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1 Progetto: L’Identità Multiculturale delle seconde generazioni – Le schede in sintesi

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1 Progetto: L’Identità Multiculturale delle seconde generazioni – Le schede in sintesi

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3 Progetto: L’Identità Multiculturale delle seconde generazioni – Le schede in sintesi

progetto promosso da CICU- Comitato Italiano Città Unite

ANGI - Associazione Nuova Generazione Italo-Cinese

con il sostegno di Consiglio Regionale del Piemonte

Fondazione CRT

Le schede in sintesi

1. SECONDE GENERAZIONI

chi sono ?

giovani nati da genitori di cui uno almeno è immigrato, sia nato in Italia che arrivato in Italia in giovane

età (precedente ai 18 anni)

La denominazione SECONDE GENERAZIONI (coniata in Francia circa 20 anni fa ) ha prodotto notevoli

discussioni semantiche e distinzioni bizantine. In origine era applicato solamente ai figli degli immigrati nati

nel paese di accoglienza. I sociologhi hanno creato una categoria intermedia , la generazione 1,5 per i

ragazzi arrivati prima dell’età scolastica ampliando quindi il termine a tutti i ragazzi che hanno fruito della

socializzazione e dell’istruzione nel paese di accoglienza.

Noi, che non siamo né sociologhi, né ingegneri della statistica e della classificazione preferiamo riferirsi in

generale ai giovani (nati in Italia o arrivato in Italia in giovane età di cui almeno un genitore è immigrato.

Il concetto è che questi giovani hanno potenzialmente a disposizione due riferimenti socio-cultrurali: quello

della società in cui vivono e quello della società di provenienza e di provenienza dei loro genitori.

In Italia, a causa della nostra legge sulla cittadinanza, la stragrande maggioranza è di loro é classicato

straniero, anche se hanno vissuta tutta o la maggiorparte della loro vita in Italia, se hanno frequentato sin

dall’inizio le scuole italiane e quindi parlano italiano, talvolta meglio di molti adulti italiani.

quanti sono ?

Secondo una ricerca del CNEL (Le seconde generazioni e il problema dell’identità culturale: conflitto culturale o generazionale ?) a gennaio 2011 il numero di giovani di S.G. (comunitari e extracomunitari) era di quasi un milione. Tra il 2002 e il 2011 la crescita dei giovani di S.G. è stata del 249,5%. Nel 2011 circa la metà di essi è nata sul territorio italiano e rappresentava il il 23,9% degli stranieri non comunitari.

Una approssimazione al numero di giovani di S.G. è possibile attraverso i dati delle iscrizioni scolastiche:

Alunni per ordine di scuola in Italia e in Piemonte Italia 2014/15 Piemonte 2014/15

totale non italiani % totale non italiani %

Infanzia 1.455.339 165.862 11,4% 72.952 16.875 23,1%

Primaria 2.504.090 288.620 11,5% 181.468 27.270 15,0%

Sec. I grado 1.556.212 165.441 10,6% 113.015 15.062 13,3%

Sec II grado 2.483.830 185.877 7,5% 169.651 16.579 9,8%

totali 7.999.471 805.800 10,1% 537.086 75.786 14,1%

di cui nelle sec. II grado

Licei 1.196.994 45.583 3,8% 80.924 4.865 6,0%

Istituti tecnici 810.378 71.642 8,8% 55.646 6.350 11,4%

Istituti professionali 476.458 68.652 14,4% 33.082 5.363 16,2%

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4 Progetto: L’Identità Multiculturale delle seconde generazioni – Le schede in sintesi

Alunni per ordine di scuola escluse le scuole d’infanzia in Torino Prov. Torino 2013/14 Torino 2013/14

totale non italiani % totale non italiani %

Primaria 100.729 12.869 12,8% 36.594 7.619 20,8%

Sec. I grado 61.184 7.232 11,8% 22.790 4.432 19,4%

Sec II grado 87.768 9.039 10,3% 45.739 6.311 13,8%

totali 249.681 29.140 11,7% 105.123 18.362 17,5%

Fonte: MIUR Servizio Statistico- Notiziario - Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano 2014/2015 – ottobre 2015

In poco più di dieci anni il loro numero é quadruplicato, passando dai 196.414 dell’anno scolastico 2001/02 (2,2% della popolazione scolastica complessiva) agli 805.800 del 2014-2015 (10,1% del totale).

Nell’ultimo decennio il rilevante aumento delle iscrizioni di alunni stranieri ha coinvolto, in maniera differenziata, le scuole di vario ordine e grado.

Nel contempo, la popolazione scolastica complessiva dall’a.s. 2009/10 all’a.s. 2013/14 è rimasta stabile. Nello stesso periodo gli alunni italiani sono diminuiti in tutti i livelli scolastici e, soprattutto, nelle scuole dell’infanzia (-2,9%) e nelle secondarie di primo grado (-2,2%), mentre le presenze di alunni con cittadinanza non italiana si sono incrementate complessivamente del +19,2%, con punte del 23,6% e del 27,2% rispettivamente nelle scuole dell’infanzia e nelle secondarie di secondo grado.

quanti saranno ?

Sicuramente molti di più di oggi poiché, negli ultimi 5 anni più del 20% dei nati in Italia proviene da una famiglia dove almeno un genitore è straniero (al ritmo di circa 100.000/annui su circa 500.000 nati/annui in Italia). A questi dati si aggiungono i figli dei nuovi migranti. Pertanto il numero dei ragazzi di seconda generazione che oggi rappresenta poco di più del 10% del totale dei ragazzi in età scolare tenderà rapidamente a raddoppiare a livello nazionale e in Piemonte entro 5 anni potrà raggiungere il 30% degli iscritti nelle scuole primarie e tra 20-25% nelle scuole secondarie.

Se nel 2011 i giovani di Seconda Generazione erano circa un milione secondo l’indagine del CNEL nel 2020

il loro numero sarà facilmente compreso tra il 1,5-2 milioni.

Essi rappresenteranno pertanto una quota importante non solamente del rinnovo della popolazione italiana

ma anche delle dinamiche e caratteristiche del mercato dei giovani, dei loro consumi, delle abitudini sociali,

ecc.

da dove vengono le loro famiglie ?

Abbiamo due tipi di informazioni che ci possono dire da dove vengono i genitori delle Seconde Generazioni:

1. la nazionalità dei non italiani iscritti nelle scuole

2. la nazionalità dei genitori dei nuovi nati in Italia (che secondo le attuali leggi italiane sono stranieri

con la nazionalità dei genitori)

Nell’a.s. 2013/14 (siamo alla ricerca di dati più recenti) tra le cittadinanze più numerose si confermano i

romeni rappresentano ancora il gruppo più numeroso nelle scuole italiane (154.621), seguiti dai giovani di

origine albanese (107.847) e marocchina (101.176). A distanza troviamo il gruppo degli alunni di origine

cinese (39.211) e filippina (24.839): quest’ultima provenienza per la prima volta si trova fra le prime cinque.

Tra l’a.s. 2011/12 e il 2013/14, si evidenzia un incremento percentuale superiore all’incremento medio

complessivo (+6%) tra gli alunni originari di Egitto (+19,9%), Filippine (+16,7%), Pakistan (+16,6%), Cina

(+15,1%), Bangladesh (+12,9+%). Si segnala un decremento fra gli ecuadoriani (-6,3%), i macedoni (-3,3%)

e i tunisini (-1,7%).

Naturalmente queste informazioni ci danno solo una approssimazione numerica, ma le grandi origini sono

chiare, confermandoci che il loro numero va crescendo ogni anno di più e che si sta polarizzando attorno a

tre grandi gruppi di origine : alcuni paesi dell’Unione Europea e del vicinato europeo , i paesi africani del

Mediterraneo e Senegal e Nigeria, vari paesi asiatici, in particolare la Cina e paesi del subcontinente indiano.

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Europa 45.596 44% Numero di nuovi nati per nazionalità dei

di cui Romania 15.920 15% loro genitori nel 2014 e paesi con percentuali

Albania 9.218

9% superiori al 2% del totale dei nuovi nati

Moldova 1.790 2% Fonte: MIUR Servizio Statistico- Notiziario - Gli alunni stranieri

Macedonia 1.509 1% nel sistema scolastico italiano 2014/2015 – ottobre 2015

Africa 30.814 30%

di cui Marocco 11.547 11%

Egitto 2.283 2%

Nigeria 1.938 2%

Tunisia 1.933 2%

Senegal 1.657 2%

Asia 22.382 22%

di cui Cina 5.166 5%

India 2.654 3%

Bangladesh 2.453 2%

Pakistan 2.301 2%

Filippine 1.859 2%

Skri lanka 1.714 2%

America 5.309 5%

totale 104.100 100%

Alcune note tratte da una ricerca del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) del

2011 l

Le seconde generazioni e il problema dell’identità culturale: conflitto culturale o generazionale

1) le strategie “adattive” (più o meno consapevoli per farsi riconoscre, valorizzare ed accettare) si coniugano con le strategie “identitarie”. In questo processo sono indispensabili le “doppie autorizzazioni”: quella della famiglia e gruppo proveniente dai paesi di origine e quella degli insegnanti e pari del Paese di accoglienza. Per superare i conflitti generazionali è naturalmente necessario che la famiglia conceda ai figli di vivere appieno la nuova cultura e i figli che i genitori continuino ad appartenere alla cultura di origine senza rinnegarla.

2) con l’ingresso a scuola molto spesso i ragazzi incarnano il ruolo di mediatori e in questo processo la

padronanza della lingua è determinante.

3) la ricerca CNEL è il risultato di una inchiesta condotta su circa 400 adolescenti di seconda

generazione e su 300 ragazzi italiani (15-19 anni). Alcuni risultati degni di nota:

nel 70% dei casi tutti i componenti familiari parlano italiano anche a casa loro

il 56% dei giovani di S.G. dice di sentirsi vicino allo stile di vita del paese di origine dei genitori

il 79% si dice vicino alla cultura italiana

il campione dei giovani di S,G, si dice più vicino allo stile di vita italiana che non il campione di giovani italiani

l’88% dei giovani di S.G. afferma che durante le scuole elementari ha avuto soprattutto amici italiani e crescendo aumentano gli amici italiani (92%) ma anche i connazionali (52,3%) o di altre nazionalità (67,2%)

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2. IDENTITÀ – I VALORI IDENTITARI

Vengono proposti due brevi e sintetici testi:

il primo riferisce concetti di Alex Mucchielli (sociologo, esperto del Ministero francese de « l'Enseignement

Supérieur et de la Recherche » come progettista e regista di “Serious Games »

INDICATORI IDENTITARI

dal sito del Centro Interculturale del Comune di Torino (a firma di Antonio Perotti)

Numerosi ricercatori che studiano l’identità hanno proposto delle liste di “indicatori” o “punti di riferimento

identitari”.

Si trovano liste del genere in psicosociologia, etnologia, sociologia, geografia, psicologia, scienze della gestione,

in scienze politiche quando si tratta, ad esempio, di fare una monografia, cioè una descrizione di un gruppo, una

collettività, una organizzazione.

Alex MUCCHIELLI ha presentato cinque categorie raggruppate attorno a cinque indicatori.

Gli indicatori ecologici (caratteristiche dell’ambiente di vita, l’insieme delle condizioni nelle quali il

soggetto esercita le sue attività: situazione geografica, climatica, urbana, struttura dell’abitazione vie

di comunicazione, ecc…); l’influenza di questo ambiente di vita sulle soddisfazioni, sulle frustrazioni,

sull’organizzazione sociale, sui rituali e sulle condotte, sulla mentalità, relazioni del soggetto al suo

quadro di vita.

Gli indicatori materiali e fisici: quanto si “possiede”: proprietà, denaro, abitazione, vestiti; le

potenzialità (potere economico, finanziario, fisico, intellettuale); le potenzialità fisiche (tratti

morfologici e segni distintivi); le caratteristiche demografiche, quando si tratta di un gruppo: relazioni

con altri soggetti (immigrazione, emigrazione, endogamia, esogamia (vedi), ecc…).

Gli indicatori storici: nome, origini, nascita, filiazione, miti o eroi fondatori (in rapporto ai gruppi); gli

avvenimenti marcanti, influenze ricevute, acculturazione (vedi) o educazione, traumatismi psicologici

o culturali, modelli del passato; le tracce storiche (credenze, costumi, abitudini provenienti

dall’acculturazione e educazione); le leggi o norme che hanno la loro origine nel passato.

Gli indicatori culturali: il sistema culturale (premesse culturali; religione, codici culturali, ideologia,

sistema dei valori culturali, modelli e contro-modelli), espressioni culturali diverse (oggetti, arti, …), la

mentalità (visione del mondo, atteggiamenti chiave, ecc…).

Gli indicatori psico-sociali: riferimenti sociali: nome, statuto, età, sesso, professione, potere,

doveri, ruoli sociali, affiliazioni, gruppi di appartenenza – il tipo di attività – attributi di valore sociale;

immagini identitarie che vengono da altri soggetti: steroptipi. opinioni degli altri, i simboli e segni

esterni (tutto ciò che rinvia a una posizione nella gerarchia sociale).

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Il secondo è tratto da un testo di Maurizio Ambrosini, sociologo dell’Università di Milano e Centro studi Medì-Migrazioni nel Mediterraneo di Genova:

“Italiani col trattino:figli dell'immigrazione in cerca di identità”

………………………………………..

Possiamo individuare alcune direttrici di approfondimento dei percorsi d’integrazione e dei processi d’inclusione che riguardano i giovani di origine immigrata:

- le risorse e le relazioni. Queste possono rafforzare o indebolire le opportunità di percorsi positivi nella scuola, nel mercato del lavoro, nei processi di socializzazione. La ricerca internazionale ci rende edotti dell’importanza che anche per gli immigrati rivestono i livelli di istruzione dei genitori, sebbene poco riconosciuti e svalorizzati nelle società riceventi. ……………….

- le forme di aggregazione. Un tema che la cronaca tende a trattare secondo modalità sensazionalistiche e dense di pregiudizi è quello delle cosiddette “bande” di giovani immigrati: baby-gang, che in realtà non sono di solito né baby, né gang. Di qui l’importanza di una ricerca sociologica capace di andare oltre il senso comune, scavando le relazioni complesse tra immigrazione in età adolescenziale, funzionamenti familiari, forme di socializzazione, costruzione identitaria, impatto del pregiudizio …………

- l’interazione tra processi di eterodefinizione e autoattribuzione di identità. Si tratta di comprendere come si formino e si trasformino eventuali identità “etniche”, magari svincolate dall’effettiva esperienza di socializzazione nei luoghi di origine dei genitori, mediate dal gruppo dei pari, costruite in complessi bricolages in cui intervengono suggestioni cinematografiche, gusti musicali, esempi d’oltroceano, oltre a influenze famigliari ………………………..

- la dimensione di genere. Mentre per le società riceventi, come abbiamo ricordato, le maggiori ansie riguardano i maschi adolescenti provenienti da famiglie immigrate, i genitori immigrati sono in genere più preoccupati per la conformità delle figlie ai codici di comportamento tradizionali, vista come necessaria per il buon nome della famiglia nei confronti della comunità dei connazionali. ……………….

- la mobilità e i legami transnazionali. L’immigrazione, e specialmente quella delle seconde generazioni, è in genere pensata come un viaggio di sola andata ?, da contesti di partenza poveri e arretrati a una società più sviluppata. ……………..

- i rapporti intergenerazionali e la trasmissione dell’identità culturale. Anche in questo caso si avverte l’importanza di superare una visione compatta e omogenea delle popolazioni immigrate e dei processi di socializzazione in cui sono immerse. Le famiglie immigrate sono anzitutto impegnate, dopo laboriosi percorsi di ricongiungimento, a ridefinire identità, ruoli, regole, relazioni, in contesti strutturalmente difficili e culturalmente distanti. …………………

- i significati e le funzioni della dimensione religiosa. I processi di integrazione sociale, nonché la definizione dell’identità culturale dei giovani di origine immigrata, passano in molti casi attraverso il rapporto con le istituzioni religiose e con i processi educativi, socializzanti e di sostegno che esse offrono. ………….

Specialmente in Europa, le identità nazionali si sono formate o rinsaldate tra l’800 e il ’900 su presupposti di omogeneità storica, linguistica, culturale, biologica, spesso anche religiosa: le nostre sono nazioni fondamentalmente “etniche”. Questa supposta omogeneità fondava un sentimento del “noi”, forgiava obblighi di solidarietà e alimentava vincoli di reciprocità. Dapprima l’arrivo, poi l’insediamento stabile di popolazioni straniere, infine la formazione di una seconda generazione non più etnicamente omogenea con la popolazione autoctona pongono in discussione questi presupposti: attestano che l’identificazione nazionale è un processo, non necessariamente associato con l’asserita omogeneità etnica della popolazione, e rivelano che la coesione sociale va costruita con sforzi consapevoli, politiche lungimiranti e investimenti di varia natura. …………….

Le famiglie immigrate, d’altra parte, vivono in molti casi profonde ambivalenze nei confronti dei figli che crescono nelle società ospitanti: ne auspicano la piena integrazione e l’avanzamento sociale, ma ne paventano un’assimilazione culturale che li allontani dall’identità ancestrale e li separi da loro. Anche per questo i conflitti identitari, di cui le seconde generazioni sono spesso l’oggetto, il pretesto o le apparenti protagoniste, toccano corde emotive profonde e scuotono tanto le società riceven ti quanto le minoranze immigrate.

…………………

Il passaggio alla giovinezza e poi all’età adulta dei giovani di origine immigrata è dunque un terreno cruciale per lo studio dei processi di costruzione dell’identità personale e di integrazione sociale, in cui i soggetti si trovano a comporre riferimenti e stimoli diversi: da quelli tipicamente generazionali a quelli tradizionali mediati dalle famiglie e dalle reti comunitarie, a quelli derivanti dalla socializzazione formale e informale nelle società ospitanti, senza dimenticare i processi di eterodefinizione ed etichettatura a sfondo razziale, che possono provocare fenomeni reattivi di varia natura. Ne risultano differenti “strategie identitarie”, che possono spaziare dal cosmopolitismo, all’isolamento, al ritorno alle origini, al mimetismo (Bosisio et al. 2005), insieme a una complessa e cangiante stratificazione di riferimenti e appartenenze.

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1. MULTICULTURA E/O INTERCULTURA

Il multiculturalismo è un termine che si presta a varie interpretazioni.

Da l’Enciclopedia dei ragazzi (2006) della Treccani (Adriano Favole)

Multiculturalismo Convivenza di culture diverse

………………………..

Un mosaico di culture

Il termine multiculturalismo descrive una situazione in cui sono contemporaneamente presenti gruppi di persone di origini, tradizioni e culture differenti. ………………..

Un mercato multiculturale è quello in cui si trovano persone e prodotti provenienti da tante e diverse parti del mondo: prodotti dell’artigianato andino sono posti a fianco di maschere africane, cibi tipici delle varie regioni italiane affiancano frutti esotici.

Scuole multiculturali caratterizzano molte nostre città e paesi, di piccole e grandi dimensioni: è frequente che i ragazzi italiani abbiano compagni di banco marocchini, albanesi, senegalesi, cinesi e così via.

Il multiculturalismo non è un fenomeno nuovo, anche se negli ultimi anni ha conosciuto un forte sviluppo, in seguito alla crescita dei movimenti migratori. L’antica Roma, Costantinopoli, Venezia – per limitarci agli esempi che ci sono più noti – erano città multiculturali già molti secoli fa.

L’azione politica

Il termine multiculturalismo indica in un significato più specifico quelle politiche (costituzioni, leggi, regolamenti e altro) praticate da alcuni Stati nazionali al fine di dare dignità e pubblico riconoscimento alle minoranze culturali e linguistiche presenti sul loro territorio.

………………………………….. I sostenitori delle politiche multiculturali ritengono che, in alcune circostanze, a fianco dei diritti universali degli individui (libertà di culto, di voto e così via) vadano riconosciuti particolari diritti a minoranze etniche svantaggiate.…………………………………..

I problemi

Nascendo e crescendo in una specifica cultura, gli esseri umani acquisiscono abitudini particolari. Essi finiscono spesso per considerare naturale, razionale, migliore la propria cultura e per giudicare irrazionale, barbaro e incomprensibile il modo in cui vivono gli altri. Gli antropologi definiscono tutto ciò etnocentrismo, letteralmente il porre sé stessi e la propria cultura al centro del mondo. L’etnocentrismo produce atteggiamenti che vanno dall’indifferenza all’intolleranza, fino a forme estreme come la violenza o il tentativo di respingere o eliminare gli altri..

Nelle società multiculturali si riscontrano spesso conflitti tra i vari gruppi che si manifestano non solo a causa delle diverse abitudini, culture o religioni ma, per lo più, per motivi di natura economica…………….I conflitti per le risorse materiali (posti di lavoro, accesso a fondi pubblici) e immateriali (diritto a usare la propria lingua, a formulare programmi scolastici e così via) sono spesso molto forti. Le politiche multiculturali tentano di rimediare a queste disuguaglianze e di limitare i conflitti.

Gli Stati nazionali e la molteplicità delle culture

Posti davanti alla necessità di far convivere gruppi di cultura differente, gli Stati nazionali hanno adottato nel tempo vari atteggiamenti. Le politiche dell’assimilazione consistono nel tentativo, operato dalla cultura dominante, di assorbire i gruppi subordinati, facendo sì che, nel corso di un paio di generazioni, questi ultimi assumano le abitudini, la lingua, la cultura del paese di adozione.

All’opposto, le politiche della segregazione consistono nel tentativo di mantenere separati i gruppi, costruendo per esempio quartieri (pensate ai ghetti) e scuole per le varie minoranze etniche ………………

Le politiche della fusione o del melting pot (un termine che significa «crogiuolo» o «pentolone») tendono a incoraggiare l’amalgama, il mescolamento tra le varie culture, al fine di produrre una società originale che scaturisce proprio dalla presenza di una notevole varietà di gruppi. Infine, come abbiamo detto, le politichemulticulturali riconoscono importanza e dignità alle varie comunità presenti sul territorio.

Dal multiculturalismo all’intercultura

Alcuni studiosi ritengono che il concetto di interculturalismo sia oggi preferibile a quello di multiculturalismo. Parlare di intercultura (ritroviamo questo termine in espressioni come educazione interculturale, oppure comunicazione interculturale) significa riferirsi a una situazione in cui i vari gruppi etnici presenti su un territorio sono invitati al dialogo, allo scambio, alla contaminazione delle loro lingue, abitudini, culture. L’interculturalismo consente di superare alcuni difetti delle politiche multiculturali, quali la tendenza a mantenere fissi i confini tra i vari gruppi, a pensare che le culture siano delle entità rigide che permangono uguali a sé stesse nel trascorrere del tempo.

Anche se si propone di conferire dignità alle varie culture, il multiculturalismo rischia infatti di rafforzare le differenze e di rendere ancora più difficile il dialogo tra le comunità. Al contrario, un approccio interculturale sottolinea l’apertura, le connessioni, la capacità di mutamento che ogni cultura possiede in sé stessa. A ben vedere in effetti, le culture umane non sono delle realtà originali, autentiche, che si trasmettono immutate nel tempo con il succedersi delle generazioni: in ogni cultura ci sono abitudini, modi di comportarsi, concetti e termini presi a prest ito da altre epoche e altre società. Si potrebbe dire con uno slogan che noi siamo fatti di altri: l’intercultura sottolinea proprio questa dimensione di scambio e mescolamento tra le varie culture e in questo si distingue dal multiculturalismo.

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9 Progetto: L’Identità Multiculturale delle seconde generazioni – Le schede in sintesi

Multiculturalismo:

LA CULTURA DELLE DIFFERENZE di Adel Jabbar * sociologo Università Ca' Foscari di Venezia

La storia dell’umanità è caratterizzata dal movimento e dalla creazione continua di reti e intrecci tra persone provenienti da contesti geografici diversi.

Ci sono stati periodi storici particolarmente fertili per questi scambi: il medioevo islamico, con gli arabi che interpretavano il ruolo di mediatori culturali (preceduti da altre popolazioni semitiche) facendo del sud del Mediterraneo una “piattaforma girevole” di collegamento tra diverse aree geografiche; poi, il rinascimento europeo con le sue progressive inclusioni di popolazioni di altri continenti che ha inaugurato il “sistema-mondo” con il quale ci confrontiamo ancora oggi.

Le culture, infatti, sono fluide e gli individui interpretano attivamente le loro tradizioni rinnovandole per poter gestire i cambiamenti che le relazioni con gli altri inevitabilmente comportano.

Oggi viviamo una fase di mondializzazione: da una parte prevale il modello occidentale , sia sul piano economico che culturale; dall’altra crescono le rivendicazioni identitarie e neocomintariste.

Che cosa si intende allora per “multiculturalismo”?

Alcune considerazioni possono aiutarci ad utilizzare criticamente questo termine.

In primo luogo è bene sottolineare che ogni cultura è “multiculturale” perchè in essa sono riscontrabili sedimenti provenienti da luoghi e da popoli diversi. …………………

In secondo luogo, con il termine “multiculturalismo” possiamo indicare la coabitazione tra diversi gruppi linguistici, culturali, religiosi che vivono nel medesimo spazio territoriale...................E’ necessario ripristinare una “memoria plurale” per saper leggere la complessità di contesti che spesso vengono ideologicamente ridotti ad entità monolitiche e omogenee………..

In terzo luogo, ogni società è multiculturale anche perché coesistono diversi sistemi valoriali. In Italia, ad esempio, c’è chi aderisce o meno a determinate visioni della famiglia (basta pensare al modello contrattuale o a quello sacramentale e alle controversie sulle famiglie di fatto o sulle unioni omosessuali) e troviamo posizioni contrapposte anche sui temi della pace e della guerra e perfino si può riscontrare la presenza di organizzazioni politiche che fanno riferimento a modelli ed esperienze non-democratiche. …………………

Multiculturalismo e immigrazione

……………………..

E’ bene ricordare che il multiculturalismo non è creato dalla presenza degli immigrati. Essi aggiungono altre differenziazioni a quelle già esistenti in ogni società e contribuiscono casomai a renderle più visibili.

Le trasformazioni sociali in atto richiedono un metodo di intervento innovativo che definiamo con il termine “intercultura”. Non intendiamo dunque un principio etico né un traguardo da raggiungere ma l’impostazione di una prassi di lavoro in grado di aiutarci a ripristinare una memoria plurale esplorando i nostri contesti multiculturali.

La prassi interculturale implica considerare gli immigrati non tanto rappresentanti di una cultura quanto di un progetto sociale di emancipazione. Gli immigrati vivono un complicato processo di aggiustamento identitario finalizzato a trovare un’ “unità combinatoria” tra elementi appartenenti sia al nuovo contesto sia al contesto di origine. In questo processo non incide solo la cultura ma anche il genere, la provenienza sociale, il livello istruzione, il tipo di occupazione, la politica di accoglienza sul territorio, il tipo di progetto migratorio ecc.

L’intercultura innesca un processo di estensione dei confini della democrazia attraverso una cultura della partecipazione basata sul riconoscimento delle differenze. L’obiettivo è quello di stabilire un nuovo patto di cittadinanza in grado di ristabilire la simmetria necessaria per creare spazi di negoziazione e gestire le trasformazioni sociali in atto garantendo la coesione sociale.

Questo processo intende includere nuove soggettività e non “comunità” (sta a queste soggettività decidere come organizzarsi in termini collettivi: se sul piano religioso, linguistico, o su quello dell’appartenenza statuale o professionale, oppure sulla base di organizzazioni associative o sindacali autoctone ecc.).

Incrementare la partecipazione democratica significa superare il modello di “integrazione subalterna” che vede negli immigrat i una mera forza lavoro e riconoscere la complessità delle relazioni che queste persone intraprendono con il territorio dove risiedono.

L’intercultura ha bisogno della mediazione socio-culturale che è innanzi tutto una strategia di parificazione di opportunità con lo scopo di ricostruire reti sociali, creare nuove competenze e ripristinare l’autostima dei cittadini immigrati riconoscendo anche quegli aspetti legati ai vissuto culturali e religiosi……………..

La questione dell’immigrazione non riguarda solo l’immigrato, nè è solo un intervento di politica sociale di contenimento del disagio e neppure una politica securitaria per arginare il pericolo.

La posta in gioco è rivitalizzare la democrazia attraverso una cittadinanza attiva che coinvolga tutti gli attori sociali del territorio. Gli enti formativi ed educativi, il mondo dell’associazionismo svolgono un ruolo chiave nel diffondere questa consapevolezza delle trasformazioni sociali in atto e facilitando la creazione di un nuovo protagonismo tra i vari soggetti. Naturalmente è indispensabile che ci sia un indirizzo politico in grado di comprendere che l’immigrazione è un tema centrale per la democrazia.

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