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CAPITOLO Terapia dell’ipotiroidismo congenito Mariacarolina Salerno L obiettivo della terapia dell’ipotiroidismo congenito (IC) è di assicurare una normale crescita somatica e uno sviluppo neurologico adeguato, non solo in termini assoluti, ma anche in termini relativi al potenziale familiare e socio-culturale del bambino. Tra le variabili più importanti di cui tenere conto dal punto di vista terapeutico vi sono il tipo di farmaco e le sue modalità di somministrazione, il dosaggio, la tempistica iniziale del trattamento e il moni- toraggio dei suoi effetti. Formulazioni e modalità di somministrazione di levotiroxina L’unico standard terapeutico attualmente riconosciuto per l’IC è rappresentato dal trattamento con levotiroxina (L-T4). Il farmaco viene universalmente impiegato sotto forma di compresse, ma in alcuni Paesi – tra i quali l’Italia – è disponibile anche in formulazione liquida standardizzata. Una possibile alternativa alla L-T4 è costituita dalla liotironina (T3) o dalla terapia di combinazione con L-T4 e T3. L’uso di L-4 in forma liquida e l’eventuale utilizzo di T3 sono discussi più detta- gliatamente in altre relazioni di questo Workshop. Le compresse di L-T4 vanno somministrate dopo frantumazione e sospensione in pochi millilitri di acqua o di latte, possibilmente 30-60 minuti prima che il bambino assuma il primo pasto o la prima poppata del giorno. Ottenere questa condizione di digiuno assoluto non è semplice, particolarmente nei bambini più piccoli. Tuttavia, se le modalità di preparazione del farmaco e la tipologia della colazione sono sufficientemente regolari, è possibile somministrare la terapia anche più ravvicinata al pasto, purché tutta la procedura si mantenga costante nel tempo. La biodisponibilità della L-T4 può essere influenzata dall’assunzione concomitante di diverse sostanze, tra cui proteine della soia, alcuni minerali (segnatamente ferro e calcio), supplementi di fibre, colestiramina o altre resine, fenobarbital, idrossido di alluminio e antiacidi. Recentemente è stato segnalato che anche il simeticone, 5

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C A P I T O L O

Terapia dell’ipotiroidismo congenito

Mariacarolina Salerno

L’obiettivo della terapia dell’ipotiroidismo congenito (IC) è di assicurare una normale crescita somatica e uno sviluppo neurologico adeguato, non

solo in termini assoluti, ma anche in termini relativi al potenziale familiare e socio-culturale del bambino. Tra le variabili più importanti di cui tenere conto dal punto di vista terapeutico vi sono il tipo di farmaco e le sue modalità di somministrazione, il dosaggio, la tempistica iniziale del trattamento e il moni-toraggio dei suoi effetti.

Formulazioni e modalità di somministrazione di levotiroxina

L’unico standard terapeutico attualmente riconosciuto per l’IC è rappresentato dal trattamento con levotiroxina (L-T4). Il farmaco viene universalmente impiegato sotto forma di compresse, ma in alcuni Paesi – tra i quali l’Italia – è disponibile anche in formulazione liquida standardizzata. Una possibile alternativa alla L-T4 è costituita dalla liotironina (T3) o dalla terapia di combinazione con L-T4 e T3. L’uso di L-4 in forma liquida e l’eventuale utilizzo di T3 sono discussi più detta-gliatamente in altre relazioni di questo Workshop.

Le compresse di L-T4 vanno somministrate dopo frantumazione e sospensione in pochi millilitri di acqua o di latte, possibilmente 30-60 minuti prima che il bambino assuma il primo pasto o la prima poppata del giorno. Ottenere questa condizione di digiuno assoluto non è semplice, particolarmente nei bambini più piccoli. Tuttavia, se le modalità di preparazione del farmaco e la tipologia della colazione sono sufficientemente regolari, è possibile somministrare la terapia anche più ravvicinata al pasto, purché tutta la procedura si mantenga costante nel tempo. La biodisponibilità della L-T4 può essere influenzata dall’assunzione concomitante di diverse sostanze, tra cui proteine della soia, alcuni minerali (segnatamente ferro e calcio), supplementi di fibre, colestiramina o altre resine, fenobarbital, idrossido di alluminio e antiacidi. Recentemente è stato segnalato che anche il simeticone,

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principio attivo dei preparati prescritti per le coliche gassose dei neonati, può ridurre l’assorbimento dell’ormone tiroideo.

Un aspetto che forse vale la pena di approfondire è la possibilità di spostare l’assunzione del farmaco dalla mattina prima di colazione alla sera prima di an-dare a letto. Quando questo tentativo è stato compiuto in donne adulte ipotiroidee che mostravano un controllo insoddisfacente della malattia, la somministrazione serale della L-T4 ha migliorato significativamente sia le concentrazioni di TSH sia i livelli di FT4 (Fig. 1). Nel neonato o nel lattante è verosimile che questa procedura sia più difficoltosa (dato l’orario abbastanza precoce in cui abitualmente vengono

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TSH

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Tempo (ore)

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A

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FT4

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Tempo (ore)

L-T4 mattutinaL-T4 serale

B

FIGURA 1. Livelli di TSH (A) e di FT4 (B) in 12 donne ipotiroidee, prima e dopo il passaggio dalla somministrazione mattutina a quella serale di L-T4.

(Modificata da Bolk et al., Clin Endocrinol 2007;66:43-8)

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messi a dormire i bambini di questa età), ma nel bambino un po’ più grande o nell’adolescente potrebbe rappresentare una valida alternativa per i casi con TSH meno controllato.

Dosaggio della terapia

Le attuali linee guida statunitensi ed europee – elaborate rispettivamente dalla Ame-rican Academy of Pediatrics e dalla European Society for Paediatric Endocrinology – raccomandano entrambe un dosaggio iniziale di L-T4 compreso tra 10 e 15 μg/kg/die. Queste dosi, pari a circa il doppio di quelle utilizzate fino a 10-15 anni fa (5-6 μg/kg/die), da principio erano state guardate con preoccupazione a causa del timore di ipertrattamento. Tuttavia, il loro impiego si è dimostrato adeguato per ottenere la normalizzazione della funzione tiroidea nel più breve tempo possibile, cioè approssimativamente 3 giorni per la T4 totale o la FT4 e circa 2-4 settimane per il TSH. Tali valori sono scaturiti principalmente dal lavoro di Selva et al. già citato in precedenza da Alice Monzani, in cui la rapida normalizzazione dei para-metri tiroidei con il dosaggio da 50 μg/die (pari a circa 14,5 μg/kg/die) è risultata associata a un migliore outcome neurocognitivo rispetto a dosaggi inferiori (37,5 μg/die, pari a circa 11 μg/kg/die) o progressivamente superiori (37,5→62,5 μg/die, pari a circa 18 μg/kg/die). In altre parole, quanto più velocemente si raggiunge lo stato di eutiroidismo – che le linee guida identificano con la normalizzazione non solo della FT4 ma anche del TSH – tanto migliore sarà la prognosi del bambino.

All’interno del range posologico raccomandato (10-15 μg/kg/die), il dosaggio da utilizzare può essere scelto in base al tipo di difetto e/o alla gravità dell’ipo-tiroidismo, parametri che nella maggior parte dei casi sono coincidenti: le forme di IC da agenesia, infatti, sono associate ai valori più alterati di FT4 e TSH, mentre le forme da disormonogenesi sono generalmente le più lievi e quelle da ectopia si collocano in una posizione intermedia. Mathai et al., in uno studio in cui hanno suddiviso i loro pazienti in base alle tre forme di difetto tiroideo appena citate, trattando poi ogni forma con un dosaggio diverso di L-T4 (agene-sie 15 μg/kg/die, ectopie 12 μg/kg/die, disormonogenesi 10 μg/kg/die), hanno ottenuto risultati sovrapponibili nei tre gruppi (Fig. 2). Tuttavia, poiché il valore assoluto degli indici di funzionalità tiroidea non segue invariabilmente questa distribuzione così rigida, è bene includere sempre nelle decisioni terapeutiche anche i livelli di TSH e FT4.

L’outcome dell’IC è influenzato da numerosi fattori diversi, e la terapia è soltanto uno di essi. Per esempio, nello studio di Selva et al. citato precedentemente, quando la popolazione è stata suddivisa in base alla presenza di ipotiroidismo moderato o grave, i bambini con malattia grave hanno mostrato un QI non ottimale nonostante gli elevati dosaggi di farmaco utilizzati (Fig. 3a). E ancora, nel medesimo studio, i bambini con IC – seppure trattati adeguatamente – hanno ottenuto punteggi di QI inferiori rispetto a quelli dei loro fratelli sani (Fig. 3b); quest’ultima circostanza è particolarmente indicativa, poiché in questo caso i pazienti e i controlli appar-

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tenevano allo stesso contesto familiare e socio-culturale, pertanto non vi erano fattori confondenti legati alla diversa provenienza dei bambini. Di conseguenza, sebbene lo studio abbia alcuni elementi di debolezza (come le ridotte dimensioni del campione e l’ampia fascia di età considerata, compresa tra 2 e 8 anni), esso suggerisce che gli esiti del trattamento siano di tipo multifattoriale e che non dipendano esclusivamente dalla patologia di per sé o dalle variabili di ordine

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TSH

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Settimane dopo l’inizio del trattamento0 1 32 4 65 1 32 4 5

Settimane dopo l’inizio del trattamento0 6

Agenesia (L-T4 15 μg/kg/die)Ectopia (L-T4 12 μg/kg/die)

Disormonogenesi (L-T4 10 μg/kg/die)

TSH a 2 settimane– agenesia: 4,8– ectopia: 6,2– disormonogenesi: 3,7

A B

FIGURA 2. Livelli di FT4 (A) e di TSH (B) in pazienti con agenesia, ectopia o disormonogenesi tiroidea trattati con dosi differenti di L-T4.

(Modificata da Mathai et al., Clin Endocrinol 2008;69:142-7)

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A

QIGlobale Verbale Performance

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FratelliPazienti

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B

QIGlobale Verbale Performance

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ModeratoGravep<0,05*

FIGURA 3. Punteggi di QI ottenuti in bambini con IC moderato o grave (A) e in bambini con IC confrontati con i loro fratelli sani (B). (Modificata da Selva et al., J Pediatr 2005;147:775-80)

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terapeutico. Ciò è confermato dal fatto che, ad esempio, le attuali differenze di outcome tra i pazienti ipotiroidei e i loro fratelli sani non sono molto diverse da quelle osservate negli anni in cui si utilizzavano dosi iniziali di L-T4 decisamente inferiori, indicando dunque che l’incremento dei dosaggi farmacologici non ha ancora risolto tutti gli aspetti del problema. Anche le passate esperienze del nostro centro indicano che, nonostante vi sia un miglioramento significativo del QI con il passaggio da dosi di 6-8 μg/kg/die a dosi di 10-15 μg/kg/die, la differenza tra i bambini che cominciano con 10 μg/kg e quelli che cominciano con 15 μg/kg appare abbastanza esigua.

Tempistica del trattamento

La prontezza con cui si istituisce la terapia ormonale sostitutiva è di importanza fondamentale per l’outcome neurocognitivo dell’IC. L’esperienza indica che, se si comincia il trattamento al di là della terza settimana, le prestazioni cognitive raggiungono livelli soddisfacenti solo se si impiegano dosi iniziali più aggressive (Fig. 4). Ciò nonostante, anche in questo ambito permangono alcuni aspetti non com-pletamente chiariti, che depongono ancora una volta per una genesi multifattoriale dell’outcome intellettivo. Nel 2009, il gruppo svizzero di Beatrice Latal ha condotto uno studio in cui 63 bambini con IC identificato allo screening neonatale sono stati trattati precocemente (in media dal 9° giorno di vita) con dosi elevate di L-T4 (in media 14,7 μg/kg/die, ma in alcuni casi anche oltre 23 μg/kg/die), esaminando poi gli outcome cognitivi a lungo termine all’età di 14 anni. Tali condizioni erano

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QI

+7 punti

>21 giorni<21 giorni

L–T4 8-10 µg/kg/dieL–T4 10-15 µg/kg/die

FIGURA 4. Punteggi di QI ottenuti in bambini con IC trattati prima o dopo il 21° giorno di vita, con due diverse dosi di L-T4. (Modificata da Salerno et al., Thyroid 2002;12:45-52)

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dunque ottimali per la valutazione degli esiti intellettivi in presenza del miglior trattamento possibile. Ebbene, la misurazione del QI a 14 anni, aggiustato per sesso e per stato socio-economico, ha rivelato che i ragazzi ipotiroidei avevano un QI glo-bale significativamente più basso rispetto ai loro coetanei sani, e che i soggetti con agenesia tiroidea avevano un punteggio di performance significativamente inferiore rispetto ai soggetti con disgenesia della ghiandola (tab. 1). Pertanto, nonostante un trattamento precoce ad alto dosaggio e una terapia sostitutiva ottimale per l’intera età pediatrica, questi adolescenti hanno manifestato ugualmente un certo deficit intellettivo, non particolarmente profondo ma pur sempre significativo. Il fatto che tale deficit sia apparso più marcato nei ragazzi con agenesia della tiroide – cioè nella forma di ipotiroidismo più grave – lascia probabilmente intendere che in questi casi il coinvolgimento intrauterino sia talmente intenso da rendere insufficiente anche la migliore terapia postnatale possibile. Come è stato riferito nella precedente relazione, più recentemente gli stessi autori hanno evidenziato che bambini con IC trattati secondo le stesse modalità ottimali sopra descritte manifestavano anche alcuni deficit motori in età scolare, particolarmente a carico dell’attività motoria pura e dei movimenti fini di tipo adattativo; tali deficit, analogamente a quelli intellettivi, apparivano più marcati nei soggetti con agenesia, rispetto a quelli con disgenesia tiroidea (Fig. 5).

Per quanto riguarda l’outcome dell’accrescimento somatico, è stato già sotto-lineato come esso non sia influenzato in maniera significativa dalla maggiore o minore precocità con cui viene istituita la terapia né dal dosaggio iniziale della L-T4, consentendo ai bambini ipotiroidei di raggiungere gli stessi target staturali dei loro coetanei sani.

Monitoraggio

Secondo l’American Academy of Pediatrics, il monitoraggio della terapia con ormo-ne tiroideo deve avere l’obiettivo di mantenere la FT4 entro il range alto normale (1,4-2,3 ng/dl) e il TSH entro valori inferiori a 5 μU/ml (idealmente, entro valori compresi tra 0,5 e 2 μU/ml). Particolarmente nelle fasi iniziali del trattamento,

Tabella 1. punteggi di Qi (aggiustati per sesso e stato socio-economico) ottenuti in bambini con iC trattati precocemente con alte dosi di L-t4, suddivisi in base al tipo di difetto tiroideo e confrontati con soggetti di controllo sani. (Modificata da Dimitropoulos et al., Pediatr Res 2009;65:242-8)

Totale(n = 63)

Agenesia(n = 26)

Disgenesia(n = 33)

Controlli(n = 175)

QI scala globale, media (DS) 101,7 (1,4)‡ 98,7 (2,1)‡ 104,2 (1,9)§ 111,4 (0,81)

QI verbale, media (DS) 102,2 (1,3)‡ 100,9 (2,0)‡ 103,3 (1,8)§ 109,3 (0,76)

QI performance, media (DS) 100,8 (1,5)‡ 96,5 (2,3)‡ 104,1 (2,1)†§ 110,9 (0,86)

DS, deviazione standard. † p ≤0,05, disgenesia vs agenesia. ‡ p <0,001 § p ≤0,01 vs controlli.

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quando le dosi di L-T4 sono più elevate, è necessario evitare il rischio che il bam-bino vada in ipertiroidismo. Pertanto, le linee guida statunitensi raccomandano di effettuare i controlli periodici con la seguente frequenza: 2 e 4 settimane dopo l’inizio della terapia; ogni 1-2 mesi nei primi 6 mesi di vita; ogni 3-4 mesi tra i 6 mesi e i 3 anni di età; ogni 6-12 mesi dai 3 anni in poi; infine, 4 settimane dopo ogni variazione del regime posologico. Il concetto della normalizzazione del TSH – oltre che della FT4 – è relativamente recente, se si pensa che anche solo 20 anni fa veniva considerata normale una tireotropinemia di 10-15 μU/ml. Oggi sappia-mo che per il benessere dei bambini ipotiroidei è fondamentale che il TSH scenda fino a valori normali, tuttavia è incerto se in età pediatrica la sua riduzione debba essere necessariamente così stringente da mantenere i livelli ematici al di sotto di 2 μU/ml, come suggeriscono gli americani. A questo proposito, probabilmente è opportuna una revisione critica dei range di normalità del TSH nelle diverse fasce di età, anche al fine di evitare gli episodi di ipertrattamento.

Dal punto di vista cardiovascolare, è stato già detto come il trattamento cronico con L-T4 esponga al rischio di effetti indesiderati a carico della funzione ventricolare sinistra, della tolleranza all’esercizio fisico e dello spessore delle pareti vasali. Il

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2

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Pun

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Movimentiassociati

Equilibriostatico

Movimentiadattativigrossolani

Movimentiadattativi �ni

Attiivitàmotoria pura

DisgenesiaAgenesia

*

§**

Linee bianche nei box: mediane. Dimensioni dei box: range interquartile.Estremi superiore e inferiore, collegati al box con linea punteggiata: 1,5 x range interquartile.Linea tratteggiata in corrispondenza dello 0: valore normale.

*p = 0,03. **p = 0,01. §p <0,001.

FIGURA 5. Outcome neuromotori osservati in età scolare in bambini con IC trattati precocemente con alte dosi di L-T4, suddivisi in base al tipo di difetto tiroideo. (Modificata da Hauri-Hohl et al., Pediatr Res 2011;70:614-8)

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corretto monitoraggio della terapia assume dunque particolare rilevanza anche in quest’ottica, poiché è stato dimostrato che sia gli episodi di ipertrattamento sia quelli di ipotrattamento sono significativamente correlati alla performance cardiovascolare.

Conclusioni

In sintesi, le dosi terapeutiche di L-T4 attualmente consigliate consentono di ottenere un miglior outcome intellettivo globale rispetto ai dosaggi che si utilizzavano fino a qualche tempo fa. Tuttavia, per valutare compiutamente gli effetti del trattamento sugli outcome cognitivi a lungo termine sono necessari ulteriori studi su ampie casistiche, che tengano conto in maniera adeguata di tutte le diverse variabili coin-volte: età di inizio della terapia, gravità dell’ipotiroidismo, livello socio-culturale della famiglia, atteggiamento parentale nei confronti della malattia, compliance per il trattamento, ecc. Inoltre, è opportuno valutare con studi appropriati la necessità o meno di modulare la dose iniziale di L-T4, unitamente alle eventuali modalità con cui effettuare tale modulazione.

Letture consigliate

• American Academy of Pediatrics, Rose SR; Section on Endocrinology and Committee on Genetics, American Thyroid Association, Brown RS; Public Health Committee, Lawson Wilkins Pediatric Endocrine Society, Foley T, Kaplowitz PB, Kaye CI, Sundararajan S, Varma SK. Update of newborn screening and therapy for congenital hypothyroidism. Pediatrics 2006;117(6):2290-303.

• Bolk N, Visser TJ, Kalsbeek A, van Domburg RT, Berghout A. Effects of evening vs mor-ning thyroxine ingestion on serum thyroid hormone profiles in hypothyroid patients. Clin Endocrinol (Oxf) 2007;66(1):43-8.

• Dimitropoulos A, Molinari L, Etter K, Torresani T, Lang-Muritano M, Jenni OG, et al. Children with congenital hypothyroidism: long-term intellectual outcome after early high-dose treatment. Pediatr Res 2009;65(2):242-8.

• Hauri-Hohl A, Dusoczky N, Dimitropoulos A, Leuchter RH, Molinari L, Caflisch J, et al. Impaired neuromotor outcome in school-age children with congenital hypothyroidism receiving early high-dose substitution treatment. Pediatr Res 2011;70(6):614-8.

• Mathai S, Cutfield WS, Gunn AJ, Webster D, Jefferies C, Robinson E, et al. A no-vel therapeutic paradigm to treat congenital hypothyroidism. Clin Endocrinol (Oxf) 2008;69(1):142-7.

• Salerno M, Micillo M, Di Maio S, Capalbo D, Ferri P, Lettiero T, et al. Longitudinal growth, sexual maturation and final height in patients with congenital hypothyroidism detected by neonatal screening. Eur J Endocrinol 2001;145(4):377-83.

• Salerno M, Militerni R, Bravaccio C, Micillo M, Capalbo D, Di MS, et al. Effect of different starting doses of levothyroxine on growth and intellectual outcome at four years of age in congenital hypothyroidism. Thyroid 2002;12(1):45-52.

• Salerno M, Oliviero U, Lettiero T, Guardasole V, Mattiacci DM, Saldamarco L, et al. Long-term cardiovascular effects of levothyroxine therapy in young adults with congenital hypothyroidism. J Clin Endocrinol Metab 2008;93(7):2486-91.

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• Selva KA, Harper A, Downs A, Blasco PA, Lafranchi SH. Neurodevelopmental outcomes in congenital hypothyroidism: comparison of initial T4 dose and time to reach target T4 and TSH. J Pediatr 2005;147(6):775-80.

DISCUSSIONE

Franco ChiarelliTalvolta, nella pratica clinica, capita ancora di vedere bambini il cui trattamen-to a lungo termine non è condotto in maniera ottimale. Nel nostro centro, ad esempio, vi è stato il caso di un bambino di 2 anni al quale avevamo impostato noi fin dalla nascita la terapia con L-T4, che dopo un soggiorno di 6 mesi in Francia, sebbene sia stato seguito da un’ottima struttura, è rientrato in Italia con un TSH di 15 μU/ml. Come si può fare, in termini più generali, per garan-tire che la qualità del trattamento venga mantenuta e per evitare che si allenti l’attenzione nei confronti di un follow-up adeguato?E ancora un altro aspetto: la raccomandazione a tenere i valori del TSH al di sotto di 5 μU/ml o tra 0,5 e 2 μU/ml deriva da evidenze specifiche o scaturisce prevalentemente dall’esperienza personale di chi ha elaborato le linee guida e i documenti di consenso? In altre parole, esiste la prova scientifica che un TSH inferiore a 2 μU/ml sia associato a un outcome più favorevole rispetto a un valore inferiore a 5 μU/ml? Il gruppo berlinese di Annette Grüters, per esempio, sostie-ne che per ottimizzare il trattamento il TSH debba essere compreso tra 1 e 2.

Mariacarolina SalernoLa domanda su come garantire l’ottimizzazione del trattamento temo che non abbia una risposta univoca e definitiva. Ovviamente si potrebbe auspicare l’ese-cuzione di follow-up più ravvicinati, ma i follow-up ravvicinati sono un’arma a doppio taglio, perché se da un lato mantengono adeguatamente “sotto pressione” la famiglia del bambino o – in un’età successiva – direttamente il ragazzo o l’adolescente che si autogestiscono, dall’altro conferiscono anche un maggiore impatto psicologico alla malattia cronica. Pertanto, è necessario bilanciare in modo equilibrato i due aspetti. Nella mia esperienza, il centro di riferimento per le patologie tiroidee ha un grande potere di sorveglianza, perché quando si delega il controllo della malattia al pediatra di libera scelta accade spesso che i genitori riducano la loro attenzione. L’avere di fronte un appuntamento, un impegno prefissato presso la struttura di riferimento, aiuta a mantenere un giusto livello di consapevolezza nella famiglia. Il problema degli adolescenti è un po’ più complesso, poiché a quell’età – anche se si viene seguiti in maniera impeccabile – è facile che emerga la tendenza a non accettare la propria condi-zione, a rifiutare il concetto di malattia perdurante. Da questo punto di vista, un ruolo fondamentale è svolto dalle modalità con cui negli anni precedenti è stata educata la famiglia, accompagnandola verso una gestione serena e non traumatica dell’IC.

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Per quanto riguarda le raccomandazioni sui valori del TSH, a quanto mi ri-sulta non esistono studi specifici a sostegno di un cut-off di 5 o di 2 μU/ml. È verosimile che il gruppo della Dott.ssa Grüters adotti come riferimento un valore inferiore a 2 perché nel loro centro l’IC viene trattato con 50 μg/die di L-T4 indipendentemente dal peso corporeo, dosaggio che rapportato al peso può raggiungere anche i 18-20 μg/kg/die. Tuttavia, la domanda offre lo spunto per esaminare la possibilità di condurre uno studio apposito su questo argo-mento: i centri italiani, se adeguatamente coordinati, possiedono certamente una casistica complessiva idonea alla valutazione retrospettiva degli outcome in funzione dei livelli di TSH raggiunti.

Aldo PincheraLa questione dei valori normali del TSH ha avuto origine dagli studi della Dott.ssa Spencer, una biologa che lavora nel laboratorio di Nikolov a Los Angeles, la quale ha dapprima ottimizzato i dosaggi della tireotropina e successivamente ne ha verificato il range di normalità. Da queste ricerche è emerso che il valore normale dell’ormone è sicuramente inferiore a 3 μU/ml, e su questa base è stata avviata la revisione complessiva degli intervalli di riferimento per il TSH, sia nell’adulto sia nel bambino. Di fatto, non esiste la prova incontrovertibile che una concentrazione inferiore a 2 μU/ml rappresenti il valore di TSH ideale. Esiste però la constatazione che i soggetti normali, esenti da qualunque patologia e anche da qualsiasi interferenza sui livelli di TSH, possiedono valori di tireotro-pina compresi in quell’ambito. Per inferenza, dunque, si deduce che anche nei pazienti ipotiroidei si debbano raggiungere concentrazioni analoghe. La Dott.ssa Grüters, a Berlino, si attiene a questi dati. Il mio parere personale è che le evidenze siano tendenzialmente più a favore delle 2 μU/ml che delle 5 μU/ml; ovvero, detto in altri termini, che attualmente sarebbe necessario provare che il valore di 5 μU/ml sia migliore rispetto al valore di 2 μU/ml, piuttosto che provare il contrario.Per quanto riguarda gli outcome neurocognitivi e il successo complessivo del trattamento, dalla relazione di Mariacarolina Salerno emerge chiaramente che un ruolo fondamentale è svolto dal contesto familiare in cui vive il paziente. Pressoché tutti i nostri maggiori insuccessi terapeutici, infatti, dipendono gene-ralmente dal fatto che i genitori sono assenti (materialmente o affettivamente) o non riescono ad accettare in modo sereno la malattia. E su quest’ultimo aspetto il medico può influire molto a fondo. Il ruolo della famiglia è importante non solo nei primissimi anni di vita, in cui il bambino è totalmente dipendente dai genitori, ma anche nelle età successive, quando la costruzione di un ambiente psico-affettivo adeguato consente all’adolescente e poi al giovane di affrontare con equilibrio e consapevolezza la propria condizione. A questo proposito, è fuori dubbio anche il notevole miglioramento che ha determinato nella gestione della malattia la creazione dei centri di riferimento per l’IC, mentre in precedenza questi bambini venivano indirizzati a varie strutture pediatriche non sempre dotate della necessaria competenza.

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Dal punto di vista del dosaggio iniziale della L-T4, è evidente che nella prima fase della malattia bisogna somministrare un carico farmacologico conside-revole. In termini fisiopatologici, il problema è più o meno analogo a quello dei pazienti adulti tiroidectomizzati, nei quali l’asportazione della ghiandola e la terapia radiometabolica provocano un depauperamento totale della tiro-xina in tutti i tessuti corporei. In queste condizioni, per poter reintegrare e ridistribuire la tiroxina dapprima nei tessuti e poi nel torrente circolatorio (con conseguente ripristino delle concentrazioni ematiche), il dosaggio ini-ziale della terapia sostitutiva dovrà essere necessariamente generoso, e solo in seguito si potrà ridurre adottando una dose di mantenimento inferiore. I bambini con agenesia tiroidea si trovano in una condizione ancora più grave, poiché non hanno mai avuto tiroxina nei loro tessuti, fin dalla vita intraute-rina: pertanto, all’inizio del trattamento per l’IC dovranno ricevere una dose di L-T4 decisamente elevata.Esiste poi il problema della cosiddetta “ginnastica terapeutica”, cioè dei continui aggiustamenti di dosaggio del farmaco effettuati sulla base di un’interpreta-zione affrettata dei livelli di TSH. Nell’adulto, la questione nacque dal fatto che, quando furono stabiliti i primi parametri di valutazione con Reginald Hall, a Newcastle, si affermò l’opportunità di verificare il raggiungimento dei valori desiderati di TSH dopo soli 20 giorni dalla modificazione terapeutica eseguita. Oggi sappiamo che questo intervallo di tempo è troppo ridotto, e che per valutare in maniera attendibile gli effetti di piccole variazioni della L-T4 sono necessari da 2 a 4 mesi di attesa. Nella popolazione pediatrica, specie nei primi 2 anni di vita, ovviamente bisogna essere più assidui nel monitoraggio, ma rimane valida l’esortazione a non modificare la terapia sulla base di un unico elemento e, in caso di dubbio, è meglio produrre un leggero eccesso terapeutico che rischiare un possibile difetto di trattamento. La ponderatez-za e l’equilibrio nel giudicare le eventuali modificazioni del TSH diventano oltremodo importanti nel bambino più grande e nell’adolescente, per evitare che la ginnastica terapeutica costringa questi pazienti a vedere continuamente “medicalizzata” la propria esistenza.Una breve considerazione, infine, va fatta sulla questione dell’assunzione a digiu-no della L-T4. Come ha accennato Mariacarolina Salerno, se la prima colazione si svolge sempre nello stesso modo, il rispetto assoluto del digiuno non è una necessità imprescindibile. Il nostro scopo, infatti, non è quello di massimizzare l’assorbimento del farmaco, bensì quello di mantenerlo costante nel tempo.

Massimo TonaccheraLa difficoltà nello stabilire il valore ottimale di TSH per i bambini con agenesia tiroidea dipende anche dal fatto che – contrariamente a quanto avviene negli adulti che contraggono una tireopatia ad un certo punto della loro vita – non abbiamo punti di riferimento riguardo alle loro concentrazioni fisiologiche di tireotropina prima della malattia. Con ogni probabilità, sebbene nessuno lo abbia ancora dimostrato, questi bambini hanno un’alterazione del setpoint

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tiroideo e quindi necessitano di dosaggi più elevati di L-T4 per ottenere un TSH di 1 o 2 μU/ml, il che avviene a spese di una FT4 più alta rispetto alle attese. In confronto, un bambino con carcinoma della tiroide che venga operato e poi sottoposto a terapia sostitutiva, ha bisogno di dosi molto inferiori per raggiun-gere lo stesso valore di TSH.

Alessandra CassioMa come facciamo a sapere se con quei valori di TSH e FT4 i tessuti e la situa-zione metabolica del bambino con agenesia tiroidea siano effettivamente a posto?

Massimo TonaccheraDobbiamo basarci esclusivamente sui dati biochimici, poiché non conosciamo i suoi valori iniziali e siamo di fronte a un difetto di quel setpoint che, secondo il parere di autorevoli esperti, si stabilisce nel periodo perinatale.

Luciano CavalloAlcuni degli argomenti che sono stati toccati mi trovano parzialmente in di-saccordo. In primo luogo, a mio avviso il passaggio dalla somministrazione mattutina a quella serale non è così facilmente attuabile, specie nella popola-zione adolescente che, in linea teorica, sarebbe la principale destinataria di questo provvedimento. A quell’età, infatti, l’individuo comincia ad ampliare la sfera dei suoi contatti e delle sue attività sociali, e preso da questi nuovi inte-ressi rischierebbe più facilmente di dimenticare l’assunzione del farmaco. In secondo luogo, personalmente continuo a preferire la somministrazione della L-T4 a digiuno, piuttosto che consentire il suo ravvicinamento al pasto sulla base di un’ipotetica regolarità e costanza di quest’ultimo. Questo approccio mi sembra più percorribile negli adulti, che hanno ormai raggiunto una certa stabilità di abitudini, mentre credo che nei bambini la standardizzazione della prima colazione sia assai meno consueta. In terzo luogo, trovo eccessive le rac-comandazioni della American Academy of Pediatrics in merito alla frequenza del follow-up nelle età comprese tra 6 mesi e 3 anni. Se da un lato comprendo e condivido sia la necessità di essere particolarmente assidui fino a 6 mesi di vita, sia la ragionevolezza di eseguire controlli semestrali dopo i 3 anni, dall’altro ritengo che un follow-up trimestrale fino al terzo anno di età rappresenti una medicalizzazione eccessiva della vita del bambino.Riguardo al rapporto tra dosaggio della L-T4 e tipo di difetto tiroideo, da uno studio retrospettivo condotto alcuni anni fa presso il nostro centro è emerso che, su 150-200 soggetti ipotiroidei seguiti fino all’età adulta, i pazienti con agenesia della ghiandola avevano assunto dosi complessive di L-T4 sensibilmente supe-riori a quelle dei pazienti con disgenesia, i quali a loro volta non presentavano una differenza significativa rispetto ai soggetti con tiroide in sede. Viceversa, i pazienti con FT4 molto basso alla nascita (dunque affetti da un ipotiroidismo grave) non avevano assunto una dose globale di farmaco marcatamente supe-riore a quella usata nelle forme moderate. Pertanto, nella nostra esperienza,

capitolo 5 • TERAPIA DELL’IPOTIROIDISMO COnGEnITO

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la situazione anatomica della tiroide sembra avere più influenza sui dosaggi terapeutici rispetto all’entità del deficit ormonale.

Mariacarolina SalernoTornando solo un istante all’importanza dei centri di riferimento per la presa in carico e il follow-up dei bambini con IC, io credo che la loro istituzione da un lato abbia rappresentato un grande successo per la cura di questi pazienti, ma dall’altro rischi oggi di costituire un vistoso insuccesso per i responsabili della programmazione sanitaria: vi sono infatti una crescente carenza di finanziamenti e un progressivo disconoscimento della loro utilità e, da ultimo, si comincia a ipotizzare di demandare i controlli periodici al pediatra di libera scelta.

Aldo PincheraRitengo che l’ipotesi di affidare completamente al pediatra di libera scelta il follow-up di una patologia così delicata sia del tutto improponibile. Piuttosto sarebbe importante che, anche nell’ambito dei centri che si occupano di IC, venissero individuate le strutture che possiedono una reale e profonda espe-rienza in questo campo. A titolo esemplificativo, nell’ambito della chirurgia tiroidea è stato visto non solo che circa la metà dei 41.000 interventi eseguiti annualmente in Italia risulta essere di dubbia utilità, ma anche che circa tre quarti di questi interventi vengono eseguiti presso strutture che non effettuano più di 3 operazioni tiroidee nell’arco dell’anno. Mi sembra essenziale, dunque, anche l’individuazione dei centri di eccellenza per la cura dell’IC, in analogia con quanto è stato fatto – ad esempio – per la gestione dei trapianti d’organo sul territorio nazionale.