggiatori e turisti fa di via Cavour una naturale direttricedi transito dall’aspetto quieto, senza sfarzi nel più pienostile ravennate. Gli edifici, nella maggior parte riqualificaticon sobrietà, nascondo interni signorili e ambienti abitatinel tempo dalla solida borghesia. La dedica allo statista piemontese avvenne nel 1861 a pochimesi dalla morte di quest’ultimo. Dapprima la dicitura ri-portava un generico Strada Cavour per poi divenire nel 1881via Camillo Cavour. Il tracciato come lo conosciamo oggi,ricorda Giuseppe Morini nello Stradario storico, era suddi-

viso in due parti: Strada di porta Adriana e Strada di SanDomenico, in onore dell’omonima chiesa che si affacciasulla via. Ma nel 1873 e fino agli anni Trenta, per via Cavoursi intendeva l’intero tragitto da porta Adriana a piazza delPopolo, comprese quindi le attuali via Matteotti e via SantiMuratori. La strada fu abitata da famiglie come i Corradini Pignatta, iRota e i Guiccioli. Nel palazzo che porta il nome di questiultimi, oggi si trovano 27 alloggi per studenti universitarigestiti dalla fondazione Flaminia, grazie a una convenzionecon il Comune. Dall’impegno dei ragazzi di oggi allo sfarzodella nobiltà di ieri. La bella Teresa Gamba, sposa del vec-chio conte Alessandro Guiccioli, volle con sé, ospite del pa-lazzo, il poeta inglese George Byron, che con Pietro Gamba,fratello di Teresa, ebbe un ruolo di primo piano nei moti del1821. Si dice che lord Byron, amante della giovane con-

CITTÀ E QUARTIERI

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Fra via Cavour e San Vitalea passeggio con la grande storia

Monumenti, arte, moda e shopping

a portata di mano fra palazzi nobiliari

e complessi riqualificati

di Chiara Bissi

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APRILE 2014

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Nella pagina a sinistra, due vedute di via Cavour.In alto (a sinistra) Casa Traversari, sede universitaria;

e una prospettiva di via Galla Placidiaa fianco della basilica di San Vitale:

in basso a sinistra, via Argentariovista dall’ingresso di San Vitale;

case affaccite sul retro degli scavi e dei ruderidell’antica chiesa di Santa Croce.

tessa, prese alloggio nel palazzo accompagnato da settedomestici, nove cavalli, un bulldog, un mastino, due gatti,tre pavoni e un'oca. Palazzo Guiccioli, acquisito dalla fondazione Cassa di Ri-sparmio è in procinto di diventare il museo Byron e del Ri-sorgimento, e di accogliere attività culturali e commercialidopo i lavori di restauro, consolidamento e risanamentograzie a un investimento di 11 milioni di euro.Lasciata la storia è il passato recente a raccontare la tra-sformazione della strada, attraversata da una rete com-merciale ricca nella tipologia, via Cavour fu oggetto,all’inizio degli anni Settanta da una violenta polemica, do-vuta alla decisione, allora di forte impatto, di vietare l’ac-cesso alle auto. Annunci funebri ad hoc, diatribe di ognitipo accompagnarono la decisione. Nessuna eco rimanedei contendenti di allora, via Cavour pedonalizzata divennein pochi anni la passeggiata elegante della città, sottra-endo di fatto il primato a via Diaz. La successiva riqualifi-cazione con una pavimentazione di pregio decretarono lasupremazia della strada su tutto il centro storico. Della varietà commerciale di un tempo non rimane nulla,oggi tutto si gioca su grandi catene internazionali, marchidi qualità legati all’abbigliamento, agli accessori, alla tec-

nologia e ai beni di lusso. Dalla tranquillità della passeg-giata serale, alla frenesia del sabato pomeriggio, via Ca-vour, segnata dal glamour delle proposte della moda,rimane una meta imprescindibile per i forzati dello shop-ping, ma anche per coloro che semplicemente apprezzanola città e la piacevolezza di un incontro casuale, fra amici oconoscenti. A pochi passi pulsa il cuore monumentale della città, quel-l’area che si apre da via Mura San Vitale, prosegue con viaSan Vitale, via Fanti, piazzetta Esarcato, via Argentario, viaGalla Placidia e via Traversari. Una piccola porzione urbanache conserva al suo interno una delle basiliche più note e

34 37 CITTA QUART TC1404:Layout 1 15/04/14 16:41 Pagina 35

CITTÀ E QUARTIERI

amate al mondo. Ancora una volta sono gliantichi tracciati delle vie d’acqua a fornire in-dicazioni e a svelare le trame di una storia di-menticata. Occorre partire da porta Adriana,emergenza monumentale, citata dalle fontigià nel 950 e costruita sulla riva destra di unaffluente del Padenna, che entrava in città,fra via Cavour e via San Vitale. Le vicine muradovrebbero conservare tracce della porta Te-guriense, per parecchi secoli infatti, almenofino al 1232, il Lamone, col nome di fiume Te-guriense, percorreva il tracciato della via Fa-entina attuale raggiungendo le mura, eAndrea Agnello, storico del IX secolo, men-ziona una porta Teguriense a poca distanzada porta Adriana. L’affluente raggiungeva poiil Padenna in piazza Costa. In breve l’idrografia lascia spazio alla storiacittadina, che riporta l’agguato al cardinalelegato Francesco Alidosio, compiuto il 24maggio 1511 mentre si recava con il proprioseguito dal papa Giulio II, alloggiato nel mo-nastero di San Vitale. Un assassinio senzagiallo, visto che l’aggressore si rivelò essereil nipote del papa, Francesco Maria della Ro-vere, duca d’Urbino, precipitosamente infuga verso i propri possedimenti. Un episo-dio di matrice politica che scosse la città,mentre oggi in via Mura San Vitale, un risto-rante, punto di ristoro bio e un B&b sono leattrazioni della strada costeggiata da case dipregio. Su via San Vitale si affacciano ancorada un lato il monastero di San Vitale e dal-l’altro l’intervento progettato da Antonio Fa-rini verso la fine del XVIII secolo, nato comeforesteria per il monastero. Proseguendo su questa via si trova casa Tra-versari, sede dell’Istituto di antichità raven-nati e bizantine e ora del dipartimento diArcheologia dell’università di Bologna nelquale gli studenti trovano il centro di ricercheArcheobotaniche, quello per le tecnologiemultimediali applicate all'archeologia e ilcentro studi per l’archeologia dell’Adriatico.Di recente l’accesso alla vicina basilica bi-zantina di San Vitale, consacrata nel 548, ètornato ad quello attraverso l’arco monu-mentale, posto davanti a via Argentario. Cosìcome l’ingresso alla soprintendenza ai beniarchitettonici e del paesaggio e al museo na-zionale, oggetto un progetto di riallestimentoper sezioni, ultima in ordine di tempo la saladelle erme e delle antichità. Del grande mo-nastero si sa che nel 999 l’imperatore OttoneIII concede all’abate Giovanni lo spazio diterra accanto all'atrio della basilica, per co-struire un primo chiostro, fondando così la

Nel reticolo delle vie Pier Traversari, San Vittore e Pietro Alighieri (nei pressidel complesso di San Vitale) furono girate nel 1964 alcune scene del

capolavoro di Michelangelo Antonioni, “Il deserto rosso”. Nelle foto duescorci attuali, con al centro un fotogramma del celebre film. Cinquant’anni

dopo sono appena cambiati i colori e l’acciolotato in pesarese resta lo stesso.

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34 37 CITTA QUART TC1404:Layout 1 15/04/14 16:41 Pagina 36

prima comunità di monaci secondo la regola benedettina.Comunità che ebbe grande importanza nella vita cittadinafino al 27 agosto 1798 quando il monastero fu soppresso.Dopo alterne vicende in un'ala del complesso demaniale diSan Vitale su piazzetta dell’Esarcato si apre dal novembredel 2008 la nuova sede dell'archivio di Stato. Qui un patri-monio composto da oltre 70mila unità archivistiche carta-cee, dal secolo XIII ai giorni nostri, che si sviluppa per più disette chilometri di scaffalature, nonché 7.055 pergamenerisalenti al X secolo, provenienti dagli antichi monasteri eabbazie di San Vitale, Classe, Santa Maria in Porto e San-t’Andrea. Se via Manfredo Fanti, un tempo Strada del Portone di SanVitale, traversa di via Cavour, conserva la memoria di una fi-gura del Risorgimento, Fanti fu carbonaro, e promotore conCavour dell’accademia militare di Modena, è via Galla Pla-cidia la più amata dai ravennati e dai turisti. L’andamentosinuoso permette una perfetta visione della basilica, delgrande platano che veglia il mausoleo dell’imperatrice e diSanta Maria Maggiore. Un angolo di pace assoluta e di puracontemplazione, reso scenografico da una sapiente illumi-nazione notturna. Impreziosiscono via Argentario l’atelierdella stilista ravennate Cristina Rocca e la bottega del mo-saico contemporaneo di Anna Fietta, un luogo creativo af-facciato sui tesori di luce di San Vitale. Via Salara è uno dei confini ideali scelto per la ricognizione,capace per il livello dell’offerta commerciale di tenere ilpasso con la più nota via Cavour. Sotto il piano stradale na-scondo le vestigia di un ponte romano in pietra bianca dietà augustea. L’albergo Bisanzio e il B&b Marmarica, ov-vero palazzo Rivalta trasformata in casa degli Artisti, ren-dono ospitale la zona che contempla ristoranti comel’Osteria del Tempo Perso di via Gamba, o i locali della vi-cina via Ponte Marino, la bottega di Felice o il recente e po-livalente luogo di ritrovo Mariani Life Style. Per preservare la compostezza e il decoro della zona lestrade indicate rientrano nel programma di raccolta portaa porta dei rifiuti, attivato da Hera in centro storico, per in-crementare la raccolta differenziata mettendo così assiemevirtù e bellezza.

In alto, una veduta di via Salaradall’incrocio con via Ponte marino

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CITTÀ E TEMPO

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SPAZI URBANI

Lo “spazio ritrovato” della corte di palazzo

Corradini e dei Congressi

L’Università di Bologna, oltre a guardare al futuro sviluppo

di Ravenna con una concreta proposta di studentato nella

Darsena di Città (vedi Un Campus universitario nella dar-

sena di città, Trovacasa Premium, n. 85, Ottobre 2013),

continua a rivolgere una costante attenzione al patrimonio

architettonico che ne ospita le sedi principali in centro

storico, migliorandone la generale qualità degli spazi de-

stinati allo studio.

Su questa scia Palazzo Corradini si arricchisce con uno

“spazio ritrovato”; si tratta della corte dell’edificio, sede

universitaria, recentemente riqualificata su progetto (da-

tato 2009) dell’architetto Federico Foschi (Responsabile

Area Logistica e edilizia dell’ateneo bolognese, per il Cam-

pus universitario di Ravenna e Rimini); i lavori per la

“Nuova Corte di Palazzo Corradini e dei Congressi” si sono

svolti nel periodo 2012-2013 e l’inaugurazione ufficiale si

è tenuta nello scorso mese di ottobre.

Il progetto ha contemperato i criteri, e le esigenze, della

riqualificazione di uno spazio (in questo caso originaria-

mente a “volume zero”) con la ricucitura tra due edifici

che, esprimendo linguaggi fortemente diversi, ne defini-

scono i limiti architettonici. La diversa epoca di realizza-

zione dei due edifici, “uniti” dalla stessa corte, ha realiz-

zato una successione di quinte architettoniche che avvol-gono lo spazio alternando il colore caldo di Palazzo Cor-radini (XVII sec.) al rivestimento più temperato delle lastrelapidee e delle tinte chiare del Palazzo dei Congressi (XXsec.); alle piccole finestre del primo i grandi passaggi e leampie finestrature con telai a scacchiera del secondo.Questo “spazio di mezzo”, con una superficie di circa 500mq, era destinato a usi disomogenei, come dotazioni im-piantistiche e di sicurezza o parcheggio auto, che ne di-sincentivavano l’uso – come scrive il progettista.Il progetto di riqualificazione è stato impostato – proseguel’architetto Federico Foschi – secondo i principi dell’Ar-chitettura Associativa che nel caso della corte ha eviden-ziato nel gruppo di lavoro una successione di immaginilegate al concetto di orto, in quanto l’area era occupatada un orto urbano.La corte viene in primo luogo liberata dalle destinazioniincoerenti: la scala di emergenza viene sostituita con unanuova rampa in tralicci che occupa meno spazio; inoltrevengono rifatte le reti impiantistiche con lo spostamentoo la mimetizzazione dei relativi organi di gestione.La corte, estensione degli spazi di studio esistenti (comela biblioteca di palazzo Corradini) allora può animarsi, purmantenendo il carattere intimo dello spazio racchiuso,

La “ricucitura” di due edifici centrali

dell’universita ravennatefra passato,

presente e futurodi Domenico Mollura

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APRILE 2014

con nuovi piani rialzati sulla quota della pavimenta-

zione.

Anche quest’ultima, in pietra di Luserna, contribuisce

all’arricchimento della qualità complessiva con il ri-

chiamo al rivestimento verticale del Palazzo dei Con-

gressi. Gli elementi posati a correre sono alternati a

ricorsi paralleli in ciottoli di fiume annegati nel ce-

mento chiaro, che proseguono a tonalità invertire

(ciottoli bianchi su terriccio scuro) anche all’interno

del rettangolo destinato al verde suddividendolo in

quattro campi che ospitano piante aromatiche e vite

(richiamo ai filari e alla vegetazione dell’orto, in que-

sto caso conclusus). I piani sfalsati, destinati alla

sosta e allo studio all’aperto, sono rappresentati da

pedane rialzate su gradonate in listelli di legno com-

posito e struttura in cemento levocel.

L’omaggio alla storia della città (e all’associazione

di immagini ad essa legate), prosegue anche con il

posizionamento di pigne (in pietra d’Istria) ad orna-

mento degli angoli di alcune delle nuove pedane.

Gli elementi d’arredo strutturano e qualificano la

nuova immagine della corte; gli esili velari bianchi

in PVC, a copertura di alcune isole funzionali (di pas-

saggio o di sosta) sono sorretti da montanti cilindrici

in acciaio inox, inclinati quasi a manifestare il loro

ruolo di elementi tiranti; le balaustre in vetro strati-

ficato definiscono in modo leggero precisi funzioni

connettive; le solide panchine in marmo, dal sem-

plice disegno con raccordo smussato tra le superfici

di seduta e di sostegno suggeriscono l’idea della so-

sta.

Questo episodio elegante di architettura, che pare

radunare insieme passato (palazzo storico), presente(il palazzo contemporaneo per l’arte e la cultura) e il

futuro (la ricerca e la formazione), vuole diventare

uno spazio polifunzionale aperto alla città e capace

di ospitare eventi culturali e ricreativi.

Nelle foto, gli esiti della riqualificazione e gli arredi urbani ideatiper la corte interna che collega

gli spazi universitari e culturali di Palazzo Corradini e del Centro Congressi di Largo Firenze.

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PROGETTARE IL TERRITORIO

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PROGETTARE IL TERRITORIO

di Enrico Gaudenzi

Il destino dei luoghiSpazi e funzioni del commercio

Dalle piazze secolari degli ambulanti e dei moderni mercati coperti ai contemporanei centri commerciali, multisale e outlet, assunti al ruolo

paradossale – secondo il sociologo Marc Augé – di “non luoghi”

Il precedente articolo di questa sezione sul “destino deiluoghi” si è chiuso con una citazione dell’architetto WalterGropius (uno dei massimi esponenti del Movimento Mo-derno), tratta da “Discussione sulle piazze italiane” del1954, in cui afferma che la piazza è il centro vitale dellacittà, il luogo in cui la gente è sempre lì a comprar nellebotteghe, a pettegolare, mentre i giovani fanno la cortealle ragazze. Riprendiamo quindi il nostro viaggio daqueste parole, provando ad analizzare quanto profondisiano stati gli effetti delle nuove modalità del consumo edella corsa all'acquisto sulla forma e sulla cultura dellacittà contemporanea.In Europa, fino a metà ‘800, i principali luoghi del com-mercio, oltre le vie centrali con le botteghe, erano i mer-cati coperti e le piazze dedicate ai mercati ambulanti.Le prime forme di distribuzione organizzata si ebbero inInghilterra e nel nord Italia grazie alla nascita delle coo-perative di consumo e più precisamente a Rochdale, sob-borgo di Manchester, nel 1844 e a Torino nel 1854 con ilMagazzino di Previdenza (Società degli Operai di Torino). In questi primi periodi gli ambienti dedicati alla venditaseguono ancora il modello delle botteghe e le ampie ve-trate denotano un rapporto di dipendenza con la strada.Le più significative evoluzioni per gli spazi dedicati alcommercio avvennero nella seconda metà dell’800, conla nascita della galleria commerciale e del grande ma-gazzino, i cui primi esempi sono rappresentati dalla Gal-leria Vittorio Emanuele II di Milano e dal Bon Marché diParigi. Questi edifici, in posizioni centrali, sono caratte-rizzati da una forte identità architettonica, da ampie su-perfici e da una variegata proposta merceologica. Anchein virtù delle trasformazioni subite dalle città nella se-conda metà dell’Ottocento, in funzione della circolazioneveicolare, che portava all’ampliamento delle carreggiatee alla realizzazione di grandi viali e nel contempo inde-boliva il ruolo dei luoghi deputati al contatto sociale, gliantesignani degli shopping centre, assunsero da subitoil ruolo di nuovi spazi della socialità. Il grande magazzinoin particolare rappresentò una vera e propria rivoluzionegrazie ad alcune importanti innovazioni: grande varietàdi prodotti esposti e rapida rotazione della merce, in virtùdi prezzi contenuti che consentivano vendite più frequenti

Nelle foto di queste pagine, alcune immagini, di strutturepionieristiche, fra 800 e 900, per nuovi spazi del commercio, dagli

empori ai supermarket alle gallerie di negozi,in Europa, Italia e naturalmente negli Usa.

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APRILE 2014

(bassi margini, ma maggiori ricavi); prezzo fisso esposto,eliminando la prassi della contrattazione; libero ingressosenza obbligo all’acquisto. Negli anni trenta del ‘900 aNew York si introduce la vendita self-service per i prodottialimentari e nascono così i primi supermercati che inItalia vedranno uno sviluppo solo a partire dagli anni ’70.Nel 1954 nei sobborghi di Detroit fu realizzato il NorthlandCenter, considerato il primo shopping centre al mondo; ilconcetto di questo tipo di edificio nasce con lo scopo di for-nire al cittadino americano un luogo che soddisfi ogni esi-genza di acquisto e che nel contempo funga da spazio diaggregazione sociale. Inizialmente il modello proposto negaqualsiasi rapporto con il contesto urbano, in quanto essendouna meta di destinazione, la sua collocazione risulta fine ase stessa, ma a seguito del grande successo riscontrato, gliimmobiliaristi iniziarono ad utilizzare il centro commercialecome motore di sviluppo delle nuove lottizzazioni.In Italia le cose sono andate diversamente, in quanto l’in-troduzione di questi nuovi modelli di commercio al dettaglio,furono introdotti a distanza di decenni e seguirono logichedi sviluppo completamente differenti. Durante la ricostru-zione, l’espansione delle periferie fu caratterizzata dalla ca-renza di servizi e le strade e le piazze dei nuovi quartierisembravano più dei luoghi di risulta che delle centralità.Tale situazione determinò i cosiddetti quartieri dormitorio,in cui il commercio, come le altre funzioni, veniva zonizzatoe contingentato, sprecando l’occasione di poter sfruttare iservizi come elemento di vitalità e di presidio dello spaziopubblico. A partire dalla metà degli anni ’60, la rinascitaeconomica del paese portò dei cambiamenti a livello sociale,che incentivarono alcune attività commerciali a cambiarevolto adeguandosi ai tempi e alla maggiore capacità dispesa delle famiglie; vennero così aperti i supermercati, ilprimo dei quali fù il Supermarket (oggi Esselunga) a Milano,inaugurato nel 1957. L’avvento del supermercato avviò l’ap-proccio periodico alla spesa, anche in conseguenza di alcunenovità come: l’introduzione del frigorifero nelle case, l’ac-cesso crescente delle donne al lavoro e l’uso dell’automobileche consentiva di affrontare le distanze trasportando pesimaggiori. C’è da dire però, che in Italia l’abitudine di recarsial supermercato cominciò ad affermarsi in modo decisivo apartire dagli anni ’80, forse anche grazie all’introduzionedella TV commerciale, che consentì alle aziende alimentaridi utilizzare una pubblicità capace di influenzare le venditenelle reti della grande distribuzione. L'inserimento nel tes-suto urbano di questi nuovi contenitori avvenne spesso "acose fatte", cioè occupando le poche aree rimaste liberenelle periferie o riconvertendo al nuovo uso spazi esistentinelle zone più prossime ai centri cittadini. Come si può in-tuire l'aver introdotto nuove funzioni a forte attrazione, incontesti già consolidati, contribuì a sconvolgere gli equilibriurbani e ad alimentare i problemi di viabilità e di reperimentodi parcheggi.Sul finire degli anni ’80, nel nord Italia iniziarono a diffondersinelle aree extraurbane i primi centri commerciali (il nostrovecchio ESP per intenderci), che sarebbero poi diventati labase di sviluppo degli attuali ipermercati. Questi luoghi delcommercio, progenie del modello statunitense, cercano la

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PROGETTARE IL TERRITORIO

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Dall’alto, un centro commerciale degli anni ‘50 in America.Immagini analoghe dello stesso modello a Ravenna, realizzate

nei primi anni 2000 nella periferia ovest della città.Qui sopra una vista dal satellite dell’area del centro ESP,

di cui si sta preparando il “raddoppio”.

collocazione più prossima agli snodi stradali, spesso su areeagricole assoggettate a varianti di piano (il ricorso a varianteè stato adottato in quasi il 60% dei casi). Lo sviluppo mas-siccio dei centri commerciali italiani prende avvio sul finiredegli anni ’90, ma assumendo una connotazione diversa daquella dello shopping centre americano, la cui differenza ri-siede nel tipo di rapporto che le struttura instaura con il ter-ritorio in cui si trova. Negli Stati Uniti, questi luoghi si sonoevoluti nella logica di supplire alla mancanza di spazi urbanidi relazione, cercando di ricreare ambienti intimi con situa-zioni ispirate ai centri delle città europee. A differenza dellestrutture americane, i nostri centri commerciali, nascono esi sviluppano intorno alla presenza dell’ipermercato, checon la sua vasta offerta alimentare e le continue promozioni,costituisce il vero attrattore, facendo vivere di riflesso l’adia-cente galleria di negozi. Il sociologo francese Marc Augè nel 1992 introdusse per laprima volta in un suo saggio il termine nonluogo, per definiretutti quegli spazi di transito, privi d’identità, la cui ragionedi esistere è collegata alla funzione. Nonostante l'omoge-neizzazione, i non luoghi sono spesso vissuti con una valenzapositiva. Gli utenti godono della sicurezza prodotta dal potertrovare in qualsiasi angolo del globo la stessa catena di ri-storanti o la medesima disposizione degli spazi all'internodi un multisala. In questa categoria rientrano a pieno titoloi nuovi luoghi del commercio che popolano le nostre città eche possiamo raggruppare sotto il termine generico di centricommerciali, ma che nello specifico si distinguono per lefunzioni prevalenti che svolgono: gli ipermercati per la spesaalimentare, i parchi commerciali per le catene di elettronica,sport e bricolage, gli outlet pensati per consumatori incerca di distinzione e di sconti con i negozi monomarca einfine i multisala diventati dei poli d’intrattenimento conbar, ristoranti, sale bowling, negozi e naturalmente salecinema. Negli anni sembra che le città si siano trasformatein immense e sfavillanti vetrine, dove esporre merci, sognie stili di vita per attrarre consumatori, stimolandone conti-nuamente i bisogni. I negozi delle strade centrali, i grandicentri commerciali delle periferie, gli shopping mall dellacittà diffusa sono ormai elementi centrali del nuovo pae-saggio metropolitano. Se pensiamo alla nostra città e ailuoghi sopra citati, possiamo renderci conto di quanto pro-fondi siano stati i loro effetti sull’assetto urbano e sul nostromodo di vivere il territorio. Negli ultimi vent’anni, la crescitadella grande distribuzione organizzata (GDO) è diventatouno dei fattori principali dello sviluppo urbanistico e i grandicontenitori dedicati alla vendita hanno ridisegnato i pae-saggi di periferia, diventando le nuove porte della nostracittà. Il lungo periodo di crisi che stiamo vivendo, vede comeprotagonisti della vita economica italiana i grandi gruppinazionali e stranieri lanciati nell’irrefrenabile corsa allo svi-luppo commerciale, quasi come se non ci fosse limite allasaturazione del mercato e all’esigenza dell’utente di dovercomprare; è una guerra che si gioca a suon di aperture perconquistare territori ancora vergini e la cui ultima frontieraè il profondo sud... chi si ferma è perduto.

AtelierTerritorio srl - Ravennawww.atelierterritorio.com

42 44 PROGETT TERRIT TC1404:Layout 1 15/04/14 17:46 Pagina 44

APRILE 2013

di Renato Randi & C. s.a.s.

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SPAZI VOLUMI TC:Layout 1 15/04/14 17:51 Pagina 1

Al Salone del Restauro di Ferrara di fine marzo, il progetto Si-garOne per la riconversione del Magazzino ex Sir in Darsenadi città, firmato dai progettisti Emilio Rambelli e Gianluca Bo-nini di Nuovostudio di Ravenna, è risultato vincitore del primopremio del concorso nazionale IQU 2013 (nona edizione) perla qualifica "Rigenerazione e recupero urbano - sezione nuoviutilizzi e progettazioni". Il Premio, promosso da Paesaggio Ur-bano e dal dal sito www.architetti.com del gruppo Maggioli èuno dei più importanti riconoscimenti italiani dedicati allestrategie di innovazione in diverse aree tematiche della pro-gettazione e, in particolare nel recupero, rigenerazione e ri-qualificazione architettonica e urbana.Dedicato al recupero funzionale dell'edificio di archeologia in-dustriale denominato “sigarone", il progetto SigarOne è statopresentato al pubblico nel settembre del 2012 e prevede lasalvaguardia dell'infrastruttura portante dell'edificio per larealizzazione di una piazza ad uso pubblico, spazi polivalentiper esposizioni e spettacoli (di oltre 3mila mq), un'area verdee, a fianco, l'integrazione di un palazzo di sei piani a vocazione

IDEE E PROGETTI

In attesa dei lavori,

il progetto SigarOnevince un premio nazionale

di Guido Sani

commerciale, direzionale e abitativa, per una superfiiciecomplessiva di circa 10mila mq. Il valore complessivo dell'in-vestimento è stimato a oggi in 15 milioni di euro. Il progettoè stato inserito nel dossier di candidatura di Ravenna Capi-tale Europea della Cultura 2019, che è finalista per l'asse-gnazione del titolo. Del riconoscimento ne parliamo con l’architetto Emilio Ram-belli.

Allora soddisfatti? Anche rispetto a qualche detrattore delvostro progetto… «Lasciamo stare i detrattori, tanto ci sarà sempre qualcunoche è “contro”, magari per partito preso… Preferisco condi-videre questa soddisfazione con il mio socio Emilio Bonini ei colleghi architetti di Nuovostudio, Stefania Bertozzi e Gio-vanni Mecozzi, ma desidero ringraziare anche la proprietà,il dottor Baldini e il dottor Panzavolta, in rappresentanzadell’Immobiliare Corsini srl, la soprintendente Antonella Ra-naldi e Francesca Proni dell'Ufficio Progettazione del Co-

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46 47 SIGARONE TC1404:Layout 1 15/04/14 17:01 Pagina 46

APRILE 2014

Il riconoscimento Iqu 2013per la riconversione

dell'ex Magazzino Sirin Darsena di città,

firmato Nuovostudio

In alto, a sinistra un rendering notturno del progettodel SigarOne di Nuovostudio.

A destra, un plastico del nuovo edificio.

mune di Ravenna, che hanno fin da subito credutonel nostro progetto di riconversione del complessoedilizio».

A che punto è la fase di progettazione? Ci sonodelle variazioni rispetto a quanto presentato a fine2012?«Nessuna variazione sostanziale, solo qualche det-taglio tecnico. Ora stiamo verificando l'elaboratodefinitivo del manufatto, e predisponendo la va-riante al Pua propedeutica all'approvazione del pro-getto edilizio. Recentemente abbiamo rilevato,dopo un’accurata perizia, che gli archi della strut-tura sono in buono stato e quindi si potrebbe ipo-tizzare per una porzione del manufatto anche unacopertura “leggera” e trasparente, che consenti-rebbe un’utilizzo più ampio e confortevole anche ininverno, degli spazi ideati per eventi pubblici».

Il vostro è l’unico progetto in fase avanzata che po-trebbe dare un contributo fattivo all’annoso pianodi riqualificazione della Darsena…«Certo il SigarOne ha un ruolo anche simbolico perla rinascita della Darsena di città. Se riusciremo,come sono convinto, a realizzare il progetto, po-trebbe essere un “magnete”, un apripista per sti-

molare la sistemazione definitiva di altri comparti, almeno

attorno in quell’area. Penso alla vasta area Cmc, oggetto di

un importate piano di riqualificazione. Assieme abbiamo stu-

diando come fare interagire al meglio i due grandi comparti

confinanti ed elaborato osservazioni comuni al Poc. Spero

che anche i loro progetti si evolvano nella fase esecutiva. Ma

non mancano le preoccupazione per certe lungaggini buro-

cratiche e incertezze normative che rischiano di frenare e de-

primere chi vuol fare, e magari fare bene, con propri

investimenti».

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CITTÀ E TEMPO

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IDEE E PROGETTI

Nuovo appuntamento il 17 aprile alle Cantine di pa-lazzo Rava con "I 16 - Il ruolo dell'architettura con-temporanea", la serie di conferenze promosse e or-ganizzate dal Gruppo Ravimm e dalla rivistadell’abitare Trovacasa Premium, curate da Emilio Ram-belli. Protagonisti del terzo incontro in calendario, igiovani progettisti dello studio ravennateBurroni&Dapporto esporrà i propri progetti, mentregli architetti senior Rita Rava e Claudio Piersanti diFaenza, racconteranno, dal loro punta di vista e perla loro lunga esperienza, le trasformazioni che si sonosuccedute, in architettura, nell’Italia degli ultimi de-cenni, dal ’68 ad oggi.

Rava e Piersanti, architetti con studio a Faenza,operano prevalentemente nel settore pubblico conprogetti per strutture museali, scolastiche, sanitarie,restauro di edifici monumentali, progetti di arredo ur-

I SediciL'architettura in Italia dal ’68 ad oggi secondo

Ravae Piersanti. In mostra i progetti di

Burroni&Dapporto

Nuovo confronto generazionale per laserie di incontri alleCantine di Palazzo

Rava sul ruolo della progettazione

contemporanea, curati da

Emilio Rambelli e promossi

dalla nostra rivista e dal Gruppo Ravimm

48 49 Idee prog TC1404:Layout 1 15/04/14 17:02 Pagina 48

APRILE 2014

bano. Nel 1986 partecipano alla XVII Triennale di Milano“Il luogo del lavoro”, nella sezione “Architettura sotterraneaa illuminazione naturale”, con proposte innovative che pre-vedono l’utilizzo di fibre ottiche e captatori solari. Nel 1991ricevono un premio In/Arch per il Museo internazionaledelle ceramiche di Faenza. Le loro opere sono state pub-blicate in riviste specializzate e volumi monografici; si se-gnalano: Un sogno, un progetto, un museo (Electa 1998);La rocca ritrovata. Il restauro del complesso fortificato diRiolo Terme (Skira 2000); Architettura e gusto, (Electa 2007);Lo spazio della Ceramica (Allemandi 2011). Una selezioneristretta di progetti scelti secondo gusti personali e limitataalle nuove costruzioni (tralasciando i più diffusi ambiti diintervento sull’esistente) faranno da filo conduttore del-l’intervento, per raccontare le trasformazioni che si sonosuccedute in Italia negli ultimi decenni. Saranno anchel’occasione per parlare di normative e vincoli progettuali,budget economici, durabilità nel tempo delle opere, modee luoghi comuni che spesso accompagnano l’architettura,partendo dal favoloso e lontano ’68, con i suoi sogni di ri-voluzione, per arrivare alla ben diversa realtà attuale.

Massimo Burroni e Arturo C. Dapportofre quentano la stessa Facoltà di Architettura a Ferrara efondano lo studio Burroni&Dapporto architetti nel 2008 aRavenna dopo alcune esperienze professionali in altre città.Partendo dalla convinzione che l’architettura debba essereun processo progettuale che attinge e dialoga anche conaltri ambiti delle arti e della tecnica, obiettivo dello studioè perseguire la qualità architettonica in senso lato: formale,funzionale e costruttiva. Particolare attenzione è dedicata

alla progettazione esecutiva, alla ricerca e all’ utilizzo dinuovi materiali e alla cura del dettaglio in fase realizzativa.Lo studio ha all’attivo diverse realizzazioni in ambito resi-denziale e commerciale e partecipazioni a concorsi di ar-chitettura nazionali e internazionali con alcune pubblica-zioni sul web e su riviste locali e nazionali. In mostra alleCantine di Palazzo Rava porteranno: il restyling della Pa-lazzina Marchesini, in piazza Caduti a Ravenna; il progettoper una casa al mare; il progetto per temporary shops,messo in produzione e a catalogo da Metalco Spa. Va ricordato che la serie di conferenze è resa possibile gra-zie al fondamentale sostegno del gruppo bancario BancaMediolanum e delle aziende Artigiana Legno, Edilpiù, Tavar,Kartell e Nadep-Ovest.

Gli appuntamenti proseguiranno giovedì 15 maggio, sem-pre dalle 20 alle Cantine di Palazzo Rava, con Paolo Rava(Comune di Forlì) e i giovani architetti Pambianco e Pre-tolani (Forlì).

Nella pagina a sinistra tre progettirealizzati dallo studio degli architetti

Rita Rava e Claudio Piersanti di Faenza.

In questa pagina altrettanti lavori dello studio ravennate Burroni&Dapporto.

48 49 Idee prog TC1404:Layout 1 15/04/14 17:02 Pagina 49

Ad accompagnare l’esordio dell’edizione 2014 della rasse-gna – e dei primi giovani architetti sotto i riflettori delle Can-tine di Palazzo Rava – è stato invitato un progettista digrande esperienza che nel suo lavoro unisce l’attività pro-fessionale a quella culturale e didattica, intesa nell’otticadella formazione specialistica e della divulgazione, sferaquest’ultima tra le più vicine ai giovani e a chi si è appenaavvicinato al mondo del progetto.Si tratta dell’architetto Massimiliano Casavecchia il cui in-tervento ha avuto come protagonista il metodo. Il sostan-tivo che definisce l’idea – metodo è una parola composta,derivante dai termini greci “in cerca di” e “cammino” – riem-pie da solo intere pagine di dizionari e enciclopedie, sfu-mando dal campo delle scienze applicate a quello delpensiero filosofico. Il campo dell’Architettura, che può bendefinirsi compreso tra questi due estremi, non può esimersidall’adoperare procedimenti che del Metodo sono stru-menti irrinunciabili come ad esempio l’analisi (del contesto,

STATO DELLʼARTE

Questioni di metodoFra “analisi” e “sintesi” l’esperienza progettuale

di Massimiliano Casavecchiae dello studio Muratoria

Excursus su sei progettiideati e realizzati

nella città di Ravenna

In questa pagina, in alto, la facciata e l’interno di una delle sale del cinema Mariani,

realizzato assieme ad altri spazi di un complessoedilizio in centro storico, come (in alto a destra)

l’attico che si affaccia su via Matteucci.

Sempre nella pagina a destra, il Polisportivo Lama e ilCentro Servizi Artigianali di via Faentina.

di Domenico Mollura

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APRILE 2014

della storia di un luogo, dello spazio, del caratteredi un edifico) e la sintesi (delle istanze compositivecon gli obblighi normativi, con i vincoli ambientali,con i requisiti prestazionali e strutturali).Il professore Casavecchia dà una chiara dimostra-zione del metodo in Architettura attraverso il rac-conto di alcuni dei progetti firmati da Muratoria inItalia e all’estero e dei quali se ne propone una se-lezione tra quelli ideati nella città di Ravenna.Il Centro diagnosi e riabilitazione (2008-2012) traespunto dall’architettura industriale (il riferimento èla Fabbrica Alta del Lanificio Francesco Rossi diSchio, Vicenza, 1862), infatti il progetto riproponela compattezza dei volumi, la solidità formale, la“grana” materica e l’impaginato rigoroso dei frontitradotto nella serialità delle bucature, contrappun-tate da finestrature più ampie che sembrano pro-tendersi in avanti per far partecipare un elemento,genericamente piano come il prospetto, alla spa-zialità esterna. Gli interni si distribuiscono in modoarticolato secondo le diverse destinazioni e preval-gono netti scarti cromatici nelle finiture.Quest’ultima caratteristica risalta anche nel CentroPolisportivo Lama (2005-2006) dove le superficicontinue e le incorniciature di colore rosso accesomanifestano senza intermediazione la presenza didue corpi di fabbrica destinati agli impianti e ai ser-vizi. La tessitura delle superfici richiama voluta-mente quella dei container. L’impianto sportivo èpoi completato da una tribuna coperta, sopraele-vata e realizzata in elementi metallici.Il richiamo alle costruzioni industriali ritorna nelprogetto per il Centro Servizi Artigianali (2001-2007 – progetto selezionato nel 2012 tra le opere“meritevoli di entrare a far parte del Repertorio del-l’architettura di qualità dell’Emilia-Romagna”, cu-rato dall’Istituto regionale per i Beni Culturali). Nesono testimonianza la configurazione a shed dellecoperture degli stalli giustapposti e la successionedi capriate in calcestruzzo interne. Tuttavia la tra-dizionale conformazione “dente di sega” dei frontiviene ricondotta, su un lato, alla griglia ortogonalenon solo nel disegno ma anche nell’elemento me-tallico che fa da contro-facciata dietro cui si “ce-lano” i disimpegni esterni verticali e orizzontali, cheevocano le passerelle tecniche dei fabbricati indu-striali; sul fronte opposto e su quello interno allagalleria si conferma il richiamo ai Maestri dell’ar-chitettura Moderna attraverso vetrate, sfalsate sudue livelli e costituite da specchiature compene-tranti, con colori primari quando non trasparenti,suddivise da netti profili neri come nelle composi-zioni De Stjil.L’Edificio residenziale in classe A (2006-2012),data l’ubicazione del lotto, gode di ampia libertà divisuale sui quattro fronti. Lo studio della planime-tria compone due rettangoli che si deformano, com-prenetrandosi, per seguire gli allineamenti dell’areae instaurare un dialogo formale con il contesto,completato con l’articolazione del volume. Questosegue le linee planimetriche con gli aggetti dei bal-coni e dei cornicioni, mentre il coronamento a lineedi colmo con altezze diverse (come la cresta di ungallo) e il disallineamento di alcune bucature di fac-

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STATO DELLʼARTE

Dall’alto, gli interni con piscina e un particolaredella facciata del Centro Diagnosi

e Riabilitazione di viale Allende.

Una palazzina residenziale che ha ottenuto la classe Adi merito per il risparmio energetico di Casa Clima

ciata attenuano la “severità” complessiva della composizione.Le scelte tecnologiche e impiantistiche hanno valso all’edificola certificazione Casa Clima nella categoria energetica A.La storia viene utilizzata come telaio sul quale tessere il frontedel Cinema Multisala Mariani (1997-2001), edificio edificatonegli anni ’50 del ‘900 tra due corpi di fabbrica esistenti nelcuore consolidato della città. Il Palazzo di Teodorico, per pro-porzioni e carattere, fornisce lo spunto per risolvere l’inseri-mento del nuovo fronte in un contesto che, pur multiforme,rimane delicato. Il volto urbano del Cinema Mariani, con il suo la-terizio, reintepreta la storia senza rinunciare a dichiarare la pro-pria contemporaneità; questa si manifestata discretamente conil taglio orizzontale degli accessi che “toglie” massa dove invecela tradizione la imporrebbe.Le Residenze nel centro storico di Ravenna (1998-2005) com-pletano un intervento edilizio esteso trasversalmente all’isolatourbano comprendente anche il Multisala Mariani. Il progetto in-terviene strutturando un edifico a corte che sporge con unostretto fronte sulla strada. Questo, come nel caso del Cinemamantiene una decisa “continuità culturale” con il contesto sto-rico presentandosi con tessitura in laterizio con delle elegantivarianti sul tema (come ad esempio la tessitura a spina di pescein fianco alla finestra del quarto livello fuori terra e un abaco ri-cercato di incorniciature delle stese finestre: per quelle singoleal primo e quarto livello si ha la cornice in intonaco bianco; perquella al terzo si ha il semplice architrave in mattoni a coltello).Le finestre accoppiate sono unificate invece da un alto archi-trave in cemento armato a vista, richiamato nel medesimo ele-mento che unifica l’accesso pedonale e carrabile al piano terra.Il fronte sulla corte – finito ad intonaco e tinteggiato - è più li-bero potendo contare su balconi con parapetti in ferro, coper-ture curve metalliche adornate da oblò circolari.Tutte le opere presentate manifestano un’attenzione rispettosaalla storia, vista come materiale del progetto. «L’idea di unaforma trovata piuttosto che inventata ha, evidentemente, unalunga storia nella cultura formale dell’architettura e non menonell’arte novecentesca e rappresenta una tensione di fondo,sempre presente e oggi estremamente attuale, verso la rinunciadella moderna dimensione soggettiva dell’architettura a favoredi una profonda, e per certi versi irrinunciabile, oggettività delfare architettura» (Giovanni Leoni, Di fronte al Maestro, in GianniBraghieri. Architettura, Rappresentazione, Fotografia, EdizioniClueb, 2007).

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APRILE 2014

I Sedici Il ruolo dell’Architettura contemporanea

Ciclo di conferenze organizzate e promosse dal Gruppo Ravimm - Le Cantine di Palazzo Rava e dalla rivista dell’abitare TrovaCasa Premium (edizioni Reclam),

con il patrocinio del Comune di Ravenna e Ravenna 2019Coordinatore: Emilio Rambelli - Nuovostudio

Info Ilaria Siboni - [email protected] - cell. 338 1584910

Comune di Ravenna

Espongono Intervengono

Giovedì 27 febbraioCasavecchia e Muratoria Montini e ZoliRavenna Faenza

Giovedì 20 marzoGabriele Montanari Angeli e BrucoliUnione Comuni Bassa Romagna Faenza

Giovedì 17 aprileStudio Rava Piersanti Burroni e DapportoFaenza Ravenna

Giovedì 15 maggioPaolo Rava Panbianco e PretolaniComune di Forlì Forlì

Giovedì 19 giugnoDavide Cristofani Lazzarini e PinoniFaenza Faenza

Giovedì 18 settembreFrancesca Proni Studio EllevuelleComune di Ravenna Forlì

Giovedì 6 novembreTeprin Associati Inout ArchitetturaRavenna Ferrara

Giovedì 4 dicembreEmilio Agostinelli Piraccini e BaldacciSoprintendenza di Ravenna Cesena

Calendario 2014

Tutti gli incontri si terranno presso Le Cantine di Palazzo Rava - Via di Roma 117 - Ravenna

Apertura mostra ore 20, inizio conferenza ore 21

CONF ARCHITETTURA TC:Layout 1 15/04/14 16:21 Pagina 2

L’edizione 2014 degli incontri sull’architettura contemporaneacurati da Emilio Rambelli e promossi da questa rivista in colla-borazione con il gruppo Ravimm si presenta con una formularinnovata con la presenza di due interventi che accostano unagiovane realtà del progetto con l’esperienza di esponenti se-nior della professione. Gli incontri pertanto diventano osser-vatorio sui giovani architetti del territorio e spazio di confrontogenerazionale con un orizzonte ben delineato, anche nell’edi-zione precedente, sul “fare architettura”. La serie è stataaperta, a fine febbraio, dallo Studio Montini e Zoli Architetti diFaenza. I due giovani progettisti faentini delineando la loro at-tività professionale parlano di occasioni di lavoro intendendocon tale definizione l’opportunità rara – rarissima in Italia,

come evidenzia il curatore della rassegna – di trasformareun’idea in concreta architettura. I progetti presentati coniu-gano felicemente l’esistente con il nuovo, manifestando ungrande interesse verso il recupero del costruito, tema digrande rilevanza se si considerano i dati sempre più preoccu-panti sul progressivo consumo di suolo nel nostro Paese. Il rap-porto tra l’antico (o comunque storicizzato) e il contemporaneoè declinato da Montini e Zoli attraverso sottili rimandi e atten-zione rispettosa – ma apertamente dialogante – con il passato;la sana dialettica tra epoche diverse messa in atto nei progetti,esposti con grafici e plastici nelle Cantine di Palazzo Rave, è ilfrutto dell’esperienza svolta nell’ambito degli studi universi-tari (Montini ha svolto attività di collaboratore ai corsi di pro-

STATO DELLʼARTE

Idee di ricostruzioneNei progetti realizzati di Montini e Zoli

la felice coabitazione di esistente e nuovo

Le ex cucine di un edifico medievale a Cesenadestinate a Centro Estetico

di Domenico Mollura

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APRILE 2014

Dall’alto: ristrutturazione di una casaunifamiliare a Cotignola;

struttura socio-assistenziale per persone con disagi psichici a Faenza:

ristrutturazione di casa unifamiliare a Faenza;progetto di riqualificazione di un tabacchificio in

Austria (primo premio al concorso Europan 11).

gettazione presso lo Iuav con l’architetto Marco Car-massi). A ciò si aggiungono anche contaminazioni inrealtà culturali parallele a quella del progetto di ar-chitettura (esperienze nell’ambito della regia e dellascenografia dell’arch. Zoli) trasformate, infine, in per-sonale ricerca nell’attività dello studio fondato nel2005. Nel corso del loro intervento Zoli e Montinihanno presentato una selezione di otto progetti si-gnificativi che hanno riscosso consensi e riconosci-menti fin dagli inizi della loro collaborazione. Ilracconto architettonico dei diversi interventi si coloracon alcune incursioni che mostrano come l’idea possaspesso nascere da un’intuizione, da un oggetto ap-parentemente estraneo che diventa, alla fine del pro-cesso creativo, elemento di valore del nuovo progetto.I due architetti faentini, infatti, “misurano” i loro pro-getti anche al di fuori dalla ricerca accademica (e dairiferimenti all’architettura contemporanea) traendospunti creativi attraverso l’osservazione interessata ericonoscente della “tradizione edilizia, soprattutto po-polare” del territorio in cui operano, come loro stessispecificano. Il primo intervento presentato è quellosulle ex cucine poste al piano terra di un edificio di ori-gini medievali sottoposto a tutela; lo spazio ampiocirca 160 mq era destinato a trasformarsi in CentroEstetico (Cesena, 2006). Il principale obiettivo del pro-getto era quello di definire – e suddividere in modocoerente e univoco – gli spazi interni. Data la presenzadi originali volte ad ombrello i nuovi divisori sono statirealizzati con pareti curvilinee che separano senza ri-correre alla “massa”. Infatti la “leggerezza” delle voltenon viene intaccata dalla presenza di queste super-fici, la raschiatura dei diversi strati di tinteggiatura e lastesura di resina per la finitura del pavimento con unatonalità che richiama quella delle volte genera unospazio continuo arredato infine con complementi sudisegno in noce.Il secondo progetto nasce da una “incursione”. La vi-sita al cantiere di restauro presso gli stabilimenti Pro-vianda di Verona (progetto dell’architetto Carmassi)evidenzia la presenza di alcuni esemplari di forni perla produzione di pane infine demoliti. Un modello diforno molto simile è presente all’interno di un com-plesso di fabbricati che i due architetti faentini sonochiamati a rivedere. Il programma funzionale prevedela demolizione quasi totale (e senza completa rico-struzione) del complesso edilizio. Tuttavia la presenzadel forno a legna diventa un’invariante del progettosull’esistente trasformandosi da traccia ormai sbia-dita di un recente passato in elemento che dà carat-tere alla distribuzione su due livelli del nuovo edificio.La casa unifamiliare a Cotignola (….) si presenta sul-l’orizzonte della campagna romagnola come una ti-pica casa colonica – ad eccezione dello svuotamentodell’angolo che diventa vetrata aperta verso l’esterno– con copertura a quattro falde e infissi a filo unifor-

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STATO DELLʼARTE

memente ripartiti al primo piano e configurazione a gelosia dei mat-toni in vista del piano terra. Il forno, posto alla confluenza delle lineedi flusso interne, ha la sua propaggine esterna con la riproposi-zione, nel paesaggio “agreste”, dell’immagine storicizzata dellecanne fumarie in cotto. La “matrice contemporanea” rimane volu-tamente celata all’interno nei dettagli, nella spazialità fatta di “leg-geri dislivelli e compenetrazione di spazi”. Il richiamo alla tradizionerurale si trasferisce anche sul progetto di casa unifamiliare a Fa-enza (2009) frutto di una demolizione e ricostruzione con ridise-gno degli annessi incoerenti. In questo caso, in cui si ripropone latessitura a gelosia nel corpo annesso a Nord con funzione di filtroper il periodo invernale, l’incursione creativa si sofferma sulla rein-terpretazione del solaio a voltine in cotto su travi metalliche delpiano terra, rispettando sugli esterni la finitura con intonaco a calcee serramenti a filo. Dopo le due residenze viene presentato il pro-getto per uno spazio collettivo. La struttura socio-assistenziale per persone con disturbi psichici diFaenza (2009) recupera una corte rurale (comprendente la casa co-lonica, il fienile e un basso comodo). Il centro dell’intervento è rap-presentato dal giardino, primo in regione ad essere utilizzato perl’orto-terapia, delimitato dei tre fabbricati dominati del portico adoppia altezza giustapposto al corpo principale. Una grande ve-trata, posta sullo spazio di soggiorno, apre lo stesso corpo princi-pale sulla corte e “al mutare del tempo e delle stagioni”. Il muro diingresso alla struttura viene “eroso” da una colorata composizioneartistica realizzata con mattoni smaltati. L’attenzione alla ricerca simanifesta in due competizioni concorsuali. Nella prima, promossadall’Associazione Italiana Progettisti di Interni, l’intento era quellodi progettare la Nuova Casa per la Mia Terza Età. La risposta si èconcentrata di moduli abitativi in legno (camera con servizio) che siaggregano “liberamente” all’interno di un piano sottotetto esi-stente creando spazi di percorrenza e disimpegno articolati e mul-tifunzionali lontani dalla tradizionale configurazione a corridoio; lacopertura diventa tetto giardino. Il secondo concorso, Europan 11, che vale il primo premio ex-aequo,viene sviluppato con l’obiettivo di “ripensare” un tabacchificio aLinz in Austria progettato nel 1929-35 da Peter Beherens; il con-fronto con un maestro dell’architettura Moderna suggerisce da unlato la conservazione dei volumi architettonici e dall’altro conducead evidenziare la contemporaneità dell’idea di progetto con unavasca d’acqua che occupa tutti gli spazi interstiziali tra i numerosifabbricati e l’introduzione di un nuovo volume che si stacca dal-l’immagine complessiva del costruito per la sua configurazione discheggia inclinata sull’orizzontale, destinato a spazio museale. Nel restauro di una villa unifamiliare di inizio ‘900 a Faenza (2007-2008) l’intervento sulla spazialità risulta minimale, mentre il pro-getto si riversa maggiormente sul disegno dei serramenti edell’arredo realizzato da artigiani locali e “ispirato” ancora dallesuggestioni della tradizione in particolare dalle cucine in muraturacon cappa inclinata sospesa per l’allontanamento dei fumi di cot-tura. Nell’ultimo progetto il rapporto tra nuovo ed esistente sisvolge nel dialogo tra edifici diversi; la casa unifamiliare a Faenza(2008-2009) sorge ex novo su tre livelli in vicinanza di un corpo difabbrica esistente. Uno dei principali vincoli ha imposto un frontestrada pari a 3,5 metri e un dislivello di circa 3 metri tra questo e ilretro. Il salto di quota è stato mutuato in principio progettuale di-venendo basamento con piano seminterrato in cemento a vista. Ilvolume principale invece è finito ad intonaco a calce ad andamentocurvo, ritmato in campi verticali definiti da elementi in ceramica si-mili nella forma a quelli dell’edificio limitrofo. Tale richiamo, unita-mente allo spazio a corte che invece separa i due fabbricati risolveil lotto e «il suo rapporto con quanto c’è attorno per quanto chias-soso e dissonante».

Recupero e ristrutturazione di una casaunifamiliare nella campagna faentina.

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CITTÀ E TEMPO

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ABITARE LE CULTURE

This Land is my Land

Abitare in Palestina, privati del bene

primario dell’acqua.Intervista a

Hakima Hasan Motlaq

Sequenza di “Shoot. The Film. Documentario sulla resistenza palestinese”,

regia di Samantha Comizzoli (2013).

Nel mese di gennaio, presso la Sala Pier Paolo D’Attorre di CasaMelandri, ho avuto l’opportunità di assistere alla presentazionedel film Shoot, realizzato da Samantha Comizzoli, attivista per idiritti umani con l’International Solidarity Movement. Ospite erelatrice dell’incontro Hakima Hasan Motlaq, fondatrice e presi-dentessa del Retaj Women Center, un centro per Donne ad Asiraal-Qiblya in Cisgiordania. Presso il Retaj Centre si svolgono wor-kshop, seminari, corsi e le donne producono anche artigianatopalestinese; Hakima ne ha portato in Italia ed io ne ho apperofit-tato per acquistare una bellissima kefiah. Sempre presso il Retajsi svolgono corsi e workshop anche per i bambini. Alcune ripresedel film-documentario sono state girate dal fotoreporter OdaiQaddumi, anch’egli presente all’incontro a Casa Melandri. Gliscatti di Odai oltre ad essere un’importante documentazionesono anche un potente mezzo espressivo immediato, semplicee comprensibile. Nel suo intervento, Hakima Hasan Motlaq haraccontato degli attacchi che il suo villaggio subisce quotidiana-mente da parte dei coloni e dell’esercito israeliano ed anche delsequestro di sorgenti e pozzi utilizzati da palestinesi per l’agri-coltura e per uso domestico, sempre ad opera dei militari. Ancheil villaggio di Odai Qaddomi, Kuffr Qaddum è sotto occupazioneisraeliana da dieci anni, da quando Israele ha chiuso la stradaprincipale per costruirvi un insediamento illegale di coloni. Ocha,Agenzia per gli Affari Umanitari Onu, ha divulgato un rapportosulla situazione delle fonti d’acqua dei palestinesi derubate daicoloni israeliani partendo da uno studio commissionato al-l’esperto Dror Etkes. Nel testo, viene riportato il numero impres-

sionante di sorgenti sulle quali i coloni impongono il totale divietod’accesso ai palestinesi. Nell’accedere alle restanti sorgenti, ipalestinesi incontrano ostacoli materiali fatti di recinzioni e bar-riere perché le sorgenti sono state annesse a colonie e ad areemilitari. Parecchie di queste fonti si trovano nelle aree dove icoloni effettuano con regolarità sopralluoghi di massa, oltre adaver avviato lavori per la costruzione di piscine e di altre struttureverdi, alle quali assegnano nomi in lingua ebraica. Per l’avvio diquesti lavori non esistono i permessi dei pubblici uffici (area C),ma lo Stato di Israele non fa nulla per vietarne l’avanzamentoche avviene con espropri coatti e violenza ai danni dei palestinesi.In Israele l’acqua è stata dichiarata bene strategico e la distribu-zione dell’acqua è gestita da una società privata israeliana sottocontrollo dell’esercito. I coloni ebrei sono autorizzati a pompare

di Marina Mannucci

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In alto: Hakima Hasan Motlaq e un’amica nel villaggio di Asira al-Qiblya in Cisgiordania.

Al centro: Hakima Hasan Motlaq fra i soldati israeliani.

In basso: Sequenza di “Shoot”, con un’immagine di un check-point.

l’acqua dal sottosuolo in grande quantità ed il conseguente ab-bassamento della falda prosciuga i pozzi dei palestinesi che,oltre a rimanere senz’acqua, sono impossibilitati a irrigare le loroterre mentre nei centri turistici israeliani vengono alimentati pi-scine e laghetti artificiali. Lo stato d’Israele ha inoltre costruitouna rete di tubature che drena l’acqua dai territori occupati (Ci-sgiordania e Golan) e la convoglia nel lago Tiberiade. Ai coloniisraeliani viene erogata pro capite una quantità di acqua circaotto volte maggiore di quella per i palestinesi; inoltre ai palestinesil’acqua viene fatturata tre volte più cara che agli israeliani. Per lesue risorse idriche Israele dipende per il 60% dai territori occupati,fatto che rappresenta uno dei motivi per cui Israele non vuole re-stituirli e che smentisce l’affermazione che la Palestina è un ter-ritorio arido. Al viaggiatore non può sfuggire la differenza tra ilterritorio israeliano verdeggiante e ben irrigato e quello palesti-nese arido e senz’acqua. Continuando nelle mie ricerche, leggoche l’ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari denunciache il numero degli attacchi dei coloni con conseguenti vittimepalestinesi e danni alla proprietà, negli ultimi anni, è aumentatodel 32%. Nel 2011, circa 10.000 alberi di proprietà Palestinese,alberi di olivo in primo luogo, sono stati danneggiati o distruttida coloni israeliani, compromettendo in modo significativo lecondizioni di vita di centinaia di famiglie. Oltre il 90% delle de-nunce di violenze subite dai coloni presentate alla polizia israe-liana sono state chiuse senza accusa. Violenze che includonoaggressioni fisiche, molestie, impossessamento e danneggia-mento della proprietà privata, impedimento di pascoli e attivitàagricole, attacchi contro terreni agricoli e al bestiame. Molti diquesti attacchi sono avvenuti negli insediamenti chiamati “Avam-posti”, costruiti senza autorizzazione ufficiale, molti su terreniprivati di proprietà palestinese. Recenti iniziative ufficiali legaliz-zano retroattivamente l’impossessamento da parte dei colonidelle terre private di proprietà palestinese e promuovono attiva-mente una cultura di impunità che contribuisce al ripetersi diviolenze. Le forze israeliane spesso non fermano questi attacchie le indagini, troppo spesso, sono inadeguate. Decido di costruireun reportage per dare testimonianza di questa realtà e chiedoad Hakima Hasan Motlaq se accetta di svolgere il ruolo di corri-spondente in locu. Accetta. Cominciamo a scriverci; le faccio delledomande e le sue risposte oltre a fornire una serie di notizie,ben descrivono ambiente, contesto e retroterra degli avvenimenti.Un insieme d’informazioni per meglio cogliere il complesso dielementi che circonda la storia di questo territorio e del suo po-polo.

L’intervista ad Hakima inizia con il racconto della giornata tipodelle donne del suo villaggioLa donna palestinese moglie e madre comincia la sua giornataalzandosi presto, per cucinare la colazione ai figli e aiutarli neipreparativi per andare a scuola. Dopo iniziano le pulizie di casa.Finite tutte queste attività, la donna ha un po’ di tempo per farvisita ai vicini di casa o ai parenti. Nello specifico del nostro vil-laggio le donne in queste ore della giornata vengono al nostrocentro per svolgere delle attività o per parlare. Più tardi tornanoa casa per preparare il pranzo per la famiglia e nel pomeriggioaiutano i figli nello svolgimento dei compiti scolastici. Verso serainiziano a preparare la cena. Quando arriva il marito si cena edopo si sta con parenti o amici. Purtroppo sia il pranzo che lacena non hanno orari fissi perché bambini e mariti vengonospesso fermati ai checkpoint volanti saltuari o, comunque, devonopassare i checkpoint fissi e a volte vengono fermati. Se i figli siammalano, il compito di seguirli di giorno e di notte è della donna,ed anche in caso di ricovero all’ospedale le cure spettano allamadre.Vi sono poi le donne che, oltre ad avere una famiglia, lavorano;queste, per poter svolgere mansioni relative alla casa, prepararei bambini e lavorare, devono alzarsi ancora prima. Uscite di casa,devono anch’esse tutti i giorni affrontare la trafila dei checkpoint.Per sopportare questa vita, le donne palestinesi devono esseremolto forti ed in ogni caso per loro è importante lavorare sia per

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aiutare la famiglia, sia per la loro autonomia. Le ragazze che stu-diano devono percorrere molta strada, le università sono distantidai villaggi; al loro rientro a casa (sempre dopo aver passato icheckpoint) aiutano le madri. Nelle giornate di riposo dalla scuolale ragazze non hanno nessun luogo dove poter andare, quindi lepassano su internet o guardando la televisione. Per una donna,invece, che, come me, è impegnata anche nel sociale o nella poli-tica, la situazione è ancora più complessa. La società palestinesenon ama le donne impegnate nelle attività sociali e politiche. Gliuomini, specialmente nei villaggi, preferiscono che le donne stianoin casa perché non gradiscono che abbiano più successo o visibilitàdi loro. Nel mio caso, io lavoravo per l’unione delle donne a Ra-mallah fino a che io ed Abdullah (mio marito) abbiamo deciso disposarci. Abdullah mi disse però che avrei dovuto smettere di la-vorare perché sarei diventata sua moglie: non la moglie di tutti. Cisiamo sposati, ma dopo un anno trascorso in casa non ce l’hofatta più e ho detto a mio marito: «Abdullah mi dispiace, ma nonce la faccio. Io non posso stare con il cervello fermo, devo lavorare.Voglio aprire il Retaj Center per le donne qui ad Asirà» ed alla finelui ha accettato. Una donna qui può muoversi, ma non è così sem-plice. Alcune di noi devono avere molta forza di volontà per supe-rare gli stereotipi di genere che vorrebbero vederle confinate neimuri domestici; per altre non ci sono problemi, ma tutto dipendemolto dal villaggio in cui si vive. Ad ogni modo, se una donna simuove in continuazione da sola senza aver un motivo ufficiale, ilvillaggio ne parla e iniziano i problemi. Per quanto riguarda losport non posso dire nulla: noi non possiamo praticare sport, nem-meno andare in bicicletta.

Anche nel vostro villaggio c’è un contenzioso idrico?Nel passato non abbiamo mai avuto problemi di approvvigiona-mento idrico, abbiamo una sorgente naturale, ma i coloni, dal1999, ce l’hanno tolta. Da allora siamo costretti a comprarla in ta-niche ed ogni famiglia ha un contenitore dove raccogliere l’acquapiovana. Una tanica costa 140 shekel ed ha una capienza di unmetro cubo; per due persone dura un mese, per una famiglia basta

solo per qualche giorno. Da un anno stiamo costruendo un nuovoimpianto idrico per il villaggio con l’aiuto di USAID (United StatesAgency for International Development), ma il governo di Israelenon vuole lasciarci lavorare nel cantiere: continuano ad attaccareil cantiere, i lavoratori e le case vicine. Quindi, al momento, siamoancora senz’acqua.Il racconto di Hakima induce a riflettere sull’inutile crudeltà deicheckpoint, “non luoghi” per eccellenza di pessima architetturache trasmettono apatia; non delineano una frontiera ma rendonoimpossibile la vita all’interno dei territori controllati. In Palestinaci sono più checkpoint che in qualunque altro posto sulla terra econ il tempo sono divenuti una specie di cartina di tornasole chemisura il tempo e la distanza. Quanti checkpoint occorrono per ar-rivare a destinazione? Quanti checkpoint dista una città da un’altra?Anche il concetto d’attesa è radicalmente mutato. Dalle parole diHakima ci si rende conto che una persona ferma a un checkpointè un essere sospeso, la sua giornata può andare avanti o tornareindietro, tutto dipende da molti fattori senza nessuna logica. Cisono donne palestinesi che hanno partorito ai checkpoint, per for-tuna ci sono però anche donne israeliane che hanno fondato unmovimento, Machsom watch, per presidiare i checkpoint, monito-rando il comportamento dei soldati e cercando di aiutare la popo-lazione palestinese a passare senza troppe umiliazioni. I checkpointcreano in realtà barriere di odio e di sospetto che potranno solo esempre più separare palestinesi e israeliani. Ma credo che le moltepersone che godono della libertà fisica e mentale di muoversi, diviaggiare chilometri e chilometri senza dover essere fermati e per-quisiti in continuazione, di poter passare da una città all’altra,come se niente fosse, senza frontiere continuino a non porsi inquesto stato d’animo e quindi a non comprendere una parte distoria. È invece importante sapere che la situazione di questo vil-laggio rappresenta ciò che accade in tutta la Palestina e che:• L’occupazione israeliana è condannata dalla risoluzione 242

delle Nazioni Unite e dalla Corte internazionale di giustizia.• La colonizzazione è stata condannata anch’essa dalle risoluzioni

242 e 338.• La costruzione del muro, l’annessione delle terre per farne zone

militari, sono condannate dall’Onu e dalla Corte Internazionaledi Giustizia.

• La presenza armata in territorio straniero è una situazione rite-nuta illecita dall’Onu, punibile con un intervento armato inter-nazionale, oltre che una violazione della quarta Convenzione diGinevra.

• Le repressioni armate durante le manifestazioni sono vietateda tutte le Corti e le procedure internazionali in quanto violanoi diritti umani.

• Tutte le forme di punizioni collettive sono perseguibili secondola Quarta Convenzione di Ginevra e considerate crimini di guerradall’Onu.

Definire la nonviolenza richiede una definizione di violenza, chepotremmo considerare come l’utilizzo della forza fisica per provo-care danni fisici e/o psicologici, fino alla morte. Un’“azione non-violenta” non è solamente un’azione che non risponde a questicriteri, ma va inquadrata in un contesto di violenza reale o poten-ziale. Potremmo quindi giudicarla come «un sostituto diretto delcomportamento violento, di fronte a una violenza attesa in un con-testo di disputa».1 È necessario perciò tenere presente che per ipalestinesi parlare di fermare le violenze ha senso nella misura incui si parla della totalità delle violenze, comprese l’occupazionemilitare e civile. Tali discussioni hanno valore per i palestinesi sesi riferiscono alla ricerca del modo più efficace per il soddisfaci-mento dei loro diritti. Nel febbraio 2006 si è svolta nel villaggiopalestinese di Bil’in la prima “Conferenza internazionale per unaresistenza popolare e nonviolenta”. Questo luogo non è statoscelto a caso. Bil’in è un villaggio in cui è nato, nel gennaio 2005,un “Comitato popolare” che organizza con cadenza settimanaledelle manifestazioni pacifiche contro la costruzione del Muro diseparazione, il cui tracciato ricade largamente entro i limiti muni-cipali del villaggio. Bil’in è rapidamente diventato un simbolo e

CITTÀ E TEMPOABITARE LE CULTURE

La locandina di “Shoot”.

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numerosi militanti pacifisti stranieri, compresi gli israeliani, parte-cipano alle manifestazioni settimanali. Gli abitanti di Bil’in hannoinoltre depositato dei ricorsi presso l’Alta Corte israeliana, che haordinato di fare delle modifiche al tracciato del Muro. Gli organizza-tori della Conferenza hanno dovuto tener conto anche delle critichesuscitate nei territori palestinesi per l’uso del concetto di «resistenzanonviolenta»: a partire dal 2008 il termine è scomparso dal titolodell’iniziativa, rimpiazzato (in inglese) da «grassroots resistance»,tradotto con «resistenza organizzata alla base». Questa sostituzionenon è un dettaglio semantico, ma traduce la presa di posizione dinumerose organizzazioni palestinesi che hanno condizionato il lorosostegno all’iniziativa alla ritrattazione della condanna globale e apriori della resistenza armata. A partire dal 2008, la Conferenza si èin parte delocalizzata in altri villaggi, ed escursioni sono previsteper i partecipanti in modo che possano misurare la realtà dell’oc-cupazione israeliana nelle sue varie espressioni. La lotta del villaggiodisarmato contro il Muro ha rotto in parte l’isolamento internazionaledi cui i palestinesi erano vittime dal 2001 ed ha permesso di rico-struire dei legami israelo-palestinesi attraverso lo sviluppo di col-laborazioni con l’International Solidarity Movement (ISM) o gli Anar-chici contro il Muro. L’eco internazionale di Bil’in obbliga tutta lacomunità mondiale ad interrogarsi e a porsi delle domande. Non sitratta di sovrastimare il fenomeno, ma è certo che Bil’in ha funzio-nato, in modo diretto o indiretto, come catalizzatore, come puntod’appoggio per altre iniziative anche diverse dalle manifestazionipacifiche contro il Muro. Molti attori del movimento di solidarietà,che avevano un approccio filosofico alla nonviolenza, hanno potutocomprendere che il ricorso alla lotta armata era anche causato dal-l’isolamento internazionale dei palestinesi e che l’esigenza della ri-nuncia a priori a ogni forma di violenza era irricevibile e contropro-ducente. L’opposizione violenza/nonviolenza è largamente impostadall’esterno ed è solo attraverso il rigetto di questa opposizione eattraverso il sostegno senza ingiunzioni alle rivendicazioni palesti-nesi che si può provare a contribuire al nuovo sviluppo della resi-stenza popolare e a una riduzione drastica dell’utilizzo delle armi.La quasi egemonia ideologica del paradigma del “ciclo della vio-lenza”, combinato con l’occultazione, volontaria o meno, della vio-lenza quotidiana dell’occupazione israeliana, ha nascosto l’essen-ziale della resistenza palestinese. L’iniziativa di Bil’in è stata anchemolto criticata per i suoi aspetti rituali, per gli incontri obbligatidegli “internazionali” e per la sopravvalutazione in rapporto ad altrilotte locali. Per affrontare in modo serio ed inclusivo la storia diquesti territori bisogna fare i conti con il concetto di normalizzazione,che include spesso progetti che non riconoscono gli inalienabilidiritti dei palestinesi sanciti dal diritto internazionale e le condizioniper l’affermazione della giustizia. Progetti che prevedono ugua-glianza tra i palestinesi e gli israeliani per quanto riguarda le re-sponsabilità del conflitto o che dichiarano che la pace si raggiungaattraverso il dialogo, la comprensione e una maggiore cooperazionetra le controparti, senza il raggiungimento della giustizia; progettiche ignorano o ritengono poco importante il diritto del popolo pa-lestinese all’autodeterminazione o il diritto al ritorno come sancitodalla risoluzione ONU 194. Si rischia spesso di ridurre i problemi auna campagna di relazioni pubbliche che svia il dibattito dal cuoredella questione, individuando nel rifiuto palestinese nei confrontidi ogni tentativo di stabilire delle relazioni normali con Israele lacausa per un futuro fallimento nel processo di pace. Per compren-dere le difficoltà reali di questa situazione non si può prescinderedal conoscere qual è la situazione particolare degli israeliani chevivono in Israele, quando tutto dipende da Israele: le strutture, iprodotti, le relazioni sociali e accademiche e quali invece le pecu-liarità della condizione dei palestinesi della Cisgiordania e Gaza.

1. Véronique Dudouet, Nonviolent Resistance and Conflict Transformation inPower Asymmetries, Berghof Resarch Center for Constructive Conflict Manage-ment, settembre 2008. http://www.berghof-handbook.net/.

La politica israeliana della cosiddetta “apartheiddell’acqua”, portata avanti ai danni dei palestinesi nei

territori occupati, ha fatto una rara apparizione tra i temitrattati dai media mainstream nelle ultime settimane. Un

rapporto pubblicato lo scorso anno dal Consiglio deidiritti umani delle Nazioni Unite, ha dichiarato che,

mentre un colono israeliano medio ha la possibilità diconsumare fino a 400 litri d’acqua al giorno, un

palestinese in Cisgiordania può, al massimo, avere a chefare con un quantitativo di 73 litri che, nel caso di moltepopolazioni nomadi nell’area, possono scendere fino a

10 litri a persona. Sebbene l’evidenza dimostrata da talerapporto sia stata ritenuta attendibile, le autorità italiane

sono state ugualmente propense a sostenere laMekorot, la compagnia idrica nazionale israeliana,responsabile della deviazione della maggior partedell’acqua estratta dalle sorgenti palestinesi, agli

insediamenti israeliani. Infatti, al vertice Italia-Israele,tenutosi a Roma nel dicembre 2013, è stato firmato un

accordo di cooperazione proprio tra la Mekorot e l’Acea,la multiservizi più grande d’Italia, attiva nella gestione e

nello sviluppo di reti e servizi nei business dell'acqua,dell’energia e dell’ambiente. Con la firma di tale

accordo, entrambe le compagnie idriche si sarebberoteoricamente impegnate ad esaminare in che modo lenuove tecnologie d’avanguardia per la gestione delle

risorse idriche potranno essere migliorate e/o modificatein futuro. Dalla documentazione presentata da Amnesty

International in risposta alla sigla di tale accordo, si èinvece evinto come i palestinesi siano costretti ad

affrontare il grave razionamento di acqua, in particolaredurante i mesi estivi, mentre i coloni israeliani possonogodere della presenza di piscine e di rigogliose colture.Dopo la sigla del trattato Acea-Mekorot, le proteste da

parte dei sostenitori dei diritti del popolo palestineseunitamente a quelle dei sostenitori di campagne per

l’acqua pubblica hanno preso piede in Italia, sostenendocome l’acqua stia rappresentando uno strumento di

guerra utilizzato dalle aziende di Stato israeliane, comela Mekorot, per aumentare l’oppressione nei confronti

nel popolo palestinese. Gran parte dell’attenzionemediatica, in questo contesto, si è concentrata sulla

città di Roma in quanto detentrice di una quotaazionaria di maggioranza nel CDA dell’Acea. In una

lettera firmata da gruppi di oppositori all’accordo Acea-Mekorot, che rappresentano simbolicamente la volontà

dei contadini palestinesi, dei cittadini e degliambientalisti, si è fortemente sostenuto che tale

collaborazione della multiservizi italiana con la Mekorot,non rispetta «l’obbligo legale di non fornire

riconoscimento né assistenza alle violazioni israelianedel diritto internazionale». Nel gennaio di quest’anno, tre

giorni di protesta si sono svolti a Roma per chiederel’immediata cessazione della partnership di Acea con

Mekorot. Al di là del supporto internazionale, però,anche le organizzazioni della società civile palestinese

hanno invitato le autorità italiane a seguire la posizionedi principio adottata dall’Olanda (la quale ha rifiutato di

siglare un accordo di collaborazione con la Mekorot),per garantire che Acea non abbia alcuna intenzione di

contribuire all’ennesima violazione dei diritti umanicommessa da Israele ai danni dei palestinesi («il Levante

on line», 3 marzo 2014, www.levanteonline.net).

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ABITARE LʼHABITAT

CITTÀ SOSTENIBILE

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L’housing sociale, è un settoreche fa parte della cosiddetta eco-nomia etica e che intende dare ri-sposte a chi non ha la possibilitàdi “rispondere” ai prezzi di merca-to. Praticamente la maggior partedegli italiani.L’housing sociale diventa così unastrada su cui si potrebbero avvia-re in tanti, strada che permette-rebbe di calmierare i prezzi dellelocazioni, di aumentare in manie-ra esponenziale il confort abitativo, di ridurre drasticamente icosti di riscaldamento e di raffrescamento delle abitazione e,infine, di ridurre sensibilmente le emissioni di CO2.Il tema è sociale e riguarda non solo chi ha bisogno di casa, maanche e soprattutto i proprietari, proprio per la necessità di re-cuperare il patrimonio esistente.Il Piano Casa elaborato recentemente dal ministro delle Infra-strutture e dei Trasporti prevede interventi per 1 miliardo e 741euro. Le misure, sintetizzate dal Mit prevedono tre linee diazione:

- il sostegno all’affitto a canone concordato;- l’ampliamento dell’offerta di alloggi popolari;- lo sviluppo dell’edilizia residenziale sociale.

In particolare, sulle misure per l’ampliamento dell’offerta diedilizia residenziale pubblica si prevede un Piano di recuperodi Edilizia residenziale pubblica (ex IACP) che beneficerà dellostanziamento di 400 milioni con il quale finanziare la ristruttu-razione con adeguamento energetico, impiantistico e antisi-smico di 12.000 alloggi. Inoltre, è previsto un ulteriore finan-ziamento di 67,9 milioni per recuperare ulteriori 2.300 alloggidestinati alle categorie sociali disagiate.Siamo convinti che tutte le proposte comprese nel Decreto Ca-sa che puntano al riuso del patrimonio edilizio esistente pub-blico e privato, al sostegno di strumenti come l’Agenzia perl’Affitto e alla riqualificazione energetica e sismica del patrimo-nio pubblico anche sfitto, siano iniziative molto importanti dicui va sostenuta la continuità. Infatti, l’efficacia delle misurepreviste si misurerà soltanto se vi sarà continuità di applica-zione da sostenere anche attraverso altri strumenti, come gliincentivi per l’efficienza energetica degli edifici.Il tema dell’abitare necessita quindi di provvedimenti struttu-

rali che affrontino interamente lacomplessità e, talvolta, la gravitàdelle situazioni contingenti. Per-tanto, oltre alla necessità di prov-vedere con misure urgenti per af-frontare l’emergenza, occorreprogrammare una serie di inter-venti in grado di rispondere sta-bilmente alla richiesta abitativaprevista in costante aumento an-che nei prossimi anni. Al tempostesso è necessario avviare un

programma di riqualificazione del patrimonio abitativo pubbli-co e privato, affinché risponda ai nuovi bisogni delle persone eai requisiti di qualità e di contenimento dei costi della casa.Il tema dell’abitare è il grande tema sociale che riguarda nonsolo chi ha bisogno di casa, ma anche i proprietari perché l’Ita-lia in generale, si trova ad avere un patrimonio edilizio moltovecchio. Per cui è necessario rimettere al centro dell’attenzio-ne politica obiettivi prioritari come la riqualificazione degli edi-fici in merito all’efficienza energetica, all’abbattimento dellebarriere architettoniche, al comfort abitativo e alla sicurezza, apartire da quella antisismica, puntando alla realizzazione dicomplessi programmi di rigenerazione urbana e alla riqualifi-cazione del patrimonio edilizio esistente.Il Social Housing oggi riveste un ruolo importantissimo perché,purtroppo, si è allargato il fronte delle persone che subisconole conseguenze della crisi strutturale che ci ha investito. Unaparte di popolazione, sempre più numerosa, è caduta in fasciadi povertà o vive in condizioni al limite della povertà. Su questepersone è necessario intervenire presto mettendo a disposi-zione alloggi a canone sociale e calmierato.Alle famiglie in difficoltà si aggiunge la grave situazione deigiovani precari o disoccupati a cui è preclusa ogni possibilità diemancipazione. L’attuale sistema di mercato dell’affitto rap-presenta anche un elemento di freno rispetto alla necessità dimobilità delle persone per motivi di lavoro.In generale è necessario ricordare che nella sostenibilità eco-nomica della casa rientrano i costi dell’affitto e di gestione con-dominiale e le spese energetiche, tenendo conto che nelle zo-ne climatiche più fredde la bolletta energetica incide più gra-vemente sul bilancio famigliare.Oltre ai costi di affitto sostenibili, la casa deve offrire alte pre-stazioni energetiche, deve essere realizzata in modo da conte-nere i costi di gestione (es. spesa ascensore) e non deve ri-

Social housing, l’abitare è di tuttiLa casa come diritto ma di qualità:

il ruolo degli alloggi a basso costo in Italia

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tanto fondamentale utilizzare parametri per la misurazione delcomfort abitativo di cui è accertata la forte implicazione sulla sa-lute delle persone.Anche i materiali di costruzione oggi puntano alla qualità: devo-no essere naturali e non impattare negativamente sull’ambientee sulla salute delle persone e seguendo il concetto secondo ilquale anche la qualità della costruzione e delle tecnologie con-tribuiscono a migliorare la qualità di vita delle persone. La casadeve essere un ambiente sano, dove non si formino muffe, non cisiano elementi nocivi alla salute né campi elettromagnetici: de-ve essere pienamente sostenibile.In questa nuova fase, quindi, è necessario cominciare a coniuga-re i temi del risparmio energetico con i temi della vivibilità e del-la sostenibilità ambientale degli edifici, garantendo non solo ri-sparmio, ma anche comfort, salute e sostenibilità in relazione al-le diverse fasce d’utenza.La Casa Mediterranea, ideale per il nostro Paese, si basa su prio-rità basilari come il raggiungimento del rapporto ideale bassoconsumo-alto comfort attraverso tecniche e materiali naturali, eil razionale utilizzo di sistemi impiantistici per la ventilazione.La corretta valutazione dei fattori climatici locali è fondamentaleper costruire un modello di sistema abitativo in grado di adattar-si alle condizioni climatiche invernali (riscaldamento) e a quelleestive (raffrescamento), contenendo a monte il fabbisogno di di-spositivi tecnologici per il riscaldamento, il raffrescamento e laventilazione.L’obiettivo del consumo quasi zero si raggiunge ponendo atten-zione all’orientamento, all’impiego di materiali naturali e locali estudiando un giusto mix di soluzioni passive bioclimatiche e so-luzioni attive, anche attraverso lo sfruttamento dell’inerzia ter-mica dei materiali e della ventilazione naturale, e l’uso più effi-cace delle energie rinnovabili.Elemento chiave per il successo delle iniziative di contenimentodei consumi è sicuramente il coinvolgimento degli abitanti nellescelte dei sistemi abitativi che devono essere adatti ai rispettivistili di vita e al livello di consapevolezza, evitando possibilmentesoluzioni che richiedano un intervento diretto troppo complessoda parte degli abitanti. Fissati gli obiettivi principali della casa aconsumo quasi zero, è necessario pensare a modelli abitativi dif-ferenti che tengano conto degli aspetti climatici, ambientali,paesaggistici, culturali e all’inserimento nel contesto sociale lo-cale.Per tutti questi motivi è necessario creare un sistema aperto atutti gli operatori per diffondere la cultura e promuovere i princi-pi e i criteri della casa mediterranea, coinvolgendo professioni-sti, operatori, decisori ed utenti e sensibilizzandoli al tema conparticolare attenzione alla formazione dei bambini, veicoli privi-legiati di una spontanea cultura eco-sensibile nelle famiglie.

APRILE 2014

Marco Turchetti[Progettare Sostenibile -

Ravenna] [email protected]

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MERCATO IMMOBILIARE

Dopo un inverno grigio, questo inizio di primavera se-

gna un risveglio dei contatti nel mercato immobiliare

ravennate, in particolare per il comparto turistico.

«La speranza è che questo rinnovato interesse dia il

via alle compravendite – afferma il presidente provin-

ciale Fimaa, Pierluigi Fabbri -. Il cambio di governo

può aver dato impulso, ma di certo dalla politica ci si

aspetta ben altri risultati e soprattutto un clima di

maggiori certezze che tuttora manca. In ogni caso, è

positivo il fatto che si stia interrompendo il trend ne-

gativo che ha portato, dal 2008 in avanti, al calo dei

prezzi degli immobili.

Se in genere ci si è assestati su una perdita di valore

del 10-15 per cento, si registrano però punte di calo

anche del 20-25 per cento, soprattutto per le case più

vecchie che necessitano di una ristrutturazione im-

portante».

Un clima di maggiore fiducia favorisce dunque non

solo chi è alla ricerca della prima casa, ma anche chi

è riuscito a mettere da parte qualcosa per investire

sul mattone. Magari sulla tanto sognata seconda casa,

da godere insieme ai propri familiari e amici. E mal-

grado l’incognita della tassazione che di certo non

agevola.

Com’è la situazione delle località di mare ravennati?

«I nostri nove lidi – aggiunge Fabbri – sono tutti diversi

fra loro e in grado ciascuno di attirare un certo tipo di

investitori. C’è chi privilegia l’ambiente naturale, chi

la movida notturna, chi l’uno e l’altro. Proprio questa

varietà ha consentito al mercato turistico di tenere di

più soprattutto nei momenti di crisi. Un po’ di calo c’è

stato ma in misura minore che in città, poi molto di-

pende da un ventaglio di fattori quali vicinanza della

casa al mare o alle vie di maggiore passeggio, dispo-

nibilità di pezzi sul mercato, etc.».

I prezzi migliori si trovano a Lido Adriano, dato che

sotto i 100 mila euro si trovano molte soluzioni abita-

tive. La località che ha conosciuto anche un alto nu-

mero di sofferenze bancarie e di vendite all’asta, ri-

serva anche angoli pregevoli a prezzi abbordabili da

tutti. Soprattutto se si considera che altrove bisogna

invece mettere in conto almeno il doppio, per togliersi

lo sfizio della casa di vacanza.

L’estate si prospetta buona anche sul fronte degli af-

fitti: i tanti emiliani che sono soliti scegliere il mare

Adriatico, avranno la piacevole sorpresa di canoni

molto interessanti anche per case di qualità. Una

buona notizia per chi deve stare attento alle spese.

Il consiglio, in tutti i casi, è quello di rivolgersi a un

buon professionista, in grado di dare tutte quelle in-

formazioni utili per arrivare all’acquisto che sia vera-

mente quello giusto per il cliente.

Primavera di disgelo sul fronte delle compravendite,

soprattutto nel comparto turistico. Per chi compra e affita è una stagione

di prezzi favorevoli. Ce ne parla il presidenteFimaa di Ravenna Pierluigi Fabbri.

CONSULENZA E INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE

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