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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE Corso di laurea in Scienze Politiche Tesi di laurea LEGGE 40/2004 E SUE IMPLICAZIONI ASPETTI POLITICO-SOCIALI DELLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA Relatore: Prof. ROSALIA LOMBARDI Laureanda: SUSI BONET matricola N. 375330/SP A.A. 2007/2008

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE

Corso di laurea in Scienze Politiche

Tesi di laurea

L E GGE 4 0 / 200 4 E S U E I M PL I C AZI O N I

ASPETTI POLITICO-SOCIALI DELLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

Relatore: Prof. ROSALIA LOMBARDI

Laureanda: SUSI BONET

matricola N. 375330/SP

A.A. 2007/2008

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SOMMARIO

INTRODUZIONE.........................................................................................................................3

Capitolo 1

ASPETTI SOCIALI DELLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA

1.1. Cenni sulla nascita e gli sviluppi della procreazione medicalmente assistita ..................... 5

1.2. Un “modo nuovo” di venire al mondo ................................................................................ 6

1.3. Nuove genitorialità.............................................................................................................. 9

1.4. La voce delle donne .......................................................................................................... 10

1.5. … E quella degli uomini ................................................................................................... 12

1.6. L’embrione........................................................................................................................ 13

Capitolo 2

INFERTILITA’ E TECNICHE DI PMA

2.1. Definizione dell’infertilità e sterilità di coppia ................................................................. 17

2.1.1. Che cos’è l’infertilità............................................................................................ 17

2.1.2. Quali sono le cause dell’infertilità........................................................................ 17

2.2. Principali tecniche di procreazione medicalmente assistita .............................................. 19

2.2.1. Tecniche di I livello.............................................................................................. 20

2.2.2. Tecniche di II – III livello .................................................................................... 20

2.3. I centri di PMA in Italia .................................................................................................... 23

Capitolo 3

LA LEGGE 40/2004

3.1. Premessa ........................................................................................................................... 25

3.2. Le norme a protezione dell’embrione e della famiglia ..................................................... 26

3.3. Le norme che hanno introdotto restrizioni alle tecniche di PMA ..................................... 27

3.4. L’istituzione del Registro Nazionale della PMA .............................................................. 29

3.5. Le nuove Linee Guida....................................................................................................... 30

Capitolo 4

LE RELAZIONI DEL MINISTRO TURCO AL PARLAMENTO

4.1. I dati ufficiali del Registro Nazionale dell’ISS relativi all’anno 2005 e i cambiamenti

intervenuti a seguito dell’applicazione della legge 40/2004 ............................................. 33

4.2. I dati ufficiali del Registro Nazionale dell’ISS relativi all’anno 2006.............................. 36

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Capitolo 5

LE LEGGI NEI VARI STATI EUROPEI E TURISMO PROCREATIVO

5.1. Belgio................................................................................................................................ 39

5.1.1. Il Registro della PMA........................................................................................... 39

5.1.2. La legislazione...................................................................................................... 39

5.2. Francia .............................................................................................................................. 42

5.2.1. Il Registro della PMA........................................................................................... 42

5.2.2. La legislazione...................................................................................................... 42

5.3. Gran Bretagna ................................................................................................................... 44

5.3.1. Il Registro della PMA........................................................................................... 44

5.3.2. La legislazione...................................................................................................... 45

5.4. Spagna............................................................................................................................... 46

5.4.1. Il Registro della PMA........................................................................................... 46

5.4.2. La legislazione...................................................................................................... 46

5.5. Svizzera............................................................................................................................. 49

5.5.1. Il Registro della PMA........................................................................................... 49

5.5.2. La legislazione...................................................................................................... 49

5.6. Il Turismo procreativo ...................................................................................................... 50

Capitolo 6

LE ASSOCIAZIONI DI PAZIENTI

6.1. Premessa ........................................................................................................................... 55

6.2. Cerco Un Bimbo ............................................................................................................... 55

6.3. Madre Provetta.................................................................................................................. 59

6.4. Amica Cicogna.................................................................................................................. 64

6.5. L’Altra Cicogna ................................................................................................................ 68

6.6. Associazione Margherita .................................................................................................. 72

6.7. WWW.unbambino.it ......................................................................................................... 74

CONCLUSIONI.......................................................................................................................... 79

BIBLIOGRAFIA......................................................................................................................... 85

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INTRODUZIONE

Il tema della procreazione medicalmente assistita (PMA) è molto ampio e

può essere trattato sotto diversi aspetti: pubblici e privati, sociali e

psicologici, etici e religiosi, oltre che medico-sanitari e giuridici.

Con questo lavoro ho voluto indagare il significato sociale della

fecondazione assistita nella sua accezione generale ed in particolare rispetto

alla legge 40/2004, che in Italia ha introdotto la regolamentazione di questa

materia, tenendo anche presente il quadro legislativo europeo.

Ho cercato di evidenziare i valori e i significati connessi alla fecondazione

assistita, considerando le diverse posizioni e le molte contraddizioni che

emergono dal loro confronto, cercando di capire se le strategie messe in

campo corrispondono alla modernità della società contemporanea.

Ho cercato di capire anche il livello d’informazione intorno a questo tema

complesso, spesso legato alla difficoltà di divulgare in modo semplice la

conoscenza delle tecniche sofisticate della procreazione assistita.

Nel primo capitolo tratto gli aspetti sociali e culturali che sono stati

maggiormente interessati dal cambiamento che queste nuove tecniche

hanno comportato. Partendo dalla loro origine fino all’odierna diffusione e

affermazione, passando attraverso il concetto di famiglia, i singoli

individui, l’uomo e la donna, e l’oggetto del loro desiderio: l’embrione.

Nel secondo capitolo espongo, da un punto di vista medico sociale,

l’infertilità, le tecniche di PMA, la diffusione e il livello dei centri in Italia.

Nel terzo capitolo parlo della legge 40/2004 e degli articoli che

maggiormente hanno fatto discutere e che hanno inciso nella pratica della

PMA in Italia.

Nel quarto capitolo riporto i dati ufficiali del Ministero della Sanità, con

riguardo ai cambiamenti avvenuti subito dopo l’introduzione della legge

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rispetto al periodo precedente.

Nel quinto capitolo presento le legislazioni di alcuni paesi europei, per

capire come viene regolamentata all’estero la PMA e spiegare il fenomeno

del “Turismo procreativo”.

Per la stesura del sesto capitolo ho invece condotto una ricerca qualitativa,

attraverso interviste in profondità ai responsabili di alcune fra le maggiori

associazioni di pazienti, osservatori privilegiati sul mondo della PMA, per

indagare le reali difficoltà dei pazienti e i problemi che incontrano nei loro

percorsi. Ho analizzando l’organizzazione stessa delle associazioni, la loro

azione, i loro obiettivi e la loro capacità di mobilitarsi e incidere a livello

politico sociale.

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Capitolo 1

ASPETTI SOCIALI DELLA PROCREAZIONE

MEDICALMENTE ASSISTITA

1.1. Cenni sulla nascita e gli sviluppi della procreazione medicalmente

assistita

La procreazione medicalmente assistita (PMA) è una pratica oramai da anni

normalmente applicata nei sistemi sanitari di moltissimi paesi del mondo.

I primi tentativi di inseminazione artificiale risalgono alla seconda metà del

Settecento con gli esperimenti di Spallanzani sugli animali (1767), mentre

l’esperimento su una donna viene compiuto per la prima volta nel 1799 dal

medico inglese Hunter, “ma sarà a partire dagli anni ’50 del nostro secolo

che questi esperimenti daranno risultati di pubblico dominio, grazie anche

alle tecnologie che in questi anni avranno uno sviluppo senza precedenti”.

(Lombardi, 1999, pag. 80).

Una tappa fondamentale del percorso delle tecniche di concepimento si

raggiunge nel 1978 in Inghilterra con la nascita di Louise Brown, la prima

bambina nel mondo nata con la fecondazione in vitro, ad opera del

ginecologo Steptoe e del biologo Edwards.

Dopo gli inizi incerti, caratterizzati da forti dubbi sulla reale efficacia delle

nuove tecniche e dure obiezioni mosse da più parti, nel corso degli anni

ottanta la fecondazione assistita ha cominciato a diffondersi ed affermarsi

rapidamente nei vari paesi.

Anche la ricerca in questo campo si è evoluta rapidamente, lanciandosi

verso esperimenti nel campo della riproduzione che sono andati molto più

in là del semplice occuparsi dei problemi di infertilità. Ricordiamo la

nascita della pecora Dolly in Scozia nel 1997, primo mammifero al mondo

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nato per clonazione.

L’affermazione della fecondazione assistita ha comportato un importante

mutamento di carattere culturale e clinico insieme, che consiste nel

riconoscimento pubblico della sterilità come problema medico e sociale.

“Prima il tema era ignorato dai medici e accettato passivamente dai

pazienti; poi, quasi all’improvviso, è stato come se la società si fosse

risvegliata e si fosse resa conto contemporaneamente delle proprie

esperienze e delle proprie speranze.” (Flamigni Mori, 2005, pag. 19).

Sul piano sociale la possibilità di ricorre alle nuove tecniche ha comportato,

quindi, un modo diverso di vivere la sterilità. Non più una stigmate di cui

vergognarsi, ma una patologia che, almeno in teoria, la medicina è in grado

di trattare.

Le tecnologie della fecondazione assistita, comunque, non possono essere

considerate come cura dell’infertilità; esse non guariscono il corpo dalla

sterilità ma la aggirano. Entrano nel “cuore del sintomo per depistarlo o, più

esattamente per trovare una soluzione protesica (applicando una protesi). E’

il caso della fecondazione in vitro che realizza in laboratorio l’incontro di

gameti altrimenti impossibile.” (Lombardi, 1999, pag. 82).

1.2. Un “modo nuovo” di venire al mondo

L’avvento di queste nuove tecniche ha comportato anche il cambiamento di

schemi concettuali ed emotivi tramandati da secoli relativamente alla

riproduzione umana.

Schemi già entrati in crisi con l’avvento della contraccezione e quindi con

la frattura del principio inscindibile sessualità-riproduzione, liberando la

sessualità dal fine della procreazione. La fecondazione assistita invece

opera nella direzione opposta, consentendo di procreare senza sessualità.

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L’introduzione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita

comporta un “modo nuovo” di venire al mondo. Un modo che prevede la

separazione della sfera sessuale da quella riproduttiva.

In questo modo si porta si porta ad una dimensione pubblica ciò che era

sempre appartenuto ad una sfera intima e privata, introducendo un elemento

esterno nelle dinamiche di coppia, il medico specialista della procreazione

assistita.

Questa scissione delle sfere sessuale e riproduttiva ha due chiavi di lettura:

se da una parte ciò comporta una maggiore libertà e autodeterminazione per

la donna e la coppia, dall’altra parte questo potere affidato all’esterno

diventa uno strumento di controllo, medico e sociale, sul corpo stesso della

donna.

“La medicalizzazione del corpo femminile è la risposta della modernità alla

necessità di controllo sociale sull’attività riproduttiva della donna, una

necessità fortissima, che è una costante di tutte le culture, come ben ci

mostrano vari studi antropologici.” (Davis Floyd, 1997; Jordan, 1985 – cit.

in Pizzini, 1999, pag. 11).

Il medico si appropria del potere di procreare da sempre appartenuto alle

donne, estraendolo dal loro corpo e manipolandolo. In questo modo l’intero

processo riproduttivo viene ridotto alla singola funzione fisico-biologica e

privato delle componenti culturali, sociali e relazionali.

“Il punto centrale qui è la relazione di potere che si esercita sul corpo

femminile e sulla sessualità, da parte di una disciplina medica che definisce

il comportamento riproduttivo della popolazione a partire dalla componente

femminile di essa. Mentre non esiste un corrispettivo al maschile.”

(Lombardi, 1999, 83).

Ricordiamo che in tutti i casi di infertilità di coppia, anche in quella dovuta

al solo fattore maschile, si interviene sempre e solo sul corpo della donna,

anche se sano e perfettamente funzionante.

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Può essere utile elencare le tre fasi dei procedimenti di fecondazioni in

vitro: la stimolazione ovarica con farmaci a base di ormoni, per ottenere un

maggior numero di ovociti; il recupero degli ovociti prodotti (pick-up) e la

loro fecondazione con gli spermatozoi; l’inserimento in utero degli

embrioni ottenuti (tranfer). Alla stimolazione ovarica si deve aggiungere

“la somministrazione di una sostanza che blocca la funzione gonodotropica

dell’ipofisi, permettendo al medico la gestione completa dell’ovulazione:

egli è in grado non solo di aumentare il numero di follicoli utili, ma anche

di regolare il giorno e l’ora della raccolta […].” (Boccia, Zuffa, 1998, pag.

43).

Nella pratica il procedimento di fecondazione assistita non è finalizzato ad

una sola paziente, ma ad un gruppo di donne in terapia che viene

monitorato e guidato attraverso l’uso dei farmaci per essere sottoposte

all’intervento nell’arco di uno stesso periodo già precedentemente stabilito.

E’ come se venisse creato un unico grande corpo femminile artificiale,

guidato e scrupolosamente monitorato fino al risultato finale: la percentuale

di gravidanze ottenute. In questo procedimento medico i singoli fallimenti

non sono importanti, è importante la percentuale finale dei successi.

Quello sopra indicato è il percorso medico della procreazione assistita. Il

percorso delle coppie infertili, invece, inizia molto prima, con la scoperta

della propria infertilità e la delicata fase di accettazione del proprio limite

fisico, e continua molto dopo con l’elaborazione di un fallimento o con

l’evoluzione di una gravidanza molto carica emotivamente.

E’ molto importante discernere le problematiche psicologiche indotte

dall’infertilità e quelle immediatamente conseguenti gli esiti negativi di un

trattamento.

Da un punto di vista generale, quindi, l’infertilità di coppia non è solo ed

esclusivamente un problema di carattere medico, anche se riguarda

profondamente il rapporto tra scienza e società, ma devono essere

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considerati anche i problemi di carattere psicologico e comportamentali

legati alla tipologia della problematica nonché alle caratteristiche dei

trattamenti cui la coppia si sottopone.

Il supporto psicologico dovrebbe accompagnare non soltanto la coppia, ma

anche i medici e tutte le altre persone con cui le coppie interagiscono per

limitare il più possibile l’impatto del gesto terapeutico e del suo esito.

Quante volte dietro la richiesta di avere un bambino si nascondono altre

domande a cui un medico scientifico non è in grado di rispondere se non

con tecniche di PMA. “I medici sono i primi destinatari di questo genere di

domanda. I medici capaci di ascoltarla senza rispondere con un atto medico

sono pochi […].” (Fiumanò, 2003, www.madreprovetta.org).

Non dimentichiamo anche che le tecniche di procreazione assistita

comportano sempre dei rischi per la salute delle pazienti (intervento

medico, infezioni, iperstimolazione ovarica) e che i costi, anche umani,

sono molto alti.

1.3. Nuove genitorialità

Oggi l’avere un figlio fa parte di un progetto, risponde alle esigenze e ai

desideri degli individui. Il momento del concepimento si è spostato sempre

più avanti negli anni e si tratta sempre più di una scelta a lungo ragionata,

che tiene conto di fattori culturali, sociali ed economici.

In questo generale cambiamento, ritroviamo anche il passaggio da un unico

modello familiare ad una pluralità di forme: i conviventi, le famiglie

separate, il genitore solo, i nuclei ricomposti, i figli adottivi.

Questa scomposizione dovrebbe rendere più tollerabile, rispetto al passato,

l’inserzione nella famiglia di figure inedite come il donatore di seme, la

donatrice di ovuli, la madre “surrogata”. Il grado di accettazione varia da

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paese a paese e muta soprattutto in base all’idea di famiglia che si ritiene

“normale”.

L’accesso alla procreazione medicalmente assistita impone di ripensare in

modo complessivo il significato di essere genitore.

Si aprono spazi nuovi, dove si incrociano e si scindono due dimensioni di

genitorialità: biologica e sociale. Si tocca direttamente il concetto di

famiglia e si lancia una sfida al modo in cui questa è costruita

culturalmente, ai significati che le vengono attribuiti e al modo in cui è

disciplinata giuridicamente.

Per la prima volta nella storia dell’umanità “la madre non è più ‘una et

semper certa’, ma le sue funzioni possono essere divise tra donne diverse.

Qualcuno parla ormai di ‘maternità deflagrata’, divisa tra donatrice d’ovulo,

portatrice di gravidanza e madre sociale, compiti che possono essere svolti

da donne diverse.” (Pizzini, 1999, pagg. 19-20).

Queste nuove famiglie sono l’esito di un processo di disgregazione le cui

tappe principali, come abbiamo visto, sono: “la separazione della sessualità

dalla procreazione; della procreazione dalla sessualità; della genitorialità

dalla coniugalità. Scissioni che riguardano al tempo stesso la società, la

coppia e l’individuo.” (Vegetti Finzi, 2004, pag. 271).

In queste nuove famiglie nasce anche un nuovo problema, quello di

individuare l’intreccio tra relazioni diverse, tutte sessuate, ma non tutte

riconducibile al rapporto interno alla coppia

1.4. La voce delle donne

Nel dibattito generale sulla legge 40, e sulla procreazione assistita in

generale, intervengono spesso eminenti voci, prevalentemente maschili, di

medici, biologi, politici, giornalisti, religiosi, filosofi.

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Viene spesso sottolineata la funzione miracolistica delle tecniche di

procreazione assistita, fa clamore ad esempio la donna in menopausa che

diventa mamma, ma si pone poca attenzione alla normale realtà della

fecondazione assistita e cioè ai percorsi lunghi e dolorosi delle coppie per

arrivare ad un risultato che non è per nulla scontato.

L’unica voce assente o poco ascoltata è quella della donne protagoniste

della procreazione assistita.

Molti hanno sentito parlare, almeno di sfuggita, di Luise Brown, il primo

essere umano nato ufficialmente dalla provetta. Famosi, almeno nel campo

scientifico, sono diventati i due padri putativi Steptoe ed Edwards. Ma

quanti si ricordano di Lesley? “La sola protagonista che la storia ha

rapidamente cancellato è la donna che si era incamminata con coraggio su

quel terreno sconosciuto. Aveva provato il dolore dell’infertilità e le

difficoltà di coppia che ne sono la conseguenza, aveva accettato anche con

una certa incoscienza traumi e rischi per la salute. […] la sua disperazione,

la capacità di tener duro e la convinzione di essere nel giusto […]. Durante

la gravidanza aveva avuto paura più volte. Quando aveva saputo dalle

infermiere che prima di lei l’impianto non aveva funzionato con nessuna

delle decine di donne che ci avevano provato.” (Valentini, 2005, pagg. 30-

31).

Possiamo ritrovare i tratti di quest’esperienza in tutti i percosi di

procreazione assitita delle donne moderne, ma la discussione pubblica e la

conoscenza stessa della fecondazione assistita si è svolta non sulle

esperienze concrete delle donne ma sui casi limite, alimentando fantasie e

paure nell’immaginario collettivo

Eppure questo tema dovrebbe maggiormente comprendere il punto di vista

delle donne perché tocca da vicino la libertà femminile, la disponibilità del

proprio corpo, il potere di procreare che “naturalmente” appartiene alla

donna.

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Tutto questo si riflette poi nel modo in cui si è stata regolamentata

giuridicamente la procreazione assistita. Nella legge 40/2004, infatti, non

trovano spazio l’autonomia della donna, il suo diritto alla salute, la

specificità femminile della procreazione.

Il corpo della donna è diventato un “luogo pubblico” oggetto di

determinazioni giuridiche, soprattutto quando la donna si presenta nella

condizione di individualità e non come parte di una coppia.

Non è difficile intravedere la volontà di imporre un modello di gestione del

corpo femminile, ricondotto allo stretto controllo medico (accertamento

della sterilità) e sociale (accertamento di una particolare relazione di

coppia), in cui il potere della donna di procreare viene rinchiuso nella

dimensione familiare.

1.5. …E quella degli uomini

Se nel dibattito pubblico molto forte ed autorevole è lo voce maschile,

appena consideriamo la coppia protagonista della fecondazione assistita la

voce maschile è completamente assente.

Possiamo ascoltare o leggere i racconti dei percorsi individuali delle donne

che cercano un figlio, le loro difficoltà e le loro sofferenze, le loro opinioni,

ma abbiamo pochissime testimonianze del vissuto dell’uomo.

Se da una parte ciò si può comprendere pensando alla diversa psicologia

femminile che porta la donna ad esternare maggiormente i propri sentimenti

e a cercare un conforto e un confronto all’esterno, dall’altra parte è come se

il coinvolgimento dell’uomo che nella procreazione assistita è più emotivo

che fisico, fosse vissuto come un “non diritto” di parola.

Dietro questo silenzio, probabilmente, c’è anche una forte componente

culturale che ha origini molto antiche: il tabù dell’impotenza maschile, che

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sul piano sociale è spesso mascherato dalla domanda solidale della coppia.

(Boccia, 1994, pag. 145).

L’uomo, di fatto, nella procreazione medicalmente assistita è un uomo al

seguito.

Esistono, però, anche della paure maschili, di origini psicologica, legate alla

fecondazione in vitro, al concepimento fuori dal corpo materno e

all’impianto dell’embrione e del seme in assenza del padre. Paure a cui

contribuisce la scarsa informazione e divulgazione, in termini semplici, di

quelle che sono le stesse tecniche di procreazione assistita.

Ma dobbiamo anche considerare un elemento più profondo legato al

concepimento separato dall’atto sessuale tipico della fecondazione assistita.

Un elemento che tocca la stessa identità maschile, ancora molto legata

all’idea di virilità.

Nel procedimento della riproduzione assistita l’uomo, che già nella

riproduzione naturale assume un ruolo secondario rispetto alla donna, viene

ridotto al puro e semplice ruolo di fornitore di seme. Quasi una specie di

“terzo” escluso fra la moglie e il medico.

“Verrebbe da pensare che a rendere tutto più difficile sia la mitologia del

possesso fisico tipico dei maschi latini che la fecondazione assistita

cancella. Ma anche in un paese culturalmente diverso come l’America le

cose cambiano poco.” (Valentini, 2005, pag. 59).

1.6. L’embrione

Uno degli aspetti cruciali della legge 40/2004 è rappresentato dall’articolo

di apertura, in base al quale si assicurano “i diritti di tutti i soggetti

coinvolti, compreso il concepito”.

E’ la prima volta che “un’istituzione statale (non religiosa) afferma che

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l’embrione è un soggetto, alla pari degli “altri” soggetti coinvolti nel

processo riproduttivo; riconosce nella cellula fecondata un “cittadino”, della

cui tutela si assume la difesa.” (Filippini, 2004, pag. 105).

Da questa specifica previsione discendono successivamente tutta una serie

di norme che limitano fortemente il diritto alla salute della donna, costretta

a sottoporsi a ripetuti cicli di stimolazione ormonale che, ad esempio, con la

crioconservazione potrebbero essere evitati.

L’accusa principale mossa alla legge 40 è quella di aver abbracciato in

pieno l’ideologia cattolica volendo considerare l’embrione come persona

umana, “anche se solo i cattolici sostengono questa tesi.” (Valentini, 2005

pag. 133).

Può essere interessante, allora, considerare il punto di vista di altre religioni

sulla questione.

Ad esempio nell’ebraismo “il Talmud afferma che la condizione di essere

umano è acquisita via via dall’embrione durante il suo sviluppo. E la legge

ebraica stabilisce che gli embrioni formati in provetta, anche se non devono

essere sprecati inutilmente, non hanno uno status specifico finché non sono

impiantati nell’utero materno: anche qui però acquisiscono la condizione di

embrione umano “formato” solo dopo quaranta giorni. L’Islamismo usa

invece il concetto di embrione “animato”. Nel Corano e nella sharia, la

legge islamica, l’embrione diventa un essere umano attraverso un processo

di sviluppo che lo porta a ricevere l’anima dopo un periodo che, a seconda

delle diverse interpretazioni, può essere di tre o di quattro mesi. […] Tutte

hanno ammesso, anche se con diverse precauzioni e diversi gradi di

autonomia, la ricerca scientifica sulle cellule staminali. A patto che lo scopo

sia quello di migliorare le condizioni di vita delle persone.” (Valentini,

2005, pag. 112).

Considerando invece il punto di vista scientifico, la tesi centrale

dell’embrione come “uno di noi” viene considerata fuorviante se si

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considerano i seguenti fatti:

“1) un numero significativo di concepiti (circo lo 0,8 percento) […] dà

origine a un tumore maligno che porta a morte la donna;

2) un altro numero significativo di concepiti è polipoide, ossia […] una

situazione incompatibile con la vita;

3) un’alta percentuale di concepiti si arresta nello sviluppo perché è

portatrice di gravissime anomalie genetiche;

4) nelle prime fasi dello sviluppo embrionale le cellule sono totipotenti, e si

possono dividere e ricomporre con cellule omologhe o con cellule di altri

embrioni dando origine a chimere;

5) fino al quattordicesimo giorno il concepito si può dividere e dare origine

a gemelli;

[…] Come si fa a dire che il concepito è uno di noi se uno ogni centoventi

(lo 0,8 percento) diventa un tumore maligno? […] se circa l’80 percento dei

concepiti non riesce neanche ad annidarsi o ad arrivare al quattordicesimo

giorno per incompatibilità con la vita?” (Flamigni, Mori, 2005, pag. 112-

113).

Qualora con la fecondazione si avvii il processo vitale non è assolutamente

scontato che tale processo sia irreversibile e porti inevitabilmente alla

nascita di una persona.

E’ certo, comunque, che l’embrione deve avere una forma di tutela, ma

questa non deve dipendere dal fatto che l’embrione è persona, ma da altre

ragioni.

La potenzialità di vita dell’embrione prevale sul diritto alla salute della

donna, sulla sua libertà di autodeterminarsi in ordine alle scelte procreative,

ma prevale anche sulla professionalità del medico costretto a consigliare

alle proprie pazienti, con un comportamento scorretto sul piano

deontologico, cicli di stimolazione ormonale che sa essere dannosi per la

loro salute.

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Capitolo 2

INFERTILITÀ E TECNICHE DI PMA

2.1. Definizione dell'infertilità e sterilità di coppia

2.1.1. Che cosa è l'infertilità

L'infertilità è considerata dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità)

una patologia. Per infertilità si intende l'assenza di concepimento dopo

12/24 mesi di rapporti mirati non protetti.

Complessivamente l'infertilità riguarda circa il 15% delle coppie.

La sterilità in senso proprio riguarda, invece, le coppie affette da una

precisa patologia irreversibile o che restano non fertili anche dopo un iter

diagnostico e terapeutico esauriente e svolto in un tempo ragionevole.

Quando la sterilità è una condizione permanente non resta che rivolgersi

alle tecniche di procreazione medicalmente assistita più sofisticate.

2.1.2. Quali sono le cause dell'infertilità

Le cause dell'infertilità, sia maschile che femminile, sono numerose e di

diversa natura.

La letteratura medica sottolinea il ruolo significativo di fattori sociali dovuti

a fenomeni complessi come lo stile di vita, la ricerca del primo figlio in età

tardiva (molto importante l'età della donna), l'uso di droghe, l'abuso di

alcool, il fumo, le condizioni lavorative, l'inquinamento.

In molti casi, come per esempio nell'obesità (ma anche nell’eccessiva

magrezza) o nelle infezioni, l'informazione e la prevenzione possono fare

molto. In altri casi, come nell'endometriosi, sono essenziali la diagnosi

precoce e cure adeguate e tempestive.

Se l'infertilità rimane anche dopo un iter diagnostico e terapeutico

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esauriente, è possibile rivolgersi alle tecniche di procreazione medicalmente

assistita.

Una stima affidabile sulle cause dell’infertilità proviene dai dati riguardanti

le coppie che si rivolgono ai centri per la procreazione assistita.

I dati raccolti dal Registro Nazionale sulla Procreazione Medicalmente

Assistita sono i seguenti:

infertilità maschile: 35,4%

infertilità femminile: 35,5%

infertilità maschile e femminile: 15%

infertilità idiopatica: 13,2%

altro: 1%

Un fattore incisivo di subfecondità è l'età della donna. Sia studi

demografici, sia i risultati delle tecniche di procreazione medicalmente

assistita (PMA) dimostrano che esiste una riduzione della capacità di

concepire.

Le donne italiane fanno figli tardi, più tardi di quasi tutte le altre donne

europee. Si sposano in media a 28 anni, partoriscono il primo figlio a 30 (un

anno in più rispetto alla media europea), e hanno meno figli delle altre

donne europee (1.22 contro 1.44).

Le ragioni che spingono le donne, o meglio le coppie, a rimandare la

genitorialità, sono del tutto comprensibili. Prima occorre raggiungere una

ragionevole sicurezza economica, una sufficiente organizzazione familiare

per la gestione dei figli, la maturità emotiva che fa della procreazione una

scelta autonoma e non un obbligo sociale.

Tutto questo, però, richiede tempo. Così, purtroppo, quando si ritiene di

poter finalmente avere un figlio è spesso troppo tardi. Il periodo più fertile

per una donna è infatti tra i 20 e i 25 anni (100%), resta sufficientemente

alto fino ai 35 (circa il 50%), subisce un considerevole calo dai 35 ai 40

(20%), è bassissimo oltre i 40 (5-7%). Con l'età, infatti, invecchiano i

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gameti femminili (gli oociti hanno la stessa età della donna: a differenza

degli spermatozoi sono già tutti presenti nel feto femminile, e sono gli stessi

che matureranno di volta in volta ad ogni ciclo mestruale) e aumenta il

rischio di malattie connesse alla infertilità-sterilità.

La percentuale di successo per ciclo per una donna di più di 40 anni è di

conseguenza non più del 5%.

Un’ulteriore prova è data dal fatto che la donazione di oociti da parte di una

donna più giovane spesso riporta la fertilità entro la norma di quell’età.

L'età dell’uomo è molto meno significativa.

(Fonte: Istituto Superiore di Sanità, Registro Nazionale della PMA,

www.iss.it/rpma)

2.2. Principali tecniche di procreazione medicalmente assistita

Da un punto di vista morfo-funzionale, la procreazione medicalmente

assistita (PMA) si basa sulla riproduzione di tutte le fasi anatomo-

fisiologiche proprie dell’atto fecondativo, rendendo la procreazione non più

un evento naturale e casuale, ma una vera e propria scelta autonoma, voluta

e prestabilita.

La PMA si concretizza attraverso l’impiego di tecniche che, in base alle

modalità di realizzazione possono essere distinte in tecniche di base o I

livello, semplici e poco invasive, e di tecniche avanzate o di II e III livello,

complesse e più invasive.

Mentre la prima richiede l’introduzione del seme maschile all’interno del

corpo femminile, cercando di facilitare, successivamente, quanto più

possibile la fecondazione dell’embrione da parte del seme maschile, la

seconda necessita, inizialmente, della fecondazione dell’ovulo femminile da

parte del seme maschile “in vitro” e poi il trasferimento dell’embrione

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all’interno dell’apparato genitale femminile.

2.2.1. Tecniche di I livello

- Inseminazione artificiale

Per inseminazione artificiale la maggior parte delle volte si intende la

inseminazione intrauterina, cioè una tecnica di procreazione

medicalmente assistita nella quale vi è l'introduzione del liquido seminale

all'interno della cavità uterina (IUI).

Può essere attuato un ciclo spontaneo (quindi senza alcuna terapia di

stimolazione ovarica) o con induzione farmacologica dell'ovulazione.

Nel caso si attui una terapia di induzione dell'ovulazione è necessario il

monitoraggio ecografico e/o ormonale della crescita follicolare (vengono

effettuate una serie di ecografie ogni due giorni circa per vedere la

crescita dei vari follicoli che daranno luogo agli oociti; si possono

eseguire anche dei prelievi di sangue per valutare la secrezione ormonale

che corrisponde alla crescita dei follicoli nell'ovaio).

Si effettua la preparazione del campione seminale ed infine si procede alla

introduzione degli spermatozoi nella cavità uterina.

2.2.2. Tecniche di II - III livello

- Fecondazione in Vitro e Trasferimento dell'Embrione (FIVET)

È una tecnica di PMA dove i gameti (ovocita per la donna e spermatozoo

per l'uomo) si incontrano all'esterno del corpo della donna e dopo la

fecondazione e la produzione di uno o più embrioni questi vengono

trasferiti nell'utero.

Può essere eseguita in ciclo spontaneo o con induzione della crescita

follicolare e maturazione di più oociti mediante la somministrazione di

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farmaci induttori dell'ovulazione; in questo caso si controlla la risposta

ovarica mediante monitoraggio ecografico e/o dosaggio degli ormoni

prodotti. Tecnicamente dopo aver stimolato l'ovaio a produrre più follicoli

e quindi aver ottenuto più oociti si esegue il prelievo degli oociti (pick-up)

con un intervento per via transvaginale, sotto controllo ecografico e in

anestesia locale e/o sedazione profonda.

Viene eseguita la preparazione del liquido seminale e vengono scelti gli

oociti da fecondare. Si procede quindi all'unione e coltura extracorporea

dei gameti (oociti e spermatozoi) e dopo la verifica dell'avvenuta

fecondazione di ciascun oocita si prosegue con il trasferimento in utero

degli embrioni (transfer).

- Microiniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo (ICSI)

Questa metodica si utilizza insieme alla FIVET, ed anche in questo caso

l'incontro dei gameti avviene all'esterno del corpo della donna.

Consiste in una diversa modalità di fecondazione dell'oocita che avviene

con l'iniezione di un singolo spermatozoo all'interno del citoplasma per

poi, dopo l'avvenuta fecondazione, procedere al trasferimento degli

embrioni nell'utero.

Può essere eseguita in ciclo spontaneo o con induzione della crescita

follicolare e maturazione di più oociti mediante la somministrazione di

farmaci induttori dell'ovulazione; in questo caso si controlla la risposta

ovarica mediante monitoraggio ecografico e/o dosaggio degli ormoni

prodotti. Tecnicamente dopo aver stimolato l'ovaio a produrre più

follicoli, e quindi aver ottenuto più oociti, si esegue il prelievo degli oociti

(pick-up) con un intervento per via transvaginale, sotto controllo

ecografico e in anestesia locale e/o sedazione profonda.

Viene eseguita la preparazione del liquido seminale. Le tecniche utilizzate

per il prelievo, in caso di azoospermia, sono: Aspirazione Percutanea di

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Spermatozoi per via Testicolare (TESA), Estrazione di Spermatozoi per

via Testicolare (TESE), Aspirazione Microchirurgica di Spermatozoi

dall'Epididimo (MESA), Aspirazione Percutanea di Spermatozoi

dall'Epididimo (PESA).

Successivamente avviene la preparazione dell'oocita e l'inseminazione

mediante tecnica di microiniezione intracitoplasmatica di un singolo

spermatozoo.

Dopo la verifica dell'avvenuta fecondazione di ciascun oocita si prosegue

con il trasferimento in utero degli embrioni (transfer).

- Trasferimento intratubarico di gameti (GIFT)

È una metodica ormai di raro utilizzo.

Prevede il prelievo degli oociti per via transvaginale ecoguidata o per via

laparoscopica e il trasferimento intratubarico dei gameti maschili e

femminili per via laparoscopica o transvaginale (ecoguidata o

isteroscopica).

La tecnica è stata utilizzata per le stesse indicazioni previste per le

tecniche di I livello e richiede la normalità morfo-funzionale di almeno

una tuba. Viene consigliata alle coppie che esprimono il desiderio di

evitare una fecondazione extracorporea.

- Trasferimento intratubarico di zigoti od embrioni (ZIFT - TET)

Anche questa è una metodica ormai quasi inutilizzata.

Prevede il prelievo degli oociti per via transvaginale ecoguidata; la

fecondazione in vitro degli oociti; il trasferimento intratubarico degli

zigoti o degli embrioni per via laparoscopica o transvaginale (ecoguidata

o isteroscopica).

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2.3. I centri di PMA in Italia

L’Italia offre un gran numero di centri di PMA (342 centri in base al

censimento concluso a febbraio 2008), con una buona distribuzione sul

territorio.

Il rapporto tra numero di centri privati e numero di centri pubblici o privati

convenzionati varia nelle diverse aree regionali (centri pubblici e centri

privati convenzionati sono considerati insieme: un centro privato

convenzionato può essere equiparato ad un centro pubblico sia per quanto

riguarda le prestazioni offerte che i costi).

In Italia su 342 centri, 154 sono pubblici o privati convenzionati con il

Sistema Sanitario Nazionale, e rappresentano complessivamente quasi la

metà dei centri (45%). Ma la distribuzione varia molto da regione a regione.

I centri privati sono invece 188 (55%).

Esiste una notevole differenza tra il Nord e il Sud del paese riguardo al

rapporto tra centri pubblici e privati, con una maggior presenza di centri

pubblici o convenzionati nel Nord (dove la quota si avvicina al 60%).

Un ulteriore parametro significativo è rappresentato dal livello dei centri.

La distinzione tra primo, secondo e terzo livello è relativa al tipo di tecnica

di PMA utilizzata. In Italia i centri di primo livello rappresentano circa il

40% del totale (sono 140) mentre i centri di secondo e terzo livello,

insieme, costituiscono quasi il 60% (sono 202).

Le tecniche di PMA, pur nelle differenze specifiche, raggiungono livelli di

successo (che possiamo stimare intorno al 20% in media per ciclo di

trattamento) che non si discostano molto dalla fecondità normale della

nostra specie, che è piuttosto bassa: la percentuale di gravidanze in ragazze

fertili di venti anni che hanno rapporti sessuali mirati è circa il 30%, intorno

ai 40 anni questa percentuale scende al 10%.

Anche i costi variano da regione a regione. Le tecniche di procreazione

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assistita, infatti, non sono state inserite nella pianificazione economica

nazionale prevista dai LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), per cui non

rientrano nel piano sanitario nazionale, ma sono a carico delle Regioni.

Queste godono di autonomia economica ed amministrativa e possono, in

base alla propria regolamentazione, offrire ai cittadini un’assistenza gratuita

o i regime di compartecipazione del cittadino alla spesa (il cosiddetto

ticket).

(Fonte: Istituto Superiore di Sanità, Registro Nazionale della PMA,

www.iss.it/rpma)

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Capitolo 3

LA LEGGE 40/2004

3.1. Premessa

La legge n. 40 del 19 febbraio 2004, dal titolo “Norme in materia di

procreazione medicalmente assistita”, ha dettato una disciplina uniforme, la

prima in Italia, sulle tecniche di procreazione assistita.

La legge, peraltro abbastanza stringata in quanto contenuta in appena 18

articoli, ha sollevato dure critiche ed altrettante difese, toccando argomenti

che riguardano da vicino la sfera dei valori di ciascun individuo,

innescandosi su posizioni etiche, oltre che medico legali.

Dalla controversia sulla legge sono emerse diverse concezioni della vita e

dell’uomo che impongono una riflessione non solo sul piano politico, ma

anche e soprattutto sul piano culturale e sociale.

L’approvazione della legge ha sollevato le reazioni immediate di medici e

associazioni di pazienti. Era possibile per un paese “dove dal 1984 […]

sono nati oltre 80 mila bambini con le tecniche di PMA azzerare

l’esperienza fatta negli anni dalla pratica medica e riconosciuta dalla

società?” (Soldano, 2004, pag. 230).

Ricordiamo che la fecondazione eterologa era praticata in Italia nei centri

privati, poiché una circolare del Ministero della Sanità aveva vietato queste

tecniche nelle strutture sanitarie pubbliche (la circolare “Degan” del 1985).

La legge è stata oggetto di un referendum parzialmente abrogativo nel

giugno 2005. L’esito della consultazione, invalidata dal mancato

raggiungimento del quorum, non ha portato a modifiche della legge.

La legge 40/2004 si caratterizza, soprattutto, per la forte protezione della

vita nascente e della famiglia e per una serie particolarmente lunga di

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proibizioni e divieti.

3.2. Le norme a protezione dell’embrione e della famiglia

Fra le norme a protezione dell’embrione e della famiglia citiamo:

- Equiparazione dei diritti

All’articolo 1 la legge “assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti,

compreso il concepito” e si equiparano i diritti del concepito a quelli delle

persone già nate.

Negli articoli successivi emergono una serie di norme giuridiche ispirate

alla tutela dell’embrione, che viene protetto in molti modi.

- Accesso alla tecniche di PMA

L’articolo 5, comma 1, della legge prevede che possano accedere alla

fecondazione assistita le coppie maggiorenni, di sesso diverso, sposate o

conviventi, in età potenzialmente fertile e i cui partner siano entrambi in

vita. Questo significa che non possono accedere alla PMA le donne single

e quelle non più in età fertile. Sono inoltre escluse le coppie omosessuali

ed è vietata la fecondazione post-mortem.

Vietato affidare la gravidanza a donne “donatrici” di utero (la pratica del

cosiddetto “utero in affitto”).

L’articolo 4, comma 1, della legge dispone inoltre che per accedere alla

procreazione assistita si dovrà dimostrare con adeguata documentazione

medica la propria infertilità o sterilità.

- Divieto di disconoscimento della paternità

L’articolo 9 offre la garanzia, anche per le gravidanze ottenute fuori dal

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paese mediante donazione di seme, che il marito non potrà chiedere di

rinunciare alla paternità.

3.3. Le norme che hanno introdotto restrizioni alle tecniche di PMA

Le norme che prevedono restrizioni all’uso delle tecniche di riproduzione

assistita introdotte dalla legge 40 si sostanziano in:

- Divieto del ricorso alla fecondazione eterologa

La fecondazione eterologa è quella modalità di fecondazione in cui si

utilizzano gameti (ovociti e/o spermatozoi) appartenenti a donatori esterni

alla coppia in cura.

L’articolo 4, comma 3, vieta la donazione di gameti. Secondo la legge i

gameti devono appartenere ai due genitori.

Prima della legge 40 la fecondazione eterologa in Italia era legale, anche

se era possibile effettuarla solo nei centri privati e non nei centri pubblici.

Oggi le donne e gli uomini totalmente infertili non potranno ricorrere in

alcun caso alla donazione di gameti.

- Il limite del numero

L’articolo 14, comma 2, della legge vieta la creazione di un numero di

embrioni superiore a quello necessario ad un unico e contemporaneo

impianto e comunque non superiore a tre.

E’ obbligatorio che alla donna vengano impiantati tutti e tre gli embrioni,

perché non potranno più essere congelati. Aumenta notevolmente, quindi,

il fattore di rischio per gravidanze plurigemellari, in relazione alla

maggiore probabilità di attecchimento di tutti gli embrioni impiantati.

Anche se la stimolazione ovarica consentisse alla donna di produrre un

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numero maggiore di ovociti, la fecondazione può essere tentata solo su tre

di essi. Poiché le percentuali di fecondazione non sono mai del 100% è

molto probabile che non ci sarà alcun embrione da trasferire.

- Divieto di congelare gli embrioni

Sempre l’articolo 14, comma 1, della legge vieta la crioconservazione

degli embrioni e prevede la soppressione degli embrioni soprannumerari

(attualmente si possono congelare solo gli ovociti).

Questo significa che tutti gli embrioni prodotti durante un ciclo di

fecondazione in vitro dovranno essere trasferiti immediatamente in utero.

Solo se, per motivi di salute della donna, non è possibile procedere subito

all’impianto, si può effettuare una conservazione temporanea fino alla

data del trasferimento degli embrioni.

La scienza medica spiega come ciò sia lesivo per la salute della donna,

sottoposta ai rischi di una iperstimolazione ovarica, a più interventi

invasivi per il prelievo degli oociti e a rischi di gravidanza multipla.

E’ evidente una tutela prevalente riconosciuta all’embrione rispetto al

diritto alla salute della donna.

- Vietata la diagnosi genetica preimpianto

Nelle linee guida è contenuto il divieto alla diagnosi genetica preimpianto.

La norma infatti è inserita tra le “misure a tutela dell’embrione” e fa

divieto di eseguire accertamenti diagnostici preimpianto, di accertare cioè

se gli embrioni da trasferire nell’utero della donna che si sottoponga a

PMA siano affetti da malattie genetiche, se non a fini terapeutici per la

tutela della salute dell’embrione stesso.

Tutti gli embrioni devono essere comunque impiantati.

E’ possibile, tuttavia, eseguire un aborto terapeutico qualora nel feto si

constatino anomalie che pregiudicano la sua salute o quella della madre.

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- Esclusione di ogni ricerca sugli embrioni

L’artico 13, comma 2, vieta la ricerca scientifica.

Sono vietate la sperimentazione sugli embrioni e la clonazione umana.

Sono ammesse la ricerca clinica e la sperimentazione sull’embrione solo

con finalità terapeutiche e diagnostiche.

3.4. L’istituzione del Registro Nazionale della PMA

Il Registro Nazionale della PMA è stato istituito con Decreto Ministeriale,

pubblicato nel dicembre 2005, in attuazione dell'articolo 11 della legge 40.

Obiettivo fondamentale del Registro è valutare quali siano le tecniche di

riproduzione assistita più efficaci e sicure e che offrono i migliori risultati

alle coppie.

Il Registro raccoglie annualmente, da tutti i centri italiani che applicano le

tecniche di riproduzione assistita, i dati anonimi sui cicli di trattamento

effettuati, sui protocolli terapeutici utilizzati, sulle complicanze, sui risultati

ottenuti e sul follow-up della gravidanza e dei nati.

Dalla raccolta di tutte le informazioni si svolgono analisi che consentono di

valutare l'efficacia e la sicurezza di tutte le tecniche adottate.

Questo permette inoltre a tutti gli operatori del settore di avere dati e

indicazioni per migliorare gli esiti dei trattamenti ed operare nelle

condizioni che garantiscano alle coppie maggiore sicurezza e

appropriatezza nella scelta e nell'applicazione delle diverse tecniche di

riproduzione assistita.

Tutti i dati raccolti presso l'Istituto Superiore di Sanità vengono raccolti in

maniera anonima ed aggregata e sono utilizzati solo per scopi scientifici.

Le finalità del Registro sono numerose, da quelle più semplici come censire

i centri di PMA presenti sul territorio nazionale, rilevarne le caratteristiche

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tecniche ed i servizi offerti, a quelle sicuramente più complesse e più utili ai

ricercatori come: raccogliere in maniera centralizzata attraverso il filtro

delle Regioni i dati su efficacia, sicurezza ed esiti delle tecniche. Ciò

permette il confronto tra i centri e consente a tutti i cittadini scelte

consapevoli riguardo ai centri e ai trattamenti.

Eseguire studi e valutazioni scientifiche.

Eseguire studi di follow-up a lungo termine sui nati da tali tecniche per

valutarne lo stato di salute ed il benessere.

Censire gli embrioni prodotti e crioconservati presenti, rendere possibile,

attraverso l'utilizzo di una banca dati complessa, la conduzione di analisi a

carattere epidemiologico, con continuità nel tempo, al fine di monitorare

l'evoluzione del fenomeno e consentire il paragone con quanto avviene in

altri paesi.

3.5. Le nuove Linee Guida

Sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale del 30 aprile 2008 le nuove

linee guida contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di

procreazione medicalmente assistita, che aggiornano le precedenti del luglio

2004.

E’ la stessa legge 40, all’art. 7, che indica la necessità di un aggiornamento

delle linee guida almeno triennale in rapporto all’evoluzione tecnico-

scientifica e da attuarsi avvalendosi dell’Istituto superiore di sanità e previo

parere del Consiglio superiore di sanità.

Le nuove linee guida hanno recepito anche il mutamento del quadro di

riferimento giuridico scaturito da ripetuti interventi della magistratura sulle

precedenti linee guida. In particolare il Tar Lazio, nel 2007, aveva

specificato che il limite previsto per le indagini preimpianto non era

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compatibile con la stessa legge.

Queste le principali novità:

- la possibilità di ricorrere alle tecniche di procreazione medicalmente

assistita (PMA) viene estesa anche alla coppia in cui l’uomo sia portatore di

malattie virali sessualmente trasmissibili, e in particolare del virus HIV e di

quelli delle Epatiti B e C, riconoscendo che tali condizioni siano

assimilabili ai casi di infertilità per i quali è concesso il ricorso alla PMA. In

questi casi c’è infatti un elevato rischio di infezione per la madre e il feto

conseguente a rapporti sessuali non protetti con il partner sieropositivo. Un

rischio che, di fatto, preclude la possibilità di avere un figlio a queste

coppie;

- l’indicazione che ogni centro per la PMA debba assicurare la presenza di

un adeguato sostegno psicologico alla coppia, predisponendo la possibilità

di una consulenza da parte di uno psicologo adeguatamente formato nel

settore;

- l’eliminazione dei commi delle precedenti linee guida che limitavano la

possibilità di indagine a quella di tipo osservazionale e ciò a seguito delle

sentenze di diversi tribunali e in particolare di quella del TAR Lazio

dell’ottobre 2007. Questa sentenza ha infatti annullato le linee guida

precedenti proprio in questa parte, ritenendo tale limite non coerente con

quanto disposto dalla legge 40.

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Capitolo 4

LE RELAZIONI DEL MINISTRO TURCO AL PARLAMENTO

4.1. I dati ufficiali del Registro Nazionale dell’ISS relativi all’anno

2005 e i cambiamenti intervenuti a seguito dell’applicazione della

legge 40/2004

Il Ministro della Salute Livia Turco ha presentato al Parlamento nel luglio

2007 i primi dati ufficiali del registro nazionale dell'Istituto Superiore di

Sanità relativi all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente

assistita effettuate nel 2005 in Italia.

Al fine di esplicitare gli effetti dei cambiamenti intervenuti a seguito

dell’applicazione della legge 40/2004, e per effettuare quindi un confronto

tra l’anno 2003 e l’anno 2005, tra la situazione prima e dopo la legge, sono

stati analizzati i risultati riferiti alle tecniche a fresco Fivet e Icsi negli anni

2003 e 2005 da cui emergono i seguenti risultati:

- complessivamente sono stati raccolti i dati di 169 centri contro i 120 del

2003, dai quali risultano 6.235 gravidanze contro le 4.807 del 2003, con una

media di gravidanza per centro del 36,9% a fronte del 40,1% del 2003;

- le pazienti trattate sono state 27.254 nel 2005 contro le 17.125 del 2003;

- le percentuali di gravidanze ottenute sui prelievi passano dal 24,8% del

2003 al 21,2% del 2005, con una riduzione di 3,6 punti percentuali;

- applicando la percentuale di gravidanze ottenute sui prelievi nel 2003 ai

prelievi eseguiti nel 2005, si evince una perdita ipotetica di 1.041

gravidanze;

- il numero di trasferimenti effettuati con un solo embrione è passato dal

13,7% del 2003 al 18,7% del 2005, mentre più del 50% dei trasferimenti

viene effettuato con tre embrioni contro il 44% del 2003;

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- è aumentata dal 22,7% del 2003 al 24,3% del 2005 la percentuale di parti

plurimi (parti gemellari, trigemini e multipli);

- sono aumentati dal 23,4% nell’anno 2003 al 26,4% nell’anno 2005 gli

esiti negativi delle gravidanze, per aborti spontanei, morti intrauterine,

gravidanze ectopiche correlate all’obbligo di impianto di tutti gli embrioni

previsto dalla legge 40/2004.

Rispetto alla situazione precedente l’entrata in vigore della legge risulta

quindi:

- una diminuzione delle percentuali di gravidanze, con conseguente

diminuzione di bambini nati;

- una più elevata percentuale di trattamenti che non giungono alla fase del

trasferimento o con bassa possibilità di successo (trasferimento di un

embrione non elettivo);

- un numero di oociti inseminati minore a fronte di un numero maggiore di

embrioni trasferiti;

- una più elevata incidenza di parti plurimi, con i conseguenti effetti

negativi immediati e futuri per i nati e per la madre;

- un aumento degli esiti negativi delle gravidanze.

Dalla Relazione emerge inoltre che il panorama dell’applicazione delle

tecniche PMA, in Italia, è ad oggi ancora molto ampio ed eterogeneo.

Esistono, anche dopo l’applicazione della legge 40/2004, ancora molti

centri di II e III livello che svolgono un numero ridotto e in alcuni casi

ridottissimo di procedure nell’arco di un anno.

Per questo occorre migliorare la qualità dei servizi da offrire alle coppie,

giacché l’esperienza nell’applicazione delle tecniche riveste un ruolo

determinante.

Inoltre, data l’esistenza di differenze territoriali Nord-Centro-Sud rispetto ai

centri pubblici o privati, si evidenzia la necessità di un’ulteriore valutazione

sui costi a carico delle coppie e sul fenomeno della migrazione delle coppie,

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da centro a centro, da regione a regione.

Notevoli sono i risvolti in termini economici. Nel caso di coppie che inizino

cicli “privati” l’insuccesso si riflette sul rischio economico familiare mentre

nel caso di coppie che si rivolgano ad un centro pubblico il conto “si carica”

sul Servizio Sanitario Nazionale.

Dall’età elevata delle pazienti consegue anche la necessità di incisive ed

efficaci azioni di prevenzione delle cause d’infertilità e anche di specifiche

campagne informative alle coppie, infertili e non.

Al fine di una migliore valutazione della sicurezza ed efficacia delle

tecniche, in particolare rispetto al tema della salute delle donne e dei nati, è

necessaria una raccolta dei dati in forma disaggregata, ciclo per ciclo,

particolarmente necessaria per evidenziare le criticità emerse nelle donne

con età superiore a 35 anni, nelle donne più giovani e nelle coppie con

gravissimo fattore di infertilità maschile.

Merita anche di essere rilevato e analizzato il fenomeno della migrazione

delle coppie verso i centri esteri, non solo per ottenere trattamenti che

utilizzano la donazione di gameti o la diagnosi genetica preimpianto (vietati

dalla legge 40/2004), ma anche per ottenere l’applicazione delle tecniche

con la più alta percentuale di successo possibile.

In conclusione della sua Presentazione alla Relazione il Ministro Turco ha

sottolineato: “Auspico che, a tre anni dall’applicazione della legge, si

continui a riflettere, con grande rigore e sobrietà, sulla legge medesima, a

partire dagli esiti dell’applicazione delle tecniche, al fine di garantire alle

donne e alle coppie la migliore efficacia e sicurezza delle tecniche e al fine

di garantire al meglio proprio i principi ispiratori dichiarati dalla legge, che

sono la tutela della salute delle donne e la tutela degli embrioni.”

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4.2. I dati ufficiali del Registro Nazionale dell’ISS relativi all’anno

2006

La Relazione 2007 sulla procreazione assistita, depositata dal Ministro

Turco in Parlamento a maggio del 2008, evidenzia come le percentuali di

gravidanze ottenute nel 2006 sono perfettamente sovrapponibili a quelle

dell’anno procedente, denotando un mancato incremento nelle percentuali

di gravidanze, come invece registrato in tutti gli altri paesi europei.

Nel 2006, infatti, sono state 7.507 e le coppie che si sono affidate alle

tecniche di procreazione medica assistita nei 342 centri sono state 52.206.

In particolare, con le tecniche sono state ottenute nel 2006 circa 10 mila

gravidanze, di queste ne sono state perse duemila e cinquecento nel corso

del cosiddetto follow-up della gestazione.

Tanti i parti plurimi: oltre il 18% quelli gemellari e più del 3% quelli

trigemini soprattutto tra le più giovani.

Secondo quanto scritto nella discussione finale della Relazione, infatti,

“l'analisi dei dati rileva come in più della metà dei trasferimenti effettuati,

vengano utilizzati tre embrioni”. Questo, si legge ancora, “aumenta il

rischio di gravidanze gemellari, soprattutto su pazienti di giovane età”.

In generale, dalla fotografia scattata nella Relazione, risulta che sono state

trattate con la tecnica di inseminazione semplice 18.431 coppie e sono stati

iniziati 29.901 cicli. Le gravidanze ottenute sono state 3.203, di queste ne

sono state perse al follow-up 907; delle 2.296 gravidanze monitorate sono

nati vivi 1.999 bambini.

Relativamente alle tecniche di secondo e terzo livello e cioè tecniche più

sofisticate a fresco e da scongelamento in 202 centri di PMA sono state

trattate 3.0274 coppie e iniziati 36.912 cicli. In questo modo sono state

ottenute 6.962 gravidanze e di queste ne sono state perse al follow-up 1.498.

Delle 5.464 gravidanze monitorate sono nati vivi 5.218 bambini.

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Negli stessi 202 centri di PMA sono stati trattati con tecniche da

scongelamento 3.501 coppie e sono stati iniziati 3.882 scongelamenti. Sono

state ottenute 443 gravidanze, di queste ne sono state perse 95. Dalle 348

gravidanze monitorate sono nati vivi 290 bambini.

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Capitolo 5

LE LEGGI NEI VARI STATI EUROPEI

E TURISMO PROCREATIVO

Tutti i centri europei per la procreazione medicalmente assistita fanno capo

alla European Society of Human Reproduction and Embriology (Eshre).

Nel 1999 la Eshre ha allestito un registro, chiamato European Ivf

Monitoring, con lo scopo di realizzare un programma di raccolta dati a

livello europeo sulla PMA, grazie anche alla collaborazione dei Paesi che

ne avevano già uno o avevano in programma di realizzarlo.

(Fonte: Istituto Superiore di Sanità, Registro Nazionale della PMA,

www.iss.it/rpma)

5.1. Belgio

5.1.1. Il Registro della PMA

Il Registro Belga per la procreazione assistita BELRAP è stato istituito nel

1989 per raccogliere i dati relativi alla PMA ed è gestito dal 1999 dal

Collège des Médecins Spécialisés en Médecine Reproductive. Il sito del

registro fornisce anche l’elenco dei centri e le statistiche sui risultati dei

trattamenti.

(Fonte: Cerco Un Bimbo, www.cercounbimbo.net).

5.1.2. La legislazione

Solo nel 2007 il Belgio si è dato una legge complessiva che regola la PMA,

la "Loi relative à la procréation médicalement assistée et à la destination des

embryons surnuméraires et des gamètes" (pubblicata sul Moniteur n. 214

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del 17 juillet 2007).

Di seguito le principali norme fissate dalla nuova legge:

- l’accesso alla PMA sia omologa che eterologa è consentito alle coppie

sposate o conviventi (senza alcuna certificazione), sia eterosessuali che

omosessuali, e alle donne single. La legge indica i soggetti della PMA come

gli "autori del progetto parentale" ("auteurs du projet parental")

indipendentemente da ogni altro elemento; su indicazione medica è

consentito l'accesso alla PMA anche ai minori di 16 anni; è tuttavia fissato

un limite massimo di età per la donna: il prelievo di oociti, l'inseminazione

e il trasferimento di embrioni omologhi non possono essere effettuati su

donne di più di 45 anni, mentre il limite di età per l'ovodonazione è di 47

anni;

- non c'è un limite al numero di oociti fecondabili ed è possibile il

congelamento di embrioni per un periodo massimo di 5 anni (prolungabile

in casi eccezionali). In alternativa, o se sono trascorsi i 5 anni, gli embrioni

sovrannumerari possono essere distrutti, oppure destinati alla ricerca

scientifica o essere donati ad altri. Fatte salve indicazioni mediche

contrarie, bisogna esaurire gli embrioni congelati prima di crearne altri “da

fresco”, sempre che gli embrioni congelati siano in buone condizioni;

- trasferimento di embrioni post mortem: nel caso in cui i partner avessero

congelato embrioni in vista di una gravidanza futura e uno dei due muoia

nel frattempo, è possibile il trasferimento post mortem degli embrioni entro

un periodo di tempo che va tra i 6 mesi e i 2 anni dopo la morte del partner;

- la donazione di embrioni sovrannumerari è consentita solo a titolo gratuito

(è vietata la commercializzazione di embrioni) e deve essere anonima; il

centro di PMA può comunicare alla ricevente solo i dati relativi alle

condizioni di salute e alle caratteristiche fisiche dei genitori genetici, e

questi stessi dati (e solo questi) potranno essere comunicati anche al

bambino o ai suoi medici curanti per ragioni sanitarie. E' vietato trasferire

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simultaneamente a una stessa donna embrioni provenienti da diverse

donatrici. Gli embrioni di una stessa coppia donatrice possono essere usati

per ottenere una gravidanza in al massimo 6 diverse donne;

- la donazione di gameti (seme e oociti) è consentita solo a titolo gratuito (è

vietata la commercializzazione) ma può essere stabilita un'indennità a

favore dei donatori/trici a titolo di rimborso spese; la donazione è anonima,

ma è autorizzata una donazione non anonima se c'è un accordo in tal senso

tra donatore e ricevente. E' vietata la fecondazione simultanea di gameti

provenienti da diversi donatori/trici. I gameti di uno stesso donatore/trice

possono essere usati per ottenere una gravidanza in al massimo 6 donne

diverse;

- la diagnosi genetica preimpianto è consentita, ed è vietata solo in due casi:

(1) se ha finalità eugenetiche, cioè mira a selezionare o potenziare

caratteristiche genetiche non patologiche della specie umana, (2) se mira

alla scelta del sesso del bambino, tranne nei casi in cui questa permetta di

scartare embrioni portatori di malattie legate al sesso. In deroga a questi due

casi, la PGD può essere autorizzata in via eccezionale nell'interesse

terapeutico di un bambino già nato;

- la maternità surrogata non è presa in considerazione dalla legge belga e

non è soggetta a regolamentazioni specifiche. In assenza di divieti espliciti

è di fatto consentita, e i centri di PMA possono valutare caso per caso se

seguire questo tipo di casi. Dal punto di vista giuridico è previsto che alla

nascita del bambino la madre gestazionale ceda i suoi diritti parentali al

“padre intenzionale”, la cui moglie dovrà fare domanda di adozione del

bambino del suo coniuge; in un caso un giudice belga ha rifiutato questa

domanda di adozione per non ratificare l’avvenuta surrogazione, ma la

prassi è di pronunciarsi in senso favorevole nell'interesse del bambino.

(Fonte: Cerco Un Bimbo, www.cercounbimbo.net)

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5.2. Francia

5.2.1. Il Registro della PMA

Le statistiche francesi sui risultati della PMA sono gestite dalla FIVNAT,

un’associazione fondata dal 1986 alla quale aderisce la maggior parte dei

centri di PMA francesi. E’ stata fondata dai pionieri della fecondazione in

vitro in Francia per valutarne l’attività ed è stato il primo e più importante

Registro epidemiologico di fecondazione in vitro del mondo. Ancora oggi

resta leader nel campo ed i suoi lavori sono sempre una referenza mondiale.

Nel 2004 è stato istituito l’organismo statale “Agence de la biomédecine”

per svolgere funzioni di valutazione e controllo in ambito di procreazione,

embriologia e genetica umana.

(Fonti: Istituto Superiore di Sanità, Registro Nazionale della PMA,

www.iss.it/rpma - Cerco Un Bimbo, www.cercounbimbo.net)

5.2.2. La legislazione

Il quadro normativo attuale è fissato dalla “legge di bioetica” del 2004 (Loi

n.° 2004-800 du 6 août 2004 relative à la bioéthique).

Le norme principali che regolano la PMA in Francia sono le seguenti:

- la PMA omologa è consentita solo per le coppie eterosessuali, formate da

un uomo e da una donna entrambi viventi e in età procreativa, coniugate o

che siano in grado di dimostrare una convivenza stabile da almeno 2 anni.

Non si può procedere alla PMA in caso di morte di uno dei partner, di

deposito di una richiesta di separazione o divorzio, di interruzione della

convivenza, di revoca scritta del consenso da parte di uno dei due;

- il congelamento di embrioni è consentito. I pazienti possono dare il

consenso affinché sia fecondato un numero di oociti tale da rendere poi

necessario il congelamento degli embrioni per proseguire il loro progetto

genitoriale in caso di fallimento. La coppia, però, non può fare un nuovo

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tentativo di PMA “da fresco” finché non sono stati trasferiti tutti gli

embrioni congelati, a meno che non si siano nel frattempo rovinati;

- conservazione degli embrioni congelati ed embrioadozione: la coppia che

ha propri embrioni congelati viene consultata una volta all'anno per

esprimere un parere scritto su cosa intende farne. Se viene meno il progetto

genitoriale o se muore uno o entrambi i coniugi, i coniugi (o il coniuge

rimasto) possono decidere di donare gli embrioni ad altre coppie o di

destinarli alla ricerca scientifica o chiedere che siano distrutti.

L’adozione di embrioni è consentita a titolo eccezionale a coppie che non

possono concepire senza una donazione di gameti e può avvenire solo in

forma totalmente anonima e gratuita (come la donazione di gameti);

- la donazione di seme e di oociti è consentita e anzi è incentivata

nell'ambito della complessiva politica francese sull'importanza della

donazione di organi in generale. La donazione di gameti, comunque, è

possibile solo a certe condizioni. E' vietato creare un embrione a partire da

due gameti entrambi estranei alla coppia (quindi si può ricorrere o alla

donazione di seme o all'ovodonazione ma non a tutte e due insieme). Inoltre

la donazione deve essere anonima e gratuita, quindi è vietata qualunque

forma di compenso per donatori/trici.

Per quanto riguarda la donazione di seme il donatore deve avere meno di 45

anni, essere già padre di almeno un bambino, avere il consenso della

moglie/compagna, ed essere disponibile a effettuare tutte le analisi cliniche

richieste. Ciascun donatore non può generare più di 10 bambini col proprio

seme.

Per quanto riguarda la donazione di oociti la donatrice deve avere meno di

36 anni, essere madre di almeno un bambino, avere il consenso del

coniuge/compagno (il consenso è revocabile in qualunque momento sia

dalla donatrice sia dal suo coniuge/compagno). La donna ricevente deve

avere al massimo 40 anni.

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Le donazioni non possono avvenire “da fresco” ma solo dopo un periodo di

osservazione di 6 mesi, terminato il quale il donatore/trice ripete gli esami

sierologici. In caso di donazione di seme, il seme donato viene congelato e

tenuto in osservazione 6 mesi. In caso di ovodonazione, gli oociti vengono

fecondati e poi gli embrioni restano congelati per 6 mesi e quindi trasferiti

dopo lo scongelamento;

- la diagnosi genetica preimpianto è consentita su autorizzazione

dell'Agence de la biomédecine e su richiesta esplicita della coppia, in casi

eccezionali e per malattie genetiche di particolare gravità per le quali non

esiste possibilità di cura al momento della diagnosi. Si tratta di una tecnica

scarsamente applicata in Francia;

- la maternità surrogata è vietata.

(Fonte: Cerco Un Bimbo, www.cercounbimbo.net)

5.3. Gran Bretagna

5.3.1. Il Registro della PMA

L’HFEA, Human Fertilisation and Embriolgy Authority, è l’autorità

governativa inglese, un organismo indipendente, che sovrintende alla

sicurezza e all’applicazione delle tecniche nel campo dei trattamenti di

fecondazione e nel campo della ricerca embriologica. Autorizza e controlla

i centri che praticano la fecondazione in vitro, l’inseminazione eterologa e

la ricerca sugli embrioni umani.

Fornisce, inoltre, un’ampia gamma di informazioni rivolte ai pazienti, ai

professionisti del settore e al governo.

(Fonte: Istituto Superiore di Sanità, Registro Nazionale della PMA,

www.iss.it/rpma).

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5.3.2. La legislazione

La legislazione britannica sulla PMA è basata su una legge del 1990, lo

“Human Fertilisation and Embryology Act” con la quale è stata anche

costituita la HFEA.

Nel gennaio 2004 il governo ha annunciato di volere rivedere la legge del

1990 ed è in corso di discussione al parlamento, dal novembre 2007, una

nuova legge (Human Fertilisation and Embryology Bill).

Il quadro attuale è il seguente:

- si possono effettuare tutte le tecniche di PMA omologa senza particolari

limitazioni di legge: non c'è limite al numero di oociti fecondabili, è

possibile congelare embrioni, è possibile fare la diagnosi genetica

preimpianto; non c'è un limite di età fissato per legge, ma gran parte dei

centri non ammette in trattamento donne sopra a 44-45 anni;

- la donazione di seme e di oociti è consentita, tuttavia dal 2005 è stato

abolito l'anonimato per donatori e donatrici (garantendo per legge ai

nascituri il diritto a conoscere l'identità del genitore biologico al

compimento del diciottesimo anno) ed è perciò crollato drasticamente il

numero di donazioni. Oggi le liste di attesa per l’eterologa sono talmente

lunghe che anche i pazienti inglesi si rivolgono all'estero;

- la maternità surrogata è consentita ma solo a certe condizioni: gli aspiranti

genitori devono essere maggiorenni, coniugati, di sesso diverso, residenti in

Gran Bretagna, e almeno uno dei due deve essere genitore biologico del

bambino; è inoltre richiesta una complessa procedura legale.

Si tratta quindi di una opzione difficilmente praticabile per pazienti

stranieri.

(Fonte: Cerco Un Bimbo, www.cercounbimbo.net)

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5.4. Spagna

5.4.1. Il Registro della PMA

Nel 1994 è stato istituito nella regione autonoma della Catalogna il

“Registro Individualizado de Reproducciòn Humana Asistida”, con lo

scopo di raccogliere dati sulle attività dei centri che applicano le tecniche di

procreazione medicalmente assistita. Le informazioni sono raccolte in modo

aggregato e dal 1999 il Registro si sviluppa raccogliendo i dati in maniera

individuale.

(Fonte: Istituto Superiore di Sanità, Registro Nazionale della PMA,

www.iss.it/rpma)

5.4.2. La legislazione

Per quanto riguarda la legislazione la Spagna è stato uno dei primi paesi a

dotarsi di una legge in questa materia (Ley 35/1988 sobre técnicas de

reproducción asistida). Diversi anni dopo è intervenuta una nuova legge

(Ley 45/2003) che ha autorizzato l'uso a fini di ricerca degli embrioni

congelati ma che ha introdotto un limite di 3 oociti fecondabili in ciascun

ciclo di fecondazione in vitro. Infine, nel 2006, la materia è stata riformata

da una nuova legge generale (Ley 14/2006 sobre técnicas de reproducción

humana asistida).

Queste le norme più importanti:

- l'accesso alla PMA è consentito a tutte le donne maggiorenni,

indipendentemente dal loro stato civile e orientamento sessuale (quindi

anche alle donne single e lesbiche); se la donna è sposata è necessario anche

il consenso del marito, a meno che non siano separati legalmente o di fatto;

non è fissato un limite di età per l'accesso a qualunque tecnica;

- non c'è limite al numero di oociti fecondabili ma è consentito trasferire al

massimo 3 embrioni per ciascun ciclo di fecondazione in vitro, gli altri

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devono essere congelati. E' dunque consentito il congelamento di embrioni.

Gameti ed embrioni congelati possono essere donati ad altri a fini

riproduttivi o destinati alla ricerca scientifica; una volta scaduto il tempo

massimo di conservazione senza che ne sia stata stabilita la destinazione,

dovranno essere distrutti;

- la donazione di gameti ed embrioni è consentita in forma gratuita e

anonima, sotto forma di “un contrato gratuito, formal y confidencial

concertado entre el donante y el centro autorizado”.

La donazione non può avere carattere lucrativo o commerciale, ed è

consentito dare ai donatori/trici solo un compenso economico che ne

risarcisca l'impegno fisico e di tempo; i centri di PMA possono svolgere

attività di pubblicità e promozione delle donazioni ma senza incentivarle

offrendo compensi o benefici economici.

Per quanto riguarda l'anonimato, il bambino, i suoi rappresentanti legali e i

riceventi hanno diritto a ottenere informazioni generali sul donatore/trice

ma non a conoscerne l'identità; l'identità del donatore/trice potrà essere

rivelata solo in circostanze eccezionali che comportino un sicuro pericolo di

vita o sanitario per il bambino.

I donatori/trici devono avere almeno 18 anni ed essere in buone condizioni

psicofisiche, accertate tramite esami clinici volti in particolare a verificare

che non vi siano malattie ereditarie, genetiche o infettive trasmissibili ai

figli; le stesse condizioni si applicano anche a gameti provenienti da altri

paesi.

I gameti di uno stesso donatore/trice non possono essere usati per generare

più di 6 bambini.

Ai riceventi non è consentito in nessun caso scegliere il donatore/trice, ma il

centro di PMA dovrà preoccuparsi di assicurare la massima somiglianza

fenotipica e immunologica possibile tra donatore/trice e ricevente.

E' vietato (e sanzionato in modo grave) usare per lo stesso transfer embrioni

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creati con seme di uomini diversi o con oociti di donne diverse;

- la fecondazione post mortem non è esplicitamente vietata, e anzi sembra

consentita laddove la legge afferma che, in caso di morte del marito quando

i suoi “materiali riproduttivi” sono fuori dall'utero della moglie, non si potrà

stabilire legalmente una filiazione legittima. Peraltro la legge prevede che il

marito possa acconsentire (dichiarandolo per iscritto) a che i suoi “materiali

riproduttivi” siano utilizzati nei 12 mesi successivi alla sua morte per

fecondare sua moglie (e in tal caso la fecondazione produrrà tutti gli effetti

legali della filiazione matrimoniale); dichiarazione analoga può essere fatta

anche da un uomo non unito in matrimonio con la donna;

- la diagnosi genetica preimpianto è consentita per la diagnosi di gravi

malattie ereditarie non suscettibili di cura in base alle conoscenze

scientifiche attuali e per la diagnosi di qualunque alterazione che possa

compromettere la viabilità dell'embrione. L'uso della PGD per “finalità

terapeutiche nei confronti di terzi” (cioè per generare un figlio sano

compatibile con un fratello malato) richiede un'autorizzazione da parte delle

autorità competenti, che decideranno caso per caso. Qualunque intervento

terapeutico sugli embrioni è consentito solo allo scopo di trattare una

malattia o impedirne la trasmissione; è vietato modificare le caratteristiche

ereditarie non patologiche ed è severamente punita la selezione del sesso;

- la clonazione a scopo riproduttivo è vietata;

- la maternità surrogata non è vietata in quanto tale, ma la legge prevede che

sia giuridicamente nullo qualunque contratto con il quale si affidi (a titolo

gratuito o retribuito) una gravidanza a una donna che rinunci alla filiazione

materna a favore del contraente o di terzi; la filiazione dei bambini nati da

maternità surrogata sarà comunque determinata dal parto (in pratica, il

figlio è sempre della donna che lo partorisce).

(Fonte: Cerco Un Bimbo, www.cercounbimbo.net)

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5.5. Svizzera

5.5.1. Il Registro della PMA

Non esiste un elenco ufficiale pubblico dei centri di PMA svizzeri, né una

statistica delle percentuali di successo dei trattamenti. I dati dei centri

vengono raccolti dalla Società Svizzera di Medicina della Procreazione e

poi trasmessi all’Ufficio Federale di Statistica (UST) che ne cura la

pubblicazione in forma di rapporto. Tali rapporti, però, forniscono solo una

statistica nazionale e non danno informazioni sui singoli centri.

(Fonti: Istituto Superiore di Sanità, Registro Nazionale della PMA,

www.iss.it/rpma - Cerco Un Bimbo, www.cercounbimbo.net)

5.5.2. La legislazione

Per quanto riguarda la legislazione vale la legge federale sulla procreazione

assistita in vigore dal 1° gennaio 2001.

Questi i punti essenziali:

- non c'è un limite al numero di oociti fecondabili, ma non possono essere

portati allo stadio di embrione più di 3 oociti fecondati; quindi tutti gli

oociti fecondati sovrannumerari devono essere immediatamente congelati;

- il congelamento di embrioni può avvenire solo nella primissima fase del

loro sviluppo, cioè quando si trovano allo stadio di zigote o, come dice

testualmente la legge svizzera, di “oocita impregnato, cioè oocita fecondato

prima della fusione dei nuclei”;

- per quanto riguarda le indagini genetiche sull’embrione, è consentita la

biopsia del globulo polare ma è vietata la diagnosi genetica preimpianto.

Tuttavia alla fine del 2005 il Consiglio Federale è stato incaricato dal

Parlamento di presentare una nuova disciplina che consenta la diagnosi

preimpianto e ne definisca le condizioni. I relativi lavori legislativi sono

stati avviati nel febbraio 2007, l'inizio della procedura di consultazione è

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previsto per la seconda metà del 2008 e la trasmissione del relativo

provvedimento al Parlamento è prevista per la seconda metà del 2010.

La donazione di ovociti è vietata ma è consentita la donazione di seme,

anche se pochi centri la praticano. La donazione non può essere retribuita, il

donatore può donare solo a un singolo centro e il suo seme può essere usato

per concepire al massimo 8 figli. Le informazioni sul donatore devono

essere conservate presso un ufficio federale e il bambino, una volta

maggiorenne, potrà conoscere l'identità del donatore. Possono accedere alla

donazione di seme solo le coppie sposate ed è richiesto il certificato di

matrimonio;

- embriodonazione e maternità surrogata sono vietate.

(Fonte: Cerco Un Bimbo, www.cercounbimbo.net)

5.6. Il Turismo procreativo

L’introduzione della legge 40/2004 in Italia ha avuto importanti

conseguenze sul fenomeno del cosiddetto “turismo procreativo”, termine

con il quale si descrivono i “viaggi” degli italiani all’estero alla ricerca di

un figlio.

Secondo i dati presentati alla fine del 2006 da un’indagine condotta

dall’Osservatorio sul Turismo Procreativo, è emerso l’aumento del numero

di coppie che vanno all’estero dopo l’introduzione della legge 40/2004 per

affidarsi a tecniche riproduttive proibite in Italia. Le richieste riguardano

soprattutto la fecondazione eterologa, il congelamento degli embrioni e la

diagnosi genetica preimpianto.

L’indagine, che ha interessato 27 strutture fra Europa e Stati Uniti, ha

evidenziato che le coppie italiane che vanno all’estero sono cresciute di

quattro volte dopo quasi tre anni dalla legge 40.

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Prima dell’introduzione della legge, presso le stesse strutture, le coppie

erano 1.066, successivamente sono diventate 4.173.

(Fonte: Osservatorio sul Turismo Procreativo, CECOS – Centro Studi

Conservazione Ovociti e Sperma umani).

Di seguito si riportano i dati emersi dall’indagine relativamente alle mete

preferite ed alle tecniche richieste.

La Spagna si trova al primo posto tra le preferenze delle coppie italiane, che

sono passate da 60 (prima della legge 40) a 1.365, attratte dalle ampie

possibilità della legislazione spagnola. Il fenomeno è supportato anche dalla

presenza di interpreti o di medici italiani o bilingue. La tecnica più richiesta

è l’ovodonazione, seguita dalla PGD (diagnosi genetica preimpianto).

Al secondo posto c’è la Svizzera, che viene preferita dal 32% del totale

delle coppie, per la sua vicinanza e per la lingua in comune con la nostra.

Gli italiani vanno soprattutto nei centri del Canton Ticino, raramente in

zona francese e tedesca. Il fenomeno è interessante poiché la legge svizzera

è molto restrittiva (è vietata l'ovodonazione, è in esame una legge per la

diagnosi preimpianto e i donatori di sperma sempre meno disponibili per

l'obbligo di rintracciabilità). Non è previsto però, a differenza della legge

italiana, il limite del numero degli ovociti fecondabili.

Bruxelles, in Belgio, si conferma tra le più importanti città europee per la

procreazione medicalmente assistita. Le coppie italiane sono passate da

204, prima della legge 40, a 775.

In Francia, a Nizza, il numero delle coppie italiane (proveniente quasi

esclusivamente dalla zona ligure) è invece stazionario, attorno al 5%.

In Gran Bretagna il numero di coppie italiane è quadruplicato, passando da

25 a 100 dopo la legge. Comunque gli alti costi dei trattamenti e le

difficoltà linguistiche costituiscono un deterrente per gli italiani, che inoltre

preferiscono centri in cui i medici parlino la loro lingua. La PGD è una

tecnica abbastanza richiesta, mentre sono in calo le donazioni di gameti,

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probabilmente perché la legge ha eliminato l’anonimato dei donatori.

Altro riferimento di eccellenza, solo per chi ha elevate possibilità

economiche, sono gli Stati Uniti, dove in media tre coppie al mese di

italiani si recano alla Cornell University ed era così anche prima della legge

40. Ad Harvard invece il numero è raddoppiato. Tra le tecniche più

richieste vi sono i test genetici e l’ovodonazione (i controlli sono molto

severi, ma è possibile la scelta del donatore).

I paesi dell’Europa dell’Est stanno invece diventando meta per chi vuole

spendere meno, come accade in Repubblica Ceca dove l’affluenza degli

italiani è aumentata da 22 a 500 coppie.

Il 10% delle coppie si dirige in Slovenia, soprattutto dalla vicina area di

Trieste.

In Grecia, in un noto centro di Salonicco le coppie italiane, assenti prima

della legge 40, ora sono il 12% del totale.

Si è registrato un aumento del 20% di italiani anche in Austria. A

Salisburgo funziona un nuovo centro che partecipa a un network formato da

vari paesi europei. In ognuno dei quali si applicano le tecniche consentite

dalla vigente legislazione. Per la diagnosi preimpianto la rete si appoggia a

una struttura a Chicago.

Infine in Turchia, in un ospedale pubblico di Istanbul, le coppie italiane

sfiorano il 20% del totale e richiedono soprattutto la diagnosi preimpianto.

Numerose richieste si registrano anche a Cipro, dove stanno arrivando i

primi pazienti dal nostro paese.

I costi dei trattamenti diventano un problema reale per le coppie che si

recano all’estero. Ma quali sono i costi dei trattamenti più richiesti?

“Nei migliori centri esteri europei il costo della Fivet con ovodonazione si

aggira attorno ai 5.000-7.000 euro. La sola Fivet costa mediamente 3.500-

3.700 euro, l’Icsi può prevedere o meno un costo aggiuntivo di 500-1.000

euro, mentre la PGD varia a seconda del numero di cromosomi analizzati

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tra 1.500-3.500 euro. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti le tariffe sono

decisamente più elevate. Nel Regno Unito, la Fivet si aggira attorno alle

3.000 sterline, l’Icsi costa sulle 5.000-6.000 sterline. La PGD raggiunge

quota 7.500 sterline, la Fivet con ovodonazione circa 7.500 sterline, la Fivet

con donazione di sperma 4.000 sterline. Negli Stati Uniti, le opzioni sono

molto varie e con esse i costi. Tuttavia un’indicazione media è la seguente:

circa 8.000 dollari per la sola ovodonazione, 10.000 dollari per la Fivet,

come pure per la Icsi. La Fivet con ovodonazione raggiunge i 20.000-

30.000 dollari. La maternità surrogata può costare 50.000 dollari. La PGD

costa circa 3.500 dollari, ma le cifre possono essere anche superiori.”

(Fonte: Osservatorio Turismo Procreativo, 2006).

In Italia i costi sono paragonabili a quelli elencati, ma all’estero bisogna

aggiungere le spese dei farmaci, gli eventuali imprevisti e, ovviamente, il

viaggio e il soggiorno in un albergo prima e dopo ogni ciclo di

fecondazione.

Il rischio di andare all’estero è che la scelta cada, per chi ha limitate

possibilità, sui centri più economici che non offrono garanzie tecniche e

non sono sottoposte a controlli.

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Capitolo 6

LE ASSOCIAZIONI DI PAZIENTI

6.1. Premessa

Le Associazioni di pazienti infertili sono organizzazioni senza scopo di

lucro formate da persone infertili che hanno deciso di unirsi per darsi aiuto

e sostegno reciproco, per scambiarsi informazioni ed esperienze, per

tutelare i loro diritti nella società e presso le istituzioni pubbliche.

Le associazioni fanno da punto di incontro per i pazienti perché possano

trovare la solidarietà e il supporto pratico e morale di altre persone nella

loro stessa condizione.

Nelle associazioni e nei loro siti internet i pazienti possono ricevere e

offrire conoscenze, notizie e servizi che li aiutino a conoscere meglio la loro

condizione e ad affrontarla anche grazie alla procreazione medicalmente

assistita.

Ho contattato i responsabili di alcune fra le maggiori associazioni in Italia

facendomi raccontare direttamente da loro come sono nate, come sono

organizzate, quali attività esternano e come si approcciano alla domanda dei

pazienti.

Attraverso di loro ho cercato di indagare i bisogni delle coppie, i problemi

dei pazienti, il comune sentire dell’infertilità rispetto alla problematica in

generale ed in particolare rispetto alla legge 40/2004.

6.2. Cerco Un Bimbo

Cerco Un Bimbo (CUB) è una associazione senza fini di lucro fondata su

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iniziativa di un gruppo di aspiranti genitori, con sede a Roma.

Tutto ha origine dall'esperienza di Amedeo de Longis, avvocato e

programmatore, e di sua moglie Federica Casadei, professore universitario,

che da anni cercano un figlio anche tramite la procreazione assistita.

Intervista a Federica Casadei, Presidente dell’associazione.

“L’associazione è nata quasi per caso. Nel 2002 mio marito, aveva

sviluppato un programma per il monitoraggio dei giorni fertili e creò,

insieme ad alcuni amici, un piccolo sito sul quale installarlo. In questo sito

vennero aperti alcuni forum di aiuto tecnico per l'uso del programma, che

ben presto divennero un punto di incontro per molte persone alla ricerca di

una gravidanza. Si decise allora di ampliare il sito e farne un vero e

proprio portale di informazione e di scambio di esperienze sull'infertilità.

Oggi il portale si occupa anzitutto di diffondere informazioni sull'infertilità

e sulla procreazione assistita, e vuole essere un punto di riferimento dove le

persone infertili possono trovare informazioni dettagliate, aggiornate e

comprensibili sull'infertilità e sulla medicina riproduttiva.”

E’ sufficiente visitare il portale (www.cercounbimbo.net) per rendersi conto

dell’eccezionale evoluzione di questa casuale iniziativa, sia per la quantità

dei materiali informativi che offre che per l'ampiezza della comunità che lo

anima.

I materiali informativi comprendono una Enciclopedia dell'infertilità, una

rassegna stampa, un elenco di FAQ, una bibliografia, una rassegna di link

utili, un elenco di centri italiani ed esteri di procreazione assistita.

Alla gestione del portale collabora uno staff di trenta persone, tra cui undici

consulenti medici e legali.

La sezione dei forum comprende circa quaranta forum di discussione su

temi che spaziano dall'endometriosi all'infertilità maschile, dalla

fecondazione in vitro all'adozione, ai quali si aggiungono dieci forum di

consulenza medica gestiti da specialisti (andrologia, ginecologia,

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fecondazione in vitro, embriologia, genetica, psicologia, sessuologia,

pediatria) e un forum di consulenza legale.

“Nel frattempo abbiamo deciso di fondare, insieme ad altre persone con cui

avevamo condiviso la battaglia contro la nuova legge sulla PMA,

un'associazione con lo scopo specifico di promuovere l'informazione

sull'infertilità e sulla medicina riproduttiva, di tutelare gli interessi dei

pazienti infertili e di rappresentarli nei confronti delle istituzioni. Così, nel

maggio 2003, è nata l'associazione Cerco Un Bimbo, della quale io e mio

marito siamo oggi rispettivamente Presidente e Vicepresidente.”

Per quanto riguarda i rapporti con i medici “ci avvaliamo della consulenza

di alcuni specialisti che rispondono nel sito. Queste persone non sono soci,

sono solo consulenti. L’Associazione ha una politica di autonomia rispetto

ai medici.”

I soci “sono un centinaio, ma quelli attivi sono alcune decine sparse in

tutta Italia, mentre gli utenti del sito sono migliaia (25.000 persone

registrate).

La nostra attività si esterna attraverso l’organizzazione di incontri

informativi per le coppie. Questa è lasciata all’iniziativa dei singoli

associati, nelle varie città. C’è un gruppo di associati milanese che è

rivolto alla legge 40. Ho partecipato personalmente ad alcune trasmissioni

televisive e abbiamo fatto parte del comitato promotore del referendum.

Per quanto riguarda la ricerca, al momento non abbiamo ancora fatto

nulla, esistono dei progetti ma mai varati.

Negli anni di attività abbiamo maturato una serie di contatti a vari livelli di

tipo medico sanitario con l’Istituto Superiore di Sanità e poi con il Registro

della PMA.

Siamo noti a livello istituzionale come associazione e sollecitiamo le stesse

istituzioni con diversi interventi. Nel 2002/2003 ho fatto un’audizione in

Senato.

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Siamo in rete con altre associazioni italiane, in particolare abbiamo

condiviso molte iniziative con Amica Cicogna, ma siamo anche in rete con

associazioni europee.

Stiamo partecipando ad un progetto per la creazione di una Federazione

Europea di Associazioni di Pazienti che aiuterebbe ad aprirsi a prospettive

oltreconfine.

Sarebbe molto importante creare una rete di informazione e controllo sui

centri esteri, creando un luogo in cui il paziente possa riferire le sue

impressioni, tenendo presente che si tratta comunque di ‘impressioni’

personali e che bisogna evitare la diffamazione.”

La tipologia dell’utenza che si rivolge a Cerco Un Bimbo “è costituita per

l’80% da donne e per il 20% da uomini, pochissime le presenze di mamme

‘single’ o coppie lesbiche. La fascia d’età prevalente è quella dai 30 ai 40

anni, anche se ci sono parecchie persone sotto i 30 e parecchie sopra i 40.”

Ma quali domande vengono rivolte ad un’associazione di pazienti? “La

prima richiesta è l‘informazione: non so da dove cominciare, dove trovo un

ginecologo, un centro, quali analisi, non ho capito cosa ha detto il medico.

Una frase che si sente spesso è: ‘ho imparato di più sul vostro sito che dal

mio medico’. Poi ci arrivano anche richieste di cose specifiche: che

siringhe devo usare, come fare le iniezioni, ecc..

Dopodiché l’altra grande richiesta riguarda la condivisione, la necessità di

trovare altre persone che hanno lo stesso problema e il desiderio di non

sentirsi una pecora nera. Di infertilità si parla molto poco, è ancora un

tabù. C’è una visione arcaica dell’infertilità, considerata più una colpa che

una malattia. Anche se oramai si può parlare di una vera un’emergenza

sanitaria.”

Per quanto riguarda la legge 40/2004 “dal mio punto di vista si tratta di una

legge puramente ideologica. Una sola motivazione: l’embrione è una

persona e va tutelato come persona. Ma se tutelare l’embrione vuol dire

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non far nascere i bambini, allora non c’è tutela.

Questa legge ha troppi limiti, valeva la pena vietare completamente la

procreazione assistita, perché se viene consentito di farla allora deve

essere fatta al meglio di quello che consente la tecnica medica.

E’ un principio folle che si possa regolare una tecnica medica sulla base di

principi ideologici. Negli altri paesi le leggi si limitano a fissare grandi

regole, ma non entrano del merito delle questioni mediche.

I punti critici della legge, contestati anche dalle pazienti, sono il limite dei

3 embrioni e il divieto del loro congelamento. Anche il divieto della

diagnosi preimpianto viene vissuto come una violenza. Non si può fare

l’amniocentesi sull’embrione, ma a 3 mesi di gravidanza si.

Tra le lamentele delle pazienti, poi, c’è anche la scarsa disponibilità di

centri pubblici di buon livello. Mentre, per quanto riguarda i rapporti con i

medici, a volte c’è la sensazione che troppi medici siano vecchio stile,

troppo paternalistici (sono comunque ‘impressioni’), con molte buone

eccezioni. Spesso vi è la sensazione di essere soli ed il supporto psicologico

non sempre c’è. A volte questo supporto è svolto proprio dall’associazione

di pazienti.”

6.3. Madre Provetta

L'associazione Madre Provetta è nata a Roma nel 1994, per opera di alcune

donne parlamentari, studiose e giornaliste interessate ad indagare

culturalmente e scientificamente l'ambito della procreazione medicalmente

assistita.

Dal 1996 l'Associazione è diventa organizzazione non lucrativa di utilità

sociale.

Dispone di un proprio sito internet (www.madreprovetta.org) che offre

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documentazione, elenco di eventi, forum.

Intervista a Monica Soldano, bioeticista, Presidente dell’associazione.

“L’associazione ha radici culturali e politiche. Già alla fine degli anni ‘80

un gruppo di donne parlamentari cominciava a ragionare sulle donne.

L’idea di questa associazione venne all’on. Giovanna Melandri che,

quando divenne parlamentare, decise di presentare una proposta di legge

su questo tema.

Io mi ero appena laureata con una tesi su questo argomento e fui chiamata

a collaborare allo studio della proposta di legge.

Per capire di più il problema, soprattutto il punto di vista dei cittadini che

vivono l'infertilità, nel 1995 è stato attivato un servizio telefonico di

ascolto, denominato Telefono Cicogna. Io rispondevo a questo telefono di

orientamento e cercavo di farmi un’idea delle domande, cercavamo di dare

delle risposte, anche coinvolgendo dei medici. Il numero era molto

pubblicizzato e l’interesse c’era. Nel 1998 questa proposta di legge fu

depositata ed io divenni la coordinatrice di Madre Provetta.

La nostra associazione aveva la leadership nel dibattito politico legislativo

della fine degli anni novanta. Organizzavamo dibattiti a Montecitorio,

consultavamo esperti, politici.

Quando l’on. Melandri divenne Ministro decisi di tenermi l’associazione,

che altrimenti sarebbe stata chiusa, convincendo alcune persone a restare

con me.

Ho portato avanti l’associazione sviluppando una rete di contatti tra medici

e operatori di tutta Italia ed altre associazioni. Successivamente l’obiettivo

di far chiarezza sulle legge 40 mi ha portato a diventare una della

promotrici del referendum abrogativo della legge. Abbiamo partecipato al

comitato dei quattro referendum parziali.

Da lì sono iniziate le azioni legali che stiamo portando avanti: stiamo

rovistando gli angoli della legge. Ci sono state già alcune sentenze sulla

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legge 40, di cui due promosse da noi, ma ne stiamo aspettando altre.

La mia difficoltà iniziale è stata quella di scendere dal livello istituzionale

parlamentare fino alla società civile, al contatto con la gente che aveva

questo problema. Ho fatto il passaggio esattamente inverso rispetto a

quello che fanno tutte le altre associazioni che partono ‘dal basso’.

Per quanto riguarda l’organizzazione interna siamo diventati

estremamente agili, soprattutto per motivi economici. All’inizio avevamo

una sede importante in una zona centrale di Roma. Poi è cambiata la

domanda, abbiamo notato che la gente non aveva più bisogno di venire in

sede in quanto una grande domanda arrivava attraverso internet. Dagli

anni ‘90 al 2000 si è modificata la modalità dell’azione perché è cambiato

il modo di comunicare delle persone. Prima attraverso il telefono, poi

attraverso e-mail. Io ho sempre pensato che la gente avesse voglia vedere

le persone di faccia invece non è così. La gente si nasconde molto e ha

trovato internet come strumento di massima segretezza.

I forum delle altre associazioni, che non avevano la nostra capacità di

inserirsi in ambiti istituzionali e di costruire azioni politiche, hanno

cominciato a diventare sempre più frequentati.

Dovendo competere con questa nuova realtà, abbiamo accettato di fare

marketing tagliando i costi, che oramai diventavano sproporzionati, anche

rispetto alla sede, e con l’utilizzo di internet abbiamo potuto indirizzare le

nostre risorse economiche sulle attività.”

Quali attività sta promuovendo l’associazione? “Abbiamo fatto una ricerca

l’anno scorso che si è conclusa con la pubblicazioni di un testo di taglio

giuridico sul biodiritto dal titolo ‘Tecnologie riproduttive e tutela della

persona, verso un comune diritto europeo della bioetica’ in cui abbiamo

cercato di capire quale siano le esperienze a livello europeo rispetto ai temi

della libertà del diritto alla maternità.

In collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità abbiamo organizzato i

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primi focus group per capire il fabbisogno informativo delle coppie.

La risposta è stata che la gente ha difficoltà a trovare informazioni ma che

chiede ogni forma di informazione anche per il riconoscimento del proprio

problema. Addirittura in un focus group è emerso che le coppie vorrebbero

vedere dei tabelloni per strada o la pubblicità nei giornali dove si parla di

questo, si cita il problema. C’è un grande bisogno che qualcuno ne parli.

In Italia i dati e le informazioni sono stati sempre trascurati, ma è

necessario iniziare a capire chi fa che cosa.

La procreazione assistita esiste in Italia dagli anni 70 e per vent’anni non

si sapeva nulla: quanti sono quelli che hanno problemi, quanti sono i cicli

per trattamento, in che centri si va, chi lavora in questo settore, ecc.. Solo

adesso si comincia ad organizzare questa risposta.

La nostra associazione ha avuto un ruolo di avanguardia rispetto a tutte

queste domande, perché noi abbiamo cercato di ragionare proprio su

questo nei dieci anni che hanno preceduto la legge del 2004. Purtroppo i

risultati non sono ancora brillanti, ci vuole tempo, i centri sono poco

abituati a dire i fatti loro.

Con i medici abbiamo trovato anche disponibilità a collaborare. All’inizio

facevamo venire in sede dei medici per un colloquio gratuito con le coppie

1-2 volte a settimana su appuntamento, poi con internet abbiamo messo a

disposizione 21 esperti (medici, biologi, andrologi, psicologi) che

rispondono nel sito. Con gli psicologi abbiamo formato gruppi di auto

aiuto.

Dopo quattro anni sono riuscita a realizzare anche un progetto formativo.

Riassumendo, la nostra attività si esternata attraverso l’orientamento alle

coppie attraverso gli esperti, prima su appuntamento e poi on-line, la

ricerca nel campo del biodiritto, corsi di formazione, iniziative nel dibattito

politico legislativo.”

Per quanto riguarda i rapporti con le altre associazioni “devo dire che il

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referendum ci ha aiutato molto a lavorare insieme e sentiamo molto la

battaglia contro la legge 40. Ci ha unito l’avere un comune nemico. Alla

fine degli anni 90 ho lavorato molto con l’associazione Hera di Catania.

Attualmente siamo in rete stabilmente con almeno 4-5 associazioni e ci

sentiamo almeno una volta alla settimana. Siamo uniti nella battaglia

contro la legge 40.”

Chi sono gli associati e quali domande hanno? “L’associazione conta circa

250 soci, mente gli utenti iscritti nel sito sono 1.800.

La partecipazione è soprattutto femminile, gli uomini non escono molto allo

scoperto, ed è una cosa che mi confermano anche le altre associazioni. Gli

uomini sono trascinati. Anche se nelle battaglie politiche c’è una qualche

partecipazione.

La domanda base è: qual’ è il centro giusto? Ma dietro questo c’è tutta una

richiesta di ascolto.

Per questo i forum hanno successo. Servono a trovare uno spazio virtuale

di compagnia e di accompagnamento.

Noi accompagniamo a distanza le coppie nei percorsi della procreazione

medicalmente assistita, ci scrivono, ci dicono com’è andata.”

Per quanto riguarda la legge 40 “dal punto di vista delle coppie è vissuto

molto male il divieto della fecondazione eterologa, il divieto del

congelamento degli embrioni e della diagnosi genetica. Come pure il limite

dei 3 embrioni. A mio parere tutto l’art. 14 è da buttare.

Per quanto riguarda i disagi in generale lamentati dai pazienti c’è

innanzitutto la poca informazione, la poca chiarezza e trasparenza sui

centri migliori. Carenza informativa e paura.

Un’ultima cosa: il problema economico c’è, è vero ed autentico. Se ne

parla poco, solo per quelli che devono andare all’estero. In realtà no,

anche per quelli che restano il problema c’è.”

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6.4. Amica Cicogna

L’associazione Amica Cicogna ONLUS (organizzazione non lucrativa di

utilità sociale) è stata costituita a Salerno nel 1998.

E’ un’associazione di volontariato, che offre gratuitamente consulenza

medica, legale e psicologica relativamente alle problematiche della sterilità.

Nel sito dell’associazione (www.amicacicogna.it) sono disponibili

informazioni relative a questo problema, vengono esposte iniziative,

suggerimenti e aiuti per chi è interessato.

Intervista a Filomena Gallo, avvocato, Presidente dell’associazione.

“L’associazione è nata nel 1998. All’epoca ci fu un problema con la

prescrizione delle gonadotropine e alcune coppie che dovevano fare la

stimolazione ovarica si rivolsero a me, come avvocato, per impugnare

l’ordinanza del ministro Bindi che prevedeva restrizioni sui farmaci. Io li

consigliai di costituirsi in associazione poiché quando una problematica è

più sentita, più rilevante per la collettività, ha maggiore rilievo anche

giuridico.

L’associazione fu costituita e mi elessero presidente. Nel frattempo il

ministro Bindi aveva posto rimedio al problema e non ci fu bisogno di

un’azione giudiziaria.

Il gruppo di coppie che si era comunque riunito, rendendosi conto della

mancanza di conoscenza che c’era intorno a questo tema, decise di

mantenere in vita l’associazione ed insieme abbiamo fatto, fino a prima del

2004 e poi dopo in altri modi, informazione per la prevenzione della

sterilità.

Ancora oggi tutto ciò che è legato ad argomenti che riguardano la

sessualità costituisce tabù. Soltanto quest’anno abbiamo avuto, per la

primissima volta, uno spot pubblicitario sull’uso del preservativo.

In questi anni abbiamo fatto attività di informazione, anche in modo

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semplice, con incontri pubblici, su come prevenire le problematiche della

fertilità.

Abbiamo fatto formazione nelle scuole, dalla terza media agli istituti

superiori, illustrando quali sono le conseguenze della mancanza di

attenzione nel conservare la propria fertilità.

Abbiamo partecipato, prima dell’approvazione della legge 40, al dibattito

parlamentare di formazione della legge stessa ma senza esito; sono state

fatte audizioni, abbiamo fatto proporre emendamenti da parlamentari, ma

la legge era blindata e tutti gli emendamenti sono stati rigettati.

Successivamente ci siamo impegnati nella campagna referendaria per far

modificare la legge, ma considerato il risultato è come se questo

referendum non ci fosse mai stato.

Il grande problema è stato il modo in cui hanno cercato di ostacolare ogni

forma di informazione sul tema di cui stiamo parlando.

Facciamo caso alle copertine dei giornali dell’epoca. Io ne ricordo una

dell’Espresso dove c’era un bambino dentro una provetta: ma un bambino

dentro una provetta non ci entra e non ci entrerà mai!

Ad un certo punto il cittadino che non ha problemi di fertilità e che sente un

dibattito dove c’e una sorta di terrorismo psicologico, alla fine non capisce

nulla e decide di non decidere.

Ancora oggi, quando parlo di queste cose ad un Master (insegno

biotecnologia in campo umano), i ragazzi mi dicono sorpresi che non

avevano capito. Penso che la maggior parte degli italiani non abbia capito.

Nell’ultimo anno abbiamo fatto una ricerca sul livello di informazione dei

giovani dai 17 ai 19 anni e un’altra sui bisogni della paziente. I dati sono

interessanti ma non li abbiamo ancora presentati.”

Quali sono i rapporti con le altre associazioni? “Ci sono molte associazioni

di pazienti. Quelle con cui noi collaboriamo molto sono: Cerco Un Bimbo,

Madre Provetta, L’Altra Cicogna e Unbambino.it (trasformazione dell’Ape

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Sapiente). Ognuna di queste associazioni ha la sua particolarità. Ad

esempio Cerco Un Bimbo ha il forum più importante che c’è; Madre

Provetta è nata su impulso di giornaliste e parlamentari; L’Altra Cicogna è

nata in Sardegna dove forte è il problema della talassemia e si occupa

anche di fare prevenzione e conoscenza della malattia genetica (è presente

nel nostro sito come ospite).

Ci occupiamo tutti delle stesse tematiche, però sotto vari profili. Noi ci

occupiamo più di problematiche di approccio legale- giuridico della legge.

Altra nostra caratteristica, che poi ha coinvolto anche le altre associazioni,

è che in questi anni abbiamo cercato un dialogo con le istituzioni. Questo è

successo quando non nasceva il Registro per la fecondazione assistita

previsto dalla legge. Abbiamo scritto al Ministro, abbiamo fatto una sorta

di protesta ed il Registro è nato. Con un anno di ritardo, ma siamo riusciti

a farlo nascere.

La previsione di un Registro nazionale è l’unica parte della legge che

approviamo.”

Chi sono i soci? “Abbiamo un grande numero di soci simpatizzanti: 5.000;

mentre i soci sostenitori sono pochi: 15-20.

I soci simpatizzanti non versano quote, ma ognuno mette a disposizione le

proprie competenze per gli altri. Ad esempio c’è chi si occupa del

mantenimento del sito (l’associazione paga solo la registrazione annuale) e

chi, come me che sono un legale, segue prevalentemente le coppie e non

prende parcella.

Abbiamo anche medici, biologi, psicologi che mettono a disposizione il loro

tempo per consulenze che non sono pagate. La consulenza è anonima e

gratuita ed un parere ‘super partes’ di una persona che non conosci può

aiutare molto.

Il percorso della procreazione assistita è un percorso che si fa in

solitudine. Non ci sono differenze fra nord e sud, chi ha il problema non lo

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dice a nessuno.

Il fatto è che in Italia la sterilità non è riconosciuta come patologia. Cito,

però, un ultimo provvedimento della commissione europea del 12 febbraio

2008 che invita gli Stati membri a garantire a tutti un acceso di base

elementare alla tecniche di procreazione assistita e a riconoscere la

patologia dell’infertilità e della sterilità come una malattia.

Noi abbiamo una legge in Italia che in realtà ci vuole dissuadere

dall’accedere a determinate tecniche, e i nostri operatori sanitari si devono

tutelare visti i 18 reati previsti dalle legge.

Ci sono due relazioni al Parlamento che evidenziano come nel resto

dell’Europa ci sia un rischio da PMA pari a zero mentre in Italia è del

21%. Le donne al di sotto dei 30 anni hanno un 24 % di gravidanze a

rischio.

Visto che abbiamo una legge che produce danno, io non mi sento tutelata

dallo Stato e così nascono le prime cause contro la legge.

Fortunatamente i magistrati stanno facendo un lavoro egregio perché

applicando quelle che sono le norme principali nel nostro ordinamento, la

Costituzione le Fonti comunitarie, abbiamo avuto già due rinvii alla Corte

Costituzionale.

Si rivolgono a noi molti conviventi e coppie sposate, ultimamente anche

coppie molto giovani che hanno patologie genetiche. La fascia di età è

compresa fra i 20 e i 40 anni.

Negli ultimi tempi abbiamo notato la partecipazione di partner maschili

che poi coinvolgono anche le compagne.

Si sente dire spesso che il problema in Italia sono le donne che decidono di

fare figli molto tardi. Bisognerebbe chiedere alle donne perché decidono di

avere un figlio a quell’età e se prima non stavano magari cercando un

lavoro. Proviamo allora a creare più asili, fornire più servizi e assistenza

alle donne.”

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Per quanto riguarda la legge 40 “vi sono solo due note positive: il Registro

nazionale e il diritto all’informazione.

I punti critici sono il limite dei 3 embrioni, l’irrevocabilità del consenso e il

divieto dell’eterologa. Invece di disciplinare l’eterologa, che comunque era

già disciplinata bene da normativa secondaria, l’hanno abolita.

Un altro punto negativo della legge è il divieto di crioconservazione degli

embrioni.

Gli embrioni abbandonati potrebbero essere utili alla ricerca scientifica. In

Europa non è mai stato possibile produrre embrioni per la ricerca, sono

sempre stati utilizzati quelli non utili per la gravidanza.

Dal punto di vista dei pazienti c’è bisogno di maggiore attenzione alla

patologia e di minori difficoltà per accedere alle tecniche, anche solo per

avere un farmaco.

Personalmente sono anche contraria alla pubblicazione della percentuale

di successo dei centri, perché questo indurrebbe i centri privati ad

accettare solo donne giovani per aumentare le probabilità di successo. I

centri pubblici sono maggiormente controllabili.

Bisogna dire, però, che ci sono dei medici eccellenti sia nel pubblico che

nel privato.

Dopo il 2004, con l’introduzione della legge 40, i medici hanno cominciato

a tenerci più in considerazione, a coinvolgerci, a chiedere il nostro punto di

vista come associazione di pazienti. Prima questo tipo di collaborazione

non c’era.”

6.5. L’Altra Cicogna

L’associazione l’Altra Cicogna ONLUS è nata a Cagliari nel 1997 per

volontà di alcune coppie che si sono conosciute nelle sale d’attesa dei centri

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contro la sterilità

La sua attività si rivolge a chiunque sia interessato ai temi della sterilità,

dell’adozione e delle malattie genetiche. Forniscono ai pazienti

informazioni di carattere pratico sul tema della fecondazione assistita.

Non dispongono di un proprio sito internet, ma sono ospiti nel sito di

Amica Cicogna con uno spazio dedicato (www.amicacicogna.it).

Intervista a Laura Pisano, Presidente dell’associazione.

“L’associazione è nata nel 1997 e nel 1999 si è trasformata in Onlus. Dopo

aver avuto un figlio con la fecondazione assistita ho sentito la necessità di

dare un sostegno a chi stava ancora facendo il mio cammino.

Come associazione siamo in contatto con l’Ospedale Microcitemico di

Cagliari, un centro di notevole importanza in Sardegna dove ci sono il 13%

di portatori di talassemia.

Per quanto riguarda il tema della procreazione assistita l’informazione ha

giocato un ruolo importante nell’opinione pubblica. Non tutti i giornalisti

che hanno scritto di fecondazione assistita avevano le idee chiare.

Anche se poi in molti hanno capito che la fecondazione assistita è

un’opportunità per le coppie che desiderano un figlio, non un supermercato

che ti regala un bimbo ‘bello e biondo’.

La scienza arriva fin dove può, poi subentra la seleziona naturale, la

fortuna, chiamiamola come vogliamo. Quello che io sostengo, da cattolica,

è che ad un certo punto se il Signore ti vuole regalare un figlio, te lo

regala.

Allora c’è chi, come me, è stato baciato dalla fortuna ed ha avuto una

grazia! (perché proprio di grazia si tratta). Ho fatto dodici tentativi, al

quinto è arrivata Carla, dopo altri cinque tentativi ho avuto un’interruzione

di gravidanza. Un’esperienza terribile.

Una cosa che ci tengo a sottolineare è che di sterilità non si guarisce, puoi

avere anche tre gemelli e tanta gioia, però quella sensazione di sentirsi

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infertile non te la toglie nessuno.

Con mio marito avevamo anche fatto domanda di adozione, perché essere

genitori non significa solo fare i figli con la pancia ma significa avere una

capacità di amore e dedizione che prescinde dalla capacità biologica.

Collaboriamo anche con altre associazioni, soprattutto con Amica Cicogna

e Madre Provetta.

Noi siamo un’associazione ‘povera’. Da fine maggio una nostra socia si

occupa del blog all’interno dello spazio messo a disposizione da Amica

Cicogna, ma è una grossa fatica.

Privilegiamo, comunque, il contatto di persona. I nostri soci sono solo

pazienti, poi qualcuno, incidentalmente, è anche medico, biologo, psicologo

che mette a disposizione di chi lo richiede le proprie competenze.

Abbiamo un buon rapporto con le istituzioni locali, con i comuni, con i

servizi sociali. C’è un buon ascolto, una realtà aperta.”

Quali domande arrivano dai pazienti? “Molto spesso le persone lamentano

di non capire cosa dice il medico, ma è abbastanza normale che dopo 15

minuti che stai con il medico l’attenzione cali. Altri lamentano la freddezza

dei medici, oppure, nei centri pubblici, il sovraffollamento e la scarsa

accoglienza. Certo negli Ospedali il tempo è sempre poco e le richieste

sono molteplici, quindi si può avere questa sensazione. Però, poi,

parlandone la cosa viene rimessa in carreggiata e le coppie si rendono

conto che è un problema che riguarda tutti, non solo loro. Nei centri

pubblici hai costi accettabili però devi avere dei tempi di attesa. La cosa,

comunque, non cambia molto neanche nei centri privati.

Il costo di un trattamento nell’Ospedale di Cagliari, tutto compreso, è

intorno ai 200,00 euro. Io, ad esempio, prima di avere Carla ho fatto 5

tentativi, ma credo che la nascita di mia figlia sia una ricchezza in termini

assoluti che va ben oltre quello che lo Stato ha speso per la cura della mia

infertilità.

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Non lavoriamo all’interno dell’Ospedale, ma in Ospedale i pazienti trovano

del materiale informativo sulla nostra associazione. C’è stato un periodo in

cui andavamo noi a trovare i pazienti, ma ora preferiamo che siano loro a

cercarci quando ne hanno realmente bisogno. Solo così si aprono

veramente.

Quello che emerge dagli ultimi colloqui, quest’anno abbiamo visto circa

una settantina di coppie, è che le persone arrivano già abbastanza

informate, attraverso il web, però poi desiderano un contatto diretto con le

persone.

L’80% delle coppie che si rivolge a noi sono sposate. Le donne sono per il

75% di età compresa fra i 36 e i 40 anni, per il 25% dai 28 ai 35 anni.

Quest’anno c’è stata una sola telefonata di un uomo, perché la moglie

aveva difficoltà a parlare, altrimenti le telefonate sono tutte di donne. Al

primo colloquio vengono sole, poi tornano con il marito, specialmente se

questo non vuole affrontare certi argomenti come l’adozione.

Riceviamo le coppie 2-3 volte. Forniamo tutte le informazioni di base

necessarie per capire e chiarire le cose rimaste in ombra, poi se il percorso

è tranquillo la coppia lo fa da sola, semmai torna dopo a dirci com’è

andato.

Tornano indietro, a volte, quando hanno problemi, quando il percorso non

è facile.”

La legge 40/2004 “nel complesso è vista male, interviene in un sfera troppa

privata e personale che dovrebbe essere di pertinenza esclusiva delle scelte

di coppia. Per certi aspetti salverei la gradualità delle tecniche, però

considerando che oggi si arriva tardi alla fecondazione la gradualità ti

costringere a perdere del tempo prezioso. Sei mesi a trent’anni possono

non essere niente, a 40 anni sono importanti.

Ci si sposa tardi, le condizioni economiche stesse ti costringono a pensare

ai figli tardi.

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Il percorso della fecondazione assistita è molto difficile e mette a dura

prova la coppia. Ma le persone ne escono rafforzate, più complici e più

responsabili anche come genitori, se si ha la fortuna di essere baciati dalla

cicogna.

Io avevo chiesto un supporto psicologico e, anche se all’inizio ero un po’

perplessa, ora ho un ricordo molto piacevole della psicologa, molto

materna e molto attenta.”

6.6. Associazione Margherita

Attualmente la sede dell’associazione è a Mestre (VE), non dispongono di

un sito internet e la loro attività è ormai ridottissima. Ma è molto

interessante la storia passata di questa associazione, nata con il nome di Ape

Sapiente a Bologna nel 1990.

Intervista ad Antonino Zappia, professore in pensione, Responsabile

dell’associazione.

“L’associazione è stata fondata nel maggio 1990 a Bologna. Si chiamava

l’Ape Sapiente ed è stata la prima associazione in Italia per i problemi di

infertilità.

Era formata da un gruppo di pazienti e da un gruppo di medici e biologi

interessati alla medicina della riproduzione. Fondatore, e Presidente per

molti anni, è stato l’Avv. Zanichelli di Treviso.

La procreazione medicalmente assistita era agli inizi in Italia, erano diffuse

solo una o due tecniche.

Lo scopo era quello di dare informazioni, fornire alcuni servizi e offrire

solidarietà alle persone infertili. Ci occupavamo di diffondere il problema

nei confronti dell’opinione pubblica e di dare una corretta informazione sul

tema dell’infertilità partecipando a convegni, trasmissioni televisive,

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interviste giornalistiche. Pubblicavamo anche un nostro giornale e

avevamo un sito web.

La tematica non si conosceva ancora molto. Molte persone che avevano

questo problema non lo dicevano neanche ai parenti.

Eravamo molto attivi anche da punto di vista istituzionale. Dieci anni fa

abbiamo presentato un disegno di legge, e partecipato ad audizioni in

Senato.

Siamo arrivati ad avere anche 700 coppie associate (la punta più alta), con

soci anche all’estero. Organizzavamo l’assemblea annuale sotto forma di

festa con buffet, giochi per bambini, musica.

L’ultima l’abbiamo fatta ai giardini Margherita di Bologna, circa 6 anni

fa, e da lì abbiamo cambiato anche il nome dell’associazione.

Io sono stato l’ultimo presidente dell’associazione l’Ape Sapiente Onlus

per il concepimento possibile.

Facevamo attività di ricerca sull’infertilità maschile e femminile e

pubblicavamo i risultati sul nostro giornale, una pubblicazione di circa otto

pagine a colori.

Fra i nostri consulenti c’erano medici ginecologi specialisti in PMA, di cui

due di fama internazionale: la dott.ssa Anna Pia Ferraretti e il prof.

Gianaroli.

Avevamo una sede molto grande a Treviso, una a Mestre, una a Roma e la

sede di Bologna.

Ricevevamo le coppie su appuntamento. Offrivamo consulti medici

(biologo, andrologo, ginecologo, psicologo), sostegno alle coppie, in

particolare alla donna, e semplice informazione.

Eravamo accreditati presso alcuni centri ospedalieri del nord Italia. A

Pieve di Cadore (BL) andavamo alcuni giorni del mese per illustrare

l’associazione ed i problemi di infertilità.

Con la nascita della pecora Dolly (clonazione) abbiamo perso molto

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terreno. Abbiamo dovuto impiegare tutti i fondi della cassa (circa dieci

milioni di lire) per pubblicare un articolo a pagamento sul Corriere della

Sera per dare una corretta informazione della cosa. Avevamo tutti contro,

compresa la Chiesa.

L’associazione è rimasta attiva fino all’approvazione della legge.

Dopodiché i pazienti sono diminuiti e con la scomparsa dell’avv.

Zanichelli, che si occupava della parte legale, non siamo più riusciti a

seguire l’attività.

Avevamo acquisito, quando io ero Presidente, il sito internet della prima

associazione virtuale ‘unbambino.it’ che aveva deciso di chiudere.

Successivamente il sito è stato ceduto ad un amico che era in associazione

con noi, il dott. Aiello, ed oggi è a Bologna.

Prima della legge 40 abbiamo cercato di bloccare il disegno di legge per

qualche anno, collaborando attivamente anche con le altre associazioni di

pazienti.

Devo dire che oggi l’infertilità è vissuta con meno ansia e meno paura

anche perché le probabilità di successo sono aumentate. Una volta il

percorso era più pesante, si brancolava nel buio.

Per quanto riguarda la legge 40 i punti critici sono il divieto

dell’eterologa, che obbliga i paziente ad andare all’estero, ed il numero

degli ovociti fecondabili con i gravi rischi che ciò comporta per la salute

della donna Se un trattamento va male bisogna ricominciare tutto

daccapo.”

6.7. WWW.unbambino.it

L’associazione è nata a Bologna nel 2005 con lo scopo di promuovere

l’informazione tra le coppie sulla procreazione medicalmente assistita,

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favorire il sostegno psicologico e promuovere attività di ricerca scientifica

nel campo della medicina della riproduzione. Si occupa di portare a

conoscenza dell’opinione pubblica le corrette informazioni sulla

prevenzione e cura della sterilità.

L’associazione dispone di un sito internet (www.unbambino.it) dove è

possibile trovare materiale informativo, notizie, legislazione e un forum di

pazienti.

Intervista ad Angelo Aiello, psicologo psicoterapeuta, Socio fondatore

dell’associazione.

“Nel 2005 abbiamo acquistato il sito www.unbambino.it dall’associazione

Margherita, ex Ape Sapiente, di cui facevamo parte e abbiamo fondato

l’associazione. Attualmente i soci sono una ventina, di cui solo tre attivi.

Lo scopo è quello di dare informazioni sulla procreazione medicalmente

assistita e negli ultimi tempi diamo molte informazioni anche sul cammino

per chi deve andare all’estero. Ci chiedono molto informazione sui centri

all’estero, c’è una notevole domanda e molto disorientamento.

Abbiamo fatto diverse iniziative a livello informativo, come ad esempio la

presentazione di libri.

Per quanto riguarda la ricerca quest’anno ne stiamo facendo una con il

patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, ma questo lo fanno un po’ tutte

le associazioni quest’anno.

Un punto importante della associazioni di pazienti è quello di lavorare

insieme alle altre. Noi siamo stati i primi promotori di una federazione

delle associazioni. Lanciammo l’idea già nel 2004, sulla carta non si è mai

realizzato però un patto d’intenti esiste. Le iniziative che prendiamo,

soprattutto a livello delle istituzioni e a livello giuridico, sono sempre

portate avanti da almeno 4 associazioni, oltre alla nostra: Madre Provetta,

Cerco Un Bimbo, Amica Cicogna e l’Altra Cicogna.

La più attiva come associazione è Amica Cicogna, con la quale abbiamo un

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sodalizio di vecchia data.”

Chi sono gli utenti dell’associazione? “I nostri utenti sono ‘volatili’, nel

senso che si associano per il periodo in cui ne hanno bisogno, dopodiché

spariscono. Mentre rimangono legati in qualche modo al centro che ha

fatto nascere il figlio, con le associazioni solitamente rompono il rapporto.

L’esito negativo del referendum ha messo tutte le coppie sotto una coperta,

la problematica di per sé è fortemente invalidante e ha dei risvolti

psicologici notevoli.

La sterilità è un pregiudizio negativo vissuto molto male, soprattutto

dall’uomo. In quasi tutte le religioni il ripudio, lo scioglimento del

matrimonio, è possibile se non c’è stata figliolanza. In tutte le culture del

mondo si possono ripudiare mariti e mogli perché non fanno figli.

Il substrato culturale è di una violenza fortissima, molto antico e molto

radicato.

Pensiamo alla persone infertili nelle vecchie società agricole che dovevano

fare in modo che la moglie avesse rapporti con altri per avere la

manodopera necessaria, i figli, per evitare il fallimento.

E’ la donna che si rivolge alla nostra associazione, mai l’uomo; l’uomo

anche se ha problemi suoi è sempre a rimorchio. Diciamo che la donna per

sua natura è più portata a confrontarsi, ad affrontare i problemi.

Le donne che si rivolgono a noi sono quasi tutte nella fascia di età dei 35 ai

40 anni.

Abbiamo messo a disposizione degli utenti un forum sul nostro sito internet,

ma personalmente non credo molto ai forum, anzi sono fortemente

scoraggiato.

Durante il referendum, avevamo valanghe di e-mail di persone che ci

chiedevano informazioni, perché il problema era attuale e la gente ne

parlava molto. Passato questo ciclo, adesso avrò due o tre richieste al mese

di informazioni per un parere medico o sui centri.”

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Come vede il rapporto medico-paziente nella fecondazione assistita? “A

mio giudizio il rapporto medico-paziente è un rapporto che in Italia, anche

nella fecondazione assistita, segue tutto l’andamento della medicina

italiana. E’ un rapporto dove il medico offre un servizio ma cercando il più

possibile di non partecipare a questo servizio, rimanendone fuori

emotivamente.

Questa è la caratteristica principale della medicina Italiana. La formazione

medica è troppo scientifica, manca l’approccio umanistico.

Eppure nella fecondazione assistita le cose dovrebbero essere diverse

perché anche le procedure sono diverse. Un paziente lo vedi anche più

volte prima di arrivare ad un risultato, non è come operare un’appendicite.

Credo che alla facoltà di medicina non sia obbligatorio un solo esame di

psicologia; c’è ma non è obbligatorio.

Le pazienti, forse non tutte, si rendono conto di questo comportamento

medico. I centri che si fanno pagare di più hanno assunto degli

intermediari, la segretaria simpatica, personale affabile, psicologi che

raccontano due cose, e i pazienti di questi centri sono i più soddisfatti.

I centri più intelligenti assumono uno psicologo che diventa una specie di

ammortizzatore, ma bisogna anche dire che difficilmente i pazienti

sfruttano questa situazione per capire meglio se stessi o quello che hanno

di fronte, a volte dello psicologo non sanno cosa farsene.

Non dimentichiamo che l’Italia è un paese dove ci sono un altissimo

numero di psicologi e un bassissimo numero di persone che ci vanno.

Dal mio punto di vista occorre prima un approccio di carattere psicologico

alla problematica e dopo quello medico e dopo ancora lavorare insieme.

Faccio l’esempio di un uomo che va a ritirare l’esito di un esame dal quale

scopre di non avere spermatozoi sufficienti: in quel momento non c’è

nessuno che lo ammortizza.

Un esame di questo tipo, in un centro pubblico o privato, dovrebbe essere

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consegnato da uno psicologo, su appuntamento, che spiega il problema e

prospetta delle soluzioni sia a livello psicologico che a livello pratico. Lo

stesso discorso vale per una donna che magari scopre accidentalmente di

avere le tube chiuse per avere avuto un’infezione in gioventù, di cui non si è

accorta.

Il fallimento di una procedura di PMA, poi, è una comica: viene

comunicato attraverso una telefonata dal ginecologo che dice che l’esito è

negativo, che si può riprovare, che si risentiranno più avanti.

Da noi l’educazione sessuale è un tabù, quindi l’educazione medica è

quella che è di conseguenza.

Io ho avuto esperienza all’estero, a Barcellona, ma lì è molto diverso. Di

fecondazione assistita si legge sui giornali, se ne parla sugli autobus. Tutti

sono a conoscenza dei centri, dei medici e anche la gente comune ne parla

con molta normalità a casa o nei bar. C’è un altro spirito.

Quando Asnar decise di limitare la fecondazione assistita non solo scesero

in campo i ginecologi della PMA, ma scesero in campo i ginecologi in

generale. E’ anche lo spirito di corpo che è diverso.

In Italia, comunque, abbiamo molti buoni centri.

Una cosa ‘bruttissima’ capitata in Italia dopo l’approvazione della legge

40 è stato il moltiplicarsi dei centri pubblici. Anche il più piccolo centro di

Canicattì ha aperto un reparto di fecondazione assistita. Quelli che si sono

schierati a favore della legge sono stati pagati molto bene, si sono spartiti

più posti letto, più posti universitari. Anche gli ospedali cattolici a Roma

hanno dei centri di PMA.

Per non parlare, poi, di alcuni centri privati in cui si offrono le tecnologie

di procreazione assistita come se si fosse in un supermercato, con il tre per

due. Se un ciclo costa 4.000 euro, ne puoi fare tre per 8.000,00 euro.”

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CONCLUSIONI

Le associazioni di pazienti costituiscono oggi un osservatorio privilegiato

sul mondo della sterilità di coppia.

I dati emersi dalle interviste permettono di fare alcune riflessioni sul tema

dell’infertilità oggi in Italia, sul modo in cui viene vissuto e affrontato dalle

coppie, sulle domande e i bisogni dei pazienti, sul ruolo delle associazioni,

sugli obiettivi comuni e sulle specificità che le distinguono, indagando

anche la loro reale capacità di incidere a livello politico e istituzionale.

Il primo dato che emerge dalle interviste è una grande disinformazione

generale sul tema dell’infertilità e delle tecniche di fecondazione assistita.

C’è un’immagine collettiva distorta, a cui ha contributo un dibattito

pubblico e un sistema di informazione centrato sui temi di cronaca estremi e

di forte impatto emotivo, ma che non tiene conto delle reali capacità di

queste tecniche.

La fecondazione assistita non può essere considerata una forma di delirio di

onnipotenza, ma deve essere vista quale realmente è: un’opportunità che

oggi la scienza è in grado di offrire.

I percorsi della procreazione assistita sono vissuti dalle coppie in solitudine

per la mancanza di una rete sociale di sostegno; non sempre familiari ed

amici vengono informati sulla scelta della coppia per paura di giudizi

negativi.

Nelle associazioni di pazienti le persone con problemi di infertilità trovano

il sostegno e la solidarietà che non trovano in altri contesti.

Anche il modo nuovo di comunicare, lo spazio libero ed anonimo di

internet offerto dai forum, aiuta a colmare questo vuoto creando una

comunità virtuale dove si possono condividere esperienze e trovare

informazioni.

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Ma a questo punto emerge un altro dato. La presenza c’è ma, con qualche

eccezione, è soprattutto di genere femminile. Nonostante l’anonimato, sono

quasi sempre le donne a raccontarsi e a cercare un confronto, un sostegno

esterno. Gli uomini, presenze indirette, hanno più difficoltà a parlare del

loro problema e in questo pesano molto retaggi di antica radice culturale,

dura a morire, intorno ai problemi di sterilità maschile.

La partecipazione dell’uomo, anche per una diversa costruzione

psicologica, non riguarda la ricerca di condivisione e di comunicazione,

tipica della donna, ma si esterna attraverso la disponibilità a collaborare,

mettendo a disposizione le proprie competenze professionali o partecipando

alle battaglie politiche.

Altro dato importante è l’età delle donne che si rivolgono alle associazioni

di pazienti, quasi sempre compresa fra i 35 e i 40 anni e che fatalmente

coincide con il picco discendente della capacità biologica di procreare.

Le scelte di maternità sono spesso vincolate a decisioni che riguardano

l’inserimento professionale della donna nel mondo del lavoro, derivano da

circostanze e stili di vita che dipendono dal contesto sociale e culturale che

ci circonda.

Le donne che vivono e lavorano oggi, in Italia, hanno servizi sociali ancora

insufficienti per poter scegliere la maternità senza pagarne un prezzo.

Tutte le associazioni perseguono scopi comuni. Rispondono alla richiesta

d’informazione, anche di base, offrono gratuitamente consulenza e

assistenza medica, giuridica, psicologica e si fanno promotori degli interessi

dei pazienti nei confronti delle istituzioni.

Ma poi, ognuna di loro, è plasmata dalle persone che la compongono ed è

influenzata dalla loro specifica formazione culturale.

Troviamo associazioni che si occupano primariamente degli aspetti legali

della procreazione assistita, che consigliano e assistono le coppie nei loro

percorsi giuridici.

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Altre sono più sensibili agli aspetti psicologici del problema, dei risvolti

sulle dinamiche di coppia, sulla necessità di recuperare un sano rapporto-

medico paziente, che spesso sottovaluta questo aspetto.

Altre si occupano di pazienti portatori di malattie genetiche, come la

talassemia, che oggi sono fortemente danneggiati dai vincoli della legge 40.

Altre ancora sono maggiormente inserite a livello istituzionale, sollecitano

interventi e cercano un dialogano con le istituzioni.

Le persone con problemi di infertilità esprimo un grande bisogno di

riconoscimento del loro problema e, attraverso le associazioni, rivendicano

un ruolo più attivo sul tema e sulle problematiche politiche e sociali

dell’infertilità.

In tutte queste associazioni si ritrova una cultura comunemente poco

diffusa, la cultura della solidarietà.

Un’altra caratteristica che le contraddistingue è quella di avere un “comune

nemico”, la legge 40.

Questo ha contribuito molto alla loro capacità di lavorare insieme, di creare

una rete di associazioni distribuite nell’intero territorio nazionale, con

grossa capacita di mobilitazione e quindi di incisione.

La loro attività non si rivolge solo ai pazienti ma alla società in generale,

contribuendo alla divulgazione di una corretta conoscenza del problema

attraverso l’organizzazione di corsi formativi, convegni a tema,

pubblicazioni, spiegando l’importanza della prevenzione in tema di fertilità

e dell’importanza di preservarla.

Le associazioni, oggi, hanno la capacità di adattarsi all’evoluzione dei

tempi, di utilizzare i mezzi della comunicazione moderna, di avvicinarsi

quindi alla società e di guardare al di là dei confini nazionali.

La loro azione è cominciata prima dell’approvazione della legge 40, con

proposte di legge, audizioni, dibattiti e, dopo la sua approvazione, è

continuata con la promozione del referendum abrogativo della legge stessa.

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Oggi stanno attaccando la legge sotto il profilo legale costituzionale e

combattono la loro battaglia nei tribunali. Di recente hanno anche ottenuto

dai giudici le prime vittorie.

Dopo l’entrata in vigore della legge 40/2004 sono aumentati i problemi dei

pazienti ed è variato anche il tipo di domanda. Spesso le limitazioni

esistenti, i livelli richiesti, sono un vero e proprio ostacolo.

Oggi si chiedono sempre più informazioni sui centri all’estero, dove sono

garantiti servizi a noi vietati, come il congelamento degli embrioni, l’analisi

preimpianto e la fecondazione eterologa.

Il quadro di bisogni è molto complesso, fatto di desideri, di immagini, di

storia personale e collettiva, di condizionamenti familiari e sociali, e una

legislazione con meno vincoli e con limiti meno netti avrebbe forse tenuto

conto di questa complessità.

“Questa legge ha privilegiato un’etica assoluta, anziché un’etica relativa,

che tenga conto della diversità dei modelli culturali che si intrecciano nella

nostra epoca” (Pons, 2004, pag. 209).

La generale scomposizione che interessa i nuclei familiari odierni dovrebbe

rendere più tollerabile, rispetto al passato, l’inserzione di figure nuove come

il donatore di seme, la donatrice di ovuli, la madre “surrogata”.

Il grado di accettazione varia da paese a paese e muta soprattutto in base

all’idea di famiglia che si ritiene “normale”.

In Italia ha prevalso la formulazione di legislazioni volte a promuovere

l’idea tradizionale di famiglia, composta da un uomo e una donna, sposati o

conviventi.

Non possiamo considerare, però, le radici cattoliche come l’unica variabile

discriminante in questo senso, perché altri paesi a tradizione cattolica, come

la Spagna e il Belgio, si sono mostrati più aperti ai cambiamenti avvenuti

riuscendo a sostenere comportamenti nuovi.

Vediamo quindi che la norma giuridica costruisce e, a sua volta, è costruita

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dalla cornice culturale in cui si inserisce.

Da questo circolo ne escono visioni differenti. Dall’analisi comparata delle

legislazioni, emergono letture più (Belgio, Spagna) o meno (Italia in primis)

inclusive di ciò che si ritiene famiglia.

Nell’intraprendere i percorsi della procreazione assistita le coppie italiane

devono fare i conti con il paradigma familiare veicolato dalle leggi e che

non risponde più all’evoluzione dei tempi.

Una legge dello Stato dovrebbe considerare la famiglia nel suo contesto

sociale laico, quale si presenta nel mondo contemporaneo, non dovrebbe

essere uno strumento per veicolare e imporre una determinata concezione

morale.

Forse non possiamo parlare del diritto di avere un figlio, ma possiamo

rivendicare il diritto di tentare di averlo con gli strumenti che la scienza

medica mette oggi a disposizione e alle migliori condizioni di garanzia e di

salvaguardia della salute delle donne, dei bambini che nascono e degli

uomini coinvolti nelle procedure di PMA.

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