a cura dello studio legale stefanelli&stefanelli · 2013-09-27 · accesso agli atti il diritto...

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RASSEGNA SISTEMATICA DI GIURISPRUDENZA SUGLI APPALTI a cura dello Studio Legale Stefanelli&Stefanelli 30 APRILE 2013 AVV. ANDREA STEFANELLI AVV. SILVIA STEFANELLI AVV. ADRIANO COLOMBAN AVV. ALESSANDRA DELLI PONTI AVV. EDOARDO DI GIOIA AVV. VALERIA FABBRI AVV. ELEONORA LENZI AVV. ANDREA MARINELLI AVV. CLAUDIA PATTI DOTT. FEDERICO BRESCHI DOTT. ANNAMARIA CICERONE DOTT. SILVIA PARI DOTT. FABIO CARUSO

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RASSEGNA SISTEMATICA

DI GIURISPRUDENZA

SUGLI APPALTI

a cura dello

Studio Legale Stefanelli&Stefanelli

30 APRILE 2013

AVV. A NDREA STE FANE LLI

AVV. SI LV IA STEFA NE LL I

AVV. A DRIANO COLOMBAN

AVV. A LE SSA NDRA DE LL I PONTI

AVV. E DOARDO DI G IOIA

AVV. VA LE RIA FA BBRI

AVV. E LEONORA LENZI

AVV. A NDREA MA RINELL I

AVV . C LAU DIA PA TT I

DOTT. FE DE RICO BRE SCHI

DOTT. ANNA MA RIA C ICE RONE

DOTT. S I LVIA PA RI

DOTT. FA BIO CA RU SO

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INDICE:

ACCESSO AGLI ATTI 7

IL DIRITTO D'ACCESSO NON COINCIDE CON QUELLO D'IMPUGNAZIONE 7 Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 24/4/2012, n. 7 7

DINIEGO D'ACCESSO AD OPERA DI UN SOGGETTO NON PARTECIPANTE ALLA GARA 7 Consiglio di Stato, VI, 22/11/2012, n. 5936 7 Consiglio di Stato, VI, 30/7/2010, n. 5062 8 T.A.R. Milano, IV, 21/9/2011, n. 2264 8

IL RAPPORTO FRA IL DIRITTO D'ACCESSO ED IL PRINCIPIO DI RISERVATEZZA 9 Consiglio di Stato, VI, 28/9/2012, N. 5153 – Consiglio di Stato, V, 28/9/2012, N. 5132 9

NON SONO ACCESSIBILI GLI ATTI RIGUARDANTI LA FASE ESECUTIVA DEL CONTRATTO 10 Consiglio di Stato, V, 11/6/2012, n. 3398 10

QUALCHE SEGNALE D'APERTURA ALL'ACCESSO AGLI ATTI NELLA FASE ESECUTIVA 11 Consiglio di Stato, III, 16/5/2012, 2812 11 Consiglio di Stato, VI, 12/3/2012, n. 1402 11

MODALITA' D'ACCESSO 12 Consiglio di Stato, V, 25/5/2012, N. 3079 12

DIRITTO D'ACCESSO ALLE OFFERTE TECNICHE 12 T.A.R Milano, III, 15/1/2013, n. 116 12 T.A.R. Brescia, Ord. II, 15/3/2012 12

ACCESSO AL DURC 13 Consiglio di Stato, VI, 19/1/2012, n. 201 13

OGGETTO D'ACCESSO 13 T.A.R. Piemonte, II, 5/3/2010, n. 1428 – T.A.R. Campania, V, 12/1/2010, N. 67 – T.A.R. Lazio Roma, III, 15/3/2010. n. 4000; - T.A.R. Bologna, I, 7/1/2010, n. 6; 13

ART. 38 (REQUISITI DI MORALITA’) 15

L’ADUNANZA PLENARIA CHIARISCE LA NOZIONE DI “GRAVE VIOLAZIONE“ NELLA REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA 15 Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 4/5/2012, n. 8 15

L'OBBLIGO DI DICHIARAZIONE ANCHE DA PARTE DEL LEGALE RAPPRESENTANTE E/O DEL DIRETTORE TECNICO DELL'IMPRESA ACQUISITA/INCORPORATA 15

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 4/5/2012, n.10 15

ART. 38 E FUSIONE SOCIETARIA 16 Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 7/6/2012 n. 21 16

LA PORTATA DELLA “GRAVE NEGLIGENZA E MALAFEDE” AI FINI DELL'ESCLUSIONE DALLE GARE 16 Consiglio di Stato, III, 14/1/2013, n. 149 16

L’ARRESTO DI DIRIGENTI DI UNA SOCIETÀ E’ LEGITTIMA CAUSA D’ESCLUSIONE ? 16 Consiglio di Stato, V, 25/5/2012, n. 3063 16

ART. 38 E CONCORDATO PREVENTIVO 17 Consiglio di Stato , III, 19/4/2012, n. 2305 17

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DICHIARAZIONE EX ART. 38 E LEGALE RAPPRESENTANZA: UN PO' DI CHIAREZZA 17 Consiglio di Stato, III, 21/12/2011, n. 6777 17

LE DICHIARAZIONI EX ART. 38 D.LGS. N. 163/06 DEVONO RIGUARDARE ANCHE I PROCURATORI? 18 Consiglio di Stato, V, 25/1/2011, n. 513 18 Consiglio di Stato, V, 9/3/2010, n. 1373 18

È NECESSARIA LA DICHIARAZIONE PER IL DIRETTORE TECNICO? 19 Consiglio di Stato, V, 21/9/2011, n. 5321 19

UN SOGGETTO (EX L.R.) PRIVATO DEI SUOI REQUISITI DI CARATTERE GENERALE 19 Consiglio Stato, V, 14/9/2010, n. 6694 19

IL POSSESSO DEI REQUISITI DI CARATTERE GENERALE IN UN APPALTO DI SERVIZIO DI CUI ALL'ALLEGATO II B 20 Consiglio di Stato, V, 15/6/2010, n. 3759 20

L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA NON È UNA CAUSA D’ESCLUSIONE DALLE GARE 21 T.A.R. Basilicata, I, 23/3/2012, n. 132 21

I REATI DEPENALIZZATI E IL PERSISTENTE OBBLIGO DI LORO DICHIARAZIONE AI FINI PARTECIPATIVI 21 T.A.R. Roma, I Bis, 7/8/2011, n. 7788 21

LA FALSA DICHIARAZIONE E LA DIVERSA “GRADAZIONE” DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE EX ART. 38 D.LGS. N. 163/2006 22 T.A.R. Milano, I, 19/1/2010, n. 76 22

AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA 23

DA QUANDO DECORRE IL TERMINE IMPUGNARE L'AGGIUDICAZIONE? 23 Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 31/7/2012, n. 31 23

SI PUÒ PASSARE DALL'AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA A QUELLA DEFINITIVA PER SILENZIO-ASSENSO? 23 Consiglio Stato, IV, 26/3/2012, n. 1766 23 T.A.R. Veneto, I, 8/2/2013, n. 178 23

ANOMALIA OFERTE 25

IL SUBPROCEDIMENTO DI VERIFICA DELL'ANOMALIA DELLE OFFERTE DEVE ESSERE SVOLTO DAL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO E NON DALLA COMMISSIONE GIUDICATRICE. 25

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 29/11/2012, n. 36. 25 Ordinanza Consiglio di Stato, VI, 12/10/2012, n. 5270 25

GIUSTIFICAZIONI DELL'ANOMALIA DELL'OFFERTA ED UTILE D'IMPRESA 26 Consiglio di Stato, III, 11/4/2012, n. 2073 26

PROCEDURE NEGOZIATE: REINTRODOTTA DELL’ESCLUSIONE AUTOMATICA DELLE OFFERTE ANOMALE 26 T.A.R. Roma, III – quater, 2/1/2012, n.27 26

ASSOCIAZIONE TEMPORANE D'IMPRESE 27

L'INDICAZIONE DELLE QUOTE D'ESECUZIONE IN UN'A.T.I. È OBBLIGATORIA TANTO CHE SIA DI NATURA “ORIZZONTALE”, QUANTO CHE SIA DI TIPO “VERTICALE” 27

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 13/6/2012, n. 22 27 Ordinanza Consiglio di Stato, VI, 5/3/2012, n. 1227 27

ANCHE NEGLI APPALTI DI SERVIZI SI CONFERMA L'OBBLIGATORIETÀ DELLA CORRISPONDENZA FRA I REQUISITI D'AMMISSIONE, QUOTA DI PARTECIPAZIONE E QUOTA D'ESECUZIONE IN UN'A.T.I. 28

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LE ATI SI POSSONO TRASFORMARE FINO ALLA FORMULAZIONE DELL'OFFERTA 28

CI SI PUÒ ASSOCIARE IN A.T.I. IN UNA GARA RISTRETTA ANCHE CON UNA SOCIETÀ NON PRECEDENTEMENTE INVITATA ALLA GARA STESSA 29

QUANTE REFERENZE BANCARIE OCCORRE DEPOSITARE IN GARA DA PARTE DI UN'A.T.I.? 29

RETI DI IMPRESA: NUOVA MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE ALLE PROCEDURE DI GARA 30

L'INDICAZIONE DELLE QUOTE DI PARTECIPAZIONE NON È OBBLIGATORIA IN UN'A.T.I. DI TIPO ORIZZONTALE 31

AVVALIMENTO 32

L'AVVALIMENTO E' POSSIBILE ANCHE RELATIVAMENTE ALLA CERTIFICAZIONE DI QUALITA' 32 Consiglio di Stato, V°, 6/3/2013, n. 1368 32

LA CAUZIONE PROVVISORIA NON DEVE COPRIRE ANCHE L'AUSILIARIO 32 Consiglio di Stato, V°, 14/2/2013, n. 911 32

LA REALE NATURA DELL'AVVALIMENTO 32 Consiglio di Stato, V, 10/1/2013, n. 90 32

VIETATO L'AVVALIMENTO DA PARTE DI UN'IMPRESA TUNISINA 33 Consiglio di Stato, IV, 23/2/2012, n. 969 33

AVVALIMENTO: VALIDO ANCHE SENZA LA FORMALE SOTTOSCRIZIONE DI UN CONTRATTO 33 Consiglio di Stato, V, 1/1/2012, n. 101 33

AVVALIMENTO AL 100% E INCONFONDIBILITÀ CON IL SUBAPPALTO 33 Consiglio di Stato, VI 13/6/2011, n. 3565 – Consiglio di Stato, V, 20/6/2011, n. 3698 33

IL CONTRATTO DI CONSORZIO NON “PRESUPPONE” L'AVVALIMENTO 34 Consiglio di Stato, VI, 9/2/2010, n. 641 34

MODALITÀ DI ACQUISIZIONE DELLE DICHIARAZIONI DA PARTE DELL'AVCP 34 Comunicato Autorità Vigilanza Contratti Pubblici 28/9/2012 34

LA TRASCRIZIONE DEI CONTRATTI DI AVVALIMENTO NEI REGISTRI DELL'AUTORITÀ DI VIGILANZA 34 Comunicato Autorità Vigilanza Contratti Pubblici 24/11/2010 34

CAUZIONE PROVVISORIA 36

LA SUA ESCUSSIONE È UNA CONSEGUENZA AUTOMATICA DELL'ESCLUSIONE 36 Consiglio di Stato, V, 10/9/2012, n. 4778 36

E' POSSIBILE NON RICHIEDERE LA CAUZIONE MA SOLO NELLE PROCEDURE IN ECONOMIA ... 36 Parere Aut. Vig. Contratti Pubblici 5/12/2012, n. 21 36

… ED ANCHE NELLE GARE PER LA CONCESSIONE DI SERVIZI 37 Consiglio di Stato, V, 13/7/2010, n. 4510 37

LA CAUZIONE PROVVISORIA PUÒ ESSERE DEPOSITATA ANCHE IN ASSEGNO CIRCOLARE E QUESTO RISOLVE PURE IL PROBLEMA DELL’INTESTAZIONE DELLA FIDEIUSSIONE IN UN’A.T.I. COSTITUENDA 37

T.A.R. Toscana, I, 27/10/2011, n. 1584 37

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CONFRONTO A COPPIE 38

CONFRONTO A COPPIE: L'ADUNANZA PLENARIA NE FORNISCE UN'ESAUSTIVA DEFINIZIONE 38 Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 10/1/2013, n. 1 38

ESCLUSIONE DALLE GARE 39

I DOCUMENTI IN LINGUA STRANIERA SONO AMMISSIBILI IN GARA 39 Consiglio di Stato, V, 10/12/2012, n. 30 39

CONTRASTO FRA BANDO E LETTERA D'INVITO 39 Consiglio di Stato, IV, 28/11/2012, n. 6026 39

MANCATA FIRMA DELL'OFFERTA TECNICA 39 Consiglio Stato, V°, 21/6/2012, n. 3669 39

IL MANCATO RILASCIO DEL DURC NON PUÒ ESSERE SINDACATO DALLE STAZIONI APPALTANTI 39 Consiglio di Stato, VI, 16/9/2011, n. 5194 39

IMPOSSIBILITÀ DI ESCLUDERE OPERATORI IL CUI OGGETTO SOCIALE NON RISULTI IDENTICO A QUELLO DI GARA 40 Consiglio di Stato, 21/2/2011, n. 1079 40

IL MANCATO DEPOSITO DEL DOCUMENTO DI IDENTITÀ NON PUÒ ESSERE CAUSA D'ESCLUSIONE 40

L'ART. 46, COMMA 1-BIS E LA RIVOLUZIONE COPERNICANA 41 T.A.R. Latina, I°, 1/12/2011, n. 991 T.A.R. Roma, I°bis, 6/12/2011, n. 9597 T.A.R. Venezia, I°, 2/12/2011, n. 1791 41

LE FALSE DICHIARAZIONI FANNO VENIR MENO LA FIDUCIA DELLA STAZIONE APPALTANTE, CHE QUINDI LEGITTIMAMENTE ESCLUDE DALLA GARA 41

T.A.R. Milano, I, 14/1/2010, n. 49 41

PROCEDURE NEGOZIATE 43

LA PROCEDURA NEGOZIATA SENZA PUBBLICAZIONE DEL BANDO HA NATURA ASSOLUTAMENTE ECCEZIONALE 43

Consiglio Stato, III, 8/1/2013, n. 26 43 Ordinanza Con.St. 7/1/2013 n. 25 di rinvio Corte Giustizia UE 43

PUBBLICITA' 45

LA PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI GARA DEVE RITENERSI DEFINITIVAMENTE ESTESA A TUTTE LE PROCEDURE DI GARA, SIA SOPRA CHE SOTTOSOGLIA E QUINDI ANCHE ALLE PROCEDURE NEGOZIATE NONCHÉ AI COTTIMI FIDUCIARI 45

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 31/7/2012, n. 31 45

NELLE GARE CON IL CRITERIO DELL'OFFERTA ECONOMICAMENTE PIÙ VANTAGGIOSA, L'APERTURA DELLE BUSTE CONTENENTI L'OFFERTA TECNICA DEVE ESSERE FATTA IN SEDUTA PUBBLICA 45

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 28/7/2011, n. 13 45

LA PUBBLICAZIONE CHE VALE È QUELLA SULLA GAZZETTA UFFICIALE REPUBBLICA ITALIANA E NON QUELLA SULLA GAZZETTA UFFICIALE COMUNITÀ EUROPEA 46

Consiglio di Stato, V, 5/10/2011, n. 5458 46

LA PUBBLICITÀ NEGLI APPALTI SOTTOSOGLIA 46 Consiglio di Stato, IV, 12/7/2010, n. 4485 46

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NON OCCORRE LA PUBBLICITÀ DELLA SEDUTA D'APERTURA DELLE OFFERTE ECONOMICHE 46

ANCHE NELLE PROCEDURE NEGOZIATE SENZA PUBBLICAZIONE DEL BANDO DEVE ESSERE SEMPRE GARANTITA LA PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI GARA 47

Consiglio di Stato, III, 3/3/2011, n. 1369 47

L'OBBLIGO DI PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE D'APERTURA DELLE BUSTE TECNICHE SI ESTENDE ANCHE ALLE GARE INDETTE PRIMA DEL 28/7/2011 47

T.A.R. Napoli , I, 11/1/2012, n. 69 47

APERTURA DELLE BUSTE TECNICHE E OBBLIGO DI PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI GARA ANCHE PER I SERVIZI SANITARI 48 T.A.R. Roma, II, 23/12/2011, n. 10159 - T.A.R. Venezia, I, 5/12/2011, n. 1805 48

DAL 1/1/2013 IL PAGAMENTO DELLE SPESE DI PUBBLICITÀ DEI BANDI È A CARICO DELL'AGGIUDICATARIO 48 Decreto Crescita-bis – Legge n. 17/12/2012, n. 221 48

LA PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI GARA E LA LORO VERBALIZZAZIONE SONO DUE ASPETTI DIFFERENTI ED ENTRAMBI FONDAMENTALI AI FINI DELLA VALIDITÀ DELLE PROCEDURE DI GARA 49

Parere Autorità Vigilanza Contratti Pubblici 7/7/2011, n. 131 49

REVISIONE PREZZI 51

REVISIONE PREZZI: CARATTERISTICHE DELLA SUA “IMPERATIVITÀ” 51 Consiglio di Stato,V, 22/10/2012, n. 5395 51

LA REVISIONE PREZZI SI PRESCRIVE IN 5 ANNI 51 Consiglio di Stato, V, 10/9/2012, n. 4783 51

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7

AACCCCEESSSSOO AAGGLLII AATTTTII

IL DIRITTO D'ACCESSO NON COINCIDE CON QUELLO

D'IMPUGNAZIONE

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 24/4/2012, n. 7

L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato si è

occupata di una richiesta d’accesso alle delibere

assembleari della SIAE formulata da alcuni

associati ed ha riconosciuto, in primo luogo,

come la documentazione richiesta, ancorché di

natura privatistica, risulti correlata ad un’attività

“amministrativa” - in quanto la SIAE è gestore di

un servizio pubblico - e, come tale, soggetta

all’obbligo d’ostensione, così come ha individuato

nella corretta amministrazione del patrimonio

della SIAE un interesse “diretto, concreto ed

attuale” in capo ai richiedenti, tale da

giustificarne la loro richiesta d’accesso. Tuttavia

la precisazione piu' importante di questa

pronuncia è senza dubbio il riconoscimento che il

diritto d’accesso non coincide con quello

d’impugnazione, nel senso che ben si può far

valere una richiesta di visione ed estrazione di

copia di atti e documenti di un procedimento

anche quando non si ha, poi, il pieno diritto ad

impugnare il provvedimento conclusivo di detto

procedimento e/o gli atti di cui si chiede il

suddetto accesso.

DINIEGO D'ACCESSO AD OPERA DI UN SOGGETTO NON PARTECIPANTE

ALLA GARA

Consiglio di Stato, VI, 22/11/2012, n. 5936 Il Consiglio di Stato è intervenuto sulla questione

della legittimità dell'accesso agli atti di una gara

da parte di una società che non aveva

partecipato alla procedura, riformando una

pronuncia del TAR Abruzzo che aveva concesso

detto accesso. E' bene precisare come il diritto di

accesso, anche se collegato all'esistenza di una

situazione giuridica meritevole di tutela, non

assume mai carattere meramente strumentale

alla difesa in giudizio, acquisendo una valenza

autonoma ed indipendente dalla possibilità

stessa d'instaurazione del giudizio sul

procedimento della cui documentazione si chiede

(appunto) l'accesso. Tuttavia, il Consiglio di

Stato ha altresì chiarito come l'art. 24, comma 7

L.n. 241/1990 non possa trovare applicazione

qualora il richiedente non abbia materialmente

partecipato alla gara, in quanto “non ha rilievo il

mero interesse strumentale alla rinnovazione

della gara asserito soltanto in quanto operatore

del settore”.

Dalla sentenza in commento, dunque, emerge il

principio secondo cui l'accesso non può essere

riconosciuto semplicemente in ragione

dell'interesse alla rinnovazione della gara,

con alcune eccezioni ovvero nei “casi del

contrasto in radice della scelta della stazione

appaltante di indire la procedura,

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8

dell'affidamento senza gara e della previsione

nel bando di una clausola escludente”.

Consiglio di Stato, VI, 30/7/2010, n. 5062 Del medesimo segno anche una decisione (piu'

datata) sempre dello stesso Consiglio di Stato

che, a fronte di un ricorso in merito ad un

accesso agli atti di una gara indetta

dall’Interporto di Torino e formulato da una

società che non aveva partecipato, ha negato

detto diritto (d'accesso) con una decisione di

grande interesse circa il rapporto fra l’art. 13 del

Codice appalti (che riguarda appunto l’accesso) e

la legge n. 241/90 concernente, in generale,

l’accesso alla documentazione amministrativa.

Secondo il Consiglio di Stato fra la normativa

generale (l.n. 241/90) e quella particolare (art.

13 D.Lgs. n. 163/2006) non vi deve essere un

rapporto di “differenziazione” ma di

“complementarietà”, nel senso che le

disposizioni contenute nella legge n. 241/90

devono trovare applicazione tutte le volte in cui

non si rinvengono disposizioni derogatorie

contenute nel Codice dei contratti pubblici.

Partendo dunque da questo presupposto occorre

interpretare il comma 6° dell’art. 13 - secondo

cui “è comunque consentito l’accesso al

concorrente che lo chieda in vista della difesa in

giudizio dei suoi interessi” - non come un

“restringimento” dei requisiti di legittimazione

all’accesso, tanto sul piano soggettivo (solo ai

“concorrenti”), che su quello oggettivo (solo se si

è ancora in termini per la “difesa in giudizio”), in

quanto, anche nelle procedure ad evidenza

pubblica, sopravvive il diritto generalizzato

all’accesso in capo a tutti coloro che dimostrino

di averne un interesse reale e concreto e, quindi,

indipendentemente dalla loro partecipazione alla

gara. In altre parole se la richiesta d’accesso

riguarda una pubblica gara, nel caso in cui detta

istanza sia formulata da un concorrente e che

detto sia in termini per impugnare, tale richiesta

deve essere certamente evasa ma ciò non

significa che, qualora la richiesta risulti formulata

da un non-concorrente, oppure siano già spirati i

termini per impugnare, anche in tal caso non

sussista un interesse reale e concreto a prendere

visione della documentazione richiesta, che

certamente l’istante deve compiutamente

motivare e che la P.A. è necessariamente

obbligata a verificare dovendo, in caso

affermativo, certamente concedere l’accesso

richiesto.

T.A.R. Milano, IV, 21/9/2011, n. 2264 Una società operante in un determinato settore

viene a conoscenza che una Stazione Appaltante

ha indetto una procedura in economia ed, in

considerazione dell’obbligo imposto dall’art. 125,

comma 11 D.Lgs.n. 163/2006 di rispetto, anche

per questa particolare tipologia di gara, dei

principi di trasparenza, rotazione e parità di

trattamento - previa consultazione di almeno 5

operatori economici (se sussistono un detto

numero di soggetti idonei sul mercato) - per tal

motivo anche l’operatrice economica non invitata

vanta a pieno titolo il diritto di accedere alla

delibera d’indizione del cottimo fiduciario nonché

alla piena conoscenza dei criteri di selezione

degli invitati, allo scopo di poter accertare se i

dettami di cui al comma 11 dell'art. 125 codice

appalti siano stati correttamente rispettati.

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IL RAPPORTO FRA IL DIRITTO D'ACCESSO ED IL PRINCIPIO DI

RISERVATEZZA

Consiglio di Stato, VI, 28/9/2012, N. 5153 – Consiglio di Stato, V, 28/9/2012, N. 5132

A conferma di come il rapporto tra diritto

d'accesso e principio di riservatezza offra ancora

spunti di riflessione e di come non si sia affatto

giunti ad una soluzione certa e condivisa in

merito all'eventuale prevalenza dell'uno rispetto

all'altro, si commentano due pronunce coeve del

Consiglio di Stato di segno (ahimè) opposto.

Come noto i diritti d'accesso e di privacy sono

costituzionalmente tutelati e trovano una

puntuale disciplina normativa, il primo nella

Legge n. 241/90 ed il secondo nel D.Lgs

196/2003; nella legge sul procedimento

amministrativo (L.n. 241/90), all'art. 24 lettera

d) è previsto come il diritto d'accesso debba

essere escluso qualora il documento di cui si

richieda l'ostensione riguardi la vita privata o la

riservatezza salvo il caso, previsto al comma 7

del medesimo articolo, in cui la “conoscenza sia

necessaria per curare o per difendere i propri

interessi giuridici”; da qui ne discende la

necessità di stabilire quale, tra questi due

principi (entrambi costituzionalmente garantiti)

possa ritenersi prevalente in base al combinato

delle due succitate disposizioni di legge, nonchè

effettuando un bilanciamento tra la tutela della

sfera di riservatezza del controinteressato e le

necessità difensive del richiedente l'accesso.

Il primo dei due casi in esame, avente ad

oggetto la richiesta d'accesso da parte di un

insegnante agli atti del procedimento relativo al

proprio trasferimento d'ufficio per

“incompatibilità ambientale”, si era risolto con il

provvedimento del Ministero dell'Università e

della Ricerca che aveva concesso un accesso

solo “parziale” ai documenti, motivando il

restante diniego (riguardante l'indicazione dei

dati anagrafici dei dichiaranti nonché il contenuto

delle dichiarazioni rese dagli altri insegnanti e

dai genitori degli allievi) al chiaro fine di evitare

l'automatica individuazione dei denuncianti. Il

TAR Puglia, tuttavia, accoglieva il ricorso

dell'insegnante che richiedeva l'accesso “totale”

a tutti i documenti del proprio fascicolo,

sentenza che è stata ribaltata dal Consiglio di

Stato secondo cui “E' vero che, in via generale,

le necessità difensive sono ritenute prioritarie

rispetto alla riservatezza di soggetti terzi[…]

tuttavia il D.Lgs. n. 196/2003 e l'art. 16 L. 15/05

specificano [.] come non bastino esigenze di

difesa genericamente enunciate per garantire

l'accesso, dovendo quest'ultimo corrispondere ad

un'effettiva necessità di tutela degli interessi che

si assumono lesi ed ammettendosi solo nei limiti

in cui sia strettamente indispensabile la

conoscenza di documenti, contenenti dati

sensibili e giudiziari”.

Ferma dunque una valutazione “caso per caso”,

“la docente interessata era stata messa in grado

di conoscere fatti sufficientemente circostanziati”

e la conoscenza di ulteriori dati non avrebbe

trovato nessuna giustificazione in relazione ad

un suo “maggior” diritto di difesa; in altri termini

necessita un necessario e stretto collegamento

fra il diritto che si vuole tutelare ed il documento

di cui si chiede la visione e non ad un “generico”

interesse di difesa del soggetto.

La seconda sentenza, pronunciatasi sull'appello

proposto in materia d'accesso agli atti

riguardanti un esposto, sembra invece giungere

a conclusioni diametralmente opposte rispetto a

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quelle viste in precedenza; nel caso in

questione, infatti, era stabilito come un soggetto

che subisce un procedimento di controllo e/o

ispettivo abbia un interesse qualificato a

conoscere integralmente tutti i documenti che

l'amministrazione ha utilizzato per espletare il

suo potere di vigilanza, compresi anche esposti o

denunce; quanto poi all'interesse qualificato del

soggetto richiedente l'accesso il Consiglio di

Stato ha osservato come la conoscenza integrale

dell'esposto rappresenti uno strumento

indispensabile per la tutela degli interessi

giuridici del dipendente soggetto a procedimento

disciplinare, in quanto egli potrebbe proporre

eventualmente denuncia per calunnia a tutela

della propria onorabilità; così “ il soggetto che

subisce un procedimento di controllo o ispettivo

ha un interesse qualificato a conoscere

integralmente tutti i documenti utilizzati

dall'amministrazione, compresi gli esposti e le

denunce che hanno determinato l'attivazione di

tale potere (CDS, Sez. IV, 19 gennaio 2012, n.

231). [...] “a tale ostensione non si può

nemmeno opporre il diritto alla riservatezza,

tanto più che l'ordinamento non attribuisce

valore giuridico all'anonimato”.

E' dunque legittimo chiedersi come sia possibile

osservare due decisioni – coeve e nella

medesima materia - che giungano ad esiti

diametralmente opposti e l'unica conclusione che

può trarsi è come non possa ancora esservi – in

materia d'accesso - una risposta univoca e

consolidata della giurisprudenza, nemmeno

qualora il diritto d'accesso venga ricollegato ad

un'esigenza difensiva del soggetto richiedente,

ragion per cui occorre valutare, caso per

caso, “il grado di oggettiva utilizzabilità”

del documento richiesto ai fini difensivi non

essendo sufficiente, qualora vi siano documenti

che possono incidere sulla sfera privata e sulla

riservatezza, fornire comunque un diniego

d'accesso in forza di una motivazione generica e

poco circostanziata.

NON SONO ACCESSIBILI GLI ATTI RIGUARDANTI LA FASE ESECUTIVA

DEL CONTRATTO

Consiglio di Stato, V, 11/6/2012, n. 3398 La giurisprudenza amministrativa aveva

mostrato di recente un certo favor nei confronti

del diritto d’accesso in materia di appalti,

ammettendo addirittura “l'accessibilità” oltre che

al termine delle procedure di selezione del

contraente (che hanno natura pubblicistica e,

quindi, devono godere di conseguente

trasparenza), anche nella fase esecutiva del

contratto, il cui “limen” è costituito dalla stipula

del contratto tra la P.A. appaltante ed il

contraente aggiudicatore (Consiglio Stato, VI°,

1/12/2007, n. 6545).

Il Consiglio di Stato, con la pronuncia in

commento, sembra invece voler ritornare al suo

indirizzo “classico”; nel caso di specie,

riguardante una richiesta d’accesso di un

impresa partecipante ad una gara pubblica,

classificatasi seconda in graduatoria e che aveva

contestato una presunta irregolarità nella

documentazione dell'aggiudicatario, il Collegio ha

infatti affermato che “con riferimento agli atti

attinenti alla fase esecutiva del rapporto manca

in radice un interesse diretto, concreto e attuale,

corrispondente ad una situazione giuridicamente

tutelata e collegata al documento di cui si

richiede l'accesso [.], in palese assenza di una

prospettiva di risoluzione del rapporto e in

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assenza di un interesse al subentro, peraltro

neppure rappresentabile in termini di certezza

(trattandosi di facoltà discrezionale rimessa alla

stazione appaltante stessa); ciò esclude la

configurabilità di un interesse della seconda

classificata a conoscere la correttezza o meno

dell'esecuzione contrattuale da parte

dell'aggiudicatario della gara, attesa la sua

estraneità al rapporto contrattuale in essere e ai

possibili esiti della sua esecuzione”.

Si osserva dunque un cambio di rotta del

supremo Consesso di giustizia amministrativa,

che probabilmente “mette un freno”

all'ammissibilità dell'accesso agli atti della fase

esecutiva degli appalti pubblici, rimanendo

tuttavia sempre possibili eventuali cambi di

rotta; l'accento infatti vien posto sulla natura

dell'interesse collegato alla richiesta d’accesso,

che, nel caso di specie, non viene ritenuto

diretto, concreto ed attuale ex art. 22 l.n.

241/90 per fondare un'istanza; e' dunque

possibile che in futuro, configurandosi un

interesse di natura differente rispetto alla

situazione giuridica prospettata in giudizio, lo

stesso Consiglio di Stato possa assumere

posizioni nuovamente differenti.

QUALCHE SEGNALE D'APERTURA ALL'ACCESSO AGLI ATTI NELLA

FASE ESECUTIVA

Consiglio di Stato, III, 16/5/2012, 2812 L’art. 22 lett. b) L.n. 241/90 specifica come il

diritto d’accesso non possa essere considerato

quale azione volta al controllo generalizzato

sull'attività della p.a., ma come strumento di

tutela individuale d’interessi particolari, che

devono trovare giustificazione in un interesse del

singolo, posto in collegamento con una

situazione giuridica tutelata dall'ordinamento;

nella materia degli appalti pubblici è tuttavia

necessario fare una distinzione tra la fase

relativa all'aggiudicazione, precedente la

conclusione del contratto (e regolata quindi da

atti avente forma e contenuto pubblicistico) dalla

fase che fa seguito alla stipula e quindi di

esecuzione, in cui si applicano le norme del

codice civile e che viene investita dalla

giurisdizione del Giudice Ordinario.

La questione affrontata nella sentenza in oggetto

riguarda l'accessibilità degli atti relativi alla fase

esecutiva di un contratto d’appalto; così il

Consiglio di Stato, chiamato a pronunciarsi sulla

legittimità dell'accesso richiesto da una società

che non aveva partecipato ad una gara pubblica

indetta da Soresa (Società regionale per la

sanità della Campania) ma che, ciononostante,

formulava richiesta di copia agli ordini (quindi

già in fase contrattuale), motivando sul fatto che

Soresa avrebbe, in seguito alla stipula, ampliato

l'oggetto della commessa senza procedere,

invece, all'indizione di una gara pubblica, ha

diniegato tale richiesta d'accesso motivandola

tuttavia non in merito alla “natura dell'atto” (in

quanto già “contratto”) ma solo (ed

esclusivamente) in ragione di una carenza

d’interesse del ricorrente che, come sopra

ricordato, dev’essere attuale, concreto e diretto.

Consiglio di Stato, VI, 12/3/2012, n. 1402 Il Consiglio di Stato, investito della questione se

il secondo classificato ad una gara abbia (o

meno) il diritto a visionare il contratto

sottoscritto dall’aggiudicatario (in quanto ci si

lamentava che fosse intervenuta una

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“rinegoziazione”, apportando sostanziali

modifiche alle condizioni previste in gara), ha

riconosciuto detto diritto all’istante; da quanto

consta è la prima volta che viene ammesso il

diritto all’accesso al documento contrattuale che,

in quanto tale, non “appartiene” più alla fase

procedimentale di gara di rilevanza pubblicistica

ma ad un momento già relativo al rapporto

privatistico fra le parti (12/3/2012, n. 1402) .

MODALITA' D'ACCESSO

Consiglio di Stato, V, 25/5/2012, N. 3079 Sempre in tema d’accesso, ma questa volta con

riguardo alle modalità d’esecuzione dello stesso,

è interessante segnalare un’altra pronuncia del

Consiglio di Stato in cui viene stabilita

l’illegittimità di un generico invito espresso dalla

P.A. appaltante a prendere visione degli atti di

gara, qualora la ditta richiedente abbia formulato

una specifica istanza che prevede il rilascio delle

copie degli atti, “poiché l'accesso agli atti può

essere esercitato con diverse modalità (visione

ed estrazione di copia, ovvero mediante il

rilascio di copia ed avendo [.] optato per la

modalità di rilascio di copia, l'amministrazione

era tenuta a rilasciare copia degli atti indicando

la somma dovuta per ottenere la copia, non

essendo nella sua disponibilità scegliere altra

modalità di esecuzione”.

DIRITTO D'ACCESSO ALLE OFFERTE TECNICHE

T.A.R Milano, III, 15/1/2013, n. 116 L’art 13, comma 5 lett. a) D.Lgs. n. 163/2006 ha

introdotto un'ipotesi di speciale deroga rispetto

alla disciplina di cui alla legge n. 241 del 1990,

da applicarsi esclusivamente nei casi in cui

l'accesso sia inibito in ragione della tutela di

segreti tecnici o commerciali motivatamente

evidenziati dall'offerente in sede di

presentazione dell'offerta (Cons.St., VI,

30/7/2010 n. 5062 e 19/10/2009, n. 6393). E'

pertanto illegittimo il provvedimento di diniego

d'accesso adottato senza specificare quali

fossero le ragioni particolari di tutela del segreto

industriale e commerciale, in riferimento a

precisi dati tecnici (che peraltro avrebbero già

dovuti essere indicati in sede d'offerta); di

conseguenza il Consiglio di Stato ha imposto alla

P.A. appaltante di concedere l'accesso richiesto,

in quanto il diniego (anche ammesso che fosse

fondato), non risultava comunque correttamente

motivato.

T.A.R. Brescia, Ord. II, 15/3/2012 Facendo preciso riferimento alle offerte di gara,

la giurisprudenza ha ammesso in linea di

principio il diritto d’accesso a favore dei

concorrenti nel caso in cui debbano tutelare un

loro specifico interesse, con alcune deroghe,

tuttavia, che fanno espresso riferimento al diritto

alla riservatezza; il riferimento dell'art. 13

comma 5 riguarda infatti le informazioni che

vengono fornite dagli offerenti e che possono

costituire, in base a motivata dichiarazione,

segreti tecnici o commerciali; è dunque onere

dell'offerente - che intenda mantenere la

riservatezza su tali informazioni - dichiararne

(nonché motivarne) il vincolo di privacy.

In tale quadro si inserisce la pronuncia del TAR

Lombardia, sezione di Brescia, che con una

recente ordinanza (n. 131 del 15/3/2012)

ribadisce il proprio “favor” per il diritto

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d’accesso; nella citata ordinanza infatti viene

riaffermato il principio secondo cui, anche

qualora si tratti di documentazione attinente

all’offerta tecnica dell’impresa “acceduta” (da cui

quindi potrebbero ricavarsi dati afferenti alle

modalità di progettazione e realizzazione

dell'opera e, pertanto, potenzialmente coperti

dal vincolo della riservatezza) quest'ultimo

comunque “cade” trovandosi nell'ambito di una

gara “pubblica”; secondo i giudici

amministrativi, infatti, “una volta conclusasi la

procedura concorsuale, i documenti prodotti

dalle ditte partecipanti assumono rilevanza

esterna, in quanto la documentazione prodotta

ai fini della partecipazione ad una gara [.] esce

dalla sfera esclusiva delle imprese per formare

oggetto di valutazione comparativa. E' la

partecipazione stessa alla procedura

comparativa, che ne depotenzia implicitamente il

diritto alla riservatezza”. Il principio che dunque

si ricava da questa importante pronuncia è

quello dell'accessibilità in corso di causa della

documentazione di gara fornita dalle imprese,

che, in virtù della partecipazione stessa ad una

procedura ad evidenza pubblica, perde il suo

carattere “privato” per formare oggetto di

“pubblico dominio”.

ACCESSO AL DURC

Consiglio di Stato, VI, 19/1/2012, n. 201 Il Consiglio di Stato, con la pronuncia

19/1/2012, n. 201, ha stabilito come una

concorrente non abbia il diritto d’accedere al

DURC dell’aggiudicatario, in quanto non trattasi

di un documento “di gara” ma obbligatorio e che

pertanto l’eventuale falsità di tale documento

potrebbe rilevare in un diverso giudizio penale

(ma solo in caso di querela di falso), non invece

in un giudizio amministrativo.

OGGETTO D'ACCESSO

T.A.R. Piemonte, II, 5/3/2010, n. 1428 – T.A.R. Campania, V, 12/1/2010, N. 67 –

T.A.R. Lazio Roma, III, 15/3/2010. n. 4000; - T.A.R. Bologna, I, 7/1/2010, n. 6;

La Federlab Italia-Coordinamento Nazionale dei

Laboratori di Analisi ha proposto istanza

d’accesso ex art. 25 L. 241/90 affinché la

Direzione Generale Sanità della Regione Emilia-

Romagna rendesse espliciti i dati relativi ai centri

di costo ed ai fattori produttivi delle strutture

pubbliche che erogano prestazioni di laboratorio,

per prendere visione di tutti i documenti

contenenti tali dati; la richiesta in oggetto era

volta a verificare in che misura vi fosse un

diverso approccio nel valutare l'efficienza delle

strutture pubbliche rispetto a quelle private,

essendo le tariffe di queste ultime calcolate in

funzione dei costi standard di produzione e non

remunerate “a piè di lista”, come invece avviene

in quelle pubbliche.

Tale richiesta veniva tuttavia negata dalla

Regione poiché ritenuta troppo generica nonché

tendente ad ottenere “dati elaborati” e non

semplici “documenti”, come invece prevede la

norma.

Della questione si è dunque dovuto occupare il

T.A.R. Emilia-Romagna, che ha avuto modo di

precisare come la richiesta di accesso Federlab

non risulti mossa da una generica volontà

d’operare un sindacato ispettivo sull'attività della

P.A., quanto piuttosto dall'interesse di verificare

se sia stata correttamente operata una equa

ripartizione delle risorse tra operatori sanitari

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privati e le strutture pubbliche; peraltro il

T.A.R. ha sottolineato come, in ossequio

all'esigenza di rispetto del dato normativo (artt.

5 e 8-sexies D.Lgs. 502/92) prevedente l’obbligo

di tenuta di una contabilità analitica da parte

delle Amministrazioni Sanitarie, i dati richiesti

dovessero necessariamente essere in possesso

della Regione, avendo peraltro il D.M.

18/06/2004 predisposto appositi modelli proprio

al fine di rilevare detti dati che le ASL devono poi

inviare alle Regioni.

Di conseguenza nessuna attività d’elaborazione

era richiesta alla Regione che, di conseguenza,

non aveva alcun legittimo motivo per diniegare

tale accesso.

Analoga richiesta risulta poi esser stata inoltrata

da Federlab alle Regioni Piemonte, Campania e

Lazio, accessi tutti negati da dette

amministrazioni regionali e tutti impugnati (i

relativi dinieghi) avanti i rispettivi TT.AA.RR.

competenti, che hanno confermato la stessa

decisione del T.A.R. Bologna, consentendo quindi

l’accesso alla documentazione richiesta; unico

diniego quello opposto dal T.A.R. Roma, tuttavia

per una motivazione di carattere squisitamente

“tecnico” nel senso che, nel caso di specie,

risulta istituita nel Lazio (legge regionale

1/9/1999, n. 16) “Laziosanità”, Agenzia di Sanità

pubblica regionale, dotata di personalità giuridica

di diritto pubblico, ragion per cui la Regione

Lazio non poteva consegnare i dati richiesti da

Federlab in quanto materialmente non in suo

possesso.

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AARRTT.. 3388 ((RREEQQUUIISSIITTII DDII MMOORRAALLIITTAA’’))

L’ADUNANZA PLENARIA CHIARISCE LA NOZIONE DI “GRAVE VIOLAZIONE“ NELLA

REGOLARITÀ CONTRIBUTIVA

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 4/5/2012, n. 8

Ai sensi dell'art. 38, comma 1, lett. i) D.Lgs.n.

163/2006, secondo cui è causa d’esclusione dalle

gare le violazioni “gravi” alle norme in materia

previdenziale e assistenziale, la nozione di

"gravità” non può essere rimessa alla

valutazione della P.A. appaltante caso per caso,

ma deve necessariamente desumersi dalla

disciplina previdenziale ed, in particolare, dal

Documento Unico di Regolarità Contributiva

(DURC); ne consegue pertanto come la verifica

della regolarità contributiva dei concorrenti è

demandata agli istituti di previdenza, le cui

certificazioni (DURC) vincolano le stesse Stazioni

appaltanti relativamente alla possibilità di far

partecipare (o meno) i concorrenti alle pubbliche

gare, senza che le suddette PP.AA. possano in

alcun modo sindacare il contenuto di detto DURC

che, se negativo, deve obbligatoriamente

comportare l’estromissione dalla gara, non

residuando alcuna discrezionalità in capo al

Seggio di gara.

L'OBBLIGO DI DICHIARAZIONE ANCHE DA PARTE DEL LEGALE RAPPRESENTANTE E/O

DEL DIRETTORE TECNICO DELL'IMPRESA ACQUISITA/INCORPORATA

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 4/5/2012, n.10

Il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria, ha

anche stabilito come una società, che ha

acquistato o affittato un’altra azienda (o un ramo

d’azienda), se intende partecipare ad una

pubblica gara deve necessariamente depositare

la dichiarazione ex art. 38 relativa non solo al

proprio Legale Rappresentante (e/o al Direttore

Tecnico) ma anche a quelli (Legale

Rappresentante e Direttore Tecnico) della

società titolare dell’azienda (o del ramo

d’azienda) acquisita, ciò in quanto la

cessione/acquisizione di un’azienda “confonde” il

profilo soggettivo dell’acquirente con quello del

cedente e, quindi, la P.A. appaltante ha il

diritto/dovere di verificare la “moralità” non solo

degli organi che attualmente rappresentano la

concorrente, ma anche di quelli della società

che, nell’anno antecedente la data d’indizione

della gara a cui si intende partecipare, sono stati

acquisiti e/o incorporati dall'operatore economico

oggi partecipante alla procedura concorsuale.

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ART. 38 E FUSIONE SOCIETARIA

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 7/6/2012 n. 21

Anche nell'ipotesi di “fusione societaria”

l'Adunanza Plenaria ribadisce i principi già

espressi dalla precedente Plenaria n. 10/2012,

statuendo così che “sussiste in capo alla

società incorporante o risultante dalla fusione

l’onere di presentare la dichiarazione relativa

al requisito di cui all’art. 38, comma 1, anche

con riferimento agli amministratori ed ai

direttori tecnici che hanno operato presso la

società incorporata o le società fusesi

nell’ultimo triennio ovvero che sono cessati

dalla relativa carica in tale periodo” e ferma

restando la possibilità, da parte della

medesima società incorporante (o risultante

dalla fusione societaria), di procedere alla cd.

“dissociazione” da quanto eventualmente

commesso dal L.R. della precedente società

(oggetto di fusione o incorporazione.

LA PORTATA DELLA “GRAVE NEGLIGENZA E MALAFEDE” AI FINI DELL'ESCLUSIONE DALLE

GARE

Consiglio di Stato, III, 14/1/2013, n. 149 Come noto una delle cause d'esclusione dalle

pubbliche gare è quella di aver commesso “grave

negligenza o malafede” nell'esecuzione di

prestazioni affidate dalla medesima P.A.

appaltante che attualmente sta indicendo la

procedura di gara (art. 38, lett. f) D.Lgs.n.

163/2006). La particolarità di detta causa risiede

nel fatto che la norma non impone la sussistenza

di alcuun provvedimento giudiziale, ovvero non è

prescritta la necessità di un accertamento

definitivo, non solo in sede giudiziale ma

neppure in quella amministrativa, in quanto ciò

che risulta esser venuto meno è il rapporto

fiduciario con la P.A. appaltante che quindi,

anche in assenza di una sentenza di condanna,

non intende piu' contrarre con quell'operatore

economico che, in passato, ha commesso una

“grave negligenza o malafede” nei suoi confronti.

A parte la poca chiarezza della locuzione -

“negligenza” e “malafede” sono infatti due

concetti non giuridicamente chiari, a cui

s'aggiunge poi come l'aggettivo “grave” non

abbia una connotazione giuridicamente “univoca”

– in ogni caso, relativamente a detta causa

d'esclusione, ciò che particolarmente rileva (e

preoccupa i concorrenti) è l'eccezionale

discrezionalità di cui gode nel caso in questione

la stazione appaltante, che ha il potere di

comminare l'estromissione di un concorrente per

il solo fatto d'avere questi, in precedenza, avuto

un “problema” con la medesima p.a..

Per tale motivo la giurisprudenza è

particolarmente rigorosa nel pretendere una

“motivata valutazione” delle cause d'esclusione

che, al di là del caso (piu' accettabile)

dell'inadempimento contrattuale (Cons.St., V°,

25/5/2012. n. 3078), impone l'onere di una

precisa e circostanziata motivazione che tenga

conto di quanto effettivamente verificatosi in

precedente rispetto all'affidamento della gara in

oggetto.

L’ARRESTO DI DIRIGENTI DI UNA SOCIETÀ E’ LEGITTIMA CAUSA D’ESCLUSIONE ?

Consiglio di Stato, V, 25/5/2012, n. 3063 Lo “scollamento” fra il sentire comune e le

pronunce giudiziali si evince con estrema

chiarezza nella sentenza in commento in cui il

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Consiglio di Stato, confermando una decisione

del TAR Napoli, ha ritenuto che l’arresto degli

amministratori di una società aggiudicataria di

un pubblico appalto non possa essere ritenuta

una valida causa di risoluzione del contratto in

essere con la medesima società - sebbene

l’arresto sia motivato da indagini per corruzione

e turbativa d’asta - ciò in quanto l’art. 38 del

Codice appalti legittima l’esclusione dalle

pubbliche gare se (e solo se) il Legale

Rappresentante e/o il Direttore Tecnico della

concorrente abbia subìto una condanna in forza

di sentenza “passata in giudicato”, ragion per cui

la “semplice” custodia cautelare in carcere del

Legale Rappresentante non rappresenta, di per

sé, una legittima causa d’interruzione del

rapporto contrattuale con la società da questi

rappresentata.

ART. 38 E CONCORDATO PREVENTIVO

Consiglio di Stato , III, 19/4/2012, n. 2305 L’art. 38 (lett.a) dispone l’esclusione nel caso in

cui un concorrente sia sottoposta a fallimento, a

liquidazione coatta amministrativa o a

concordato preventivo; mentre le prime due

procedure concorsuali fallimentari mirano a

concludere l’attività di una società ormai

“indegna” di stare sul mercato, il concordato

preventivo al contrario ha lo scopo –

quantomeno nell’intenzione del Legislatore

fallimentare – di rimettere (come suol dirsi) “in

bonis” la società stessa, ragion per cui è apparsa

fin da subito contraddittoria la portata del citato

art. 38, che dispone l’esclusione delle società

sottoposte a concordato preventivo (che quindi

cercavano di rimettersi in attività) rispetto

all’intenzione del Legislatore fallimentare, il

quale intendeva appunto offrire, attraverso la

procedura di concordato preventivo, una

possibile “soluzione positiva” alle crisi aziendali.

A chiarire dunque il contrasto è intervenuta

questa interessante sentenza che precisa come

la causa d’esclusione ex art. 38 scatti, nei

confronti delle società sottoposte a concordato,

solo nel periodo fra la richiesta d’ammissione alla

procedura di concordato (proposta dalla società

e depositata presso il Tribunale competente) e la

sua eventuale ammissione da parte della sezione

Fallimentare del medesimo Tribunale

(rappresentato dal cd. “decreto di

omologazione”), ragion per cui, qualora poi la

società risulti già “in concordato”, in tal caso

allora è pienamente legittimata a partecipare –

nonché ad aggiudicarsi – le pubbliche gare.

DICHIARAZIONE EX ART. 38 E LEGALE RAPPRESENTANZA: UN PO' DI CHIAREZZA

Consiglio di Stato, III, 21/12/2011, n. 6777 L’individuazione dei soggetti obbligati al rilascio

della dichiarazione ex art. 38 D.lgs.n. 163/2006

rappresenta, da sempre, una delle questioni piu’

spinose e dibattute per quanto concerne i

requisiti di moralità: deve infatti essere il

procuratore che sottoscrive la richiesta di

partecipazione alla gara ad essere accertato,

oppure devono essere tutti i componenti del

Consiglio di Amministrazione, o solo

l’Amministratore Delegato, oppure il Presidente

della società ecc.?

La sentenza in commento sembra mettere un po’

di chiarezza nell'intricata vicenda, stante la

“commistione” fra la normativa pubblicistica e

quella societaria, statuendo infatti che “il novero

dei soggetti, nei confronti dei quali l'art. 38,

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comma 1, lett. c), del Codice dei contratti

pubblici impone la dichiarazione di onorabilità è

[.] limitato esclusivamente agli amministratori

dotati di poteri di rappresentanza nella

considerazione che, ai sensi dell'art. 2380 bis

c.c., la gestione dell'impresa spetta

esclusivamente agli amministratori e può essere

concentrata in un unico soggetto

(amministratore unico) od affidata a più

persone, che sono i componenti del consiglio di

amministrazione [.] o del consiglio di gestione. I

procuratori speciali (o ad negotia), nonché i

titolari di poteri institorii ex art. 2203 c.c., sono

invece soggetti cui può essere conferita la

rappresentanza - di diritto comune - della

società, ma che non sono amministratori e, ciò,

a prescindere dall'esame dei poteri loro

assegnati. L'art. 38 [.] richiede dunque la

compresenza della qualifica di amministratore e

del potere di rappresentanza [.] e non vi è

alcuna possibilità per estendere l'applicabilità

della disposizione a soggetti, quali i procuratori e

gli institori, che amministratori non sono.”. Ciò

detto, dunque, per individuare esattamente il/i

soggetto/i che deve/ono rilasciare la

dichiarazione ex art. 38 è necessario individuare

non solo chi possiede la legale rappresentanza

della società, ma, altresì, anche chi

contemporaneamente svolge fattivamente

l’attività di amministrazione della medesima.

LE DICHIARAZIONI EX ART. 38 D.LGS. N. 163/06 DEVONO RIGUARDARE ANCHE I

PROCURATORI?

Consiglio di Stato, V, 25/1/2011, n. 513 Sebbene la questione sia stata oggetto di decine

di sentenze, ciononostante continua incessante

la produzione giurisprudenziale relativa alla

necessità – o meno - di produrre, in sede di

gara, l’autocertificazione di mancanza di cause

d’esclusione anche in riferimento ai procuratori

legali delle società concorrenti; la ragione di

questa perplessità deriva, da un lato, dal rilievo

che le prescrizioni ex art. 38 sono state ritenute

applicabili a tutti coloro che possono

“impegnare” la società (quindi non solo i Legali

Rappresentanti), dall’altro che i cd. “procuratori”,

pur avendo limitato potere di compiere atti in

nome e per conto della concorrente, comunque

sia risultano in grado di firmare contratti, ordini

ecc. e, quindi, di poter “impegnare” a vario titolo

la compagine societaria.

Una recente sentenza del Consiglio di Stato

fornisce un ulteriore tassello alla corretta

ricostruzione dell’ambito applicativo dell’art. 38,

precisando che la relativa dichiarazione spetta

per legge non solo a carico di coloro che hanno

“poteri rappresentativi e gestionali”, ma solo a

chi ha anche “potere decisionale”; in altri termini

che il procuratore goda di una certa autonomia

(di firmare contratti, applicare sconti, incassare

assegni ecc.), è nella ragion stessa della sua

figura, ma non solo tali attività rientrano nei

poteri conferitigli dalla procura stessa quanto, e

soprattutto, non attengono ad alcun “potere

decisionale” cioè alla capacità d’assumere scelte

imprenditoriali relative alle sorti stesse della

società concorrente (anzi, ne sono la sua diretta

applicazione). Pertanto non è necessaria alcuna

dichiarazione ex art. 38 a carico dei procuratori.

Consiglio di Stato, V, 9/3/2010, n. 1373 Dirompente pronuncia sembrerebbe quella del

Consiglio di Stato, V°, 9/3/2010, n. 1373 di

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19

conferma d’esclusione da una pubblica gara di

una società per azioni per non aver prodotto la

dichiarazione d’insussistenza delle ipotesi di cui

all’art. 38, lett. c) del Codice dei contratti

pubblici relativamente ad un suo “procuratore ad

negotia”; la giurisprudenza ha infatti sempre

ritenuto obbligatoria tale produzione solo

relativamente ai Legali Rappresentanti delle

società di capitali, spingendosi ad estenderne poi

l’obbligo anche ai cd. “Institori”, ma mai ai

“procuratori speciali”.

Con la pronuncia in commento, invece, il

Consiglio di Stato sembra cambiar opinione,

circostanza che – se confermata -

rappresenterebbe una vera rivoluzione in termini

di modalità partecipative alle pubbliche gare in

quanto, come noto, le società concorrenti ai

pubblici incanti sono molto spesso di

considerevoli dimensioni, il che giocoforza

comporta la presenza di numerosi procuratori

speciali (talvolta anche decine) nella loro

compagine: se dunque, d’ora innanzi, si dovesse

configurare l’obbligo di dichiarazioni ex art. 38

per ciascuno di detti procuratori speciali, ciò

provocherebbe non solo un rilevante

appesantimento in fase di predisposizione della

documentazione di gara per i concorrenti, ma

anche un notevolissimo aggravio d’attività per le

stazioni appaltanti in fase di verifica della

documentazione amministrativa. Per mero

scrupolo si è quindi andati a verificare il caso di

specie e (fortunatamente) ci si è accorti che il

cd. “procuratore ad negotia” citato in sentenza

altri non era, in realtà, che un vero e proprio

“Institore” della società esclusa (come risultante

dalla visura camerale) con ciò significando,

quindi, che non ci troviamo di fronte ad un

dirompente revirement del Consiglio di Stato,

ma solo ad un utilizzo in sentenza del termine

“ad negotia” ... non coincidente con il linguaggio

comune.

È NECESSARIA LA DICHIARAZIONE PER IL DIRETTORE TECNICO?

Consiglio di Stato, V, 21/9/2011, n. 5321 Interessante pronuncia del Consiglio di Stato

relativa al solo settore degli appalti di servizi

pubblici in cui, per la prima volta, si stabilisce

con chiarezza come, non essendo in detto

settore obbligatoria la figura del “Direttore

Tecnico” (come invece lo è negli appalti di

lavori), pertanto in sede di partecipazione alle

gare non vi è alcuna necessità da parte dei

concorrenti di rilascio della dichiarazione

d’insussistenza delle cause di esclusione ai sensi

dell’art. 38 del Codice appalti anche

relativamente alla figura del “Direttore Tecnico”.

UN SOGGETTO (EX L.R.) PRIVATO DEI SUOI REQUISITI DI CARATTERE GENERALE

Consiglio Stato, V, 14/9/2010, n. 6694 Secondo il Consiglio di Stato la valutazione circa

la rilevanza dei precedenti penali di un

concorrente ai fini dell’accertamento della loro

incisività sulla sua moralità professionale deve

compiersi in tutti quei casi in cui si ritiene siano

stati commessi “gravi reati in danno allo Stato

ed alla Comunità che incidono sulla moralità

professionale”, mentre le condanne per

“partecipazione ad un’organizzazione criminosa”,

“corruzione”, “frode” o “riciclaggio” sono cause

d’esclusione ‘automatica’ dalle pubbliche gare,

senza alcuna necessità di valutazione; nel primo

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caso, quindi, non è sufficiente che sia stato

commesso un qualunque reato contro lo Stato,

dovendo detto risultare "grave" nonché

astrattamente incidente sulla “moralità

professionale” ed occorrendo quindi, in assenza

di parametri normativi fissi e predeterminati,

una valutazione concreta ed effettiva

dell'Amministrazione, che deve accertata le

caratteristiche dell'appalto, il tipo di condanna, la

natura e le concrete modalità di commissione del

reato, perchè questo risulti effettivamente

rilevante ai fini dell’esclusione dalle gare.

Diversamente, per le tipologie di reati

espressamente previsti dall’art. 38 (come

direttamente mutuati dall’art. 45 della Direttiva

2004/18/CE), non risulta necessaria alcuna

valutazione in quanto, già di per sé, tali reati

sono stati considerati dal Legislatore “gravi”

nonché “incidenti sulla moralità professionale”.

Al fine poi di dimostrare di aver adottato le

misure di completa dissociazione dalla condotta

penalmente sanzionata di un suo cessato Legale

Rappresentante, la società concorrente può

limitarsi a dichiarare che il suo ex L.R. si sia

dimesso dall'incarico e che l'impresa ne ha preso

atto (purché risulti da verbale dell'assemblea

della società oppure da altro atto in cui sia

chiaramente indicata la volontà di dissociazione),

senza alcuna necessità che detta volontà, per

essere idoneamente dimostrata, debba risultare

suffragata anche dalla prova dell’instaurazione di

una causa civile di responsabilità nei confronti

dell’ex legale rappresentante.

IL POSSESSO DEI REQUISITI DI CARATTERE GENERALE IN UN APPALTO DI SERVIZIO DI CUI

ALL'ALLEGATO II B

Consiglio di Stato, V, 15/6/2010, n. 3759 Tutti gli operatori economici che concorrono

all’esecuzione degli pubblici appalti, eseguendo

quindi prestazioni di lavori, servizi e forniture a

qualunque titolo, devono possedere i requisiti

morali e, quindi, rilasciare l’autocertificazione di

cui all’art. 38 D.Lgs. n. 163/2006; non solo

quindi i concorrenti ma anche gli (eventuali)

subappaltatori, gli ausiliari (nel caso di

avvalimento) nonché tutti i consorziati che

svolgono attività nell’appalto devono dimostrare

il possesso dei cd. “requisiti morali” e, nel caso

specifico della partecipazione tramite consorzi, è

assolutamente irrilevante di quale tipologia

trattasi (consorzio stabile o di altro tipo) in

quanto, se i requisiti generali andassero accertati

solo in capo al consorzio - e non anche ai singoli

consorziati che eseguono le prestazioni – allora il

consorzio potrebbe diventare una facile

“copertura” per consentire la partecipazione ad

operatori economici privi dei necessari requisiti.

Agli appalti di servizi di cui all’allegato II-B (tra

cui si annoverano anche i servizi sanitari e socio-

assistenziali) non si applicano tutte le

disposizioni del D.Lgs. n. 163/2006, dovendo

comunque osservarsi i principi di tutela della

concorrenza, d’imparzialità, d’efficacia e di par

condicio (ex art. 27) e la regola secondo cui tutti

coloro che prendono parte all’esecuzione di

pubblici appalti devono possedere i requisiti

morali ex art. 38 può essere considerato un

principio di tutela della par condicio, imparzialità

ed efficacia dell’azione amministrativa, per cui

può non esigersi il medesimo rigore formale di

cui al citato art. 38 (e quindi gli stessi vincoli

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procedurali) “ma resta inderogabile la

sostanza, ossia il principio che i soggetti devono

avere i requisiti morali, e che il possesso di tali

requisiti va verificato”.

L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA NON È UNA CAUSA D’ESCLUSIONE DALLE GARE

T.A.R. Basilicata, I, 23/3/2012, n. 132 Come noto l’art. 38 del codice appalti prevede

che, qualora un concorrente ad una pubblica

gara risulti sottoposto ad alcune tipologie di

procedure concorsuali fallimentare, debba

esserle inibita la facoltà di partecipazione per la

semplice ragione che la sua particolare

condizione (fallimento, liquidazione coatta

amministrativa ecc.) non garantisce la P.A. circa

l’esatto adempimento per tutta la durata del

vincolo contrattuale (che l’esito della gara stessa

mira a perseguire). Proprio per tale motivo,

quindi, l’amministrazione straordinaria” non è

contemplata fra le tipologie di procedure

fallimentari “vietate” in quanto l’autorizzazione

all’esercizio provvisorio, rilasciata

nell’amministrazione straordinaria, è proprio

volta alla conservazione dell’impresa e, quindi,

alla sua cd. “remissione in bonis”, di talchè non

sarebbe logico che il Legislatore da un lato

prevedesse una procedura volta a rimettere in

attività la società e poi, dall’altro, gli impedisse

di partecipare alle pubbliche gare. Qualora

pertanto un concorrente dovesse risultare in

amministrazione straordinaria, per ciò stesso

non potrà legittimamente essere escluso da una

procedura ad evidenza pubblica.

I REATI DEPENALIZZATI E IL PERSISTENTE OBBLIGO DI LORO DICHIARAZIONE AI FINI PARTECIPATIVI

T.A.R. Roma, I Bis, 7/8/2011, n. 7788 La sentenza in commento affronta un problema

molto sentito in quanto, con l’entrata in vigore

del cd. “Decreto-sviluppo” (d.l.n. 70/2001, poi

convertito in l.n. 106/2011), le condanne per i

reati cd. “depenalizzati” non devono piu’ essere

dichiarati in sede d’autocertificazione ex art. 38

D.Lgs. n. 163/2006. Il problema tuttavia risiede

nel fatto che molte delle lex specialis precedenti

l’entrata in vigore di detta normativa

(13/5/2011) prevedono espressamente

l’esclusione per tutti coloro che non rilasciano

corrette dichiarazioni ai sensi dell’art. 38 (testo

allora vigente), di talchè il concorrente che ha

subìto una condanna per un reato poi

depenalizzato – e che non l’ha dichiarata in sede

di gara - secondo la legge in vigore all’epoca in

cui ha rilasciato l’autocertificazione partecipativa

dev’essere escluso, mentre secondo la legge in

vigore oggi non deve piu’ esserlo (escluso).

Il TAR Roma chiarisce innanzitutto come il

motivo per cui - a suo parere correttamente - il

reato depenalizzato non deve piu’ essere

“dichiarato” risiede nel fatto che se un

determinato comportamento, che prima era

ritenuto meritevole di condanna penale, ora non

lo è piu’, ciò deve di conseguenza comportare

che per la P.A. appaltante detto comportamento

non potrà piu’ avere alcuna conseguenza

escludente (in quanto non piu' inficiante la

moralità professionale del concorrente). Se così

è allora, ovvero se il reato risulta da tempo

depenalizzato, la mancata dichiarazione di una

condanna ad esso relativa non può comportare

l’esclusione poiché la sua dichiarazione non

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avrebbe comunque comportato l’estromissione

dalla gara, proprio sulla scorta del fatto che se

un determinato comportamento non è più reato

non può piu’ incidere, in alcun modo, sulla

moralità di detto partecipante.

LA FALSA DICHIARAZIONE E LA DIVERSA “GRADAZIONE” DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE

EX ART. 38 D.LGS. N. 163/2006

T.A.R. Milano, I, 19/1/2010, n. 76 L’aver commesso un “errore grave” nell’esercizio

della propria attività professionale (lett f. dell’art.

38 D.Lgs. n. 163/06) è certamente circostanza

diversa dall’aver subìto una condanna con

sentenza passata in giudicato per un reato (lett.

c); da questa – banale – considerazione parte

l’interessante pronuncia del TAR Milano per

affermare che laddove vi sia una pronuncia di

condanna definitiva, necessariamente vi deve

esser stato un giudizio d’accertamento circa la

commissione di un reato, mentre, diversamente,

nel caso dell’”errore grave” l’art. 38, lett. f) si

limita a richiederne l’accertamento “con qualsiasi

mezzo di prova” da parte della medesima P.A.

che contesta l’errore grave. Il “diverso”

accertamento di dette cause d’esclusione risulta

quindi evidente e, se dal punto di vista

dell’inibitoria di partecipazione alle gare, dette

cause sortiscono il medesimo effetto,

assolutamente differente dev’essere invece la

loro rilevanza in termini di falsa dichiarazione,

nel senso che il concorrente che non dichiara

una sentenza passata in giudicato commette

certamente un “mendacio”, che quindi deve

comportare la sua esclusione per 1 anno dalle

successive gare, mentre il soggetto che

diversamente ha subìto, ad esempio, una

risoluzione contrattuale (configurabile come

“errore grave”) e non lo ha dichiarato in sede di

partecipazione ad una successiva gara, non per

questo può essere accusato di “falsa

dichiarazione” ed escluso per un anno dalle gare

e ciò per il semplice motivo che, nel caso della

risoluzione contrattuale, ben potrebbe detto

provvedimento essere impugnato con successo

in sede giurisdizionale, facendo in tal modo venir

meno la presunta “falsa dichiarazione”.

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AAGGGGIIUUDDIICCAAZZIIOONNEE PPRROOVVVVIISSOORRIIAA

DA QUANDO DECORRE IL TERMINE IMPUGNARE L'AGGIUDICAZIONE?

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 31/7/2012, n. 31

Con la sentenza n. 31/2012 l'Adunanza Plenaria

ha affrontato la questione attinente alla

decorrenza del termine per l'impugnazione

dell'aggiudicazione, risolvendo i dubbi sorti tra

decorrenza dal momento della comunicazione di

cui all'art. 79 del Codice appalti o dalla sua

efficacia ai sensi dell'art. 11 codice appalti,

statuendo come il termine per impugnare

decorra dalla comunicazione fatta ai sensi di

detto art.79 D.Lgs.n. 163/2006.

SI PUÒ PASSARE DALL'AGGIUDICAZIONE PROVVISORIA A QUELLA DEFINITIVA PER

SILENZIO-ASSENSO?

Consiglio Stato, IV, 26/3/2012, n. 1766 L’art. 12 del codice dei contratti pubblici

stabilisce che l’aggiudicazione provvisoria è

soggetta all’approvazione nel rispetto dei termini

previsti dai singoli ordinamenti e che, in

mancanza, il termine è di 30 gg., decorso il

quale l’aggiudicazione si intende approvata,

prevedendo tuttavia – nel contempo – anche uno

specifico obbligo per la P.A. di procedere

all’emissione di un provvedimento espresso

d’aggiudicazione definitiva. Pertanto, scaduti i 30

gg. dall’aggiudicazione provvisoria ed in assenza

di un provvedimento espresso, l’emissione del

provvedimento d’aggiudicazione definitiva

diviene concretamente esigibile da parte del

privato (attesa la natura vincolata di tale atto e

l’inesistenza di poteri interdittivi della P.A.), ma

ciò tuttavia non esime dal ritenere che

l’aggiudicazione definitiva, per essere valida,

debba richiedere una manifestazione di volontà

espressa da parte dell’Amministrazione

procedente, senza la quale il contratto non può

essere ritenuto sottoscritto. Da tali

considerazioni ne discende quindi, giocoforza,

come l’aggiudicazione provvisoria non possa

divenire definitiva in forza del cd. “silenzio-

assenso”, necessitando al contrario di un vero e

proprio atto formale (un “provvedimento” della

P.A.) ma che tuttavia, trascorsi 30 gg. senza

alcun atto, l’aggiudicataria provvisoria ben possa

formulare una richiesta giudiziale di obbligo a

contrarre in capo alla medesima P.A. “inerte”.

T.A.R. Veneto, I, 8/2/2013, n. 178 Quante volte è capitato che, dopo essersi

aggiudicata una gara in via provvisoria, la P.A.

appaltante non procede mai a quella definitiva e,

quindi, a dare inizio al contratto, mentre il

vincitore è già pronto ad iniziare la fornitura?

Può, in tal caso, l'aggiudicatario provvisorio

“pretendere” l'aggiudicazione definitiva decorsi i

30 giorni previsti dall'art. 12 del codice appalti?

A queste domande ha dato risposta la sentenza

del T.A.R. Veneto che, correttamente, ha

precisato come dopo l'aggiudicazione provvisoria

la scadenza del termine dei 30 giorni ex art. 12

D.Lgs.n. 163/06 non comporti affatto il diritto

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all'aggiudicazione definitiva “automatica” ma

configuri esclusivamente l'approvazione

dell'aggiudicazione provvisoria nonché il

conseguente diritto, in capo al vincitore, di

esigere l'emissione del provvedimento formale

d'aggiudicazione definitiva quale atto conclusivo

della procedura di gara. In altri termini

l'eventuale inerzia della P.A. procedente non può

mai portare - per “facta concludentia” -

all'aggiudicazione definitiva della gara in quanto,

sulla P.A. appaltante, grava sempre l'obbligo di

verifica e controllo circa i requisiti di

partecipazione, ragion per cui la decorrenza dei

30 giorni consente all'aggiudicatario provvisorio

di avere (esclusivamente) il diritto all'emissione

del provvedimento definitivo d'affidamento e

come, da quel momento in poi, ai sensi dell'art.

2 L.n. 241/90, ogni ulteriore ritardo consentirà al

medesimo aggiudicatario provvisorio di poter

richiedere l'eventuale risarcimento causato dal

ritardo nell'emissione del provvedimento dovuto

(sia positivo che negativo) ma non, di certo, il

“diritto” pieno all'aggiudicazione medesima.

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AANNOOMMAALLIIAA OOFFEERRTTEE

IL SUBPROCEDIMENTO DI VERIFICA DELL'ANOMALIA DELLE OFFERTE DEVE

ESSERE SVOLTO DAL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO E NON DALLA COMMISSIONE

GIUDICATRICE.

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 29/11/2012, n. 36.

Nel caso in cui il criterio d'aggiudicazione

prescelto sia quello dell'offerta economicamente

piu' vantaggiosa, occorre partire dal dato

normativo, ovvero dall'art. 88 D.Lgs. n.

163/2006), che ha subìto le modifiche dei

decreti correttivi (l'introduzione del comma 1-

bis) nonché, piu' di recente, è stato “integrato”

dal Regolamento (art. 121 D.P.R. n. 207/2010),

per giungere ad una differenziazione fra le gare

da aggiudicarsi al prezzo piu' basso (in cui il RUP

decide personalmente sulle eventuali anomalie)

da quelle da aggiudicarsi in base al criterio

dell'offerta economicamente più vantaggiosa (in

cui il RUP può decidere personalmente oppure

delegare la Commissione Tecnica). Tale

differenziazione peraltro, seppur evidenziata dal

Regolamento (DPR n. 207/2010), tuttavia

sussiste già nell'art. 88, comma 1-bis del codice

appalti; se a tali considerazioni si aggiunge poi

come, da un lato, la Commissione giudicatrice

sia stata “pensata” dal Legislatore come un

organo straordinario, al quale è affidato il

compito di “valutazione tecnica” delle offerte

presentate in gara e non, invece, relativamente

alla verifica della “congruità” delle medesime

(complessivamente intese), dall'altro come la

stessa Commissione giudicatrice sia chiamata ad

esprimere un giudizio sulla “qualità” delle offerte

(concentrando quindi la propria attenzione e

competenza su profili tecnici) mentre la verifica

d'anomalia può involgere aspetti tecnici ma

talvolta, piu' semplicemente, riguardare

esclusivamente profili relativi ai “prezzi”, da tutte

queste considerazioni può dunque giungersi a

ritenere come il Legislatore abbia correttamente

lasciato che sia il RUP, a seconda della tipologia

d'anomalia da verificare, a decidere se sia

preferibile procedere Egli stesso a detta verifica

oppure se è piu' opportuno convocare all'uopo

una Commissione Tecnica. In definitiva, quindi, il

subprocedimento di verifica d'anomalia delle

offerte nei casi di gare da aggiudicarsi al miglior

rapporto prezzo-qualità dev'essere “comandato”

dal RUP, il quale ha il potere di decidere da solo

oppure di affidare detto sub-procedimento ad un

organo tecnico esterno.

Ordinanza Consiglio di Stato, VI, 12/10/2012, n. 5270

La sesta sezione del Consiglio di Stato ha trovato

l'occasione per richiedere all'Adunanza Plenaria

una statuizione definitiva in merito al contrasto

che sussiste fra gli artt. 84, comma 3 e 8,

D.Lgs.n. 163/2006 noncheÌ l'art. 121 D.P.R. n.

207/2010 in merito all'individuazione del

corretto Organo competente a procedere alla

verifica d'eventuale anomalia delle offerte

presentate in una gara - ovvero se debba essere

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il cd. “Seggio di gara” o il “Responsabile del

procedimento” oppure un'apposita

“Commissione” (all'uopo nominata) - ed, in

considerazione del notevole contrasto

giurisprudenziale venutosi a creare all'indomani

dell'entrata in vigore del Regolamento al Codice

appalti, una pronuncia dell'Adunanza Plenaria

non puoÌ che essere ben vista per dirimere tutte

le controversie che si sono dovute affrontare in

questi anni circa la suddetta questione.

GIUSTIFICAZIONI DELL'ANOMALIA DELL'OFFERTA ED UTILE D'IMPRESA

Consiglio di Stato, III, 11/4/2012, n. 2073 La sentenza in commento si caratterizza per una

precisazione che, a parere di chi scrive, era

sempre parsa abbastanza evidente ma che,

tuttavia, la giurisprudenza non aveva mai

evidenziato con altrettanta chiarezza. Nel caso

infatti di offerte anomale, le giustificazioni sono

da ritenersi sufficienti (o insufficienti) a seconda

del tipo d‘anomalia che si ha di fronte, nel senso

che qualora si debba procedere alla verifica di

un’offerta che abbia riportato un punteggio non

inferiore ai quattro quinti del massimo

assegnabile, tanto sotto l’aspetto tecnico che

sotto quello economico (senza tuttavia alcun

altro indizio d’anomalia), la verifica non occorre

sia tanto approfondita, mentre se si rinviene un

prezzo offerto inferiori ai minimi tariffari, in tal

caso allora l’accertamento dovrà risultare

necessariamente piu’ penetrante, in quanto

l’anomalia appare “logicamente” meno

giustificabile. Per quanto poi riguarda l’utile

d’impresa, sebbene (visti i tempi di crisi) la

giurisprudenza giustifichi sempre più il

concorrente la cui offerta presenti un utile via via

sempre piu’ ridotto – pur d’aggiudicarsi l’appalto

– ciò nonostante il Consiglio di Stato conferma,

nella presente sentenza, come l’utile non possa

ridursi ad una “cifra simbolica”, in quanto ciò che

deve prevalere è l’interesse del committente

pubblico a poter confidare in una offerta seria (e,

quindi, necessariamente remunerativa per

l’impresa), rispetto all’interesse del concorrente

ad eseguire comunque (anche in perdita)

l’appalto pur di mantenere il fatturato (e,

magari, anche il livello occupazionale), ciò in

quanto le suesposte ragioni dell’imprenditore

ben potrebbero venir meno nel corso del

contratto, facendo di conseguenza risultare non

piu’ conveniente (per lo stesso privato

contraente) eseguire l’appalto fino al termine

della sua naturale scadenza.

PROCEDURE NEGOZIATE: REINTRODOTTA DELL’ESCLUSIONE

AUTOMATICA DELLE OFFERTE ANOMALE

T.A.R. Roma, III – quater, 2/1/2012, n.27 Con l’introduzione dell’art. 4, comma 2° lett ll)

del D.L. 13/5/2011, poi convertito in Legge

12/7/2011, n. 106, è stata reintrodotta – fino al

31/12/2013 – la facoltà delle stazioni appaltanti

di prevedere la possibilità, nelle gare sottosoglia

(sia di lavori che di forniture e servizi), che, in

caso di scelta del criterio d’aggiudicazione al

prezzo piu’ basso, si possa procedere

all’esclusione automatica delle offerte anormale

con l’avvertenza, tuttavia, di ricordare che detta

esclusione è applicabile solo nel caso di un

numero d’offerte presentate superiore a 10.

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AASSSSOOCCIIAAZZIIOONNEE TTEEMMPPOORRAANNEE DD''IIMMPPRREESSEE

L'INDICAZIONE DELLE QUOTE D'ESECUZIONE IN UN'A.T.I. È OBBLIGATORIA TANTO CHE SIA

DI NATURA “ORIZZONTALE”, QUANTO CHE SIA DI TIPO “VERTICALE”

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 13/6/2012, n. 22

L’art. 37, comma 4° D.Lgs.n. 163/2006 stabilisce

che “Nel caso di forniture o servizi, nell’offerta

devono essere specificate le parti del servizio

che saranno eseguite dai singoli operatori

riuniti”; posto quindi come il testo normativo non

faccia distinzione fra a.t.i. “orizzontali” – quelle

in cui ogni singola impresa associata è in grado

di svolgere la medesima attività ed è

responsabile, nei confronti della P.A. appaltante,

solidalmente con le altre raggruppate – ed a.t.i.

“verticali” – in cui invece la capogruppo

mandataria svolge l’attività prevalente ed è

responsabile solidalmente con tutte le altre

raggruppate, le quali invece, in qualità di

semplici mandanti, svolgono solo attività

accessorie e differenziate fra loro, risultando

responsabili solo per le attività che

singolarmente svolgono – l’obbligo di specificare

le parti del servizio e/o fornitura che saranno

eseguite da ogni singola associata è applicabile a

tutte e due le diverse tipologie di a.t.i. (sia

orizzontale che verticale), senza alcuna

distinzione e la mancanza di detta specificazione,

anche ai sensi dell’art. 46, comma 1-bis del

Codice appalti, rappresenta una legittima causa

d’esclusione.

Ordinanza Consiglio di Stato, VI, 5/3/2012, n. 1227

L’art. 37 D.Lgs. n. 163/2006 prevede, ai commi

1 e 2, le definizioni di a.t.i. “orizzontale” e

“verticale”, secondo cui la prima (orizzontale) è

quella in cui tutti i componenti eseguono lo

stesso tipo di prestazione, mentre la seconda

(verticale) è quella in cui, in presenza di una

distinzione fra lavori “prevalenti” e “scorporabili”

(per le settore delle opere pubbliche) ovvero di

prestazioni “principali” e “secondarie” (per le

forniture e servizi pubblici) ed, alla luce di detta

differenziazione, risulta altresì stabilito che “il

mandatario esegue le prestazioni [.] indicate

come principali.”. Il successivo comma 4, poi,

dispone che nell’offerta debbano

necessariamente venire “specificate le parti [.]

che saranno eseguite” da ogni singolo associato.

Tale precisazione, tuttavia, parrebbe

contraddittoria (rectius ultronea) con quanto

detto in precedenza, poiché risulta evidente

come, in un‘a.t.i. di tipo verticale (in cui vi sono

le categorie “prevalenti”/“principali” e quelle

“scorporabili”/”secondarie” ed in cui, peraltro, è

obbligatorio che il mandatario/capogruppo debba

eseguire le prime), non si comprende appieno la

necessità di detta specifica indicazione. Per tale

motivo la sez. VI° del Consiglio di Stato ha

ritenuto di rimettere all’Adunanza Plenaria del

medesimo massimo organo giurisdizionale

amministrativo la questione se vi sia

effettivamente necessario, nell’offerta di un

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raggruppamento di tipo verticale, indicare le

parti del servizio che saranno effettivamente

eseguite dalle singole imprese associande

(mandanti e mandataria), stante le già previste

disposizioni di legge che regolano, sul punto,

detta suddivisione.

ANCHE NEGLI APPALTI DI SERVIZI SI CONFERMA L'OBBLIGATORIETÀ DELLA

CORRISPONDENZA FRA I REQUISITI D'AMMISSIONE, QUOTA DI PARTECIPAZIONE E

QUOTA D'ESECUZIONE IN UN'A.T.I. Consiglio di Stato, III, 16/11/2011, n. 6048

Viene confermata la necessaria corrispondenza

tra quota di qualificazione, quota di

partecipazione e quota d'esecuzione anche negli

appalti di servizi, qualora a concorrere sia

un'associazione temporanea d'imprese. Sebbene

infatti la normativa non lo preveda

espressamente, la miglior giurisprudenza ritiene

da tempo che le quote di partecipazione in

un'a.t.i., che devono obbligatoriamente essere

dichiarate già in sede d’offerta, devono

prevedere - fra i diversi componenti il

raggruppamento – una precisa “corrispondenza”

tra i requisiti di qualificazione, la quota di futura

partecipazione e quella di successiva esecuzione

(e ciò anche se tale corrispondenza non viene

richiesta espressamente nella lex specialis),

anche nelle gare per l'affidamento di pubblici

servizi. Dalla mancata osservanza di tale

obbligo, peraltro, ne consegue che l'offerta

contrattuale è inammissibile perché, così fatta,

detta offerta comporterebbe l'esecuzione da

parte di un soggetto privo (quantomeno in

parte) alla qualificazione “simmetrica” alla quota

di prestazione ad esso devoluta dall'a.t.i..

LE ATI SI POSSONO TRASFORMARE FINO ALLA FORMULAZIONE DELL'OFFERTA

Consiglio di Stato, 5/3/2013, n. 1328

La sentenza in commento si segnala in quanto

affronta un aspetto delle associazioni

temporanee d'imprese che si ritiene troppo poco

analizzato dalla giurisprudenza rispetto ai profili

di problematicità che invece comporta; ci si

riferisce alla facoltà, concessa nelle procedure

ristrette alle partecipanti che abbiano richiesto di

essere invitate, singolarmente o anche in a.t.i.,

di andare poi a “modificare” detta modalità

partecipativa, eventualmente associandosi con

altri concorrenti per la formulazione dell'offerta

ed, in questo modo, riducendo drasticamente il

numero di concorrenti nonchè,

conseguentemente, la possibilità della P.A.

appaltante di ottenere prezzi “migliori”. L’art. 37,

commi 9 e 12 del Codice appalti consente infatti

all’operatore prequalificatosi di modificare il

proprio profilo soggettivo purchè ciò avvenga

prima della presentazione delle offerte e

sempreche questo non sia preordinato a

sopperire ad eventuali carenza di requisiti (Cons.

St., IV° n.4327/2010 e n.4327/2010), facoltà

che poi l’art. 51 del medesimo D.Lgs.n.

163/2006 definitivamente consacra,

permettendo la “successione” della posizione del

concorrente, offerente o aggiudicatario a fronte

di specifiche vicende soggettive.

Nel caso in questione dei tre raggruppamenti che

avevano richiesto di partecipare alla gara - e che

erano stati successivamente invitati - ben due

modificavano la loro composizione in fase di

formulazione dell'offerta ed il Consiglio, di Stato,

investito della questione relativa alla legittimità

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di dette modificazioni, ne ha confermato la

validità in ossequio all'interesse che avrebbe il

Legislatore – anche europeo - di favorire il

fenomeno del raggruppamento associativo o

consortile, allo scopo di facilitare e migliorare la

partecipazione ai pubblici incanti. Sia concesso

tuttavia sollevare forti dubbi su questa

prospettazione nonché, più in generale, sulla

stessa disposizione di legge in questione, che se

aveva una sua ragion d'essere quando fu redatto

il Codice appalti nel 2006 – nel cui testo iniziale,

infatti, era prevista la possibilità che i

sottorequisiti di valutazione fossero introdotti

anche solo nella Lettera d'invito, con ciò

significando che un concorrente poteva aver

deciso di concorrere ad una gara singolarmente

(o con una certa composizione dell'a.t.i.) salvo

poi, leggendo nella Lettera d'invito i requisiti

valutativi previsti, rendersi conto della necessità

di modificare detta compagine partecipativa per

poter essere competitivo - tale possibilità appare

oggi francamente priva dello stesso significato in

quanto, come noto, i requisiti valutativi devono

essere necessariamente indicati fin dagli atti

introduttivi di gara e dunque la facoltà di

modificazione della compagine partecipativa si

riduce, nelle gare attuali, esclusivamente in uno

strumento di “riduzione” della concorrenza a

tutto favore dei concorrenti ed a forte discapito

degli interessi della P.A. appaltante.

CI SI PUÒ ASSOCIARE IN A.T.I. IN UNA GARA RISTRETTA ANCHE CON UNA SOCIETÀ NON PRECEDENTEMENTE INVITATA ALLA GARA

STESSA Ordinanza Consiglio di Stato, VI,

10/11/2010, n. 5141

Seppure assunta solo come ordinanza e non con

sentenza (in quanto in sede cautelare),

comunque sia merita commento la decisione del

Consiglio di Stato che affronta la controversa

questione se sia possibile, in una procedura

ristretta, associarsi in ATI dopo aver superato la

fase di preselezione e con una società che invece

non ha superato detta fase (in quanto neppure

precedentemente invitata) ed il Supremo

Consesso chiarisce che l’art. 37, comma 12 non

esclude la possibilità per presentare offerte in

associazione anche con imprese terze, il cui

controllo circa il possesso dei requisiti

partecipativi può avere corso “anche a valle

dell’acquisizione dell’offerte stesse”.

QUANTE REFERENZE BANCARIE OCCORRE DEPOSITARE IN GARA DA PARTE DI UN'A.T.I.? Consiglio di Stato, V, 13/10/2010, n. 7460

Come noto l’art. 41, comma 1° lett. a) D.Lgs. n.

163/2006 obbliga il concorrente al deposito di

due referenze bancarie per poter legittimamente

partecipare ad una pubblica gara, così come

risulta altresì noto che, in fase di partecipazione

ad una procedura concorsuale d’appalto, le

imprese che intendono concorrere in

associazione temporanea non siano già

obbligate alla costituzione del raggruppamento

prima dell’intervenuta loro aggiudicazione,

consentendo la normativa anche la

partecipazione in a.t.i. cd. “costituenda”. Ciò

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detto è stata contestata la partecipazione di un

raggruppamento costituendo - composto da due

concorrenti - che aveva depositato due “sole”

referenze bancarie, sostenendo l’appellante che,

non essendo ancora costituita detta a.t.i., alle

due imprese associande andasse correttamente

applicato l’art. 41 nel senso che ciascuna di

dette dovesse presentare due referenze

bancarie. Il Consiglio di Stato ha respinto questa

prospettazione sostenendo al contrario che,

sebbene il raggruppamento contestato non

risultasse effettivamente ancora costituito in

forma pubblica, in ogni caso detto r.t.i. dovesse

essere considerato come un “unico” concorrente

e, come tale, onerato dal deposito di due sole

referenze bancarie.

RETI DI IMPRESA: NUOVA MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE ALLE PROCEDURE DI GARA

Atto Segnalazione AVCP n. 2 del 27/9/2012

La Legge 17/12/2012, n. 221 di conversione del

D.L. 18/10/2012 n. 179 ha inserito l'art. 34,

comma 5-bis che a sua volta ha introdotto, nel

Codice appalti, all'art. 34, comma 1° la nuova

lett. e-bis) ed all'art. 37, comma 15° il nuovo

comma 15-bis), “consacrando” in via definitiva la

figura del contratto di rete d'imprese fra le forme

di legittima partecipazione ai pubblici appalti.

Il contratto di rete (introdotto per la prima volta

nell'ordinamento italiano dall'art. 3, comma 4-ter

del D.L. 10/2/2009 n. 5, convertito poi in Legge

9/4/2009, n. 33) si può configurare nel

momento in cui più imprenditori perseguono lo

scopo comune di accrescere la propria capacità

innovativa e la competitività sul mercato. La

suddetta normativa restringe il novero dei

possibili sottoscrittori ai soli soggetti che

rivestono lo status di imprenditori ai sensi

dell'art. 2082 c.c., con obbligo di comunicare

l'avvenuta stipulazione del contratto di rete nella

sezione del registro delle imprese cui è iscritto

ciascun partecipante. Più nel dettaglio il

contratto di rete non appare riconducibile in toto

agli istituti classici che comportano aggregazioni

di imprese in quanto, rispetto ai consorzi stabili

ed ai consorzi fra società cooperative di

produzione-lavoro, il contratto di rete non dà

vita ad un ente munito di soggettività autonoma,

oltre a non essere prevista l'obbligatoria

costituzione di un fondo consortile (in quanto

nella “rete di imprese” il fondo patrimoniale è

solo eventuale) mentre invece, rispetto

l'associazione temporanea d'imprese, il contratto

di rete differisce per il suo carattere durevole e

continuativo, a differenza dell'a.t.i. che invece,

come noto, “vale” per una sola gara. Per quanto

diversamente concerne gli elementi di

“comunione” con dette figure, si segnala come

nei raggruppamenti temporanei e nei consorzi

ordinari di concorrenti, come parimenti nel

contratto di rete, i partecipanti conservano tutti

la propria soggettività giuridica. Venendo

all'aspetto “operativo” può dirsi che le imprese

“retiste”, considerata la volontà congiunta di

partecipare unitamente alle procedure di gara

per il tramite di un contratto di rete, devono

inizialmente decidere se adottare un organo

comune di rappresentanza oppure no (nel primo

caso dovendo specificarne e comunicarne nome,

ditta, ragione e denominazione sociale del

soggetto prescelto); una volta poi aggiudicata la

gara - e passati quindi alla fase esecutiva –

occorre sancire la responsabilità solidale nei

confronti della stazione appaltante delle imprese

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“retiste” che stipulano un contratto di appalto

(al pari di quanto previsto dall'art. 37, comma 5°

del Codice appalti). Detta responsabilità, infatti,

non può in alcun caso ritenersi estesa ai soggetti

che, seppur sottoscrittori del contratto di rete,

non abbiano preso parte alla specifica procedura

di gara; da ultimo poi vanno considerate le

conseguenze sull'esecuzione del contratto

derivanti da un eventuale recesso del contratto

di rete in quanto, anche in tal caso, è da

ritenersi ammissibile il recesso di una o più

imprese della rete a patto che i soggetti

“rimanenti” risultino comunque in possesso dei

requisiti di qualificazione per le prestazioni

oggetto dell'appalto.

L'INDICAZIONE DELLE QUOTE DI PARTECIPAZIONE NON È OBBLIGATORIA IN

UN'A.T.I. DI TIPO ORIZZONTALE Parere Autorità Vigilanza Contratti

Pubblici, 25/3/2010, n. 57

Nelle associazioni temporanee d'imprese

l'obbligo di specificare la quota di partecipazione

al raggruppamento (che deve poi corrispondere

alla quota d'esecuzione della prestazione da

parte della singola partecipante) prevista dal

comma 4° dell'art. 37 del D.Lgs. n. 163/2006 è

da intendersi obbligatoriamente imposta nei soli

casi di raggruppamenti “verticali” o “misti” e

non, anche, nelle a.t.i. di tipo "orizzontale". La

ragione di questa distinzione risiede nel fatto

che, mentre nei raggruppamenti orizzontali tutti

i componenti eseguono il medesimo tipo di

prestazione e sono quindi responsabili dell’intero

in solido (parere dell’Autorità n. 28 del 26

febbraio 2009; Cons. Stato Sez. VI 4 maggio

2009 n. 2783; Cons. Stato, Sez. V, 26 novembre

2008, n. 5849; Cons. Stato, Sez. V, 28 marzo

2007, n. 1440; Tar Lazio, Roma, Sez. IIIter 25

agosto 2006, n. 7524), nei raggruppamenti di

tipo "verticale" le singole mandanti rispondono

solo per la loro quota (oltre alla responsabilità

patrimoniale assunta in solido dalla Capogruppo)

e, quindi, una chiara e specifica ripartizione delle

singole parti ha rilievo solo nelle a.t.i. "verticali"

- ai fini dell'accertamento della conseguente

responsabilità - e non invece in quelle di tipo

"orizzontale".

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AAVVVVAALLIIMMEENNTTOO

L'AVVALIMENTO E' POSSIBILE ANCHE RELATIVAMENTE ALLA CERTIFICAZIONE DI

QUALITA'

Consiglio di Stato, V°, 6/3/2013, n. 1368 Si segnala la sentenza in commento in quanto il

Consiglio di Stato torna nuovamente sulla

questione relativa alla possibilità del “prestito”

della certificazione di qualità per affermarne la

piena legittimità; i giudici di Palazzo Spada partono

infatti dalla considerazione che l'istituto

dell'avvalimento è di generale applicazione e che

l'art. 49 del D.Lgs.n. 163/2006 non prevede alcun

divieto di “prestare” requisiti ai fini partecipativi,

per giungere alla conclusione che la certificazione

di qualità, essendo relativa alla valorizzazione di

elementi dell'organizzazione aziendale, attiene ad

un profilo “tecnico” e, quindi, è essa stessa da

considerarsi un requisito d'ordine tecnico. Per

questo motivo, quindi, la certificazione di qualità

ben può essere oggetto di avvalimento (in quanto

si inserisce tra gli elementi idonei a dimostrare la

capacità tecnico-professionale di un'impresa)

poichè mira a garantire che il servizio o la fornitura

sarà affidato ad un'impresa in grado di effettuare la

prestazione nel rispetto di un livello minimo di

qualità accertato da un organismo a ciò

predisposto.

LA CAUZIONE PROVVISORIA NON DEVE COPRIRE ANCHE L'AUSILIARIO

Consiglio di Stato, V°, 14/2/2013, n. 911

Il Consiglio di Stato ha statuito come, in caso di

avvalimento, la cauzione provvisoria non debba

includere anche gli ausiliari; a parere del

Consiglio, infatti, se il Legislatore individua

nell'impresa concorrente-avvalente l'unico

soggetto titolare del contratto di appalto, risulta

illogico affermare che l'onere cauzionale debba

gravare anche su di un soggetto diverso, in

ordine al quale rileva solo il rapporto interno con

l'avvalente medesimo (ferma restando la

responsabilità solidale dell'ausiliario nei confronti

dell'amministrazione appaltante).

LA REALE NATURA DELL'AVVALIMENTO

Consiglio di Stato, V, 10/1/2013, n. 90 L'avvalimento, per come è stato disegnato dal

Legislatore nell'art. 49 del Codice, deve risultare

“reale e non formale” nel senso che non è

sufficiente limitarsi a prestare i requisiti,

assumendosi l'ausiliario generici impegni nei

confronti del concorrente (nonché della P.A.

appaltante) in quanto, se così fosse, verrebbe

meno la natura stessa dell'istituto

dell'avvalimento, che non si limita ad arricchire

la capacità tecnica ed economica del

partecipante ma deve consentire, allo stesso

tempo, di farlo concorrere alla procedura

garantendo, nel contempo, la sua affidabilità

circa l'effettiva sua capacità (quando sarà

eventualmente aggiudicatario) di adempiere alle

obbligazioni contrattualmente assunte.

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VIETATO L'AVVALIMENTO DA PARTE DI UN'IMPRESA TUNISINA

Consiglio di Stato, IV, 23/2/2012, n. 969 Non è consentito avvalersi di un’impresa

extracomunitaria il cui Paese d’appartenenza non

ha sottoscritto gli accordi WTO ovvero accordi di

reciprocità con l’Unione Europea e/o con l’Italia;

pertanto, nel caso di specie, è stata esclusa la

concorrente ad una gara per la fornitura di

vestiario (d’importo pari a 28.000.000 €) in

quanto si era avvalsa della capacità tecnica di

un’impresa tunisina, risultando la Tunisia un

Paese che non rientra fra quelli di cui all’art. 47,

comma 1 D.Lgs. n. 163/2006 né ha firmato

accordi di reciprocità con l’U.E. e con l’Italia.

AVVALIMENTO: VALIDO ANCHE SENZA LA FORMALE SOTTOSCRIZIONE DI UN CONTRATTO

Consiglio di Stato, V, 1/1/2012, n. 101

Secondo il Consiglio di Stato l’art. 49 D.Lgs. n.

163/2006, quando parla di “contratto” (comma

2°, lett. f), non impone alcuna forma particolare

allo stesso e, considerato come nell’Ordinamento

italiano vale il principio della cd. liberta’ delle

forme, cio’ significa che il vincolo contrattuale

ben puo’ essere perfezionato anche attraverso

uno scambio di dichiarazioni unilaterali (cioe’ di

lettere). Pertanto, qualora il concorrente ad una

pubblica gara intenda utilizzare l’istituto

dell’avvalimento, ma abbia il timore di non

riuscire in termini a sottoscrivere con l’ausiliario

un contratto vero e proprio (magari perche’

detto ausiliario ha sede all’estero), puo’ essere

opportuno ricordare che anche un semplice

scambio di proposta contrattuale e di relativa

accettazione e’ sufficiente a configurare un

vincolo contrattuale e quindi dette lettere, se

congiuntamente depositate in gara, essere valide

ai fini dell’applicazione dell’art. 49 del Codice

appalti.

AVVALIMENTO AL 100% E INCONFONDIBILITÀ CON IL SUBAPPALTO

Consiglio di Stato, VI 13/6/2011, n. 3565 – Consiglio di Stato, V, 20/6/2011, n. 3698

In materia di certificazione SOA va escluso il

concorrente che, non possedendo i requisiti per

ottenere la qualificazione SOA per una

determinata categoria (OG10), si è fatto

prestare i requisiti da altro soggetto anch’esso

non dotato della categoria per mancanza (a sua

volta) di sufficienti requisiti per ottenerla, ciò in

quanto “la finalità dell’avvalimento non è quella

di arricchire la capacità tecnico o economica del

concorrente, ma quella di consentire a soggetti

che ne siano privi di concorrere alla gara

ricorrendo ai requisiti di altri soggetti se ed in

quanto da questi integralmente ed

autonomamente posseduti”. Ciò significa che il

prestito del requisito non può essere parziale

(allo scopo di colmare quello che il concorrente,

da solo, non possiede) ma deve essere al 100%,

ovvero l’ausiliario deve possedere la totalità del

requisito richiesto e lo deve prestare totalmente,

per evitare uno “spezzettamento” dei requisiti

nonché consentire che la sommatoria di tanti

“piccoli” requisiti possa portare al risultato del

possesso del 100% del complessivo richiesto.

Altrettanto interessante è la decisione del

Consiglio di Stato che distingue la figura

dell’avvalimento - che è un istituto di soccorso al

concorrente già in sede di gara, attraverso cui è

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possibile integrare la carenza di requisiti - da

quella del subappalto, che invece rappresenta

una modalità di svolgimento dei lavori nel senso

che un soggetto, già pienamente qualificato ed

in possesso di tutti i requisiti necessari, può

subappaltare ad altro soggetto una parte dei

lavori, restando fermo che i requisiti devono

essere posseduti - al momento della

presentazione dell’offerta di gara – direttamente

dal soggetto partecipante.

IL CONTRATTO DI CONSORZIO NON “PRESUPPONE” L'AVVALIMENTO

Consiglio di Stato, VI, 9/2/2010, n. 641 L'avvalimento è un istituto d’origine comunitaria

riguardante il settore dei contratti pubblici di

lavori, servizi e forniture, introdotto dal D.Lgs.

163/06, in forza del quale gli operatori economici

possano partecipare a procedure di gara per

l'affidamento di pubblici appalti (per cui è

richiesto il possesso di determinati requisiti)

potendo dichiarare d’utilizzare requisiti di un

altro operatore economico (disposto a prestarli).

L'impresa che presta detti requisiti, detta

“ausiliaria”, resta comunque estranea alla gara

(nonché al successivo contratto) ma si impegna

a mettere a disposizione le proprie risorse per

tutta la durata del contratto. Nel caso in esame

la Stazione appaltante ha proceduto ad

escludere un consorzio con attività esterna

sostenendo, tra le varie ragioni, che la

dimostrazione delle condizioni per l'avvalimento

non potevano essere desunte dal mero dato

fattuale dell'esistenza del Consorzio, poiché il

contratto (di consorzio) non è di per sé prova

sufficiente dell’effettiva disponibilità dei mezzi

del consorzio medesimo. Il Consiglio di Stato ha

confermato tale assunto specificando che risulta

necessario che l’ausiliario s’impegni formalmente

a mettere a disposizione i propri mezzi per tutto

l'arco temporale di esecuzione dell'appalto,

senza che possa assumere un rilievo sostitutivo,

sul versante probatorio, la sola esistenza di un

“rapporto di gruppo”.

MODALITÀ DI ACQUISIZIONE DELLE DICHIARAZIONI DA PARTE DELL'AVCP

Comunicato Autorità Vigilanza Contratti Pubblici 28/9/2012

A far data dal 15/10/2012 tutte le Pubbliche

Amministrazioni sono obbligate a trasmettere

all'Autorità di Vigilanza “tutta la documentazione

prodotta dai concorrenti ai sensi dell'art. 49”,

allo scopo di consentire all'AVCP l'attività di

controllo e vigilanza sul prestito dei requisiti

utilizzando, appunto, lo strumento

dell'avvalimento.

LA TRASCRIZIONE DEI CONTRATTI DI AVVALIMENTO NEI REGISTRI DELL'AUTORITÀ

DI VIGILANZA

Comunicato Autorità Vigilanza Contratti Pubblici 24/11/2010

A quasi tre anni e mezzo dall’entrata in vigore

del Codice dei contratti pubblici (1/7/2006) è

stato messo in esecuzione quanto previsto

dall’art. 49, comma 11 del D.Lgs. n. 163/2006,

secondo cui “in relazione a ciascuna gara la

stazione appaltante trasmette all’Autorità tutte

le dichiarazioni di avvalimento, indicando

l’aggiudicatario, per l’esercizio della vigilanza e

per la pubblicità sul sito informatico presso

l’Osservatorio”. La portata di questa

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disposizione sembra d’essere dirompente in

quanto, secondo l’intenzione del Legislatore,

quando il prestito dei requisiti si perfeziona in

capo all’aggiudicatario ciò fa venir meno la

possibilità dell’ausiliario di (ri)“utilizzare” quei

medesimi requisiti, in quanto prestati

all’aggiudicatario e da questi utilizzati per

l’esecuzione dell’appalto stesso. La

comunicazione dell’Autorità è stata pubblicata

sulla G.U. del 29/11/2010 e dunque entra in

vigore da detta data ma attenzione, perché è

previsto che l’obbligo d’invio dei contratti

d’avvalimento inizi a decorrere dalle gare

espletate successivamente il 30/7/2010; ciò

significa che già a partire dal 1/8/2010 tutti gli

avvalimenti – usati o effettuati – avranno

pubblicità nell’Osservatorio dell’A.V.C.P. e, con

detta pubblicità, rischia di aver termine quella

(invalsa) prassi della “moltiplicazione” degli

avvalimenti degli stessi requisiti prestati a più

concorrenti.

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CCAAUUZZIIOONNEE PPRROOVVVVIISSOORRIIAA

LA SUA ESCUSSIONE È UNA CONSEGUENZA AUTOMATICA DELL'ESCLUSIONE

Consiglio di Stato, V, 10/9/2012, n. 4778 L'incameramento della cauzione provvisoria è

una conseguenza sanzionatoria del tutto

automatica al provvedimento d'esclusione e,

come tale, insuscettibile di alcuna valutazione

discrezionale da parte della P.A. appaltante. In

altri termini una dichiarazione “inattendibile” (in

quanto anche solo meramente incompleta)

oppure il mancato rispetto del termine per il

deposito (ex art. 48) oppure l'eventuale mancata

integrazione documentale, già di per sé, integra

un motivo d'escussione “automatico”, in quanto

si è in presenza di un valido provvedimento

d'esclusione dalla procedura, a nulla pertanto

rilevando che la P.A. potrebbe anche avere tutto

l'interesse a mantenere in gara il partecipante

(ai fini di una maggior concorrenzialità).

E' POSSIBILE NON RICHIEDERE LA CAUZIONE MA SOLO NELLE PROCEDURE IN ECONOMIA ...

Parere Aut. Vig. Contratti Pubblici 5/12/2012, n. 21

Interessante parere dell'Autorità di Vigilanza sui

Contratti Pubblici che, modificando una posizione

assunta dalla stessa AVCP nel precedente parere

8/3/2012, n. 41, su espressa richiesta del

Ministero delle Infrastrutture e Trasporti – che

domandava se era possibile, in una procedura in

economia, prescindere dalla costituzione del

deposito cauzionale a carico dell'aggiudicatario –

è andata a “ripescare” una disposizione del Regio

Decreto n. 827/1924 (art. 54) per concludere

come risulti “evitabile” la costituzione della

cauzione ma solo nei casi di procedure in

economie ed esclusivamente in presenza di

particolari circostanze. La prima questione

affrontata dal AVCP riguarda la verifica se l'art.

54 R.D. 827/1924 risulti ancora valido ed

applicabile e, posto come l'art. 256 del codice

appalti elenca tutte le norme dal medesimo

abrogate (fra cui non si annovera detto art. 54

R.D. n. 827/24), tale articolo deve quindi

intendersi ancora valido ed applicabile. Ciò

posto, si è allora dovuta accertare la

compatibilità di tale art. 54 (che riguarda la

cauzione in corso di contratto) rispetto all'art. 75

D.Lgs.n. 163/2006 (che regolamenta la

costituzione del deposito cauzionale provvisorio),

nonché dell'art. 113 (che disciplina il deposito

cauzionale definitivo) e, non risultando

“perfettamente sovrapponibile” detti articoli, si è

giunti a ritenere non invocabile neppure

un'abrogazione “implicita” dell'art. 54 R.D.n.

827/1924 ad opera dei successivi artt. 75 e 113

D.Lgs.n. 163/2006. Passando quindi ad

analizzare il contenuto dell'art. 54, il comma 8°

delo stesso stabilisce che, nel caso di forniture e

lavori da eseguirsi da persone o ditte “di notoria

solidità”, oltretutto per “provviste di materie e

derrate che, per loro natura o per l'uso speciale

di destinazione, debbono essere acquisite nel

luogo della produzione o fornite direttamente dai

produttori”, è concessa alla P.A. la facoltà di non

richiedere la cauzione, ma (comma 9°) tale

esonero è subordinato alla concessione di una

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miglioria del prezzo d'aggiudicazione. Se

queste sono dunque le condizioni di esonero al

rilascio della cauzione (notoria solidità,

particolarità della fornitura di beni e servizi,

nonché obbligo di concedere una miglioria sul

prezzo d'aggiudicazione), se ne può desumere

come tale “rinuncia” non si possa applicare al

deposito cauzionale provvisorio (ove non è

possibile concedere alcuna “miglioria” sul prezzo

d'aggiudicazione), ma solo a quello definitivo, a

cui si deve poi aggiungere come queste

considerazioni valgano solo (ed esclusivamente)

per i contratti sottoscritti all'esito di “procedure

in economia”, ove si suppone che i soggetti

invitati siano tutti di “notoria solidità”, potendo

nel qual caso la P.A. rinunciare alla cauzione, ma

solo per forniture di materie che, per loro natura

o per l'uso speciale di destinazione, devono

essere acquistate nel luogo della produzione o

fornite direttamente dai produttori.

… ED ANCHE NELLE GARE PER LA CONCESSIONE DI SERVIZI

Consiglio di Stato, V, 13/7/2010, n. 4510 Il Codice dei contratti pubblici espressamente

prevede che, alle concessioni di servizi, non si

applichino le disposizioni del D.Lgs. n. 163/2006,

salvo quanto disposto dall’art. 30 che si limita a

prescrivere un richiamo ai principi del Trattato in

tema di tutela della concorrenza; per questo

motivo non è corretto provvedere

all’applicazione analogica dell’art. 70 del Codice

circa l’obbligo di costituzione di un deposito

cauzionale provvisorio ai fini partecipativa ad

una pubblica gara per la concessione di servizi

pubblici in quanto, in considerazione della

diversità di funzione dell’appalto rispetto alla

concessione, lo stesso Legislatore ha ritenuto

non necessario che i concorrenti ad una gara per

la concessione di servizi (contratto attivo per la

P.A.) debbano anche sostenere l’onere di un

deposito cauzionale provvisorio per detta

partecipazione.

LA CAUZIONE PROVVISORIA PUÒ ESSERE DEPOSITATA ANCHE IN ASSEGNO CIRCOLARE

E QUESTO RISOLVE PURE IL PROBLEMA DELL’INTESTAZIONE DELLA FIDEIUSSIONE IN

UN’A.T.I. COSTITUENDA

T.A.R. Toscana, I, 27/10/2011, n. 1584

La cauzione provvisoria può essere costituita,

oltre che con fideiussione (bancaria, assicurativa

o di intermediario finanziario) anche in contanti,

assegni circolari o titoli del debito pubblico (art.

75 D.Lgs. n. 163/2006) e, nel caso in cui la

concorrente sia un raggruppamento temporaneo

d’imprese, se la cauzione provvisoria è costituita

con assegno circolare, allora non vi è neppure la

necessità d’indicare il nominativo dei componenti

dell’a.t.i. costituenda (come invece è necessario

fare nelle fideiussioni, motivo questo talvolta di

ritardi nel loro rilascio se non di difficoltà, da

parte dell’Istituto di Credito rilasciante, di

accertare la piena affidabilità di tutte le singole

componenti del r.t.i. partecipante). Ciò in quanto

l’assegno costituisce una garanzia reale, in virtù

della quale l’inadempimento (eventuale) da

parte del raggruppamento risulta comunque

garantito dal titolo e, ciò, indipendentemente poi

da quale componente dell’a.t.i. stessa risulti

responsabile dell’inadempimento che ha portato

alla riscossione del deposito cauzionale

provvisorio, in quanto sarà poi un problema tutto

“interno” al raggruppamento quello di accertarne

la responsabilità ed imputare, di conseguenza,

l’onere d’effettivo pagamento di tale escussione

alla componente responsabile.

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CCOONNFFRROONNTTOO AA CCOOPPPPIIEE

CONFRONTO A COPPIE: L'ADUNANZA PLENARIA NE FORNISCE UN'ESAUSTIVA

DEFINIZIONE

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 10/1/2013, n. 1

Secondo l'Adunanza Plenaria il cd. “confronto a

coppie”, lungi dall'essere un criterio di selezione

dell'offerta (che sono solo due: il prezzo piu'

basso e l'offerta economicamente piu'

vantaggiosa) è un particolare metodo attuativo

proprio del secondo di detti criteri (quello

dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa),

in forza del quale “ogni elemento qualitativo

dell'offerta è oggetto di valutazione attraverso la

determinazione di coefficienti all'interno di una

tabella triangolare, nella quale le offerte di ogni

concorrente sono confrontate a due a due e per

ogni coppia di offerte ogni singolo commissario

indica l'elemento preferito attribuendo un

punteggio di (che esprime parità), 2 (che

esprime preferenza minima), 3 (che esprime

preferenza piccola), 4 (che esprime preferenza

media), 5 (che esprime preferenza grande) ed

infine 6 (che esprime preferenza massima)”. Nel

caso all'attenzione dell'Adunanza Plenaria veniva

dunque chiesto se un'offerta, inizialmente

esclusa dalla procedura e poi riammessa,

potesse essere ancora “confrontata in coppia”

con le altre (già valutate) ed il massimo Giudice

Amministrativo ha risposto affermativamente,

tenuto conto proprio dell'“autonomia” delle

singole valutazioni. A tali considerazioni possono

poi aggiungersi – sempre in merito al cd.

“confronto a coppie” - quelle espresse sempre

dal Consiglio di Stato nella pronuncia 21/1/2013,

n. 341 secondo cui, nel caso di una gara la cui

lex specialis abbia indicato criteri valutativi

dettagliati e adeguati rispetto allo specifico

oggetto di gara, e qualora la commissione

giudicatrice abbia previamente individuato

correlativi criteri motivazionali, non vi è alcun

bisogno d'integrare sul piano motivazionale i

punteggi attribuiti dai commissari con il metodo

del “confronto a coppie”, dal momento che detti

punteggi già di per sé esprimono pienamente le

varie preferenze accordate; in altri termini,

laddove il metodo di valutazione sia quello del

"confronto a coppie", la motivazione aritmetica è

piu' che sufficiente a configura un corretto iter

motivazionale e non è richiesto alcun

supplemento di motivazione, né vi è alcuno

spazio per un sindacato del Giudice

Amministrativo nel merito dei singoli

apprezzamenti (nonché, in particolare, sui

punteggi attribuiti nel confronto a coppie), con

l'ulteriore conseguenza che la motivazione delle

valutazioni sugli elementi qualitativi risiede nelle

stesse preferenze attribuite ai singoli elementi di

valutazione considerati nei raffronti con gli stessi

elementi delle altre offerte.

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EESSCCLLUUSSIIOONNEE DDAALLLLEE GGAARREE

I DOCUMENTI IN LINGUA STRANIERA SONO AMMISSIBILI IN GARA

Consiglio di Stato, V, 10/12/2012, n. 30 Non si hanno notizie di alcuna precedente

sentenza che affronta la questione posta

all’attenzione del Consiglio di Stato, che ha

dovuto decidere, con la sentenza in commento,

se accogliere il ricorso di una concorrente che

lamentava la mancata esclusione

dell’aggiudicataria di una gara la cui

documentazione (allegata all’offerta) era stata

redatta in lingua tedesca, ed il Supremo

Consesso di giustizia amministrativa si è limitato

a precisare che l’art. 67 del Codice appalti

prevede (comma 2°) l’obbligo dell’uso della

lingua italiana solo per la redazione delle offerte

e non, anche, per i documenti da allegare alla

stessa, ragion per cui il mancato utilizzo

dell’italiano può (tutt’al piu’) essere un motivo

per formulare una richiesta d’integrazione

documentale, ma non può correttamente

comportare l’esclusione dalla gara stessa.

CONTRASTO FRA BANDO E LETTERA D'INVITO

Consiglio di Stato, IV, 28/11/2012, n. 6026 Qualora dovessero riscontrarsi incongruenze e

contrasti fra il contenuto di un bando di gara e

quello della relativa lettera d'invito,

giurisprudenza oramai costante e consolidata

(Cons.St., V°, 5/9/2011, n. 4981 e VI°,

14/7/2011, n. 4278) statuisce la prevalenza del

primo rispetto alla seconda, con ciò significando

come non solo la lettera d'invito non possa

derogare in alcun modo al contenuto del bando

ma come altresì, attraverso la medesima lettera

d'invito, risulti assolutamente vietata

l'introduzione di nuove ipotesi d'esclusione dalla

procedura rispetto a quelle contenute nell'avviso

di gara.

MANCATA FIRMA DELL'OFFERTA TECNICA

Consiglio Stato, V°, 21/6/2012, n. 3669 La mancata sottoscrizione dell’offerta tecnica e

delle proposte migliorative al progetto di gara,

seppur contenute nella busta sigillata e

consegnata al Seggio di gara (per cui non ne può

esser messa in discussione la provenienza), ciò

nondimeno configura una legittima causa

d’esclusione, anche se non espressamente

prevista dalla lex specialis di gara ed anche –

anzi, proprio – alla luce dell’art. 46, comma 1-bis

D.Lgs.n. 163/2006, in quanto la mancata firma

sull’offerta tecnica rappresenta proprio uno dei

casi di “mancanza di sottoscrizione o di altri

elementi essenziali” che, ai sensi del citato art.

46, comma 1-bis, devono comportare ex lege

l’esclusione dalle pubbliche gare.

IL MANCATO RILASCIO DEL DURC NON PUÒ ESSERE SINDACATO DALLE STAZIONI

APPALTANTI

Consiglio di Stato, VI, 16/9/2011, n. 5194 Il Decreto Ministeriale 24/10/2007, nel

disciplinare le modalità di rilascio del D.U.R.C. –

con la definizione anche della soglia “minima” di

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gravità dell'inadempimento ostativo a detto

rilascio - limita sul punto anche la discrezionalità

delle stazioni appaltanti, che devono quindi

prendere atto della certificazione espressa dal

D.U.R.C., di cui non possono sindacare le

risultanze. In altre parole il mancato rilascio del

D.U.R.C. rappresenta di per sé un valido motivo

d’esclusione, né può l’Amministrazione

appaltante procedere ad una disamina delle

ragioni che avrebbero condotto al suo mancato

rilascio né, tantomeno, valutarne l’eventuale

irrilevanza ai fini partecipativi.

IMPOSSIBILITÀ DI ESCLUDERE OPERATORI IL CUI OGGETTO SOCIALE NON RISULTI IDENTICO

A QUELLO DI GARA

Consiglio di Stato, 21/2/2011, n. 1079 La facoltà d’indagare la necessaria correlazione

fra l’oggetto di una pubblica gara e l’oggetto

sociale del concorrente non può spingersi fino al

punto da consentire alla stazione appaltante

d’escludere quegli operatori economici il cui

oggetto sociale non risulti perfettamente

“identico” all’oggetto di gara, risultando

sufficiente una relativa “attinenza” fra i due. Per

questo motivo è stata ritenuta legittima

l’ammissione ad una gara avente ad oggetto il

servizio di radiosorverglianza fisica della

radioprotezione, il controllo di qualità delle

apparecchiature radiologiche e di medicina

nucleare di un concorrente, il cui oggetto sociale

consisteva nella prestazione di servizi

nell’ambito dell’organizzazione e della

salvaguardia dell’uomo e dell’ambiente, in

quanto, seppur evidentemente differente,

ciònondimeno l’attinenza dell’oggetto sociale al

servizio da affidare era tale per cui “il primo

deve correlarsi con legame di prossimità con il

secondo, non deve sussistere identicità”, in

quanto “Opinare diversamente si tradurrebbe in

un’illegittima restrizione del novero dei soggetti

trai quali la stazione appaltante possa

prescegliere la migliore offerta, quindi in una

compressione del relativo interesse pubblico.”

IL MANCATO DEPOSITO DEL DOCUMENTO DI IDENTITÀ NON PUÒ ESSERE CAUSA

D'ESCLUSIONE T.A.R. Brescia, II, 26/3/2012, n. 530

Il Disciplinare di una pubblica gara

espressamente prevedeva l’obbligo d’allegare il

documento d’identità del sottoscrittore anche

all’offerta economica, ma un concorrente

dimenticando di rispettare detta statuizione

veniva escluso; decideva pertanto di impugnare

tale esclusione sostenendo che: a) la lex

specialis non prevedeva espressamente

l’esclusione dalla gara in caso di mancata

allegazione del documento di riconoscimento

all’offerta economica, b) se anche l’avesse

previsto, comunque sia tale clausola sarebbe da

ritenersi “nulla” ai sensi dell’art. 46, comma 1-

bis D.Lgs. n. 163/2006, secondo cui solo le

violazioni del Codice appalti e del suo

Regolamento, i casi d’incertezza assoluta sul

contenuto dell’offerta e/o sulla sua provenienza

nonché le violazioni del principio di segretezza

dei plichi, possono consentire l'esclusione e

pertanto, nel caso specifico, la certezza circa la

provenienza dell’offerta risultava assicurata

dall’inserimento dell’offerta economica nel plico

della concorrente, ove peraltro vi erano altri

documenti di gara a cui risultava allegata la

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carta d’identità (mancante invece all’offerta

economica), ragion per cui il T.A.R. lombardo ha

ritenuto d’annullare il provvedimento esclusorio

impugnato.

L'ART. 46, COMMA 1-BIS E LA RIVOLUZIONE COPERNICANA

T.A.R. Latina, I°, 1/12/2011, n. 991 T.A.R. Roma, I°bis, 6/12/2011, n. 9597 T.A.R.

Venezia, I°, 2/12/2011, n. 1791 Come immaginabile, dopo i primi mesi di

“pallida” applicazione ecco che lentamente – ma

non meno “prepotentemente” – s’assiste con

sempre maggior frequenza a pronunce che

affrontano il portato del recente art. 46, comma

1°bis del D.Lgs.n. 163/2006 (come introdotto

dal D.L.n. 70/2011, poi convertito in L.n.

106/2011), che recita “La stazione appaltante

esclude i candidati o i concorrenti in caso di

mancato adempimento alle prescrizioni previste

dal presente codice e dal regolamento e da altre

disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di

incertezza assoluta sul contenuto o sulla

provenienza dell'offerta, per difetto di

sottoscrizione o di altri elementi essenziali

ovvero in caso di non integrità del plico

contenente l'offerta o la domanda di

partecipazione o altre irregolarità relative alla

chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo

le circostanze concrete, che sia stato violato il

principio di segretezza delle offerte; i bandi e le

lettere di invito non possono contenere ulteriori

prescrizioni a pena di esclusione. Dette

prescrizioni sono comunque nulle”. Dopo il T.A.R.

Venezia – che risulta esser stato il primo, con la

sentenza 13/9/2011, n. 1376 - ecco che anche

altri Tribunali Amministrativi Regionali hanno

iniziato pian piano ad assumere pronunce

applicative del nuovo disposto normativo che, di

fatto, ha depotenziato la portata della “lex

specialis”. Cosi, in ordine temporale, prima il TAR

Latina ha ritenuto illegittima l'esclusione

comminata ai danni di una concorrente che non

aveva provveduto al deposito, in sede di gara,

del “verbale di sopralluogo” (ancorchè richiesto a

pena d'esclusione”), in quanto non esiste alcuna

disposizione di legge che preveda tale obbligo

documentale, mentre la seconda sentenza è del

TAR Roma, che invece respinge il ricorso di un

concorrente escluso per non aver allegato la

fotocopia della carta d'identità del sottoscrittore

ai fini dell'autocertificazione, ritenendo - al

contrario - che il D.P.R. n. 445/2000 (art. 38)

imponga invece ex lege l'obbligo di detta

allegazione (e proprio ai fini della validità

dell'autocertificazione medesima). Infine ancora

una sentenza del TAR Venezia, che ribadisce

come l'art. 75 codice appalti disponga

l'obbligatorietà solo al comma 8° - relativo

all'impegno del fideiussore a rilasciare cauzione

definitiva in caso d'aggiudicazione da parte del

garantito – ma non di altri adempimenti, ragion

per cui il non corretto importo del deposito

cauzionale provvisorio depositato non può essere

valido motivo d'esclusione.

LE FALSE DICHIARAZIONI FANNO VENIR MENO LA FIDUCIA DELLA STAZIONE APPALTANTE,

CHE QUINDI LEGITTIMAMENTE ESCLUDE DALLA GARA

T.A.R. Milano, I, 14/1/2010, n. 49 La possibilità di presentare dichiarazioni

sostitutive al luogo della certificazione in

originale costituisce un atto di fiducia della

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stazione appaltante nei confronti del

concorrente al quale, in cambio dell’oneroso

obbligo di reperire tutta la documentazione

necessaria per partecipare viene consentito,

sotto la propria responsabilità, di autocertificare

la sussistenza dei requisiti richiesti per la

partecipazione stessa. Il sistema richiede

pertanto la massima serietà ed onestà del

concorrente nel redigere l’autocertificazione e,

conseguentemente, il rendere una falsa

dichiarazione non può che far venir meno la

fiducia della P.A. nella moralità professionale ed

affidabilità del dichiarante stesso. Per questo

motivo, in caso di dichiarazioni non veritiere, la

sanzione dell’esclusione da una gara diventa

conseguenza necessaria, essendo venuto meno

quel rapporto di fiducia basato sulla presunzione

della reciproca correttezza, che comporta tanto

l’escussione del deposito cauzionale provvisoria

quanto la segnalazione all’Autorità di Vigilanza

dei contratti pubblici.

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PPRROOCCEEDDUURREE NNEEGGOOZZIIAATTEE

LA PROCEDURA NEGOZIATA SENZA PUBBLICAZIONE DEL BANDO HA

NATURA ASSOLUTAMENTE ECCEZIONALE

Consiglio Stato, III, 8/1/2013, n. 26

Ordinanza Con.St. 7/1/2013 n. 25 di rinvio Corte Giustizia UE

Il Consiglio di Stato, affrontando una sola

vicenda (sebbene trattasi di un affidamento

diretto da 521 milioni di euro) ha, da un lato,

stigmatizzato la prassi, purtroppo invalsa in

molte PP.AA. appaltanti, di procedere ad

affidamenti diretti motivandoli con ragioni

(quantomai) generiche “di natura tecnica” e,

dall'altra, rinviato alla Corte di Giustizia UE

quella parte del Codice appalti che non prevede,

proprio in materia di procedura negoziata senza

pubblicazione del bando, la facoltà concessa al

giudice amministrativo di poter dichiarare

l'inefficacia di un contratto sottoscritto in

violazione di legge.

Risulta che il Ministero degli Interni,

Dipartimento di Pubblica Sicurezza avesse

affidato direttamente (tramite quindi una

procedura negoziata) il servizio di fonia vocale,

di trasmissione dati e di fonia mobile a favore di

un operatore telefonico sul presupposto che

questi non solo fosse l'unico gestore in grado,

“per conoscenze, strumenti e mezzi specifici”, di

svolgere il servizio che intendeva affidare il

Ministero, ma che altresì non si fosse rinvenuto

sul mercato nessun altro operatore idoneo

nonchè verificato come l'eventuale affidamento

ad un soggetto diverso da detto operatore

avrebbe comportato la necessita' di modifiche

della fornitura dei servizi di telefonia

sproporzionata, sia nei costi che nei tempi tecnici

di realizzo, da non risultare in alcun modo

conveniente.

Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza

del TAR Lazio, ha invece chiarito come la scelta

della procedura negoziata senza pubblicazione

del bando rappresenti una fattispecie del tutto

eccezionalita', tale da imporre alla P.A. che vi

intende accedere un rigore particolare

nell'individuazione delle corrette giustificazioni e

motivazioni, che non solo devono essere

esplicitate con chiarezza nei documenti di gara

ma che, soprattutto, dalla medesima P.A.

devono essere dimostrate e provate nella loro

effettiva sussistenza. A tale “evidenza” negli atti

di gara, poi, deve necessariamente aggiungersi

anche una preventiva indagine di mercato, che

presuppone il contattare un certo numero di

operatori per acquisire informazioni e notizie sui

loro prodotti e servizi, indagine che qualora non

sortisca alcun effetto positivo in ambito italiano,

impone allora l'obbligo di estendere detta ricerca

anche in ambito europeo. Dal momento che

tutto ciò non risulta esser stato fatto da parte

del Ministero degli Interni, il Consiglio di Stato

ha dunque annullato l'affidamento diretto al

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Telecom e, siccome nel frattanto era stato

pubblicato il cd. “avviso di trasparenza

preventiva” (art. 79-bis D.Lgs.n. 163/2006)

nonchè sottoscritto il contratto di fornitura, il

giudice amministrativo si è trovato

impossibilitato, ai sensi dell'art. 121, comma 5°

lett. b) del Codice del processo amministrativo, a

poter dichiarare l'inefficacia del contratto

sottoscritto, ragion per cui il Consiglio di Stato

ha rinviato alla Corte di Giustizia la questione se

al giudice nazionale è sempre preclusa la facoltà

di privare di effetti un contratto che violi le

norme comunitarie - quando detto contratto

risulti comunque esser già stato sottoscritto – in

quanto la direttiva 207/66/UE (recepita nel'art.

121 c.p.a.) non prevede alcuna possibilità di

declaratoria d'inefficacia del contratto stipulato a

seguito d'affidamento diretto preceduto dalla

pubblicazione di un avviso di trasparenza

preventiva.

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PPUUBBBBLLIICCIITTAA''

LA PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI GARA DEVE RITENERSI DEFINITIVAMENTE ESTESA A TUTTE

LE PROCEDURE DI GARA, SIA SOPRA CHE SOTTOSOGLIA E QUINDI ANCHE ALLE

PROCEDURE NEGOZIATE NONCHÉ AI COTTIMI FIDUCIARI

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato, 31/7/2012, n. 31

Già la sentenza dell’Adunanza Plenaria del

Consiglio di Stato n. 13 del 28/7/2011 aveva

stabilito l’obbligo di apertura in seduta pubblica

anche delle buste contenenti le offerte tecniche,

allo scopo di verificarne il corretto contenuto

prima di procedere – in seduta riservata – alla

loro valutazione, mentre, con la presente

sentenza, la medesima Adunanza Plenaria ha

definitivamente esteso detto obbligo di pubblicità

a tutte le procedure concorsuali indistintamente,

ciò in quanto i principi di trasparenza e pubblicità

che governano la disciplina comunitaria e

nazionale in materia di appalti pubblici

comportano che qualora l’aggiudicazione debba

avvenire secondo il criterio dell’offerta

economicamente più vantaggiosa (in quanto, nel

caso del prezzo piu’ basso, non vi è alcun

subprocedimento di valutazione tecnica),

l’apertura delle buste contenenti le offerte ed i

documenti di gara debba obbligatoriamente

effettuarsi “in seduta pubblica”, anche laddove

si tratti di procedure negoziate (con o senza

previa predisposizione di bando di gara) nonché

di affidamenti in economia nella forma del

cottimo fiduciario, tanto nei settori ordinari che

in quelli speciali. Questo dunque significa che sia

nell’ipotesi di cui all’art. 56 (procedure negoziate

previa pubblicazione di bando di gara), sia in

quelle del successivo art. 57 (procedure

negoziate senza previa pubblicazione di un

bando di gara), come pure negli affidamenti in

economia disciplinati dall’art. 125 e,

segnatamente, nel “cottimo fiduciario”, tutta la

fase procedimentale - consistente

nell’accertamento di quali e quante siano le

offerte da esaminare nonché nella verifica di

quali e quanti siano i documenti prodotti ed

allegati da ciascun concorrente ammesso alla

procedura - deve obbligatoriamente svolgersi

“pubblicamente” e ciò indipendentemente dal

fatto che si tratti di appalti indetti nei settori

ordinari oppure in quelli cd. speciali

NELLE GARE CON IL CRITERIO DELL'OFFERTA ECONOMICAMENTE PIÙ VANTAGGIOSA,

L'APERTURA DELLE BUSTE CONTENENTI L'OFFERTA TECNICA DEVE ESSERE FATTA IN

SEDUTA PUBBLICA

Adunanza Plenaria Consiglio di Stato 28/7/2011, n. 13

Costituisce principio inderogabile in qualunque tipo

di gara quello secondo cui gli adempimenti

concernenti la verifica dell’integrità dei plichi

contenenti l’offerta devono svolgersi in seduta

pubblica, sia che si tratti di documentazione

amministrativa che di documentazione riguardante

l’offerta tecnica ovvero l’offerta economica, e

conseguentemente è illegittima l’apertura in

segreto dei plichi, fermo restando che, ultimate le

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46

fasi preliminari pubbliche di verifica e riscontro

dei plichi e dei documenti in essi contenuti, la

valutazione tecnico-qualititativa dell’offerta va,

invece, effettuata in seduta riservata, al fine di

evitare influenze esterne sui giudizi dei membri

della commissione giudicatrice.

Il Consiglio di Stato in adunanza plenaria ha così

sancito la pubblicizzazione dell'apertura dei plichi

contenenti i documenti illustrativi della parte

tecnico-qualitativa delle offerte, ponendo fine ai

contrasti giurisprudenziali sul tema e di fatto

integrando le previsioni del codice dei contratti e

del Dpr. 207/2010.

LA PUBBLICAZIONE CHE VALE È QUELLA SULLA GAZZETTA UFFICIALE REPUBBLICA ITALIANA E NON QUELLA SULLA GAZZETTA

UFFICIALE COMUNITÀ EUROPEA

Consiglio di Stato, V, 5/10/2011, n. 5458 Nelle motivazioni di una recente pronuncia il

Consiglio di Stato ha avuto modo di precisare

una questione che, da quanto consta, non era

mai stata definita con tanta chiarezza ovvero

che, ai fini procedimentali (e/o processuali), la

data di pubblicazione del bando/avviso di una

pubblica gara da tenere in considerazione è

quella sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica

Italiana e non, invece, quella sulla Gazzetta

Ufficiale della Comunità Europea. Ciò in quanto,

mentre entrambe hanno lo scopo di dare

massima pubblicità possibile alle procedure

indette dalle Pubbliche Amministrazioni, la

pubblicazione sul G.U.R.I. ha anche lo scopo di

far decorrere, dalla sua data, i termini tanto per

la durata del procedimento concorsuale d’appalto

- di legge 180 gg. (salvo proroghe) – che quelli

di possibile impugnazione del bando stesso per

clausole immediatamente impeditive alla

possibilità di partecipare alla gara medesima

(30 gg. dalla data di pubblicazione).

LA PUBBLICITÀ NEGLI APPALTI SOTTOSOGLIA

Consiglio di Stato, IV, 12/7/2010, n. 4485 In materia d’appalti pubblici la P.A. appaltante

ha l'onere di pubblicare il bando di gara nella

Gazzetta Ufficiale solo se l'importo d’aggiudicare

risulti superiore alla soglia comunitaria (211.000

€ per forniture e servizi), come previsto dall'art.

124 D.Lgs. n. 163/2006; qualora pertanto non si

superi detta soglia l’Amministrazione procedente

ha solo l’onere di garantire il rispetto dei principi

di non discriminazione, parità di trattamento,

proporzionalità e trasparenza di cui all'art.2 del

predetto D.Lgs., senza alcun obbligo di

pubblicazione del bando sulla Gazzetta Ufficiale,

essendo sufficienti altre forme di pubblicità.

Risulta pertanto infondata la censura sollevata in

merito alla mancata pubblicità in G.U. di un

avviso di gara il cui importo risulti inferiore alla

succitata soglia economica.

NON OCCORRE LA PUBBLICITÀ DELLA SEDUTA D'APERTURA DELLE OFFERTE

ECONOMICHE Consiglio di Stato,VI, 8/6/2010, n. 3634 Il principio di pubblicità delle sedute di gara non

costituisce un principio inderogabile in termini

assoluti e pertanto, se risulta assolutamente

obbligatoria la seduta pubblica per la verifica

della regolarita’ dei plichi e l’accertamento del

possesso dei requisiti di carattere generale, per

la verifica della documentazione tecnica ma

altresi’ anche per l’apertura delle buste

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economiche e’ possibile procedervi a seduta

segreta. Questo perché se la seduta pubblica ha

un senso laddove si tratti di verificare i prezzi

offerti dai concorrenti e stilare una graduatoria

da cui si evince meccanicamente il prezzo più

basso, nelle procedure invece il cui criterio

d’aggiudicazione è quello dell’offerta

economicamente più vantaggiosa il prezzo è uno

soltanto degli elementi di valutazione dell’offerta

e, quindi, ai prezzi occorre attribuire un

punteggio che va sommato al punteggio

assegnato per le componenti qualitative delle

offerte, attivita’ che deve essere svolta in

segreto, condizione che quindi puo’ ritenersi

estendibile, in tal caso, anche all’apertura delle

offerte economiche.

ANCHE NELLE PROCEDURE NEGOZIATE SENZA PUBBLICAZIONE DEL BANDO DEVE

ESSERE SEMPRE GARANTITA LA PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI GARA

Consiglio di Stato, III, 3/3/2011, n. 1369 La procedura negoziata senza pubblicazione del

bando, stante la sua natura eccezionale rispetto

al principio generale di pubblicità e massima

concorsualità delle pubbliche gare, non solo è

sottoposta ad un rigoroso accertamento dei suoi

presupposti (relativi alla correttezza e legittimità

della sua indizione) ma, soprattutto, non può

derogare al rispetto dei principi fondamentali che

regolano le gare d’appalto, fra cui s’annovera

quello della pubblicità e trasparenza, a garanzia

della serietà e correttezza delle procedura

stessa, ciò in quanto tali principi sono generali e

immanenti negli ordinamenti nazionale e

comunitario ed, a norma dell’art. 2 D.Lgs. n.

163/06, riguardano tutti i tipi di contratti

pubblici. Per questo motivo sussiste l’obbligo, in

capo all’ente aggiudicatore, anche in una

procedura negoziata senza previa pubblicazione

del bando, di dare adeguata contezza pubblica (e

non segreta), attraverso una congrua ed idonea

pubblicità nella verifica del contenuto dei plichi e

delle offerte ivi contenute, da cui ne consegue

giocoforza l’invalidità della clausola di un

Capitolato di gara che prevede la seduta segreta

per l’apertura delle buste di gara.

L'OBBLIGO DI PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE D'APERTURA DELLE BUSTE TECNICHE SI

ESTENDE ANCHE ALLE GARE INDETTE PRIMA DEL 28/7/2011

T.A.R. Napoli , I, 11/1/2012, n. 69

L’apertura delle buste contenenti la

documentazione tecnica deve avvenire

obbligatoriamente (anch’essa) in seduta

pubblica; l’Organo Tecnico dovrà poi ritirarsi in

seduta riservata per valutare ed assegnare i

relativi punteggi (a dette offerte tecniche).

L’importantissima novità procedimentale, che

mira a garantire la correttezza e regolarità dello

svolgimento della gara, certamente è applicabile

alle gare pubblicate successivamente alla

suddetta decisione del Consiglio di Stato (e,

quindi, dopo il 28/7/2012, n. 13), mentre era

discusso se potesse applicarsi alle procedure

indette in precedenza e per le quali, quindi, le

Stazioni appaltanti non si erano “organizzate” in

tal senso. Dopo un’isolata sentenza del TAR

Milano (I° 31/8/2011, n. 2110), ecco che arriva

una seconda pronuncia che ritiene la sentenza

dell’Adunanza Plenaria basata su principi

generali e, quindi, applicabile anche con effetto

retroattivo; pertanto, secondo il TAR Napoli,

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anche alle gare il cui bando è stato pubblicato

prima del 28/7/2011 si deve procedere

all’apertura delle buste tecniche in seduta

pubblica. Questo significa che OGGI, in una

QUALUNQUE GARA a cui si partecipa, se

l’APERTURA delle BUSTE TECNICHE NON avviene

in seduta PUBBLICA, detta gara ben può essere

soggetta ad impugnazione.

APERTURA DELLE BUSTE TECNICHE E OBBLIGO DI PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI

GARA ANCHE PER I SERVIZI SANITARI

T.A.R. Roma, II, 23/12/2011, n. 10159 - T.A.R. Venezia, I, 5/12/2011, n. 1805

Dopo la sentenza dell’Adunanza Plenaria del

Consiglio di Stato n. 13 del 28/7/2011, che ha

previsto l’obbligo di seduta pubblica di gara

anche relativamente alla fase d’apertura delle

buste contenenti le offerte tecniche dei

concorrenti (per poi ritirarsi, l’Organo Tecnico, in

seduta riservata per l’assegnazione dei relativi

punteggi), i T.T.AA.RR. periferici iniziano ad

applicare tale principio sanzionando le procedure

che non rispettano detto profilo di pubblicitaÌ,

posto a garanzia del corretto operato della

Stazione Appaltante. Peraltro, considerato come

l’Adunanza Plenaria reputi tale “pubblicitaÌ” alla

stregua di un principio fondamentale (di cui

all’art. 2 D.Lgs.n. 163/06), da applicarsi pertanto

a tutte le pubbliche gare, cioÌ giocoforza

comporta la sua estensione anche alle gare

indette in ambito sanitario che, come noto,

ricadono nei servizi di cui al cd. “Allegato IIB”

del Codice dei contratti pubblici, che

prevederebbe l’obbligo d’applicazione dei soli

artt. 65, 68 e 255 del D.Lgs. n. 163/2006 (art.

20).

DAL 1/1/2013 IL PAGAMENTO DELLE SPESE DI PUBBLICITÀ DEI BANDI È A CARICO

DELL'AGGIUDICATARIO

Decreto Crescita-bis – Legge n. 17/12/2012, n. 221

L'art. 34, comma 35° del Decreto-Legge

18/10/2012, n. 179, convertito in Legge

17/12/2012, n. 221 (cd. “decreto Crescita-bis”)

ed entrato in vigore il 19/12 u.s. ha introdotto la

nuova disposizione secondo cui, a far data dal

1 gennaio 2013, l'aggiudicatario di una

pubblica gara sarà tenuto a rimborsare alla

P.A. appaltante le spese di pubblicazione

del bando su 2 dei principali quotidiani a livello

nazionale nonché su 2 quotidiani a maggior

diffusione locale - nel caso di gare di opere,

forniture e servizi soprasoglia comunitaria (art.

66, comma 7°, secondo periodo D.Lgs.n.

163/2006) - nonché le spese di pubblicazione del

bando su 1 quotidiano a livello nazionale ed 1

quotidiano a diffusione locale - nel caso invece di

gare di opere sottosoglia - (art. 122, comma 5°

secondo periodo D.Lgs.n. 163/2006). In primo

luogo occorre chiarire come i costi a cui fa

riferimento detto art. 34, comma 35° siano solo

quelli relativi alla pubblicazione dei bandi

d'indizione delle gare nonché degli avvisi post-

gara (con esclusione, quindi, delle spese di

pubblicazione sulle Gazzette Ufficiali) ed, inoltre,

è opportuno ricordare come, tanto per i lavori

pubblici d'importo inferiore a 500.000 €, che per

le forniture e servizi di valore sottosoglia

comunitaria (200.000 €), non è previsto alcun

obbligo di pubblicità sui giornali. Pregia infine

rammentare come tale obbligo di rimborso che

grava sull'aggiudicatario (per cui d'ora innanzi

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sarà buona norma considerare, all'atto di

formulazione delle offerte, anche detti costi di

pubblicazione degli avvisi di gara), se anche non

dovesse risultare espressamente indicato come

“dovuto” nella lex specialis di gara, ciò

ugualmente risulta gravare sull'aggiudicatario (in

quanto disposto ex lege). Infine pregia segnalare

come, se anche detto rimborso non sia

intervenuto entro i 60 gg. dalla data

dell'aggiudicazione (come prescrive la norma),

ciò nonostante si ritiene che tale circostanza non

possa legittimamente motivare la mancata

stipula contrattuale quanto, tutt'al piu', motivare

l'Amministrazione affidante a trattenere, alla

prima fattura da pagare all'appaltatore, la

somma dovuta per detto rimborso.

LA PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI GARA E LA LORO VERBALIZZAZIONE SONO DUE ASPETTI DIFFERENTI ED ENTRAMBI FONDAMENTALI AI FINI DELLA VALIDITÀ DELLE PROCEDURE DI

GARA

Parere Autorità Vigilanza Contratti Pubblici 7/7/2011, n. 131

Finalmente l’ Autorità di Vigilanza ha posto, con

assoluta chiarezza, non solo la distinzione fra la

“pubblicità” delle sedute di gara e loro

“verbalizzazione” ma ha altresì chiarito come

entrambe attengano alla stessa legittimità delle

procedure concorsuali d’appalto, senza cui quindi

la gara deve essere annullata. Si parla di

“pubblicità” delle sedute riferendosi alla

comunicazione che la P.A. appaltante deve

fornire a tutti i concorrenti e relativa alla data ed

ora in cui la Stazione appaltante procederà allo

svolgimento della gara, mentre per

“verbalizzazione” si deve intendere quell’attività

di resocontazione scritta di tutto quanto si è

effettivamente svolto nel corso delle sedute di

gara. L’AVCP inizia con il chiarire, nel proprio

parere, che “l’obbligo di pubblicità delle sedute

delle commissioni è [.] a prescindere [.] da una

esplicita previsione del bando” da intendersi

quindi assolutamente “inderogabile per quanto

riguarda la fase dell’apertura dei plichi

contenenti la documentazione e l’offerta

economica (Cons.St. V°, 13/10/2010, n. 7470)”,

con la differenza che nelle cd. “procedure

automatiche” (quelle da aggiudicarsi al prezzo

piu’ basso) tutte le sedute devono essere

“pubbliche”, mentre nelle procedure che

richiedono un margine di discrezionalità (al

miglior rapporto prezzo/qualità), la pubblicità

non può in alcun caso estendersi alle sedute

riservate all’esame tecnico delle offerte, con la

precisazione che “in ogni caso [.] la verifica

pubblica dell’integrità dei plichi contenenti le

buste con le offerte e la loro conseguenziale

apertura è adempimento doveroso e prodromico

all’attività valutativa [.] sia che si svolga in

seduta riservata sia pubblica”. Ciò quindi

significa che anche l’apertura delle buste

contenenti le offerte tecniche deve essere

pubblica. Da ciò ne discende dunque come “la

violazione del principio di pubblicità costituisce

vizio insanabile della procedura [.], invalidandola

anche ove non sia comprovata l’effettiva lesione

sofferta dai concorrenti o manipolazione della

documentazione prodotta” mentre, per quanto

concerne la “verbalizzazione”, detta si differenzia

dalla “pubblicità” in quanto sono due

adempimenti procedurali distinti e volti a finalità

diverse e quindi, come tali, “non fungibili ma

complementari”. Così secondo la scrivente

Authority la verbalizzazione opera su un piano

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strettamente probatorio da cui ne discende

come, se non vi è stata debita pubblicità delle

sedute, la gara risulta invalida ex sè, mentre se

si è stata data corretta pubblicità ma manca la

verbalizzazione delle sedute, allora detta

mancanza non prova di per sé che vi siano

comunque state irregolarità nella fase di

valutazione. In ultima analisi, dunque, il parere

in commento non sembra equiparare totalmente

la “pubblicità” con la “verbalizzazione”, in quanto

la mancanza della prima comporta immediato

motivo d’annullamento della procedura, mentre

la mancanza e/o incompletezza della seconda

necessita di ulteriore approfondimento per poter

condurre all’eventuale annullamento della gara.

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RREEVVIISSIIOONNEE PPRREEZZZZII

REVISIONE PREZZI: CARATTERISTICHE DELLA SUA “IMPERATIVITÀ”

Consiglio di Stato,V, 22/10/2012, n. 5395 Il riconoscimento della revisione-prezzi nei

contratti della P.A. ha natura imperativa, ragion

per cui le disposizioni contenute in un contratto e

contrastanti con tale disposizione non solo sono

da considerarsi nulle ex art. 1419 cod.civ., ma

devono altresì anche essere sostituite - ai sensi

dell'art. 1339 cod.civ – proprio dalla norma che

prevede detta revisione-prezzi. Allo stesso modo

il riconoscimento della revisione, condizionato

tuttavia da forme particolari (istanza da inviare

esclusivamente tramite raccomandata con

ricevuta di ritorno) deve considerarsi nullo, in

quanto la norma di legge non impone alcuna

formalità “tassative” ai fini dell'ammissibilità

della richiesta revisionale, così come non può

essere introdotto un termine di decadenza, entro

cui dover obbligatoriamente formulare la

richiesta (a pena d'inammissibilità) della

revisione-prezzi in quanto, anche in tal caso, la

norma imperativa non prevede alcuna limitazione

in tal senso. In conclusione, quindi, la revisione-

prezzi è istituto obbligatorio ed intangibile, posto

a garanzia del corretto dispiegarsi del rapporto

contrattuale di durata e, per tale motivo, non

disponibile alla diversa volontà delle parti

contraenti.

LA REVISIONE PREZZI SI PRESCRIVE IN 5 ANNI

Consiglio di Stato, V, 10/9/2012, n. 4783 Con chiarezza il Consiglio di Stato ha stabilito

che la richiesta di revisione-prezzi in un

contratto di durata possa essere formulata

dall'appaltatore nel rispetto del termine

prescrizionale “stabilito per le prestazioni che

devono essere in modo periodico e, quindi [.]

dall'art. 2948, n. 4)“ del codice civile, che

dispone in 5 anni detto termine. Pertanto ogni

appaltatore ha il diritto di chiedere

l'aggiornamento del prezzo contrattuale

“retroagendo” fino a cinque anni prima la data

stessa in cui ha deciso di formulare tale

richiesta.