the wheel of time chain novel - capitolo 1

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www.wheeloime.altervista.org Una via di mezzo tra FanFiction e Gioco di ruolo, questa è una storia scria da molte mani: il progeo WoT Chain Novel del forum i Camminatori dei Sogni . Lʹispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan, the Wheel Of Time: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono i personaggi creati dai giocatori. La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori portano nuovi li ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà a rontare un nemico antico ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno. Siadon Erano passati cinque giorni dal primo incontro con Leira. Li aveva cercati per unʹintera seimana e proprio quando le speranze lo stavano per abbandonare la situazione era precipitata, rischiando di rovinare tuo. Quella maina si stava aggirando nel piccolo mercato di Kiendger, aascinato da alcune pipe intersiate con maestria in un legno tanto chiaro da sembrare marmo. Non si era recato in quel luogo per comprare delle pipe, non fumava nemmeno ma gli piaceva osservare simili opere d’arte. Lo distraevano da quello che ormai riteneva un fallimento completo. Assorto com’era, ci mise qualche istante per identicare il gruppo di soldati che stavano iniziando ad ispezionare il mercato. Dannati imbecilli pensò salutando cortesemente il mercante, congratulandosi nuovamente per la mercanzia e promeendo che sarebbe tornato l’indomani. Con disinvoltura si inlò in un vicolo poco distante, trovandosi a camminare al anco di una giovane donna che stava lasciando il mercato trasportando un grosso cesto colmo di provviste. Le sorrise gentilmente ma prima di uscire dal vicolo si fermò, anche in quella strada c’era una pauglia di Figli della Luce. Improvvisamente si accorse che la giovane donna era ancora in parte a lui, aveva un’espressione allarmata ed ora lo stava ssando inumidendosi le labbra. Luce, questa volta mi tagliano la testa Non aveva scelta, sperò con tuo il cuore che anche lei si fosse fermata per evitare la pauglia. Erano soli in quel vicolo così le disse: «Dubito che possano riconoscerci ma rimanere qui non è una buona idea. Passeggiando in due aireremo meno aenzioni… le posso portare il cesto?». Stava ancora meditando sugli ultimi giorni, rigirandosi tra le dita la stupenda pipa bianca. Non riusciva a credere che ne fossero passati solo cinque da quella maina. Non lo conoscevano, eppure lo avevano acceato come un familiare scomparso da molto tempo, ospitandolo nel loro nascondiglio. Di certo era un gruppo formatosi da poco. Nessuno all’interno di quella caverna aveva quel volto senza età proprio degli anziani. Inoltre se fossero stati organizzati non lo avrebbero acceato tanto facilmente e non avrebbe nemmeno potuto lasciare il nascondiglio in tempo per ritrovare quel mercante. Però non erano nemmeno degli sprovveduti, la stanza nella quale ora stava riposando era stata ricavata manipolando la roccia tramite il Potere ed alcuni tra gli uomini del gruppo avevano oime potenzialità. Uno di questi entrò all’improvviso, colmo della parte maschile di quella forza, con uno volto terrorizzato. Prima ancora che potesse parlare le grida provenienti dall’ingresso della caverna gli fecero capire cosa stava accadendo. «Ti seguo» gli disse alzandosi di scao e raggiungendo quell’implacabile tempesta di fuoco e di vita che era la Fonte. Estrasse dalle custodie posate poco distante due lunghi pugnali ricurvi ed iniziò a dirigersi verso l’uomo. Questo si avvicinò all’entrata per file:///D:/MISC/Chain/Senzatitolo-2.html 1 di 35 29/09/2011 1.21

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Capitolo 1 Una via di mezzo tra FanFiction e Gioco di ruolo, questa è una storia scritta da molte mani: il progetto WoT Chain Novel del forum i Camminatori dei Sogni. L'ispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan, the Wheel Of Time: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dalla quarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono i personaggi creati dai giocatori. La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori (partecipa anche tu) portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovrà affrontare un nemico antico ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.

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www.wheeloftime.altervista.org

Una via di mezzo tra FanFiction e Gioco di ruolo, questa è una storia scritta da molte mani: il progetto WoT Chain Novel del forum iCamminatori dei Sogni.

Lʹispirazione proviene dalla saga di Robert Jordan, the Wheel Of Time: immaginando un suo probabile seguito, siamo partiti dallaquarta era, la successiva alla saga, inventando un mondo profondamente diverso nel quale vivono i personaggi creati dai giocatori.

La storia è in continua evoluzione, nuovi giocatori portano nuovi fili ad intrecciarsi nel Disegno. Un nuovo Drago Rinato dovràaffrontare un nemico antico ma che questa volta ha saputo preparare al meglio il suo ritorno.

Siadon

Erano passati cinque giorni dal primo incontro con Leira. Li aveva cercati per unʹintera settimana e proprio quando le speranze lostavano per abbandonare la situazione era precipitata, rischiando di rovinare tutto. Quella mattina si stava aggirando nel piccolomercato di Kiendger, affascinato da alcune pipe intersiate con maestria in un legno tanto chiaro da sembrare marmo. Non si erarecato in quel luogo per comprare delle pipe, non fumava nemmeno ma gli piaceva osservare simili opere d’arte. Lo distraevanoda quello che ormai riteneva un fallimento completo. Assorto com’era, ci mise qualche istante per identificare il gruppo di soldatiche stavano iniziando ad ispezionare il mercato.Dannati imbecilli pensò salutando cortesemente il mercante, congratulandosi nuovamente per la mercanzia e promettendo chesarebbe tornato l’indomani. Con disinvoltura si infilò in un vicolo poco distante, trovandosi a camminare al fianco di una giovanedonna che stava lasciando il mercato trasportando un grosso cesto colmo di provviste. Le sorrise gentilmente ma prima di usciredal vicolo si fermò, anche in quella strada c’era una pattuglia di Figli della Luce. Improvvisamente si accorse che la giovane donnaera ancora in parte a lui, aveva un’espressione allarmata ed ora lo stava fissando inumidendosi le labbra.Luce, questa volta mi tagliano la testaNon aveva scelta, sperò con tutto il cuore che anche lei si fosse fermata per evitare la pattuglia. Erano soli in quel vicolo così ledisse:«Dubito che possano riconoscerci ma rimanere qui non è una buona idea. Passeggiando in due attireremo meno attenzioni… leposso portare il cesto?».

Stava ancora meditando sugli ultimi giorni, rigirandosi tra le dita la stupenda pipa bianca. Non riusciva a credere che ne fosseropassati solo cinque da quella mattina. Non lo conoscevano, eppure lo avevano accettato come un familiare scomparso da moltotempo, ospitandolo nel loro nascondiglio. Di certo era un gruppo formatosi da poco. Nessuno all’interno di quella caverna avevaquel volto senza età proprio degli anziani. Inoltre se fossero stati organizzati non lo avrebbero accettato tanto facilmente e nonavrebbe nemmeno potuto lasciare il nascondiglio in tempo per ritrovare quel mercante.Però non erano nemmeno degli sprovveduti, la stanza nella quale ora stava riposando era stata ricavata manipolando la rocciatramite il Potere ed alcuni tra gli uomini del gruppo avevano ottime potenzialità. Uno di questi entrò all’improvviso, colmo dellaparte maschile di quella forza, con uno volto terrorizzato. Prima ancora che potesse parlare le grida provenienti dall’ingresso dellacaverna gli fecero capire cosa stava accadendo.«Ti seguo» gli disse alzandosi di scatto e raggiungendo quell’implacabile tempesta di fuoco e di vita che era la Fonte. Estrasse dallecustodie posate poco distante due lunghi pugnali ricurvi ed iniziò a dirigersi verso l’uomo. Questo si avvicinò all’entrata per

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studiare la situazione all’esterno quando due lame affilate gli sbucarono dal petto. Siadon accompagnò il corpo ormai privo di vitaadagiandolo all’interno della stanza, poi osservò la battaglia che stava rapidamente giungendo al termine. Incendiò le vesti di unadonna poco distante, rimanendo sorpreso nel vederla dimenarsi quando avrebbe potuto incanalare per spegnere le fiamme. Subitodopo rilasciò il Potere e tornò nella sua stanza, non voleva diventare un bersaglio.Pochi istanti e Leira lo raggiunse correndo, piangeva disperata ed era ferita ad un braccio. Lo guardò, sconvolta nel vederlo lì inpiedi come se nulla fosse, intento a pulire i pugnali e non ad usarli per combattere. «Perché…» fece in tempo a dire prima che isuoi occhi si allargassero in un’espressione incredula, mentre una lama la colpiva alle spalle ponendo fine alla sua vita.«Che la Luce guidi i tuoi passi, Sorella» disse alla donna che stava estraendo un pugnale simile ai suoi dal corpo immobile diLeira.

Mabien Asuka

Eʹ finita.

Le grida, i rumori della colluttazione, lo sferragliare di spade, la sua voce... ora arriveranno da me.Eʹ finita.

La testa che le pulsava e il buio a disorientarla: appena provò ad alzarsi non potè fare a meno di dare di stomaco. Addosso avevaqualcosa di pesante, ma morbido, forse una tenda di velluto o un tappeto. Riuscì a fatica a liberarsene e procedere a carponi allaricerca di un qualsiasi punto di riferimento, ma ricadde per un lancinante dolore al ventre. Un ricordo fulmineo le mise davantiagli occhi lʹimmagine di Krooche che la colpiva al volto e le piantava lo stiletto in pancia. Arrancando, toccò il legno malandato diun vecchio portone e capì di trovarsi nellʹala vecchia del quartier generale.Lentamente le idee si schiarivano e ricordò gli ultimi momenti di quella giornata: tutto era degenerato allʹimprovviso quantoGraham era entrato di corsa nella camera dove lei si trovata con Krooche, senza rispettare il suo solito cerimoniale, per avvisare ilsuo venerato superiore dellʹarrivo di unʹinsolita delegazione di Inquisitori. Anche se non era mai stato ufficialmente informato,Graham sapeva benissimo chi fosse Mab in realtà e cosa facesse per Krooche, e anche se lo tollerava solo in nome della devotareverenza nei confronti del suo capitano, era corso ad avvertirlo, avendo subito capito la gravità di quella visita. Vestitisifrettolosamente, i due erano corsi verso lʹala vecchia, più per guadagnare tempo, che per fuggire veramente: un capitano dei Figlidella Luce non poteva certo rifiutarsi di ricevere una delegazione di Inquisitori.Ma lʹidea dellʹala vecchia era stata evidentemente poco originale, dal momento che appena scesi ai corridoi che portavano allestalle, sentirono lʹeco dei passi di altri uomini che procedevano verso di loro chiudendo ogni via di fuga. Avevano rallentato lacorsa davanti alla vecchia armeria, col suo portone dissestato e squarciato dagli anni, Mab si era girata a guardare Krooche, che inquel momento, più di ogni altro dal giorno in cui lʹaveva incontrato, rappresentava insieme il suo boia e la sua ancora di salvezza.Lui già la stava guardando con occhi che non mentivano su quale dei due ruoli avesse già deciso di interpretare: mentre leiestraeva lo stiletto nascosto come sempre tra le pieghe della gonna, lui le aveva sferrato un duro colpo al volto che lʹaveva fattavacillare, poi le aveva tolto di mano la lama e lʹaveva usata per colpirla.

Si issò sulle ginocchia e fece forza per aprire il portone: nel buio della notte, riuscì a riconoscere il corridoio che portava alle stalle.Dopo averla ferita, lʹaveva gettata nellʹarmeria, dovʹera svenuta trascinandosi dietro i vecchi tendaggi ormai stracciati eimpolverati, che erano stati riutilizzati per ricoprire mobili antichi ancora lì custoditi.Il corridoio ora era deserto, lo percorse tenendosi appoggiata alle pietre gelide del muro, gemendo per il dolore che le causava laferita. Allʹesterno cʹera un solo uomo di guardia, troppo annoiato e assonnato per riuscire a scorgere la sua figura nel buio o sentireil rumore dei suoi passi, attutito dalla morbida pelle degli stivali. Camminando il più disinvolta possibile tra i vicoli più strettidella città, cercando nemmeno lei sapeva cosa, andò a sbattere contro un uomo sicuramente uscito da poco da una taverna, agiudicare dallo stato dʹebbrezza in cui versava: vista lʹora e la zona della città, lʹuomo afferrò la donna per un braccio, convinto sitrattasse di una prostituta e la portò con sé nella squallida bettola a pochi passi dove probabilmente viveva solo. Rassegnata adoverlo assecondare per non attirare lʹattenzione delle guardie, Mab lo seguì, accettò il suo denaro e fu estremamente grata allaLuce quando lʹuomo, dalle proporzioni di una botte, crollò addormentato mentre si abbassava le brache.Sperare di trovare qualcosa di pulito da mettersi nellʹarmadio dellʹuomo era chiedere davvero troppo, ma per fortuna la gonnaporpora nascondeva bene il colore del sangue di cui era imbrattata. Per il resto, dopo essersi pulita dalle macchie più vistose edessersi pettinata come meglio poteva, e dovo aver derubato lʹuomo di quel che non aveva ancora speso in vino, uscì in cerca di unposto che potesse tenerla nascosta ancora un poʹ, mentre studiava un modo per abbandonare la città possibilmente lʹindomani.

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Merian Elen Syana

Le strade della città erano deserte a quellʹora della notte, e le case erano buie e prive di vita. Talvolta si poteva scorgere unʹombra inlontananza ma a un secondo sguardo era già svanita: raramente le persone si fermavano a parlare infatti, e quando lo facevanoera solo per pochi istanti. Molti avevano visi sconosciuti, persone incontrate una sola volta e mai più riviste, altre con un visofamiliare ma che non perdurava nella memoria. Sembrava si trovassero tutti lì per caso, come se in realtà dovessero, e volessero,essere da unʹaltra parte.Cʹera un uomo però, un uomo alto e con il viso in ombra la maggior parte del tempo, che era spesso presente negli ultimi mesi.Niende non sapeva chi fosse o da dove venisse ma era sempre in quel luogo che lo incontrava, e generalmente preferiva unalocanda per parlare con lei.Era là che stava andando adesso.Con un senso di urgenza che non riusciva a comprendere, arrivò alla ormai familiare piazza con al centro una statua che dovevaessere stata una donna in tempi migliori, lʹattraversò e si preparò ad entrare nella locanda. Poco prima di aprire la porta, però, sifermò per un momento ad osservare lʹabito che indossava.Era un bel vestito, di seta blu con un ricamo dorato sulla scollatura profonda e una cascata di merletti che scendeva con grazia daipolsini che le coprivano le mani, curate come non lo erano mai state.Era un vestito degno di una nobile, e lei si sentiva una stupida per averlo indossato, ma non poteva farci nulla, quellʹuomo lafaceva comportare in modo strano. Cercando di assumere una postura fiera, aprì la porta e entrò.Lʹaria allʹinterno era calda per via di un piccolo fuoco acceso in un camino nella grande sala comune.Non cʹerano avventori, solo una figura ammantata che fumava la sua pipa, seduta nellʹangolo più remoto e buio della stanza.Niende si diresse verso di lui, e con un piccola riverenza - non di certo adatta a una nobile - lo salutò.Lʹuomo non disse nulla ma la fiamma nel cannello della pipa illuminò per un momento il suo viso, e la donna poté vedere chesorrideva. Era durato poco più di un battito ma le era bastato a mandarle in subbuglio lo stomaco. Come poteva farle quellʹeffettoun uomo che non sapeva nemmeno che faccia avesse Niende non se lo spiegava, ma quel sorriso la riscaldava e questo le bastava.Sorridendo a sua volta la donna si sedette di fronte a lui e lʹuomo si allungò per prenderle la mano, togliendosi la pipa di bocca perparlare.«Il momento sta per giungere, non puoi più aspettare. Spogliati di quello che sei e indossa la tua vera natura.»Lei rimase per un attimo sconcertata, non le aveva mai parlato in quel tono ansioso, e non di certo con parole così arcane, ma nonebbe il tempo di ribattere perché un bruciore improvviso le fece ritirare di scatto la mano: le era caduta sul dorso una parte delcontenuto della pipa. Mentre se lo massaggiava, sentì una voce di donna che la chiamava, prima debolmente, poi sempre piùforte, fino a quando sembrava lʹunica cosa presente, mentre lʹuomo invece era sempre più distante.

«Ragazza, ragazza svegliati, o farai tardi allʹorazione!»Niende aprì gli occhi appesantiti dal sonno e le ci volle un poʹ per rendersi conto di dove si trovava.Unʹaltra volta, pensò con rammarico, era solo un sogno…La luce dellʹalba filtrava fievole dalle sbarre della cella che fungeva da stanza, e la ragazza si alzò con una strana sensazione. Erasempre così quando si svegliava da quei sogni che sembravano tanto reali.Tutto era cominciato qualche mese fa, quando per la prima volta aveva incontrato quellʹuomo, e da allora non faceva altro chesognare quella piazza, quella locanda e quello sconosciuto ad attenderla al suo interno.A volte non cʹera, altre volte lo vedeva di sfuggita in un villaggio attraversato da un fiume, oppure passeggiava con lei per le stradebuie di qualche città morta da tempo, ma in questi casi si teneva sempre a distanza, mai disposto a fare vedere il suo viso.Quellʹuomo era al tempo stesso gioia e dolore e quei sogni lo stesso.Doveva andare a parlare immediatamente con un Illuminato e purificarsi.«Hai intenzione di restare fissa come una statua ancora per molto?» La voce di Larin giunse come una secchiata dʹacqua fresca,lʹaveva completamente dimenticata.«Ho solo avuto un brutto sogno, mi preparo subito.»Fece per alzarsi ma lʹaltra donna la interruppe.«Cosʹhai lì? Alla mano.»Niende sconvolta osservò il dorso della mano destra - istintivamente aveva alzato la mano che era stata scottata nel sogno - esoffocò appena un singhiozzo spaventato.Si alzò di scatto dal letto e si avvicinò al bacile dʹacqua per lavarsi, dando così le spalle allʹaltra donna, che lʹosservava con interessee preoccupazione.«Non è nulla Larin, mi sono bruciata ieri sera con una candela, ero così stanca che sono andata a dormire senza metterle nientesopra. Rimedierò subito.»«Ah voi giovani! Non vi preoccupate abbastanza, sempre con la testa fra le nuvole. Se non avete il minimo rispetto per voi stessi,come potete pensare di averlo per gli altri...» La donna continuò a predicare come faceva tutte le mattine, lamentandosi dei giovani

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e la mancanza di disciplina, di quanto le cose andassero bene ai suoi tempi.Era diventata la sua compagna di cella da un anno ormai, quando la sua amica di sempre aveva pensato bene di unirsi ai Ribelliscappando nella notte come una furfante. Senza dubbio era stata aiutata, e sapere che qualcuno poteva penetrare le difese deiManti Bianchi così facilmente le procurava sempre un brivido lungo la schiena. Eleanor era stata una brava amica e le avevavoluto bene come a una sorella, fino a quando non era passata allʹOmbra. Non la odiava, non poteva, ma per lei era morta esepolta, chiunque rinnegasse la benedizione della Luce non meritava compassione e nemmeno di essere ricordato.Niende era persa nei suoi pensieri, mentre Larin continuava a parlare, preoccupata com ʹera di quello che le era appena successo.Mise un unguento sulla mano e vi avvolse attorno una benda, il tutto sotto l’attento cipiglio di Larin, si vestì in tutta fretta - non civoleva molto a mettere un abito sgualcito che somigliava più a un sacco - salutò la donna con un inchino e si avviò fuori verso ilTempio.Ishamera brulicava di gente già a quellʹora presto. Erano per lo più lavoratori come lei che si recavano allʹorazione mattutina.Molti di loro camminavano a testa bassa, non ancora convinti che la loro condizione fosse migliorata, e si trascinavano per lestrade assolate come anime immerse in una profonda pena.I lavoratori però non erano i soli a vagare per le strade: oltre alle guardie dei Manti Bianchi c’erano infatti anche gli Incanalatorischiavi che venivano usati per la Luce, sebbene questa non fosse una cosa approvata da tutti. Questi ultimi si riconoscevano pervia del tatuaggio che avevano su una guancia, il sole dei Manti Bianchi oscurato dallʹOmbra del Potere.Il Marchio dei Traditori, così veniva chiamato, era stata una mossa astuta da parte del Signore Capo degli Illuminati. Un secondotradimento da parte di questi Incanalatori era in questo modo di sicuro scongiurato, nessun Ribelle infatti lo avrebbe accolto tra leproprie fila.Questo accorgimento era stato reso indispensabile quando uno dei Traditori, durante uno scontro in un villaggio, era insortocontro i suoi ufficiali uccidendo almeno tre persone prima di essere abbattuto.Il Signore Capo, nella sua misericordia, aveva concesso agli Incanalatori la possibilità di camminare nella Luce, e non avevachiesto altro in cambio se non che lavorare per la Luce stessa scovando altri loro simili.A nulla era servito prendere sotto la propria ala i familiari di questi uomini e donne, evidentemente la loro salute non era unamotivazione abbastanza forte per questi Traditori, mentre il Marchio invece faceva il suo effetto. Tatuaggio o meno, i MantiBianchi, nella loro grandezza di cuore, continuavano a prendersi cura delle famiglie dei Traditori, che Niende guardava condisprezzo mentre passava davanti a loro entrando in chiesa.Quello che più odiava in quelle persone non era la capacità di incanalare - in fondo anche lei era stata contaminata - ma lamancanza di dignità, non aver avuto abbastanza forza per convertirsi totalmente alla Luce e rimanere invece con due piedi inuna staffa.Lʹunica cosa positiva è che almeno erano utili alla causa.Lasciandosi i Traditori alle spalle, entrò al Tempio pronta ad ascoltare con passione la prima omelia della giornata.

Mabien Asuka

Lʹidea di abbandonare la città in quel momento non era nemmeno da prendere in considerazione: le guardie ai cancelli avrebberosospettato di lei in una situazione normale, figurarsi se si fosse presentata conciata in quel modo, da sola e senza una scusavagamente plausibile per viaggiare di notte. Inoltre aveva assolutamente bisogno di curarsi: sentiva il sangue rapprendersi tra laferita e i vestiti, provocandole dolore ad ogni movimento.Ragionando velocemente si rese conto che nessun posto le avrebbe garantito completamente la salvezza, anche perchè non sapevacosa fosse accaduto a Krooche: lʹaveva sentito combattere prima di perdere i sensi, il che poteva significare che era stato arrestato eche lei era ricercata... ancora una volta.Le sue gambe si mossero quasi da sole verso la sola valida alternativa contemplabile: odiava quellʹimponente edifico squallido nelsuo stucchevole perfezionismo esteriore, ma arresasi allʹidea che la Signora Hari in quel momento fosse lʹunica persona che lepotesse offrire un rifugio e una via di fuga lʹindomani, ci rientrò. Erano passati circa quattro anni dallʹultima volta che avevapercorso quel corridoio dalle pareti sgargianti, pensava di essere molto più forte ora e invece provò ancora la stessa sensazione divergogna e paura della prima volta: quel luogo la faceva sentire piccola e indifesa ora come allora, ora si trattava di abiti imbrattatidi sangue e forse un ordine di arresto col timbro dei Figli della Luce, allora erano i capelli quasi rasati che la identificavano comeuna schiava incanalatrice nella città da cui era appena fuggita, Kerine. Alla porta della Signora Hari cʹerano due energumeni,come sempre«Potete riferire che Lamya», questo il nome con cui si faceva chiamare «desidera incontrare la Signora Hari?»Una delle due guardie scomparve dietro la porta, per uscirne di nuovo poco dopo, facendo segno a Mab di entrare. Hari erasempre la stessa, sicuramente da giovane era stata bellissima e forse anche ora sarebbe stata una donna piacente, se solo avesseammesso a sè stessa la propria età e avesse quindi evitato di nascondere disperatamente le rughe dietro una spessa maschera di

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poltiglie dai colori innaturali che la rendevano ridicola, quando non addirittura mostruosa. Lʹespressione sul suo volto era strana enon solo per il trucco pesante: non che Mab si aspettasse un comitato di benvenuto da parte sua, ma quello che attraversò il voltodella donna alla vista della ragazza fu una rassegnata tristezza. Ma poi sorrise, si levò dalla sedia e aggirò la scrivania per andarleincontro.«Lamya, speravo che non ti avrei più rivista qua dentro»«Era quello che speravo anchʹio, ma sei la sola che possa aiutarmi adesso» e scostando leggermente gli abiti, mostrò la macchia disangue che si era allargata nella sottoveste.Hari spalancò gli occhi e la prese dolcemente per un braccio scortandola nel retro «Cosʹè successo?»«Non farmi domande a cui non potrei rispondere. Ho bisogno di cure, abiti puliti e un modo per lasciare la città al più presto»Sul volto della donna anziana apparve di nuovo quella fugace espressione triste mentre annuiva e apriva la porta da cui siaccedeva alle sale da bagno: era una zona surreale per un posto come quello, coi suoi rivestimenti in marmo e le decorazioni inporfido bianco, ma era una tappa irrinunciabile per i più bigotti clienti delle ragazze di Hari che qui si purificavano il corpo dopoaver usufruito del servizio che da decine di anni quella casa offriva, con ufficioso beneplacito della Confederazione. Dopo avercontrollato che non fosse già impiegato da qualcuno, la donna entrò portando Mab con sé e facendola poi distendere su una sortadi triclinio ricoperto da piccole tessere di ceramica debolmente colorata di celeste.«Spogliati» le disse mentre riempiva dʹacqua un paio di secchi.Il sangue, che si era seccato attorno al taglio, si scrostò man mano che Mab vi staccava gli abiti che ci si erano appiccicati sopra: perquanto lo facesse lentamente, il dolore era atroce. Quando Hari tornò con acqua, teli, ago, filo e una tintura disinfettante, laragazza ancora non era riuscita a togliersi tutto: facendole fare un grido che rimbombò nel silenzio della sala, la donna le strappòletteralmente di dosso ogni indumento che si trovava ancora sulla ferita. La pulì e le tamponò il taglio con un telo bagnato perarginare lʹemorragia, poi vi passò la tintura prima di ricamarle qualche punto di sutura in diagonale sinistra sopra lʹombelico.«Sei stata fortunata: hai fatto arrabbiare qualcuno piuttosto scarso ad usare le lame.»Mab, la mascella ancora indolenzita per lo sforzo di sopportare il dolore senza gridare, sollevò appena la testa per guardare Haristupita«Davvero, è solo un graffio» proseguì la donna non più giovane «sanguina tanto, ma non è niente. Peccato che rimarrà un bruttosegno su questo bel corpicino, eri una delle mie ragazze migliori» sorrise brevemente e continuò «Rimani qui, vado a prendereuna cosa» e si incamminò verso la porta da cui erano entrate poco prima.Mab si sfiorò la ferita con le dita. Solo un graffio. Krooche non era affatto inesperto con le lame: non lʹaveva voluta uccidere diproposito, perchè? Aveva ucciso altre donne che avevano ricoperto il suo ruolo prima di lei, non appena gli erano diventatescomode, lo sapeva, come sapeva che sarebbe potuto toccare a lei in qualsiasi momento. A stupirla era quindi il fatto di essere viva,anzi... di essere stata salvata. Sospirò ricacciando dubbi a cui si era sempre rifiutata di dar fondo, senza accorgersi che intanto Hariera tornata, scortata dalle due guardie che aveva incontrato allʹingresso. Quando uno dei due la sollevò in braccio, pensò che colpassare degli anni la sua vecchia datrice di lavoro si fosse addolcita al punto da riservarle questa premura per accompagnarla aletto, ma quando la donna disse «Lamya, mi dispiace», Mab capì che non era affatto una cortesia. Resistendo al dolore, cercòinutilmente di divincolarsi dalle braccia dellʹuomo.«Non rendermi le cose più difficili di quanto già non lo siano».Mentre una delle guardie la teneva ferma, lʹaltro la legò al letto, poi fecero spazio per lasciare che Hari si potesse avvicinare. Ladonna aprì una busta il cui sigillo col Sole dei Manti Bianchi era già stato spezzato, ne estrasse un foglio e glielo mostrò«Lo conosci?»Non era firmata, ma riportava su cera rossa lo stemma personale di Graham, tre spighe di grano intrecciate e circondate da unserpente. Spesso era venuto qui a prendere Mab per portarla dal suo capitano, avrebbe dovuto pensarci che questo sarebbe stato ilprimo posto in cui lui lʹavrebbe cercata.Hari ritrasse il messaggio e lo guardò tristemente «Me lʹhanno portata non più di due ore fa e solo la Luce sa quanto ho pregatoche non saresti venuta davvero.»«Hari ti prego, non puoi farmi questo» il panico stava prendendo il sopravvento mentre realizzava che lʹultima speranza stavasvanendo. Fissava lʹaltra donna con occhi sgranati, senza trovare parole che non fossero miserabili quanto inutili suppliche.«Tesoro, mi fa male» disse lʹanziana poggiando una mano sul volto di Mab «ma se i Figli della Luce ti stanno cercando qui, sannoche è qui ti troveranno e sai meglio di me che se è quello che si aspettano, non accetteranno scuse. Non voglio sapere in che cosa tisei cacciata, tanto so che non te ne potrei tirare fuori, ma se ti può essere dʹaiuto, leggila» e le diede la lettera.

A nome e per conto della Confederazione dei Figli della Luce, comunico quanto segue:ho ragionevolmente motivo di pensare che Lamya Jabar verrà a cercare il suo aiuto nelle prossime ore. La Confederazione dei Figlidella Luce le ordina di trattenerla anche con la forza in luogo sicuro e privato fino a diverso comando, senza farne parola connessuno. Accetterà altri ordini in merito al soggetto solo ed esclusivamente dal mittente di questa lettera, che riconoscerà dallʹanellocon cui porrà suo personale sigillo in calce. Nessunʹaltro dovrà in alcun modo essere messo al corrente di quanto qui riportato.La Confederazione dei Figli della Luce è certa della sua devota obbedienza.

Il panico aveva preso il sopravvento su Mab, che ora giaceva paralizzata sul letto tra stanchi singhiozzi di pianto. Non potevanemmeno prendersela con Hari: la costernazione del suo sguardo era sincera, in nessun modo si sarebbe potuta opporre al voleredei Figli della Luce, lei più di ogni altro comune suddito cittadino, lei che gestiva unʹattività retta dal capriccioso compromesso travizi irrinunciabili di molti e lʹimmacolata reputazione di tutta la Confederazione.

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Siadon

Aveva freddo. Per quanto la sua mente fosse addestrata ad ignorarlo, sapeva bene che il corpo umano non poteva resistere permolto a quelle temperature. Doveva rientrare ma non riusciva a distogliere lo sguardo da ciò che lo circondava. Adorava ilmonastero di De’domorashi e non lo considerava semplicemente casa sua. Sentiva che quelle mura, aggrappate alla rocciosa cimadel monte Kiend, erano parte del suo essere. Quelle spesse mura alle quali era appoggiato gli raccontavano di altre vite simili allasua, appartenute a fratelli e sorelle scomparsi da prima che lui nascesse ma che era certo di conoscere intimamente. Divagavasempre tra mille pensieri simili quando si affacciava su quel balcone. Poteva vedere buona parte di Hirlomap, il paese costruitooltre duemila metri più in basso ai piedi di quella montagna. Scendere con lo sguardo fino all’altopiano di Kiendger e nei giornipiù limpidi raggiungere le coste del grande mare interno. Oppure perdersi nel labirinto di picchi, valichi, pascoli e valli circostantifino a diventarne parte, dimenticando tutto il resto. Quella notte lo spettacolo era ancora più intenso. Hirlomap era coperto danubi temporalesche, illuminate da una luna piena e candida al centro di una limpida volta stellata. Periodicamente un bagliore siscatenava tra le nuvole sottostanti, seguito dopo un lungo periodo dal lontano boato. Alcune volte i lampi rimanevano in qualchemodo intrappolati, correndo impazziti senza riuscire a toccare terra, altre poteva scorgere come delle piccole fontane di luce saliredalle nubi.Osservò le proprie mani chiuse attorno ad una coppa di porcellana finissima, comprata anni prima nel porto di Dodieb. Si reseconto di non percepire da tempo il calore del liquido contenuto. Vedendo il sottile strato di ghiaccio formatosi sulla superficiedell’infuso, decise che doveva davvero rientrare. Non prima di un’ultima lunga occhiata a ciò che lo circondava comunque, allepareti che scendevano a picco fino a scomparire tra le nubi, ai lampi, alla luna ed alle stelle. In quel luogo il confine tra vita emorte era sottilissimo, in realtà quasi inesistente. I pellegrini che raggiungevano De’domorashi, sempre meno con il passare deglianni, attribuivano il senso di pace alla profonda spiritualità dei residenti ma la realtà era ben diversa. Lui ed i suoi cari erano statimaledetti dalla nascita, corrotti dal Potere fin dal loro primo istante di vita, senza possibilità di redenzione. Dimenticati dalla Lucesi erano rifiutati di abbracciare le tenebre che portavano nell’anima. Consci di non potersene separare avevano deciso di usarlecontro l’Ombra stessa, diventando demoni cacciatori di demoni, dannati assassini di dannati. Quello che i pellegrini percepivanocome pace e spiritualità era, in fin dei conti, la morte stessa.

Posò la coppa vicino al caminetto acceso, sentendo il calore filtrare attraverso la pesante tunica grigia che indossava. Ogni rientro almonastero doveva seguire una rigida procedura, sospesa tra tradizione e necessità. Sarebbe rimasto in isolamento nelle sue stanze,indossando solo quelle tuniche, fino a che gli interrogatori non sarebbero finiti. Ne aveva sostenuti già alcuni dal suo arrivo, ognivolta diversi suoi cari l’avevano scortato in una stanza, ponendo domande sull’ultima missione e indugiando sui dettagli delle sueazioni e dei suoi sentimenti. Ovviamente aveva risposto in modo sincero senza nascondere nulla, in caso contrario probabilmentesarebbe già stato ucciso. Riteneva il meccanismo affascinante, lui stesso aveva posto quelle domande ad altri suoi simili appenatornati. Non serviva solo a smascherare i traditori, certo quello era uno scopo importante ma aiutava anche i fratelli e le sorelle acondividere le proprie colpe e le proprie paure. Ogni interrogatorio alleggeriva la coscienza dell’interrogato, lo faceva sentire trasimili in grado di capire le sue azioni ed i suoi pensieri. Missione dopo missione, rientro dopo rientro, i legami tra i membridiventava sempre più forte mentre quelli con il mondo esterno sempre più deboli fino a sparire, completamente tagliati dallacertezza di non poter più essere capiti o anche solo accettati dal resto della popolazione.Bussarono di nuovo alla sua porta e poco dopo entrò Gurlav, un anziano che gli aveva insegnato molte cose sulle erbe e sui veleniche si potevano ricavare da esse.«Bentornato Fratello», non era mai stato un uomo loquace e quelle parole erano quanto bastava per porre fine agli interrogatori,ora era davvero a casa.

«Non ti arrendi facilmente» commentò Gurlav vedendo la coppa vicino al fuoco, scaldandosi le mani mentre Siadon si cambiavad’abito. «Quanti sono, dieci anni ormai? E quali risultati?»I veleni rappresentavano uno dei pochi argomenti in grado di farlo parlare con tanto interesse, «Dodici, ora posso reggere quasiuna coppa. Perdo i sensi con circa il quadruplo della dose normale» rispose aggiustandosi i pantaloni.«E’ già più di quanto ritenessi possibile, quando rimarrai per qualche giorno potremmo vedere quante ferite sopporti» proseguìl’anziano sinceramente interessato, con gli occhi solitamente freddi come un ghiacciaio ora accesi dalla curiosità.«Molto volentieri Fratello» replicò sorridendo «Ma.. quando rimarrò per qualche giorno? Cosa significa, sono appena tornato.»Gurlav rimase pensieroso ancora qualche istante, poi il suo sguardo tornò gelido«Mi spiace, purtroppo il lavoro da fare è sempre maggiore. Tu e Thea partirete domani notte, i sogni dicono che dovrete incontrareun nostro conoscente a Sud di Dodieb, sembra che avrete poco più del tempo necessario per arrivarci».

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Merian Elen Syana

Quando lʹorazione finì, Niende andò a cercare il vescovo per espiare le proprie colpe, quei sogni erano un contatto con lʹOmbra e lafacevano sentire sporca, ma non trovò nessuno e dovette così uscire dalla chiesa senza la purificazione, cosa che la faceva stareassai male. I suoi compiti non le permettevano di attendere oltre, per cui si sarebbe dovuta accontentare di vedere il vescovoallʹorazione pomeridiana.Mentre camminava spedita verso uno dei campi di lavoro della città, Niende cercava di riflettere su quanto era accaduto.Come poteva un sogno lasciare un segno reale? Come poteva lei essere finita in un tale sogno?Il suo legame con il Potere era stato reciso molto tempo fa, perché allʹimprovviso tornava a presentarsi?Le vennero in mente le parole dellʹuomo, spogliati di quello che sei e indossa la tua vera natura.La mia vera natura è questa, nientʹaltro, sono cambiata, che la Luce mi aiuti!Difficilmente Niende si abbandonava agli scatti dʹira ma quando pensava alla sua vita precedente non era semplice mantenere ilcontrollo.Aveva sempre fatto dei sogni strani, sin da bambina, e questi erano stati uno dei motivi per cui i suoi genitori avevano deciso difarla purificare.Era capace di vedere cose che ancora dovevano accadere e quando ne parlava la gente si spaventava, soprattutto se erano visionispiacevoli. Le persone accettavano solo ciò che più gli piaceva, dimenticandosi a volte con cosa avevano a che fare, ma quandodicevi loro che qualcosa sarebbe andato storto, che una persona si sarebbe ammalata, o peggio sarebbe morta, le stesse personecominciavano a vederti per ciò che eri in realtà: una seguace dellʹOmbra. Come se non bastasse, quando aveva circa tredici anniaveva cominciato anche a fare accadere cose al di fuori del suo controllo. Lʹaveva tenuto a bada per un poʹ, ma una volta, mentrericamava con le altre ragazze, aveva perso la pazienza e lʹago le era schizzato via andando a conficcarsi nella mano di una di esse.Questa era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Era stata portata a Ishamera e da allora non aveva visto più nessunodel suo villaggio.Erano trascorsi dieci anni ormai.Poco prima di arrivare al campo, Niende venne raggiunta da unʹaltra donna, anchʹessa vestita di grigio come lei, di qualche annopiù grande ma da molto meno tempo in città.Niende era la ragazza più giovane ad aver trascorso più tempo in quello stedding ed era voluta bene da tutti per via del suocarattere dolce e pacato. Era sempre pronta al sorriso e ad aiutare gli altri, soprattutto i nuovi arrivati, nel difficile percorso verso laLuce eterna. Rispettava le regole rigidamente ed era sempre pronta ad accettare la giusta punizione qualora venisse meno ai suoidoveri.Tuttavia non era amata solo per il suo carattere.I capelli colore dellʹoro, che le scivolavano dritti dietro le spalle fino alla vita, incorniciavano un viso perfetto dalla pelle ambrata incui vi erano incastonati come gemme preziose due grandi occhi verdi.Gli anni di lavoro non le avevano donato una postura perfetta ma nulla poteva sminuire la sua bellezza, nemmeno il vestito dilana grezza rovinato in più punti.Gli uomini si voltavano spesso a guardarla, persino i Manti Bianchi, e questo la metteva a disagio, ma non poteva fare molto percoprire il suo corpo, non poteva permettersi un abito più adeguato.Le venne quasi da sorridere al pensiero del vestito che aveva indossato nel sogno per quellʹuomo e arrossì, ma si ammonìmentalmente da sola pensando alla gravità della cosa.«Cosa ti è successo alla mano?» chiese la donna al suo fianco.«Nulla di grave, solo una piccola bruciatura dovuta alla mia disattenzione,» le rispose Niende con un sorriso.Lʹaltra donna allora si illuminò e parlò con entusiasmo.«Eʹ venuto un uomo in città oggi, sapessi quanto era bello Niende! Peccato fosse in compagnia di una donna, credo sua moglie.»Lʹultima frase la disse facendo una smorfia che fece sorridere Niende.Quella donna era sempre in cerca di uomini, sapeva che avrebbe dovuto aiutarla a frenare i suoi istinti comunicandolo ai vescovi,ma era così divertente che non riusciva mai a farlo. Arlene era la sua amica più fidata, dopo che Eleanor era fuggita, come leiconsegnata dai genitori ai Manti Bianchi molto tempo addietro. Nessuno conosceva il suo vero nome, come del resto nessunoconosceva il vero nome di Niende.Ogni nuovo adepto, al momento della conversione spirituale riceveva un nuovo nome e dimenticava chi o cosa fosse stato inprecedenza. Lei aveva ricevuto il nome Niende, che nella Lingua Antica significava “perduta”, perché era così che si sentivaappena arrivata, spaesata e lontana da tutti.Come erano cambiate le cose da allora…Arlene stava continuando a parlare ma aveva cambiato tono.«Si sono fermati alla locanda di Mastro Sien e hanno detto che volevano parlare con te.»La ragazza si voltò di scatto verso Arlene e il sorrise scomparve.«Con me? Perché mai vorrebbero farlo, io non conosco nessuno e nessuno conosce me, sei proprio sicura di quel che dici?»

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Arlene corrugò la fronte, attonita, come se non capisse di cosa stesse parlando lʹamica, ma sorrise e abbassò la voce che divenneallʹimprovviso dolce e materna.«Sembra che tu abbia ancora qualche parente in vita, cara. Sono venuti a trovarti e, stando a quanto detto da loro, a perdonarti.»Niende era ancora più confusa di prima, non era davvero possibile che qualcuno del suo sangue volesse ancora avere rapporti conlei, ma non poté fare a meno di sorridere tra sé allʹidea che potesse sbagliarsi.Il perdono era una cosa agognata da tutti, significava che tutto quello per cui avevi lavorato aveva dato i suoi frutti.La locanda in questione si trovava in una delle piazze secondarie e dalla parte opposta ai campi, ma se i suoi calcoli erano giustisarebbe riuscita a fare in tempo a incontrare la misteriosa coppia prima di cominciare il turno di lavoro. Aumentò quindi il passoseguita da Arlene, che non riusciva a contenere lʹeccitazione, quasi fossero stati suoi, i parenti ad attenderla.Arrivate alla piazza, il grande orologio solare che si trovava al centro indicava che aveva ancora tempo a disposizione, e cosìNiende si affrettò verso la locanda di Mastro Sien: unʹampia costruzione in pietra a due piani circondata da un piccolo giardinofiorito.Una volta allʹinterno a Niende si bloccò il respiro.In fondo alla sala comune, già immersa nel fracasso della gente, due persone spiccavano visivamente.La donna era alta, aveva i capelli scuri e un viso molto severo, poteva avere dieci anni più di lei.Lʹuomo invece...Era stato lʹuomo che le aveva fatto bloccare il respiro. Per un momento le era parso di vedere lo sconosciuto dei suoi sogni, ma nonera lui, e non sapeva se questo le dispiacesse o la facesse sentire sollevata.Arlene la condusse spedita verso il tavolo isolato occupato dalla coppia, non era cosa insolita che i parenti venissero a trovare iconvertiti, per cui nessuno concesse alle due donne più di uno sguardo. La donna fece un inchino e lasciò Niende alla loropresenza, andandola ad aspettare vicino allʹingresso.Lʹuomo la fissava con quegli occhi scuri come la pece, soppesandola e facendola sentire a disagio come non mai. Una cicatrice gliattraversava la guancia destra ma in qualche modo riusciva solo a conferirgli più fascino. Aveva i capelli più neri che avesse maivisto e li portava legati indietro da un nastro. Da qualche ciocca che gli ricadeva su una spalla si poteva intuire che erano moltolunghi... e ben curati, pensò Niende distrattamente.Quando Arlene si fu allontanata, la donna severa la invitò a sedersi e guardò lʹuomo accanto a sé con aria indispettita.Non potevano essere più diversi da lei, era evidente che non erano suoi familiari.Ma se non erano parenti allora cosa volevano da lei?Stranamente però non aveva paura.Lʹuomo non fece nemmeno caso allo sguardo dellʹaltra donna e, senza staccare gli occhi da Niende, parlò, con una voce suadente eprofonda che avrebbe fatto sciogliere persino le nevi invernali nelle montagne a nord:«Tu non sai chi siamo, ma noi conosciamo te… Merian Elen Syana.Ci manda colui che cammina nei sogni.»

Mabien Asuka

Una mano che le si posava sulla spalla la fece svegliare di soprassalto: alla fine la stanchezza aveva prevalso sullʹangoscia e Mab siera addormentata rassegnata a ciò che le stava accadendo. Tra unʹasse di legno e lʹaltra degli scuri ancora chiusi filtravano lievispiragli del biancore del giorno, nella stanza lʹunica vera fonte di luce, per quanto debole, proveniva dal fuoco del camino. Hari eraseduta sul bordo del letto accanto a lei:«Eʹ arrivato» disse girandosi poi ad osservare lʹuomo che stava avanzando da dietro.Mab allungò il collo per vedere Graham. Era giovane e di bellʹaspetto, non molto alto, ma con un fisico magro e asciutto, il visoaveva lineamenti armoniosi, gli occhi erano scuri: non si poteva certo dire che fosse brutto, ma forse era il suo carattere e il suomodo di fare, che lo rendevano un uomo del tutto insignificante.Mab si sollevò di scatto per quanto i legacci e il dolore dei punti di sutura le permisero, il cuore in gola e già le lacrime chepremevano per uscire, ma a lui non voleva dare quella soddisfazione. Lʹespressione di Graham era di disprezzo, come la maggiorparte delle volte che aveva avuto a che fare con lei: lui credeva ciecamente nei principi fondatori della Confederazione, lui davveroaborriva lʹOmbra con tutto sé stesso, aveva un rigoroso senso della moralità, così come la intendevano i Figli e indossava conorgoglio la bianca divisa, felice di adempiere al proprio dovere fino in fondo. Per Mab era sempre stato un mistero irrisolvibile ciòche, nonostante questo, lo portasse ad essere il sottufficiale proprio di un uomo come Krooche, eppure lo seguiva come unʹombra egli obbediva senza remore anche quando significava fare lʹesatto opposto di quanto i Figli predicassero. Disprezzava Mab fin dalloro primo incontro: non tollerava la sola esistenza di donne che vendevano il proprio corpo, il disprezzo era mutato in odioquando lei era diventata, volente o nolente, la concubina del suo capitano, nonché la donna che svolgeva per lui mansioni pernulla in linea con i principi della Confederazione, poi lʹodio si era spinto anche oltre quando lui aveva capito che lei poteva

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incanalare. Se non lʹaveva uccisa era solo per quellʹassurdo legame di incomprensibile sudditanza nei confronti di Krooche e a leitanto bastava, ora però lui sembrava agire da solo e ne ebbe paura per la prima volta.«Signora Hari, le dispiace?» disse lui indicando lʹuscita.La donna strinse per un attimo un braccio di Mab, come ad imprimerle coraggio, poi si alzò per uscire come le era stato chiesto,ma prima che avesse varcato la porta, lui, senza distogliere lo sguardo dalla ragazza, aggiunse«Mi faccia avere abiti da uomo che lei possa indossare. Deve sembrare un contadino o qualcosa del genere», poi attese che Hari,che nel sentire quelle parole aveva indugiato un attimo prima di aprire la porta, uscisse.«Non so perchè ti abbia lasciata vivere ancora una volta, ma a questo punto sono costretto ad aiutarti a scappare.» il tono erainequivocabilmente stizzito. «Dovʹè? Cosʹè successo?” chiese lei«Lʹhanno arrestato: lo stanno ancora interrogando dalla notte scorsa e non sembrano convincersi molto del fatto che non stesseproteggendo unʹIncanalatrice, maledizione! Ho portato il cadavere di Ellis, spacciandolo per il tuo, a prova della sua buona fede,ma non so se basterà. Eʹ assolutamente necessario che tu vada il più possibile lantana da qui.»Ellis. Anche lei era al servizio di Krooche, era stata la sua unica Incanalatrice che lei sapesse, nonché il suo braccio destro, finchèMab aveva rivelato il proprio talento, usurpando il ruolo allʹaltra donna, che per questo non lʹaveva mai perdonata, come sediventare la schiava preferita di un dannato assassino pervertito fosse una fortuna. In ogni caso da quel giorno Ellis, nonostante ilsuo potere, era diventata una dei tanti che tenevano in piedi la folta rete di traffici clandestini per conto di Krooche e non avevapiù avuto molto a che fare lei, ma gli sguardi che le lanciava ad ogni loro incontro erano palesi messaggi dʹodio. Lʹidea che fossemorta per permetterle di salvarsi, aveva un che di ironicamente macabro, in ogni caso le dava un vantaggio e non si sarebbe certofatta venire i sensi di colpa per una come Ellis.«Se lo dovessero incriminare di alto tradimento e condannarlo a morte, ti troverò ovunque tu sia e avrai quel che ti meriti.Sempre che non venga accusato anchʹio: già ho dovuto seminare un paio di spie per arrivare. Mi tocca dire che è una fortuna chetu sia venuta qui: è un posto al di fuori da ogni sospetto. O hai avuto altri clienti?»«Non da quando Krooche mi ha portata con sé»Graham tirò su col naso, poi estrasse una busta col sigillo dei Figli.«Appena inizia a far buio, andrai alla magione del colonnello Qinte e a chiunque ti farà domande una volta arrivata, mostreraiquesta. Nelle stalle troverai un carico, là qualcuno ti spiegherà tutto. Sanno che sei Torr Vedes e che sei stato pagato per trasportarefuori città merce da parte del colonnello, il messaggio in questa busta lo dimostra e ti permetterà di passare il cancello est senza chefacciano ulteriori controlli su di te. Allo stesso modo ti darà libero accesso ad altre città, ma non abusarne. Chiaro?»Mab annuì, ma stava tremando.«Puoi tenerti cavallo e carro. Domande?» chiese lui. Lei scosse la testa. Sentiva pian piano i nervi che cedevano: stava per tornarein libertà... iniziava a non ricordare più il significato di quella parola. Inoltre erano passati più di tre mesi dallʹultima volta che erauscita dalla città per una missione e lʹidea di poter riabbracciare Saidar le sconvolgeva i sensi. Ancora le lacrime spinsero per uscire,di gioia questa volta, ma le trattenne. Inspirò profondamente, chiuse gli occhi e cercò di calmarsi, in fondo non era ancora finita enon era il caso di essere tanto ottimisti. Ma dopo lʹangoscia della sera prima, non poteva non sentirsi euforica.Graham si affacciò alla porta, disse qualcosa a qualcuno li fuori e poi rientrò, mettendosi ad attizzare il fuoco girandole le spalle,finchè bussarono. Aprì velocemente la porta con la mano sinistra, tenendo la destra appoggiata sullʹelsa della spada, ma appenavide che era Hari, la usò per prenderle il sacco che stava portando. La donna entrò, si richiuse dietro la porta e si giustificò «Non èstato facile trovare abiti per lei in così poco tempo», intanto lʹuomo aveva già rovesciato il contenuto a terra e lo stavaispezionando. Mentre Hari slacciava i legacci che ancora tenevano Mab imprigionata al letto, lui sollevò un paio di pantaloni diviscosa marrone molto scuro, una sorta di camicia di lana sottile che forse da pulita sarebbe stata bianca, coi bottoni chearrivavano solo al petto e una giubba di lana pesante color nocciola e glieli lanciò. La ragazza si mise in piedi e andò per togliersi lacamicia di lana che le era stata infilata a forza la notte prima, aspettandosi che Graham si sarebbe girato dallʹaltra parte, ma nonfu così: lʹuomo rimase fermo a fissarla con le mani incrociate sul petto. Non cʹera nulla di malizioso, lo faceva solo edesclusivamente per umiliarla e farle sentire il suo potere addosso: più volte lʹaveva vista totalmente nuda e anche in situazioni cheandavano ben oltre lʹimbarazzante, Krooche provava un gusto perverso nel metterla in mostra ai suoi subalterni, e più lasituazione era umiliante per lei, maggiore era il divertimento. Che morisse quel dannato bastardo!Le mancò per un attimo il respiro e sentì un peso insopportabile allo stomaco, lo attribuì alla rabbia di quei ricordi e se ne scrollò,quindi si spogliò di fronte a Graham fingendo che il suo sguardo non la turbasse minimamente, infine indossò gli abiti che lui leaveva scelto: ci stava dentro goffa come un bambino negli abiti del padre, ma nel sacco non cʹera niente di meglio e infondo, comelui osservò«Nascondono abbastanza bene il fatto che sei una donna. Evita di metterti in mostra: se non ti si guarda troppo, puoi passare perun ragazzino.»«Mi porti un paio di forbici» disse poi a Hari.«No, ti prego, non tagliarmi i capelli!» Mab si gettò verso Graham implorante, poggiandogli le mani sulle braccia ancoraincrociate. Già una volta le avevano rasato i capelli, quando era stata portata a Kerine: aveva solo diciotto anni allora e nonavrebbe mai scordato i suoi urli mischiati alle risa e agli insulti di quei Manti Bianchi suoi coetanei che le ponevano il marchio chelʹavrebbe indicata a tutti come una schiava colpevole di essere unʹIncanalatrice. Poterli far ricrescere, dopo essere riuscita ascappare, fu per lei come una rivalsa e da allora provava verso i suoi lunghi capelli neri un amore quasi morboso.Lʹuomo fece un passo indietro e ritrasse le braccia in uno scatto brusco e schifato per il contatto con lei, quindi ordinò con maggiorforza che gli fossero portate le forbici. Hari uscì e rientrò in pochi minuti, si avvicinò a Mab, le accarezzò una guancia, poi le passòdietro: senza dire una parola, raccolse i capelli allʹaltezza del collo e tagliò, mentre Graham osservava, il volto che non esprimevaaltro che odio.Mab fece un passo verso destra e si vide riflessa in uno specchio: ora davvero sembrava uno stupido ragazzino, con indosso gliabiti sporchi e sgualciti ereditati chissà da chi. Si toccò i capelli che le rimanevano e si consolò pensando che almeno non

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lʹavrebbero riconosciuta così, ma non riuscì ad evitare di rivolgere uno sguardo gelido allʹuomo.Poco dopo nella stanza rimase di nuovo sola con lui, che le ricapitolò il piano e concluse «Se ti farai catturare, ti riterrò responsabilee quello che ti faranno non è niente in confronto a ciò che ti attenderà quando avrò occasione di incontrarti io. Devi sparire daquesta città. Non voglio più sentire o leggere il tuo nome se non inciso su una lapide.» La scrutò per qualche instante dritto negliocchi e poi si girò di scatto, quasi frustandola col suo mantello. Prima che uscisse, Mab lo afferrò per un polso«Non accadrà nulla ad Hari, vero?»Graham strappò via il suo braccio dalla presa e sentenziò secco«Non ti riguarda»«Mi riguarda eccome. Non farai a lei quello che non hai potuto fare a me» Mab si aspettava una cosa del genere da quel viscido,anche se non aveva motivo di farlo, dal momento che Hari proprio non era nella posizione di ricattarlo.«Quella donna ti ha venduta senza nemmeno sapere cosa ti avrei fatto, cosa ti importa di cosa le accadrà?»«Quella donna ha fatto lʹunica cosa che poteva fare. Nemmeno voi sapete più cosʹè giusto e cosʹè sbagliato. I cittadini non possonofar altro che obbedire ad ogni capriccio e questo è quel che lei ha fatto.»Graham sembrò quasi ringhiare e alzò una mano verso Mab, pronto ad usarla per colpirla«Non ti permettere di contestare lʹautorità dei Figli, sgualdrina!”La ragazza era già pronta a ricevere il dorso di quella mano in pieno volto, ma non accadde: il Manto Bianco sembravainsolitamente confuso, abbassò gli occhi allʹimprovviso e poi uscì senza dire più niente.Mab rimase attonita, in piedi ad osservare la porta che si era chiusa dietro di lui: non poteva far del male alla signora Hari,avrebbe solo attirato lʹattenzione e non era certo ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Per quanto fosse cieco e ottuso di frontea tante cose, non era stupido e non avrebbe commesso errori che potevano compromettere il suo capitano.Ancora poche ore e sarebbe stata fuori città.

Morgan Neglentine

Un veloce affondo e anche l’ultimo trolloc cadde, ma Morgan non calò la guardia, era infatti circondato da un branco di grossi lupidi montagna che lo guardavano con gli occhi gialli e le fauci grondanti del sangue nero dei mostri.Quel giorno era uscito di prima mattina per pattugliare i boschi e si era imbattuto nelle tracce di tre trolloc, quegli esseridifficilmente raggiungevano le montagne, ma capitava che a volte riuscissero a passare le difese più esterne e arrivassero alleforeste tra Tsorovarin e Calavron. Trovate le tracce sarebbe dovuto tornare all’avamposto e avvisare i superiori, ma,come glicapitava ormai da giorni, aveva avvertito una strana voglia di dare la caccia senza quartiere a quegli esseri immondi, voglia che gliera trasmessa da una sorta di presenza che avvertiva ai margini della propria mente,anche quando raggiungeva il vuoto peresercitarsi con le armi o con saidin.Al tramonto giunse in vista del campo delle bestie immonde ʺquei maledetti si fanno audaciʺ pensò ʺnon hanno paura nemmenodi accendere il fuoco dentro le nostre terre!ʺ. Avvicinandosi furtivamente poté contare il numero di trolloc e, maledicendosi,constatò che nell’accampamento ce n’erano ben venti, troppi per lui da solo, non essendo ancora stato iniziato aveva il divietoassoluto di usare il potere quando si trovava da solo, stava per andarsene quando sentì la presenza nella propria mente farsiinsistente e trasmettergli una sensazione di rabbia, che si acuì notando che sul fuoco arrostiva la carcassa di un lupo; travolto dallarabbia forte sguainò lo spadone che portava legato alla schiena e si avventò sulle bestie, mentre uccideva i primi due trolloc, colti disorpresa e quindi non pronti, si accorse che delle sagome scure stavano uscendo dal bosco per avventarsi sulle creature, siiniziavano a sentire le prime grida d’allarme che già cinque trolloc erano stesi al suolo agonizzanti; distratto da quella visione siavvide all’ultimo di uno dei maledetti, con becco da rapace e corna di caprone, che si avventava contro di lui con una lamaseghettata stretta fra le mani, schivò all’ultimo momento e, con l’abitudine derivata dalla pratica, la sua mente cercò il vuoto,subito incalzò la bestia, mentre già un’altra sopraggiungeva in aiuto del compagno, con movimenti aggraziati degni di un mastrospadaccino calò lo spadone tranciando di netto la testa del primo essere, quindi portando un veloce affondo trafisse anche l’altro,che stramazzò al suolo morente, avuto un attimo di respiro si guardò attorno accorgendosi che quello da lui trafitto era l’ultimo,gli altri erano tutti morti, uccisi dal branco di lupi di montagna, che ora lo stavano circondando. Improvvisamente il più grossodegli animali,probabilmente il capobranco, si avvicinò e giunto a pochi passi da lui lo fissò dritto negli occhi,la pressione che dagiorni avvertiva ai margini della mente si fece sempre più forte fino a pervaderlo interamente. Strabuzzando gli occhi perl’incredulità capì finalmente di cosa si trattasse, “grazie per l’aiuto nella caccia fratello-sentì nella propria mente- è da una luna cheseguiamo questi deformi, per vendicare l’uccisione dei nostri fratelli, e da qualche giorno abbiamo avvertito la presenza di un duegambe in grado di correre coi lupi, è da parecchio che non incontriamo uno di voi e siamo lieti di fare la tua conoscenza,PiccoloOrso, io sono Nebbia d’argento e questo è il mio branco”Poco a poco anche gli altri lupi si presentarono; non erano parole quelle che gli giungevano, ma un misto di immagini e odori chela sua mente riusciva però a decifrare; aveva sentito parlare di questa capacità ma mai avrebbe pensato di possederla, ancora

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stordito rispose nella propria mente “ho incontrato le tracce di alcuni di questi esseri più a valle, troppo vicini all’insediamento delmio branco (disse per farsi capire dai lupi); allora la rabbia che mi ha spinto a seguirli e attaccarli mi veniva da voi, non l’avrei maiimmaginato, fratelli. Ora devo tornare tra i miei ma se il vostro branco vive qui è probabile che ci vedremo di nuovo”.Finito didire questo i lupi si accomiatarono dirigendosi nuovamente verso il folto della foresta “a presto Piccolo Orso” gli giunse nellamente il saluto del capo branco.“Erano secoli che non comparivano umani in grado di comunicare coi lupi- spero che i miei insegnanti mi possano aiutare”pensava mentre le lunghe gambe lo portavano verso l’avamposto.

Siadon

Adorava l’attesa, la classica quiete che precede la tempesta. Mentre ripassava mentalmente ogni aspetto del piano osservò Theacontrollare i propri pugnali. Anche questa volta si stupì di quanto quella donna riuscisse ad apparire letale ed attraente allo stessotempo. Non erano una coppia, due come loro non avrebbero mai potuto esserlo, eppure non riusciva a considerarla una sempliceSorella. Come in risposta ai suoi pensieri Thea ricambiò lo sguardo. Ovviamente sapeva che la stava osservando da un pezzo, eramolto capace e sicuramente anche lei era circondata da tessiture di protezione e percezione invertite. Con un sorriso malizioso glifece capire che non avevano più tempo per giocare, le loro prede stavano arrivando.Senza emettere alcun rumore, lentamente incoccò una delle frecce e si appostò. Vide Thea muoversi tra le rocce sottostanti fino araggiungere il tronco cavo di un grosso faggio al lato del sentiero. Era certo che spostando lo sguardo non sarebbe più stato ingrado di vederla, quindi attese ancora pochi attimi prima di concentrarsi sui suoi obiettivi.Dopo pochi minuti sbucarono dalla foresta, erano in cinque, uno più del previsto ma potevano ancora farcela. Cavalcavano senzafretta ed i due apripista davano l’idea di soldati molto competenti, forse troppo per essere dei semplici soldati. Erano seguiti da duedame impegnate a parlare tra loro mentre l’ultimo, un giovane su un mulo, era la perfetta immagine di un servo rassegnato adeseguire ordini senza parlare.Il luogo era ideale per i loro piani, avrebbero potuto osservare il gruppetto ancora per qualche minuto e se avessero deciso di nonintervenire, nessuno si sarebbe accorto della loro presenza. Tutto sommato era un lavoro semplice. Stava per scoccare la frecciaquando si accorse che qualcosa non andava. Il ragazzo in coda al gruppo aveva guardato già tre volte il pendio sul quale si eraappostato e questa era la quarta, non poteva certo vederlo ma non era una coincidenza, non lo era mai. Ricontrollò velocemente leproprie tessiture di allarme e diede una rapida occhiata attorno, nulla. Non poteva più rimandare, ancora pochi secondi e Theaavrebbe pensato di dover abbandonare la missione, quindi scoccò. Non era una freccia comune, non lo era nemmeno quella checon ogni probabilità stava lasciando la chioma del grosso faggio, le punte erano studiate appositamente per spezzarsi in modo taleda rilasciare il loro contenuto nella ferita del bersaglio. Vide le due donne cadere a terra ma prima di poter studiare le reazioni delgruppo un allarme lo avvertì che non era solo. Si tuffò all’indietro giusto in tempo per vedere una freccia conficcarsi nell’alberovicino, pochi istanti di ritardo e sarebbe morto. Posò l’arco a terra ed estrasse due lunghi pugnali ricurvi del tutto simili a quelli diThea, l’uomo si stava avvicinando e dava l’idea di saper usare davvero bene la spada che teneva tra le mani, grazie alla Luce nonera in grado di incanalare. Lo lasciò attaccare, parando una serie di figure usate solitamente per studiare l’avversario più che percolpirlo.Decisamente non sono semplici soldati... Thea.Iniziò ad indietreggiare parando gli attacchi sempre più decisi, con il Potere intralciò i piedi e le mani dell’avversario durante unaffondo e lo finì mentre ancora stava cadendo. Recuperò l’arco e le frecce rimaste e corse ad osservare la strada.Un soldato giaceva immobile trafitto da una freccia, come una delle due donne mentre l’altra si reggeva al proprio cavallo conun’espressione terrorizzata dipinta in volto, il ragazzo disperava rannicchiato poco distante. Thea stava duellando con l’ultimosoldato, letale e provocante come sempre. Li raggiunse dopo aver controllato rapidamente la zona, stupito del fatto che l’uomofosse ancora vivo. Gli dispiacque interrompere uno spettacolo tanto affascinante ma iniziava a dubitare dell’esito della lotta, conpochi flussi di Aria fece perdere l’equilibrio allo spadaccino e Thea lo finì immediatamente, lanciando a lui un’occhiataccia.La donna rimasta si accasciò a terra piangendo, l’aveva visto succedere altre volte e sapeva che la sofferenza non era data solo dallafreccia conficcata nella spalla, era in qualche modo legata al soldato appena morto ma non era amore, non aveva idea di comefosse possibile.L’effetto del veleno ricavato da una particolare radice a due punte sarebbe durato ancora a lungo ma non vi era motivo di perderetempo. Lasciò a Thea il compito di perquisire ed interrogare la donna mentre lui controllò le sacche ed i cadaveri. Secondo il loroinformatore, incontrato il giorno prima a Sud di Dodieb, questo gruppo stava trasportando qualcosa di molto importante. Certosarebbe stato utile sapere cosa.

Stava leggendo rapidamente il contenuto di alcuni documenti, trovati nelle bisacce dei cavalli delle dame, quando il ragazzo sidecise a calmarsi o per lo meno smise di piangere come un disperato.

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&lawuo;Erano condannate dalla nascita, tu invece no quindi vivrai. Come ti chiami?&rawuo;Incredulo e ancora terrorizzato, ci mise diverso tempo a singhiozzare una risposta &lawuo;Nelao&rawuo;&lawuo;Bene Nelao, tra poco io e la mia amica ce ne andremo e tu sarai libero di andare dove ti pare. Personalmente ti consiglioKiendger, è davvero una bella cittadina. Dista soli due giorni, forse meno e i Manti Bianchi pattugliano regolarmente le stradequindi non dovrai temere ladri, briganti e cose simili. Ci sono anche diversi piccoli paesi sulla via, non avrai bisogno di accampartiall’aperto da solo.&rawuo;Dopo anni passati a condurre e subire interrogatori gli risultava semplice leggere quel giovane volto. Era molto scosso da quantoaccaduto, troppo per essere solo un servo. Quelle semplici frasi erano bastate per ridargli speranza e distrarlo, pochi sguardi furtivial corpo della donna indicavano un legame affettivo mentre gli occhi avevano tradito una grande paura all’accenno dei MantiBianchi e sollievo alla possibilità di evitarli accampandosi.&lawuo;Ora Nelao, prima di salutarci, mi dirai tutto quello che sai su questo.. Drago che a quanto pare stavate cercando contanto interesse&rawuo; disse al ragazzo con calma, iniziando a tessere una complessa rete di flussi di Spirito.

&lawuo;Ci credevano davvero&rawuo; disse Thea mentre sistemava la sella al proprio cavallo, aveva appena finito di raccontaredell’interrogatorio alla donna.&lawuo;Il ragazzo non sapeva molto ma quel poco conferma le risposte che hai ottenuto tu.&rawuo; Rispose Siadon osservandoda lontano Nelao, disteso al fianco dei resti carbonizzati di cinque corpi. Avrebbe ripreso i sensi di lì a poco, gli aveva cancellatotutti i ricordi su quanto successo, sostituendoli con la convinzione di aver visto i suoi compagni inceneriti dall’ira della Luce. Avolte quelli come lui si arruolavano nellʹEsercito della Luce, alcuni diventavano addirittura Inquisitori. La maggior partepassavano un paio mesi a raccontare quanto pensavano di ricordare, spesso in taverne buie tra fiumi di alcolici, per poidimenticarsi di tutto e tornare alla vita di sempre. In ogni caso nessuno avrebbe potuto descrivere lui o Thea, nemmenorimuovendo la rete di Spirito che portavano nella testa.

Mabien Asuka

Cercava di camminare per strada come avrebbe fatto un comune ragazzo, ma la ferita dava ancora qualche problema se volevaaccelerare il passo e comunque non riusciva a fare a meno di avere un sussulto ogni volta che incrociava un Manto Bianco: Mabaveva la terribile sensazione che tutti la guardassero, ma in realtà nessuno la degnò di un secondo sguardo lungo tutto il tragittofino alla tenuta del colonnello Qinte.Il sole era già molto basso allʹorizzonte, i contadini avevano abbandonato i campi, i pastori avevano lasciato le bestie al sicuro nellestalle, qualche mercante era ancora intento a stringere affari, ma la maggior parte della gente ancora in giro la si vedeva radunarsiattorno alle taverne. Alcune voci già riportavano di qualcosa capitato la notte prima, alcune parlavano di combattimenti, alcunearrestati, altre ancora di un omicidio, i protagonisti erano in genere Manti Bianchi, ma a volte erano implicati anche civili oaddirittura fantomatiche creature dellʹOmbra. Una sola volta sentì parlare di una donna ricercata e di una morta, ma mai udì fareil proprio nome, né quello di Krooche. Temendo di destare sospetti, non si era mai soffermata, cogliendo così sono stralci diconversazioni, ma in ogni caso si trattava sempre solo di dicerie e non valeva la pena correre rischi per sentirle meglio.Giunta ai cancelli della magione, mostrò al Manto Bianco di guardia la lettera che Graham le aveva dato e, come lui le avevapreannunciato, fu fatta passare senza dover aggiungere altro. Non era la prima volta che agiva seguendo procedure simili: nonavrebbe potuto svolgere le missioni che Krooche le aveva affidato in quei quattro anni, senza una copertura dallʹalto. In teoria noncʹera nulla di diverso da tutte le altre volte che aveva lasciato da sola la città per lui, ma mai come ora aveva avuto paura. Oltre icancelli il cortile che doveva attraversare era un viavai di servitori, mercanti e soprattutto Figli della Luce. Un piccolo gruppo direclute faceva capannello in fondo, dove lei doveva passare:«Ma ne sei davvero sicuro? Proprio la sua donna?» chiedeva uno di loro«Ero lì quando il suo sottufficiale ha portato il corpo e lʹho vista: era ridotta male, ma era lei!»«Non ci posso credere! Ho sempre pensato che gli incanalatori avessero un aspetto più... più... brutto»«Ma dite che davvero costringesse il capitano Krooche a fare quello che voleva con il... potere?» chiese un altro ragazzo facendouna smorfia su quellʹultima parola.«Io lʹavrei fatto anche senza!» sghignazzò uno di loro, ma alle pessime occhiate degli altri, si corresse «Ovviamente se non avessisaputo che era una dannata strega!»Mab non pensava di essere diventata tanto popolare tra le fila dei Figli della Luce, ma in effetti soprattutto nellʹultimo annoKrooche la portava quasi sempre con lui in pubblico senza nascondere affatto che fosse la sua amante. In quel modo, lui diceva,non avrebbero sospettato di lei, ma evidentemente non aveva fatto troppo bene i suoi calcoli. Lʹego di quellʹuomo era tropposmisurata e spesso lʹaveva portato ad errori di valutazione molto pericolosi: questo era lʹennesimo esempio lampante e ora leiavrebbe dovuto pagarne le conseguenze.

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I ragazzi avevano continuato a parlare, ma lei era passata oltre e ormai non poteva più sentirli. Era quasi giunta alle stalle quandoun uomo la fermò«Chi sei?» le chiese ponendosi davanti. Lei si limitò ad estrarre la busta con il messaggio e passargliela.«Ah, si» disse lʹuomo restituendola «Com ʹè che ti chiami?»«Torr, signore. Torr Vedes»Lʹuomo la guardò dallʹalto in basso, esaminandola«Eʹ un viaggio lungo fino a Losm’taal, te lʹhanno detto? Mi aspettavo che mi avrebbero mandato uno con qualche anno più di te.Sei solo?»«Si signore. Non cʹè problema per il viaggio» La destinazione era lʹultimo dei suoi problemi: aveva in mente di rivendere il suocarico, qualsiasi cosa fosse, appena fosse stata abbastanza lontana da Kiendger da non temere più di essere riconosciuta. Era unapessima zona per lei quella, piena di città importanti per la Confederazione, ma doveva passarci per forza se voleva andare versonord.Lʹuomo la guardò molto perplesso, poi girandosi verso le stalle, alzò le spalle e disse solo «Se va bene a loro... seguimi.»Lʹingombrante stazza dellʹuomo gli permise con facilità di far scorrere il portone di una delle stalle, vi entrò e percorse il corridoiotra i cavalli, una lunga serie di splendide bestie, perfettamente tenute e poi svoltò in uno spazio più ampio dove erano accatastatediverse balle di fieno, sacchi di biada e un carretto con un carico coperto da un telo di iuta.«Aspettami qui» disse lʹuomoMab obbedì, avvicinandosi al carro: aveva sicuramente visto tempi migliori, ma se glielʹavevano dato significava che pensavanoche sarebbe almeno arrivato integro fino alla sua destinazione.«Folar?!» chiamò qualcuno dal fondo della stalla.La ragazza rimase dovʹera senza fiatare, ma quello continuò«Folar, ci sei?» e poi prese ad avanzare, fino ad arrivare inevitabilmente dove si trovava lei. Era un ragazzo giovane, forse di unadecina dʹanni meno di lei, molto alto e con una chioma spettinata di blandi boccoli neri, che gli ricadeva in modo disordinatoanche sul viso, a coprirgli parzialmente gli occhi. Portava con sé due sacchi, chiusi a fagotto, uno dei due sembrava contenere libria giudicare dalla forma e dal peso che pareva esercitare sulla sua spalla.«Dovʹè Folar?» le chieseMab indicò la direzione in cui era sparito poco prima lʹuomo che aveva seguito, immaginando fosse lui quello che cercava. Ilragazzo si incamminò in quella direzione, ma poi guardò il carro e si fermò di colpo, guardò meglio il carro, poi lei e di nuovo ilcarro«Non dirmi che sei tu quello che deve portare le otri a Losm’taal!»Lei annuì e lui si portò una mano alla fronte, infilandola fra i capelli e sollevando così il ciuffo. Stava per parlare, quando dei passiannunciarono lʹarrivo di Folar e di un ronzino.«Quando mi hai detto che mi avevi trovato il passaggio per Dobied, non mi avevi detto che avrei dovuto fare da balia alconducente!» lo accolse il ragazzo.Nel tentativo di bloccare lʹimprecazione che le stava uscendo di bocca, Mab quasi si strozzò, cominciando a tossire. Cosasignificava un passaggio? Dover viaggiare in compagnia di uno sconosciuto non poteva che essere un impaccio.Folar intanto si era messo a ridere più forte di quanto quella battuta meritasse, poi diede una pacca sulla spalla al ragazzo, mentregli passava accanto per andare ad attaccare il ronzino al carro«Son due giorni che si rade la barba e già si sente un uomo. Coi Manti non ci vuoi viaggiare, con le signore ti senti in imbarazzo,ora neppure i ragazzini ti vanno bene?» disse lo stalliere continuando a ridere «Se non fossi il figlio di mia sorella, penserei che seiun principino viziato. Non so chi dei due farà da balia allʹaltro!»Il ragazzo era arrossito, aveva aperto la bocca per dire qualcosa, ma poi non lo fece.«Eccola qua: vi presento Giocasta» disse carezzando il muso del cavallo «Non sarà la più bella tra le cavalcature di Qinte, ma è unanimale eccezionale!» poi guardò Mab, le indicò il nipote e continuò le presentazioni «Lui invece è mio nipote Hysaac, non èaltrettanto eccezionale ma verrà con te fino a Dobied. Non ti dispiace, vero?»Mab cercò velocemente una scusa per rifiutare, ma non la trovò: non avrebbe potuto dire nulla di sensato per cui un ragazzinonon volesse avere la compagnia di un altro ragazzo per un tratto di viaggio. Dovette acconsentire e sforzarsi non poco perchè il suovolto non rivelasse nervosismo. Hysaac le si avvicinò e lei si presentò «Sarà un piacere. Mi chiamo Torr» e gli strinse la mano,trattenendosi dal desiderio di frantumargliela.

Folar spiegò alla perfezione dove e a chi avrebbe dovuto consegnare il suo carico di acquavite, poi sollevò dal carro qualcosa dilungo avvolto nello iuta: ne estrasse un paio di spade e vari pugnali «Eʹ quanto di meglio sono riuscito a recuperare» disse,estraendo dal suo fodero una spada dalla lama con qualche sbecco «Dicono che le strade fuori città siano diventate pericoloseultimamente. Anche se non avete mai usato cose del genere, meglio che le mani nude, no?» Nascose di nuovo le armi, poiabbracciò forte il nipote facendosi promettere che avrebbe dato notizie di sé non appena avesse potuto, quindi Mab e Hysaacpresero posto sul carro e si diressero verso il cancello est della città. Alle loro spalle il sole tramontava dietro la scogliera a precipiziosul mare interno, emanando la sua luce rossa sui muri degli edifici. Era arrivata a Kiendger sei anni prima, mentre fuggiva daKerine per andare più a nord che potesse, ma qui aveva dovuto fermare la sua corsa. Ora finalmente il viaggio riprendeva:avrebbe raggiunto i ribelli ad ogni costo.

Morgan Neglentine

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Raggiunse l’avamposto che la notte era già inoltrata, fattosi riconoscere dalle sentinelle entrò nel piccolo fortino in pietra e subito sidiresse verso l’alloggio del comandante. Bussò e attese di ottenere risposta prima di entrare,una volta dentro si avvicinò allascrivania dove il comandante Duncan, un uomo non molto alto e senza una particolare forza nell’uso del potere ma uncombattente abilissimo e dalle spiccate doti di comando, sedeva; l’uomo alzò lo sguardo su di lui,visibilmente infastidito, e disse«finalmente hai deciso di rientrare!ti aspettavamo per il tramonto e siamo a metà della notte ormai, sei uno dei miglioricombattenti che abbiamo a disposizione e hai tutte le qualità per diventare un buon comandante, ma questo non vuol dire chepuoi disobbedire agli ordini,per lo meno non fino a quando non avrai superato la prova. E ora dimmi velocemente, dove accidentisei finito!».Morgan lo lasciò finire di parlare e,assumendo un’espressione contrita, rispose «ho trovato le tracce di alcuni trolloc,e prima ditornare ho deciso di seguirle per vedere dove erano accampati»,mentre parlava notò il viso del comandante accigliarsi ancor dipiù;»mentre stavo per tornare sono stato colto da una rabbia incontrollata,che mi giungeva da una presenza non ben definitanella mia mente,mi sono ritrovato ad attaccare quegli esseri immondi, mentre combattevo alcuni lupi si sono uniti allo scontro ein breve non è rimasto in piedi nemmeno uno dei trolloc,che erano una ventina; finito lo scontro ho finalmente scoperto l’originedella presenza nella mia mente; a quanto pare sono un Fratello dei Lupi,purtroppo la rabbia che mi hanno trasmesso non mi hafatto ragionare lucidamente e non ho potuto fare a meno di assalire i troloc; so che mi merito una punizione per non averrispettato gli ordini e mi rimetto alla vostra decisione.»Il comandante ascoltò attentamente, fino alla fine, quel che Morgan aveva da dire; si fece pensieroso e passò un momento primache rispondesse. «è da parecchio che non si sa di Fratelli dei Lupi, questo rappresenta un’attenuante al tuo comportamento, dagliantichi testi sappiamo che non è facile resistere alle emozioni dei lupi quando si è alle prime armi, e non pochi sono stati quelli chesi sono persi completamente in un contatto del genere, sono altresì sicuro che tu non avrai questo problema, è da diverso tempoche ti osservo attentamente e ho potuto vedere che sei un ragazzo dal carattere forte e che pondera bene tutte le proprie azioni; ticonsiglio, però, di provare a visitare Maemtaar, di sicuro li sapranno aiutarti meglio; e ora, visto che sei già qui, è arrivata per teuna convocazione da Tsorovarin, ora va a dormire, domattina devi partire per la città.»Una volta congedato uscì nel corridoio e raggiunse il proprio alloggio, si lavò quindi scese nelle cucine per mangiare qualcosaprima di andare a dormire; una volta a letto la stanchezza lo colse immediatamente e si addormentò subito.Si trovava su una collina che dominava la strada, non riconobbe il posto ma doveva essere da qualche parte nei territori dei clan,perché riconobbe alcune delle cime che s’intravedevano sullo sfondo; mentre si guardava attorno, vide che vicino a lui si trovavaNebbia d’argento,» dove siamo fratello?» chiese al lupo, »questo è il sogno dei lupi-rispose l’altro- qui è dove tutti i lupi esistono;ma per te è ancora un luogo pericoloso, per voi umani è diverso qui,e prima di potervi accedere,Piccolo Orso, devi apprenderne leregole;quando sarà il momento capirai.»Mentre il lupo parlava Morgan notò un ragazzo accampato vicino alla strada,quasi al limitare del proprio campo visivo, fece peravviarsi verso di lui quando il lupo gli si parò davanti, con fare minaccioso «è ora che tu vada, lascia perdere il due gambe fratelloe torna al tuo mondo», «ma come posso fare-rispose Morgan,- inoltre quel ragazzo potrebbe essere chiunque,una spia oppurequalcuno bisognoso d’aiuto!», il lupo si avvicinò ringhiando leggermente «lascialo perdere per ora,avrai modo di incontrarlo,oratorna indietro.» Il giovane fece nuovamente per protestare con maggior forza quando il lupo gli si avventò contro, incredulo espaventato sollevò le mani davanti a se per cercare di ripararsi.E si svegliò nel proprio alloggio all’avamposto, grondante sudore col cuore che gli martellava in petto a un ritmo folle, nella mentele ultime parole lasciategli dal lupo «quando incontrerai nuovamente quel giovane due gambe aiutalo e prenditi cura di lui comefosse un membro del tuo branco, da lui dipenderà la salvezza»; si alzò dal letto e posò i piedi nudi sul pavimento di pietra,lastanza era fredda, poiché la sera prima,travolto dalla stanchezza, non aveva nemmeno acceso il fuoco, raggiunse la finestra espalancò le pesanti imposte di legno,fuori era iniziato uno dei forti temporali tipici di quelle montagne, e da cui derivava il nomedi Tsorovarin, rimase alla finestra colpito da raffiche di vento e spruzzi d’acqua che lo aiutarono a schiarirsi un po’ la mente «devoparlare assolutamente con mia madre, è una camminatrice dei sogni e forse saprà aiutarmi a trovare un significato a tutto questo»perso nei propri pensieri caricò la pipa e si sedette sull’unica poltrona della stanza,accendendosela con un sottile flusso difuoco,negli avamposti era consentito incanalare almeno per svolgere semplici compiti come accendere il fuoco e cose simili, aspiròampie boccate del fumo dal sapore forte mentre lasciava vagare la mente, alla ricerca dei lupi, che avvertì lontani,difficilmente sisarebbero avvicinati a insediamenti umani di qualsiasi genere comunque.Mentre fumava,tranquillizzandosi sempre più iniziò a convincersi che il sogno fosse dovuto allo shock tardivo, derivato dagliavvenimenti di quella giornata.Perso nei propri pensieri quasi non si accorse che nel frattempo il temporale era cessato e che l’alba iniziava a colorare di rosa lecime dei monti, mentre l’odore forte di terra bagnata e foresta umida entrava portato da una brezza leggera, nonostante il fumodella pipa, ormai quasi finita, poteva avvertire l’intenso odore dei muschi e quello più acido degli aghi di pino, ma avvertivaanche un odore nuovo,prestando maggior attenzione si accorse che gli ricordava,ma in maniera più nitida, l’odore che si potevaavvertire entrando d’inverno in una stanza chiusa piena di gente, in poche parole odore di esseri umani! Dalle letture fatte sapevache sarebbe successa una cosa simile, ma rimase comunque sorpreso dalla rapidità del cambiamento e dalla nitidezza degli odoriavvertiti.

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Il sole era già in parte spuntato quando si alzò dalla sedia e svuotò la pipa nel camino; si vestì di tutto punto, mise in delle bisacceda sella i propri effetti personali e un cambio d’abiti, caso mai un temporale lo avesse sorpreso lungo la strada, si appese lo spadonesulla schiena e uscì dalla stanza,bisacce in spalla, dirigendosi alla mensa per far una rapida colazione prima di sellare il cavallo epartire per Tsorovarin.

Siadon

«Rosa! Rosa vieni ci sono i ragazzi!» Gridò l’anziano uomo mentre trasportava della legna verso l’ingresso di una piccola casa,immersa nella foresta ai piedi del monte Kiend non molto distante dal centro abitato di Hirlomap. I due giovani stavanoavanzando lentamente nella neve alta, sprofondando ad ogni passo seguiti dai loro cavalli. Durante la bella stagione il paesepoteva essere raggiunto in poco tempo ma in inverno quel luogo rimaneva isolato per settimane.La donna, piccola ed asciutta con lunghi capelli d’argento legati in una treccia ben curata, uscì ridendo mentre i due cavalieristavano raggiungendo la stalla. Andò loro incontro percorrendo un breve labirinto di sentieri ricavati spalando la neve,collegavano la casa alla legnaia e alle altre strutture.«Ma non dovevate! Con tutta questa neve... venite dentro a scaldarvi... Thea, dovresti essere più giudiziosa, non seguire in pienoinverno questa testa dura che ti porti dietro!» Disse rivolta alla ragazza, fingendosi arrabbiata ma con gli occhi colmi di gioiamentre la abbracciava. «Su, venite dentro ad asciugarvi.»

Siadon si fermò nella stalla il tempo necessario a curare i cavalli, affidando al vecchio le tre lepri che avevano cacciato poco prima.«Ah! Solo voi due sapete come fate a vederle in mezzo alla neve, sono sicuro che i lupi vi chiederebbero consigli se solo potessero»Disse l’anziano divertito, studiando la selvaggina.«Credo proprio che tu potresti insegnare a tirare con l’arco persino ad un lupo» rispose Siadon, chiudendo il recinto e mettendosi inspalla due sacche. Avevano nascosto la maggior parte delle armi e delle altre cose in una grotta poco distante, portandosi soloquello che ci si sarebbe aspettato da due bracconieri.«Come state tu e Rosa? E’ stato duro questo inverno?» Conosceva l’anziana coppia da diversi anni, la prima volta che raggiunsequella casa lavorava per un macellaio a Hirlomap. Era una copertura, una specie di vacanza. Gli aveva permesso di farsi conosceredalla gente come un cacciatore, per lo meno nessuno si sarebbe stupito nel vederlo vagare armato in quei boschi. Inoltre eraimportante non dimenticare cosa provava una persona comune tutti i giorni. Nessuno si fida di un volto privo di sentimenti,diventare troppo freddi e distaccati significava creare sospetti e lui voleva evitarli il più possibile. Allora raggiungevaperiodicamente quella casa, portando agli anziani le provviste e aiutandoli nei lavori più pesanti. Da allora cercava di passare atrovarli almeno una volta al mese, soprattutto in inverno per vedere come stavano e se gli serviva qualcosa. Anche Thea vi si eraaffezionata.«Oh, abbiamo visto di peggio, non sarà un poco di neve a darci problemi. Provviste e legna ne abbiamo e Rosa non s’è ancorastancata di accudire questo vecchio» Disse l’uomo strizzando un occhio e facendo un cenno verso le pareti della casa, ogni lato eraancora nascosto da un muro di legna accatastata, segno che anche la legnaia ne conteneva ancora.

Quella sera Siadon sedeva immobile, rapito dalle fiamme del caminetto mentre pensava a quante cose sarebbero potute cambiare,a quale strada percorrere dopo quanto appreso dalla Ribelle. La sua Famiglia era alleata dei Manti Bianchi ma era molto piùantica della Confederazione, anche se solo pochi di loro ne erano al corrente. Sapeva che in passato aveva servito altri poteri, erauna delle conoscenze accessibili solo dopo anni di appartenenza, quando ormai i ponti con l’esterno erano irrimediabilmentecrollati ed un tradimento era impensabile. Non lo turbava sapere che durante la tirannia i suoi Fratelli venivano pagati pereliminare gli oppositori del potente di turno, così come in tempi ancora più remoti si affidavano quasi esclusivamente allepremonizioni per individuare gli obiettivi più pericolosi. Quello che lo preoccupava era la consapevolezza che ogni cambiamentoera accompagnato da una lotta fratricida, breve ma sanguinosa, per eliminare chi non voleva adattarsi o chi sosteneva uncambiamento poco gradito.«A volte abbiamo meno scelta di quanto sembri» Disse lentamente l’anziano, seduto poco distante su una vecchia sedia a dondolo.Stava caricando una pipa scurissima, il volto illuminato dalle fiamme e le ombre dei suoi movimenti ballavano sui tronchi delsoffitto. Dopo averla accesa si aggiustò la vecchia coperta sulle gambe, «A volte l’unica strada possibile è proprio quella chetemiamo di più, in quei casi è inutile cercare di evitarla» continuò espirando un cerchio di fumo chiaro, soddisfatto della forma cheera riuscito a dargli.Siadon lo guardò sospettoso, sicuro di non aver pensato ad alta voce, domandandosi per la prima volta fino a che puntoquell’uomo lo conoscesse.«Ragazzo, l’età non porta molte cose buone se non l’averne viste abbastanza da poter immaginare cosa passa per la testa allagente. Quello sguardo l’ho visto altre volte, mi ricorda certi ufficiali quando ero un soldato, solo che loro avevano centinaia di vite

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per le mani.» Diede unʹaltra lunga boccata alla pipa, poi continuò più allegramente «Non dirmi che stai pensando di arruolarti!Oppure questa volta Thea ti ha incastrato per bene?»Luce vecchio, per un momento ho pensato di doverti uccidere. Pensò Siadon sorridendo sollevato, stava per rispondere quando ledue donne scesero dalla stanza che avevano preparando per la notte.«Io lo incastro sempre per bene, ormai non troverebbe nemmeno le tracce di un cinghiale inferocito se mi lasciasse indietro» poi lobaciò, mentre i due anziani ridevano di gusto.

Merian Elen Syana

Le parole dellʹuomo si fecero strada nella mente di Niende cercando di assumere un significato logico e razionale, ma più siinsinuavano dentro di lei, più la ragazza le respingeva con forza.Tutto questo era assurdo, nessuno era a conoscenza del contenuto dei suoi sogni, nemmeno lʹIlluminato al quale li confessava.E quel nome... sentirlo pronunciare ad alta voce dopo tanto tempo le aveva procurato un brivido lungo la schiena, una sensazionedovuta non al terrore che qualcuno potesse ascoltare, no, ma al pensiero che le avesse fatto piacere udirlo di nuovo.Cercando di non far trapelare le sue emozioni, Niende rispose allʹuomo ma un leggero tremolio nella voce tradì le sue intenzioni.«Non so chi vi abbia dato quel nome, ma quella persona è morta molto tempo fa, nulla di lei è rimasto ora.» Avevadeliberatamente ignorato lʹaltro argomento, adesso era spaventata, e parlarne avrebbe solo dato più peso alla cosa. LʹOmbrainfestava i suoi sogni e lʹunico modo per scacciarla era smettere di pensare a lei, anche se questo significava rischiare di nonincontrare mai più lo sconosciuto.Continuava a ripeterselo con fermezza, forse alla fine ci avrebbe creduto.«Merian, » lʹaltra donna interruppe i suoi pensieri, «è importante che tu ascolti ciò che abbiamo da dirti, non devi avere paura dinoi, siamo qui per aiutarti.»Se il suo intento era quello di calmarla era miseramente fallito, da come la donna si rivolgeva a lei sembrava stesse affrontandounʹarmata di creature dellʹOmbra!«Eʹ la verità ragazza. » Lʹuomo si intromise dolcemente rivolgendo alla sua compagna unʹocchiata in tralice. «Non siamoIncanalatori se è questo che ti preoccupa, e non abbiamo a che fare con lʹOmbra. Quello che ti succede non è casuale, i tuoi sognisono reali, e quellʹuomo è parte di essi. Noi...»«Chi è?» esplose Niende prima di riuscire a trattenersi, dando sfogo a tutta la sua frustrazione. Ormai non tentava nemmeno piùdi nascondere le lacrime che scendevano dal suo viso arrossato.Lʹuomo - si rese conto solo ora che non conosceva ancora il nome dei due - estrasse un fazzoletto dalla tasca della giubba benlavorata, porpora con ricami oro sulle maniche, e lo porse alla ragazza con un sorriso comprensivo. Questa volta la sua compagnarivolse unʹocchiataccia a lei, ma Niende si preoccupò solo di prendere il fazzoletto mantenendo lo sguardo fisso sul tavolo, troppoimbarazzata persino per ringraziare.«Si è fatto tardi,» riuscì infine a proferire, sempre senza alzare lo sguardo, «devo andare al lavoro.» Fece per alzarsi e la donna leafferrò la mano, trattenendola. Niende la guardò sorpresa ma lʹaltra donna non allentò la presa.«Rimarremo alla locanda finché sarà necessario...Niende.» Fece una smorfia quasi disgustata nel pronunciare il nome. «Parleremoancora.»Quella donna aveva la capacità di far suonare tutto come una minaccia, ma almeno le aveva lasciato andare il polso.A quel punto si alzarono, salutando la ragazza come parenti affettuosi, abbracciandola e baciandola sulle guance, e lʹuomo neapprofittò per sussurrarle allʹorecchio.«Eʹ stato un uomo valoroso e lo sarà ancora, finché la Ruota girerà e il Disegno avrà bisogno di lui.»Niende lo fissò per un momento prima di capire che si stava riferendo allo sconosciuto dei suoi sogni.Che voleva dire? Eʹ stato?Avevano unʹaltra cosa da dirle prima di lasciarla andare, in caso qualcuno avesse fatto domande avrebbe dovuto sapere chi erano isuoi zii lontani: Loras e Sarah, anche se qualcosa le diceva che questi non erano i loro veri nomi.

Arlene non aveva detto una parola da quando erano uscite dalla locanda ma la osservava con la coda dell’occhio come per valutareil momento opportuno per aprir bocca. Non ci fu mai, Niende non era in vena di parlare e camminava con la testa bassa, di tantoin tanto esaminando il fazzoletto di Loras che aveva ancora in mano, prova tangibile che era tutto reale. Avevano detto di nonessere Incanalatori, ed era sicuramente vero altrimenti sarebbero stati fermati prima ancora di mettere piede in città, ma sapevanodei sogni e conoscevano l’uomo misterioso, che a quanto pareva era stato un eroe.Stava sognando un uomo morto da tempo allora? E perché Loras aveva detto che lo sarà ancora? La cosa non aveva senso.Tutto questo aveva a che fare con l’Ombra, non poteva essere altrimenti. Forte di questa convinzione Niende decise che avrebbeconfessato tutto a un Illuminato non appena avesse finito il lavoro ai campi.

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Si, era la cosa giusta da fare.Con un sorriso quasi convincente piegò il fazzoletto, lo ripose nel risvolto della manica e si girò verso Arlene, che adesso laguardava apertamente con un sopracciglio inarcato, e le sorrise per rassicurarla che era tutto a posto. L’altra donna si rilassòvisibilmente e incitò Niende a camminare più veloce o sarebbero state frustate. I Manti Bianchi non ammettevano ritardi, nonammettevano una grande quantità di cose in verità, ma queste erano le regole, che piacessero o meno, e andavano rispettate.

Il lavoro nei campi procedeva lentamente come ogni giorno, nessuno poteva parlare con i compagni vicini e nessuno potevafermarsi un momento a riprendere fiato, a meno che non volesse scatenare le ire dei Manti Bianchi. Ai margini della città vi eranodifferenti campi, dedicati ognuno a una particolare coltivazione, e i lavoratori venivano smistati ogni giorno in un luogo diverso,di cui venivano a conoscenza solo la sera prima. Questo serviva a scongiurare il più possibile i rapporti tra i lavoratori che,vedendosi obbligati a concentrarsi sul proprio lavoro, non potevano complottare tra di loro e dare vita a sommosse.Si cercava sempre di tenere lontani gli amici e i parenti, per cui Arlene salutò Niende per dirigersi al campo al quale era destinataquella mattina.Niende si sarebbe occupata dei meravigliosi fiori sacri per i templi della Confederazione, e tutto sommato non le dispiaceva quellaparte del lavoro, le piante erano compagne ideali. Era più preoccupata per il lavoro pomeridiano: dopo l’orazione l’aspettava infattiuna giornata di bucato, e voleva dire immergersi fino alle braccia nell’acqua mai troppo calda finché non le sanguinavano le mani.Mentre tagliava con cura gli steli e riponeva i fiori nei cestini, colse alcune delle parole che due guardie si stavano scambiandomentre passavano accanto a lei, e si fermò di colpo.«… erano ai margini della città, non si preoccupano nemmeno più di nascondersi, quei maledetti servitori dell’Ombra!»«Non dire sciocchezze, nessun Ribelle è così stupido da spingersi fin quaggiù, anche se la cosa non mi dispiacerebbe affatto, avreitante cose da mostrare a quei porci.» L’uomo abbaiò una risata come se la prospettiva di incontrare un Incanalatore fossedivertente. I Manti Bianchi sapevano essere incredibilmente coraggiosi quando si trattava di combattere l’Ombra, ma spessosottovalutavano l’avversario e il Potere non era una cosa sulla quale scherzare.«Che hai da guardare tu?» L’uomo coraggioso si rivolse a Niende, che presa dalle parole degli uomini era rimasta lì in piedi afissarli, e si avvicinò per colpirla. La ragazza abbassò lo sguardo in segno di scusa e si preparò a ricevere la punizione, ma l’uomole tirò su il mento e la fissò con un ghigno dipinto in volto.«Sarebbe un peccato rovinare un viso così carino… » L’uomo continuava a tenerle alto il viso e lei non poteva fare altro cheguardarlo negli occhi, terrorizzata all’idea di quello che avrebbe potuto subire.Essere picchiati era tollerabile ma una donna non sempre era così fortunata.«La Luce sa di cosa gli uomini hanno bisogno per tenere alto il loro morale, non è vero Lucard?» Si era rivolto al compagno conun’altra risata oscena. «Potremmo usarla per qualche giochetto…» Aveva inclinato la testa da un lato come per meditare su cosafare, e all’improvviso il ghigno scomparve e l’uomo le tirò un pugno allo stomaco, così forte da farla cadere a terra. Lucard, che erarimasto immobile a osservare, adesso rideva e si congratulava con l’amico che, guardandolo come per giustificarsi, rispose:«Sarebbe stato un peccato rovinare un viso così carino… »A quel punto i due si allontanarono senza degnarla più di uno sguardo, ridendo e scherzando su quanto era accaduto. Niende,stordita, riuscì a sentire le ultime parole dell’uomo che l’aveva colpita.«Scommetto che sperava in qualcos’altro, la sgualdrina, ma io non mi mischio con la feccia.»Sentì la rabbia salire e un desiderio improvviso di scagliarsi sull’uomo si impadronì di lei, finché non si rese conto di cosa stessepensando e dovette fare un profondo respiro per calmarsi.Cosa le stava succedendo? Non si era mai comportata così prima.Era convinta che una purificazione le avrebbe fatto bene, ma quando arrivò l’ora dell’orazione stranamente decise di non andarsia confessare con l’Illuminato.Continuava a pensare alla coppia incontrata quella mattina, lo sconosciuto dei suoi sogni, le parole dei Manti Bianchi. Prima Lorase Sarah, e adesso a quanto pareva c’erano Incanalatori ai margini della città, una coincidenza? Avevano detto di non avere a chefare con il Potere, ma questo non significava che non potessero essere arrivati con chi invece lo utilizzava. Pensava che raccontarelʹaccaduto lʹavrebbe fatta solo allontanare di più dalla verità, e lei voleva sapere.

La giornata lavorativa trascorse costantemente con questi pensieri, e una volta scesa la sera, dopo l’orazione serale, Niende, sfinita,si gettò a letto senza nemmeno svestirsi.Si sorprese a desiderare di incontrare lo sconosciuto, e non provò alcun rimorso al pensiero, aveva bisogno di risposte e solo luipoteva dargliele.Sognò di passeggiare con lui su un prato di margherite, le sue preferite, mano nella mano, parlando del più e del meno. Lui leraccontava della sua vita e sorrideva, e lei era felice come non lo era mai stata prima.Ma questo era solo un fantasia, non aveva nulla di reale.Il sogno cambiò, si fece più cupo, una nebbia avvolse i suoi sensi e si sentì come se stesse guardando con occhi che non erano suoi.Nuvole di cenere e polvere erano nell’aria, si poteva sentire un forte odore di fumo e vi era una sensazione di attesa.Uomini e donne armati di spada, immobili come statue, osservavano concentrati qualcosa di fronte a loro che lei non potevavedere.Un grido improvviso le fece accapponare la pelle: esseri deformi apparvero dietro la linea degli alberi – ecco cosa stavanoosservando quelle persone - e si lanciarono all’attacco urlando parole che suonavano come grida di morte. Poteva scorgere dellecorna appuntite, zanne affilate e dita artigliate.Un nome risuonò nella sua mente, Trolloc, come se avesse sempre saputo di quelle creature. D’un tratto si accorse che lei sitrovava nel mezzo della battaglia, ma non era la stessa persona di adesso. Il viso striato di nero era determinato, e quegli occhi untempo così dolci e pieni di meraviglia, sembravano iniettati di sangue.

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Aveva una spada con sé, ma non la usava, era un’altra l’arma che le serviva. Palle di fuoco scaturivano dalle mani protese inavanti, fulmini scendevano dal cielo e spaccavano il terreno abbattendo i nemici.Sentiva il dolce sapore della vita che scorreva dentro di sé, ribolliva e sembrava sommergerla come un mare in tempesta. Era unasensazione meravigliosa.Si voltò a guardare i suoi compagni che come lei attingevano a quella immensa fonte di Potere e il sogno mutò ancora.Un uomo le dava le spalle e guardava il cielo stellato mormorando tra sé. Lei gli si avvicinò toccandogli una spalla gentilmente el’uomo si voltò sorpreso.Il viso dello sconosciuto era sempre in ombra, celato da un cappello, ma questa volta poteva vedere i suoi occhi, due enormi pozzineri in cui ci si poteva perdere ed esserne felici.Un velo di tristezza e preoccupazione attraversava quegli occhi, ma durò solo un attimo.L’uomo sorrise come al solito, lanciò in aria dei dadi e disse qualcosa in una lingua a lei incomprensibile, non conosceva ilsignificato, ma sapeva che si trattava della Lingua Antica.

Aaron Gaeleaf Selohim

La vita non era male, sullʹisola del Drago.Tutti avrebbero pensato questo, se non abitassero lì. Dei contadini lo vedrebbero come un paradiso: abitare in una delle più bellecittà esistenti; maneggiare lʹUnico Potere per ogni cosa; non avere praticamente doveri.Dei nobili lo vedrebbero come un coronamento delle loro ambizioni: la possibilità di essere più ricchi di ogni altro; avere il poteredi un re.Gli abitanti di Kiserai e dellʹisola, invece, lo vedono in modo diverso. La maggior parte sente solo orgoglio, tipico degli arrogantiche credono di essere parte di una civiltà superiore. Altri annoiati dal loro stesso potere. Altri grati dello stesso, e che dedicano laloro vita a ripagare il Creatore. La minima parte.Alla fine, Kiserai è solo una grande palude della politica. Ogni mossa, ogni movimento, significano fare un passo avanti perraggiungere la carica più ambita: diventare uno dei cinque Sommi.Perché la libertà era unʹillusione, sullʹisola. Una gabbia dorata. Il più splendido e raro dei cibi appariva tutti i giorni, senza bisognodi fare niente. Lʹunico dovere da rispettare era fare il proprio turno sugli Esterni. Potevi maneggiare lʹUnico Potere senza rischioalcuno e per fare qualunque cosa, sempre che non danneggiasse altri. Ma se ti rivoltavi contro un ordine di un Sommo,significava Fine. Per questo, tutti sprecavano la vita ad avvicinarsi passo dopo passo ad una di quelle cariche. Da millenni, ormai.Come figlio di uno di questi, partivo avvantaggiato. Io, Aaron Gaeleaf Selohim, figlio di Traenghien Char Selohim, il Sommo delFuoco, ero importante.In effetti, ogni essere a Kiserai si considerava importante: lʹarroganza faceva parte di noi, anche se non lʹavremmo mai ammesso.Neanche nei nostri pensieri.In fondo, perchè non considerarsi importanti? Siamo lʹelité tra gli uomini, i Prescelti dal Creatore, incanalatori ed estremamentefieri di esserlo.In più ero benedetto da una grande forza. Pochi, sullʹisola, potevano raggiungere, e ancora meno persone superare, il quantitativodi Saidin che potevo maneggiare. Tutto questo faceva sì che il mio mento restasse ben alto. E la mia mente ottusa.Non volevo vedere, come chiunque altro Sopravvissuto, il declino della nostra gente: nascevano sempre meno bambini con ilDono; i Manti Bianchi attaccavano sempre più spesso, anche se finora non avevamo subito alcuna perdita; le lotte interne eranosempre più accese, fino a commettere omicidi per il potere.Per non parlare di strane voci giunte dal continente. Non ci toccavano ancora, ma erano preoccupanti. Eh sì, la vita non era male,sullʹisola del Drago.Scuotendo la testa, rinunciai a pensare a certe cose. Un Tiranno, come ci chiamavano i terricoli, non si preoccupava per similisciocchezze. Semplicemente, ciò che era sul suo cammino veniva distrutto.

Mabien Asuka

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Prima di uscire dalla città, si girò a guardarla: i pensieri volarono velocemente sui volti che in quegli anni aveva imparato adamare e ad odiare, i primi erano davvero pochi, sui secondi quello di Krooche si impose, lasciandole una sgradevole sensazione acui non riuscì a dare una definizione. Tornò a guardare la strada avanti a sé e schioccò le redini sui fianchi di Giocasta perchèaumentasse il passo.Man mano che la città si allontanava alle sue spalle, la mente di Mab si concentrava su una cosa sola: la Fonte. Lʹaverlafinalmente percepita dopo mesi, già le aveva arricciato gli angoli della bocca dandole unʹespressione divertita, ma dovevacontrollare ancora per un poʹ il forte impulso che la spingeva ad attingervi, era ancora troppo presto.«Ti ringrazio per aver accettato di farmi venire con te» disse Hysaac, interrompendo il flusso idilliaco dei suoi pensieri «Aspettavolʹoccasione da qualche settimana»«Figurati» tagliò corto Mab. Da una parte ce lʹaveva stupidamente con lui per essersi intruso, diventando la causa di probabiliimprevisti che si sarebbe altrimenti risparmiata, dallʹaltra preferiva non parlare per evitare di fargli capire che era una donna: ilproblema non era tanto la voce, perchè la sua era di una tonalità piuttosto bassa e roca per essere considerata prettamentefemminile, più che altro temeva di commettere errori che potevano tradire la sua identità. Se la Luce avesse voluto si sarebbeliberata di lui in quattro giorni, forse anche cinque vista lʹandatura a cui il carro malconcio e il fango li costringeva. Aveva piovutomolto spesso di recente, il debole sole invernale non aveva ancora asciugato la strada e i profondi solchi lasciati dai carri erano unproblema da non trascurare. Forse cinque giorni erano da considerarsi addirittura un risultato ottimista.«Scusami per prima, per la battuta della balia. Non volevo offenderti, è che sembri poco più di un bambino, ma se ti hanno datoquesta consegna non credo tu sia tanto piccolo, no? Quanti anni hai?» continuò la conversazione HysaacMab non aveva pensato che si sarebbe dovuta creare una biografia per la propria temporanea identità, ma a quanto pareva il suocompagno di viaggio aveva voglia di far chiacchiere e non gli si sarebbe potuta sottrarre facilmente«Diciassette» rispose sperando che fosse plausibile. Da tempo non era abituata ad aver a che fare con ragazzi giovani, a dirla tuttanon aveva quasi mai avuto la possibilità di frequentare suoi coetanei: aveva passato lʹinfanzia seguita da tutori ed educatori colcompito di creacerla come si confaceva al ruolo che avrebbe forse dovuto ricoprire da grande, poi durante la schiavitù a Kerine siconsiderava fortunata quando riusciva a scambiare due parole coi mercanti da cui veniva mandata a scaricare merci, infine i suoiclienti a Kiendger erano sempre stati più grandi di lei, anche di molto a volte, abbastanza da poter essere loro figlia in certi casi.Come potesse essere un diciassettenne insomma se lo poteva solo vagamente immaginare ed evidentemente non avevaimmaginato molto bene, perchè i piccoli occhi verdi di Hysaac si sgranarono leggermente «Sinceramente pensavo meno» eccoperchè preferiva non fare conversazione.«Io ne ho ventuno» disse lui.Anche Mab avrebbe voluto replicare che pensava ne avesse meno, ma poi, esaminandolo un poʹ con la coda dellʹocchio si vedevache non era più un adolescente: era stata tratta in inganno dai lineamenti delicati del suo viso, ma da li vicino poteva vedere chequella che si era rasato poteva diventare una folta barba, se lasciata crescere.«Vado a Dobied per studiare allʹaccademia delle scienze: voglio diventare un architetto» continuò il ragazzo.Mab si girò a guardarlo apertamente stupita: non erano frasi che si sentivano di frequente, non dette da un ragazzo che non fossedi nobili origini o addirittura figlio di un Manto Bianco. Ma lui si era cercato un passaggio gratuito per Dobied, suo zio era unostalliere e aveva detto che non voleva viaggiare coi Figli, qualcosa non tornava.«Che cʹè? Perchè mi guardi così?» chiese il ragazzo«No, niente»Dopo di che piombò il silenzio.

Ormai non si vedeva più la città alle loro spalle, come da programma sarebbero arrivati al primo villaggio che era già buio. Era ilmomento giusto: Mab chiuse gli occhi e si aprì a Saidar, sorridendo mentre quella gioia impetuosa e travolgente la inondava.Quanto le era mancata quella sensazione di appagamento, non lʹavrebbe mai lasciata andare e invece si costrinse a farlo dopopoco, scoprendo che intanto Hysaac la stava fissando incuriosito. Che fosse folgorato! Se lʹavesse ucciso in quel momento, se nesarebbe potuta sbarazzare facilmente e si sarebbe tolta una bella zavorra, ma non ne era capace. Aveva dovuto scoprire cosa siprovava a togliere la vita ad unʹaltra persona a sangue freddo e da allora più di prima aveva fatto di tutto per non provarlo dinuovo. Ma era successo ancora e non sʹilludeva che il futuro le avrebbe risparmiato di doverlo rifare, ma non ora, non con lui,povero ragazzo. Nonostante questi pensieri, lʹaver incanalato lʹaveva lasciata troppo euforica per riuscire ad attenuare del tutto ilsuo sorriso. Grazie alla Luce lui ebbe il buon senso di non dir nulla.

Il primo villaggio che si incontrava lungo la strada era poco più che un agglomerato di edifici, con un paio di piccole locande adattead ospitare viaggiatori di passaggio. Già qui si presentò il primo problema causato dalla presenza di Hysaac: avrebberoovviamente dovuto condividere la stessa stanza.La paga di chi consegnava merce, come sarebbe stato per Mab se davvero fosse stata Torr Vades, consisteva in un bel gruzzolo, madiviso in due parti: uno veniva pagato alla partenza e serviva a ricoprire a malapena le spese di viaggio, il resto arrivava solo allaconsegna della merce e calcolando che lei non aveva intenzione di arrivarci, doveva fare i conti con quello che Folar le aveva dato e

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qualche moneta che Hari le aveva infilato in un piccolo bagaglio. Il fatto di dividere le spese delle stanze in cui avrebbe pernottatocon Hysaac non poteva quindi che essere considerato un vantaggio, motivo per cui Mab non si preoccupò nemmeno di trovareuna scusa per evitarlo, meglio piuttosto concentrarsi sul come riuscire a non doversi spogliare davanti a lui.Dopo aver assicurato Giocasta e il carico nella stalla della locanda, salirono insieme in camera: i letti almeno erano due, ma noncʹera niente che potesse nemmeno da lontano somigliare ad un separè dietro cui potersi nascondere quando si sarebbe ovviamentedovuta togliere i vestiti di dosso. Appena entrato, Hysaac posò i suoi bagagli a terra, accanto ad uno dei letti, si tolse mantello,giubba e camicia restando a torso nudo e, seppur battendo i denti, rovesciò un poʹ dʹacqua nel bacile della stanza e la usò perlavarsi. Aveva la pelle di un bianco latteo, la muscolatura accennata, ma non dava lʹidea di essere gracile vista la statura e lanotevole ampiezza delle spalle. Si girò verso di lei con un gran sorriso, i capelli che in genere gli ciondolavano davanti alla faccia sierano bagnati attaccandosi ad un lato del volto «Non vedevo lʹora!». Poi si asciugò, indossò una maglia pulita, su cui rimise lastessa giubba e quindi, sedutosi sul letto, estrasse foglie di tabacco da una piccola scatola. Che la Luce lo benedicesse! Con la scusache il fumo le dava fastidio, invitò il ragazzo ad uscire, quindi finalmente anche Mab si lavò, si cambiò quel che poteva e quandoHysaac tornò in camera si fece trovare già sotto le coperte. Lʹindomani allʹalba si sarebbe alzata sperando di sfruttare le fioche lucidel sole che sorgeva per vestirsi, e poi sarebbero ripartiti.

Merian Elen Syana

I giorni passavano lenti e in assenza di avvenimenti degni di nota da quando aveva avuto quelle visioni, perché di visioni sitrattava, non vi era alcun dubbio su questo, ne era certa come lo era dell’aria che respirava. Quella stessa notte si era svegliata inpreda alla nausea, come ogni volta dopo uno dei sogni profetici che le erano costati la sua vecchia vita. Inizialmente si eraspaventata - era da molto tempo ormai che non le capitavano e aveva cominciato ad abituarsi all’idea di essere cambiata - passavadal lavoro alle sue stanze vagando il meno possibile, sperando di evitare spiacevoli incontri, ma ben presto la sete di conoscenzaaveva preso il sopravvento e si era ritrovata a pensare a Loras e Sarah e a un modo per incontrarli di nuovo. Continuava adaddormentarsi pensando allo sconosciuto che aveva finalmente un volto, anche se ancora non ne conosceva il nome, ma non si erapiù fatto vedere dopo le strane parole di quella notte alla locanda. Adesso sapeva che parlava la Lingua Antica, che era una sorta dieroe e che in qualche modo era legato a lei, lo aveva avvertito dalla visione. Poteva sentire ancora le sensazioni che aveva provatomentre si avvicinava a lui, lo osservava, lo toccava… era qualcosa di più che una semplice conoscenza, una complicità che sapevasi sarebbe venuta a creare prima o poi, sebbene non capiva come potesse verificarsi, dato che non aveva idea di dove l’uomo sitrovasse. Con questo tormento era andata avanti per quasi una settimana, sperando ogni giorno in qualcosa che le spezzasse lamonotonia che stava vivendo, ormai incapace di tornare alla vita che aveva prima di incontrare lo sconosciuto. Questo erasbagliato, lo sapeva: i sogni, le visioni, i due forestieri, tutto aveva a che fare con l’Ombra, e se i Manti Bianchi ne fossero venuti aconoscenza… rabbrividì al pensiero di ciò che avrebbero potuto farle.Sono davvero convinta di fare la cosa giusta? pensò Niende mentre distesa sul letto rifletteva a occhi aperti.La mia mente mi suggerisce di scordarmi di tutto, ma il mio cuore batte più forte al solo pensiero di saperne di più.Cos’era più giusto, seguire la logica o l’istinto? Il raziocinio o la passione?Con un sospiro carico di determinazione si alzò, mancava poco all’alba ormai, e si vestì del suo solito straccio pronta per lefaccende giornaliere, cercando di non svegliare Larin che iniziava la sua giornata molte ore più tardi.Era sicura, avrebbe fatto ciò che sentiva giusto e non si sarebbe tirata indietro.Con passo svelto ma sicuro Niende arrivò alla locanda di Mastro Sien. Il lavoro al campo era trascorso senza complicazioni esperava che nessuno si sarebbe accorto della sua assenza all’orazione, ma non poteva aspettare che finisse la giornata, a quell’orasarebbe stata troppo stanca e aveva bisogno di tutta la sua concentrazione per affrontare questa cosa.Perla, la figlia del locandiere, la squadrò da capo a piedi quando Niende disse che i suoi zii l’avevano mandata a chiamare - erapalese che la ragazza non le credeva - ma Loras l’aveva vista non appena entrata e si alzò, facendo un cenno di conferma a Perla,che rimase letteralmente a bocca aperta. Niende nascose un sorriso compiaciuto mentre chinava il capo per salutare la donna, e sidiresse verso il tavolo in fondo alla sala, lo stesso della volta precedente.«Siamo felici che tu sia qui Niende,» disse Loras con un sorriso sincero. «Cominciavamo a pensare che non ci saremmo piùrivisti.»«Finalmente hai cominciato a ragionare ragazza.» Sarah come al solito non mostrava segni di delicatezza, quei due erano proprioil sole e la luna, difficile credere che fossero sposati.Loras fermò al volo una cameriera che stava passando proprio in quel momento, le disse qualcosa sottovoce, poi si rivolse alle duedonne al tavolo:«Andiamo, parleremo in camera.»Si alzò facendo strada e Niende lo seguì con Sarah che chiudeva la fila. Mentre passava vicino al bancone rivolse un sorrisoseducente a Perla, intenta a pulire un bicchiere mentre il padre elargiva ampi sorrisi ai vari clienti. La donna avvampò e si sentì

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un gran fracasso di vetri spezzati. Le imprecazioni di Mastro Sien arrivarono alle orecchie di Niende, che non sapeva se essernescioccata o divertita, mentre Loras e Sarah invece ridacchiavano come due ragazzini compiaciuti di una loro bravata.Arrivati in cima alle scale Niende scoprì che i due avevano in realtà camere separate, la stanza nella quale erano appena entratipossedeva infatti solo un piccolo letto a una piazza, non di certo adatto a una coppia di sposi.Il resto dell’arredamento era composto da un armadio a due ante, un basso comodino accanto al letto, un bacile e una broccad’acqua per lavarsi, una sedia malandata e un tavolo vicino all’unica finestra aperta sul giardino. Nonostante ciò ogni cosa erapulita e perfettamente sistemata e si poteva sentire un gradevole odore di lavanda provenire dai resti delle erbe bruciate che sitrovavano sul tavolo. Era evidente che si trovavano nella camera di Sarah, un uomo non era in grado di essere così ordinato.La donna si gettò pesantemente sul letto e invitò Niende ad accomodarsi accanto lei, mentre Loras prima era andato all’armadio ariporre la sua giubba - oggi di un bel verde acceso - e dopo prendeva posto sulla sedia con una grazia degna di un re. Confusa, laragazza si sedette come le era stato detto e allora Loras scoppiò in una fragorosa risata, che giungeva strana da un uomo di talecontegno.«Non siamo sposati, se è questo che ti stavi chiedendo. Sarah non potrebbe mai fare la moglie, preferisce le sue armi all’abbracciodi un uomo. Dovresti vedere la sua stanza, ci sono più coltelli che vestiti!» La donna gli rivolse un sorriso che confermava le sueparole, ma gli occhi dicevano qualcos’altro, dispiacere forse?«Veniamo a noi Merian, se sei qui non è di certo per sentire le chiacchiere di un uomo che ha bevuto un po’ troppo.»«Ah non crederle, è solo invidiosa perché io reggo l’alcool meglio di lei.» Un’altra risata da parte dell’uomo sembrava decisamenteindicare il contrario.Niende era sempre più sconcertata e continuava a guardare da uno all’altra come se si trovasse di fronte a un rompicapo darisolvere.Così com’era giunta la risata si spense all’improvviso, e Loras si fece serio scrutando Niende come il giorno in cui si eranoincontrati. Anche Sarah adesso la stava osservando: entrambi attendevano che fosse lei a cominciare.Con voce ferma che non sembrava provenire da lei, la ragazza parlò come un fiume in piena:«Sono qui per avere delle risposte. Cosa volete da me, e come fate a conoscere il mio nome? Avete detto che volete aiutarmi, manon capisco cosa ci sia da soccorrere e… » Si fermò un attimo per riprendere fiato, la voce un po’ meno ferma ora. «… E vogliosapere tutto riguardo all’uomo dei miei sogni.»Poteva tornare a respirare normalmente adesso, il cuore che tornava ai suoi battiti regolari.Osservò la coppia con intensità, senza abbassare lo sguardo: Sarah guardava il compagno ma Loras aveva gli occhi fissi su di lei.Come se non ci fosse alcuna fretta si versò del vino dalla caraffa sul tavolo - non dovette preoccuparsi di offrirne alle due ospitidato che era presente una sola tazza - ne sorseggiò il contenuto, sempre senza staccare gli occhi da Niende e, soppesando con curale parole, lentamente iniziò a parlare.

«Io e Brienne, questo è il suo vero nome, veniamo da un piccolo villaggio a sud di qui, a pochi giorni di viaggio da Samrie. Coloroche si recano a nord passano spesso in vista delle nostre case, sebbene pochi tendano a ricordarsene. Siamo un popolo schivo, che sitiene il più lontano possibile dagli eventi esterni, sperando così di preservare la propria libertà. Noi non diamo fastidio a nessuno, enessuno ne dà a noi. O almeno così è stato per decenni, finché il Disegno non ha voluto che ci svegliassimo e tornassimo abrandire le armi deposte migliaia di anni fa dai nostri antenati.»L’uomo si fermò un momento, scrutando dentro la tazza che teneva con entrambe le mani, incerto su come continuare. Nellastanza regnava un silenzio rotto solo dal rumore del vento che sferzava la finestra con forza, quasi anch’esso volesse esserepartecipe dei segreti raccontati dagli uomini. Ma ogni rumore era lontano dalla mente di Niende: protesa verso Loras aspettavacon ansia che proseguisse, ma lui guardava Brienne come in cerca di sostegno e la donna attese solo un battito di cuore prima diannuire con forza. Loras allora abbassò la tazza e in tono più deciso continuò:«Tra la nostra gente vi è qualcuno che possiede il dono che hai tu, Merian. Sono detti Camminatori dei Sogni, persone che possonoentrare a loro piacimento in un mondo fatto di nebbia e ombre, un luogo misterioso e senza tempo, dove le cose che accadonopossono lasciarti un segno concreto.»Loras non si fermò davanti allo sguardo interrogativo di Niende.Dono? Camminatori dei Sogni? Di cosa stavano parlando?«Anni addietro lo stesso uomo di cui tanto aneli sapere è apparso nei loro sogni, parlando in modo arcano di cose che sono state eche ancora dovranno essere. Ci ha dato la forza di lottare, di insorgere contro i despoti e di sconfiggere l’Ombra.Sappiamo di non essere soli in questa lotta, altri come noi si battono per tornare a essere liberi, uomini e donne che muoiono ognigiorno per un ideale, per avere un mondo migliore di questo. Il nostro popolo ha resistito per tutto questo tempo, ma ora nonsiamo più solo un piccolo punto sulla carta agli occhi del Nemico. Il mondo così come lo conosciamo sta volgendo al suo termine,ragazza, ci sono forze in gioco che non possiamo fermare, quell’uomo l’ha sempre saputo e ci ha istruiti per arrivare a questomomento. Lui…»Bussarono alla porta e Niende sussultò. Una donna - la cameriera che era stata fermata - era entrata a portare un vassoio copertoda un candido telo che lasciava filtrava l’odore di pane appena sfornato e qualcosa che somigliava ad arrosto e patate dolci. Niendesi ricordò che non aveva ancora mangiato e fu grata a Loras quando le disse che il pranzo era tutto per lei, loro si erano giàabbondantemente saziati prima che lei arrivasse.L’uomo diede alla ragazza il tempo di finire prima di proseguire, a bassa voce, la sua storia.«Qualche mese fa tornò da noi... » Si ostinava a non volergli dare un nome, perché? «E ci disse che dovevamo trovare una personache ci avrebbe aiutato nella nostra lotta, una persona che ci avrebbe condotto da colui che può essere insieme la nostra salvezza ela nostra distruzione… il Drago Rinato.»Niende fu felice di avere terminato il suo pasto, altrimenti era sicura che sarebbe soffocata.Il Drago Rinato? Sono solo storie per spaventare i bambini… e anche gli adulti, pensò la ragazza.

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Se fosse vero i Manti Bianchi ne parlerebbero.Diede voce alla sua considerazione, sorridendo nervosa all’idea che qualcuno potesse credere a quelle favolette, poi le sovvenne ilpensiero che la persona che dovevano cercare era lei e il sorriso si tramutò in una smorfia, ora cominciava ad avere paura. Questagente doveva essere pazza!Ho bisogno di sapere, si disse Niende. Sono qui solo per questo motivo, sapere chi è quell’uomo, nient’altro conta, ascolterò le loroassurdità finché non mi diranno ciò che mi interessa.Sarah… no, Brienne, prese finalmente parola e per una volta il suo tono era pacato:«Merian, colui che cammina nei sogni è apparso anche a te, non vi è più alcun dubbio che sia tu quella persona. “La sua salvezzaporterà a quella di molti”, sono state queste le sue parole quando ci ha inviati qui.»«Io non ho bisogno di essere salvata.» Niende esplose stringendo con i pugni il vestito.Brienne la guardò dall’alto al basso e sorrise beffarda. Non si degnò nemmeno di risponderle, quel sorriso diceva tutto.Respirando profondamente la ragazza allentò la presa sull’abito tentando di ricomporsi, e con voce sorprendentemente calma fecela domanda che più le premeva.«Chi è l’uomo nei miei sogni? Voglio un nome.»«Sarà lui a dirtelo, se e quando vorrà. Noi siamo solo un tramite.» Adesso era Loras a essere irritato e la cosa la faceva tremare,non l’aveva ancora visto perdere la calma.«Avrai tutte le risposte che cerchi, se verrai con noi. Abbiamo bisogno di te per trovare il Drago Rinato e non ce ne andremo daqui finché non ti sarai decisa a seguirci.» Brienne era tornata quella di sempre, stizzosa e per niente paziente.Niende era in preda al panico, anche se cercava di non darlo a vedere; doveva fuggire da lì, quella gente era pericolosa! Si apprestòad alzarsi con la scusa di dover tornare al lavoro - Luce doveva essere davvero tardi! - ma non fu così semplice andarsene, Brienneancora insisteva. Loras dovette tornare alla sua naturale compostezza per riuscire a calmare la donna, anche se l’impresa non eradelle più facili.«Non dirmi di stare calma Rohedric!» Bene, adesso sapeva anche il vero nome dell’uomo. «Non siamo giunti fino a qui solo pervederci sbattere la porta in faccia da questa ragazzina!»A quel punto Niende si alzò bruscamente, attraversò la stanza in due passi e raggiunse la porta; sentì dietro di sé il commentodell’uomo: «Stupida donna, l’hai spaventata a morte, come credi che vorrà aiutarci adesso!» Non ebbe il tempo di scoprire cosaBrienne avesse risposto - senza dubbio nulla di piacevole - perché si ritrovò presto a correre giù per le scale, solo per poi fermarsi dibotto arrivata quasi in fondo.Fece un ampio respiro, cercando di mantenere la calma, ed entrò nella sala comune con tutta l’umiltà che riuscì a trovare: unaDevota non se ne andava in giro a testa alta e per giunta correndo a rotta di collo.Niende si sorprese nel vedere che aveva ancora tempo a disposizione per cui si incamminò verso il suo incarico pomeridiano conassoluta calma, forzandosi di rilassare la mente e traendo ampie boccate di aria fresca per eliminare la discussione appena avuta.Luce fa che sia un incubo! Voglio svegliarmi e scoprire di essere ancora nel mio letto.Ma non era un sogno questa volta, tutto era mostruosamente reale.

«Finalmente anche questa giornata è finita,» mormorò sottovoce Niende mentre entrava nella sua stanza, «la Luce sa quantoabbia bisogno di riposare.»La cella era buia se non per la luce delle stelle che si intravedevano nello scorcio della finestra, ma bastava per arrivare ai piedi delletto a pochi passi di distanza. Una forma indefinita alla sua destra le disse che Larin era già tornata e che dormivaprofondamente, a giudicare dai suoni che arrivavano alle sue orecchie. Doveva stare attenta a non svegliarla o la donna l’avrebbescorticata. Larin era una lavoratrice come lei, e si diceva si fosse spontaneamente consegnata ai Manti Bianchi tanto di quel tempofa ormai, che il ricordo del suo peccato si era perso nella memoria. Personalmente Niende dubitava che la donna fosse arrivata atanto, ma aveva imparato ad aspettarsi di tutto dalle persone nell’arco della sua breve vita. In ogni caso, grazie alla sua anzianitàLarin godeva di certi “privilegi”, non tra i Manti Bianchi chiaramente - il massimo che le concedevano era variare gli orari dilavoro - ma tra le altre donne, che la tenevano in gran conto quasi fosse la governante di un castello!Mentre si avvicinava al suo giaciglio si accorse che i rumori provenienti da Larin sembravano più mugolii, e le si accostò concircospezione.La donna era sveglia e aveva gli occhi sbarrati, un bavaglio sulla bocca le impediva di parlare e sembrava avesse mani e piedilegati. Con orrore Niende fece per slegarla, ma un mugolio più forte da parte dell’altra la fece voltare di scatto.«Mi dispiace ragazza, ma non ci hai dato altra scelta.»L’unica cosa che vide prima di cadere a terra priva di sensi fu la figura di un uomo, alto e con una cicatrice sulla guancia, che sichinava su di lei, poi l’oscurità l’avvolse.

Mabien Asuka

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Erano partiti di buon mattino con lʹintento di giungere quasi a metà della strada che li separava da Dobied prima di fermarsi perla notte, il maltempo dei giorni passati sembrava aver finalmente ceduto il passo a giornate di sole, ma il freddo era ancorapungente. Hysaac si era stupito parecchio del fatto che Mab avesse tirato fuori le armi che Folar aveva dato loro prima dellapartenza: come aveva dimostrato da una breve conversazione, il ragazzo non aveva idea dei pericoli al di fuori delle città, ma lei sì,il problema era giustificarlo e ancor più complesso sarebbe stato farlo poi se quelle armi avessero anche dovuto usarle, ma erameglio non pensarci nemmeno. Riuscì comunque a convincerlo che per sicurezza fosse meglio tenere un pugnale in cintura e unpaio di spade a portata di mano.La parlantina del giovane era di costante compagnia durante il viaggio e presto Mab dovette ammettere che non le dispiacevaaffatto: Hysaac era davvero simpatico e spiritoso, aveva un bel modo di fare, così aperto e ingenuo che sembrava uscito da unracconto. La mattina e un bel poʹ di chilometri passarono rapidi tra chiacchiere e risate, Mab sentiva allentarsi la morsa di angosciache lʹopprimeva e tutto questo grazie a lui, non ricordava nemmeno lʹultima volta che si era sentita tanto... leggera. Girandosi aguardarlo con un sorriso di gratitudine e incredulità allo stesso tempo, gli propose di fermarsi per pranzare con il pane e ilformaggio che si erano portati.Mentre lui concedeva fieno e un poʹ di libero movimento a Giocasta, Mab accese un piccolo fuoco su cui far bollire lʹacqua per unpaio di tazze di te con cui scaldarsi. Quando Hysaac la raggiunse, prese la sua tazza e si mise a sedere poggiato al tronco di unalbero di fonte a lei.«Tu non sei di Kiendger, vero?»Prima o poi glielo avrebbe chiesto, se lo stava aspettando, non per questo riuscì ad evitare di farsi andare di traverso il te.Lʹaspetto fisico di Mab non celava per nulla le sue origini meridionali e lʹocchio di un viaggiatore molto esperto sarebbe persinostato in grado di individuare la sua precisa città natale, ma questo non pensava fosse il caso di Hysaac: Daing era una città troppoai margini della Confederazione e pochi, per fortuna, ne conoscevano leggi e usanze. Ad ogni modo la pelle scura era unacaratteristica tipica di alcune popolazioni delle terre al confine col deserto, Mab inoltre aveva occhi affusolati e capelli neri che nonsolo la identificavano come abitante di Daing, ma la classificavano come adʹien, ovvero pretendente sposa per la famiglia reale deiDarakʹien, secondo le ferree leggi di successione stipulate per mettere fine alla sanguinosa guerra per il trono tra la dinastia deiReydʹkin, il cui ceppo si diceva provenire dal deserto prima della frattura del mondo, e quella dei Darakʹien appunto. Dai tempidel concordato, la pace della città era sempre stata assicurata alternando al trono i discendenti delle due dinastie, dei quali venivarigidamente preservata la purezza somatica tramite matrimoni combinati: per questo motivo Mab Asuka, ribattezzata Mabien,era stata sottratta alla propria famiglia in tenera età per il solo «merito» di avere capelli neri perfettamente lisci e occhi affusolatialtrettanto neri ed era stata cresciuta, insieme ad altre cinque adʹien, al solo scopo di poter essere scelta in sposa dal futuro reDarakʹien di Daing. Allo stesso modo i discendenti dei Reydʹkin sceglievano i loro consorti tra gli adʹkin dai capelli rossi e ibrillanti occhi verdi.«Mia madre era figlia di un mercante originario di un piccolo villaggio a sud di Kerine» disse Mab tra un colpo di tosse e lʹaltro.Era la risposta che si era preparata e che altre volte aveva usato, ma Hysaac rimase a fissarla mentre sorseggiava il suo te.Finirono il pranzo e ripresero il viaggio in silenzio, finchè lui lʹinterruppe«Eʹ che hai qualcosa di strano... sembri voler nascondere qualcosa»lo disse con tono quasi imbarazzato, guardandola un attimo e poi tornando a fissare la strada davanti a loro«Se la vuoi mettere così, allora anche tu dovresti spiegami come può il nipote di uno stalliere permettersi di studiare allʹaccademiadi Dobied» replicò lei, con tono piatto e distaccato«Allora davvero mi nascondi qualcosa!» esclamò lui girandosi a guardarla.Mab fece spallucce «E allora? Anche tu»Il silenzio di nuovo la fece da padrone, lasciando pensare e sperare alla ragazza che la discussione fosse conclusa li e invece ancorauna volta fu Hysaac ad interromperlo«E va bene! In realtà mio padre è un colonnello dellʹordine dei Figli» disse come se gli fosse stata estorta la confessione con la forza.Mab sʹirrigidì e serrò le mani attorno alle redini tanto forte da far scricchiolare la pelle dei guanti per lʹattrito. Hysaac fece un lungosospiro e poi continuò«Corteggiava mia madre, ma lei lo respingeva e così lʹha presa con la forza e sono nato io.» La sua voce era poco più di unmormorio, mentre parlava guardando il lembo del mantello che continuava a farsi passare tra le dita. «Poi ha pagatoprofumatamente il suo silenzio. Mia madre non voleva quei soldi, ma poi li ha accettati al solo scopo di darmi la possibilità divivere libero dai soprusi dei manti e di realizzare i miei sogni ed è quello che voglio fare.»Tacque un poʹ e poi riprese «Odio i Figli, odio il loro ingiusto potere e lo sconsiderato uso che ne fanno. Mi piacerebbe fare qualcosaper... per... sovvertire tutto, ma sono solo il figlio di una contadina che sa e ama leggere. Seguirò la mia strada, diventando unbravo architetto e renderò fiera mia madre, aspettando il giorno in cui i Figli cadranno sotto il loro stesso potere!» le sue mani oratremavano di rabbia mentre stringeva il mantello.«Non dovresti esternare certi pensieri con tanta leggerezza» fu il solo commento che venne da fare a Mab, ormai rilassata:lʹingenuità avrebbe messo nei guai quel ragazzo. Lui la guardò un poʹ preoccupato, ma lei sorrise «La penso come te, ma è meglionon fare certi discorsi con gli sconosciuti.»

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«E allora conosciamoci: io ti ho raccontato il mio segreto, ora tocca a te!» replicò lui«Non ti ho mica chiesto io di raccontarmelo. Io non...» Mab si azzittì sentendo un preoccupante fruscio provenire dallavegetazione ai margini della strada. Con la mano sinistra andò alla ricerca del pugnale che si era messa in cintura, mentre con ladestra esplorò il carro dietro la schiena, per portare davanti la spada.Hysaac spalancò gli occhi «Non cʹè bis...» Mab gli chiuse malamente la bocca, poi gli fece cenno di star zitto. Non mancava moltoal prossimo villaggio e le zone limitrofe ai centri abitati erano spesso frequentate da banditi pronti ad assalire i mercanti dipassaggio: a questo era pronta, a vedersi invece spuntare fuori dagli alberi tre trolloc davvero no. Non era la prima volta che lecapitava un simile sgradevole incontro, ma così vicino ad una città aveva dellʹincredibile. Lanciò subito il pugnale verso uno diloro, senza ottenere un gran risultato, poi con la spada tagliò le corde che tenevano Giocasta legata al carro, troppo tardi per evitareche questo si ribaltasse a causa della corsa folle a cui lʹaveva sottoposto la cavalla impaurita. Istintivamente poi prese Hysaac perun braccio e se lo trascinò dietro saltando via appena prima di essere coinvolti dalla caduta del carro e del suo carico. Non fece intempo a rimettersi in piedi brandendo la spada con entrambe le mani, che già il muso zannuto di una delle tre creature grondavabava davanti a lei: abbassandosi evitò di essere presa e riuscì anche a mandare a segno un colpo, causando al trolloc una ferita chelo fece solo incollerire maggiormente. Si allontanò quindi dai rottami del carro, facendosi seguire dalle bestie come previsto, poi siconcentrò su quello a lei più vicino: era più alto di lei di almeno mezzo metro, sulla pelle gli sputavano sporadiche piume nere, ilnaso e la bocca erano uniti a formare una specie di becco poco pronunciato e le dita, quattro, terminavano in lunghi artigli checercavano di afferrarla. Con un colpo deciso riuscì a tranciargli un arto, quando già il secondo trolloc le si parava davanti.Dallʹaltra parte Hysaac urlò, il trolloc ebbe un attimo di esitazione che lei sfruttò per conficcargli la spada nel basso ventre. Lacreatura emise un grido che poco aveva di umano e si tirò indietro portando lʹarma con sé, ancora piantata nelle carni.«Hysaac! Le otri!» gridò al ragazzo, che tremava impaurito palesando quando fosse inutile la spada che stringeva, mentre untrolloc gli si faceva incontro. Non ebbe tempo di vedere se lui aveva colto il suggerimento perchè le due bestie che aveva solo feritogià stavano tornando alla carica e lei era disarmata adesso. Senza perdere altro tempo intessè aria per tenerseli lontani e poi confilamenti di fuoco colpì il terzo trolloc prima che raggiungesse Hysaac. Concentrata ad eliminare quello, abbassò la sua protezionedai due a lei più vicini quel tanto che bastò ad uno dei due per riuscire ad agguantarla con lʹunica mano che gli restava, maqualcosa gli fece perdere lʹequilibrio e diede la possibilità a Mab di liberarsi dalla presa. Rotolò via rapidamente e con aria e fuocoscagliò dardi infiammati verso le due creature che Hysaac era riuscito a far cadere come birilli facendo rotolare le otri di acquaviteverso di loro: non era propriamente lʹidea di Mab, ma era stata comunque una mossa efficace.Solo quando fu certa di avere ucciso tutte e tre le creature, la ragazza percepì il dolore della ferita al ventre che probabilmente siera riaperta durante la lotta. Si lasciò cadere a sedere e poi si stese con la schiena a terra, respirando con affanno, gli occhi chiusi inuna smorfia di fatica e il sapore di sangue in bocca. Rimase ferma così a recuperare il fiato per un poʹ, sperando che il dolorescemasse e pensando alle spiegazioni che avrebbe dovuto dare poi ad Hysaac: avrebbe dovuto giustificare non solo di saper usarepiuttosto bene una spada, ma addirittura di poter incanalare.Prese un ultimo respiro, poi alzò la testa: Giocasta era fuggita chissà dove, il carro era ridotto ad un ammasso di legname dallaforma poco riconoscibile, il carico era perso e Hysaac, unʹespressione attonita in volto, sembrava essersi pietrificato. Stringendo identi per il dolore, Mab alzò il busto poggiando il peso su un gomito. Hysaac la fissava a bocca aperta in un punto preciso delcorpo, probabilmente la ferita stava sanguinando parecchio e lʹaveva impressionato. E così mentre con una mano andava adindagare cosa ne fosse stato dei punti e delle bende con cui era stata curata solo il giorno prima, si guardò in basso scoprendo qualefosse in realtà la sorpresa finale che aveva sconvolto il ragazzo, come se già tutto il resto non fosse bastato: la maglia di lana diMab si era quasi completamente lacerata davanti per il lungo, denudandole un seno. Mentre si ricopriva più irritata cheimbarazzata, alzò gli occhi al cielo, si fece ricadere a terra con la schiena e imprecò.

Siadon

Era quasi l’alba e si era svegliato da poco. Sdraiato a letto fissava il buio sopra di sé con la sgradevole sensazione di non essere nelposto giusto. Non era per Thea che ancora dormiva usando il suo petto come cuscino, gli piacevano i momenti passati fingendo diessere una coppia, il problema era che si sentiva come tirato verso qualcosa e più i giorni passavano più la sensazione si facevareale.«Hmm.. Buongiorno amore» le sentì dire con voce assonnata, lui la accarezzò ignorando il senso di torpore che gli correva lungo ilbraccio e rimasero qualche istante in silenzio.«Dovremmo andarcene da qui, oggi» disse Thea dopo un lungo momento, questa volta con voce chiara, tracciando sul petto diSiadon un simbolo per fargli capire che nessuno al di fuori della stanza li avrebbe sentiti.«Si» rispose lui, non nevicava ormai da un quarto e la neve caduta di recente era abbastanza assestata da permettergli diraggiungere il monastero. «Diamo la solita scusa?»«Puoi sempre dire che vuoi cercare un prete che ci sposi se preferisci»

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«Eh, ci sto quasi facendo l’abitudine: una casetta isolata, quattro animali, un focolare, tu con addosso un grembiule che cucinitorte..»«Si, davvero fantastico..»«Si.. andiamocene»«Cos’hai contro le mie torte?» Continuò Thea ormai incapace di trattenere le risate«Io nulla, sono loro che provano ad uccidermi ogni volta!»«Si vede che te lo meriti» Rispose baciandolo, facendo segno che aveva rilasciato la barriera.

Dannazione! Pensò Siadon sprofondando per l’ennesima volta nella neve con tutta la gamba. La partenza aveva preso più tempodel previsto, tra i saluti, il recupero di quanto avevano nascosto nella grotta e l’affidare i cavalli ad una stalla dei manti bianchi aHirlomap, si erano trovati ad affrontare la lunga salita proprio nelle ore più calde della giornata. Procedevano lentamente,fermandosi spesso a riprendere fiato e spendendo gran parte delle energie per uscire dalle buche che i loro stessi passi formavanonella neve. Avrebbe voluto ripensare agli ultimi avvenimenti, come era solito fare quando percorreva quel sentiero, comprendeval’importanza delle notizie che portavano e avrebbe voluto trovare un modo per evitare le conseguenze peggiori ma la lentaprogressione occupava tutta la sua mente, tanto che quasi si stupì nel trovarsi dinnanzi al monastero, ormai in tarda serata.Esausti si salutarono e dopo aver indossato le tuniche grigie iniziarono ad affrontare i primi interrogatori. Solo dopo aver ripetutogli avvenimenti degli ultimi giorni a tre persone diverse gli portarono una zuppa e della carne.Sono ancora vivo pensò mentre controllava che le pietanze fossero prive di veleni, non poteva esserne certo senza le correttetessiture ma dubitava che avrebbero usato mezzi tanto costosi per eliminarlo.Quindi, o reputano quella ribelle una pazza visionaria oppure sono davvero disposti a credere all’esistenza di creature leggendariee di questo Drago che combatterà una battaglia contro l’ombra stessa.Nei giorni precedenti si era domandato spesso come avrebbe reagito la sua famiglia a queste notizie, fortunatamente i suoi fratellie le sue sorelle non avevano deciso di nascondere quei fatti, in tal caso sarebbe già morto, c’era però qualcosa di sbagliato nelledomande che gli avevano posto. Era un aspetto curioso del complesso meccanismo che governava il monastero, dopo anni diesperienza gli interrogati riuscivano a leggere tra le domande alcuni pensieri di chi le poneva. Non era abbastanza per nasconderequalcosa o per mentire senza essere scoperti ma a volte si riusciva a cogliere qualche informazione.Loro già sapevano realizzò ingoiando l’ultimo boccone. La storia del Drago era una novità anche per loro ma il resto no, qualcunaltro deve avergli parlato di queste creature dell’ombra.

Merian Elen Syana

«Si sta svegliando.»La voce squillante di un ragazzo le arrivò alle orecchie come una sferzata; non le era familiare e Niende pensò che stesse ancorasognando. I ricordi dell’incubo appena vissuto erano ancora freschi nella sua mente, troppo reali per poterli dimenticare, e avevaun gran mal di testa che le offuscava i pensieri.«Finalmente!»Un’altra voce si aggiunse alla prima e la ragazza aprì gli occhi riconoscendola. Si tirò su a sedere appoggiandosi su un gomito e unprimo sguardo di quello che aveva di fronte le bastò per capire che non aveva sognato: un’ampia radura circondata da alberi pienadi persone dai visi sconosciuti e Rohedric davanti a tutto il resto. L’uomo si stava inginocchiando davanti a lei, un ampio sorriso glisolcava il volto, e aveva in mano quello che sembrava un piccolo fagotto.«Dove mi trovo?» chiese la ragazza con voce impastata dal sonno. «Cosa mi avete fatto?»«Calma, non ti agitare... ecco metti questo sulla testa, -il fagotto altro non era che della neve avvolta in uno straccio- ti allevierà unpo’ il gonfiore.» Rohedric l’aiutò a mettersi a sedere con la schiena rivolta a un albero e le porse l’involtò. La ragazza sussultòquando lo appoggiò alla nuca, se per il freddo o il dolore non sapeva dirlo, ma premette con decisione sulla ferita. La fitta alla testanon accennava a diminuire e adesso qualcos’altro si faceva strada nella sua mente: una strana sensazione al di là della sua portata,una presenza a lungo sopita che tornava a ridestarsi, ne ebbe paura.«Ariel può prepararti qualcosa per il mal di testa se lo desideri, è molto brava con le erbe.»Era stato il ragazzo dalla voce estranea a parlare, un giovane allampanato con grandi occhi azzurri - non poteva avere più divent’anni - che sorrideva a Niende come fosse un bambino di fronte a un nuovo giocattolo. Aveva in mano un pezzo di legno chechiaramente stava lavorando poco prima che lei si svegliasse - dalla forma sembrava essere un uccello - e appoggiato a terra aportata di mano c’era un arco con una freccia pronta per essere incoccata.«Lui è Jon, il mio fratellino,» disse Rohedric accennando al ragazzo sedutogli di fianco. «Guardati da lui, è un gran mascalzone. Tiha già puntato gli occhi addosso.»I due fratelli si scambiarono un sorriso complice ma che non aveva nulla di malizioso e Rohedric sorrise a sua volta a Niende per

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rassicurarla, ma la donna li guardava intontita.Abbassando la voce l’uomo proseguì:«Sono costernato Merian, non avrei voluto colpirti, e certamente non così forte, ma vedi…» L’uomo abbassò lo sguardo a disagiocercando qualcosa di meglio da dire.«Allora perché l’hai fatto?» chiese Niende senza rabbia.«Perché era necessario.» Brienne era arrivata senza che lei l’avesse sentita, spuntata da un punto alle sue spalle che non riusciva avedere. La donna, alta e fiera, si ergeva in tutta la sua statura e la guardava con il solito cipiglio altezzoso quasi non gradisse la suapresenza. Braccia incrociate al petto, le gambe leggermente divaricate ben piantate sul terreno, sembrava un capitano sul pontedella sua nave, pronta a dare ordini e ad aspettarsi che tutti li eseguissero senza fiatare.Rohedric al contrario, nella sua giubba blu e argento, ricordava un nobile nella sua sala da ricevimento. Se non avesse avutoquell’espressione letale negli occhi.«Non turbarla più di quanto non sia già, Brienne, penso tu l’abbia spaventata a sufficienza.» L’uomo si era alzato fronteggiandola nuova arrivata - la donna era alta, ma lui riusciva comunque a guardarla dall’alto in basso - e l’altra abbassò le braccia con unsospiro: era difficile non arrendersi a quello sguardo. Si voltò verso Niende e fece una smorfia, poi se ne andò dalla parte opposta adove era arrivata chiamando a gran voce Ariel. Rohedric tornò a sedersi di fronte a lei.«Devi perdonare Brienne, a volte ha dei modi un po’ bruschi - solo a volte? pensò Niende - ma è una brava persona. E’ solopreoccupata per quello che sta succedendo.»«E cosa sta accadendo, per amore della Luce?» Parlare le costava fatica, tanto più se andava in collera, e sentì di nuovo quellapresenza in un angolo della sua testa.«Vuoi dire che non lo sai? Sangue e ceneri ragazza, dove hai vissuto fino adesso?»Rohedric scoccò un’occhiataccia al fratello, che fece un ampio gesto con le mani come in segno di scusa e tornò a lavorare il suolegno.«Per dieci anni sono stata sotto la protezione dei Manti Bianchi, per lavorare e servire il Signore Capo degli Illuminati - che la Lucelo protegga - ed essere lontana dalle tentazioni e i peccati del mondo. E ora voi mi avete portato via dalla mia casa e ancora non miavete dato nessuna spiegazione, e non parlo di tutte quelle assurdità sul Drago Rinato.» Tutto questo lo aveva detto con una talecompostezza che lasciò Jon a bocca aperta. Il ragazzo aveva lasciato andare l’oggetto - questa volta poteva vederlo bene, sembravaun corvo - e con espressione allibita guardò il fratello, che sorrise, suo malgrado.«Potrei dirti che non esiste nessun Drago Rinato e che tutto questo non è reale. Potrei dirti che i Manti Bianchi proteggono i nostrisonni dall’Ombra e che i Trolloc o i Myrddraal sono solo favole per bambini. Potrei dirti che il nostro mondo sta vivendo anni dipace e che continuerà a farlo.Potrei dirti tutto questo e altro ancora, se ti fa stare meglio, ma non è la verità.Sei venuta da noi ieri per avere delle risposte e ora devi accettarle, che ti piacciano o meno.Spogliati di quello che sei, Merian, e indossa la tua vera natura.»Lei lo guardò sorpresa, le lacrime che già si raccoglievano agli angoli degli occhi, e Rohedric annuì col capo come per infonderleforza. Quelle parole….Non ebbe il tempo di ribattere né tanto meno di lasciarsi andare al pianto: Brienne era ritornata, seguita da una donnaleggermente paffuta dagli occhi gentili.Aveva una coppa fumante in mano e le sorrise affettuosamente mentre si inginocchiava per porgergliela.«Che la Luce ti protegga Merian! Benvenuta tra noi, io sono Ariel.» La donna aveva una voce musicale e profonda che suscitavaserenità, e attorno a lei aleggiava un dolce profumo di rosa selvatica che stonava con quello che proveniva dalla tazza: forte espeziato.«Questo è un infuso di varie erbe che ho colto io stessa, ti servirà a calmare il mal di testa e a rasserenare lo spirito. Il sapore èdisgustoso - aggiunse sorridendo - ma è molto efficace.»Si assicurò che Niende lo bevesse tutto prima di alzarsi e, salutando Rohedric con un cenno del capo - che questi ricambiò con unodei suoi sorrisi affascinanti - si allontanò ancheggiando, conscia degli sguardi dei due uomini su di sé.Brienne sembrava oltraggiata e borbottava sottovoce guardando di traverso Rohedric.«E’ una strega?» chiese Niende accennando ad Ariel. Jon scoppiò a ridere - aveva la risata del fratello, l’unica cosa che liaccomunava - e scosse la testa divertito.«Sei davvero strana, lo sai? Se non me lo avessero detto non avrei mai creduto che fossi tu la persona che stiamo cercando.» Poirivolgendosi ai suoi due compagni: «Temo non sarà facile insegnarle. Forse Lord…» Un’occhiata da parte di Rohedric lo fermòall’istante e Jon cambiò argomento.«Penso che andrò a finire il mio corvo in santa pace. Se vuoi scusarmi Merian…» Si alzò facendo un profondo inchino quasi fosseun menestrello, raccolse le sue cose e se ne andò a grandi balzi fischiettando un motivetto allegro. Niende non aveva mai visto unapersona più bizzarra.«Non appena ti sentirai meglio partiremo. I Manti Bianchi potrebbero essere già sulle nostre tracce; è trascorsa la seconda oraormai, si saranno accorti che manchi all’appello.» Rohedric parlava tra sé riflettendo sulla strada migliore da prendere.La seconda ora? Luce, aveva dormito per dieci ore di fila! Ma non erano i Manti Bianchi il suo pensiero in quel momento, Jonstava per dire qualcosa prima di andarsene che avevano volutamente tenuto nascosto.«Chi è questo Lord?» chiese con aria innocente come se stesse parlando del tempo.Rohedric si riscosse dai suoi pensieri ma non rispose, e Niende incalzò dissimulando interesse.«E cos’è che dovreste insegnarmi?»«Lo saprai quando sarà il momento,» rispose Brienne in un tono che non ammetteva repliche.Rohedric si alzò e disse a Niende di riposarsi ancora per un po’ finché poteva, aveva intenzione di partire in meno di mezz’ora esperava che quel tempo le sarebbe bastato per recuperare le forze. La donna era ancora debole e non poteva fare altro che stare ai

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loro ordini, ma decise che sarebbe scappata alla prima occasione. Si coricò di nuovo sulla coperta ai piedi dell’albero e rimase congli occhi aperti a fissare il cielo mattutino mentre i due si allontanavano verso il centro del campo. Non era sua intenzionedormire, l’aveva fatto anche troppo, ma si appisolò senza rendersene conto e il sogno tanto atteso arrivò all’istante.

Si trovava all’interno della ormai familiare locanda, tutto era immoto e uguale a come era sempre stato, tranne per la luce: unchiarore dovuto alle molte candele accese si diffondeva per tutta la lunghezza della sala comune e lei poteva vedere bene l’uomoche l’attendeva seduto al suo solito tavolo.Con il cuore in gola si avviò verso di lui, camminando a passo svelto quasi avesse timore che potesse sparire da un momentoall’altro.Quando gli si avvicinò lui si alzò e le sorrise. Luce poteva morire per quel sorriso! Pensò che non potesse esserci un uomo piùattraente al mondo, e uno strano pensiero le passò per la mente: arrossì di colpo cercando di concentrarsi su altro, ma ogni voltache guardava l’uomo quell’idea si affacciava nella sua mente. Aveva passato troppo tempo con Arlene!«Dove sei stato?» gli chiese con la voce tremante dall’emozione. L’uomo le sfiorò una guancia con la mano e sentì il calore del suocorpo diffondersi in lei attraverso quel breve contatto. Chiuse gli occhi assaporando il momento, inspirando profondamente, ilcuore che le batteva all’impazzata.«Sono sempre stato qui,» e poi, toccandole il petto con l’altra mano, «e qui.»Avvicinò il viso a quello di lei e ne respirò il profumo, socchiudendo gli occhi estasiato, e sfiorò le labbra con le sue fino a lasciarsiandare completamente in un bacio pieno di ardore.Sembrava che il tempo si fosse fermato, tutto intorno a lei era indefinito e sfocato, consapevole solo dell’uomo che le stava difronte. Abbandonarsi alle proprie emozioni, farle scorrere dentro di sé come un mare in tempesta, era questo il significato dellavita?Niende aprì gli occhi e si ritrovò a fissare quelli dell’uomo, che la guardava come se non l’avesse mai vista prima. Le sorrise ancorae la strinse nel suo abbraccio: rimasero così per quella che parve un’eternità prima che lei interrompesse il silenzio.«Qual è il tuo nome?»L’uomo guardò un punto fisso di fronte a sé, come perso nei suoi pensieri, poi si sciolse dalla stretta dolcemente e la fissò.«Le persone di Hamadrelle si riferiscono a me come a un Lord, sebbene non capisca il perché, ma tu puoi chiamarmi Mat.»

Morgan Neglentine

Montò a cavallo non appena fu fuori dallʹavamposto e si diresse verso Sud ad un trotto leggero. Dopo circa una mezzʹoraraggiunse uno degli ingressi nascosti ai tunnel che portavano a Tsorovarin: si trattava di cunicoli artificiali, creati con lʹausilio delPotere, che attraversavano la montagna fino alla caverna naturale dove la città era stata edificata.Una volta allʹinterno spinse il cavallo al galoppo, lì la pavimentazione era piatta e continua e lʹanimale non rischiava diazzopparsi. Sottili flussi di Spirito attraversavano trasversalmente il cunicolo, formando una sorta di ragnatela visibile solo ad unincanalatore. Morgan attraversò la ragnatela di Potere senza rallentare: il guardiano che l’aveva intessuta avrebbe avvertitol’interruzione dei flussi e avrebbe attivato i sistemi di difesa, chiudendo il tunnel in modo da intrappolare eventuali invasori, poisarebbero entrate in opera le sentinelle che si trovavano nella guardiola a metà del tunnel. Avrebbe trovato un’altra rete simile atre quarti del condotto, che a sua volta segnalava la presenza di intrusi ad un posto di blocco posizionato all’ingresso della caverna.Le sentinelle conoscevano bene Morgan e sapevano che era atteso, per cui non lo disturbarono. Ciò nonostante, ci mise unʹora pergiungere allo sbocco del lungo tunnel; una volta fuori si trovò di fronte lʹimmensa caverna, il cono di un antico vulcano ormaiinattivo. Al centro esatto si trovava un lago dalle acque limpidissime. Il fondo della caverna era composto da un terrenoparticolarmente fertile, coltivabile grazie alla luce solare che giungeva dalla cima del cono vulcanico rimasta aperta, e su cui eranosparse diverse fattorie, sia isolate che in piccoli gruppi. Quattro gallerie davano accesso alla caverna, sbucando in corrispondenzadei quattro punti cardinali. Da esse quattro strade convergevano verso una collina che sorgeva sulle sponde del lago, e che ospitavail Forte. Il Forte era un palazzo squadrato, costruito con la stessa roccia scurissima che costituiva le pareti del vulcano, dimora delcapo clan e sede delle riunioni del Consiglio del clan Neglentine. Alle pendici della collina si raccoglieva la città di Tsorovarin, unadelle più caratteristiche delle Città della Notte. In breve tempo Morgan raggiunse le prime case della città; poi, percorrendo lʹampiavia principale, abbastanza trafficata a quellʹora, arrivò al Forte. Lì le guardie lo lasciarono passare, riconoscendolo. Morgan lasciò ilcavallo alle abili cure degli stallieri ed entrò, dirigendosi agli alloggi destinati ai membri del consiglio, certo di trovarvi sia suo padreche sua madre.Mentre vi si recava fu intercettato da un servitore, che lo fermò dicendogli «Siete atteso alla sala del Consiglio, mio signore. Vihanno visto arrivare e sono stato mandato per condurvi». Speravo di avere il tempo di darmi una rinfrescata, disse il ragazzo trasé e sé, ma se il consiglio ha tutta questa fretta deve trattarsi di qualcosa di importante! «Fai pure strada!» rispose allʹuomo. Seguìil servitore attraverso alcuni corridoi e giunse alle ampie porte di quercia che introducevano alla sala del consiglio; il servitore lo

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lasciò lì in attesa mentre annunciava il suo arrivo, quindi gli fece cenno di entrare e se ne andò nuovamente per svolgere le propriemansioni. Prendendo un profondo respiro, Morgan fece il suo ingresso nellʹampia sala circolare, per metà della quale correvanodelle gradinate in pietra, da dove le persone comuni potevano assistere alle riunioni pubbliche del consiglio. Terminate le gradinatecʹera uno spazio di circa un metro per parte, quindi iniziava una fila semicircolare di seggi, in tutto venti, di cui solo dieci erano inquel momento occupati. Ad occuparli erano quattro generali, il capo clan e le rispettive mogli. Era infatti usanza che le mogli deicondottieri avessero parola allʹinterno del consiglio. Il giovane si portò di fronte ai seggi, al centro dello spazio circolare rimanente, erimase in attesa; il capo clan, Liam Neglentine, un uomo di statura media con spalle ampie, corti capelli neri e acuti occhi azzurri,si alzò dicendo: «Benvenuto, Morgan. Sei stato convocato poiché, dopo aver letto i rapporti del capitano Duncan, il consiglio hadeciso di affidarti una missione di prova, dal cui esito dipenderà il tuo immediato futuro: se dimostrerai di essere allʹaltezza dellenostre aspettative riceverai il permesso di sottoporti allʹiniziazione per ufficializzare il tuo passaggio allʹetà adulta.»Morgan strabuzzò gli occhi: finalmente il consiglio aveva deciso di metterlo seriamente alla prova. Non aspettava altro da quandoaveva raggiunto lʹetà in cui si manifestava la capacità di incanalare, che in lui era risultata innata, «Ne sono onorato!», risposedopo pochi istanti, « posso chiedere in che cosa consiste la missione?».«È molto semplice.», rispose Lord Liam, «Tu e trenta soldati scelti, che hanno da poco terminato lʹaddestramento, sotto il tuocomando, vi dirigerete a Coraman, tramite un passaggio aperto appositamente. Da lì partirete per pattugliare la zona a sud dellacittà: i nostri alleati Faine hanno ricevuto la segnalazione di un nutrito gruppo di trolloc e hanno richiesto il nostro aiuto. Tu e ituoi uomini, tra cui sono presenti alcuni altri incanalatori, dovrete scovarli ed eliminarli, cercando, se possibile, di scoprire qual’è ilmotivo della loro presenza nelle Montagne della Nebbia. Per la durata della missione ti sarà permesso di incanalare, qualora ve nesia necessità. Una volta concluso rientrerai qui per essere sottoposto al rituale».Morgan ascoltò attentamente quindi annuì «Molto bene, allora andrò a prepararmi.» disse; stava per voltarsi ed uscire quando ilcapo clan aggiunse: «Hai tempo fino al pomeriggio; il passaggio verrà aperto nel cortile interno, nel frattempo sono certo che i tuoigenitori vorranno averti un attimo tutto per loro. Ora va, sai tutto ciò che ti serve sapere».Morgan e i suoi genitori si incontrarono negli appartamenti privati. Il padre, un uomo alto e dalla corporatura slanciata chesomigliava molto a Morgan nei lineamenti del viso, somiglianza accentuata dalla corta barba castana che entrambi portavano, loaspettava vicino al caminetto acceso. La madre, una donna di altezza media dalla carnagione chiara e lineamenti delicati, dailunghi capelli corvini e brillanti occhi verdi, che il figlio aveva ereditato, era seduta in una comoda poltrona con un libro aperto ingrembo. Oltre al caminetto e a due poltrone, la stanza aveva un arredamento molto semplice, un tavolino posto tra le duepoltrone e una libreria lungo una delle pareti. Per renderla più calda, il pavimento e le pareti erano stati rivestiti con legno diquercia, mentre il soffitto era formato da pannelli di noce abilmente lavorati.«Morgan!» esclamò la madre alzandosi per andare incontro al figlio, che la abbracciò calorosamente mormorando affettuosamente«Madre, sono felice di rivedervi.». Mentre Morgan salutava la donna il padre lasciò silenziosamente la stanza, diretto verso lacamera da letto, quasi non volesse esser visto.Lasciato lʹabbraccio di sua madre, Morgan disse: «Ho bisogno di parlare con voi di una cosa che mi è successa, al consiglio non hoavuto modo di esporla e preferivo parlarne prima con voi... ma, dovʹè finito papà?» chiese guardandosi attorno «Voglio parlareanche con lui di quel che mi è successo, ho bisogno del consiglio di entrambi».«Sta già tornando.» rispose la donna con fare misterioso, poi aggiunse, vinta dalla curiosità: «Di cosa ci vuoi parlare?». Morganradunò un momento i pensieri, ancora in parte confuso, quindi disse: «E’ difficile parlarne, ma cercherò di arrivare diritto alpunto... cosa ne sapete dei Fratelli dei Lupi?» chiese.La madre sembrò spiazzata «Sappiamo che sono combattenti forti e valenti.», rispose, «Più di qualsiasi essere umano, quasiereditassero dai lupi forza e spirito combattivo. Sono inoltre in grado di comunicare con i lupi anche a grandi distanze, benchénessuno sia mai riuscito a capire come. Tuttavia il loro destino può essere molto triste: se si lasciano dominare dalla parte lupescain loro rischiano di perdere la propria natura umana; ricordi le leggende su Perrin Occhidoro!?». «Sì, madre.», rispose il giovane«Le ricordo... E cosa mi sapete dire del legame tra il mondo dei sogni e i lupi?», chiese nuovamente, «Voi siete una camminatricedei sogni, forse qualcosa in più mi saprete dire?»«I lupi camminano nei sogni come noi umani, ma più di questo non ti so dire... ma perché tutte queste domande Morgan?»domandò preoccupata; il ragazzo rispose con voce tremante «Perché motivo di credere di essere un fratello dei lupi, madre. Hofatto uno strano sogno, e un lupo era con me». Il ragazzo sospirò tristemente e aggiunse: «Da una parte credo che nei lupipotremmo trovare dei valenti alleati, sempre stando alle antiche leggende, ma dallʹaltra ho il timore di non riuscire a controllare laparte lupesca e di perdere la mia umanità! Eʹ un richiamo così forte!», mentre diceva questo si avvicinò a una delle poltrone e vi silasciò cadere stancamente, appoggiando il gomito ad un bracciolo e portandosi la mano alla tempia per massaggiarsela. «Il lupodel sogno mi ha detto che non sono ancora pronto per visitare il mondo dei sogni, ma anche di prendermi cura del ragazzo che viho visto, qualora dovessi incontrarlo... non so davvero che fare madre!».Nascondendo la propria preoccupazione la madre si avvicinò e, senza dire nulla, si mise ad accarezzargli i capelli; in quel mentre ilpadre rientrò nella stanza nascondendo qualcosa dietro le spalle. Morgan lo notò, tolse la mano dalla tempia e con un timidosorriso chiese «Cosʹavete lì padre? E come mai fate tanto il misterioso?».«Lʹavevamo conservata per questo giorno, il giorno in cui saresti diventato un membro a tutti gli effetti dei Neglentine» mentreparlava lʹuomo mostrò lʹoggetto che aveva in pugno: si trattava di uno spadone dallʹelsa a croce, con un pomello a forma di testadʹorso, il simbolo dei Neglentine. Lʹelsa era dʹargento e lʹimpugnatura era ricoperta di cuoio nero. «Che aspetti? Prendila: è tua!»,disse, porgendola a Morgan, che appariva stranito. Il ragazzo prese delicatamente la spada, inguainata in un fodero di morbidapelle nera decorato in argento, e si accorse con stupore di quanto fosse leggera. Afferrando lʹelsa, con lʹaltra mano estrasse la lama,e fu ancor più stupito nel notare un airone inciso, da entrambe le parti, sul piatto della lama. «Padre!», esclamò, «Ma questa è unalama creata col potere! Questo è davvero un dono stupendo... ma non so se sono davvero allʹaltezza di una lama come questa!».Il padre lo guardò severo e si limitò a dire: «Sei un Neglentine!». La madre, leggermente irritata, fissò prima il padre e poiMorgan, «Sei anche per metà Ladrielle, non scordarlo. Nelle tue vene scorre il sangue dei protettori! E poi sono fiera di poter

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affermare che sei uno dei migliori combattenti tra quelli della tua età. Dipana i tuoi dubbi, figlio mio, e non pensare di nonesserne all’altezza!»Morgan rinfoderò la spada, rinfrancato dallʹamore e dallʹorgoglio che poteva leggere negli occhi verdi della madre e in quelli grigidel padre, «Avete ragione madre, farò tutto il possibile per rendere onore alla mia famiglia, prima di tutto, e per dimostrare diessere degno di questa spada!» disse fieramente «Grazie per tutto quello che fate per me, so che posso sempre contare sul vostroaiuto.», aggiunse con la voce che tremava per lʹemozione. Non era bravo a parole, ma amava molto i suoi genitori e avrebbe fattodi tutto per dimostrare di esser degno della loro fiducia.«Fai attenzione lupacchiotto.» Gli sussurrò allʹorecchio la madre, non resistendo alla tentazione di abbracciarlo; Morgan la fissò unpoʹ sconvolto. Solo in quel momento il padre si rese conto che cʹera ancora qualcosa di cui doveva essere informato, «Chesuccede?», chiese, un poʹ seccato per non essere stato il primo a ricevere le confidenze del figlio. Morgan respirò a fondo quindi feceun rapido riassunto al padre di quanto gli era accaduto il giorno prima, sogno incluso.Mentre finivano di parlare si sentì bussare alla porta. Il padre, che era il più vicino, andò ad aprire; parlò brevemente con chiaveva bussato quindi chiuse la porta e tornò verso la famiglia «Era un servitore mandato a chiamarti Morgan: è tutto pronto perla partenza.», disse, e senza aggiungere altro strinse brevemente il polso del figlio, nella tipica stretta da guerriero.«Sarà meglio che vada, allora.», disse il giovane, «Sono felice di aver avuto il tempo di parlare con voi, ora sono un poʹ piùtranquillo riguardo il mio futuro.»Si riscosse da quei pensieri mentre usciva nel cortile interno dove si era aperto il passaggio. Preso posto alla testa dei guerrieriNeglentine al suo comando, spronò il cavallo e attraversò il portale, ritrovandosi a Coraman. Salutò quindi una delegazione deiFaine che li stava aspettando in quello che pareva essere il cortile di un imponente palazzo. «Benvenuti amici!», disse loro lʹuomoa capo della delegazione, «Vi mostrerò i vostri alloggiamenti, così avrete modo di sistemarvi; a cena vi verranno dati i dettagli perla missione che vi aspetta, e domattina allʹalba partirete»

Merian Elen Syana

Il tempo impiegato a partire fu più lungo del previsto.Brienne e Rohedric battibeccavano sulla destinazione da prendere senza giungere a una conclusione, mentre Ariel li osservava insilenzio facendo di sì con la testa a ogni proposta dell’uomo. Jon si teneva alla larga già pronto per il viaggio: con quel suo stranoarco ricurvo appeso dietro la schiena e un grosso fagotto posato ai suoi piedi, se ne stava appoggiato a un albero a braccia conserte,di tanto in tanto guardando il cielo come se fosse la cosa più interessante del mondo e fischiettando un altro dei suoi motivettiallegri. Anche gli altri membri del gruppo che era venuta a salvarla - due grossi uomini dall’espressione truce intenti ad affilare leenormi lame delle loro spade - attendevano pazienti che i due finissero di discutere. Evidentemente era uno spettacolo al qualetutti erano abituati, Rohedric e Brienne sembravano pronti a litigare per qualsiasi cosa!Aveva pensato che quello poteva essere un momento perfetto per scappare, nessuno sembrava fare caso a lei - anche se era certache i due uomini fossero molto più consapevoli di quanto accadeva loro attorno di quanto dessero a vedere - ma l’idea le sfiorò lamente solo per un momento e se ne andò velocemente così come era venuta. Adesso era convinta della veridicità delle parole diRohedric e del motivo per il quale erano venuti a cercarla: Mat aveva confermato tutto quanto, e udire il suo nome pronunciatodalla bocca dell’uomo d’un tratto non le sembrò più così spaventoso.Aveva ancora paura e non sapeva se sarebbe stata in grado di affrontare questa missione, ma l’avrebbe comunque portata atermine, se non altro perché gliel’aveva chiesto lui.L’uomo le aveva detto anche altro però, e questo l’aveva turbata più di ogni altra cosa, lasciandole dentro un grande senso divuoto.Come avrebbe fatto a quel punto? Se quello che gli aveva detto era vero - e non aveva motivo di dubitarne - non credeva cheavrebbe avuto la forza di andare avanti.Ci doveva pur essere una soluzione, per la Luce! Forse qualche Incanalatore poteva… no! Quale pensiero orrendo le era venuto,cercare aiuto da quella gente!La mia gente, pensò con amarezza.Fu all’improvviso di nuovo consapevole di quella presenza in un angolo della sua mente e rabbrividì.Era comparsa nel momento stesso in cui aveva aperto gli occhi quella mattina, ma l’aveva associata al mal di testa e non vi avevafatto caso. Ora invece si rendeva spaventosamente conto che era ancora lì, in attesa.Era sempre stata lì in verità, solo quietata dall’impossibilità di raggiungerla, e adesso che era fuori da Ishamera gridava a granvoce di essere toccata. Merian tentava di resistere a quel richiamo, ma più si opponeva, più desiderava aprirsi a quello che sapevaessere il Potere.Fu difficile distogliere l’attenzione ma dovette farlo, aveva passato metà della sua vita al sicuro da quel tocco e non sapeva comeavrebbe potuto reagire al suo contatto, chissà quali cose tremende ne sarebbero scaturite. Rabbrividì di nuovo.

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«Indossa questi, alla svelta.» Brienne e le sue dolci maniere si erano avvicinate di soppiatto - di nuovo! -e Merian sussultò quando le lanciò i vestiti che aveva in mano.«Quando sarai pronta Ariel ti metterà uno dei suoi impiastri ai capelli. I Manti Bianchi cercheranno una donna bionda e dailunghi capelli e immagino tu non voglia tagliare quella magnifica chioma, giusto?» Era sarcastica ovviamente, non era certo il tipoche faceva complimenti. Merian sospettava che la donna si sfogasse con lei per tutte le volte che non l’aveva vinta con Rohedric e lacosa cominciava a irritarla. Una buona dose di schiaffi non le avrebbe fatto male!Forse si poteva usare il Potere in tal senso… magari pensandoci intensamente… scacciò immediatamente il pensiero - bè, nonproprio immediatamente - e si concentrò sui vestiti, guardandosi attorno per cercare un riparo adeguato per cambiarsi. Fece amalapena un passo in direzione del limitare degli alberi che Brienne la fermò alzando perentoria una mano.«Dove credi di andare? Non pensarai che ti lasceremo gironzolare qua e là a tuo piacimento! Sanno tutti com’è fatto il corpo diuna donna, il tuo o quello di mia nonna non fa differenza, togliti quello straccio e muoviti, abbiamo già perso troppo tempo.»Vedendo che Merian la guardava con occhi sbarrati, Brienne sospirò spazientita e raccolse la coperta da terra, tenendogliela davanticome fosse un paravento. «Così va meglio sua altezza?»In risposta Merian si limitò a svestirsi in tutta fretta. I nuovi abiti erano decisamente più confortevoli del suo vecchio vestito -d’altronde non ci voleva poi tanto - anche se forse un po’ troppo maschili per i suoi gusti e persino fuori misura. Le brache delcolore della terra, di una semplice lana leggera in vista della primavera imminente, erano alquanto abbondanti e dovette stringerecon forza i lacci per tenerle in vita; la blusa color panna era invece stretta sul davanti e lasciava intravedere una considerevoleporzione di seno, cosa che tutto sommato non le dispiaceva, riflettendoci. Una cintura la teneva aderente al corpo più di quantoavrebbe dovuto e i morbidi stivali di pelle erano un tantino larghi, ma dopo aver portato per anni un vecchio indumentomalandato, questi erano abiti degni di un nobile e nonostante tutto erano comodi e le permettevano di muoversi con libertà.Libertà… che dolce suono aveva quella parola!Ariel si avvicinò alle due donne col suo passo ondeggiante: le gonne divise per cavalcare mettevano in risalto le gambe nude sopragli stivali, ma a lei sembrava non importare, anzi camminava orgogliosa e quasi sembrava oscillasse apposta per mostrare piùcarne possibile.Brienne la guardò storto ma l’altra donna le rispose con il suo ampio sorriso gentile, anche se gli occhi avevano un che dimalizioso. In qualche modo questa cosa non fece che irritare ancor più Brienne, che imprecò a denti stretti e incrociò le braccia alpetto, dandole le spalle.L’erborista non le concesse un secondo sguardo e dedicò tutta la sua attenzione a Merian.La ciotola che aveva in mano conteneva uno strano impiastro che le spalmò per tutta la lunghezza dei capelli e dopo di che li feceentrare in qualche modo in una cuffia che avrebbe dovuto tenere per quasi un’ora se voleva fare attecchire la tintura. Arielsosteneva che infine, dopo un buon risciacquo, avrebbe ottenuto un colore rosso scuro, ma la sua espressione diceva che aveva fortidubbi a riguardo. In ogni caso non poteva fare diversamente, o questo o un taglio netto, anche se poteva voler dire andare in girocon i capelli color carota!«Allora, dove andiamo adesso?» chiese la ragazza una volta pronta.Brienne si voltò e sogghignò alla vista della cuffia che conteneva a stento i capelli, ma stranamente non fece nessuna battuta.«Dovresti essere tu a dircelo ragazza! Non siamo venuti fin quassù per farti fare un viaggio di piacere.»«Brienne, i tuoi modi sono sempre così dolci da fare sciogliere il cuore.» Ariel la canzonò guardandola con innocenza. «Forsedovresti cominciare a mostrare un po’ di polso o la ragazza penserà di essere in vacanza.» Detto ciò se ne andò senza nemmenodare all’altra il tempo di replicare.Sopprimendo a fatica un sorriso, Merian sentì l’altra donna borbottare qualcosa che non suonava particolarmente gentile prima dirivolgersi di nuovo a lei, questa volta ammorbidendo il tono, per quanto poteva.«Merian, hai avuto qualche visione, fatto qualche sogno che possa darci un’indicazione sulla strada da percorrere? Rohedric èimpaziente di muoversi ma io non ne vedo il senso se non abbiamo una meta precisa. Qualsiasi suggerimento sarebbe gradito.»La ragazza la guardò stupita per un momento come se non si aspettasse quella domanda - ma in fondo era per questo che era qui,no? - e rifletté a lungo prima di rispondere.Dopo aver parlato con Mat era ripiombata in un sogno che non faceva da settimane e che ormai aveva completamente rimosso. Inrealtà erano due, ma in qualche strano modo sembravano essere collegati.

Un bellissimo ragazzo dai lunghi capelli castani lottava con delle creature dalle teste di animale. Si muoveva con la grazia di unfelino e la sicurezza di un uomo addestrato da tempo a combattere: la sua spada portava a segno ogni colpo e in breve aveva uccisoi tre aggressori.All’improvviso un suono di corni lo aveva circondato. Il ragazzo era forte e determinato, pronto ad affrontare qualsiasi cosa stesseandando lui incontro, ma prima che il sogno scivolasse via da lei aveva scorto sul suo viso un’espressione spaventata.

Il vento si era appena alzato e portava con sé il freddo dell’inverno, mentre l’uomo si avventava sulle orrende bestie deformi conuna furia spaventosa. Era circondato da quegli esseri da tutti i lati, ma nulla potevano contro la rabbia che lo travolgeva. Altri loaiutavano nella sua lotta con altrettanta determinazione, ma non riusciva a vedere chi fossero. L’immagine di un lupo le si eraaffacciata alla mente per un momento per poi tramutarsi di nuovo in quella dell’uomo l’istante successivo.Il portamento fiero gli dava un’aria di comando, un uomo abituato alla guerra che incuteva timore e rispetto. C’era però qualcosadi strano in lui, qualcosa che lo rendeva speciale. I suoi occhi…

Merian ricordò che erano stati proprio quegli occhi a farla svegliare di soprassalto. Non aveva mai visto nulla del genere in vitasua!Aveva appena cominciato a parlare che Rohedric si era unito alle due donne senza dire una parola. Una mano sul pomo della

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spada, l’altra sul fianco, osservava Merian come se volesse trapassarla con lo sguardo. Una volta finito, l’uomo inclinò leggermentela testa di lato e guardò in alto aggrottando le sopracciglia. Brienne lo studiava intensamente, il viso addolcito come ogni volta chelo guardava. Sembrava che entrambi si fossero dimenticati della sua presenza, ognuno assorto nelle proprie riflessioni - anche senon era sicura che quelle dell’altra donna riguardassero i suoi sogni. Merian si schiarì la voce e Brienne si girò verso di lei,palesemente seccata di essere stata disturbata - qualunque cosa stesse pensando - e aprì la bocca per parlare, ma Rohedric laprecedette.«E’ molto strano… ma decisamente interessante.»Tutto qui? Era questo il massimo che aveva da dirle?«Quando faccio questi sogni è come se guardassi al di fuori del mio corpo. Sono me stessa e sono ogni cosa che vedo. Io ero l’uomo,ed ero il ragazzo, e avvertivo le loro sensazioni.»Adesso aveva la completa attenzione di Rohedric e la donna continuò:«L’uomo, quello dagli occhi dorati - un brivido le attraversò la schiena al ricordo - attorno a lui era come se vi fosse un senso diaspettativa. Non so spiegarmi meglio, ma sentivo che doveva sbrigarsi a fare qualcosa, qualcosa di importante. E il ragazzo…»Sospirò non riuscendo a proseguire «…una minaccia di morte incombe su di lui,» disse infine con riluttanza.Un silenzio di soli pochi istanti e Brienne entrò finalmente nella conversazione.«Questo non è molto d’aiuto se non sappiamo dove si trovano!» disse alzando le braccia al cielo.Merian chiuse gli occhi per un attimo sforzandosi di ricordare.«C’era molto freddo, e un vento gelido che sferzava un terreno ancora coperto di neve. Attorno la radura era spoglia tranne cheper gli alberi sempreverdi e una piccola pianta a forma di stella dal colore rosa acceso.»Aprì gli occhi alzando le spalle rassegnata e continuò:«Ricordo solo di avere pensato come poteva una pianta così bella crescere in un luogo così ostile. Nient’altro…»Rohedric la guardò e un sorriso scaltro gli comparve sul volto.«E’ davvero una fortuna che i sogni siano tornati a ripresentarsi proprio adesso.» Poi, come meditando tra sé: «Fortuna, o ilDisegno...»La osservò attentamente e il sorriso scomparve.«Preparatevi a partire,» gridò volgendo indietro la testa, «andiamo a nord!»

Mabien Asuka

«Aiutami ad alzarmi» disse Mab, allungando una mano verso Hysaac. Lui si avvicinò, ma prima di aiutarla balbettò «Cos...cosʹerano quelli?» tremava.«Aiutami adesso, alle spiegazioni ci pensiamo dopo» e afferrò le mani del ragazzo, per mettersi in piedi. Aggrappandosidolorosamente a lui raggiunse il bordo della strada e si mise a sedere appoggiandosi ad un albero poi gli ordinò «Vai a recuperare inostri bagagli e vedi se riesci a portare qui un poʹ di acquavite»Hysaac si muoveva più lentamente di quanto lei avrebbe voluto, non smetteva di fissare i cadaveri dei trolloc e aveva lʹaria assentedi una persona che ha appena perso tutte le proprie certezze, ma Mab non aveva tempo per preoccuparsi della sua salute mentale.Cercò di esaminarsi la ferita: come previsto si era riaperta, era imbrattata di fango e aveva un pessimo aspetto, il dolore nonaccennava ad attenuarsi.Il ragazzo tornò con le loro cose: i suoi libri sembravano quelli che avevano risentito maggiormente dellʹincidente, ma lui nonpareva preoccuparsene, appoggiò tutto a terra accanto a lei e si chinò a guardarle il taglio. Per prima cosa Mab prese una borracciadʹacqua, con cui tentò di pulirsi, ma lui la fermò«Lascia fare a me: ho fatto pratica sugli animali di mio zio, il sangue non mi fa impressione»Spostò con delicatezza i lembi degli abiti della ragazza per liberare il più possibile la zona ferita, iniziò a rovesciarci sopradellʹacqua, ma quando andò per toccarla, la sua mano si bloccò titubante«Sono unʹincanalatrice, non ho una malattia, se è quello che ti disturba» disse lei, immaginando quale fosse la causa del suotentennare«No, non è quello, cioè... si... no, quello è un altro discorso, è che è diverso che avere a che fare con la zampa ferita di un vitello.Ho paura di farti male»«Per la Luce, me lo auguro di essere diversa da un vitello!» sdrammatizzò lei, ma lui non disse nulla, non sorrise nemmeno, losguardo ancora fisso sul ventre di Mab e quella sua tipica espressione da ragazzino scanzonato che già pareva un vecchio ricordo.Si era tirato indietro quasi tutti i capelli, ma qualche ciocca continuava a ricadergli davanti, le folte sopracciglia e la mascelladelineata erano contratte mentre pensava a come intervenire.«Forse è meglio che ne bevi un poʹ, prima che la usi per disinfettarti» e le allungò quel che rimaneva di una delle otri, ora ridottaad una sorta di scodella malmessa. Quella roba era dannatamente forte, ma la tracannò sperando che potesse aiutarla a

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sopportare il dolore. Non fu affatto così e quando lui gliela passò sulla ferita, Mab non potè fare a meno di gridare.«Non ha funzionato, eh?» chiese lui che intanto si era fermato«Assolutamente no, dammi qua» e si fece aiutare a berne ancora: il risultato fu che sentiva comunque dolore, le girava la testa, lostomaco le si rivoltava e la stanchezza dovuta al fatto di aver lottato e incanalato si faceva sentire ancora più forte. Mentre luicontinuava a pulirle la ferita e cercava di fermare lʹemorragia almeno temporaneamente, la ragazza sentiva le forze venir sempremeno, ma non poteva cedere: al prossimo villaggio mancava circa unʹora di viaggio se avessero avuto ancora il carro, ma adessoche erano a pieni e lei era in quello stato, almeno quattro ore di cammino non gliele avrebbe tolte nessuno. Era già pomeriggioinoltrato, dovevano rimettersi in strada al più presto per raggiungere un posto sicuro, dopo quel brutto incontro a maggiorragione.Hysaac lʹaveva curata come meglio poteva e lʹaveva aiutata ad alzarsi, dopo che lei si era cambiata con qualcosa che almeno nonfosse ricoperto di fango e sangue. Recuperare le armi era una cosa che le aveva sempre dato fastidio e non riuscì ad evitare di daredi stomaco mentre estraeva la spada dai resti di uno dei trolloc. Malgrado tutto non stava troppo male e riuscì ad affrontare lalunga camminata: a parte il fatto che doveva reggersi a lui, era quasi presentabile e quando arrivarono al villaggio non diederotroppo nellʹocchio.Durante il viaggio Mab aveva dovuto dare qualche spiegazione sullʹaccaduto: nellʹincredulità del ragazzo, gli aveva parlato ditrolloc, di creature dellʹOmbra e del Tenebroso, del Potere e delle persone in grado di usarlo, per quel che ne sapeva almeno,specificando che non erano affatto leggende o racconti di menestrelli, come aveva appena potuto constatare. Quando però lui vollesapere qualcosa in più su di lei, Mab pose fine alla discussione«Ma scusa, sei tu che mi hai coinvolto in tutto questo» protestò HysaacMab lo trapassò con lo sguardo «Tu ti sei autoinvitato sul mio carro, o accettavo o tanto valeva dire che ero unʹincanalatrice infuga dalla città. Quei trolloc ti avrebbero assalito anche se avessi viaggiato con un vero mercante di liquori, dovresti piuttostoringraziarmi perchè ti ho salvato la pelle»«Su questo non cʹè dubbio, anzi davvero, cercherò il modo di sdebitarmi, però credo comunque di avere il diritto di sapere chi sei»«No»«Se i Manti Bianchi dovessero prenderci, sarei accusato anchʹio di tradimento per il solo fatto di viaggiare insieme a te, non haimotivo di tenermi ancora nascosto qualcosa. Non credi che sarebbe giusto farmi almeno sapere per chi sto correndo il rischio?»«No»«Non ho intenzione di tradirti, puoi fidarti di me!»«Se non mi fidassi, saresti già morto. Dovresti ringraziarmi anche di questo»Gli occhi verdi di Hysaac erano schizzati mentre si girava a fissarla, dopo di che non disse più nulla.Al villaggio trovarono ancora una stanza con due letti, dove Hysaac riuscì a prendersi meglio cura del taglio di Mab, quindiscesero a mangiare ancora nel silenzio quasi totale: forse lʹaveva spaventato più del dovuto, era solo un ragazzo la cui visione delmondo era stata sovvertita nel giro di una decina di minuti, nessuno però aveva consolato lei quando le era capitato lo stesso anniprima eppure era ancora lì, il ragazzo si sarebbe fortificato, il che era solo un bene. Rinfrancata dal pensiero, diede un altro morsoalla coscia di pollo che teneva poco elegantemente in mano. Parlarono solo per decidere il da farsi per riprendere il viaggio:lʹindomani avrebbero comprato due cavalli, compromettendo seriamente le loro finanze, ma così sarebbero bastati due o tre giornial massimo per arrivare a Dobied e una volta lì Hysaac avrebbe potuto accedere liberamente al denaro di cui disponeva in banca.Mab aveva sperato di non doverci nemmeno entrare in città, ma il ragazzo voleva sdebitarsi con lei almeno in quel modo e lei nonera affatto nella posizione di poter rifiutare una simile offerta.Ora che sapeva, Hysaac rimase in sala mentre la ragazza saliva in camera per prepararsi per la notte. Da sola nella stanza si lasciòprendere da riflessioni amare, tanto che le venne voglia di mettersi a piangere, cosa che detestava fare. Cʹerano momenti però, equesto era uno di quelli, in cui aveva la netta sensazione che tutti i suoi sforzi fossero vani. Si stupì nel trovarsi a pensare connostalgia a quegli ultimi anni a Kiendger: in un certo senso Krooche le aveva dato una sorta di stabilità, o comunque qualsiasicosa fosse ora le mancava terribilmente, per quanto le desse fastidio ammetterlo. Pur non avendo ceduto alle lacrime, lʹespressionedel suo volto doveva essere abbastanza esplicita perchè Hysaac si mise a sedere sul letto accanto a lei«Posso fare qualcosa?»Mab alzò su di lui lo sguardo assente, stupendosi di trovarlo lì. Non si era accorta che fosse entrato in camera.«No. Niente. Buonanotte» cercò di liquidarlo«Smettila di trattarmi come un moccioso. Mi hai salvato la vita oggi, se posso aiutarti in qualche modo, lo voglio fare, dicodavvero»Mab sospirò«Sono solo stanca Hysaac, stanca di tutto questo, stanca di scappare continuamente, nascondermi e arrabattarmi in ogni modo persopravvivere. Dopo tutta questa fatica lʹidea che la mia corsa possa essere fermata da uno stupido trolloc... Vorrei solo potermifermare, ma non posso, dovrei non essere chi sono, ma è un discorso senza senso»Doveva assolutamente raggiungere i ribelli, ovunque essi fossero: di loro aveva solo sentito parlare, ma erano la sua sola speranzaper vendicarsi di tutto ciò che aveva subito e per riportare alla normalità la sua città natale, posto che ce ne fosse ancora bisogno oche semplicemente non fosse irrimediabilmente troppo tardi. Quando era stata allontanata da Daing, la situazione volgeva alpeggio, ma chissà cosʹera successo in ormai dieci anni di lontananza. Con aria di rassegnazione tornò a guardare il ragazzo«Sono solo stanca»Si sentì a disagio nel trovarsi allʹimprovviso tra le sue braccia, tanto che non ricambiò il gesto, rimanendo immobile mentre lui lastringeva e diceva«Non sarà molto, ma è lʹunico aiuto che posso darti per ora»Poi allontanandosi da lei continuò«Almeno puoi dirmi il tuo vero nome adesso?»

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«Puoi chiamarmi Mab»Era la prima volta che diceva il proprio nome ad alta voce da quando a diciotto anni era stata portata a Kerine per essere vendutacome schiava.«Devo proprio confessarti una cosa, Mab: sono lieto di aver scoperto che sei una donna»«Perchè?»«Mi stavo rendendo conto che mi faceva troppo piacere vederti sorridere. Avevo cominciato a farmi delle domande!»Mab sorrise «Non farmi ridere che mi fa male il taglio»La rassicurante espressione da ragazzino era ritornata, segno che digeriva piuttosto bene i cambiamenti. Il tempo di augurarsi labuona notte e lei crollò nel sonno.

Il mattino sembrò arrivare troppo presto per Mab, ancora terribilmente indolenzita dallʹattività del giorno prima, ma entrambiavevano voglia di mettersi in marcia al più presto: trovarono un paio di cavalcature a buon prezzo e in men che non si dica eranogià in strada. La ragazza però non poteva permettersi unʹandatura troppo veloce e dopo due giorni di viaggio, ancora non eranogiunti a Dobied. Dopo una sosta per la notte ad un villaggio in cui avevano dovuto dormire in una camera matrimoniale, si eranomessi in strada di buonʹora contando di arrivare in città nel pomeriggio. Hysaac aveva una pessima cera, gli occhi pesti di chi nonaveva chiuso occhio, addirittura non parlava: le aveva detto che avrebbe dormito meglio seduto sulla sedia, ma lei aveva insistitopensando che lo facesse solo per cavalleria, invece... Luce, da dove usciva fuori quel ragazzo?Mab si stava divertendo a punzecchiarlo in proposito quando videro la figura di un uomo a cavallo procedere in direzione oppostaalla loro, niente di insolito o preoccupante se non che dopo qualche metro capirono che si trattava di un Manto Bianco.Procedettero fino ad incrociarlo, per sicurezza Mab aveva messo in pratica un trucco imparato da Ellis – quel nome continuava afarla sentire ingiustamente in colpa - anni prima, che le permetteva di nascondere il fatto che poteva incanalare, una precauzioneeccessiva visto che lui non se ne sarebbe comunque potuto accorgere, ma la prudenza non era mai troppa. Quando furonoabbastanza vicini riconobbe il volto di un uomo che lavorava per Krooche e che disgraziatamente conosceva bene anche lei peraver fatto alcune missioni insieme. Salutarono con reverenza, come si conveniva normalmente al cospetto di un Figlio della Luce,lui ricambiò con un lieve cenno della testa e li oltrepassò. Mab stava per rilassarsi quando udì gli zoccoli del cavallo dellʹuomotornare verso di loro, il cuore le tornò in gola«Aspetta un attimo. Tu! Girati!»Hysaac si era già voltato, lei dovette fare altrettanto. Lʹuomo le si avvicinò, osservando il suo viso con attenzione«Che la Luce mi accechi se tu non sei Lamya Jabar. Cosa stai cercando di fare qui?»«Hysaac allontanati» disse lei piano, senza guardarlo. Il ragazzo confuso fece fare qualche passo indietro al cavallo«Vattene!» ma lui fece solo qualche altro passo indietroLʹuomo intanto aveva portato il proprio cavallo di fianco a quello di Mab, le loro gambe erano a contatto«Mi è appena giunta la notizia della tua morte, ma mi sembri in forma per essere un fantasma» e le prese il volto con una mano«Lasciala stare!» Hysaac si stava stupidamente facendo avanti per fronteggiarlo, ma Mab, liberatasi dalla presa, si girò furiosa«Ti ho detto di andartene!» e gli indicò la strada «Vai!»Lui tentennò, ma poi si allontanò. Mab tornò a guardare lʹuomo a pochi centimetri da lei«Graham mi ha fatta andare via»Il Manto Bianco rise di gusto «Certo proprio lui, come no? Mi ha appena chiamato a rapporto: è successo qualcosa in città edobbiamo intervenire.» Sorrise beffardo «Eʹ una fortuna averti incontrata, così verrai con me»«Io ne sono fuori»Lui rise di nuovo«Immagino che ti piacerebbe, ma non esiste che io lasci libera una strega maledetta: se non vuoi seguire la Luce, non hai diritto divivere!» un attimo dopo con un flusso dʹaria Mab bloccava il pugnale con cui lui stava tentando di ucciderla. Il resto avvenne inpochi istanti: lui aveva allungato lʹaltra mano per afferrarle la gola, ma si era trovato bloccato anche quella, poi si era trafittoletalmente con la sua stessa arma spinta dai flussi controllati dalla ragazza, che intanto lo fissava in occhi iracondi e terrorizzatiinsieme. Gli si colorarono di sangue le labbra e poco dopo cadde da cavallo. Mab tolse la sella dallʹanimale e lo colpì per farlocorrere via. Poi, ancora con lʹaiuto del Potere, bruciò il cadavere e le sue cose perchè non fossero minimamente riconoscibili, quindine gettò i resti tra la vegetazione, il più possibile lontano dalla strada. Spossata dallo sforzo, risalì a cavallo e raggiunse Hysaac cheaveva fatto solo poche decine di metri e che quindi aveva visto tutto. Prima ancora che lui potesse aprir bocca, lei cupa disse «Nondire una sola parola» e ripresero il viaggio.Era tardo pomeriggio quando scorsero le mura di Dobied: il documento mostrato alle guardie ai cancelli provocò un mormorio trai due soldati che lo lessero, ma i ragazzi vennero fatti passare senza controllare altro. Per quella notte avrebbero dormito in unalocanda fuori dal centro, il giorno dopo Hysaac sarebbe andato in banca, avrebbe dato a Mab di che campare per un poʹ e poi sisarebbero salutati: lui sarebbe entrato allʹaccademia come sognava, lei avrebbe ripreso il suo viaggio verso nord, come doveva.

Siadon

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Seduto di fronte al caminetto acceso, nelle sue stanze al monastero di De’domorashi, Siadon stava osservando i riflessi dellefiamme rincorrersi lungo la lama di un antico pugnale, il migliore che avesse mai avuto. Era un’arma terribile, creata tramite ilPotere dai suoi fratelli durante la tirannia, forse addirittura prima. Non era lunga quanto le armi che usava ultimamente, nonsarebbe servita a molto contro una spada ma era perfetta per i lavori discreti e silenziosi, talmente affilata che sembrava in gradoti tagliare persino i riflessi del fuoco e con un complesso intreccio di solchi e scanalature studiati appositamente per trattenere delveleno e rilasciarlo nelle ferite.Sarai stanco di fare il soprammobile pensò rivolto al pugnale, poi ne immerse la lama in un liquido scuro, ormai tiepido,contenuto in un bicchiere poggiato di fianco a lui. Siadon osservò ammirato il metallo rifiutarsi di gocciolare mentre lo estraevalentamente, per poi avvolgerlo nella custodia e nasconderlo sotto la pesante tunica grigia che ancora portava.Dal suo arrivo, la sera prima, era stato sottoposto a otto interrogatori ed ancora non era finita. Solitamente significava la morte diqualcuno del gruppo ma in questo caso poteva trattarsi semplicemente della particolarità delle notizie. Se così deve finire, così siapensò gettando il bicchiere dal balcone.

Era tornato a sedersi da poco quando bussarono alla sua porta e Gurlav entrò nella stanza. «Seguimi» disse semplicementel’anziano, significava che ancora non era stato riconosciuto come un fratello. Dannazione, tra tutti proprio lui?! Chissà che razzadi antidoti si beve questo a colazione! Pensò Siadon mentre usciva dalla stanza. Era sicuro di non aver lasciato nessun indizio, ilfungo usato per il pugnale non emanava nessun odore, inoltre stava sveglio solo grazie ad un infuso di alcune foglie che di certoavrebbe coperto qualsiasi altra essenza.Ignorò i due uomini che attendevano appena fuori e seguì il vecchio percorrendo diversi stretti cunicoli illuminati da una serie dicandelabri. Un’altra volta? Si domandò Siadon realizzando che si stavano dirigendo verso le stanze usate per gli interrogatori. Nonne fu sollevato, lui stesso aveva ucciso qualcuno li dentro, era più che altro sorpreso, non capiva come potessero pensare di ottenerequalcosa di nuovo.Prima di aprire una pesante porta in metallo Gurlav lo guardò negli occhi, freddo come la morte, il volto solcato da molto piùtempo di quanto mostrasse non tradiva alcuna emozione.Se così deve finire, addio vecchio pensò Siadon sostenendo quello sguardo ed escludendo ogni pensiero, probabilmente sarebbemorto ma non se ne sarebbe andato da solo.Conosceva quella stanza, era una delle più grandi di quella parte del monastero. Numerosi candelabri illuminavano l’interno, lepareti umide ed ammuffite sostenevano diversi attrezzi in grado di far collaborare chiunque o di far confessare qualsiasi cosa,anche il falso. Non venivano usati spesso, normalmente la sua famiglia non faceva prigionieri e la tortura non era il loro metodopreferito, eppure a volte era un mezzo estremamente efficace per ottenere informazioni.

Quella mattina la stanza era piuttosto affollata, oltre a lui e Gurlav c’erano altre quattro persone, tra cui Thea. Luce.. non vorràdavvero sposarmi! Pensò Siadon mandando in frantumi la calma che lo pervadeva fino ad un attimo prima, poi vide la tavolata alcentro della stanza. I ganci e le catene erano stati rimossi per fare spazio a un corpo enorme, dalle forme impossibili. Era statotagliato e studiato, vedeva chiaramente alcuni organi interni che rispecchiavano l’aspetto esterno. Qualsiasi cosa fosse non era unuomo, ne aveva alcune caratteristiche ma altri tratti appartenevano a qualche bestia delle nevi, soprattutto le corna e gli zoccoli.Ecco perché non erano stupiti.«Trolloc. O per lo meno è così che chiamano queste bestie i ribelli che abbiamo incontrato» disse in tono piatto Elsa, una Sorellache gli aveva insegnato parecchie cose sul corpo umano. «Ne avevi già viste di simili?» Continuò la donna«No» rispose Siadon«Non sembri molto sorpreso»«Corrisponde a quanto ho appreso in questi giorni»«La maledetta ed il ragazzo, sì, se non sbaglio vi hanno parlato anche di altre creature, descrivile»«Una dovrebbe essere più simile ad un uomo, solo molto pallido, con occhi spenti che paralizzano chi li guarda, molto veloce..dicono abbia dell’acido al posto del sangue e che comandi i trolloc. L’altra creatura l’hanno descritta come una persona comune,solo molto difficile da vedere fino a che non entra in azione, molto agile»«E tu le hai creduto?»«Ho creduto che sia lei che il ragazzo la ritenessero la verit໫E secondo te lo è?»«Sui trolloc non ho più molti dubbi,» Rispose Siadon guardando la tavolata «immagino esistano anche le altre creature.. anche semi risulta difficile credere ai loro poteri, penso siano in qualche modo ingigantiti dalla paura»Elsa prese da terra un sacco e ne svuotò il contenuto di fianco all’enorme corpo. Qualcosa di pallido e tondeggiante rotolò per unistante sul tavolo fermandosi di fronte a lui, era una testa ma non c’erano occhi a fissarlo, solo due cavità, non stentava a credereche combattere contro una cosa simile terrorizzasse la gente.«Questo lo abbiamo lasciato a contatto del suo sangue» disse Elsa posando un pezzo di ferro corroso sul tavolo, doveva essere statoun pugnale un tempo. Poi continuò «Da quanto tempo li conoscono?»

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«Da poche lune, prima facevano parte dei loro miti»«Li hanno creati loro?»«Non secondo la maledetta ed il ragazzo, li consideravano nemici, l’ombra stessa» Rispose Siadon. Sapeva di rischiare parecchioincludendo l’ombra tra i nemici dei maledetti ma doveva farlo se voleva ottenere qualche indizio.«Ragazzo, conosci già la prossima domanda» Si intromise Tamara. Non gli aveva mai rivolto direttamente la parola, era una trale Sorelle più importanti e raramente partecipava agli interrogatori. Era una sognatrice ed a volte aveva vere e propriepremonizioni, con ogni probabilità era stata lei a mettere lui e Thea sulle tracce degli ultimi ribelli.Luce, potrebbe anche già aver visto questo incontro. Pensò Siadon, non sapeva davvero come funzionassero i doni della donna maaveva la certezza che quegli occhi potessero leggere i suoi pensieri in quel preciso momento. Ripassò mentalmente i movimentiche stava studiando da quando era entrato, anche se dubitava di poter fare molto. Forse avrebbe ucciso Elsa e con una buona dosedi fortuna anche Gurlav ma poi sarebbe morto di certo, probabilmente tramite un coltello lanciato da Thea, era la più veloce tra ipresenti.«Sì» disse infine, percependo la sua voce lontana, come se appartenesse a qualcun altro «penso che il Padre sia giunto, e chedovremmo abbandonare i nostri attuali scopi per cercarlo e per unirci a Lui» Il tempo si fermò nella mente di Siadon, pronto ascattare al minimo movimento ci mise qualche attimo a dare un senso alla risposta di Tamara«Lo pensiamo anche noi, fratello caro» e quando fu certa che lui avesse capito continuò «noi sei siamo i primi, altri si unirannoma non vi nascondo che saranno meno di quelli che dovranno morire.» e per un attimo Siadon fu convinto di aver letto amarezzasul volto della donna.

*** Fine del primo capitolo ***

I Personaggi e i loro Giocatori:Aaron Gaeleaf Selohim di BalthamelMabien Asuka di MercutiaMerian Elen Syana di SilmaCauthonMorgan Neglentine di PerrinNorah di SemirhageSiadon di -wsToras Skellig di Neslepaks

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