dispense di principi di ingegneria nucleare

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________________________________________________ __________ Capitolo 1 Richiami di Fisica Nucleare ________________________________________________ __________ 1.1 I PRIMI MODELLI ATOMICI La conoscenza della fisica atomica e nucleare è alla base dell’ingegneria nucleare e ne costituisce la struttura portante. Perciò, prima di iniziare a trattare l’energia nucleare, è necessario richiamare le nozioni preliminari, già studiate in altre discipline, relative alla struttura dell’atomo e del nucleo. Solo all’inizio del XIX secolo, il chimico inglese John Dalton per spiegare le leggi delle combinazioni chimiche ipotizzò che la materia fosse costituita da atomi. Dalton riprese e rielaborò in modo sistematico la teoria atomica di Democrito, filosofo greco del IV secolo a.C., secondo la quale la materia è costituita da minuscole particelle, diverse tra loro, chiamate atomi, la cui unione dà origine a tutte le sostanze conosciute. La parole atomo deriva dal greco ( ἄτομος - àtomos, indivisibile) e significa non divisibile, cioè che non può essere ulteriormente diviso. Nella teoria di Dalton gli atomi sono immaginati come piccolissime sfere indivisibili, di massa variabile secondo l’elemento chimico. L’atomo è quindi la più piccola quantità di materia associata ad una specie chimica semplice e possiede tutte le proprietà necessarie a spiegare i fenomeni macroscopici, ovvero i fenomeni chimici. In particolare, deve essere elettricamente neutro come la specie originaria. Questo modello molto grossolano assume per la prima volta il carattere di ipotesi e permette di sviluppare una teoria scientifica, relativa alle leggi fondamentali delle reazioni chimiche. 1.1

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Capitolo 1 Finale di F. Oriolo ingegneria Energetica triennale Mancano gli altri capitoli

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Page 1: Dispense di Principi di Ingegneria Nucleare

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Capitolo 1

Richiami di Fisica Nucleare__________________________________________________________

1.1 I PRIMI MODELLI ATOMICI

La conoscenza della fisica atomica e nucleare è alla base dell’ingegneria nucleare e ne costituisce la struttura portante. Perciò, prima di iniziare a trattare l’energia nucleare, è necessario richiamare le nozioni preliminari, già studiate in altre discipline, relative alla struttura dell’atomo e del nucleo. Solo all’inizio del XIX secolo, il chimico inglese John Dalton per spiegare le leggi delle combinazioni chimiche ipotizzò che la materia fosse costituita da atomi. Dalton riprese e rielaborò in modo sistematico la teoria atomica di Democrito, filosofo greco del IV secolo a.C., secondo la quale la materia è costituita da minuscole particelle, diverse tra loro, chiamate atomi, la cui unione dà origine a tutte le sostanze conosciute.La parole atomo deriva dal greco ( ἄτομος - àtomos, indivisibile) e significa non divisibile, cioè che non può essere ulteriormente diviso. Nella teoria di Dalton gli atomi sono immaginati come piccolissime sfere indivisibili, di massa variabile secondo l’elemento chimico. L’atomo è quindi la più piccola quantità di materia associata ad una specie chimica semplice e possiede tutte le proprietà necessarie a spiegare i fenomeni macroscopici, ovvero i fenomeni chimici. In particolare, deve essere elettricamente neutro come la specie originaria. Questo modello molto grossolano assume per la prima volta il carattere di ipotesi e permette di sviluppare una teoria scientifica, relativa alle leggi fondamentali delle reazioni chimiche. I grandi chimici del 1800, con i loro esperimenti, costruiscono una nuova base scientifica all’atomismo; in particolare, Avogadro nel 1811 sviluppò la teoria molecolare: la molecola é la più piccola quantità chimica di un elemento o di un composto capace di esistere in modo indipendente. Le molecole possono essere costituite da uno o più atomi: nel primo caso sono dette monoatomiche, mentre nel secondo caso poliatomiche.Questo modello di atomo, che è molto lontano dall’attuale descrizione di atomo, è alla base di tutte le scoperte della chimica classica e ha permesso di costruirne la struttura fondante, con i concetti di molecola, valenza, peso atomico, peso molecolare e la scoperta del sistema periodico degli elementi.La scoperta della radioattività naturale da parte di Henri Becquerel, nel 1896, ed alcuni fenomeni elettrici particolari fecero capire successivamente che gli atomi non sono particelle indivisibili, ma a loro volta composti da particelle più piccole. Ma soprattutto la scoperta dell’elettrone, la particella più piccola che si possa trovare in natura con carica elettrica negativa (esperienza di Millikan e Perrin), portano alla conclusione che l’atomo non è una particella indivisibile, ma piuttosto un insieme complesso di particelle elementari ancora più piccole e legate da forze di tipo fisico, ma diverse dalla gravità e dall’elettromagnetismo. Inoltre, gli esperimenti di diffusione dei raggi X nei corpi semplici indicano che il numero di elettroni per atomo è indipendente dalla quantità del campione irradiato.

1.1

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

Questo numero Z è dunque una caratteristica dell’atomo e corrisponde al numero atomico della classificazione secondo Mendeleiv. La conferma di questa asserzione é dovuta a Moseley che interpretò in modo estremamente rigoroso i risultati sperimentali, relativi alle serie spettrali, in cui la lunghezza d’onda diminuiva con l’aumento del numero atomico.La condizione di neutralità richiede l’ipotesi dell’esistenza di una carica elettrica positiva uguale ed opposta a quella negativa degli elettroni. L’idea che la materia, benché neutra, sia costituita da cariche di segno opposto aveva già dei validi supporti sperimentali: elettrizzazione per strofinio di un isolante, ionizzazione di sostanze chimiche in soluzioni, ecc.. Perciò, Thompson suppose che le cariche positive (allora sconosciute) e le cariche negative (elettroni, già noti) fossero ripartite uniformemente nell’atomo (modello atomico di Thompson).Nel 1911 Rutherford fece un esperimento cruciale per validare il modello di Thompson, bombardò un foglio sottilissimo d’oro con raggi alfa ()cioè atomi di elio completamente ionizzati, quindi privi di elettroni. In Fig. 1.1 è riportato lo schema dell’apparecchiatura messa a punto da Geiger e Marsden per studiare l’interazione di particelle alfa con la materia, sotto la direzione di Rutherford. Essa consta in una robusta scatola metallica B di forma cilindrica chiusa da uno spesso coperchio di vetro P. La scatola B contiene una sorgente di particelle alfa R, un collimatore D ed un bersaglio F, costituito da un foglio d’oro solidale con il contenitore della sorgente; inoltre essa è solidale ad un supporto A che può rotare dentro il corpo conico C. Ad essa è connesso un microscopio M, che termina con uno schermo di solfuro di zinco S; il tubo T serve per lo scarico o per il vuoto. Una rotazione di A comporta la rotazione del microscopico (M, S), ma non della sorgente e del bersaglio (F, R) (per maggiori dettagli vedi: H. Geiger and E. Marsden, “The Laws of Deflexion of Particles through Large Angles”, Philosophical Magazine, Series 6, Vol.25, n.148, April 1913). L’esperimento portò alla constatazione che solo l’un per cento (1%) delle particelle erano deviate dal foglio d’oro e lo erano in modo notevole, alcune venivano completamente respinte indietro (v. Fig. 1.1.b).

(a) (b)

Figura 1.1. Apparecchiatura di H. Geiger e Marsden (a) e rappresentazione schematica dell’esperienza di Rutherford (b)

1.2

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

Gli esperimenti sistematici, realizzati presso il Cavendish Laboratory dell’Università di Cambridge, sulla diffusione da parte della materia di particelle alfa, aventi diverse e prefissate velocità, permise al suo Direttore Rutherford di ipotizzare un nuovo modello di atomo. Il Prof. Rutherford, dall’analisi dei dati sperimentali, dedusse che le cariche positive fossero concentrate al centro dell’atomo, che chiamò nucleo. Gli esperimenti della scuola di Rutherford fornirono un valore alla carica del nucleo e diedero una nuova valutazione del numero atomico Z.Rutherford, disponendo di una base di dati sperimentali affidabili, poté sviluppare il primo modello atomico con una valida base scientifica. Esso è stato sviluppato sulla base delle misure del numero di particelle incidenti che deviano di un certo angolo e permette di interpretare teoricamente i risultati sperimentali, che soddisfano i seguenti punti:1) le dimensioni del nucleo sono molto piccole rispetto a quelle dell’atomo di un ordine di

grandezza di circa 104_105 volte;2) la massa del nucleo è molto grande rispetto alla massa totale degli elettroni ed essa differisce

poco dalla massa dell’atomo;3) gli elettroni si muovono intorno al nucleo in orbite circolari concentriche formando una nube

carica negativamente: il raggio di questa nube fornisce una misura della dimensione dell’atomo, che sperimentalmente risulta dell’ordine 10-9-10-10 m. Gli Z elettroni con carica negativa −e, (con e = 1.602∙10-19 Coulomb) gravitano intorno al nucleo con carica positiva di Ze (Z+), assicurando la neutralità dell’atomo;

4) i risultati ottenuti dagli esperimenti relativi alla diffusione di particelle alfa con la materia, hanno permesso al Laboratorio di Cavendish di calcolare i raggi dei nuclei, che risultano di un fattore di 105-104 più piccoli dei raggi degli atomi.

Nonostante le perfette verifiche sperimentali relative ai fenomeni diffusivi ed ai risultati positivi sull’atomo d’idrogeno, il modello di Rutherford aveva subito creato difficoltà nel mondo scientifico. Il modello era però in contrasto con la teoria elettromagnetica ed il suo punto debole consisteva nella carica elettrica, che in movimento accelerato emette onde elettromagnetiche e quindi perde energia. Per questo motivo gli elettroni dell’atomo di Rutherford, che ruotano su orbite circolari, dovrebbero emettere onde elettromagnetiche e quindi perdere energia a spesa della propria energia del moto. Perciò in tempi molto piccoli dell’ordine di 10 -8 s un elettrone dovrebbe cadere nel nucleo percorrendo una traiettoria a spirale; ciò non si verifica perché gli atomi sono oggetti stabili. Nonostante le critiche, Rutherford e la sua scuola ottengono risultati sperimentali molto importanti: essi determinano il diametro del nucleo dell’idrogeno che è il più semplice tra tutti gli elementi chimici ed è costituito da un solo elettrone periferico e da un nucleo, formato da una sola particella, chiamata protone ed indicato con p (v. Fig. 1.2). La carica del protone è positiva e uguale a quella dell’elettrone, mentre la sua massa è vicina a quella dell’atomo di idrogeno, il rapporto tra la massa dell’idrogeno e quella dell’elettrone, mH/me, è circa pari a 1837.Ne deriva che tutta la massa di un atomo è concentrata nel nucleo. Con un modello che considera l’atomo e l’elettrone come una particella sferica ed indivisibile è stato possibile ricalcolare la massa e le dimensioni (note come raggio classico dell’atomo di idrogeno) dell’atomo di idrogeno e dell’elettrone:

me = 9.10938 10-31 kg; re = 2.818 10-15 m

mH = 1.6735 10-27 kg; rH = 5.295 10-11 m

dove me, re, mH, rH sono rispettivamente la massa ed il raggio dell’elettrone e dell’atomo di idrogeno.

1.3

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Figura 1.2. Modello di Rutherford per l’atomo d’idrogeno

Se un atomo acquista o perde uno o più elettroni, significa che acquista carica positiva o negativa: si ottiene così uno ione positivo o negativo. In particolare, un nucleo atomico o nuclide può essere considerato come un atomo ionizzato Z volte, se ha perso Z elettroni. È importante che il nucleo abbia la stessa carica, sia nel caso dell’atomo neutro che in quello ionizzato.Nel 1913 Bohr, per superare le critiche, propose una modifica concettuale al modello atomico di Rutherford e formulò l’ipotesi, in contrasto con le leggi dell’elettrodinamica, secondo la quale gli elettroni percorrono orbite fisse (o stati stazionari) nelle quali non emettono né assorbono energia. Un elettrone emette energia elettromagnetica, se passa da un’orbita esterna ad una più interna e, viceversa, assorbe energia quando passa da un’orbita più vicina al nucleo ad una più lontana. Inoltre, l’energia viene emessa o assorbita non in modo continuo, ma per quantità discrete o quanti.

Figura1.3. Struttura a gusci degli atomi

A ciascun elettrone non corrisponde una traiettoria, come nel modello di Rutherford, ma un orbitale: cioè un guscio di probabilità in cui l’elettrone si può trovare. Secondo la meccanica quantistica, un elettrone non si può descrivere in termini di traiettorie, ma in termini di probabilità di trovarlo in un punto del suo guscio o nube intorno al nucleo. L’elettrone viene

1.4

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

descritto mediante i numeri quantici: il primo numero quantico o numero quantico principale determina l’energia dell’elettrone nella sua orbita, mentre il secondo indica il momento angolare, ecc.. Così i Z elettroni che ruotano intorno al nucleo sono disposti secondo stati successivi, denominati K, L, M, O, P, Q. Lo strato più periferico si trova a grande distanza media dal nucleo, con numero quantico elevato e soprattutto con debole energia di legame, mentre quello che si trova alla minima distanza dal nucleo ha numeri quantici molto vicini ad uno ed una energia di legame grande. Col crescere della complessità dell’atomo aumenta il numero di elettroni dello strato più esterno. La dimensione di distanza ha poco senso nella meccanica quantistica, nonostante sia stato possibile valutare le dimensioni dell’atomo e del suo nucleo che sono rispettivamente dell’ordine di 10-10 e 10-15 m. La struttura a guscio è riportata per alcuni atomi in Fig. 1.3.Il modello di Bohr spiegava molto bene l’atomo di idrogeno, ma non gli atomi più complessi. Sommerfeld propose di modificare il modello di Bohr, ipotizzando orbite ellittiche per gli elettroni e ponendo il nucleo in uno dei fuochi degli stessi orbitali (modello simile a quello di Keplero per i pianeti). Il modello di Bohr-Sommerfeld permetteva di interpretare i dati sperimentali dello spettro di emissione delle sostanze chimiche ed era in ottimo accordo con detti valori. Lo sviluppo della meccanica quantistica, che aveva dato una ottima spiegazione dell’interazione delle onde elettromagnetiche (luce e raggi X) con la materia, in cui l’energia di una interazione non si distribuisce in modo uniforme lungo tutto il fronte d’onda, ma si propaga localizzata in pacchetti o quanti di energia, viene applicata anche nel modello atomico. Se l’atomo rappresenta un granellino di sabbia, il fotone rappresenta un granellino di energia.Il fotone è una particella con massa a riposo nulla, elettricamente neutra che nel vuoto si muove alla velocità della luce. Quando un elettrone passa da uno strato periferico ad uno più interno, si ha una emissione di un fotone, da un punto di vista macroscopico significa che la materia emette una radiazione. Il passaggio inverso da uno strato interno verso uno strato periferico, può avvenire per assorbimento di un fotone; detto fenomeno, noto come effetto fotoelettrico, è stato ipotizzato ed interpretato per primo da Einstein.

1.1.1 Unità di misura macroscopiche e microscopiche per l’energia e per la massaNella chimica classica, la massa e l’energia degli atomi o delle molecole venivano valutate su scala macroscopica, come i chilogrammi (kg), la caloria (Cal) o il Joule (J), ottenendo valori molto piccoli e difficili da elaborare. Per il suddetto motivo i fisici pensarono di introdurre altre unità di misura, che tenessero conto della natura microscopica dei fenomeni. Durante il presente corso verranno usate sia le unità di misura microscopiche che quelle macroscopiche, ma soprattutto verrà usato il Sistema Internazionale (SI).In fisica atomica e nucleare sono state introdotte unità di misura diverse da quelle della chimica classica, sia per la massa che per l’energia. In particolare, per studiare il moto dell’elettrone o di uno ione in un campo elettromagnetico è stato introdotto l’elettronvolt (eV). Esso corrisponde all’energia cinetica acquisita da un elettrone che si muove in un campo elettrico, sotto l’azione della differenza di potenziale di un volt (1V). Il suo valore, nel sistema internazionale è dato dalla carica dell’elettrone moltiplicato per la differenza di potenziale di 1 volt:

1 eV = (1.602177∙10-19 C) (1V) = 1.602177∙10-19 J 1.6022∙10-19 J

1 J = 6.241 1018 eV

I multipli più comunemente usati dell’elettronvolt sono:

1.5

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

1 keV = 103 eV = 1.6022∙10-19 J

1 MeV = 106 eV = 1.6022∙10-13 J

1 GeV = 109 eV = 1.6022∙10-10 J

Per valutare la massa degli atomi e delle particelle subatomiche viene definita la “atomic mass unit” (amu), che è la dodicesima parte della massa dell’atomo di 12C:

1 amu = 1/12∙m(12C) e quindi:

m(12C) = 12 amu

Tenendo conto della massa del carbonio, nel sistema SI, si ha:

1 amu = (1/12) 1.9926∙10-23g = 1.66053 10-24 g e

1 g = 0.602217∙1024 amu

Ad esempio, per la massa dell’atomo dell’idrogeno, che è l’elemento più semplice e più leggero, si ha:

mH = 1.6735∙10-24 g = (1.6735 10-24) (0.602217 1024) amu = 1.00781 amu.

A questo valore piccolo della massa corrisponde un valore piccolo del diametro esterno della nube elettronica, considerata come un guscio sferico di circa 10-10 m. Ad esempio, per raggiungere lo spessore di 1 cm bisogna allineare circa 100 milioni di atomi. Il nucleo è ancor più piccolo ed ha la dimensione di una sferetta del diametro di 10 -15 m. Le sue dimensioni sono circa 100000 volte più piccole di quelle dell’atomo. Per avere una immagine visiva delle dimensioni dell’atomo possiamo considerare una piccola biglia posta al centro di una sfera che ha diametro 100000 volte più grande di quella della biglia; quest’ultima rappresenta il nucleo e la superficie della sfera la nube elettronica. Oppure, se consideriamo un campo di calcio di 100x100 m, possiamo pensare di mettere al centro del campo una biglia di 1 mm. L’energia di legame degli elettroni periferici e più debolmente legati é dell’ordine di qualche eV; dello stesso ordine sono le energie rilasciate nelle reazioni chimiche. Invece per estrarre un elettrone dall’orbita più interna sono richieste energie dell’ordine dei keV.

1.2.2 Peso atomico e molecolareLa chimica classica era, a quel tempo, in grado di valutare i rapporti delle masse m(X) dei diversi elementi chimici, misurando la quantità di materia M(X) dell’elemento X, mediante i grammo-atomi o le grammomolecole della sostanza. Questo rapporto veniva valutato come:

m(X)/m(O) = M(X)/M(O)

dove X è il generico elemento ed O è l’ossigeno preso a riferimento e posto uguale a 16 grammo-atomo. Calcolando detti rapporti, approssimativamente con numeri interi, si ottenevano le prime tabelle per le masse atomiche. Si trovava che:

M(H) 1; M(C) 12; M(S) 32; M(O) 16; ecc

Il cloro, con massa M(Cl) = 35.5, costituiva una eccezione e veniva superata con la scoperta degli isotopi (come è noto il Cl ha due isotopi, cioè atomi con lo stesso numero atomico Z e con diverse masse). Tutti gli elementi chimici sono costituiti da uno o più isotopi e perciò il loro peso atomico è calcolato come media pesata.

1.6

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

Esempio 1Calcolare il peso atomico dell’ossigeno naturale, considerando la composizione isotopica riportata nella seguente tabella:

Isotopo % atomica Peso atomicoO16 99.759 15.99492O17 0.037 16.99913O18 0.204 17.99916

SoluzioneM(O) = 1/100 [(99.759) M(O16) +(0.037) M(O17)+(0.204) M(O18)] = 15.99938

Il peso molecolare di un composto è dato della somma dei pesi atomici che costituiscono la molecola. Per esempio, l’ossigeno gassoso O2 ha come peso molecolare 2∙15.99938 = 32.99876. Esso è un rapporto di massa e non ha unità di misura, al contrario il grammo-atomo o la grammo-molecola vengono misurati in grammi e corrispondono alla massa della sostanza misurata in grammi. Questa relazione implica che tutti i grammi-atomo contengono lo stesso numero di atomi elementari, quindi:

M(X)/m(X) = M(O)/m(O) = NAv = 6.02217∙1023

dove NAv è il numero di Avogadro, che può essere valutato solo dalla fisica moderna. Questa conoscenza non era necessaria per la chimica classica, le misure valutavano le masse in grammi- atomi o in grammo-molecole. Dal 1962, tutti i pesi atomici sono espressi in base ad una scala che assegna il valore esatto di 12.0000 all’isotopo più comune in natura, il carbonio, il 6C12; quindi una mole di 6C12 pesa 12 g, che contengono:

M(X)/m(X) = 12/m(C) = NAv

Esempio 2Calcolare la massa del C12, sapendo che una mole di carbonio pesa 12 g ed il NAv = 0.602217∙1024.SoluzioneLa massa dell’atomo è data da: m(C12) = 12/NAv = 12/0.602217∙1024 = 1.99264∙10-24 g. Il cambiamento di scala non ha portato a grandi correzioni nella scala fisica dell’unità atomica di massa, data da:1 amu = 1/12∙m(12C)m(12C) = 12 amu e quindi: 1 amu =1/12∙m(12C) = 1.999264∙10-23/12 =1.666053∙10-24g1 g = 0.6002216∙1024amu

1.2 STRUTTURA DEL NUCLEO

Dai modelli precedentemente descritti abbiamo appreso poco sul nucleo, le uniche conoscenze riguardavano la carica elettrica che è uguale ed opposta a quella degli elettroni e che la massa totale dell’atomo è concentrata nel nucleo (cioè la massa dell’atomo, meno quella molto piccola degli elettroni.). Le prime informazioni sul nucleo arrivano con la scoperta della radioattività da parte di Becquerel e con gli studi successivi e sistematici su alcune sostanze come l’uranio, il radio ed il polonio, dovute a Pierre e Marie Curie. I risultati sperimentali, da essi ottenuti, evidenziano alcuni fenomeni che interessano direttamente il nucleo; in particolare, dagli studi sull’emissione elettromagnetiche di certi sali fosforescenti emerge che l’uranio, sotto qualsiasi forma chimica lo si consideri, emette sempre la stessa radiazione. Questo tipo di radiazione o di raggi, essendo nuovi, vengono chiamate con le lettere dell’alfabeto greco alfa), (beta) e radiazioni gamma):

1.7

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

i raggi sono costituiti da nuclei di elio, cioè da uno ione con carica positiva (+2e); i raggi sono elettroni emessi ad una velocità prossima a quella della luce e con carica

negativa (−1e); raggi sono onde elettromagnetiche di alta frequenza ed energia; sono simili ai raggi X, ma

sono a più alta energia o più duri.L’energia dei raggi (come tutte le altre radiazioni elettromagnetiche), in base alla teoria dei quanti, è emessa sotto forma di fotoni, che possono essere considerati come particelle unitarie che trasmettono l’energia considerata. Essi hanno energia dell’ordine dei MeV e non dei keV come i raggi X, che interessano il guscio elettronico dell’atomo. Soprattutto la scoperta delle particelle alfa, cioè l’emissione di nuclei di elio, porta alla conclusione che esse sono dovute alla disintegrazione del nucleo. Già Becquerel aveva osservato che la struttura chimica del materiale non ha influenza nel fenomeno della reattività.

1.2.1 La scoperta del neutroneNel 1920 Rutherford , che aveva già raccolto numerosi dati sperimentali relativi all’emissione di nuclei di idrogeno (protoni) ottenuti da atomi di azoto irradiati con particella alfa, propone l’esistenza di una particella neutra. Egli suggerisce che un nucleo d’idrogeno ed un elettrone possano combinarsi tra loro in un legame molto stretto, così da formare un “duetto neutro” dalle proprietà assai interessanti:“dovrebbero essere in grado di muoversi liberamente nella materia”.

A differenza dei protoni, i neutroni permettono la giustificazione degli atomi più pesanti a partire da quelli più leggeri, dal momento che “è difficile scorgere come una qualsiasi particella con carica positiva possa raggiungere il nucleo di un atomo più pesante, vincendo il suo intenso campo repulsivo”. Quindi era da escludere l’ipotesi che tutti i nuclei fossero composti da A nucleoni aventi ciascuno la massa del protone (nucleo d’idrogeno), con:

A M(X)/M(H)

Si possono verificare due alternative: Tutti i nuclei sono costituiti da protoni. In questo caso per la conservazione della massa e per

la neutralità della carica, il nucleo ha carica +Ae- e la nube elettronica ha carica –Ze- (con Z conosciuto in modo indipendente, per esempio con la spettrometria di massa). È sufficiente ammettere l’esistenza dell’elettrone nucleare, con carica -(A-Z)e- che ristabilisca la neutralità dell’atomo senza variare il bilancio di massa. Così si spiegherebbero anche l’emissione dei raggi beta.

Non tutti i nucleoni A sono protoni, ma solo Z sono protoni, mentre (A-Z) sono particelle neutre, chiamate neutroni. La radioattività beta si spiegherebbe ipotizzando che un nucleo instabile, in cui un neutrone si disintegra mediante la seguente reazione:

n p + protoneelettrone

È stato successivamente sperimentato che allo stato libero il neutrone si disintegra spontaneamente secondo detta reazione e questo spiega il perché non si trova in natura. Considerazioni tecniche sulla parità delle particelle che costituiscono il nucleo portano all’esclusione dell’elettrone nucleare (prima ipotesi), la seconda ipotesi ha avuto conferma solo nel 1932, quando al laboratori di Cavendish, bombardando con un fascio di particelle alfa la materia, il fisico Chadwich scoprì una nuova particella: il neutrone. Gli esperimenti di Rutherford si basavano su uno schema concettuale ancora valido e riportato in Fig.1.4. In detta

1.8

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

figura si può osservare la sorgente, il collimatore, il bersaglio ed il rivelatore dell’esperimento di Chadwich. La sorgente emette particelle che collidono sul bersaglio (target) costituito da una lamina di berillio, a cui successivamente è stato aggiunto un secondo bersaglio costituito da paraffina, ed infine vi è il rivelatore (le conoscenze di allora permettevano di identificare facilmente le particelle cariche).

Figura 1.4. Schema semplificato per lo studio sperimentale dell’interazione dei neutroni con la materia

Chadwich, bombardando il berillio con particelle alfa emesse dal radio, constatava la comparsa di un irraggiamento elettricamente neutro. In un primo momento si pensò ai raggi gamma (già scoperti). La presenza della paraffina tra il berillio ed il rivelatore portano ad un notevole aumento di particelle cariche che arrivano al rivelatore (camera ionizzante). Questo fenomeno fu spiegato ipotizzando che le particelle alfa, che colpiscono gli atomi di berillio, espellessero i neutroni e questi urtando successivamente i nuclei di idrogeno (protoni) trasmettessero ad essi gran parte della loro energia; successivamente, Jolliot-Curie notarono che queste radiazioni provocano l’emissione di protoni nei materiali idrogenati, come la paraffina. Sarà Fermi, con lo sviluppo della teoria sul decadimento beta, a trattare a tutti gli effetti il neutrone come una particella a sé ed a scoprirne le prime proprietà, tra le quali quelli di attivare moltissimi materiali. Successivamente, Chadwich, utilizzando le equazioni di conservazione dell’energia e della quantità di moto, analizzò i dati sperimentali relativi alla collisione di neutroni con diversi nuclei e ne ricavò il valore della massa, che risulta leggermente più grande di quella del protone, elettricamente neutra e valutata in mn = 1.6748∙10-24 g. Il neutrone, poiché è una particella elettricamente neutra, riesce facilmente a superare la “barriera di potenziale” che i nuclei oppongono alle particelle cariche positivamente. La cattura di un neutrone da parte di un nucleo porta ad un nucleo instabile, cioè radioattivo. Fermi, nella sua teoria sul decadimento beta, riprese un’idea di Pauli secondo la quale gli elettroni potessero essere generati nello stesso momento della loro emissione, e ne sviluppò la trattazione matematica in tutti i dettagli. L’ipotesi di base è che un neutrone si possa trasformare in un protone, più un elettrone, più una nuova particella leggera e con carica neutra:

n p + e-+ υ

Con υ è indicato l’antineutrino, scoperto sperimentalmente solo nel 1953, avente carica elettrica nulla e massa a riposo molto piccola o nulla, la cui esistenza è stata ipotizzata per evitare le contraddizioni che sorgono con il decadimento beta ed è coerente con le leggi della fisica

1.9

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moderna. La teoria di Fermi non riguarda solo il decadimento beta ma anche le varie trasformazioni tra particelle instabili che si osserveranno anche negli anni più recenti. Il numero di particelle fondamentali scoperte in questi anni è molto grande portando a nuovi e complessi modelli per descrivere l’atomo ed il suo nucleo. Il modello atomico riconosciuto attualmente dai fisici è il modello standard che utilizza tutte le particelle scoperte negli ultimi 60 anni.In Tab. 1.1 sono riportati le principali particelle e le costanti fondamentali per lo sviluppo dell’energia nucleare. Il modello atomico alla base dell’ingegneria nucleare è il modello di Bohr-Sommerfeld che utilizza solo le seguenti particelle:- Elettrone. Questa particella ha una massa a riposo me = 9.10956∙10-28 g ed una carica elettrica

e = 1.60219∙10-19 coulomb, ci sono due tipi di particelle identiche, ma caratterizzate da carica elettrica opposta: elettrone e positrone. Il primo, con carica negativa, è la particella comune a tutti gli atomi ed interviene in tutti i fenomeni fisico-chimici. Quando un positrone collide con un elettrone avviene il fenomeno di annichilimento, cioè le due particelle scompaiono dando luogo a due fotoni, cioè ad una radiazione elettromagnetica o radiazione di annichilimento.

- Protone. Questa particella ha la massa a riposo mp = 1.67261∙10-24 g e carica elettrica positiva ed uguale a quella dell’elettrone. È stata scoperta successivamente una particella avente la stessa massa del protone ma con carica negativa, di scarso interesse per l’energia nucleare.

- Neutrone. La massa del neutrone è leggermente più grande di quella del protone, mn = 1.67492 È 10-24 g . Il neutrone è elettricamente neutro e stabile all’interno del nucleo, ma allo stato libero decade con una emivita di 885 s, in un protone, un elettrone ed un antineutrino.

- Fotone. Tutte le particelle nella materia si possono comportare come onde o come particelle. Così certi fenomeni, considerati prettamente ondulatori, presentano un comportamento simile alle particelle. Un esempio tipico è dato dalle onde elettromagnetiche, la particella associata ad un’onda elettromagnetica viene chiamato fotone. Detta particella ha una massa a riposo ed una carica elettrica nulla e viaggia con la velocità della luce nel vuoto, c=2.99892 108 m/s.

- Neutrino. Questo é una particella con massa a riposo piccolissima o nulla, elettricamente neutra, che compare nel decadimento di dati nuclidi. Ci sono almeno sei tipi di neutrini, solo due (neutrino elettronico ed antineutrino elettronico) sono importanti per l’energia nucleare e non viene fatta distinzione tra i due.

Particelle SimboloCarica elettrica

Massa a riposokg amu MeV/c2

Neutrone n, , neutro 1.67492728 10-27 1.00870856211 939.566

Protone p, , +1 1.67262171 10-27 1.00732005514 938.272

Elettrone () E, -, -1 9.1093826 10-31 0.0005486 0.511

Neutrino , 0 0 0 0

1 amu= 1.660467 10-27 kg; 1 amu= 931.454 MeV/c2 ;c = 2.99792 108 m/s, velocità luce nel vuoto;1 eV= 1.602176 10-19 J; 1 eV= 4.45049 10-26 kWh;

1.10

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

Tabella1.1. Grandezze caratteristiche di alcune particelle (www.wolframalpha.com)1.2.2 Interazioni nucleariIn natura, tutti gli oggetti sono sottoposti a forze, che hanno un dato campo d’azione. Per esempio, due masse si attirano, due cariche elettriche si attirano o si respingono in base al segno della loro carica elettrica. Le forze d’interazione attualmente conosciute sono di quattro specie fondamentali: interazione forte, interazione debole, interazione elettromagnetica e di gravità. Le interazioni che interessano il nucleo atomico sono chiamate interazioni nucleari e si dividono in: Interazione forte o forza nucleare forte. Essa assicura la coesione del nucleo, che in assenza

di tali forze tenderebbero a frantumarsi a causa della repulsione coulombiana tra i protoni contenuti in un volume veramente limitato. L’iterazione forte è caratterizzata da una forza molto intensa, il cui raggio d’azione è molto corto e pari a circa 10 -15 m, cioè dell’ordine del diametro del nucleo. Essa è più intensa della forza elettromagnetica di un fattore tra 100 e 1000. Questo ridotto raggio d’azione implica che, se un protone viene rimosso dal nucleo, le uniche forze agenti sulla particelle nelle immediate vicinanze del nucleo sono quelle di repulsione coulombiane in quanto quelle nucleari non fanno sentire più la loro influenza al di là dl loro campo d’azione. L’intervallo temporale in cui avviene l’interazione forte è estremamente piccolo e dell’ordine di 10-23 s.

Interazione debole o forza nucleare debole. Essa è la seconda forza nucleare ed è responsabile dei fenomeni come la radioattività. La sua intensità è molto piccola rispetto a quella forte, il suo raggio di azione è qualche centesimo delle dimensioni del nucleo. Essa può essere considerata trascurabile tutte le volte che sono in gioco le forze nucleari forti e si può sviluppare su un ampio periodo di tempo. Detti fenomeni possono avvenire in tempi tra 10-10 s e 103 s, come avviene per la disintegrazione del neutrone libero, che ha una vita media di 885 s. L’interazione debole ha un piccolissimo raggio d’azione e le sue distanze sono minori di 10-15 m.

Se poniamo uguale ad uno l’interazione forte, l’interazione debole risulta dell’ordine di 10 -13, quella elettromagnetica di 10-2 e quella di gravità è veramente piccola e circa di 10-38 rispetto a quella di riferimento.

1.3 MASSA ED ENERGIA Secondo la meccanica classica un corpo in movimento possiede un’energia cinetica, che si manifesta quando un corpo urta un’altro. Un corpo di massa m che si muove con velocità v, rispetto ad un sistema di riferimento inerziale, ha una energia cinetica data da:

E = ½ mv2

Se il corpo è in quiete (v=0), la sua energia è nulla. È importante a questo punto stabilire come variano, in base alla “Teoria della relatività ristretta” di Einstein, l’energia E e la quantità di moto p di una particella materiale. Apportando le correzioni relativistiche all’energia ed al momento di una particella con massa a riposo m e velocità v, si ha:

E=mc2/(1-v2/c2)1/2 e p=mv/(1-v2/c2)1/2

La velocità v può essere espressa in funzione di E e p, come:

v = c2p/E

dove v e p sono considerati in valore e segno. Invece di riferirci alla velocità v è più conveniente

1.11

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

riferirsi ad E e p, che sono grandezze misurabili direttamente. Mentre una piccola variazione della velocità comporta una notevole variazione di E e p.

Esempio 3L’elettrone ha massa a riposo, me = 0.91094∙10-27 g, calcolare l’energia corrispondente a due date velocità v1 = 0.9977 c e v2 = 0.9999987 c.SoluzioneE = m∙c2 = 0.91094∙10-30∙(2.9979∙108)2 = 0.91094∙10-30∙8.9874∙1016 J = 8.18698∙10-14 J = 6.242∙1012∙8.18698∙10-14 MeV = 0.51103 MeVE1 = mc2/(1- 0.99772)1/2 = 0.51103/0.06778 =7.54 MeVE2 = 0.511/ 0.0016 = 319.37 MeV

Quando ci avviciniamo alla velocità della luce, piccole incertezze sulla velocità possono amplificarsi nel calcolo dei valori dell’energia.Nella meccanica relativistica, a causa di queste incertezze, si preferisce legare la massa di una particella libera alla sua energia ed alla quantità di moto mediante la seguente equazione:

E2 - (cp)2 = (mc2)2 ovvero E2/c2 = (mc)2 + p2 (1.1)

Detta equazione stabilisce la relazione tra l’energia e la quantità di moto per una particella avente energia a riposo mc2. Se la massa a riposo non è nulla, la particella ha sempre una quantità di energia indipendente dalla sua quantità di moto. Se si applica l’equazione (1.1) “… a una particella materiale in quiete (p =0), si vede che l’energia E0 di un corpo in quiete è uguale alla sua massa. Se si fosse scelto come unità di tempo il secondo, si sarebbe ottenuto:

E0 = mc2 (1.2)

Massa ed energia sono perciò essenzialmente simili; esse sono soltanto espressioni differenti della medesima cosa. La massa di un corpo non è costante, ma varia con l’energia” (A. Einstein, Il significato della Relatività, Boringhieri, Torino, 1979). Così viene affermato che la massa e l’energia sono due aspetti della stessa realtà: la massa può trasformarsi in energia e viceversa. La quantità di energia che si produce trasformando la massa in energia è enorme perché viene moltiplicata per c2, che è dell’ordine di 9∙1016. La relazione relativistica tra massa, energia e quantità di moto per le particelle che hanno massa a riposo nulla, come nel caso dei fotoni, diventa:

E = c p (1.3)

In questo caso l’energia è interamente energia cinetica e la velocità è pari a quella della luce c. Quando un’onda elettromagnetica di frequenza sufficientemente grande interagisce con delle cariche elettriche, detta radiazione elettromagnetica si comporta come fosse costituita da quanti di energia. La relazione tra l’energia E [J] trasportata dall’onda [m] della radiazione è data dall’equazione di Plank:

(1.4)

dove h è la costante di Plank che vale 6.6256∙10-34 [J s], è la frequenza della radiazione [s-1] e c

la velocità della luce pari a 2.99979 108 m/s. La natura corpuscolare della luce, ipotizzata da Einstein, ha avuto conferme sperimentali decisive e questo quanto di luce non é altro che il fotone. Lo spettro elettromagnetico per le varie radiazioni e la loro classificazione in base alla

1.12

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

frequenza è riportato in Fig. 1.5.

Figura1.5. Spettro delle radiazioni elettromagnetiche

Le radiazione vengono descritte in termini dell’energia dei fotoni; p. e., l’espressione “raggi da 1 MeV” fa riferimento ad una radiazione i cui fotoni trasportano 1 MeV di energia. Le energie di eccitazione dei nuclei variano generalmente fra 0.1 e 10 MeV e quindi le energie dei sono

dello stesso ordine. Le corrispondenti lunghezze d’onda sono quindi comprese fra 10-11 e 10-13

m (da 0.1 a 0.001 Å angstrom). Nelle reazioni nucleari, l’energia della reazione può essere valutata mediante la legge di Einstein:

E = m∙c2 (1.5)

Con m espressa in kg e c = 2.997925 108 m/s. Se l’energia è espressa in Joule, si ha:E (Joule) = 8.987554 1013m(in grammi)

Esempio 4 Valutare l’energia di annichilazione della coppia elettrone – positrone, considerati non legati all’atomo.SoluzioneDal principio di equivalenza tra massa ed energia o di Einstein si ha:∆E = ∆m∙c2

Con ∆m la variazione di massa espressa in kg e c = 2.997925 108 m/s, l’energia espressa in J è data da:∆E [J] = 8.987554∙1016∙∆m [kg] = 8.987554∙10+16∙9.10938∙10-31 J = 8.1871∙10-14 J =

= 8.1871∙10-14∙6.242∙1012 MeV = 0.511039 MeV0.511 MeV ∆E [MeV] = 931.5∙m (in amu) = 931.5∙5.48593∙10-4 MeV= 5110.1438∙10-4 MeV 0.511 MeV

Un elettrone libero ed un positrone possono interagire, annullando le loro cariche elettriche di segno opposto e trasformando tutta la loro massa nell’energia cinetica di due fotoni i quali hanno ognuno una energia di 0.511 MeV. L’elettrone ed il positrone possono considerarsi fermi nel sistema di riferimento del laboratorio, se si ipotizza che la loro energia cinetica sia trascurabile rispetto alla loro massa a riposo, uguale a 0.511 MeV. Il sistema iniziale ha E 0 = 2me∙c2 e pi = 0 e quello finale è costituito di due fotoni la cui frequenza e quantità di moto sono rispettivamente 1

e 2, p1 e p2 . L’energia finale è dunque Ef = h∙(1+2) e la conservazione dell’energia porta a 2∙mec2 = h∙ (1 +2). Poiché pi =0, ne consegue che la quantità di moto finale del sistema deve annullarsi pf = p1 + p2 =0; quindi p1 = - p2 ed i due fotoni hanno origine nel punto in cui è avvenuto l’annichilimento della coppia e si muovono in direzione opposta con la stessa quantità di moto, quindi p1 = - p2 :

1.13

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

p1 = - p2 = h/c; h1/c =- h 2/c e quindi 1 = -2 e la lunghezza d’onda è data da:

hc h/(mec) = 6.6256 x 10-34 [J∙s]/(2.73091∙10-22) [kg∙m/s] =2.426∙10-12 m = 0.0246 Å, dove 1 Å (Amstrong) è uguale 10-10 m.

1.4 DESCRIZIONE DEI NUCLIDI E DELLE REAZIONI NUCLEARI

Molti allievi del primo anno di Ingegneria conoscono molto bene le proprietà chimiche e fisiche degli elementi e la tavola periodica degli elementi. Essa non é altro che uno schema molto utile ed efficiente per ordinare gli atomi sulla base del loro numero atomico Z e si articola in gruppi e periodi:- Ogni gruppo è costituito dall’insieme degli elementi, contenuti nella stessa colonna ed hanno

la stessa configurazione della nube elettronica esterna. Le caratteristiche chimiche sono simili per tutti i componenti del gruppo.

- Ogni periodo è dato dall’insieme degli elementi contenuti nelle righe orizzontali, se si va da un elemento della riga a quello successivo si ha un aumento del numero atomico di una unità.

Ogni casella è caratterizzata dal gruppo, dal simbolo, nome dell’elemento, dal numero atomico Z e dalla massa relativa espressa con cinque cifre significative. L’elemento che non ha nuclidi stabili, invece della massa, viene riportato tra parentesi il nuclide che ha la vita media più lunga.

Figura 1.6. Tavola periodica degli elementi

Ogni elemento è caratterizzato da una ben determinata composizione del nucleo; esso viene descritto in modo univoco mediante il numero atomico Z ed il numero di massa A. Il primo é costituito del numero di protoni, mentre il secondo dal numero dei nucleoni, ovvero dal numero di protoni e neutroni, costituenti il nucleo. Gli elementi che hanno lo stesso numero atomico, ma differente numero di massa sono chiamati isotopi dello steso elemento. Essi occupano il medesimo posto nella Tavola Periodica degli Elementi ed hanno le stesse proprietà chimiche, ma

1.14

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

peso atomico diverso. Il nuclide viene descritto in modo univoco, con la scrittura:

oppure

dove X è il simbolo dell’elemento, Z ed A sono rispettivamente il numero atomico e di massa. Il numero di neutroni ovviamente è dato da:

N = A – Z

Tutti i nuclidi verificano la seguente relazione A ≥ 2 Z ad eccezione dell’idrogeno ( ) e

dell’isotopo molto raro dell’elio ( ). Ad esempio, gli isotopi dell’idrogeno sono: idrogeno

( ), deuterio ( , ) ed il trizio ( , ), essi sono costituiti da protoni, neutroni e dagli elettroni orbitali nella seguente composizione: (1p;1e), (1p,1n;1e), (1p,2n;1e); altri esempi sono

il carbonio con 3 isotopi ( , , ), l’ossigeno-16 ( ), ferro-56 ( ), elio-4 ( ),

litio-6 ( ), uranio-235 ( ), uranio-238 ( ). Ogni elemento naturale ha una distribuzione isotopica che dipende dal:- tempo di formazione del nostro pianeta,- ricambio di atomi prodotti dalle reazioni chimiche, che più o meno lentamente trasformano i

corpi e/o li rinnovano secondo cicli biologici, meteorologici, geologici, ecc.. Inoltre, il decadimento radioattivo impoverisce l’isotopo più instabile, per esempio l’uranio ha in totale 14 isotopi, con A = 227-240, la maggior parte sono prodotti in laboratorio e solo tre si

trovano in natura con la seguente composizione: 99.289 % di , 0.710 % di e solo

0.006 % di .Gli elementi presenti sulla Terra, appartengono a 90 elementi chimici che sono rappresentati

nella tavola periodica degli elementi da 1 a 92. Tra questi 92 elementi, il tecnezio ( ) ed il

prometeo ( ) sono elementi artificiali, cioè ottenuti in laboratorio, come tutti gli elementi

con numero atomico maggiore di 92. Per esempio il plutonio ha Z = 94 ed A = 236-244, il

è costituito da (94 p, 145 n; 94 e) e tra gli elementi più recenti scoperti ci sono il fermio ( )

e il lawrentio ( ). Un nuclide può essere trasformato in un altro acquistando o perdendo nucleoni od altre particelle. In dette reazioni si verifica una variazione di massa ∆m e quindi si ha un rilascio oppure un assorbimento di energia ∆E, in base alla legge di Einstein si ha:

∆E = ∆m c2

dove ∆E è l’energia rilasciata od assorbita nella reazione, ∆m è la variazione di massa e c è la velocità della luce nel vuoto. Ad una variazione di massa corrisponde una grande quantità di energia, dovuta al fattore di conversione c2, dell’ordine di 1016. Il principio di equivalenza tra massa ed energia è valido per tutte le reazione nucleari; in particolare, se la variazione di massa è negativa cioè se a reazione completa la massa dei prodotti è minore della massa dei nuclei reagenti, ∆E è negativa e la reazione è detta esotermica. Se al contrario, si ha un aumento di massa, ∆E è positivo e la reazione è endotermica. L’energia è classificata come energia nucleare, quando la reazione comporta cambiamenti nella struttura del nucleo. Si ricorda che

1.15

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

l’ordine di grandezza dell’energia rilasciata da una reazione chimica è dell’ordine degli eV, mentre quelle nucleari hanno valori dell’ordine dal MeV ai centinaia di MeV: l’energia nucleare rilasciata è almeno un milione di volte maggiore di quella chimica.Le reazioni chimiche riguardano la trasformazione di una o più specie molecolari in altre sostanze, sempre accompagnate da sviluppo od assorbimento di calore. Sono trasformazioni della materia, nelle quali gli atomi pur restando inalterati, si legano o si distribuiscono in modo diverso rispetta a quelli di partenza. I nuclei atomici non sono coinvolti nelle reazioni chimiche, ma l’atomo interviene attraverso gli elettroni che un elemento é capace di cedere, acquistare o mettere in compartecipazione con gli altri elementi per formare dei nuovi composti chimici. Le reazioni chimiche si rappresentano mediante equazioni costituite da formule, numeri ed altre indicazioni, che permettono di visualizzare quali sono le sostanze che reagiscono, reagenti e quelle prodotte, i prodotti, ed in quale stato di aggregazione si trovano le molecole, che vi partecipano.

Esempio 5 Un atomo di carbonio viene combinato con due atomi di ossigeno e producono una nuova molecola, che è l’anidride carbonica:

C + O2 CO2

SoluzioneLa reazione è accompagnata da un rilascio di energia di 4 eV, che corrispondono a:

Q = 4 eV = 1.602189∙10.19∙4 J = 6.4048∙10-19 J = 1.776∙10-25 kWh

Esempio 6Calcolare la combustione stechiometrica del metano con l’ossigeno.SoluzioneLa reazione è data da:

CH4 + 2O2 CO2 + 2H2OIn questa reazione una molecola di metano reagisce con due molecole di ossigeno formando una molecola di anidride carbonica e due d’acqua, con un rilascio di energia di Q = 8 eV = 12,8∙10-19 J.

Le equazioni chimiche rispettano il principio di conservazione della massa. Il numero di atomi o di grammomolecole dei reagenti é uguale al numero di atomi o di grammomolecole dei prodotti. In una reazione chimica sono conservati il numero e l’identità degli atomi; per esempio, nel caso di produzione dell’ossido di uranio (UO2), esso viene convertito in tetrafloruro di uranio (UF4), per riscaldamento dell’ossido in un’atmosfera altamente corrosiva ed anidra (senza acqua) con acido fluoridrico (HF), nei prodotti della reazione compaiono tetrafloruro di uranio e vapor d’acqua che viene asportato:

UO2 + 4HF UF4 + 2H2O

Il tetrafloruro d’uranio è usato per preparare l’esafloruro d’uranio (UF6) che viene usato per la separazione isotopica dell’92U235 e dell’92U238, poiché il fluoro ha un solo isotopo 9F19 e la massa della molecola UF6 dipende esclusivamente dagli isotopi dell’uranio (metodo di separazione isotopica per diffusione gassosa). Sia le reazioni chimiche che quelle nucleari possono essere esotermiche che endotermiche, cioè se avvengono rispettivamente con rilascio od assorbimento di energia. Le reazioni nucleari riguardano la trasformazione di un elemento chimico in un altro mediante l’acquisizione o la perdita di nucleoni da parte del nucleo bersaglio (elemento reagente). I prodotti di una reazione nucleare sono nuclei diversi da quelli dei reagenti, in

1.16

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

particolare essi possono essere degli isotopi o dei nuclei completamente differenti da essi. Nelle trasformazioni nucleari si liberano grandi quantità di energia, chiamata energia nucleare, perché connessa a cambiamenti nel nucleo atomico. Tale energia è normalmente milioni di volte maggiore di quella prodotta in una reazione chimica a parità di massa dei reagenti. La prima reazione nucleare artificiale fu realizzata nel 1918 da Rutherford, il quale trasformò il nucleo di un atomo di azoto 7N14 in un atomo di ossigeno 16O17, bersagliando con particelle , emesse da un campione di radio:

7N14 + 2He4 8O17 + 1H

1

Le equazioni nucleari presentano molte analogie con quelle chimiche; per esempio, se K, L, M, N sono i simboli dei nuclei degli elementi o delle particelle che partecipano alla reazione nucleare, si può scrivere la seguente equazione:

Z1KA1 + Z2LA2 Z3MA3 + Z4NA4

dove Z1, Z2, Z3, Z4 rappresentano i numeri atomici ed A1, A2, A3, A4 sono i numeri di massa. In una reazione nucleare, come in ogni altra interazione, alcuni parametri rimangono invariati: come la conservazione della carica elettrica, dell’energia, della quantità di moto, della massa e della parità, ecc.. Le leggi di conservazione ci permettono di selezionare le reazioni possibili da quelle impossibili; nelle reazioni nucleari vengono osservati i seguenti due principi:

1) La carica elettrica totale viene conservata o se si preferisce la somma dei numeri atomici è un invariante, con la convenzione di porre Z = -1 per i raggi , Z = 0 per i neutroni. È consuetudine indicare gli elettroni di origine nucleare come raggi , per distinguerli dagli elettroni orbitali.

2) Il numero di massa è un invariante, ciò implica che il numero di nucleoni rimane costante; con la convenzione di porre A = 0 per i raggi -10.

In base a detti principi, affinché una reazione tra nuclidi, sia possibile, deve verificare le seguenti condizioni:

(1.6)

Nelle reazioni chimiche, oltre ai simboli degli elementi reagenti e dei prodotti finali, a secondo membro dell’equazione possiamo trovare l’energia Q associata alla reazione. Analogamente, a secondo membro dell’equazione nucleare possiamo trovare l’energia associata ai raggi ed ai neutrini . Essi non danno nessun contributo all’equazione, ma solo informazioni relative all’energia ad essi associata. Nelle reazioni nucleari la differenza tra la massa dei reagenti e dei prodotti è nota come difetto di massa:

<difetto di massa> = m= (Z(mp + me) + (A-Z)mn) – m(X) = El/c2 0 (1.7)

Dove la quantità m è detta difetto di massa ed mp, me, mn, m(X) sono le masse rispettivamente del protone, dell’elettrone, del neutrone e dell’elemento generico X prodotto.

Esempio 7Trovare l’elemento X e valutare il difetto di massa della seguente reazione nucleare:

13Al27 + 2He4 14Si30 + Z4X A4

dove X è il simbolo della particella da determinare;

1.17

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

SoluzioneDalle equazioni di conservazione si ha:

La particella che soddisfa questa condizione è un protone, la cui reazione completa sarà quindi:

13Al27 + 2He4 14Si30 + 1H1

Per valutare il difetto di massa basta effettuare il bilancio tra i reagenti ed i prodotti della reazione nucleare:

Reagenti Prodotti13Al27 26.990140 amu 14Si30 29.983313 amu2He4 4.003813 amu 1H1 1.008142 amuTotale 30.994013 amu Totale 30.991455 amu

m = mprodotti - mreagenti = (30.991455 – 30.994013) amu = -0.002558 amuPer il principio di equivalenza tra massa ed energia, l’energia corrispondente al difetto di massa è quella che si libera con la formazione del nucleo ed è chiamata energia di legame tra nucleoni; essa può essere considerata anche come l’energia necessaria per portare dallo stato aggregato allo stato libero i nucleoni, che costituiscono il nucleo. L’energia di legame, in base al principio di Einstein, è data da:

E = m∙c2

con c la velocità della luce nel vuoto, pari a 2.9979∙108 m/s. L’energia rilasciata bombardando l’alluminio con particelle è data da:E = m∙c2 = (-0.002558 amu)∙(931.5 MeV/amu) = -2.283 MeVPoiché l’energia è negativa, la reazione è pertanto esotermica.

Esempio 8Verificare se la seguente equazione:

7N14 + 2He4 8O17 + 1H1

é esotermica od endotermica.Soluzione

Reagenti Prodotti7N14 14.007515 amu 8O17 17.004533 amu2He4 4.003873 amu 1H1 1.008142 amuTotale 18.011388 amu Totale 18. 02675 amu

m = mprodotti - mreagenti = (18.012675991455 – 18.011388) amu = +0.001287 amuQuindi:

E = m∙c2 = (+0.001287 amu)∙(931.5 MeV/amu) =+1.198841 MeVPoiché l’energia richiesta è positiva, ne segue che la reazione è endotermica.

Esempio 9Calcolare l’energia di legame del berillio 4Be8 , sapendo che la massa dell’atomo a riposo è pari a 8.005305 amu.SoluzionePoiché nella massa dell’atomo di berillio è inclusa anche la massa dei 4 elettroni, se si lavora con i nucleoni bisogna tener conto della massa degli elettroni. La massa a riposo di un nucleo di berillio 4Be8 è data da: (8.005305 – 0.0021943) amu = 8.0031107 amu.4mp + 4mn = 4(1.00727647 + 1.00866501) amu = 8.06376592 amu m = mprodotti - mreagenti = (8.06376592 – 8.0031107 ) amu = 0.06065522 amuL’energia di legame del berillio risulta:

1.18

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

E = m∙c2 = (+0.06065522 amu)∙(931.5 MeV/amu) = +56.500 MeV

Esempio 10Calcolare l’energia per rimuovere i due neutroni più debolmente legati dell’isotopo 8O18, sapendo che la massa degli isotopi 8O18 e 8O16 é uguale a 17.99916 amu e 15.994915 amu rispettivamente.Soluzione(massa 8O18 )∙c2 + E = (massa 8O16 )∙c2 + 2 mn ∙c2, da cuiE = (massa 8O16 – massa 8O18 + 2mn) ∙c2 = (15.994915 – 17.99916 + 2.0173298) amu∙(931.5 MeV/amu) = (0.0130848∙931.5) MeV = 12.18849 MeVLa tabella dei nuclidi facilita la descrizione sia del processo di decadimento, che di trasmutazione e di altre interazioni d’interesse dell’energia nucleare.

1.4.1 Cattura di neutroni La forma generale di cattura neutronica è data da:

ZXA + 0n1 ZXA+1 + o0

In questa reazione, la cattura di un neutrone può trasformare il sistema nucleo-neutrone in un isotopo con numero di massa (A+1) e l’emissione di un fotone, ovvero di un raggio . Ad esempio:

90Th232 + 0n1 90Th233 +

1.4.2 Decadimento Beta La forma generale di decadimento β- è data da:

ZXA Z+1YA + -1e0+ + Q

Il decadimento è dovuto alla trasformazione di un neutrone in un protone ed un elettrone, che viene emesso direttamente dal nucleo. La quantità Q indica l’energia rilasciata e ripartita tra il nuovo nucleo, l’elettrone ed il neutrino. Come esempio pratico e d’interesse applicativo, è dato da:

52I135 53Xe135 + -1e0 +

I prodotti di fissione, come lo xeno sono ricchi di neutroni e per decadimento diminuiscono il rapporto tra neutroni e protoni.

1.4.3 Decadimento alfaLa forma generale di decadimento è dato da:

ZXA Z-2YA-4 + 2He4 + Q

Il decadimento è normalmente accompagnato da emissione di raggi . Esempi tipici sono dati dalle seguenti reazioni:

92U238 90Th234 + 2He4 + = 90Th234 + +

94Pu239 92U235 + 2He4 + 92U235 + +

Le particelle ionizzano gli atomi circostanti e sono quindi rapidamente fermate ed elettricamente neutralizzate nella materia; tutta la loro energia viene rilasciata in un breve percorso ed è necessario asportare detta energia mediante apposita refrigerazione locale.

1.19

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

1.20

Page 21: Dispense di Principi di Ingegneria Nucleare

Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

1.4.4 Emissione di positrone La forma generale di emissione di un + è dato da:

ZXA Z-1YA + + 1e0 +

L’emissione di un positrone o decadimento + è il processo nel quale un protone viene trasformato in un neutrone ed in un positrone. Contemporaneamente all’emissione del positrone dal nucleo, viene rilasciato un elettrone orbitale affinché l’atomo risulti nel suo complesso neutro. Esempi di questo decadimento sono:

15P30 14Si30 + +1e0 +

11Na 22 10Ne22 + +1e0 +

La collisione tra un positrone ed un elettrone dà origine ad una emissione , per annichilazione di entrambe le particelle. Gli isotopi prodotti dagli acceleratori spesso emettono positroni perché sono ricchi di protoni.

1.4.5 Cattura di un elettroni dell’orbita K La forma generale di cattura di un elettrone è data da:

ZXA + +1e0 Z-1YA + + Q

I nuclei che hanno eccesso di protoni catturano un elettrone dell’orbitale K (quello più vicino al nucleo) che viene riempito da un altro elettrone proveniente dai livelli energetici superiori, con contemporanea emissione di raggi X dovuta al riassetto dell’energia dell’atomo. Un esempio di tale reazione è il seguente:

46Pd103 + -1e 0 45Rh103 + 0X0+ Q

1.4.6 Altre reazioni tra neutroni e materiaNel funzionamento di un reattore nucleare si verificano altre reazioni molto importanti tra neutroni e materia, molte sono reazioni endotermiche e richiedono energia per espellere una particella carica attraverso la barriera di Coulomb,come:

8O16 + 0n1 7N16 + 1p1

Questa reazione si verifica nei reattori nucleari ad acqua naturale, quando un neutrone viene assorbito dall’ossigeno contenuto nel moderatore-refrigerante. Il prodotto 8N16 ha una vita media di 7.6 secondi ed emette un fotone di alta energia, di circa 6-7 MeV. Durante il funzionamento di un LWR, il circuito primario è altamente radioattivo a causa di detto irraggiamento; in particolare in un BWR, l’azoto (8N16) viene trasportato dal vapore in turbina e ne contamina l’ambiente turbina-condensatore, rendendolo altamente radioattivo. La formazione dell’azoto richiede un neutrone con energia di circa 7 MeV e decade rapidamente, dopo qualche minuto dall’arresto del reattore tendendo a scomparire La concentrazione di azoto N-16, benché il numero dei neutroni che vengono generati a tale energia siano pochi, rimane uno dei principali problemi per l’ esercizio e per la riduzione dell’esposizione alle radiazioni.

27Co59 + 0n1 27Co60 +

Il cobalto è un componente di diversi acciai ed a seguito di irraggiamento si produce l’isotopo Co-60, che ha tempi di dimezzamento di circa 5.2 anni. L’attività del Co-60 è una delle maggiori sorgenti di dose per gli addetti alla manutenzione di un LWR e per questo motivo sono stati fatti

1.21

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

notevoli sforzi per realizzare acciai privi di cobalto. Nei reattori di ricerca si possono avere le seguenti reazioni:

13Al27 + 0n1 2He4 + 11Na 24

se l’elemento di combustibile e le strutture sono in alluminio. Il sodio Na-24 ha una vita media di 11.99 ore e si discioglie nel refrigerante, contaminando il circuito primario.

1.5 STABILITÀ ED ENERGIA DI LEGAME

Le conoscenze sperimentali, basate sulle tecniche più avanzate come la spettrometria di massa e gli acceleratori di particelle, portano ad affermare che la massa del nucleo è sempre minore della massa delle particelle isolate che lo costituiscono. In altre parole si verifica che: le masse di tutti i nuclei sono sempre leggermente inferiore alla somma delle masse dei nucleoni che lo compongono. Questa differenza può raggiungere il valore m/m 1% ed è espressa da:

m = Z mp + N mn – mX

dove Z, N sono il numero di protoni e di neutroni ed mp, mn, mX sono rispettivamente le masse del protone, del neutrone e del nucleo stesso. Se invece della massa del nucleo conosciamo quella dell’atomo, bisogna tener conto degli elettroni, si ricorda che per ottenere risultati coerenti bisogna usare valori delle masse con lo stesso numero di cifre significative e possibilmente la stessa base di dati. Per esempio nel sistema amu si ha:

m = Z∙(mp + me) + N∙(mn) - (mX+ Z me) = Z (massa dell’idrogeno) +

N (massa del neutrone) – (massa del nucleo dell’elemento X)

Per il principio di equivalenza tra massa ed energia si ha:

E = m∙c2

L’energia di legame rappresenta il lavoro necessario a disintegrare il nucleo, portando i nucleoni che lo costituiscono a distanza infinita l’uno dall’altro. Se, viceversa, con gli stessi nucleoni isolati viene ricostituito il nucleo, la massa in eccedenza si trasforma nella stessa quantità di energia. L’energia di legame cresce al crescere del numero di massa e raggiunge il picco di circa 8 MeV per il ferro, che è il nucleo più stabile. Per nuclei con numero di massa maggiore del ferro, l’energia di legame diminuisce lentamente. In Fig. 1.6 è riportata una curva media che rappresenta l’energia media per nucleone, definita come energia totale divisa per il numero di nucleoni (E/A) che costituiscono il nucleo. Nell’origine del sistema di coordinate (A; E/A) è posto l’atomo d’idrogeno, con A = 1.Nel grafico si osserva che l’energia di legame per nucleone aumenta rapidamente per i nuclei leggeri (fino a circa A = 20), mostrando alcuni picchi in corrispondenza dei nuclidi 2He4, 4Be8, 6C12, 8O16; questi picchi si scostano dalla curva ideale che interpola i punti nel piano cartesiano di coordinate (A; E/A). I numeri di massa (4, 8, 12, 16…), detti numeri magici, sono multipli del numero di massa dell’elio, costituito da due protoni e da due neutroni che hanno una configurazione nucleare particolarmente stabile e perciò i nucleoni sono più legati, con una più alta energia di legame. Questa stabilità è dovuta alla presenza dei “gusci” completi di nucleoni, simile alla stabilità chimica legate alla presenza di orbite atomiche complete di elettroni; come per i gas inerti; perciò anche i multipli di questa struttura nucleare (l’elio) sono piuttosto legati ed hanno energia di legame superiore a quella dei nuclidi circostanti. Per bassi numeri atomici Z, un

1.22

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

rapporto tra neutroni-protoni vicino all’unità è favorevole alla stabilità, poiché le forze repulsive fra protoni risultano basse e quella attrattiva é indipendente dal tipo di nucleone. All’aumentare del numero di protoni la forza repulsiva, essendo proporzionale a Z2, diventa sempre più importante e quindi, per mantenere la sua stabilità, il nucleo deve contenere un rapporto maggiore di neutroni che, con il loro legame attrattivo con gli altri nucleoni, compensano la repulsione elettrostatica. Gli elementi con valori massimi dell’energia di legame sono i più stabili ed hanno numeri di massa compresi tra 50 e 75.

Figura 1.7. Energia media di legame per nucleone in funzione del numero di massaLa zona di stabilità divide i numeri di massa in due ulteriori regioni:

1.23

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

- La fusione avviene per nuclidi con numero di massa inferiore a 50 e consiste nella combinazione di due o più nuclei leggeri per formare uno più pesante e più stabile, avente una massa leggermente minore della massa dei nuclei reagenti; questo difetto di massa comporta un rilascio di energia.

- La fissione avviene per scissione di un nuclide pesante in due o più nuclidi più leggeri, la cui massa totale è minore del nucleo reagente. La fissione avviene per numeri di massa maggiori di 75 e l’energia di legame è maggiore nei nuclei prodotti rispetto a quella del reagente.

Inoltre, un nucleo eccitato con energia intorno ai 7-8 MeV può espellere un nucleone; però l’energia effettiva di espulsione dipende dall’energia di legame del nucleone per quel dato atomo. In alcuni casi un nucleone può trovarsi anche in uno stato eccitato rispetto al potenziale dovuto ai nucleoni restanti ed in questo caso il nucleo assume livelli energetici diversi e discreti; cioè l’energia non è posseduta da un solo nucleone ma da più contemporaneamente. E’evidente che quanto più grande è il numero di massa e tanto più sono i modi di muoversi dei nuclei e conseguentemente tanto più fitti saranno i livelli energetici. I nuclei con A>>2, a causa del numero notevole di gradi di libertà, possono essere paragonati a complessi sistemi di oscillatori che hanno livelli energetici diversi e discreti.Un nucleo può restare per lungo tempo ( 10-17 secondi) in uno stato eccitato di livello superiore all’energia di legame del suo nucleone più debolmente legato, questa energia di eccitazione viene ripartita tra più nucleoni e solo raramente è trasferita tutta ad un solo nucleone, causandone la sua espulsione. I livelli al disotto dell’energia di legame sono detti livelli o stati legati, mentre i livelli eccitati sono noti come livelli virtuali. Se si applica il principio di indeterminazione di Heisenberg riferito alle variabili tempo ed energia, si ha:

E t > h / 4

dove h è la costante di Plank che vale 6.6256 10-15 [eV s]. Il principio di Heinsenberg consente di interpretare che quanto più “precisa” è l’energia dello stato eccitato, ovvero più piccola è la sua dispersione energetica E, tanto più difficile sarà l’espulsione di un nucleone o l’emissione dell’energia in eccesso mediante un fotone; quindi tanto più lunga sarà la vita media dello stato eccitato medesimo.

Esempio 11Calcolare la massa del deuterio (1p,1n) e del trizio (1p,2n), le cui masse atomiche sono rispettivamente di 2.014101 amu e di 3.016049 amu. Inoltre sono date le masse del neutrone, protone ed elettrone mn = 1.0086501 amu, mp = 1.00727647 amu, me = 0.0005489 amu.SoluzioneCalcolo dell’energia di legame per il deuterio.mD = (2.014101 - 0.0005489) amu = 2.0135524 amuMassa nucleoni del deuterio = mn + mp = (1.00866501 + 1.00727647) amu = 2.01594148 amum = (2.01594148 - 2.0135524) amu = 0.00238908 amuE = m∙c2 = 0.00238908∙931.5 MeV = 2.225428 MeV 2.225 MeVL’energia di legame per il deuterio è circa 2.225 MeV.Calcolo dell’energia di legame per il trizio.mT = (3.0246049 – 0.0005486) amu = 3.0155004 amuMassa nucleoni del trizio = 2 mn + mp = (2∙1.00866501 + 1.00727647) amu = 3.02460639 amu m = (3.02460649 − 3.0155004) amu = 0.00910609amuE = m∙c2 = 0.00910609∙931.5 MeV = 8.482 MeVIl trizio ha energia di legame di circa 8.482 MeV

1.24

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

Esempio 12Calcolare l’energia di legame del neutrone più debolmente legato del carbonio 6C13. La massa dei due isotopi del carbonio sono rispettivamente 12.000000 amu e 13.003350 amu.SoluzioneCon la rimozione del neutrone meno legato del 6C13 si ottiene l’isotopo 6C12.mC-12 + mn = (12.000000 + 1.00866501) amu = 13.00866501 amum = (13.008665 - 13.003350) amu = 0.005315 amuE = m∙c2 = 0.005315∙931.5 MeV = 4.9509 MeVL’energia di legame del neutrone più debolmente legato del 6C13 é di circa 5 MeV.

1.6 REAZIONI NUCLEARI DI FISSIONE E DI FUSIONELe reazioni nucleari esotermiche possono essere utilizzate per scopi utili all’uomo e sono alla base dello sviluppo dell’energia nucleare. Le reazioni più interessanti per la produzione di energia sono principalmente di due tipi:

- la reazione nucleare di fissione o fissione; - la reazione nucleare di fusione o fusione.

1.6.1 La reazione nucleare di fusioneEssa consiste nell’unione (fusione) di due o più nuclei leggeri in un nucleo più pesante di quelli dei reagenti ed il nucleo prodotto ha massa inferiore alla somma delle masse dei reagenti. L’energia del sole e delle stelle è prodotta da reazioni continue di fusione; a seguito del collasso per gravità di una nube molecolare (essenzialmente atomi d’idrogeno, tracce di metalli pesanti e piccole quantità di elio) ed al successivo riscaldamento per contrazione viene prodotto un plasma di elettroni liberi e di protoni alla temperatura di circa 2000 K, quindi s’innesca la seguente reazione:

1H1 + 1H1 1D2 + 1e0 + ; Q = 0.42 MeV

Il calore generato nella suddetta reazione fa espandere la nube d’idrogeno e controbilancia la forza di attrazione gravitazionale. Questa reazione di fusione è stabile fino a quando tutto l’idrogeno non viene consumato. Un’altra reazione che si verifica nelle stelle è quella di fusione di quattro atomi d’idrogeno ed è data da:

4 1H1 2He4 + 2 1e0

Dalla fusione dei quattro nuclei d’idrogeno si ottiene un nucleo d’elio e due positroni.

Esempio 13 Calcolare l’energia liberata dalla fusione di 4 atomi d’idrogeno in un atomo di elio. Sono dati: mp = 1.007320 amu; mn = 1.008665 amu; me = 0.000549 amu; mH = 1.007825 amu; mHe = 4.00260 amu.Soluzionem = (mHe - 2 me) + 2 me - 4(mH - me) = mHe - 4 mH + 4 me = (4.00260 – 4.031300 + 0.002196) amu = −0.0026504 amuE = m∙c2 = (-0.026504 amu) ∙ (931.5 MeV/amu) −24.6685MeV

1.25

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

Questa è l’energia netta rilasciata dalla fusione di quattro atomi di idrogeno, come avviene nella stelle, composte da idrogeno, elio e tracce di metalli pesanti. Il calore prodotto dalla fusione mantiene la temperatura del Sole a valori dell’ordine di diversi milioni di gradi nel nocciolo e serve per avviare e sostenere altre reazioni nucleari.La fusione è stata scoperta negli anni 1920, mediante ricerche con acceleratori di particelle in cui quelle con carica elettrica positiva venivano accelerate e fatte collidere ad altissima velocità. Quando la velocità dei nuclei è così alta, da superare le forze repulsive coulombiane, avviene la collisione e si realizza una reazione di fusione nucleare. Le principali reazioni di fusione nucleare tra nuclei leggeri sono le seguenti:

1) 1D2 + 1D2 2He3 (0.82 MeV) + 0n1 (2.45 MeV) + 3.27 MeV

2) 1D2 + 1D2 1T3 (1.01 MeV) + 0n1 (3.02 MeV) + 3.03 MeV

3) 1D2 + 1T3 2He4 (3.56 MeV) + 0n1 (14.03 MeV) + 17.59 MeV

4) 1T3 + 1T3 2He4 (6.29 MeV) + 20n1 (11.30 MeV) + 17.59 MeV

In dette reazioni, oltre all’energia totale della reazione, nelle parentesi accanto ai prodotti della reazione vengono riportati i valori parziali dell’energia ad essi associati.

1.6.2 La reazione nucleare di fissioneEssa consiste nella scissione di un nucleo atomico pesante in due o più nuclei più leggeri ed avviene per nuclei con massa atomica molto più pesante di quella del ferro. Se un neutrone si avvicina al nucleo, che ha un raggio dell’ordine di 10 -15 m, esso è soggetto al campo delle forze forti ed entra con forza nel nucleo, anche se arriva sul bersaglio con energia cinetica nulla. Il processo neutrone-nucleo, in una visione macroscopica, è equivalente ad un corpo che con energia cinetica nulla cade in un pozzo. L’energia potenziale che aveva all’imbocco del pozzo, cioè quando era a distanza leggermente maggiore di 10-15 m, si converte in energia cinetica per distanze minori del raggio del nucleo. Questa energia non è altro che l’energia di eccitazione del nucleo.La fissione è una reazione fortemente esoenergetica ed è sfruttabile nei reattori nucleari per produrre energia o per costruire armi nucleari per fini militari. In questa reazione, oltre ai prodotti della reazione o frammenti di fissione, si ha rilascio di energia e di uno o più neutroni.Hann e Strassman, nel 1939, ripetendo alcuni esperimenti già effettuati dal Gruppo Fermi nel 1934, bombardando con neutroni un bersaglio d’uranio accertarono mediante analisi chimiche molto accurate la presenza di elementi come il bario ed il krypton, tra i prodotti di fissione. Fotografie ottenute con la camera di Wilson mostrarono che un nucleo di uranio colpito da un neutrone si scinde in due nuclei ovvero in due frammenti di fissione che si muovono in senso opposto con velocità elevatissima. Nella Fig. 1.8 è riportata la distribuzione in massa dei prodotti

di fissione per l’U-235, per neutroni incidenti che vanno dall’energia termica fino ad alte energie di 14.7 MeV, essi sono posizionati uno a destra e l’altro a sinistra della zona di stabilità.Un neutrone può fissionare un nucleo pesante, senza essere respinto, ad alta, media e bassa velocità, sviluppando un’energia dell’ordine dei 200 MeV. Il bombardamento con neutroni di nuclei pesanti è la solo via praticabile per ottenere una reazione che si autosostenga. Il processo di fissione è generalmente asimmetrico e per numeri di massa compresi tra 100 e 135 si raggiungono i valori massimi nella distribuzione dei prodotti di fissone, come si può osservare nelle Fig. 1.8 e Fig.1.9 attorno ai numeri di massa 100 e 136 si raggiunge la maggior resa. In questa ultima si può osservare la frammentazione in due nuclei diversi e la resa di fissione per

1.26

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

ciascun nuclide in funzione del numero di neutroni e protoni. I prodotti di fissione hanno un eccesso di neutroni ereditati dall’uranio e sono situati al disopra della linea tratteggiata di stabilità: detta linea separa gli isotopo stabili da quelli radioattivi. Un isotopo è definito fissile, se la fissione avviene per qualsiasi energia del neutrone incidente, anche con energia cinetica nulla. I principali isotopi fissili sono: gli isotopi dell’uranio 92U233 , 92U235 e quelli del plutonio 94Pu239 , 94Pu241. Essi sono fissionabili con neutroni di tutte le energie, mentre l’uranio 92U238 risulta fissionabile solo con neutroni ad alta energia. I materiali che si comportano come l’uranio 92U238 sono chiamati fertili, perché per cattura di neutroni si trasmutano in materiale fissile. Altri esempi di materiali fertili sono il torio 90Th232 ed il plutonio 94Pu240. Di seguito vengono riportati esempi di reazioni per produrre materiale fissile:

1) Produzione di uranio 92U233

90Th232 + 0n1 90Th233 -1e0 + 91Pa233 -1e0 + 92U

233

2) Produzione di plutonio 94Pu239

92U238 + 0n

1 92U239 -1e0 + 93Np239 -1e0 + 94Pu239

3) Produzione di plutonio 94Pu241

0n1 + 94Pu239 0n1 + 94Pu240 94Pu241

Figura 1.8. Distribuzione in massa dei prodotti di fissione dell’uranio U-235, per diverse energie neutroniche (da G.P. Ford e J.S. Gilmore)

1.27

Page 28: Dispense di Principi di Ingegneria Nucleare

Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

Figura 1.9. Prodotti di fissione dell’uranio U-235 indotti da neutroni termici (da CLEFS-CEA)

Le reazioni di fissione possono essere scritte come:

92U235 + 0n1 92U236 (instabile) Z1XA1 + Z2XA2 + 2.43 0n1 + energia

dove X e Y rappresentano i due isotopi chiamati comunemente frammenti di fissione. I frammenti di fissione si muovono in direzione opposta (spinti dalle forze di Coulomb) e trasportano circa l’80% dell’energia rilasciata dalla fissione. Nel caso che la fissione sia indotta da neutroni con energia in equilibrio termico con la materia vengono emessi in media un valore di 2.43 neutroni per ogni fissione; inoltre i frammenti, essendo nuclei radioattivi vengono anche chiamati prodotti di fissione (fp). Un esempio di reazione di fissione dell’U-235 e di prodotti di fissione è:

92U235 + 0n

1 54Xe140 + 38Sr 94+ 2 0n1

I prodotti della reazione, come lo xeno 54Xe140 e lo stronzio 38Sr94 sono noti come frammenti di fissione e trasportano circa 80% dell’energia rilasciata con la fissione, sotto forma di energia cinetica. La velocità media dei frammenti è di circa 10000 km/s ed essi vengono arrestati dopo un breve percorso nella materia circostante, dove rilasciano la loro energia, che si manifesta nel combustibile sotto forma di calore. Nella reazione di fissione, a parità di reagenti, sono possibili diverse combinazione dei prodotti di fissione e del numero di neutroni emessi. Nella reazione di fissione vengono rilasciati valori diversi sia per l’energia che per il numero di neutroni e i prodotti di fissione; come secondo esempio si riporta:

92U235 + 0n

1 56Ba137 + 36Kr 97+ 2 0n1

1.28

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

Per questa ultima reazione si ha:m = ( mBa + mKr + 2mn ) – (mU + mn ) = (136.9061 + 96.92212 + 2∙1.00867) amu – (235.0439 + 1.00867) amu = (235.8456 – 236.0526) amu =-0.2070 amuE = m∙c2 = (-0.2070 amu) ∙ (931.5 MeV/amu) -192.83 MeV

Si fa notare che per valutare in modo adeguato il difetto di massa bisogna usare valori delle masse molto precisi e qualificati e lavorare con la precisione richiesta e possibilmente con dati provenienti dalla stessa libreria. A questa energia rilasciata istantaneamente bisogna aggiungere quella per decadimento dei prodotti di fissione e quella per cattura senza fissione dei neutroni in eccesso rispetto a quelli necessari per sostenere la reazione a catena.

Esempio 14Calcolare l’energia sviluppata per la fissione completa di 1 g di uranio 92U235 e per la combustione completa di 1 g di carbonio 6C12. Si ricorda che dalla fissione di un nucleo di uranio fissile si sviluppa circa 200 MeV, mentre dalla combustine di un atomo di carbone sviluppa solo 4 eV.SoluzioneEnergia prodotta 1g di uranio

QU =( 1∙NA/MU ) ∙200 MeV = (0.60225 1024/235.0139) ∙200 MeV =0.5125∙1024 MeV = 0.5125∙ 1024∙4.44∙10-20 kWh = 2.277∙104 kWh = 949 kWd = 0.949 MWd

Energia prodotta 1g di carbonioQC = ( 1∙NA/MC ) ∙4 eV = (0.60225 1024/12.003817) ∙4 eV = 0.20069∙1018 MeV = 0.20069∙1018

∙4.44∙10-20 kWh = 0.891∙10.-2 kWh Per ottenere l’energia rilasciata dalla fissione un grammo di 92U235 necessita il bruciamento teorico della seguente quantità di carbonio:QU/QC = 0.5125∙1024/0.20069∙1018 = 2.5537∙106 g = 2553.7 kg 2.6 tOvviamente i valori reali sono molti più bassi di quelli teorici, perché bisogna tener conto del tipo di combustibile, della concentrazione del fissile e delle varie reazioni che si possono verificare.

La fissione di nuclei pesanti come l’uranio può verificarsi senza che una particella colpisca il nucleo, questo fenomeno ha una bassa frequenza ed è noto come fissione spontanea. In questo caso è necessario che una piccola quantità di energia (per esempio proveniente dai raggi cosmici) sia fornita ai nuclei per essere portati in condizioni eccitati. Il fenomeno è molto lento ed in Tab. 1.2 sono riportate le fissioni spontanee per alcuni elementi pesanti d’interesse nell’energia nucleare. È interessante notare che il Pu-238, a causa dell’alto numero di fissioni spontanee, potrebbe essere usato per realizzare miscele di combustibili con il Pu-239 resistenti ai rischi di proliferazione delle armi atomiche.

Isotopi Fissione spontanea [Fissioni/(g s)]U-235 0.0003U-238 0.02Pu-238 2660Pu-349 0.0023

Tabella 1.2. Fissione spontanea per isotopi dell’uranio e del plutonio

1.29

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Capitolo 1 _____________________________________________________________ Richiami di fisica nucleare

1.7 CENNI SULLE PARTICELLE ELEMENTARI E SUL MODELLO ATOMICO STANDARD

Il Modello Standard sintetizza tutte le nostre conoscenze sulla struttura intima della materia, conoscenze sperimentali condivise dai fisici, mentre ciò che è controverso è rimasto fuori. Il Modello Standard, a differenza di teorie più recenti, è stato costruito sulla base degli esperimenti che via via si sono effettuati con gli acceleratori di particelle. Nel modello di Bohr-Sommerfeld tutta la materia conosciuta poteva essere descritta mediante 4 particelle elementari: elettrone, protone, neutrone e fotone. Successivamente a partire dalla fine anni ’30, questo panorama cominciò a mutare con la comparsa di numerose altre particelle, che sono riconosciute e classificate fino ad oggi in oltre 300. Esse sono state ottenute facendo collidere particelle ad alta energia per studiare i frammenti; ci si trova così in una situazione molto complessa con centinaia di particelle diverse da classificare e riportarle ad un numero limitato di gruppi, i cui componenti hanno attività simile. Tutta la materia e le forze della natura derivano da una ventina di particelle. La realtà in cui viviamo è composta da 18 particelle elementari, che si uniscono nei modi più diversi per dare forma al tutto. Esse sono i costituenti fondamentali della materia, prive di struttura interna o ritenute tali, quindi indivisibili. Di queste particelle 12 sono i mattoni che costituiscono la materia, dandole forma. Sono le particelle più piccole in assoluto, anche se in alcuni casi hanno massa elevata e non si possono ulteriormente dividere. Oggi si continuano a chiamare particelle elementari, tutte le particelle subatomiche. La fisica che studia le particelle elementari e la loro interazione, è chiamata fisica delle alte energie e studia le componenti fondamentali della materia e le loro interazioni. Una particella-materia non é sempre identica a se stessa per il solo fatto che é soggetta ad alcune delle quattro forze fondamentali, essa può emettere o assorbire le particelle-forza. Come abbiamo già visto nel paragrafo 1.2.2, che le interazioni conosciute sono di quattro specie: interazione nucleare forte, interazione nucleare debole, interazione elettromagnetica ed interazione gravitazionale. Nel modello standard le particelle che costituiscono le fondamenti sono raggruppate in due categorie:1. Le particelle materia: esse costituiscono la materia e se sono cariche, subiscono

l’interazione elettromagnetica. Sulla base dell’interazione forte e deboli possono classificarsi in: leptoni ed adroni. I leptoni subiscono solo interazioni deboli, non hanno struttura interna e sono solo fermioni. Essi costituiscono una famiglia di 6 particelle, che non risentono dell’interazione forte tra le quali:l’elettrone (e-), il muone, la particella tau, il neutrino elettronico, il neutrino muonico, il neutrino tauonico. La massa a riposo dell’ordine 0.511 MeV/c2 e di ciascuno esiste la rispettiva antiparticella. Gli adroni subiscono interazioni debole e forti, sono le particelle più numerose e dotate di una struttura interna costituita dai quark. Gli adroni si suddividono in barioni e mesoni, essi hanno rispettivamente spin semi-intero ed intero e sono costituiti da 3 quark o da 2 quark. I quark sono una famiglie di particelle subatomiche, che si ritiene siano fondamentali ed indivisibili (l’altra è quella dei leptoni) ed é il costituente fondamentale degli adroni, le ricerche sui quark singoli fino ad ora hanno dato esito negativo. Il mesone, con massa a riposo di 140 MeV/c2, è costituito da 2 quark, mentre il barione, con massa a riposo 938 MeV/c2, è formato da 3 quark. Furono i fisici americani M. Gel-Mann e G. Zweig a suggerire nel 1963 che gli adroni fossero costituiti da unità di materia ancora più piccole, indivisibili, chiamati Quark. Essi ipotizzarono che esistessero tre quark e tre antiquark. La conferma sperimentale della validità del modello a quark si ebbe nel 1974, con la scoperta della particella J/ da parte dei fisici americani S. Ting e B. Richter: in questa particella fu infatti osservato un segnale

1.30

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evidentissimo dell’esistenza di uno dei sei quark previsti: il quark c (charm). Sono stati già identificati sei tipi di quark mediante un sapore: i quark su (u), giù (d), incanto (c), strano (s), basso (b) ed alto (t). In Tab. 1.3 sono riportati i sei diversi tipi di quark conosciuti, ciascuno caratterizzato da un particolare sapore e raggruppati a coppie in tre famiglie o generazioni apparentemente con le stesse proprietà ad eccezione della massa . Per il principio di esclusione di Pauli, che deve valere per tutte particelle a spin semintero, esistono tre stati diversi identificati con un “colore”, le cui cariche di colori diversi (rosso, blu e verde) descrivono il loro comportamento.

Famiglia Sapore Massa Carica Spin

PrimaUp

Down

0.003

0.006

2/3

-1/3

1/2

1/2

SecondoCharm

Strange

1.3

0.1

2/3

-1/3

1/2

1/2

TerzaTop

Bottom

175

43

2/3

-1/3

1/2

1/2

Tabella1.3. Classificazione dei quark

Sapori e colori possono essere visti come i numeri quantici dei quark, o stati diversi di uno stesso quark, di cui esistono nove combinazioni possibili (sei sapori per tre colori). La teoria che spiega il comportamento dei quark in base alla loro distinzione in colori è la cromodinamica. Per ogni quark esiste il relativo antiquark, caratterizzato dal corrispondente antisapore e con un anticolore. Le particelle con differente carica di colori si attraggono e quelle con uguale carica si respingono, a causa della forza nucleare forte, che viene trasportata da particelle anche esse dotate di carica di colore: il gluone. Questo interscambio di carica di colore tra quark e particelle mediatrici di forze avviene in modo da ottenere il risultato neutro, tiene insieme i quark, in modo da formare i mesoni ed i barioni . Questi ultimi sono particelle composte da un quark rosso, uno verde ed uno blu, mentre i mesoni sono composti da un quark e da un antiquark. Esempi importanti di barione sono il protone (uud) ed il neutrone (udd). Il neutrone è stabile se fa parte di un sistema complesso, come il nucleo di un atomo stabile, ma decade se isolato: ha una vita media di 885 secondi e si disintegra in un protone, un elettrone ed un antineutrino elettronico, secondo la seguente reazione:

Diversi esperimenti stanno cercando di rilevare il decadimento del protone ( mediante misure indirette è stata valutata che la sua vita media è maggiore di 1032 anni).

2. Le particelle mediatrici di forze: é stata la teoria quantistica a mostrare che le interazioni vengono trasportate da particelle che trasmettono l’energia tra le particelle protagoniste dell’interazione. Queste particelle, trasportatrici dell’energia dell’interazione, vengono emesse e riassorbite dalle particelle interagenti. Per potere descrivere un’interazione è importante definire due quantità, il raggio d’azione e l’intensità:- il raggio d’azione di una iterazione è la distanza massima alla quale esso ha influenza.

Ad esempio, l’interazione gravitazionale ha raggio infinito, per questo motivo il sole esercita la sua forza anche sui pianeti lontanissimi come Plutone.

1.31

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- l’intensità fornisce una misura dei rapporti di forza tra le interazioni di diversa natura.

In tabella 1.4 sono riportate le particelle mediatrici di forze fondamentali note come i bosoni, bosoni vettoriali o di gauge; le sei particelle producono forze che agiscono sulla materia, dandole forma, esse sono: il fotone per l’interazione elettromagnetica, i bosoni carichi W i quello neutro Z partecipano a tutte le interazioni deboli, in cui non cambia né la carica elettrica né il sapore. I bosoni sono mediatori dell’interazione debole ed i gluoni sono mediatori di quella forte ed hanno carica di colore; la forze forti dei gluoni incolla i quark l’uno all’altro. In Tab. 1.4 si può osservare la differenza di massa tra le particelle mediatrici come il fotone ed il bosone, per spiegare come si genera e si distribuisce la massa ed altre interazioni fondamentali i fisici ipotizzarono il bosone di Higgs. Si suppone che una particella acquista massa in seguito ad una interazione con il bosone di Higgs.

Forza Nome Massa Carica Spin

Elettromagnetica Fotone 0 0 1

Nucleare debole

W-

W+

Z

80.4

80.4

91.187

-1

+1

0

1

1

1

Nucleare forte Gluone 0 0 1

Gravitazionale Gravitone 0 0 2

Tabella 1.4. Particelle mediatrici di forze

Per concludere, il modello standard descrive un mondo astratto, anche se basato su dati sperimentali, diversissimo da quello della nostra esperienza quotidiana. In Tab. 1.5 sono riportate le particelle fondamentale alla base del modello, distinte in “particella materia” e “particella interazione di forze”.

Tabella 1.5. Particelle materia e particelle mediatrici di forze

Il modello viene presentato in termini più intuitivi, come è proposto dagli stessi scienziati che ricorrono a espressioni pittoresche:

1.32

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Il sapore. Le particelle elementari sono classificate in base al loro sapore, per sapore i fisici intendono soltanto i diversi tipo di particella (quark e leptoni), le sue proprietà e il suo comportamento. In altre parole, il sapore è il numero quantico che distingue i diversi tipi di quark e di leptoni. Un elettrone, per esempio, ha un sapore diverso da un neutrino. Questa distinzione è utile soprattutto per descrivere i processi in cui le particelle elementari si trasformano le une nelle altre per mezzo della forza nucleare debole.

La carica elettrica é un'altra proprietà importante delle particelle elementari; tra due cariche elettriche si esplica un’interazione elettromagnetica che può essere sia attrattiva che repulsiva ed è schermabile interponendo tra le due cariche un dielettrico che faccia diminuire il campo. Le cariche elettriche sono dappertutto nel mondo microscopico e tutte le particelle hanno cariche ben precise: ogni elettrone, per esempio, ha la stessa carica e tutti i protoni (composti da 3 quark) hanno carica uguale e opposta a quella degli elettroni. È per questo che, anche se siamo composti da tantissime particelle cariche, non ce ne accorgiamo: di solito le particelle con carica positiva eguagliano quelle con carica negativa, neutralizzandosi a vicenda.

Il colore. Le particelle elementari oltre alla carica elettrica possono avere anche un altro tipo di carica, talmente diversa da quella elettrica da non avere un equivalente nella nostra esperienza. Il colore è una sorta di carica tripla, sorgente dall’interazione forte tra quark descritta dalla cromodinamica e posseduta dai quark e dai gluoni. Questa carica può avere 3 valori diversi, che si annullano se sommati tra loro, proprio come avviene con una carica negativa più una positiva che danno carica zero o neutro. Per la carica di colore, sommando rosso, verde e blu, si ottiene il bianco neutro, ovvero un colore neutro che garantisce la stabilità della particella. I protoni e i neutroni contengono un quark rosso, uno verde e uno blu: messi insieme, danno il bianco, ovvero un colore neutro, che garantisce la stabilità delle particelle.

Lo spin. È il momento angolare intrinseco della particella elementare, definito dalla rotazione della particella intorno al proprio asse. In base alla meccanica quantistica, lo spin di una particella può essere solo un multiplo della costante di Planck. Ad esempio, gli elettroni ed i

protoni hanno spin 1/2, i fotoni hanno spin 1 e i pioni spin 0, misurato in unità , dove

.

Il magnetismo. Ogni particella, infine, si comporta come un magnetino che punta nella stessa direzione dell'asse di rotazione dello spin. Anche questa è una proprietà astratta, ma con una conseguenza concreta: il campo magnetico di una calamita, per esempio, è generato dallo spin delle particelle che lo compongono. E senza lo spin, non funzionerebbero nemmeno le bande magnetiche dei bancomat e delle carte di credito. Anche se è conosciuto da millenni, il magnetismo è stato spiegato interamente soltanto nell'ultimo secolo, proprio grazie a queste teorie che descrivono il mondo atomico.

Il bosone d Higgs o particella di Dio. La sua esistenza serve a spiegare come si genera e si distribuisce la massa ed altre reazioni fondamentali. Al bosone di Higgs, che non è stato ancora osservato sperimentalmente, è associato il "campo di Higgs“ (simile al campo gravitazionale, ma di natura diversa). Per la sua importanza è stata chiamata dal premio Nobel Lederman "la particella di Dio”. Le varie particelle, interagendo con questo campo, acquistano inerzia e quindi massa (e peso). Anzi, quanto più una particella interagisce con il campo di Higgs, tanto maggiore è la sua massa. I fisici ritengono che gli attuali acceleratori (esperienza in corso su Lhc di Ginevra) siano in grado di produrre il bosone di Higgs.

1.33

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