un’impresapertorino - due.to.it · il risultato è la chiassosa ma innocua sta-gnazione sotto gli...

4
Un’impresa per Torino I.P. C ome ogni Mostra internazionale di architettura sembra confermare, nella città contemporanea gli ar- chitetti paiono sempre meno disposti a ri- schiare la propria immagine e il proprio onorario con lavori che non ripetano vez- zi e vizi consueti in ogni angolo del globo. D’altronde, ancor meno disposte a ri- schiare parrebbero le imprese di costruzio- ne e/o promozione immobiliare, attente a inseguire un ipotetico mercato piuttosto che inventarne di nuovi. Il risultato è la chiassosa ma innocua sta- gnazione sotto gli occhi di tutti, a Dubai o nella provincia italiana. Tra bufalo e locomo- tiva la differenza salta agli occhi: la locomotiva ha la strada segnata, il bufalo può scartare di lato e cadere, cantava nel 1976 Francesco De Gre- gori in Bufalo Bill. Ecco: la città contem- poranea s’è affollata di locomotive, mentre si vedono pochi bufali correre liberi maga- ri rischiando di cadere. Ogni tanto, tuttavia, all’orizzonte qualco- sa di nuovo appare. Lontano da riflettori mediatici abbaglianti, si dà talvolta il caso di uno studio d’architettura o persino di un’impresa che provano a navigare fuori dal mainstream, provando a mettere in crisi anche le retoriche più comuni. A Torino, in questi anni di rapida tra- sformazione, s’intravede più d’uno studio che almeno prova a correre qualche ri- schio. Quello di Luciano Pia, ad esempio, s’è già distinto grazie ad almeno una rea- lizzazione: la Scuola per le Biotecnologie dell’Università di Torino (2002-06), inat- teso assemblaggio di volumi scurissimi e spazi verdi costruito lungo la via Nizza. In questa come in altre occasioni, Pia ha avu- to la possibilità di lavorare con un’impre- sa edilizia interessante come la DE-GA, fondata nel 1959 da Mario De Giuli e Car- lo Gallesio, impegnata nel corso degli an- ni in alcune delle più significative modifi- cazioni architettoniche e urbane torinesi: dalla ristrutturazione del cosiddetto Qua- drilatero romano ai primi esperimenti di project financing, dalla ricostruzione dell’i- solato di Santo Stefano nei pressi della Por- ta Palatina alla costruzione di una parte del Villaggio Media per le Olimpiadi del 2006; tutto questo accompagnato da nu- merose iniziative di promozione immobi- liare nel settore residenziale. La DE-GA è una società per azioni, non un ente di ricerca no-profit, così come Lu- ciano Pia è un libero professionista, non uno studioso accademico: eppure dalla loro co- mune ricerca nascono opere che stanno cam- biando non solo il tessuto fisico, ma anche il panorama culturale della città. Opere che amano il rischio, fuori dai luoghi comuni. I due progetti presentati in queste pagine paiono confermare tali linee di tendenza. Sia la casa per appartamenti «25 verde», in via Chiabrera, sia l’edificio per case e uffi- ci che andrà a sostituire l’ex cinema Hol- lywood, in corso Regina Margherita, po- tevano essere trattati in modo ovvio. Pro- mozione immobiliare privata, in sostitu- zione di una parte di tessuto esistente ma poco interessante: di norma, nemmeno si pensa di dover riflettere sul cosa fare, in questi casi. E invece la DE-GA, con Lu- ciano Pia, ha scelto una strada più impe- gnativa, immaginando due architetture ec- cezionali nel senso proprio del termine. Soprattutto due sono le retoriche messe in discussione da questi progetti: il rapporto tra architettura e Storia, il rapporto tra ar- chitettura e Natura. Inoltre, proprio per- ché straordinariamente attenti all’efficien- za energetica e alla sostenibilità ambienta- le, i due edifici paiono smascherare le più ricorrenti banalità in materia, mettendo in crisi ogni approccio semplificato al tema. In corso Regina Margherita, Pia agisce sen- za infingimenti, proponendo un volume al- tro rispetto al tessuto circostante, salvaguar- dando solo la facciata dell’ex Teatro popo- lare (1890), su via Fiochetto (omaggio qua- si ironico a quella cultura della salvaguar- dia del patrimonio che preferisce conser- vare brandelli di tessuto morto piuttosto che trapiantare tessuti vivi nel corpo della città). Tutto il resto è nuovo, imprevisto, inconsueto anche se rispettoso d’ogni nor- mativa urbanistica e innovazione tecno- logica. In via Chiabrera, grazie ai maggiori gra- di di libertà di un’operazione che ha per destinatario un pubblico colto e facoltoso, Pia va oltre e propone una versione ag- giornata e rivoluzionaria della casa sul- l’albero che ogni bambino ha sognato. Su un groviglio apparente di travi e pilastri in cor-ten cresce una natura apparentemente selvaggia che avvolge ogni singolo appar- tamento. La città di pietra finisce per scomparire, aggredita da una selva artifi- ciale e naturale insieme che le consente di sopravvivere in una sorta di foresta posta- tomica, dove i principi della Natura sono rispettati per trarne i migliori benefici. Il paradosso inquietante di questi due edi- fici, ciò che li rende interessanti, è tutto qua: lo choc di cui la città contemporanea e, in generale, l’ecosistema in cui viviamo sono stati vittime negli ultimi cin- quant’anni non può essere superato con pannicelli caldi e cure omeopatiche. Oc- corre cambiar terapia completamente, e subito. Un altro choc è necessario. Speria- mo sia la volta buona. Sergio Pace

Upload: tranthien

Post on 17-Feb-2019

213 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Un’impresa per Torino

I.P.

C ome ogni Mostra internazionale diarchitettura sembra confermare,nella città contemporanea gli ar-

chitetti paiono sempre meno disposti a ri-schiare la propria immagine e il proprioonorario con lavori che non ripetano vez-zi e vizi consueti in ogni angolo del globo.D’altronde, ancor meno disposte a ri-schiare parrebbero le imprese di costruzio-ne e/o promozione immobiliare, attente ainseguire un ipotetico mercato piuttostoche inventarne di nuovi.Il risultato è la chiassosa ma innocua sta-gnazione sotto gli occhi di tutti, a Dubai onella provincia italiana. Tra bufalo e locomo-tiva la differenza salta agli occhi: la locomotiva hala strada segnata, il bufalo può scartare di lato ecadere, cantava nel 1976 Francesco De Gre-gori in Bufalo Bill. Ecco: la città contem-poranea s’è affollata di locomotive, mentresi vedono pochi bufali correre liberi maga-ri rischiando di cadere.Ogni tanto, tuttavia, all’orizzonte qualco-sa di nuovo appare. Lontano da riflettorimediatici abbaglianti, si dà talvolta il casodi uno studio d’architettura o persino diun’impresa che provano a navigare fuoridal mainstream, provando a mettere in crisianche le retoriche più comuni.A Torino, in questi anni di rapida tra-sformazione, s’intravede più d’uno studio

che almeno prova a correre qualche ri-schio. Quello di Luciano Pia, ad esempio,s’è già distinto grazie ad almeno una rea-lizzazione: la Scuola per le Biotecnologiedell’Università di Torino (2002-06), inat-teso assemblaggio di volumi scurissimi espazi verdi costruito lungo la via Nizza. Inquesta come in altre occasioni, Pia ha avu-to la possibilità di lavorare con un’impre-sa edilizia interessante come la DE-GA,fondata nel 1959 da Mario De Giuli e Car-lo Gallesio, impegnata nel corso degli an-ni in alcune delle più significative modifi-cazioni architettoniche e urbane torinesi:dalla ristrutturazione del cosiddetto Qua-drilatero romano ai primi esperimenti diproject financing, dalla ricostruzione dell’i-solato di Santo Stefano nei pressi della Por-ta Palatina alla costruzione di una parte delVillaggio Media per le Olimpiadi del2006; tutto questo accompagnato da nu-merose iniziative di promozione immobi-liare nel settore residenziale. La DE-GA è una società per azioni, nonun ente di ricerca no-profit, così come Lu-ciano Pia è un libero professionista, non unostudioso accademico: eppure dalla loro co-mune ricerca nascono opere che stanno cam-biando non solo il tessuto fisico, ma ancheil panorama culturale della città. Opere cheamano il rischio, fuori dai luoghi comuni.

I due progetti presentati in queste paginepaiono confermare tali linee di tendenza.Sia la casa per appartamenti «25 verde», invia Chiabrera, sia l’edificio per case e uffi-ci che andrà a sostituire l’ex cinema Hol-lywood, in corso Regina Margherita, po-tevano essere trattati in modo ovvio. Pro-mozione immobiliare privata, in sostitu-zione di una parte di tessuto esistente mapoco interessante: di norma, nemmeno sipensa di dover riflettere sul cosa fare, inquesti casi. E invece la DE-GA, con Lu-ciano Pia, ha scelto una strada più impe-gnativa, immaginando due architetture ec-cezionali nel senso proprio del termine.Soprattutto due sono le retoriche messe indiscussione da questi progetti: il rapportotra architettura e Storia, il rapporto tra ar-chitettura e Natura. Inoltre, proprio per-ché straordinariamente attenti all’efficien-za energetica e alla sostenibilità ambienta-le, i due edifici paiono smascherare le piùricorrenti banalità in materia, mettendo incrisi ogni approccio semplificato al tema.In corso Regina Margherita, Pia agisce sen-za infingimenti, proponendo un volume al-tro rispetto al tessuto circostante, salvaguar-dando solo la facciata dell’ex Teatro popo-lare (1890), su via Fiochetto (omaggio qua-si ironico a quella cultura della salvaguar-dia del patrimonio che preferisce conser-

vare brandelli di tessuto morto piuttostoche trapiantare tessuti vivi nel corpo dellacittà). Tutto il resto è nuovo, imprevisto,inconsueto anche se rispettoso d’ogni nor-mativa urbanistica e innovazione tecno-logica.In via Chiabrera, grazie ai maggiori gra-di di libertà di un’operazione che ha perdestinatario un pubblico colto e facoltoso,Pia va oltre e propone una versione ag-giornata e rivoluzionaria della casa sul-l’albero che ogni bambino ha sognato. Suun groviglio apparente di travi e pilastri incor-ten cresce una natura apparentementeselvaggia che avvolge ogni singolo appar-tamento. La città di pietra finisce perscomparire, aggredita da una selva artifi-ciale e naturale insieme che le consente disopravvivere in una sorta di foresta posta-tomica, dove i principi della Natura sonorispettati per trarne i migliori benefici.Il paradosso inquietante di questi due edi-fici, ciò che li rende interessanti, è tuttoqua: lo choc di cui la città contemporaneae, in generale, l’ecosistema in cui viviamosono stati vittime negli ultimi cin-quant’anni non può essere superato conpannicelli caldi e cure omeopatiche. Oc-corre cambiar terapia completamente, esubito. Un altro choc è necessario. Speria-mo sia la volta buona. ❑ Sergio Pace

L a realizzazione del complesso residenzia-le «25 verde», in una zona di espansioneurbana di primo Novecento nei pressi del

parco del Valentino, di fronte alla sede della«Stampa», completa un isolato già caratterizza-to dall’eterogeneità di funzioni e fronti costruiti.L’intervento prevede l’edificazione del perime-tro lungo la strada con una cortina compatta eallo stesso tempo permeabile, grazie a una strut-tura che fa del verde uno dei suoi materiali prin-cipali. Concepita come una foresta abitabile, lacostruzione si sviluppa su sei livelli, occupandouna manica di 18 m: al suo interno, moduliscomposti per piani e per unità abitative si muo-vono liberamente nel senso trasversale alla via,alternandosi a terrazzi in struttura lignea. Leunità, di taglio variabile, sono «scatole» in cal-cestruzzo sovrapposte; i terrazzi, pensati comepropaggini verdi delle residenze, sono realizzatiin legno massello portante, poggianti sui volu-mi in calcestruzzo e sulle strutture metalliche al-beriformi, altro elemento caratterizzante il pro-getto. Gli alberi metallici «nascono» dal pianoterra e si ramificano fino alla copertura, creandoun intreccio strutturale che ricorda una foresta,mentre invasi e fioriere di grandi dimensioni at-trezzano i terrazzi dando la possibilità di cresci-ta di piante ad alto fusto anche ai piani alti. Lacortina verde sul fronte stradale si radica su unterrapieno per tutta l’altezza del piano terra,creando uno zoccolo compatto su cui la vegeta-zione cresce: la foresta abitabile si comporta co-sì come un filtro termico naturale, rendendo piùgraduale il passaggio tra temperatura interna edesterna. Da questo punto di vista infatti, e più ingenerale per i sistemi di riscaldamento e raffre-scamento, le scelte tecniche sono state orientateverso i criteri di massima efficienza energetica esostenibilità ambientale.

Il progettistaNato a San Giusto Canavese (Torino) nel 1960,Luciano Pia si forma a Torino sotto la guida diAndrea Bruno, col quale inizia a collaborare nel1985, occupandosi del recupero di importanti edi-fici monumentali. Il sodalizio continua per oltrequindici anni, con la realizzazione di numerosiprogetti in Italia e all’estero. Nel 1997 si trasferi-sce a Parigi, dove progetta uffici, abitazioni, mo-stre e allestimenti. Nel 2000, al ritorno in Italia, siapre una nuova fase professionale con l’avvio del-la collaborazione con DE-GA Spa, dalla quale na-scono opere come la Scuola di Biotecnologie del-l’Università di Torino (2004-2006) - uno dei pro-getti più caratterizzanti della poetica di Pia insie-me al «25 verde» e al progetto di concorso per lasede Lavazza a Torino -, divenuta una delle archi-tetture italiane più documentate sulle riviste spe-cialistiche internazionali. Parallelamente all’atti-vità professionale, Pia svolge ricerca in ambito ac-cademico, occupandosi di modalità progettualialternative nel campo del consu-mo energetico e dell’impat-to sull’ambiente, con do-cenze presso la ScuolaNormale Superiore di Pisa,il Politecnico di Milanoe il Politecnico diTorino.

25 verdeTorino, via Chiabrera 25

Promotori: DE-GA Spa, Gruppo Corazza,Maina Costruzioni Proprietà: Immobiliare Parco del ValentinoProgetto architettonico: Luciano Pia, Ubaldo BossolonoProgetto strutturale: Gianni VercelliProgetto energetico: Andrea CagniProgetto del verde: Lineeverdi (Stefania Naretto, Chiara Otella)Impresa esecutrice: DE-GA SpaImpresa esecutrice opere a verde:Vivai ReviplantSuperficie: 7.500 mqCronologia: gennaio 2010 - dicembre 2111

Un’impresa per Torino

N ato a fine Ottocento come «piccolo tea-tro popolare» e divenuto nel secondodopoguerra cinematografo con caffé

danzante, l’«ex Hollywood» sta per trasfor-marsi radicalmente, in forma e funzione.Il progetto per questo edificio posto ai margi-ni del centro storico, a due passi da Porta Pa-lazzo e dalla Mole Antonelliana, prevede larealizzazione di un fabbricato in classe ener-getica «A» destinato prevalentemente a resi-denza. Mantenendo solo le parti rimanenti delteatro ottocentesco sulla via retrostante, l’inter-vento realizza due nuovi corpi che si affaccia-no su corso Regina Margherita. Questi, posi-zionati in aderenza ai due edifici confinanti illotto e aventi rispettivamente la loro stessa al-tezza (dieci e sei piani), sono uniti da un in-volucro vetrato che rende continuo l’anda-mento delle coperture. Il corpo più alto è com-posto da nove piani fuori terra più la copertu-

ra a terrazzo; il suo uso è interamente residen-ziale. Il corpo più basso ne presenta sei più lacopertura a terrazzo; il piano terra, il primo e ilsecondo sono destinati a terziario, mentre i re-stanti a residenza. Oltre ad assolvere un ruoloarchitettonico formale e compositivo, l’involu-cro in vetro ha la funzione di garantire il soddi-sfacimento dei requisiti di comfort ambientale:il sistema a doppia pelle vetrata permette alla fac-ciata di assumere un comportamento dinamicoin relazione alle stagioni, adattando la propriaconfigurazione alle diverse condizioni atmosfe-riche e garantisce, nel contempo, una protezio-ne acustica molto efficace. L’involucro inpiombo che riveste il corpo più alto si trasformanell’affaccio sulla corte interna: la superficie ètagliata da profonde fenditure trasparenti e lu-minose verso i serramenti retrostanti; esse per-mettono, oltre all’ingresso della luce, di goderedel panorama verso la Basilica di Superga.Due maniche laterali interamente aperte, po-ste sul sedime delle antiche quinte teatrali,chiudono la corte interna, separano il giardi-no dai passi carrai e sono sede delle zone di pas-saggio e collegamento tra il volume nuovo equello preesistente. Quest’ultimo, un edificiodi cinque piani, corrisponde all’antico frontesecondario del teatro e allo spazio retrostanteoccupato dai camerini. Il progetto prevede infacciata il ripristino delle aperture storiche chenel tempo sono state murate, nonché la con-servazione dei due passaggi originari che cor-revano lateralmente al teatro.

Ex HollywoodTorino, corso Regina Margherita 104

Proprietà e promotore: DE-GA SpaProgetto architettonico: Luciano Pia (collaboratori: Silvio Ferrero, Giovanna Furbatto)Progetto strutturale: Gianni VercelliProgetto energetico: Andrea CagniProgetto del verde: LineeverdiImpresa esecutrice: DE-GA SpaSuperficie: 3.000 mqCronologia: ottobre 2010 - settembre 2012

Un’impresa per Torino

I progetti più recenti della DE-GA sono orien-tati verso l’innovazione tecnologica e la com-patibilità ambientale dell’opera, coniugandoqualità architettonica e costruttiva con il con-tenimento dei costi di realizzazione e delle spe-se di gestione. L’obiettivo è ambizioso, ma DE-GA vuoleraccogliere la sfida.

ni del centro storico di Torino, privi ormai del-l’originaria vocazione industriale. Alcuni diquesti quartieri, in profonda trasformazione,hanno accolto le strutture per ospitare i Gio-chi olimpici invernali di Torino 2006, comeil Villaggio Media sulla Spina 3, che la DE-GA ha contribuito a realizzare con residenzee un albergo, l’Art Hotel Olympic, su progettodi Jean-Pierre Buffi e Luciano Pia. Nello stes-

L’impresa torinese DE-GA, che ha com-piuto da poco 50 anni di fondazione,fin dall’inizio della sua attività è strut-

turata per affrontare al proprio interno tutte lefasi del processo industriale: dallo studio tec-nico-economico di fattibilità alla progettazio-ne e alla realizzazione dell’opera. La collabo-razione con progettisti di primo piano è tutta-via uno dei tratti distintivi dell’azienda, checon loro ha prodotto le sue realizzazioni piùinteressanti a Torino e dintorni: dal villaggiosatellite di Vinovo (Torino) di Mario Oreglianegli anni settanta, ideato sulla scorta di mo-delli già applicati in Inghilterra e in Francia,al centro residenziale Tetti Blu di Roberto Ga-betti e Aimaro Isola a Rivoli (Torino), fino ainterventi più complessi come il piano di re-cupero di una parte del centro storico di Tori-no, il cosiddetto Quadrilatero romano, ogget-to di un programma di iniziativa pubblica: ilrisultato, dopo dieci anni di lavoro tra il 1990e il 2000, è la restituzione alla città di un com-pendio di grande valore architettonico, com-pletamente rinnovato per funzioni residenzia-li e commerciali e dotato di zone pedonali, par-cheggi interrati, strutture di aggregazione. L’e-sperienza acquisita dalla DE-GA nel campodel restauro architettonico (di cui il recupero

del seicentesco Palazzo Graneri della Rocciafirmato da Andrea Bruno e Luciano Pia è unatestimonianza importante), è poi stata utiliz-zata in interventi recenti di rifunzionalizza-zione di strutture industriali dismesse, ricon-

Ex Fabbrica Ceat

Ex Fabbrica Tobler

Art Hotel Olympic

Hotel NH Santo Stefano

Scuola di Biotecnologie

Corso Regio Parco 13 F, 10152 Torinotel. + 39 011 8178174 - fax + 39 011 8126069

www.de-ga.it

Un’impresa per Torino

vertite per attività residenziali e terziarie, comela fabbrica Ceat, progetto di Alberto Rolla eVittorio Neirotti, e la fabbrica Tobler, di Fran-co Cucchiarati, situate nei quartieri ai margi-

so periodo, l’impresa costruisce anche nel cuo-re del capoluogo piemontese, realizzando nel-l’area archeologica delle Torri Palatine l’HotelNH Santo Stefano, disegnato da Gabetti e Iso-la e Franco Fusari, edificato ex novo su un lot-to risultante da demolizioni post belliche.L’azienda è attiva anche nel settore del parte-nariato pubblico-privato, partecipando comesoggetto promotore e costruttore a operazionidi project financing. La Scuola Universitaria In-terfacoltà per le Biotecnologie progettata daLuciano Pia sul lotto dapprima occupato dal-la Facoltà di Medicina veterinaria in via Niz-za, è riconosciuta come centro di eccellenza perla didattica e la ricerca, e modello di opera pub-blica costruita e gestita da privati.

Realizzato con

A cura di Giulietta FassinoImpaginazione a cura di Elena Pauselli

IL GIORNALE DELL’ARCHITETTURA