tuzzi dal cervello al cuore
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dal cervello al cuore, presentazione fatta da Fabrizio Majorana alla Luiss, su come riscrivere i sistemi di misura nei problem solvingTRANSCRIPT
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Prima di cominciare a trattare questo argomento vorrei che ci concentrassimo su alcune immagini o immaginazioni
Sarà un percorso dal cervello al cuore e dovremo mantenere la consapevolezza nell’avere un approccio tecnico e distaccato
Con il pensiero immaginiamo alcune situazioni e associamo ad ogni immagine una parola che identifichi la scena proposta
Non darò suggerimenti, ma alla fine sarà da queste immagini che partirà il nostro viaggio
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La prima immagine è quella del famoso topo protagonista nel film “Ratatouille”: è assorto, spaventato, sorpreso ad insaporire la zuppa
con il prezzemolo ancora in mano
Cosa possiamo immaginare?
Che parola vi associamo?
Forse determinazione e creatività
Non aggiungo nulla, salutiamo il simpatico topo e conserviamo queste parole fino al termine delle successive immagini che vi
verranno suggerite
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È la volta di un Rolex d’oro
Un orologio da polso molto costoso e, nelle intenzioni di chi lo acquista e lo sfoggia, sicuramente non avente il solo scopo di
misurare il tempo
Le parole che vi vengono in mente?
Certo per misurare il tempo basta un orologio da pochi euro
Qui si tratta di qualcosa di molto caro, di marca e fatto di materiali pregiati
Senza dubbio, immaginare un simile oggetto ci fa venire alla mente parole come ostentazione o eleganza
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Andiamo avanti con la fantasia
È la volta di un aereo di linea della famosa compagnia Low Cost
Una di quelle compagnie che ha “sdoganato” il concetto elitario di viaggio aereo, permettendo a tutti di raggiungere le mete
desiderate, anche solo per un fine settimana, a costi contenuti e dando vita così ad una nuova era nel trasporto passeggeri
Forse possiamo associare a questo punto una parola come economia oppure, meglio, libertà
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La quarta fantasia: immaginiamo un risciò trainato sotto un acquazzone monsonico da un uomo magro… siamo forse in India ed
il risciò ha una copertura in plastica appena sufficiente a non far bagnare troppo il passeggero all’interno, mentre l’acqua arriva al ginocchio dell’imperterrito conduttore alle prese con la sua unica
fonte di guadagno
Determinazione, ostinazione o povertà sono le parole giuste Qualcuno potrebbe suggerire ..tradizioni
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Quinta immagine: ci troviamo ora nella Cappella Sistina, proprio davanti al celeberrimo “Giudizio Universale”
Michelangelo ha eseguito uno dei capolavori più importanti che la storia dell’uomo conserva
Siamo davanti a qualcosa che ci lascia senza parole questa volta, qualcosa che ci regala brividi e commozione
Dobbiamo necessariamente associare una parola nel nostro gioco: capolavoro, straordinarietà, equilibrio?
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Siamo alla fine di questo viaggio immaginario
Deserto del Sahara e, all’orizzonteSi scorge una moto che corre solitaria verso il nulla o verso qualcosa
di straordinario, incalcolabile
Corre verso il nulla per ritrovare tutto
Qualcosa che solo chi sta pilotando può percepire
Forse il suo vero viaggio è un altroè un viaggio diverso da quello che vediamo, forse un viaggio
altrettanto difficile e pieno di insidie e spazi
Non vi è nulla all’orizzonte, solo una moto sola e lontana
Cosa ci viene in mente? Forse passione, qualcuno può suggerire... follia, altri … avventura o
esperienza o “semplicemente” viaggio
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Determinazione, creatività, ostentazione, eleganza, economia, libertà, determinazione, povertà, ostinazione, tradizioni, capolavoro,
straordinarietà, equilibrio, follia, avventura, esperienza, viaggio
Ecco le parole che abbiamo raccolto fin qui
Adesso passiamo alla fase due
Affermiamo che: TUTTO CIÒ CHE NON SI PUÒ MISURARE NON ESISTE
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TUTTO CIÒ CHE NON SI PUÒ MISURARE NON ESISTE
Si può anche non essere d’accordo con questa affermazione, riconosco che sia una affermazione abbastanza forte
Però in un certo senso può essere vera in modo assoluto
Se per un momento affermiamo questo assioma, possiamo cominciare a fare lo sforzo di misurare le nostre “caratteristiche”
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Certo, la creatività in qualche modo si potrà misurare
L’economia per definizione è ovviamente misurabile
Proviamo ad inoltrarci nell’equilibrio o nella follia
Anche la caratteristica viaggio può essere semplice se intendiamo il mero spostamento, ma estremamente complessa se entriamo nel
metaforico
La povertà è relativa e le tradizioni?
La scala è pressoché infinita per quest’ultime
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Certo non voglio portarvi verso la pericolosissima meta di creare degli ingegneri dell’amore o dei calcolatori
di sentimenti
Nel nostro cervello si trovano i pesi di quelle bilance dei vecchi salumieri o farmacie, quelli con due piatti e i vari pesi di riferimento di varie dimensioni
incasellati nelle loro forme idonee
Nel nostro cervello vi è la gamma dei colori e caratteristiche come peso,
volume, densità
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Tutto è chiaro, e se vediamo un contenitore sappiamo, ad occhio, dire che probabilmente
conterrà un litro d’acqua, forse due o ...
Così come se io vi chiedessi di darmi immediatamente la misura dell’ambiente dove
vi trovate probabilmente mi direte quattro, cinque o sei metri se siete in un soggiorno di
medie dimensioni
che qualcuno possa affermare venti o trenta metri o soltanto trenta centimetri, è molto
improbabile
Non avremo bisogno dello strumento per misurare, e non saremo troppo lontano dalla
misura „reale”
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Ma se dal cervello la caratteristica si avvicina al cuore le cose si
complicano e i nostri algoritmi cominciano a diventare nebbiosi, le
frazioni delle nostre divisioni diventano linee storte e le parentesi
iniziano a sgretolarsi.
Maggiore è la vicinanza della caratteristica al cuore tanto più sarà la nostra capacità ed il nostro sforzo di creare un vero e proprio algoritmo
di misurazione.
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Facciamo un piccolo sforzo ancora. Prendiamo una sola delle parole evocate all’inizio; ostentazione
Creiamo il nostro algoritmoSicuramente ci sarà una linea di frazione
A denominatore potremo mettere come valore: numero di volte che indosso l’orologio. A numeratore: numero di volte che desidero
mostrarlo. Con un bel “%” alla fine ed avremo il valore percentuale della ostentazione
Certo è un algoritmo migliorabile, sicuramente dovremo tenere conto di altre cose ma intanto lo abbiamo creato, mentre prima
pensavamo che forse non fosse nemmeno misurabile
Lo stesso sforzo lo possiamo poi ripetere, in forma più o meno complessa, con le altre caratteristiche
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Significa dunque che i limiti sono in noi stessi e nella nostra capacità di creare nuove funzioni, senza avere limiti nella misura. Vi ricordo sempre di giocare con la fantasia e non essere mai troppo
“ingegneri”
Se qualcosa non è misurabile non esiste, abbiamo detto, e possiamo aggiungere: è migliorabile solo ciò che è misurabile
Eppure vi sono aspetti della vostra vita che sono assolutamente migliorabili ma difficilmente misurabili o crediamo che siano tali
Abbiamo detto: creatività, determinazione, ostentazione ...
Abbiamo usato parole come tradizioni, follia, esperienza ...
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Questi sono concetti che esistonoma facciamo più fatica a misurarli
È sicuramente più semplice misurare il denaro
o il peso di una pietra
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Racconto questa storiella: un giorno atterrano sulla terra a sorpresa gli alieni, scendono dalla loro navicella con il preciso scopo di
studiare il comportamento dei terrestri e stilare una relazione da portare nei loro laboratori
Per far ciò decidono di imitare i comportamenti umani e di misurarne su loro stessi gli effetti
Il primo degli aspetti in esame riguarda quello del bere Gli alieni approdano sulla terra, si travestono da umani per non
essere riconosciuti e la prima sera vanno a bere
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Entrano in un pub ed ordinano una vodka con acquaNe bevono in quantità e, nonostante la loro struttura aliena,
ritornano sulla navicella ubriachi non avendo neanche una cultura esatta di “quanto” bere per diventare ubriachi
La seconda sera, scelgono un altro pub ed ordinano whiskey chiedendo che questo fosse allungato con dell’acqua, ne bevono fino
a diventare ubriachi, anche la seconda sera
Salgono sulla navicella e cominciano a stilare la relazione
A quel punto, occorreva una terza prova
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un salto al pub e, anche per l’ultima volta, dopo buone dosi di acqua e rum, rientrano definitivamente distrutti dall’alcol
Si riprendono e stilano il loro rapporto
L’acqua rende gli umani ubriachi
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Era l’unico fattore mantenuto costante e bevuto in quantità tutto il resto cambiava ogni volta
Persino il pub non era stato lo stesso nelle tre sere
L’acqua rende ubriachi
Non fa una grinza
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Misuriamo la formazione
Compito difficile, antipatico, ostico sicuramente come misurare gli effetti sul fatturato di una pubblicità
Dunque cerchiamo di capirci: dovremmo misurare gli effetti che ha sul business di un’azienda il quantitativo di formazione , oppure la qualità del suo personale?
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Una follia! Eppure, se abbiamo seguito i ragionamenti precedenti, non dovrebbe farci più paura
Probabilmente dovremo stare attenti a mettere insieme i giusti algoritmi. Certamente la formazione esiste, dunque è misurabile, e
sicuramente è migliorabile
Tocca a noi allora fare le cose per bene? Certamente, ci stiamo allontanando dal cervello e ci dirigiamo a
passi spiegati verso il cuore
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A volte abbiamo tutti gli strumenti idonei, qualche volta ne abbiamo pochi
Ci sono volte che tutto il ragionamento, le caratteristiche e i soggetti in esame stanno nel cervello e noi, volutamente, spostiamo un
oggetto da misurare verso il cuore, annullando gli strumenti corretti e inserendo fenomeni “di pancia”
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Un esempio è quello che mi è capitato alcuni anni fa quando ero chiamato al responsabile ed entusiasmante compito di presiedere
alla qualità di processo in Ferrari, durante i primi anni di esperienza che ho avuto l’onore di svolgere in azienda
Le vetture lamentavano un cronico problema legato al “peud’orange”. Un difetto di verniciatura sicuramente legato all’abbondanza di vernice di cui quelle vetture godono
Occorreva però comprendere come i parametri influenzavano il fenomeno e tra loro erano correlati
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Proposi di affrontare il problema eseguendo un DOE, un “design of experiments”.
Una delle caratteristiche tipiche di simili approcci soprattutto secondo la mentalità italiana, almeno secondo la mia esperienza, è che certe metodologie vengono relegate agli esperti, ai consulenti
esterni ed ai guru del settore
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Io volevo dimostrare che è sufficiente divertirsi lavorando ed anche le metodologie più estreme si sarebbero potute affrontare anche con
i tecnici di linea (tecnologi)
Certo si trattava di ragazzi svegli, capaci e volenterosi, ma sicuramente non potevano essere indicati come consulenti dai colletti bianchi, con due lauree nel cassetto e noti insegnanti
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Non mi basta ancora
Il fenomeno era già allora brillantemente misurabile dalle strumentazioni specifiche che si trovavano in commercio, parliamo del 1997, per cui sarebbe stato opportuno coinvolgere i tecnici ed
affidare la misura finale a valle dei settaggi del processo ad un idoneo misuratore per leggere risultati esatti
Io volevo portare la misura dal cervello al cuore, anzi … alla pancia
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Per cui decisi di “nominare” uno dei ragazzi come misuratore unico,
incorruttibile e insindacabile
Un esperto, colui che diceva in modo perentorio: questa vernice vale quattro, quell’altra … cinque!
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Certo avremmo aggiunto l’errore della misura nella computazione, ma vogliamo mettere la spinta emotiva che offre il coinvolgimento!
Ricordiamoci della misurazione dell’ambiente in cui ci troviamo, potremmo mai dare risposte assurde?
Abbiamo asserito che vi sono misure facili e oggettive: pesi, volumi, distanze, e vi sono misure difficili, quelle del cuore,
ma … possibili
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Qui si trattava di portare tra le misure del cuore quelle che avevano la “fortuna” di appartenere al cervello, per renderle un po’ più
soggettive ed utilizzarle anche ad altri scopi: creare squadra!
L’esperimento, seppure con un piccolo errore nella misura, fu un successo e l’annoso problema venne risolto in tre giorni
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Bene, ritorniamo adesso al tema del nostro argomento: laformazione ed i suoi effetti
Esiste un rendimento del fenomeno?E’ possibile scrivere un algoritmo consistente che ci forniscal’efficacia di un lavoro così responsabile e molto poco circoscrivibile?Eppure all’inizio abbiamo già mostrato qualche tentativo di misurareperfino l’ostentazione, figuriamoci!
Forse qui un algoritmo può esprimersi nel rapporto tra prodotto edesigenza espressa ma … continuiamo con le domande
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Abbiamo mai pensato di collegare la formazione alle strategie?
Oppure mai pensato di occuparci innanzitutto al prima?
Al prima della formazione stessa per poterla misurare meglio?
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Il punto è proprio questo: sforzarci di trattare con lo stesso approccio anche quegli aspetti che man mano che si allontanano dall’ovvietà per avvicinarsi all’aleatorietà, alla soggettività; nello stesso modo con cui trattiamo le metriche per così dire “semplici”
E tanto più ci avviciniamo a fenomeni non completamente definibili, non circoscrivibili e, anzi, vulnerabili da mille fattori, tanto più
occorre che la nostra inventiva, la nostra immaginazione lavori per rendere scientifico ciò che per sua “fisiologia” non lo è.
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In altre parole è fondamentale che facciamo un passo importante nei confronti della misura in genere
Il più delle volte le metodologie, anche le più tecniche, quelle più sopraffini - come il Six Sigma ad esempio - vengono considerate come un punto di arrivo. Una meta a cui arrivare per considerarci
bravi. Poi possiamo avere un approccio un po’ più corretto: utilizziamo metodi e strategie come strumento per misurare
qualcos’altro
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Dobbiamo fare un passo ancora avanti
Utilizzare le metodologie come mattoni per costruire qualcosa che ancora non esiste. Occorre utilizzare ciò di cui siamo in possesso per
creare metriche nuove, come si utilizzano le lettere di un alfabeto ma facendo lo sforzo ulteriore di creare parole fino a quel momento
inesistenti
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Il problema non è che certe cose non si possono misurare ma è che siamo noi che non riusciamo a misurarle bene
Tutto ciò, in realtà, può essere un rischio a volte
E’ quello che tante volte ci viene chiesto: trasformare i fenomeni in relazioni ed algoritmi. Non vi sto chiedendo di misurare l’amore o la
rabbia quando chiudiamo l’ufficio
Restiamo in azienda per favore
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Noi abbiamo imparato ad andare in bicicletta secondo un approccio “trial and error”. Di certo non abbiamo chiesto ai nostri genitori di
“essere messi in condizione di operare bene”
Ne abbiamo loro chiesto “delle procedure o degli standard per lavorare al meglio”: la stessa cosa ci accade quando “giudichiamo” il prossimo: le misuriamo spesso senza un buon “campionamento” e
senza i corretti strumenti di misura e – scandalo! – senza procedure
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C’è un elaboratore dati da qualche parte del nostro corpo, nel nostro cervello, che si sposta verso la pancia e che istintivamente esegue
comunque un calcolo, un algoritmo
Poi trova delle caratteristiche, sceglie i fattori determinanti ed arriva a delle conclusioni
Internamente facciamo dei calcoli di sicuro da qualche parte
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Cosa c’entra tutto questo con la formazione?
Noi non sappiamo ciò che non sappiamo
se non possiamo esprimere ciò che conosciamo sotto forma di numeri, in realtà non ne sappiamo un granché
se non ne sappiamo molto, cosa possiamo controllare
se non possiamo controllare, siamo alla mercé del cambiamento
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GRAZIE DELLA PARTECIPAZIONEda fabrizio majorana
presentazione curata da carlo tuzzi gennaio 2014