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ANNO I - SETTEMBRE 2012 - La settimana di cittanuova.it - Direttore responsabile Michele Zanzucchi - Mail [email protected] SOMMARIO I ponti giovani di Budapest pag 2 La regola d'oro scende in piazza » 3 La kermesse della realtà » 4 Se il Vangelo parla techno » 5 Operai nei cantieri della storia » 6 I ragazzi con le bandiere » 7 Un flashmob mondiale » 9 Condividere per cambiare il mondo » 10 Riconciliare i popoli » 11 Let’s bridge 20 » 12 a cura di Michele Zanzucchi, Maddalena Maltese, Roberto Catalano Budapest. Genfest 2012. Sul Ponte della catene alle spalle il castello simbolo della capitale ungherese , si è svolto un flashmob da guinness: i partecipanti provenivano da 104 Paesi e in 12 mila hanno chiesto di gettare ponti d'amicizia e di dialogo per un mondo più unito, come sognava Chiara Lubich, che ha brevettato questi meeting internazionali e che è stata anche l'anima nascosta di questo appuntamento. UN FATTO UNA FOTO SPECIALE

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Page 1: SOMMARIOeditrice.cittanuova.it/FILE/PDF/web421571.pdf · di Maddalena Maltese Stazione Roma Termini, ore 19.00 di mercoledì. Sul treno per Vienna sono circa 150, con zaini e bandiere

ANNO I - SETTEMBRE 2012 - La settimana di cittanuova.it - Direttore responsabile Michele Zanzucchi - Mail [email protected]

SOMMARIO

I ponti giovani di Budapest . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag . 2La regola d'oro scende in piazza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3La kermesse della realtà . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 4Se il Vangelo parla techno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 5Operai nei cantieri della storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 6I ragazzi con le bandiere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 7Un flashmob mondiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 9Condividere per cambiare il mondo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 10Riconciliare i popoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 11Let’s bridge 2 .0 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 12a cura di Michele Zanzucchi, Maddalena Maltese, Roberto Catalano

Budapest. Genfest 2012. Sul Ponte della catene – alle spalle il castello simbolo della capitale ungherese –, si è svolto un flashmob da guinness: i partecipanti provenivano da 104 Paesi e in 12 mila hanno chiesto di gettare ponti d'amicizia e di dialogo per un mondo più unito, come sognava Chiara Lubich, che ha brevettato questi meeting internazionali e che è stata anche l'anima nascosta di questo appuntamento.

UN FATTO UNA FOTO

SPECIALE

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30-08-2012

Genfest 2012

I PONTI GIOVANI DI BUDAPESTLa città ungherese comincia a popolarsi dei ragazzi dei Focolari . C’è aria di festa, c’è attesa, senza dimenticare chi per la guerra è rimasto a casa

di Maddalena Maltese

Stazione Roma Termini, ore 19.00 di mercoledì. Sul treno per Vienna sono circa 150, con zaini e bandiere a “invadere” i vagoni, tra la sguardo sorpreso dei turisti. Aeroporto di Ciampino giovedì mattina. Stessa festa, bagagli più compressi per i viaggi low cost, ma anche qui l’invasione allegra non passa inosservata. I giovani dei Focolari sono in partenza per Budapest, la capitale ungherese che ospiterà il Genfest 2012: un appuntamento atteso da dieci anni dove si ritroveranno per raccontarsi con i linguaggi tipici degli under 30 e anche 20, che non è impossibile pensarsi cittadini solidali, in dialogo con chi non è della mia fede, del mio continente, del mio colore.

"Let’s bridge" è una frase non grammaticalmente significativa, ma è il titolo voluto per quest’incontro. Perché proprio i ponti saranno la metafora su cui si articolerà l’intero programma. In un mondo dove le autostrade fisiche delle nostre vite e quelle virtuali della Rete corrono spesso parallele, limitandosi a incroci veloci, i ponti che questi ragazzi vogliono mettere in piedi hanno la progettualità profetica di Chiara Lubich che, fin dal ‘68, li ha spinti a credere ad un mondo fraterno, individuando le travi solide nelle parole del Vangelo e le arcate nella testimonianza concreta e quotidiana.

Maria Voce (nella foto) presidente del Movimento dei focolari, attesissima dai giovani per il discorso programmatico del Genfest, è in fila per il check in low cost a Ciampino.

Appena individuata dai gruppi in partenza, scattano a raffica le foto, le presentazioni, i saluti festosi, i racconti sulla preparazione a questo viaggio. «Trovarci insieme è già una grande gioia – commenta Maria Voce, festosamente presa d’assalto, insieme ai suoi collaboratori e ai primi compagni della Lubich, anche loro con valigie alla mano –. Qui possiamo da subito costruire ponti tra generazioni». I suoi capelli bianchi e quelli simili dei collaboratori non stonano accanto a jeans e treccine colorate. «Oggi nel salmo si leggeva che una generazione narra all’altra le meraviglie del Signore – continua Maria Voce –. Vorrei che questo Genfest fosse uno scambio delle ricchezze di Dio». Si unisce a lei anche il copresidente dei Focolari, Giancarlo Faletti: «Il Genfest è stato un cammino fatto di lavoro, di difficoltà, di creatività».

Nel Palasport Arena fervono i preparativi. Ogni giorno alle 17.00 una diretta live su www.genfest.org racconta i dietro le quinte della manifestazione, il profilo Twitter in appena due giorni ha già raggiunto i 100 mila iscritti, mentre mancano 36 ore allo start ufficiale di venerdì sera, alla presenza del sindaco e del cardinale. C’è però chi è rimasto a casa, come i giovani della Siria che non hanno ricevuto il visto per la particolare situazione del loro Paese. «Il nostro Genfest comincia qui – hanno detto – dai nostri che hanno più bisogno e nei campi profughi». I ponti di pace di Budapest arrivano fin laggiù.

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31-08-2012

Genfest 2012

LA REGOLA D'ORO SCENDE IN PIAZZAInaugurato nel cuore della capitale un salotto in marmo dove i cubi hanno incisa in 20 lingue, braille compreso, la frase “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te”

di Maddalena Maltese

Quando i giovani dei Focolari hanno scelto Budapest per il loro meeting internazionale, volevano a tutti i costi lasciarvi un’impronta fatta non solo della festa, delle testimonianze, delle coreografie. Ci voleva un segno che ricordasse alla città il senso di questo appuntamento: mostrare al mondo che l’unità tra i popoli è possibile a patto che si viva la regola d’oro, “Fai agli altri ciò che vorresti fatto a te”. Perché allora non tracciare anche nella capitale ungherese un percorso che può indurre pensieri e azioni di fraternità?

Gergő Jedlicsita è architetto. Ha quasi trent’anni ed è lui che ha progettato la piazza della Regola d’oro in Erzsébet, il cuore della movida giovane di Budapest. Si tratta di cinque blocchi di marmo avorio, rettangolari, di varie misure, installati su una piattaforma in un angolo del parco. Rappresentano i cinque continenti. Con Gergő ci siamo seduti sul continente americano. Sulle facce è scolpita la regola d’oro nelle principali lingue di quest’angolo del pianeta, con il braille in aggiunta. Sotto i nostri piedi una fenditura lascia uscire una radice dell’albero vicino. «I colori di questi blocchi sono delicati, perché non volevamo gridare il nostro ideale, ma far sentire accolti – mi spiega –. E poi non volevamo con questo angolo danneggiare gli alberi secolari, così questa radice che fuoriesce è segno della vita che deve animare tutti i Paesi». Nei giorni precedenti l’inaugurazione, il cantiere ha attirato la curiosità degli abitanti e dei turisti. Per qualcuno una scoperta, per tanti un’opera

artistica che fa riflettere e fa scegliere di vivere diversamente, come commentava una coppia tedesca di passaggio: «Queste panchine ci ricordano cosa è essenziale nella vita».

Elisabeth, 21 anni, venezuelana, è figlia di un pastore pentecostale. Il dialogo nella sua Chiesa è una prospettiva che deve ancora mettere radici. «Essere a questa inaugurazione e vedere che l’amore è motore che annulla le differenze di pelle e che non c’è condanna per le differenti scelte religiose è proprio stupendo – racconta in inglese con veloce cadenza spagnola –. Non immaginavo un’esperienza simile. E questa piazza è come il punto di partenza di una gara olimpica. Ora siamo in corsa».Il taglio del nastro, nei colori ungheresi (rosso, bianco e verde, in orizzontale) è affidato al sindaco del municipio del centro Rogán Antal e al capo dei giardinieri di Budapest, Szabo Joseph, una vera star per il Paese, famoso per la cura originale e attenta del verde pubblico. Tra i presenti anche un consigliere del Primo ministro.

«Il motto del Genfest, secondo me, è il coraggio – ha ribadito Antal –. Oggi nel mondo domina la paura e domina l’odio, frutto della paura. Per amare ci vuole coraggio. Io ve lo auguro perché l’amore è il vero motore del cambiamento».A sorpresa anche Maria Voce è passata a salutare i giovani festosamente radunati attorno al salotto di marmo. Canti brasiliani, ovazioni, flash impazziti. Dall’altro lato un giovane offriva la sua acqua a un altro. I colori

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della pelle facevano supporre provenienze diverse. Particolare ininfluente per attuare la

regola d’oro, non solo scolpita sulle pietre della piazza, ma viva tra quei due.

Genfest 2012

LA KERMESSE DELLA REALTÀS’apre la grande manifestazione ungherese dei giovani dei Focolari . La sfida della “relazione vera” tra ragazzi e ragazze del mondo intero che lavorano per una società più giusta, più coesa, più unita

di Michele Zanzucchi

Già nella mattinata, nella centralissima piazza Mihály Vörösmarty, tempio della cultura magiara, incontro delle giovani della Malesia giunte qui dopo peripli impossibili che, osservando la bellezza e la pulizia della città, esclamano felici: «L’Europa è proprio bella!». E aggiungono, un po’ per scusarsi un po’ per sincero desiderio: «Bisogna ora che riusciamo a portare qualcosa della nostra ricchezza orientale al Genfest ungherese». Subito dopo, si unisce al nostro crocicchio un gruppetto di siciliani, e scattano le presentazioni, le foto con tanto di bandiere sventolanti, il contatto reale. Due di loro si riconoscono: per mesi e mesi si sono scritti via social network, e ora si ritrovano. La gioia è difficilmente spiegabile, incontenibile. Ma non è finita: come benzina sul fuoco si aggregano al gruppo dei brasiliani di Recife, mancava la musica e accenni di passi di danza. E i passanti indigeni se la spassano nel vedere un tal gruppo esultare. Qualcuno si unisce alla improvvisata kermesse.

Il Genfest, giunto ormai all’età di 40 anni, stupisce ancora una volta. Se negli anni Settanta ed Ottanta si era presentato come una vera novità, a cui la Chiesa e la società civile hanno poi attinto a pieni mani (il copyright, beh, non ne parliamo, Gmg in testa!) per trovare formule adatte al mondo dei giovani che cambiava, oggi in tanti si chiedono che cosa proponga di nuovo, quale

sia la sua “cifra”. Appare subito chiaro: è la relazione, tra giovani in particolare, l’incontro di cuori e menti che è anche incontro di culture, razze, tradizioni, religioni. Sappiamo tutto di tutti, ormai, siamo in contatto attraverso gli strumenti digitali da tasca con un’infinità di gente d’ogni angolo del mondo. Ma che cosa può mai sostituire un incontro reale, le mani che si stringono e le braccia che s’intrecciano, l’emozione del contatto vero, quello sudato, non mediato, non virtuale?

Lo ha confermato la presidente dei Focolari, Maria Voce, in un’intervista mattutina. E me lo ripete un giovane indiano che sventola la sua bandiera con un orgoglio che renderebbe felice il Mahatma in persona: «Finalmente ho la prova fisica che quel mondo più unito di cui tanto si parla nelle nostre chat non è un sogno poco credibile. Qui ci siamo e ci rimaniamo».

Qui ci siamo e ci rimaniamo. Il Genfest ripropone l’alchimia della festa e della gente, della festa e delle generazioni che si incontrano. Non all’improvviso, però, non estemporaneamente, ma al termine di un percorso che ha portato ognuno dei partecipanti a costruire qualcosa di socialmente utile nel proprio Paese, nella propria città, foss’anche un piccolo gruppo scolastico dedito all’aiuto ai terremotati emiliani (una giovane di Trieste), fosse pure

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1-09-2012

Genfest 2012

SE IL VANGELO PARLA TECHNONove gruppi musicali da tutto il mondo, un deejay al centro dell’Arena raccontano l’ideale dell’unità di Chiara Lubich con note insolite

di Maddalena Maltese

Chissà se Chiara Lubich e le sue compagne, che affidavano agli inni trentini l’esperienza della spiritualità dell’unità, avrebbero immaginato che nel 2012 sarebbe stata la musica techno a parlare di Dio, di unità, di rivoluzione evangelica. I 12 mila giovani del movimento, che ieri sera hanno trasformato il palasport arena di Budapest in una disco dance scatenata, eppure rispettosa e composta, forse ben poco sanno di quelle prime canzoni. Eppure anche i ventidue brani che sono state eseguiti sul palco mescolando rock, pop, musica etnica, sanno far centro per parole, note e contenuti.

Cambiare il mondo, mostrare questo cambiamento è un leit motiv che accompagna le diverse esecuzioni. Non si nasconde la fatica e la sofferenza per questo impegno, il confronto con una società che ha perso la speranza, che si dibatte nella paura e nelle insicurezze. Lo canta il gruppo Usa, ma anche i colombiani che insistono nel voler trovare una luce e una strada di libertà anche per la loro terra. Il complesso giordano canta di perdono,

di guerra, di costruire ponti, come la spiritualità di Chiara Lubich ha insegnato a fare in tanti punti critici del Medioriente. I ponti musicali che si gettano in quest’arena non sono evanescenti, c’è sotto la forza della vita, della storia che ciascuno di questi giovani porta dentro l’arena. E c’è anche la memoria dei dieci Genfest che hanno preceduto l’edizione di Budapest.Al centro del parterre, infatti, circondato da ballerini e da giovanissimi fan, un deejay coreano mixa su ritmi techno gli inni dei vecchi meeting e scatena l’adrenalina dei presenti. La platea e gli spalti si animano di bandiere: Argentina, Libano, Israele, Brasile, Polonia. Qui il mondo sembra dimenticare i ristretti confini geografici imposti dalla politica. Del resto anche Katalin Bogyay, rappresentante dell’Unesco, invita i giovani presenti a guardare chi sta accanto per cominciare a costruire il mondo solidale, che la Lubich propone in sintonia con i programmi dell’agenzia delle Nazioni Unite. «Qui si scrive una pagina della storia della cristianità», ha detto il sindaco di

la fondazione di un’impresa per lavoro artigianale in una favela (un giovane di Rio de Janeiro), o una attività nelle adozioni a distanza (una ragazza vietnamita), o anche l’impegno a rimettere assieme papà e mamma (una giovane statunitense).

Ognuno dei partecipanti ha un suo “curriculum di costruzione d’un mondo più unito”, di pontifex ("Let’s Bridge" è il neologismo scelto

come titolo del Genfest 2012). Ed è per questo che questa edizione del Genfest è vera, è reale, non è un ennesimo incontro multi-religioso, multi-culturale, multi-qualcosa. È un bozzetto di mondo più unito, un intreccio di ponti. È utile. Perché questi giovani, una volta tornati a casa loro, potranno dire che il mondo più unito è una cosa concreta, l’hanno visto, l’hanno toccato. C’è bisogno di realtà, non di virtualità oggidì.

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Budapest, Tarlós István, salutando l’assemblea. Inimmaginabile per questo Paese, ospitare un appuntamento mondiale che raccoglie credenti e non credenti, quando fino al ’90 qualsiasi anelito alla spiritualità e alla libertà era stato brutalmente soffocato dal comunismo. Una pagina triste della storia che i giovani ungheresi hanno voluto raccontare con una coreografia, videoproiezioni di filmati d’epoca e musica techno, nota inconfondibile della serata.Un messaggio del Papa, a firma del cardinale

Bertone, incoraggia i presenti a «dare forma di unità e di pace alla città dell'uomo, e renderla in qualche misura anticipazione prefiguratrice della città senza barriere di Dio». Mentre il presidente della Repubblica italiana ha inviato una sua medaglia commemorativa dell’evento.Si conclude la festa con una ninna nanna ungherese, cantata da due bambini abbracciati a un orsacchiotto. Si lascia l’arena e la festa continua con i ponti dei saluti, dei commenti, degli arrivederci a domani, per l’appuntamento clou.

1-09-2012

Genfest 2012

OPERAI NEI CANTIERI DELLA STORIASi gettano i pilastri dei ponti del Genfest: impegno sociale, spiritualità, dialogo . La storia di Chiara Lubich accolta in un silenzio suggestivo e da applausi ininterrotti

di Maddalena Maltese

Let’s bridge, la costruzione di ponti evocata dal Genfest 2012, diventa un vero e proprio cantiere che scava nella storia contemporanea e comincia ad ergervi pilastri. Questa metafora fa da filo conduttore al programma di stamattina, mentre una pioggia battente non smorza l’entusiasmo dei giovani in paziente attesa all’ingresso.

Sul palco parte la sigla e una squadra di almeno 50 ballerini con guanti e divisa da lavoro inaugura il cantiere, lasciando la parola agli interrogativi forti del mondo giovanile a tutte le latitudini: ti piace il mondo così come è? Cosa cambieresti? Come vedi il tuo futuro? Si starebbe meglio senza politica o religione esordisce un ragazzo, ci vorrebbe più rispetto per l’ambiente chiede un altro, il futuro è buio e non vedo luci. Eppure questi giovani operai non rinunciano ad accenderne piccole, varie, talvolta appena percepibili, però ci sono e non

possono essere ignorate.Come a piazza Tahrir, in Egitto. Un murales colorato coinvolge gli abitanti di un quartiere non solo nella realizzazione, ma anche nella pulizia delle strade vicine per ridare armonia alla città invasa da macerie e spazzatura. C’è chi irride all’iniziativa ma questo è il tassello di partenza per ridare al loro Paese dignità e bellezza. In Thailandia, il fango delle alluvioni della scorsa primavera viene fermato con catene di sacchi di sabbia. I giovani dei Focolari, lavorano per ore a fianco dei loro vicini, degli altri studenti per salvare alcuni quartieri di Bangkok. E poi ancora nella guerra dei narcos messicani, dove Willie rinuncia alla vendetta per la morte del cugino, per dar vita invece a una festa dell’amicizia con altri amici. E infine il Cile: un gruppo di giovani ospita alcuni barboni, salvandoli dalla brutalità della strada e dell’alcolismo.

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Genfest 2012

I RAGAZZI CON LE BANDIERENella folla di Budapest c’è molto più di quanto non appaia . L’invito pressante di Maria Emmaus Voce: «Guardate in alto, guardate lontano»

di Michele Zanzucchi

Entrando nel vasto androne dell’Arena di Budapest, il cronista non può che costatare l’insolita infiorescenza che ondeggia sulla folla, costituita di bandiere di decine e decine di Paesi. Nessuno inalbera il vessillo del Genfest, tantomeno la stella gialla su fondo azzurro che è l’emblema dei Focolari. Mi si avvicina un ragazzo che sventola una bandiera del Libano che pare un lenzuolo. Viene da Annecy, in Francia. Gli chiedo ragione di quel vessillo: «Quest’estate sono stato nella Terra dei cedri e mi sono reso conto che, se non interveniamo noi europei, quel simbolo di convivenza rischia di essere spazzato via dalla furia dei fondamentalismi. Così sono diventato libanese, nel cuore». Statene certi, non è detto che colui

che sventola una bandiera brasiliana sia carioca, o colui che fa roteare la bandiera del Kenya sia keniota. Effetto della globalizzazione? Sì, ma di quella buona, che fa amare la patria altrui come la propria.

C’è molto di più dietro lo sventolio di queste bandiere, come c’è molto di più dietro quello che i giovani dicono dal palco al Genfest. La brevità imposta dalle esigenze sceniche condanna a proporre qualcosa di riassuntivo che non rende conto della vastità dell’impegno dei Giovani per un mondo unito. Ad esempio, i giovani di Yogyakarta, in Indonesia, in collegamento raccontano piccole vicende della preparazione dell’appuntamento

Poi si scava anche nella vita personale. Elena racconta della sua conversione al cristianesimo, della scelta di ricevere i sacramenti, delle domande che hanno accompagnato questa scelta. Mariaelene e Lucas raccontano di come si vive un fidanzamento nell’ottica del dono e dei primi passi della vita matrimoniale, che talvolta per la differenza di vedute possono condizionare un rapporto. Nacho, argentino, incolla i 12 mila alla sedia, con la sua decisione di dare la sua vita a Dio, lasciando fidanzata e famiglia d’origine. Le storie di oggi, si aprono poi su una pagina di storia di ieri, quella che ha permesso alla spiritualità dell’unità di incontrare i percorsi di questi giovani: la vita e le scelte di Chiara Lubich. La sua scelta di Dio, la scoperta dell’amore evangelico capace di far di tutti gli uomini una

sola famiglia è tratteggiata da una giovane attrice in abiti anni ’40. Poi è la Lubich stessa in un discorso tenuto all’Onu che dallo schermo indica il senso di questo grande cantiere mondiale: «Ci sono tante scoperte, ci sono tante novità, ci sono i mezzi di comunicazione che vanno avanti, la tecnica che progredisce. Quello che non è progredito nel mondo è l'aspetto spirituale. Occorre nel mondo un supplemento d'anima, un supplemento di amore. E questo dobbiamo portare». Un minuto di raccolto silenzio per chiedere la pace e la fraternità tra tutti gli uomini conclude questa prima parte del programma, mentre una hola interminabile e coloratissima infiamma spalti e platea, accendendole di migliaia di luci. Nel pomeriggio si lavora alle arcate e alle strade da gettare sui ponti.

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ungherese, ma non possono accennare, ad esempio, all’ampia azione che hanno fatto a Bantul, epicentro del terremoto devastante del 2006: hanno costruito dei centri sociali con i musulmani dei 42 villaggi rurali, e ora sono impegnati in un vasto programma di insegnamento dell’inglese ai bambini. Altro esempio, i giovani egiziani raccontano di un muro dipinto assieme alla popolazione per rendere più gradevole la vita d’un quartiere, ma non possono raccontare della loro partecipazione alle manifestazioni di piazza Tahrir, del loro impegno nei social network, del loro “essere rivoluzionari”.

E potrei continuare. La giovane coppia tedesca che racconta del tentativo di vivere in famiglia seguendo il Vangelo, nella verità e nella carità – scelte controcorrente –, è solo una delle mille e mille coppie che fanno altrettanto, come sono tanti coloro che compiono atti simili a quelli del giovane brasiliano che per strada si ferma, novello samaritano, per soccorrere un giovane epilettico, o simili al giovane egiziano malato di sclerosi multipla che accetta la grave malattia propria e altrui…C’è di più, indiscutibilmente, c’è molto di più di un semplice spettacolo, pur di qualità assolutamente notevole, che non fa che raccogliere il vissuto di migliaia di ragazzi e ragazze del mondo intero. C’è molto di più dietro l’applauso fragoroso per le acrobazie di giovani in bianco sospesi a lunghe strisce di stoffa scarlatte, crocifissioni aeree… La realtà può essere più dura della fiction, ma anche al contrario può essere più ricca. È forse Maria Emmaus Voce, presidente dei Focolari, accolta nello SportArena da una rumorosa standing ovation e da una insistente hola, che sintetizza meglio le difficili situazioni dell’attuale situazione giovanile: «Viaggiando per il mondo ho conosciuto i giovani di ieri e di oggi; ho visto trasformarsi le condizioni sociali in cui si vive; ho visto il frantumarsi di tante sicurezze; ho visto le sofferenze di non trovare lavoro… Ho sentito crescere una generazione che ha paura. Paura di illudersi e di essere delusa, paura di dare qualcosa di sé e di trovarsi a mani vuote».

È su questa base che qualcosa può e deve essere fatto: «Ho però incontrato anche molti giovani – spiega ancora Maria Voce – che sanno che per la costruzione di un mondo più unito occorrono cambiamenti innanzitutto personali, e quindi scelte radicali. E le fanno. Scoprendosi fratelli, vicini e solidali… Sì, dico a voi tutti: guardate in alto. Guardate lontano, è lì che troverete l’appiglio sicuro. Guardate all’amore che è Dio. Lui è l’unico che non vi delude… E poi non abbiate paura! Siate voi stessi ed entrate personalmente nella società… Il vostro contributo è unico, irripetibile».

Ed ecco il realismo che le è notoriamente consono: «Occorre per questo passare subito all’azione… Il Genfest, pur nella sua bellezza e nella sua grandezza, rimane poca cosa di fronte alle necessità dell’umanità. Cosa sono 12 mila giovani di fronte ai circa due miliardi di giovani del mondo? Eppure se cambia il cuore dei presenti, allora il mondo comincia a cambiare. E il cuore cambia se si lascia penetrare dall’unico valore che tutti i giovani di ogni latitudine riconoscono come il più importante: l’amore! Cominciate quindi ad amare concretamente». Il primo passo non è quello delle azioni grandi, ma quello dei piccoli atti d'amore «che fanno grande la vita e hanno il potere di cambiare il mondo e di incidere sulla società… Così può partire da questo SportArena un unico fiume d’amore… Chiara Lubich ci ha ripetuto che “occorre nel mondo un supplemento d’anima, un supplemento di amore”. E questo dobbiamo portare».

Un supplemento d’anima che nelle intenzioni dei Giovani per un mondo unito non vuol restare una formula solo spirituale. Così lanciano l’United world project: questo il nome dell’iniziativa lanciata al Genfest per far sì che l’assise ungherese non resti un bellissimo esempio. Nel deserto. Vuol dire stringere un “patto mondiale per la fraternità” e creare di conseguenza un “network della fraternità”, che impegni personalmente chi vi aderisce, sostenuto da un “osservatorio permanente per la fraternità”. Più volte, nel corso del Genfest, si creano degli spontanei girotondi in sala, che invariabilmente finiscono col “riempirsi” e

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diventare una massa, direi una “massa critica”, cioè quel livello numerico raggiunto il quale non si torna più indietro. Ecco, vedere 12 mila

giovani d’oggi che firmano un tale impegno di vita dice che l’United world project è sano realismo, perché ricco d’ideali.

2-09-2012

Genfest 2012

UN FLASHMOB MONDIALESul ponte delle catene in 12 mila si scambiano messaggi di pace e si sigla un patto: "Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te" è la regola di vita, il primo mattone per un mondo diverso

di Maddalena Maltese

La lunga marcia di sette chilometri per le strade del centro di Budapest non è una novità per gli ungheresi, che su questi ampi viali hanno visto sfilare i cortei del regime comunista. Questa però ha i colori del mondo e la contagiosa allegria dei giovani dei Focolari, che ieri sera hanno concluso con questa manifestazione pubblica il loro Genfest.Meta è il ponte delle catene, simbolo di unità per le due parti della capitale ungherese Buda – la collina – e Pest – la pianura –. Lo raggiungono in quasi tre ore, incrociando sul loro cammino la sorpresa dei passanti e la curiosità dei giovani. Una vecchina è in lacrime, mentre saluta queste migliaia di ragazzi che ripetono, nelle 27 lingue presenti: “Let’s bridge”. Qualcuno fa il segno del cuore al loro passaggio. C’è chi srotola la bandiera ungherese da uno dei palazzi del centro storico. Dai balconi lanciano acqua, bibite, biscotti. Il Genfest getta ponti con la città che lo ospita. Nella piazza degli Eroi, sotto le statue dei personaggi che hanno fatto la rivoluzione ungherese, uno scatto immortala altri giovani eroi del 2012. Non è un’esagerazione, perché raccogliendo le storie di questi ragazzi si scopre la tragedia di un popolo e le ferite di una cultura, la novità di una rinascita e la determinazione nel volerci essere a tutti i costi, sfidando anche i propri governi. E così dal Vietnam alla

Cambogia, da Cuba al Congo, dalla ricca Svezia all’impegnata Argentina. Ci sono per mostrare che i sentieri di fraternità vissuti nei propri Paesi, consolidati da questo meeting, sono veri, hanno pilastri solidi. Il Ponte delle catene è in vista. Illuminato (foto di Domenico Salmaso). Suggestivo. Sopra c’è il castello, simbolo della città, a fianco il Parlamento. Lo percorrono con emozione, si arrampicano sulla balaustra mentre dal microfono si salutano tutte le delegazioni presenti: India, Usa, Spagna, Malta, Italia, Israele… Il mondo ha messo piede su questo ponte. Poi “stop”. Trenta secondi di silenzio danno il via al flashmob più internazionale della storia. Al grido di «Go» ci si scambia delle sciarpe colorate su cui ciascuno ha scritto una frase, il proprio nome, una consegna. Gioia, festa, confusione accolgono il nuovo stop, che fa aprire le stoffe appallottolate e scoprire «il dono che Dio ha voluto farmi», così si è espressa una giovane laziale, in lacrime dopo aver letto il suo messaggio: «Dio ti ama immensamente. Credi che il tuo presente e il tuo futuro possono essere migliori». «Oggi si comincia a vivere per la pace» si legge su un altro. "Let’s bridge" è ricopiato in tutte le lingue. Questo arcobaleno di colori e di popoli in tripudio è uno spettacolo straordinario, dona

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fiducia, dà carica, fa rinascere speranze. «Da qui non si torna indietro», mi dice Cinzia. «Altro che "let’s bridge" – grida uno scanzonato napoletano – qui è "let’s change", qui insieme possiamo cambiare il mondo. Guai se non rispetto il patto della regola d’oro». «Il bracciale, segno del patto,

l’ho messo non per conformismo, ma perché mi impegno».A guardare questi volti, c’è da crederci sul serio. Budapest forse potrà scrivere nella sua storia, questa insolita e non violenta rivoluzione che da qui è rinata.

3-09-2012

Genfest 2012

CONDIVIDERE PER CAMBIARE IL MONDOAlla Facoltà teologica di Budapest un caleidoscopio di esperienze: 160 partecipanti di diverse confessioni condividono l'impegno per la pace e la fratellanza universale

di Roberto Catalano

«Se ciascuno di noi s’impegnasse a comunicare almeno a cinque giovani quanto abbiamo vissuto in questi giorni qui a Budapest, allora forse potremmo davvero cambiare il mondo». Lo dice con coraggio e con determinazione un giovane palestinese di Gerusalemme, che conclude: «Non dimenticate di pregare per la situazione in Palestina». Gli fa eco un algerino, anche lui musulmano: «Se è stato possibile vivere in questi giorni con giovani di etnie, culture, lingue e religioni diverse allora lo può essere anche negli ambienti da cui veniamo». Una ragazza francese che si definisce atea, invece, ringrazia i presenti perché, dice, non conosceva molto dello spirito che anima il Genfest, ma «in questi giorni ho fatto più incontri che nella mia città, dove mi sento sempre più isolata». I tre hanno parlato alla conclusione di un incontro che si è svolto nella sala della Facoltà teologica di Budapest, aperto a tutti i partecipanti di varie religioni e moderato da un musulmano algerino, da un buddhista giapponese e da una giordana cristiana.La sala offriva un vero caleidoscopio: centosessanta partecipanti, provenienti

da Usa, Algeria, Thailandia, Uruguay, India, Macedonia, Giappone, Bulgaria, Bosnia, Italia e molti altri Paesi ancora. Fra loro ebrei, musulmani, buddhisti mahayana e theravada, indù, una giainista e alcuni rappresentanti della Tenrikyo, una delle religioni del Giappone. Anche alcuni giovani cattolici hanno voluto condividere questo momento con i loro amici di altre fedi, mentre sulla grande piazza Santo Stefano si celebrava la messa. Nella mattinata trascorsa insieme i rappresentanti delle diverse tradizioni religiose hanno approfittato per comunicarsi quanto già fanno per costruire la pace e la fratellanza universale. Dal lavoro per i diritti umani di organizzazioni giovanili ebraiche nel laico Uruguay si è passati all’impegno di giovani musulmani algerini e macedoni nel vivere quotidianamente la fratellanza, sui posti di lavoro e nelle università. Giovani indiani, indù e gianisti, hanno sottolineato l’impegno concreto nel sociale con organizzazioni gandhiane nel Sud India. I buddhisti della Rissho Kosei kai e della Myochikai hanno, invece, proposto il loro lavoro per strategie

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e processi educativi alla pace. Si sono presentati anche i giovani della Tenrikyo, che hanno spiegato ai presenti le caratteristiche della loro religione.Quasi due ore concluse nel silenzio, un minuto in cui ciascuno ha pregato in fondo al cuore con le parole e la sensibilità della sua fede per la pace nel mondo e l’impegno alla fratellanza, per essere davvero costruttori di ponti.Uscendo, due giovani ebrei dell’Uruguay mi hanno detto: «Un’esperienza incredibile, dobbiamo lavorare insieme per portare questo spirito dove ci troviamo». Due giovani indù:

«Non ci sono parole per dire cosa abbiamo vissuto in questi giorni». Una afroamericana incontrata quasi per caso nella folla della grande Arena ed invitata all’incontro mi ha ringraziato per aver potuto partecipare a questo momento, ed è scappata per una foto ricordo multicolore e multi-religiosa: lei, americana con il velo, una musulmana della Bosnia, una indù del Sud dell'India. Come dire: le religioni non sono un ostacolo alla pace, la spiritualità che portano può aprire vie insperate. Questi giovani lo hanno sperimentato.

3-09-2012

Genfest 2012

RICONCILIARE I POPOLIIntervista esclusiva con Città Nuova del cardinale Péter Erdö, arcivescovo di Esztergom, primate di Ungheria e presidente del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa

di Michele Zanzucchi

Cosa le rimane in cuore al termine di questo Genfest di Budapest?«Lavorare per l’umanità è un compito elevato per i cristiani. Lo slogan del Genfest era "Let’s bridge": costruire ponti vuol dire innanzitutto sapere da dove si parte e dove si va, quindi conoscerci, perché non è una genuina opera per l’umanità quella che porta una cultura a sopprimere le altre. Bisogna anche compiere sforzi adeguati per promuovere una vera cultura dell’amore: questo costruisce la vera unità. Non si tratta di fare opera di globalizzazione, che comunque andrebbe avanti senza di noi, ma umanizzare la globalizzazione, scoprire la volontà di Dio in tutto quanto sta accadendo. Bisogna mettere l’accento sul “come”. Come costruiamo questi ponti? Come lavoriamo per l’unità dell’umanità?»

L’Europa conosce una forte e crescente

secolarizzazione. Quali le sfide per la cristianità?«La secolarizzazione in Europa è un fenomeno complesso: se da una parte sembra che la vita quotidiana non abbia agganci col soprannaturale, dall’altra nella maggioranza della popolazione c’è un vivo desiderio di Dio, ed esiste un qualche rapporto con la realtà religiosa, anche se con elementi superstiziosi e con nuove fedi. Grazie a Dio noi abbiamo il messaggio del Cristo, che è in grado di rispondere a tutti e in ogni epoca, ma deve trovare ogni volta nuove forme di evangelizzazione. Si tratta di una sfida molteplice: la cultura audiovisiva, digitale, di distrazione continua, in cui la gente ha difficoltà a leggere e approfondire qualsiasi pensiero non aiuta la fede: dobbiamo diffondere quei valori culturali che rendono possibile una buona recezione della nostra fede. Le verità formulate in forme verbali

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debbono essere conosciute, la Bibbia è scritta, e quindi va letta e meditata. D’altra parte dobbiamo usare tutti i mezzi tecnologici e tutti i registri per avvicinare i giovani alla buona novella. Senza dimenticare che la testimonianza concreta è al cuore dell’evangelizzazione, il servizio ai poveri ad esempio». Quale il ruolo dei nuovi carismi in questo contesto?«I movimenti nella Chiesa costituiscono dei segni importanti. Nell’ultimo secolo ne sono sorti un numero considerevole. Hanno alcune caratteristiche comuni che fanno pensare, come l’avere al proprio cuore dei gruppi di persone impegnate, ma anche altri aderenti che lo sono via via di meno, fino ai non credenti. In questi grandi movimenti esiste una complementarietà che dovrebbe essere di tutta la chiesa, quella tra sacerdoti, religiosi, laici, gente che cerca ancora la propria fede. Tutti dovrebbero cooperare al bene comune e all’evangelizzazione».In Europa l’immigrazione crescente porta

nuove fedi e nuove comunità di credenti…«C’è una nuova multireligiosità, è vero, ma nel contempo c’è una gran quantità di persone che hanno una mentalità che li porta a considerare la religione come un grande mercato: uno prende alcuni elementi da una religione e li mette nel proprio cestino… Ma le statistiche dimostrano che questa gente è molto meno sicura nei rapporti sociali. L’appartenenza ad una Chiesa costituita è utile anche per il proprio posizionamento sociale, per avere tolleranza nei confronti di altre fedi e confessioni, perché si ha una chiara identità». Il corteo del Genfest ha attraversato la città suscitando simpatia e partecipazione. Ritiene che questa manifestazione sia stata utile per Budapest?«Sì, questa grande manifestazione pubblica ha richiamato l’attenzione della gente al fatto religioso, ma una religiosità aperta al mondo. La religione non deve essere espressione di egoismo nazionale, ma aprire alla riconciliazione tra i popoli. Questa una delle lezioni del Genfest alla città di Budapest».

Inedito

Genfest 2012

LET’S BRIDGE 2.0L'evento viaggia online e sulle piattaforme social raccoglie circa 450 mila fan . Il web getta ponti da una parte all'altra del mondo

di Maddalena Maltese

Circa 450 mila sono stati i fan conquistati in Rete dal Genfest. Su Twitter, Facebook e sulle altre piaataforme social si sono susseguiti messaggi, foto, riprese. Sulla banda larga viaggiavano in contemporanea Nord e Sud del mondo e i ponti digitali sono stati sempre connessi. A seguirne i percorsi, un’equipe di trenta giovani che traduceva nelle principali lingue le flash news sull’evento. «Il nostro obiettivo con tutte le reti sociali è quello di diffondere l’ideale del mondo unito.

Il titolo “Let’s bridge” è perfetto anche per Facebook, Twitter, Youtube, Flickr, luoghi che costruiscono migliaia di ponti tra persone di diverse nazionalità. In una settimana appena di lancio si sono raggiunte 20 mila visite. Solo la pagina Facebook di lingua inglese in sette giorni ha coinvolto 125 mila persone», spiega Rafael, coordinatore della redazione.I numeri raggiunti fanno pensare a veri innovatori nel comunicare messaggi anche

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poco popolari per i media tradizionali. «Abbiamo voluto lanciare sul web i protagonisti di quest’esperienza indimenticabile, le loro facce e le loro voci attraverso Facebook, Twitter, Youtube, il sito ufficiale e la diretta streaming: insomma abbiamo raggiunto un numero considerevole di persone», commenta Ivan, social communicator per professione, ma che ha voluto prestare la sua opera gratuitamente per questo mega evento. Ecco qualche post e qualche tweet intercettato da Città Nuova:

«Siamo qui per la prima volta con un gruppo di amici sono emozionata perché sento un’atmosfera speciale» - Laura.

«Bellissima festa il genfest tanti per la costruzione della fraternità. Sono con voi se pure da lontano» - Leo Julio, Brasile.

«Ci piacerebbe che le relazioni fossero reciproche, ma talvolta non accade. Comunque anche se uno dall’altro lato del ponte non fa nessun passo per incontrarsi a metà, devo cercare di fare io il primo passo e mettere

in circolo l’amore. Se lo facciamo possiamo aspettarci grandi sorprese» - Christine.

«Buon giorno ai 400mila che seguono via Twitter» - redazione.

«Una grande esperienza quella di Pomigliano. Non ci sono parole per descriverli e né per ringraziarli».

«Ci sono 12mila ponti in partenza da Budapest» - Ivan.

«Eccezionale. Grazie. È stato un grande evento. A Houston eravamo tutti entusiasti! Let's Bridge!» - Bea Romo.

«Nell' era delle nicchie e degli individualismi, in una società dove migliaia di idee ogni giorno lottano per avere un posto in prima pagina, trovare così tante persone disposte a regalare anche un solo attimo della loro vita per leggere un tweet o scrivere un post è un immenso capitale sociale che dà speranze per il futuro dell'umanità», conclude Ivan. E i numeri sembrano proprio dargli ragione.

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Direttore responsabile: Michele Zanzucchi - Redazione: Maddalena Maltese, Sara Fornaro, Roberta Ruggeri

Progetto Grafico: Umberto Paciarelli

Gruppo editoriale Città Nuova. Autorizzazione tribunale di Roma n. 339/2009 del 06/10/2009

Info e prenotazioni Aziende per l’Expo: www.pololionellobonfanti.it - [email protected] - reception: 055 8330400Info e prenotazioni alloggi: 055 9051102 - [email protected]

Italia Europa. Un unico cantieretra giovani, lavoro e innovazione.

20-23 settembre 2012

3° LABORATORIO NAZIONALE

Pacchetti alloggio

agevolati

per giovani, famiglie

e gruppi

Info e prenotazioni:

055 9051102

Gruppo Editoriale Città Nuova22-23 settembre 2012 Auditorium di Loppiano

sabato 22 ore 9.30-13.00Convegno annuale nazionale “Città Nuova e il Progetto Italia”.Laboratori su: politica, intercultura, famiglia, emergenza educativa, legalità,informazione, arte

domenica 23 ore 9.30-12.00Seconda sessione dei laboratori

Expo 2012 Aziende in rete 20-23 settembre 2012Polo Lionello Bonfanti

Aree tematiche: 1. Edilizia sostenibile, energie rinnovabili e sviluppo sostenibile2. Settore biologico,

enogastronomico e turismo relazionale

3. Il mondo dei servizi alla persona, dall’infanzia alla quarta età

giovedì 20 ore 15.30 Tavola rotonda. Meeting Expò

venerdì 21 ore 11.00 Seminario. Incubatore d’impresa

Convention Economiadi Comunione22-23 settembre 2012 Polo Lionello Bonfanti

ore 9.30-13.00“EdC come impegno personale e collettivo: una possibilità per tutti”. Dedicato a tutti coloro che vogliono ripensare le espressioni e i luoghi dell’economia di fronte alle sfide dell’attuale scenario economico nazionale, europeo e globale

Istituto Universitario SophiaGruppo Editoriale Città Nuova21 settembre 2012Auditorium di Loppiano

ore 21.00Mito e fraternità. Ospite d’onore la poesia

media partner

sabato 22 settembre ore 18.00-19.00

In dialogo con Maria Voce,presidente del Movimento dei focolari

Open CityPer vivere Loppiano

tra cultura musica e sapori

22 settembre ore 19.30-23.00

23 settembre ore 15.00-17.00

Laboratori per bambini

e ragazzi dai 3 ai 14 anni

22-23 settembre

ore 9.30-13.00 / ore 15.30-19.00

22-23 settembre ore 9.30-13.00“Giovani e lavoro: work in progress. E se regalassimo la fraternità al lavoro?”Per i giovani: seminario delle scuole di partecipazione del Movimento politico per l’unità - Mppu.

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