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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO STRUMENTI CLXXXIV Congregazione degli studi La riforma dell’istruzione nello Stato pontificio (1816-1870) Inventario a cura di MANOLA IDA VENZO MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI 2009

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PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

STRUMENTI CLXXXIV

Congregazione degli studiLa riforma dellistruzione nello Stato pontificio

(1816-1870)

Inventarioa cura di

MANOLA IDA VENZO

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALIDIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

2009

A Leonardo e Valerio

PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO

STRUMENTI CLXXXIV

Congregazione degli studiLa riforma dellistruzione nello Stato pontificio

(1816-1870)

Inventarioa cura di

MANOLA IDA VENZO

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALIDIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI

2009

DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVIServizio III - Studi e ricerca

Direttore generale per gli archivi: Luciano ScalaDirettore del Servizio III: Patrizia FerraraCura redazionale: Maria Grazia Lippolis

Hanno collaborato: schedatura analitica e informatizzazione dei dati, Maria Idria Gurgo (bb. 97-204);Angelina Procaccia (bb. 316-430); Anna Risi (bb. 431-567); Maria Gloria Aquilina(bb. 205-315) ricondizionamento del fondo e revisione di parti dinventario, Maria Idria Gurgoprogetto informatico, Gemma Pusceddu elaborazione immagini, Luisa Salvatori

Si ringraziano Ludovica de Courten e Antonella Mul per la consulenza scientifica

2009 Ministero per i beni e le attivit culturaliDirezione generale per gli archivi

ISBN 978-88-7125-300-8Vendita: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Libreria dello Stato

Piazza Verdi 10, 00198 Roma

Stampato da:Tipografia Mura - Roma

SOMMARIO

Prefazione di Patrizia Ferrara

INTRODUZIONELa Congregazione degli studi e la riforma dellistruzione

Le origini

La scolarit in antico regime

Istruzione primaria

Istruzione secondaria

Istruzione superiore

Le riforme dei francesi

La Restaurazione e la riforma degli studi

Studi superiori

Scuole primarie

Scuole secondarie

Accademie, associazioni culturali, bande musicali

Provvedimenti in tempo di crisi

La Congregazione degli studi, larchivio, linventario

VII

XI

XII

XVIII

XXVII

XXIX

XXXII

XLI

XLIII

XLVI

XLVII

XLIX

SommarioVI

INVENTARIO

Congregazioni preliminari alla riforma degli studi

Congregazioni ordinarie

Segreteria - Atti diversi

Note informative sugli istituti di istruzione

Contabilit

Universit di Bologna

Universit di Camerino

Universit di Ferrara

Universit di Macerata

Universit di Perugia

Universit di Roma

Universit di Urbino

Istituti di istruzione nei comuni

Personale - Istanze

Rescritti

APPENDICECostituzione Quod divina sapientia

INDICI

Indice dei nomi

Indice dei luoghi

TAVOLA DI RAFFRONTO

3

9

21

29

35

53

71

85

97

111

125

161

173

353

491

493

539

857

873

La documentazione prodotta dalla Congregazione degli studi, di cui si pub-blica oggi linventario, testimonia limpegno posto dallo Stato pontificio - allin-domani della Restaurazione - nel riformare il mondo dellistruzione in tutti isuoi gradi, nelle quattro regioni che costituivano allora il suo ambito territoria-le: Lazio, Marche, Umbria, Emilia Romagna. Si tratta di documenti di grandeimportanza sia per la molteplicit dei soggetti cui la Congregazione degli studisi rivolgeva, sia per la notevole estensione territoriale di riferimento.

il 1824 quando questa Istituzione dedicata alla scuola e alluniversit siaffaccia sulla scena istituzionale dello Stato pontificio, con le funzioni propriedi un dicastero centrale, ed il 1870 quando cessa di esistere, alla caduta delloStato pontificio medesimo. Un breve, ma intenso arco di vita: 46 anni dedicatia sovrintendere infatti non solo alle scuole e alle universit, ma a tutte le asso-ciazioni di carattere culturale presenti sul territorio.

Le carte - subito dopo la cessazione della Congregazione degli studi - furonoacquisite dallArchivio di Stato di Roma, dove vennero realizzati un primo rior-dinamento e uninventario sommario, che per non dava certo conto della ric-chezza e della vasta gamma di tipologie documentarie contenute nel fondoarchivistico. Questo infatti - pur dotato al suo nascere di un titolario di classifi-cazione - al momento del versamento allArchivio di Stato di Roma aveva smar-rito completamente il proprio impianto originario e subto successivamenteanche la distruzione dei registri di protocollo.

Pertanto gli studi sulla storia dellistruzione e delleducazione del periodopre-unitario, antecedenti alla creazione dellinventario che oggi si pubblica,avevano dovuto giocoforza privilegiare la realt romana, non solo perch sededel papato e della curia, ma soprattutto per la penuria delle fonti conosciuterelative alle altre zone del territorio pontificio.

Linventario analitico, oggetto dellattuale pubblicazione e frutto di un lungoe complesso lavoro, ha invece consentito di ridisegnare la fisionomia originariadelle serie documentarie e di ricostruire i relativi fascicoli, facendo emergeretutta quella documentazione assai eterogenea, della quale si ignorava lesisten-za, contenuta proprio nei singoli fascicoli: verbali, carteggi, testi normativi,bozze di regolamenti, istanze, relazioni, disegni, opuscoli a stampa, documen-ti relativi a tutte le zone del territorio pontificio.

La descrizione analitica del fondo, quindi, fornisce oggi uno strumento checonsente di allargare larea di indagine a tutto il territorio dello Stato pontificio,rendendo visibili le realt dei comuni grandi e piccoli che lo componevano, edando corpo allumanit che afferisce al mondo della scuola e alle professioni aquesto collegate: maestri, scolari, docenti, levatrici, padri di famiglia.

Tale variegata molteplicit si riflette sugli indici dei toponimi e dei nomi dipersona, che corredano linventario e che risultano particolarmente corposi e diper s significativi.

Anche le tavole a colori, tratte dal fondo archivistico e pubblicate nel volume,riflettono in modo compiuto la molteplicit dei soggetti che interagivano con laCongregazione degli studi e leterogeneit della documentazione prodotta:patenti per insegnare, diplomi, regolamenti, materiali cartografici ed iconogra-fici, spartiti musicali, e altro ancora.

Proprio la grande variet di tipologie documentarie presenti nel fondo harichiesto un notevole impegno da parte della curatrice dellinventario e dei cura-tori redazionali, per il necessario adeguamento agli standard di pubblicazionedegli inventari messi a punto negli anni dalla Direzione generale per gli archivi.

Prima di concludere questa breve premessa, vorrei sottolineare il rigore scien-tifico e lampio quadro di riferimento storico-istituzionale che la curatrice traccianellintroduzione allinventario, descrivendo levolversi delle strutture preposteallistruzione e alleducazione nel terre dei papi a partire dai secoli antecdenti allaRestaurazione, muovendo dalla scolarit in antico regime e giungendo, attraver-so gli avvenimenti del periodo napoleonico e della stessa Restaurazione, fino allariforma degli studi avviata nel pi vasto contesto di riforma amministrativa delloStato da Pio VII nel 1816 e attuata dal suo successore Leone XII nel 1824.

PATRIZIA FERRARADirigente del Servizio Studi e ricerca

PrefazioneVIII

INTRODUZIONE

LA CONGREGAZIONE DEGLI STUDIE LA RIFORMA DELLISTRUZIONE

LE ORIGINI

La Congregazione degli studi venne istituita nel 1824 con funzioni di dica-stero centrale preposto al coordinamento e al controllo di tutto ci che afferi-va allambito dellistruzione.

Lo Stato pontificio intendeva cos farsi carico della gestione centralizzatadellistruzione mediante un progetto di riorganizzazione del sistema scolasti-co nei vari gradi, dallistruzione primaria a quella superiore. Gi in passatoerano stati fatti alcuni tentativi in tal senso, falliti in breve tempo senza lascia-re segni tangibili. Infatti, con i brevi Dum attentae sollecitudinis del 23 gen-naio 1552 e Pastoralis officii del 27 marzo 1552, Giulio II aveva istituito unaCongregazione cardinalizia a cui erano affidate la presidenza e la protezio-ne degli studi e che avrebbe vigilato anche sullUniversit. In seguito, nel 22gennaio 1588, Sisto V con la bolla Immensa aeterni Dei istitu quindici con-gregazioni preposte a vari ambiti amministrativi: tra queste al decimo postoinser la congregazione Pro Universitate Studi Romani, composta di cinquecardinali, con lincarico di presiedere agli studi e in particolar modo alla rifor-ma universitaria. Le sue competenze - estese a tutte le universit dello Stato eanche ai collegi esistenti in Roma dei Greci, dei Maroniti e dei Neofiti - furo-no esercitate attraverso i pontificati successivi, fino a quello di Innocenzo XI(1676-1689), quando la congregazione cess di esistere non essendo statinominati nuovi cardinali in sostituzione dei defunti.

Allindomani della Restaurazione il tema dellistruzione torn dattualit,sia in generale per unesigenza di razionalizzazione e di riorganizzazionedellintera impalcatura amministrativa sia, in particolare, per la necessit cheaveva lo Stato pontificio, appena risorto e gi attraversato da focolai di rivol-ta, di controllare i settori della formazione e della cultura, di riconfessiona-lizzare dunque lintero sistema didattico ed educativo. Fin dalle origini,infatti, essendo un organismo teocratico, nello Stato pontificio la componen-te religiosa e quella civile e politica fungevano da reciproco sostegno, esoprattutto ci avveniva nellambito dellistruzione. Basti pensare che lescuole primarie erano tenute per lo pi dal clero regolare e secolare e chelistruzione secondaria era appannaggio esclusivo degli ordini regolari (i varicollegi dei gesuiti, degli scolopi, dei barnabiti, e cos via).

LA SCOLARIT IN ANTICO REGIME

Per inquadrare convenientemente loperato della Congregazione deglistudi e le novit apportate dalla sua istituzione, appare opportuno rifarsi allasituazione del sistema scolastico prima della Restaurazione.

Va detto, per, che nelladottare per let pontificia i termini istruzioneprimaria, istruzione secondaria e istruzione superiore - attualmente in uso -si opera una forzatura, in quanto i confini tra i vari gradi di apprendimentonon erano, nelle societ preunitarie, cos delineati come oggi. Si pu ritene-re che le prime classi, in cui si apprendeva il leggere, lo scrivere e il far diconto, definite abecedarie, corrispondessero alle attuali primarie e che leclassi successive, della grammatica, umanistica e retorica, si configurasseroallincirca come le nostre scuole medie, in grado dunque di offrire una pre-parazione propedeutica ai gradi secondari o superiori di scolarit. Listruzio-ne che noi oggi consideriamo secondaria, e che invece anticamente era defi-nita superiore, veniva impartita nei collegi e nei seminari gestiti da ordinireligiosi e, per le donne, negli educandati dei monasteri.

Istruzione primaria

Per listruzione elementare esistevano molteplici scuole tenute dal cleroregolare e secolare o, in numero minore, da privati. A partire dalla fine delCinquecento sorse unofferta formativa alquanto articolata, rivolta a tutti glistrati sociali, soprattutto per opera di ordini religiosi che vedevano nel-listruzione un veicolo di confessionalizzazione, ma anche un mezzo diriscatto sociale delle plebi1.

IntroduzioneXII

1 Per lo studio dellistruzione primaria a Roma e nello Stato pontificio si segnalano: C.L. MORI-CHINI, Degli istituti di pubblica carit e distruzione primaria in Roma, Roma, Stamperia del-lOspizio apostolico presso Pietro Aurelj, 1835; L. GRIFI, Breve ragguaglio delle opere pie di cari-t e beneficenza ospizi e luoghi di istruzione della citt di Roma, Roma, Tip. della ReverendaCamera Apostolica (dora in poi R.C.A.), 1862; E. FORMIGGINI SANTAMARIA, Listruzione popolarenello Stato Pontificio (1824-1870), Bologna-Modena, Formiggini, 1909; G. PELLICCIA, La scuolaprimaria a Roma dal secolo XVI al XIX, Roma, Edizioni dellAteneo, 1985; Il catechismo e lagrammatica, a cura di G.P. BRIZZI, Bologna, Il Mulino, 1985; R. SANI, Istruzione e istituzioni edu-cative nella Roma pontificia (1815-1870), in Chiesa e prospettive educative in Italia tra Restau-razione e Unificazione, a cura di L. PAZZAGLIA, Brescia, Editrice La Scuola, 1994, pp. 707-770; ID.,Maestri e istruzione primaria e popolare nella penisola tra 600 e 700: il caso romano, in ID.,Educazione e istituzioni scolastiche nellItalia moderna (secoli XV-IX), Milano, Isu UniversitCattolica, 1999, pp. 585-630; A. ASCENZI, G. FATTORI, Lalfabeto e il catechismo. La diffusione dellescuole di mutuo insegnamento nello Stato Pontificio (1819-1830), Pisa-Roma, Istituti Editorialie Poligrafici Internazionali, 2006; Scuola e itinerari formativi dallo Stato Pontificio a Roma

A Roma, in particolar modo, si diffusero: le scuole pie degli scolopi, fon-date da Giuseppe Calasanzio, con sede in S. Pantaleo e in S. Lorenzo in Borgo;quelle dei lassalliani, dette degli ignorantelli poich escludevano dai loroprogrammi lo studio del latino, in Trinit dei Monti e in S. Salvatore in Lauro;quelle dei padri dottrinali, in S. Maria in Monticelli e in S. Agata in Trastevere;le scuole parrocchiali che, presenti gi in antico regime in molti rioni di Roma,sarebbero poi state incrementate da Leone XII e poste alle dipendenze dellaCommissione dei sussidi.

Pi facilmente riconducibili allattuale concetto di scuola pubblica erano lescuole regionarie o rionali. Diffuse nei vari rioni di Roma, richiedevano agliscolari il pagamento di una retta mensile, fatta eccezione per i pi poveri2.Erano sottoposte al rettore dellUniversit di Roma che, oltre a concedere aimaestri la patente annuale per insegnare, esercitava un ruolo di controllo tra-mite visite periodiche.

Per le donne lofferta era altrettanto variegata, anche se le scuole spesso silimitavano allinsegnamento religioso e dei lavori donneschi3. Le fanciulledelle famiglie aristocratiche e abbienti, in grado di pagare gli alimenti pote-vano accedere agli educandati presso i monasteri, dove ricevevano una pre-parazione di base finalizzata al matrimonio o alla monacazione e in alcunicasi, a seconda delle disponibilit della famiglia e del monastero, potevanoaspirare a un livello di insegnamento pi alto e sofisticato4.

La scolarit in antico regime XIII

capitale. Listruzione primaria, a cura di C. COVATO e M.I. VENZO, Roma, Edizioni Unicopli, 2007.Si segnalano inoltre i saggi riguardanti lo Stato pontificio presenti in: P.F. GRENDLER, La scuola nelRinascimento italiano, Roma-Bari, Laterza, 1991; Listruzione in Italia tra Sette e Ottocento.Lombardia-Veneto-Umbria. I. Studi, a cura di A. BIANCHI, Brescia, Editrice La Scuola, 2007.2 Nel 1646, per evitare abusi da parte degli insegnanti, venne stabilito un tariffario che prevede-va una retribuzione differenziata a seconda della disciplina insegnata e si impose linsegnamentogratuito agli scolari poveri, il cui stato di indigenza doveva essere certificato dal parroco e confer-mato dal rettore. Sulla figura del maestro regionario e sul suo rapporto con lUniversit si veda G.ADORNI, Ludimagistri, grammatici, maestri regionari e universit di Roma, in Scuola e itinerariformativi dallo Stato Pontificio a Roma capitale. Listruzione primaria, cit., pp. 191-206.3 Per listruzione femminile popolare a Roma, cfr.: G. PELLICCIA, Educazione femminile a Romanei secoli XVI-XVII, in Motivi storici delleducazione femminile 1500-1650, Bari, Editorialebari,1980; ID., Scuole di catechismo e scuole rionali per fanciulle nella Roma del Seicento, in Ricer-che per la storia religiosa di Roma, 1980, 4, pp. 237-268; M. CAFFIERO, La femminilizzazione reli-giosa, in EAD., Religione e modernit in Italia (secoli XVII-XIX), Pisa-Roma, Istituti Editoriali ePoligrafici Internazionali, 2000, pp.111-189; R. SANI, Istituti religiosi e istruzione popolare nellaRoma pontificia: aspetti di una modernizzazione scolastica ed educativa, in Scuola e itinerariformativi dallo Stato Pontificio a Roma capitale. Listruzione primaria, cit., pp. 707-770. PerlUmbria cfr.: Listruzione in Italia tra Sette e Ottocento, cit.4 Per gli educandati in et moderna si veda in particolar modo G. ROCCA, Gli educandati nellaRoma pontificia dal Concilio di Trento al 1873, in Scuola e itinerari formativi dallo Stato Pon-tificio a Roma capitale. Listruzione primaria, cit., pp.145-190.

Per le famiglie dei ceti popolari in grado di pagare una retta, esistevano lescuole regionarie femminili, tenute da maestre che ricevevano dal cardinalvicario la patente per insegnare. Nel corso del Seicento sorsero scuole gratui-te per laccoglienza di fanciulle povere: le scuole pontificie, istituite da Ales-sandro VII, e quelle tenute dalle orsoline, fondate da Angela Merici.

Sul finire del XVII secolo, per iniziativa di Rosa Venerini e Lucia Filippini5, sidiffusero le Scuole pie femminili dapprima nellalto Lazio e poi a Roma. Tenuteda maestre laiche, che vivevano in comunit con un abito, erano indirizzate allefanciulle delle classi popolari e miravano a formare buone mogli e madri ingrado di trasmettere ai propri figli i principi della vita cristiana6.

A fianco delle scuole maschili e femminili si collocavano poi un grannumero di istituti di assistenza denominati ospizi, che fornivano a fanciullipoveri o orfani rudimenti di istruzione e di avviamento al lavoro. Per le donnebisognose esistevano invece i conservatori. Nati come luoghi di carit perconservare lonore delle donne orfane o zitelle e povere, dunque esposte alpericolo di corruzione morale, si configuravano prevalentemente come istitu-ti di accoglienza e di avviamento al lavoro. Listruzione era finalizzata allap-prendistato e alla catechizzazione; in qualche caso vi si insegnava a leggere e,solo eccezionalmente, a scrivere. Molti di questi istituti, sia ospizi che conser-vatori, avevano acquisito nel tempo una funzione didattica nella formazionedi artigiani e di mano dopera qualificata, caratterizzandosi come scuole diavviamento professionale7.

IntroduzioneXIV

5 Per le maestre pie, cfr.: G.A. ABBO, LIstituto delle Maestre Pie Filippini e la S. Sede, raccoltadi documenti con introduzione, note, traduzioni e appendici, Roma 1962; S.S. MACCHIETTI, RosaVenerini allorigine della scuola popolare femminile. Lazione educativa del suo Istituto dal1685 ad oggi, Brescia, La Scuola, 1986.6 Allinizio del 600 un primo tentativo di fondare scuole non monastiche era stato fatto da MaryWard e dalle Dame inglesi, definite gesuitesse in quanto si proponevano come lequivalentedei gesuiti per listruzione femminile. Lordine fu soppresso da Urbano VIII con la bolla del 13gennaio 1631 e solo nel 1909 Pio IX riconobbe Mary Ward come fondatrice. Cfr.: J. GRISAR, MariaWard e il suo istituto secondo i testi originali, Roma, Tipografia A. La Valle, 1969; E. WETTER, Isti-tuto della Beata Vergine Maria Dame Inglesi, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, 5,Roma, Edizioni Paoline, 1978.7 Sui conservatori, cfr. A. GROPPI, I conservatori della virt. Donne recluse nella Roma dei papi,Roma-Bari, Laterza, 1994. Come lautrice mette in luce, i conservatori non furono luoghi di solaassistenza, ma neanche stabilimenti di istruzione, collocandosi in una sede intermedia tra que-ste due funzioni. Essi rientrano in quella rete di assistenza con la quale lo Stato garantiva lasopravvivenza dei cittadini bisognosi, in questo caso gli orfani e le donne, considerati soggettipi deboli e quindi esposti al pericolo di corruzione morale. Sugli ospizi, cfr.: G. CIANFROCCA, Lapresenza delle scuole pie nellospizio apostolico S. Michele a Ripa grande di Roma (1684-1798),in Archivum Scholarum Piarum, XXVIII (2004), 56, pp. 71-154; G. ROSSI, Assistenza e istruzio-ne a Roma: lospizio di S. Maria degli angeli prima dellUnificazione, in Scuola e itinerari for-mativi dallo Stato Pontificio a Roma capitale. Listruzione primaria, cit, pp. 317-328. Sulle stra-tegie di contenimento della povert messe in atto dal governo pontificio si vedano: La carit

Anche gli ebrei, presenti nello Stato pontificio in gran numero, ma soprat-tutto concentrati nel ghetto di Roma, ricevevano unistruzione elementare tra-mite la Scuola d putti (detta anche Istituto di Talmud Tor). La scuola, di cuinon si conosce lanno di fondazione, rese istituzionale listruzione dei bambi-ni e dei ragazzi ebrei, confinata precedentemente nellambito familiare dovela formazione veniva curata dalla madre, e successivamente dal padre o da unprecettore stipendiato. Leducazione impartita era sia religiosa, lo studio dellaTor, sia civile e comprendeva materie quali la lingua italiana, la letteraturagreca e la matematica. I maestri non esercitavano la loro attivit allinterno diun unico edificio ma fornivano le loro prestazioni o nelle proprie case o inlocali interni al ghetto, presi in affitto e per i quali ricevevano unindennit daparte della scuola8.

Lo schematico quadro fin qui tracciato, che riproduce la poliedrica realtdegli istituti esistenti a Roma, corrisponde anche, con le dovute proporzioni,a quello delle maggiori citt pontificie.

Le varie tipologie di scuole menzionate agivano in totale autonomia. Alcu-ne erano gratuite altre a pagamento; i loro programmi di insegnamento pote-vano includere materie dissimili - come ad esempio contemplare o meno lostudio del latino, della storia o ancora linsegnamento della scrittura - e offri-re quindi vari livelli di alfabetizzazione, a seconda del censo o del sesso.

Diversa era la situazione nei piccoli centri urbani, dove esistevano le cosid-dette scuole comunali, i cui maestri venivano scelti per ballottaggio e pagatidalle amministrazioni stesse. I maestri per lo pi appartenevano al clero espesso era il parroco a tenere scuola. Lofferta formativa talvolta era di buonlivello, ma pi spesso si limitava ai primi rudimenti del leggere e, non sempre,dello scrivere, e poteva anche accadere che alcune comunit rimanesserosprovviste di scuole per decenni interi. La qualit e il grado di istruzione chei piccoli comuni erano in grado di promuovere era legata non solo alle dispo-nibilit finanziarie, ma anche alla sensibilit degli amministratori cui spettavail compito di selezionare e pagare i maestri o di appaltare listruzione agliordini religiosi. Dalla documentazione a noi pervenuta, si pu constatare cheun ruolo fondamentale nellambito dellistruzione era svolto dalle famiglie:spesso, infatti, erano i cosiddetti padri di famiglia a rendersi parte attiva e afare pressioni per ottenere maestri migliori, chiedere la riapertura di scuole

La scolarit in antico regime XV

cristiana in Roma, a cura di V. MONACHINO, Bologna, Cappelli Editore, 1968; Q. QUERINI, Labeneficenza romana dagli antichi tempi fino ad oggi, Roma, Tipografia Tiberina di F. Setth,1892; M. PICCIALUTI, La carit come metodo di governo: istituzioni caritative a Roma dal ponti-ficato di Innocenzo XII a quello di Benedetto XIV, Torino, Giappichelli, 1994. 8 Cfr. S.H. ANTONUCCI, C. PROCACCIA, G. SPIZZICHINO, La compagnia Talmud Tor e listruzionenel ghetto di Roma, in Scuola e itinerari formativi dallo Stato Pontificio a Roma capitale.Listruzione primaria, cit., pp. 82-90.

chiuse o listituzione di livelli superiori di insegnamento. Denunce, a volte informa anonima, e petizioni, sottoscritte da intere comunit, pervenivanonumerose ai vescovi e agli amministratori per disapprovare loperato di unmaestro, per chiedere aule migliori o per opporsi alla chiusura di una scuola.

Un considerevole sostegno alle scarse risorse pubbliche era costituito daicosiddetti legati causa studiorum, cio lasciti testamentari finalizzati agarantire laccesso allo studio ai discendenti del testatore, oppure vincolatial mantenimento agli studi superiori di alcuni giovani meritevoli, o destina-ti alla creazione di opere pie con fini di istruzione. I lasciti erano di solitoeffettuati da nobili o da personalit del mondo religioso o culturale; si veri-ficava per, con una certa frequenza, che questi fossero impugnati daglieredi e che le cause si trascinassero a lungo, sottraendo cos quelle risorseallistruzione.

I maestri sia nelle citt come in campagna disponevano di uno scarso baga-glio culturale e didattico. I vari studi condotti sul loro stato sociale li descrivo-no come provenienti in larga misura dal clero - questo era infatti un requisitosufficiente per poter esercitare linsegnamento -, mentre i maestri laici eranoper lo pi professionisti o artigiani disoccupati o semi-occupati, che possede-vano la patente di maestro, ma che spesso tenevano anche scuole abusive. Irequisiti necessari per la concessione della patente erano saper leggere, scri-vere e far di conto, ma titolo essenziale era soprattutto la buona condottamorale e religiosa. Non esistevano scuole di formazione per maestri n, finoalla cessazione dello Stato, si sarebbero mai costituite9. Alcuni tentativi furono

IntroduzioneXVI

9 In alcuni stati esperienze formative per maestri sorsero sin dai primi dellOttocento: nel Lom-bardo-Veneto i maestri seguivano corsi di tre o sei mesi, a seconda del grado scolastico in cuiavrebbero dovuto insegnare e gi nel 1836 esistevano, nel solo Veneto, 36 corsi di metodica cheprevedevano tre ore settimanali di metodica a carattere generale e due di metodica dellistruzio-ne religiosa; nello Stato piemontese erano in funzione le scuole di metodo, brevi corsi tesi adare qualche nozione di didattica e di metodo a quanti volessero intraprendere la carriera magi-strale, la prima delle quali fu tenuta da Ferrante Aporti a Torino nel 1844. Bench tali scuoleriscuotessero molto successo, furono per viste sempre con sospetto dai governi, in quanto rite-nute a rischio di inquinamento ideologico e politico e comunque rappresentanti unaperta con-testazione del monopolio gesuitico. Nello Stato pontificio non furono mai ufficialmente vietatema una forte resistenza proveniva proprio dai vescovi, in quanto il compito di formare maestrisi riteneva di pertinenza degli ordini religiosi. La legge Lanza del 20 giugno 1858 istitu la Scuo-la normale, che fu successivamente riconfermata nel 1859 dalla legge Casati. Sullargomento sivedano tra laltro: G. RICUPERATI, La scuola nellItalia Unita, in Storia dItalia, vol. V, tomo 2, IDocumenti, Torino, Einaudi, 1973, pp. 1693-1736; S. ULIVIERI, I maestri, in Listruzione di basenella politica scolastica dallunit ai giorni nostri (1859-1977), a cura di T. TOMASI, Firenze, Val-lecchi, 1978, pp.165-184; E. CATARSI, LEducazione del popolo. Momenti e figure dellistruzionepopolare nellItalia liberale, Bergamo, Juvenilia, 1985; F. DE VIVO, La formazione del maestrodalla legge Casati ad oggi, Brescia, La Scuola, 1986; E. FARDA, Appunti sulla condizione del mae-stro dallUnit alla fine dellOttocento, in I Problemi della Pedagogia, XL (maggio-giugno1994), 3, pp. 213-223.

fatti sotto il governo francese, ma i vari progetti non ebbero esito10. La compo-sizione del corpo docente era soprattutto maschile e soltanto nel corso del-lOttocento si sarebbe modificata a favore di una pi larga presenza femmini-le. La retribuzione dei maestri era spesso di forma mista, poich veniva datoloro un appannaggio in parte dal comune in parte dagli scolari. Se i maestriregionari primari a Roma erano stipendiati dallUniversit, i maestri subordi-nati invece non ricevevano retribuzione e quindi richiedevano una retta agliscolari; per incrementare i guadagni era inoltre concesso loro di ospitare glistudenti nelle proprie case a dozzina. Questa forma mista di pagamento eramolto diffusa anche nei piccoli centri: nel sesto giorno della settimana gli sco-lari dovevano consegnare al maestro la norma, e tale prassi causava nonpochi inconvenienti11. Le retribuzioni erano comunque modeste e questofaceva s che spesso nei piccoli centri gli stessi parroci o maestri di cappellariunissero in s anche il ruolo di maestro comunale.

Figura screditata, scarso reddito e status sociale basso formavano dunque uncircolo vizioso tendente a perpetuarsi e determinavano, nella maggior parte deicasi, un livello professionale assai mediocre12. Nella documentazione di questofondo archivistico presente unimpressionante casistica di procedure di rimo-zione o di sospensione dei maestri. Le imputazioni a loro carico si riferiscono avecchiaia eccessiva, incompetenza, costumi immorali e, spesso, cattiva condot-ta politica (i cosiddetti maestri settari). Il procedimento di destituzione era ilpi delle volte messo in moto da reclami della popolazione, pervenuti spessoin forma anonima, o da petizioni sottoscritte dai padri di famiglia13.

Bench la varie tipologie di scuole, sia in citt che nei piccoli centri, diffe-rissero tra loro per programmi e livello qualitativo, tutte destinavano per i

La scolarit in antico regime XVII

10 Nella documentazione del fondo, nella serie Istituti di istruzione nei comuni, fasc. 1262.2, sisegnala un carteggio sul progetto governativo di istituire in Ascoli una scuola normale per la for-mazione dei docenti (1809-1811).11 A Leprignano, il maestro don Carlo Barbetti chiedeva di abolire luso della norma, richiesta agliscolari ogni sabato, poich usata per giocare dazzardo o comperare dolci, mentendo poi al mae-stro sul suo utilizzo (AS ROMA, Congregazione degli studi, Istituti di istruzione nei comuni, fasc.1534). Agli amministratori di Guarcino, probabilmente in seguito a reclami, la Congregazione deglistudi mandava a chiedere informazioni circa lusanza della norma ogni sabato (Ibid., fasc. 1515).12 Cfr. G. VIGO, Istruzione e sviluppo economico in italia nel secolo XIX, Torino, ILTE, 1971.13 A Ceccano, i padri di famiglia si lamentano della trascuratezza dellistruzione offerta ai lorofigli (AS ROMA, Congregazione degli studi, Istituti di istruzione nei comuni, fasc. 1373); a Cittdella Pieve piovono reclami contro il maestro padre Francesco Simoncelli, poich usa una gram-matica manoscritta composta da lui, giudicata incomprensibile (Ibid., fasc. 1392); a Ripatranso-ne i maestri vengono accusati di inettitudine e vita scandalosa (Ibid., fasc. 1796); il popolo di Ripilamenta che la maestrina tagliata alluso della moderna filosofia non conosce veruna prati-ca di religione, ammette a consorzio con le fanciulle persone immorali (Ibid., fasc. 1799); ecos via. I ricorsi e le denunce contro i maestri sono moltissimi e ci restituiscono un quadro avolte vivace ma pi spesso desolante.

primi anni allinsegnamento del leggere e, con alcune limitazioni, dello scri-vere. Il metodo pi diffuso era quello della compitazione. In un grande tabel-lone appeso al muro (balsamino) erano riportate le lettere e le sillabe, che gliscolari dovevano ripetere ad alta voce insieme al maestro. Nei gradi successi-vi di apprendimento venivano introdotte nozioni di matematica elementareper mezzo dellabaco e lo studio della grammatica italiana e latina.Quasi ovunque venivano adottati gli stessi libri di testo, che rimasero pres-soch immutati fino alla cessazione dello Stato. A partire dal 1727 furonostampati presso la tipografia dellOspizio S. Michele, che aveva ricevuto daBenedetto XIII la privativa della stampa dei libri di testo per le scuole infe-riori. Tale privativa fu rinnovata nel 1826 e ancora nel 1856: lelenco dei librimenzionati rimase comunque invariato. Tra i titoli principali si trovano: Vitadi Giosafat, Leggendario di alcune sante vergini le quali vollero morire perGes, Le sette trombe per risvegliare il peccatore a penitenza, Centuria diesempi, Ianua grammaticae, Ciceronis orationes selectae, Emanuel gram-matica, e cos via14.

Molti di questi testi continuarono ad essere utilizzati da intere generazioni.Studi recenti hanno messo in luce come il loro uso abbia contribuito a conso-lidare modelli didattici e formativi che, riproposti in varie aree della penisolaa opera degli ordini religiosi dediti allinsegnamento, determinarono una sortadi omogeneit culturale che precedette quella politica15.

Istruzione secondaria

Listruzione secondaria era appannaggio esclusivo degli ordini religiosiche, in assenza di una politica scolastica da parte degli Stati, svolsero in que-stambito un ruolo fondamentale. Nei primi decenni del sec. XVI, il fiorire di

IntroduzioneXVIII

14 Copia di questa normativa conservata in AS ROMA, Congregazione degli studi, Istituti diistruzione nei comuni, fasc. 1814.10.15 Cfr. S. DAINOTTO, I libri di testo: autori, editori e tipografi (secc. XVI-XIX), in Scuola e itine-rari formativi dallo Stato pontificio a Roma capitale. Listruzione primaria, cit., pp. 91-119. Perun approfondimento su questo argomento si vedano anche: P. LUCCHI, La Santacroce, il Salterioe il Babuino: libri per imparare a leggere nel primo secolo della stampa, in Quaderni storici,1978, 38, n. monografico Alfabetismo e cultura scritta, pp. 593-630; E. VACCARO, I libri di testonelle scuole dello Stato pontificio durante il secolo XVIII, in Accademie e biblioteche dItalia,XLVII (1979), 5, pp. 357-369; Teseo: tipografi e editori scolastico-educativi dellOttocento, diret-to da G. CHIOSSO, Milano, Bibliografica, 2003, in particolare le voci di R. SANI sulla tipografia delS. Michele e di E. PETRICOLA sulla tipografia Aureli; M.I. PALAZZOLO, Leditoria romana tra domi-nio pontificio e unificazione italiana, in Ricerche storiche, XXV (1995), 3, pp. 653-670. Quan-to alleditoria dedicata al pubblico femminile, si veda A. ASCENZI, Il Plutarco delle donne. Reper-torio della pubblicistica educativa e scolastica e della letteratura amena destinata al mondofemminile nellitalia dellOttocento, Edizioni Universit di Macerata, 2009.

congregazioni e di ordini religiosi costitu indubbiamente una risposta alle esi-genze di rinnovamento della cattolicit post-tridentina ed esercit un ruolofondamentale nella diffusione dei nuovi modelli di vita cristiana. Le direttiveemerse dal concilio di Trento ponevano la cura animarum al centro dellamissione essenziale della Chiesa, sottolineando limportanza della funzionepastorale dei vescovi e del clero al servizio dei fedeli. Alla formazione delclero avrebbero provveduto i seminari, istituiti dai vescovi in ogni diocesi,finalizzati a fornire un bagaglio di conoscenze teologiche e pastorali.

I nuovi ordini che nacquero a partire da allora, sia maschili che femminili,posero al centro del proprio apostolato limpegno attivo nelleducazione cri-stiana, elaborando strategie di penetrazione e di confessionalizzazione attra-verso linsegnamento e leducazione. Tali strategie, daltronde, si intrecciava-no e costituivano una risposta, in assenza di intervento statale, alla domandadi istruzione che proveniva sempre pi massiccia dai ceti popolari e medidella societ oltre che dalle classi dominanti16.

Tra gli ordini che ebbero un ruolo rilevante nel campo dellinsegnamento,ricordiamo: i barnabiti (chierici regolari di S. Paolo, fondati nel 1530); i soma-schi (chierici regolari di Somasca, fondati nel 1534 da Girolamo Miani); igesuiti (fondati da Ignazio di Loyola nel 1540); i padri dottrinari (fondati nel1575); gli scolopi (chierici regolari poveri della Scuole pie, fondati da Giusep-pe Calasanzio nel 1617); i fratelli delle Scuole cristiane (fondati in Francia daJean-Baptiste de La Salle nel 1679); la Compagnia di S. Orsola (fondata nel1535 da Angela Merici); gli istituti delle Maestre pie nei due rami delle fonda-trici Rosa Venerini e Lucia Filippini (fondati sul finire del 600).

Alcuni di questi ordini, come stato messo in rilievo dal Sani17, nacquerogi con la vocazione allinsegnamento - quali gli scolopi, i fratelli delle Scuo-le cristiane, le Maestre pie -, altri abbracciarono solo successivamente lapo-stolato della scuola, come i somaschi, che si dedicarono originariamente allacura dellinfanzia povera e abbandonata e solo in un secondo tempo allinse-gnamento nei collegi o nei seminari diocesani. Gli stessi gesuiti, originaria-mente votati alla diffusione della catechesi e allapostolato missionario, solo

La scolarit in antico regime XIX

16 Per un approccio generale allinsegnamento nei collegi in et moderna cfr.: G. P. BRIZZI, La for-mazione della classe dirigente nel Sei-Settecento: i seminaria nobilium nellItalia centro-settentrio-nale, Bologna, Il Mulino, 1976; Educare la nobilt, a cura di G. TORTORELLI, Bologna, Edizioni Pen-dragon, 2005. Per lOttocento si vedano anche P. STELLA, La proposta educativa degli ordini inse-gnanti tradizionali nel periodo della Restaurazione, in Chiesa e prospettive educative in Italia traRestaurazione e Unificazione, cit., pp. 151-171; R. SANI, Proposte educative e istituzioni scolastichedelle congregazioni e degli ordini religiosi (secc. XVI-XVII), in Educazione e istituzioni scolastichenellItalia moderna, cit., pp. 511-584. Notizie dettagliate sui collegi si ricavano da: Dizionario dierudizione storico-ecclesiastica, Venezia, Tipografia emiliana, 1842, tomo XIII, pp. 139-242; Dizio-nario degli istituti di perfezione, cit.; oltre che dalla letteratura specifica sui singoli istituti.17 Cfr. R. SANI, Proposte educative e istituzioni scolastiche delle congregazioni e degli ordinireligiosi, cit, p. 517 e sgg.

nella seconda met del 500, dietro la necessit di fornire ai propri adepti unaformazione adeguata, organizzarono collegi con insegnamenti propri, che poiaprirono anche a studenti laici.

Numerosi collegi e seminari nacquero dunque a partire dal 500 per operadegli ordini religiosi, diffondendosi rapidamente non solo nelle grandi citt, maanche nei centri minori dello Stato; soprattutto i gesuiti conobbero unespansio-ne vertiginosa, in Italia ma anche in Europa e nel resto del mondo. Nel 1773,quando lordine fu soppresso, le relative fondazioni erano circa 1.600, di cui 800collegi, nei quali prestavano la loro opera circa 15.000 insegnanti.

Fin dalle origini i collegi furono sostenuti e colmati di privilegi dai ponte-fici, che designavano cardinali come loro protettori e nominavano alti prelatiallincarico di deputati.

Regolamenti e statuti, approvati dal pontefice allatto della fondazione,disciplinavano gli indirizzi e la vita interna di tali istituti, stabilendo le modali-t di ammissione, i programmi di studio, le regole di comportamento, lunifor-me degli studenti, ecc.

Gli studenti ammessi venivano distinti in alunni, cio coloro che dal col-legio ricevevano gratuitamente vitto, alloggio e insegnamenti, e convittori,cio coloro che pagavano una retta. Il numero dei primi, di solito stabilitoallatto della fondazione, poteva per variare a seconda delle contingenti con-dizioni economiche del collegio e, col passare degli anni, in quasi tutti i col-legi il loro numero and progressivamente contraendosi.

Alcuni istituti erano riservati fin dallatto della fondazione a membri del cetonobiliare (collegia nobilium), come avveniva a Roma per il Collegio dei nobili e ilCollegio clementino, a Bologna per il Collegio dei nobili di S. Francesco Saverio.

Per essere ammesso nel numero di quelli, che compongono questo Col-legio, necessaria in primo luogo la Nobilt della nascita, per cui non si ricer-ca altra fede, che quella della pubblica fama, cos recitavano le Regole uni-versali da osservarsi da convittori, et alunni del Collegio Clementino delliPadri Somaschi (1600). Nascevano dunque con la precisa vocazione di forma-re le future classi dirigenti.

Ma accadeva anche che istituti, nati da unispirazione di carattere benefico,perdessero rapidamente la vocazione originaria, e riducessero il numero deglialunni. emblematico il caso del Collegio nazareno.

Fondato in Roma nel 1630 dal cardinal Tonti per accogliere preferibilmen-te i pi poveri ma di buona ed egregia indole e ben disposti a buoni studi,come prescrivevano le volont testamentarie del cardinale, fu affidato ai padriscolopi, affini per vocazione originaria allispirazione di un riscatto delle clas-si subalterne attraverso listruzione. Il collegio, che accoglieva originariamen-te solo studenti bisognosi, gi nel 1640 ammise, per sopravvenute difficolteconomiche, il primo giovane a pagamento, al quale molti altri si sarebberoaggiunti, pur tra contrasti e riserve, fino a che il numero degli alunni non si

IntroduzioneXX

contrasse drasticamente a favore dei convittori paganti, determinando cos uncambiamento nella composizione sociale del collegio e un decisivo sviamen-to dalla sua ispirazione originale.

Tale processo di trasformazione interess gran parte dei collegi, che nelcorso del Seicento andarono ovunque assumendo una connotazione semprepi elitaria, trasformandosi in centri di formazione per i futuri quadri dellaclasse dirigente.

Ci determin un cambiamento di indirizzo anche nei programmi di inse-gnamento. Alle materie tradizionalmente insegnate, prevalentemente umani-stiche, si affiancarono gli studi di diritto, di geografia, lo studio delle linguestraniere e laddestramento nelle arti cavalleresche (scherma, equitazione, artimilitari, ecc.); complessivamente questi istituti si orientarono verso una forma-zione polivalente in grado di assolvere alle diverse destinazioni professionalidella classe nobile.

Nel 1678, ad esempio, nel Collegio clementino veniva istituita unaccade-mia di lettere e di arti cavalleresche che assunse il nome di Accademia deglistravaganti (o Extra-vaganti). Qui i giovani si esercitavano nelloratoria e nellapoesia, e a queste discipline si aggiunsero via via lesercizio della scherma, delballo, dellequitazione, della pittura, della musica, della matematica e delle lin-gue straniere. In tal modo il collegio era in grado di fornire ai propri allieviuneducazione ad ampio spettro, funzionale sia alla carriera ecclesiastica chepolitica o militare.

Per quanto riguarda i programmi di insegnamento, quasi tutti i collegi siattenevano al modello della Ratio studiorum dei gesuiti. Questa consisteva inun corpus di norme in forma di codice, elaborato a pi riprese e redatto nellasua versione definitiva nel 1599 (Ratio atque institutio studiorum SocietatisJesu) allo scopo di fornire le regole per tutti gli istituti di formazione gestitidalla Compagnia di Ges. Lordinamento degli studi veniva articolato in trecorsi distinti: umanistico, filosofico, teologico. Il primo comprendeva gli studidi grammatica latina e greca e gli studi di umanit e retorica; il secondo com-prendeva gli studi di logica, fisica, matematica, psicologia, metafisica ed etica;il terzo comprendeva la teologia scolastica, la teologia morale, lebraico e lesacre scritture.

Linsegnamento si articolava nelle seguenti fasi: pre-lezione (lettura lenta ediscorsiva del testo da parte del professore e spiegazione delle sue partiessenziali); ripetizione della lezione (gli alunni, dopo la lezione, la ripetevanoper circa mezzora, in gruppi di dieci, sotto la presidenza di uno di loro);disputa o discussione (una forma di ripetizione, per pubblica: ogni sabato viera una cosiddetta disputa privata; nelle classi inferiori era detta contesa:concertatio); composizione scritta (alla quale seguiva la correzione del mae-stro); declamazione (consisteva nella recita in pubblico di brani tratti da auto-ri classici o di componimenti degli stessi studenti, a cui si sarebbero aggiunte

La scolarit in antico regime XXI

pi tardi le rappresentazioni teatrali). Completavano il quadro pedagogico lecongregazioni mariane e le accademie, riservate agli alunni migliori perspronarli allemulazione le une nella pratica religiosa, le altre nellapprofondi-mento degli studi18.

La Ratio studiorum divenne il modello a cui si conformarono anche i col-legi e i seminari gestiti dagli altri ordini. Cos avvenne per i padri somaschi,chiamati a Roma da Clemente VIII per dirigere il Collegio clementino. Leprime norme per il governo del collegio, Regole universali da osservarsi daconvittori, et alunni del Collegio Clementino delli Padri Somaschi, dettatedallo stesso fondatore nel 1600, e successivamente il Methodus studiorum adusum Congregationis de Somascha, redatto nel 1741 e reso obbligatorio pertutte le scuole tenute dallordine, si ispiravano nellimpostazione pedagogicae nella struttura organizzativa alla Ratio gesuitica.

Anche gli scolopi, chiamati a gestire il Collegio nazareno in quanto affiniper vocazione originaria allo spirito che animava il fondatore cardinale Tonti,diedero ben presto al collegio una direzione diversa, come abbiamo giaccennato, indirizzando gli studi verso una preparazione di tipo elitario e con-formandosi nel metodo e nei regolamenti al modello gesuitico.

E sempre seguendo lesempio dei gesuiti, tutti i collegi si dotarono al pro-prio interno di una o pi accademie in cui si svolgevano attivit extra-scola-stiche: nel Collegio dei nobili a Bologna sorse laccademia degli Argonauti, nelClementino a Roma furono istituite le accademie dei Vogliosi e degli Strava-ganti, nel Nazareno fu creata lAccademia degli incolti che sarebbe poi dive-nuta una colonia dellArcadia.

Gli obblighi a cui gli studenti dovevano attenersi erano stabiliti negli sta-tuti o regolamenti e riguardavano le pratiche di devozione, la disciplina elo studio. Let di ingresso era variabile, andava in genere dai 9 ai 14 anni,mentre i limiti della permanenza venivano fissati in una fascia di et che inmolti collegi fu ampliata per poter fornire ai convittori insegnamenti dilivello universitario.

Regole rigide venivano fissate per labbigliamento degli studenti, chedovevano vestire in maniera discreta e con decoro. Gli studenti del Clementi-no ad esempio, essendo vietate le stoffe preziose, potevano indossareallesterno del collegio abiti di panno durante linverno e di stamigna (telarobusta e ruvida generalmente di cotone) destate, mentre allinterno del col-

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18 Sulla impostazione pedagogica della Ratio cfr.: La Ratio studiorum. Modelli culturali epratiche educative dei Gesuiti in Italia tra Cinque e Seicento, a cura di G.P. BRIZZI, Roma, Bul-zoni, 1981; P. CAIAZZA, I Gesuiti: pedagogia ed etica, in Storia dellItalia religiosa. 2. Letmoderna, a cura di G. DE ROSA-T. GREGORY, Roma-Bari, Laterza, 1994. Sui collegi dei Gesuiticfr.: P. TACCHI VENTURI, Storia della Compagnia di Ges in Italia, Roma, Edizioni La civilt cat-tolica, 1964-1974, 2 voll.

legio dovevano portare una semplice camicia nera con colletto rigido, collareda prete e soprabito di panno o di stamigna a seconda della stagione19.

Lobbligo dellinternato - erano rigorosamente stabiliti i permessi di uscitaed i rientri in famiglia - che tutti i collegi avevano adottato, aveva lo scopo nonsolo di isolare a fini disciplinari gli allievi, ma era finalizzato anche a creare fradi loro rapporti stabili e permanenti.

Anche le vacanze erano organizzate collettivamente e quasi tutti i collegiavevano luoghi a ci deputati. Il Regolamento del Nazareno prevedeva unintero giorno di vacanza alla settimana (destate una mezza giornata liberadallo studio), fuori dal convitto, nella vigna o nel giardino o nei campi di unedificio preso stabilmente in affitto allo scopo. Gli alunni del Clementino tra-scorrevano le vacanze nella villa di S. Cesareo sullAppia; si trasferirono poia villa Lucidi presso Monteporzio Catone e l ripararono in isolamento quan-do nel 1837 scoppi a Roma il colera.

Lisolamento e la condivisione di tutti i momenti della giornata, dallo stu-dio allo svago, erano dunque funzionali a rinsaldare i vincoli di classe tra colo-ro che sarebbero stati i quadri delle gerarchie politiche, ecclesiastiche, milita-ri. Ogni collegio poteva vantare infatti tra i suoi allievi futuri cardinali, papi,letterati, politici.

Molti collegi non si limitarono a dare ai propri allievi di rango unistruzio-ne propedeutica allingresso nelle universit, ma ampliarono il ciclo di forma-zione scolastica fornendo anche un livello di istruzione paragonabile a quellauniversitaria. Se le universit erano frequentate da studenti che volevanointraprendere professioni dotte e liberali a fini di guadagno, quindi soprattut-to dagli appartenenti ai ceti borghesi, le lite aristocratiche compivano il loropercorso formativo nei collegia nobilium, completandolo a volte con precet-tori privati e perfezionandolo infine con il Grand Tour attraverso lEuropa perconoscere e apprezzare dal vivo quanto appreso dai libri20. Le universit veni-vano a trovarsi cos in concorrenza con gli ordini religiosi insegnanti e soprat-tutto con i gesuiti, che avevano ricevuto da Giulio III con la bolla Dilecte filidel 6 febbraio 1552 il privilegio di conferire ai loro studenti i gradi accademi-ci di baccalaureato, licenza, laurea.

A fianco dei collegi finora descritti - cosiddetti di educazione in quantoimpartivano istruzione - si collocavano un gran numero di istituti che non ave-vano propri corsi, ma accoglievano studenti che frequentavano scuole ester-ne; erano fondati da laici o religiosi grazie a lasciti o donazioni e per lo piriservati a studenti provenienti da precise aree geografiche. A Roma a partiredal Cinque-Seicento sorsero diversi collegi che prendevano il nome dalla citt,

La scolarit in antico regime XXIII

19 Cfr. S. ONGER, Labbigliamento negli istituti di educazione maschili in et moderna e contem-poranea, in Annali di storia delleducazione e delle istituzioni scolastiche, 10, 2003, pp. 289-303.20 Si veda E. BRAMBILLA, Licei pubblici e collegi, in Educare la nobilt, cit., pp. 7-41.

dalla regione o dalla nazione che se ne faceva carico21. Nascevano cos il Col-legio germanico ungarico, il Collegio inglese, il Collegio scozzese, il Collegiodei greci e ruteni, il Collegio ibernese, il Collegio pio inglese, il Collegio bel-gico, il Collegio presso i fratelli della dottrina cristiana (per i francesi), il Semi-nario francese, il Collegio americano degli Stati Uniti, il Seminario americanoispano portoghese, e cos via. Roma, in quanto centro della cattolicit e sededella curia papale, si trovava in tal modo a svolgere un ruolo di policentrismoscolastico e culturale. Tali collegi non avevano propri insegnamenti e inviava-no i loro convittori a studiare fuori, per lo pi presso le scuole dei gesuiti opresso le varie universit.

Una ulteriore tipologia formativa era costituita, oltre che dai seminari dio-cesiani, finalizzati alla formazione al sacerdozio, dai seminari-collegi, cheerano istituti misti: essi ammettevano al loro interno sia i candidati al sacer-dozio, sia coloro che intendevano usufruire dellistituto per svolgere i propristudi. Accadeva dunque che i futuri quadri dirigenti sia ecclesiastici che laiciricevessero uneducazione simile, a volte nei medesimi istituti distruzione, eche le future lite laiche frequentassero il Seminario, considerato alla streguadegli altri collegi di formazione.

In molti casi i collegi non erano istituiti direttamente dagli ordini religiosima questi venivano chiamati dai fondatori o dalle amministrazioni comunali adirigerli. Perci poteva verificarsi che diversi ordini si alternassero nel corsodel tempo nella gestione di uno stesso istituto.

A Roma emblematica la vicenda del Collegio romano che, fondato daigesuiti, dopo la soppressione dellordine venne affidato al clero secolare equando Leone XII reintegr la Compagnia di Ges, di nuovo torn non senzacontroversie nelle mani dei gesuiti22.

Vicende analoghe si verificarono anche in altri istituti, soprattutto nei cen-tri minori dello Stato, dove la gestione dei collegi veniva affidata tramite con-venzioni agli ordini religiosi, dando luogo talvolta a vertenze fra questi e gliamministratori per cui lo stesso istituto cambiava pi volte gestione in unbreve lasso di tempo. A Civita Castellana, il comune concord con i gesuitiche il Seminario vescovile aprisse i suoi corsi a tutti i giovani, dietro paga-mento dei maestri da parte dellamministrazione, ma le parti entrarono incausa per il mancato rispetto dellaccordo; a Ronciglione sorse una contro-versia fra il comune e i padri dottrinari sulla gestione dellistruzione pubbli-ca, per il mancato rispetto della convenzione stipulata fra le due parti nel

IntroduzioneXXIV

21 Dalla pubblicazione di L. GRIFI, Breve ragguaglio delle opere pie di carit e beneficenza, cit.,da G. MORONI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, cit., da Dizionario degli istituti diperfezione, cit., si ricavano la mappa dei collegi presenti in Roma, nonch notizie sulla loro ori-gine e attivit.22 Lordine fu soppresso da Clemente XIV con il breve Dominus ac Redemptor del 21 luglio1773. Dopo la bolla di Pio VII del 7 agosto 1814 (Sollicitudo omnium Ecclesiarum) che reinte-

1856; a Terracina per la conduzione del Collegio S. Francesco il comuneentr in trattative prima con i domenicani, successivamente con i barnabiti einfine con i gesuiti23.

Diverso il discorso delleducazione femminile: in questo caso infatti nonsi pu parlare di una vera e propria istruzione di livello secondario in quan-to le donne, essendo escluse dagli studi superiori e dalle professioni, nonavevano accesso a corsi strutturati come quelli destinati agli uomini. Le fan-ciulle di famiglie aristocratiche e benestanti ricevevano la loro educazioneprincipalmente in famiglia, tramite precettori, o negli educandati dei mona-steri. Nelluno e nellaltro caso le fonti sono carenti soprattutto per letmoderna, mentre divengono pi consistenti a partire dallOttocento, quandodopo la Restaurazione si assist al fiorire di nuovi istituti religiosi dediti allin-segnamento. Per quanto riguarda gli educandati, studi recenti ne hanno rico-struito la mappa delle presenze sul territorio, soprattutto in quello romano, leconsistenze numeriche e, quando possibile, i programmi di insegnamento ei libri di testo che venivano adottati24. Da tali ricerche si pu rilevare lapochezza dellistruzione che in tali istituti si impartiva - tanto che le famigliedovevano provvedere, se volevano integrarla, a inviare maestri esterni -, eci avveniva anche in quegli istituti gestiti da orsoline e visitandine che purrappresentavano, per Roma, il meglio dellofferta formativa25. Solo nellOtto-cento, con larrivo delle congregazioni religiose straniere (in particolar modola Societ del sacro cuore di Ges, fondata in Francia dalla Barat), gli educan-dati elevarono il livello distruzione, rendendolo assimilabile in qualchemodo ad una formazione di livello secondario.

La scolarit in antico regime XXV

grava la Compagnia di Ges, furono emanati da Leone XII vari decreti che restituivano ai gesui-ti gli istituti di istruzione e i loro antichi privilegi: 9 aprile 1824, 17 maggio 1824, 4 novembre1824, 4 luglio 1826, 7 luglio 1826, 11 luglio 1826, in Bullarii romani continuatio, XIII e XVI,Roma, Stamperia della Reverenda camera apostolica.23 AS ROMA, Congregazione degli studi, Istituti di istruzione nei comuni, rispettivamente fascc.1394, 1815, 1802.24 Per let moderna si veda la dettagliata ricostruzione degli educandati romani in G. ROCCA, Glieducandati nella Roma pontificia, in Scuola e itinerari formativi dallo Stato Pontificio a Romacapitale. Listruzione primaria, cit. Per lOttocento cfr: R. SANI, Nuovi istituti religiosi femmini-li ed educazione delle fanciulle nobili nella Roma dellOttocento: i collegi della societ del SacroCuore di Madeleine-Sophie Barat, in Educare la nobilt, cit., pp.165-186; e inoltre ID., Istruzio-ne ed educazione femminile nella Roma pontificia dellOttocento: il collegio di S. Dionisio elopera della Compagnia di Maria Nostra Signora, in AA.VV., Aportaciones de la Compaia deMaria Nuestra Seora a la historia de la educacion, 1607-1921. Figuras de su historia, Actasdel Simposio Internacional de Historia de la Compaia de Maria Nuestra Seora, Barcelona(Espaa), 17-21 julio 1995, Ediciones Lestonnac, Barcelona, 1996, pp. 164-185.25 A Roma alla fine del Seicento nacquero due istituti di origine straniera, le Visitandine france-si e le Orsoline provenienti dalla Fiandre, che se pur si caratterizzarono per un livello di inse-gnamento pi alto tuttavia fornivano unistruzione carente nei programmi e nei metodi.

Le famiglie aristocratiche, se avevano a cuore leducazione delle propriefiglie, si orientavano spesso verso unistruzione domestica con lausilio di pre-cettori. Una fonte notevole offerta dalle scritture femminili edite e non - epi-stolari, diari, suppliche -, non solo in quanto indicatrici del livello di alfabetiz-zazione, ma anche in quanto sono testimonianze che ci aiutano a far luce suisingoli percorsi di formazione26.

Nel suo memoriale la nobildonna Anna de Cadilhac cos racconta:

La mia infanzia e la mia giovinezza era circondata dogni minima cura e riguar-do, con speciale squisita educazioneRivedo nella mia memoria il poliglottaprof. Dolara, nero di capelli e di occhi quanto pallido nel viso affilato, cui eraaffidato linsegnamento dellinglese, del tedesco e del francese, coadiuvato inquestultimo dalla signorina Calan; il reverendo prof. Gorresio, per litaliano,letterature italiana e straniere, mitologia, religione: vero ritratto della salute, chenellesporre alzava la voce quasi fosse in cattedra; il prof. Pasquini, per la sto-ria, geografia, elementi di fisica e chimica, tutto bont e comprensione. Il lati-no era un campo riservato al paziente zio Ange, che minizi a quei misteri []Tutte queste materie gradualmente e con alternanza finirono col diventare ilmio pane quotidiano. Numerose le ore di applicazione richieste s che benpoco restava per lo svago. E grande meraviglia delle mie amiche le quali, quan-do loro parlavo dei miei studi, mi guardavano come ad un fenomeno.27

Appare evidente che un educandato, per quanto di buon livello, nonavrebbe potuto fornire uneducazione tanto complessa e sofisticata.

Accanto a questi luoghi di educazione formale, si deve aggiungere il ruolosvolto dai salotti che costituivano uno spazio di socialit in cui le fanciulleormai adulte, a contatto con intellettuali, scienziati, politici, potevano assimi-lare conoscenze altrimenti inaccessibili28. Soprattutto nel Settecento numerosi

IntroduzioneXXVI

26 Si segnala a tal proposito il censimento condotto da chi scrive e da M. CAFFIERO sugli archivi diRoma e del Lazio, promosso e sostenuto dalla Direzione Generale per gli Archivi e dallUniversi-t di Roma La Sapienza, nel cui ambito sorta la collana La memoria restituita. Fonti per la sto-ria delle donne, edita da Viella, Roma, che ha gi prodotto cinque volumi, prevalentemente didiari e di carteggi. Spunti di ricerca tratti da tali fonti sono contenuti nei seguenti saggi: M. CAFFIE-RO, Listruzione femminile a Roma: fonti e indirizzi di ricerca; R. DE SIMONE, Leducazione tra lemura domestiche nei ricordi di Anna de Cadilhac; S. NORLANDER ELIASSON, Il buon gusto in con-vento: notizie intorno alle educande nella Roma del 700, tutti di prossima pubblicazione nelvolume Scuola e itinerari formativi dallo Stato pontificio a Roma capitale. Listruzione seconda-ria, a cura di C. COVATO e M.I. VENZO, Milano, Edizioni Unicopli, 2010.27 Si vedano A corte e in guerra. I Ricordi di Anna de Cadilhac, a cura di R. DE SIMONE e G.MONSAGRATI, Roma Viella, 2007, edito nella collana La memoria restituita. Fonti per la storiadelle donne, nonch il saggio di R. DE SIMONE, Leducazione tra le mura domestiche nei ricordidi Anna de Cadilhac, cit.28 Cfr. Salotti e ruolo femminile in Italia tra fine Seicento e primo Novecento, a cura di M.L. BETRIe di E. BRAMBILLA, Venezia, Marsilio, 2004.

salotti animarono la vita culturale delle grandi citt, offrendo spazi - apertianche agli stranieri di passaggio - in cui circolavano idee, scritti, teorie politi-che. A Roma, tra gli altri, grande prestigio ebbe il salotto della marchesa Boc-capadule, della quale si riporta un brano autografo che apre uno spiraglio sulsuo percorso formativo: Ho letto tutti i romanzi pi celebri commedie e tra-gediein et matura ho fatto altre letture, ma tutte per divertirmi e non maiper istruirmi come avrei dovuto, onde sono rimasta sempre ignorante, e sequalche infarinatura di poche cose mi rimasta, stato un effetto di avereavuto piacere di trattare persone istruite e dotte, onde qualche idea ho potu-to prendere sentendo discorrere29.

Unaltra importantissima fonte costituita dalla pubblicistica destinata almondo femminile, sia educativa e scolastica, sia di intrattenimento. Studi con-dotti in anni recenti ne hanno messo in luce lutilit per la ricostruzione deimodelli educativi proposti alle donne, sia nellambito scolastico che in quellofamiliare. Rientrano in tale produzione non solo i testi sulleducazione, nume-rosissimi soprattutto a partire dal 400, ma anche quelli di carattere religioso,morale e letterario nonch, specie a cavallo tra 700 e 800, una trattatisca edu-cativa minore impegnata a definire i punti fondamentali delleducazione e del-listruzione femminile30.

Listruzione superiore

Nello Stato erano sorte, nel corso dei secoli, alcune universit che si eranovenute configurando attraverso donazioni e privilegi come corpi dotati dipropria autonomia. Antiche e prestigiose furono lUniversit di Bologna, lacui origine si fa risalire convenzionalmente al 108831, e lo Studium di Roma,che avrebbe poi assunto il nome di Sapienza, fondato da Bonifacio VIII nel1303. Ma anche nelle citt di provincia sorsero piccole universit come Peru-gia (sec. XIII), Ferrara (1391), Macerata (1540), Camerino (1727), Cesena (diincerte origini).

La direzione delle universit era affidata per Bologna al cardinal arcivesco-vo, per Roma ad un rettore eletto nel proprio seno dal Collegio degli avvoca-

La scolarit in antico regime XXVII

29 Il brano tratto da M. PIERETTI, Margherita Sparapani Gentili Boccapaduli. Ritratto di unagentildonna romana (1735-1826), in Rivista storica del Lazio, VIII-IX (2000-2001), p. 89. Sulpersonaggio della marchesa Boccapadule si veda inoltre EAD., Il Viaggio dItalia di MargheritaSparapani Gentili Boccapaduli, in Scritture di donne. La memoria restituita, cit., pp. 61-77.30 Per una pi dettagliata conoscenza di tali problematiche si vedano: C. COVATO, Sapere e pre-giudizio. Leducazione delle donne fra 700 e 800, Roma, Archivio Guido Izzi, 1991; A. ASCEN-ZI. Il Plutarco delle donne, cit.31 La data di origine fu convenzionalmente attribuita allanno 1808 da un comitato di storici pre-sieduto da Giosu Carducci.

ti concistoriali (per antico privilegio sancito da una bolla di Sisto V del 1591);per le altre universit era affidata invece ai rispettivi vescovi diocesani ed airettori ecclesiastici scelti tra il clero secolare.

Ognuna di queste universit ha una sua storia ed esiste al riguardo unadensa e specifica letteratura che descrive gli aspetti legati a vicende istituzio-nali, programmi di studio, docenti e studenti, nonch ai rapporti con le gerar-chie e con il tessuto sociale del territorio specifico in cui sorgevano. Ad essasi rimanda per una conoscenza puntuale32, mentre in questa sede si forniran-no maggiori dettagli quando si parler della riforma degli studi.

Al momento, ai fini di contestualizzare il successivo operato della Congre-gazione degli studi, opportuno sottolineare che tali universit agivano intotale autonomia. Avevano acquisito attraverso privilegi e donazioni proprierendite, ma spesso, specialmente le pi piccole, soffrivano per la mancanzadi mezzi sufficienti. I governi francesi, poi, con i loro piani di riforma aveva-no ridotto molte universit a istituti liceali e incorporato le loro rendite. Gliautori Gemelli e Vismara ben descrivono la situazione del sistema universita-rio alla vigilia della riforma:

Gravi prima di tutto le preoccupazioni e le difficolt finanziarie, naturalmenteaggravatesi in seguito alle manomissioni francesi, qua parziali, l addiritturaradicali. Specialmente le piccole Universit versano generalmente in condizionimiserevoli, con fondi assolutamente insufficienti ad un funzionamento ancheridotto. Conseguenze naturali, gli stipendi quasi umilianti dei professori, alcunidei quali si prestano anche gratuitamente; lassenza, o la povert dei gabinettiscientifici quando esistono; le biblioteche per nulla arricchite da nuovi necessa-ri acquisti, onde lasciano molto a desiderare. Assieme a questa indigenza finan-ziaria e a questa inferiorit di armamento scientifico, vi unincertezza di pro-grammi la cui estrema variet va da minimi quasi pietosi a quei massimi dellegrandi Universit, i quali rispondono ad esigenze in fondo sempre modeste.

La descrizione, come si pu constatare, impietosa33 e le cause sono daricercarsi soprattutto in quel regime di corporativismi locali, alloriginepropulsivi, ma alla lunga divenuti un ostacolo al progredire di tali istituzio-ni. La facolt filosofica e quelle filologica e teologica, rimaste ancorate aprogrammi obsoleti, vivevano tempi di torpore culturale, ma anche lefacolt di legge e medicina delle grandi universit mostravano ormai segnidi invecchiamento.

IntroduzioneXXVIII

32 Per la storia delle singole universit e per la relativa bibliografia si vedano: Annali di storiadelle universit italiane: indice decennale (1997-2006), a cura di G. RITA, Bologna, CSUI, 2007;Storia delle universit in Italia, a cura di G.P. BRIZZI, P. DEL NEGRO, A. ROMANO, Messina, Sicania,2007, 3 voll.33 A. GEMELLI-S. VISMARA, La riforma degli studi universitari negli stati pontifici (1816-1824),Milano, Societ editrice Vita e Pensiero, 1933, p. 5.

LE RIFORME DEI FRANCESI

Limpatto dei regimi francesi su questo assetto fu di portata limitata34.Nel periodo repubblicano (1798-1799) le riforme furono quasi nulle e per

due anni la Sapienza rimase chiusa. Come negli altri territori occupati dai fran-cesi, anche nella Repubblica romana furono fatti dei tentativi per rinnovare ilsistema dellistruzione pubblica, soprattutto ai fini di una laicizzazione e di unadeguamento alle esigenze della nuova societ borghese che andava sorgen-do sulle ceneri del vecchio sistema. Fu perci affidato allIstituto nazionaledella Repubblica romana - nato sul modello francese con il compito di perfe-zionare le arti e le scienze - lincarico di elaborare un piano di riforma di tuttoil sistema scolare. I lavori iniziarono nellaprile del 1798: furono create duedistinte commissioni, una per le scuole primarie laltra per le scuole superio-ri, delle quali furono chiamati a far parte insigni scienziati e uomini di cultura(ricordiamo fra essi il matematico Gioacchino Pessuti, lastronomo GiuseppeCalandrelli, il professore di medicina Domenico Morichini, lo scolopio latini-sta Faustino Gagliuffi, il letterato Luigi Lamberti). Gi alla fine di giugno le duecommissioni consegnarono alle stampe i piani di riforma da sottoporre allas-semblea legislativa per lapprovazione. I due piani, sia il Progetto per le Scuo-le Primarie della Repubblica Romana che il Progetto di leggi organiche per leScuole Superiori della repubblica Romana, recepivano le istanze illuministi-che di una formazione civile degli individui e tendevano a una modernizza-zione delle competenze affinch fossero pi funzionali alle esigenze della vitasociale ed economica.

Ma tali progetti, come accadde anche in altri stati della penisola durante iltriennio rivoluzionario, rimasero inattuati e la restaurazione operata da Pio VIIsi limit a riorganizzare le strutture preesistenti.

Il ritorno dei francesi nel 1808 port allo smembramento dello Stato pon-tificio: lEmilia Romagna, ad eccezione di Parma e Piacenza, e successivamen-te le Marche entravano a far parte del Regno Italico, mentre il Lazio e lUmbria

Le riforme dei francesi XXIX

34 Sulle riforme francesi nellambito dellistruzione, cfr.: V.E. GIUNTELLA, Scuola e cultura nellaRoma settecentesca, in Studi Romani, XI (1963), 5, pp. 528-541; R. DE FELICE, Istruzione pubbli-ca e rivoluzione nel movimento repubblicano italiano del 1796-1799, in Rivista Storica Italia-na, LXXXIX (1967), IV, pp.1114-1163; G. CAL, La scuola nellera napoleonica, in Napoleone elItalia, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1973, I, pp. 439-459; C. CAPRA, Let rivoluzio-naria e napoleonica in Italia 1796-1815, Torino, Loescher, 1978; L. AMBROSOLI, Educazione esociet tra Rivoluzione e Restaurazione, Verona, Libreria Universitaria Editrice, 1987; M. FORMI-CA, La citt e la rivoluzione. Roma 1798-1799, Roma, Istituto per la storia del Risorgimento ita-liano, 1994, pp. 366-378; P. ALVAZZI DEL FRATE, Universit napoleoniche negli Stati romani,Roma, Viella, 1995; D. ARMANDO, Presenza degli Scolopi nella Repubblica Romana del 1798-1799, in La rivoluzione nello Stato della Chiesa. 1789-1798, a cura di L. FIORANI, Pisa-Roma, Isti-tuti Editoriali e Poligrafici Internazionali, 1997.

vennero annessi allimpero napoleonico (con decreto imperiale del 17 mag-gio 1809 furono creati i dipartimenti del Tevere e del Trasimeno).

Si torn a parlare di riforma del sistema scolastico, nel quadro di un pro-getto complessivo di statalizzazione e centralizzazione che doveva interessa-re tutti i settori della vita civile e pubblica.

La Consulta straordinaria, istituita nel 1809 e presieduta dal generale Miol-lis, con i decreti del 15 gennaio 1810 e del 6 aprile 1810, dava un assetto prov-visorio dellistruzione soprattutto universitaria, in attesa dellinserimento delleuniversit e degli istituti distruzione ex pontifici nellorganizzazione scolasti-ca dellimpero napoleonico. Per gli studi superiori, la riforma avviata da Napo-leone con decreto 17 marzo 1808 prevedeva listituzione di una Universitimperiale a Parigi e di varie accademie dislocate nelle citt sedi di Corti diappello, mentre tutte le altre universit vennero soppresse, e solo in qualchecaso sopravvissero come licei. Per i gradi inferiori di istruzione, la Consultadecret listituzione a Roma di un liceo di I classe e la riunificazione dei col-legi preesistenti, secondo le regole dei collegi dellimpero napoleonico.Quanto alle scuole primarie, se ne dovevano istituire due maschili e tre fem-minili gratuite per ogni giudicatura di pace, rinviando a un provvedimentosuccessivo la loro regolamentazione e disciplina35.

Tali decreti non trovarono reale applicazione, ma sono significativi i varirapporti compilati da Joseph M. De Gerando, membro della Consulta (che invista delle riforme aveva promosso unindagine sul territorio), i quali forni-scono quadri dettagliati sulla situazione esistente: sullo stato delle arti, enu-merando gli ateliers e le loro specializzazioni; sullo stato delle scienze,descrivendone gli istituti (biblioteche, gabinetti di scienze naturali, osserva-tori e accademie); sui collegi e sui seminari presenti in tutto lo Stato, al finedi uneventuale loro trasformazione in licei laici, cui destinare le risorse dellesoppresse congregazioni religiose36.

Da tali indagini svolte sul territorio emerge, pur se in embrione, la tendenzaad un metodo quantitativo e analitico che si sarebbe affermato poi con lopera-to di Giovanni Ferri de Saint-Constant. Questi, di origine italiana e rettore del-lAccademia dAngers, fu inviato in Italia con lincarico di rettore della istituen-

IntroduzioneXXX

35 AS ROMA, Consulta straordinaria per gli stati romani (1809-1810), Decreti, reg. 19, pp. 274-276. Per quanto riguarda i metodi di indagine e rilevazione del governo francese e successiva-mente del restaurato Stato pontificio, cfr. anche M.I. VENZO, La Congregazione degli studi elistruzione pubblica. Note in margine a un inventario, in Roma fra la Restaurazione e lelezio-ne di Pio IX. Amministrazione, economia, societ e cultura, Roma-Freiburg-Wien, Herder,1997, a cura di A.L. BONELLA, A. POMPEO, M.I. VENZO, pp. 179-190.36 I rapporti di Joseph M. De Gerando sono conservati in AS ROMA, Consulta straordinaria pergli stati romani, regg. 18-19. Sulle statistiche condotte in quegli anni cfr. E. LO SARDO, Le statisti-che francesi negli stati romani, in Rassegna degli archivi di Stato, XLIV (1984), 1, pp. 219-256.

da Accademia imperiale di Roma, per preparare la riforma del sistema scolasti-co. Probabilmente le autorit francesi ritenevano che le sue origini e i suoi rap-porti con il mondo culturale italiano avrebbero favorito laccettazione dei cam-biamenti da parte dellambiente universitario romano. Il Ferri, ben consapevoledella resistenza del corpo docente, procedette con molta prudenza e prima dipredisporre la riforma dellistruzione pubblica avvi una serie di indagini rico-gnitive. I risultati dellinchiesta sfociarono nel Rapport sur lorganisation de lin-struction publique dans les dpartements de Rome et du Trasimne, redatto trail 1811 e il 1812 e inviato al Grand-Matre di Parigi37.

Il Rapport, manoscritto, preceduto da unintroduzione con osservazionidi carattere generale, era suddiviso in due parti: nella prima, sulla base deidati raccolti dagli amministratori locali e di verifiche fatte successivamente,veniva descritto lo stato degli istituti scolastici e universitari esistenti; nellaseconda si proponeva un piano di riforma che prevedeva listituzione diunAccademia imperiale di Roma - che riunificasse le tre universit esistentidella Sapienza, Gregoriana e di Perugia - e la creazione di licei, collegi escuole primarie gratuite.

La riforma, malgrado limpegno di Ferri, non fu realizzata. La richiesta atutti i docenti di formale adesione allistituenda Accademia imperiale anddisattesa e il successivo decreto imperiale che avrebbe dovuto varare la rifor-ma rimase allo stato di progetto38.

Ma nonostante il modesto portato delle riforme francesi sulluniversit esullistruzione in genere, si pu dire che anche in questo campo, come delresto negli altri dellamministrazione pubblica, si insinu lidea di una gestio-ne unitaria e centralizzata da parte dello Stato, e il modello francese fu di certopresente quando si sent il bisogno di riorganizzare il complesso degli studi.

Le riforme dei francesi XXXI

37 Il Rapport, conservato presso la biblioteca dellAccademia dei Lincei, stato pubblicato inte-gralmente da P. ALVAZZI DEL FRATE in Universit napoleoniche negli Stati romani, cit.38 Caduto il governo francese, il Ferri si ritir nella citt natale di Fano, dove visse fino al 1830senza incarichi di rilievo. Per maggiori informazioni sul personaggio, si veda la voce Ferri deSaint-Constant, Giovanni Lorenzo, a cura di P. ALVAZZI DEL FRATE, in Dizionario biografico degliitaliani, 47, Roma, Istituto dellEnciclopedia Italiana, 1997, pp. 166-168.

LA RESTAURAZIONE E LA RIFORMA DEGLI STUDI

Studi superiori

Caduto limpero napoleonico e restaurato nel 1815 il governo pontificio, PioVII var un imponente piano di riforma amministrativa dello Stato. Il motu pro-prio 6 luglio 1816, con cui si dava avvio al processo di riorganizzazione, ponevale premesse per un futuro rinnovamento anche nel campo della pubblica istru-zione: larticolo 247 preannunciava infatti che si sarebbero formati quanto primaleggi e regolamenti sia per lUniversit che per le altre scuole per loggettonon meno della Religione e della Morale, che delle lettere e delle scienze.

Fu nominata pertanto il 20 luglio 1816 una congregazione cardinalizia par-ticolare deputata a formare un nuovo metodo di pubblica istruzione genera-le per tutto lo Stato. A farne parte furono chiamati i cardinali Della Somaglia,Litta, Di Pietro, Pacca, Fontana e Bertazzoli, personalit di primo piano nellacuria romana, ma certamente poco edotti nellambito specifico che si accinge-vano a riformare39.

Allo scopo di disegnare un quadro completo della situazione esistente neivari gradi di istruzione, essi avviarono un intenso e approfondito lavoro diconsultazione servendosi tra laltro di metodi fino ad allora inconsueti e inqualche modo desunti dal precedente governo francese.

Furono infatti promosse su tutto il territorio dello Stato consultazioni coni vescovi, sollecitandoli a raccogliere informazioni capillari e a compilareprospetti informativi su cui riportare, per ogni comune, dati sul numero e sultipo di scuole esistenti, sui maestri e sugli studenti, sulle risorse economichedisponibili, nonch proposte di riforma40. Ulteriori suggerimenti pervenneroinoltre da pi parti dello Stato, inviate da professori, padri di famiglia, ecc.Accadde spesso, a partire dallet moderna, che nuovi regimi o governi suben-trati a rivolgimenti politici, al momento di mettere in campo le proprie riformepromuovessero indagini, a volte di ampio respiro, per documentare la situazio-ne precedente. il caso appunto delle inchieste conoscitive promosse daigoverni francesi che, allo scopo di riformare il sistema educativo, organizzaro-no rilevazioni massicce e capillari su tutto il territorio pontificio. Dati, tabelle,statistiche e tutta quella congerie di informazioni sui pi vari argomenti di cui

IntroduzioneXXXII

39 Tra gli ispiratori della riforma va annoverato anche il cardinal Consalvi il cui vigile apporto,non rilevabile dalla documentazione della Congregazione degli studi, testimoniato invecenelle carte della Segreteria di Stato conservate presso lArchivio Segreto Vaticano, cfr. A. GEMEL-LI-S. VISMARA, La riforma degli studi universitari negli stati pontifici (1816-1824), cit.40 Si vedano i censimenti condotti in anni diversi nelle varie diocesi per iniziativa della Congre-gazione degli studi, conservati in AS ROMA, Congregazione degli studi, Note informative sugliistituti di istruzione, bb. 16-18.

i governi napoleonici mostravano una sete insaziabile41 furono utilizzati perrappresentare in quadri sinottici la situazione esistente. Il metodo, come si visto, fu ripreso in seguito durante la Restaurazione, quando si volle riformareil sistema della pubblica istruzione42. Al cessare dello Stato pontificio, AristideGabelli, inviato a Roma come provveditore agli studi, pubblic nel 1878 unaMonografia di Roma che costituisce una pietra miliare della letteratura sullascuola, in quanto per la prima volta incroci (almeno per la popolazionemaschile, attraverso lesame delle liste di leva) i dati sullalfabetizzazione conquelli sulle istituzioni scolastiche43. E ancora, negli anni immediatamente pre-cedenti, varie rilevazioni erano state promosse dai governi liberali, preludio afuture riforme non sempre attuate (ricordiamo le inchieste promosse dal mini-stro Correnti sui licei nel 1871, e dal ministro Scialoja sullistruzione seconda-ria negli anni 1872-1875, che facevano seguito allinchiesta sullistruzione pri-maria condotta da Girolamo Buonazia alla fine degli anni 60)44.

Tornando alla vicenda della riforma degli studi, i cardinali deputati dopo unintenso lavoro preparatorio che si protrasse per alcuni anni (documentato nellaserie Congregazioni preliminari alla riforma degli studi), elaborarono un pode-roso documento dal titolo Metodo generale di pubblica istruzione per lo Statopontificio che, redatto e stampato nel 1819, non fu per mai promulgato45.

La malattia e poi la morte di Pio VII nellagosto del 1823 determinaronouna battuta darresto nel progetto di riforma. In realt, dalla relazione che ilcardinal Bertazzoli present in seguito, si pu dedurre che tra i motivi chefecero arenare la riforma non ultimo fu lalto costo che essa comportava perle casse dello Stato46.

La Restaurazione e la riforma degli studi XXXIII

41 Cfr. C. CAPRA, Let rivoluzionaria e napoleonica in Italia.1796-1815, Torino, Loescher, 1978.42 Ma alcune rilevazioni sistematiche, pur se circoscritte, erano gi state realizzate in anni prece-denti: nel 1676 il vicario di Roma avvi uninchiesta, che si protrasse fino al 1704, al fine di cono-scere le scuole esistenti nella citt e i maestri sia laici sia religiosi che vi insegnavano. Gli atti del-linchiesta sono conservati in Archivio Storico del Vicariato di Roma, Atti della segreteria, 41-42:si veda a tal proposito il saggio di D. ROCCIOLO, Le fonti dellArchivio Storico del Vicariato sul-listruzione primaria a Roma (secc. XVII-XIX), in Scuola e itinerari formativi dallo Stato pon-tificio a Roma capitale. Listruzione primaria, cit., pp. 45-58.43 A. GABELLI, Roma e i romani: prefazione alla Monografia statistica di Roma e CampagnaRomana, pubblicata dalla Direzione generale della statistica del Regno, Roma, Tipografia Elze-viriana, 1883.44 Lo strumento dellinchiesta governativa o parlamentare era molto diffuso in Francia e inInghilterra e le procedure adottate soprattutto dagli inglesi costituirono per alcuni riformatori unmodello da tener presente, cfr. Linchiesta Scialoja sullistruzione secondaria maschile e fem-minile (1872-1875), a cura di L. MONTEVECCHI e M. RAICICH, Ministero per i Beni Culturali eAmbientali-Ufficio Centrale per i Beni Archivistici, 1995.45 Varie copie del Metodo a stampa e manoscritte sono conservate in AS ROMA, Congregazionedegli studi, Congregazioni preliminari alla riforma degli studi, b. 2. 46 Ibid., b. 3, fasc. 31.

Il suo successore Leone XII riprese il progetto e, dopo aver sentito il pareredella Congregazione consultiva di Stato, nomin il 13 dicembre di quello stessoanno una nuova congregazione deputata alla riforma, composta dai cardinaliDella Somaglia, allora segretario di Stato, Fesh, De Gregorio, Bertazzoli, Caval-chini, Guerrieri e da monsignor Soglia che svolgeva le funzioni di segretario.

Ripartendo dalle risoluzioni contenute nel Metodo, dopo un accurato lavo-ro di revisione, la congregazione deputata appront un piano di riforma gene-rale che venne approvato dal pontefice e promulgato con la costituzioneQuod divina sapientia del 28 agosto 182447.

La costituzione, articolata in 27 titoli e 309 articoli, poneva le basi per ride-finire limpianto generale del sistema di istruzione. Fra le principali innovazio-ni figurava listituzione della Congregazione degli studi quale organo perma-nente e dotato di ampie prerogative: Si eriger una Congregazione, la qualepresieda agli studi tanto in Roma, quanto nello Stato pontificio. Saranno aquesta Congregazione soggette tutte le universit, le pubbliche e private scuo-le di Roma e dello Stato, e qualsivoglia corporazione o individuo impiegatonella istruzione della giovent (Titolo I, artt. 1 e 4).

La Congregazione degli studi nasceva dunque da quella data come un orga-no centrale, con mansioni di coordinamento e vigilanza su tutto lo Stato; compo-nenti di diritto erano le pi alte cariche dello Stato: il segretario di Stato, il vica-rio di Roma, il prefetto dellIndice, il prefetto del Buon Governo, il camerlengo.

La costituzione Quod divina sapientia, pur proponendosi come il testobase per una riforma di tutti i gradi di istruzione, mirava per soprattuttoallistruzione superiore. Infatti, dei 27 titoli che la componevano ben 25 eranodedicati alle universit, mentre nei gradi di istruzione inferiori la situazioneveniva lasciata sostanzialmente inalterata48. Nei confronti delle universit loStato manifestava il suo intento di riorganizzazione gerarchica soprattutto alloscopo di spezzarne gli antichi assetti corporativi. Venivano infatti definiti perlegge il numero e le sedi delle universit: Roma e Bologna (universit prima-rie), Ferrara, Perugia, Camerino, Macerata, Fermo e pi tardi Urbino (univer-sit secondarie).

IntroduzioneXXXIV

47 Sia il testo della costituzione che la successiva normativa in tema di istruzione furono pubbli-cati nella Collectio legum et ordinationum de recta studiorum ratione, Roma, Tip. AntonioBoulzaler, 1828. Data la sua importanza, il testo integrale della costituzione riportato nellap-pendice documentaria del presente volume, a cui si rimanda per approfondire gli aspetti strut-turali della riforma degli studi. 48 Nel titolo XXVII della Quod divina sapientia si stabiliva che per i seminari e i collegi gestitidagli ordini regolari la situazione rimanesse invariata, mentre per le scuole elementari sarebbe-ro stati emanati regolamenti successivi. In effetti il 2 ottobre 1825 fu promulgato un Regolamen-to generale per le scuole elementari private, a cui seguirono un Regolamento per le maestre piedel 5 marzo 1828, un Regolamento per le scuole parrocchiali del 12 gennaio 1836, un Regola-mento per le scuole femminili dell11 novembre 1837.

Nella documentazione preparatoria della riforma possiamo ricostruire ilpercorso che port la congregazione deputata a tali scelte49.

Roma e Bologna furono riconfermate senza discussione in quanto godeva-no di proprie rendite: Roma poteva contare infatti su un assegnamento delpubblico erario di 26.000 scudi, fondato in gran parte sulla concessione dellagabella del vino; Bologna aveva un appannaggio di 30.000 scudi dal pubbli-co erario oltre alle rendite della tenuta Torre di Cocceno.

Ma quale criterio doveva adottarsi per le altre?Va tenuto presente che esse erano state tutte soppresse durante il periodo

francese o ridotte a istituti liceali e che dopo la Restaurazione solo alcune ave-vano ripreso a funzionare. La maggior parte di queste versavano in graviristrettezze economiche, il che comportava sedi inidonee, inadeguatezza opi spesso assenza di gabinetti scientifici, professori mal pagati, bibliotechenon aggiornate. A questi mali si aggiungevano linsufficienza delle cattedreper le varie classi di insegnamento e soprattutto la vecchiezza dei programmi.

Furono perci fissati due requisiti minimi ai quali dovevano risponderele universit che chiedevano di essere riconfermate: essere fondate o con-fermate con bolle apostoliche; godere di redditi fissi e sufficienti per unnumero di almeno sedici cattedre (che divennero poi diciassette nel testo dilegge definitivo).

Con prassi ormai consolidata, i vescovi dovevano fare da tramite per rac-cogliere sulle varie universit le informazioni necessarie. Tali dati furonostampati in un memoriale50 e sottoposti alla congregazione deputata. Daldocumento si ricavano i punti essenziali in base ai quali fu decisa la sopravvi-venza o meno di ciascuna universit.

LUniversit di Camerino, eretta con bolla di Benedetto XIII del 13 giugno1727, poteva contare sulle rendite provenienti dai luoghi di monte, dagli affit-ti di mulini comunali, dai beni pii Manieri e da altri luoghi pii; cera inoltre lapossibilit che i padri gesuiti stabilendosi in citt avrebbero potuto gestire lecattedre di scienze sacre e filosofiche. Fu riconfermata dunque per le facoltlegale e di medicina.

LUniversit di Cesena vantava origini antichissime ma incerte. Era menzio-nata nelle bolle di Giulio II, di Clemente VII, di Alessandro VII e di altri ponte-fici, che prescrivevano regolamenti o confermavano privilegi. Non avendoper rendite sufficienti al suo mantenimento, non venne riconfermata.

LUniversit di Fermo, eretta con bolla di Bonifacio VIII del 16 gennaio1303 e successivamente confermata dai papi Nicol V, Sisto V e Pio VII, trae-va il suo reddito soprattutto da tasse comunali ripartite fra i 49 comuni dellaprovincia. Essa fu riconfermata, ma temporaneamente, in quanto alcuni dei

La Restaurazione e la riforma degli studi XXXV

49 AS ROMA, Congregazione degli studi, Congregazioni preliminari, b. 3.50 Ibid., b. 3, fasc. 31.

comuni si erano ribellati allimposizione della tassa nonostante fosse stata pivolte ribadita dalla Segreteria di Stato e dalla stessa Congregazione del buongoverno. Fu soppressa dopo qualche anno, nel 1826.

LUniversit di Ferrara era stata fondata nel 1391, sotto il pontificato diBonifacio IX, e poi riconfermata da Clemente VIII che le aveva assegnato larendita di due quattrini sopra ogni libbra di sale, rendita aumentata poi da PioVI nel 1778. Quando nel 1799 furono abolite per legge le rendite assegnatealle universit, lUniversit di Ferrara ottenne censi sostitutivi che comunquele permettevano di provvedere al suo mantenimento. Nella relazione menzio-nata si faceva presente che luniversit era dotata di una ricchissima bibliote-ca, in cui si conservavano tra gli altri 900 codici manoscritti e 1200 edizioni delsec. XV. Fu riconfermata.

Fu confermata anche lUniversit di Macerata, eretta da Paolo III con bolladel 1 giugno 1540, in quanto poteva contare su un assegnamento camerale esu una tassa che tutti i comuni della delegazione avevano accettato di pagarein favore delluniversit, con lapprovazione del Buon governo.

Non sussistevano problemi per la riconferma dellUniversit di Perugia.Fondata nel XIII secolo, le bolle di Clemente V, di Giovanni XXII e di UrbanoVIII le avevano conferito molti privilegi e una dote camerale di circa 3.997scudi. Dal 1810 aveva poi incamerato le rendite dei tre collegi Sapienza vec-chia, Sapienza nuova e Sapienza bartolina, di antica fondazione e destinatiallistruzione gratuita di giovani sia perugini che forestieri. A questo propositoil vescovo di Perugia fece pervenire alla congregazione deputata la sua opinio-ne sullopportunit che i collegi riprendessero ad amministrare autonomamen-te le proprie rendite e, dopo un acceso dibattito, la sua posizione fu accettata.

LUniversit di Urbino era stata sancita da Clemente X con la bolla Aeternesapientiae consilio del 6 aprile 1671, ma le sue origini risalivano al secolo pre-cedente, quando Guido Ubaldo duca di Urbino aveva istituito un Collegio ditredici dottori che giudicava in seconda e terza istanza le cause civili ed eccle-siastiche, ottenendone il riconoscimento con la bolla Ad sacram beatam Petricathedram del 18 febbraio 1507. Pi tardi il Collegio, che nel frattempo avevaricevuto la facolt di coronare poeti, di conferire lauree dottorali e di crearenotai, venne riconosciuto come Universit. Non si ritenne al momento dipoterla confermare in quanto le sue rendite erano scarse e incerte, provenen-do per lo pi da canoni e decime. Fu ristabilita per qualche anno dopo, condecreto della Congre