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GeometriaUn corso gratuito da Wikipedia

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IndiceVoci

Anello (algebra) 1Corpo (matematica) 6Matrice 7Rappresentazione dei numeri complessi 16Quaternione 18Spazio vettoriale 26Copertura lineare 33Base (algebra lineare) 35Completamento a base 38Estrazione di una base 39Matrice di cambiamento di base 40Somma diretta 42Formula di Grassmann 44Metodo di eliminazione di Gauss 46Determinante 50Rango (algebra lineare) 60Trasformazione lineare 63Matrice di trasformazione 67Teorema del rango 70Autovettore e autovalore 72Polinomio caratteristico 80Teorema di Hamilton-Cayley 83Diagonalizzabilità 85Forma canonica di Jordan 88Matrice esponenziale 91Sistema di equazioni lineari 95Teorema di Rouché-Capelli 97Regola di Cramer 99Spazio affine 104Sottospazio affine 106Forma bilineare 110Spazio euclideo 112Prodotto scalare 115Ortogonalizzazione di Gram-Schmidt 122

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Base ortonormale 125Matrice ortogonale 126Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz 130Teorema di Sylvester 132Teorema spettrale 133Gruppo ortogonale 136Rotazione (matematica) 138Prodotto vettoriale 140Regola della mano destra 144

NoteFonti e autori delle voci 147Fonti, licenze e autori delle immagini 149

Licenze della voceLicenza 150

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Anello (algebra) 1

Anello (algebra)In matematica un anello è una struttura algebrica composta da un insieme A su cui sono definite due operazionibinarie, chiamate somma e prodotto, indicate rispettivamente con e , che godono di proprietà simili a quelleverificate dai numeri interi. La parte della matematica che li studia è detta teoria degli anelli.

Definizione formaleL'insieme A, dotato di due operazioni binarie + e ·, è un anello se valgono i seguenti assiomi:(A, +) è un gruppo abeliano con elemento neutro 0:• (a + b) + c = a + (b + c)• a + b = b + a• 0 + a = a + 0 = a• ∀a ∃(−a) tale che a + −a = −a + a = 0(A, ·) è un semigruppo:• (a·b)·c = a·(b·c)La moltiplicazione è distributiva rispetto alla somma:• a·(b + c) = (a·b) + (a·c)• (a + b)·c = (a·c) + (b·c)(le relazioni devono valere per ogni a, b e c in A)Come per i numeri, il simbolo · per la moltiplicazione è spesso omesso.Spesso vengono studiati anelli che posseggono ulteriori proprietà: se anche la moltiplicazione è commutativa, A èdetto anello commutativo, se ammette un elemento neutro (generalmente indicato con 1; cioè (A, ·) è un monoide)allora l'anello è unitario; se poi l'anello è commutativo e non esistono divisori dello 0 (cioè se ab=0 allora almenouno tra a e b è 0) si è in presenza di un dominio d'integrità.Un corpo è un anello con unità i cui elementi non nulli hanno inverso moltiplicativo. Un campo è un anellocommutativo con unità i cui elementi non nulli hanno inverso moltiplicativo, ossia un corpo commutativo. L'esempiopiù importante di corpo non commutativo è il corpo dei quaternioni, mentre gli insiemi (numeri razionali),

(numeri reali) e (numeri complessi) sono esempi di campi.A volte la definizione di anello è lievemente diversa. La più importante di queste differenze è la richiesta che l'anellopossegga anche l'unità: tra i matematici che adottano questa definizione vi sono Bourbaki[1] e Serge Lang[2] . Inquesto caso, per riferirsi alla struttura qui presentata come anello, viene usato il termine pseudoanello. Altri autorinon richiedono l'associatività del prodotto.

EsempiL'esempio più basilare della struttura di anello è l'insieme dei numeri interi, dotato delle usuali operazioni disomma e prodotto. Tale anello è commutativo ed è un dominio d'integrità. L'insieme dei numeri naturali non è inveceun anello, perché non esistono gli inversi rispetto all'addizione.Allo stesso modo, l'insieme A[x] dei polinomi con variabile x e coefficienti in un anello A formano un anello con leusuali operazioni di somma e prodotto fra polinomi. Tale anello eredita molte proprietà da quelle di A, quali lacommutatività e l'assenza di divisori dello 0. Anche l'insieme F(X, A) delle funzioni da un insieme qualsiasi X ad unanello A forma un altro anello con le usuali operazioni di somma e prodotto fra funzioni punto a punto, definite nelmodo seguente:

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Anello (algebra) 2

Un anello non commutativo è invece l'anello delle matrici n x n a valori in un anello A (indicato con M(n, A)), con leoperazioni di somma e prodotto fra matrici. Generalmente questo anello possiede anche dei divisori dello zero. Adesempio, in M(2, R) valgono le relazioni:

e

Teoremi di baseA partire dagli assiomi, si può dedurre immediatamente che per ogni a e b in un anello A:• 0a = a0 = 0,• (−a)b = a(−b) = −(ab).Se poi l'anello A è unitario, allora• l'unità è unica,• (−1)a = −a,• (ab)−1 = b−1 a−1 se a e b hanno inversi rispetto al prodotto.,• se 0 = 1 allora l'anello è formato da un solo elemento,Un altro importante teorema, che non richiede l'esistenza dell'unità, è il teorema del binomio:

valido per ogni coppia di elementi x e y che commutano (cioè tali che xy = yx).

SottostruttureUn sottoanello di un anello A è un sottogruppo S di (A, +) che sia chiuso rispetto al prodotto. In altre parole, S è unsottoinsieme non vuoto di A, e se a e b sono in S, allora anche e ab sono in S. Poiché gli assiomi elencatisopra continuano a valere per S, anch'esso è un anello rispetto alle operazioni + e · di A. In questo modo costruiamofacilmente altri esempi:• I numeri interi divisibili per n sono un sottoanello di Z.• I numeri razionali con denominatore dispari sono un sottoanello di Q.• L'insieme di tutti i numeri reali della forma a + b√2 con a e b interi è un sottoanello di R.• Gli interi gaussiani a + bi in C, dove a e b sono interi, sono un sottoanello di C.• I polinomi in A[x] del tipo p(x) = a0 + a1x2 + a2x4 + ... + anx2n sono un sottoanello di A[x].• L'insieme delle frazioni diadiche costituisce un sottoanello dei numeri razionali.Un particolare sottoanello è il centro di un anello A: esso comprende tutti gli elementi che commutano(moltiplicativamente) con qualsiasi elemento di A. Esso coincide con l'intero anello se e solo se A è un anellocommutativo.A partire da un sottoanello S di A e da un sottoinsieme X, si può costruire il più piccolo sottoanello contenente S edX: esso è indicato con S[X], ed è uguale all'insieme delle combinazioni degli elementi di mediante leoperazioni di anello. Tale operazione è detta estensione di anelli, ed è "finitamente generata" se X è finito.

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Anello (algebra) 3

IdealiSpesso tuttavia al posto di questa struttura si preferisce usare quella, più forte, di ideale: esso è definito in un anellocommutativo come un particolare sottoanello tale che tutti i prodotti ai, dove a è un elemento dell'anello e iappartiene all'ideale, sono ancora elementi dell'ideale. Se invece l'anello non è commutativo, è necessario distingueretra ideali destri e sinistri: i primi sono quelli tali che ia appartiene all'ideale per ogni i nell'ideale e a nell'anello,mentre per i secondi, allo stesso modo, ai appartiene all'ideale. Se un ideale è sia destro che sinistro, viene dettobilatero o bilaterale.L'importanza di questa struttura risiede nel fatto che il nucleo di un omomorfismo tra due anelli è sempre un idealebilatero di A, e che a partire da un ideale bilatero I è possibile costruire l'anello quoziente A/I. Inoltre la presenza diideali permette di stabilire un'importante proprietà dell'anello: esso è infatti un campo se e solo se è privo di idealinon banali (cioè diversi dall'insieme {0} e dall'anello stesso).A seconda del rapporto di un ideale con il resto dell'anello, sono possibili ulteriori specificazioni: un ideale primo I èun ideale tale che, per ogni prodotto ab che appartiene ad I, almeno uno tra a e b appartiene ad I (il nome deriva dallasimilitudine di questa definizione con il lemma di Euclide riguardante i numeri primi); se invece non esistono ideali"intermedi" tra I ed A (cioè se l'unico ideale di A che contiene I è A stesso) si parla di ideale massimale. Questi duetipi di ideali sono particolarmente importanti in relazione ai loro quozienti: in un anello commutativo, infatti, I èprimo se e solo se A/I è un dominio d'integrità, mentre se l'anello è anche unitario I è massimale se e solo se A/I è uncampo. Questo implica anche che, in un anello commutativo unitario, ogni ideale massimale è primo.Il lemma di Krull (la cui dimostrazione si basa sul lemma di Zorn) afferma che ogni anello unitario possiede almenoun ideale massimale; se esso è unico, l'anello si dice locale. L'insieme degli ideali primi di un anello commutativo Aforma il cosiddetto spettro di A.

Elementi invertibiliUn elemento a di un anello A con unità è invertibile se esiste un b tale che .Gli elementi invertibili di un anello sono spesso chiamati unità. Normalmente è il contesto che chiarisce se si parla diunità intesa come l'elemento neutro moltiplicativo, o di unità intesa come elemento invertibile.L'insieme degli elementi invertibili in A è generalmente descritto come . L'insieme forma un gruppo conl'operazione prodotto, chiamato gruppo moltiplicativo di A.

Ad esempio, nei numeri interi il gruppo moltiplicativo è dato dai due elementi . In un corpo o in uncampo, il gruppo moltiplicativo coincide con tutto l'anello privato dell'elemento neutro.

OmomorfismiUn omomorfismo tra due anelli A e B è una funzione che preserva le operazioni, cioè una funzione f tale che, perogni coppia di elementi a e b di A, si ha e . Gli omomorfismiquindi preservano in qualche modo la struttura algebrica; particolarmente importanti tra di essi sono gli isomorfismi,ovvero gli omomorfismi biunivochi, che la conservano completamente: due anelli isomorfi possono essereconsiderati "uguali" per tutte le proprietà algebriche.Ogni omomorfismo mappa lo zero di A nello zero di B, mentre questo non avviene per l'unità, nemmeno se entrambigli anelli sono unitari: condizioni sufficienti peché questo avvenga è che l'omomorfismo sia suriettivo oppure che nelcodominio non esistano divisori dello zero. Il nucleo di un omomorfismo è un ideale bilatero di A, e viceversa ogniideale è il nucleo di un omomorfismo: invece l'immagine di A è un sottoanello di B. Gli omomorfismi preservano inuna certa misura anche le sottostrutture: l'immagine di un sottoanello è un sottoanello, mentre l'immagine di unideale è un ideale nell'immagine di A, ma non necessariamente in B.

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Anello (algebra) 4

Una relazione molto importante è il teorema fondamentale di omomorfismo, che permette di trovare degliisomorfismi a partire da degli omomorfismi: se f è un omomorfismo tra A e B e I è il suo nucleo, allora il quozienteA/I è isomorfo all'immagine f(A).Un omomorfismo suriettivo può essere considerato una proiezione di un anello A su un suo quoziente A/I (dove I è ilnucleo); un omomorfismo iniettivo, invece, può essere considerato un'inclusione di un anello nell'altro, perché, per ilteorema di omomorfismo, esiste nel codominio un'immagine isomorfa ad A, che quindi può essere consideratauguale ad A. Se A è un campo, inoltre, tutti gli omomorfismi non nulli sono iniettivi, in quanto gli unici ideali sonoquelli banali.

Prodotto direttoIl prodotto diretto di due anelli A e B è il prodotto cartesiano A×B con le operazioni definite termine a termine:

(a1, b1) + (a2, b2) = (a1+a2, b1+b2),(a1, b1)(a2, b2) = (a1a2, b1b2).

Questo nuovo insieme forma un anello, in cui lo 0 è la coppia . Diverse proprietà di questo nuovo anellopossono essere dedotte dalle proprietà degli anelli di partenza: A×B è commutativo se e solo se lo sono entrambi ifattori, mentre se A e B sono unitari allora è l'unità di A×B. Una proprietà che invece non passa al prodottoè l'assenza di divisori degli zeri: infatti il prodotto è sempre uguale a , anche se a e b nonsono zeri. Questo implica che il prodotto diretto di campi non è mai un campo, a meno che uno non sia ridotto al solo0.Questa definizione si può estendere naturalmente al prodotto cartesiano di n anelli.

Elementi primi ed irriducibiliIn un dominio d'integrità è possibile come in studiare la fattorizzazione di un dato elemento (non invertibile). Inquesto contesto, la definizione di divisibilità si estende naturalmente al caso di qualsiasi dominio: a divide b se esisteun elemento r tale che ar=b. Se r è invertibile, a e b si dicono associati.Due definizioni emergono naturalmente in questo studio:• un elemento a è irriducibile se, ogniqualvolta che a=bc, allora o b o c è invertibile;• un elemento a è primo se, quando a divide il prodotto bc, allora a divide almeno uno tra b e c.In , queste due definizioni sono equivalenti, ma questo non è vero in generale: gli elementi primi sonoirriducibili, ma gli irriducibili non sono sempre primi. Ad esempio, nell'anello

, 2 è irriducibile ma nonprimo, perché divide il prodotto , ma non divide né un fattore né l'altro.Questa seconda implicazione è tuttavia verificata negli anelli a fattorizzazione unica, ovvero in quegli anelli in cui,date due fattorizzazioni in irriducibili

allora m=n, e ogni è associato ad un . In ogni dominio a fattorizzazione unica esistono il massimo comundivisore e il minimo comune multiplo tra ogni coppia di elementi.Anelli con ancora maggiori proprietà sono gli anelli ad ideali principali e gli anelli euclidei, in cui è possibileeffettuare la divisione euclidea come negli interi. A quest'ultima classe appartengono anche gli anelli di polinomi

, dove è un campo.

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Anello (algebra) 5

Voci correlate• Storia della teoria degli anelli• Teoria degli anelli• Ideale• Anello commutativo• Pseudoanello• Semianello• Dominio di integrità• Campo• Struttura algebrica

Note[1] (EN) Elements of Mathematics, Vol. II Algebra, Ch. 1, Springer[2] (EN) Algebra, 3rd edition, Springer, ch. II

Bibliografia• Giulia Maria Piacentini Cattaneo, Algebra - un approccio algoritmico. Decibel-Zanichelli, Padova 1996, ISBN

978-88-08-16270-0

Collegamenti esterni• (EN) Anello (http:/ / mathworld. wolfram. com/ Ring. html) su MathWorld.

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Corpo (matematica) 6

Corpo (matematica)In matematica, un corpo è una particolare struttura algebrica, che può essere considerata come intermedia fra quelladi anello e quella di campo.Un corpo è infatti un insieme munito di due operazioni binarie, chiamate somma e prodotto e indicaterispettivamente con e , che abbia tutte le proprietà usuali di un campo, tranne la proprietà commutativa per ilprodotto. Equivalentemente, è un anello in cui ogni elemento non nullo ha un inverso moltiplicativo.

DefinizioneUn corpo è un insieme , dotato di due operazioni binarie interne e , che soddisfa i seguenti assiomi:

è un gruppo abeliano con elemento neutro :•••• per ogni esiste un elemento tale che

è un gruppo con elemento neutro :••• per ogni esiste un elemento tale che La moltiplicazione è distributiva rispetto alla somma:

••(le relazioni devono valere per ogni e in )

Nella definizione, .Un corpo in cui la moltiplicazione è commutativa è detto corpo commutativo, e più usualmente campo.

EsempiOgni campo è anche un corpo: sono quindi corpi i campi dei numeri razionali, reali e complessi.L'insieme dei quaternioni è un corpo (non commutativo).

Proprietà

EquazioniIn un corpo sono risolubili in modo unico le equazioni

,

per ogni appartenenti a con diverso da 0.

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Corpo (matematica) 7

Spazi vettorialiUn corpo è la struttura su cui si basa la costruzione di spazio vettoriale. In particolare, ogni corpo è uno spaziovettoriale su se stesso.

Voci correlate• Anello• Campo

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Matrice

Gli elementi di una matrice vengono in genere indicati con una coppia di indici apedice.

In matematica, una matrice è unoschieramento rettangolare di oggetti; lematrici di maggiore interesse sono costituiteda numeri come, per esempio, la seguente:

Le matrici sono ampiamente usate in matematica e in tutte le scienze per la loro capacità di rappresentare in manierautile e concisa diversi oggetti matematici, come valori che dipendono da due parametri o anche sistemi lineari, cosa,quest'ultima, che le rende uno strumento centrale dell'algebra lineare.

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Matrice 8

StoriaTracce dell'utilizzo di matrici risalgono fino ai primi secoli a.C. Nel corso della storia più volte è capitato chematematici vissuti in epoche e luoghi diversi, durante lo studio di sistemi lineari, abbiano disposto i coefficienti delsistema in forma tabellare, fatto che evidenzia come le matrici siano una struttura particolarmente intuitiva econveniente per questi scopi.[1]

Interessanti reperti sono anche i quadrati latini e i quadrati magici.Fu solo a partire dal XVII secolo comunque che l'idea delle matrici fu ripresa e sviluppata, prima con risultati e ideeottenuti in contesti di studio specifici, poi con la loro generalizzazione. Lo sviluppo infine è continuato fino a darealla teoria delle matrici la forma che oggi conosciamo.[1]

I primi a sfruttare le matrici per agevolare i propri calcoli furono i matematici cinesi, proprio nell'affrontare i sistemilineari.Nel Jiuzhang Suanshu (Nove capitoli sulle arti matematiche), steso durante la dinastia Han, l'ottavo capitolo èinteramente dedicato allo svolgimento di un problema matematico formulato sottoforma di sistema lineare. L'autoredispone ingegnosamente i coefficienti di ogni equazione parallelamente in senso verticale, in maniera quindidifferente dalla notazione odierna, che li vuole disposti orizzontalmente, per righe: una semplice differenza dinotazione.[1] [2]

Ai numeri così disposti venivano poi applicate una serie di operazioni portandoli in una forma tale da rendereevidente quale fosse la soluzione del sistema: era stato applicato quello che oggi conosciamo come metodo dieliminazione gaussiana, che sarà scoperto in occidente solo agli inizi del XIX secolo con gli studi del matematicotedesco Carl Friedrich Gauss.[1]

All'interno dello stesso Jiuzhang Suanshu comparve anche il concetto di determinante, inteso come metodo perdeterminare se un sistema lineare ammette un'unica soluzione.[2]

Un'idea più moderna di determinante fece la sua comparsa nel 1683, a distanza di poco tempo sia in Giappone, conKowa Seki (Method of solving the dissimulated problems), che in Europa, con Leibniz.Nella prima metà del XVIII secolo, il matematico scozzese Colin Maclaurin scrisse un'opera, pubblicata postumasolo nel 1748, due anni dopo la sua morte, dal titolo Treatise of Algebra (Trattato di algebra)[3] , nella qualemostrava il calcolo dei determinanti per matrici quadrate di ordine 2 e 3.Successivamente Cramer ampliò quanto scoperto, presentando l'algoritmo per il calcolo del determinante per matriciquadrate di ordine qualunque, oggi noto come regola di Cramer nel 1750 (Introduction à l'analyse des lignes courbesalgébriques).Ulteriori sviluppi sul concetto di determinante furono poi apportati dai matematici Étienne Bézout (Sur le degré deséquations résultantes de l'évanouissement des inconnues, 1764), Vandermonde (Mémoire sur l'élimination, 1772)[4] ,Laplace (1772), Lagrange (1773), Gauss (1801) che introdusse per la prima volta il termine determinante, Cauchy(1812) che usò per la prima volta il determinante nella sua concezione moderna, ottenendo anche importanti risultatisui minori e le matrici aggiunte, e Jacobi.[1]

All'inizio del XIX secolo venne usato per la prima volta in occidente il metodo di eliminazione gaussiana da parte diGauss, per lo studio dell'orbita dell'asteroide Pallas in base alle osservazioni ottenute fra il 1803 ed il 1809.[1]

Altri concetti ed idee fondamentali della teoria delle matrici furono poi studiati, sempre in contesti specifici, daCauchy, Sturm, Jacobi, Kronecker, Weierstrass e Eisenstein.Nel 1848 il matematico e avvocato inglese James Joseph Sylvester introdusse per la prima volta il termine matrice. Ilmatematico inglese Arthur Cayley, anch'egli avvocato nonché collega di Sylvester, introdusse nel 1853 l'inversa diuna matrice.[1]

Fu poi lo stesso Cayley nel 1858 a fornire la prima definizione astratta di matrice, in Memoir on the theory of matrices (Memorie sulla teoria delle matrici)[5] , mostrando come tutti gli studi precedenti non fossero altro che casi

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Matrice 9

specifici del suo concetto generale. All'interno del testo Cayley forniva inoltre un'algebra delle matrici, definendo leoperazioni basilari di somma, moltiplicazione tra matrici, moltiplicazione per scalari e inversa di una matrice.[1]

Ancora ignaro di tali opere, nel 1878 il matematico tedesco Frobenius pubblicò Ueber lineare Substitutionen undbilineare Formen (Sulle sostituzioni lineari e forme bilineari), nel quale riportava importanti risultati sulle matrici,quale per esempio la definizione di rango.[1]

Nel 1888 il geodeta Wilhelm Jordan nella terza edizione del suo Handbuch der Vermessungskunde (Manuale digeodesia) ampliò il metodo di eliminazione di Gauss in quello che oggi è noto come metodo di eliminazione diGauss-Jordan.[6]

Altri contributi importanti furono dati da Maxime Bôcher nel 1907 con Introduction to higher algebra; altri testi dirilievo furono scritti da Herbert Westren Turnbull ed Alexander Craig Aitken negli anni trenta (The Theory ofCanonical Matrices e Determinants and Matrices) e da Leon Mirsky nel 1955 (An introduction to linear algebra).[1]

A partire dalla seconda metà del XX secolo l'avvento dei computer ha dato un'impressionante accelerazione alladiffusione delle matrici e dei metodi matriciali. Grazie ai computer infatti è stato possibile applicare in manieraefficiente metodi iterativi precedentemente ritenuti troppo onerosi, portando di conseguenza allo sviluppo di nuovetecniche per la risoluzione di importanti problemi dell'algebra lineare, quali il calcolo degli autovettori e autovalori,il calcolo dell'inversa di una matrice e la risoluzione di sistemi lineari.[7]

Ciò a sua volta ha permesso l'introduzione delle matrici in altre discipline applicate, come per esempio l'economia ela probabilità, che grazie ad esse hanno potuto rappresentare concetti complessi in maniera più semplice. Altri campirelativamente più recenti, invece, come per esempio la ricerca operativa, hanno basato ampiamente la propriadisciplina sull'utilizzo delle matrici.[7]

Definizioni e notazioni

Righe, colonne, elementiLe righe orizzontali di una matrice sono chiamate righe, mentre quelle verticali sono le colonne. Ad esempio, lamatrice mostrata sopra ha due righe e tre colonne. In generale, una matrice è una matrice con righe e

colonne, dove e sono interi positivi fissati. Una matrice generica è descritta solitamente nel modoseguente:

indicando con l'elemento posizionato alla riga -esima e alla colonna -esima.I vettori possono essere considerati matrici molto semplici, aventi una sola riga o una sola colonna. Piùprecisamente, una matrice con una sola riga, di dimensione , è detta matrice riga, mentre una matrice conuna sola colonna, di dimensione , è detta matrice colonna.Qui sotto sono mostrati in ordine una matrice , una matrice colonna ed una matrice riga.

Come mostrato negli esempi, i valori presenti nella matrice possono essere di vario tipo: interi, reali o anchecomplessi. Generalmente, in algebra lineare si suppone che i valori siano elementi di un campo fissato.

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Matrice 10

NotazioniGeneralmente una matrice è indicata con una lettera dell'alfabeto (spesso maiuscola):

L'elemento posizionato nella riga e nella colonna può essere indicato in vari modi: ad esempio come , otramite parentesi quadre . Si usa talvolta la notazione per indicare che è una matrice e che isuoi elementi sono denotati con .

costituiscono la diagonale principale della matrice.

Algebra delle matriciSulle matrici si possono definire numerose operazioni: due matrici (aventi dei numeri opportuni di righe e colonne)possono essere sommate, sottratte, moltiplicate fra loro, e moltiplicate per un numero (detto scalare).

SommaDue matrici e , entrambe di tipo , possono essere sommate. La loro somma è definitacome la matrice i cui elementi sono ottenuti sommando i corrispettivi elementi di e . Formalmente:

Per esempio

Moltiplicazione per uno scalareLa moltiplicazione per uno scalare è un'operazione che, data una matrice ed un numero (detto scalare),costruisce una nuova matrice , il cui elemento è ottenuto moltiplicando l'elemento corrispondente di per ; la matrice e lo scalare scelti devono appartenere allo stesso campo. Formalmente:

Per esempio:

ProdottoLa moltiplicazione tra due matrici e è un'operazione più complicata delle precedenti. A differenza dellasomma, non è definita moltiplicando semplicemente gli elementi aventi lo stesso posto. La definizione dimoltiplicazione che segue è motivata dal fatto che una matrice modellizza una applicazione lineare, e in questo modoil prodotto di matrici corrisponde alla composizione di applicazioni lineari.La moltiplicazione è definita soltanto se le matrici e sono rispettivamente di tipo e : in altreparole, il numero di colonne di deve coincidere con il numero di righe di . Il risultato è una matrice di tipo .Esempio: siano e due matrici rispettivamente e : tra queste si può effettuare la moltiplicazione

ed ottenere una matrice . Le stesse matrici, però, non possono essere moltiplicate nel modo, poiché le colonne di non sono tante quante le righe di .

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Matrice 11

Il prodotto di e è la matrice di dimensione , il cui elemento di posizione è dato dalla somma

Questo è il prodotto scalare tra la riga di e la colonna di , che hanno lo stesso numero di elementi.Per questo motivo il prodotto è chiamato prodotto riga per colonna.Per esempio:

Moltiplicando una matrice per una si ottiene una matrice .1ª riga:

2ª riga:

Risultato :

A differenza dell'usuale moltiplicazione fra numeri, questa non è un'operazione commutativa, cioè è ingenerale diverso da , quando si possono effettuare entrambi questi prodotti.Un caso particolare, ampiamente usato in algebra lineare per rappresentare le trasformazioni lineari (come rotazioni eriflessioni) è il prodotto tra una matrice ed un vettore colonna , che viene chiamato anche prodottomatrice-vettore.

ProprietàLe operazioni di somma e prodotto di matrici soddisfano tutte le proprietà usuali della somma e del prodotto dinumeri, ad eccezione, nel caso del prodotto di matrici, della proprietà commutativa.

Sia la matrice nulla, fatta di soli zeri (e della stessa taglia di ). Sia inoltre la matrice ottenutamoltiplicando per lo scalare . Valgono le relazioni seguenti, per ogni matrici per cuiqueste operazioni hanno senso.1. (la matrice nulla è l'elemento neutro della somma)2. (esistenza di un opposto per la somma)3. (proprietà associativa della somma)4. (proprietà commutativa della somma)5. (proprietà associativa del prodotto)6. (proprietà distributiva)7. (proprietà distributiva)Le prime 4 proprietà affermano che le matrici formano un gruppo abeliano rispetto all'operazione disomma. Come mostrato sopra, il prodotto non è commutativo in generale.

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Matrice 12

Altre operazioniSulle matrici sono definite numerose altre operazioni. Tra queste:• Trasposizione di una matrice• Somma diretta• Prodotto diretto (o di Kronecker)• Esponenziale di una matrice• Inversione di una matrice invertibile• Diagonalizzazione di una matrice diagonalizzabile

Matrici quadrateFra le matrici, occupano un posto di rilievo le matrici quadrate, cioè le matrici , che hanno lo stesso numero

di righe e di colonne.

Nozioni di baseUna matrice quadrata ha una diagonale principale, quella formata da tutti gli elementi con indici uguali. Lasomma di questi elementi è chiamata traccia. L'operazione di trasposizione trasforma una matrice quadrata nellamatrice ottenuta scambiando ogni con , in altre parole ribaltando la matrice intorno alla sua diagonaleprincipale.Una matrice tale che è una matrice simmetrica. In altre parole, è simmetrica se . Se tuttigli elementi che non stanno nella diagonale principale sono nulli, la matrice è detta diagonale.

Prodotto di matrici quadrate

La più importante matrice è forse la matrice identità : è una matrice avente 1 su ogni elemento delladiagonale e 0 altrove. La matrice è importante perché rappresenta l'elemento neutro rispetto al prodotto: infatti lematrici possono essere moltiplicate fra loro, e vale (oltre a quelle scritte sopra) la proprietà seguente perogni :

(elemento neutro del prodotto)Nello spazio delle matrici sono quindi definiti una somma ed un prodotto, e le proprietà elencate fin quiasseriscono che l'insieme è un anello, simile all'anello dei numeri interi, con l'unica differenza che il prodotto dimatrici non è commutativo.

DeterminanteUn' importante quantità definita a partire da una matrice quadrata è il suo determinante. Indicato con ,questo numero fornisce molte informazioni essenziali sulla matrice. Ad esempio, determina se la matrice èinvertibile, cioè se esiste una matrice tale che

Il determinante è l'ingrediente fondamentale della regola di Cramer, utile a risolvere alcuni sistemi lineari.

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Matrice 13

Polinomio caratteristico, autovettori, diagonalizzabilitàLa traccia ed il determinante possono essere racchiuse in un oggetto ancora più raffinato, di fondamentaleimportanza nello studio delle trasformazioni lineari: il polinomio caratteristico.Questo polinomio è importante nello studio delle trasformazioni lineari. Le sue radici sono gli autovalori dellamatrice, quantità associate ai corrispondenti autovettori. In particolare, questi concetti sono utili a capire se una datamatrice è simile ad una matrice diagonale.

Applicazioni delle matrici

Sistemi lineariLe matrici sono utili soprattutto a rappresentare sistemi di equazioni lineari. Il sistema lineare

può essere rappresentato con il suo equivalente matriciale, tramite il prodotto matrice-vettore:

Applicazioni lineariPiù in generale, le matrici permettono di rappresentare le trasformazioni lineari fra spazi vettoriali. Ogni operatorelineare da uno spazio vettoriale di dimensione a uno spazio vettoriale di dimensione ,e per ogni possibile scelta di una coppia di basi e , si associa a lamatrice tale che

Questa matrice rappresenta l'applicazione : questa rappresentazione dipende però dalle basi scelte. Molteoperazioni fra matrici si traducono in operazioni fra applicazioni lineari:

• L'immagine di un vettore corrisponde alla moltiplicazione matrice-vettore.• La somma di applicazioni (quando possibile) corrisponde alla somma fra matrici.• La composizione di applicazioni lineari (quando possibile) corrisponde al prodotto fra matrici.

Classi di matrici reali e complesseOltre alle matrici diagonali e simmetriche già introdotte, vi sono altre categorie di matrici importanti.• Le matrici antisimmetriche, in cui i valori nelle caselle in posizioni simmetriche rispetto alla diagonale principale

sono opposti: .• Le matrici hermitiane (o auto-aggiunte), in cui i valori nelle caselle di posizioni simmetriche rispetto alla

diagonale principale sono complessi coniugati: .• Un quadrato magico è una matrice quadrata in cui la somma dei valori su ogni riga, colonna o diagonale è sempre

la stessa.• Le matrici di Toeplitz hanno valori costanti sulle diagonali parallele alla principale:

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Matrice 14

• Le matrici stocastiche sono matrici quadrate le cui colonne sono vettori di probabilità, cioè sequenze di realicompresi tra 0 e 1 con somma uguale a 1; esse sono usate per definire le catene di Markov.

Spazio di matrici

Spazio vettoriale

Lo spazio di tutte le matrici a valori in un fissato campo è indicato generalmente con oMat . Per quanto già visto, questo spazio è un gruppo abeliano con la somma. Considerato anche con lamoltiplicazione per scalare, l'insieme ha una struttura di spazio vettoriale su .Questo spazio ha una base canonica, composta da tutte le matrici aventi valore 1 sulla casella di posto ezero in tutte le altre. La base consta di elementi, e quindi lo spazio ha dimensione .

Algebra su campoNel caso delle matrici quadrate, è definito anche il prodotto. Con questa ulteriore operazione, lo spazio

, generalmente indicato con , eredita una struttura di anello con unità. Tale struttura ècompatibile con quella di spazio vettoriale definita sopra, e fornisce quindi un esempio basilare di algebra su campo.

GeneralizzazioniUna matrice infinita può essere definita come una serie di elementi , indicizzati da coppie di numeri naturali

, senza nessun limite superiore per entrambi.Più in generale, una generalizzazione del concetto di matrice è costruita prendendo due insiemi di indici qualsiasi (parametrizzanti le "righe" e le "colonne") e definendo una matrice come un'applicazione

a valori in un altro dato insieme . La matrice usuale corrisponde al caso in cui e, e è ad esempio l'insieme dei numeri reali o complessi.

Questa definizione generale si serve solo di nozioni insiemistiche e non ricorre a nozioni visive e intuitive comequella di schieramento rettangolare. Consente di trattare casi molto generali: ad esempio matrici le cui righe ecolonne sono etichettate da indici in un qualunque sottoinsieme degli interi , matrici etichettate da coppie o ingenerale da -uple di interi come quelle che si incontrano nella meccanica quantistica o nella chimica molecolare,matrici infinite etichettate con gli insiemi e come quelle che permettono di rappresentare successionipolinomiali o serie formali con due variabili.Per poter definire somma, prodotto e altre operazioni sulle matrici, è opportuno che l'insieme sia dotato di talioperazioni, ad esempio che sia un anello.

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Matrice 15

Note[1] (EN) Storia dell'uso delle matrici e dei determinanti (http:/ / www-history. mcs. st-andrews. ac. uk/ HistTopics/ Matrices_and_determinants.

html) su MacTutor[2] (EN) Il Nove cpitoli sulle arti matematiche (http:/ / www-history. mcs. st-andrews. ac. uk/ HistTopics/ Nine_chapters. html) su MacTutor[3] Il testo è consultabile on-line: Treatise of Algebra (http:/ / books. google. it/ books?id=QoAHAAAAcAAJ& printsec=frontcover&

source=gbs_navlinks_s#v=onepage& q=& f=false).[4] (EN) Biografia di Vandermonde (http:/ / www-history. mcs. st-and. ac. uk/ Biographies/ Vandermonde. html) su MacTutor[5] L'abstract del testo è consultabile on-line: Memoir on the theory of matrices in Proceedings of the Royal Society of London, Volume 9 (http:/ /

books. google. com/ books?id=xOkAAAAAYAAJ& pg=PA100& ei=A6kkS5v5Lpe6yQS9kMyGCw& hl=it& cd=1#v=onepage& q=&f=false).

[6] S. C. Althoen and R. McLaughlin, "Gauss-Jordan Reduction: A Brief History," American Mathematical Monthly, 94:130–142 (1987).[7] Bronson 1989, op. cit., Preface

Bibliografia

In lingua straniera• Richard Bronson, Schaum's Outline of Theory and Problems of Matrix Operations (in inglese), New York,

McGraw-Hill, 1989, 230 pagine.. ISBN 978-0-07-007978-1• David M. Burton, The History of Mathematics: An Introduction, 6a edizione (in inglese), McGraw-Hill,

2005-12-01. ISBN 978-0-07-110635-1• Richard W. Jr. Feldmann, Arthur Cayley - Founder of Matrix Theory (in inglese), The Mathematics Teacher, 55,

1962, Pagine 482-484..• Gene H. Golub; Charles F. Van Loan, Matrix computations, 3a edizione (in inglese), Johns Hopkins University

Press, 1996. ISBN 0-8018-5414-8

Voci correlate• Glossario sulle matrici per una lista dei vari tipi di matrici esistenti.• Determinante• Autovettore e autovalore• Rango• Matrice associata ad una trasformazione lineare• Norma matriciale• Sistema lineare• Collegamenti tra combinatoria e matrici

Collegamenti esterni• (EN) Calcolatrice per matrici (http:/ / www. webalice. it/ simoalessia/ SuperiorMath/ matrix. html)• (EN) Matrice (http:/ / planetmath. org/ encyclopedia/ Matrix. html) su PlanetMath• (EN) Storia dell'uso delle matrici e dei determinanti (http:/ / www-history. mcs. st-andrews. ac. uk/ HistTopics/

Matrices_and_determinants. html) su MacTutor• (EN) Matrice (http:/ / mathworld. wolfram. com/ Matrix. html) su MathWorld• (EN) Matrice (http:/ / planetmath. org/ encyclopedia/ Matrix. html) su PlanetMath

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Rappresentazione dei numeri complessi 16

Rappresentazione dei numeri complessi

Rappresentazione grafica dei numeri complessi.L'asse Y mostra la parte complessa, l'asse X la

parte reale del numero.

I numeri complessi hanno differenti rappresentazioni, tutteequivalenti. Essendo il campo dei numeri complessi isomorfo a , ogni numero complesso è rappresentabile come un vettore nel pianocomplesso. Si tratta di scegliere il sistema di coordinate.

Rappresentazione cartesiana

La rappresentazione cartesiana (o rettangolare) è quella più vicina alladefinizione dei numeri complessi:

con e l'unità immaginaria.

Questa non è altro che una generica combinazione lineare di elementi della base di , e con coefficienti reali a, b.

Rappresentazione polareUsare la rappresentazione polare dei numeri complessi significa usare le coordinate polari

dove è il modulo (positivo o nullo) del numero complesso, mentre è la fase o argomento. Dato un numerocomplesso espresso in coordinate cartesiane a+ib, il modulo si ottiene banalmente come:

La fase può essere ottenuta a partire dalla funzione trigonometrica di arcotangente come[1] :

Ciò si rende necessario per ovviare al fatto che l'arcotangente fornisce valori ristretti a mezzo angolo giro(convenzionalmente nell'intervallo ), il che comporterebbe la perdita dell'informazione relativa alsemipiano entro cui si colloca il numero complesso dato.Quando il rapporto non è definito. Ciononostante si può attribuire un significato alla precedenteformula: per si intende il .

In generale, data la periodicità delle funzioni trigonometriche, non sussiste una corrispondenza biunivoca tra numeri complessi e rappresentazioni polari. È facilmente dimostrabile l'identità tra tutti i numeri espressi nella forma

, in virtù della quale lo spazio delle rappresentazioni polari risulta partizionato in classi di equivalenza: queste sono in corrispondenza biunivoca con i numeri complessi, eccezion fatta per lo 0, per il quale non è possibile individuare una rappresentazione univoca (ogni rappresentazione polare con e qualsiasi è

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Rappresentazione dei numeri complessi 17

una rappresentazione dello 0).

Rappresentazione esponenzialeUsando la formula di Eulero o equivalentemente la definizione di esponenziale complesso, dalla rappresentazionepolare discende direttamente la cosiddetta rappresentazione esponenziale:

Questa è la notazione che viene più frequentemente utilizzata nelle applicazioni in cui modulo e fase abbiano unsignificato preminente rispetto a parte reale ed immaginaria (ad esempio per la descrizione dei fasori), e preferita allarappresentazione polare per la maggior compattezza e per la maggior praticità nello svolgimento di operazioni dimoltiplicazione (e conseguentemente di elevamento a potenza).

Rappresentazione matriciale dei numeri complessiLe rappresentazioni alternative del campo dei numeri complessi possono dare una migliore comprensione della loronatura. Una rappresentazione particolarmente elegante interpreta ogni numero complesso come una matrice 2×2 dinumeri reali che dilata/contrae e ruota i punti del piano. La matrice ha la forma

con a e b numeri reali. La somma ed il prodotto di due tali matrici è ancora di questa forma. Ogni matrice non nulladi questa forma è invertibile ed il relativo inverso è ancora di questa forma. Di conseguenza, le matrici di questaforma sono un campo. Di fatto, questo è esattamente il campo dei numeri complessi. Ciascuna di queste matrici puòessere scritta come:

questa rappresentazione implica che il numero reale 1 va rappresentato con la matrice identità

mentre l'unità immaginaria i si rappresenta con la matrice

che rappresenta una rotazione in senso antiorario di 90 gradi. Si noti che il quadrato di questa matrice è

effettivamente uguale alla matrice che rappresenta il numero reale -1.

Il valore assoluto di un numero complesso espresso come matrice è uguale alla radice quadrata del determinante diquella matrice. Se la matrice è considerata come la trasformazione di un punto nel piano, allora la trasformazioneruota i punti con un angolo uguale al coefficiente direzionale del numero complesso e scala il punto di un fattoreuguale al valore assoluto del numero complesso. Il coniugato del numero complesso z corrisponde allatrasformazione che contrae/dilata i punti del piano del medesimo fattore di scala che z (il valore assoluto) e li ruotadello stesso angolo che l'argomento di z, ma nel senso opposto; quest'operazione corrisponde alla trasposta dellatabella che rappresenta z.Una notazione analoga si ha per il corpo dei quaternioni.

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Rappresentazione dei numeri complessi 18

Note[1] Molti linguaggi di programmazione forniscono una funzione apposita corrispondente a questa arcotangente estesa, spesso denominata

atan2.

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Quaternione

Frattale costruito come insieme di Julia-Menge, definito con i quaternioni.

In matematica, i quaternioni sono entitàintrodotte da William Rowan Hamilton nel1843 come estensioni dei numeri complessi.

L'insieme dei quaternioni è un corpo noncommutativo: soddisfa quindi tutte leproprietà usuali dei campi, quali i numerireali o complessi, tranne la proprietàcommutativa del prodotto.

I quaternioni contengono i numericomplessi, e, sul campo reale, sono ancheuno spazio vettoriale a 4 dimensioni(analogamente ai complessi, che sono unospazio sui reali a 2 dimensioni). Le dueproprietà di corpo e di spazio vettorialeconferiscono ai quaternioni una struttura dialgebra di divisione non commutativa.

I quaternioni hanno importanti applicazioni nello studio del gruppo delle rotazioni dello spazio tridimensionale, nellafisica (nella teoria della relatività e nella meccanica quantistica). Impieghi "sorprendenti" dei quaternioni sono larobotica, in cui trovano impiego per individuare la posizione spaziale dei bracci meccanici a più snodi, e il controllod'assetto, in quanto il calcolo tramite quaternioni è più stabile.

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Quaternione 19

Storia

Sul Broom Bridge c'è ora una lapide che recita: «Here as he walked byonthe 16th of October 1843Sir William Rowan Hamiltonin a flash of geniusdiscoveredthe fundamental formula forquaternion multiplicationi2 = j2 =k2 = i j k = −1& cut it on a stone of this bridge.»(Mentre qui passeggiava,il 16 ottobre 1843 Sir William Rowan Hamilton, in un lampo d'ispirazionescoprì la formula fondamentale per la moltiplicazione dei quaternioni, e la

incise su una pietra di questo ponte.)

I quaternioni furono scoperti dal matematicoirlandese William Rowan Hamilton nel 1843.Hamilton era alla ricerca di un metodo perestendere i numeri complessi (che possono esserevisti come punti su un piano) su un numeromaggiore di dimensioni spaziali. Dopo averricercato invano un'estensione tridimensionale, neformulò una con 4 dimensioni: i quaternioni. Inseguito raccontò di aver fatto questa scoperta nelcorso di una passeggiata con sua moglie, quandoimprovvisamente gli venne in mente la soluzionenella forma dell'equazione

Eccitato dalla scoperta, incise l'equazione sul lato del vicino ponte Brougham (noto ora come Broom Bridge) aDublino.Questa scoperta necessitava l'abbandono della commutatività della moltiplicazione, una scelta radicale per queltempo, in cui non erano ancora disponibili l'algebra lineare ed il prodotto fra matrici. Più in generale, Hamilton ha inun certo senso inventato il prodotto vettoriale e il prodotto scalare negli spazi vettoriali. Hamilton descrisse unquaternione come una quadrupla ordinata (4-upla) di numeri reali, dove la prima coordinata è la parte 'scalare', e lerimanenti tre sono la parte 'vettoriale'. Se due quaternioni con parte scalare nulla sono moltiplicati, la parte scalaredel prodotto è il prodotto scalare della parte vettoriale cambiato di segno, mentre la parte vettoriale del prodotto è ilprodotto vettoriale. Hamilton continuò a rendere popolari i quaternioni con molti libri, l'ultimo dei quali, Elementisui quaternioni aveva 800 pagine e fu pubblicato poco dopo la sua morte.L'uso dei quaternioni suscitò delle controversie. Alcuni dei sostenitori di Hamilton si opposero veementemente allostudio dei settori emergenti dell'algebra lineare e del calcolo vettoriale (sviluppato fra gli altri da Oliver Heaviside eWillard Gibbs), affermando che i quaternioni offrivano una notazione migliore. Oggi però sappiamo che iquaternioni sono una struttura molto particolare, che non offre molte altre generalizzazioni in altre dimensioni (se siescludono gli ottetti in dimensione otto). Una prima versione delle equazioni di Maxwell utilizzava una notazionebasata sui quaternioni.Oggi, i quaternioni vengono utilizzati principalmente nella rappresentazione di rotazioni e direzioni nello spaziotridimensionale. Hanno quindi applicazioni nella grafica computerizzata, nella teoria del controllo, nell'elaborazionedei segnali, nel controllo dell'assetto, in fisica e in astrodinamica. Ad esempio, è comune per i veicoli spaziali unsistema di controllo dell'assetto comandato mediante quaternioni, che sono anche usati per misurare mediantetelemetria l'assetto attuale. La ragione è che la combinazione di molte trasformazioni descritte da quaternioni è piùstabile numericamente della combinazione di molte trasformazioni matriciali.

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Quaternione 20

DefinizioneUn quaternione è un elemento scrivibile come

con e numeri reali ed simboli letterali.Somma e prodotto di due quaternioni sono definiti tenendo conto delle relazioni

che implicano in particolare le relazioni seguenti:

I risultati delle moltiplicazioni fra due di questi elementi sono riassunti nella tabella:

La somma ed il prodotto di due quaternioni sono calcolate con gli usuali passaggi algebrici, usando le relazioni dimoltiplicazione appena descritte. La somma di due quaternioni è quindi data da:

mentre il loro prodotto risulta essere il seguente:

I quaternioni contengono in modo naturale i numeri reali (i quaternioni del tipo , con ) ed inumeri complessi (i quaternioni del tipo , con ).

EsempioDue quaternioni:

Somma e prodotto sono dati da:

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Quaternione 21

Proprietà basilariI quaternioni hanno molte caratteristiche proprie ai numeri complessi: anche per i quaternioni, in analogia con icomplessi, possono essere definiti concetti come norma e coniugato; ogni quaternione, se diverso da zero, possiedeun inverso rispetto al prodotto. Si differenziano però dai numeri complessi per il fatto che il loro prodotto può nonessere commutativo.

Prodotto non commutativo

Il prodotto di due quaternioni non è in generale commutativo. Ad esempio, come si è già visto, è diverso da.

Coniugato

Il coniugato di un quaternione è il quaternione

(a volte indicato anche con ).Il coniugato soddisfa le proprietà seguenti:

Il coniugato può anche essere espresso da una combinazione lineare di q, con coefficienti contenenti i, j, k, nelseguente modo:

NormaLa norma di è il numero reale non negativo

La norma di è sempre positiva, e nulla soltanto se . Valgono le relazioni seguenti:

InversoUn quaternione diverso da zero ha un inverso per la moltiplicazione, dato da

Infatti

e similmente . Valgono le proprietà seguenti:

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Quaternione 22

Struttura algebricaCon le operazioni di somma e prodotto, l'insieme dei quaternioni, indicato a volte con , forma un anello noncommutativo, più precisamente un corpo non commutativo.Con le operazioni di somma e di moltiplicazione per un numero reale , data da

i quaternioni formano anche uno spazio vettoriale reale di dimensione 4: una base per lo spazio è data dagli elementi.

Le due strutture di corpo e di spazio vettoriale sono riassunte dal concetto di algebra di divisione. I quaternioni, inumeri complessi e i numeri reali sono le uniche algebre di divisione associative costruite sui numeri reali aventidimensione finita.

Struttura metricaUsando la funzione distanza

i quaternioni formano uno spazio metrico, isometrico allo spazio 4 dotato della usuale metrica euclidea. Lecoordinate di un quaternione lo identificano come elemento di , e tramite questa identificazione,la norma è semplicemente la norma euclidea.Con la norma, i quaternioni formano un'algebra di Banach reale.

Quaternioni unitari

Gruppo di Lie

I quaternioni unitari sono i quaternioni di norma 1. Ad esempio, e sono unitari. Nell'identificazione con, i quaternioni unitari formano una ipersfera quadridimensionale.

I quaternioni unitari formano un gruppo moltiplicativo rispetto al prodotto. Tale gruppo, a differenza del suo analogocomplesso, non è abeliano. Con la struttura di varietà differenziabile data da , esso formano un gruppo di Lie.

Gruppo di rotazioni

Ogni quaternione unitario definisce una rotazione dello spazio nel modo seguente. Si usa la notazionescalare-vettore , e si identifica con l'insieme dei quaternioni con prima coordinata nulla. Larotazione determinata da è data dall'operazione di coniugio

Si verifica infatti facilmente che se ha prima coordinata nulla, anche ha prima coordinata nulla: è quindidefinita un'azione del gruppo dei quaternioni unitari su . Ogni mappa definita in questo modo è effettivamenteuna rotazione, poiché preserva la norma:

I quaternioni unitari sono quindi un utile strumento per descrivere sinteticamente le rotazioni in . Ogni rotazioneè esprimibile in questo modo, e due quaternioni definiscono la stessa rotazione se e solo se .

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Quaternione 23

RivestimentiAssociando ad ogni quaternione unitario una rotazione, si è definito una mappa

dal gruppo dei quaternioni unitari sul gruppo ortogonale speciale delle rotazioni dello spazio tridimensionale. Perquanto appena detto, la mappa è suriettiva, ma non iniettiva: la controimmagine di un punto è data da due puntiopposti . In particolare, tale mappa è un rivestimento di grado 2.

Poiché è semplicemente connesso, questo è il rivestimento universale di , che ha quindi come gruppofondamentale il gruppo ciclico con due elementi. Topologicamente, è omeomorfo allo spazioproiettivo .

Sottogruppo finito

Il sottogruppo generato dagli elementi è un gruppo finito: ha ordine 8, e viene spesso indicato con . I suoi otto elementi sono

Il gruppo è il più piccolo gruppo non abeliano dopo il gruppo di permutazioni , che ha ordine 6.

Notazioni e rappresentazioni alternative

Notazione scalare/vettore

Il quaternione può essere descritto anche dalla coppia , dove è unvettore in . Con questa notazione, somma e prodotto possono essere descritti nel modo seguente:

dove si usano il prodotto scalare ed il prodotto vettoriale fra vettori di . Le nozioni di coniugato e normadiventano:

usando l'usuale norma di un vettore in .

Coppia di numeri complessi

Grazie alla relazione , ogni quaternione può essere scritto usando soltanto i simboli e nelmodo seguente:

Quindi

dove e sono due numeri complessi. Le operazioni di somma e prodotto si svolgono inmodo usuale, applicando la relazione

Per quanto riguarda coniugato e norma, risulta rispettivamente

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MatriciI quaternioni possono essere espressi tramite matrici di numeri complessi, oppure matrici di numerireali.

Matrici complesse

Gli elementi sono rappresentati rispettivamente da:

Il quaternione è quindi rappresentato da

Questa rappresentazione ha diverse interessanti proprietà:• Tutti i numeri complessi (i quaternioni con ) corrispondono a matrici a valori solo reali.• Il quadrato della norma di un quaternione è uguale al determinante della matrice corrispondente.• Il coniugato di un quaternione corrisponde alla coniugata trasposta della matrice corrispondente.• Limitandola ai quaternioni unitari, questa rappresentazione fornisce un isomorfismo di gruppo tra le sfere ed

il gruppo unitario speciale SU(2). Questo gruppo è strettamente collegato alle matrici di Pauli, ed è importantenella meccanica quantistica per rappresentare lo spin.

Matrici reali antisimmetriche

Gli elementi sono rappresentati rispettivamente da:

Il quaternione è quindi rappresentato da

In questa rappresentazione, il coniugato di un quaternione corrisponde alla trasposta della matrice.

Equazioni sui quaternioniLa non commutatività della moltiplicazione porta una conseguenza inaspettata: le soluzioni dei polinomi definiti coni quaternioni possono essere più di quelle definite dal grado del polinomio. L'equazione per esempioha infinite soluzioni nei quaternioni, date da tutti i

con .

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GeneralizzazioniSe F è un generico campo e a e b sono elementi di F, è possibile definire un'algebra associativa unitaria a quattrodimensioni su F usando due generatori i e j e le relazioni i2 = a, j2 = b e ij = −ji. Queste algebre sono isomorfeall'algebra delle matrici 2×2 su F, e inoltre sono delle algebre di divisione su F. Sono chiamate algebre diquaternioni.

Bibliografia• Hime, Henry William Lovett (1894) The outlines of quaternions [1] Longman Greens.• Hamilton, William Rowan (1899) Elements of quaternions (t.1) [2] . Longman Greens.• Hamilton, William Rowan (1901) Elements of quaternions (t.2) [3] . Longman Greens.• Kelland, Philip and Tait, Peter Guthrie (1882) Introduction to quaternions, with numerous examples [4] McMillan

& co. Ltd.• Hardy, A. S. (1891) Elements of quaternions [5]. Ginn.• MacAulay, Alexander (1893) Utility of Quaternions in Physics [6]

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and Virtual Reality (Reprint edition). Princeton University Press. ISBN 0-691-10298-8

Voci correlate• Numeri complessi• Ottonione• Sedenione• Numero ipercomplesso• Algebra di divisione• Algebra associativa• Teoria dei gruppi

Collegamenti esterni• Definizione e riferimenti [10] su mathworld.wolfram.com• Doing Physics with Quaternions [11]

• Quaternion Calculator [12] [Java]• The Physical Heritage of Sir W. R. Hamilton [13] (PDF)

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Quaternione 26

Note[1] http:/ / www. archive. org/ details/ outlinesofquater00himeuoft[2] http:/ / www. archive. org/ details/ 117770258_001[3] http:/ / www. archive. org/ details/ 117770258_002[4] http:/ / www. archive. org/ details/ introductiontoqu00kelliala[5] http:/ / www. archive. org/ details/ elementsofquater028860mbp[6] http:/ / resolver. library. cornell. edu/ math/ 1849283[7] http:/ / www. archive. org/ details/ aprimerofquatern09934gut[8] http:/ / www. archive. org/ details/ manualofquaterni028692mbp[9] http:/ / www. archive. org/ details/ vectoranalysisan13609gut[10] http:/ / mathworld. wolfram. com/ Quaternion. html[11] http:/ / world. std. com/ ~sweetser/ quaternions/ qindex/ qindex. html[12] http:/ / theworld. com/ ~sweetser/ java/ qcalc/ qcalc. html[13] http:/ / arxiv. org/ pdf/ math-ph/ 0201058

Spazio vettorialeIn matematica, lo spazio vettoriale (chiamato più raramente spazio lineare) è una struttura algebrica di grandeimportanza. Si tratta di una generalizzazione dell'insieme formato dai vettori del piano cartesiano ordinario (o dellospazio tridimensionale) dotati delle operazioni di somma di vettori e di moltiplicazione di un vettore per un numeroreale (cioè dell'ambiente nel quale si studiano i fenomeni della fisica classica, quella sviluppata da personalità qualiGalileo, Newton, Lagrange, Laplace, Hamilton, Maxwell).Si incontrano spazi vettoriali in numerosi capitoli della matematica moderna e nelle sue applicazioni: questi servonoinnanzi tutto per studiare le soluzioni dei sistemi di equazioni lineari e delle equazioni differenziali lineari. Conqueste equazioni si trattano moltissime situazioni: quindi si incontrano spazi vettoriali nella statistica, nella scienzadelle costruzioni, nella meccanica quantistica, nella biologia molecolare, ecc. Negli spazi vettoriali si studiano anchesistemi di equazioni e disequazioni e in particolare quelli che servono alla programmazione matematica e in generealla ricerca operativa.Strutture algebriche preliminari agli spazi vettoriali sono quelle di gruppo, anello e campo. Vi sono poi numerosestrutture matematiche che generalizzano e arricchiscono quella di spazio vettoriale; alcune sono ricordate nell'ultimaparte di questo articolo.

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Spazio vettoriale 27

Uno spazio vettoriale è una collezione di oggetti,chiamati "vettori", che possono essere sommati e

riscalati.

Definizione formale

La definizione di uno spazio vettoriale richiede di servirsi di un campo:sono interessanti soprattutto il campo dei numeri reali R e quello deicomplessi C; molti risultati dell'algebra lineare però si possonosviluppare servendosi del semplice campo dei numeri razionali Q e dinotevole interesse sono anche i campi finiti e in particolare i campidelle classi di resto modulo p Fp, per ogni p numero primo. In questavoce denotiamo con K un generico campo e indichiamorispettivamente con 0 e 1 il suo zero e la sua unità.

Si dice che l'insieme V è sostegno di uno spazio vettoriale sul campoK se in V è definita un'operazione binaria interna (+) per la quale (V,+)è un gruppo commutativo (ossia un gruppo abeliano) ed è altresìdefinita una legge di composizione esterna (*) K×V→V - detta prodottoesterno o moltiplicazione per uno scalare - per la quale valgono leseguenti proprietà:

1. Associatività del prodotto esterno∀ a,b ∈ K, ∀ v ∈ V: a * (b * v) = (ab) * v.

2. Neutralità di 1 rispetto al prodotto esterno∀ v ∈ V, 1 * v = v.

3. Distributività del prodotto esterno rispetto all'addizione di vettori∀ a ∈ K, ∀ u, v ∈ V, a * (u + v) = a * u + a * v.

4. Distributività del prodotto esterno rispetto all'addizione di scalari∀ a,b ∈ K, ∀ v ∈ V, (a + b) * v = a * v + b * v.

La struttura algebrica così definità si simboleggia con (V, K) o semplicemente con V laddove non ci siano equivocisul campo di definizione. Per uno spazio V sopra un campo K gli elementi di K sono detti scalari o numeri, mentregli oggetti di V si dicono vettori o punti. I vettori si simboleggiano con caratteri in grassetto, sottolineati o sormontatida una freccia. Tale linguaggio consente di sostituire la dicitura prodotto esterno con prodotto per uno scalare.Poiché la moltiplicazione per uno scalare è una legge di composizione esterna K×V→V si dice che V ha struttura dispazio vettoriale sinistro. Nulla vieta di definire la composizione con uno scalare a destra; in tal caso si parlerà dispazio vettoriale destro.Da queste proprietà, possono essere immediatamente dimostrate le seguenti formule, valide per ogni a in K e ogni vin V:

a * 0 = 0 * v = 0-(a * v) = (-a) * v = a * (-v)

dove 0 è lo zero in K e 0 è lo zero in V.Uno spazio vettoriale reale o complesso è uno spazio vettoriale in cui K è rispettivamente il campo R dei numerireali o il campo C dei numeri complessi.

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Spazio vettoriale 28

Primi esempiDi seguito si elencano alcuni importanti esempi di spazi vettoriali; si denotano con m ed n due interi positivi.

Spazi Kn

L'insieme

formato da tutte le sequenze finite e ordinate di elementi di K, con le operazioni di somma e di prodotto per unoscalare definite termine a termine (puntuali), è detto l'n-spazio numerico, spazio delle n-uple o spazion-dimensionale delle coordinate e può essere considerato il prototipo di spazio vettoriale.Si osserva che gli spazi Rn e Cn posseggono una infinità continua di elementi, mentre Qn ha cardinalità numerabile eper ogni p primo lo spazio Fp

n è costituito da un numero finito di vettori, per la precisione pn.

PolinomiL'insieme K [x] dei polinomi a coefficienti in K e con variabile x, con le operazioni usuali di somma fra polinomi eprodotto di un polinomio per uno scalare, forma uno spazio vettoriale.

MatriciL'insieme delle matrici m×n su K, con le operazioni di somma tra matrici e prodotto di uno scalare per una matrice,forma uno spazio vettoriale.

FunzioniL'insieme Fun(X, K) di tutte le funzioni da un fissato insieme X in K, dove:• la somma di due funzioni f e g è definita come la funzione (f + g) che manda x in f(x)+g(x),• il prodotto (λf) di una funzione f per uno scalare λ in K è la funzione che manda x in λf(x) è uno spazio vettoriale.Ad esempio, l'insieme Fun(X, R) di tutte le funzioni da un aperto X dello spazio euclideo Rn in R è uno spaziovettoriale.

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Spazio vettoriale 29

Nozioni basilariLo studio della specie di struttura di spazio vettoriale si svolge sviluppando le nozioni di sottospazio vettoriale, ditrasformazione lineare (l'omomorfismo per questa specie di struttura), di base e di dimensione.

Sottospazi

Tre sottospazi distinti di dimensione 2 in : sono piani passanti per l'origine.Due di questi si intersecano in un sottospazio di dimensione 1, cioè una retta

passante per l'origine (una di queste è disegnata in blu).

Un sottospazio vettoriale di uno spaziovettoriale è un sottoinsieme cheeredita da una struttura di spaziovettoriale. Per ereditare questa struttura, èsufficiente che sia chiuso rispetto alledue operazioni di somma e prodotto perscalare. In particolare, deve contenere lozero di .

Esempi

Una retta passante per l'origine è unsottospazio vettoriale del piano cartesianoR2; nello spazio vettoriale R3 tutti i piani etutte le rette passanti per l'origine sonosottospazi.

Gli spazi formati dalle matrici simmetricheo antisimmetriche sono sottospazi vettorialidell'insieme delle matrici m×n su K.

Altri importanti sottospazi vettoriali sono quelli di Fun(X, R), quando X è un insieme aperto di Rn: gli insiemiformati dalle funzioni continue, dalle funzioni differenziabili e dalle funzioni misurabili.

Generatori e basiUna combinazione lineare di alcuni vettori è una scrittura del tipo

Una combinazione lineare è l'operazione più generale che si può realizzare con questi vettori usando le dueoperazioni di somma e prodotto per scalare. Usando le combinazioni lineari è possibile descrivere un sottospazio(che è generalmente fatto da un insieme infinito di punti[1] ) con un numero finito di dati. Si definisce infatti ilsottospazio generato da questi vettori come l'insieme di tutte le loro combinazioni lineari.Un sottospazio può essere generato a partire da diversi insiemi di vettori. Tra i possibili insiemi di generatori alcunirisultano più economici di altri: sono gli insiemi di vettori con la proprietà di essere linearmente indipendenti. Untale insieme di vettori è detto base del sottospazio.Si dimostra che ogni spazio vettoriale possiede una base; alcuni spazi hanno basi costituite da un numero finito divettori, altri hanno basi costituenti insiemi infiniti. Per questi ultimi la dimostrazione dell'esistenza di una base devericorrere al Lemma di Zorn.Alla nozione di base di uno spazio vettoriale si collega quella di sistema di riferimento di uno spazio affine.

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Spazio vettoriale 30

DimensioneSi dimostra che tutte le basi di uno spazio vettoriale posseggono la stessa cardinalità (questo risultato è dovuto aFelix Hausdorff). Questa cardinalità viene chiamata dimensione di Hamel dello spazio; questa entità in genere vienechiamata semplicemente dimensione dello spazio. La distinzione più rilevante fra gli spazi vettoriali vede da unaparte gli spazi finito-dimensionali e dall'altra quelli di dimensione infinita.Per ogni intero naturale n lo spazio Kn ha dimensione n: in effetti una sua base è costituita dalle n n-uple aventi tuttele componenti nulle ad eccezione di una uguale alla unità del campo. In particolare l'insieme costituito dal solo 0 delcampo può considerarsi uno spazio a 0 dimensioni, la retta dotata di un'origine è uno spazio monodimensionale su R,il piano cartesiano è uno spazio di dimensione 2, lo spazio R3 ha dimensione 3.Anche i polinomi con grado al più n formano un sottospazio vettoriale di dimensione n+1, mentre la dimensionedell'insieme delle funzioni Fun(X, K) è pari alla cardinalità di X.Tra gli spazi infinito dimensionali si trovano quelli formati dall'insieme dei polinomi in una variabile o in piùvariabili e quelli formati da varie collezioni di funzioni ad esempio gli spazi Lp.I vettori di uno spazio di n dimensioni, facendo riferimento ad una base fissata di tale spazio, possono essererappresentati come n-uple di scalari: queste sono le loro coordinate. Questo fatto consente di affermare che ognispazio n-dimensionale su K è sostanzialmente identificabile con Kn.

Trasformazioni lineari e omomorfismiUna trasformazione lineare fra due spazi vettoriali V e W sullo stesso campo K è una applicazione che manda vettoridi V in vettori di W rispettando le combinazioni lineari. Dato che le trasformazioni lineari rispettano le operazioni disomma di vettori e di moltiplicazioni per scalari, esse costituiscono gli omomorfismi per le strutture della speciedegli spazi vettoriali. Per denotare l'insieme degli omomorfismi da V in W scriviamo Hom(V, W). Particolarmenteimportanti sono gli insiemi di endomorfismi; questi hanno la forma Hom(V, V).Si osserva che per le applicazioni lineari di Hom(V, W) si possono definire le somme e le moltiplicazioni perelementi di K, come per tutte le funzioni aventi valori in uno spazio su questo campo. L'insieme Hom(V, W) munitodi queste operazioni costituisce a sua volta uno spazio vettoriale su K, di dimensione dim(V)×dim(W). Un casoparticolare molto importante è dato dallo spazio duale V * := Hom(V, K); questo spazio ha le stesse dimensioni di V ein effetti i suoi vettori sono strettamente collegati ai vettori di V.

Esempi più avanzati

Spazio vettoriale liberoUn esempio particolare spesso usato in algebra (e una costruzione piuttosto comune in questo campo) è quello dispazio vettoriale libero su un insieme. L'obiettivo è creare uno spazio che abbia gli elementi dell'insieme come base.Ricordando che, dato un generico spazio vettoriale, si dice che un suo sottoinsieme U è una base se gli elementi di Usono linearmente indipendenti e ogni vettore si può scrivere come combinazione lineare finita di elementi di U, laseguente definizione nasce naturalmente: uno spazio vettoriale libero V su B e campo K è l'insieme di tutte lecombinazioni lineari formali di un numero finito di elementi di B a coefficienti in K, cioè i vettori di V sono del tipo

dove i coefficienti non nulli sono in numero finito, e somma e prodotto sono definite come segue

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Spazio vettoriale 31

Da tener ben presente che queste somme sono dette formali perché sono da considerarsi appunto dei puri simboli. Inpratica gli elementi di B servono solo come "segnaposto" per i coefficienti. Oltre a questa definizione più intuitiva neesiste una del tutto equivalente in termine di funzioni da B su K con supporto finito (supp f := { b ∈ B | f(b) ≠ 0 }),cioè V ≅ { f: B → K | supp f è finito } dove per il secondo insieme le operazioni di somma e prodotto sono quellenaturali e la corrispondenza è

Arricchimenti della struttura di spazio vettorialeLa nozione di spazio vettoriale è servita innanzi tutto a puntualizzare proprietà algebriche riguardanti ambienti edentità geometriche; inoltre essa costituisce la base algebrica per lo studio di questioni di analisi funzionale, chepossiamo associare ad una geometrizzazione dello studio di funzioni collegate ad equazioni lineari. La sola strutturadi spazio vettoriale risulta comunque povera quando si vogliono affrontare in modo più efficace problemi geometricie dell'analisi funzionale. Infatti va osservato che con la sola struttura di spazio vettoriale non si possono affrontarequestioni riguardanti lunghezze di segmenti, distanze ed angoli (anche se la visione intuitiva degli spazi vettoriali a 2o 3 dimensioni sembra implicare necessariamente queste nozioni di geometria elementare). Per sviluppare le"potenzialità" della struttura spazio vettoriale risulta necessario arricchirla in molteplici direzioni, sia con ulterioristrumenti algebrici (ad es. proponendo prodotti di vettori), sia con nozioni topologiche, sia con nozioni differenziali.In effetti si può prospettare una sistematica attività di arricchimento degli spazi vettoriali con costruzioni che siaggiungono a quella di combinazione lineare al fine di ottenere strutture di elevata efficacia nei confronti di tantiproblemi matematici, computazionali e applicativi. Per essere utili, queste costruzioni devono essere in qualchemodo compatibili con la struttura dello spazio vettoriale, e le condizioni di compatibilità variano caso per caso.

Spazio normatoUno spazio vettoriale in cui è definita una norma, cioè una lunghezza dei suoi vettori, è chiamato spazio normato.L'importanza degli spazi vettoriali normati dipende dal fatto che a partire dalla norma dei singoli vettori si definiscela distanza fra due vettori come norma della loro differenza e questa nozione consente di definire costruzionimetriche e quindi costruzioni topologiche.

Spazio di BanachUno spazio normato completo rispetto alla metrica indotta è detto spazio di Banach.

Spazio di HilbertUno spazio vettoriale complesso (risp. reale) in cui è definito un prodotto scalare hermitiano (risp. bilineare) definitopositivo, e quindi anche i concetti di angolo e perpendicolarità di vettori, è chiamato spazio prehilbertiano. Unospazio dotato di prodotto scalare è anche normato, mentre in generale non vale il viceversa.Uno spazio dotato di prodotto scalare che sia completo rispetto alla metrica indotta è detto spazio di Hilbert.

Spazio vettoriale topologicoUno spazio vettoriale munito anche di una topologia è chiamato spazio vettoriale topologico.

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Spazio vettoriale 32

Algebra su campoUno spazio vettoriale arricchito con un operatore bilineare che definisce una moltiplicazione tra vettori costituisceuna cosiddetta algebra su campo. Ad esempio, le matrici quadrate di ordine n munite del prodotto di matrici formanoun'algebra. Un'altra algebra su un campo qualsiasi è fornita dai polinomi su tale campo muniti dell'usuale prodottofra polinomi.

ModuliUna generalizzazione del concetto di spazio vettoriale è invece quella di modulo; essa si basa su richieste analoghe aquelle viste, ma per K non si chiede che sia un campo, ma un più generico anello.

Note[1] Questo è sempre vero se il campo è infinito, come ad esempio Q, R e C, tranne nel caso in cui il sottospazio sia semplicemente un punto (lo

zero).

Bibliografia• Marco Abate; Chiara de Fabritiis, Geometria analitica con elementi di algebra lineare, Milano, McGraw-Hill,

2006. ISBN 88-386-6289-4.• Luciano Lomonaco, Un'introduzione all'algebra lineare, Roma, Aracne, 2005. ISBN 88-548-0144-5.• Giulio Campanella, Appunti di algebra, Roma, Nuova Cultura, 2005. ISBN 88-89362-22-7.• Werner Greub, Linear Algebra, 4a ed., New York, Springer, 1995. ISBN 0-387-90110-8.• Steven Roman, Advanced linear algebra, Springer, 1992. ISBN 0-387-97837-2.• Edoardo Sernesi, Geometria 1, 2a ed., Torino, Bollati Boringhieri, 1989. ISBN 88-339-5447-1.• Serge Lang, Linear Algebra, 3a ed., New York, Springer, 1987. ISBN 0-387-96412-6.• Georgi Evgen'evich Shilov, Linear Algebra, Tradotto da Richard Silverman, New York, Dover, 1977. ISBN

0-486-63518-X.• Paul Halmos, Finite-Dimensional Vector Spaces, 2a ed., New York, Springer, 1974. ISBN 0-387-90093-4.• Kenneth Hoffman; Ray Kuze, Linear Algebra, 2a ed., Upper Saddle RIver, N.J., Prentice Hall, 1971. ISBN

0-13-536797-2.• Silvana Abeasis, Elementi di algebra lineare e geometria, Bologna, Zanichelli, 1993. ISBN 88-08-16538-8.

Voci correlate• Vettore (matematica)• Applicazione lineare• Dimensione• Sottospazio vettoriale• Spazio duale• Prodotto scalare• Norma

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Copertura lineare 33

Copertura lineareIn matematica, e più precisamente in algebra lineare, il sottospazio generato da alcuni vettori (anche indicato comela copertura lineare di tali vettori) è l'insieme costituito da tutte le combinazioni lineari di questi vettori, dettigeneratori. Il risultato è un sottospazio dello spazio vettoriale di partenza.A volte si usa il termine span lineare.

DefinizioneSia uno spazio vettoriale su un campo . Siano alcuni vettori di . Il sottospazio generato daquesti vettori è il sottoinsieme di formato da tutte le combinazioni lineari di questi vettori. In altre parole:

A volte si usa il termine inglese span lineare (da cui segue la notazione appena usata).La definizione data può essere estesa facilmente ad una famiglia qualsiasi di vettori

indicizzata da una che varia in un insieme di cardinalità arbitraria (finita, numerabile, ...): una combinazionelineare è semplicemente una combinazione che si serve di un numero finito di questi, ed il sottospazio generato èsempre definito come l'insieme dei risultati di tali composizioni.

Proprietà

Sottospazio vettorialeIl sottospazio generato è effettivamente un sottospazio vettoriale. Infatti ogni combinazione lineare di combinazionilineari di dati vettori si può esprimere come una combinazione lineare degli stessi vettori.

Insieme di generatoriDati un sottospazio di ed un insieme di vettori , si dice che questi vettori sono dei generatori di

se

Sottospazio più piccoloIl sottospazio generato

è il sottospazio vettoriale più piccolo fra tutti quelli che contengono i vettori , nel senso che è contenutoin ciascun sottospazio contenente questi vettori. Oppure il sottospazio generato si può intendere come l'intersezionedi tutti i sottospazi contenenti . Lo stesso risultato vale per un insieme infinito di vettori.

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Copertura lineare 34

ChiusuraLa trasformazione di un insieme di vettori di V nel sottospazio da loro generato, cioè la funzione Span, costituisce unesempio di funzione di chiusura. Come per tutte queste funzioni di insieme, vale la seguente proprietà di isotonia: se

e sono insiemi di vettori di tali che , allora

In particolare, se e è ottenuto da aggiungendo un vettore, il sottospazio generato può restare invariato o diventare più esteso. Come mostra la relazione seguente, il

sottospazio resta invariato se e solo se il vettore è già contenuto in questo:

Basi e dimensioneUn insieme di vettori è una base del sottospazio che genera se e solo se questi sono linearmente indipendenti. Se ivettori non sono indipendenti, esiste un loro sottoinsieme formato da vettori indipendenti: un sottoinsieme di questotipo può essere trovato tramite l'algoritmo di estrazione di una base.Da quanto appena detto segue quindi che la dimensione di un sottospazio generato da vettori è al più , ed èproprio se e solo se questi sono indipendenti.

Esempi

Nel piano

In , i vettori e sono dipendenti. Il loro span quindi ha dimensione minore di due, e infatti è unaretta. Formalmente scriviamo . I vettori e invece sonoindipendenti, e perciò il loro span è uno spazio di dimensione 2 dentro : uno spazio di dimensione ha solo séstesso come sottospazio di dimensione , e perciò .

Nello spazio

In , i vettori , , sono dipendenti, perché l'ultimo è la differenza dei primidue. Abbiamo quindi , e poichéquesti due vettori sono indipendenti, sono una base del loro span che ha dimensione 2, ovvero è un piano.

Voci correlate• Insieme di generatori• Combinazione lineare• Base (algebra lineare)

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Base (algebra lineare) 35

Base (algebra lineare)In matematica, e più precisamente in algebra lineare, un insieme di vettori di uno spazio vettoriale è una base sequesti vettori sono indipendenti e generano lo spazio vettoriale.La base è un concetto chiave dell'algebra lineare, simile a quello di sistema di riferimento usato in fisica, chepermette di definire la dimensione di uno spazio vettoriale.

DefinizioneSia V uno spazio vettoriale su un campo K. Un insieme ordinato (sequenza) di vettori (v1, ..., vn) è una base per V sevalgono entrambe queste proprietà:1. I vettori v1, ..., vn sono linearmente indipendenti;2. I vettori v1, ..., vn generano V, cioè V = Span(v1, ..., vn).

Proprietà

DimensioneUno spazio vettoriale generalmente non ha una sola base, anzi solitamente ha una infinità di basi molto diverse fraloro; però grazie al teorema della dimensione per spazi vettoriali queste basi hanno tutte la stessa cardinalità, sonoformate cioè sempre dallo stesso numero di vettori.Questo numero, che dipende quindi solo da V, è la dimensione di V e permette di definire spazi di dimensionearbitrariamente alta, superando i limiti dell'umana intuizione tridimensionale.La dimensione di V è inoltre pari al massimo numero di vettori indipendenti in V, e al minimo numero di vettorinecessari per generare V.

Combinazione lineareUn insieme B = (v1, ..., vn) di vettori è una base per V se e solo se ogni elemento v di V si può scrivere in un modosolo come combinazione lineare dei vettori v1, ..., vn. Tale combinazione lineare identifica le coordinate di v rispettoa B.

Condizioni sufficientiLe due proprietà seguenti mostrano che, conoscendo già la dimensione dello spazio, per verificare che un insieme delnumero giusto di elementi sia una base è sufficiente provare una sola delle due proprietà necessarie:• Un insieme B di n vettori in uno spazio V di dimensione n è una base se e solo se sono indipendenti.• Un insieme B di n vettori in uno spazio V di dimensione n è una base se e solo se generano V.

EsistenzaQualsiasi sia lo spazio vettoriale V, possiamo sempre trovare una base. Vediamo il perché (la cosa non è banale, erichiede l'uso del lemma di Zorn nel caso generale). Consideriamo la collezione I(V) dei sottoinsiemi di Vlinearmente indipendenti. È immediato che l'inclusione ⊂ sia un ordine parziale su I(V), e che per ogni catena {Bi}l'insieme ∪ Bi sia un maggiorante (è linearmente indipendente in quanto unione di elementi di una catena ordinataper inclusione). Applicando il lemma di Zorn sappiamo che esiste un insieme massimale linearmente indipendente Bin I(V). Adesso è facile concludere che B è una base, infatti se v ∈ V e v ∉ B, allora per la massimalità di B l'insiemeB ∪ {v} deve essere linearmente dipendente, cioè esistono degli scalari a, a1, ..., an non tutti nulli tali che

a v + a1 b1 + ... + an bn = 0,      b1, ..., bn ∈ B

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Base (algebra lineare) 36

notiamo che a ≠ 0 (se fosse nulla allora anche gli altri ai dovrebbero esserlo essendo gli elementi di B linearmenteindipendenti), ne deriviamo che v può essere scritto come combinazione lineare finita di elementi di B, che quindi,oltre a essere linearmente indipendente, genera V, ovvero è una base.

Esempi• I vettori (1,0) e (0,1) sono una base di R2, perché sono indipendenti e generano R2 (infatti ogni altro (a, b) si

scrive come (a, b) = a(1,0) + b(0,1)).• In dimensione arbitraria, una base dello spazio vettoriale Rn è data dai vettori

e1 = (1, 0, 0, ..., 0), e2 = (0, 1, 0, ...,0), ..., en = (0, ..., 0, 1).Questa base si chiama base canonica di Rn.

• La base canonica di Cn, cioè lo spazio vettoriale delle n-uple di numeri complessi, è sempree1 = (1, 0, 0, ..., 0), e2 = (0, 1, 0, ...,0), ..., en = (0, ..., 0, 1).

È facile infatti scrivere un qualsiasi vettore di Cn come combinazione di questi. Ad esempio il vettore (i, 0, 0) siscrive come

i * (1 , 0 , 0) = (i , 0 , 0)• I vettori (2,1) e (-1,2) formano una base di R2, diversa da quella canonica: visto che sono 2 vettori in uno spazio

che sappiamo già avere dimensione 2, grazie alla proprietà descritta sopra per dimostrare questo fatto ci bastanotare che sono indipendenti.

Generalizzazioni in dimensione infinitaIl concetto di base in spazi di dimensione infinita (in cui cioè esista un insieme infinito di vettori linearmenteindipendenti) è più problematico. Per tali spazi esistono due nozioni differenti di base: la prima, detta base di Hamel,è definita algebricamente, mentre la seconda, detta base di Schauder, necessita della presenza di una topologia.

Base di Hamel

Una base di Hamel per uno spazio vettoriale è un insieme di vettori linearmente indipendenti[1] ,parametrizzato da un insieme ordinato di indici, tale che ogni vettore di è combinazione lineare di uninsieme finito di questi.Nel caso in cui è un insieme finito, la definizione coincide con quella data precedentemente.

Ad esempio, una base di Hamel per lo spazio vettoriale formato da tutti i polinomi a coefficienti in uncampo è data dall'insieme di tutti i monomi

Infatti ogni polinomio è combinazione lineare di un insieme finito di questi.Ogni spazio vettoriale ha una base di Hamel, grazie al lemma di Zorn (vedi la proprietà di esistenza). Inoltre due basidi Hamel qualsiasi di uno stesso spazio vettoriale hanno la stessa cardinalità, che può dunque essere presa comedimensione (di Hamel) dello spazio vettoriale. Infine, continua a rimanere vero il fatto che ogni vettore dello spazio

si scrive in modo unico come combinazione lineare dei vettori di una base di Hamel.

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Base (algebra lineare) 37

Base di Schauder o topologicaSe lo spazio è dotato di una topologia, è possibile estendere la definizione di base in modo diverso, ammettendosomme infinite di vettori. Il senso di queste somme infinite è infatti dato dalle nozioni di limite di una successione edi serie.Se è uno spazio vettoriale topologico, ad esempio uno spazio di Hilbert o di Banach, un insieme ordinato

di vettori linearmente indipendenti è una base di Schauder (o topologica) se lo spazio da essi generato èdenso in . In altre parole, se ogni vettore di può essere approssimato da somme (finite) di vettori in

, e quindi come limite di una somma infinita di questi:

dove è un sottoinsieme numerabile.In uno spazio di Hilbert, è di particolare importanza la nozione di base ortonormale.L'esistenza di una base di Schauder in uno spazio di Banach non è, in genere, assicurata. Vedi .L'esistenza di una base di Schauder consente di estendere alcuni teoremi . .

CardinalitàLe due nozioni di basi sono generalmente molto differenti, e anche le loro cardinalità possono differire, portando adue concetti diversi di dimensione, chiamati rispettivamente dimensione di Hamel e dimensione di Schauder. Ladimensione di Hamel può avere cardinalità superiore a quella di Schauder (pur essendo entrambe infinite).

Ad esempio, sia lo spazio delle funzioni continue reali definite sull'intervallo . Questo è uno spazio diBanach con la norma

Come conseguenza della teoria delle serie di Fourier, una base di Schauder per è costruita a partire dalle funzionitrigonometriche

ed ha cardinalità numerabile. Una base di Hamel ha invece cardinalità non numerabile, ed è molto più difficile dacostruire (e scarsamente utilizzata).

Note[1] Per definizione, è un insieme di vettori indipendenti se ogni suo sottoinsieme finito è formato da vettori indipendenti.

Voci correlate• Base ortonormale• Completamento a base• Estrazione di una base• Formula di Grassmann• Matrice di cambiamento di base• Span lineare• Sottospazio vettoriale

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Completamento a base 38

Completamento a baseIl completamento a base è un algoritmo utile in algebra lineare a completare un insieme di vettori linearmenteindipendenti in uno spazio vettoriale ad una base.

Il teoremaSia uno spazio vettoriale su un campo , di dimensione . Il teorema di completamento a base (o teoremadella base incompleta) asserisce che:Se sono vettori linearmente indipendenti in , allora:• è minore o uguale a ,• se , esistono vettori tali che l'insieme ordinato è una base.

Dimostrazione e algoritmoLa dimostrazione fornisce un algoritmo che consente di trovare concretamente i vettori .L'algoritmo funziona nel modo seguente: si aggiunga all'insieme una base nota dellospazio (ad esempio, questa può essere la base canonica se ). Si ottiene quindi l'insieme ordinato

.L'insieme genera tutto lo spazio , poiché contiene dei generatori . Si applica quindi ad l'algoritmo di estrazione di una base. Questo algoritmo elimina, partendo da sinistra, quei vettori che sono dipendentidai vettori precedenti. Poiché i primi sono indipendenti, l'algoritmo eliminerà soltanto alcuni dei vettori : ilrisultato è quindi una base contenente .

EsempioI vettori e in sono indipendenti. Quindi esiste un terzo vettore che forma una base conquesti due, e può essere trovato usando l'algoritmo di completamento. Si aggiunge quindi ai due vettori la basecanonica:

L'algoritmo di estrazione mantiene i primi due vettori, quindi elimina il terzo e il quarto (entrambi generati dai primidue), e tiene di conseguenza il quinto. Si ottiene quindi la base

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Completamento a base 39

Voci correlate• Estrazione di una base

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Estrazione di una baseL'estrazione di una base è un algoritmo utile in algebra lineare ad estrarre una base da un insieme finito digeneratori di uno spazio vettoriale

Il teoremaSia uno spazio vettoriale su un campo , di dimensione . Il teorema di estrazione di una base asserisceche:Se sono vettori in che generano , allora:• è maggiore o uguale a ,• esistono vettori che formano una base di .

Dimostrazione e algoritmoLa dimostrazione fornisce un algoritmo che consente di trovare concretamente i vettori .

L'algoritmo funziona nel modo seguente: per ogni , si controlla se il vettore -esimo èdipendente dai precedenti; questo accade se e solo se

In questo caso, si elimina dalla lista; altrimenti, si tiene. Per , non ci sono vettori precedenti e si consideraquindi lo span come l'insieme formato dal solo vettore nullo: quindi il primo vettore viene tenuto solo se diverso dazero.Il risultato finale è quindi un insieme di vettori indipendenti che continuano a generare , ossia, per definizione,una base di .

EsempioSi estrae una base di dall'insieme

Il primo vettore non è nullo e quindi viene tenuto. Il secondo non è multiplo del primo, e quindi viene tenuto. Il terzoè però combinazione dei primi due, infatti

Quindi il terzo vettore è eliminato. Il quarto risulta indipendente dagli altri. Si ottiene quindi la base

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Estrazione di una base 40

Voci correlate• Completamento a base

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Matrice di cambiamento di baseIn matematica, e più precisamente in algebra lineare, la matrice di cambiamento di base è una matrice quadrata checodifica il cambiamento di una base di uno spazio vettoriale.

DefinizioneSia uno spazio vettoriale di dimensione finita su un campo . Siano e due basi per . La matrice di

cambiamento di base da in è la matrice associata alla funzione identità da in sé, rispetto alle basi (inpartenza) e (in arrivo).In altre parole, la matrice di cambiamento di base da a ha nella -esima colonna le coordinate dell' -esimo vettore di rispetto a .

Proprietà

Cambio di coordinateLa matrice di cambiamento di base è utile soprattutto a tradurre le coordinate di un vettore fra due basi diverse. Sia

un vettore di , e siano

le sue coordinate rispetto alle basi e , dove è la dimensione di . Vale allora la relazione

dove è la matrice di cambiamento di base da in e si fa uso del prodotto fra matrici.

ComposizioneLa matrice di cambiamento di base serve a codificare la relazione fra basi diverse. Le proprietà seguenti mostranoche questa codifica è compatibile con le operazioni di composizione.

Se e sono tre basi per , e è la matrice di cambiamento di base da a , abbiamo:

Segue che se è la matrice di cambiamento di base da in e è la matrice di cambiamento di base dain , vale la seguente relazione

In particolare, la matrice è invertibile e M' è la sua inversa.

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Matrice di cambiamento di base 41

Cambio di matrici associate a endomorfismiSia

un endomorfismo di uno spazio vettoriale . Siano e due basi per , e la matrice di cambiamento dibase da in . Siano e le matrici associate a ottenute usando rispettivamente la base e (in entrambi i casi si usa la stessa base in partenza ed in arrivo).Vale la relazione

L'ultima proprietà implica che due matrici che rappresentano lo stesso endomorfismo con basi diverse sono simili.

OrientazioneSe è il campo dei numeri reali, la matrice di cambiamento di base è utile a verificare se due basi hanno lastessa orientazione: questo accade precisamente quando il determinante della matrice di cambiamento di base che lecollega è positivo.

Esempi• Nel piano cartesiano, sia la base canonica e ottenuta permutando

. La matrice di cambiamento di base da in è

• Nello spazio euclideo , la matrice di cambiamento fra le basi

viene trovata risolvendo il sistema lineare

con 9 equazioni (tre per ogni ) e 9 incognite . Il risultato è la matrice

La matrice può quindi essere usata per cambiare le coordinate di un vettore fissato. Ad esempio, il vettore

ha coordinate rispetto a

Le sue coordinate rispetto a sono quindi calcolate nel modo seguente:

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Matrice di cambiamento di base 42

Voci correlate• Matrice associata ad una applicazione lineare• Matrici simili

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Somma direttaIn matematica, e più precisamente in algebra lineare, la somma diretta indica una particolare proprietà di due o piùsottospazi vettoriali.

DefinizioneDue sottospazi e di uno spazio vettoriale sono in somma diretta se . Inoltre se

, si dice che si decompone in somma diretta di e e si scrive

In questo caso il sottospazio è un complementare di (e viceversa).

DimensioniPer la formula di Grassmann, due spazi sono in somma diretta se e solo se

Quando due spazi non sono in somma diretta, il termine a sinistra è strettamente minore di quello a destra.

EsempiLo spazio delle matrici quadrate a coefficienti in un campo si decompone nei sottospazi dellematrici simmetriche e antisimmetriche:

Le dimensioni relative dei sottospazi sono:

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Somma diretta 43

Componenti e proiezioneSe e sono in somma diretta, ogni elemento del sottospazio somma si scrive unicamente come

dove e sono elementi rispettivamente di e . Gli elementi e sono le componenti di lungo i duesottospazi. Grazie all'unicità di queste, è possibile definire due proiezioni

semplicemente ponendo

Esempio

Ad esempio, nella decomposizione con e descritta sopra, le proiezioni sono le seguenti:

Queste proiezioni rappresentano concretamente ogni matrice in una somma di una matrice simmetrica e unaantisimmetrica. Difatti,

e inoltre

mostra che la matrice è effettivamente simmetrica (perché uguale alla sua trasposta: si verificaanalogamente che è antisimmetrica).

Voci correlate• Proiezione (geometria)• Formula di Grassmann

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Formula di Grassmann 44

Formula di GrassmannIn matematica, la formula di Grassmann è una relazione che riguarda le dimensioni dei sottospazi vettoriali di unospazio vettoriale o dei sottospazi proiettivi di uno spazio proiettivo.Il nome è stato scelto in onore del matematico tedesco Hermann Grassmann (1809-1877).

DefinizioneSia uno spazio vettoriale su un campo dotato di dimensione finita, cioè dotato di una base finita; siano e

due sottospazi di . Indichiamo con il sottospazio somma di e , dato da:

e con il loro sottospazio intersezione.La formula di Grassman afferma che:

Esempi

Spazio tridimensionaleQuesta formula si visualizza facilmente e significativamente nel caso in cui sia lo spazio vettorialetridimensionale sui reali ; le possibilità per i sottospazi portano alla seguente casistica:• Uno dei due sottospazi o ha dimensione 0 o 3: in questo caso (a meno di scambiare i nomi dei due

sottospazi) abbiamo e e la formula si riduce a una identità.• e sono sottospazi di dimensione 1 (cioè rette passanti per l'origine):

• se le rette sono distinte contiene solo il vettore nullo ed ha dimensione 0 e è il pianocontenente le due rette, per cui la formula si riduce a 1 + 1 = 2 + 0.

• se coincidono e ancora si ha una identità.• è una retta per l'origine e un piano per l'origine:

• se la retta non giace nel piano si ha: 1 + 2 = 3 + 0;• se la retta giace nel piano: 1 + 2 = 2 + 1.

• e sono piani per l'origine:• se non coincidono la loro intersezione è una retta e si ha: 2 + 2 = 3 + 1;• se coincidono si ha un'identita` che numericamente afferma: 2 + 2 = 2 + 2.

Somma diretta

Definizione

Due sottospazi e sono in somma diretta se . In questo caso la formula di Grassmannasserisce che

Se inoltre , si dice che si decompone in somma diretta di e e si scrive

In questo caso il sottospazio è un supplementare di (e viceversa).

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Formula di Grassmann 45

Esempi

Lo spazio delle matrici quadrate a coefficienti in un campo si decompone nei sottospazi dellematrici simmetriche e delle antisimmetriche:

La formula di Grassmann porta alla uguaglianza concernente le dimensioni dei due sottospazi della forma:

Dimostrazione

Struttura della dimostrazioneLa formula si dimostra individuando due basi per e che hanno in comune i vettori che costituiscono una baseper la loro intersezione. Più precisamente, si prende una base per , e si completa ad una base

di , e ad una base

di . I vettori in

generano lo spazio , si verifica che sono indipendenti, e quindi sono una base per . Un conteggiodegli elementi nelle quattro basi trovate fornisce la formula di Grassmann.

Verifica dell'indipendenza lineareL'unico fatto che necessita di una dimostrazione approfondita è l'indipendenza dei vettori in

che viene mostrata nel modo seguente: sia

Supponiamo l'esistenza di una combinazione lineare nulla

In altre parole, raggruppando

si ottiene

Da questo segue che , e poiché sia che appartengono a , ne segue che anche appartienea . Quindi appartiene all'intersezione , e si scrive come combinazione lineare di elementi di .D'altra parte, come elemento di , è descritto come combinazione lineare di elementi di : poiché ognielemento ha un'unica descrizione come combinazione lineare di elementi di una base, ne segue che entrambe questecombinazioni hanno tutti i coefficienti nulli. Quindi

Si ottiene quindi . Poiché i vettori

sono una base di , sono quindi indipendenti, e ne segue che anche

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Formula di Grassmann 46

Quindi i coefficienti sono tutti nulli: l'insieme

è formato da elementi indipendenti, ed è quindi una base.

Conteggio dimensioniUsando le notazioni appena introdotte, il conteggio delle dimensioni dà proprio

Proprietà• La formula di Grassmann dice che i sottospazi di uno spazio vettoriale muniti delle operazioni binarie + e

costituiscono un reticolo modulare.

Voci correlate• base• Teorema della dimensione

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Metodo di eliminazione di GaussIn matematica, il metodo di eliminazione di Gauss, spesso abbreviato in MEG, è un algoritmo, che prende il nomedal matematico tedesco Carl Friedrich Gauss, usato in algebra lineare per determinare le soluzioni di un sistema diequazioni lineari, per calcolare il rango o l'inversa di una matrice.L'algoritmo, attraverso l'applicazione di operazioni elementari dette mosse di Gauss, riduce la matrice in una formadetta a scalini. La matrice così ridotta permette il calcolo del rango della matrice (che sarà pari al numero discalini/pivot) nonché la risoluzione del sistema lineare ad essa associato.Un'estensione a tale metodo, nota come metodo di eliminazione di Gauss-Jordan, dal matematico tedesco WilhelmJordan, riduce ulteriormente la matrice, permettendo di calcolarne anche l'inversa.Nonostante sia attribuito a Gauss e Jordan, il primo matematico ad aver usato questo algoritmo è stato Liu Hui nel263 a.C.

Matrice completa dei coefficientiUn sistema di equazioni lineari

può essere descritto tramite una matrice

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Metodo di eliminazione di Gauss 47

detta matrice completa dei coefficienti del sistema. I coefficienti del sistema lineare (e quindi della matrice) sonoelementi di un campo K, quale ad esempio quello dei numeri reali R o complessi C. L'ultima colonna è la colonnadei termini noti.

Mosse di GaussLe mosse di Gauss sono operazioni che modificano una matrice in uno dei modi seguenti:• scambiando due righe;• moltiplicando una riga per un numero diverso da zero;• sommando una riga ad un'altra.Le righe della matrice qui sono intese come vettori dello spazio vettoriale Kn, e quindi si possono moltiplicare per unnumero oppure sommare, semplicemente termine a termine.Le mosse di Gauss hanno la seguente importante proprietà: se applicate alla matrice completa dei coefficienti di unsistema lineare, non modificano lo spazio delle soluzioni del sistema. In altre parole, cambia il sistema ma lesoluzioni restano invariate: un vettore (x1, ..., xn) è soluzione del vecchio sistema se e solo se lo è del nuovo.D'altra parte è semplice notare che le mosse di Gauss applicate alla matrice completa dei coefficienti corrispondono,nella classica maniera di esprimere un sistema di equazioni (con la parentesi graffa), a nient'altro se non:• scambiare l'ordine di scrittura di due equazioni;• moltiplicare entrambi i membri di un'equazione per un numero diverso da zero;• sommare ad ogni membro di un'equazione la stessa quantità a sinistra e a destra.

Matrice a scaliniUna matrice a scalini è una matrice A avente la proprietà seguente: il primo elemento diverso da zero di una rigadeve essere più a destra del primo elemento diverso da zero della riga precedente. Ad esempio, la matrice

è ridotta a scalini, mentre la matrice

non lo è. Il primo elemento diverso da zero su ogni riga (quando c'è) è detto pivot. Ad esempio, la matrice a scalinidescritta sopra ha tre pivot, contenenti le cifre 3, -1 e 5.

Algoritmo di GaussL'algoritmo di Gauss trasforma una qualsiasi matrice in una matrice a scalini tramite mosse di Gauss. Funziona nelmodo seguente:1. Se la prima riga ha il primo elemento nullo, scambiala con una riga che ha il primo elemento non nullo. Se tutte

le righe hanno il primo elemento nullo, vai al punto 3.2. Per ogni riga con primo elemento non nullo, eccetto la prima ( ), moltiplica la prima riga per un

coefficiente scelto in maniera tale che la somma tra la prima riga e abbia il primo elemento nullo (quindicoefficiente = ). Sostituisci con la somma appena ricavata.

3. Adesso sulla prima colonna tutte le cifre, eccetto forse la prima, sono nulle. A questo punto ritorna al punto 1considerando la sottomatrice che ottieni cancellando la prima riga e la prima colonna.

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Metodo di eliminazione di Gauss 48

Mostriamo qui un esempio:

Dalla matrice di partenza abbiamo moltiplicato la prima riga per -1, sommato la prima riga con la seconda (scrivendoil risultato nella seconda riga in modo da ottenere uno zero in prima posizione), moltiplicato la riga ottenuta per -2 edinfine sommata alla terza riga.NOTA IMPORTANTE: questa procedura, scritta ed utilizzata come sopra, funziona per risolvere un sistema lineareapplicando le mosse di Gauss alla matrice completa dei coefficienti del sistema o per capire quale sia il rango di unagenerica matrice in esame. Nel caso che si voglia sfruttare questa procedura per il calcolo veloce del determinante diuna generica matrice quadrata (una volta triangolarizzata si fa il prodotto degli elementi diagonali) si devono fare unnumero pari di scambi di righe altrimenti il determinante cambia segno! Ci si deve inoltre limitare a sommare ad unariga un'altra riga eventualmente moltiplicata per un numero diverso da zero, lasciando la seconda riga invariata: nelcalcolo del determinante, sfruttando questa procedura, se moltiplicassimo semplicemente una riga per una costante ildeterminante cambierebbe! Cambierebbe proprio del fattore per cui si moltiplica la riga! Infine applicando laprocedura per il calcolo veloce del determinante si può operare anche sulle colonne.Mostriamo qui un esempio per il calcolo del determinante sulla stessa matrice sopra:

Dalla matrice di partenza abbiamo sommato alla seconda riga la prima riga moltiplicata per -1 per azzerare il primoelemento (lasciando la prima riga invariata); la terza riga ha già uno zero come primo elemento a sinistra quindiabbiamo sommato alla terza riga la seconda riga moltiplicata per -2 per azzerare il secondo elemento (lasciando laseconda riga invariata). Adesso si può calcolare facilmente il determinante che è il prodotto degli elementi diagonalicioè vale -12 ed è lo stesso determinante di quello della matrice iniziale.Nell'esempio precedente invece si otterrebbe -24 dal prodotto degli elementi diagonali cioè -12 moltiplicato per unfattore 2: questo fattore 2 è proprio il prodotto -1 x -2, i fattori per cui si erano moltiplicate le righe nell'esempiosopra.Il calcolo del determinante tramite questa procedura è il sistema meno impegnativo che si conosca dal punto di vistacomputazionale (crescita polinomiale invece che fattoriale) ed è l'unico applicabile quando le dimensioni dellematrici diventano grandi.

Algoritmo di Jordan-GaussDopo aver ridotto la matrice a scalini, è possibile usare una versione dell'algoritmo di Gauss in senso inverso, cioèdal basso verso l'alto, per ottenere una matrice che in ogni colonna contenente un pivot abbia solo il pivot comenumero non nullo: basta usare ogni riga, partendo dall'ultima, per eliminare tutte le cifre diverse da zero che stannosopra al pivot di questa riga. Infine, sempre con mosse di Gauss (moltiplicando righe), possiamo ottenere che ognipivot abbia valore 1.Ad esempio, portando avanti l'algoritmo descritto sopra otteniamo:

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Metodo di eliminazione di Gauss 49

Soluzioni del sistemaL'algoritmo di Gauss-Jordan trasforma la matrice dei coefficienti di un sistema in una matrice fatta nel modoseguente: le variabili corrispondenti alle colonne che non contengono pivot sono dette libere; ciascuna altra variabilecompare in una sola equazione, e quindi può essere espressa in funzione delle variabili libere e dei termini noti. Lospazio delle soluzioni si ottiene assegnando valori arbitrari alle variabili libere, e calcolando le altre variabili diconseguenza.Se i termini noti bi sono tutti nulli, le soluzioni sono un sottospazio vettoriale di 'Kn. Altrimenti sono ottenute da unsottospazio vettoriale tramite traslazione.

Inversa di una matriceL'algoritmo di Gauss-Jordan è anche usato per trovare (quando esiste) l'inversa di una matrice. Funziona nel modoseguente: sia A una matrice invertibile. Costruiamo la matrice B = (A | I) con n righe e 2n colonne, costruitaaffiancando A e la matrice identità I. A questo punto, dopo aver reso la matrice a scalini con uno o più passidell'algoritmo di Gauss, applichiamo la variante di Gauss-Jordan alla nuova B per ottenere nella parte sinistra IPoiché A è invertibile, le sue colonne sono indipendenti, e quindi conterranno tutte dei pivot alla fine dell'algoritmo.Quindi il risultato sarà una matrice del tipo (I | C). Ebbene la matrice C è proprio l'inversa di A.

L'esempio seguente mostra che l'inversa di è :

Nel primo passaggio si è moltiplicata la prima riga per -2, nel secondo si è sommata alla seconda riga la prima, nelterzo si è moltiplicata la seconda riga per -4, nel quarto passaggio si è sommata alla prima riga la seconda e infinenell'ultimo passaggio si è divisa la prima riga per -2 e la seconda per 4. In questo modo si è partiti da una matrice di(A | I) e si è arrivati a (I | C). Si ha che C è l'inversa di A.

Proprietà• Il rango di una matrice è pari al numero dei pivot di una qualsiasi matrice a scalini ottenuta da questa tramite

mosse di Gauss• Lo spazio delle soluzioni non cambia tramite mosse di Gauss• Per estrarre da un insieme di vettori in Kn un sottoinsieme di vettori indipendenti, dunque anche una base del

sottospazio da essi generato basta applicare l'algoritmo di Gauss alla matrice ottenuta affiancando questi vettori, equindi prendere solo quei vettori iniziali sulla cui colonna compare (alla fine dell'algoritmo) un pivot.

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Metodo di eliminazione di Gauss 50

Voci correlate• Matrice• Determinante• Rango• Teorema di Rouché-Capelli

Collegamenti esterni• Programma che calcola l'inversa di una matrice [1]

• Programma interattivo o automatico per utilizzare l'algoritmo di Gauss-Jordan [2]

• (EN) Eliminazione gaussiana [3] su MathWorld• (EN) Eliminazione di Gauss-Jordan [4] MathWorld• (EN) Eliminazione gaussiana [5] su PlanetMath

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Note[1] http:/ / evinive. altervista. org[2] http:/ / ww2. unime. it/ weblab/ ita/ Gauss/[3] http:/ / mathworld. wolfram. com/ GaussianElimination. html[4] http:/ / mathworld. wolfram. com/ Gauss-JordanElimination. html[5] http:/ / planetmath. org/ encyclopedia/ GaussianElimination2. html

Determinante

Una trasformazione lineare del piano cartesiano è descritta da una matrice quadrata. Il determinante della matrice fornisce delle informazioni sulla

trasformazione: il valore assoluto descrive il cambiamento di area, mentre il segnodescrive il cambiamento di orientazione. Nell'esempio qui riportato, la matrice hadeterminante -1: quindi la trasformazione preserva le aree (un quadrato di area 1 si

trasforma in un parallelogramma di area 1) ma inverte l'orientazione del piano.

In algebra lineare, il determinante è unafunzione che associa ad ogni matricequadrata uno scalare che ne sintetizzaalcune proprietà algebriche.

Esso viene generalmente indicato cone a volte con , notazione

compatta ma ambigua, in quanto utilizzatatalvolta per descrivere una norma dellamatrice.[1]

Il determinante è un potente strumento usatoin vari settori della matematica: innanzituttonello studio dei sistemi di equazioni lineari,quindi nel calcolo infinitesimale a piùdimensioni (ad esempio nel Jacobiano), nelcalcolo tensoriale, nella geometriadifferenziale, nella teoria combinatoria, etc.

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Determinante 51

Il volume di questo parallelepipedo è il valore assoluto del determinante dellamatrice formata dai vettori e . Questa relazione fra volume e

determinante è valida in qualsiasi dimensione.

Il significato geometrico principale deldeterminante si ottiene interpretando lamatrice quadrata di ordine cometrasformazione lineare di uno spaziovettoriale a dimensioni: con questainterpretazione, il valore assoluto di

è il fattore con cui vengonomodificati i volumi degli oggetti contenutinello spazio. Se è diverso da zero, il segnodel determinante indica inoltre se latrasformazione preserva o cambial'orientazione dello spazio.

Definizione

DefinizioneSia V uno spazio vettoriale sul campo C di dimensione n e D una forma n-lineare e alternante e non identicamente

nulla da V in C, il determinante di un endomorfismo è definito come: Con

una qualsiasi base di V.

Definizione tramite assiomi

Sia lo spazio vettoriale delle matrici quadrate a valori in un campo (ad esempio, il campo deinumeri reali o complessi).Il determinante è l'unica funzione

avente le proprietà seguenti:•• Si comporta nel modo seguente rispetto all'algoritmo di Gauss-Jordan:

• se è ottenuta scambiando due righe o due colonne di , allora ,• se è ottenuta moltiplicando una riga o una colonna di per , allora ,• se è ottenuta sommando una riga o una colonna rispettivamente di ad un'altra, allora

dove la matrice è la matrice identità.Le proprietà elencate hanno un significato geometrico: sono le proprietà che deve verificare una funzione il cuivalore assoluto è il volume del poliedro individuato dai vettori riga della matrice B e il cui segno è positivo se e solose tali vettori sono equiorientati alla base canonica.

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Determinante 52

Definizione costruttiva

Il determinante di una matrice può essere definito in un modo più costruttivo, tramite la formula di Leibniz:

Nella formula, è l'insieme di tutte le permutazioni dell'insieme numerico e denotail segno della permutazione ( se è una permutazione pari, −1 se è dispari).Per esteso:

In particolare:• Se , il determinante di è semplicemente

• Se , si ottiene la formula già vista

• Se , si ottiene

Quest'ultima formula può essere memorizzata tramite la regola di Sarrus (che non è però estendibile ai casi).

La complessità della definizione costruttiva (comprese la generazione delle permutazioni) è elevata:

Metodi di calcoloLa definizione costruttiva del determinante è spesso complicata da usare per un calcolo concreto, perché si basa suuna somma di ben addendi. Esistono altri algoritmi che consentono di calcolare il determinante più facilmente.Ciascun metodo ha una efficienza variabile, dipendente dalla grandezza della matrice e dalla presenza di zeri.

Sviluppo di LaplaceLo sviluppo di Laplace è un metodo di calcolo del determinante, che risulta efficiente per matrici non troppo grandi econtenenti un gran numero di zeri. Si procede scegliendo una riga, la -esima, tramite la formula:

dove è il complemento algebrico della coppia , cioè è data da per il determinante delminore di ordine ottenuto dalla matrice eliminando la riga -esima e la colonna -esima.Esiste uno sviluppo analogo anche lungo la -esima colonna.

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Determinante 53

Matrici quadrate di ordine 2

L'area del parallelogramma è il determinante della matrice

Il determinante di una matrice 2 × 2 è pari a

Il valore assoluto di questa espressione è pari all'area del parallelogramma con vertici in e. Il segno del determinante (se questo è diverso da zero) dipende invece dall'ordine ciclico con cui

compaiono i vertici del parallelogramma (il segno è negativo se il parallelogramma è stato "ribaltato", e positivoaltrimenti).Come spiegato più sotto, questa proprietà geometrica si estende anche in dimensioni maggiori di 2: il determinantedi una matrice è ad esempio il volume del poliedro i cui vertici si ricavano dalle colonne della matrice con lostesso procedimento visto.

Matrici quadrate di ordine 3

Calcolo del determinante di una matrice tramite un metodoequivalente alla regola di Sarrus. Questo metodo non si estende a

matrici più grandi.

Il determinante di una matrice 3 × 3 è pari a

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Determinante 54

Un metodo mnemonico per ricordare questa formula, espresso dalla regola di Sarrus (questo metodo non si estende amatrici più grandi), prevede di calcolare i prodotti dei termini sulle diagonali "continue": ripetendo a destra dellamatrice le sue prime due colonne

i prodotti delle componenti sulle 3 "diagonali" che partono dall'alto a sinistra (diagonali principali) sono aei, bfg ecdh, mentre sulle 3 "diagonali" che partono dal basso a sinistra (diagonali secondarie) si trovano gec, hfa, idb. Ildeterminante della matrice è esattamente la differenza tra la somma dei primi tre termini (aei + bfg + cdh) e lasomma degli ultimi tre (gec + hfa + idb).

Algoritmo di GaussLa definizione assiomatica fornisce un altro utile strumento di calcolo del determinante, che si basa su questi dueprincipi:• Il determinante di una matrice triangolare è semplicemente il prodotto degli elementi sulla diagonale, cioè

.

• Usando l'algoritmo di Gauss, è possibile trasformare ogni matrice in una matrice triangolare tramite mosse diGauss, il cui effetto sul determinante è determinato dagli assiomi.

EsempioSupponiamo di voler calcolare il determinante di

.

Si può procedere direttamente tramite la definizione costruttiva:

Alternativamente si può utilizzare lo sviluppo di Laplace secondo una riga o una colonna. Conviene scegliere unariga o una colonna con molti zeri, in modo da ridurre gli addendi dello sviluppo; nel nostro caso sviluppiamosecondo la seconda colonna:

Lo sviluppo di Laplace può essere combinato con alcune mosse di Gauss. Ad esempio qui risulta particolarmentevantaggioso sommare la seconda colonna alla prima:

Questa mossa non cambia il determinante. Sviluppando lungo la prima colonna si ottiene quindi ancora:

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Determinante 55

Applicazioni

Sistemi lineariIl determinante è utile a calcolare il rango di una matrice e quindi a determinare se un sistema di equazioni lineari hasoluzione, tramite il teorema di Rouché-Capelli. Quando il sistema ha una sola soluzione, questa può essereesplicitata usando il determinante, mediante la regola di Cramer.

Matrici e trasformazioni invertibiliUna matrice è detta singolare se ha determinante nullo. Una matrice singolare non è mai invertibile, e se è definitasu un campo vale anche l'inverso: una matrice non singolare è sempre invertibile.Una trasformazione lineare del piano, dello spazio, o più in generale di uno spazio euclideo o vettoriale (didimensione finita)

è rappresentata (dopo aver scelto una base) da una matrice quadrata . Il determinante è una quantità che nondipende dalla base scelta, e quindi solo dalla funzione : si può quindi parlare di determinante di , che si indicacon .Molte affermazioni su sono equivalenti:

è una corrispondenza biunivoca è un isomorfismo è iniettiva è suriettiva

Quindi ciascuna di queste affermazioni equivalenti è vera se e solo se il determinante non è zero.

Autovalori e autovettoriIl determinante consente di trovare gli autovalori di una matrice mediante il suo polinomio caratteristico

dove è la matrice identità avente stesso numero di righe di .

Basi, sistemi di riferimentoDati vettori nello spazio euclideo , sia la matrice avente come colonne questi vettori. Le seguentiaffermazioni sono equivalenti:

i vettori sono indipendenti i vettori generano i vettori formano una base Se gli vettori formano una base, allora il segno di determina l'orientazione della base: se positivo, labase forma un sistema di riferimento destrorso, mentre se è negativo si parla di sistema di riferimento sinistrorso(in analogia con la regola della mano destra).

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Determinante 56

Volumi

Cubo prima della trasformazione, di volume 1.

L'immagine del cubo dopo la trasformazione è un parallelepipedo, il cui volume èpari al determinante della trasformazione.

Il valore assoluto deldeterminante è uguale al volume delparallelepipedo sotteso dai vettori dati dallecolonne di (il parallelepipedo è in realtàun parallelogramma se , ed unsolido di dimensione in generale).Più in generale, data una trasformazionelineare

rappresentata da una matrice , ed un qualsiasi sottoinsieme di misurabile secondo Lebesgue, il volumedell'immagine è dato da

Ancora più in generale, se la trasformazione lineare è rappresentata da una matrice di tipoe è un sottoinsieme di misurabile secondo Lebesgue, allora il volume di è dato da

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Determinante 57

Proprietà

Proprietà elementariDalle proprietà elencate nella definizione assiomatica, è facile dedurre che:

• Se tutti gli elementi di una riga (o colonna) sono nulli, allora .• Se ha due righe (o colonne) eguali, o proporzionali, allora .• Se una riga (o colonna) è combinazione lineare di due o più altre righe (o colonne) a essa parallele, allora

.• Se viene modificata tramite mosse di Gauss sulle colonne (invece che sulle righe), l'effetto è sempre quello

descritto nella definizione assiomatica.• Se una riga (o una colonna) è somma di due righe (o colonne), è la somma dei due determinanti che si

ottengono sostituendo a quella riga (o colonna) rispettivamente le due righe (o colonne) di cui è somma.

Il determinante misura il volume del parallelepipedo generato dai vettori colonnadella matrice. Moltiplicando un vettore per due, il volume viene moltiplicato per

due (come richiesto dalla definizione assiomatica)

Moltiplicazione di matrici

Il determinante è una funzionemoltiplicativa, nel senso che vale il teoremadi Binet:

Una matrice quadrata con valori in un campo è invertibile se e solo se . In caso affermativovale l'uguaglianza:

Le proprietà appena elencate mostrano che l'applicazione

dal gruppo generale lineare negli elementi non nulli di è un omomorfismo di gruppi.Come conseguenza del teorema di Binet, se è la matrice identità di tipo e uno scalare, è facileverificare che . Quindi:

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Determinante 58

Trasposte, matrici similiUna matrice e la sua trasposta hanno lo stesso determinante:

Se e sono simili (cioè esiste una matrice invertibile tale che = ) allora per il teorema diBinet Questo significa che il determinante è un invariante per similitudine. Da questo segue che il determinante di unatrasformazione lineare è ben definito (non dipende dalla scelta di una base per lo spazio vettoriale ).D'altra parte, esistono matrici con lo stesso determinante che non sono simili.

AutovaloriIl determinante di una matrice triangolare è il prodotto degli elementi nella diagonale.

Se è di tipo con valori reali o complessi e ha tutti gli autovalori nel campo (contati conmolteplicità), allora

Questa uguaglianza segue dal fatto che è sempre simile alla sua forma normale di Jordan, che è una matricetriangolare superiore con gli autovalori sulla diagonale principale.Dal collegamento fra determinante e autovalori si può derivare una relazione fra la funzione traccia, la funzioneesponenziale e il determinante:

DerivataIl determinante può considerarsi una funzione polinomiale

quindi essa è differenziabile rispetto ad ogni variabile corrispondente al valore che può assumere in una casella e perqualunque suo valore. Il suo differenziale può essere espresso mediante la formula di Jacobi:

dove cofT(A) denota la trasposta della matrice dei cofattori (detta anche dei complementi algebrici) di A, mentre tr(A)ne denota la traccia. In particolare, se A è invertibile abbiamo

o, più colloquialmente, se i valori della matrice sono sufficientemente piccoli

Il caso particolare di coincidente con la matrice identità comporta

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Determinante 59

Generalizzazioni

PfaffianoLo pfaffiano è un analogo del determinante per matrici antisimmetriche di tipo . Si tratta di un polinomiodi grado il cui quadrato è uguale al determinante della matrice.

Infinite dimensioniPer gli spazi ad infinite dimensioni non si trova alcuna generalizzazione dei determinanti e della nozione di volume.Sono possibili svariati approcci, inclusa la utilizzazione dell'estensione della traccia di una matrice.

Note[1] La notazione fu introdotta per la prima volta nel 1841 dal matematico inglese Arthur Cayley ( MacTutor (http:/ / www-history. mcs.

st-andrews. ac. uk/ HistTopics/ Matrices_and_determinants. html)).

Bibliografia

In italiano• Ernesto Pascal I determinanti: teoria ed applicazioni. Con tutte le più recenti ricerche (http:/ / name. umdl. umich.

edu/ ABZ4755. 0001. 001) (Milano: U. Hoepli, 1897)• Francesco Calderara Trattato dei determinanti (http:/ / resolver. library. cornell. edu/ math/ 1927647) (Palermo:

Virzì, 1913)

In lingua straniera• (FR) Francesco Brioschi Théorie des déterminants et leurs principales applications; traduit de l'italien par M.

Édouard Combescure (http:/ / gallica. bnf. fr/ notice?N=FRBNF30162093) (Parigi : Mallet-Bachelier, 1856)• (FR) R. Baltzer Théorie et applications des déterminants, avec l'indication des sources originales; traduit de

l'allemand par J. Hoüel, (http:/ / gallica. bnf. fr/ notice?N=FRBNF30050936) (Parigi : Mallet-Bachelier, 1861)• (EN) Lewis Carroll An elementary treatise on determinants, with their application to simultaneous linear equations

and algebraical geometry (http:/ / www. archive. org/ details/ elementarytreati00carrrich) (Oxford: UniversityPress, 1867)

• (EN) R. F. Scott e G. B. Matthews The theory of determinants and their applications (http:/ / www. archive. org/details/ theoryofdetermin00scotuoft) (Cambridge: University Press, 1904)

• (EN) T. Muir The theory of determinants in the historical order of development (4 vol.) (http:/ / quod. lib. umich.edu/ cgi/ t/ text/ text-idx?c=umhistmath& amp;idno=ACM9350) (London: Macmillan and Co., Limited, 1906)

• (EN) T. Muir Contributions To The History Of Determinants 1900 1920 (http:/ / www. archive. org/ details/contributionstot032405mbp) (Blackie And Son Limited, 1930)

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Determinante 60

Voci correlate• Storia del determinante• Sviluppo di Laplace• Algoritmo di Gauss• Regola di Sarrus• Determinante jacobiano• Matrice unimodulare

Collegamenti esterni• (EN) Storia dell'uso delle matrici e dei determinanti (http:/ / www-history. mcs. st-andrews. ac. uk/ HistTopics/

Matrices_and_determinants. html) su MacTutor

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Rango (algebra lineare)Nell'algebra lineare, il rango o caratteristica di una matrice a valori in un certo campo è il massimo numero dicolonne (o righe) linearmente indipendenti in .Il rango di una matrice può essere formulato in numerosi modi equivalenti, ed è una quantità fondamentale in algebralineare, utile per risolvere i sistemi lineari e studiare le applicazioni lineari. È comunemente indicato con rango( ), rg( ) o ( ), o con le versioni inglesi rank( ) o rk( ).

DefinizioneSia una matrice, a valori in un campo . Le seguenti definizioni di rango di sono tutte equivalenti:• Il massimo numero di colonne linearmente indipendenti• Il massimo numero di righe linearmente indipendenti• La dimensione del sottospazio di generato dalle colonne di • La dimensione del sottospazio di generato dalle righe di • La dimensione dell'immagine dell'applicazione lineare da in seguente:

• Il massimo ordine di un minore invertibile di

Rango di una trasformazione lineareSi può attribuire un rango anche ad una generica applicazione lineare, definendolo come la dimensione dello spaziovettoriale dato dalla sua immagine.In una esposizione con fini tendenzialmente generali una definizione di questo genere ha il vantaggio di essereapplicabile senza la necessità di fare riferimento ad alcuna matrice che rappresenti la trasformazione. Quando invececi si trova in un ambito di applicazioni concrete, il calcolo effettivo del rango di una trasformazione ben raramente sipuò ottenere evitando di operare su una matrice.

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Rango (algebra lineare) 61

Proprietà del rango di una matriceIn quanto segue, è una matrice su un campo , che descrive una mappa lineare comesopra.

Proprietà di base• Solo la matrice nulla ha rango 0.• Il rango di è uguale al rango della sua trasposta.• Il rango di è minore o uguale sia di che di . In altre parole, è minore o uguale del minimo dei due valori

Relazioni fra ed

• è iniettiva se e solo se ha rango (in questo caso si dice che ha rango per colonne massimo).• è suriettiva se e solo se ha rango (in questo caso si dice che ha rango per righe massimo).• nel caso di una matrice quadrata (cioè, ), allora è invertibile se e solo se ha rango (e si

dice che ha rango massimo). Questo accade se e solo se è biettiva.

Prodotto fra matrici• Se è una matrice , allora il rango del prodotto è minore o uguale sia del rango di che del

rango di . In altre parole:

Come esempio del caso "<", si consideri il prodotto

Entrambi i fattori hanno rango 1, ma il prodotto ha rango 0.• Se è una matrice con rango , allora ha lo stesso rango di .• Se è una matrice con rango , allora ha lo stesso rango di .• Il rango di è uguale a se e solo se esistono una matrice invertibile ed una matrice

invertibile tali che

dove denota la matrice identità .• Dall'ultima proprietà si deduce che il rango di una matrice è un invariante completo per matrici equivalenti

destra-sinistra.

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Rango (algebra lineare) 62

Teorema del rango-nullitàIl rango di una matrice più la nullità della matrice è uguale al numero di colonne della matrice (questo è il teoremadel rango, o "teorema del rango-nullità").

SD-equivalenzaIl rango è un invariante completo per la equivalenza sinistra-destra tra matrici: due matrici e hannolo stesso rango se e solo se esistono due matrici invertibili e tali che .

Calcolo

Algoritmo di GaussIl modo più semplice per calcolare il rango di una matrice è dato dall'algoritmo di Gauss. L'algoritmo trasformala matrice in una matrice a scalini con lo stesso rango, dato dal numero di righe non nulle, o equivalentemente dipivot.Si consideri ad esempio la matrice

Vediamo che la seconda colonna è il doppio della prima colonna, e la quarta colonna è uguale alla somma dellaprima e della terza. La prima e la terza colonna sono linearmente indipendenti, quindi il rango di è due. Questopuò essere confermato dall'algoritmo di Gauss, che produce la seguente matrice a scalini :

con due righe non nulle.

Criterio dei minoriUn altro metodo, in alcuni casi più diretto, sfrutta le proprietà del determinante di una matrice quadrata, e inparticolare dei determinanti delle sottomatrici quadrate di , dette minori. Si basa sul fatto seguente:• Il rango di è pari al massimo ordine di un minore invertibile di .Ad esempio, la matrice data sopra ha determinante nullo, e quindi può avere rango al massimo 3. Anche tuttii suoi minori hanno determinante nullo, e quindi può avere rango al massimo 2. Infine, esiste almeno unminore invertibile di ordine 2, ad esempio quello in basso a destra

che ha determinante . Quindi ha rango esattamente 2. Questo criterio può essere utile ad esempio per verificarerapidamente se il rango di una matrice è superiore o inferiore ad un certo valore.

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Rango (algebra lineare) 63

GeneralizzazioniEsistono diverse generalizzazioni del concetto di rango per matrici su anelli arbitrari. In queste generalizzazioni ilrango colonna, il rango riga, dimensione dello spazio colonna, dimensione dello spazio riga di una matrice possonoessere diversi l'uno dall'altro o non esistere.Un'altra generalizzazione riguarda le matroidi, entità che generalizzano le matrici.

Bibliografia• (EN) Werner Greub (1981): Linear algebra, 4th edition, Springer Verlag• (EN) Roger A. Horn, Charles R. Johnson (1985): Matrix Analysis. Cambridge University Press, ISBN

0-521-38632-2.

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Trasformazione lineareIn matematica, più precisamente in algebra lineare, una trasformazione lineare (chiamata anche applicazionelineare o mappa lineare) è una funzione tra due spazi vettoriali che preserva la forma delle operazioni di somma divettori e di moltiplicazione per scalare. In altre parole, preserva le combinazioni lineari, cioè le composizioni checaratterizzano la specie di struttura spazio vettoriale; quindi nel linguaggio dell'algebra astratta, una trasformazionelineare è un omomorfismo di spazi vettoriali, in quanto conserva la forma di ogni istanza dell'operazione checaratterizza gli spazi vettoriali.

Definizione e prime conseguenzeSiano e due spazi vettoriali sullo stesso campo . Una funzione è una trasformazione

lineare se soddisfa le seguenti proprietà••per ogni coppia di vettori e in e per ogni scalare in .La prima proprietà è detta additività, la seconda omogeneità di grado 1.

Equivalentemente, è lineare se "preserva le combinazioni lineari", ovvero se

per ogni intero positivo m e ogni scelta dei vettori e degli scalari .Quando e possono essere considerati come spazi vettoriali su differenti campi (ad esempio sul campo deireali e sul campo dei complessi), è importante evitare ogni ambiguità e specificare quale campo è stato utilizzatonella definizione di "lineare". Se si fa riferimento al campo K si parla di mappe -lineari.

Se è una applicazione lineare e e sono i vettori nulli di e rispettivamente, allora

e togliendo da ambo i membri si ottiene.

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Trasformazione lineare 64

Esempi• La moltiplicazione per una costante fissata in

è una trasformazione lineare su qualsiasi spazio vettoriale su .• Una rotazione del piano euclideo rispetto all'origine di un angolo fissato.• Una riflessione del piano euclideo rispetto ad una retta passante per l'origine.• La proiezione di uno spazio vettoriale V decomposto in somma diretta

su uno dei due sottospazi U o W.• Una matrice di tipo con valori reali definisce una trasformazione lineare

dove è il prodotto di e . Ogni trasformazione lineare tra spazi vettoriali di dimensione finita èessenzialmente di questo tipo: si veda la sezione seguente.

• L'integrale di una funzione reale su un intervallo definisce una mappa lineare dallo spazio vettoriale delle funzionicontinue definite sull'intervallo nello spazio vettoriale R.

• La derivata definisce una mappa lineare dallo spazio vettoriale di tutte le funzioni derivabili in qualche intervalloaperto di R nello spazio di tutte le funzioni.

• Lo spazio C dei numeri complessi ha una struttura di spazio vettoriale complesso di dimensione 1, e anche dispazio vettoriale reale di dimensione 2. La coniugazione

è una mappa R-lineare ma non C-lineare: infatti la proprietà di omogeneità vale solo per scalari reali.

Matrice associataSiano e due spazi vettoriali di dimensione finita. Scelte due basi e per e , ognitrasformazione lineare da a è rappresentabile come una matrice nel modo seguente.Scriviamo nel dettaglio le basi

Ogni vettore in è univocamente determinato dalle sue coordinate , definite in modo che

Se è una trasformazione lineare,

Quindi la funzione è determinata dai vettori Ciascuno di questi è scrivibile come

Quindi la funzione è interamente determinata dai valori di , che formano la matrice associata a nelle basie .

La matrice associata è di tipo , e può essere usata agevolmente per calcolare l'immagine di ognivettore di grazie alla relazione seguente:

dove e sono le coordinate di e nelle rispettive basi.

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Trasformazione lineare 65

Notiamo che la scelta delle basi è essenziale: la stessa matrice, usata su basi diverse, può rappresentare applicazionilineari diverse.

Struttura di spazio vettoriale• La composizione di trasformazioni lineari è anch'essa una trasformazione lineare: se e

sono applicazioni lineari, allora lo è anche

• Se e sono lineari, allora lo è la loro somma , definita dalla relazione

• Se è lineare e è un elemento del campo , allora la mappa , definita da, è anch'essa lineare.

Le proprietà precedenti implicano che l'insieme Hom( , ) delle applicazioni lineari da in è unsottospazio vettoriale dello spazio vettoriale formato da tutte le funzioni da in .Nel caso finito-dimensionale, dopo aver fissato delle basi, composizione, somma e prodotto per scalare di mappelineari corrispondono rispettivamente a moltiplicazione di matrici, somma di matrici e moltiplicazione di matrici perscalare. In altre parole, le basi definiscono un isomorfismo

tra gli spazi vettoriali delle applicazioni lineari e delle matrici , dove e sono le dimensionirispettivamente di e .

Nucleo e immagineSe è lineare, si definisce il nucleo (in inglese kernel) e l'immagine di come

ker( ) è un sottospazio di e Im( ) è un sottospazio di . Se e hanno dimensione finita, il teoremadella dimensione asserisce che:

IsomorfismiSe V e W sono due spazi vettoriali su K. Un isomorfismo di V con W è un'applicazione lineare biunivoca f: V→W.Conseguenza immediata di questa definizione è che f è isomorfismo se e solo se Kerf = 0V e Imf= W.

Endomorfismi e automorfismiUna trasformazione lineare è un endomorfismo di . L'insieme di tutti gli endomorfismi Endo( )insieme a addizione, composizione e moltiplicazione per uno scalare come descritti sopra formano un'algebraassociativa con unità sul campo : in particolare formano un anello e un spazio vettoriale su . L'elementoidentità di questa algebra è la trasformazione identità di .Un endomorfismo biiettivo di viene chiamato automorfismo di ; la composizione di due automorfismi è dinuovo un automorfismo, e l'insieme di tutti gli automorfismi di forma un gruppo, il gruppo generale lineare di , chiamato Aut( ) o GL( ).Se la dimensione di è finita basterà che f sia iniettiva per poter affermare che sia anche suriettiva (per il teoremadella dimensione). Inoltre l'isomorfismo

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Trasformazione lineare 66

fra gli endomorfismi e le matrici quadrate descritto sopra è un isomorfismo di algebre. Il gruppo degliautomorfismi di è isomorfo al gruppo lineare generale GL( , ) di tutte le matrici invertibili a valoriin .

Pull-Back di funzioni ed applicazione traspostaSiano A,B,C degli insiemi ed F ( A, C ), F ( B, C ) le famiglie di funzioni da A in C e da B in C rispettivamente. Ogniφ: A → B determina univocamente una corrispondenza φ*: F ( B, C ) → F ( A, C ), chiamata pull-back tramite φ,che manda f in f φ.Se nello specifico prendiamo A = V, B = W due spazi vettoriali su campo k = C, e anziché prendere gli interi F ( V, k), F ( W, k ) ci restringiamo agli spazi duali V* e W*, abbiamo che ad ogni trasformazione lineare φ : V → Wpossiamo associare l'opportuna restrizione del pull-back tramite φ, φ*: W* → V*, che prende il nome di trasposta diφ.Segue direttamente da come sono definite le operazioni in V* e W* che φ* è a sua volta lineare. Con un semplicecalcolo si vede che fissate delle basi per V e W, e le rispettive duali in V*, W*, la matrice che rappresenta φ* è latrasposta di quella di φ (o, se rappresentiamo i funzionali come matrici riga e quindi viene tutto trasposto, le duematrici sono uguali).Segue dalla definizione che un funzionale w* ∈ W* viene mandato a 0 se e solo se l'immagine di φ è contenuta nelnucleo di w* cioè, indicando con U⊥ il sottospazio dei funzionali che annullano U ⊂ W, si ha ker φ* = (im φ)⊥.

GeneralizzazioniLe trasformazioni lineari possono essere definite anche per i moduli, strutture della specie che generalizza quella dispazio vettoriale.

Voci correlate• Matrice di trasformazione• Autovettore e autovalore• Trasformazione affine• Funzionale lineare• Operatore lineare continuo• (EN) wikibooks:Linear Algebra/Linear Transformations

Collegamenti esterni• (EN) http:/ / www. falstad. com/ matrix/

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Matrice di trasformazione 67

Matrice di trasformazioneIn matematica, e più precisamente in algebra lineare, per matrice di trasformazione anche matrice associata aduna trasformazione o matrice rappresentativa dell'operatore rispetto alle sue basi si intende una matrice cherappresenta una trasformazione lineare fra spazi vettoriali. Per definire una matrice di trasformazione è necessarioscegliere una base per ciascuno degli spazi.Fissata una base per il dominio e una per il codominio, ogni trasformazione lineare è descrivibile agevolmentetramite una matrice nel modo seguente:

dove è il vettore colonna delle coordinate di un punto del dominio rispetto alla base del dominio e è il vettorecolonna delle coordinate dell'immagine e il prodotto è il prodotto righe per colonne.

DefinizioneSiano e due spazi vettoriali su un campo di dimensione finita, e

una applicazione lineare. Siano infine

due basi rispettivamente per e .La matrice associata a nelle basi e è la matrice avente nella -esima colonna le coordinatedel vettore rispetto alla base .In altre parole, la matrice associata è

dove

è l'immagine dell' -esimo vettore della base di partenza , letta però in coordinate rispetto alla base diarrivo . Qui si usa la notazione per indicare le coordinate di rispetto alla base scelta.

ProprietàLe rappresentazioni di vettori e trasformazioni mediante vettori colonna e matrici consentono di effettuaresistematicamente molte operazioni su queste entità mediante operazioni numeriche che, tra l'altro, possono esseredemandate abbastanza facilmente al computer. Ad esempio, le immagini di singoli vettori e le composizioni ditrasformazioni vengono rappresentate mediante prodotti fra matrici.

Immagine di un vettoreTramite la matrice associata è possibile calcolare l'immagine di un qualsiasi vettore facendo uso del prodottomatrice-vettore. Indicando e le coordinate dei vettori in e in , rispettivamente alle basi e

, si ottiene

Il prodotto tra la matrice ed il vettore è l'usuale prodotto di una matrice per un vettore colonna. Larelazione permette di tradurre trasformazioni lineari in matrici e vettori in vettori numerici di . Fattoreessenziale di questa traduzione è la scelta di basi: scelte diverse portano a matrici e vettori diversi.

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Matrice di trasformazione 68

Composizione di applicazioni lineariNella rappresentazione di applicazioni come matrici, la composizione si traduce nell'usuale prodotto fra matrici. Inverità il prodotto riga-per-colonna tra matrici è così definito proprio per rappresentare le composizioni di funzioni.In altre parole, in presenza di due applicazioni lineari

e dopo aver scelto delle basi per i tre spazi, vale la relazione

ovvero la matrice associata alla composizione è il prodotto delle matrici associate a e a .

Da matrici ad applicazioniOgni applicazione può essere descritta come matrice. D'altra parte, una matrice descrive una applicazione lineare

nel modo seguente:

In altre parole, l'immagine è il vettore di le cui coordinate sono date da .La corrispondenza biunivoca così definita fra applicazioni lineari e matrici è in realtà un isomorfismo

fra gli spazi vettoriali delle applicazioni lineari da in e delle matrici . Tale isomorfismo dipendefortemente dalle basi scelte inizialmente per entrambi gli spazi.

Endomorfismi

Endomorfismo rappresentato da una matrice. Il determinante dellamatrice è -1: questo implica che l'endomorfismo è invertibile einverte l'orientazione del piano. L'angolo orientato infatti viene

mandato nell'angolo con orientazione opposta.

In presenza di un endomorfismo

è naturale scegliere la stessa base in partenza ed inarrivo. La matrice associata è una matrice quadrata

. Molte proprietà dell'endomorfismo possonoessere più agevolmente lette sulla matrice. Ad esempio:

• è l'identità se e solo se è la matrice identica.• è la funzione costantemente nulla se e solo se

è la matrice nulla.• è un isomorfismo se e solo se è invertibile,

ovvero se ha determinante diverso da zero.• preserva l'orientazione dello spazio se

. La inverte se

L'invertibilità di una matrice è verificata usando il determinante. Altre proprietà più complesse come ladiagonalizzabilità possono essere più facilmente studiate sulle matrici.

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Matrice di trasformazione 69

Esempi• Nel piano cartesiano, indicando con (x, y) un punto generico, la trasformazione lineare T(x, y) = (x, y) viene

rappresentata rispetto ad una qualsiasi base dalla matrice identità di ordine 2. Una tale trasformazione èconosciuta anche come funzione identità.

• Nel piano cartesiano, sia T la riflessione rispetto alla bisettrice del I e III quadrante. Le matrici associate a Tusando rispettivamente la base canonica e la base B = ((1, 1), (1, -1)) sono::

• Nel piano la rotazione di un angolo θ in senso antiorario intorno all'origine è lineare e definita dae . In forma matriciale si esprime con:

Analogamente per una rotazione in senso orario attorno all'origine la funzione è definita dae ed in forma matriciale è:

• La funzione T: R2[x] → R2[x] dallo spazio dei polinomi di grado al più due in sé, che associa ad un polinomio pla sua derivata T(p) = p' è lineare. La matrice associata rispetto alla base B = (1, x, x2) è:

Voci correlate• Glossario sulle matrici• Algebra lineare• Coordinate di un vettore• Matrice di cambiamento di base

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Teorema del rango 70

Teorema del rangoIn matematica, il teorema del rango (detto anche teorema di nullità più rango) dell'algebra lineare, nella suaforma più semplice, mette in relazione il rango e la nullità di una matrice con il numero di colonne della matrice.Nello specifico, se è una matrice allora

Nella sua forma più generale, il teorema vale nel contesto delle trasformazioni lineari fra spazi vettoriali. Data unaapplicazione lineare

fra spazi vettoriali, vale la relazione

dove e sono rispettivamente l'immagine e il nucleo di e è la dimensione di .Il teorema del rango è a volte chiamato teorema della dimensione ed è un risultato fondamentale in algebra lineare.

EnunciatoSia

un'applicazione lineare fra due spazi vettoriali, entrambi definiti su un campo . Si suppone che abbiadimensione finita . Allora anche l'immagine ha dimensione finita e vale la relazione seguente:

Qui è il nucleo di .

DimostrazionePoiché ha dimensione finita, il sottospazio vettoriale ha anch'esso dimensione finita. Il nucleo ha quindiuna base

Per il teorema della base incompleta esistono tali che

sia una base di . Per concludere è sufficiente mostrare che i vettori

formano una base di . L'immagine è generata dai vettori

I primi vettori sono però nulli, quindi l'immagine è generata dagli ultimi vettori

Resta quindi da verificare che questi vettori siano linearmente indipendenti. Si suppone quindi data unacombinazione lineare nulla

Per linearità si ottiene

.Quindi

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Teorema del rango 71

Poiché questo vettore sta nel nucleo, è esprimibile come combinazione lineare dei vettori :

In altre parole:

Poiché è una base di , tutti i coefficienti qui presenti sono nulli. In particolare, per ogni. Quindi i vettori sono effettivamente indipendenti. L'immagine ha quindi dimensione

. Pertanto

Riformulazioni e generalizzazioniIn linguaggio più moderno, il teorema può essere espresso nel seguente modo: se

0 → U → V → R → 0è una successione esatta corta di spazi vettoriali, allora

dim(U) + dim(R) = dim(V)Qui R gioca il ruolo di im T e U è ker T.Nel caso finito-dimensionale questa formulazione è suscettibile di generalizzazione: se

0 → V1 → V2 → ... → Vr → 0è una successione esatta di spazi vettoriali a dimensioni finite, allora

Il teorema del rango per gli spazi vettoriali a dimensioni finite può anche essere formulato in termini degli indici diuna mappa lineare. L'indice di una mappa lineare T : V → W, dove V e W sono a dimensioni finite, è definito da

indice T = dim(ker T) - dim(coker T).Intuitivamente, dim(ker T) è il numero di soluzioni indipendenti x dell'equazione Tx = 0, e dim(coker T) è il numerodi restrizioni indipendenti che devono essere poste su y per rendere Tx = y risolvibile. Il teorema del rango per glispazi vettoriali a dimensioni finite è equivalente all'espressione

index T = dim(V) - dim(W).Si vede che possiamo facilmente leggere l'indice della mappa lineare T dagli spazi coinvolti, senza la necessità diesaminare T in dettaglio. Questo effetto si trova anche in un risultato molto più profondo: il teorema dell'indice diAtiyah-Singer afferma che l'indice di determinati operatori differenziali può essere letto dalla geometria degli spazicoinvolti.

Bibliografia• Philippe Ellia, Appunti di Geometria I, Bologna, Pitagora Editrice, 1997, ISBN 88-3710958-X

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Autovettore e autovalore 72

Autovettore e autovaloreIn algebra lineare, un autovettore di una trasformazione lineare è un vettore non nullo che non cambia direzionenella trasformazione. Il vettore può cambiare quindi solo per moltiplicazione di uno scalare, chiamato autovalore.L'autospazio è il sottospazio formato da tutti gli autovettori aventi un fissato autovalore, più il vettore nullo. Unesempio è mostrato in Fig.1.

Fig. 1. In questa trasformazione lineare della Gioconda, l'immagine èmodificata ma l'asse centrale verticale rimane fisso. Il vettore blu ha

cambiato lievemente direzione, mentre quello rosso no. Quindi il vettorerosso è un autovettore della trasformazione e quello blu no. Inoltre, poichéil vettore rosso non è stato né allungato, né compresso, né ribaltato, il suoautovalore è 1. Tutti i vettori sull'asse verticale sono multipli scalari del

vettore rosso, e sono tutti autovettori: assieme all'origine formanol'autospazio relativo all'autovalore 1.

In matematica, questi concetti fondamentali sonointrodotti basicamente in algebra lineare, matrovano applicazione in vari settori dellamatematica e delle sue applicazioni: geometriaeuclidea, analisi funzionale, meccanica classica,meccanica quantistica, economia, elaborazionedigitale delle immagini, ... . In molti contesti,questi concetti si arricchiscono di significati fisiciimportanti. In meccanica classica gli autovettoridelle equazioni che descrivono un sistema fisicocorrispondono spesso ai modi di vibrazione di uncorpo e gli autovalori alle loro frequenze. Inmeccanica quantistica, gli operatori corrispondonoa variabili osservabili, gli autovettori sono chiamatianche autostati e gli autovalori di un operatorerappresentano quei valori della variabilecorrispondente che hanno probabilità non nulla diessere misurati.

Il termine autovettore è stato tradotto dalla parolatedesca Eigenvektor, coniata da Hilbert nel 1904.Eigen significa proprio, caratteristico. Anche nellaletteratura italiana troviamo spesso l'autovettoreindicato come vettore proprio, vettore caratteristico o vettore latente.

Definizione

Introduzione informale

Fig. 2. Una sfera che ruotaintorno ad un suo asse.

Il piano cartesiano e lo spazio euclideo sono esempi particolari di spazi vettoriali: ognipunto dello spazio può essere descritto tramite un vettore che collega l'origine al punto.Rotazioni, omotetie e riflessioni sono esempi particolari di trasformazioni lineari dellospazio: ciascuna di queste trasformazioni viene descritta agevolmente dall'effetto cheproduce sui vettori.

In particolare, un autovettore è un vettore che nella trasformazione vienemoltiplicato per un fattore scalare . Nel piano o nello spazio cartesiano, questoequivale a dire che il vettore non cambia direzione. Può però cambiare verso se , e modulo per un fattore dato dal valore assoluto :

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Autovettore e autovalore 73

Fig. 3. Rotazione del piano intorno ad un punto

• se il modulo resta inalterato,• se il modulo cresce,• se il modulo decresce.Il valore è l'autovalore di .Ad esempio, nella rotazione spaziale descritta in Fig. 2 ogni vettoreverticale dell'asse resta fisso: in altre parole, è un vettore che noncambia né direzione, né verso, né modulo, ed è quindi un autovettorecon autovalore 1. Nella rotazione planare descritta in Fig. 3, ognivettore ruota in senso antiorario di un certo angolo, e quindi cambiadirezione: quindi ogni rotazione piana (di angolo diverso da e )non possiede autovettori.

Fig. 4. Un'onda stazionaria in una corda fissata agli estremi è unaautofunzione della trasformazione data dallo scorrere del tempo.

Autovettori e autovalori sono definiti ed usati inmatematica e fisica nell'ambito di spazi piùcomplessi e astratti di quello tridimensionale dellafisica classica. Questi spazi possono averedimensione maggiore di 3 o addirittura infinita (adesempio, possono essere uno spazio di Hilbert). Adesempio, le possibili posizioni di una cordavibrante in una chitarra formano uno spazio diquesto tipo: una vibrazione della corda è quindi interpretata come trasformazione di questo spazio, e i suoiautovettori (più precisamente, le sue autofunzioni) sono le onde stazionarie, che si ripetono come mostrato in Fig. 4.

Definizione formaleDal punto di vista formale, autovettori e autovalori sono definiti come segue: sia uno spazio vettoriale su uncampo , che può essere ad esempio il campo dei numeri reali R o il campo dei complessi C. Sia unendomorfismo di , cioè una trasformazione lineare

Se è un vettore non nullo in e è uno scalare (che può essere nullo) tali che

allora è un autovettore della trasformazione , e è il suo autovalore.Poiché è lineare, se è un autovettore con autovalore , allora ogni multiplo non-nullo di è anch'esso unautovettore con lo stesso autovalore . Più in generale, gli autovettori aventi lo stesso fissato autovalore ,insieme al vettore nullo, generano un sottospazio di chiamato l'autospazio relativo all'autovalore . Vienesolitamente indicato con .Lo spettro di è l'insieme dei suoi autovalori. Il raggio spettrale di è l'estremo superiore dei moduli dei suoiautovalori.Nel caso in cui sia di dimensione finita, per ogni scelta di basi a è associata univocamente una matrice. Perquesto motivo si parla anche di autovettori e autovalori associati direttamente ad una matrice, rispettivamente comeun vettore e uno scalare tali che

.

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Autovettore e autovalore 74

Esempi nel piano e nello spazioFra le trasformazioni del piano cartesiano R2 possiamo distinguere i seguenti casi speciali:• Rotazione antioraria di angolo θ: se θ non è un multiplo intero di π non esiste alcun autovettore: infatti ogni

vettore viene ruotato e cambia di direzione. Nei casi particolari relativi a θ = k π, con k intero dispari, ogni vettoreviene trasformato nell'opposto, quindi ogni vettore non nullo è autovettore, con autovalore -1. Se invece k è pari,la trasformazione non è altro che l'identità, per cui ogni vettore non nullo è autovettore, con autovalore +1.

• Riflessione rispetto ad una retta r passante per l'origine: i vettori in r restano fermi e sono quindi autovettori conautovalore 1, quelli della retta s perpendicolare a r e passante per l'origine vengono ribaltati, e quindi sonoautovettori con autovalore -1. Non esistono altri autovettori.

• Omotetia: ogni vettore viene moltiplicato per uno scalare λ e quindi tutti i vettori non nulli sono autovettori conautovalore λ.

• Proiezione ortogonale su una retta r passante per l'origine: i vettori su r restano fermi e quindi sono autovettoricon autovalore 1, i vettori sulla retta s ortogonale a r e passante per l'origine vanno tutti sull'origine e quindi sonoautovettori con autovalore 0. Non ci sono altri autovettori.

Gli esempi appena elencati possono essere rappresentati rispettivamente dalle seguenti matrici (per semplicità, laretta r è l'asse orizzontale):

• Non tutte le trasformazioni del piano e dello spazio ricadono in uno degli esempi mostrati sopra. In generale, unendomorfismo (cioè una trasformazione) di Rn è rappresentabile tramite una matrice quadrata con n righe.Consideriamo per esempio l'endomorfismo di R3 indotto dalla matrice:

Usando la moltiplicazione fra matrice e vettore vediamo che:

e quindi l'endomorfismo rappresentato da A ha un autovettore con autovalore 2.

Il polinomio caratteristicoUn metodo generale per l'individuazione di autovalori e autovettori di un endomorfismo, nel caso in cui lo spaziovettoriale V abbia dimensione finita, è il seguente:1. Si costruisce una base per V, così da rappresentare l'endomorfismo tramite una matrice quadrata.2. Dalla matrice si calcola un polinomio, detto polinomio caratteristico, le cui radici (cioè i valori che lo annullano)

sono gli autovalori.3. Per ogni autovalore, si trovano i relativi autovettori con tecniche standard di algebra lineare, tramite risoluzione

di un sistema di equazioni lineari.Il polinomio caratteristico p(x), con variabile x, associato ad una matrice quadrata A, è il seguente:

dove I è la matrice identità con lo stesso numero di righe di A, e det(A - xI) è il determinante di A - xI. Le radici delpolinomio sono proprio gli autovalori di A.Applichiamo quindi il nostro algoritmo all'esempio in R3 descritto sopra. Poiché la trasformazione è già scritta informa di matrice, saltiamo al punto 2 e calcoliamo il polinomio caratteristico:

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Autovettore e autovalore 75

quindi gli autovalori di A sono 2, 1 e −1.Nella pratica, gli autovalori di grandi matrici non vengono calcolati usando il polinomio caratteristico: esistonoinfatti metodi numerici più veloci e sufficientemente stabili.Nel punto 1 dell'algoritmo è richiesta la scelta di una base. Basi diverse danno generalmente matrici diverse. Ipolinomi caratteristici che ne risultano sono però sempre gli stessi: il polinomio caratteristico dipende quindi soltantodall'endomorfismo T (da cui l'aggettivo "caratteristico"). La dimostrazione di questo fatto poggia sul teorema diBinet.

Proprietà per spazi finito-dimensionaliElenchiamo alcune proprietà importanti degli autovettori, nel caso finito-dimensionale. Indichiamo quindi con T unendomorfismo in uno spazio V di dimensione n su un campo K.

Proprietà generali• Se v1, ..., vm sono autovettori con autovalori λ1, ..., λm, a due a due distinti, allora questi sono linearmente

indipendenti.

Esistenza di autovalori e autovettori• Il polinomio caratteristico di T ha grado n, e quindi ha al più n radici: segue che T ha al più n autovalori distinti.• Se K è algebricamente chiuso (ad esempio se K = C è il campo dei numeri complessi), allora il polinomio

caratteristico ha sempre qualche radice: segue che T ha sempre qualche autovalore, e quindi qualche autovettore.Notiamo che questo è falso nel caso reale: le rotazioni descritte sopra non hanno autovettori.

• Se la dimensione n di V è dispari, e K = R è il campo dei numeri reali, il polinomio caratteristico ha grado dispari,e quindi ha sempre almeno una radice reale: segue che ogni endomorfismo di R3 ha almeno un autovettore.

DiagonalizzabilitàUn endomorfismo T è diagonalizzabile se esiste una base di autovettori per T. La matrice associata a T in questa baseè diagonale. Le matrici diagonali sono molto più semplici da trattare: questa è una delle motivazioni per lo studiodegli autovettori di T.• Se il polinomio caratteristico di T non ha tutte le radici in K, allora T non è diagonalizzabile. Ad esempio, una

rotazione ha un polinomio caratteristico di secondo grado con delta negativo e quindi non ha soluzioni reali:quindi non è diagonalizzabile.

• Per il teorema spettrale, ogni endomorfismo di Rn dato da una matrice simmetrica è diagonalizzabile, ed ha unabase di autovettori ortogonali fra loro. Tra questi rientra l'esempio in R3 mostrato sopra: i tre vettori ortogonalisono

Per quanto detto prima, la trasformazione assume una forma molto semplice rispetto a questa base: ogni vettore x inR3 può essere scritto in modo unico come:

e quindi abbiamo

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Autovettore e autovalore 76

• Se il polinomio caratteristico di T ha tutte le radici in K con molteplicità 1, allora T è diagonalizzabile.• Se il polinomio caratteristico di T ha tutte le radici in K, alcune delle quali con molteplicità maggiore di 1, non è

necessariamente diagonalizzabile: ad esempio la matrice seguente, che rappresenta la trasformazione dellaGioconda in Fig.1, ha come polinomio caratteristico (x-1)2 e non è diagonalizzabile (per ):

Spazi di dimensione infinitaIn uno spazio di dimensione infinita la definizione di autovalore è identica al caso di dimensione finita. Tuttavia, Ilpolinomio caratteristico non è uno strumento disponibile in questo caso. Per questo ed altri motivi, si definisce comespettro l'insieme di quei valori λ per cui l'inverso dell'operatore (T - λ I) non è limitato; tale insieme è solitamenteindicato con σ(T). A differenza del caso finito-dimensionale lo spettro e l'insieme degli autovalori, generalmentedetto spettro puntuale, in generale non coincidono. Compito della teoria spettrale è l'estensione delle tecniche validein dimensione finita nel caso in cui l'operatore T e lo spazio V abbiano delle buone proprietà.Seguono alcuni esempi classici.• Un operatore limitato su uno spazio di Banach V ha spettro compatto e non vuoto.• Un operatore compatto su uno spazio di Banach V ha spettro e spettro puntuale coincidenti a meno dello 0. Gli

operatori compatti si comportano in modo molto simile agli operatori con immagine a dimensione finita.• Un operatore autoaggiunto su uno spazio di Hilbert H ha spettro reale. Tali operatori sono fondamentali nella

teoria della meccanica quantistica.

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Autovettore e autovalore 77

Applicazioni

Operatori in meccanica quantistica

Fig. 4. Le funzioni d'onda associate agli stati di un elettronein un atomo d'idrogeno sono gli autovettori sia della

Hamiltoniana dell'atomo di idrogeno che del momentoangolare. Gli autovalori associati sono interpretati come le

loro energie (crescenti dall'alto in basso n=1,2,3,...) emomenti angolari (crescenti da sinistra a destra: s, p, d,...).

Sono disegnati qui i quadrati dei valori assoluti delleautofunzioni. Aree più luminose corrispondono a densità diprobabilità maggiori per la posizione in una misurazione. Il

centro di ogni figura è il nucleo dell'atomo, un protone.

Un esempio di operatore definito su uno spazioinfinito-dimensionale è dato dall'operatore hamiltonianoindipendente dal tempo in meccanica quantistica:

dove H è l'operatore che agendo sull'autovettore (o autoket) restituisce l'autovettore moltiplicato perl'autovalore E, che è interpretato come l'energia dello stato. Teniamo presente che H è un operatore hermitiano, percui i suoi autostati formano una base ortonormale dello spazio degli stati e gli autovalori sono tutti reali. Proiettandosulla base della posizione otteniamo la rappresentazione tramite funzione d'onda:

dove stavolta Hx indica l'operatore differenziale che rappresenta l'operatore astratto nella base della posizione mentrela funzione d'onda è l'autofunzione corrispondente all'autovalore E. Dati i postulati della meccanicaquantistica gli stati accessibili ad un sistema sono vettori in uno spazio di Hilbert e quindi è definito un prodottoscalare fra di essi del tipo:

.

dove la stella * indica il passaggio alla complessa coniugata della funzione d'onda. Questo limita la possibilità discelta dello spazio di Hilbert allo spazio delle funzioni a quadrato integrabile sul dominio scelto D, che può al limiteessere tutto .La fig.4 qui a destra mostra le prime autofunzioni della Hamiltoniana dell'atomo di idrogeno.

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Teoria dei numeriLo studio degli autovalori di una matrice ha importanti applicazioni anche nella teoria dei numeri. In particolare, sicongettura che alcune statistiche sugli zeri non banali della funzione zeta di Riemann, quali ad esempio quelle sulladistanza tra zeri consecutivi, siano le stesse di quelle relative alle matrici hermitiane aleatorie (rispetto alla Misura diHaar) di dimensione N al tendere di N all'infinito. Inoltre, è stato congetturato che anche la distribuzione dei valoridella funzione zeta di Riemann sia ben approssimata, in media, dai valori assunti dal polinomio caratteristico di talimatrici. Analoghe considerazioni si possono fare su altre famiglie di funzioni speciali, quali ad esempio le funzioni Ldi Dirichlet, coinvolgendo anche altre famiglie di matrici aleatorie, come ad esempio le matrici simplettiche oortogonali. Dacché un gran numero di statistiche sono molto più facili da calcolare all'interno della teoria dellematrici aleatorie che investigando direttamente queste funzioni speciali, questa connessione ha avuto come risultatoun fiorire di una serie di nuove congetture in teoria dei numeri.[1]

Autofacce

Fig. 5. Le autofacce sono esempi di autovettori.

Nella elaborazione digitale delle immagini, l'immagine di unafaccia si associa ad un vettore le cui componenti rappresentano laluminosità dei singoli pixel. Gli autovettori di una particolarematrice, detta matrice di covarianza, sono chiamati autofacce. Essisono molto utili per esprimere ogni faccia come una combinazionelineare di queste autofacce, e sono quindi anche un ottimostrumento di compressione dei dati per memorizzare edidentificare un alto numero di facce.

Tensore d'inerzia

In meccanica, gli autovettori del tensore di inerzia definiscono gliassi principali di un corpo rigido. Il tensore di inerzia è unaquantità chiave, necessaria per determinare la rotazione di uncorpo rigido intorno al suo baricentro. Gli autovettori del tensoredelle deformazioni definiscono gli assi principali di deformazionedi un corpo rigido

Note[1] Jon Keating, L-functions and the Characteristic Polynomials of Random Matrices in Francesco Mezzadri e Nina Snaith (a cura di), Recent

perspectives in random matrix theory and number theory (in inglese), Cambridge, Cambridge University Press, 2005, pp. 251-278. ISBN978-0-521-62058-1

Bibliografia• Marius Stoka, Corso di geometria, Cedam, ISBN 88-13-19192-8• Serge Lang (2002): Algebra, 3rd edition, Springer, ISBN 0-387-95835-X• Serge Lang (2004): Linear Algebra, 3rd edition, Springer, ISBN 0-387-96412-6• Steven Roman (1992): Advanced Linear Algebra, Springer, ISBN 0-387-97837-2• Paul Richard Halmos (1993): Finite-dimensional Vector Spaces, Springer, ISBN 0-387-90093-3• Werner H. Greub (1981): Linear Algebra, Springer, 4th edition, ISBN 0-387-90110-8• Jim Hefferon (2001): Linear Algebra, Online book (http:/ / joshua. smcvt. edu/ linearalgebra/ ), St Michael's

College, Colchester, Vermont, USA

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Autovettore e autovalore 79

• Gene H. Golub, Charles F. van Loan (1996): Matrix computations, 3rd Edition, Johns Hopkins University Press,ISBN 0-8018-5414-9

• Nelson Dunford, Jacob Schwartz (1958): Linear Operator. Part I General Theory Wiley-Interscience, ISBN0-471-60848-3

• V. G. Prikazchikov: Eigen values of differential operators, numerical methods accessibile (http:/ / eom. springer.de/ E/ e035160. htm) in Encyclopaedia of Mathematics

• A. B. Bakushinskii: Eigen values of integral operators, numerical methods accessibile (http:/ / eom. springer. de/E/ e035170. htm) in Encyclopaedia of Mathematics

• T. S. Pigolkina, V. S. Shul'man: Eigen vector accessibile (http:/ / eom. springer. de/ E/ e035180. htm) inEncyclopaedia of Mathematics

• Leonid Vital'evič Kantorovič, G. P. Akilov (1982): "Functional analysis", Pergamon Press

Voci correlate• Autofunzione• Autostato• Diagonalizzabilità• Forma canonica di Jordan• Polinomio caratteristico• Spazio vettoriale• Teorema spettrale• Teoremi di Gerschgorin• Trasformazione lineare

Collegamenti esterni• (EN) Eigenvector (http:/ / mathworld. wolfram. com/ Eigenvector. html) in MathWorld• (EN) Earliest Known Uses of Some of the Words of Mathematics: E - vedi eigenvector e termini correlati (http:/ /

members. aol. com/ jeff570/ e. html)• (EN) Numerical solution of eigenvalue problems (http:/ / www. cs. utk. edu/ ~dongarra/ etemplates/ index. html)

Edited by Zhaojun Bai, James Demmel, Jack Dongarra, Axel Ruhe, Henk van der VorstCalcolatrici in linea

• Calculator for Eigenvalues (http:/ / www. arndt-bruenner. de/ mathe/ scripts/ engl_eigenwert. htm) nel sito diArndt Brünner

• Online Matrix Calculator (http:/ / www. bluebit. gr/ matrix-calculator/ ) presso BlueBit Software• Matrix calculator (http:/ / wims. unice. fr/ wims/ wims. cgi?session=6S051ABAFA. 2& + lang=en& +

module=tool/ linear/ matrix. en) in WIMS, WWW Interactive Multipurpose Server, presso l'Université NiceSophia Antipolis

Portale Fisica Portale Matematica

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Polinomio caratteristico 80

Polinomio caratteristicoIn matematica, e in particolare in algebra lineare, il polinomio caratteristico di una matrice quadrata A su un campoè un polinomio definito a partire da A che ne descrive molte proprietà essenziali. I suoi coefficienti codificanoquantità importanti di A, quali la traccia e il determinante, mentre le sue radici sono gli autovalori di A.Il polinomio caratteristico fornisce molte informazioni sulla natura intrinseca delle trasformazioni lineari. Se lamatrice A è matrice associata ad un endomorfismo T di uno spazio vettoriale V, il polinomio caratteristico dipendesolo dalle proprietà intrinseche di T. I coefficienti del polinomio sono detti invarianti di T.

DefinizioneSia A una matrice quadrata a valori in un campo K. Il polinomio caratteristico di A nella variabile x è il polinomiodefinito nel modo seguente:

,cioè è il determinante della matrice , ottenuta sommando e . Qui denota la matrice identità,avente la stessa dimensione di , e quindi è la matrice diagonale avente il valore su ciascuna delle ncaselle della diagonale principale.

ProprietàSia una matrice quadrata con righe.

Grado e coefficienti del polinomioIl polinomio caratteristico di ha grado . Alcuni dei suoi coefficienti sono (a meno di segno) quantità notevoliper la matrice, come la traccia ed il determinante:

Ad esempio, se è una matrice 2 per 2 abbiamo

Se è una matrice 3 per 3 abbiamo

con

dove è l'elemento di nella posizione .

In generale, il coefficiente di del polinomio è la somma moltiplicata per dei determinanti dei

minori "centrati" sulla diagonale.

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Polinomio caratteristico 81

AutovaloriLe radici in K del polinomio caratteristico sono gli autovalori di . Questo si dimostra formalmente nel modoseguente:

.Per il teorema di diagonalizzabilità, se ha radici distinte allora è diagonalizzabile. Per quanto detto sopra,in questo caso il determinante è proprio il prodotto degli n autovalori distinti. Va però notato che questa condizionenon è necessaria per la diagonalizzabilità.

Matrici particolariSe è una matrice triangolare (superiore o inferiore) avente i valori sulla diagonale principale,allora

.Quindi il polinomio caratteristico di una matrice triangolare ha radici nel campo, date dai valori nella diagonaleprincipale. In particolare, questo fatto è vero per le matrici diagonali.

Invarianza per similitudineDue matrici simili hanno lo stesso polinomio caratteristico. Infatti se

per qualche matrice invertibile , si ottiene

In tale catena di uguaglianze si fa uso del fatto che la matrice della forma commuta con qualsiasi altra e delteorema di Binet.Poiché due matrici che rappresentano un endomorfismo di uno spazio vettoriale a dimensione finita sonosimili, il polinomio caratteristico è una grandezza intrinseca di , che riassume molte delle caratteristicheintrinseche di un endomorfismo: traccia, determinante, autovalori.

Invarianza per trasposizione

La matrice trasposta ha lo stesso polinomio caratteristico di . Infatti

Qui si fa uso del fatto che il determinante è invariante per trasposizione.

ApplicazioniIl polinomio caratteristico è usato soprattutto per determinare gli autovalori di una matrice. In altri casi, è ancheusato come invariante, cioè come oggetto che dipende solo dalla classe di similitudine di una matrice. In questocontesto è utilizzato per determinare la forma canonica di luoghi geometrici esprimibili mediante matrici comeconiche e quadriche.

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Polinomio caratteristico 82

Esempio• Data:

allora

e quindi

Gli autovalori di A sono le radici del polinomio: 4 e 1.• Data:

in modo analogo si trova

Voci correlate• Polinomio minimo• Autovettore e autovalore• Determinante• Teorema di Hamilton-Cayley

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Teorema di Hamilton-Cayley 83

Teorema di Hamilton-CayleyIn matematica, e più precisamente in algebra lineare, il teorema di Hamilton-Cayley (così nominato in onore deimatematici William Hamilton e Arthur Cayley) asserisce che ogni trasformazione lineare di uno spazio vettoriale (oequivalentemente ogni matrice quadrata) è una radice del suo polinomio caratteristico, visto come polinomio acoefficienti numerici nell'anello delle trasformazioni lineari (o delle matrici quadrate).Più precisamente, se A è la trasformazione lineare nello spazio n-dimensionale (o, equivalentemente, una matricen×n) e In  è l'operatore identità (o, equivalentemente, la matrice identità), allora vale:

Questo risultato implica che il polinomio minimo divide il polinomio caratteristico, ed è quindi utile per trovare laforma canonica di Jordan di una applicazione o matrice.Il teorema di Cayley–Hamilton vale anche per matrici quadrate su anelli commutativi.

Polinomi, applicazioni e matriciUn endomorfismo di uno spazio vettoriale V su un campo K è una trasformazione lineare T:V → V. Gliendomorfismi con le operazioni di addizione, moltiplicazione per scalare e composizione formano una K-algebra,chiamata End

K(V) o più semplicemente End(V).

Analogamente, le matrici quadrate con n righe a valori in K con le operazioni di somma, prodotto per scalare eprodotto formano una K-algebra, chiamata M(n, K) o più semplicemente M(n). Se V ha dimensione n, una base Bper V trasforma ogni endomorfismo in una matrice, tramite un isomorfismo di algebre

Consideriamo adesso un polinomio p(x) a coefficienti in K. Se a è un qualsiasi elemento di una K-algebra, definiamol'elemento p(a) dell'algebra come quello ottenuto da a tramite le operazioni prescritte da p (somma, prodotto perscalare e fra elementi dell'algebra). In particolare, se T è un endomomorfismo allora p(T) è un endomomorfismo, e seA è una matrice allora p(A) è una matrice.

Il teoremaIl teorema di Hamilton-Cayley asserisce che:Se f è un endomorfismo di uno spazio vettoriale V a dimensione finita e p(x) è il suo polinomio caratteristico, allorap(f) = 0.Analogamente, se A è una matrice quadrata e p(x) il suo polinomio caratteristico, allora p(A) = 0.

EsempioConsideriamo per esempio la matrice

Il suo polinomio caratteristico è dato da

Il teorema di Cayley–Hamilton sostiene che:

il che si può facilmente verificare.

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Teorema di Hamilton-Cayley 84

Applicazioni

DiagonalizzabilitàIl teorema introduce alla definizione di polinomio minimo, uno strumento molto potente per verificare se una matriceo applicazione è diagonalizzabile. Ad esempio, in questo modo si verifica rapidamente se una matrice A che soddisfaalcune relazioni polinomiali, quali A2 = In oppure A2 = A, è diagonalizzabile.

Potenze di matriciIl teorema permette di calcolare potenze di matrici più semplicemente che con la moltiplicazione diretta. Adesempio, usando il risultato precedente:

si può calcolare A4 nel modo seguente:

DimostrazioneForniamo una dimostrazione analitica nel caso in cui K sia il campo dei numeri reali o complessi: sia A una matricequadrata con n righe. Supponiamo inizialmente che A sia diagonalizzabile sul campo dei numeri complessi. Quindi Aè simile a D, in altre parole esiste una matrice invertibile M tale che

Le matrici D e A hanno lo stesso polinomio caratteristico, che si spezza come

dove λ1, ..., λn sono gli autovalori di D (con molteplicità), presenti sulla diagonale di D. Qui è facile verificare chep(D) è il prodotto di matrici diagonali con zeri che variano sulla diagonale, e perciò è la matrice nulla. D'altra parte,si verifica che

Abbiamo dimostrato il teorema per le matrici diagonalizzabili. L'insieme delle matrici diagonalizzabili su C formanoun insieme denso nello spazio topologico delle matrici n per n in C. La funzione che associa ad una matrice A lamatrice p(A) è continua. Una funzione continua che vale sempre zero su un denso vale zero ovunque, da cui la tesi.Nel caso di matrici su un campo qualsiasi, si può ottenere una dimostrazione secondo la traccia seguente. Siestende per cominciare alla sua chiusura algebrica . In la matrice ha dunque autovalori (contando lemolteplicità), e può quindi essere messa in forma triangolare. Ora per le matrici triangolari il teorema è facilmenteverificato, in modo simile a quanto appena visto per le matrici diagonali.

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Teorema di Hamilton-Cayley 85

Voci correlate• polinomio caratteristico• polinomio minimo• forma canonica di Jordan

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DiagonalizzabilitàIn matematica, e più precisamente in algebra lineare, una trasformazione lineare di uno spazio vettoriale didimensione n (ad esempio, il piano o lo spazio euclideo) è diagonalizzabile o semplice[1] se esistono n "assi"passanti per l'origine che rimangono invariati nella trasformazione. Su ciascuno di questi assi, la trasformazioneeffettua una omotetia.Le trasformazioni diagonalizzabili sono importanti perché più facili da studiare: la trasformazione è infatticompletamente nota quando si conosce il suo comportamento su questi assi. Ciascun vettore (diverso dall'origine) suuno di questi assi è un autovettore, ed il tipo di omotetia con cui viene trasformato l'asse è il suo autovalore.Il nome diagonalizzabile deriva dal fatto che una tale trasformazione, scritta rispetto ad una base contenuta negliassi, si scrive tramite una matrice diagonale. Esiste anche la nozione di matrice diagonalizzabile.

Esempi informaliLa trasformazione del piano cartesiano che sposta ogni punto (x, y) nel punto (2x, -y) è diagonalizzabile. Infatti gliassi x e y rimangono invariati: l'asse x è espanso di un fattore 2, mentre l'asse y è ribaltato rispetto all'origine.Notiamo che nessuna altra retta passante per l'origine rimane invariata.Una rotazione oraria o antioraria del piano di 90 gradi intorno all'origine non è diagonalizzabile, perché nessun asseviene fissato.

DefinizioniUn endomorfismo T di uno spazio vettoriale V, cioè una trasformazione lineare T:V → V, è diagonalizzabile seesiste una base di V fatta di autovettori per T.Una matrice quadrata è diagonalizzabile se è simile ad una matrice diagonale, ovvero se valgono le condizioniseguenti:1. tutte le radici del polinomio caratteristico stanno nello stesso campo K;2. per ogni si ha che (cioè ), dove è la dimensione del sottospazio

mentre è la dimensione dello spazio .Ricordiamo che, fissata una base B per V, ogni endomorfismo T si descrive come una matrice, detta matrice associataa T rispetto a B. Le seguenti affermazioni sono equivalenti (cioè sono connesse dalla doppia implicazione):1. una trasformazione T è diagonalizzabile;2. esiste una base B tale che la matrice associata a T rispetto a B è diagonale;3. la matrice associata a T rispetto a qualsiasi base B è diagonalizzabile.L'equivalenza discende dalle seguenti proprietà:• la matrice associata a T rispetto ad una base B è diagonale se e solo se tutti gli elementi di B sono autovettori per

T;• due matrici quadrate sono associate alla stessa applicazione T rispetto a basi diverse se e solo se sono simili.

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Diagonalizzabilità 86

AlgoritmoGeneralmente, per vedere se una applicazione è diagonalizzabile si studia la diagonalizzabilità della sua matriceassociata A nei riferimenti dello spazio di partenza e di quello di arrivo. Si procede, pertanto, calcolandone ilpolinomio caratteristico, gli autovalori con la loro molteplicità e quindi applicando il teorema di diagonalizzabilità.Elenchiamo qui due situazioni in cui è più facile dare una risposta:1. se il polinomio caratteristico ha n radici distinte (ciascuna con molteplicità algebrica 1), la matrice è

diagonalizzabile;2. se la somma delle molteplicità algebriche delle radici del polinomio caratteristico è minore di n, allora la matrice

non è diagonalizzabile.Nel caso più complesso in cui la somma delle molteplicità è n, ma ci sono radici multiple, la matrice può esserediagonalizzabile o no, e per avere una risposta si devono fare dei calcoli ulteriori: si veda il teorema didiagonalizzabilità.Ricordiamo i fatti seguenti:• il polinomio caratteristico ha grado n,• la somma delle molteplicità delle radici di un polinomio di grado n è minore o uguale ad n; è proprio n se e solo

se il polinomio si fattorizza in polinomi di primo grado, cioè si scrive come

e in questo caso le radici sono a1, ..., an, e la molteplicità di ciascuna è il numero di volte in cui compare.• se V è uno spazio vettoriale sul campo dei numeri reali (ad esempio, se V è il piano o un qualsiasi spazio

euclideo), la somma delle molteplicità delle radici di p(x) è n se e solo se p non ha radici complesse non reali.

Esempi

Esempio di calcoloConsideriamo la matrice

Il polinomio caratteristico è:

che si annulla per gli autovalori

Quindi ha 3 autovalori distinti. Per il primo criterio esposto precedentemente, la matrice è diagonalizzabile.Se si è interessati a trovare esplicitamente una base di autovettori, dobbiamo fare del lavoro ulteriore: per ogniautovalore, si imposta l'equazione: e si risolve cercando i valori del vettore che la soddisfano,sostituendo volta per volta i tre autovalori precedentemente calcolati.Una base di autovettori per esempio è data da:

Si vede facilmente che sono indipendenti, quindi formano una base, e che sono autovettori, infatti .

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Diagonalizzabilità 87

Possiamo scrivere esplicitamente la matrice di cambiamento di base incolonnando i vettori trovati:

Quindi la matrice invertibile P diagonalizza A, come si verifica calcolando:

La matrice finale deve essere diagonale e contenere gli autovalori, ciascuno con la sua molteplicità.

Numeri complessiSe il campo su cui lavoriamo è quello dei numeri complessi, una matrice n per n ha n autovalori (contando ciascunocon la relativa molteplicità, per il teorema fondamentale dell'algebra). Se le molteplicità sono tutte 1, la matrice èdiagonalizzabile. Altrimenti, dipende. Un esempio di matrice complessa non diagonalizzabile è descritto sotto.Il fatto che vi siano comunque n autovalori implica che è sempre possibile ridurre una matrice complessa ad unaforma triangolare: questa proprietà, più debole della diagonalizzabilità, è detta triangolabilità.

Numeri realiSui numeri reali le cose cambiano, perché la somma delle molteplicità di un polinomio di grado n può essereinferiore a n. Ad esempio la matrice

non ha autovalori, perché il suo polinomio caratteristico non ha radici reali. Quindi non esistenessuna matrice reale Q tale che sia diagonale! D'altro canto, la stessa matrice B vista con i numericomplessi ha due autovalori distinti i e -i, e quindi è diagonalizzabile. Infatti prendendo

troviamo che è diagonale. La matrice considerata sui reali invece non è neppure triangolabile.Ci sono anche matrici che non sono diagonalizzabili né sui reali né sui complessi. Questo accade in alcuni casi, incui ci sono degli autovalori con molteplicità maggiore di uno. Ad esempio, consideriamo

Questa matrice non è diagonalizzabile: ha 0 come unico autovalore con molteplicità 2, e se fosse diagonalizzabilesarebbe simile alla matrice nulla, cosa impossibile a prescindere dal campo reale o complesso.

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Diagonalizzabilità 88

Voci correlate• polinomio caratteristico• autovettore e autovalore• teorema spettrale• forma canonica di Jordan

Note[1] Il termine "semplice" è usato ad esempio in Elementi di Algebra Lineare e Geometria Analitica, di Odetti - Raimondo, 2ª edizione novembre

1992, pag. 246, ed. ECIG, ISBN 88-7545-717-4.

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Forma canonica di JordanIn matematica, più precisamente in algebra lineare, la forma canonica di Jordan di una matrice quadrata Adefinisce una matrice triangolare J simile ad A che ha una struttura il più possibile vicina ad una matrice diagonale.La matrice è diagonale se e solo se A è diagonalizzabile, altrimenti è divisa in blocchi detti blocchi di Jordan.La forma canonica caratterizza univocamente la classe di similitudine di una matrice. In altre parole, due matricisono simili se e solo se hanno la stessa forma di Jordan (a meno di permutazione dei blocchi).Il nome è dovuto al matematico francese Camille Jordan che si è occupato di matrici diagonalizzabili.

Definizione

Blocco di JordanUn blocco di Jordan di ordine k è una matrice triangolare superiore con k righe costituita nel seguente modo:

in cui ogni elemento della diagonale è uguale a ed in ogni posizione (i, i+1) si trova un 1. Il suo polinomiocaratteristico è , e quindi ha come unico autovalore con la molteplicità algebrica k. D'altra parte,l'autospazio relativo a è:

avente, quindi, dimensione 1. Dal teorema di diagonalizzabilità segue che se k>1 il blocco di Jordan non èdiagonalizzabile.

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Forma canonica di Jordan 89

Matrice di JordanUna matrice di Jordan è una matrice a blocchi del tipo

dove Ji è un blocco di Jordan con autovalore λi. Ogni blocco di Jordan contribuisce con un autospaziounidimensionale relativo a λi.Come sopra, si vede che la molteplicità geometrica di λi, definita come la dimensione del relativo autospazio, è parial numero di blocchi con autovalore λi. D'altra parte, la molteplicità algebrica di λi, definita come la molteplicitàdella radice λi nel polinomio caratteristico di J, è pari alla somma degli ordini di tutti i blocchi con autovalore λi.In questo contesto, il teorema di diagonalizzabilità asserisce, quindi, che J è diagonalizzabile se e solo se lemolteplicità algebriche e geometriche coincidono, ovvero se e solo se i blocchi hanno tutti ordine pari ad 1: in altreparole, J è diagonalizzabile se e solo se è già diagonale.

Teorema di JordanDiciamo che una matrice quadrata A con elementi in un campo K ha "tutti gli autovalori nel campo" se la sommadelle molteplicità algebriche dei suoi autovalori è pari al numero di righe di A. Questo equivale a dire che il suopolinomio caratteristico ha "tutte le radici nel campo", cioè che si spezza come prodotto di polinomi di primo grado.Questo è sempre vero se K è algebricamente chiuso, ad esempio se K = C è il campo dei numeri complessi.Il teorema di Jordan asserisce che ogni matrice ha una "forma canonica di Jordan", e che due matrici sono simili se esolo se hanno la stessa forma canonica:Sia A una matrice quadrata con elementi in K, avente tutti gli autovalori nel campo. Allora A è simile ad una matricedi Jordan.Due matrici di Jordan J e J' sono simili se e solo se si ottengono l'una dall'altra permutando i blocchi.

EsempiCalcoliamo la forma canonica di Jordan della matrice

Il suo polinomio caratteristico è , quindi i suoi autovalori sono 4, 4, 2 e 1. Ricordiamoche, se indichiamo con malg(λ) e mgeo(λ) le molteplicità algebrica e geometrica di un autovalore λ, valgono sempre leseguenti disuguaglianze:

Quindi in questo caso le molteplicità algebriche e geometriche degli autovalori 2 e 1 sono tutte 1, e l'unica grandezzada trovare è la molteplicità geometrica di 4, che può essere 1 o 2. La molteplicità geometrica di un autovalore indicail numero di blocchi di jordan presenti relativi a quell'autovalore. Vediamo che

Segue quindi che A non è diagonalizzabile, e l'autovalore 4 ha un solo blocco di Jordan. I dati che abbiamo sonosufficienti a determinare la matrice di Jordan, che è la seguente:

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Forma canonica di Jordan 90

Proprietà

Polinomio minimoIl polinomio minimo m(x) di una matrice A è calcolabile a partire dalla sua forma di Jordan J. Infatti si decomponecome

dove λ1, ..., λk sono gli autovalori (distinti, cioè elencati senza molteplicità) di A, e ji è l'ordine del blocco di Jordanpiù grande fra tutti quelli relativi all'autovalore λi.Ad esempio, la seguente matrice

ha come polinomio caratteristico e come polinomio minimo.Usando il teorema di Jordan e la decomposizione del polinomio minimo enunciata, si ha che le due matrici seguentihanno gli stessi polinomi caratteristici (e quindi anche lo stesso determinante, la stessa traccia e gli stessi autovalori),gli stessi polinomi minimi, ma non sono simili:

Voci correlate• autovettore e autovalore• diagonalizzabilità• polinomio caratteristico• polinomio minimo

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Matrice esponenziale 91

Matrice esponenzialeIn matematica, più precisamente in algebra lineare, la matrice esponenziale (o esponenziale di matrice) è unafunzione analoga alla funzione esponenziale.La matrice esponenziale viene utilizzata nella risoluzione dei sistemi lineari di equazioni differenziali. Ha quindiun'importante applicazione nella teoria dei sistemi e nella teoria dei controlli automatici.

DefinizioneSia A una matrice quadrata a coefficienti reali o complessi. La matrice esponenziale di A, indicata con ,è una matrice quadrata ottenuta con lo sviluppo in serie di potenze

Questa serie è sempre convergente, quindi la matrice esponenziale è ben definita. Si nota che se A è una matrice(quindi A è un numero reale o complesso), la serie della matrice esponenziale corrisponde alla definizione

formale della funzione esponenziale.

ProprietàSiano X e Y due matrici complesse di dimensione e siano a e b due numeri complessi. Si indica la matriceidentità con I e la matrice nulla con 0. La matrice esponenziale soddisfa le seguenti proprietà:• .• .• .• Se , allora .• Se è invertibile allora .•• , dove indica la matrice trasposta di X. Ne segue che se X è una matrice simmetrica allora

è simmetrica; inoltre se X è una Matrice antisimmetrica allora è una matrice ortogonale.• , dove indica la matrice trasposta coniugata di X. Ne segue che se X è una matrice hermitiana

allora è una matrice hermitiana; inoltre se X è una matrice antihermitiana allora è la matrice unitaria.

Calcolo della matrice esponenzialePer il calcolo della matrice esponenziale non viene utilizzata la serie di potenze dato che è costituita da unasommatoria di infiniti addendi. Utilizzando gli autovettori si ricava una serie con un numero finito di termini.Considerando la diagonalizzabilità della matrice A si hanno due casi distinti.

Il caso di A diagonalizzabile

Se la matrice A è diagonalizzabile significa che ha n autovettori linearmente indipendenti . Si puòquindi scrivere

Con autovettore associato all'autovalore .

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Matrice esponenziale 92

Si raggruppano tutti gli autovettori in un'unica matrice

Ponendo la matrice formata dagli autovettori pari a T e la matrice diagonale degli autovalori pari a si ottiene

Introducendo la matrice S, inversa di T, si ottengono le seguenti relazioni

Dalla seconda relazione si ricava

Quindi

Si calcola

Si considera ora l'ultima relazione precedentemente ricavata e si applica la trasposta

Si può quindi scrivere

Si nota quindi che gli sono autovettori sinistri di A. Si può quindi partizionare la matrice S per righe

In questo modo si ottiene

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Matrice esponenziale 93

In conclusione, nel caso A sia diagonalizzabile, si ha

con autovettore destro e autovettore sinistro, entrambi associati all'autovalore

Il caso di A non diagonalizzabileSe A non è diagonalizzabile si ricorre alla forma di Jordan.In questo caso si ha , con J matrice diagonale a blocchi

dove il k-esimo blocco è della forma

Le matrici vengono detti blocchi di Jordan.Utilizzando il procedimento seguito nel caso di A diagonalizzabile si ottiene

dove

Si nota che il prodotto delle matrici e è commutativo. Si può quindi scrivere

Si calcola ora

Si verifica facilmente che si calcola spostando in alto e a destra la diagonale formata dagli 1

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Matrice esponenziale 94

Dove è la dimensione di . Per potenze superiori a si ha la matrice nulla.Quindi

Inoltre

Quindi il k-esimo blocco di ha la seguente espressione

La matrice esponenziale vale

dove e .T non è costituita dagli autovettori di A. Il calcolo della matrice di trasformazione T è più complesso rispetto al casodi A diagonalizzabile.

Voci correlate• Serie esponenziale• Esponenziale di un operatore

Collegamenti esterni• Esercizio svolto sulla forma canonica di Jordan [1]

• Esercizi sulla forma di Jordan e sull’esponenziale di matrice [2]

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Matrice esponenziale 95

Note[1] http:/ / www. mat. uniroma2. it/ ~tovena/ esjordan. pdf[2] http:/ / www. ce. unipr. it/ automatica/ mat_did/ ca/ jordan14-04-02. pdf

Sistema di equazioni lineariIn matematica, e più precisamente in algebra lineare, una equazione lineare è una equazione di primo grado con uncerto numero di incognite. Un sistema di equazioni lineari (o sistema lineare) è un insieme di equazioni lineari,che devono essere verificate tutte contemporaneamente: in altre parole, una soluzione del sistema è tale se èsoluzione di tutte le equazioni. La soluzione è, quindi, l'insieme di valori x1 … xn che, sostituiti alle incognite, rendele equazioni delle identità.

DefinizioneUn sistema di equazioni lineari è dato da un certo numero m di equazioni lineari in n incognite (il numero n delleincognite è detto anche ordine del sistema), e può essere scritto nel modo seguente:

dove x1, ... ,xn sono le incognite e i numeri aij, detti i coefficienti, sono elementi di un campo, ad esempio dei numerireali o complessi. Anche i termini noti bi sono elementi del campo. Una n-pla (x1, ... ,xn) di elementi nel campo èuna soluzione se soddisfa tutte le m equazioni.Usando le matrici ed il prodotto fra matrici e vettori si possono separare agevolmente i coefficienti, le incognite ed itermini noti del sistema, e scriverlo nel modo seguente:

In modo molto più stringato, si scriveAx = b,

dove A è la matrice m x n dei coefficienti, x è il vettore delle n incognite e b è il vettore degli m termini noti.

CaratteristicheIn generale, il grado di un sistema di equazioni polinomiali è definito come il prodotto dei gradi delle equazioni chelo compongono. Quindi un sistema lineare è un sistema polinomiale di primo grado.Generalmente, un sistema può essere:• Determinato: quando ha una sola soluzione.• Impossibile: quando non ha nessuna soluzione.• Indeterminato: quando ha infinite soluzioni.• Numerico: quando le soluzioni sono rappresentate da numeri.• Letterale: quando le soluzioni sono rappresentate da espressioni letterali.• Omogeneo: quando i termini noti sono tutti zero.

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Sistema di equazioni lineari 96

Due sistemi sono equivalenti quando hanno lo stesso insieme di soluzioni.

EsempiGli esempi seguenti sono tutti sul campo dei numeri reali.Il sistema:

ha una sola soluzione, data dal vettore . Invece il sistema:

non ha soluzioni. Cambiando i termini noti nel modo seguente:

si ottiene invece un sistema con un numero infinito di soluzioni, del tipo al variare delparametro t in R.

ProprietàGli esempi appena mostrati elencano le tre casistiche possibili. Infatti, se il campo è infinito (e i numeri reali ocomplessi sono infiniti), ci sono tre possibilità:• esiste una sola soluzione• non ci sono soluzioni• ci sono infinite soluzioniIl teorema che asserisce questo fatto e che permette di stabilire se e quante soluzioni esistono senza risolvere ilsistema è il teorema di Rouché-Capelli. Nel caso in cui esistano soluzioni, queste formano un sottospazio affine diKn.

Sistema di equazioni lineari omogeneoUn sistema lineare omogeneo è un sistema i cui termini noti sono tutti nulli:

Un sistema di questo tipo ammette sempre la soluzione

Per il teorema di Rouché-Capelli, tale soluzione è unica se e solo se il rango rk( ) della matrice è .Altrimenti esistono infinite soluzioni (se il campo è infinito), e queste formano un sottospazio vettoriale di ,avente come dimensione la nullitá della matrice.

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Sistema di equazioni lineari 97

Voci correlate• Sistema di equazioni• Sistema non lineare• Teorema di Rouché-Capelli• Rango• Regola di Cramer• Principio di sovrapposizione

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Teorema di Rouché-CapelliIl teorema di Rouché-Capelli è un teorema di algebra lineare che permette di calcolare il numero di soluzioni di unsistema di equazioni lineari in funzione del rango di alcune matrici.Prende il nome dal matematico francese Eugène Rouché, suo ideatore, e dal matematico italiano Alfredo Capelli, chelo riscrisse in maniera più semplice.

Il teoremaUn sistema di equazioni lineari:

può essere descritto usando la matrice

detta matrice associata al sistema; essa è ottenuta dalla giustapposizione della matrice dei coefficienti:

e di un'ulteriore colonna:

detta colonna dei termini noti. Le matrici e sono dette rispettivamente incompleta (o dei coefficienti) ecompleta (o orlata).I coefficienti del sistema lineare (e quindi delle matrici) sono elementi di un campo , quale ad esempio quello deinumeri reali o complessi . Indichiamo con il rango di una matrice . L'enunciato del teorema di

Rouché-Capelli è il seguente:

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Teorema di Rouché-Capelli 98

Esistono soluzioni per il sistema se e solo se il rango della matrice completa è uguale al rango della matriceincompleta.

Se esistono soluzioni, queste formano un sottospazio affine di di dimensione . In particolare, se ilcampo è infinito abbiamo:• se allora la soluzione è unica,• altrimenti ci sono infinite soluzioni.

Gradi di libertà

Informalmente, il fatto che le soluzioni formano un sottospazio affine di dimensione equivale al fattoche queste hanno " gradi di libertà". Alcuni testi sintetizzano questo fatto asserendo che "ci sono

soluzioni". Questa notazione, benché intuitivamente utile, è però errata da un punto di vista matematico,perché lascia intendere che la cardinalità dell'insieme dipenda dalla dimensione : in realtà la cardinalitàè sempre la stessa (se è un campo infinito, gli insiemi e contengono lo stesso numero di elementi),mentre quello che varia è la dimensione dell'oggetto (informalmente, il numero di gradi di libertà).

Dimostrazione

EsistenzaIl sistema può essere descritto in modo più stringato, introducendo il vettore delle coordinate

ed usando il prodotto fra matrici e vettori, nel modo seguente:

In altre parole, è l'immagine del vettore ottenuta mediante l'applicazione lineare

Quindi il sistema ammette soluzione se e solo se è l'immagine di un qualche vettore di , in altre parole seè nell'immagine di . D'altro canto, l'immagine di è generata dai vettori dati dalle colonne di . Quindi è nell'immagine se e solo se lo span delle colonne di contiene , cioè se e solo se lo span delle colonne di èuguale allo span delle colonne di . Quest'ultima affermazione è equivalente a chiedere che le due matriciabbiano lo stesso rango.

Sottospazio affineSe esiste una soluzione , ogni altra soluzione si scrive come , dove è una soluzione del sistema lineareomogeneo associato:

Infatti:

Le soluzioni del sistema lineare omogeneo associato sono semplicemente il nucleo dell'applicazione . Per ilteorema della dimensione, il nucleo è un sottospazio vettoriale di dimensione ). Quindi lo spazio dellesoluzioni, ottenuto traslando il nucleo con il vettore , è un sottospazio affine della stessa dimensione.

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Teorema di Rouché-Capelli 99

EsempiIl sistema seguente

non ha soluzioni, perché la matrice incompleta ha rango 2, mentre la completa ha rango 3.Il sistema seguente

ha soluzioni, perché le matrici incompleta e completa hanno entrambe rango 2. La soluzione è unica perché levariabili sono 2, ed è il vettore .

Voci correlate• Teorema della dimensione

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Regola di CramerLa regola di Cramer è un teorema di algebra lineare, che prende il nome dal matematico Gabriel Cramer, utile perrisolvere un sistema di equazioni lineari usando il determinante, nel caso in cui il sistema abbia esattamente unasoluzione.Nel calcolo, è generalmente inefficiente e per questo non viene utilizzato nelle applicazioni pratiche in presenza dimolte equazioni. Tuttavia, è di importanza teorica in quanto dà un'espressione esplicita per la soluzione del sistema.

La regolaUn sistema di equazioni lineari può essere rappresentato usando moltiplicazione fra matrici come:

dove è una matrice e sono due vettori. Se A è una matrice quadrata (cioè il numero di incognite del sistemaè pari al numero di equazioni) ed è anche invertibile (determinante diverso da zero cioè rango della matrice uguale alnumero di incognite), il teorema di Rouché-Capelli asserisce che il sistema ha esattamente una soluzione.

In questo caso, la regola di Cramer fornisce un algoritmo per calcolare la soluzione usando ildeterminante nel modo seguente:

dove è la matrice formata sostituendo la iesima colonna di con il vettore . Notiamo che la condizione diinvertibilità di A garantisce che il denominatore sia diverso da zero, e quindi che l'espressione descrittaabbia sempre senso.

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Regola di Cramer 100

DimostrazioneLa dimostrazione tiene conto di due proprietà dei determinanti:• Se si somma una colonna a un'altra, il valore del determinante non cambia;• Se si moltiplica ogni elemento di una colonna per un certo fattore, il determinante risulterà moltiplicato di

altrettanto.Dato un sistema di n equazioni lineari in n variabili :

La regola di Cramer fornisce, per il valore di , l'espressione:

che può essere verificata adoperando le suddette proprietà del determinante. Infatti, stando al sistema, il quozienteriportato è equivalente a:

Sottraendo dalla prima colonna la seconda moltiplicata per , la terza colonna moltiplicata per ecc., e la n-simacolonna moltiplicata per , si ottiene l'espressione:

,

e, stando alla seconda proprietà del determinante, questo equivale a:

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Regola di Cramer 101

.

Allo stesso modo, se la colonna di b si trova al posto della k-sima colonna della matrice del sistema di equazioni, ilrisultato sarà uguale a . Pertanto si ottiene:

Esempio

Due per dueUn sistema con 2 equazioni e 2 incognite:

espresso in forma matriciale come

ha un'unica soluzione se e solo se il determinante di

è diverso da zero. In questo caso, la soluzione è data da

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Regola di Cramer 102

Tre per treAnalogamente, un sistema con 3 equazioni e 3 incognite

può essere scritto come prodotto fra matrici e vettori nel modo seguente

Se la matrice ha determinante diverso da zero, il sistema ha una sola soluzione data da

Applicazioni alla geometria differenzialeLa regola di Cramer è estremamente utile per scrivere delle formule in geometria differenziale. Ad esempio, date dueequazioni

in quattro variabili, due delle quali dipendono dalle altre nel modo seguente

è possibile calcolare

(ipotizzando che tutte queste funzioni siano sufficientemente derivabili) usando la regola di Cramer, nel modoseguente.Prima si calcolino le prime derivate di F, G, x ed y.

Sostituendo dx, dy in dF e in dG, abbiamo:

Poiché u, v sono entrambe indipendenti, i coefficienti di du, dv devono essere zero. Così possiamo scrivere leequazioni per i coefficienti:

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Regola di Cramer 103

Ora, dalla regola di Cramer, vediamo che:

Questa è ora una formula in termini di due Jacobiane:

Formule simili possono essere derivate per , , .

Voci correlate• Sistema di equazioni lineari• Determinante

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Spazio affine 104

Spazio affineLo spazio affine è una struttura matematica strettamente collegata a quella di spazio vettoriale. Intuitivamente, unospazio affine si ottiene da uno spazio vettoriale facendo in modo che tra i suoi punti non ve ne sia uno, l'origine,"centrale" e "privilegiato" rispetto agli altri.Lo spazio affine tridimensionale è lo strumento naturale per modellizzare lo spazio della fisica classica, le cui leggisono infatti indipendenti dalla scelta di un sistema di riferimento. Come gli spazi vettoriali, gli spazi affini vengonostudiati con gli strumenti dell'algebra lineare.

DefinizioneLa nozione di spazio affine può essere definita in molti modi equivalenti. Una possibile definizione è la seguente.Uno spazio affine è un insieme di elementi chiamati punti affini (o semplicemente punti) dotato di una funzione

a valori in uno spazio vettoriale su un campo che soddisfi i requisiti seguenti:

1. per ogni punto fissato, la mappa che associa a il vettore è una biiezione da in ;2. per ogni terna di punti , , vale la relazione

L'immagine è chiamata vettore applicato da in ed è indicata generalmente con il simbolo seguente

o, più brevemente, con .

Definizione alternativaLa definizione seguente è equivalente alla precedente.Uno spazio affine è un insieme dotato di una funzione

dove è uno spazio vettoriale su un campo , generalmente indicata con il segno + nel modo seguente

tale che1. per ogni punto fissato, la mappa che associa al vettore il punto è una biiezione da in ;2. per ogni punto in e ogni coppia di vettori in vale la relazione

Le due definizoni sono collegate dalla relazione

Due elementi di questa relazione determinano il terzo. Ad esempio, è il punto raggiunto applicando il vettorea , mentre è l'unico vettore che "collega" i due punti e .

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Spazio affine 105

Esempi

Spazio vettoriale

Ogni spazio vettoriale è uno spazio affine, avente come spazio vettoriale associato stesso. La mappa èdefinita come

mentre la funzione è la semplice somma fra vettori in .

Sottospazi affini

DefinizioneUn sottospazio affine di è un sottoinsieme del tipo

dove è un punto fissato, che risulta appartenere al sottospazio.

GiacituraLo stesso sottospazio può essere definito in varie forme diverse come . In tutte questerappresentazioni, può variare (può essere un punto qualsiasi di , a conferma che in geometria affine non cisono "punti privilegiati"), ma risulta essere sempre lo stesso: questo sottospazio di è chiamato giacitura di

. La giacitura è definita intrinsecamente come

La dimensione di è definita come la dimensione di .

Sottospazio generatoIl sottospazio affine generato da alcuni punti in è il più piccolo sottospazio che li contiene.

Sottospazi affini in spazi vettorialiPer quanto detto sopra, uno spazio vettoriale è anche affine, e quindi abbiamo definito anche la nozione disottospazio affine di : in questo caso, un sottospazio affine è il risultato di una traslazione di un sottospaziovettoriale lungo il vettore .

RelazioniDue sottospazi affini sono detti:• incidenti quando hanno intersezione non vuota,• paralleli quando una delle due giaciture è contenuta nell'altra,• sghembi quando l'intersezione è vuota e le due giaciture si intersecano solo nell'origine,• esiste un altro caso che si presenta solo in spazi affini di dimensione 4 o superiore, ovvero quando i due sottospazi

hanno intersezione vuota, nessuna delle due giaciture è contenuta nell'altra ma queste si intersecano in unsottospazio più grande dell'origine.

Per i sottospazi affini non vale la formula di Grassmann: questo è il prezzo da pagare per aver liberato i sottospazidalla costrizione di passare per un punto privilegiato. La geometria proiettiva risolve questo problema (cioè recuperala formula di Grasmann) aggiungendo allo spazio dei "punti all'infinito".

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Spazio affine 106

Voci correlate• Geometria affine• Sottospazi affini• Trasformazione affine

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Sottospazio affineIn matematica, un sottospazio affine è un sottoinsieme di uno spazio affine avente proprietà tali da farne a sua voltaun altro spazio affine. Esempi di sottospazi affini sono i punti, le rette e i piani nell'ordinario spazio euclideotridimensionale.I sottospazi affini si distinguono dai sottospazi vettoriali per il fatto che non sono forzati a passare per un puntofissato (l'origine dello spazio vettoriale). A differenza dei sottospazi vettoriali, i sottospazi affini possono quindi nonintersecarsi ed essere ad esempio paralleli. Questa maggiore libertà ha però una controparte: per i sottospazi affininon vale la formula di Grassmann.I sottospazi affini sono strettamente correlati ai sistemi lineari: l'insieme delle soluzione di un sistema lineare è ineffetti uno spazio affine.

Definizione

In uno spazio vettorialeUn sottospazio affine di uno spazio vettoriale è un sottoinsieme del tipo

dove è un punto fissato di e è un sottospazio vettoriale fissato di . Si tratta in altre parole delsottospazio traslato del vettore .

In uno spazio affineLa definizione all'interno di uno spazio affine è analoga. Sia uno spazio affine. Più precisamente, è dotato diuno spazio vettoriale e di una funzione

che viene solitamente indicata con il simbolo "+", quindi . Un sottospazio affine di è unsottoinsieme del tipo

La definizione appena data è più generale della precedente, perché ogni spazio vettoriale può essere consideratocome spazio affine con , in cui la funzione è l'usuale somma fra vettori.

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Sottospazio affine 107

ProprietàIn uno spazio affine , dati due punti di si indica con

l'unico vettore in tale che

Giacitura

Lo stesso sottospazio può essere definito in varie forme diverse come . In tutte questerappresentazioni, il punto può variare (può essere un punto qualsiasi di , a conferma che in geometria affinenon ci sono "punti privilegiati"), ma risulta essere sempre lo stesso: questo sottospazio di è chiamatogiacitura di . La giacitura è infatti definita intrinsecamente come

La dimensione di è definita come la dimensione di . Quando la dimensione è 1 o 2 si parla di retta affine opiano affine. Quando la dimensione è pari alla dimensione di meno uno, si parla di iperpiano affine.

Sottospazio generatoIl sottospazio affine generato da un sottoinsieme del piano affine è il più piccolo sottospazio che contiene (equivalentemente, è l'intersezione di tutti i sottospazi affini che contengono ). Viene indicato con .

Ad esempio, punti in generano un sottospazio . In questo caso la dimensionedel sottospazio è minore o uguale di : quando è precisamente i punti sono detti affinementeindipendenti.

Esempi

Nello spazio euclideo tridimensionale

Retta affine

Sia

lo spazio euclideo tridimensionale. Fissato un punto , una retta affine passante per èl'insieme dei punti:

dove è un vettore fissato, detto vettore direzione della retta. La giacitura è qui la retta

generata da . La stessa retta affine può essere rappresentata sostituendo il vettore direzione con un qualsiasisuo multiplo avente .

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Sottospazio affine 108

Piano affine

Analogamente, un piano affine passante per è del tipo:

dove e sono due vettori linearmente indipendenti.

Soluzioni di sistemi lineariNegli esempi precedenti, i sottospazi sono definiti tramite l'ausilio di parametri e : le equazioni che lidescrivono sono per questo dette parametriche. Un sottospazio affine in uno spazio euclideo (o in un piùgenerale spazio vettoriale ) è anche descrivibile in forma più implicita, come spazio di soluzioni di un sistemalineare. Vale cioè il fatto seguente:Lo spazio delle soluzioni di un sistema lineare con incognite a coefficienti in è un sottospazio affine di .D'altro canto, ogni sottospazio affine in è lo spazio di soluzioni di un sistema lineare.Un sottospazio affine determinato come spazio di soluzioni di un sistema lineare è descritto in forma cartesiana. Icoefficienti del sistema lineare formano una matrice, e la dimensione del sottospazio è collegata al rango di questatramite il teorema di Rouché-Capelli.Ad esempio, una singola equazione

descrive un iperpiano in . In particolare, questo è una retta nel piano se ed un piano nello spazio se. Una retta nello spazio può essere descritta da due equazioni

Equazioni parametriche e cartesianeCome mostrato negli esempi precedenti, i sottospazi di uno spazio affine possono essere descritti in formaparametrica o cartesiana. Il passaggio da una rappresentazione all'altra può essere svolto nel modo seguente.

Da cartesiana a parametricaIl passaggio da cartesiana a parametrica consiste nella risoluzione del sistema lineare. Questa può essere fatta tramitel'algoritmo di Gauss.

Da parametrica a cartesianaIl passaggio da parametrica a cartesiana consiste nel determinare equazioni che descrivono il sottospazio. Questo puòessere fatto scrivendo delle condizioni che un punto deve soddisfare per appartenere al sottospazio. Ad esempio, se

è descritto come

dove i vettori formano una base della giacitura , un punto appartiene a see solo se il vettore

appartiene alla giacitura. Questo accade precisamente quando la matrice

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Sottospazio affine 109

avente come primi vettori colonna la base di ha rango pari a . Quest'ultima condizione può essere espressacome l'annullamento dei determinanti di tutti i minori di ordine . Ciascuno di questi determinanti fornisceuna equazione lineare nelle variabili ; queste equazioni lineari insieme formano un sistema lineare chedescrive il sottospazio in forma cartesiana.

Relazioni fra sottospaziDue sottospazi affini sono detti:• incidenti quando hanno intersezione non vuota,• paralleli quando una delle due giaciture è contenuta nell'altra,• sghembi quando l'intersezione è vuota e le due giaciture si intersecano solo nell'origine,• esiste un altro caso che si presenta solo in spazi affini di dimensione 4 o superiore, ovvero quando i due sottospazi

hanno intersezione vuota, nessuna delle due giaciture è contenuta nell'altra ma queste si intersecano in unsottospazio più grande dell'origine.

Per i sottospazi affini non vale la formula di Grassmann: questo è il prezzo da pagare per aver liberato i sottospazidalla costrizione di passare per un punto privilegiato. La geometria proiettiva risolve questo problema (cioè recuperala formula di Grasmann) aggiungendo allo spazio affine dei "punti all'infinito".

EsempiLe relazioni di incidenza e parallelismo possono essere determinate con l'ausilio dell'algebra lineare. Ad esempio,due piani in descritti in forma cartesiana

sono paralleli precisamente quando la matrice dei coefficienti ha rango 1:

Altrimenti per il teorema di Rouché-Capelli i due piani si intersecano in una retta. Due piani nello spazio nonpossono quindi essere sghembi.Discorso analogo è valido per due iperpiani in (ad esempio, due rette nel piano ). Due rette nello spazio

possono però essere sghembe.

Formula di GrassmannLa formula di Grassmann è valida in geometria affine soltanto se gli spazi affini si intersecano. Quindi se due spaziaffini e hanno intersezione non vuota vale la formula

dove è il sottospazio affine generato da e .

Voci correlate• Geometria affine• Spazio affine• Fascio di piani• Fascio di rette

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Forma bilineare 110

Forma bilineareIn matematica, più precisamente in algebra lineare, una forma bilineare è una mappa bilineare V × V → F, dove F èun campo, lineare in entrambe le componenti.

DefinizioneUna forma bilineare su uno spazio vettoriale V con campo è una mappa

che associa ad ogni coppia di elementi lo scalare ed è lineare su entrambe lecomponenti.In altre parole, φ è bilineare se valgono le seguenti:

Ovvero se fissato uno dei due argomenti la funzione è lineare rispetto all'altro.

Rappresentazione in coordinateSe V ha dimensione n finita, ogni forma bilineare φ su V può essere rappresentata come una matrice quadrata con nrighe. Come per le applicazioni lineari, per fare ciò è necessario scegliere una base {v1, ... vn} per V. La matricerisultante dipende dalla base scelta.

La matrice B è definita per componenti da . A questo punto, l'azione della forma bilineare su duevettori u e w di V si ricava nel modo seguente, tramite moltiplicazione tra matrici:

dove u e w sono le coordinate di u e w rispetto alla base, aventi componenti ui e wj.

Relazione con lo spazio dualeOgni forma bilineare B su V definisce una coppia di mappe lineari da V nel suo spazio duale V*, nel modo seguente:definiamo B1, B2:V → V* come

In altre parole, B1(v) è l'elemento di V* che manda w in B1(v, w). Per distinguere l'elemento v dall'argomento w dellafunzione ottenuta si usa la notazione

dove ( ) indica il posto per l'argomento della mappa.D'altro canto, ogni mappa lineare T: V → V* definisce una funzione bilineare

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Forma bilineare 111

Forma degenereUna forma bilineare φ definita su uno spazio V di dimensione finita è degenere se la matrice B che la rappresentarispetto ad una base ha determinante nullo. Altrimenti, è detta non degenere. La definizione non dipende dalla basescelta per rappresentare la forma come matrice.I fatti seguenti sono equivalenti:• φ è degenere;• esiste un vettore non nullo tale che per ogni ;• esiste un vettore non nullo tale che per ogni .

Simmetria

Forme simmetriche e antisimmetricheUna forma bilineare φ: V × V → K è detta:

• simmetrica se per ogni v, w in V• antisimmetrica o alternante se per ogni v, w in VUna forma bilineare φ è simmetrica se e solo se la sua matrice associata (rispetto ad una base qualsiasi) èsimmetrica, ed è antisimmetrica se e solo se la matrice associata è antisimmetrica.Se la forma bilineare è simmetrica, le due mappe φ1, φ2: V → V* definite sopra coincidono.Se K non ha caratteristica 2, allora una caratterizzazione equivalente di una forma antisimmetrica è

per ogni v in V.In caso contrario, la condizione precedente è solo sufficiente.

Prodotto scalareUna forma bilineare simmetrica è spesso chiamata prodotto scalare. Altri autori definiscono invece il prodottoscalare come una forma bilineare simmetrica a valori nel campo R dei numeri reali che sia definita positiva, ovverocon per ogni v diverso da zero e .

Esempi• Il prodotto scalare canonico fra vettori del piano o dello spazio euclideo è una forma bilineare simmetrica.• Sia C[0, 1] lo spazio vettoriale delle funzioni continue sull'intervallo [0,1], a valori reali. Un esempio di forma

bilineare simmetrica su C[0, 1] è data da:

Voci correlate• Prodotto scalare• Forma quadratica• Forma sesquilineare

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Spazio euclideo 112

Spazio euclideoIn matematica, la nozione di spazio euclideo fornisce una generalizzazione degli spazi a due e a tre dimensionistudiati dalla geometria euclidea. Per ogni intero naturale n si dispone di uno spazio euclideo ad n dimensioni: questosi ottiene dallo spazio vettoriale ad n dimensioni arricchendolo con le nozioni che consentono di trattare le nozioni didistanza, lunghezza e angolo. È l'esempio "standard" di spazio di Hilbert reale a dimensione finita.

Spazio

DefinizioneSia il campo dei numeri reali e sia n un numero naturale. Una n-upla di numeri reali è una sequenza (ossia uninsieme ordinato) di n numeri reali. Lo spazio di tutte le n-uple di numeri reali forma uno spaziovettoriale di dimensione n su , indicato con . Le operazioni di somma e prodotto per scalare sono definite da

Basi di spazi vettorialiUna base dello spazio che presenta vari vantaggi è la sua cosiddetta base canonica

.Un vettore arbitrario in può dunque essere scritto nella forma

Lo spazio è il prototipo di uno spazio vettoriale reale a dimensione n: infatti ogni spazio vettoriale V didimensione n è isomorfo a . Notiamo che non si impone un isomorfismo canonico: la scelta di un isomorfismotra e V è equivalente alla scelta di una base per V. In molte fasi dello sviluppo dell'algebra lineare gli spazivettoriali a dimensione n vengono comunque studiati in astratto, perché molte considerazioni sono più semplici edessenziali se svolte senza fare riferimento ad una base particolare.

Struttura euclideaLo spazio euclideo è più che un semplice spazio vettoriale. Per ottenere la geometria euclidea si deve poter parlare didistanze e angoli, iniziando con la distanza fra due punti e l'angolo formato da due rette o da due vettori. Il modointuitivo per fare questo è l'introduzione di quello che viene chiamato prodotto scalare standard su . Questoprodotto, se i vettori x e y sono riferiti alla base canonica definita sopra, è definito da

Lo spazio delle n-uple di numeri reali arricchito con il prodotto scalare, funzione che a due n-uple di reali x e yassocia un numero reale, costituisce una struttura più ricca di chiamata spazio euclideo n-dimensionale. Perdistinguerlo dallo spazio vettoriale delle n-uple reali in genere viene denotato con En .Il prodotto scalare permette di definire una "lunghezza" non negativa per ogni vettore x di En nel seguente modo

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Spazio euclideo 113

Questa funzione lunghezza soddisfa le proprietà richieste per una norma e viene chiamata norma euclidea o normapitagorica su . L'angolo (interno) θ fra due vettori x e y di En è quindi definito come

dove arccos è la funzione arcocoseno.Con queste definizioni la base canonica dello spazio vettoriale diventa una base ortonormale per lo spazioeuclideo ottenuto arricchendolo con il prodotto scalare standard.A questo punto si può usare la norma per definire una funzione distanza (o metrica) su nel seguente modo

La forma di questa funzione distanza è basata sul teorema di Pitagora, ed è chiamata metrica euclidea.Ogni spazio euclideo quindi costituisce un esempio (a dimensione finita) di spazio di Hilbert (v. a. spazioprehilbertiano), di spazio normato e di spazio metrico.Va osservato che in molti contesti, lo spazio euclideo di n dimensioni viene denotato con , dando per scontata lastruttura euclidea. In effetti per molti fini applicativi la distinzione che abbiamo fatta non ha gravi conseguenze e lasuddetta identificazione va considerata un abuso di linguaggio veniale. Infatti negli spazi euclidei si possonointrodurre le nozioni di sottospazio e di trasformazione lineare senza complicazioni rispetto a quanto fatto per glispazi vettoriali.Osserviamo anche che ogni sottospazio vettoriale W di dimensione m (< n) di En è isometrico allo spazio euclideoEm, ma non in modo canonico: per stabilire una corrispondenza utilizzabile per dei calcoli è necessaria la scelta diuna base ortonormale per W e questa, se in W non si trova alcun vettore della base canonica di En, non può servirsi dialcun elemento di tale base.

Generalizzazione sui complessiAccanto agli spazi euclidei reali si possono introdurre loro varianti sui numeri complessi, arricchendo lo spaziovettoriale n-dimensionale sul campo dei complessi con un cosiddetto prodotto interno hermitiano costituito da unaforma sesquilineare.In questo caso il prodotto scalare tra vettori viene definito con l'espressione:

La proprietà riflessiva di tale composizione diventa:

e per la moltiplicazione per uno scalare si ha:

.

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Spazio euclideo 114

Topologia euclideaDal momento che lo spazio euclideo è uno spazio metrico, lo si può considerare anche uno spazio topologicodotandolo della naturale topologia indotta dalla metrica. Questo può farsi definendo come base di insiemi apertil'insieme delle palle aperte, insiemi dei punti che distano da un punto dato meno di un reale positivo fissato (raggiodella palla). Mediante questi insiemi aperti si definiscono tutte le nozioni che servono alla topologia metrica su En.Questa è detta topologia euclidea e si rivela equivalente alla topologia prodotto su considerato come prodottodi n copie della retta reale dotata della sua usuale topologia.Con la "strumentazione" degli spazi vettoriali topologici gli spazi euclidei sono in grado da fornire gli ambienti neiquali sviluppare sistematicamente numerose nozioni dell'analisi matematica, della geometria euclidea, dellageometria differenziale e della fisica matematica classica.

Invarianza dei dominiUn risultato importante per la topologia di è l'invarianza dei domini di Brouwer. Ogni sottoinsieme di (conla sua topologia del sottospazio), omeomorfo a un altro sottoinsieme aperto di , è esso stesso aperto.Un'immediata conseguenza di questo è che non è omeomorfo a se - un risultato intuitivamente"ovvio" ma che è difficile da dimostrare rigorosamente.

Varietà e strutture esoticheLo spazio euclideo è il prototipo di varietà topologica, e anche di varietà differenziabile. I due concetti coincidono ingenerale, tranne in dimensione 4: come mostrato da Simon Donaldson e da altri, è possibile assegnare a delle"strutture differenziali esotiche", che rendono lo spazio topologico non diffeomorfo allo spazio standard.

Voci correlate• Geometria euclidea• Prodotto scalare• Spazio di Minkowski• Superspazio

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Prodotto scalare 115

Prodotto scalareIn matematica, il prodotto scalare, detto anche prodotto interno, è un'operazione binaria che associa ad ognicoppia di vettori appartenenti ad uno spazio vettoriale definito su un dato campo un elemento del campo.Nel piano cartesiano il prodotto scalare mette in relazione due vettori e le loro lunghezze con l'angolo fra questi, epermette di definire e trattare le nozioni geometriche di lunghezza, angolo e perpendicolarità in spazi vettoriali didimensione arbitraria.Si tratta di uno strumento fondamentale sia in fisica che in vari settori della matematica, ad esempio nellaclassificazione delle coniche, nello studio di una funzione differenziabile intorno ad un punto stazionario, delletrasformazioni del piano o nella risoluzione di alcune equazioni differenziali. Spesso in questi contesti viene fattouso del teorema spettrale, un importante risultato connesso al prodotto scalare.La nozione di prodotto scalare è generalizzata in algebra lineare dallo spazio euclideo ad uno spazio vettorialequalsiasi: tale spazio può avere dimensione infinita ed essere definito su un campo arbitrario K. Questageneralizzazione è di fondamentale importanza ad esempio in geometria differenziale e in meccanica razionale.Aggiungendo un'ulteriore proprietà, la completezza, porta inoltre al concetto di spazio di Hilbert, per il quale lateoria si arricchisce di strumenti più sofisticati, basilari nella modellizzazione della meccanica quantistica e in molticampi dell'analisi funzionale.

DefinizioneSi definisce prodotto scalare sullo spazio vettoriale V una forma bilineare simmetrica che associa a due vettori v e wdi V uno scalare nel campo K, generalmente indicato con .Si tratta di un operatore binario che verifica le seguenti condizioni per v, w, u vettori arbitrari e k elemento del campoK arbitrario:• Simmetria:

• Linearità rispetto al primo termine:

Le precedenti richieste implicano anche le seguenti proprietà:• Linearità rispetto al secondo termine:

e dal momento che un vettore moltiplicato per 0 restituisce il vettore nullo, segue che:

Spesso alcuni autori richiedono anche che il campo K sia quello dei numeri reali e che la forma sia definita positiva,cioè che

per ogni v diverso da zero. Per rimanere nella più ampia generalità, scegliamo di non assumere questa ipotesi nelladefinizione di prodotto scalare.

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Prodotto scalare 116

Prodotto scalare definito positivo e negativoNel caso in cui K = R è il campo dei numeri reali, un prodotto scalare su uno spazio vettoriale V è definito positivose

definito negativo se

semi-definito positivo

semi-definito negativo se

Un prodotto scalare semi-definito positivo è (raramente) chiamato anche prodotto pseudoscalare.Queste definizioni non hanno senso se K è un campo non ordinato, ad esempio se K = C. Per questo motivo, per K =C si preferisce solitamente usare una variante del prodotto scalare, definita in modo che sia sempre unnumero reale: la forma hermitiana. Tale forma, molto usata in fisica, conserva molte analogie con il prodotto scalare,e per questo è alcune volte chiamata impropriamente anch'essa prodotto scalare.

Prodotto scalare nello spazio euclideo

Interpretazione geometrica del prodotto scalare(quando B ha lunghezza unitaria)

Il prodotto scalare di due vettori a e b del piano, applicati sullostesso punto, è definito come

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Prodotto scalare 117

dove |a| e |b| sono le lunghezze di a e b, e θ è l'angolo tra i due vettori. Il prodotto scalare si indica come a·b, esoddisfa le proprietà algebriche di simmetria,

per ogni coppia di vettori a e b, e di bilinearità:

per ogni tripletta di vettori a, b, c e per ogni numero reale . Le prime due relazioni esprimono la "linearità adestra" e le altre due "a sinistra".Il prodotto scalare di un vettore con se stesso è sempre maggiore o uguale a zero:

Inoltre, questo è zero se e solo se il vettore è zero (proprietà di annullamento del prodotto scalare):

Questa proprietà può essere espressa affermando che il prodotto scalare è definito positivo.

Interpretazione geometricaPoiché |a|·cos(θ) è la lunghezza della proiezione ortogonale di a su b, si può interpretare geometricamente il prodottoscalare come il prodotto delle lunghezze di questa proiezione e di b. Si possono inoltre scambiare i ruoli di a e b,interpretare |b|·cos(θ) come la lunghezza della proiezione di b su a ed il prodotto scalare come il prodotto dellelunghezze di questa proiezione e di a.

Prodotto scalare positivo, nullo e negativoIl coseno di un angolo θ è positivo se θ è un angolo acuto (cioè -90° <θ < 90°), nullo se θ è un angolo retto enegativo se è un angolo ottuso. Ne segue che il prodotto scalare a·b è:• positivo se |a| > 0, |b| >0 e l'angolo θ è acuto;• nullo se |a|=0, |b|=0 oppure θ è retto;• negativo se |a|>0, |b|>0 e l'angolo θ è ottuso.I casi in cui θ è acuto ed ottuso sono mostrati in figura. In entrambi i casi il prodotto scalare è calcolato usandol'interpretazione geometrica, ma il segno è differente.In particolare, valgono inoltre le proprietà seguenti:• se θ = 0 i vettori sono paralleli ed a·b = |a|·|b|;• se θ = 90° i vettori sono ortogonali ed a·b = 0;• se θ = 180° i vettori sono paralleli ma orientati in verso opposto, ed a·b = - |a|·|b|.

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Prodotto scalare 118

Se a e b sono versori, cioè vettori di lunghezza 1, il loro prodotto scalare è semplicemente il coseno dell'angolocompreso.Il prodotto scalare di un vettore a con se stesso a·a = |a|2 è il quadrato della lunghezza |a| del vettore.

Applicazioni in fisica

Il lavoro è il prodotto scalare fra i vettori e.

Nella fisica classica, il prodotto scalare è usato nei contesti in cui sidebba calcolare la proiezione di un vettore lungo una determinatacomponente. Ad esempio, il lavoro prodotto da una forza su uncorpo che si sposta in direzione è il prodotto scalare

dei due vettori.

Applicazioni in geometria

Il teorema del coseno può essere formulato agevolmente usando ilprodotto scalare. Dati tre punti qualsiasi del piano, vale larelazione seguente:

Espressione analiticaIl prodotto scalare è definito in geometria analitica in modo differente: si tratta della funzione che, in un qualsiasispazio euclideo associa a due vettori a = [a1, a2, ... , an] e b = [b1, b2, ... , bn] il numero

dove Σ denota una sommatoria.Ad esempio, il prodotto scalare di due vettori tridimensionali [1, 3, −2] e [4, −2, −1] è [1, 3, −2]·[4, −2, −1] = 1×4 +3×(−2) + (−2)×(−1) = 0.In questo modo è possibile definire l'angolo θ compreso fra due vettori in un qualsiasi spazio euclideo, invertendo laformula data sopra, facendo cioè dipendere l'angolo dal prodotto scalare e non viceversa:

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Prodotto scalare 119

NotazioniSpesso il prodotto scalare fra a e b si indica anche come o come .Utilizzando il prodotto tra matrici e considerando i vettori come matrici , il prodotto scalare canonico si scriveanche come

dove aT è la trasposta di a. L'esempio visto sopra si scrive quindi in notazione matriciale nel modo seguente:

Equivalenza fra le due definizioniL'equivalenza fra le due definizioni può essere verificata facendo uso del teorema del coseno. Nella forma descrittasopra, il teorema asserisce che il prodotto scalare di due vettori a e b nel piano, definito in modo geometrico, è pari a

Ponendo a = [a1, a2] e b = [b1, b2] ed usando il teorema di Pitagora si ottiene

L'equivalenza in uno spazio euclideo di dimensione arbitraria può essere verificata in modo analogo.

Applicazioni

Norma di un vettoreSe K=R ed il prodotto scalare è definito positivo, è possibile dotare lo spazio vettoriale di una norma; piùprecisamente, la funzione

soddisfa per ogni vettori x, y e per ogni scalare le proprietà

• se e solo se ••e dunque rende lo spazio vettoriale uno spazio normato.

Matrice associataIn modo analogo alla matrice associata ad una applicazione lineare, fissata una base , un prodottoscalare φ è identificato dalla matrice simmetrica associata M, definita nel modo seguente:

D'altro canto, ogni matrice simmetrica dà luogo ad un prodotto scalare. Vediamo più sotto che molte proprietà delprodotto scalare e della base possono essere lette sulla matrice associata.

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Prodotto scalare 120

RadicaleIl radicale di un prodotto scalare è l'insieme dei vettori v in V per cui

per ogni w in V. Il radicale è un sottospazio vettoriale di V. Il prodotto scalare si dice degenere se il radicale hadimensione maggiore di zero.Se V ha dimensione finita e M è la matrice associata a φ rispetto ad una qualsiasi base, applicando il teorema delladimensione si trova facilmente che:

dove rk(M) è il rango di M e rad(V) è il radicale. Quindi un prodotto scalare è non degenere se e solo se la matriceassociata è invertibile. Definiamo quindi il rango del prodotto scalare come rk(M).Un prodotto scalare definito positivo o negativo è necessariamente non degenere. Non è vero il contrario: infatti ilprodotto scalare sul piano associato (rispetto alla base canonica) alla matrice

non è degenere, ma non è né definito positivo né definito negativo.

Vettori isotropi

Un vettore v è isotropo se = 0. Tutti i vettori del radicale sono isotropi, ma possono esistere vettori isotropiche non appartengono al radicale. Ad esempio, per il prodotto scalare associato alla matrice A descritta sopra ilvettore è isotropo ma non è contenuto nel radicale, che ha dimensione zero.

Ortogonalità

Due vettori v e w si dicono ortogonali se . Il sottospazio ortogonale ad un sottospazio W di V è definitocome

Il sottospazio ortogonale è appunto un sottospazio vettoriale di V. Contrariamente a quanto accade con il prodottocanonico nello spazio euclideo, un sottospazio ed il suo ortogonale non si intersecano in un punto solo: possonoaddirittura coincidere! Per quanto riguarda le loro dimensioni, vale la seguente disuguaglianza:

Se il prodotto scalare è non degenere, vale l'uguaglianza

Infine, se il prodotto scalare è definito positivo o negativo, effettivamente uno spazio ed il suo ortogonale siintersecano solo nell'origine e sono in somma diretta: otteniamo cioè

Una base ortogonale di vettori di V è una base di vettori a due a due ortogonali. Una base è ortogonale se e solo se lamatrice associata al prodotto scalare rispetto a questa base è diagonale.

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Prodotto scalare 121

Trasformazione ortogonaleUna trasformazione ortogonale è una applicazione lineare invertibile T:V → V in sé che preserva il prodottoscalare, cioè tale che

Teorema di SylvesterSe K = R è il campo dei numeri reali e V ha dimensione n, il teorema di Sylvester reale dice che per ogni prodottoscalare esiste una base ortogonale v1, ..., vn tale che per ogni i il numero è uguale a 0, 1 oppure -1.Quindi la matrice associata è una matrice diagonale avente sulla diagonale solo i numeri 0, 1, e -1, in ordine sparso.Siano i0, i+ e i- rispettivamente il numero di volte che compaiono i numeri 0, 1 e -1 sulla diagonale: la terna (i0, i+ ei-) è la segnatura del prodotto scalare.La segnatura è un invariante completo per l'isometria: due spazi vettoriali con prodotto scalare sono isometrici se esolo se hanno la stessa segnatura.Il Teorema di Sylvester complesso dice invece che esiste sempre una base ortogonale v1, ..., vn tale che per ogni i ilnumero è uguale a 0 oppure 1. In questo caso, il rango è un invariante completo per l'isometria: due spazivettoriali complessi con prodotto scalare sono isometrici se e solo se hanno lo stesso rango.

Endomorfismo simmetricoUn endomorfismo T:V → V è simmetrico (o autoaggiunto) rispetto al prodotto scalare se

per ogni coppia di vettori v e w in V. Un endomorfismo è simmetrico se e solo se la matrice associata rispetto ad unaqualsiasi base ortonormale è simmetrica.

Esempi• Il prodotto scalare canonico fra vettori del piano o dello spazio euclideo è un prodotto scalare definito positivo.• Sia C([0, 1]) lo spazio vettoriale delle funzioni continue sull'intervallo [0,1], a valori reali. Definiamo un prodotto

scalare su C[0, 1] ponendo: :

Questo prodotto scalare è definito positivo, perché l'integrale di f2 è strettamente positivo se f non è costantementenulla.

• Definiamo sullo spazio vettoriale M([0, 1]) delle funzioni misurabili a valori reali lo stesso prodotto scalare delpunto precedente. Qui il prodotto scalare è solo semidefinito positivo: infatti se f è la funzione che vale 1 su 1/2 e0 su tutto il resto, l'integrale di f2 è zero (f è isotropa).

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Prodotto scalare 122

Bibliografia• Serge Lang, Linear Algebra, 3rd edition, New York, Springer, 1987. ISBN 0-387-96412-6

Voci correlate• Prodotto vettoriale• Spazio euclideo• Spazio di Hilbert• Teorema di Sylvester• Teorema spettrale• Identità di polarizzazione

Altri progetti

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Ortogonalizzazione di Gram-SchmidtIn matematica, e in particolare in algebra lineare, l'ortogonalizzazione Gram-Schmidt è un algoritmo che permettedi ottenere un insieme di vettori ortogonali a partire da un generico insieme di vettori linearmente indipendenti inuno spazio vettoriale dotato di un prodotto scalare definito positivo.

L'algoritmoSia V uno spazio vettoriale reale con un prodotto scalare definito positivo. Siano

dei vettori indipendenti in V. L'algoritmo di Gram-Schmidt restituisce n vettori linearmente indipendenti

tali che:

In altre parole, i vettori restituiti sono ortonormali, ed i primi i generano lo stesso sottospazio di prima.

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Ortogonalizzazione di Gram-Schmidt 123

ProcedimentoDefiniamo la funzione proiezione come

La funzione proietta il vettore v in modo ortogonale su u. Il procedimento funziona nel modo seguente:

I primi due passi dell'algoritmo.

DimostrazionePer verificare che queste formule producono una sequenza di vettori mutuamente ortogonali, per prima cosacalcoliamo il prodotto scalare fra e1 e e2 sostituendo la precedente espressione per u2: troveremo zero.Successivamente teniamo conto di questo fatto per calcolare il prodotto scalare fra e1 ed e3, ora sostituendo u3 con larelativa espressione: troveremo ancora zero. La dimostrazione generale procede per induzione.Geometricamente, questo metodo viene descritto come segue. Per calcolare ui, si proietta vi ortogonalmente sulsottospazio Ui-1 generato da u1,...,ui-1, che è lo stesso del sottospazio generato da v1,...,vi-1. si definisce allora ui comedifferenza tra vi e questa proiezione, in modo che risulta garantito che esso sia ortogonale a tutti i vettori nelsottospazio Ui-1.Poiché però vogliamo dei vettori di norma uno, ad ogni passo normalizziamo il vettore ui.

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Ortogonalizzazione di Gram-Schmidt 124

GeneralizzazioniIl processo di Gram-Schmidt si applica anche ad una successione infinita {vi}i di vettori linearmente indipendenti. Ilrisultato è sempre una successione {ei}i di vettori ortogonali e con norma unitaria, tale che

EsempioConsideriamo i vettori seguenti nel piano euclideo R2, con il prodotto scalare standard.

Applichiamo il procedimento di Gram-Schmidt per ottenere vettori ortogonali:

Verifichiamo che i vettori u1 e u2 sono effettivamente ortogonali:

Cenni storiciIl procedimento è così chiamato in onore del matematico danese Jørgen Pedersen Gram (1850-1916) e delmatematico tedesco Erhard Schmidt (1876-1959); esso però è stato introdotto precedentemente ai loro studi e sitrova in lavori di Laplace e Cauchy.Quando si implementa l'ortogonalizzazione su un computer, al processo di Gram-Schmidt di solito si preferisce latrasformazione di Householder, in quanto questa è numericamente più stabile, cioè gli errori causatidall'arrotondamento sono minori.

Voci correlate• Teorema di Sylvester• Prodotto scalare• Teorema spettrale

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Base ortonormale 125

Base ortonormaleIn matematica, e più precisamente in algebra lineare, la base ortogonale e la base ortonormale sono due concettiche generalizzano la nozione di sistema di riferimento nel piano cartesiano, definito da 2 assi perpendicolari. Tramitequeste nozioni è possibile infatti definire degli "assi perpendicolari" e quindi un "sistema di riferimento" che assegnaad ogni punto delle "coordinate" su uno spazio vettoriale con un numero arbitrario di dimensioni.

Definizione

Base ortogonaleSia uno spazio vettoriale di dimensione finita, dotato di prodotto scalare. Una base ortogonale per è una basecomposta da vettori a due a due ortogonali.Due vettori sono ortogonali quando il loro prodotto scalare è uguale a zero. In formule:

Base ortonormaleSe il prodotto scalare è definito positivo, è possibile introdurre la nozione di base ortonormale: questa è una baseortogonale in cui ogni vettore ha norma uno.Questa nozione si generalizza ad uno spazio di Hilbert (che può essere reale o complesso, e con dimensione finitao infinita) nel modo seguente: una base ortonormale è un insieme di vettori indipendenti, ortogonali e di norma 1,che generano un sottospazio denso in . Una tale base è spesso detta base hilbertiana.

Esempi• L'insieme {(1,0,0),(0,1,0),(0,0,1)} costituisce una base ortogonale e ortonormale di .• L'insieme {fn : n ∈ } con fn(x) = exp(2πinx) costituisce una base ortonormale dello spazio complesso L2([0,1]).

Ciò è di fondamentale importanza nello studio delle Serie di Fourier.• L'insieme {eb : b ∈ B} con eb(c) = 1 se b=c e 0 altrimenti costituisce una base ortonormale di l2(B).

Proprietà• Ogni spazio vettoriale di dimensione finita, dotato di un prodotto scalare, possiede basi ortogonali grazie al

teorema di Sylvester.• Da ogni base ortogonale si può ottenere una base ortonormale normalizzando (dividendo) i componenti della base

per la loro norma. Ad esempio, da che già sappiamo ortogonale, abbiamo

.

• Ogni spazio euclideo possiede basi ortonormali, grazie all'algoritmo di ortogonalizzazione di Gram-Schmidt.• Una matrice di cambiamento di base fra basi ortonormali è una matrice ortogonale.• Se B è una base ortonormale di uno spazio di Hilbert V, ogni elemento v di V si scrive in modo unico come

e la norma di v è data dall'identità di Parseval

Inoltre il prodotto scalare fra due vettori è dato da

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Base ortonormale 126

Queste espressioni hanno senso anche se B è non numerabile: in questo caso solo un insieme numerabile di addendi ènon-nullo. Le serie di Fourier sono un esempio.• Una base hilbertiana è numerabile se e solo se lo spazio è separabile

Voci correlate• Prodotto scalare• Forma hermitiana• Spazio di Hilbert• Identità di Parseval

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Matrice ortogonaleIn matematica, e più precisamente in algebra lineare, una matrice ortogonale è una matrice quadrata che può esseredefinita in vari modi, tutti equivalenti:• Una matrice invertibile la cui trasposta coincide con la sua inversa;• Una matrice che rappresenta una isometria dello spazio euclideo;• Una matrice di cambiamento di base fra due basi ortonormali.Secondo la prima definizione, è ortogonale se e solo se

Si può facilmente ricavare che il numero di parametri indipendenti in una matrice ortogonale N × N è .

Proprietà basilari

Basi ortonormaliUna matrice quadrata è ortogonale se e solo se le sue colonne formano una base ortonormale dello spazio euclideoRn con l'ordinario prodotto scalare. In effetti questa proprietà è semplicemente la rilettura della relazione GTG = In.Rileggendo similmente la relazione G GT = In, si ricava l'enunciato duale del precedente: una matrice quadrata realeè ortogonale se e solo se le sue righe formano una base ortonormale di Rn.

IsometrieGeometricamente, le matrici ortogonali descrivono le trasformazioni lineari di Rn che sono anche isometrie. Questepreservano il prodotto scalare dello spazio, e quindi gli angoli e le lunghezze. Ad esempio, le rotazioni e le riflessionisono isometrie.Viceversa, se V è un qualsiasi spazio vettoriale di dimensione finita dotato di un prodotto scalare definito positivo, e f: V → V è un'applicazione lineare con

per tutti gli elementi x, y di V, allora f è una isometria ed è rappresentata in ogni base ortonormale di V da unamatrice ortogonale.

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Matrice ortogonale 127

In uno spazio euclideo di dimensione 2 e 3, ogni matrice ortogonale esprime una rotazione intorno ad un punto o unasse, o una riflessione, o una composizione di queste due trasformazioni.

Gruppo ortogonaleDalla definizione segue subito che l'inversa di ogni matrice ortogonale, cioè la sua trasposta, è anch'essa ortogonale.Analogamente, il prodotto di due matrici ortogonali è una matrice ortogonale. Infatti,

Questo dimostra che l'insieme delle matrici ortogonali n×n forma un gruppo. Questo è un gruppo di Lie, chiamatogruppo ortogonale e indicato con O(n).La sua dimensione è n(n − 1)/2. Intuitivamente, la dimensione è calcolata nel modo seguente: gli n2 numeri di unamatrice ortogonale sono vincolati dalle n2 uguaglianze della definizione, ciascuna delle quali è caratterizzata da unacoppia di indici (i,j) che vanno da 1 a n; ma l'equazione relativa a (i,j) con i < j equivale a quella relativa a (j,i) equindi in verità ci sono solo n(n + 1)/2 equazioni "indipendenti", e quindi n(n − 1)/2 gradi di libertà.

Matrice ortogonale specialeIl determinante di ogni matrice ortogonale è 1 o −1. Questo si può dimostrare come segue:

Una matrice ortogonale con determinante positivo si dice matrice ortogonale speciale.L'insieme di tutte le matrici ortogonali speciali formano un sottogruppo di O(n) di indice 2, chiamato gruppoortogonale speciale e denotato SO(n).

Autovalori e decomposizioni

AutovaloriTutti gli autovalori di una matrice ortogonale, anche quelli complessi, hanno valore assoluto 1. Autovettori relativi adifferenti autovalori sono ortogonali.

Decomposizioni lungo pianiData una matrice ortogonale Q, esiste una matrice ortogonale P tale che

dove R1,...,Rk denotano matrici di rotazione 2 × 2. Intuitivamente, questo risultato dice che ogni matrice ortogonaledescrive una combinazione di rotazioni e riflessioni su piani ortogonali. Le matrici R1,...,Rk corrispondono allecoppie di autovalori complessi coniugati di Q.

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Matrice ortogonale 128

Decomposizione QRSe A è una arbitraria matrice di tipo m × n di rango n (m ≥ n), possiamo sempre scrivere

dove Q è una matrice ortogonale di tipo m × m e R è una matrice triangolare superiore di tipo n × n con valoripositivi sulla diagonale principale. Questa è conosciuta come decomposizione QR di A e può essere dimostrataapplicando l'ortogonalizzazione di Gram-Schmidt alle colonne di A.Questa decomposizione risulta utile per risolvere numericamente i sistemi di equazioni lineari e i problemi di minimiquadrati.

Matrici ortogonali e rappresentazione delle algebre di CliffordAlle matrici ortogonali si può attribuire un secondo significato geometrico che si collega alle rappresentazionematriciale delle algebre di Clifford. Qui lo introduciamo in modo semplice attraverso un semplice esempio.I vettori della base canonica di R2 sono e1 = [1 0] e e2 =[0 1] e per un generico vettore di questo piano cartesianoscriviamo

[x y]= x·[1 0] + y·[0 1]La matrice ortogonale

rappresenta la riflessione rispetto alla bisettrice y=x, poiché scambia le due componenti di ogni vettore piano:

La matrice ortogonale

rappresenta invece la riflessione rispetto all'asse x, poiché il punto [x y] ha come immagine [x,−y].

Per i due prodotti di queste matrici si trova

Si tratta delle due rotazioni nel piano di π/2 e di −π/2, rotazioni opposte: quindi le due matrici Ei anticommutano. Informule:

Consideriamo ora E1 ed E2 come vettori di base del piano bidimensionale delle loro combinazioni lineari

Consideriamo anche la seguente composizione di due di queste entità MV (matriciali e vettoriali) A e B:

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Matrice ortogonale 129

In dettaglio si trova

Per il quadrato di una di queste entità MV in particolare

Si può quindi definire come prodotto interno di A e B la precedente composizione, a meno della matrice unità I2.Questo è lecito in quanto chiaramente si tratta di una forma bilineare simmetrica positiva. Il prodotto interno di unaentità MV con sé stessa fornisce il quadrato della sua norma.Dato che le entità base anticommutano vediamo che

Le entità E1 ed E2 sono ortogonali secondo entrambe le loro interpretazioni:1. sono matrici ortogonali2. rappresentano vettori di base ortogonali in quanto matrici anticommutative.

GeneralizzazioniL'analogo complesso delle matrici ortogonali sono le matrici unitarie.

Voci correlate• Glossario sulle matrici• Algebra di Clifford• Gruppo ortogonale

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Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz 130

Disuguaglianza di Cauchy-SchwarzIn matematica, la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz, nota anche come disuguaglianza di Schwarz, dai nomi deimatematici Augustin Louis Cauchy e Hermann Amandus Schwarz, è una disuguaglianza che compare in algebralineare e si applica in molti altri settori, quali ad esempio l'analisi funzionale e la probabilità. Negli spazi Lp, ladisuguaglianza di Cauchy-Schwarz è un caso particolare della disuguaglianza di Hölder.

La disuguaglianzaSia V uno spazio prehilbertiano, cioè uno spazio vettoriale reale dotato di un prodotto scalare definito positivo, o unospazio vettoriale complesso dotato di un prodotto hermitiano. La disuguaglianza asserisce che il valore assoluto delprodotto scalare di due elementi è minore o uguale al prodotto delle loro norme. Formalmente:

,con l'uguaglianza che sussiste solo se x e y sono multipli (giacciono cioè sulla stessa retta).

ProprietàLa disuguaglianza vale quindi ad esempio nello spazio euclideo n-dimensionale e negli spazi di Hilbert a dimensioneinfinita.Nel piano, la disuguaglianza segue dalla relazione

.dove θ è l'angolo fra i due vettori x e y. Si estende quindi questa relazione ad un qualsiasi spazio vettoriale conprodotto scalare, usandola per definire l'angolo fra due vettori x e y come il che realizza l'uguaglianza.Tra le conseguenze importanti della disuguaglianza, troviamo:• il prodotto scalare (o hermitiano) è una funzione continua da V × V in R;• la norma verifica la disuguaglianza triangolare;• la disuguaglianza di Bessel.

DimostrazioneDimostriamo la disuguaglianza nel caso complesso. Risulta banalmente vera per y = 0, quindi assumiamo <y,y>diverso da zero. Sia un numero complesso. Abbiamo:

Scegliendo

otteniamo

che vale se e solo se

o equivalentemente:

Dimostriamo la diseguaglianza nel caso reale. Risulta banalmente vera per y = 0, quindi assumiamo <y,y> diverso dazero. Sia un numero reale. Abbiamo:

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Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz 131

Scegliendo

otteniamo

che vale se e solo se

o equivalentemente

Dimostrazione algebricaSia un polinomio di secondo grado in x.Chiaramente non ha radici reali, tranne nel caso in cui gli sono tutti uguali fra loro (e in tal caso

).

Svolgendo le parentesi otteniamo

Poiché il polinomio ha una o nessuna radice, il discriminante dev'essere minore o uguale a 0. Quindi

da cui si ricava

che è la disuguaglianza di Cauchy-Schwarz

Esempi• Nello spazio euclideo Rn, otteniamo

• Nello spazio di Hilbert L2 delle funzioni reali a quadrato integrabile, otteniamo

Una generalizzazione di questa disuguaglianza è la disuguaglianza di Hölder.• In dimensione 3, la disuguaglianza è conseguenza della seguente uguaglianza:

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Teorema di Sylvester 132

Teorema di SylvesterIn matematica e, più precisamente, in algebra lineare, il Teorema di Sylvester permette di classificare i prodottiscalari su uno spazio vettoriale di dimensione finita, tramite un invariante numerico, che nel caso reale è la segnaturae nel caso complesso è il rango.

DefinizioniSia V uno spazio vettoriale di dimensione n, sul campo K dei numeri reali o complessi. Un prodotto scalare φ su V èuna forma bilineare simmetrica. Due prodotti scalari φ e ψ sono isometrici se sono collegati da una isometria. Piùprecisamente, se esiste un automorfismo T: V → V (cioè una trasformazione lineare biunivoca) tale che:

Due vettori v e w di V sono ortogonali per φ se φ(v, w) = 0. Il radicale di φ è il sottospazio vettoriale dato dai vettoriche sono ortogonali a qualsiasi vettore. Il rango di φ è n meno la dimensione del radicale. Un vettore v è isotropo se

.Una base ortogonale di V rispetto a φ è una base di vettori che sono a due a due ortogonali. Se K = ,definiamo la segnatura della base come la terna di interi, dove:

• è il numero di vettori della base per cui ;• è il numero di vettori della base per cui ;• è il numero di vettori della base per cui .Notiamo che una tale definizione non avrebbe senso per K = , perché non ha un ordinamento naturale.

Il teoremaEsistono due versioni del teorema di Sylvester: una per il campo reale, ed una per quello complesso. Il teorema diSylvester reale è il seguente:Sia φ un prodotto scalare sullo spazio vettoriale reale V di dimensione n.• Esiste una base ortogonale di V per φ;• Due basi ortogonali per V hanno la stessa segnatura, che dipende quindi solo da φ;• Due prodotti scalari con la stessa segnatura sono isomorfi.La segnatura è quindi un invariante completo per l'isometria: due spazi vettoriali reali con prodotto scalare sonoisometrici se e solo se hanno la stessa segnatura.La versione complessa è la seguente:Sia φ un prodotto scalare sullo spazio vettoriale complesso V di dimensione n.• Esiste una base ortogonale di V per φ;• Due basi ortogonali per V contengono lo stesso numero di vettori isotropi, pari alla dimensione del radicale, che

dipende quindi solo da φ;• Due prodotti scalari con lo stesso rango sono isomorfi.Quindi nel caso complesso il rango è un invariante completo per l'isometria.

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Teorema di Sylvester 133

Voci correlate• Prodotto scalare• Teorema spettrale• Segnatura• Algoritmo di Lagrange

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Teorema spettraleIn matematica, in particolare nell'algebra lineare e nell'analisi funzionale, il teorema spettrale si riferisce a una seriedi risultati relativi agli operatori lineari oppure alle matrici. In termini generali il teorema spettrale forniscecondizioni sotto le quali un operatore o una matrice possono essere diagonalizzati, cioè rappresentati da una matricediagonale in una certa base.In dimensione finita, il teorema spettrale asserisce che ogni endomorfismo simmetrico di uno spazio vettoriale realedotato di un prodotto scalare definito positivo ha una base ortonormale formata da autovettori. Equivalentemente,ogni matrice simmetrica reale è simile ad una matrice diagonale tramite una matrice ortogonale.In dimensione infinita, il teorema spettrale assume forme diverse a seconda del tipo di operatori cui si applica. Adesempio, esiste una versione per operatori autoaggiunti in uno spazio di Hilbert.Il teorema spettrale fornisce anche una decomposizione canonica, chiamata decomposizione spettrale, dello spaziovettoriale.

Dimensione finitaIl teorema spettrale è innanzitutto un importante teorema riguardante gli spazi vettoriali (reali o complessi) didimensione finita.

EnunciatoIl teorema spettrale può essere enunciato per spazi vettoriali reali (o complessi), muniti di prodotto scalare (ohermitiano) definito positivo. L'enunciato è essenzialmente lo stesso nei due casi. Il teorema nel caso reale può ancheessere interpretato come il caso particolare della versione complessa. Come molti altri risultati in algebra lineare, ilteorema può essere enunciato in due forme diverse: usando il linguaggio delle applicazioni lineari o delle matrici.

Caso reale

Sia T un endomorfismo autoaggiunto su uno spazio vettoriale reale V di dimensione n, dotato di un prodotto scalaredefinito positivo. Allora esiste una base ortonormale di V fatta di autovettori per T. In particolare, l'endomorfismo T èdiagonalizzabile.Una versione equivalente del teorema, enunciata con le matrici, afferma che ogni matrice simmetrica è simile ad unamatrice diagonale tramite una matrice ortogonale.In altre parole, per ogni matrice simmetrica S esistono una matrice ortogonale M (cioè tale che MTM = I) ed unadiagonale D per cui

In particolare, gli autovalori di una matrice simmetrica sono tutti reali.

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Teorema spettrale 134

Caso complesso

L'enunciato per spazi vettoriali complessi muniti di un prodotto hermitiano è analogo a quello precedente.Sia T un operatore hermitiano su uno spazio vettoriale complesso V di dimensione n, dotato di un prodottohermitiano, cioè di una forma hermitiana definita positiva. Allora esiste una base ortonormale di V fatta diautovettori per T, e gli autovalori di T sono tutti reali. In particolare, l'endomorfismo T è diagonalizzabile.Analogamente, per le matrici il teorema afferma che ogni matrice hermitiana è simile ad una matrice diagonale realetramite una matrice unitaria.In altre parole, per ogni matrice hermitiana H esistono una matrice unitaria U ed una diagonale reale D per cui

In particolare, gli autovalori di una matrice hermitiana sono tutti reali.

DimostrazioneNel dimostrare il teorema spettrale, è sufficiente considerare il caso complesso, che è più generale.Per prima cosa si dimostra che tutti gli autovalori di T sono reali. Sia x un autovettore per T, con autovalore λ. Valela relazione

Segue che λ è uguale al suo coniugato e quindi è reale.Per provare l'esistenza di una base di autovettori, è possibile usare l'induzione sulla dimensione di V. Poiché C èalgebricamente chiuso, il polinomio caratteristico di T ha almeno una radice: quindi T ha almeno un autovalore equindi un autovettore v. Lo spazio

formato dai vettori ortogonali a v ha dimensione n-1. L'endomorfismo T manda W in sé, poiché:

Inoltre T, considerato come endomorfismo di W è ancora simmetrico. Si procede quindi per induzione sulladimensione n, dimostrando il teorema.

Applicazioni

Teorema di decomposizione spettrale

Come immediata conseguenza del teorema spettrale, sia nel caso reale che nel caso complesso, il teorema didecomposizione spettrale afferma che gli autospazi di T sono ortogonali e in somma diretta:

Equivalentemente, se Pλ è la proiezione ortogonale su Vλ, si ha:

Operatori normaliIl teorema spettrale vale anche per gli operatori normali in uno spazio di Hilbert, per i quali la somma presente nelteorema spettrale a dimensioni finite è sostituita da un integrale della funzione coordinata sullo spettro pesato su unamisura di proiezione.Gli autovalori in questo caso sono in generale numeri complessi, e la dimostrazione di questo caso è più complicata.Come sopra, per ogni matrice normale A esistono una matrice unitaria U ed una matrice diagonale D tali che

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Teorema spettrale 135

In questo caso però la matrice D non è necessariamente reale. Inoltre, ogni matrice che si diagonalizza in questomodo deve essere normale. I vettori colonna di U sono gli autovettori di A e sono ortogonali.Un operatore normale può non avere autovalori, ad esempio la traslazione bilaterale sullo spazio di Hilbert l2(Z) nonha autovalori. Quando l'operatore normale in questione è compatto, il teorema spettrale si riduce al casofinito-dimensionale, a parte il fatto che l'operatore può essere espresso come combinazione lineare di un numeroinfinito di proiezioni.

Altre decomposizioniLa decomposizione spettrale è un caso particolare della decomposizione di Schur. È anche un caso particolare delladecomposizione ai valori singolari.

Dimensione infinitaIn dimensione infinita, si considera uno spazio di Hilbert V reale o complesso. Come nel caso finito-dimensionale, viè un operatore autoaggiunto T su V. La tesi del teorema però varia a seconda delle proprietà di tale operatore.

Operatori compattiSe T è un operatore compatto, la tesi del teorema spettrale è essenzialmente la stessa del caso finito-dimensionale, sianel caso reale che complesso: esiste una base ortonormale di V formata da autovettori di T. Ogni autovalore di T èinoltre reale.Nella dimostrazione, il punto cruciale è mostrare l'esistenza di almeno un autovettore. Non è possibile affidarsi aideterminanti per mostrare l'esistenza degli autovalori, e quindi si ricorre ad un argomento di massimizzazionevariazionale.

Operatori limitatiSe T è un più generale operatore limitato, il comportamento può essere molto differente da quello riscontrato indimensione finita. L'operatore può non avere autovettori né autovalori, neppure nel caso complesso. Ad esempio, èfacile vedere che l'operatore S sullo spazio Lp L2[0, 1] definito come

è continuo e non ha autovettori. Più in generale, l'operatore che moltiplica ogni funzione per una funzione misurabilefissata f è limitato e autoaggiunto, ma ha autovettori solo per scelte molto particolari di f.Il teorema spettrale per operatori limitati T asserisce che ogni T può essere ricondotto alla forma di unamoltiplicazione per una funzione del tipo appena descritto, con un più generale spazio di misura al posto delsegmento [0, 1].L'enunciato è quindi il seguente. Sia T un operatore autoaggiunto limitato su uno spazio di Hilbert V. Esiste unospazio di misura (X, M, μ), una funzione misurabile a valori reali f su X e un operatore unitario U:V → L2

μ(X) tali che

dove S è l'operatore di moltiplicazione:

Questo risultato è l'inizio di una vasta area di ricerca dell'analisi funzionale chiamata teoria degli operatori.

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Teorema spettrale 136

Operatori autoaggiuntiMolti operatori lineari importanti che si incontrano in analisi, come gli operatori differenziali, non sono limitati.Esiste comunque un teorema spettrale per operatori autoaggiunti che si applica in molti di questi casi. Per dare unesempio, ogni operatore differenziale a coefficienti costanti è unitariamente equivalente a un operatore dimoltiplicazione. Di fatto l'operatore unitario che implementa questa equivalenza è la trasformata di Fourier.

Voci correlate• Prodotto scalare• Spazio di Hilbert• Decomposizione di Jordan, un analogo della decomposizione spettrale, definito in assenza di prodotto scalare.

Bibliografia• (EN) Sheldon Axler, Linear Algebra Done Right, Springer Verlag, 1997• (IT) Moretti Valter, Teoria Spettrale e Meccanica Quantistica. Operatori in spazi di Hilber, Springer Verlag,

2010

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Gruppo ortogonaleIn matematica, il gruppo ortogonale di grado n su un campo K è il gruppo delle matrici ortogonali n × n a valori inK. Si indica con O(n,K).Quando K è il campo dei numeri reali, il gruppo può essere interpretato come il gruppo delle isometrie dello spazioeuclideo di dimensione n. Le matrici aventi determinante positivo formano un sottogruppo, che si indica con SO(n),detto gruppo ortogonale speciale. Il gruppo ortogonale speciale è il gruppo delle rotazioni dello spazio.

DefinizioneIl gruppo ortogonale è un sottogruppo del gruppo generale lineare GL(n, K) di tutte le matrici invertibili, definitocome segue:

In altre parole, è il sottogruppo formato da tutte le matrici ortogonali.Quando il campo K non è menzionato, si sottointende che K è il campo dei numeri reali R. In questa voce, parleremosoltanto del caso K = R.

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Gruppo ortogonale 137

Proprietà basilariUna matrice ortogonale ha determinante +1 oppure − 1. Il sottoinsieme di O(n) formato da tutte le sottomatrici condeterminante +1 è a sua volta un sottogruppo, detto gruppo ortogonale speciale. Viene indicato con SO(n). Glielementi di questo gruppo sono rotazioni.Il gruppo O(n) è il gruppo delle isometrie della sfera di dimensione n − 1. Il sottogruppo SO(n) è dato da tutte leisometrie che preservano l'orientazione della sfera.

TopologiaIl gruppo O(n) è una varietà differenziabile, e assieme alla sua struttura di gruppo forma un gruppo di Lie compatto.Non è connesso: ha infatti due componenti connesse, una delle quali è SO(n).

Dimensioni basse• Per n = 1, il gruppo O(1) consta di due elementi, 1 e − 1.• Per n = 2, il gruppo SO(2) è isomorfo al gruppo quoziente R/Z dove R sono i numeri reali e Z il sottogruppo dei

numeri interi. Questo gruppo è solitamente indicato con S 1 , e topologicamente è una circonferenza.• Per n = 3, il gruppo SO(3) è omeomorfo allo spazio proiettivo reale di dimensione 3, che si indica solitamente

come P3(R).

Gruppo fondamentaleIl gruppo fondamentale di SO(2) è Z, il gruppo dei numeri interi. Per ogni n > 2 il gruppo fondamentale di SO(n) èinvece Z/2Z

, il gruppo ciclico con due elementi. Ha quindi un rivestimento universale compatto, che viene indicatocon Spin(n), e che risulta anch'esso essere un gruppo di Lie. Il gruppo Spin(n) è chiamato gruppo Spin.

Voci correlate• Matrice ortogonale• Trasformazione ortogonale• Rotazione (matematica)

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Rotazione (matematica) 138

Rotazione (matematica)

Una sfera che ruota intorno aun asse

In matematica, una rotazione è una trasformazione del piano o dello spazio euclideoche sposta gli oggetti in modo rigido e che lascia fisso almeno un punto (l'origine dellospazio) I punti che restano fissi nella trasformazione formano un sottospazio: quandoquesto insieme è un punto (l'origine) o una retta, si chiama rispettivamente il centro el'asse della rotazione.

Più precisamente, una rotazione è una isometria di uno spazio euclideo che ne preserval'orientazione, ed è descritta da una matrice ortogonale speciale.

Due dimensioni

Rotazione antioraria nel piano

In due dimensioni, una rotazione è una trasformazione , chedipende da un angolo , e che trasforma il vettore (x, y) in

Usando la moltiplicazione di matrici la rotazione può essere descritta così:

La matrice quadrata presente in questa espressione è una matrice ortonormale di rango due. Questa trasformazione èchiamata rotazione antioraria di angolo intorno all'origine.La matrice 2 × 2 che descrive la rotazione è spesso chiamata matrice di rotazione di angolo .

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Rotazione (matematica) 139

DimostrazioneLe formule possono essere ottenute ragionando nel modo seguente. Sia un punto qualsiasi e siano e le sue coordinate polari. Si ha

il punto , immagine di in una rotazione di un angolo , ha coordinate polari e . Le suecoordinate cartesiane sono perciò date dalle , ove si ponga al posto di :

applicando le formule di addizione di seno e coseno e tenendo conto anche delle , si ottengono le formule ,infatti:

Nel piano complessoUna rotazione si esprime in modo più conciso interpretando il piano come piano complesso: una rotazione equivaleal prodotto per un numero complesso di modulo unitario.In questo modo, ad esempio, la rotazione di angolo , con centro nell'origine, si scrive come

L'insieme dei numeri complessi con modulo unitario è algebricamente chiuso rispetto al prodotto, formando così ungruppo abeliano, chiamato il gruppo circolare: l'interpretazione complessa delle rotazioni del piano può essere alloraespressa come il fatto che il gruppo circolare e il gruppo ortogonale speciale SO(2) sono isomorfi.

Tre dimensioni

Rotazione in un sistema tridimensionale

In tre dimensioni, una rotazione è determinata da un asse, dato da unaretta r passante per l'origine, e da un angolo di rotazione. Per evitareambiguità, si fissa una direzione dell'asse, e si considera la rotazione diangolo effettuata in senso antiorario rispetto all'asse orientato. Larotazione è descritta nel modo più sintetico scrivendo i vettori dellospazio in coordinate rispetto ad una base ortonormale , dove

è il vettore di lunghezza uno contenuto in r e avente direzionegiusta. La rotazione intorno all'asse trasforma il vettore dicoordinate in:

Senza cambiare base, la rotazione di angolo intorno ad un asse determinata dal versore (ossia unvettore di modulo unitario) è descritta dalla matrice seguente:

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Rotazione (matematica) 140

Dimensione arbitrariaIn uno spazio euclideo di dimensione arbitraria, una rotazione è una trasformazione lineare dello spazio in sé che èanche una isometria, e che mantiene l'orientazione dello spazio. Le matrici n per n che realizzano questetrasformazioni sono le matrici ortogonali speciali.

Altri progetti

• Wikimedia Commons contiene file multimediali su Rotazione (matematica)

Voci correlate• Matrice ortogonale• Isometria

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Gli elementi della rotazione sono: 1) il verso (orario-antiorario); 2) l'ampiezza dell' angolo di rotazione; 3) il centrodi rotazione (il punto attorno a cui avviene il movimento rotatorio).

Prodotto vettorialeIn matematica il prodotto vettoriale è un' operazione binaria interna sui vettori in un spazio euclideotridimensionale. È anche conosciuto come prodotto vettore. A differenza del prodotto scalare esso genera un vettoree non uno scalare.

NotazioniIl prodotto vettoriale è indicato con il simbolo o con il simbolo . Il secondo simbolo è però anche usato perindicare il prodotto esterno (o prodotto wedge) nell'algebra di Grassmann, di Clifford e nelle forme differenziali.Storicamente, il prodotto esterno è stato definito da Grassmann circa trent'anni prima che Gibbs e Heavisidedefinissero il prodotto vettoriale.

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Prodotto vettoriale 141

Definizione

Prodotto vettoriale in un sistema destrogiro

Il prodotto vettoriale, tra due generici vettori a e b, è definito come ilvettore ortogonale sia ad a che a b tale che:

dove θ è la misura dell'angolo tra a e b (dove 0° ≤ θ ≤ 180°), mentre n è il versore (un vettore di modulo unitario)che determina la direzione del prodotto vettoriale (ed è, come specificato più sopra, ortogonale sia ad a che a b).Il problema riguardo alla definizione del versore n è che vi sono due versori perpendicolari sia ad a che a b, uno diverso opposto all'altro in quanto, se n è perpendicolare ad a ed a b, allora lo sarà anche il versore −n.Convenzionalmente si sceglie n in modo tale che i vettori a, b ed a × b siano orientati secondo un sistema destrogirose il sistema di assi coordinati (i, j, k) è destrogiro, oppure sinistrogiro se (i, j, k) è sinistrogiro. Quindi l'orientazionedel versore n dipenderà dall'orientazione dei vettori nello spazio, ovvero dalla chiralità del sistema di coordinateortogonali (i, j, k).Un modo semplice per determinare il verso del prodotto vettore è la «regola della mano destra». In un sistemadestrogiro si punta il pollice nella direzione del primo vettore, l'indice in quella del secondo, il medio dà la direzionedel prodotto vettore. In un sistema di riferimento sinistrogiro basta invertire il verso del prodotto vettore, ovverousare la mano sinistra.Poiché il prodotto vettore dipende dalla scelta del sistema di coordinate, o più propriamente perché in unaformalizzazione rigorosa il prodotto vettoriale tra due vettori non appartiene allo spazio di partenza, ci si riferisce adesso come uno pseudovettore. Sono ad esempio degli pseudovettori (detti anche vettori assiali) il momentoangolare, la velocità angolare, il campo magnetico.Il modulo del prodotto vettore è l'area del parallelogramma individuato dai due vettori a e b ed è pari a

infatti, b sen θ è la misura dell'altezza se si fissa a come base, e viceversa a sen θ è la misura dell'altezza se si fissa bcome base.

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Prodotto vettoriale 142

Proprietà

Proprietà algebriche• è bilineare cioè, dati tre vettori a,b e c aventi pari dimensione e uno scalare k:

(distributivo rispetto all'addizione)

• ⇔ linearmente dipendenti, quindi se non sono nulli allora ⇔ sono paralleli.( )• è antisimmetrico: (non gode della proprietà commutativa)

• il prodotto vettoriale non è un prodotto vero e proprio perché non è associativo• soddisfa l'identità di Jacobi:

La proprietà distributiva, la linearità e l'identità di Jacobi fanno si che sia un'algebra di Lie.I versori (o vettori unimodulari della base canonica) i, j, e k relativi ad un sistema cartesiano di coordinate ortogonaliin soddisfano le seguenti equazioni:

i × j = k           j × k = i           k × i = j.

Notazione matriciale

Dato il generico vettore algebrico in

il prodotto vettoriale di tale vettore per un altro vettore può essere espresso come il prodotto tra la matrice

e il secondo vettore.Sia

a = a1i + a2j + a3k = [a1, a2, a3]e

b = b1i + b2j + b3k = [b1, b2, b3].Allora

a × b = [a2b3 − a3b2, a3b1 − a1b3, a1b2 − a2b1].Si noti che non si è dovuto calcolare alcun angolo.La suddetta notazione per componenti può essere scritta formalmente come il determinante di una matrice con unabuso di notazione:

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Prodotto vettoriale 143

Il determinante di tre vettori può essere ottenuto come:det (a, b, c) = a · (b × c).

Intuitivamente, il prodotto vettoriale può essere descritto dalla regola di Sarrus per il calcolo dei determinanti.

Notazione con indiciIl prodotto vettoriale può essere definito in termini del tensore di Levi-Civita

dove si è usata la convenzione di Einstein e gli indici sono le componenti ortogonali del vettore.

Formula di LagrangeQuesta identità, che coinvolge il prodotto vettoriale, è molto utile. Si può scrivere come

a × (b × c) = b(a · c)− c(a · b),che si può ricordare facilmente come "BAC meno CAB (taxi in inglese)".Un caso particolare riguardante il gradiente nel calcolo vettoriale è

che si può facilmente ricordare come "gradiva (gra-div) almeno (-) un gelatino (dalla forma grafica del laplaciano)".Un'altra utile identità di Lagrange è

Questo è un caso speciale delle moltiplicazione della norma nell'algebra dei quaternioni.

Estensioni multidimensionaliUn prodotto esterno per vettori 7-dimensionali può essere ottenuto similmente utilizzando gli ottonioni invece deiquaternioni. Invece non possono esistere altre estensioni del prodotto vettoriale, e ciò è collegato al fatto che le solealgebre di divisione normate sono quelle con dimensioni 1,2,4 e 8.

SimboliIl prodotto vettoriale × è rappresentato come:• &times; in HTML• \times in LaTeX• U+00D7 in Unicode

Voci correlate• Operazione binaria• Operazione interna• Regola della mano destra• Prodotto scalare• Prodotto misto• Orientazione• Rotore• Divergenza

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Prodotto vettoriale 144

Altri progetti• Wikizionario contiene la voce di dizionario «prodotto vettoriale»

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Regola della mano destra

La regola della mano destra

In geometria e in fisica, la regola della mano destra è unaconvenzione per determinare una terna di vettori con orientazionepositiva.

Ci sono tre varianti della regola della mano destra, strettamente legate.

Orientazione associata ad una coppia ordinata di direzioni

L'orientamento da mano sinistra è mostrato asinistra, quello da mano destra a destra.

La prima di queste accade in situazioni nelle quali un'operazionenon-commutativa deve essere svolta su due direzioni a e b (in unospazio tridimensionale) che costruisce una direzione c perpendicolaread a e b. Sono possibili infatti due orientazioni. La regola della manodestra impone la seguente procedura per scegliere una di queste dueorientazioni.

Per prima cosa, la mano è tenuta piatta e posizionata in modo che ledita siano allineate con il versore a. Poi, la mano viene ruotata versol'avambraccio in modo che le dita indichino il versore b. Il polliceindica il versore c.

Esiste anche una tecnica alternativa. Il dito indice della mano destra è puntato direttamente nella direzione delversore a; il dito medio è piegato internamente in modo che sia allineato con il versore b; il pollice indicherà ilversore c.

In alternativa, si consideri una persona che sia posizionata nell'origine che guardi seguendo la direzione del versore ae la direzione del suo sguardo sia coincidente con il versore b. In questo caso il braccio destro indicherà la direzionedel versore c.Nell'elettromagnetismo (fisica), viene usata anche una terza tecnica per determinare il verso di una forza dovuta aduna carica positiva che si muove in un campo magnetico (vedi forza di Lorentz). Usando la mano destra, le ditarappresentano il verso del campo magnetico, il pollice è la direzione della corrente elettrica, e la forza risultante ènella direzione del palmo.

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Regola della mano destra 145

Direzione associata ad una rotazioneL'altra forma della regola della mano destra viene usata in situazioni in cui una direzione c deve essere determinatain base alla direzione di rotazione di a o viceversa. In questo caso, le dita della mano destra sono piegate nelladirezione di rotazione, ed il pollice indica c.Proporzionalmente:• l'allontanamento dall'osservatore è associato ad una rotazione in senso orario mentre l'avvicinamento

all'osservatore con una rotazione antioraria, come una vite;• la direzione verso sinistra è associata con la rotazione delle ruote di un veicolo che avanza;La relazione con la sezione precedente è stabilita associando alle direzioni a e b la rotazione sull'angolo più piccoloda a a b, in senso orario o antiorario.Si noti che in questo caso talvolta si utilizza per tale tecnica anche l'identificativo di regola della vite destrorsa oanche regola del cavaturaccioli.

Applicazioni della regola della mano destraProbabilmente l'applicazione più importante di questa regola è rappresentata dal sistema di riferimento cartesiano,dove la prima forma (della regola) è usata per posizionare l'asse z dopo che sono stati fissati gli assi x e y, scegliendol'angolo di 90 gradi in senso orario o antiorario.La prima forma della regola è anche usata per determinare la direzione del vettore risultante dal prodotto vettoriale didue vettori. Tale operazione infatti è largamente usata in fisica. Qui sotto è presente una lista di quantità fisiche le cuidirezioni sono ricavate utilizzando questa regola. (Alcune di queste sono legate al prodotto vettoriale soloindirettamente, e usano la seconda forma.)• La velocità angolare di un oggetto rotante e la velocità di rotazione di un punto qualsiasi di quell'oggetto• Il Momento di una forza, la forza che lo causa, e la posizione del punto di applicazione della forza• Un campo magnetico, la posizione del punto dove esso è determinato, e la corrente elettrica (o carica nel flusso

elettrico) che lo causa• Un campo magnetico in una spirale di filo e la corrente elettrica nel filo• La forza di un campo magnetico su un oggetto, il campo magnetico in se, e la velocità dell'oggetto• La corrente indotta dal movimento in un campo magnetico (conosciuta come regola della mano destra di Fleming)

Regola della mano sinistraLa regola della mano sinistra di Fleming è una regola per trovare la direzione della spinta su un conduttore che portauna corrente in un campo magnetico.La regola della mano sinistra può anche essere vista come l'inverso della regola della mano destra, dove uno deivettori è invertito e quindi crea una terna orientata a sinistra invece di una orientata a destra.È importante notare come tutte le leggi della fisica che usano la regola della mano destra potrebbero essere descritteusando la regola della mano sinistra, ottenendo ovviamente gli stessi risultati (i campi non sanno qual è la destra o lasinistra!), a patto di usare sempre la stessa regola sia nella definizione dei vettori che nel loro uso.Un esempio di questa situazione è dato dai materiali con indice di rifrazione negativo. Normalmente, per un'ondaelettromagnetica, i campi elettrico e magnetico, e la direzione di propagazione dell'onda obbediscono alla regoladella mano destra. Ma questi materiali hanno proprietà speciali (l'indice di rifrazione negativo), che fanno si che ladirezione di propagazione punti nella direzione opposta.

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Fonti e autori delle voci 147

Fonti e autori delle vociAnello (algebra)  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38739841  Autori:: Achillu, Alberto da Calvairate, Andreas Carter, Ary29, Balabiot, Darth Kule, Davide, Dr Zimbu, Frieda,Melmood, Onnisciente, Piddu, Pracchia-78, Salvatore Ingala, Sandrobt, Sir John, Stan Shebs, Technopop.tattoo, Twice25, Twixt3r, Vargenau, Ylebru, Zetti ~, 23 Modifiche anonime

Corpo (matematica)  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=37943822  Autori:: Achillu, Alberto da Calvairate, Balabiot, Beewan1972, Blakwolf, François:Bois, Luca2b, Melmood,No2, Piddu, Salvatore Ingala, Touriste, Trovatore, Ylebru, 6 Modifiche anonime

Matrice  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38749343  Autori:: Achillu, Al Pereira, Alberto da Calvairate, Alfio, Alz, Ary29, Bedo2991, Brownout, Cisco79, DarkAp, Davide 91,Dom De Felice, Dr Zimbu, EffeX2, Elwood, Fph, Frieda, Ft1, Gala.martin, Gianluigi, Goemon, Grigio60, Gvnn, Hellis, Ilario, Illinois, Kallsuh, Krdan, Laurentius, Lord Hidelan, Luisa,Mambrucco, Nicola.battiston, Pegua, PersOnLine, Phantomas, Piddu, Pokipsy76, Reim, Riccioli72, Risolutore89, Sandrobt, Simone, Sperimentatore, Taueres, Tridim, Ulisse0, Ylebru, Zio Illy,^musaz, 73 Modifiche anonime

Rappresentazione dei numeri complessi  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=36090782  Autori:: Brískelly, F l a n k e r, Gim²y, Hellis, Leonardis, Phantomas, Rojelio, Tridim,Wiso, ^musaz, 7 Modifiche anonime

Quaternione  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=37528800  Autori:: .mau., Alberto da Calvairate, Alfio, Aushulz, Baicesare, Balabiot, Banus, Blakwolf, Davide, Dr Zimbu,François:Bois, Frieda, Hashar, Hce, Hellis, L736E, LapoLuchini, Larry Yuma, Leonardis, Lukius, Lyell01, Massimiliano Lincetto, Piddu, Ripepette, Roberto.zanasi, Ruthven, Suisui, Titian1962,Ylebru, 28 Modifiche anonime

Spazio vettoriale  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38787257  Autori:: Achillu, Alberto da Calvairate, AnyFile, Aushulz, Balabiot, Damnit, Dr Zimbu, Dzag, Gac, Gianluigi,Giulianap, Hashar, Luk.wk, Marcuscalabresus, Maupag, Ndakota73, Nihil, Palica, Phantomas, Piddu, Pracchia-78, Romanm, Rrronny, Salvatore Ingala, Sandrobt, Skyhc, Suisui, Wiso, Ylebru,^musaz, 50 Modifiche anonime

Copertura lineare  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=33730418  Autori:: DBellavista, Phantomas, Simone Scanzoni, Ylebru, 8 Modifiche anonime

Base (algebra lineare)  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39342450  Autori:: Andreas Carter, Dissonance, Gac, Giomini, Habemusluigi, Lacurus, Marcok, MrCrow, Nemo bis,Nickanc, Piddu, Sartore, Sbisolo, Simone, Skyhc, Square87, Vonvikken, Ylebru, 12 Modifiche anonime

Completamento a base  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=21370499  Autori:: Ocirnedw, Ylebru

Estrazione di una base  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=22935435  Autori:: MaEr, Megalexandros, Sir marek, Ylebru, 1 Modifiche anonime

Matrice di cambiamento di base  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=31047407  Autori:: Antoniocicone, Dissonance, Linux2004, Piddu, Qgluca, Ylebru, ^musaz, 8 Modificheanonime

Somma diretta  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=37535214  Autori:: Piddu, Tavyrob, Ylebru, ^musaz, 4 Modifiche anonime

Formula di Grassmann  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=37578262  Autori:: .jhc., Alberto da Calvairate, Alfio, Gabriele Nunzio Tornetta, Giulio84, Piddu, Popop, RobertoMura, Salvatore Ingala, Senpai, Ylebru, 27 Modifiche anonime

Metodo di eliminazione di Gauss  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39018951  Autori:: Black mamba, Buggia, CristianCantoro, Dissonance, Dom De Felice, Domenico DeFelice, Etienne, Guidomac, Kingfesen, Lnx, Onnisciente, RobertoMM, Shaka, Sperimentatore, Ylebru, 49 Modifiche anonime

Determinante  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39349218  Autori:: Alberto da Calvairate, AnyFile, Blakwolf, Cruccone, DaniDF1995, Davice, Dom De Felice, Domenico DeFelice, Dr Zimbu, Fede Reghe, Frieda, Giulio.orru, Grifone87, Laurentius, Piddu, Pokipsy76, Riccardocc2, Salvatore Ingala, Simone Scanzoni, SquallLeonhart ITA, Square87, Taueres, Ulisse0,Wikinomane, Ylebru, Zio Illy, ^musaz, 42 Modifiche anonime

Rango (algebra lineare)  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=37545753  Autori:: Alberto da Calvairate, Banus, Chionatan, Freddyballo, Google, Guidomac, Piddu, Red Power,Stefanobra, Tizio X, Tridim, Turgon, Ylebru, ^musaz, 17 ,פ ילא Modifiche anonime

Trasformazione lineare  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38612114  Autori:: .jhc., Alberto da Calvairate, Beewan1972, Colom, Den.90, Giulianap, Marco Matassa, Mawerick,Phantomas, Piddu, Pokipsy76, Pracchia-78, Sandrobt, Simone, Skyhc, TheRedOne, Tridim, Unit, Valerio.scorsipa, Wiso, Ylebru, ^musaz, 27 Modifiche anonime

Matrice di trasformazione  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39265008  Autori:: Alberto da Calvairate, Phantomas, Piddu, Pokipsy76, Pracchia-78, Riccioli72, Sagrael, SimoneScanzoni, TierrayLibertad, Valerio.scorsipa, Ylebru, 5 Modifiche anonime

Teorema del rango  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=33337732  Autori:: Banus, Helios, Pracchia-78, Salvatore Ingala, Ylebru, 2 Modifiche anonime

Autovettore e autovalore  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39011952  Autori:: AMenteLibera, Alberto da Calvairate, Alfio, Aushulz, Berto, Domenico De Felice, Engineer123,F l a n k e r, Formica rufa, Franz Liszt, Gecob, Ggonnell, Huatulco, Jean85, Luisa, M&M987, Magma, Marco82laspezia, Midnight bird, Onnisciente, Piddu, Piero, Pokipsy76, Pracchia-78,RanZag, Restu20, Rob-ot, Robmontagna, Sandrobt, Sartore, Shony, SimoneMLK, Sir marek, SkZ, Stefano80, Tommaso Ferrara, Tridim, Ulisse0, Vipera, Xander89, Ylak, Ylebru, ^musaz, 28Modifiche anonime

Polinomio caratteristico  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38512681  Autori:: Alberto da Calvairate, Claude, Fred Falcon, Kronolf, Luisa, Lupin85, Poeta60, Pokipsy76,Ylebru, ^musaz, 17 Modifiche anonime

Teorema di Hamilton-Cayley  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38396523  Autori:: Andreas Carter, FrancescoT, Poeta60, Pokipsy76, Pracchia-78, Salvatore Ingala, Ylebru, 5Modifiche anonime

Diagonalizzabilità  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39300810  Autori:: CristianCantoro, Ft1, Goemon, Luisa, MartinoK, Pracchia-78, Ylebru, 18 Modifiche anonime

Forma canonica di Jordan  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=32474152  Autori:: .:Andrea:., Bauletto, Geppo985, Piddu, Toobaz, Ylebru, Zio Illy, 10 Modifiche anonime

Matrice esponenziale  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=37445660  Autori:: Mauro742, Piddu, Trixt, ^musaz, 2 Modifiche anonime

Sistema di equazioni lineari  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39039388  Autori:: Alberto da Calvairate, Archenzo, Blakwolf, Claude, Diablo, Dimpim, DoppioM, Dr Zimbu,Ft1, Ginex101, Hellis, Phantomas, Piddu, Sandman, Tridim, Twilight, Ulisse0, Ylebru, 34 Modifiche anonime

Teorema di Rouché-Capelli  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38646591  Autori:: Amanconi, Bink, Claude, Continillo, FrancescoT, Freddyballo, Ginosal, Joségiuseppe, Kiado,Leitfaden, Pere prlpz, Pokipsy76, Salvatore Ingala, Senpai, Ulisse0, Ylebru, 17 Modifiche anonime

Regola di Cramer  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39393463  Autori:: .mau., Asdalol, Buggia, Causa83, Cemg, Diablo, Hellis, Icaro, Kamina, Martin Mystère, Melefabrizio,Piddu, Seics, Square87, Swap83, Ylebru, ^musaz, 51 Modifiche anonime

Spazio affine  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39184881  Autori:: Alberto da Calvairate, Balabiot, Domenico De Felice, Phantomas, Piddu, Popop, Quatar, Tridim, Ylebru, ZioIlly, ^musaz, 6 Modifiche anonime

Sottospazio affine  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39109943  Autori:: Phantomas, Piddu, Tridim, Ylebru, 8 Modifiche anonime

Forma bilineare  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=37127650  Autori:: Bordaigorl, Piddu, Pracchia-78, Tridim, Ylebru, ^musaz, 8 Modifiche anonime

Spazio euclideo  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39168786  Autori:: Airon90, Alberto da Calvairate, B3t, Banus, Boscarol, Damnit, Guidomac, Hellis, Piddu, Pokipsy76,Poldo328, Pracchia-78, Tridim, Ylebru, ^musaz, 11 Modifiche anonime

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Fonti e autori delle voci 148

Prodotto scalare  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39109846  Autori:: Alberto da Calvairate, Ceskino, Eumolpo, F l a n k e r, Gala.martin, Gatto Bianco 1, Giacomo.lucchese,Nihil, No2, Phantomas, Piddu, Pietrodn, Pracchia-78, Sandrobt, Sir marek, SkZ, Superedit, Ticket 2010081310004741, Triph, Ulisse0, Unriccio, Valerio.scorsipa, Voldemort87, Wiso, Ylebru,^musaz, 45 Modifiche anonime

Ortogonalizzazione di Gram-Schmidt  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=37174290  Autori:: Agnul, Alberto da Calvairate, Alec, AttoRenato, Banus, Ceskino, Colom,Cruccone, Giacomo.lucchese, Hellis, Mess, Piddu, Simone, Snowdog, Ylebru, ^musaz, 8 Modifiche anonime

Base ortonormale  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38713999  Autori:: AKappa, Alberto da Calvairate, Alez, Ceskino, Goemon, Hellis, M7, Nihil, Piddu, Pracchia-78,TDLemon, The Ouroboros, Tomi, Unriccio, Xufanc, Ylebru, 13 Modifiche anonime

Matrice ortogonale  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=37781207  Autori:: Agnul, Alberto da Calvairate, Alex karate do, Alfio, Ary29, Auro, Ceskino, Larry Yuma, Nick, No2,Phantomas, Piddu, Poldo328, Pracchia-78, Riccioli72, Trianam, Wiso, Ylebru, 12 Modifiche anonime

Disuguaglianza di Cauchy-Schwarz  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=38471928  Autori:: Albor, Aldur, Beewan1972, CavalloRazzo, Hellis, Piddu, Pracchia-78, Sl, Ylebru, 14Modifiche anonime

Teorema di Sylvester  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=33337748  Autori:: Anne Bauval, Domenico De Felice, Giacomo.lucchese, Pracchia-78, Salvatore Ingala, Ylebru, 4Modifiche anonime

Teorema spettrale  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=37682659  Autori:: Banus, Fontafox, Leitfaden, Leonardis, Lucha, Nase, Nicolaennio, Piddu, Pracchia-78, Qualc1,Salvatore Ingala, Walter89, Wiso, Ylebru, Zuccaccia, Zviad, ^musaz, 12 Modifiche anonime

Gruppo ortogonale  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=29135942  Autori:: Ceccorossi, Piddu, Poldo328, Ylebru

Rotazione (matematica)  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=36150983  Autori:: Giacomo.lucchese, Lenore, Piddu, Piero, Pokipsy76, Ylebru, 23 Modifiche anonime

Prodotto vettoriale  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39262809  Autori:: Achillu, Ary29, Eginardo, F l a n k e r, GIM, Gvittucci, Hellis, Karmine, MAcCo, Magma, MarcLagrange, Nicolaennio, No2, Oleg Alexandrov, Piddu, Pracchia-78, Technopop.tattoo, Ulisse0, Uomodeltuono, Vonvikken, Wiso, Ylebru, ^musaz, 38 Modifiche anonime

Regola della mano destra  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39071793  Autori:: ARTE, Alez, ArtAttack, Avesan, Guido Magnano, Hasanisawi, Hellis, Luca Stornaiuolo,Luciodem, Luisa, Maxim88, Nspiemonte, Poeta60, Sandr0, Skywolf, Telepso, Ulisse0, Wiso, Ylebru, Zio Illy, 17 Modifiche anonime

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Fonti, licenze e autori delle immagini 149

Fonti, licenze e autori delle immaginiFile:Math.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Math.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: User:Joey-das-WBFFile:Matrix - it.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Matrix_-_it.svg  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: User:Dom De Felice, User:Lakeworks,User:MarozolsImmagine:Complex conjugate picture.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Complex_conjugate_picture.svg  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori::User:Oleg AlexandrovFile:Quaternion.jpg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Quaternion.jpg  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: D-Kuru, Fedi, Paddy, SaperaudFile:Quaternion Plague on Broom Bridge.jpg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Quaternion_Plague_on_Broom_Bridge.jpg  Licenza: GNU Free Documentation License Autori:: Captmondo, Darapti, G.dallorto, Man vyi, Quibik, Silverfish, 1 Modifiche anonimeFile:Stub fisica.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Stub_fisica.png  Licenza: GNU Lesser General Public License  Autori:: LucasFile:Vector space illust.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Vector_space_illust.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: User:Oleg AlexandrovFile:Linear subspaces with shading.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Linear_subspaces_with_shading.svg  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori::Original uploader was Alksentrs at en.wikipediaFile:Determinant Example.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Determinant_Example.png  Licenza: Creative Commons Attribution-Sharealike 3.0  Autori::User:Jakob.scholbachImmagine:Determinant parallelepiped.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Determinant_parallelepiped.svg  Licenza: Creative Commons Attribution 3.0  Autori::User:RocchiniImmagine:Determinant.jpg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Determinant.jpg  Licenza: Public Domain  Autori:: Darapti, Kilom691, YlebruFile:Determinant 3x3 Example.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Determinant_3x3_Example.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: User:Fiachra, user:Barking Mad142Immagine:Transvection-1.jpg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Transvection-1.jpg  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: GeorgHH, Ylebru, 1 ModificheanonimeImmagine:Transvection-2.jpg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Transvection-2.jpg  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: GeorgHH, Ylebru, 1 ModificheanonimeImmagine:Déterminant-3D.jpg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Déterminant-3D.jpg  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: Darapti, GeorgHH, Kilom691,Pieter Kuiper, YlebruFile:Eigen.jpg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Eigen.jpg  Licenza: Public Domain  Autori:: User:VbFile:Rotating Sphere.gif  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Rotating_Sphere.gif  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: Maksim, Oleg Alexandrov, W!B:,WikipediaMaster, 4 Modifiche anonimeFile:Rotation illustration.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Rotation_illustration.png  Licenza: Public Domain  Autori:: HB, Juiced lemon, Maksim, Oleg Alexandrov,Tano4595, W!B:File:Standing wave.gif  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Standing_wave.gif  Licenza: Public Domain  Autori:: BrokenSegue, Cdang, Joolz, Kersti Nebelsiek, Kieff,Mike.lifeguard, Pieter Kuiper, PtjFile:HAtomOrbitals.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:HAtomOrbitals.png  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: Admrboltz, Benjah-bmm27, Dbc334,Dbenbenn, Ejdzej, Falcorian, Kborland, MichaelDiederich, Mion, Saperaud, 6 Modifiche anonimeFile:Eigenfaces.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Eigenfaces.png  Licenza: Attribution  Autori:: Laurascudder, Liftarn, Man vyi, YlebruImmagine:Scalarproduct.gif  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Scalarproduct.gif  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: Darapti, Flappiefh, Rocha,Werckmeister, YsangkokImmagine:ProdScal1.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:ProdScal1.png  Licenza: Creative Commons Attribution-Sharealike 2.5  Autori:: Darapti, HBImmagine:ProdScal2.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:ProdScal2.png  Licenza: Creative Commons Attribution-Sharealike 2.5  Autori:: Darapti, HBImmagine:TravailForce2.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:TravailForce2.png  Licenza: Creative Commons Attribution-Sharealike 2.5  Autori:: HBImmagine:Wikibooks-logo.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Wikibooks-logo.svg  Licenza: logo  Autori:: User:Bastique, User:RamacFile:Gram–Schmidt process.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Gram–Schmidt_process.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: GustavbImmagine:Rotating Sphere.gif  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Rotating_Sphere.gif  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: Maksim, Oleg Alexandrov,W!B:, WikipediaMaster, 4 Modifiche anonimeImmagine:Rotation illustration.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Rotation_illustration.png  Licenza: Public Domain  Autori:: HB, Juiced lemon, Maksim, OlegAlexandrov, Tano4595, W!B:File:Rotation in a threedimensional system.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Rotation_in_a_threedimensional_system.png  Licenza: GNU Free DocumentationLicense  Autori:: User:E^(nix)Immagine:Commons-logo.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Commons-logo.svg  Licenza: logo  Autori:: User:3247, User:GruntImmagine:crossproduct.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Crossproduct.png  Licenza: Free Art License  Autori:: User:WshunImmagine:Wiktionary-ico-de.png  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Wiktionary-ico-de.png  Licenza: logo  Autori:: Bobit, F l a n k e r, Melancholie, Mxn, Rocket000Immagine:Rechte-hand-regel.jpg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Rechte-hand-regel.jpg  Licenza: GNU Free Documentation License  Autori:: User:AbdullImmagine:Cartesian coordinate system handedness.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Cartesian_coordinate_system_handedness.svg  Licenza: GNU FreeDocumentation License  Autori:: Darapti, Gustavb, 2 Modifiche anonimeFile:Simple cog.svg  Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Simple_cog.svg  Licenza: Public Domain  Autori:: User:Pluke

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