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Provider: Fabiano Group S.r.l. - Reg. San Giovanni 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 827827 - Fax 0141 033112 - e-mail: [email protected] Estratto da Modulo didattico n. 3 del Percorso Formativo “Viscochirurgia: strumenti, tecniche diagnostiche e follow up nel settore oftalmologico” (Rif. 77-922), della durata complessiva di 9 ore. Numero di crediti assegnati al programma FAD una volta superato il test di apprendimento: 9.TRANSCRIPT
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Numero di Accreditamento Provider: 77Data di Accreditamento Provvisorio: 22/04/10 (validit: 24 mesi)La Fabiano Group accreditata dalla Commissione Nazionale a fornire programmi di formazione continua per medici chirurghi con specializzazione in Oftalmologia e Ortottisti/Assistenti in Oftalmologia e si assume la responsabilit per i contenuti, la qualit e la correttezza etica di queste attivit ECM.Iniziativa FAD rivolta a Medici Oculisti e Ortottisti/Assistenti in Oftalmologia.Obiettivo formativo: Innovazione tecnologica: valutazione, miglioramento dei processi di gestione delle tecnologie biomediche e dei dispositivi medici. Technology Assessment
Modulo didattico n. 3 del Percorso Formativo Viscochirurgia: strumenti, tecniche diagnostiche e follow up nel settore oftalmologico (Rif. 77-922), della durata complessiva di 9 ore.Numero di crediti assegnati al programma FAD una volta superato il test di apprendimento: 9.
Formazione a Distanza
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Fabiano Group S.r.l. - Reg. San Giovanni 40 - 14053 Canelli (AT) Tel. 0141 827827 - Fax 0141 033112 - e-mail: [email protected]
Estratto da
VISCOVISCOCHIRURGIACHIRURGIA
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Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri con customizzazione a guida pachimetrica nel trattamento del cheratocono 4Leopoldo Spadea
Chirurgia della cataratta con tecnica B-MICS 12Gian Maria Cavallini
La vitrectomia nella retinopatia diabetica 24Marco Andrea Pileri
Valutazione del tono in pazienti sottoposti a faco, impianto di IOL e vitrectomia simultanei con uso di sodio ialuronato 1.8% in C.A. 31Fabio Fiormonte
Triamcinolone acetonide in soluzione viscoelastica per via juxtasclerale nel trattamento delledema maculare diabetico refrattario 36Paolo Lanzetta
Nuovi concetti su farmaci biologici e patologie infi ammatorie oculari 46Piergiorgio Neri
Indice dei contenutiIndice dei contenuti
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Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri con customizzazione a guida pachimetrica nel trattamento del cheratocono Leopoldo Spadea
Universit degli Studi di LAquila Ospedale San Salvatore Clinica Oculistica
RIASSUNTO Scopo: Valutare leffi cacia e la sicurezza del trapianto di cornea lamellare customizzato a guida pachimetrica (CLAT) utilizzando un laser ad eccimeri ultraveloce in occhi affetti da cheratocono.
Materiali e Metodi: 30 occhi di 30 pazienti (et media 34,9 8.4 aa; range 21-55), affetti da cheratocono 2 3 stadio, sono stati sottoposti ad intervento di CLAT tra giugno 2006 e gennaio 2008. Il programma
fotoablativo stato calcolato dal software CLAT basata sui dati della pachimetria tomografi ca. Gli interventi
chirurgici sono stati eseguiti in anestesia locale. Lablazione transepiteliale del laser ad eccimeri stata piani-
fi cata in modo da lasciare un letto corneale residuo uniforme di 200 m, la lamella del donatore, preparata
sempre con il laser ad eccimeri, stata suturata alla cornea del ricevente utilizzando 16 punti staccati in
nylon 10,0.
Risultati: I controlli post-operatori sono stati eseguiti a 1, 3, 6, 9, 12 e 24 mesi dopo lintervento. Dopo un follow-up di due anni tutti i pazienti hanno presentato una cornea trasparente con un UCVA postoperatorio
pari o superiore a 3/10 in 19 di 30 occhi (63.3%) e un BSCVA pari o superiore a 7/10 in 28 (93.3%). Il pattern
topografi co migliorato in tutti gli occhi. La densit delle cellule endoteliali rimasta invariata (1977 vs 1942
cell/mm2) e non si sono verifi cate complicanze nel corso del follow-up.
Conclusioni: Il trapianto di cornea lamellare customizzato a guida topografi ca, utilizzando un laser ad eccimeri ultraveloce, una tecnica sicura ed effi cace nel cheratocono, e pu evitare la cheratoplastica
perforante.
ABSTRACT Purpose: To evaluate the effi cacy and safety of optical pachymetry guided customized corneal lamellar transplan-tation (CLAT) using an ultrafast excimer laser in keratoconic eyes.
Materials and Methods: Thirty eyes of 30 patients (mean age 34.98.4yrs; range 21 to 55), affected by 2nd to 3rd stage keratoconus, underwent CLAT procedures between June 2006 and January 2008. The ablation profi le,
calculated by CLAT software, was based upon tomographic data. The surgeries were performed under local ane-
sthesia. The transepithelial excimer laser ablation was planned to leave a uniform estimated residual corneal bed
of 200m; the donor lamella, prepared by the iRES excimer laser, was sutured to the host cornea using 16 single
nylon 10.0 stitches.
Results: The follow-up examinations were performed at 1, 3, 6, 9, 12 and 24 months post-operatively. After a follow-up of two years all patients presented clear corneas with a postoperative UCVA better than 3/10 in 19 of
30 eyes (63.3%) and a BSCVA equal or better than 7/10 in 28 (93.3%). The topographic pattern improved in all
eyes. The endothelium cell density were unchanged (1977 vs 1942 cell/mm2). There were no observed complica-
tions during the follow-up period.
Conclusions: Tomographically guided customized corneal lamellar transplantation using an ultrafast excimer laser is a safe and effective technique treatment of early stage keratoconus, avoiding the necessity of the more invasive
procedure penetrating keratoplasty.
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PAROLE CHIAVE pachimetria assistita
laser ad eccimericheratoplastica lamellare
cheratocono
KEY WORDS pachymetry-guided
customizationexcimer laser
lamellar keratoplastykeratoconus
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5viscochirurgia3 2010
>> IntroduzioneLa cheratoplastica perforante (PK) rappresenta attualmente la tecnica chirurgica pi standardiz-zata ed utilizzata per il trattamento del cherato-cono. Questa procedura implica lapertura della camera anteriore e la sostituzione della cornea-le in tutto il suo spessore compreso lendotelio, bench questultimo sia raramente interessato dalla malattia. La PK espone inevitabilmente il paziente al rischio di complicanze intraoculari, quali endoftalmite, emorragia espulsiva, catarat-ta e glaucoma. Lo scompenso endoteliale tardi-vo e il rigetto del trapianto possono insorgere in qualsiasi momento dopo lintervento. Il follow-up dei pazienti durer per tutta la vita ed il rischio di fallimento del trapianto, seppur basso, non svani-r mai completamente.Negli ultimi anni lidea di trattare il cheratocono con procedure meno invasive divenuta una re-alt grazie allintroduzione di tecniche chirurgi-che innovative e di strumenti tecnologicamente pi avanzati. La disponibilit di metodiche mi-ninvasive, sicure ed affi dabili, sta modifi cando la gestione del paziente con cheratocono, con-sentendo di anticipare il timing della chirurgia, consentendo una riabilitazione visiva pi preco-ce ed un sensibile miglioramento della qualit di vita del paziente. Per la giovane et di questi pa-zienti, bene seguire una condotta terapeutica step-by-step preferendo, laddove sussistano le indicazioni, intervenire inizialmente con tec-niche meno invasive, rimandando il pi a lungo possibile lesecuzione di una PK.Negli ultimi venti anni i laser ad Argon-Fluoride, chiamati anche laser ad eccimeri (abbreviativo per dimeri eccitati), sono stati sviluppati progres-sivamente ed ampiamente affermati nella chirur-gia rifrattiva. Alla lunghezza donda di 193 nm, i fotoni ad alta energia rompono i legami mole-colari organici del tessuto superfi ciale corneale, in un processo chiamato fotodecomposizione ablativa. Le particelle sono espulse ad alta ve-locit, il che aiuta a dissipare la maggior parte dellenergia.1 Nella tecnica della cheratopla-stica fototerapeutica (PTK), il laser ad eccimeri viene utilizzato come strumento chirurgico per trattare una larga variet di patologie della su-perfi cie corneale. Lablazione controllata da una radiazione laser fi no a 12 mm di ampiezza; questa tecnica produce una superfi cie liscia e trasparente, riducendo al minimo necessario
la rimozione tissutale.2 Date tali caratteristiche alcuni Autori hanno proposto luso del laser ad eccimeri nella procedura PTK per la cheratopla-stica lamellare, al posto delluso del microchera-tomo.3 La notevole utilit del laser ad eccimeri per la cheratoplastica lamellare dovuta alla sua capacit di rimuovere tessuto con microscopica precisione, risultato non ottenibile con altre tec-nologie. Pertanto nei pazienti con cheratocono negli stadi pi precoci stata sviluppata la tec-nica della cheratoplastica lamellare a spessori differenziati con laser ad eccimeri (ELLK).4-6 La ELLK una procedura nella quale viene eseguita sulla cornea del paziente una ablazione profon-da e piana con laser ad eccimeri ed una lamella donatrice, preparata con microcheratomo, viene suturata sul letto della cornea ricevente. La ELLK ha caratteristiche di semplicit e sicurezza: nel caso della PTK si usa una fotoablazione di circa 7-8 mm di diametro centrato sulla pupilla, pro-teggendo la periferia della cornea con una ma-schera diaframmata. La profondit di ablazione impostata in modo tale da lasciare circa 200 m di spessore corneale al punto pi sottile6, senza indurre alcun mutamento endoteliale. Successi-vamente, viene creata una tasca periferica con un tagliente crescent-knife e posizionata sul letto della cornea ricevente la lamella del donatore, di diametro maggiore, cos da ripristinare una su-perfi cie corneale anteriore regolare. I vantaggi dal punto di vista anatomico e funzionale sono stati evidenti, ma in alcuni casi disordini di natura meccanica sono persistiti, con la formazione di strie profonde, specialmente nelle ectasie avan-zate e in quelle decentrate (Figura 1).Lintroduzione del laser ad eccimeri di nuova ge-nerazione, che possano praticare delle ablazioni customizzate, ha consentito lesecuzione di abla-zioni corneali personalizzate, realizzando nella stessa cornea rimozioni ablative di profondit variabile, pianifi cate in relazione allo spessore corneale. Intorno allanno 2000 stata sviluppata la tecnica CLAT (Corneal Lamellar Ablation for Transplantation), con lo scopo di ripristinare un gradiente pachimetrico corneale normale, per Figura 1
Immagine OCT corneale 5 anni post-ELLK: si evidenziano numerose strie profonde legate a disordini di natura meccanica secondarie alle discrepanze morfologiche tra letto ricevente e lamella donatrice
Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri con customizzazione a guida pachimetrica nel trattamento del cheratocono
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mezzo di dispositivi che forniscono le mappe corneali pachimetriche e altimetriche anteriori e posteriori.7 Per questa tecnica utilizzata una particolare piattaforma di chirurgia rifrattiva, ovvero un si-stema integrato di apparecchiature e softwares dedicati a personalizzare la chirurgia rifrattiva e terapeutica secondo le necessit uniche ed indi-viduali di ciascun paziente (Figura 2).
>> Pazienti e MetodiA seguito di unesperienza di circa sei anni du-rante i quali sono stati sottoposti 80 occhi con cheratocono ad intervento di ELLK6, 30 occhi in 30 pazienti di et compresa tra 21 e 55 anni (et media 34.9 8.4 anni) affetti da cheratoco-no 2-3 stadio sono stati sottoposti ad intervento chirurgico con tecnica CLAT tra il marzo 2006 ed il febbraio 2008. I criteri di inclusione in questo studio prospetti-co non comparativo sono stati pazienti affetti da cheratocono con acuit visiva corretta con lenti a tempiale inferiore a 5/10, intolleranza alle lenti a contatto, assenza di opacit corneali profonde e pachimetria corneale maggiore di 350 m. Criteri di esclusione sono stati gravidanza, dia-bete, patologie del tessuto connettivo, glauco-ma o ipertensione endoculare (>20 mmHg), sindrome dellocchio secco, disordini retinici o ambliopia. Tutti i pazienti inclusi nello studio sono stati sot-toposti a visita oculistica completa comprenden-te UCVA (visus naturale), BSCVA (visus corretto con occhiali), biomicroscopia con lampada a fessura, misurazione della pressione endoculare ed esame del fondo.
Lo spessore e la topografi a corneale sono sta-ti acquisiti durante ogni visita mediante lutiliz-zo del tomografo computerizzato a tecnologia Scheimpfl ug e per lastigmatismo cheratometri-co stato preso in considerazione il differenziale a 3 mm. Il pattern endoteliale corneale stato esaminato con lutilizzo del microscopio endoteliale specu-lare non a contatto.
>> Tecnica chirurgicaLa CLAT un processo chirurgico trifasico: nel primo si prepara la lamella donatore con il la-ser ad eccimeri, nel secondo si pratica la foto-ablazione customizzata sulla cornea del pazien-te e nella terza la lamella viene suturata sul rice-vente.
Preparazione della lamella donatriceLa cornea del donatore, dopo essere stata punzo-nata con il sitema di Hanna con un diametro di 8 mm, viene posizionata su uno speciale supporto concavo con lendotelio rivolto in alto. Il chirurgo riduce con il laser in modo uniforme lo spessore della cornea del donatore. La cornea del donatore successivamente posi-zionata su un supporto convesso, con il versante epiteliale esposto per lablazione con laser ad eccimeri, utilizzando uno speciale supporto ro-tante, che consente la realizzazione di una sella perimetrale di profondit e larghezza prestabiliti (Figura 3).
Fotoablazione del letto corneale riceventeLa cornea ricevente viene preparata grazie allutilizzo di una mappa pachimetrica tridimen-
Figura 3Preparazione lamella
Figura 2Tomografo computerizzato
a tecnologia Scheimpfl ug
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Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri con customizzazione a guida pachimetrica nel trattamento del cheratocono
sionale ed alla pianifi cazione di un letto corne-ale di spessore uniforme, facendo riferimento esclusivamente alla superfi cie posteriore della cornea. Il volume irregolare di cornea sopra-stante questa superfi cie ideale viene rimosso tramite laser (spot gaussiano di 650 m, 1000 Hz, 193 nm), con il paziente sotto anestesia topica (ropivacaina 1%). Lablazione eseguita in mo-dalit transepiteliale, con luso di una maschera diaframmata di 8 mm di diametro, per ottenere bordi di ablazione verticali e regolari. Viene pianifi cata lablazione affi nch lo spes-sore stromale minimo residuo del letto cornea-le ricevente misuri 200 m, che sia di spessore omogeneo e che si comporti pertanto come una membrana. La membrana un corpo che non possiede rigi-dit trasversale e pertanto pu essere sollecitato esclusivamente da forze lungo lasse principale autoposizionandosi sempre lungo superfi ci iso-statiche. Pertanto ad ablazione ultimata, il letto si posizioner in maniera tale da eliminare la de-formazione indotta dal cono (Figura 4).
Impianto della cornea del donatoreCon lausilio di un bisturi crescent-knife viene slamellata manualmente per i 360 corneali una tasca periferica e quindi la lamella donatrice, precedentemente preparata, viene posizionata sopra il letto ricevente e suturata. Sia la lamella che linterfaccia devono essere accuratamente irrigati con una soluzione salina bilanciata. Suc-cessivamente la lamella donatrice ed il letto stro-male vanno asciugati per mezzo di spugnette prive di fi bre, per poter rimuovere ogni piccolo detrito e mantenere la lamella in una posizione centrale, aumentando ladesione del bottone allinterfaccia.
Asciughini privi di fi bre e guanti chirurgici che non abbiano tracce di talco giocano un ruolo fondamentale nella prevenzione di opacit e altri disordini allinterfaccia. La lamella corneale vie-ne usualmente assicurata al ricevente con 4 su-ture in nylon 10/0, posizionate ai punti cardinali, ore 3, 6, 9 e 12, e poi mediante 16 punti staccati, sempre con monofi lamento in nylon 10/0 (Figura 5). A conclusione dellintervento chirurgico, ven-gono eseguiti aggiustamenti intraoperatori delle suture, secondo uno schema gi pubblicato in precedenza8 e viene applicata una LAC morbi-da terapeutica. La riepitelizzazione della superfi cie corneale si completa solitamente nellarco di 4-8 giorni dal trapianto, e durante questo lasso temporale ven-gono instillati colliri a base di antibiotici topici (ofl oxacina 3%) 3 volte die e lacrime artifi ciali (ialuronato di sodio 0.1%) 6 volte die. Quindi corticosteroidi in collirio (desametasone 0.1%), che vengono prescritti per almeno un mese e poi ridotti o bilanciati in base alle condizioni cor-neali.
>> RisultatiNello studio sono stati inclusi 30 occhi in 30 pa-zienti (19 uomini e 11 donne), con et compresa tra i 22 e i 53 anni (et media 31.1 9 aa), con un follow-up minimo di 24 mesi. La profondit di ablazione media stata di 185.5 30.7 m (range da 110 e 200 m). Il diametro totale della lamella del donatore stato di 9 0.3 mm (range da 8.5 e 9.8 mm) mentre lo spessore della lamel-la ha presentato un valore medio di 411.7 24.1 m (range da 379 e 441 m). La conta endote-liale preoperatoria era in media di 1987 cellule/mm2 ( 211 DS) (range da 1808 cellule/mm2 a
Figura 5Immagine post operatoria: dettaglio suture
Figura 4Ablazione cornea con KC
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Leopoldo Spadea, Arianna Fiasca, Riccardo Gizzi
2489 cellule/mm2), il diametro della pupilla foto-pica era in media di 3.83 mm ( 0.58 DS), il dia-metro medio della pupilla scotopica di 6.45 mm ( 0.72 DS), il diametro pupillare ideale stato in media di 5.52 mm ( 0.7 DS). Tutte le cornee si sono presentate trasparenti in prima giornata postoperatoria, mentre la riepitelizzazione si completata entro 2 settimane dallintervento (Fi-gura 6). Le suture chirurgiche sono state rimosse tra il secondo ed il sesto mese postoperatorio e non ci sono state reazioni immunologiche, casi di vascolarizzazione corneale o infezioni. Non si registata alcuna complicanza intraope-ratoria n alcuna complicanza che compromet-tesse la visione nel post-operatorio. In un pazien-te stato necessario sostituire la lamella dopo circa 20 giorni dal trattamento, a causa di alterati processi di riepitelizzazione. Lanalisi dei valori pre e postoperatori del visus naturale (UCVA) e del visus corretto (BSCVA) nei pazienti sottoposti a cheratoplastica lamellare con tecnica CLAT per il trattamento del cheratocono e inseriti nello studio in questione ha fornito risultati statistica-mente rilevanti. LUCVA postoperatorio stata pari o superiore a 3/10 in 10 dei 30 occhi trattati (33.3%) a tre mesi, in 13 (43.3%) a 6 mesi, in 16 (53.3%) ad un anno, ed in 19 (63.3%) nel con-trollo a due anni (Figura 7). Dopo il trattamento chirurgico il numero dei pazienti con un BSCVA pari o superiore a 7/10 salito a 16 (53.3%) a 3 mesi, 18 (60%) a 6 mesi, 22 (73.3%) a un anno, e 28 (93.3%) a due anni (Figura 7).Il decremento medio dellequivalente sferico (MRSE) dal preoperatorio al follow-up postope-ratorio a 3 mesi stato statisticamente signifi ca-tivo, e tale rimasto per tutto il decorso posto-peratorio (Figura 7). Non ci sono state differenze signifi cative per quanto riguarda il cilindro resi-
duo, eccetto che al follow-up dei 2 anni. Il valore medio dei K cheratometrici ottenuti dalla topo-grafi a corneale signifi cativamente diminuito nel confronto tra la visita preoperatoria e quella postoperatoria. A 2 anni i patterns topografi ci sono stati classifi cati come astigmatismo regola-re in 22 (73.3%) dei 30 occhi (Figura 8). Durante il periodo di follow-up, i patterns corneali sono rimasti stabili in tutti gli occhi e non stata rile-vata alcuna modifi cazione sostanziale. Il valore minimo della pachimetria corneale aumentato signifi cativamente dal preoperatorio ai 3 mesi dopo la CLAT. Non stato riscontrato nessun cambiamento degno di nota nello spessore corneale dai 3 mesi postoperatori fi no alla fi ne del follow-up (Figura 9). Similmente non c evi-denza di differenze statisticamente signifi cative nei valori della conta endoteliale (ECD), n del coeffi ciente di variazione cellulare endoteliale (CoV) nel confronto tra il pre ed il postoperatorio (Figura 10).
>> DiscussioneNelle procedure di cheratoplastica lamellare nel cheratocono, il principio quello di rimuovere solo le porzioni alterate della cornea lasciando la membrana di Descemet e lendotelio del ri-cevente. Con questa chirurgia lendotelio del paziente non viene danneggiato, pu fungere da barriera immunologica nei confronti del rigetto e il suo depauperamento progressivo non cos marcato come accade nella PK. I criteri di idoneit per selezionare le cornee do-natrici da utilizzare in una LK sono meno stretti. Infatti le cornee scartate perch non adatte agli interventi di PK per problemi a carico dellen-dotelio, possono essere impiegate per le pro-
Figura 7Diagrammi del follow up
MRSE e dellacutezza visiva
Figura 6 Immagine clinica e
OCT Visante
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Cheratoplastica lamellare con laser ad eccimeri con customizzazione a guida pachimetrica nel trattamento del cheratocono
cedure lamellari. Oltre a ci, la conservazione delle cornee presenta meno diffi colt. Infatti nelle procedure di LK si possono impiegare sia lamelle corneali fresche sia lenticoli disidratati e conservati per lunghi periodi. Grazie a que-sti vantaggi nelle procedure di Eye Banking i tempi di attesa per lintervento possono essere sensibilmente ridotti.La LK con laser ad eccimeri eseguita con tecni-ca CLAT rapresenta unimportante evoluzione della tecnica ELLK, ed una procedura in cui sia la superfi cie anteriore della cornea del rice-vente, sia la faccia posteriore della lamella del donatore vengono sottoposte a fotoablazione laser in modo tale da eliminare il tessuto corne-ale patologico e preparare il letto corneale rice-vente sul quale sar suturata la lamella corneale da trapiantare. La particolarit di questa tecnica risiede nella pressoch totale customizzazione del letto ricevente e della lamella del donatore, in modo tale da ridurre al minimo, od addirittura eliminare, la possibilit di problemi allinterfac-cia nel postoperatorio. Nei pazienti con cornee assottigliate ed ectasiche, questa metodica per-mette di ristabilire uno spessore corneale ade-
guato (> 500 m) ed una superfi cie regolare con normali valori cheratometrici (< 50 D). Nel nostro studio la tecnica CLAT permette di ottenere un aumento soddisfacente dello spessore corneale in tutti i pazienti, ripristinando lintegrit struttu-rale ed ottica del tessuto (Figura 11).Dopo lintervento lacuit visiva dei pazienti ha mostrato un miglioramento abbastanza lento ma progressivo, con un risultato fi nale molto sod-disfacente. possibile che alterazioni a carico dellinterfaccia possano pregiudicare in modo non prevedibile, in alcuni casi anche in manie-ra permanente, lintegrit e la qualit ottica del trapianto, compromettendo il recupero visivo dei pazienti. La LK con laser ad eccimeri eseguita con tecnica CLAT riduce al minimo questo tipo di rischio. Infatti linterfacia in tutti i casi osser-vati sempre stata ottimale, e non si sono mai notati fenomeni signifi cativi di haze che potes-sero infi ciare la visione. Daltronde noto come, nelle procedure di LASIK, la risposta riparativa nellinterfacia del fl ap sia del tutto assente e la procedura terapeutica della CLAT ricalca mol-to questa procedura rifrattiva. Questo risulta-to potrebbe dipendere dallestrema regolarit
Figura 9Diagrammi delle variazioni dei valori cheratometrici, della pachimetria e della conta endoteliale
Figura 11Quadro clinico di controllo
Figura 8Pattern topografi ci
Figura 10Pattern endoteliale
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Leopoldo Spadea, Arianna Fiasca, Riccardo Gizzi
della dissezione laser e dalla presenza di una superfi cie di supporto uniforme, capace di sta-bilizzare la giustapposizione tra letto e lembo, semplifi cando la sutura.Non stata osservata nessuna differenza stati-sticamente signifi cativa (p > 0.05) tra la densi-t delle cellule endoteliali pre e postoperatoria. Dopo lintervento lastigmatismo migliorato passando da un valore medio preoperatorio di 5.8 D a 3.4 D. Nelle procedure di LK possibile modulare lastigmatismo postoperatorio rimuo-vendo precocemente e selettivamente i punti staccati delle suture. In questa maniera la stabi-lizzazione della rifrazione del paziente pu es-sere anticipata.
>> ConclusioniLa cheratoplastica lamellare eseguita con lau-silio del laser ad eccimeri a guida pachimetri-ca consente nei pazienti affetti da cheratocono
di ripristinare una cornea di forma e spessore normali. La peculiarit di questa tecnica risiede nellablazione customizzata dello spessore sia del letto ricevente che della lamella donatrice. Nella nostra esperienza la CLAT con lutilizzo di un laser ad eccimeri ultra-veloce consente di ottenere unadeguata correzione dello spessore corneale del paziente, utile per ripristinare in occhi affetti da cheratocono lintegrit corneale ottica e strutturale. Evitando le irregolarit pachi-metriche nella cornea postoperatoria, la CLAT consente cos di ottenere un valido recupero funzionale, con risultati rifrattivi signifi cativamen-te migliori di altre tecniche che si avvalgono di microcheratomo o lasercheratomo. possibile concludere che il trapianto lamellare di cornea customizzato a guida pachimetrica con laser ad eccimeri sia una tecnica sicura ed effi cace per il trattamento di casi selezionati di cheratocono, tale da poter essere considerata una valida alter-nativa alla PK.
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>> Bibliografia
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NOTE
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RIASSUNTO Gli Autori presentano una review sulla microfacoemulsifi cazione bimanuale nella chirurgia della cataratta. Vengono considerate le indicazioni, la tecnologia della strumentazione dedicata, la tecnica chirurgica in ogni sua fase e lap-plicazione in casistiche complesse. Vengono discusse le caratteristiche particolari della tecnica, le differenze con la tecnica microcoassiale e le prospettive future.La B-MICS risulta essere una tecnica chirurgica indicata per tutti i tipi di cataratta ed ha una particolare indicazione per le cataratte complicate poich la stabilit di camera, il ridotto leakage, la buona visibilit e bimanualit consento-no di affrontare in sicurezza situazioni operatorie complesse con un minimo traumatismo chirurgico.
ABSTRACT The Authors present a review about B-MICS, bimanual microincision cataract surgery. Indications, dedicate instru-ments technology, surgical technique step by step and application into complex cases are taken into account. Tech-nique characteristics, differences with C-MICS (coaxial microincison cataract surgery) and future perspectives are discussed. B-MICS is a surgical technique for every type of cataract and is indicated particularly for complicated cataract becau-se provides chamber stability, low leakage and good visibility to approach safely complex operative situations with a minority surgical trauma.
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PAROLE CHIAVE B-MICS
microincisionitecnica chirurgica
cataratta complicata
KEY WORDS B-MICS
microincisionssurgical technique
complicated cataract
>> IntroduzioneAbbiamo iniziato ad utilizzare la tecnica B-MICS (Bimanual Micro Incision Cataract Surgery), nel-la chirurgia della cataratta nel 2004 e da allora non labbiamo pi abbandonata. In questi anni abbiamo potuto apprezzare le varie innovazioni tecnologiche che ad essa sono state applicate e che ne hanno sancito il riconoscimento da parte della comunit scientifi ca.Si stima che in Europa il 34% dei chirurghi uti-lizzi per la chirurgia della cataratta una tecnica microincisionale e che il 27% degli operatori la esegua in modo coassiale, mentre il 7% in mo-dalit bimanuale con la separazione dellinfusio-ne dalla tip degli ultrasuoni. Si presume che nei prossimi due anni pi del 50% dei chirurghi eu-ropei inizieranno ad utilizzare questa tecnica1.Il termine MICS (Micro Incision Cataract Surgery), oggi comunemente utilizzato, venne coniato da
Ali2,3 e rimane tuttoggi lacronimo che pi felice-mente racchiude i principali vantaggi della tecnica chirurgica: lidea di una microchirurgia della cata-ratta conferisce alla facoemulsifi cazione un valore aggiunto fondamentale, ovvero uneccellenza qua-litativa fi no a quel momento insperata. Nonostante un iniziale clima di scetticismo in merito allutilit della procedura, la validit dei risultati ottenuti hanno consentito alla MICS di af-fermarsi diffusamente e rapidamente. Se oggi infatti ci sembra naturale considerare lin-tervento di cataratta anche da un punto di vista puramente refrattivo, lo si deve in gran parte al continuo perfezionamento in ambito chirurgico. Le due tipologie di microincisione sono la mi-crofacoemulsifi cazione coassiale (C-MICS) e la microfacoemulsifi cazione bimanuale (B-MICS): nella tecnica coassiale (Figura 1) lincisione cor-neale oscilla tra 1,8 mm e 2,0 mm con la tip del
Chirurgia della cataratta con tecnica B-MICS Gian Maria Cavallini
Universit degli Studi di Modena e Reggio EmiliaAzienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di ModenaStruttura Complessa di Oftalmologia
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Chirurgia della cataratta con tecnica B-MICS
facoemulsifi catore e lo sleeve da infusione inte-grati nello stesso manipolo, nella tecnica bima-nuale (Figura 2) la tip del facoemulsifi catore separata dallirrigazione consentendo di ridur-re ulteriormente il diametro di incisione fi no a 1,4 mm per incisione (Figura 3). Attualmente quindi la B-MICS la tecnica che consente le incisioni pi piccole nella chirurgia della cataratta e promette tagli ancora pi ridotti nel momento che linnovazione tecnologica for-nir strumenti sempre pi sottili e lenti intraocu-lari adeguate.Lo scopo di questa review quello di presentare la B-MICS quale tecnica chirurgica di scelta non solo nelle cataratte senili semplici, ma anche, e soprattutto, nelle cataratte complicate dove la si-curezza e i risultati dellintervento vengono esal-tati maggiormente.
>> Indicazioni e VantaggiLa tecnica di microfacoemulsifi cazione bima-nuale pu essere attualmente applicata senza re-strizioni a tutte le tipologie di pazienti e nel tratta-mento di ogni tipo di cataratta. Pu essere infatti utilizzata come tecnica di routine per lestrazio-ne di cataratte semplici, con nuclei di varia du-rezza e densit (tutti i gradi della classifi cazione LOCS III), o complicate. Cataratte sub lussate, post-traumatiche, congenite, cataratte in corso di vitrectomia o di trapanotrabeculectomia4, 9, pos-sono essere agevolmente operate con tecnica B-MICS, con bassa percentuale di ultrasuoni. Lutilizzo di strumenti pi piccoli e delle microin-cisioni rendono inoltre questa procedura chirur-gica molto adatta per il trattamento delle catarat-te infantili10. I principali vantaggi della tecnica bimanuale non risiede tanto nella microincisione in s (che co-
munque ha notevoli vantaggi), ma nella gestione della fl uidica e nella separazione delle sonde, prerogative uniche di questa tecnica11, 14.Separando i vantaggi che si ottengono nel mo-mento chirurgico da quelli relativi al paziente avremo la seguente suddivisione:a) Vantaggi relativi al momento chirurgico: aumentata stabilit della camera anteriore gra-
zie alla riduzione del leakage dalle microinci-sioni15;
miglior followability dovuta alla separazione dellinfusione dallaspirazione, senza quella competizione che di norma si forma nelle pun-te coassiali con sleeve15;
utilizzo del chopper irrigante come secondo strumento chirurgico e migliore gestione del fl usso di irrigazione che pu essere orientato in modo pi razionale ed utile15;
la possibilit di scambiare le sonde da una mano allaltra consente di muoversi allinterno del segmento anteriore per 360, orientando linfusione e laspirazione a seconda dellesi-genze16;
lEPT (effective phaco time) ridotto comporta una chirurgia pi effi ciente17;
esecuzione delle differenti fasi di facofrattura in un sistema a bulbo chiuso con camera sta-bile ed eccellente visibilit grazie alla miniatu-rizzazione degli strumenti10;
b) Vantaggi relativi al paziente:risiedono essenzialmente nelle microincisioni che: producono un astigmatismo indotto irrilevante
e una minima alterazione aberrometrica13, 18; producono un recupero postoperatorio pi ve-
loce con acuit visiva fi nale qualitativamente eccellente19;
determinano un minore rischio di infezioni postchirurgiche20.
Figura 1Tip del facoemulsifi catore con microsleeve per C-MICS con incisione da 1.8 mm
Figura 2Tip del facoemulsifi catore senza microsleeve per B-MICS con chopper irrigante attraverso incisioni da 1.4 mm
Figura 3Confronto fra Tip da facoemulsifi cazione da 20 G con e senza microsleeve rispettivamente per C-MICS e B-MICS
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>> TecnologiaTutti i facoemulsifi catori pi moderni sono ormai predisposti per i settaggi (Tabella 1) della tecni-ca B-MICS 21. Tra i facoemulsifi catori pi diffusi vi sono: Sistema WhiteStar Signature Il nuovo sistema Signature con Fusion Fluidi-cs (Figura 4), che incorpora la tecnologia ICE (Increased Control & Effi ciency), rappresenta una sofi sticata novit nella facoemulsifi cazio-ne: stata sviluppata per ridurre il tempo tota-le degli ultrasuoni modifi cando lintervallo tra la fase ON e la fase OFF. Il programma Pulse Shape permette il rimo-dellamento dei classici ultrasuoni a square wave, creando unestensione dellampiezza nel primo millisecondo (Kick). Questo crea un micro-spazio tra la tip del faco e il mate-riale catarattoso attraverso cui la BSS penetra, incrementando cosi leffetto cavitazionale. Di conseguenza, si pu ottenere una maggiore effi cacia degli ultrasuoni.Inoltre, il nuovo sistema CASE control (Chamber Automated Stabilization Environment) (Figura 5) permette la modulazione del surge post-occlu-sivo, riducendo i livelli di vacuum in un range di 26 msec, attraverso una rapida rotazione inversa della pompa. Questa funzione offre il vantaggio di ridurre leffetto surge fi no al 56% con sonde da 20G; il chirurgo pu quindi operare con livelli di vacuum pi alti e ottima stabilit della camera anteriore.Con il nuovo software Variable WhiteStar pos-sibile scegliere, tramite il pedale, tra quattro dif-ferenti duty cycles, permettendo al chirurgo di adattarsi specifi camente ai differenti tipi di cata-ratta. Crediamo comunque che il reale vantaggio di questo software pu essere apprezzato nella sua capacit di creare micropulsazioni di 4 milli-
secondi (iperimpulsi), riducendo cosi lemissio-ne di di ultrasuoni. Sistema Stellaris Vision EnhancementIl Sistema Stellaris Vision Enhancement, stato lanciato sul mercato nel Settembre 2007. una macchina estremamente funzionale, con un de-sign futuristico (Figura 6), e presenta diversi van-taggi rispetto ad altre unit: un semplice sistema compatto che assistito da un video su monitor touchscreen; il pedale a doppia linea che , per la prima volta, wireless, riducendo cos lingom-bro in sala operatoria; il video rende possibile vi-sualizzare lintervento chirurgico sullo schermo. La fl uidica controllata da un sistema a doppia pompa, che intercambiabile durante la chirur-gia, attraverso la tecnologia di fl uidica EQ. EQ sta per Equalizing, signifi ca cio che infusione e aspirazione lavorano in mutuo equilibrio. LAd-vanced Flow System una pompa peristaltica di nuova generazione che permette un controllo molto buono sul surge, grazie alla presenza di un sistema ibrido di venting (che lavora sia con aria che con fl uidi), e grazie a una maggiore rigidit del materiale dei tubi e del trasduttore.Ma la vera innovazione di questa macchina lAdvanced Vacuum System. un sistema avan-zato di controllo del vacuum, che basato su una pompa centrifuga con una valvola Venturi. Questa pompa collegata a un applicatore di pressione interno, e offre la stessa performance di una pompa Venturi (da 0 a 600 mmHg in 1,3 sec), ma con la sicurezza di unaspirazione co-stante, e la stabilit di un StableChamber pack.Il tutto fornisce un potere di tenuta migliore con valori alti di vacuum, e ridotto fl usso, cosi da pre-venire la perdita di stabilit camerulare e ridurre il surge post-occlusivo. Il nuovo Stellaris Custom Control System II, per-mette al chirurgo di scegliere tra differenti mo-
Tabella 1
Parametri facoemulsifi catore per B-MICS
U/S (%) Vacuum Altezza (mmHg) (cm)
fase 1 25 100 110
fase 2 30 250 110
fase 3 5 200 110
I/A - 400 120
Figura 5Cruise Control: restrittore di fl usso che trattiene i frammenti lenticolari
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dalit di emissione di ultrasuoni: continua, pulsa-ta o a microimpulsi (singoli o multipli). La sonda faco estremamente innovativa; pi piccola e pi leggera, con un design comodo ed ergonomico. Questa sonda faco rappresenta una chiara evoluzione tecnologica soprattutto per la presenza di sei cristalli piezo-elettrici (invece di quattro), che lavorano a 28,5 kHz, contro i 40 kHz delle comuni sonde, permet-tendo cosi un maggior prolungamento degli ultrasuoni, con minore generazione di energia elettrica, una migliore effi cacia e una ridotta di-spersione termica. Le connessioni per le linee di irrigazione e di aspirazione ora hanno un si-stema per prevenire la disconnessione durante la chirurgia. OS3 (Ophthalmic Small-incision Surgery System) Il nuovo OS3 (Figura 7) un gruppo modulare che pu funzionare sia come Facoemulsifi catore sia come Vitrectomo, ed caratterizzato da un si-stema di fl uidica a circuito chiuso che previene le infezioni. Ha una doppia pompa venturi/peristaltica, inter-cambiabile durante la chirurgia, che pu rag-giungere valori di aspirazione di 600 mmHg in 0,5 sec. Un sensore di controllo esterno che viene attivato dalla presenza di aria nel circuito, esercita un controllo sui livelli di aspirazione, riducendo cos leffetto surge. Allinterno del modulo Vitrex per la vitrectomia c un applicatore di pressione interno, che pu liberamente modulare i valori di pressione intraoculare.Il sistema utilizza il nuovo software OS1.41 che permette il controllo dellemissione di ultrasuoni
secondo tre differenti modalit continua, pulsa-ta o a microimpulsi.Il CMP (Cool Microincision Phaco) il pro-gramma che stato creato per eseguire la faco-emulsifi cazione in sicurezza. Il cooling factor un parametro che si riferisce alla correlazio-ne tra la fase OFF e il ciclo totale di ultrasuoni nella modalit pulsata. Uno studio sperimentale ha rilevato che, con un cooling factor del 90% e una potenza di ultrasuoni del 100%, la tem-peratura allinterno del tunnel corneale rimane costante. Sistema Vision Infi niti con OZil torsional
handpiece Il Sistema Vision Infi niti 2.0 (Figura 8) con lOZil torsional ultrasound handpiece caratterizzato da una nuova sonda che produce un movimento torsionale della tip attorno al suo asse a una fre-quenza di 32 kHz, con il risultato di un signifi ca-tivo risparmio di energia e minore dispersione. Il movimento torsionale permette alla tip di emul-sifi care il materiale del cristallino durante lintera fase ON.Inoltre, lampiezza delle oscillazioni massima solo nella parte distale, mentre nella parte pros-simale a 50%, cos da non surriscaldare il tun-nel corneale. La miglior effi cacia di frammenta-zione pu essere ottenuta utilizzando una tip da 20G, caratterizzata da un leggero incurvamento allestremit di 20. Questa tecnologia pi effi -cace nella modalit continua. Allo stesso tempo, la fl uidica del Sistema Vision Infi niti consente al chirurgo di personalizzare i parametri di fl uidica in base alla tecnica chirugica e alla patologia del paziente.
Figura 4WhiteStar Signature
Figura 6Stellaris Vision Enhancement
Figura 7OS3
Figura 8Vision Infi niti
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>> Tecnica chirurgica step by stepLe procedure di anestesia nella microfacoemulsi-fi cazione bimanuale, non si discostano da quelle comunemente utilizzate per la faco coassiale. dunque possibile, a seconda delle abitudini del chirurgo, eseguire lintervento previa anestesia loco-regionale con blocco retrobulbare, aneste-sia peribulbare o subtenoniana o tramite aneste-sia locale per via topica.
IncisioniUno dei punti cruciali della microfacoemulsifi ca-zione bimanuale la corretta preparazione delle incisioni chirurgiche. Trattandosi propriamente di micro-incisioni in cornea chiara, necessario adeguare la propria strumentazione chirurgica in modo da poter condurre agevolmente e con precisione questa prima fase dellintervento. Di solito si utilizzano microtaglienti precalibrati con punta in diamante, che permettono lesecuzio-ne di incisioni trapezoidali con unapertura alla base di 1,4 mm e unapertura interna di 1,2 mm (Figure 9 e 10). Questa particolare conformazio-ne dellincisione consente al chirurgo di muove-re liberamente gli strumenti in camera anteriore, senza creare stress e deformazione dei margini dellincisione, e allo stesso tempo di minimizzare il leakage durante lintervento. Questo porta ad una maggiore stabilit della camera anteriore e ad un migliore controllo nelle varie fasi chirur-giche. Lincisione trapezoidale ha inoltre il vantaggio di essere self-sealing, ovvero auto-chiudente, per un meccanismo a valvola dei margini della ferita che tendono a collabire al termine dellinterven-to. dunque importante che le microincisioni vengano costruite correttamente: unincisione troppo stretta impedisce lagevole inserimen-to degli strumenti e limita la loro manovrabilit, creando inoltre eccessivo stress tissutale ai lati
dellincisione stessa. Inoltre, unincisione ec-cessivamente stressata da forze meccaniche o termiche potrebbe perdere la sua capacit auto-chiudente e richiedere quindi la sutura a fi ne in-tervento. Daltra parte, unincisione troppo larga pu creare un maggior leakage con conseguen-te instabilit della CA durante tutte le successive fasi; inoltre, il passaggio continuo del fl uido di leakage attraverso lincisione pu portare ad un danno endoteliale circostante lincisione stessa. Anche la posizione delle incisioni chirurgiche di fondamentale importanza. Innanzitutto si raccomanda di eseguire le due microincisioni corneali ad una distanza reciproca compresa tra 90-120 (Figura 11), per minimizzare leffet-to astigmogeno e consentire, allo stesso tempo, unagevole bimanualit. Inoltre, opportuno praticare le incisioni nel settore superiore, o co-munque lontano dal menisco lacrimale inferiore, allo scopo di ridurre al minimo le contaminazioni batteriche e quindi il rischio di endoftalmiti post-operatorie20. Per i suddetti motivi, noi eseguiamo preferibilmente le due incisioni a ore 10 e a ore 2 circa (Figura 12); per chi predilige lapproccio temporale si consiglia di eseguire le incisioni ad ore 9-12 (per locchio destro) e non, come alcuni chirurghi sono abituati a fare, ad ore 7-10.
CapsuloressiLa capsuloressi pu essere eseguita con cistoto-mo, con ago da insulina opportunamente piega-to o con apposite pinze da capsuloressi a secon-da delle abitudini del chirurgo (Figura 13). Per la MICS opportuno utilizzare, almeno inizialmen-te, una pinza da ressi a controllo distale, come le pinze da vitrectomia con principio squeeze-handle, che permettono un buon controllo della ressi anche attraverso le microincisioni (Figura 14); sono inoltre state opportunamente dise-gnate pinze da ressi per tecnica bimanuale, con
Figura 10Dettaglio della microincisione trapezoidale con base a 1.4 mm e apice a 1.2 mm
Figura 12Approccio chirurgico superiore
Figura 11Corretta localizzazione delle microincisioni a circa 110
Figura 9Bisturi precalibrato con punta in diamante per microincisioni
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punta corta e smussa, che possono essere intro-dotte agevolmente attraverso incisioni inferiori ad 1 mm, consentendo una buona manovrabilit in CA (Figura 15). La capsuloressi con pinze de-dicate attraverso le microincisioni risulta, a mio avviso, pi agevole rispetto a quella eseguita at-traverso incisioni pi larghe, innanzitutto per una migliore stabilit della CA grazie alla minor fuo-riuscita di viscoelastico dalle incisioni, ma anche per una migliore visibilit legata alluso di pinze pi piccole. Inoltre, la possibilit della bimanua-lit, consente di eseguire una capsuloressi in sicurezza anche nei punti dove essa risulta pi diffi coltosa, come nel sito di accesso delle pinze da ressi, offrendo la possibilit di continuare la procedura con la mano non dominante attraver-so laccesso controlaterale.
IdrodissezioneLa procedura di idrodissezione, ovvero la sepa-razione della capsula dalla corticale e dal nucleo lenticolare, non richiede strumenti o manovre specifi che per la B-MICS. Come per la faco co-assiale, si posiziona una normale cannula da 26 gauge in camera anteriore, al di sotto del mar-gine della capsuloressi; mantenendolo legger-mente sollevato a guisa di tenda, si inietta una piccola quantit di BSS, che consente il clivaggio della corteccia dalla capsula prima anterior-mente e poi posteriormente, distribuendosi in maniera circonferenziale e rompendo le con-nessioni cortico-capsulari a livello equatoriale. A questo punto si verifi ca che vi sia una buona ro-tazione del complesso cortico-nucleare rispetto alla capsula; se questo non avviene, necessario ricominciare la manovra di idrodissezione in un altro quadrante, solitamente quello opposto22. La manovra di idrodissezione risulta particolar-mente agevole durante un intervento di micro-facoemulsifi cazione bimanuale (Figura 16), in quanto le microincisioni a tenuta e il conseguen-
te mantenimento di una buona pressione in ca-mera anteriore, permettono un ottimo clivaggio cortico-capsulare con lutilizzo di minime quan-tit di BSS23, 24. anzi opportuno, in alcuni casi, consentire la fuoriuscita di una piccola parte di viscoelastico dalle incisioni prima dellidrodis-sezione, per evitare un eccessivo aumento di pressione in C.A. e la conseguente possibilit di rottura della capsula posteriore25.
Facoemulsificazione La facoemulsifi cazione con tecnica bimanuale uno degli step chirurgici in cui si apprezzano pi chiaramente le differenze e i vantaggi della mi-crofaco rispetto alla faco coassiale.Tecniche di facofratturaLe tecniche di facofrattura abitualmente utilizza-te dal chirurgo per la faco coassiale, possono es-sere adottate anche per la B-MICS; alcuni autori suggeriscono tuttavia di utilizzare la tecnica di-vide and conquer o quella di stop and chop per i nuclei normali, e di ricorrere al phaco-chop verticale per i nuclei pi duri21, 26.
Divide and conquerIl chirurgo tiene il chopper irrigante nella mano non dominante, utilizzando la modalit di irriga-zione continua e ricordando di non ritirare mai la sonda irrigante prima della sonda da U/S, per evitare violenti e pericolosi collassi della came-ra anteriore. Questi accorgimenti valgono anche per le altre tecniche di facofrattura in modalit bi-manuale. La sonda da faco viene impugnata con la mano dominante, attraverso lincisione princi-pale. Utilizzando bassi livelli di vacuum e di U/S, si procede allesecuzione di un primo solco (Fi-gura 17), profondo e stretto, a livello del nucleo, fi no a raggiungere circa il 90% del suo spessore; si allarga quindi il solco e si procede al cracking del nucleo (Figura 18). Poi, dopo aver ruotato il nucleo di 90, si esegue la stessa procedura,
Figura 13 A e BCapsuloressi con ago da insulina ripiegato
A B
Figura 14Pinze da ressi a controllo distale, con principio squeeze-handle
Figura 15Dettaglio della punta da ressi a controllo distale
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spaccando cos il nucleo in quattro parti uguali; il chopper irrigante viene utilizzato per spostare e direzionare i frammenti di nucleo verso la tip del faco per la loro emulsifi cazione (Figura 19). Il vantaggio di questa tecnica rappresentato dal-la semplicit delle manovre intracamerali, che possono essere facilmente eseguite con tecnica bimanuale anche da un chirurgo in apprendi-stato. Tuttavia, sconsigliata nella gestione dei nuclei duri, poich richiede pi tempo e livelli di power U/S pi elevati rispetto alla tecnica di phaco-chop.
Phaco-chop orizzontale e verticaleCon la tip del faco si procede allaspirazione della corticale e dellepinucleo anteriori, per pe-netrare in profondit nella porzione prossimale del nucleo; esercitando una forte aspirazione, il nucleo del cristallino rimane saldamente impat-tato e adesso alla sonda da U/S che lo mantiene fermo durante le manipolazioni con il chopper. Con chopper irrigante si crea una frattura oriz-zontale a livello del nucleo stesso, separandolo in due met (Figura 20). Dopo la rotazione del nucleo viene ripetuta la stessa manovra, fi no ad ottenere quattro, sei o pi frammenti di nucleo da emulsifi care. Questa tecnica defi nita phaco-chop orizzontale. Il phaco-chop verticale consiste nella frattura verticale del nucleo, eseguita facendo penetra-re il chopper irrigante in profondit nel nucleo, mentre la sonda da U/S, che trattiene il nucleo con alti livelli di aspirazione, viene portata verso lalto con movimento altitudinale. Si viene cos a creare una frattura verticale nel nucleo; i due strumenti vengono poi allontanati luno dallaltro lateralmente, per completare la divisione del nu-cleo in due met. Entrambe le varianti del phaco-chop hanno il vantaggio di essere pi veloci e di utilizzare li-
velli di power U/S molto pi bassi rispetto alla divide and conquer, soprattutto nei nuclei duri, in cui particolarmente indicata la variante verticale. Daltra parte per, si tratta di tecniche pi complesse, soprattutto per la diffi colt delle manovre da condurre con la mano non dominan-te, e necessitano perci di una pi lunga curva di apprendimento.
Stop and chop una variante che associa le tecniche di di-vide and conquer e phaco-chop, in cui un primo solco viene praticato nel nucleo allo stesso modo della divide and conquer per dividere il nucleo in due met; ciascun emi-nucleo viene poi frammentato con la metodica del phaco-chop. Questa tecnica un buon compromesso tra le due, per quanto riguarda diffi colt e vantaggi. Qualunque sia la tecnica di facofrattura utilizza-ta, il chirurgo che comincia a prendere dime-stichezza con la tecnica bimanuale, apprezza innanzitutto lutilit del chopper irrigante che permette di utilizzare il fl usso di fl uidi come un vero e proprio strumento chirurgico; la ge-stione dei frammenti di nucleo risulta in questo modo pi agevole, perch si ha la possibilit di direzionarli verso la tip del faco sfruttando le correnti fl uide dellirrigazione separata. Que-sto non pu avvenire con la faco tradizionale, in quanto sonda da U/S e irrigazione sono coas-siali; si pu quindi sperimentare una pi diffi cile gestione dei frammenti nucleari e una maggior turbolenza in camera anteriore rispetto alla tec-nica bimanuale11, 16.
Irrigazione/AspirazioneSi utilizzano sonde separate da infusione e da aspirazione da 20 gauge, introdotte attraverso le microincisioni. Solitamente lavoriamo con sonde
Figura 16Idrodissezione con cannula da 26 gauge
Figura 17Fase di facofrattura divide in conquer: esecuzione del solco centrale
Figura 18Fase di cracking del nucleo
Figura 19Rimozione dei frammenti di nucleo
Figura 20Phaco-chop
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a sezione ovalare, che ben si adattano al taglio trapezoidale da 1,4 mm (Figura 21). Si procede allaspirazione graduale dei residui corticali e di epinucleo con la sonda da aspira-zione nella mano dominante e con lirrigazione nellaltra mano in modalit di infusione continua, per evitare bruschi collassi della camera ante-riore. La sonda da irrigazione permette di dire-zionare i frammenti cristallinici verso la sonda da aspirazione, in modo da agevolare la proce-dura e da consentire una minore turbolenza in camera anteriore. Una volta completata la pulizia del sacco capsu-lare nella met opposta al sito di ingresso della sonda da aspirazione, si scambiano gli strumen-ti da una mano allaltra, avendo cura di ritirare sempre prima laspirazione. Si procede cos alla pulizia della restante parte del sacco capsulare, con le stesse modalit. La possibilit di scam-biare gli strumenti consente unagevole pulizia del sacco in tutti i suoi punti, anche a livello sub-incisionale, e persino in presenza di una ressi stretta24. A fi ne procedura, abbassando i livelli di aspira-zione, si pu procedere alla pulizia della capsu-la posteriore, avvalendosi della tip ruvida della sonda da aspirazione (Figura 22).
Impianto di IOLQuesto step chirurgico ci pone davanti ad una delle pi classiche e principali obiezioni legate alla microfaco bimanuale, ovvero lindisponibili-t di IOL da microincisione e la conseguente ne-cessit di dover allargare il taglio per limpianto della lente. In effetti, mentre la tecnologia ha fatto in breve tempo passi da gigante per la messa a punto dei nuovi facoemulsifi catori e dello strumentario chirurgico, non altrettanto si pu dire per quello
che concerne la realizzazione di IOL da microin-cisione. Tuttavia, sono stati fatti recentemente buoni pro-gressi in questo ambito, tanto che attualmente disponiamo di IOL iniettabili attraverso incisioni uguali o inferiori a 2 mm. Con lulteriore espansione dei programmi di ricerca da parte dei laboratori, saranno proba-bilmente disponibili nel prossimo futuro IOL da microincisione adattabili a tagli 1,5 mm. Per limpianto utilizziamo di solito IOL da mi-croincisione con ottime caratteristiche ottiche e di stabilit nel sacco, allargando una delle incisioni a 1.8 mm (Figura 23). A seconda delle preferenze del chirurgo, anche possibile in-serire la IOL creando una terza incisione tra le due originarie, senza differenze statisticamente signifi cative nellastigmatismo post-chirurgico, come emerge da uno studio prospettico da noi condotto, in via di pubblicazione.Per una perfetta riuscita dellimpianto neces-sario posizionare la tip del cartridge in modo lie-vemente obliquo, avendo cura di non introdurlo in C.A. ma di mantenerlo appoggiato al margi-ne esterno dellincisione corneale; lo stantuffo delliniettore deve poi essere premuto delicata-mente facendo progredire lentamente la IOL in camera anteriore (Figura 24).Dopo limpianto della IOL si termina lintervento, procedendo alla semplice idratazione delle in-cisioni.
B-MICS e casi complessiLa tecnica di B-MICS presenta numerosi ed in-dubbi vantaggi, rispetto alla faco coassiale, non solo per la gestione dei casi routinari, ma anche e soprattutto nellaffrontare casi complessi. Per questo motivo consiglio ai chirurghi della
Figura 21Sonde da infusione e aspirazione a sezione ovalare da 21 gauge
Figura 22Sonde da infusione e aspirazione a sezione circolare da 21 gauge con punta sabbiata per pulizia completa del sacco capsulare
Figura 23 A e BAllargamento di una delle due microincisioni a 1.8 mm e impianto della IOL mediante cartridge
A B
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cataratta affezionati alla faco coassiale, di pren-dere confi denza con questa nuova tecnica per integrarla alla loro strategia operatoria. Vediamo alcuni casi di cataratte complicate in cui la B-MICS esprime con evidenza i suoi van-taggi e consente una migliore gestione chirurgi-ca del paziente.Nei casi di cataratta associata a chirurgia vitreo retinica (Figura 25), la B-MICS grazie allinfusio-ne separata consente di mantenere la CA e, di-rigendo opportunamente il fl usso di irrigazione, permette al chirurgo di allontanare liride che tende alla miosi e di respingere il vitreo dalle zone di deiscenza zonulare15, 27; nelle cataratte infantili (Figura 26) le dimensioni ridotte degli strumenti e lassenza dello sleeve, consentono una buona manovrabilit e una ottima visualiz-zazione del campo operatorio. Nelle cataratte associate a IFIS (Intraoperative Floppy Iris Syn-drome)28 (Figura 27) la B-MICS consente di ri-durre la turbolenza in CA durante la fase di faco-frattura, con possibilit di direzionare il fl usso del chopper irrigante separato riducendo il rischio di impegno irideo sulla punta del faco. Nei casi di lassit zonulare (Figura 28) la B-MICS consente una maggiore stabilit della CA grazie alle mi-croincisioni; inoltre, nella fase di facofrattura il chopper irrigante permette di ridurre il fl usso di irrigazione e la pressione idrostatica rispetto a
quanto avviene con linfusione coassiale; in que-sto modo la facoemulsifi cazione del nucleo pu avvenire con livelli di aspirazione e di vacuum pi bassi, riducendo il fenomeno del surge post-occlusivo e minimizzando il rischio di prolasso vitreale attraverso il difetto zonulare. In presen-za di patologie corneali (Figura 29) (distrofi a di Fuchs, pregressa cheratoplastica perforante o lamellare, pregressa chirurgia refrattiva) la bi-manuale consente di rispettare maggiormente la cornea, grazie alla maggiore stabilit della fl u-idica, una migliore permanenza del viscoelasti-co in camera anteriore e alle minori dimensioni delle incisioni29.Si tratta, inoltre, di una tecnica meno fl ogogena rispetto alla faco coassiale e pi rispettosa delle strutture oculari sia anteriori che posteriori, so-prattutto in occhi con alterazione della barriera emato-retinica a rischio di sviluppare edema maculare cistoide (Figura 30). La riteniamo quin-di molto adatta per la gestione di cataratte in pazienti uveitici, diabetici, con esiti di occlusioni venose o con altre patologie retiniche vascolari o infi ammatorie.
>> Discussione e ConclusioniLa tecnica B-MICS si pone oggi come il gold standard della chirurgia della cataratta, grazie
Figura 24Impianto della IOL mediante cartridge
Figura 25B-MICS associata a chirurgia vitreo retinica
Figura 26B-MICS in cataratta infantile
Figura 27B-MICS in cataratta con sindrome IFIS
Figura 28B-MICS in cataratta con lassit zonulare
Figura 30B-MICS in esiti di uveite
Figura 29B-MICS in patologie corneali
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Chirurgia della cataratta con tecnica B-MICS
ai suoi provati vantaggi negli interventi di routi-ne, ma anche e soprattutto negli interventi di ca-taratte complicate. Molti di questi vantaggi sono legati alle microincisioni, che rendono questo tipo di chirurgia una procedura a bulbo chiu-so, con grande stabilit della CA durante tutte le fasi dellintervento. Le microincisioni consentono inoltre la riduzione delleffetto astigmogeno con conseguente pi rapido recupero visivo17-19, 30-33 e la minimizzazione del rischio di endoftalmiti post-operatorie20. stato dimostrato, introdu-cendo i concetti di aberrometria nella chirurgia della cataratta, che la tecnica B-MICS non degra-da le qualit ottiche della cornea, n induce mo-difi che nellastigmatismo, incluso lasse13. Inoltre stata riportata una riduzione dei tempi di cica-trizzazione delle microincisioni ed una riduzio-ne delle complicanze intra e post-operatorie (es. prolasso irideo intra-operatorio)31. Un altro grande vantaggio della tecnica B-MICS la separazione dellirrigazione dalla tip del faco: questo consente di ridurre la turbolenza in-tracamerale grazie alla possibilit di direzionare opportunamente il fl usso di irrigazione.Inoltre, la possibilit di interscambiare i manipoli da una mano allaltra, facilita la completa rimo-zione del cristallino e dei residui corticali, anche a livello sub-incisionale. Grazie alle nuove tecnologie applicate ai facoe-mulsifi catori, la B-MICS diventata una tecnica ancora pi sicura ed effi ciente, per la minimizza-zione delleffetto surge e la riduzione del potere degli ultrasuoni, dellEPT e il risparmio di BSS17. Ritengo quindi che la tecnica di B-MICS sia, per i motivi suddetti, superiore alla tecnica coassiale e credo che i vantaggi delluna rispetto allaltra siano evidenti e riconosciuti. Tuttavia, confron-tandoci con alcuni amici bimanualisti, come Dick, Braga-Mele, e Fine, abbiamo individuato con chiarezza alcune motivazioni che rendono i chirurghi coassiali riluttanti verso la tecnica bi-manuale: tutti i chirurghi della cataratta sono cresciuti
con una educazione coassiale e lidea di ini-ziare una nuova curva di apprendimento non sempre ben accolta, anche a fronte di innega-bili vantaggi;
attualmente non sono disponibili lenti intra-oculari inseribili attraverso incisioni uguali o inferiori a 1,4 mm. Adesso le IOL da microin-cisione passano attraverso 1,8-1,9 mm e pos-
sono essere utilizzate indifferentemente per la bimanuale o per la microcoassiale, che at-tualmente si esegue attraverso incisioni da 1,8 mm. Solo quando avremo a disposizione IOL inseribili al di sotto di 1,4 mm vedremo un in-cremento nellutilizzo della bimanuale;
le ditte produttrici di strumenti e materiali propongono preferenzialmente le attrezza-ture per la tecnica coassiale piuttosto che per la bimanuale in quanto facendo leva sul fatto che il chirurgo non debba cambiare abitudini.
Un ottimo suggerimento per passare dalla co-assiale alla bimanuale , secondo unidea di Packard, provare lo step intermedio della com-biassiale. Tale tecnica di transizione richiede un sistema coassiale, ma con il contemporaneo uso di un chopper irrigante. In questo modo il chi-rurgo in apprendimento comincia ad abituarsi a maneggiare con la mano non dominante uno strumento chirurgico con la doppia funzione di chopper e di irrigatore. Sar opportuno sceglie-re inizialmente un chopper con terminale non troppo tagliente o appuntito, per ridurre al mini-mo la possibilit di creare danni alle strutture in-traoculari durante lapprendimento. Nella mano dominante il chirurgo avr il solito faco, dotato di sleeve ed irrigazione, e la sua tecnica di fa-cofrattura non cambier rispetto alla sua usuale. Lunica differenza sta nellavere nellaltra mano un chopper irrigante. Naturalmente, avendo due fonti di infusione, collegate ad ununica bottiglia, sar molto importante controllare laltezza di questultima. La regola sarebbe quella di dimi-nuire laltezza della bottiglia del 50% dellaltezza abituale per la coassiale. Se durante lintervento il chirurgo si accorge di andare incontro ad effet-to surge, dovr alzare leggermente la bottiglia, fi no al ripristino delle normali condizioni di sta-bilit di camera.Il futuro della chirurgia della cataratta risiede nella possibilit di offrire unulteriore miniatu-rizzazione degli strumenti e delle incisioni, ridu-cendo inoltre la quantit di energia ultrasonica e le manipolazioni in CA.La tecnica B-MICS si pone come lunica proce-dura, effi cace e sicura, in grado di adattarsi a questo trend, ponendosi quindi come la miglior scelta chirurgica, non solo per gli innumerevoli vantaggi attuali, ma anche per le ulteriori possi-bilit future di sviluppo34, 35.
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Gian Maria Cavallini, Cristina Masini, Luca Campi, Stefania Lusvarghi, Simone Pelloni
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NOTE
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24 viscochirurgia 3 2010
La vitrectomia nella retinopatia diabetica Marco Andrea Pileri
Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata, Roma Dirigente Medico Responsabile U.O.S. Chirurgia della Retina
RIASSUNTO Scopo: Valutare leffi cacia della vitrectomia nella retinopatia diabetica.Risultati: Le tipiche indicazioni nella vitrectomia sono le emorragie vitreali, i distacchi di retina trazionali e/o regma-togeno, ledema maculare trattivo e pi recentemente ledema maculare diffuso. Il glaucoma neovascolare richiede un approccio chirurgico aggressivo al fi ne di salvare anatomicamente il bulbo.La chirurgia vitreoretinica indicata in diverse complicanze oculari che possono essere migliorate tramite luso di strategie e tecniche chirurgiche adeguate. La decisione di intervenire chirurgicamente richiede sempre unattenta valutazione del rischio-benefi cio.
ABSTRACT Typical indications for vitrectomy are vitreous hemorrhage, tractional retinal detachment, combined tractional rheg-matogenous retinal detachment, tractive macular edema and more recently diffuse diabetic macular edema. Neova-scular glaucoma requires aggressive surgical intervention to salvage the eye. Vitrectomy surgery has a potential for severe complications in diabetic eyes which can be ameliorated by proper sur-gical strategies and techniques. The decision for an intervention in diabetic eyes always requires a careful weighing of risks and benefi ts of surgery.
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PAROLE CHIAVE retinopatia diabetica
vitrectomiaedema maculare diabetico
complicanze della retinopatia diabetica
KEY WORDS diabetic retinopathy
vitrectomydiabetic macular edema
complications of diabetic retinopathy
ino a pochi anni fa la retinopatia diabetica, soprattutto nelle fasi pi avanzate e con le
complicanze pi gravi, era considerata una ma-lattia intrattabile e i pazienti destinati ad una pro-gnosi funzionale visiva infausta, fi no alla cecit.Nel corso degli anni sono stati tentati diversi ap-procci chirurgici per cercare di mantenere una funzionalit visiva accettabile, quali lipofi sectomia e la fotocoagulazione laser. Tuttavia solo con lav-vento della vitrectomia, introdotta da Machemer negli anni 701, pazienti che fi no ad allora erano condannati alla cecit, a causa di emorragie vi-treali massive e recidivanti o di distacco di retina trattivo e/o regmatogeno, provocati dalle prolife-razioni fi brovascolari diabetiche, cominciarono a sperare in una prognosi visiva migliore.Tuttavia poich la vitrectomia veniva effettuata solo in caso dinsorgenza delle complicanze pi gravi e tardive della malattia diabetica, al successo anatomico nella maggior parte dei
casi non corrispondeva un successo funziona-le, anzi spesso si determinava la spinta fi nale verso la cecit.Nonostante il progresso delle tecniche chirurgi-che nella vitrectomia, ancora oggi per decide-re se e quando sottoporre un paziente a terapia chirurgica, fondamentale non aspettare linsor-genza delle complicanze pi gravi.Ma allora quando lecito sottoporre un paziente a trattamento chirurgico? Quali sono le indica-zioni ed il timing per lintervento?Hamilton e coll, partendo dai risultati dello studio americano DRVS (diabetic retinopathy vitrec-tomy study) degli anni 802, ha stilato una lista dei quadri patologici che giustifi cano un approccio chirurgico. A tale lista ancor pi recentemente si sono aggiunte altre indicazioni, quali il tratta-mento delledema maculare diffuso e cronico, che costituisce una delle cause principali di de-fi cit visivo in molti pazienti diabetici.
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La vitrectomia nella retinopatia diabetica
La chirurgia ha diversi obiettivi terapeutici, che si possono suddividere in primari e secondari.1) obiettivi primari: rimozione delle opacit lenticolari e vitrea-
li. Un sistema ottico trasparente permette il trattamento laser intraoperatorio o periope-ratorio delle aree retiniche ischemiche, con conseguente riduzione degli stimoli vasopro-liferativi
riduzione di distacchi di retina trattivi e/o reg-matogeni
rimozione di trazioni antero-posteriori e/o tangenziali al piano retinico, responsabili delledema maculare cronico
2) obiettivi secondari rimozione del vitreo. che costituisce la base
su cui crescono e aderiscono le membrane fi brovascolari, allo scopo di ridurre la forma-zione di processi proliferativi
tempestivo trattamento laser sulle aree di reti-na sottostanti alle proliferazioni fi brovascolari, dopo loro rimozione. Infatti la neovascolariz-zazione preretinica contribuisce allossigena-zione della retina superfi ciale, pertanto dopo tali manovre lischemia della retina sottostante le proliferazioni peggiora
riduzione della sofferenza ischemica della retina superfi ciale e dello stimolo vasoproli-ferativo, tramite la rimozione del gel vitreale e la sua sostituzione, quando possibile, con so-luzione salina bilanciata. In tal modo si deter-mina una nuova fl uidifi ca della camera vitrea, con miglioramento della nutrizione ed ossige-nazione della retina superfi ciale
impedire la diffusione di fattori di crescita endoteliali dalla retina in camera vitrea. In tal modo si abbassa la concentrazione di queste citochine su specifi che porzioni retiniche ri-ducendo cosi la possibilit di avere un edema maculare. Inoltre si riduce la possibilit che, raggiungendo il corpo ciliare e la camera an-teriore, possano determinare linsorgenza di un glaucoma emorragico
possibilit di sostituire il gel vitreale con olio di silicone. Questo rappresenta un indubbio vantaggio qualora latto chirurgico debba risolvere distacchi di retina trattivi o regma-togeni. Inoltre lolio di silicone, grazie al suo effetto compartimentalizzante permette che eventuali sanguinamenti, frequenti nel posto-peratorio in questo tipo di chirurgia, siano
confi nati in aree retiniche ristrette. Infi ne al-tro vantaggio dellolio di silicone quello di ridurre la diffusione dei VEGF verso il seg-mento anteriore e quindi ridurre lincidenza del glaucoma emorragico, permettendo una rapida riabilitazione visiva.
Alla luce degli obiettivi terapeutici, la chirurgia vitreoretinica si rende necessaria in caso di:1. opacit vitreali non risolvibili2. complicanze legate alle trazioni sulla retina3. ischemia e sue complicazioni
Opacit vitreali opacit vitreali persistenti fi brosi postemorrragica del vitreo neovascolarizzazione del segmento anteriore
in connessione con opacit vitreali emorragie vitreali recidivantiComplicanze trattive sulla retina proliferazione fi brovascolare progressiva distacco trazionale della macula distacco di retina trattivo o regmatogeno edema maculare con ialoide adesaIschemia e sue complicanze neovascolarizzazioni del segmento anteriore
con conseguente glaucoma emorragico retinopatia proliferativa in fase attiva non con-
trollabile con il trattamento laser
>> EmovitreoLemovitreo nel paziente diabetico , nella mag-gior parte dei casi, il risultato della rottura di neovasi a livello dellinterfaccia vitreo-retinica, conseguente ad un distacco del vitreo posteriore. Rappresenta la causa pi frequente per cui ri-chiesto un trattamento chirurgico vitreoretinico.La prima vitrectomia in un emovitreo diabetico fu eseguita circa 35 anni fa da Machemer e da allora le indicazioni, il timing chirurgico e la tec-nologia sono notevolmente cambiate. indubbio che in presenza di un distacco di re-tina regmatogeno o trattivo, di neovascolarizza-zione iridea o di edema maculare preesistenti allemovitreo, quanto pi precocemente si effettua la vitrectomia tanto migliore la possibilit di re-cupero funzionale. Lasportazione del vitreo deve essere quanto pi possibile completa ed accurata in modo da poter eseguire, eventualmente anche nel postoperatorio, un adeguato trattamento laser.Anche in presenza di una fi brosi postemorragica
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Marco Andrea Pileri, Francesco Baccini, Carlo Maria Villani
del vitreo inutile dilatare i tempi dellintervento, in quanto la possibilit di rischiaramento della ca-mera vitrea sono praticamente nulle (Figura 1).Lo studio DRVS3 ha evidenziato che giovani dia-betici di tipo I con emovitreo, trattati precoce-mente con terapia chirurgica, avevano risultati funzionali visivi migliori e pi duraturi nel tempo, rispetto a gruppi di controllo in cui la chirurgia era stata procrastinata di un anno.La presenza di una emorragia retroialoidea al polo posteriore rappresenta unaltra indicazione per il trattamento chirurgico di un emovitreo in tempi rapidi, in quanto la pressione esercitata dalla saccatura di sangue, compresa tra la ialoi-de posteriore e la membrana limitante interna, danneggia irrimediabilmente i fotorecettori ma-culari. Inoltre gli ioni ferro contenuti nellemoglo-bina costituiscono un importante fattore tossico per i fotorecettori stessi.
Per quanto riguarda la tecnica chirurgica, negli ultimi anni si assistito ad una sempre maggior diffusione delle tecniche mini-invasive. Queste infatti dalla loro introduzione, nel 2002 per il si-stema a 25 gauge4 e nel 2005 per il 23 gauge5, hanno subito una costante evoluzione tanto che oggi trovano applicazione nella maggior parte delle patologie vitreoretiniche. A nostro avviso la procedura chirurgica di elezione la vitrectomia mininvasiva 23 gauge. Questa infatti rappresen-ta unevoluzione rispetto al 20 gauge, ma anche rispetto al 25 gauge, e permette di eseguire una chirurgia completa, anche con leventuale intro-duzione di mezzi di tamponamento permanenti (olio di silicone), mantenendo i vantaggi di una tecnica mininvasiva senza suture.
>> Distacco di retina trattivoMentre la vitrectomia via parsplana, nei casi di emovitreo senza distacco di retina, permette un recupero funzionale visivo eccellente, nei casi di distacco di retina trattivi complicati, al risultato anatomico di solito pi che soddisfacente non corrisponde un risultato funzionale accettabile, soprattutto nei casi in cui ci sia un coinvolgimen-to dellarea maculare, come evidenziato da di-versi studi (Tabella 1).Questi risultati, in particolare quelli dello studio di Heibag, confermano limportanza della early vitrectomy. Dalla tabella risulta evidente come la percentuale di successo aumenti negli studi pi recenti. Questo attribuibile allutilizzo di tecnologie via via pi avanzate e sicure.Dato molto importante da considerare quel-lo relativo al coinvolgimento o meno dellarea
Tabella 1
Percentuali di successo negli interventi chirurgici per distacco di retina trattivo (acuit visiva fi nale >1/20)
Autori Distacco di retina Distacco di retina con o senza emovitreo con o senza emovitreo
Macula on Macula off
Heibag et al 1996 94% 52% 20% se macula off >12 mesi 42% se macula off
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La vitrectomia nella retinopatia diabetica
maculare e dal tempo intercorso fra il distacco maculare e lintervento chirurgico. Infatti le per-centuali di successo aumentano notevolmente riducendo i tempi fra la comparsa del distacco maculare e la risoluzione chirurgica. Altri dati devono comunque essere considerati prima di consigliare un intervento di chirurgia vitreoretinica in caso di distacco di retina trattivo in paziente diabetico.Fattori di rischio che infl uiscono negativamente su un recupero funzionale accettabile sono la presen-za di macula off da pi di 6 mesi, la rubeosi delliri-de e conseguente glaucoma neovascolare6, la du-rata del distacco superiore a 6 mesi, le alterazioni ischemiche maculari e le trazioni vitreoapillari, che determinano unotticopatia ischemica7, la presen-za di emovitreo da pi di 6 mesi e lassenza di trat-tamento foto coagulativo (Figura 2).In questi casi ci si pu chiedere se sia effettiva-mente consigliabile un intervento vitreoretinico. Per nostra esperienza lintervento dovrebbe co-munque essere proposto quando sia presente una neovascolarizzazione iridea e un glaucoma neovascolare, allo scopo di conservare anatomi-camente il bulbo e di ridurre il dolore.Un discorso a parte meritano invece i distacchi di retina trattivi non coinvolgenti la regione ma-culare, sottostanti ad importanti proliferazioni fi brovascolari tenacemente adese alla retina di-staccata, circondati da trattamenti laser. Questi di solito rimangono stabili nel tempo o subiscono piccole modifi cazioni, e a volte possono risolver-si spontaneamente in seguito ad unimplementa-zione del trattamento laser.In questi pazienti, nonostante la presenza di un distacco di retina, una strategia attendista pu essere vincente. molto importante per mo-nitorizzare attentamente larea del distacco ed intervenire solo nel caso di progressione del distacco stesso, di comparsa di emorragie retro-ialoidee o di emovitreo, di progressiva prolife-razione fi brovascolare o di trasformazione in un distacco regmatogeno.
>> Distacco di retina regmatogeno Le trazioni esercitate dalle membrane fi brovasco-lari tipiche della retinopatia diabetica proliferante, possono loro stesse causare rotture retiniche, con conseguente distacco di retina regmatogeno. questa unevenienza abbastanza rara in quanto
spesso questi pazienti hanno subito un trattamen-to panfotocoagulativo. Inoltre il riconoscimento di una rottura retinica nel contesto di un area solleva-ta parzialmente trattata e con mezzi diottrici spes-so non trasparenti, pu risultare diffi coltoso.La presenza di una rottura retinica si pu evin-cere dallaspetto dellarea di retina sollevata, la quale presenter quasi sempre un profi lo con-vesso con retina mobile, nel caso di distacco regmatogeno e concavo od appiattito e con re-tina rigida, nel caso di distacco trattivo. In que-sti casi lindicazione al trattamento chirurgico indubbia e la sua tempestivit fondamentale ai fi ni della prognosi.Generalmente tuttavia in questi pazienti la pro-gnosi meno favorevole rispetto ai distacchi trat-tivi, in quanto il clivaggio e lasportazione delle membrane di proliferazione su una retina solleva-ta e mobile, risultano notevolmente pi comples-se. Anche luso intraoperatorio di perfl uorocarbo-nati liquidi (PFCL) con funzione di stabilizzazione della retina (terza mano), non consigliabile prima di aver asportato tutte le membrane che sostengono il distacco, per il rischio fondato di scivolamento del PFCl attraverso la rottura retini-ca posteriore nello spazio sottoretinico.A volte inoltre a causa delleccessiva mobilit della retina, lasportazione del vitreo della base pu essere incompleta, ed il conseguente tam-ponamento con olio di silicone pu favorire lin-sorgenza di una PVR.
>> Edema maculare diabeticoUnindicazione relativamente recente alla chirur-gia vitreale nella retinopatia diabetica ledema maculare.
Figura 2Distacco di retina trattivo in retinopatia diabetica
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Marco Andrea Pileri, Francesco Baccini, Carlo Maria Villani
Ledema maculare diabetico una conseguenza della rottura della barriera emato-retinica, deter-minata sia dallalterata permeabilit dei capillari perimaculari, sia dalle trazioni tangenziali alla superfi cie retinica, esercitate dalla ialoide poste-riore ispessita.Losservazione che la presenza di un distacco del vitreo posteriore completo, nei soggetti affetti da diabete di tipo I riduceva lincidenza di edema maculare diffuso, ha portato alla convinzione che la vitrectomia precoce con asportazione della corticale del vitreo, rappresenti un approccio te-rapeutico effi cace8-9-10.Yamamoto e coll nel 200111 hanno misurato lo spessore retinico maculare con lOCT in una serie di 30 casi sottoposti a chirurgia vitreale in presenza di un distacco del vitreo posteriore. Lo studio ha evidenziato una riduzione dello spes-sore retinico ed un aumento dellacuit visiva anche di due linee. Gli autori concludevano che probabilmente la vitrectomia, riducendo la con-centrazione delle citochine e dei fattori di cresci-ta, potesse ridurre ledema maculare.Argomento controverso nella chirurgia dellede-ma maculare diabetico riguarda lasportazione o meno della membrana limitante interna. Que-sta, costituita dalle porzioni terminali delle cellu-le del Muller, forma una pseudomembrana che funge da barriera tra retina e ialoide posteriore (Figure 3 e 4).Nella chirurgia del foro maculare la sua aspor-tazione rappresenta un passo di fondamentale importanza per il completo rilascio delle tra-
zioni tangenziali, favorendo cos la chiusura del foro12.Nelledema maculare diabetico diffuso e non ischemico, lasportazione di tale pseudomem-brana sembrerebbe favorire gli scambi me-tabolici tra retina e camera vitrea ed inibire la ricrescita di membrane epiretiniche. Inoltre la sua asportazione permette il rilascio di eventuali componenti trattive concomitanti.La presenza di un edema maculare a prevalen-te componente ischemica non si benefi cia della vitrectomia, che anzi pu alterare una situazio-ne metabolica in equilibrio, arrecando ulteriori danni ischemici alla retina.
>> Glaucoma NeovascolareIl glaucoma neovascolare rappresenta una com-plicanza tardiva della retinopatia diabetica ed la causa principale di enucleazione del bulbo.Nella retinopatia diabetica questa complicanza pu presentarsi in caso di:1. sistemi diottrici trasparenti, rubeosi iridea, an-
golo pi o meno chiuso e pressione intraocu-lare normale o tendenzialmente alta.
In questi casi una panfotocoagulazione retinica porta a regressione dei neovasi iridei ed a rego-larizzazione del tono oculare13.2. mezzi diottrici opachi per presenza di edema
corneale, cataratta e/o emovitreo, completa o parziale panfotocoagulazione retinica, pres-sione intraoculare elevata e forte dolore.
In questi casi indicata la vitrectomia associata
Figura 3 e 4Edema maculare diabetico.
Quadro OCT
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29viscochirurgia3 2010
La vitrectomia nella retinopatia diabetica
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