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Consiglio Superiore della Magistratura Ufficio Studi e Documentazione N.fascicolo: 4006 109/2007 Estensore: FILIPPI Roma, 05/03/2007 OGGETTO: Richiesta della Sesta Commissione della predisposizione di una bozza di osservazioni al “Libro verde sul miglioramento della esecuzione delle decisioni giudiziarie” della Commissione europea. I.- Premessa. La sesta commissione referente, nella seduta del 20 dicembre 2006, ha deliberato di richiedere a questo Ufficio la predisposizione di una bozza di osservazioni al “Libro Verde sul miglioramento della esecuzione delle decisioni giudiziarie” della Commissione europea. II.- Sintesi della richiesta. Il Libro Verde sul miglioramento della esecuzione delle decisioni giudiziarie ha come scopo quello di avviare la consultazione per migliorare l’esecuzione del recupero di crediti pecuniari in Europa.

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Consiglio Superiore della Magistratura

Ufficio Studi e Documentazione

N.fascicolo: 4006

N° 109/2007 Estensore: FILIPPI

Roma, 05/03/2007 OGGETTO:

Richiesta della Sesta Commissione della predisposizione di una bozza di osservazioni al “Libro verde sul miglioramento della esecuzione delle decisioni giudiziarie” della Commissione europea.

I.- Premessa.

La sesta commissione referente, nella seduta del 20 dicembre 2006, ha deliberato di

richiedere a questo Ufficio la predisposizione di una bozza di osservazioni al “Libro Verde

sul miglioramento della esecuzione delle decisioni giudiziarie” della Commissione europea.

II.- Sintesi della richiesta.

Il Libro Verde sul miglioramento della esecuzione delle decisioni giudiziarie ha come

scopo quello di avviare la consultazione per migliorare l’esecuzione del recupero di crediti

pecuniari in Europa.

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Nella richiesta della Commissione europea sono descritti i problemi del recupero

dei crediti pecuniari transfontalieri e viene proposta, come possibile soluzione, l’istituzione di

un sistema europeo di sequestro conservativo dei depositi bancari.

L’obiettivo è quello di individuare una modalità di recupero che superi le

problematiche connesse alla esecuzione dell’ordinanza giudiziaria, la quale una volta

dichiarata esecutiva resta interamente una questione di diritto nazionale.

Come evidenziato dalla Commissione la frammentazione delle norme nazionali in

materia di esecuzione costituisce ostacolo al recupero transfrontaliero dei crediti, di fatto

mentre i debitori sono oggi in grado di spostare il loro denaro quasi immediatamente,

prelevandolo dai conti noti ai loro creditori e depositandolo su altri conti nel medesimo o in

un altro Stato membro, i creditori non sono in grado di bloccare questi importi con la

medesima rapidità.

Le disposizioni di cui al regolamento n. 44/2001 non offrono strumenti normativi atti

ad assicurare che una misura cautelare quale il sequestro dei depositi bancari sia riconosciuta

ed eseguita in un Stato membro diverso da quello in cui è stata adottata.

La Commissione nella premessa introduttiva ha posto in evidenza che i problemi

inerenti al recupero transfrontaliero dei crediti rischiano di costituire un ostacolo per la libera

circolazione degli ordini di pagamento pecuniario all’interno dell’Unione europea e impedire

l’adeguato funzionamento del mercato interno; ha messo in luce altresì che i pagamenti

tardivi od omessi pongono a repentaglio, oltre che gli interessi delle imprese, anche gli

interessi dei consumatori; ed infine che il divario nel grado di efficienza all’interno

dell’Unione europea rischia di alterare le condizioni di concorrenza tra le imprese operanti in

Stati membri nei quali vi è un sistema efficace per far eseguire le ingiunzioni di pagamento

pecuniario e le imprese che operano invece in Stati membri nei quali manca un simile sistema.

Si tratta di ragioni che inducono ad esaminare con la necessaria attenzione l’opportunità di

un’azione comunitaria risolutiva.

III.- Risposte al questionario.

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UNA POSSIBILE SOLUZIONE: UN SISTEMA EUROPEO DI SEQUESTRO CONSERVATIVO DI

DEPOSITI BANCARI.

Domanda n. 1: Lei ritiene che sia necessario uno strumento comunitario per il

sequestro conservativo di depositi bancari, come mezzo per migliorare il recupero dei crediti

nell‘UE? In caso affermativo, mediante tale strumento si dovrebbe introdurre un

procedimento europeo a sé stante oppure armonizzare le normative degli Stati membri

relative al sequestro conservativo di depositi bancari?

Si condividono le considerazioni esposte nell’introduzione circa le difficoltà in cui

incorre il creditore per il recupero transfrontaliero dei crediti, difficoltà determinate: a) dalla

frammentazione delle procedure nazionali di esecuzione; b) dalle difficoltà connesse

all’esecuzione delle ordinanze esecutive; c) dalla necessità, di predisporre strumenti duttili e

veloci di recupero in ragione della facilità di trasferimento del denaro. Si ritiene che

l’adozione di uno strumento comunitario per il sequestro conservativo dei depositi bancari

potrebbe costituire un valido strumento per migliorare il recupero dei crediti.

Al fine di superare le frammentazioni normative che creano disagio all’accelerazione

delle procedure esecutive per il recupero dei crediti transfrontalieri si ritiene inidonea la via

dell’armonizzazione delle procedure europee bensì utile la creazione di uno strumento

comunitario.

Domanda n. 2: Lei sarebbe d’accordo per limitare lo strumento comunitario ad

ingiunzioni cautelari, intese ad impedire il prelievo e il trasferimento dei fondi accreditati su

conti bancari?

Si ritiene che una possibile soluzione potrebbe essere costituita dall’introduzione di un

titolo europeo di sequestro conservativo di depositi bancari che consenta ad un creditore di

acquisire la garanzia sull’importo di denaro che gli è dovuto o del cui pagamento sostiene di

aver diritto, impedendo al debitore di prelevare o trasferire gli importi a suo credito su uno o

più conti bancari nel territorio dell’Unione europea. Dovrebbe trattarsi di un titolo di

sequestro conservativo con effetto unicamente cautelare, consistente in un blocco degli

importi accreditati sul conto bancario senza trasferimento al creditore.

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Il procedimento diretto all’esecuzione del sequestro dovrebbe essere strutturato nel

rispetto del diritto di difesa del debitore e potrebbe essere pensato sulla falsariga del

procedimento di pignoramento presso terzi previsto dal codice di procedura vigente in Italia.

Si condivide la proposta secondo la quale dovrebbe prevedersi un titolo di sequestro

conservativo esecutivo in tutta l’Unione europea, senza bisogno di una dichiarazione di

esecutorietà.

Si potrebbe introdurre un simile sistema elaborando un nuovo procedimento europeo

a sé stante, che sarebbe accessibile a supplemento delle misure previste nel diritto nazionale.

L’introduzione di un nuovo procedimento appare preferibile rispetto all’idea

dell’armonizzazione.

PROCEDIMENTO PER OTTENERE UN TITOLO DI SEQUESTRO CONSERVATIVO.

Domanda n. 3: Si può consentire di ottenere il titolo di sequestro conservativo in

tutte e quattro le fasi indicate più sopra, al paragrafo 3.1, o soltanto in alcune di esse?

Potrebbe consentirsi l’emanazione di un titolo conservativo europeo:

a) nel momento stesso in cui si intenta l’azione principale; b) nel corso del

procedimento giudiziario; c) nel lasso temporale tra l’emissione del titolo di sequestro

conservativo in uno Stato membro e la dichiarazione di esecutorietà di tale titolo nello Stato

membro nel quale il debitore ha il suo conto. Si ritiene infatti che al creditore debba essere

riconosciuta la facoltà di chiedere il titolo di sequestro conservativo in ogni fase della

procedura.

E’ necessario assicurare un’adeguata tutela degli interessi del debitore, con particolare

riguardo alla fase dell’esame della domanda di misure provvisoria presentata prima

dell’azione principale. Un titolo di sequestro conservativo nell’ambito del sistema europeo

sarebbe compatibile con gli attuali strumenti europei nel settore della giustizia civile e li

integrerebbe.

3.2. Condizioni per l’emissione

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Domanda n. 4: Quali esigenze si dovrebbero imporre al creditore perché egli possa

persuadere il tribunale di avere nei confronti del debitore un diritto sufficiente a giustificare

l’emissione di un titolo di sequestro conservativo?

Il titolo di sequestro conservativo potrebbe essere emesso con procedimento

sommario, su ricorso del creditore, presentato mediante un modulo disponibile in tutte le

lingue della Comunità.

Il creditore dovrebbe fornire sufficienti elementi circa la verosimile sussistenza della

pretesa creditoria (“fumus boni iuris”). In armonia con il sistema italiano si ritiene che un

titolo esecutivo ordinanza del tribunale o atto autentico sarebbe sufficiente come elemento

probatorio da porre a corredo della domanda.

In ogni caso il creditore che chiede il titolo di sequestro conservativo dovrebbe fornire

sufficienti elementi circa la verosimile sussistenza della pretesa creditoria mediante

documentazione giustificativa del credito.

Domanda n. 5: L ‘urgenza dovrebbe costituire la condizione per accordare un titolo

di sequestro conservativo prima del rilascio di un titolo esecutivo? In caso affermativo, come

si dovrebbe definire questa condizione?

In base ai principi dell’ordinamento requisito imprescindibile per l’emanazione del

sequestro conservativo dovrebbe essere il pericolo nel ritardo.

L’onere probatorio in ordine alla sussistenza di tale requisito dovrebbe gravare sul

creditore, il quale dovrebbe allegare, per esempio, elementi circa la sussistenza del rischio

che il recupero potrebbe divenire impossibile se il titolo non venisse accordato (“periculum in

mora”).

Domanda n. 6: Si dovrebbe lasciare a discrezione del tribunale, quando esso concede

un titolo di sequestro conservativo di esigere che il debitore costituisca un deposito

cauzionale o presenti una fideiussione bancaria? Come si dovrebbe calcolare l‘importo di un

simile deposito cauzionale/fideiussione?

Dovrebbe essere riconosciuto al tribunale il potere di fissare una garanzia o cauzione

a carico del creditore, per tutelare il debitore dai danni determinati dal sequestro per l’ipotesi

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in cui il medesimo non sia confermato nell’ambito dell’azione principale. Tale importo

dovrebbe essere determinato in base a parametri fissati dalla normativa europea e tenuto conto

delle spese bancarie per il sequestro.

3.3. Audizione del debitore

Domanda n. 7: Si dovrebbe procedere all’audizione del debitore o inviargli la

notificazione prima di disporre il sequestro conservativo dei suoi depositi bancari?

Il sequestro potrebbe essere emesso ed eseguito “inaudita altera parte”. La preventiva

audizione, come pure la notificazione della domanda al debitore, prima dell’esecuzione del

sequestro conservativo, potrebbero infatti definitivamente impedire il blocco dei depositi

bancari.

Si ritiene opportuno che il debitore riceva contemporaneamente la notificazione del

sequestro conservativo e della sua esecuzione.

Il principio di difesa sarebbe salvaguardato dalla provvisorietà e dalla previsione di

successiva instaurazione del contraddittorio attraverso il meccanismo dell’opposizione.

Si ritiene, come stabilito nella Direttiva 2004/48/CE del Parlamento europeo e del

Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa alle misure e alle procedure volte ad assicurare il

rispetto dei diritti di proprietà intellettuale che i provvedimenti ordinati in via di urgenza

(misure provvisorie) possono essere adottati senza che sia stata sentita la controparte, in

particolare quando un ritardo potrebbe arrecare un pregiudizio irreparabile al titolare del

diritto.

3.4. Informazioni necessarie riguardanti il conto bancario

Domanda n. 8: Quali sono le informazioni minime relative al conto o conti bancari

necessarie per 1 ‘emissione di un titolo di sequestro conservativo?

Si ritiene debba prevedersi che il creditore fornisca, quali indicazioni minime, il nome

e il cognome esatti del debitore, il luogo e la data di nascita, nonché l’indicazione dell’istituto

di credito. Il numero esatto del conto o conti si ritiene non sia indispensabile. Le informazioni

fornite dal creditore, nel suo stesso interesse, devono comunque essere tali da consentire alla

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banca d’identificare il suo cliente e di ridurre al minimo il verificarsi di sequestri causati da

errori d’identificazione.

3.5. Questioni di giurisdizione.

Domanda n. 9: Lei sarebbe d’accordo se i tribunali aventi la competenza

giurisdizionale per il merito della causa a norma del diritto comunitario e/o i tribunali dello

Stato membro nel quale si trova il conto del debitore fossero competenti per concedere il

titolo di sequestro conservativo? Dovrebbe esser sempre il tribunale dello Stato membro in

cui risiede il convenuto ad avere la competenza per emettere tale titolo anche se non ha la

competenza giurisdizionale ai sensi del regolamento n. 44/2001?

Il tribunale avente la competenza giurisdizionale nel merito secondo le norme del

diritto comunitario dovrebbe avere anche la competenza ad emettere un’ordinanza cautelare

nell’ambito del sistema europeo.

Oltre che il tribunale avente la competenza giurisdizionale per l’azione principale,

potrebbero emettere il titolo di sequestro conservativo i tribunali dello Stato membro in cui

risiede il debitore, se si tratta di un altro Stato membro, e/o i tribunali di ogni Stato membro

nel quale il debitore è titolare del conto bancario nei confronti del quale s’intende effettuare il

sequestro conservativo.

Dato che lo strumento europeo avrebbe lo scopo di porre rimedio alla situazione

attuale, nella quale il creditore deve rivolgersi allo Stato membro nel quale si trova il conto

del debitore, potrebbe essere opportuno consentire al creditore di scegliere tra i vari tribunali

suddetti.

IMPORTO E LIMITAZIONI DEL TITOLO DI SEQUESTRO CONSERVATIVO NEL SISTEMA

EUROPEO

4.1. Importo da garantire

Domanda n. 10: Lei è d’accordo che il sequestro conservativo debba esser limitato a

un importo specifico? In caso affermativo, come si dovrebbe stabilire tale importo?

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Il sequestro conservativo dovrebbe esser limitato ad un importo specifico. L’importo

dovrebbe essere basato sull’ammontare rivendicato dal creditore (compresi gli interessi e le

spese processuali a lui dovuti). Nonché gli importi supplementari, in particolare i futuri

interessi e spese che il creditore dovrà sostenere per chiedere e far eseguire il sequestro

conservativo (onorari degli avvocati e degli ufficiali giudiziari e spese della o delle banche).

Domanda n. 11: Lei ritiene che le banche debbano essere pagate per l’esecuzione di

un titolo di sequestro conservativo? In caso affermativo, l’importo al quale le banche

avrebbero diritto dovrebbe essere soggetto a un massimale? Il creditore dovrebbe pagare la

banca in anticipo oppure l’importo dovuto potrebbe essere detratto dal saldo attivo del conto

posto sotto sequestro?

L’esecuzione di un sequestro conservativo di depositi bancari e il controllo degli

importi accreditati sul conto di un debitore comporta spese per le banche. L’importo al quale

esse avrebbero diritto dovrebbe essere soggetto a un massimale a livello europeo. Al fine di

evitare di aggravare il creditore di anticipazioni potrebbe essere opportuna la previsione che

la banca possa detrarre l’importo dovutole dal conto posto sotto sequestro al momento della

conversione del sequestro in pignoramento. In caso di esito sfavorevole al creditore la banca

sarebbe comunque garantita dal deposito a garanzia.

Domanda n. 12: Se un titolo di sequestro conservativo va esteso a più conti, come si

dovrebbe ripartire tra ciascuno ditali conti l’importo da sequestrare?

Nell’ipotesi di sequestri operati in diversi istituti di credito o stati membri si ritiene

opportuno prevedere che i sequestri successivi al primo possano essere emessi nei limiti della

somma che non ha trovato capienza nei precedenti. Tale previsione comporta la necessità che

sia previsto che il creditore dichiari, a pena di inammissibilità, l’esistenza di eventuali

precedenti sequestri conservativi emessi in base alla medesima pretesa creditoria sottesa al

titolo di sequestro.

Nell’ipotesi di sequestro presso un unico istituto di credito di più conti dei quali è

titolare il debitore si ritiene opportuno di prevedere il trasferimento di somma pari

all’ammontare della pretesa creditoria in conto separato.

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Domanda n. 13: Come ci si dovrebbe comportare per il sequestro conservativo di

conti congiunti e di conti di intestatari?

Nel caso in cui il sequestro conservativo debba essere emesso - per assenza di conti

intestati al solo debitore o incapienza di questi - su conto congiunto questo dovrebbe essere

limitato alla quota del debitore cointestario, quota da determinarsi in base alle disposizioni

bancarie vigenti nel luogo del sequestro. Il sequestro dovrebbe avvenire secondo la modalità

della creazione di conto separato.

Per quanto riguarda i conti di intestatari dovrebbe prevedersi l’estensione del diritto di

difesa dell’intestatario e quindi la sua partecipazione al procedimento di sequestro,

l’intestatario dovrebbe essere chiamato a rendere dichiarazione in ordine all’ammontare

delle somme detenute per conto del debitore. Il sequestro, come prospettato per il conto

congiunto, dovrebbe avvenire secondo la modalità della creazione di conto separato.

Domanda n. 14: La questione dell’eventuale esenzione di certi importi

dall‘esecuzione del sequestro conservativo va trattata d’ufficio nel momento in cui viene

emesso il titolo ad esso relativo o al momento della sua esecuzione oppure dovrebbe essere

compito del debitore di presentare le sue obiezioni? Come, da chi e su quale base dovrebbe

esser calcolato 1‘importo esente dall’esecuzione?

L’eventuale esenzione di certi importi dall’esecuzione del sequestro conservativo si

ritiene debba essere disposta dal giudice competente ad emettere il sequestro su istanza del

debitore, con determinazione dell’importo in base alla legge nazionale del debitore.

5.1. L’attuazione del sequestro conservativo.

Domanda n. 15: Lei è d’accordo che il processo di esecuzione possa essere soppresso

per i titoli di sequestro conservativo?

Si condivide la prospettazione secondo la quale il sequestro conservativo dovrebbe

avere effetto direttamente in tutta l’Unione europea senza necessità di procedura intermedia

(come per esempio una dichiarazione di esecutorietà) nello Stato membro interessato.

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Domanda n. 16: Come si dovrebbe trasmettere un titolo di sequestro conservativo dal

tribunale che 1‘ha emesso alla banca nella quale si trova il conto? Quale scadenza dovrebbe

rispettare la banca per procedere al sequestro conservativo? Quale effetto dovrebbe avere il

sequestro conservativo sulle operazioni in corso?

E’ opportuna la modalità di trasmissione del titolo di sequestro conservativo dal

tribunale che l’ha emesso alla banca nella quale si trova il conto da sequestrare.

E’ corretto l’obiettivo di stabilire un equilibrio tra l’interesse del creditore a una

trasmissione sollecita e gli interessi del debitore e della banca di ridurre al minimo i sequestri

ingiustificati.

La trasmissione transfrontaliera di documenti può avvenire secondo la disciplina di

cui al regolamento n. l348/2000, che prevede la trasmissione diretta di un titolo di sequestro

conservativo dal tribunale alla banca mediante i servizi postali, anche se questo metodo già

consente di notificare in tempi relativamente brevi le decisioni giudiziarie, si deve però

considerare l’opportunità di ricorrere alla comunicazione elettronica per accelerare ancor più

la trasmissione. Sarebbe opportuno prevedere che il sequestro conservativo presso le banche

si effettui per via elettronica, purchè si garantisca il controllo di autenticità del titolo. Si

condivide la necessità di individuare gli strumenti atti a conferire al processo di trasmissione

un grado adeguato di sicurezza e si verifichi la possibilità di servirsi della firma elettronica

solo quando essa sia idonea a certificare l’identità e la competenza dell’autorità che ha emesso

il titolo nonché a garantire l’esattezza dei dati trasmessi.

Si ritiene opportuno stabilire che il provvedimento di sequestro venga eseguito nel

momento della ricezione del sequestro conservativo. Si dovrebbe prevedere la sospensione di

tutte le operazioni iniziate prima dell’arrivo del titolo, ma non ancora concluse.

Domanda n. 17: Lei è d’accordo che, appena ricevuto il titolo di sequestro

conservativo, la banca abbia il dovere d’informare 1‘autorità competente per l‘esecuzione se

e in quale misura il sequestro conservativo ha effettivamente garantito gli importi che il

debitore dovrebbe pagare al creditore?

E’ opportuno prevedere che le banche informino l’autorità competente per

l’esecuzione dell’esito positivo del sequestro conservativo ed il numero del conto o dei conti

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sequestrati. L’ideale sarebbe che anche quest’informazione venisse trasmessa per via

elettronica. E’ essenziale prevedere strumenti che garantiscano un adeguato livello di

protezione dei dati e del segreto bancario, con particolare riguardo ai soggetti che hanno

rapporti commerciali con il debitore, in considerazione del discredito commerciale che

potrebbe derivare dalla notizia del sequestro.

Domanda n. 18: Quando e da chi il debitore dovrebbe ricevere la notificazione

formale che un sequestro conservativo nei suoi confronti è stato concesso ed ha preso effetto?

Si ritiene opportuno prevedere che appena eseguito il titolo di sequestro conservativo,

venga informato il debitore del blocco, eventualmente con l’avvertimento che può opporsi al

sequestro conservativo o farne ridurre l’importo.

L’onere di tempestiva comunicazione potrebbe essere posto a carico del creditore.

La notificazione ufficiale al debitore dovrebbe essere effettuata dal tribunale o

dall’autorità competente per l’esecuzione. Si condivide l’aspettativa secondo la quale

nell’ambito delle relazioni professionali tra le banche ed i loro clienti, le banche si impegnino

ad informare il debitore non appena viene effettuato il sequestro conservativo.

Domanda n. 19: Un sequestro conservativo dovrebbe essere revocabile o decadere

automaticamente se il creditore non intenta 1 ‘azione principale entro un determinato

termine?

Se il sequestro conservativo viene concesso prima dell’inizio del procedimento

giudiziario riguardante l’azione principale, dovrebbe prevedersi che esso decada

automaticamente se il creditore non intenta l’azione principale entro un determinato lasso di

tempo (per esempio, un mese). Ulteriori ipotesi di revoca dovrebbero essere previste nel corso

del giudizio di merito in mancanza di adempimento di oneri di impulso. Analogamente a

quanto previsto dalla direttiva CE 48/04 in materia di proprietà intellettuale.

Domanda n. 20: Per quali motivi e in quale misura si dovrebbe riconoscere al

debitore il diritto di opporsi a un titolo di sequestro conservativo?

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Quale tribunale dovrebbe essere competente per procedere all’audizione del

debitore?

Il diritto di difesa comporta la necessità che siano previsti meccanismi che consentano

al debitore di contestare il sequestro conservativo ed opporsi ad esso, l’autorità competente

per conoscere dell’opposizione dovrebbe essere il tribunale che ha emesso il titolo di

sequestro conservativo.

L’opposizione al titolo esecutivo dovrebbe poter essere ammessa per tutti i motivi

attinenti l’esistenza del credito o la sussistenza dei presupposti per la concessione del

sequestro (periculm in mora).

I motivi alla base dell’opposizione (per esempio, pagamento del debito, prescrizione

del credito) dovrebbero comunque essere armonizzati a livello europeo allo scopo di

assicurare l’efficacia dello strumento e l’uniformità del sistema.

Si condivide l’opportunità che i motivi di opposizione possano essere differenziati a

seconda che il sequestro conservativo sia concesso in base a un diritto esecutivo già esistente

oppure indipendentemente da questo.

5.2. Tutela del debitore.

Domanda n. 21: Se il sequestro conservativo si rivela infondato, si dovrebbe

armonizzare a livello europeo la responsabilità del creditore? In caso affermativo, come?

In caso di accertamento dell’infondatezza della pretesa creditoria la disciplina

dell’accertamento della responsabilità del creditore e i criteri per la liquidazione del danno

dovrebbero essere armonizzati a livello europeo.

Si ritiene che l’armonizzazione potrebbe avvenire mediante estensione della disciplina

più favorevole al debitore.

5.3. Ordine di successione di creditori concorrenti

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Domanda n. 22: Si dovrebbero prevedere norme europee che determinino l’ordine di

successione dei creditori concorrenti? In caso affermativo, quale principio si dovrebbe

applicare?

La disciplina del concorso dei creditori dovrebbe essere armonizzata a livello europeo.

Il sistema italiano è basato sul sistema del grado determinato dalla natura del credito.

Si ritiene che l’armonizzazione normativa potrebbe essere effettuata tenendo conto

della imprescindibile necessità di tutela privilegiata di determinate categorie di crediti (quali

ad es. quelli nascenti dal rapporto di lavoro). Riguardo a vincoli derivanti da procedimenti

penali o amministrativi si ritiene che debba applicarsi il criterio cronologico del vincolo.

5.4. “Trasformazione” in provvedimento esecutivo

Domanda n. 23: Come si dovrebbe trasformare un sequestro conservativo in

provvedimento esecutivo quando il creditore ha ottenuto un titolo che è esecutivo nello Stato

membro in cui si trova il conto?

Si condivide la proposta secondo la quale il creditore che ha bloccato il conto del suo

debitore mediante un titolo di sequestro conservativo possa ottenere, nell’ambito dell’azione

principale, un titolo che esecutivo nello Stato membro nel quale si trova il conto, in forma di

dichiarazione di esecutorietà a norma del regolamento n. 44/2001 oppure presentando un

certificato emesso secondo le norme delle nuove procedure europee relative ai crediti di

modesta entità o incontestati.

La previsione potrebbe essere nel senso che il creditore precedente si faccia trasferire

i fondi sequestrati sul suo conto, salvo diverse modalità di pagamento da lui espressamente

specificate. Sarà necessario considerare come un sequestro conservativo possa essere

trasformato in provvedimento esecutivo, per trasferire al creditore l’importo sequestrato.

L’UFFICIO STUDI DEL C.S.M.

dott.ssa Paola FILIPPI - estensore

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Ufficio Studi e Documentazione

N.fascicolo: 3959

N° 149/2006

Estensori: FILIPPI - MONTAGNI Roma, 22/05/2006

OGGETTO:

I.- La richiesta.

La Sesta Commissione in data 8 maggio 2006 ha deliberato di richiedere all’Ufficio

Studi di voler redigere le massime relative alle nove sentenze pronunciate dalla Corte europea

dei diritti dell’uomo (sentenze n. 62361/00 – RICCARDI PIZZATI; n. 64699/01 – MUSCI;

Nota della Sesta commissione - Ufficio Relazioni internazionali - con la quale si richiede la redazione delle massime relative alle nove sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, allegate alla nota del 10 luglio 2002 n. 694/RIC/1363 della Rappresentanza permanente dell’Italia presso il Consiglio d’Europa in Strasburgo avente ad oggetto “Consiglio d’Europa - Comitato dei Ministri - 803^ riunione - controllo esecuzione sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo - Esiti”

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n. 64705 – Giuseppe MOSTACCIUOLO - n. 1; n. 64886/01 – COCCHIARELLA; n.

64890/01 – APICELLA; n. 64897/01 – Ernestina ZULLO; n. 65075/01 – Giuseppina e

Orestina PROCACCINI; n. 65102/01 – Giuseppe MOSTACCIUOLO - n. 2; n. 36813/97 –

SCORDINO - n. 1).

II.- Osservazioni dell’Ufficio studi.

La Corte europea dei Diritti Umani ha emesso, in data 29 marzo 2006, nove sentenze

definitive di condanna a carico della Repubblica Italiana, censurando i criteri di liquidazione

delle indennità riparatorie riconosciute dai giudici nazionali, in misura ritenuta insufficiente a

favore delle vittime di una espropriazione per pubblica utilità (sentenza n. 36813/97,

Scordino) e pure censurando, quanto alle altre, l’eccessiva durata dei processi avanti ai giudici

nazionali.

Nelle nove sentenze, delle quali si richiede la massimazione, la Corte europea ha

effettuato un controllo circa l'efficacia della legge italiana n. 89 del 24 marzo 2001, "legge

Pinto".

La Corte europea, pronunciandosi all'unanimità, ha concluso per la sussistenza della

violazione dell'articolo 6 § 1 (diritto ad un processo equo entro un termine ragionevole) della

Convenzione europea dei Diritti Umani a causa della durata eccessiva delle singole procedure,

ponendo a carico dello Stato italiano una liquidazione supplementare rispetto a quella

riconosciuta dalle Corti d’appello italiane nel quadro della Legge Pinto.

La Corte europea consapevole del rilevante numero di procedure di applicazione della

Legge Pinto in Italia, ha emanato una “direttiva” rivolta allo Stato italiano perché adotti tutte

le misure di carattere generale necessarie per fare in modo che le decisioni nazionali siano non

soltanto conformi alla giurisprudenza della Corte europea, ma che siano condotte a termine

con il relativo pagamento dell’equa riparazione entro i sei mesi successivi all’inizio della

procedura di riparazione.

La Corte ha anche evidenziato che, malgrado il decreto delle Corti d’appello sia

immediatamente esecutivo, l’Amministrazione pubblica italiana impone alla vittima ad

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intentare anche un processo esecutivo per ottenere l’effettivo pagamento dell’indennità per

l’equa riparazione. Infine, viene censurata la mancata fissazione di un termine entro il quale la

Corte di Cassazione debba pronunciarsi, allorquando venga investita del gravame sul decreto

delle Corti d’appello.

La Corte europea ha ancora una volta espresso delle considerazioni politiche

sull’Italia, facendo un bilancio oltremodo negativo della situazione relativa alla non efficienza

della macchina della giustizia in Italia.

La Corte ha concluso, che malgrado gli interventi legislativi di riforma anche

sollecitati dagli organi politici del Consiglio d’Europa, da un punto di vista sostanziale la

situazione non è sufficientemente cambiata per rimettere in discussione la valutazione già

fatta in passato dalla Corte, secondo la quale l'accumulo di inadempimenti è certativo di una

prassi sistematica e generalizzata incompatibile con la Convenzione.

La Corte auspica che lo Stato possa introdurre un meccanismo per accelerare la

procedura interna dopo che si sia verificato il superamento del termine ragionevole di durata

della procedura.

L’intervento della Corte in relazione ad una delle nove sentenze, la sentenza Scordino,

ha riguardato altresì la congruità dell’indennità d'espropriazione, liquidata dai giudici italiani

in base alla legislazione nazionale. Nel caso di specie la liquidazione è avvenuta quindici anni

dopo l’espropriazione.

Riguardo la quantificazione dell’indennità di espropriazione, la Corte europea ha

concluso all'unanimità per la sussistenza della violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1

(tutela della proprietà) della Convenzione europea dei Diritti Umani a causa del carattere

insufficiente dell'indennità d'espropriazione, combinato con la violazione dell'articolo 6 § 1

(diritto ad un processo equo) della stessa Convenzione.

La Corte, infatti, ha evidenziato l’emanazione ad opera del Parlamento italiano, in

pendenza della stessa procedura avviata per la determinazione dell’indennità di esproprio, di

una nuova legge con effetto retroattivo, quale la legge n. 359 del 1992 che stabilisce

peggiorativi criteri di calcolo delle indennità d'espropriazione; la Corte ritiene che la

violazione dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 che deriva dall'impossibilità di ottenere

un'indennità d'espropriazione "ragionevolmente in relazione con il valore del bene", deriva da

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un problema sistemico strutturale, come lo dimostra il rilevante numero di analoghe

controversie già pendenti davanti alla stessa Corte europea, di cui alcune già decise in senso

analogo all’odierna decisione.

Anche sotto questo profilo, la Corte europea ha emanato una “direttiva” di carattere

generale rivolta allo Stato italiano perché adotti tutte le misure volte ad eliminare ogni

ostacolo al conseguimento di un'indennità in relazione ragionevole con il valore del bene

espropriato, emanando nuove leggi e disposizioni amministrative e di bilancio idonee alla

realizzazione effettiva e rapida del diritto in questione relativamente agli altri ricorrenti

interessati da beni espropriati.

Questa cosiddetta “direttiva” comporta palesemente dei gravi oneri di bilancio per lo

Stato italiano, ma essa deve obbligatoriamente essere eseguita dal Governo e dal Parlamento

italiani, perché la sanzione ipotizzata dalla Corte europea non è solo teorica, potendosi

tradurre in una miriade di sentenze di condanna che comportano un onere per lo Stato italiano

ben più rilevante dei “pochi spiccioli” riconosciuti dalla Corte nelle migliaia di condanne già

emesse per la durata eccessiva delle procedure.

All’uopo, il caso Scordino c. Italia (n.1) è emblematico poiché il ricorrente, che aveva

già ottenuto a titolo di indennità di espropriazione a lui liquidata dai giudici nazionali la

somma di lire 148.041.540(centoquarantottomilioni), ha ottenuto a Strasburgo la condanna

dello Stato italiano al pagamento della ragguardevole somma aggiuntiva di

580.000,00(cinquecentoottantamila) euro a titolo di danno materiale, che è parimenti

superiore all’importo già riconosciuto in euro 410.000,00(quattrocentodiecimila) con la prima

sentenza del 29 luglio 2004 della stessa Corte europea.

Ricordato che si trattava di un esproprio legittimo, la Corte europea ha confermato la

censura già espressa nella predetta sua prima sentenza del 2004 per cui l’applicazione con

effetto retroattivo, anche ai giudizi pendenti, dei nuovi criteri di determinazione dell’indennità

d’espropriazione introdotti con l’articolo 5 bis della legge no 359 dell’ 8 agosto 1992, ne ha

ridotto in modo sostanziale l’entità che gli espropriati potevano pretendere sulla base della

legislazione vigente al momento della presentazione della domanda giudiziale (legge n. 2359

del 1865, secondo la quale l’indennità d’espropriazione d’un terreno corrispondeva al valore

di mercato). Tutto ciò costituisce una ingerenza del potere legislativo sul funzionamento del

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potere giudiziario mirato ad influenzare la risoluzione di una lite di cui lo Stato convenuto è

parte processuale e costituisce violazione dell’equo processo garantito dall’articolo 6 § 1 della

Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo. Ove l’ammontare dell’indennità di

espropriazione di un bene riconosciuta agli espropriati sia non ragionevolmente rapportabile

al valore di mercato del bene espropriato e sia anche erogata con ritardo di 15 anni rispetto

all’espropriazione, si rompe il « giusto equilibrio » tra le esigenze dell’interesse generale e gli

imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo e sussiste la violazione

dell’articolo 1 del Protocollo no 1 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.

III.- Massime.

Sentenza n. 64699/01 – MUSCI.

Costituisce violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

la durata eccessiva del processo. In Italia la legge Pinto non ha avuto effetto risolutivo

riguardo l’eccessiva durata dei processi, essa non fornisce una riparazione equa del ritardo

ed impone alla vittima un’ ingiustificata fase esecutiva ulteriore.

Lo Stato italiano è invitato ad adottare tutte le misure di carattere generale necessarie

per fare in modo che le decisioni nazionali in tema di ritardo siano condotte a termine con il

pagamento dell’equa riparazione entro i sei mesi successivi all’inizio della procedura di

riparazione (Nel caso di specie, si trattava di causa per il riconoscimento di una servitù di

passaggio durata diciannove anni. La procedura ex legge Pinto veniva instaurata nel mese di

aprile 2002; l’equo indennizzo pari ad € 3.500, corrisposto dopo il 19 novembre 2004. La

Corte ha liquidato ulteriori € 4.100 a titolo di equa riparazione).

Sentenza n. 64705 – Giuseppe MOSTACCIUOLO (n. 1)

Costituisce violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

la durata eccessiva del processo. In Italia la legge Pinto non ha avuto effetto risolutivo

riguardo l’eccessiva durata dei processi, essa non fornisce una riparazione equa del ritardo

ed impone alla vittima un’ ingiustificata fase esecutiva ulteriore.

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Lo Stato italiano è invitato ad adottare tutte le misure di carattere generale necessarie

per fare in modo che le decisioni nazionali in tema di ritardo siano condotte a termine con il

pagamento dell’equa riparazione entro i sei mesi successivi all’inizio della procedura di

riparazione (Nel caso di specie, si trattava di causa per recupero crediti durata diciassette

anni. La procedura ex legge Pinto veniva instaurata con ricorso del 10 gennaio 2002; l’equo

indennizzo pari ad € 1.000, corrisposto dopo il 27 maggio 2004. La Corte ha liquidato

ulteriori € 6.300 a titolo di equa riparazione).

Sentenza n. 65102/01 – Giuseppe MOSTACCIUOLO (n. 2)

Costituisce violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

la durata eccessiva del processo. In Italia la legge Pinto non ha avuto effetto risolutivo

riguardo l’eccessiva durata dei processi, essa non fornisce una riparazione equa del ritardo

ed impone alla vittima una ingiustificata fase esecutiva ulteriore.

Lo Stato italiano è invitato ad adottare tutte le misure di carattere generale necessarie

per fare in modo che le decisioni nazionali in tema di ritardo siano condotte a termine con il

pagamento dell’equa riparazione entro i sei mesi successivi all’inizio della procedura di

riparazione (Nel caso di specie, si trattava di causa per recupero crediti durata sedici anni. La

procedura ex legge Pinto veniva instaurata con ricorso del 10 gennaio 2002; l’equo

indennizzo pari ad € 2.000, corrisposto dopo il 27 maggio 2004. La Corte ha liquidato

ulteriori € 9.300 a titolo di equa riparazione).

Sentenza n. 36813/97 – SCORDINO (n.1)

I criteri di quantificazione dell’indennità di espropriazione previsti dalla legge

italiana violano l'articolo 1 del Protocollo n. 1 (tutela della proprietà) della Convenzione

europea dei Diritti Umani. L’efficacia retroattiva della legge n. 359 del 1992, che ha fissato

in pejus criteri di calcolo delle indennità d'espropriazione, cagiona un ulteriore danno da

ritardo.

Il prevedere effetto retroattivo ai criteri di calcolo dell’indennità determina

ingerenza del potere legislativo sul funzionamento del potere giudiziario, mirata ad

influenzare la risoluzione di una lite di cui lo Stato convenuto è parte processuale e

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costituisce violazione dell’equo processo, garantito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione

europea dei Diritti dell’Uomo.

L’indennità di espropriazione, non ragionevolmente rapportabile al valore di mercato

del bene espropriato e peraltro erogata con ritardo di 15 anni rispetto all’espropriazione,

determina la rottura del « giusto equilibrio » tra le esigenze dell’interesse generale e gli

imperativi della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo.

Costituisce violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

la durata eccessiva del processo. In Italia la legge Pinto non ha avuto effetto risolutivo

riguardo l’eccessiva durata dei processi, essa non fornisce una riparazione equa del ritardo

ed impone alla vittima una ingiustificata fase esecutiva ulteriore.

Lo Stato italiano è invitato ad adottare tutte le misure di carattere generale necessarie

per fare in modo che le decisioni nazionali in tema di ritardo siano condotte a termine con il

pagamento dell’equa riparazione entro i sei mesi successivi all’inizio della procedura di

riparazione (Nel caso di specie, si trattava della causa per la determinazione della indennità di

espropriazione durata quindici anni. La procedura ex legge Pinto veniva instaurata con ricorso

del 18.4.2002; l’equo indennizzo pari ad € 2.450 non risulta ancora corrisposto. La Corte ha

liquidato ulteriori € 12.400 a titolo di equa riparazione).

Sentenza n. 64890/01 – APICELLA

Costituisce violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

la durata eccessiva del processo. In Italia la legge Pinto non ha avuto effetto risolutivo

riguardo l’eccessiva durata dei processi, essa non fornisce una riparazione equa del ritardo

ed impone alla vittima una ingiustificata fase esecutiva ulteriore.

Lo Stato italiano è invitato ad adottare tutte le misure di carattere generale necessarie

per fare in modo che le decisioni nazionali in tema di ritardo siano condotte a termine con il

pagamento dell’equa riparazione entro i sei mesi successivi all’inizio della procedura di

riparazione. (Nel caso di specie, si trattava di causa di lavoro durata nove anni. La procedura

ex legge Pinto veniva instaurata con ricorso del 3 ottobre 2001; l’equo indennizzo pari ad €

2.500, corrisposto il 12 luglio 2004. La Corte ha liquidato ulteriori € 7.700 a titolo di equa

riparazione).

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Sentenza n. 64886/01 – COCCHIARELLA

Costituisce violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

la durata eccessiva del processo. In Italia la legge Pinto non ha avuto effetto risolutivo

riguardo l’eccessiva durata dei processi, essa non fornisce una riparazione equa del ritardo

ed impone alla vittima un’ingiustificata fase esecutiva ulteriore.

Lo Stato italiano è invitato ad adottare tutte le misure di carattere generale necessarie

per fare in modo che le decisioni nazionali in tema di ritardo siano condotte a termine con il

pagamento dell’equa riparazione entro i sei mesi successivi all’inizio della procedura di

riparazione (Nel caso di specie, si trattava di causa di lavoro durata nove anni. La procedura

ex legge Pinto veniva instaurata con ricorso del 3 ottobre 2001; l’equo indennizzo pari ad €

800.00, corrisposto il 26 maggio 2004. La Corte ha liquidato ulteriori € 6.300,00 a titolo di

equa riparazione).

Sentenza n. 65075/01 – ORESTINA PROCACCINI

Costituisce violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

la durata eccessiva del processo. In Italia la legge Pinto non ha avuto effetto risolutivo

riguardo l’eccessiva durata dei processi , essa non fornisce una riparazione equa del ritardo

ed impone alla vittima una ingiustificata fase esecutiva ulteriore.

Lo Stato italiano è invitato ad adottare tutte le misure di carattere generale necessarie

per fare in modo che le decisioni nazionali in tema di ritardo siano condotte a termine con il

pagamento dell’equa riparazione entro i sei mesi successivi all’inizio della procedura di

riparazione (Nel caso di specie, si trattava di causa di inadempimento contrattuale durata

nove anni. La procedura ex legge Pinto veniva instaurata con ricorso del 10 ottobre 2001;

l’equo indennizzo pari ad € 2.250,00 non risulta ancora corrisposto. La Corte ha liquidato

ulteriori € 7.700 a titolo di equa riparazione).

Sentenza n. 62361/01 – RICCARDI PIZZATI

Costituisce violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

la durata eccessiva del processo. In Italia la legge Pinto non ha avuto effetto risolutivo

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riguardo l’eccessiva durata dei processi, essa non fornisce una riparazione equa del ritardo

ed impone alla vittima un’ ingiustificata fase esecutiva ulteriore.

Lo Stato italiano è invitato ad adottare tutte le misure di carattere generale necessarie

per fare in modo che le decisioni nazionali in tema di ritardo siano condotte a termine con il

pagamento dell’equa riparazione entro i sei mesi successivi all’inizio della procedura di

riparazione (Nel caso di specie si trattava di una causa di lavoro durata tredici anni. La

procedura ex legge Pinto veniva instaurata con ricorso del 17 ottobre 2001; l’equo indennizzo

pari ad € 5.000,00 corrisposto il 23 dicembre 2003. La Corte ha liquidato ulteriori € 12.800,00

a titolo di equa riparazione).

Sentenza n. 64897/01 – ZULLO

Costituisce violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

la durata eccessiva del processo. In Italia la legge Pinto non ha avuto effetto risolutivo

riguardo l’eccessiva durata dei processi, essa non fornisce una riparazione equa del ritardo

ed impone alla vittima un’ ingiustificata fase esecutiva ulteriore.

Lo Stato italiano è invitato ad adottare tutte le misure di carattere generale necessarie

per fare in modo che le decisioni nazionali in tema di ritardo siano condotte a termine con il

pagamento dell’equa riparazione entro i sei mesi successivi all’inizio della procedura di

riparazione (Nel caso di specie, si trattava di causa di lavoro durata otto anni. La procedura

ex lege Pinto veniva instaurata con ricorso del 10 ottobre 2001; l’equo indennizzo pari ad €

1.200,00 corrisposto il 5 maggio 2004. La Corte ha liquidato ulteriori € 5.000,00 a titolo di

equa riparazione).

IV.- Conclusioni.

La Corte europea dei Diritti Umani ha emesso, in data 29 marzo 2006, nove sentenze

definitive di condanna a carico della Repubblica Italiana; il principio enunciato dalla Corte

nelle menzionate sentenze è che :

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1. Costituisce violazione dell’art. 6 § 1 della Convenzione Europea dei Diritti

dell’Uomo, in relazione al diritto di ogni persona a che la sua causa sia esaminata entro un

termine ragionevole, la durata eccessiva del processo.

2. Costituisce violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, in tema di quantificazione

dell’indennità di espropriazione, l’attribuzione di un’indennità di espropriazione non correlata

al valore patrimoniale dell’immobile. Il prevedere effetto retroattivo ai criteri di calcolo

dell’indennità peggiorativi determina ingerenza del potere legislativo sul funzionamento del

potere giudiziario, mirata ad influenzare la risoluzione di una lite di cui lo Stato convenuto è

parte processuale e costituisce violazione dell’equo processo, garantito dall’articolo 6 § 1

della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo.

3. La procedura di cui alla legge n. 89/01 (legge Pinto) non ha risolto la questione

dell’eccessiva durata dei processi;

4. Comporta ulteriore ritardo, la previsione della fase esecutiva, successiva

all’emanazione del decreto ex art. 3 legge n. 89/01.

La Corte auspica l’introduzione da parte dello Stato italiano di un meccanismo per

accelerare la procedura interna dopo che si sia verificato il superamento del termine

ragionevole di durata della procedura.

L’UFFICIO STUDI DEL C.S.M. Dott. Andrea Montagni Dott.ssa Paola Filippi

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