1. l'uso del potere di nomina politica durante il governo renzi

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Versione provvisoria L’uso del potere di nomina politica durante il governo Renzi: verso un cambiamento dell’amministrazione pubblica? Ersilia Crobe Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Scienze Politiche Daniele David Università degli Studi di Perugia Dipartimento di Giurisprudenza Abstract: La serie di nomine che Matteo Renzi ha effettuato nel corso della sua presidenza ha fatto parlare, nel gergo giornalistico, di “giglio magico”. Con tale espressione, da un lato, si enfatizza una presunta attitudine a privilegiare, nella scelta dei soggetti, persone strettamente di fiducia e di comu- ne provenienza geografica del Presidente stesso; dall’altro si vuole richiamare uno stile decisionista e una tendenza ad accentrare il potere politico a Palazzo Chigi. Al di là della strumentalizzazione mediatica, è fuor di dubbio che lo stile del Presidente del Consiglio abbia messo in allerta funziona- ri e dirigenti della Presidenza, tanto che non è raro sentir parlare di “accerchiamento da parte dei nuovi”. Nella letteratura politologica e giuridica la sensazione di “esclusione dalla stanza dei botto- ni” sopra richiamata è definita con termini quali “politicizzazione” o “controllo” delle burocrazie at- traverso l'utilizzo di nomine politiche. Negli ultimi anni, soprattutto dopo le riforme amministrative degli anni novanta, molti studi si sono concentrati su questa dimensione dell’amministrazione cer- cando di comprendere in che modo e con quali effetti la politica riesca ad incidere direttamente o indirettamente sull’azione dell’amministrazione. Questo paper si inserisce nel medesimo filone di studi, concentrando l’attenzione sull’analisi dell’utilizzo del potere di nomina politica e sul ruolo degli uffici di diretta collaborazione come intermediari tra politica e amministrazione. Il focus di studio, utilizzando un approccio funzionale-istituzionale e un approccio giuridico, sarà sui governi Berlusconi III (2005-2006), Prodi II (2006-2008), Berlusconi IV (2008-2011), Monti (2011-2013), Letta (2013-2014) e Renzi (2014-), al fine di comprendere come il potere di nomina sia stato utiliz- zato dall’attuale Governo e verificare se le azioni di controllo burocratico attuate si possano consi- derare in linea con le scelte delle precedenti esperienze di governo o se l’attuale compagine gover- nativa si caratterizzi per un proprio “stile” nell’esercizio del potere di nomina.

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Versione provvisoria

L’uso del potere di nomina politica durante il governo Renzi: verso uncambiamento dell’amministrazione pubblica?

Ersilia CrobeUniversità degli Studi di PerugiaDipartimento di Scienze Politiche

Daniele DavidUniversità degli Studi di PerugiaDipartimento di Giurisprudenza

Abstract: La serie di nomine che Matteo Renzi ha effettuato nel corso della sua presidenza ha fattoparlare, nel gergo giornalistico, di “giglio magico”. Con tale espressione, da un lato, si enfatizza unapresunta attitudine a privilegiare, nella scelta dei soggetti, persone strettamente di fiducia e di comu-ne provenienza geografica del Presidente stesso; dall’altro si vuole richiamare uno stile decisionistae una tendenza ad accentrare il potere politico a Palazzo Chigi. Al di là della strumentalizzazionemediatica, è fuor di dubbio che lo stile del Presidente del Consiglio abbia messo in allerta funziona-ri e dirigenti della Presidenza, tanto che non è raro sentir parlare di “accerchiamento da parte deinuovi”. Nella letteratura politologica e giuridica la sensazione di “esclusione dalla stanza dei botto-ni” sopra richiamata è definita con termini quali “politicizzazione” o “controllo” delle burocrazie at-traverso l'utilizzo di nomine politiche. Negli ultimi anni, soprattutto dopo le riforme amministrativedegli anni novanta, molti studi si sono concentrati su questa dimensione dell’amministrazione cer-cando di comprendere in che modo e con quali effetti la politica riesca ad incidere direttamente oindirettamente sull’azione dell’amministrazione. Questo paper si inserisce nel medesimo filone distudi, concentrando l’attenzione sull’analisi dell’utilizzo del potere di nomina politica e sul ruolodegli uffici di diretta collaborazione come intermediari tra politica e amministrazione. Il focus distudio, utilizzando un approccio funzionale-istituzionale e un approccio giuridico, sarà sui governiBerlusconi III (2005-2006), Prodi II (2006-2008), Berlusconi IV (2008-2011), Monti (2011-2013),Letta (2013-2014) e Renzi (2014-), al fine di comprendere come il potere di nomina sia stato utiliz-zato dall’attuale Governo e verificare se le azioni di controllo burocratico attuate si possano consi-derare in linea con le scelte delle precedenti esperienze di governo o se l’attuale compagine gover-nativa si caratterizzi per un proprio “stile” nell’esercizio del potere di nomina.

1. Introduzione

Una delle affermazioni più persistenti in riferimento alle riforme che hanno interessato i sistemi

amministrativi dei paesi a tradizione democratica negli ultimi decenni è che le amministrazioni

pubbliche sono maggiormente politicizzate (Peters e Pierre 2004; Pollitt e Bouckaert, 2011; Ongaro,

2009). Ciò è avvenuto, in origine, in conseguenza dell’ampliamento della sfera d’interesse e delle

attività statali e della necessità di ricondurre - attraverso previsioni normative puntuali di

centralizzazione - le burocrazie sotto la responsabilità dei governi e parlamenti1. La produzione

politologica comparata più recente ha dimostrato come la subordinazione delle burocrazie

pubbliche sia uno dei tratti caratterizzanti i percorsi di riforma dell’ultimo trentennio2. In

particolare, l’incremento del numero e dell’importanza degli staff politici ne rappresenterebbe –

concordano numerosi autori - la manifestazione strutturale più evidente3.

L'ampliamento del potere di nomina politica è da leggere anche come componente rilevante del

cd. percorso di “rafforzamento degli esecutivi”4: la tendenza a privilegiare il rapporto fiduciario è

sembrato, ai Governi riformatori, la possibilità di irrobustire le capacità decisionali e di

implementazione delle decisioni pubbliche: di vedere realizzata, in sintesi, quella che Putnam, nelle

sue ricerche di inizio anni settanta, definiva “ricettività” democratica, ovvero la ricerca di una

maggiore legittimazione dell’esercizio del potere pubblico.

L'esperienza politico-amministrativa degli ultimi decenni colloca il nostro Paese entro i percorsi

tracciati. Alla fine dello scorso secolo, in conseguenza della destrutturazione del sistema partitico

che aveva caratterizzato la Prima Repubblica, ha preso il via un – seppur difficile – processo di

rafforzamento dell'esecutivo (Cotta, Verzichelli 2016) che ha attribuito, entro un contesto politico

che rimaneva parlamentare, un sempre più centrale ruolo alla leadership di governo5. Numerose

1 Per una disamina approfondita in tema di controllo politico cfr. R. Mayntz, Sociologia dell’amministrazionepubblica, Il Mulino, Bologna 1982; o ancora G.B. Peters, La pubblica amministrazione, Il Mulino, Bologna, 1987. Ilprincipio della prevalenza della politica può essere letto – osserva a ragione Merloni – come retaggio del principio diseparazione dei poteri, che vuole il potere legislativo come potere di grande indirizzo e di controllo, mentre il potereesecutivo si avvale dell’apparato servente dell’amministrazione per l’attuazione dell’indirizzo generale contenuto nellalegge”. F. Merloni, Dirigenza pubblica e amministrazione imparziale. Il modello italiano in Europa, Il Mulino,Bologna 2006, pp. 17 e ss. Denso di spunti per il nostro tema G. D’auria, P. Bellucci (a cura di), Politici e burocrati algoverno dell’amministrazione, Il Mulino, 1995.

2 In particolare B. G. Peters, J. Pierre, The Politicization of the Civil Service in Comparative Perspective: A Questfor Control, 2004;C. Pollitt, G. Bouckaert, Public management reform. A comparative analysis, Oxford UniversityPress, 2000 (3a ed. aggiornata 2011). Tale tendenza ha riguardato la maggior parte dei paesi occidentali (sul temacfr. Political advisors and civil servants in European countries, SIGMA Paper NO. 38, OECD, 2007).3G. B. Peters, J. Pierre (2004) cit. in A. Natalini, F. Di Mascio, Analysing the role of ministerial cabinets in Italy.

Legacy and temporality in the study of administrative reforms, in International Review of Administrative Sciences79(2), 2013. pp. 328-346.

4Della trasformazione dei partiti politici in senso personalistico e del processo di accentramento del potere politicoF. Musella, Governi monocratici, Il Mulino, Bologna, 2006.

5Sulle ragioni, esogene ed endogene, che hanno spinto in tale direzione cfr. D. Hine (a cura di), Le strutture di staffe l'organizzazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Progetto finalizzato sull'organizzazione e sul

riforme organizzative hanno certamente contribuito al progressivo rafforzamento dei vertici politici

alla guida dei Ministeri. A partire dalla fine degli anni '80, in tale direzione, alcune norme

tratteggiavano puntualmente l'ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, rendendo le

strutture di supporto al premier più adeguate al mutato contesto istituzionale e simili ad altre

democrazie europee, con l'obiettivo di rafforzare la capacità decisionale dei presidenti del consiglio

della seconda repubblica6.

Negli stessi anni prendeva il via un percorso di generale riforma dell'amministrazione che molto

puntava sul rafforzamento del management, in linea con quanto stava accadendo in molti altri paesi

europei sulla base dei paradigmi teorici del New Public Management e della Public Governance

(Van Wart, Hondeghem, Swhella, 2015; Pollitt, Bouckaert, 2009): da un lato si stabiliva una sempre

più chiara separazione tra sfera politica e sfera della direzione amministrativa, al fine di garantire

alla dirigenza un’autonomia operativa, dall’altro si accrescevano i poteri di nomina governativa.

Per il tema che qui interessa, il percorso intrapreso è sembrato agli osservatori più acuti non

sempre coerente: in particolare l'affermazione di ampi spazi di fiduciarietà - in contrasto con la

tradizione istituzionale ed amministrativa del nostro Paese – ha richiamato il rischio di una

crescente politicizzazione delle burocrazie (Cassese, 2002) ed evocato il fenomeno partitocratico

della prima repubblica di “occupazione” dell’amministrazione (Melis, 2015).

Partendo da tali scenari, il nostro percorso di ricerca tenta una indagine del grado di

politicizzazione delle burocrazie pubbliche italiane come risultato dell’esercizio del potere di

nomina politica. Questo contributo si inserisce all’interno di quel filone di studi che a partire dal

1992-93 ha tentato di analizzare il rapporto tra politica e burocrazie alla luce delle riforme

normative introdotte negli ultimi decenni. In particolare, operando una scelta selettiva degli

indicatori, il presente lavoro limita l'analisi ad uno degli ambiti più problematici, ma allo stesso

tempo paradigmatici, della relazione tra organi politici di governo e dirigenti di vertice

dell’amministrazione: gli uffici di diretta collaborazione, espressione più evidente del potere di

nomina politica.

Le ragioni di questa scelta rinviano a due considerazioni: l'una riguarda la tensione, strutturale

nei sistemi democratici, tra i funzionari che agiscono su mandato fiduciario dei responsabili politici

e le burocrazie professionali, che dovrebbero caratterizzare la propria azione non solo per l’efficacia

e l’efficienza ma anche l’imparzialità. L'argomento, di lunga tradizione nel dibattito giuridico e

politologico italiano, sarà approfondito alla luce del rinnovato contesto istituzionale ed

amministrativo. Le riforme del management pubblico anziché limitare l'influenza degli staff politici

funzionamento della pubblica amminsitrazione, CNR, 1995 e M. Cotta, L. Verzichelli, Il sistema politico italiano, IlMulino, Bologna, 3° ed. 2016.

6Per una rassegna sull'evoluzione dell'organizzazione e delle funzioni della PCM si vedano M. Cotta, L. Verzichelli,cit., 2016 ed anche M. Cotta, F. Marangoni, Il Governo, Il Mulino, Bologna, 2015.

ne hanno rafforzato la politicizzazione. Ciò è accaduto sia in quei Paesi in cui è ancora prevalente la

preminenza di un civil service neutrale (modello Westminster), sia nei paesi a tradizione

napoleonica come è il caso dell’Italia (Di Mascio, Natalini, 2013). Rispetto a ciò gli uffici di diretta

collaborazione rappresentano ancor di più il crocevia dell’ambiguità dei rapporti tra politica e

amministrazione, nonché la chiave di volta per comprendere gli effetti della “politicizzazione”

dell’amministrazione.

La seconda considerazione assume rilevanza in riferimento allo stile politico dell'attuale premier,

oggetto specifico dell'indagine che qui si presenta: energico e in continua ricerca di visibilità, ha

fondato il suo messaggio politico intorno ai concetti di “rottamazione” e “lotta ai «burosauri»”7, con

un forte processo di personalizzazione e di accentramento della leadership, come chiave di volta per

interpretare tale passaggio storico.

Partendo da questi due punti di vista, è sembrato interessante indagare la condotta dell'attuale

Governo in tema di nomine, limitando l’analisi ai vertici degli uffici di diretta collaborazione più

rilevanti per tradizione istituzionale e peso politico (Ufficio di Gabinetto e Ufficio Legislativo).

Come è stato ampiamente dimostrato nel periodo repubblicano la politica ha attinto per i vertici di

tali uffici da bacini professionali ben individuabili (Ponti, 2001; Sepe, 1995). Mettere a verifica il

tasso di innovazione delle scelte recentemente operate permetterà di verificare se si è in presenza di

continuità con i tradizionali criteri di scelta o se si è in effetti in un momento di transizione e reale

rinnovamento. Valutando se il potere di nomina politica sia stato utilizzato dal Governo Renzi come

strumento di controllo dell'amministrazione pubblica oppure se le strutture che operano a diretto

supporto dei decisori politici (Presidente del Consiglio e ministri) continuino a costituire un

elemento di alterità sia rispetto ai vertici degli apparati burocratici (capi dipartimento, direttori

generali o altro) sia rispetto alla classe politica, che di loro non può fare a meno8.

2. Schema della ricerca

Il paper è organizzato secondo tre parti principali.

Una prima parte (par. 3) ripercorre selettivamente i mutamenti più recenti che hanno condotto

l'ordinamento amministrativo italiano a distaccarsi dal precedente modello organizzativo per

7“Mi permetterete di dire - e so che potrà sembrare persino provocatorio - che vi sono settori dello Stato chevivono le peripezie della politica con apparente rispetto, ma con un sostanziale retro-pensiero: i Governi passano, idirigenti restano. Talvolta mi e venuto in mente di pensare che sarebbe meglio il contrario, ma in realtà non e cosi,sarebbe una forma eccessiva. Credo pero che sia civile un Paese che afferma la contestualità tra l' espressionepopolare del Governo del Paese e la struttura dirigente della macchina pubblica", così Matteo Renzi nel discorso alSenato della Repubblica per richiedere la fiducia, 25 febbraio 2014.

8Sia la ricorrente polemica giornalistica sui “mandarini” che rigorose indagini empiriche hanno dimostratol'esistenza di un nutrito gruppo di "gabinettisti”. Una recente indagine mostra come, per il periodo Repubblicano, quasiil 60% dei soggetti nominati a capo di un ufficio di Gabinetto o Legislativo abbia visto assegnati almeno due incarichi(ben il 15% più di cinque incarichi). G. Melis, A. Natalini, Gli uffici di gabinetto: il "metronomo" dell'amministrazionedella riforma, materiale diffuso nel corso del convegno “Gli uffici di diretta collaborazione: una ricerca sull’altaamministrazione italiana" presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, 2016.

adottare il principio di distinzione delle competenze: come è noto, gli interventi normativi realizzati

a partire dal 1992 ne hanno profondamente modificato la morfologia, ma gli esiti di questo percorso

mostrano un contesto ancora oggi in movimento, nel quale tratti fortemente innovativi si fondano

con retaggi istituzionali e culturali profondamente radicalizzati (Ongaro, 2009). È proprio in questo

contesto che emerge il problema della politicizzazione dell’amministrazione, con tratti del tutto

peculiari.

In forza di ciò, nella seconda parte (par. 4) è parso necessario ricostruire – seppur sinteticamente

- il complesso delle vicende normative che si sono susseguite per quanto attiene il peculiare

rapporto che intercorre, secondo una tradizione amministrativa ormai consolidata, tra il vertice

politico dell’apparato ministeriale e i vertici dell’amministrazione pubblica degli stessi dicasteri. In

questa parte, verrà ricostruito, il quadro regolatorio generale che caratterizza il potere di nomina e

gli uffici di diretta collaborazione che ne sono espressione, delineando lo spazio giuridico e i limiti

entro i quali la dimensione quantitativa del fenomeno viene a determinarsi anche in dipendenza da

fattori ulteriori. Proprio l’insieme di tali fattori all’interno di un quadro regolatorio piuttosto stabile,

dovrebbe premetterci di identificare gli elementi fondamentali che caratterizzano lo “stile” specifico

che dovrebbe caratterizzare il governo Renzi.

La terza parte (par. 5 e 6) costituirà la risposta al nostro interrogativo di ricerca: esiste uno stile

nell’esercizio del potere di nomina del Governo Renzi? In particolare, si procederà a una

ricognizione delle nomine politiche e delle scelte organizzative operate dal Presidente del

Consiglio, al fine di validare le ipotesi che vedono un rafforzamento del “centro del Governo” e che

sembrano supportate dal grado di flessibilità che la normativa riserva al capo del Governo

nell'organizzare l'apparato di supporto che gli è garantito attraverso la PCM. Come mostreremo nel

par. 3, la Presidenza del Consiglio presenta un ordinamento del tutto peculiare, proprio per sua

specifica posizione istituzionale e per i compiti di coordinamento politico che ad essa sono affidati.

Per tale motivo, verrà dedicata una riflessione specifica sulla differente dimensione del potere di

nomina tra Presidenza del consiglio e altri ministeri. Ciò permetterà di ricostruire come il Presidente

Renzi abbia esercitato i poteri di nomina che la legge attribuisce al capo del Governo e di

individuare le tendenze in atto.

A tale indagine si aggiunge lo studio sulla distribuzione degli incarichi di Capo ufficio di

Gabinetto e Capo ufficio Legislativo nei ministeri con portafoglio a partire dal Governo Berlusconi

III.

Infine, l’analisi che qui si propone combinerà il metodo di ricerca giuridico-istituzionale con una

ricerca di stampo più politologico. Attraverso la combinazione di questi due differenti approcci,

l’obiettivo è quello di far emergere un profilo qualitativo in riferimento ad alcune dinamiche che

sembrano caratterizzare l’utilizzo del potere di nomina e la tenuta del principio di distinzione delle

competenze amministrative. L’obiettivo di questo metodo di lavoro, che combina due criteri di

analisi differenti ma contigui - uno funzionale e l’altro giuridico - è quello di comprendere e

spiegare come l’interazione tra gli attori e il contesto regolativo e istituzionale riproduca gli stessi

elementi storico-culturali e condizioni i tentativi di riforma e di innovazione amministrativa9. Si

potrà, in tal modo, tener conto da un lato dei vincoli normativi e di contesto politico-istituzionale e

dall'altro dei tratti distintivi tipici dell'attuale contingenza.

3. La nomina come strumento di indirizzo politico

La riforma del management avviata negli anni '90, proponendo l'introduzione nel settore

pubblico di concetti, logiche, principi, meccanismi e strumenti che caratterizzano il management del

settore privato, richiamava la distinzione delle competenze tra la dimensione politica e la

dimensione dirigenziale (J.J. Glynn, M.P. Murphy, 1996) come elemento di fondamentale

importanza per l'affermazione del modello manageriale. Si tentava il superamento del modello

weberiano (Gualmini, 2003), con conseguente riformulazione dei concetti di separazione e

neutralità – fortemente e contraddittoriamente radicati nella cultura amministrativa italiana10 - letti

ora in chiave di responsabilità sulla base di un affidamento esclusivo di competenze. Sul piano

prescrittivo tali posizioni si trasformavano in una normativa tesa a rintracciare ambiti di

responsabilità distinti e propri (d.lgs 29/93 e s.m.).

Quasi a fare da contrappeso alla notevole espansione della autonomia operativa dei dirigenti si

attestavano un notevole ampliamento dell’area della dirigenza fiduciaria da collocare ai vertici degli

apparati amministrativi e un rafforzamento del ruolo, delle funzioni e dell’organizzazione dei

gabinetti ministeriali, non a caso ridefiniti perfino nella nomenclatura in quanto “Uffici di diretta

collaborazione” (Sepe, Vetritto, 2006): tali uffici assecondavano l’esigenza dell’organo politico di

un rafforzamento delle strutture a suo diretto supporto, con l'obiettivo di garantire loro un apparato

competente e sensibile alle sollecitazioni politiche (Sepe, Galvano, 2016). Ciò serviva a garantire

una maggiore coerenza al processo decisionale pubblico: nell’idea del legislatore riformista, il

potere di nomina politica diventava lo strumento di raccordo tra il potere di indirizzo, affidato

all’organo politico, e i poteri di gestione affidati alla dirigenza di ruolo. Allo stesso modo,

valorizzare il legame personale tra autorità di governo e livelli apicali dell'amministrazione

assecondava, la più generale tendenza ad un rafforzamento degli esecutivi e della responsabilità

politica. Inoltre, i tradizionali spazi di nomina si modificavano - adattandosi ai cambiamenti

legislativi e istituzionali - in conseguenza della modificazione della morfologia del sistema

9 Per un approccio istituzionalista alle problematiche della pubblica amministrazione, si vedano, Barzelay andGallego, 2006; Bezes and Lodge, 2007.

10 “L’ideale classico dell’apoliticità dei funzionari” è stato sempre “in certa misura un mito”, così R.D. Putnam,Atteggiamenti politici dell’alta burocrazia in Europa, in Rivista italiana di scienza politica, 1973, n. 1, p. 149.

amministrativo italiano ed anche del processo di trasformazione dei partiti politici11. Secondo tale

logica, gli uffici di diretta collaborazione sarebbero dovuti diventare uno strumento per realizzare, e

non per neutralizzare, il modello organizzativo della distinzione delle competenze (Merloni, 1999),

limitando le asimmetrie informative tra politica e amministrazione e rafforzando i profili

professionali e i sistemi di controllo e valutazione interni all’amministrazione (Battini, 2006).

Questo perché il potere di nomina politica rappresenta un nodo problematico poiché costituisce un

possibile canale di indebita ingerenza politica e di aggiramento della distinzione delle competenze

tra politica e amministrazione (Merloni, 2006).

In particolare è intorno al valore della neutralità e della imparzialità (che si è imposto negli Stati

di diritto sia dal punto di vista dottrinale che operativo) che si polemizzava con i percorsi intrapresi,

considerandoli possibilità di una precarizzazione, quindi una maggiore controllabilità e dipendenza,

della dirigenza pubblica12.

La prevalenza del rapporto fiduciario nella scelta dei membri degli uffici che operano a stretto

contatto con l'autorità politica è una caratteristica istituzionale dei paesi “napoleonici”

pacificamente accolta, ma è lo sconfinamenti di ruolo ad essere – da sempre - mal tollerato: essa

appare – in seguito alla “schizofrenia delle riforme” (Antonelli, La Spina, 2010) - del tutto

incompatibili con il principio della distinzione tra politica e amministrazione (Endrici, 2000).

Ma l’aspetto più importante ai fini della presente ricerca è che il ruolo concretamente svolto

dagli uffici di gabinetto ha rappresentato una cartina di tornasole per una lettura del rapporto

politica-amministrazione: la consuetudine dei politici ad affiancarsi ad uffici di diretta

collaborazione scelti con nomine politiche è una strategia spesso letta dagli osservatori e percepita

dagli impiegati pubblici come finalizzata a controllare o sostituirsi alle burocrazie. La loro

sovrapposizione sia in termini di “pre-posizione” nella scala della decisione in merito agli obiettivi

di azione, sia nel senso di sostituzione all'attività degli uffici o di duplicazione delle competenze13

rende ancor più complessa la relazione tra politica e amministrazione: da un lato una netta

distinzione delle competenze, dall'altro la possibilità di nomina fiduciaria delle figure apicali delle

11Sullo slittamento delle relazioni partito-società verso partito-stato cfr. Kopecky, 2007. In conseguenza di taleevoluzione, il potere di nomina politica realizza forme di controllo e sfruttamento istituzionale che possono considerarsirisorsa organizzativa primaria dei partiti stessi. La letteratura contemporanea in tema di political patronage halungamente descritto il passaggio da un patronage come risorsa elettorale a un patronage come risorsa organizzativaper i partiti politici, sempre più impegnati nella creazione di party-state linkages (passaggio dei partiti dalla società allostato). Per orientarsi entro l'attuale complessità del nostro sistema amministrativo e riuscire a definire i differenti spazidi nomina e rent-seeking dei partiti sull'apparato statale molto rappresentativa la mappatura operata da G. Endrici, Ilpotere di scelta. Le nomine tra politica e amministrazione, Il Mulino, Bologna, 2000, che distingue in amministrazionepolitica, amministrazione diretta, amministrazione indiretta, amministrazioni neutrali. Sulla molteplicità degli schemiformali che regolano il potere di nomina F. Di Mascio, Partiti e Stato in Italia. Le nomine pubbliche tra clientelismo espoils system, Il Mulino, Bologna, 2012.

12Cfr. ad es. S. Cassese, Il nuovo regime dei dirigenti pubblici italiani: una modificazione costituzionale, inGiornale di Diritto amministrativo, n. 12, 2002, 1341 ss., lamentava il sopravvento preso dalla politica sulla dirigenza,destinata ad una condizione precaria e ad abdicare al suo tradizionale ruolo di neutralità.

13 Archivio Isap, cit., vol. I, pp. 73 e ss.

amministrazioni e, tertium, la possibilità per il vertice politico di assicurarsi uno staff di fiducia,

anche “estraneo” all'amministrazione.

La relazione politica amministrazione diviene un gioco a tre: politica - staff – amministrazione,

con gli uffici di staff che divengono filtro obbligato verso i vertici politici, con conseguente

debolezza della dirigenza organica. La linea di demarcazione tra le funzioni di governo e quelle

dell'amministrazione diviene sempre più mutevole e impossibile da delineare. Non a caso è recente

un rinnovato interesse per gli uffici politici di staff nella letteratura internazionale e comparata, con

particolare attenzione alle conseguenze che la forte discrezionalità politica nella scelta di

collaboratori ha sul fenomeno della politicizzazione delle burocrazie pubbliche (Natalini, Di

Mascio, 2013).

4. La regolazione del potere di nomina fiduciaria e gli uffici di diretta collaborazione

Come già spiegato, nella logica del legislatore, l’istituzione degli uffici di diretta collaborazione

avrebbe dovuto regolare specificatamente gli incarichi c.d. di entourage politico e avrebbero dovuto

rappresentare una importante scelta sistemica nella tenuta del rapporto tra politica e

amministrazione (Torchia, 2009). È evidente come, per la propria posizione istituzionale, essi

riescano ad incidere più o meno indirettamente sui meccanismi di gestione amministrativa,

inserendosi negli “interstizi” organizzativi attraverso l’attribuzione di risorse e competenze e

attraverso i meccanismi di controllo interno e decisionali, la cui natura piramidale permette

all’influenza della decisione politica di “propagarsi”, a cascata, su tutti i livelli decisionali della

dirigenza (Bellavista, 2010, p. 107). Si può sostenere, infatti, che tale elemento si atteggi come una

sorta di “coazione indiretta” sull’operato di ciascun dirigente, il quale, gioco-forza, orienterà la

propria attività in una direzione convergente verso quella del soggetto da cui dipende la conferma

nella posizione ricoperta nonché la distribuzione delle risorse (Valensise, 2002, p. 1193).

All’interno degli uffici di diretta collaborazione di ogni ministero troviamo ruoli e funzioni

differenti, che si sono stratificate nel tempo, ma tutti sono caratterizzati dall’essere attribuiti su base

fiduciaria: questi uffici corrispondono, all’Ufficio di Gabinetto (il cui vertice è il Capo di Gabinetto

o Segretario Generale), l’Ufficio legislativo, le varie segreterie dei ministri e dei vice ministri, le

segreterie dei sottosegretari di stato, l’Ufficio stampa, i servizi di controllo e vari uffici variamente

denominati con funzioni di supporto all’attività dei vertici politici. A livello strutturale, gli uffici di

diretta collaborazione si distinguono in strutture di collaborazione diretta con il vertice politico,

come le segreterie particolari di ministri, vice ministri e sottosegretari, e uffici con una natura

tecnica e specialistica molto simile a quella dell’amministrazione di line, come, ad esempio, gli

uffici legislativi, il cui personale, nella maggior parte dei casi, viene da altre amministrazioni e, in

misura minore, dall’esterno delle amministrazioni pubbliche (Sepe, Galvano, 2016).

La regolazione degli uffici di diretta collaborazione è avvenuta contestualmente alla riforma

della dirigenza pubblica, ad opera del d.lgs. 303/1999 e successivamente con il d.lgs. 165/200114.

Un primo punto da considerare è che, malgrado una regolazione di fonte primaria piuttosto

omogenea e generale, permangono delle differenze sostanziali tra gli uffici di diretta collaborazione

della Presidenza del Consiglio15 rispetto gli uffici di diretta collaborazione degli altri ministeri. Tale

distinzione è giustificata, per prima cosa, dal fatto che la Presidenza del Consiglio, a causa della

mutevolezza delle sue funzioni, si presenta come una vera e propria amministrazione di staff, con

poche competenze operative di gestione, quanto piuttosto, una serie di funzioni di indirizzo e di

controllo, producendo effetti diretti anche sulla stessa organizzazione e quindi sul potere di nomina.

Questo è dovuto al fatto che le funzioni di indirizzo e coordinamento affidate al Presidente del

Consiglio non sono strutturalmente equiparabili a quelle esercitate dai ministri nell’ambito dei

propri dicasteri16. Infatti, le indicazioni dei ministri hanno come destinatari diretti gli uffici delle

proprie amministrazioni. Al contrario, la funzione di indirizzo del Presidente del consiglio può

essere divisa in un due profili: il primo esterno, con riferimento a tutti gli atti di indirizzo che

rilevano verso gli altri ministeri o amministrazioni; il secondo, verso l’interno, ovvero tutte le

funzioni di indirizzo che si rivolgo prioritariamente verso il Segretario generale della presidenza del

consiglio (Battini, 2006), che ha comunque un ruolo amministrativo e poteri di gestione. Inoltre,

all’interno della presidenza del Consiglio sembra più evidente, rispetto agli altri ministeri, la

sovrapposizione o il parallelismo tra l’amministrazione di staff e quella di ruolo, che si ordinano, di

volta in volta, secondo relazioni di prevalenza e di ingerenza (Cimino, 2006). Al contrario, tutti gli

altri Ministeri, in modo più o meno specifico, svolgono funzioni amministrative all’interno di un

determinato spazio di politiche pubbliche, con compiti di gestione specifici.

Tale differenza di funzioni e ruoli produce effetti anche per quello che riguarda la regolazione

normativa del potere di nomina, che a sua volta incide anche sui profili personali. Per quanto

riguarda la Presidenza del consiglio dei ministri, la regolazione degli uffici di diretta collaborazione

è affidata al d.lgs. 303/1999. Da questo punto di vista, fondamentale è l’art. 7, d.lgs. 303/1999 il

quale assegna al Presidente del Consiglio dei Ministri il compito di definire lo spazio operativo per

gli uffici di staff della Presidenza, individuando la composizione e le competenze degli uffici alle

proprie dirette dipendenze. La succitata normativa non definisce criteri specifici, lasciando, anche

nel merito, una ampia libertà di scelta e di organizzazione proprio al Presidente del Consiglio che

14 Che raccoglie l’eredità del d.lgs. 300/1999.15 Non a caso, le figure previste per la Presidenza del consiglio sono del tutto peculiari rispetto agli altri ministeri e

sono quelli del presidente, del consigliere diplomatico, del consigliere militare, della stampa e del portavoce delpresidente, di segreteria del Consiglio dei ministri, di segreteria tecnica del sottosegretario di stato.

16 Questa differenza è riconosciuta anche dal d.lgs. 303/1999, in cui l’art. 7 comma 6, “Le disposizioni chedisciplinano i poteri e le responsabilità dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni, […] si applicano alla Presidenzanei limiti e con le modalità da definirsi con decreto del Presidente, sentite le organizzazioni sindacali, tenuto conto dellapeculiarità dei compiti della Presidenza”.

nomina i membri dell’ufficio con un proprio decreto (art. 7, comma 7).

L’art. 9 del d.lgs. 303/1999 ci dice che la Presidenza può ricorrere, tra le altre figure, anche a

“personale proveniente dal settore privato, utilizzabile con contratti a tempo determinato per le

esigenze delle strutture e delle funzioni individuate come di diretta collaborazione”. Solo per gli

incarichi di portavoce e capo ufficio stampa esiste un vincolo normativo che impone l’assegnazione

ad un giornalista o ad un pubblicista iscritti all’albo. Aldilà di questo vincolo legislativo, non vi

sono particolari limiti nella nomina di personale all’interno dell’ufficio di diretta collaborazione né

vi sono controlli e valutazioni in merito al proprio operato: l’unico elemento che caratterizza tale

relazione è proprio la fiduciarietà del rapporto. All’interno di questi uffici troviamo personale in

mobilità da altre amministrazioni come magistrati - pensiamo al caso dei magistrati amministrativi e

contabili che per lungo tempo hanno avuto un ruolo centrale nell’assegnazione degli incarichi

amministrativi fiduciari (Ponti, 2001) -, avvocati dello stato, consiglieri parlamentari, ma anche

dirigenti di prima fascia, professori universitari e esperti dotati di particolari professionalità come

personale esterno alle pubbliche amministrazioni provenienti dal mondo economico e politico.

Al contrario, la disciplina degli uffici di diretta collaborazione dei ministeri è affidata in via

generale al d.lgs. 165/200117. L’art. 14 del d.lgs. 165/2001, sulla base delle indicazioni già espresse

nella formulazione dell’originale art. 14 del d.lgs. 29/1993 (Merloni, 1999, p. 1138), stabilisce che

per l’esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo “il Ministro si avvale di uffici di

diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con

l’amministrazione” e tal fine il potere di nomina ministeriale viene disciplinato con maggior

dettaglio, considerata la forte necessità di tutelare l’elemento dell’intuitu personae (Merloni, 2008):

tale disciplina appare ispirata principalmente ad una chiara distinzione tra gli uffici di staff e la

dirigenza di ruolo, molto più rispetto alla presidenza del Consiglio dei Ministri. Per quanto attiene

ai poteri attribuiti agli uffici di staff dei ministeri questi hanno “esclusive competenze di supporto e

di raccordo con l’amministrazione”. Per “supporto” è da intendersi come l’attività di collaborazione

fornita agli organi di indirizzo politico, mentre il “raccordo” presuppone la distinzione delle

competenze e la non interferenza nelle attività di gestione amministrativa.

Come sottolineato (Cassese, Mattarella, 2007), il fallito tentativo di modernizzazione dei

gabinetti ministeriali è da ascriversi ad una crescita esponenziale del numero degli addetti agli uffici

di diretta amministrazione e ad una crescente confusione tra il loro ruolo e quello delle

amministrazioni di line. In questo contesto, tanto più ampie sono state le capacità dell’ufficio di

17 Alla regolazione generale di rango primario viene affiancata una regolazione di rango secondario per ogniministero. Ad esempio, il d.P.R 212/2008 per il Ministero dei Trasporti e dei Lavori Pubblici; d.P.R. 162/2006 per ilMinistero della Difesa; d.P.R. 142/2014 per il Ministero dell’Ambiente; d.P.R. 77/2015 per il Ministero del Lavoro; ild.P.R. 171/2014 per il Ministero dell’ambiente e dei beni culturali; d.P.R. 315/2001 per il Ministero della Giustizia; ild.P.R. 98/2002 per il Ministero degli Interni; il d.P.R. 138/2013 per il Ministero della Salute; il d.P.R. 227/2003 per ilMinistero dell’Economia e finanze.

diretta collaborazione (rectius, dei membri degli Uffici di diretta collaborazione) di attrarre

competenze, quanto importanti sono state le incertezze normative nella qualificazione delle funzioni

che di fatto avrebbero dovuto svolgere, tanto più l’organo politico di vertice ha potuto aggirare la

distinzione delle competenze proprio utilizzando il potere di nomina politica. La conseguenza di

tale meccanismo, che trasforma gli uffici di staff in una sorta di “cavallo di troia” per entrare nel

fortino dell’amministrazione, è quella di trasformare tali uffici in “amministrazioni parallele”

rispetto alla dirigenza di vertice di ruolo competente per la gestione amministrativa (Veronelli,

2007, p. 29). Chiaramente, tali meccanismi che si svolgono all’interno di un piano funzionale e

consuetudinario, piuttosto che sul piano puramente giuridico - malgrado, c’è da dire, che il sistema

giuridico potrebbe produrre maggiori garanzie, in termini soprattutto di indipendenza soggettiva e

di ostacolo all’aggiramento della distinzione delle competenze (Merloni, 2008, p. 122) – producono

diversi effetti sistemici.

Per prima cosa, la tendenza verso il rafforzamento del ruolo e delle competenze degli uffici di

staff crea la condizione per sviluppare una categoria di esperti che, a seconda dei rapporti politici e

di professionalità che di volta in volta essi riescono a creare, permangono anche per molto tempo

all’interno dei vertici dell’amministrazione (Pioggia, 2007, p. 138). In questo modo, si è venuto a

costituire un corpo intermedio di specialisti nella conduzione degli apparati ministeriali che, per

formazione, è estraneo o comunque non pienamente allineato alle aspirazioni dei burocrati e dei

dirigenti di ruolo, strettamente intesi e che per orientamento politico è capace di essere indifferente,

più che aderire, alla posizione del ministro del momento, e per cultura differente rischia di entrare in

conflitto con la stessa dirigenza di ruolo18.

Il secondo aspetto è legato alla flessibilità della nomina e alla mancanza di controllo sul loro

operato, le quali comportano una influenza più o meno diretta sulla discrezionalità gestionale e

decisionale della dirigenza amministrativa, producendo una indebita sovrapposizione di ruoli e

poteri tra la dirigenza di staff e la dirigenza di ruolo: questo produce una “naturale” proliferazione di

un numero sempre più grande di “canali decisionali informali” che tendono a sedimentare le

consuetudini di un apparato partigiano, servente e parallelo rispetto al livello decisionale più alto

dell’amministrazione e comunque funzionale ad un processo di riconquista e di accentramento del

potere.

Un terzo aspetto, più rilevante ai fini di questa ricerca, sono le differenze regolative che

caratterizzano la disciplina degli Uffici di diretta collaborazione tra la Presidenza del consiglio dei

ministri e gli altri ministeri. Come vedremo più avanti, sia la differenza istituzionale di ruolo sia la

18 Indubbiamente l’elemento della cultura amministrativa, quale elemento per giudicare i rapporti tra vertici politicie vertici amministrativi rimane centrale, come dimostrato in diverse ricerche da Sabino Cassese. Per questo uncambiamento nello stile di nomina, è per prima cosa un cambiamento nella cultura che si innerva nell’amministrazionee che può, anche nel breve periodo, porre le basi per una relazione conflittuale.

differenza di regolazione comportano un differente utilizzo del potere di nomina, sia dal punto di

vista funzionale che dal punto di vista dei profili professionali. Quello che sembra emergere,

tuttavia, sono anche una serie di problematiche comuni, derivanti da elementi strutturali, che si

legano con il particolare ruolo e collocazione degli uffici di staff, sia rispetto all’organo politico di

indirizzo che li ha nominati, sia rispetto all’altra parte della relazione ovvero la dirigenza di ruolo.

Essendo essi fondamentali luoghi di raccordo, diventano degli spazi di potere da conquistare e

mantenere, alla ricerca del controllo indiretto dell’amministrazione e di aggiramento dei limiti posti

dalla predeterminazione delle competenze e della legislazione specifica. In qualche modo, il rischio

principale, proprio perché costruiti sul mero rapporto fiduciario, è quello di diventare una “riserva

di caccia” (Torchia, 2008) della politica, in cui gli incaricati riescono ad incidere direttamente sul

funzionamento dell’amministrazione.

5. Lo staff del primo governo Renzi e l’attuale organizzazione della Presidenza del

Consiglio

La serie di nomine che Matteo Renzi ha effettuato a partire dall'inizio del suo mandato ha fatto

parlare, nel gergo giornalistico, di “giglio magico”. Con tale espressione, da un lato, si enfatizza una

presunta attitudine a privilegiare, nella scelta dei soggetti da incaricare persone strettamente di

fiducia e di comune provenienza geografica del Presidente stesso, dall'altro si vuole richiamare uno

stile decisionista e una tendenza ad accentrare potere politico a Palazzo Chigi.

Al di là della strumentalizzazione mediatica, è fuor di dubbio che lo stile del Presidente del

Consiglio abbia messo in allerta funzionari e dirigenti19 della Presidenza, tanto che non è raro sentir

parlare, nei corridoi dei palazzi dislocati tra Largo Chigi e via della Mercede, di “accerchiamento”.

Nella letteratura politologica e giuridica la sensazione di “esclusione dalla stanza dei bottoni”

sopra richiamata è definita con termini quali “politicizzazione” o “controllo” delle burocrazie

attraverso l'utilizzo di nomine politiche. E' sembrato interessante indagare la condotta dell'attuale

Governo in tema di nomine politiche entro l'organizzazione della Presidenza del Consiglio e

verificare il tasso di “innovazione” delle scelte recentemente operate.

Questo permetterà di attestare se si è in presenza di continuità con i tradizionali criteri di scelta o

se si è in effetti in un momento di transizione e reale rinnovamento. Ciò permetterà anche di

valutare se il potere di nomina politica sia stato utilizzato dal Governo Renzi come strumento di

controllo dell'amministrazione pubblica (in questo paragrafo) oppure se le strutture che operano a

diretto supporto dei decisori politici (Presidente del Consiglio e ministri) continuino a costituire un

elemento di alterità sia rispetto ai vertici degli apparati burocratici (capi dipartimento, direttori

19 Dai colloqui preliminari avuti con testimoni privilegiati (funzionari e dirigenti di I e II fascia PCM) preliminaria questa indagine emerge un alto grado di “insofferenza” allo stile decisionista del Presidente del Consiglio.

generali o altro) sia rispetto alla classe politica, che di loro non può fare a meno20 (paragrafo 6).

L’esperienza italiana più recente è caratterizzata da una forte centralità della figura del

Presidente del Consiglio: eletto segretario del Partito democratico nel dicembre 2013, in poche

settimane – confermando lo stile intraprendente che lo aveva contraddistinto fin dalla sfida alla

“rottamazione” - riceve dal Presidente della Repubblica incarico di formare il nuovo governo in

seguito alle dimissioni di Enrico Letta.

Si afferma, fin da subito, per uno stile fortemente personalistico. Il messaggio intorno al quale

costruisce la sua missione alla presidenza del consiglio è cambiamento21. Grande capacità

comunicative e massiccio utilizzo delle nuove tecnologie e dei social contribuiscono a

disintermediare il rapporto con i cittadini. Ne sono un esempio i tweet della mattina o gli

appuntamenti del “Matteo risponde”, che gli consentono una comunicazione immediata e diretta,

senza mediazione degli organi di stampa.

Alcuni elementi contribuiscono a rafforzare politicamente e mediaticamente la figura di Renzi: al

momento in cui scriviamo è uno dei governi più longevi della storia repubblicana (900 gg al 10

agosto 2016). È, inoltre, il Presidente del Consiglio più giovane dell’esperienza Repubblicana e si

caratterizza, ulteriormente, per essere un non parlamentare. È alla guida di un governo nato in

parlamento attraverso la ricerca di coalizioni diverse da quelle presentate alle elezioni e pertanto

senza quell’investitura elettorale diretta che si è affermata come tratto caratterizzante la seconda

repubblica. Tuttavia la scena politica è fortemente dominata dal Partito democratico22, che riesce,

attraverso maggioranze a “geometrie variabili” che non poche polemiche hanno suscitato tra i

commentatori, ad affermare la coesione della coalizione di Governo. Questo ha permesso al

Presidente del Consiglio di esercitare un forte controllo sulla scelta di una buona parte della squadra

di governo (sul tema lungamente Cotta, Verzichelli 2016).

Il Governo Renzi si compone di 13 ministeri con portafoglio, 3 ministeri senza portafoglio, 46

sottosegretari (di cui 6 viceministri). Il peso politico del PD entro la coalizione di Governo ha

garantito il controllo della maggior parte delle posizioni ministeriali (10 ministri23).

Il numero dei ministeri con portafoglio è in linea con l’esperienza dei precedenti governi Letta,

Monti, Berlusconi III e IV. Il numero dei ministri senza portafoglio è invece una eccezionalità

20 Studi accurati hanno dimostrato che esiste una classe di “gabinettisti”. Si vedano, sul tema, le approfonditeanalisi di A. Agosta, C. Piccardi, I gabinetti ministeriali, in Le relazioni fra amministrazioni e partiti, Archivio Isap,Giuffrè, 1988 e S. Sepe, G. Vetritto, Le stanze del potere. I gabinetti dei Ministeri nell'età di transizione (1979-2006),Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006.

21 Un portale dedicato alle riforme intraprese lancia il Manifesto “Passo dopo passo, cambiamo l’Italia”22 Al momento dell'insediamento del Governo la composizione di Governo vedeva la partecipazione delle seguenti

forze: PD, NCD, SC, UdC, PpI, PSI, Indipendenti.23 Il numero indicato è risultato delle modificazioni intervenute nel corso dei due anni di governi. Inizialmente i

ministri in forza PD erano 9, nel corso del tempo il Ministero senza portafoglio per gli Affari regionali e le Autonomielocali è passato da Lanzetta (PD) a Enrico Costa (NdC), mentre i ministeri dello Sviluppo economico e quello delleInfrastrutture e dei Trasporti sono andati al PD in seguito alle dimissioni di un ministro indipendente (Guidi) e uno NdC(Lupi).

rispetto al passato. Dal 2005 ad oggi il numero dei Ministri “delegati” passa dai 10 del Governo

Governo Berlusconi III (dal 23 aprile 2005 al 17 maggio 2006) ai 3 del Governo Renzi (in carica

dal 22/02/2014). In media24, tra il 2005 e il 2016, si contano 7,5 Ministri senza portafoglio per

Governo (la media era pari a 8,4 nei cinque governi che hanno preceduto l'attuale). Le ragioni di

tale variabilità sono da ricondurre alla complessità della maggioranza che sostiene i differenti

governi ma anche alle scelte e alla forza politica del leader entro la compagine governativa.

Una analisi dei profili personali dei sottosegretari alla Presidenza del Consiglio, scelti

direttamente dal Presidente, rivela una expertise preminentemente politico-partitica, con prevalenza

assoluta del Partito democratico:

S o t t o s e g r e t a r i o a l l aPresidenza del Consiglio deiMinistri

Nomina e deleghe Expertise

Graziano Delrio (fino al02/04/2015)

Funzioni di Segretario del Consiglio dei Ministri, condelega alle Politiche di Coesione Territoriale e allo Sport

Partitica (PD)

Claudio De Vincenti Funzioni di Segretario del Consiglio dei Ministri Partitica (PD)

Luca Lotti Delega all'Informazione e Comunicazione del Governo,all'Editoria, alla Pianificazione, preparazione eorganizzazione degli interventi connessi alleCommemorazioni del Centenario della Prima GuerraMondiale, a Promozione e svolgimento di iniziative perle Celebrazioni del 70° anniversario della Resistenza edella Guerra di Liberazione

Partitica (PD)

Sandro Gozi Delega alle Politiche Europee e al coordinamento, con ilMinistro degli Affari Esteri, delle attività inerenti ilSemestre di presidenza Italiana del Consigliodell’Unione Europea

Partitica (PD)

Domenico Minniti dettoMarco

Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica Partitica (PD)

Tommaso Nannicini Delega di indirizzo e coordinamento per le valutazionistrategiche nella elaborazione e nella realizzazione dellepolitiche pubbliche in materia economica e sociale

Partitica (PD)

Fig. 1 Sottosegretari alla Presidenza del Consiglio - Governo Renzi.

Il ridotto numero dei ministri senza portafoglio, la loro stretta afferenza politica, e l'attribuzione

di importanti deleghe a sottosegretari indicano la volontà del Presidente del Consiglio di esercitare

un più diretto controllo su policies strategiche. In particolare, è stato notato25, la volontà di

esercitare un diretto controllo sulle politiche europee è dimostrato dal fatto che la delega non è

attribuita a un ministro senza portafoglio (secondo l'esperienza degli ultimi governi) bensì solo a un

sottosegretario26.

All’inizio del suo mandato Renzi aveva annunciato una drastica riduzione del numero delle

strutture della PCM, ipotizzando la riduzione a 3 dipartimenti, secondo l’attuale modello del MEF.

24 Gli avvicendamenti ai vertici dei ministeri vengono calcolati come doppi incarichi.25M. Cotta, F. Marangoni, cit. 2015, p. 181 e ss.26Ne è ulteriore conferma la contestata nomina, nel 2015, dell'ambasciatore italiano all’Unione europea: la scelta

ricadeva su un non-diplomatico, rompendo una prassi consolidata.

Ad oggi, non sono state fatte ristrutturazioni significative (tranne alcune modifiche al DPCM 1

ottobre 2012, che individua le strutture generali della Presidenza) e l'organizzazione della

Presidenza è al momento così strutturata: si è passati dai 20 dipartimenti del Governo Letta ai 15

attuali, ai quali si aggiungono 7 strutture di missione27. In particolare il Presidente del Consiglio per

l’esercizio delle funzioni di coordinamento e indirizzo è supportato da nove dipartimenti e uffici:

Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi

Dipartimento per il coordinamento amministrativo

Dipartimento per l'informazione e l’editoria

Ufficio del controllo interno, la trasparenza e l'integrità

Ufficio del Segretario generale

Ufficio di segreteria del Consiglio dei Ministri

Dipartimento per le politiche di gestione, promozione e sviluppo delle risorse umane e

strumentali

Ufficio del bilancio e per il riscontro di regolarità amministrativo-contabile

Ufficio del cerimoniale di Stato e per le onorificenze

Ai sensi del d.lgs. 400/1988 e s.m. il Presidente del Consiglio ha potere di nomina dei vertici di

tutti gli apparati serventi della PCM, per i quali, come già visto nel precedente paragrafo, non vi

sono particolari vincoli di scelta se non la fiduciarietà. Tra i vari dipartimenti, notoriamente il

Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi e il Segretario Generale hanno una rilevante

importanza strategica per la direzione e il coordinamento della politica governativa e per il supporto

all'espletamento dei compiti del Presidente del Consiglio. Proprio per il loro ruolo istituzionale, il

Presidente Renzi ha deciso di compiere una scelta di forte rottura, sintomatica dell’intera linea

politica di esercizio del potere di nomina, scegliendo, per entrambe le posizioni, figure non

provenienti dall’amministrazione di Palazzo Chigi28. In particolare, la scelta operata da Renzi di

assegnare incarico di Segretario generale ad un esponente dell’amministrazione locale rompeva lo

schema di reclutamento che aveva fino ad allora visto esponenti dell’alta burocrazia centrale e della

magistratura amministrativa al vertice della Presidenza. A Bonaretti, nell'aprile 2016 succederà il

Consigliere parlamentare Paolo Aquilanti, supportato da tre vice segretari di diversa estrazione

professionale (un dirigente di prima fascia PCM, una figura proveniente da altra amministrazione

centrale ed una dal settore privato).

27 Le strutture di missione sono unità di durata temporanea (non superiore a quella del Governo che le ha istituite)dedicate allo svolgimento di particolari compiti per il raggiungimento di risultati determinati o per la realizzazione dispecifici programmi.

28 Al vertice del Dipartimento affari giuridici e legislativi è stata scelta l’avv. Antonella Manzione, con numeroseesperienze nel governo locale. Per quanto riguarda il Segretario Generale, la scelta è caduta, inizialmente, su MauroBonaretti, anch'egli con importanti esperienze pregresse nelle amministrazioni locali e regionali e successivamente sulCons. Paolo Aquilanti.

Anche la nomina al vertice del DAGL segna la volontà di accentrare a sé l'importante attività di

coordinamento delle attività legislative del governo. L'incarico ha visto anche il parere contrario

della Corte dei Conti ma il Presidente Renzi, nel pieno della discrezionalità che gli è riconosciuta,

non ha rivisto le sue scelte.

Le scelte operate rivelano come il controllo e il coordinamento - della PCM ed anche dell'intero

Governo - siano le prime preoccupazioni di Renzi.

LegislaturaXIV /2001-2006)

XV (2006-2008)

XVI (2008-2013) XVII (2013-)

Coalizioni Centrodestra Centrosinistra

Centrodestra Tecnico Centrosinistra (con settori di centro destro)

Centrosinistra (con settori di centro destra)

Presidentedel Consiglio

Berlusconi III

Prodi II Berlusconi IV Monti Letta Renzi

Periodo 23/04/2005 al 17/05/2006

17/05/2006 al 7/05/2008

8/05/2008 al 16/11/2011

16/11/2011al 28/04/2013

28/04/2013-22/02/2014

22/02/2014 – in carica

Durata deigoverni in

giorni

374 617 1 283 401 292 giorni 900 (al al 10 agosto 2016)

Ministeri conportafoglio

14 18 13 13 12 13

Ministri conportafoglio(incarichi)

1929 2030 1931 1332 1333 1534

Ministri senzaportafoglio

10 8 10 6 8 3

Ministerisenza

portafoglio(incarichi)

1135 8 1136 6 8 437

(segretarioconsiglio dei

ministri)

Gianni Letta Enrico Letta

Gianni Letta Antonio Catricalà

Flippo Patroni Griffi

Graziano Delrio (fino al 2 aprile 2015)Claudio De Vincenti (dal 10 aprile 2015)

29 Gli eventuali avvicendamenti ai vertici dei ministeri vengono calcolati come doppi incarichi. In Berlusconi IIIsi hanno i seguenti sostituzioni: alla Salute tra Francesco Storace (fino al 10/03/06) e Silvio Berlusconi (interim dall'11/03/06) e all'economia tra Domenico Siniscalco (fino al 22/09/05), Giulio Tremonti (dal 22/09/05 all' 08/05/06) eSilvio Berlusconi (interim dall' 08/05/06).

30Al Ministero della Giustizia si succedono Clemente Mastella (fino al 17/01/2008), Romano Prodi (ad interim dal17/01/2008 al 07/02/2008) e Luigi Scotti (dal 07/02/2008).

31Il risultato è dato da alcuni avvicendamenti ai Ministeri dello Sviluppo economico, alla Giustizia e alle Politicheagricole, alimentari e forestali, nonché dallo scorporo della Salute dal Ministero del lavoro, della salute e delle politichesociali.

32Nonostante alcuni avvicendamenti il numero degli incarichi assegnati corrisponde al numero dei dicasteri. Ciò èrisultato di alcune particolarità: il Ministro Passera è a capo di due Dicasteri e il Presidente del Consiglio Monti è ancheMinistro dell'economia e delle Finanze (fino all'11/07/2012). Da luglio 2012 gli succederà il Ministro Grilli.

33Enrico Letta mantiene l'interim (dal 27/01/2014) all' Agricoltura dopo le dimissioni di Nunzia Di Girolamo. 34Avvicendamenti al Ministero dei Lavori Pubblici (Guidi/Calenda) e alle Infrastrutture e Trasporti (Lupi/Delrio).35 Alla Funzione Pubblica Mario Baccini (fino all' 08/05/06) e Silvio Berlusconi (interim dall' 08/05/06).36Avvicendamento tra l'On. Ronchi e l'On. Bernini Bovicelli alla guida delle Politiche Europee. Non si è tenuto

conto della breve esperienza del Ministero della Sussidiarietà e Decentramento37 Enrico Costa succede a Maria Carmela Lanzetta al Dipartimento per gli Affari regionali e le autonomie locali.

Segretariogenerale

dellaPresidenza

del Consigliodei Ministri

Mauro Masi Carlo Malinconico

Maggio 2008 Mauro MasiAprile 2009Cons. Manlio Strano

Cons. Manlio Stano

Roberto Garofoli

Cons. Paolo Aquilanti (sostituisce Mauro Bonaretti)

Fig. 2: Tabella riassuntiva degli ultimi governi nel periodo compreso tra il 2001 e il 2016.

Inoltre, al Presidente del Consiglio sono assegnati alcuni Uffici di diretta collaborazione, che gli

forniscono assistenza diretta nelle attività amministrative quotidiane (art. 7 d.lgs. 303/1999):

1. Ufficio del Presidente e Segreteria particolare;

2. Ufficio stampa e del Portavoce del Presidente;

3. Ufficio del Consigliere diplomatico;

4. Ufficio del Consigliere militare

I vertici degli uffici di diretta collaborazione sono fortemente caratterizzati da soggetti con una

pregressa collaborazione con il Presidente nelle passate esperienze di governo locale. Il Presidente

del Consiglio può contare su un numeroso gruppo di collaboratori:

Ufficio Addetti

Ufficio del Presidente (comprensivo della Segreteriaparticolare)

26 (di cui 1 estranea alla PA)

Consiglieri del Presidente (a titolo gratuito) 12 estranei alla PA

Ufficio stampa e portavoce 33 (di cui 15 estranei alla PA)

Ufficio consigliere diplomatico 20 (di cui 3 estranei alla PA)

Ufficio consigliere militare 12 (di cui 2 estranei alla PA)

Fig. 3: Uffici di diretta collaborazione, Governo Renzi.Il numero degli addetti e calcolato sul personale in forza allaPresidenza al 30 aprile 2016.

Entro l'apparato di diretta collaborazione operano anche – a titolo gratuito - 12 consiglieri

giuridico-economici. La caratteristica principale di tali collaboratori è una vocazione tecnico-

economica. In qualche modo il tentativo è quello di replicare la struttura dei consiglieri politici del

gabinetto inglese e statunitense, con un ulteriore processo di centralizzazione. Ciò segna anche la

volontà di non usufruire delle competenze e dell'expertise disponibili nell'apparato organizzativo del

quale è a capo, o comunque di fuoriuscita dai canali tradizionali dell’amministrazione.

La sintetica rassegna dell'organizzazione della Presidenza del consiglio mostra come, nella

discrezionalità garantita dalle norme, l'attuale Presidente del Consiglio abbia saputo imprimere uno

stile personale all'organizzazione della PCM. Il tipo di staff, le strutture di supporto e gli strumenti

di lavoro utilizzati garantiscono a Renzi un controllo minuzioso delle politiche pubbliche afferenti

la Presidenza (attraverso le poche deleghe ai suoi collaboratori più fedeli e rappresentativi) ed anche

un rigido coordinamento dell'attività della compagine governativa.

La capacità dell’attuale presidente del Consiglio di circondarsi di uno staff fedele e ricettivo alle

sue sollecitazioni politiche favorisce certamente un circuito positivo dei processi decisionali. Renzi

ha mirato fin da subito ad una riduzione delle strutture come precondizione per un accentramento

del potere, ed ha mantenuto il controllo di molte attività attraverso la riduzione dei ministeri senza

portafoglio e l'assegnazione di deleghe a sottosegretari di forte connotazione partitica. Inoltre,

l’essere anche il Segretario del partito di maggioranza ha impedito il “frazionamento” degli indirizzi

che aveva sempre caratterizzato l'attività della PCM.

Trascendendo dalla specifica contingenza è fuor di dubbio che la Presidenza del Consiglio è

connotata da una (ancora significativa) complessità organizzativa. Se la necessità di una riforma di

Palazzo Chigi è stata a lungo richiamata come condizione necessaria per un buon funzionamento

dell’esecutivo38, ad oggi, non si è riusciti a semplificare l'organizzazione del centro del potere

governativo. La Presidenza continua a soffrire del suo gigantismo e dell’essere una struttura che

esorbita largamente – nel numero dei dipendenti, ma soprattutto nell’organizzazione interna – dai

compiti di direzione e coordinamento generale delle politiche di governo, che dovrebbero esserle

propri. Questo può penalizzare anche il Presidente più decisionista.

6. Gli uffici di diretta collaborazione nell'esperienza italiana più recente

Tradizionalmente la missione degli uffici di gabinetto è quella di realizzare un ruolo di supporto

al vertice politico, nell'esercizio della duplice funzione di responsabile politico ed amministrativo

del ministero. I gabinetti nascono come uffici di segreteria del ministro – il Rd 1611 del 1853

consentiva che il ministro scegliesse alcuni collaboratori tra gli impiegati del ministero - e si

sviluppano al di fuori di una regolazione normativa puntuale lungo tutto l'arco di storia nazionale.

Fin dall'eliminazione (ad opera di Crispi, nel 1888) della figura del segretario generale del

ministero, la figura del segretario particolare del ministro è divenuta sempre più importante e si è

sempre più circondata di ulteriori strutture, dapprima ridotte poi via via più strutturate per esercitare

attraverso di esse la funzione di coordinamento generale dell'apparato39. Ad oggi, le strutture che

operano a diretto supporto dei decisori politici hanno un ruolo centrale nella definizione,

approvazione e attuazione delle scelte di governo.

Il tema ha sempre suscitato interesse e sollevato polemiche dentro l'amministrazione40: oggetto

delle critiche sono state, in special modo, la costante espansione quantitativa41 e la sovrapposizione

38 I. Diamanti, cit. in C. Barbieri, L. Verzichelli, Il Governo e i suoi apparati, Name, 2003, p. 177.39Per una ricostruzione dell'evoluzione storica degli uffici di diretta collaborazione L. Mazzone, I Gabinetti

ministeriali dall'Unità all'età repubblicana, in S. Sepe, G. Vetritto, Le stanze del potere, cit., 2006.40Nell'indagine di R. Putnam sugli atteggiamenti politici dell'alta burocrazia (cit, 1973) emergeva una forte ostilità

dei funzionari italiani verso la classe politica e soprattutto nei confronti dell'entourage di gabinetto.41 Una breve rassegna dei regolamenti di alcuni dicasteri è significativa delle (possibili) dimensioni degli uffici di

diretta collaborazione: il dpr 21 marzo 2002, n. 98 che regola l'organizzazione degli Uffici di diretta collaborazione delMinistero dell'Interno stabilisce i seguenti limiti per il personale assegnato: “All'Ufficio di Gabinetto sono assegnatefino al massimo di 150 unità, all'Ufficio Stampa e Comunicazione sono assegnate fino al massimo di 40 unità, allaSegreteria, alla Segreteria particolare e alla Segreteria tecnica del Ministro sono assegnate complessivamente fino al

funzionale rispetto alle direzioni generali/dipartimenti, nonché il sempre maggiore reclutamento

esterno ai ministeri. Gli uffici di gabinetto (diretta collaborazione poi) hanno sempre rappresentato

un valido strumento di controllo politico dell'apparato burocratico.

Una analisi di lungo periodo sul tema mostra alcune tendenze costanti nell'ordinamento

amministrativo italiano: la progressiva istituzionalizzazione degli uffici preposti alla collaborazione

del ministro (fig.4) – all'ufficio di gabinetto e legislativi si sono aggiunte, con progressivo “peso” le

segreterie tecniche e gli uffici che si occupano di comunicazione istituzionale e politica; la presenza

di esperti della “professione” gabinettistica, che ha comportato il presidio degli uffici da parte di

alcuni corpi professionali che sono divenuti, nel tempo, bacino preferenziale da cui trarre, nonché

un tasso di reincarico elevato (fig. 5); il numero sempre più elevato di “consiglieri”, che – a vario

titolo – presidiano settori chiave delle politiche settoriali.

Ministericon

portafoglio

Capi digabinetto

Segretariparticolari

Capisegreterietecniche

Capi ufficistampa

Capi ufficilegislativi

De Gasperi V 16 16 16 2 1 2

Craxi I 20 20 20 14 20 19

Renzi 13 13 13 10 13 13

Fig. 4: Ministeri con portafoglio, evoluzione nell'organizzazione ministeriale. Periodo repubblicano. Rielaborazionedati Isap, 1988.

Numero di persone (rilevate) che hanno ottenuto incarichi 795Numero di incarichi assegnati (rilevati) 2.475Rapporto tra numero di incarichi distribuiti e persone che hanno ottenuto incarichi 3,1Fig. 5: Periodo della Repubblica. Rapporto tra numero di incarichi distribuiti e persone che hanno ottenuto incarichi.Dati Melis, Natalini, 2016. L'analisi di Melis e Natalini copre un fronte temporale e numerico molto diverso dallapresente ricerca, questo puo provocare uno scostamento tra gli esiti. L'indice di reincarico che risulta da un rapportotra gli incarichi assegnati e il numero di persone che ha ottenuto l'incarico rimane comunque significativo.

Il peso crescente degli uffici di diretta collaborazione dei responsabili politici ha favorito il

progressivo spostamento dei luoghi di confezione delle politiche pubbliche, innescando ricorrenti

frizioni con gli apparati stabili delle amministrazioni. Quello tra ministro e dirigenza pubblica si è

caratterizzato come un rapporto mediato, per l’esistenza, attorno al ministro ed a servizio di questi,

di appositi uffici “politici” di vertice (i gabinetti ministeriali), la cui consistenza e il cui ruolo si

sono andati evolvendo, per accumulo, già durante l’età liberale e fascista, ed ancor più nell’età

repubblicana.

Nel periodo Repubblicano, in base a una normativa “remota e sommaria” (Melis, Natalini,

2016), tale fenomeno si è andato consolidando. Con la pervasiva riforma amministrativa che ha

fortemente modificato la morfologia dell’amministrazione italiana, ed in specie su quella centrale, il

massimo di 45 unità” (art. 11). L'art. 24 del DPCM 10 luglio 2014, n. 142, stabilisce in novanta unità le risorse massimeassegnate agli uffici di diretta collaborazione del Ministero dell'Ambiente. Ancora, è stabilito complessivamente in unmassimo di centoventi unità il contingente di diretta collaborazione assegnato al Ministro degli Esteri (dpr 4 dicembre2009 , n. 207).

problema si è riproposto in forme nuove; uno dei momenti più rilevanti della riforma (l’emanazione

del d. lgs. 80 del 1998) è stato anzi l’occasione per un intervento normativo senza precedenti per

portata storica sul ruolo, sulle funzioni, sull’organizzazione dei gabinetti ministeriali, non a caso

ridefiniti perfino nella nomenclatura in quanto “Uffici di diretta collaborazione” (Sepe, Vetritto,

2006).

Nelle intenzioni del legislatore tali uffici rappresentano strumenti per il superamento della

“asimmetria informativa” che colpisce la politica rispetto all’amministrazione. Rispetto a tale ruolo

di coordinamento, il reale dispiegamento di relazioni formali e informali mostra un quadro ancora

oggi problematico42.

Dai dati sui responsabili degli uffici di gabinetto in età repubblicana43 emerge con forza un

fenomeno incontrovertibile: i responsabili di tali uffici (analogamente avviene per i capi degli uffici

legislativi) costituiscono sempre più un elemento di completa alterità rispetto ai vertici degli

apparati burocratici (capi dipartimento, direttori generali o altro)44. Una sostanziale

sovraordinazione rispetto agli uffici di line che si è concretizzato in attività di coordinamento e di

controllo, mentre ai vertici delle strutture operative è rimasto quasi esclusivamente il presidio di

competenze tecnico/gestionali.

Ciò si rivela – ancor più oggi, entro un quadro normativo che definisce chiaramente ruoli e

rispettive responsabilità - denso di conseguenze e squilibri per il funzionamento degli apparati

amministrativi. Tale sovrapposizione veniva descritta lucidamente nel citato Rapporto Isap in tema

di relazioni tra partiti politici e amministrazioni “sia in termini di “pre-posizione” nella scala della

decisione in merito agli obiettivi di azione, sia nel senso di sostituzione all'attività degli uffici o di

duplicazione delle competenze”45. Una netta distinzione, dunque, tra funzionari di carriera e

responsabili degli uffici di diretta collaborazione. Le alte burocrazie interne ai ministeri sono state

progressivamente emarginate dalle posizioni di vertice dei gabinetti e degli uffici legislativi. Se fino

agli anni Sessanta erano titolari di circa metà di tali incarichi46 funzionari interni l'amministrazione

(corrispondevano al 59,2% nel corso della IV legislatura), nel corso dei decenni successivi si è

sempre più affermata la posizione predominate di alcuni bacini professionali da cui la politica ha

attinto i responsabili degli uffici di staff. Solo alcuni dicasteri (Interno, Esteri, Difesa) hanno

introdotto un obbligo regolamentare di reclutamento interno. Nell’insieme, se si eccettuano i

ministeri d'ordine, la funzione di elaborazione e gestione delle policies è conseguita con una

tendenziale emarginazione dell’alta burocrazia dalla partecipazione ai momenti cruciali del

42 G. Melis, A. Natalini, cit, 2016; F. Di Mascio, Natalini, cit., 2013.43 Sulla evoluzione storica L. Mazzone, I Gabinetti ministeriali, in S. Sepe, G. Vetritto, Le stanze del potere, cit.,

pp. 55-87; G. D’Auria, La politica alla (ri)conquista dell’amministrazione. In «Il lavoro nelle pubblicheamministrazioni», 2002, n. &, pp. 853 ss.

44 S. Sepe, P. Galvano, cit. 2016.45 Archivio Isap, cit., 1988, pp. 73 e ss.46 Isap, ibidem.

processo decisionale.

L'indagine che qui si propone, sulla scorta della tradizione di studio sul caso italiano, si propone

di indagare i profili professionali dei soggetti nominati ai vertici degli uffici di Gabinetto ed uffici

Legislativi nell'ultimo decennio, con l'obiettivo finale di individuare linee di continuità o di rottura

nelle nomine effettuate nell'esperienza governativa più recente.

Nell'arco temporale che va dal Governo Berlusconi III al Governo in carica il totale degli

incarichi assegnati (UG+UL) è stato pari a 163 unità, mentre il totale di soggetti incaricati sono stati

109, per un tasso di rinnovo pari a 2,9647 al quale corrisponde una probabilità di reincarico pari a

0,34 (un incarico su tre è un’assegnazione a persona già nominata).

Distinguendo per tipologia di incarico, abbiamo per le posizioni di Capo di Gabinetto 82

incarichi censiti; i soggetti incaricati sono 62 con un tasso di rinnovo pari a 3,90 e una probabilità di

reincarico pari a 0,26. Le posizioni di Capo Ufficio legislativo rilevate sono 81; i soggetti nominati

5348, con un tasso di rinnovo pari a 2,79 e una probabilità di reincarico più alta rispetto agli

incarichi di vertice dei Gabinetti e pari a 0,36.

Considerando l'insieme degli incarichi rilevati (UG ed UL), il peso delle diverse professionalità è

reso nella tabella che segue:

Frequenza Percentuale

Altro

Avvocato dello Stato

Diplomatico

Dirigente

Docente universitario

Consigliere parlamentare

Militare

Magistrato amministrativo

Magistrato contabile

Magistrato ordinario

Prefetto

Totale incarichi rilevati

9 5,5

18 11,0

7 4,3

14 8,6

3 1,8

4 2,5

12 7,4

49 30,1

13 8,0

19 11,7

15 9,2

163 100,0Fig. 6: Frequenza incarichi per profili di carriera (2005-oggi)

Lo spettro delle professionalità rappresentate è ben identificabile. Sommando le “professioni

forensi” (Avvocatura dello Stato, Magistratura contabile, amministrativa e ordinaria) appare

evidente come l'ambito di competenza prevalente per gli uffici di gabinetto e gli uffici legislativi sia

47 L'indice è ricavato rapportando il numero degli incarichi alla differenza tra gli stessi e il numero di soggetticensiti+1. La probabilità di reincarico è definita come l'inverso dell'indice di rinnovo.

48 Sommando i soggetti incaricati (53+62) si ha un totale di 115 persone, superiore ai 109 incaricatiprecedentemente dichiarati. Ciò dipende dal passaggio, avvenuto in 6 casi, dai vertici degli UG a quelli dell'UL oviceversa.

essenzialmente di tipo “giuridico”. E' confermata anche per il decennio 2005-oggi l'egemonia di

magistrati e avvocati dello Stato che la letteratura sul caso italiano aveva segnalato per il primo

periodo repubblicano (Agosta, Piccardi, 1988) e per il periodo di transizione successiva (Sepe,

Vetritto, 2006).

Una analisi delle frequenze di incarico per soggetti nominati rivela che 4 personalità detengono il

10% degli incarichi per il periodo rilevato. Sommando la frequenza dei soggetti con un numero di

incarichi >2 emerge come essi siano stati titolari di oltre il 26 per cento degli incarichi49 (fig. 7).

La frequenza massima di incarico per soggetto incaricato è pari a 5 esperienze. Il profilo delle

figure che ottengono il maggior numero di reincarichi è di due tipologie: figure trasversali a diversi

dicasteri che sono evidentemente apprezzati per competenze professionali generali (i casi

rintracciati ricadono nella macrocategoria “magistrature”) e soggetti che mantengono stabilmente

l'incarico presso lo stesso ministero, con expertise tecnica acquisita entro l'organizzazione (dirigenti,

militari).

Fig. 7: Frequenza incarichi per soggetti

Il dettaglio dei vertici degli uffici di Gabinetto per i sei governi presi ad esame, permette di definire tendenze

generali dell'ultimo decennio ed altresì di appurare la presenza di (eventuali) nuovi orientamenti:

Berlusconi III Prodi II Berlusconi IV Monti I Letta I Renzi I

Frequenza % Frequenza % Frequenza % Frequenza % Frequenza % Frequenza %

Altro 4 28,6 0 0 2 16,7 1 7,7 0 0 2 15,4Militari 1 7,1 1 5,6 1 8,3 1 7,7 1 8,3 1 7,7

Diplomatico 1 7,1 1 5,6 1 8,3 1 7,7 1 8,3 1 7,7Prefetto 4 28,6 1 5,6 1 8,3 1 7,7 1 8,3 1 7,7

Dirigente 1 7,1 1 5,6 1 8,3 1 7,7 0 0 3 23,1Avvocato di Stato 1 7,1 3 16,7 1 8,3 0 0 1 8,3 0 0

Mag. amministrativo 1 7,1 4 22,2 3 25,0 5 38,5 3 25,0 2 15,4Magistrato contabile 0 0 3 16,7 1 8,3 1 7,7 1 8,3 1 7,7

49 Si tratta, in totale, di 13 soggetti.

Berlusconi III Prodi II Berlusconi IV Monti I Letta I Renzi IMagistrato ordinario 1 7,1 4 22,2 1 8,3 1 7,7 1 8,3 1 7,7

Funz. parlamentare 0 0 0 0 0 0 0 0 2 16,7 1 7,7Docente universitario 0 0 0 0 0 0 1 0 1 8,3 0 0

Totale incarichi rilevati 14 100,0 18 100,0 12 100,0 13 100,0 12 100,0 13 100,0Fig. 7: Capi di Gabinetto per profilo di carriera (2005 – oggi)

La figura 7 rivela – elemento centrale per la nostra indagine - come l'esperienza dell'attuale

governo mostra certamente alcuni tratti di novità rispetto al trend storico in tema di nomine ai

vertici degli uffici di Gabinetto. Cospicue le scelte singolari rispetto ai precedenti governi indagati.

Il dato recente di più rilevante è certamente il ricorso inferiore alle varie magistrature del Governo

Renzi: laddove il governo Prodi ne aveva fatto ricorso per il 55,6% (10/18), il governo Berlusconi

IV per il 41,6% (4/12), il Governo Monti per il 54,1 (7/13), il Governo Letta per il 41,6% (5/12),

l'attuale Governo si limita a ricorrere alle magistrature per circa il 30 per cento (4/13). soltanto in

occasione del terzo governo Berlusconi il ricorso alle “magistrature” era stato ancor inferiore (3

incarichi su 14, pari al 21%).

Si riscontra l'eliminazioni di rappresentanti dell'Avvocatura di Stato (ciò era avvenuto anche con il

Governo Monti I) dai vertici dei Gabinetti ministeriali.

Rispetto alle precedenti esperienze di governo, inoltre, il governo Renzi valorizza la categoria

“dirigenti dello Stato” (23,1%). I soggetti nominati sono due consiglieri PCM ed un dirigente delle

amministrazioni periferiche dello Stato. La dirigenza dello Stato (centrale e locale) non aveva mai

avuto – nel decennio preso ad esame così come nel periodo precedente – una rilevanza tale negli

incarichi di vertice dei Gabinetti.

Il label "Altro" permette di definire un ulteriore segnale di novità. In esso sono ricompresi dirigenti

d'impresa, dipendenti di partito ed altre tipologie di carriera non puntualmente classificabili ma

provenienti comunque dal mondo d'impresa. Una analisi dei profili personali dei soggetti incaricati

rivela, per il periodo indagato, personalità con numerose esperienze maturate nel settore pubblico

attraverso nomine politiche/partitiche. Si distacca da tale modello il capo di gabinetto dell'attuale

Ministro dell'Istruzione, Università e ricerca. Egli è classificabile come outsider del panorama

istituzionale italiano: anagraficamente lontano dal valore medio dei vertici degli altri ministeri di

questo Governo ma anche dalle figure che in passato hanno ricoperto questo stesso ruolo, con brevi

esperienze di collaborazione e consulenza nei gabinetti del Ministro degli Affari Esteri Emma

Bonino negli anni 2013/2014 e del Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e

Trasporti Passera tra il marzo 2012 e l'aprile 2013, è alla sua prima esperienza di vertice.

Non mancano tuttavia, alcune permanenze, così alcuni trend di lungo periodo (Agosta, Piccardi,

1988; Sepe, Vetritto, 2006) mantengono la loro validità. I dati mostrano, ad esempio, come alcune

categorie professionali mantengano (ancora ad oggi, secondo un andamento consolidato nella prima

Repubblica) un forte presidio sugli uffici di Gabinetto dei dicasteri d'ordine: sono i Diplomatici, i

Militari e i Prefetti che, in conseguenza di vincoli regolamentari, assicurano un reclutamento interno

alle loro categorie per i ministeri degli Esteri, della Difesa e dell'Interno. Sono in tutta evidenza

corpi professionali attrezzati a presidiare le funzioni “tradizionali” assegnate a tali ministeri50, ma

che faticano – ad eccezione dei prefetti - a vedere apprezzate le proprie competenze in ministeri

diversi dal proprio.

La rassegna dei dati sui vertici degli Uffici legislativi (figura 8) mostra un atteggiamento più

“tradizionalista” rispetto alle scelte operate per i vertici dei Gabinetti. Le “magistrature”

(amministrativa, contabile ed ordinaria) e l'Avvocatura di Stato mantengono una posizione

dominante. Ciò dipende dalla specifica attività di tali uffici, che richiedono competenze di carattere

giuridico che solo tali categorie sembrano garantire. Se nei precedenti governi presi ad esame la

percentuale degli incarichi superava la soglia del 70%, nei Legislativi dei ministeri con portafoglio

del governo Renzi non si va oltre il 53, 9%.

Berlusconi III Prodi II Berlusconi IV Monti I Letta I Renzi I

Frequenza % Frequenza % Frequenza % Frequenza % Frequenza % Frequenza %

Militari 1 7,7 1 5,6 1 8,3 1 7,7 1 8,3 1 7,7Diplomatici 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 7,7

Prefetti 1 7,7 1 5,6 1 8,3 1 7,7 1 8,3 1 7,7Dirigenti 1 7,7 3 16,7 1 8,3 0 0 0 0 2 15,4

Avvocato di Stato 3 23,1 3 16,7 2 16,7 1 7,7 1 8,3 2 15,4Mag. amministrativo 4 30,8 6 33,3 5 41,7 8 61,5 6 50,0 2 15,4Magistrato contabile 2 15,4 1 5,6 1 8,3 1 7,7 1 8,3 0 0Magistrato ordinario 1 7,7 3 16,7 1 8,3 1 7,7 1 8,3 3 23,1

Funz. parlamentare 0 0 0 0 0 0 0 0 1 8,3 0 0Docente universitario 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 1 7,7

Totale incarichi rilevati 13 100,0 18 100,0 12 100,0 13 100,0 12 100,0 13 100,0Fig. 8: Capi Ufficio Legislativo per profilo di carriera (2005 – oggi)

Si segnala anche una interessante presenza (15,4) della categoria "dirigenti". Una situazione

assimilabile si era presentata nel governo Prodi II (con 3 nomine), ma l'attuale esperienza è degna di

nota poiché gli incarichi sono assegnati a due consiglieri della Presidenza del consiglio dei Ministri.

La rilevanza che tale specifica categoria acquisisce nelle scelte in tema di nomine (UG+UL)

dell'attuale Governo può essere letto come un segnale di "distensione" con l'apparato.

Conclusioni

In questo paper abbiamo analizzato le relazioni che vengono a (ri-)prodursi tra il potere di

nomina politica e il funzionamento della pubblica amministrazione, e come tali relazioni incidano

50 La frequenza pari a 1 per la totalità dei Governi presi ad analisi deriva da obblighi regolamentari interni.

sulla tenuta del principio di distinzione delle competenze. Per fare questo abbiamo analizzato gli

uffici di diretta collaborazione, come evidente espressione del potere di nomina politica degli ultimi

sei governi (Berlusconi III, Prodi II, Berlusconi IV, Monti, Letta e Renzi), in un periodo compreso

tra il 2005 e il 2016.

Utilizzando i dati raccolti in precedenti ricerche e dati elaborati direttamente da noi, abbiamo

cercato di verificare l’ipotesi iniziale, ovvero se fosse possibile evidenziare nell’esercizio del potere

di nomina politica da parte del governo Renzi un cambio di segno rispetto alla continuità che

effettivamente aveva caratterizzato le precedenti esperienze di governo. La ricerca condotta, proprio

per i diversi approcci di studio di entrambi gli autori, ha cercato di far convergere sulla medesima

problematica di studio due diversi metodologie di ricerca, l’una funzionale e l’altra giuridica, nel

tentativo di proporre una analisi che cercasse di non trascurare le implicazioni reciproche che

intercorrono tra la disciplina giuridica del potere di nomina politica e il modo di interpretare e

svolgere i compiti che sono affidati alle singole persone, nel crocevia delle relazioni tra politica e

amministrazione.

Come abbiamo cercato di dimostrare, l’esercizio del potere di nomina da parte dell’ultimo

governo segna un passaggio fondamentale verso un rafforzamento dell’esecutivo, con particolare

attenzione per la Presidenza del consiglio dei ministri, vero centro politico e di coordinamento

dell’attività politica del governo, rafforzando una tendenza che emergeva, ma non così nitidamente,

nelle precedenti esperienze di governo. I risultati finali mostrano come lo stile del governo Renzi

nell’utilizzo del potere di nomina politica sia caratterizzato da profili di rottura, con una maggiore

concentrazione di potere all’interno di alcuni ruoli chiave della Presidenza del consiglio e una

sostanziale diminuzione dei Ministeri senza portafoglio afferenti proprio alla Presidenza, con

diverse conseguenze. Per prima cosa, di fronte ad una stabilità per quanto riguarda i ministeri

d’ordine, è possibile registrare una diminuzione degli incarichi affidati a Magistrati Contabili e

Amministrativi, storicamente uno dei bacini più importanti per quanto riguarda il potere di nomina.

Secondariamente, è possibile registrare un consistente tasso di ricambio, pari a due persone ogni tre

incarichi affidati, con una netta preferenza per l’afferenza politica o la vicinanza fiduciaria derivante

dalle precedenti esperienze di governo locale. Da ultimo è necessario notare come, oltre ad un

relativamente elevato tasso di ricambio si registra anche un piuttosto elevato ricorso a figure che per

la prima volta svolgono incarichi di vertice (come Capo di Gabinetto), nonché al ricorso a

consulenti esterni (i c.d. advisors), non inquadrati all’interno dei ruoli dell’amministrazione, nel

tentativo di ricerca di expertise, soprattutto economiche, dall’esterno delle amministrazioni statali.

Queste tre condizioni sembrano confermare la tesi secondo la quale il Governo Renzi abbia

attuato, attraverso una importante azione di cambiamento, una sorta di accerchiamento

dell’amministrazione statale, innestando profili alieni ai tradizionali canali di reclutamento, quasi

una espressione diretta di mancanza di fiducia verso l’amministrazione e quindi una necessaria

controllabilità delle burocrazie ministeriali. Eppure le tendenze sono ambivalenti: il ricorso

pronunciato e specifico ai Consiglieri PCM potrebbe dar l'impressione di contraddire tale chiave di

lettura. Una possibile lettura di tale ambivalenza potrebbe far riferimento ad una vicinanza politica

quanto istituzionale che in qualche modo potrebbe giustificare degli elementi di continuità con

l’amministrazione. In ogni caso, entrambe queste tendenze segnano profondamente il rapporto tra la

dimensione politica di governo e la dimensione di vertice dell’amministrazione durante il presente

governo.

In questo modo, di fronte ad un quadro normativo che sostanzialmente è rimasto invariato

nell’arco di circa dieci anni, l’utilizzo del potere di nomina nel governo Renzi sembra prefigurare

un rafforzamento degli uffici di diretta collaborazione collegato al processo di centralizzazione che

già era stato identificato in precedenti studi. La conseguenza di ciò è un quella di prevedere un

rafforzamento sia della componente tecnica che politica di tali uffici, con l’ulteriore conseguenza di

un rafforzamento degli Uffici di diretta collaborazione come “amministrazione parallela” o

competitiva rispetto all’amministrazione di ruolo di vertice. Tale elemento, che era già riscontrabile

nei precedenti governi, sembra ulteriormente spostare l’equilibrio tra politica e amministrazione, in

favore della prima, come dimostrano l’accresciuta «precarizzazione» della dirigenza51 e la

pervasività del vincolo fiduciario come criterio di selezione degli alti funzionari, la crescita delle

dimensioni degli uffici di diretta collaborazione.

Questi risultati sono chiaramente un contributo che cerca di riallacciarsi a tutti i precedenti studi

sul potere di nomina e sul rischio di politicizzazione dell’amministrazione. Tuttavia, se da una parte

sembra evidente che vi sia un utilizzo peculiare e specifico del potere di nomina da parte del

governo Renzi, dall’altra tali risultati necessitano di ulteriori ricerche nel tentativo di renderli

maggiormente consistenti, specialmente lungo due direttive: una continua mappatura dei profili

professionali nominati attraverso l’esercizio del potere di nomina, e i rapporti e le relazioni che

vengono ad instaurarsi tra i vertici dell’amministrazione e gli uffici espressione del potere di

nomina politica.

Indubbiamente gli uffici di diretta collaborazione rimangono il crocevia dell’ambiguità dei

rapporti tra politica e amministrazione nonché chiave di volta per comprendere gli effetti della

“politicizzazione” dell’amministrazione. Pertanto, continuare uno studio di questo tipo, di fronte a

risultati che sono sicuramente parziali, permetterà di cogliere i numerosi rapporti che vengono a

costituirsi tra la dimensione politica e la dimensione amministrativa e come tali rapporti siano

fondamentali per comprendere quale sia il punto di equilibrio tra le due differenti dimensioni nel

51 Da questo punto di vista importanti sono le novità presenti nello Schema di decreto legislativo recante la disci-plina della dirigenza della Repubblica, presentato presso la Presidenza del consiglio dei Ministri in data 26 agosto 2016.

tentativo di mantenere fermo il principio di distinzione delle competenze come espressione dei

principi costituzionali del buon andamento e dell’imparzialità.

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