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1 due ruote per due RICERCA E PROGETTAZIONE VOLTA AL MIGLIORAMENTO DEL SERVIZIO DI BIKEMI

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due ruote per dueRICERCA E PROGETTAZIONE VOLTA AL MIGLIORAMENTO

DEL SERVIZIO DI BIKEMI

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Politecnico di MilanoFacoltà del designLaurea specialistica in Design innovation

Studente:Frazzini Enrico801903

Relatore:Odoardo Fioravanti

1 Ottobre 2015A.A. 2014-2015

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DUE RUOTE PER DUE

Progettazione volta al miglioramento dell’offerta del servizio di bikesharing di Milano

A cura di Frazzini Enrico

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AbstractQuesta analisi prende in esame il problema relativo alla mobilità nelle grandi città. Col crescere del nume-ro delle persone negli ambienti urbani risulta sempre più indispensabile trovare delle nuove soluzioni per muoversi agilmente in modo economico e sostenibi-le. Di recente, prendendo esempio dai paesi del nord Europa, anche in Italia, con un particolare focus sulla città di Milano, abbiamo visto diffondersi una nuova soluzione per quanto riguarda questo problema: il bikesharing.Questo sistema di condivisione di mezzi ad impatto zero si sta diffondendo velocemente ma non riesce ancora ad incontrare le esigenze dei cittadini in modo completamente soddisfacente. Qual è il futuro del bikesharing? Cosa si può fare per migliorare questo servizio? Con la parte progettuale di questa tesi inten-do trovare idee che vadano ad integrare l’offerta di Bikemi, il bikesharing di Milano.

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Indice

Premessa

1 La mobilità urbana

1.1 Vivere nelle metropoli1.2 Mobilità individuale o collettiva1.3 La mobilità in Italia1.4 Una mobilità sempre più sostenibile1.5 Il caso dello sharing

2 il Bikesharing

2.1 la storia del bikesharing2.2 Benefici del bikesharing2.3 Il bikesharing nel mondo2.4 Ostacoli al servizio

3 Modelli di business e diffusione in italia

3.0 Diffusione e modelli di business3.1 Fornitori e sfaccettature3.2 Evoluzione dei “nostri” bike sharing3.3 Gestione sovracomunale e integrata

4 BikeMi e i suoi utenti

4.1 Il bikesharing di Milano

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4.2 Tariffe e utenti4.3 L’ importanza del turismo4.4 La bicicletta

5 Il futuro del servizio

5.1 Dove si sta andando: 4’ generazione5.2 Cosa manca ancora?5.3 Soluzioni possibili5.4 Spunti5.5 Analisi di mercato

6 Il mio progetto

6.1 Manubrio6.2 Seggiolino6.3 Tandem6.4 Conclusione

Bibliografia e sitografia

Ringraziamenti

829296

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Premessa

Il cambiamento nel mondo dei trasporti sta arrivando, infatti sarà sempre più facile muoversi nelle città senza avere un’automobile propria. La popolazione mondiale è in continua crescita; il 51% di questa, ossia più di 3,5 miliardi, vive nei centri urbani e entro il 2050 ci si aspetta di raggiungere quote vicine al 70%. La mobilità urbana è una delle sfide più ardue che si dovranno affrontare nei prossimi anni e saranno necessari corposi investimenti in questo ambito.Ad oggi il 64% della totalità dei chilometri percorsi in assoluto sono nelle aree urbane e l’aspettativa è un incremento di tre volte nei prossimi 40 anni.Gli attuali sistemi di movimento sono vicini al tramonto per lasciare il posto ad un sistema di trasporti a basso costo, con impatto ambientale minimo e capillarmente diffusi sul territorio. Per quanto riguarda l’Italia, da alcune ricerche dell’EPOMM emergono dati molto chiari riguardo alla mobilità nelle nostre città:_ Le città stanno crescendo continuamente. 32 delle 50 città più popolose stanno aumentando ancora il numero degli abitanti e tra queste in particolare le due maggiori: Roma e Milano. Il trend è lo stesso che si sta

verificando in città come Vienna, Berlino, Londra, Parigi e nella maggioranza delle città europee medie e grandi._ Il tasso di motorizzazione sta diminuendo. In 33 delle 50 città prese in esame il tasso di motorizzazione sta riducendosi, a causa della crisi economica senza dubbio, ma anche grazie ad un atteggiamento diverso della popolazione, soprattutto quella più giovane per la quale il desiderio di possedere un’automobile non è più prioritario.- La rapida crescita del bikesharing come alternativa. Il bikesharing è cresciuto in italia del 50% dal 2009 al 2010. Nello stesso anno è stato introdotto anche a Londra con un successo immediato. Londra è oggi una città trasformata, improvvisamente ci sono un sacco di biciclette sulle strade, mentre prima le biciclette venivano considerate quasi uno spettacolo inusuale. _ C’è una grande domanda di bikesharing. L’80-90% della popolazione nelle 50 città esaminate desidera che il bikesharing venga introdotto o potenziato.

Cosa può fare un progettista lavorando in questo ambito così complesso ed eterogeneo? Cercherò di fornire risposte a questa domanda con progetti che vanno ad integrare l’offerta dei servizi già esistenti migliorandone l’efficienza. Per cominciare analizziamo la situazione

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italiana.Un sistema di trasporto è sostenibile (UITP sviluppo sostenibile) se:_ Permette ad individui e società di soddisfare le proprie esigenze primarie di accesso al lavoro, all’istruzione, al tempo libero e all’informazione in armonia con la salute dell’uomo e dell’ecosistema, offrendo pari opportunità all’interno di una generazione e tra generazioni diverse;

_ E’ economicamente abbordabile, opera in maniera efficiente, offre scelte tra mobilità diverse e dà sostegno ad un’economia dinamica;_ Limita le proprie emissioni e scorie alla capacità del pianeta ad assorbirle, riduce al minimo il consumo di risorse non rinnovabili, l’occupazione del territorio e il rumore, riutilizza e ricicla i suoi componenti ogni qualvolta sia possibile.

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1MUOVERSI NELLE

AREE URBANE

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1.1 Vivere nelle metropoli

La nuova economia globale e l’emergente società informazionale hanno effettivamente una nuova forma nello spazio, che si sviluppa in una varietà di contesti sociali e geografici: le megacittà. Queste megalopoli sono, senza dubbio, agglomerati enormi di esseri umani, tutte con più di 10 milioni di abitanti e si prevede che quattro di esse raggiungeranno i 20 milioni di abitanti entro il 2010. (Manuel Castells - La nascita della società in rete)Se si provasse a piantare un albero in un vaso. Al buio. Crescerebbe rigoglioso? Partiamo da queste parole di Diamanti su “Repubblica”, a proposito delle periferie e delle città, per affrontare il tema della mobilità urbana. Oggi parlare di mobilità non può prescindere dal modello sociale che un paese/città vuole darsi. Sempre più l’organizzazione, o spesso la non organizzazione della mobilità, influisce pesantemente sulla percezione negativa che i cittadini hanno delle proprie città. Percezioni, come il sentirsi più o meno sicuri, che incidono sulle abitudini di mobilità e di spostamento, in modo particolare sulle fasce più deboli come le donne e gli anziani. Il collasso della mobilità urbana ha reso le nostre città invivibili, assediate dal traffico e inquinate, rendendole non

più luogo d’aggregazione, ma di solitudine, dove è impossibile incontrarsi o far giocare i bambini. In questi anni, le nostre risposte all’urbanizzazione sono state sempre più di tipo privatistico e securitario, senza dare soluzioni concrete, ma acuendo sempre di più la sensazione di invivibilità delle città, sono necessarie delle soluzioni concrete, non possiamo più affidarci a teorie futuristiche come quelle formulate dallo studio Archigram (Walking city, Plug in city e istant city). Archigram fu un gruppo di avanguardia architettonica formatosi negli anni sessanta basato sull’ Architectural Association di Londra. Si possono definire futuristi, anti-eroi e pro-consumismo, traendo ispirazione dalla tecnologia al fine di creare una nuova realtà che è stata espressa unicamente attraverso progetti. Non possiamo più permetterci di delegare le politiche edilizie e urbane alle imprese immobiliari. Non possiamo più pensare che trasporto pubblico non sia anche trasporto individuale; se vogliamo una società realmente sostenibile, dobbiamo ripartire da una mobilità che si definisca tale, che sappia integrare le esigenze individuali con quelle collettive, eliminando le disparità sociali oggi sotto gli occhi di tutti. Il processo di globalizzazione oggi in atto, sta, da un lato, creando un’opportunità a tutti quei paesi in via di sviluppo, ma

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dall’altro, sta danneggiando, spesso in maniera irreversibile, l’ecosistema. Non è colpa del processo di globalizzazione, ma di quelle “elite manageriali dominanti “ (Castells) che ne guidano il processo con un unico obiettivo, la crescita economica, senza valutare le esternalità negative che vengono prodotte dall’attuale modello di sviluppo. Pur nella consapevolezza che la globalizzazione, con il progressivo

decentramento della produzione, indebolisce la capacità dei governi nazionali di guidare lo sviluppo, allo stesso tempo questa crea, partendo dallo sviluppo locale, nuove opportunità. La globalizzazione “aumentando la concorrenza tra i territori, spinge i governi locali e regionali a svolgere un ruolo più attivo nei percorsi di sviluppo” (Trigilia, Sviluppo locale). Per riuscire a cogliere le opportunità

Walking city, progetto di una città mobile dello studio Archigram. 1962

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per lo sviluppo, bisogna però: Riuscire a garantire un giusto equilibrio tra il ruolo dei soggetti pubblici e quelli privati nel modello di produzione Avere un’elevata capacità di coordinamento tra soggetti collettivi Sviluppare reti cooperative tra soggetti collettivi pubblici e privati Garantire un buon livello di infrastrutture. È in questa cornice che va inserito un nuovo modello di mobilità, un modello in grado di garantire un complesso sistema a rete che faccia convivere sia il soggetto pubblico che il privato, un modello più sostenibile ed equo. In fondo negli ultimi due secoli la mobilità, dal treno all’automobile, ha creato un complesso sistema che ha garantito lo sviluppo. Questo perché le nuove invenzioni (treno, automobile, aerei) erano time-saving, mentre oggi stanno diventando sempre di più un blocco allo sviluppo, oltre che modelli economici insostenibili. Il trasporto è parte di quel modello di sviluppo che deve

garantire la soddisfazione delle esigenze dell’uomo di oggi; ma per essere sostenibile, non deve pregiudicare la soddisfazione delle esigenze delle generazioni future. Un sistema di trasporto è sostenibile (UITP sviluppo sostenibile; (www.uitp.com) se: Permette ad individui e società di soddisfare le proprie esigenze primarie di accesso al lavoro, all’istruzione, al tempo libero e all’informazione in armonia con la salute dell’uomo e dell’ecosistema, offrendo pari opportunità all’interno di una generazione e tra generazioni diverse; È economicamente abbordabile, opera in maniera efficiente, offre scelte tra mobilità diverse e dà sostegno ad un’economia dinamica; Limita le proprie emissioni e scorie alla capacità che il pianeta ha di assorbirle, riduce al minimo il consumo di risorse non rinnovabile, l’occupazione del territorio e il rumore, riutilizza e ricicla i suoi componenti

ogni qualvolta è possibile.

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1.2 Mobilità individuale o collettiva?

1.2.1 Costi ambientali ed economici

In Europa la velocità media del traffico nelle città è di 15 km orari ed ogni anno ci sono sempre più veicoli all’interno delle città che formano code chilometriche. In Italia il quadro è peggiore del resto d’Europa. Rispetto alla media europea di 3218 veicoli per km, in Italia ci sono 5809 veicoli per km. Questa situazione produce costi sia in termini di inquinamento (l’ emissione di Co2 da ridurre per il protocollo di Kyoto è imputabile per il 28% ai trasporti) che in termini economici, la congestione pesa per il 6% della nostra spesa complessiva in carburante, mentre i costi globali sarebbero circa il 4% del PIL europeo. La soluzione delle fonti energetiche alternative (idrogeno) ha un impatto sulla riduzione dell’inquinamento, ma non porta benefici alla congestione, provocata soprattutto dalle automobili, sulle quali viaggiano di media 1,2 passeggeri, Se solo si riuscisse a passare a 1,5 passaggeri per ogni singola automobile, il numero delle auto in circolazione diminuirebbe di un buon 20% (da notare come rilevante l’iniziativa della Società Autostrade di far pagare il percorso in tangenziale soltanto 0,50 Euro se i passeggeri sono 4 o 5).

Tale situazione è a sfavore soprattutto delle classi più deboli : queste, solitamente, vivono nelle zone della città più trafficate e quindi più inquinate, costrette ad utilizzare quei mezzi pubblici inefficienti proprio a causa del numero di automobili in circolazione.

1.2.2 Lo spazio urbano

I diversi sitemi di mobilità incidono direttamente sullo sviluppo dello spazio urbano. Per dirlo con le parole di Castells “lo spazio non è riflesso della società, ma la sua espressione”. Infatti le zone servite da un’efficiente rete di servizi di mobilità sono le zone che hanno uno sviluppo maggiore e garantiscono ai proprietari d’immobili una rendita più elevata. Dal punto di vista dello spazio fisico è indubbio che le diverse modalità di mobilità incidono direttamente sullo spazio necessario a garantire gli spostamenti. Uno spostamento giornaliero medio da casa al lavoro in auto occupa 90 volte più spazio dello stesso spostamento fatto in metropolitana, ed impiega 20 volte più tempo dello stesso viaggio fatto in autobus o in tram.Senza poi considerare che l’automobile, per la maggior parte del suo tempo, è ferma e quindi necessita di uno spazio maggiore. La crescente urbanizzazione, anche nei paesi sviluppati, a queste condizioni è preoccupante. Se non saranno messe in previsione nuove modalità di ripartizione

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dello spazio urbano che forniscano garanzie, i costi e le condizioni della nuova urbanizzazione saranno insostenibili.

1.2.3 Costi per le famiglie

La mobilità genera per le famiglie un costo pari al 10/20% dell’intero budget familiare e la percentuale aumenta nelle aree urbane. Anche se risulta difficile stimare il costo complessivo di un’automobile, alcuni studi lo determinano in 6/9000 euro annui e , considerata una percorrenza media di 15000 km per un modello a benzina e 25000 per un modello diesel, significa circa 500/600 euro al mese. A sua volta, un buon livello di trasporto pubblico può far risparmiare più del 20% del budget familiare.

1.2.4 Qual è il modello di mobilità?

Pur con mille difficoltà e senza quella valenza strategica che la mobilità urbana dovrebbe avere, negli ultimi anni abbiamo assistito ad una complessa riorganizzazione del sistema, che sta trasformando radicalmente le abitudini dei cittadini. Il trasporto regionale ferroviario, nel più generale quadro del TPL (trasporto pubblico), ha registrato un’attenzione particolare degli enti locali che ha garantito negli ultimi 5 anni un aumento dell’offerta e parallelamente un aumento dei clienti trasportati. Tutto ciò non è ancora

sufficiente ed il livello dei servizi offerti non è in grado di garantire quel risparmio di tempo nel viaggio tale da spostare i clienti dall’automobile al treno. Il complesso mondo del TPL si sta riorganizzando attorno ai nodi ferroviari e metropolitani, razionalizzando i collegamenti punto-punto e potenziando l’adduzione alle stazioni ferroviarie e metropolitane. Da questa riorganizzazione bisogna individuare la possibilità di un nuovo modello di mobilità in grado di equilibrare le esigenze individuali con quelle collettive. Oggi pur con i molti sforzi fatti dagli operatori del settore, il quadro sembra essere ancora negativo. Le cause vanno ricercate nell’errata distribuzione delle risorse nel settore dei trasporti e nella pigrizia della classe dirigente nel trovare soluzioni nuove e coraggiose. Bisogna trovare nuovi modelli di sviluppo, che facciano rientrare l’utilizzo del mezzo individuale all’interno del trasporto collettivo. Modelli che abbiano l’obiettivo di ridurre il numero di automobili in circolazione, senza per questo temere un crollo dell’industria automobilistica, che va invece riorganizzata attorno ad un nuovo concetto di mobilità. Per fare questo, ripeto, dobbiamo avere un ventaglio di proposte che si muova nel quadro dei punti individuati da Triglia per lo sviluppo locale. E’ attorno a questi punti che bisogna:_ Realizzare una gestione commerciale delle stazioni metropolitane e ferroviarie (sul modello di grandi stazioni, disciplinando il

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traffico con attenzione)._ Creare strutture regionali che abbiano l’obiettivo di integrare la mobilità dei diversi comuni e di potenziare le infrastrutture esistenti a livello regionale in modo da garantire una maggiore efficacia delle politiche legate alla mobilità. Un esempio di modello vincente è il CTM di Madrid, un consorzio composto attivamente da lavoratori associazione dei consumatori ed enti locali._ Inserire nell’integrazione tariffaria la mobilità individuale secondo due linee: Far pagare, sul modello dei cedolini da grattare per il parcheggio, l’ingresso in città nelle ore di punta con tariffe inversamente proporzionali al numero dei passeggeri delle automobili, e investendo il ricavato per finanziare il potenziamento del trasporto pubblico (sul modello della “cogestion charge” introdotta a Londra)_ Incentivare lo sharing di auto, bici, moto, inserendolo all’interno dell’integrazione tariffaria (probabilmente il costo di questi servizi non sarà elevato, poiché sono servizi realmente liberalizzabili sui quali si può prevedere un buon margine di profitto), affidandolo direttamente alle imprese di trasporto (come DB che gestisce direttamente un complesso sistema di affitto delle biciclette). Bisogna però creare,

attorno alle stazioni e nelle città, ampie zone dedicate esclusivamente al servizio di sharing._ Incentivare le società private ad occuparsi della mobilità dei propri dipendenti, utilizzando la leva fiscale per premiare chi agevola il car pooling dei propri dipendenti o che istituiscano un tiket per il trasporto sul modello del tiket restaurant (quest’ultima è una proposta ripresa dall’ASSTRA e già in uso in Francia). Il complessivo riordino del modello di mobilità non può prescindere da un nuovo modello di società che si occupi della qualità della vita di tutta la popolazione, deve essere più integrato e multicentrico, ed in grado di distribuire la ricchezza e non di concentrarla.Partendo dalla mobilità, bisogna ricostruire le città, creando in questo modo un nuovo sviluppo economico dei paesi occidentali, uno sviluppo più equo e sostenibile. Per fare questo però bisogna partire dai nuovi paradigmi che ci circondano. Oggi la società vive una nuova esperienza, la rete internet, che sta cambiando il modo di concepire e di vedere il mondo. Le trasformazioni che le nostre città stanno vivendo impongono una nuova capacità di governare le forme diverse di spazio che la rete ha definito, quelle forme che Castells definisce “spazio dei flussi e spazio dei luoghi”.

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Realizzato da , rappresenta la concentrazione di traffico in un incrocio di New York. 2014

Agency: JWT WarszawaProjected by:We love color TV

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1.3 Mobilità in Italia

La crisi economica, devastante e interminabile come si è presentata, ha allungato il suo cono d’ombra anche sugli stili di mobilità dei cittadini. A leggere i dati dell’Osservatorio “Audimob” non è stato così nella prima fase della crisi, dalla seconda metà del 2007 fino grossomodo alla fine del 2008. I cittadini hanno mostrato allora una formidabile voglia di reazione ai segnali negativi della congiuntura, mantenendo gli stessi standard nei comportamenti di mobilità, senza modificare quantità e qualità degli spostamenti effettuati. In una seconda fase (2009-2010) è iniziato il declino dei livelli di domanda ma associato ad un atteggiamento di resistenza: da un lato si sono ridotti i viaggi di lunga distanza più che il numero complessivo degli spostamenti, e dall’altro lato le scelte modali si sono riposizionate in base all’andamento dei costi, in particolare del costo della benzina. La fase avviata nel 2011, è invece contrassegnata da una caduta verticale della domanda di mobilità. Oggi nella fase attuale (2013-2014) dopo un lungo periodo negativo stabile stiamo recuperando lentamente qualche punto.In questo scenario della mobilità urbana, così marcato e “scolpito” dal segno negativo delle dinamiche dei consumi, si consolidano alcune traiettorie, riguardanti i diversi mezzi di trasporto, abbozzate negli anni

passati. In primo luogo, risalta lo sviluppo del trasporto collettivo. E’ vero che per effetto del crollo della domanda anche i viaggi sui mezzi pubblici sono diminuiti nel 2011, ma con un passo inferiore della metà rispetto alla media complessiva dei mezzi motorizzati (-4,7% contro -9%). E ad uno sguardo retrospettivo di medio periodo è indubbio che il trasporto pubblico stia vivendo una fase di ripresa strutturale nei contesti urbani. La quota modale (solo mezzi motorizzati) raggiunge nel 2011 il 13,5% con una crescita ininterrotta dal 2006 quando si attestava poco sopra il 10% guardando alla ripartizione modale e retrocedendo l’osservazione nel medio periodo si può dire che il trasporto pubblico guadagna spazio, ma senza accelerazioni repentine, e sempre più assume un ruolo baricentrico per una prospettiva di mobilità urbana sostenibile, a fronte soprattutto del declino strutturale del trasporto non motorizzato. In questo scenario in movimento, seppure in lento movimento, l’automobile subisce qualche processo erosivo ma il modello “auto-centrato” che domina il paesaggio urbano in Italia non si modifica in modo radicale.Questa conclusione è in realtà abbastanza scontata. Cerchiamo di capire meglio il perché, partendo dal trasporto pubblico e in particolare dal lato dell’offerta. Le aziende del trasporto urbano (e non solo urbano) sono da qualche anno in una fase di riorganizzazione che sta

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determinando movimenti significativi verso le aggregazioni e la crescita dimensionale dei soggetti. Tuttavia, questi processi di riassetto industriale non si traducono, per il momento, in un tangibile miglioramento delle performance economico-produttive e quindi in una riqualificazione dell’offerta di servizi. Le tensioni vissute dal sistema produttivo, a causa delle dinamiche contestuali (entrambe di natura esogena) di

crescita dei costi operativi e di diminuzione delle compensazioni pubbliche - effetto dei reiterati tagli ai finanziamenti, solo in parte recuperati nell’ultimo anno – “mangiano” letteralmente i guadagni di produttività che pure le aziende, magari con un passo ancora troppo lento, riescono ad esibire, azzerando così le risorse proprie per gli investimenti.

Illustrazione pubblicitraria per Mio GPS Technology,realizzato da Hockstuff

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STRUTTURAZIONE DELLA DOMANDA

Grafici volti a valutare l’andamento della do-manda di trasporti pubblici e non nelle grandi aree urbane italiane.

CHE MEZZIUTILIZZIAMO

Malgrado le distanze percorse e i viaggi siano diminuiti vediamo che i mezzi pubblici nn hanno subito una forte discesa

2004

2003

2006

2005

2008

2007

2010

2009

2012

2011

2013

90

100110120130140

Numero degli spostamenti totali in milioni

121 123 119123

120

128 125 124

97107 103

2004

2003

2006

2005

2008

2007

2010

2009

2012

2011

2013

10

1520253035

trasporto pubblico (sostenibile)

trasporto pubblico(motorizzato)

Numero degli spostamenti totali in milioni

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50%

40%

30%

20%

10%

0%

60%

70%

Stop ai brevi

tragitti in auto

meno uscite nel

tempo libero

Più mezzi pubblici

Condivide-re percorsi

con altri passeggeri

Vendere la seconda

auto

Pensate di farlo

RISPOSTE ALLA CRISI(INTERVISTA AGLI UTENTI)

Queste sono le azioni che i cittadini intervista-ti hanno detto di compiere o di aver compiuto per fronteggire il crescente prezzo della benzi-na in concomitanza con la crisi economica. E’ stato chiesto agli intervistati di rispondere

se avessero già attuato ( prima percentuale in giallo) o se avessero intenzione di attuare( se-conda percentuale in bianco) le idee proposte dagli intervistatori di Audimob.

Fonte: Isofort, osservatorio “Audimob” riguardante la mobilità degli italiani

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Le aziende possono fare di più, incrementare ulteriormente i livelli di efficienza, mostrare maggiore capacità competitiva per conquistare fette di clientela e di mercato? Forse gli attuali processi di riorganizzazione industriale del settore, con l’irrobustimento delle dimensioni aziendali e la diversificazione dei servizi offerti, potranno nei prossimi anni dare ulteriore spinta ai recuperi di efficienza, agli investimenti, alle politiche commerciali. Non è peraltro pacifico, in letteratura e presso gli stessi operatori, se le economie di scala nel settore del trasporto pubblico siano effettivamente rilevanti, né quale debba essere la dimensione ottimale delle aziende (ammesso che ce ne sia una). Ma al di là dell’importanza della questione e delle prospettive che potranno essere verificate nei prossimi anni, quello che preme sottolineare è la perdurante difficoltà dell’attuale sistema delle aziende del trasporto pubblico a investire risorse per migliorare la qualità dei servizi, diversificare l’offerta e perseguire politiche più aggressive sul mercato.

1.3.1 Il traffico dolce

Per quanto riguarda la mobilità non motorizzata, che in verità chiama in causa più complessivamente le politiche urbane per la mobilità sostenibile, l’indagine annuale condotta da Legambiente (Ecosistema Urbano, XVIII Rapporto sulla

qualità ambientale dei comuni capoluogo di provincia, novembre 2011, con dati aggiornati al 2010) sembra confermare la posizione di stallo delle città italiane, con la lodevole eccezione di un nucleo significativo di medi e grandi centri del nord Italia (principalmente), in generale nelle politiche di difesa ambientale e nello specifico nelle politiche di mobilità sostenibile. Nel Rapporto si denuncia un vero e proprio immobilismo delle città, di paura di innovare, di galleggiamento passivo, anche a causa della carenza drammatica di risorse da dedicare alle politiche di sostenibilità urbana. Nelle politiche di mobilità sostenibile, quindi, le città italiane sommano molteplici situazioni di forte debolezza penalizzanti in particolare per la scelta delle soluzioni di trasporto più ecologiche (spostamenti a piedi e in bicicletta): - la cattiva organizzazione degli spazi urbani e dei servizi ai cittadini che comprime fortemente la dimensione di prossimità (accessibilità ai servizi e al lavoro nel corto raggio); - la mancanza di regole incisive, e dei corrispondenti meccanismi di sanzionamento, per una convivenza equilibrata tra i diversi mezzi di trasporto; - la quasi totale assenza di pianificazione integrata delle politiche e degli interventi per la mobilità sostenibile; - lo stallo delle Amministrazioni locali nell’adozione di misure standard di mitigazione del traffico privato. In questa cornice si spiega meglio il progressivo declino, con

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l’accelerazione repentina registrata lo scorso anno, del peso della mobilità dolce nelle nostre città. Si conferma, tuttavia, una rimarchevole vitalità delle aree urbane grandi e intermedie, in particolare al Nord. Nell’insieme è comunque visibile la crescita del trasporto sostenibile (mezzi pubblici e bicicletta) nelle medie/grandi città, così come sono visibili in molte realtà gli sforzi prodotti per realizzare buone pratiche di mobilità sostenibile, per innovare i modelli organizzativi e le tecnologie incorporate nella “cassetta degli attrezzi” delle politiche locali, per coinvolgere le comunità dei cittadini in procedure partecipate di definizione e pianificazione delle politiche

e degli interventi di settore da mettere in campo. Ma perché bisogna puntare sul trasporto pubblico, come “dispositivo” (reti, servizi, mezzi, imprese) portante della mobilità urbana? Le ragioni connesse alla sostenibilità del trasporto (meno inquinamento, meno congestione, meno incidenti, migliore vivibilità complessiva dello spazio urbano) sono state ripetute fino alla noia, in studi innumerevoli e in tutti i documenti di indirizzo e di piano ai vari livelli istituzionali, oltre che più modestamente in queste pagine. Sarebbe inutile continuare a “predicare” su questo punto che è ben chiaro a chiunque. C’è tuttavia una ulteriore motivazione, e questa

Fotografia di Milano durante il blocco del traffico

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sì è utile ricordarla, per argomentare a favore dell’ ”opzione trasporto pubblico”.Si tratta dei molteplici e convergenti segnali che testimoniano una domanda forte dei cittadini per rafforzare e qualificare l’offerta di mobilità collettiva. Citiamo solo tre di questi segnali, a titolo esemplificativo:

1. l’indice di propensione per la mobilità collettiva continua a crescere. Il saldo tra quanti dichiarano di voler incrementare l’uso del mezzo pubblico e quanti dichiarano di volerlo diminuire è salito nel 2011 a +35,6% (+40,5% nelle sole grandi città). Simmetricamente, lo stesso indice continua a diminuire per l’automobile: la differenza tra propensioni d’uso positive e propensioni d’uso negative è scesa nel 2011 a -30,7%;

2. a fronte dei tagli delle risorse per il trasporto pubblico, i cittadini prevedono riduzioni pesanti ai servizi accompagnate da incrementi tariffari. E considerano questa prospettiva socialmente inaccettabile (quasi il 60% degli intervistati), perché si tratta di “servizi essenziali per la collettività”. Un ulteriore 23% degli intervistati guarda agli effetti sulle scelte di trasporto dei cittadini: sarebbero costretti a prendere di più l’automobile con impatti molto negativi

sul reddito disponibile (la “voce” trasporto peserebbe di più sul bilancio familiare) e sui livelli di traffico;

3. sono state raccolte le opinioni degli intervistati su alcune possibili misure finalizzate alla sostenibilità dei trasporti, con uno sguardo specifico sulle grandi aree urbane, evidenziando in particolare le priorità assolute. Ebbene, la “politica delle politiche” di mobilità sostenibile è rappresentata per i cittadini dagli incentivi a sostegno dell’uso del trasporto pubblico (64,9%). Una “manifestazione di interesse” per la mobilità collettiva che appare quindi forte e inequivoca. E d’altra parte, le successive indicazioni ruotano attorno al trasporto collettivo: il 60,6% degli intervistati ritiene assolutamente prioritaria la “protezione e preferenziazione di tutte le linee di trasporto pubblico, in modo da aumentarne velocità e regolarità”, il 49,7% l’“incremento delle corse e il prolungamento dell’orario di servizio di linee autobus e metropolitane nelle fasce notturne”. Se decidessero i cittadini, quindi, le prime tre priorità per le politiche di mobilità urbana sostenibile nelle grandi città sarebbero direttamente riferibili a misure di sostegno al trasporto pubblico. L’opinione dei cittadini sul punto è molto chiara.

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1.4 Una mobilità sempre più sostenibile

Il 70% degli spostamenti in città si fanno con un’automobile privata; le automobili giacciono non utilizzate nei parcheggi per più del 70% della loro vita utile; quando le usiamo ne utilizziamo – in media - non più del 30% dello spazio disponibile; alimentandone con carburanti che per chilometri hanno una resa inferiore ad un terzo da quella offerta da forme di alimentazione alternativa.È quello della mobilità urbana, il fronte dove più elevati sono gli sprechi, maggiori – in tempo di crisi – l’esigenza di una loro riduzione e più maturi sono i progetti che possono rendere le città più intelligenti. Peraltro, c’è anche da dire che sensibili sono le differenze in termini di inefficienza tra una città ed un’altra: uno studio di qualche anno fa (Vision and Value, 2010) stimava che a Roma, in media, ogni abitante (compreso anziani e bambini) passasse in automobile quasi 250 ore all’anno; a Milano circa 100 ed è, allora, evidente che passano da una migliore mobilità molte delle possibilità di aumentare la qualità della vita e attrarre imprese. Di questo sembra essersene accorto il Governo italiano che stanzia 210 milioni di euro da spendere nei prossimi sette anni in quattordici città italiane per lanciare e valutare sperimentazioni che si possano riusare sul resto del territorio nazionale.

Molti processi e attori si stanno, dunque, muovendo in questa direzione. Si va dalle aziende pubbliche e private che offrono servizi per il carsharing, alle iniziative della cittadinanza organizzata per lo sviluppo della mobilità sostenibile nei quartieri; dalle iniziative di pedonalizzazione dei centri storici, ai sistemi di smart parking; dagli incentivi delle auto elettriche, alla nascita di una vera e propria filiera dei carburanti alternativi; dall’impegno degli operatori per la costruzione di una rete capillare di rifornimento per le auto elettriche, all’offerta commerciale di biciclette pensate appositamente per la città; dai sistemi di telecontrollo ed infomobilità che potenziano il servizio di trasporto pubblico alla sempre più massiccia diffusione di politiche di mobility management nelle grandi organizzazioni.Gli esempi di visioni politiche strategiche, che sono riuscite ad integrare questi elementi e a renderli parte attiva di una vera e propria rivoluzione del modo di muoversi nell’ambiente urbano, non mancano sia all’estero che in Italia.Nel corso dell’evento il confronto tra le esperienze nazionali e internazionali aiuterà ad individuare e mettere a fuoco i diversi modelli di governance integrata che sono riusciti a mettere insieme pubblico. Perché una città intelligente è soprattutto quella che riesce a valorizzare il territorio e a collegarle con quelle che già operano nel resto del mondo.

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Concept art, la bicicletta nel parcoFonte: online portfolio on behance

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1.5 Il caso dello sharing

Car bike e motorbike sharing sono servizi di trasporto semipubblico, che possiamo assimilare al noleggio di un mezzo che una determinata società/ente mette al servizio dei cittadini.Il Car Sharing o auto condivisa rappresenta una modalità di trasporto che consente di utilizzare un’auto per i propri spostamenti senza esserne proprietari. È un sistema che offre innumerevoli vantaggi sia per i privati, che abbattono i costi di acquisto e riducono in modo significativo quelli di gestione dell’auto, sia per la collettività poiché consente di realizzare una mobilità più sostenibile, contemperando il rispetto per l’ambiente (attraverso la riduzione delle emissioni di CO2) con la necessità di spostarsi agevolmente soprattutto all’interno dei centri urbani. Fra i vantaggi del car sharing c’è la (sperata) diminuzione (dove esistono servizi noti, accettati e garantiti) della propensione all’acquisto delle auto individuale (in particolare delle seconde o terze auto familiari). Questo aspetto costituisce un fatto positivo per l’Italia che ha un elevato tasso di motorizzazione. In ordine alle modalità concrete di gestione del servizio, è possibile affermare che il car sharing consente l’acquisto in locazione di un’auto per il tempo strettamente necessario .(da un’ora a più giorni) sia in città che al di

fuori della stessa. Con il car sharing èinoltre permesso il libero accesso alle Z.T.L., alle corsie riservate ai mezzi pubblici e l’utilizzo del parcheggio gratuito (anche nelle zone di norma soggette al pagamento del pedaggio) in stalli di sosta dedicati, ubicati in diversi punti della città. Si crea così la possibilità per più utenti di usare la stessa auto per periodi di tempo determinati. Di norma il car sharing rientra nei Programmi Urbani di Mobilità che le amministrazioni locali predispongono ed è di solito gestito dalle aziende di trasporto pubblico locale. Il costo del servizio è generalmente articolato in un abbonamento annuale, che “varia tra 100 e 120 euro a seconda della città” (spesso accompagnato da un deposito cauzionale) e in una tariffa oraria di locazione (in alcune città anche frazionabile). Il Car sharing nasce in Svizzera negli anni ’80 ma ben presto si diffonde in vari Paesi europei (Germania, Paesi Bassi, Belgio, Inghilterra). Attualmente in Europa ci sarebbero più di 700.000 utenti del servizio car sharing. Si conta che nel mondo questa modalità di spostamento sia presente in 27 Paesi e 600 città, con 1.788.000 utenti e oltre 43.550 veicoli. Si sta inoltre rapidamente espandendo il car sharing peer-to-peer ovvero un servizio che viene gestito da società dedicate che fungono da intermediarie tra il proprietario del veicolo (o della flotta) e l’utilizzatore. In Italia il car sharing è arrivato in ritardo rispetto allo scenario europeo.

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Questa è una mappa della presenza di auto elettriche dedicate al carsharing nel mondo.

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Le ragioni possono essere molteplici: la carenza di una disciplina normativa della fattispecie, l’assenza di finanziamenti statali, l’inerzia colpevole delle pubbliche amministrazioni locali. Secondo l’ultimo rapporto ACI-CENSIS sul tema il numero di utenti del car sharing in Italia nel 2011 è aumentato del 26% rispetto al 2009; anche il parco auto è cresciuto dell’ 8% ed il numero dei parcheggi del 10%. Come mostra la tabella 2.64, la città italiana nella quale l’auto condivisa è più diffusa è Milano, pioniera nell’introduzione del servizio, seguita da Venezia e Torino. In conclusione il car sharing presenta diversi vantaggi ma è necessario che venga incentivato – dal legislatore – per incrementare il mercato di auto con caratteristiche favorevoli (come l’auto elettrica). Gli eventuali finanziamenti possono essere usati come “aiuto al lancio del mercato” (aiuto all’accelerazione della curva di diminuzione dei costi dei veicoli innovativi). È necessario, tuttavia, per la concreta riuscita del progetto che ne risulti un vantaggio economico individuale evidente (che almeno compensi il disagio percepito). In alcune realtà straniere i servizi di car-sharing sono molto più diffusi. L’Italia che conta soltanto 20 milioni di abitanti in meno della Germania, ha 1/10 degli utenti iscritti e meno di 1/7 dei veicoli adibiti al servizio. Il Canada, che ha poco più della metà degli abitanti dell’Italia, ha più del doppio dei veicoli. Il confronto internazionale mette in luce

i ritardi del nostro Paese, che dimostra di sfruttare marginalmente i vantaggi potenziali del car-sharing. Secondo un’indagine dell’Isfort realizzata fra gli utilizzatori del servizio risulta che, il 63% degli utenti abbia rinunciato all’acquisto dell’auto. In termini nazionali, tale rinuncia si traduce in una riduzione di circa 7.400 automobili, il che implica una diminuzione nel numero di chilometri percorsi e di emissioni nocive emesse. Il CarpoolingAnalogamente al car sharing anche il carpooling si basa sul concetto di condivisione dell’auto. In questo caso però più persone che devono percorrere un medesimo tragitto si accordano per condividere l’auto. Capita spesso di vedere auto occupate da un solo passeggero, che percorrono svariati chilometri nella stessa direzione; con il carpooling vengono sfruttati i posti disponibili sulle auto e più persone condividono l’uso del mezzo per un certo tratto di strada. L’auto condivisa riduce sia la congestione che i tempi collettivi di percorrenza, si inquina complessivamente meno e si risparmia notevolmente sui costi pro capite affrontati per gli spostamenti. Il funzionamento del carpooling è semplice: c’è chi mette a disposizione l’auto e chi, usufruendo del trasporto, partecipa alle spese. Questa modalità di spostamento è molto diffusa negli Stati Uniti e in Europa dove viene solitamente gestita da associazioni dedicate. In Italia solo di

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recente si stanno sviluppando iniziative volte a pubblicizzare e diffondere il carpooling, soprattutto grazie ad Internet. Ed è infatti soprattutto attraverso il web che si incontrano domanda e offerta. L’utente accede al sito Internet ed inserisce il percorso di cui necessita in modo tale

che chi ha il mezzo a disposizione e debba percorrere la stessa strada nello stesso orario possa offrire il passaggio. Tuttavia non può dirsi che il sistema in Italia sia decollato: lo scarso intervento delle amministrazioni locali di fatto ne circoscrive l’ambito di applicazione ai privati. In altri

Fotografia di un parcheggio di Milano, dove sono parcheggiate due auto dei carsharing più diffusi della città.

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Paesi (USA) ai veicoli con più di una persona a bordo (carpoolers) sono riservate corsie autostradali. Pur non volendo ricorre a questa misura estrema, si potrebbe ipotizzare per le auto con due passeggeri a bordo la possibilità di accedere alle ZTL o il permesso per percorrere le corsie preferenziali. I benefici derivanti dall’utilizzo di questa modalità di spostamento potrebbero essere rilevanti: ad esempio la riduzione dei veicoli in circolazione e quindi del traffico urbano, degli agenti inquinanti e, in tempo di crisi, soprattutto un risparmio in termini economici (usura del mezzo, assicurazione, bollo, benzina, pedaggi, parcheggi, pagati pro quota dagli utilizzatori). Secondo uno studio realizzato da un noto portale di carpooling, il numero di utenti nel 2012 sarebbe aumentato del 50,2% rispetto al 2011. Sarebbero 100.000 i posti condivisi, 20.000 i passaggi disponibili con un aumento delle offerte di passaggio pari al 138% ed un risparmio di emissioni di CO2 di quasi di 500 tonnellate. Sono in maggioranza i giovani (soprattutto studenti

universitari) ad utilizzare questa sorta di moderno autostop, il 31% degli utenti sarebbe infatti compreso nella fascia di età 18-24 anni, mentre il 29% in quella 25-34 anni. Più bassa la percentuale delle donne che utilizzano il sistema (il 36% ma in crescita nel 2012). In merito alla distribuzione geografica,una recente ricerca mostra un divario tra Nord e Sud nell’utilizzo del sistema: nel meridione e nelle isole i passaggi condivisi sono percentualmente inferiori (100 posti condivisi ogni 100.000 abitanti), con l’eccezione della Puglia e del comune di Salerno che ha attivato il servizio nel gennaio 2012.Nelle aree metropolitane delle grandi città i passaggi aumentano: si stima che a Roma e Milano siano intorno ai 3.000 ogni 100.000 abitanti, seguite da Bologna, Torino, ma anche da Modena, Verona e Pavia. Le tratte più gettonate sono Milano-Roma (che da sola conta 13.000 richieste), Roma-Bologna, Roma-Firenze, Firenze-Milano, Torino-Roma, Roma- Lecce, Milano-Bari e Milano-Napoli.

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2IL BIKESHARING

NEL MONDO

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2.0 Il Bikesharing

Il bike sharing o bicicletta condivisa rappresenta un importante strumento a disposizione delle amministrazioni pubbliche per attuare le politiche di mobilità sostenibile. Il sistema della condivisione delle biciclette, molto utilizzato in Europa, si sta lentamente diffondendo anche in Italia dove alcuni Comuni, al fine di diminuire l’inquinamento e la congestione nei centri urbani, hanno attivato questa modalità alternativa di mobilità, mettendo a disposizione dei cittadini le bici pubbliche. Il sistema generalmente è organizzato in stazioni ubicate nei punti strategici della città, ove è possibile noleggiare le bici che possono essere poi lasciate nei vari parcheggi dislocati nell’area interessata dal servizio. Il bike sharing, nato nel 1966 ad Amsterdam, si è presto diffuso in diverse città della Francia, della Germania e della Svizzera dove le modalità del noleggio, inizialmente poco sicure (molti erano i casi di bici rubate, abbandonate o danneggiate), sono state rese più efficienti grazie all’impiego della tecnologia, consentendo in tal modo il miglioramento del funzionamento ed una maggiore diffusione del servizio. Proprio l’innovazione tecnologica ha consentito, soprattutto nei Paesi dell’Europa centrale, un notevole incremento degli utenti delle bici condivise. Oggi, in molte città è possibile localizzare in tempo reale l’utente ed accedere al noleggio anche mediante una

App scaricabile sul proprio smart phone o con un SMS, in modo rapido ed agevole. Sono circa 500 i sistemi di bike sharing attivi nel mondo con punte di maggiore diffusione in Europa, Cina e Stati Uniti (costa orientale). Uno studio condotto nel 2012 da ADAC ed ACI nell’ambito del programma EuroTest ha messo a confronto i dati di 40 sistemi di bike sharing in 18 città europee, valutando le modalità di accesso al servizio, la qualità delle informazioni fornite, il livello di manutenzione ed equipaggiamento delle bici. Come evidenziato nella tabella sottostante, i risultati dell’indagine di EuroTest mostrano che quasi tutti i sistemi di nolo sono organizzati con stazioni di noleggio collocate nell’area urbana ove le bici si possono prendere e lasciare. La città in testa alla classifica è risultata Lione (sistema Vèlo’v), con 343 postazioni, 4.000 bici integrate con il sistema di trasporto pubblico locale, postazioni accessibili con informazioni in varie lingue. Al secondo posto il sistema Vélib di Parigi, che conta 24.000 bici e 1.750 postazioni. Il numero delle bici risulta consistente anche a Londra che ne ha 9.200 e a Barcellona che ne conta 6.000. Certamente il sistema più esteso è quello della Cina: nella città di Wuhan si sfiorano le 80.000 bici .

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60 65

8

Nord America

2317

7

Sud America

289

58 60

Europa occidentale

PRESENZA DEI SISTEMI DI BIKE SHARINGDISPOSIZIONE PER AREE GEOGRAFICHE

Da quanto rappresentato possiamo dedurre che la maggior parte dei sistemi si trovano in Cina, Italia, Spagan e Francia.Oceania e Africa si stanno attivando ora e gli Usa sono in forte espansione.

In Asia escluse Cina e Giappone il bikesharing è ancora molto poco sviluppato

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77

29

3

Europa orientale

3 71

Africa

265

55

8

Cina e Giappone

55 1Oceania

23 143

Asia Centrale

Sistemi attivi

Sistemi non attivi o malfunzionan-

Sistemi in costruzione

850Totale dei sistemi al mondo (conteggio del 2014)

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2.1 Storia del bikesharing

I programmi di bikesharing hanno ricevuto crescente attenzione negli ultimi anni , in risposta alla crescente domanda di aumento dell’uso della bicicletta e di diminuzione dell’ inquinamento atmosferico. Il concept iniziale risale ai primi anni ‘60, periodo di rivoluzionario da molti punti di vista, ma il servizio non prese piede finchè nuove tecnologie non sono state in grado di spronarne la diffusione.Ci si rese presto conto che la bicicletta aveva molti vantaggi rispetto agli altri mezzi di trasporto su tratte urbane di media-breve distanza, inoltre non crea congestione di traffico e riesce a servire delle zone della città che normalmente richiederebbero delle infrastrutture o addirittura risulterebbero anche con esse inaccessibili.Questo mezzo di locomozione richiedeva poca spesa per l’ acquisto e una spesa abbastanza ridotta anche per la manutenzione, inoltre i primi movimenti ambientalisti ancora in fase embrionale, lo ritenevano una buona soluzione per non aumentare l’ inquinamento e anzi favorire l’ esercizio fisico che andava via via diminuendo in una società sempre più sedentaria. Il loro valore era innegabile, poiché aumentavano anche l’uso di mezzi pubblici (treni, tram e autobus) come elemento di integrazione sulle lunghe percorrenze. Negli ultimi 40 anni si sono

susseguite tre generazioni di bikesharing, la prima è nata ad Amsterdam nel 1964 con le Witte fietsen o Biciclette bianche,e si trattava di normali biciclette che venivano completamente pitturate di bianco e messe a disposizione dei cittadini. Anche se l’ iniziativa era positiva e non aveva precedenti, non andò come previsto, le biciclette furono gettate nei canali, furono oggetto di atti vandalici di ogni tipo e vennero rubate per poi essere ridipinte per l’ uso privato, cosi il programma collassò in poche settimane. Il fallimento era dovuto alla poca sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul programma, e a dei problemi tecnici, come il fatto che le bici fossero irriconoscibili dalla forma, si trattava di bici differenti tra loro e quindi una volta rubate non erano più riconoscibili se ridipinte.Da questo fallimento vediamo un salto temporale di circa trent’anni e passiamo al 1995, dove un nuovo programma di bici in condivisione, Bycyclen o biciclette da città, viene attivato a Copenaghen, con molte migliorie rispetto a quello precedente.Queste biciclette erano state progettate per un intenso uso urbano, con dei resistenti copertoni un gomma, avevano delle piastrine pubblicitarie sulle ruote e potevano essere prese e depositate solo in determinate stazioni con il versamento di una moneta che valeva per l’intera durata del viaggio e non aveva limiti di tempo.Anche se c’erano stati notevoli miglioramenti come stazioni e costi del servizio, questo

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Fotografia ritraente una witte bikes esposta nella città di amsterdam

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programma durò pochi anni poiché anche in questo caso le bici furono rubate quasi tutte a causa dell’anonimato di colui che noleggiava il mezzo. Una nuova varietà di bikesharing nacque subito dopo all’università di Portsmouth in Inghilterra. Bikeabout, questo era il nome del nuovo servizio di bici inglesi, proponeva di usare una card dell’università, la cui striscia magnetica, quando veniva passata nell’ apposito alloggiamento consentiva di prendere una bicicletta.Il successivo sistema di terza generazione delle biciclette venne migliorato con una serie di tecnologie che rendevano il servizio più facilmente accessibile, come dei portabici che si attivavano elettronicamente, dei lucchetti antiscasso, sistemi di telecomunicazioni, collegamenti per i telefoni cellulari, e computer on-board. Nei successivi anni il bikesharing crebbe molto lentamente fino al lancio di velo’v a Lione. Precedentemente Lione non era una città in cui la popolazione pensasse alla bicicletta come mezzo alternativo per spostarsi in città, dopo l’ introduzione del programma Velo’v nel 2005 gli spostamenti in bicicletta aumentarono del 500% di cui circa un terzo di questi erano dovuti al bikesharing, che oltre a offrire un nuovo servizio stimolava anche le persone a spostarsi con le proprie biciclette; si stima che dall’inizio del programma ai 7 anni successivi nella suddetta città si siano percorsi in bici circa 36 milioni di chilometri

, che se fossero stati percorsi in macchina sarebbero equivalsi a 7260 tonnellate di anidride carbonica rilasciata nell’ atmosfera.Visto lo strepitoso successo che la seconda città della Francia aveva ottenuto con il programma, Parigi lanciò a sua volta un programma chiamato Velo’b che partì con la bellezza di 10600 bici alle quali se ne aggiunsero 10000 nei due anni successivi.Il grande impegno e l’ inaspettato successo di queste iniziative furono da esempio e si diffusero nel resto del mondo.Fino a questo momento le attrezzature per il bikesharing erano state promosse solamente dalle grosse agenzie pubblicitarie ( JCDdecaux, Camusa e Clear channel) che potevano sfruttare gli spazi itineranti delle biciclette e delle stazioni di sosta, nel momento in cui questi spazi sono stati forniti , le suddette agenzie hanno investito per rendere le zone ciclabili e costruire le stazioni. Senza questo compromesso sarebbe stato impossibile per un solo ente pagare questo tipo di servizio.Come conseguenza con l’ incremento del bikesharing le compagnie che dovevano produrre più pezzi vennero sempre più coinvolte dalle industrie , producendo tecnologie e pezzi propri. Molti dei nuovi sistemi non hanno componentistica interamente sponsorizzata dalle grandi agenzie, ma richiedono comunque sussidi dai governi locali in aggiunta ai pagamenti degli utenti per essere completamente sostenibili nei costi.

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Questo nuovo tipo di bikesharing, va incontro a quelle piccole giurisdizioni, università o enti che non si possono permettere questo servizio solo tramite le sovvenzioni pubblicitarie (avendo un ridottissimo pubblico, e quindi non favorendo gli investimenti da parte delle società o addirittura avere spazi dove la pubblicità è proibita), cosi che possano prendere in considerazione la possibilità di lanciare un loro nuovo servizio. Paul

DeMaio , maggiore esperto di bike sharing al mondo, analizza in una sua ricerca oltre 100 sistemi di bikesharing e dopo aver valutato l’ espansione del fenomeno, oltre 10 volte superiore alle previsioni, ritiene che il futuro di questo servizio sia molto promettente.Gerard Collomb , presidente del Greater Lyon, ha detto con fermezza che: “Ci sono due tipi di sindaci, quelli che hanno il bikeshring nella loro città e quelli che

Fotografia che ritrae i lavoratori olandesi che portano esultanti le witte bikes durante un corteo

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vorrebbero avere il bikesharing”.Questo certamente sembra essere il caso in cui ogni programma di bike sharing crea grande interesse come forma di trasporto, potremmo definirlo un ciclo virtuoso.L’Europa deve certamente moltissimo alla lungimiranza dei personaggi che si sono occupati della gestione del programma di Lione, e in generale ad un grande impegno della comunità che viaggia su due ruote, ma l’ idea inizialmente solo europea stava prendendo piede, e tuttora espandendo, ovunque nel mondo. Entro la fine del 2009 in Nuova Zelanda vennero attivati i primi tre programmi del paese e in Cina se ne avviarono a ruota altri 2 nello stesso anno. Il Nord America vide la sua prima coppia di servizi bikesharing, lanciati a Washington appena finita la successiva estate, seguiti da quelli di Minneapolis, Denver e Montreal, le quattro città avevano un numero di mezzi

abbastanza ridotto ma avevano già in programma di espandersi. In Sud America fu la città di Rio de Janeiro a prendere l’ iniziativa nel novembre del 2009, ed entro fine anno anche Santiago e Buenos Aires la seguirono.Con il prezzo del carburante che era ed è tuttora in continua ascesa , il traffico sempre più denso e congestionato, le città che sono sempre più popolate e una coscienza collettiva che si rende conto che il riscaldamento globale e l’ inquinamento crescente compromettono pericolosamente l’ ecosistema, sarà sempre più importante per i leader del mondo trovare dei nuovi modi che consentano alle persone di muoversi in modo ecosostenibile ed economico.Non si tratta di un rimedio fittizio ma di un nuovo strumento per i trasporti cittadini a disposizione di chi si sposta in città.

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2.2 Benefici del bikesharing

Penso che a chiunque sia chiaro quali possano essere i benefici di muoversi con un mezzo come la bicicletta, che non inquina, consente alle persone di socializzare fra loro e promuove l’ attività fisica che all’ organismo fa bene. Noleggiare una bici inoltre consente di raggiungere delle mete che altrimenti sarebbero irraggiungibili per via del traffico e di accedere alle zone con transito limitato, come i centri storici o le zone per mezzi pubblici.Anche se tutti questi vantaggi, inestimabili sia per un turista sia per un cittadino sono abbastanza lampanti, sono molto pochi i casi in cui si sono fatte ricerche per valutare effettivamente quale sia l’ impatto di questo servizio sull’ abbattimento dello smog, del traffico o sul fattore sociale ad esso connesso.

2.2.1 Vantaggi ambientali

Tanto per cominciare possiamo dare alcuni dati significativi riguardo all’ impatto del bikesharing nelle zone dove il servizio è maggiormente presente e capillarizzato.Smartbike , Velib’ e Bixi , hanno stimato che una buona parte delle distanze percorse con altri mezzi, come automobili , moto e treni sarebbe stata rimpiazzata da spostamenti in bicicletta con un conseguente abbattimento delle emissioni nell’atmosfera, dopo il lancio di Bicing a Barcellona nel 2007 si

registrò un raddoppio percentuale di coloro che usavano la bicicletta rispetto al 2005, l’ introduzione di Velib nel 2007 a Parigi ha portato la percentuale di persone che si muovevano in bicicletta dall’ 1 al 2,5 % (dal 2002 al 2008) e si stima che dall’ introduzione del bikeshating a Lione le auto percorressero il 7% di viaggi in meno rispetto a prima. Un sondaggio fatto a Washington DC dimostra che il 16 % dei viaggi fatti con Smartbike , sarebbero altresì stati percorsi in auto. Ma quale è il dato più sorprendente del bikesharing? Quello che secondo me fa davvero la differenza è che dall’ introduzione dei suddetti programmi sono stati molti i cittadini ad avvicinarsi al mondo della bicicletta , mondo che prima non conoscevano, infatti nel caso emblematico di Lione, il 69% dei fruitori non aveva mai utilizzato precedentemente la bici per muoversi nel centro città.

2.2.2 Vantaggi tecnici

Porta un notevole Risparmio di tempo.In bici si arriva sicuramente prima che in auto nel traffico cittadino e può essere parcheggiata praticamente ovunque. Il tempo che si risparmia rispetto allo stare in coda per ore nella propria auto, lo si può dedicare ad altre attività vitali e produttive.Permette l’accessibilità ovunque.Con la bici si accede praticamente ovunque, in zone a traffico limitato e centri storici raggiungendo in maniera più rapida e

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semplice la propria destinazione, ovvero dona libertà di movimento anche dove altri mezzi non possono andare.

2.2.3 Vantaggi fisici

Fare sport, lo sappiamo, costa fatica ed impegno costante. Perchè allora non scegliere un’attività che riesca a coniugare divertimento e forma fisica? Le due ruote sono infatti lo svago ideale che consente a chiunque, dai bambini agli anziani, di rimanere in ottima salute senza dover per forza sottoporsi a massacranti allenamenti.CUORE E NON SOLOMa quali sono i benefici del pedalare? Sicuramente la prima parte del corpo che giova dell’allenamento in bicicletta è il cuore. Il muscolo cardiaco infatti attraverso un’attività costante è in grado di diventare più forte e di resistere maggiormente alla fatica. Proprio grazie a ciò la frequenza cardiaca diminuisce e anche la pressione si abbassa. Dunque la bicicletta può essere considerata un vero anti-ipertensivo naturale! E i benefici non finiscono qui. A giovarne sono anche i capillari. La bicicletta è infatti capace di migliorare la circolazione venosa e linfatica a livello degli arti inferiori, aiutando a prevenire la formazione di gonfiori alle gambe. E che dire dei muscoli? Attraverso questo meraviglioso sport è possibile tonificare, senza ingrossare troppo, polpacci, glutei e muscoli lombari della colonna vertebrale.

DIMAGRIRE PEDALANDOAvete mai visto un ciclista professionista con qualche chilo di troppo? Assolutamente no. La bicicletta infatti è lo sport dimagrante per eccellenza. Le due ruote sono uno sport aerobico e quindi indicato per chi vuole perdere peso. Il nostro organismo comincia a bruciare i grassi dopo circa 20-25 minuti di attività fisica. Le calorie bruciate dipendono dall’intensità della pedalata, dalla lunghezza e dalla difficoltà del percorso. Ad un buon ritmo, ovvero quello che ci consente comunque di fare una breve chiacchierata ogni tanto, si bruciano circa 400 calorie all’ora. Attenzione però alla costanza. Solo con un’attività regolare ed una corretta alimentazione è possibile perdere peso.ARTICOLAZIONI PROTETTELa particolarità della posizione che si assume quando si pedala fa in modo che la bicicletta sia indicata anche per chi soffre di patologie come la lombalgia. Più del 50% del peso corporeo infatti si scarica sui glutei e sulla sella senza stressare le ginocchia, il femore e le caviglie. Ecco perchè è uno sport adatto anche alle persone anziane e con qualche chilo di troppo.

2.2.4 Poche controindicazioni

Anche se la bicicletta, come abbiamo visto, non ha delle particolari controindicazioni, è utile ricordare che prima di intraprendere un’attività fisica è opportuno consultare il proprio medico. Infatti se non si è

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Il sistema di velib a Parigi, uno dei più diffusi e sofisticati del mondo.

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mai fatto sport è importante procedere per gradi. Per non incorrere in sforzi eccessivi è consigliabile munirsi di un cardiofrequenzimetro, uno strumento venduto anche in farmacia, attraverso il quale è possibile monitorare e calcolare la frequenza cardiaca in relazione all’ intensità dello sforzo.Aumenta lo spazio liberoLa bicicletta occupa meno spazio delle auto e quindi necessita di meno superficie per il parcheggio circa un metro quadrato, meno del 8 % di quello di un’auto. Ciò oltre a liberare spazio consente di trovare parcheggio in modo più rapido e semplice.Risparmio EconomicoNon ci sono costi per parcheggi, multe per divieto di sosta, consumi di benzina, costi di manutenzione quasi nulli, nessuna assicurazione, bollo e pratiche varie.Ma anche risparmio sulle spese sanitarie: per una popolazione più in forma, aumenta il benessere mentale e fisico.

2.2.5 Vantaggi economici

Per la migliore accessibilità a centri storici o aree commerciali (è più facile fermarsi e comprare) e per la nascita di tanti piccoli lavori connessi con la diffusione delle bici e del loro utilizzo (chi vende, chi affitta, chi ripara, chi gestisce il Bike Sharing e cosi via).Più sicurezza

2.2.6 Vantaggi per la sicurezza

Con la circolazione di meno auto e più bici e pedoni si avranno sicuramente meno incidenti.Il Bike Sharing si pone quindi l’obiettivo principale di riduzione del traffico urbano ma anche di modificare le nostre abitudini quotidiane, considerando non solo i vantaggi dal punto di vista ecologico/ambientale, ma anche quelli sanitari.E’ ampiamente dimostrato come l’utilizzo della bicicletta per i brevi tragitti rappresenta una soluzione vantaggiosa sia per il tempo impiegato sia per la salute.Quindi ancora una volta utilizzando i servizi di Bike Sharing ne guadagneremo sicuramente in salute, in vivibilità ed anche economicamente.

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Il bikesharing arriva in massa in Cina che è pronta ad ospitare i più grandi

sistemi del mondo

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2.3 Il servizio prende piede ovunque

L’evoluzione delle tecnologie e dei modelli di business del bikesharing hanno consentito quasi ovunque un implemento del sevizio. Per esempio Città del Messico, una delle città più trafficate e caotiche al mondo, ha implementato il servizio di bikesharing per alleviare il congestionamento delle strade dovuto alle automobili, e nonostante fosse una città che storicamente non ha mai usufruito delle due ruote, oggi ha un numero che si aggira attorno ai 30-32 mila iscritti con una lista di persone in attesa di ampliamento del servizio. Hangzhou, una città che ha da sempre avuto alti livelli di ciclabilità ha introdotto un servizio di bikesharing come complementare a quello dei trasporti pubblici, posizionando le stazioni in prossimità delle fermate dei mezzi ed è stato necessario ampliare il programma diverse volte per poter soddisfare tutti gli utenti. Per colmare il gap presente nei trasporti pubblici, il bikesharing incoraggia l’uso congiunto di mezzi per raggiungere le proprie mete, soprattutto per quanto riguarda il primo/ultimo miglio, quei tragitti

cosi definiti perchè si trovano prima del mezzo pubblico e tra la stazione e il luogo da raggiungere e quindi non dispongono di mezzi adeguati per questa breve distanza. I cittadini hanno abbracciato completamente questo nuovo modo di spostarsi, infatti BIXI ha consentito ai suoi utenti di compiere 1,1 milioni di viaggi già il primo anno dopo il lancio, che sono saliti a 3,3 milioni l’ anno successivo, dati che ci dicono che il servizio si adatta bene ad ogni tipo di situazione , rispondendo ad un bisogno reale , che era insoluto fino a questo momento. Per incoraggiare la continua crescita e il successo di questi programmi è però necessario che ogni città contribuisca con delle campagne sulla sicurezza, sulla ciclabilità della città e con informazioni su come accedere ai mezzi. La lezione che è stata appresa nelle precedenti generazioni del servizio, sarà necessaria per non commettere errori e per prendere spunto riguardo nuove iniziative. Anche se la direzione presa è quella giusta, il bikesharing ha ancora molte sfide da affrontare per poter arrivare ad essere un servizio accessibile a tutti ovunque.

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2.3.1 Il caso di Hangzhou

Possiamo imparare molto dal sistema presente nella città cinese di Hangzhou. Nel 2010 è stato verificato che il programma di sharing attirava, tra membri e non membri, molte persone che facevano simultaneamente uso di più mezzi di trasporto, come macchina treni e autobus, integrando anche il bikesharing tra i loro mezzi di trasporto. Inoltre molti di coloro che avevano un’

auto di proprietà erano spinti a provare il servizio, infatti membri sono per la maggior parte possessori di automobili. Soprattutto la ricerca condotta in Cina ha riportato che i cittadini sono contenti del servizio, che ha aumentato il numero di stazioni , di biciclette e delle ore in cui le bici sono a disposizione. I non-membri hanno notato l’aggiornamento e il miglioramento del servizio e questo li ha incuriositi e ha spinto molti di loro a usufruirne o a utilizzare la loro vecchia bicicletta.

Esempio di quanto il vandalismo possa essere un problema per questo tipo di

servizio

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2.4 Ostacoli al servizio

Quali sono tutt’oggi i problemi di questo tipo di servizio?

2.4.1 Vandalismo e furti

Malgrado le nuove tecnologie siano di grande aiuto il problema del furto e del danneggiamento dei mezzi rimane uno dei maggiori nella quarta generazione. Nel 2009 una ricerca fatta da Velib’ portò alla luce il fatto che nei due anni dal lancio del servizio, 7800 biciclette erano scomparse e oltre 11600 erano state danneggiate. Questo continuò finchè il programma non adottò delle biciclette più sofisticate, allo scopo di scoraggiare il furto e il riciclaggio della merce rubata al servizio. Vennero infatti messi dei mezzi che avevano il costo di 410 euro l’ una, si trattava di biciclette con un particolare telaio che nessun’ altro aveva in commercio.

2.4.2 Redistribuzione dei mezzi

Un altro aspetto molto importante è la redistribuzione delle biciclette, ossia lo spostamento di esse da una stazione che ne ha in eccesso ad una che è carente di biciclette in accordo con la domanda di mezzi degli utenti. Chiaramente il trasporto deve essere efficiente e a impatto zero o comunque basso sia inquinante che di traffico, altrimenti ci troviamo di fronte ad un cane che si morde la coda. Velib, per esempio utilizza dei veicoli ibridi e a metano per spostare i propri mezzi, mentre BIXI utilizza dei furgoni muniti di computer di bordo che segnala quali sono le stazioni con necessità di spostamenti. Alcuni programmi come BIXI, Vélib’, Capital Bikeshare, e DublinBikes incoraggiano la redistribuzione delle biciclette con 15 minuti ulteriori in cui si può tenere la bicicletta che è stata prelevata in una stazione piena o quasi per portarla in una semivuota, tutto senza costi aggiuntivi.

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Prototipo di tandem per il bikesharing di londra realizzata da Royal bikes e ha un costo doppio delle altre biciclette a noleggio

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2.4.3 Il casco

Ad oggi la necessità del casco per le biciclette è trascurabile, poiché esistono poche leggi al riguardo, ma rimane un limite per i nuovi programmi di bikesharing. Le maggiori compagnie di bikesharing non hanno comunque ancora preso in esame questa possibilità, ad eccezione di Melbourne Bike che ha messo l’ obbligo del casco per tutti gli utenti (negli altri casi è obbligatorio per i minorenni). Questo ha però avuto un riscontro negativo, il bikesharing di Melbourne ha infatti una bassa adesione rispetto agli altri programmi, quindi il casco risulta controproducente; ma come biasimate l’ utente? Purtroppo il casco è un grosso handicap per questo tipo di servizio

2.4.4 Trasporto singolo

Tutte le bici del bikesharing sono mezzi pensati per una sola persona e quindi non si possono portare amici, bambini se non si vuole incorrere in una multa. Questo è un grosso limite del servizio, su cui alcuni stanno già lavorando al fine di rendere il mezzo agibile a 2 persone.Infine sarebbe necessario implementare le linee e le stazioni, infatti una ricerca fatta da Jennifer Dill e Theresa Carr, studiose dell’ ambito relazionale tra servizio e utente ha dimostrato che una stazione in più ogni 1500 metri quadri aumenta di poco più dell’ 1% il numero totale degli utenti. Anche se questa ricerca non prova un diretto fenomeno causa effetto senz’altro possiamo dire che quando le bici vengono fornite gli utenti rispondono usufruendo del servizio.

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Sistema di distribuzione di caschi per biciclette offerto dalla città di

Melbourne negli Usa

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3DIFFUSIONE DEL

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3.0 Modelli di business Il lancio di un sistema di bikesharing parte con la necessità di coinvolgere quegli attori che renderanno possibile la gestione strategica ed economica di questo servizio. Durante l‘evoluzione temporale dei sistemi di bike sharing sono stati individuati diversi modelli di gestione interna (DeMaio, 2009) (Shaheen et al., 2010) (Midgley, 2011), riguardanti i finanziamenti e gli operatori. La maggior parte dei sistemi oggi in funzione è appartenente alla terza generazione, che rispetto alle precedenti consente la creazione di una rete di nuovi contratti tra gli stakeholders coinvolti nella gestione dei sistemi, oggi vengono anche coinvolti i maggiori produttori di tecnologia che hanno interesse nel piazzare su questo mercato tecnologie gps, lettori magnetici ed altro (Shaheen et al., 2010). I ruoli principali della gestione interna sono affidati a tre profili di stakeholders: gli investitori, gli operatori e i fornitori.

1) Gli investitori sono coloro i quali hanno l‘interesse nel finanziare il progetto del bike sharing in quanto i ricavi della sottoscrizione e l‘utilizzo del servizio da parte degli utenti non sono sufficienti e il sistema necessita di fondi esterni per coprire i costi di implementazione e manutenzione del servizio. I finanziamenti esterni sono principalmente composti dai sussidi

pubblici e dai guadagni della pubblicità cartellonistica o di quella posizionata nelle stazioni o sulle bici (Castro, 2011). Gli investitori si distinguono per appartenenza al settore pubblico o privato. Nella sezione degli investitori pubblici dei progetti di bike sharing si distinguono i seguenti attori:

• Governi nazionali ed amministrazioni locali• Agenzia energetiche (es. IDAE16 , Climate Alliance of Lower in Austria) • Operatori di trasporto ferroviario statale (es. Deutsche Bahn in Germania) • Consigli dei Cittadini

In alcuni casi, nonostante l‘idea di realizzazione di un sistema di bike sharing parta dall‘iniziativa delle amministrazioni pubbliche, se non viene direttamente finanziata dalle stesse, non possono essere considerate investitori del progetto ma solo ideatori. Gli investitori privati che invece possono devolvere i propri finanziamenti a sostegno dei sistemi possono essere individuati tra: • Agenzia pubblicitarie esterne • Agenzie di trasporto • Imprese pubbliche specializzate (C’entro in Bici, NextBike) • Institute for Diversification and Saving of Energy

2) Gli operatori sono delle figure

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professionalizzate, scelti dagli investitori per gestire strategicamente e tecnicamente il servizio (il modello di business, le infrastrutture, la registrazione degli utenti, i prezzi del servizio, la manutenzione, distribuzione e monitoraggio dell‘intero sistema di bike sharing). Anche tra questi la distinzione viene attuata secondo il settore di appartenenza, pubblico o privato. Non appartenenti a nessun settore citati, anche le associazioni possono essere degli operatori coinvolti nella gestione del bike sharing, tra queste:

• Associazioni non governative • Associazioni ambientaliste • Associazioni di cittadini

3) I fornitori sono gli addetti alla fornitura delle infrastrutture e dei mezzi, e vengono scelti dagli operatori conformi al sistema che si intende realizzare e alle tecnologie che si intendono impiegare. Nella maggior parte dei sistemi di bike sharing i fornitori sono compagnie di privati che utilizzano i soldi nel creare il sistema e li recuperano tramite i contratti con gli operatori del sistema. Al momento esistono due fornitori principali che possiedono gran parte dei sistemi nel mondo: le agenzie pubblicitarie Clear Channel e JCDecaux. I sistemi implementati dagli stessi fornitori possono avere nomi differenti ma caratteristiche principali simili (Castro, 2011) ad esempio Smart Bike è la società responsabile dei sistemi di bike

sharing creata da Clear Channel, Cyclocity quella di JCDecaux, Bicincittà quella di Comunicare srl. Solitamente i fornitori che operano a livello nazionale tendono a dominare il mercato presente nel paese dove hanno sede (es. Bicincittà è il maggiore fornitore in Italia e Call A Bike e NextBike in Germania) (DeMaio, 2009) (Shaheen et al., 2010). Capita che il privato cittadino rivesta una delle tre suddette cariche , ma sono casi cosi marginali che possono non essere trattati (si parla dello 0,002 % dei casi) . I vari accordi presi tra queste tre categorie di attori danno luce a differenti modelli di business applicabili ai sistemi di bike sharing conforme alla grandezza della città e alla motivazione di implementazione. Nel suo studio DeMaio (2009, p.45) analizza i diversi modelli spiegandone i vantaggi e gli svantaggi di ognuno: Nel modello governativo l’ente pubblico investe e fornisce tutto quello che riguarda il servizio, così da poter gestire in toto il servizio, senza possibilità di interventi esterni, ma questo risulta anche essere un problema, poiché non può usufruire dell’ esperienza che le grandi aziende di bike sharing possiedono e c’è il rischio che si trovi nella posizione di doversi accollare i debiti da esso derivanti.Il modello dell‘ente di trasporto pubblico è formato da un‘organizzazione semi-governativa in quanto finanziata da una società privata che però opera sul pubblico.

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Gli sponsor dei nostri bikesharing sono anche sponsorizzatori delle struttu-re per i trasporti pubblici di tutto il mondo

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Questo modello coinvolge direttamente lo stato, la regione o la località come clienti dell‘operatore di trasporto pubblico, il quale fornisce il servizio di bike sharing come integrazione al sistema esistente di trasporto già presente sul territorio. Il modello universitario è quello dove l‘organismo educativo fornisce il sistema di bike sharing disponibile ed utilizzabile solo all‘interno dell‘area di competenza dello stesso (campus, distretto). Molto spesso succede che gli utenti “premium” possano usufruire gratuitamente di questo servizio (sta al gestore decidere chi lo è e chi no). Un vantaggio di tale modello è la possibilità di gestire il sistema all‘interno del campus senza doversi appoggiare ad autorità pubbliche esterne, a meno che non lo si voglia espandere oltre l‘area pre-definita. Chiaramente questo sistema presenta dei problemi, come il poter essere usufruibile solo dagli utenti del campus e di non essere compatibile con altri servizi esterni alle università.Il modello dell‘agenzia pubblicitaria (bikemi) è quello in cui l‘azienda privata fornisce il sistema di bike sharing all‘amministrazione pubblica in cambio di spazi dove sponsorizzare i propri prodotti (cartelloni, postazioni, autobus,…) in grado di generare ingenti ricavi con cui verranno coperti i costi di implementazione e manutenzione del servizio. Il modello viene attualmente applicato al 48% dei sistemi di bike sharing presenti al mondo (Midgley,

2011). Tale modello è molto vantaggioso in quanto offre costi di gestione affidati al privato senza gravare sul pubblico, il quale riscuote i ricavi derivanti dal sistema stesso, ma può essere rischioso in quanto l‘autorità pubblica deve coprire i costi in caso di mancato guadagno dalle inserzioni pubblicitarie. Inoltre, l‘agenzia pubblicitaria potrebbe non avere un forte coinvolgimento nel progetto visto la mancata relazione tra il guadagno realizzato e il livello del servizio offerto, in quanto non beneficiari diretti dei ricavi dell‘utilizzo degli utenti. Il modello privato viene gestito interamente da un‘organizzazione forprofit che non contratta con l‘autorità pubblica e riceve tutti i ricavi che il servizio di bike sharing genera. Il vantaggio principale è che tale modello può essere esercitato fin da subito come un‘impresa senza ottenere l‘appoggio del settore pubblico, ciò potrebbe rivelarsi anche uno svantaggio in caso di mancanza di fondi iniziali e nel caso si voglia implementare un sistema di bike sharing con postazioni fisse poiché necessaria l‘approvazione dell‘uso del suolo pubblico da parte dell‘autorità competente. Il modello viene scelto a seconda delle esigenze e della disponibiltà di capitale dell’ ente finanziatore, non ce n’ è uno migliore di un altro. Importante notare però come il modello di business esercitato dalla partnership tra pubblico ed agenzia pubblicitaria privata sia stato principalmente utilizzato per l‘implementazione di sistemi

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in grandi città (Parigi, Lione, Montreal, Barcellona). Lo studio effettuato da Parkes et. al. (2013, p.99) dimostra come l‘adozione di un modello di business influisca anche sulla diffusione territoriale interna del sistema di bike sharing. L‘autore descrive la differenza di grandezza tra i sistemi di terza generazione inizialmente realizzati in Europa e negli Stati Uniti grazie allo studio comparativo dell‘aumento del numero di bici negli anni. Viene dimostrato il fatto che in Europa, essendo maggiormente presenti sistemi che utilizzano il modello dell‘agenzia privata di pubblicità, l‘espansione interna è stata maggiore in confronto ai sistemi americani che sono partiti come piccoli esperimenti adottando il modello governativo/nonprofit con una minore disponibilità di fondi in un contesto culturale con una bassa tendenza alla mobilità ciclistica in confronto a quello europeo. L‘autore accenna anche ad un cambiamento in quanto entro la fine del 2013 sono stati aggiunti ed espansi 4 sistemi di bike sharing nel Nord America con disponibilità da 700 a 7000 biciclette (New York, Chicago, Los Angeles, San Francisco Bay Area). L‘adozione del modello di business dell‘agenzia privata ha portato l‘espansione di sistemi creati inizialmente con modelli di business differenti, in grado di garantire pochi fondi iniziali. Tale fatto non comporta quindi l‘univocità del modello di gestione anche all‘interno dello stesso sistema, ma si possono applicare modelli

diversi secondo il livello di successo del sistema stesso, esempio dimostrato anche da sistemi italiani che all‘inizio utilizzavano il modello non-profit, dove la disponibilità di mezzi era ridotta, e successivamente si sono evoluti al modello dell‘agenzia pubblicitaria, aumentando stazioni, biciclette ed innovazione tecnologica (es. sistemaMiMuovo in Bici a Reggio Emilia, Goodbike a Padova). La tabella a destra elenca i principali modelli di gestione, gli operatori coinvolti e i i rispettivi sistemi di bike sharing implementati. Durante i primi anni duemila, diverse città italiane hanno infatti deciso di offrire questo tipo di servizio, sulla scia del successo avuto all’estero. L’ esplosione del fenomeno in Italia si è avuta dal 2010, quando si contavano circa 130 sistemi (Ceccarelli, 2010), dopo solamente tre anni, il numero dei sistemi di bikesharing presenti ha avuto un aumento almeno del 53,5% arrivando a circa 200 sistemi con un parco di circa 14577 biciclette in confronto alle 5480 presenti nel 2009 (OBIS, 2011). Anche se la crescita mostrata da questi numeri è impressionante ed in linea con quelle delle maggiori città mondiali dove è in uso il servizio, siamo ancora piuttosto indietro rispetto alle città europee dove il fenomeno si è sviluppato prima, come viene dimostrato dalla differenza notevole tra il numero di biciclette di città come Parigi (24.000 biciclette - De Maio, 2009). Secondo

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un‘indagine svolta dalla regione della Valle d‘Aosta, gli unici sistemi comparabili, in termini di efficienza ed utilizzo, a quelli delle grandi città europee sono quelli di Torino e Milano. Nell‘ultimo anno quest‘ultimo ha visto un incremento degli utenti del 51% confronto al 2012 arrivando a 24.442 abbonati annuali, il cui rapporto tra bici disponibili e numero di abitanti è di 1/1000, mentre a nella capitale francese è di 1/100 (Ceccarelli, 2010). In questo capitolo vorrei presentare la situazione attuale del bike sharing in Italia tramite l‘analisi di un ampio campione di sistemi realizzati finora. Tra questi sono stati presi in considerazione soprattutto sistemi automatizzati riconducibili a quelli di terza generazione, poiché la facile reperibilità di informazioni costantemente aggiornate ha permesso uno studio attendibile grazie ai dati forniti on-line dato il monitoraggio informatizzato di tali sistemi. Nell’ analisi sono presenti anche due sistemi gestiti dalle università, quello realizzato all‘interno dell‘Università Cattolica di Milano e dell‘università Roma Tre di Roma, che fanno parte di due sistemi

maggiori (BikeMi a Milano e C‘entro in Bici). Sono stati analizzati anche sistemi presenti nelle aree extraurbane, ad esempio parchi naturali regionali e nazionali. Non sono invece considerati i sistemi di bike sharing gestiti direttamente da privati ed assimilabili al tradizionale ciclo noleggio, visto la scarsa diffusione ed accessibilità di dati utili per l‘analisi, un‘eccezione è rappresentata dall‘unico sistema campano di grande successo, City4bike a Salerno, al quale possono aderire diversi commercianti esercitanti nel comune offrendo gratuitamente ai propri clienti il servizio biciclette con telaio personalizzato e sfruttando così il servizio per pubblicizzarsi. L‘osservazione si articola in diverse sezioni, partendo dalla descrizione del contesto italiano e del bike sharing a livello numerico, la localizzazione territoriale e l‘evoluzione e diffusione temporale del fenomeno. Verranno ulteriormente analizzati i due principali fornitori del servizio di bike sharing sul territorio italiano, Bicincittà e C‘entro In Bici, e le caratteristiche dei rispettivi sistemi implementati.

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3.1 I principali fornitori di bikesharing in italia

I sistemi di bike sharing in Italia sono gestiti principalmente da accordi presi tra il settore pubblico, principalmente amministrazioni comunali, e quello privato, cioè le agenzie di pubblicità o le imprese dedicate alla fornitura delle infrastrutture necessarie alla realizzazione del sistema (biciclette, postazioni, ciclo-posteggi, monitoraggio). Al momento, nella penisola si possono individuare due principali fornitori del servizio di bike sharing che collaborano con i diversi comuni interessati, questi sono la società dedicata al servizio di Comunicare srl, ovvero Bicincittà, e l‘impresa C‘entro In Bici. I due fornitori si distinguono tra loro per la modalità di prelievo e consegna della bicicletta, con scheda elettronica del primo e con chiave meccanica del secondo. Esistono anche altri fornitori che si sono recentemente inseriti nel mercato italiano del bike sharing ma sono al momento una minoranza. Focalizzandosi sull‘analisi realizzata in questo studio viene evidenziato che nel 60% dei sistemi analizzati è stato impiegato il sistema a scheda elettronica, il cui fornitore principale è Bicincittà (55%) al quale si aggiungono gli altri operatori (5%) che utilizzano anch‘essi nella maggior parte dei casi questa modalità di fornitura del servizio. Il sistema a chiave invece è

utilizzato nel rimanente 40% dei sistemi analizzati ed è fornito dall‘impresa emiliana C‘entro in Bici. Seguirà l’analisi dei principali casi per ogni categoria

3.1.1 Sistema a chiave meccanica C’entro in Bici

Il primo sistema meccanico in Italia nasce nel 2000 per mano dell’Ing.Turo che progetta e realizza nella città di Ravenna il primo sistema di questo genere.. Questo sistema è paragonabile a quelli di seconda generazione che implicavano un deposito in cambio della bicicletta, ma è più evoluto in quanto l‘utente viene registrato presso gli uffici comunali o APT al momento della consegna della chiave personale codificata per l‘utilizzo del servizio. Ogni utente possiede una chiave meccanica codificata e non duplicabile che gli consente di accedere al servizio. Quando la bicicletta viene prelevata, la chiave viene lasciata inserita nel punto di estrazione della rastrelliera e vi rimane finché la bici non viene riposta nel medesimo posto, ciò consente di avere sempre il proprio spazio, tuttavia ciò implica che la bicicletta debba essere riposta nel medesimo slot. Ultimamente, il sistema di C‘entro in Bici fornisce anche un orologio a LED installato sui ciclo posteggi in grado di cronometrare il tempo di utilizzo della bicicletta prelevata così da visualizzare chi e da quanto tempo la utilizzi e se abbia superato il limite temporale consentito.

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In realtà l’ utilizzo di questa tecnologia risulta essere gratuito nella stragrande maggioranza dei casi, poiché non richiede un prezzo da pagare, ma solo una cauzione che verrà riconsegnata quando l’utente deciderà di non usufruire più del servizio; negli altri casi il versamento di una quota è richiesto solo per la prima volta che si utilizza il servizio. In questo modo l‘utente non è costretto a rinnovare la propria iscrizione ogni anno, al contrario di quello che succede invece con il sistema a scheda elettronica, e potrà utilizzare la chiave per tutto il periodo desiderato.

I vantaggi dell‘adozione di questo sistema a chiave sono:

• La libera diffusione sul territorio in quanto non si necessita di una rete elettrica per il funzionamento • Il sistema non necessita di manutenzione specializzata • Viene sempre garantito un posto libero per la riconsegna della bicicletta nello stesso luogo del prelievo • La chiavetta data all‘utenza è codificata ed utilizzabile in tutti i sistemi di bike sharing realizzati da C‘entro in Bici sul territorio italiano • Non è necessario realizzare un metodo di riposizionamento delle biciclette nelle rastrelliere libere • Si può decidere a chi destinare alcune biciclette predefinendo un‘utenza (turisti,

dipendenti, studenti) consegnando solo la chiave specifica per tale tipologia di mezzi

Riguardo questo ultimo punto, esiste la possibilità di fornire biciclette dotate di GPS (removibile) che guidi il turista durante i propri spostamenti in città e sia in grado di dare informazioni riguardo ai luoghi d‘interesse a cui si stia avvicinando in modo da permettere un‘esperienza di visita completa e piacevole.

Gli svantaggi invece sono:

• La bicicletta deve essere sempre riconsegnata nello stesso luogo di prelievo permettendo solo spostamenti a circuito chiuso • Non è possibile monitorare l‘utilizzo della bicicletta in tempo reale • La bicicletta deve essere consegnata entro l‘orario stabilito (solitamente non oltre le 23.00), non è disponibile un servizio 24/24h.

Il sistema a chiave meccanica di C‘entro in Bici è stato realizzato principalmente in città di media-piccola dimensione perché maggiormente frequenti gli spostamenti effettuati da pendolari e studenti (Menonna, 2010), infatti la maggior parte delle città emiliane, territorio dove il sistema meccanico è più utilizzato, che hanno un‘alta concentrazione di biciclette nel centro storico sono città universitarie. Le postazioni vengono solitamente posizionate in punti strategici come parcheggi di interscambio o

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stazioni ferroviarie in modo da consentire il prelievo e poi la riconsegna nello stesso luogo. Il sistema con chiave meccanica di C‘entro in Bici è diffuso in 80 comuni tra quelli analizzati in questo studio, con un totale di 3815 biciclette messe a disposizione dell‘utenza su 494 stazioni. Questa tipologia

di sistema è maggiormente diffusa nel nord (50 sistemi) e centro (20 sistemi) dell‘Italia con una concentrazione maggiore in Emilia Romagna (16 sistemi) seguita subito dopo da Veneto (15 sistemi). Nel sud Italia sono presenti circa 10 sistemi con chiave meccanica con la concentrazione più alta in Puglia (7 sistemi).

Sistema a chiave meccanica vicino alla sede della ferrari

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3.1.2 Sistema a tessera elettronica Bicincittà

Il sistema a scheda elettronica è il più utilizzato nei sistemi di bike sharing non solamente in Italia ma anche in quelli più evoluti nel resto del mondo, come il più conosciuto Velib’ a Parigi. Grazie ad una tessera elettronica personale, l‘utente può sbloccare e prelevare la bicicletta presente nelle postazioni semplicemente passandola davanti allo schermo posto sopra la colonnina del ciclo-posteggio. Lo stesso metodo vale anche per la riconsegna che può essere effettuata in qualsiasi ciclo-posteggio libero, anche diverso da quello di prelievo. La tecnologia GPS (Global Positioning System) applicata a questo tipo di sistema permette di aggiornare in tempo reale il sistema centrale che fornisce informazioni riguardo le postazioni, il numero di biciclette e ciclo-posteggi disponibili. Nel caso dei sistemi di bike sharing italiani è facilmente consultabile sul sito web dell‘azienda Bicincittà, società minore di Comunicare S.r.l., principale fornitore di sistemi con scheda elettronica sul territorio con sede a Rivalta di Torino. Questi sistemi si identificano tra quelli di terza e quarta generazione. Un‘altra caratteristica principale di questa tipologia di sistemi è quella di utilizzare una tessera elettronica associata al profilo dell‘utente, la quale permette di essere caricata, dopo la sottoscrizione,

con l‘importo dell‘abbonamento annuale, mensile, giornaliero che viene scalato secondo l‘effettivo utilizzo del servizio di bike sharing. Il costo d‘utilizzo dei sistemi che adottano questa tipologia è solitamente gratuito per la prima mezz‘ora e di 0,50 Euro per quelle successive, in modo da incentivare l‘uso della bicicletta solo per un tempo limitato e mettere a disposizione il mezzo per molti utenti nella stessa giornata.

I vantaggi di tale tipo di sistema sono:

• La possibilità di consegnare la bicicletta in qualsiasi stallo libero sul territorio comunale anche differente da quello di prelievo • La possibilità di consultare il sito web o app mobile per verificare la disponibilità di biciclette o stalli liberi in tempo reale • La praticità della tessera elettronica che in alcuni sistemi può essere utilizzata anche per i mezzi pubblici o integrata con la carta di credito in modo da pagare anche il posteggio dell‘automobile o altri servizi • Il monitoraggio in tempo reale degli spostamenti in grado di fornire dati accurati ai gestori del servizio in modo da comprendere i benefici e le criticità del sistema • Gli svantaggi invece sono: • Il rischio per l‘utente di non trovare stalli liberi dove riconsegnare la bicicletta • È necessario fornirsi di un metodo di riposizionamento delle biciclette, spesso

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vengono utilizzati dei furgoni a motore che aumentano l‘impatto dell‘intero sistema sull‘ambiente • Gli alti costi di gestione e implementazione del sistema che non garantiscono la gratuità del servizio all‘utenza • L‘utilizzo della stessa tessera elettronica è raramente compatibile con altri sistemi della stessa società sul territorio italiano

Attualmente in Italia la società Bicincittà fornisce il maggior numero di sistemi di bike sharing, maggiormente presenti al nord, specialmente in Piemonte (25 sistemi) dove è stato installato il primo sistema con carta elettronica nel 2004 a Cuneo, e in Lombardia (12 sistemi). La società gestisce anche altri sistemi all‘estero, ad esempio in Spagna (Pamplona), in Svizzera (Lausanne-Morges) ed anche in Inghilterra. In questo ultimo periodo molti comuni italiani sono passati da un sistema meccanico ad un sistema elettronico, per maggiore praticità oppure perchè la tessera è compresa nella tariffa standard dei trasporti locali (es. sistema intermodale MiMuovo in Emilia Romagna che presenta le due tipologie di sistema).

3.1.3 Altri fornitori di sistemi di bike sharing in Italia

Nonostante il forte duopolio di C‘entro in Bici e Bicincittà nella fornitura di sistemi di bike sharing sul territorio italiano, negli

ultimi 5 anni sono emersi nel mercato in espansione anche altri fornitori privati riscuotendo un discreto successo. Il più popolare è il caso della società pubblicitaria Clear Channel, fornitore anche del sistema Bicing a Barcellona e di altri sistemi nel resto del mondo. Questa società fornisce e gestisce assieme al comune di Milano il sistema BikeMi, attualmente il sistema di maggior rilevanza in Italia per numero di biciclette ed abbonati al servizio, al momento stimabili a 3400 biciclette in 215 stazioni. Clear Channel Italy, con sede principale a Noventa Padovana, nel 2012 ha vinto il bando di gara anche per la gestione e fornitura del servizio nella città di Verona assicurandosi così anche la gestione degli impianti e della personalizzazione pubblicizzata di biciclette e postazioni nella città scaligera. Esistono però dei fornitori più piccoli di quest‘ultimo che si dedicano soprattutto alla fornitura di biciclette a pedalata assistita associate a postazioni con pannelli fotovoltaici in grado di immagazzinare una parte dell‘energia per la ricarica delle batterie. Alcuni forniscono anche altre tipologie di biciclette oltre a quelle tradizionali ed a pedalata assistita per un‘utenza più di nicchia, come mountain bike a pedalata assistita adatte all‘utilizzo su percorsi sterrati e montani soprattutto dirette ad un target turistico, ad esempio quelle presenti nel sistema degli Altipiani Cimbri in Trentino Alto-Adige. Questi fornitori emergenti fanno spesso

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Sistema a c’entroinbici a tessera magnetica con pilone per ogni singola

bicicletta

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parte del mercato d‘offerta delle ICT (Information and Comunication Technology) in grado di distinguersi dagli operatori tradizionali per la fornitura di infrastrutture dotate di tecnologia più avanzata ed adatte alla domanda di sistemi di bike sharing di quarta generazione. In Italia, siamo solo al principio della diffusione di queste

innovazioni in quanto gli esperimenti di questo tipo di sistemi sono generalmente di piccolissima dimensione e non ancora largamente diffusi, al contrario di quello che sta invece succedendo a Copenhagen in Danimarca dove si sta installando il sistema più tecnologicamente avanzato al mondo.

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3.2 Evoluzione dei “nostri” bike sharing

L‘Italia è una tra le prime cinque nazioni europee ad aver sperimentato il bike sharing agli inizi del secolo scorso. Dei primi esperimenti, simili a quello olandese del gruppo Provos, furono fatti attorno agli anni 60 a Milano con il tentativo di mettere a disposizione dei cittadini delle biciclette sui Navigli, ma in poco tempo si rivelarono un fallimento. Sempre nel capoluogo lombardo, nel 1987, il sindaco decise di fornire 500 biciclette gialle sul modello dell‘esperienza fatta a La Rochelle, in Francia. Anche in questo caso, l‘affido completo sul buon senso dei cittadini non portò ai risultati sperati, sicché dopo solo una giornata metà del parco bici fu rubato e l‘altra metà non resistette a lungo. Nonostante la mancata riuscita di questi esperimenti, in altre cittadine italiane si diffuse l‘idea innovativa e si cercò di copiarla (Menonna, 2010).

Il primo e vero sistema di bike sharing realizzato in Italia fu quello del comune di Ravenna, che, nel 2000, grazie a C‘entro In Bici mise a disposizione dei cittadini un sistema funzionante con chiave meccanica. Nei tre anni successivi le principali città dell‘Emilia Romagna si fornirono anch‘esse della stessa tipologia di sistema, tra queste Ferrara, Ravenna a Modena. Il bike sharing

si diffuse anche nel resto delle regioni del Nord Italia in città come Lodi, Trento e Padova. Nel 2004 venne realizzato il primo sistema di terza generazione, ovvero funzionante con tessera elettronica, nella città di Cuneo, in Piemonte, che attualmente ha esteso il suo servizio anche nella città di Alba, Biella, Fossano, Pinerolo, Saluzzo e Savigliano e nella comunità montana della Val D‘Ossola. Il sistema funziona tramite la carta regionale dei servizi e permette ai cittadini di utilizzare il servizio di bike sharing anche tra comuni diversi. Dal grafico raffigurante l‘evoluzione generale in Italia (figura 12) si nota una crescita superiore al 100% dei sistemi dal 2006 al 2010 ma è evidenziata anche un battuta d‘arresto nel 2011, anno in cui ci furono dei fallimenti di sistemi di bike sharing per problemi di furti e vandalismi, ma anche per costi di gestione troppo alti che non permisero ai piccoli comuni di poter mantenere alta l‘efficienza degli stessi. Ciò accadde soprattutto al Sud Italia in città come San Severo e Trani, in Puglia.

Come si evince dall‘osservazione del grafico in Figura 13 i primi sistemi di bike sharing italiani furono realizzati nelle regioni del Nord Italia, tra queste in primis Emilia Romagna e Piemonte. Successivamente, dal 2004 furono introdotti anche nelle altre regioni del Centro e Sud Italia. Al momento il Nord Italia è la regione geografica con il maggior numero di sistemi di bike sharing

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(126) soprattutto concentrati in Piemonte e Lombardia e continua ad avere il primato tra tutte le altre regioni per crescita annua. Interessante sottolineare che i primi sistemi di bike sharing non vennero realizzati nei capoluoghi di regione ma in città minori, per poi arrivare anche ad essere implementati anche nelle grandi città metropolitane come Milano (2008), Roma (2008) e Torino (2010). Nel Nord Italia le regioni che hanno dimostrato una crescita numerica di sistemi di bike sharing più significativa sono l‘Emilia Romagna, il Piemonte e il Veneto. La seconda soprattutto ha registrato una crescita importante sottolineata dal fatto che i sistemi di bike sharing dal 2006 al 2008 sono passati da 4 a 19. La maggior crescita di sistemi di bike sharing nell‘intera area geografica si è manifestata dal 2009 al 2013. Questa crescita non ha riguardato solo il numero dei sistemi ma anche l‘ampiezza di quelli di maggior successo (es. Milano, Padova, Modena) che hanno ampliato il servizio moltiplicando il numero di stazioni e nuove biciclette nel tempo. La Valle D‘Aosta e il Trentino Alto - Adige, avendo un alto tasso di mobilità ciclistica di base sono invece le regioni che non hanno incrementato il numero di sistemi di bike sharing fino al 2012, sono stati invece migliorati quelli esistenti aggiungendo biciclette a pedalata assistita e pensiline fotovoltaiche per la ricarica delle stesse.Tra le regioni del Centro Italia, la Toscana

è stata la prima a realizzare un sistema di bike sharing nel 2004 a Pistoia e ha avuto la crescita più importante passando da 4 a 13 sistemi nell‘arco di 4 anni, arrivando ad essere al momento la regione con il maggior numero di sistemi tra le altre rappresentate nel grafico (Figura 15). Nelle Marche, dal 2006 al 2007, si sono realizzati 6 nuovi sistemi di bike sharing, ed attualmente i sistemi presenti sono 12, quelli di Pesaro e Fano sono stati finanziati grazie ai fondi messi a disposizione dal progetto europeo ADRIMOB, che ha come obiettivo quello di realizzare una solida rete per la mobilità interregionale e transfrontaliera tra regioni dell‘area adriatica in modo da promuovere il turismo e il commercio di questa zona. Nel Lazio il sistema più grande, cioè quello della capitale, venne realizzato nel 2008 ma è tutt‘ora in attesa di rinnovo visto il fallimento agli inizi del 2013 derivato da costi di gestione troppo alti. Infine l‘Umbria è la regione che ha registrato una crescita minore in confronto alle altre regioni con solo due sistemi realizzati, rispettivamente a Perugia e a Terni. Nel Sud Italia la regione Puglia conta la maggiore crescita ed anche il maggior numero di sistemi di bike sharing implementati (13 sistemi). Come rappresentato nel grafico in figura 16, tra il 2009 e il 2011 nelle regioni dell‘Italia meridionale si è registrato un alto numero di fallimenti dei sistemi di bike sharing, 3 in Puglia e 2 in Sardegna che sono stati

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CRESCITA DEI BIKESHARING

il grafico sopra mostra la crescita cpstande deisistemi in Italia.

I grafici a torta mostrano la distribuzione dei vari sistemi per aree territoriali e il mercato dei 3 principali operatori.

2004

2003

2006

2005

2008

2007

2010

2009

2012

2011 201

3

30

6090

120150180

Totale dei sitemi di bikesharing

0

Tota

le d

ei s

iste

mi

4%

85%

11% 6%

55%40%

urbana

entrambe

extraurbane

Biciincittà

c’entroincici

altri operatori(clear channel)

Distribuzione secondo la

popolazione

Mercato degli

operatori

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trasformati in tradizionali ciclo-noleggi (BikeOr ad Oristano e quello a Villasimius). La Campania resta l‘unica regione ad aver realizzato un solo sistema di bike sharing, City4bike a Salerno, grazie a dei commercianti che hanno deciso di mettere a disposizione delle biciclette personalmente sponsorizzate per i propri clienti. Sempre a Salerno, nel 2012 è stato previsto un bando che permettesse la realizzazione di un bike sharing con biciclette a pedalata assistita gestito dal settore pubblico, ma non sono ancora presenti i risultati finali. Il Sud Italia rimane attualmente la zona geografica con meno sistemi di bike sharing realizzati ma è prevista un‘ulteriore crescita numerica degli stessi nei prossimi anni visto l‘interesse manifestato dei comuni di Napoli, Alghero e Reggio Calabria. Il grafico in figura 17 rappresenta invece la diffusione nel tempo della tipologia dei sistemi di bike sharing realizzati in Italia, con chiave meccanica di C‘entro in Bici, con tessera elettronica di Bicincittà o dagli altri operatori attualmente presenti

sul territorio. L‘unico fornitore ad essere presente dal 2000, con il primo sistema di bike sharing italiano realizzato, è C‘entro in bici che ha registrato una crescita significativa dei sistemi fino al 2010, per poi arrestarsi e rallentare la realizzazione di sistemi arrivando a contarne in tutto 80 nel 2013. Bicincittà invece è presente sul territorio dal 2004, con il primo sistema piemontese a Cuneo, ed è tuttora l‘unico fornitore di sistemi di terza generazione in costante crescita sul territorio italiano. Nel 2012 i sistemi con tessera elettronica realizzati da Bicincittà hanno sorpassato numericamente quelli di C‘entro in Bici, tale fatto è dovuto anche alla conversione di alcuni sistemi dal funzionamento con chiave meccanica a quello con tessera elettronica (es. Padova, Alessandria) o all‘affiancamento delle due tipologie di sistema nello stesso comune. Il resto dei fornitori di sistemi di bike sharing si sono introdotti nel territorio italiano solo recentemente, a partire dal 2008 con il sistema milanese BikeMi e nel 2013 si contano 7 sistemi forniti da questi.

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CRESCITA SUDDIVISA PER AREE

0

20

40

60

80

100

120

2004

2003

2006

2005

2008

2007

2010

2009

2012

2011

2013

2014

12%

70%

18%nord

centro

sud

Distribuzione per aree

Nel grafico vengono evidenziate le crescite dei sistemi di bikesharing a seconda dell’area geografica.

Tota

le d

ei si

stem

i

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3.3 Sistemi di bike sharing con affiliazione sovra-comu-nale Come dimostrato nel paragrafo precedente, la maggior parte dei sistemi di bike sharing italiani ha dimensioni ridotte ed è stato realizzato in piccoli centri urbani. Interessante notare, però, come molti dei sistemi di bike sharing di piccolissima dimensione fanno parte di una rete di sistema sovra - comunale, ovvero un sistema realizzato in comuni diversi il quale offre l‘accessibilità al servizio di bike sharing con la stessa chiave o tessera in territori limitrofi. Alcuni sistemi di questa tipologia permettono all‘utente anche di prelevare la bicicletta nel comune di residenza (o domicilio se parliamo di turisti), di utilizzarla e anche consegnarla in un altro comune facente parte del sistema. In questo modo si ampliano i confini dell‘intero sistema di bike sharing grazie all‘utilizzo di un‘unica chiave o tessera ma anche dello stesso mezzo utilizzato tra comuni limitrofi in un territorio più ampio. Tale affiliazione tra sistemi in diversi comuni offre all‘utente la possibilità di spostamenti utilizzando la stessa bicicletta verso il centro urbano di dimensione ridotta verso un altro di grandezza maggiore dove si trovano spesso il luogo di lavoro o di studio (pendolarismo). Un esempio significativo è quello dei comuni della provincia nordoccidentale

torinese che nel 2008 avevano creato il sistema BicinComune ora entrato a far parte del sistema [To]Bike, che vede coinvolti i comuni di Torino, Alpignano, Collegno, Druento, Grugliasco e Venaria Reale. I comuni con pochissime postazioni ciascuno (es. appena una a Druento e due ad Alpignano) sono così collegati con il capoluogo regionale avente 118 stazioni e 1200 biciclette facente a sua volta parte del sistema BIP (Biglietto Integrato Piemonte). Altri casi di successo sono : • il progetto regionale MiMuovoinBici che vede coinvolte le città di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Scandiano, Modena, S. Lazzaro di Savena, S. Giovanni in Persiceto, Ferrara, Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini in Emilia Romagna; in queste città il sistema di bike sharing istituito nel 2012 viene attivato tramite una carta ricaricabile integrata con il trasporto pubblico (autobus e treni) utilizzabile in tutte le città aderenti. • Il progetto E-motion in Trentino Alto-Adige di cui stanno iniziando a far parte tutti i comuni e le comunità montane in provincia di Trento, • il sistema TvBike nella provincia di Treviso assieme a Villorba ed Oderzo, • il progetto MeglioInBici nell‘area della Martesana (Cernusco sul Naviglio, Pioltello e Carugate) • il sistema tra Novara, Borgomanero e Cameri • Il sistema nella provincia di Cuneo tramite biglietto BIP.

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Questo nuovo tipo di sistemi con affiliazione sovra - comunale è stato realizzato nelle zone comprendenti anche aree extraurbane nelle quali gli utenti, soprattutto turisti, possono spostarsi con la stessa bicicletta tra i piccoli centri urbani o vallate utilizzando la stessa tessera e bicicletta all‘interno delle diverse province. La stessa modalità d‘utilizzo è applicata anche nei sistemi presenti nelle comunità montane della Val D‘Ossola (OssolainBici) e degli Altipiani Cimbri (progetto E-motion) ed in parchi naturali regionali e nazionali che sconfinano a volte anche in regioni diverse. Al momento i sistemi presenti con tali caratteristiche sono :

• ParkandRide nel Parco Regionale Naturale di Portofino che coinvolge i comuni di Camogli, Santa Margherita Ligure, San Rocco e Portofino • ParkInBici nel Parco Nazionale del Gargano che coinvolge attualmente i comuni di Manfredonia,Ischitella, Peschici, Rodi Garganico e Vico del Gargano ma prevede un‘espansione dello stesso ad latri 3 comuni entro il 2014.

3.3.1 Sistemi di bike sharing integrati con il trasporto pubblico Negli ultimi anni in Italia alcuni tra comuni aventi un sistema di bike sharing hanno integrato il servizio con il trasporto pubblico locale permettendo l‘utilizzo dei mezzi (bus

e treno) e quello della bicicletta tramite la sottoscrizione di un unico titolo di viaggio, adeguando così la tariffa pagata dall‘utente solo alla tratta percorsa e non ai singoli mezzi utilizzati. In questo modo vengono integrati i diversi mezzi di trasporto seguendo un‘ottica di una co-mobilità accessibile e maggiormente sostenibile. Gli obiettivi di tale integrazione modale sono:

• Migliorare l‘accessibilità dei cittadini ai servizi di trasporto • Ridurre i costi di gestione dei singoli operatori • Fidelizzare i clienti a mezzi di trasporto più sostenibili dell‘automobile • Permettere una maggiore e migliore coordinazione del servizio di mobilità Risolvere il problema del primo ed ultimo kilometro • Promuovere l‘innovazione tecnologica nell‘ambito della mobilità

I sistemi di bike sharing che utilizzano questa integrazione del servizio con quello del trasporto pubblico locale e regionale sono:

• MiMuovo(in bici) avviato dal 2010 nelle grandi città dell‘Emilia Romagna (Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Scandiano, Modena, S. Lazzaro di Savena, San Giovanni in Persiceto, Ferrara, Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini) integra il sistema di bike sharing con autobus urbani ed extraurbani, treni locali

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e regionali e anche servizio di car sharing elettrico (MiMuovo elettrico) tramite una tessera magnetica ricaricabile. • Tutti i sistemi piemontesi che utilizzano la tessera BIP (Biglietto Integrato Piemonte); tra questi anche il famoso sistema provinciale torinese [To]Bike e quelli della provincia di Cuneo (Alba, Fossano, Savigliano, …) che dal 2008 sono entrati a far parte del sistema integrato adattandosi alla tecnologia già precedentemente utilizzata su bus e treni. I progetti futuri prevedono anche l‘integrazione dei comuni del Piemonte occidentale con la tessere regionale dei servizi della Lombardia e la possibilità di utilizzare lo stesso biglietto unico anche nelle città liguri dove siano presenti sistemi di bike sharing. • Ar Bike nel comune di Arezzo che consente il pagamento del biglietto del bus, del parcheggio e dell‘utilizzo del bike sharing tramite un’unica tessera con microchip personale e ricaricabile • Il progetto E-motion già sperimentato nella Magnifica Comunità degli Altipiani Cimbri e in fase di realizzazione presso la Comunità della Valsugana e Tesino, il Comune di Predazzo e di Ziano di Fiemme, Riva e Arco, i Comuni di Trento Rovereto

e Pergine. Con l‘integrazione della tessera MITT del trasporto pubblico sarà infatti possibile utilizzare tutti i mezzi pubblici (autobus, corriere, treni) e tutti i bike sharing presenti in provincia promuovendo una mobilità sostenibile ed elettrica. Altri sistemi, non ancora integrati con il trasporto pubblico permettono invece il pagamento della sosta dell‘automobile e del servizio di bike sharing con lo stesso pass, questi sono il sistema di Bassano del Grappa, di Faenza (progetto MoVs) e di Guastalla.

Uno degli obiettivi principali del C.C.B.S. è quello di promuovere e creare uno standard di smart card unico a livello nazionale con modalità interoperanti, cioè che possa essere utilizzata per il servizio di bike sharing, e non solo (car sharing, trasporto pubblico,…) indipendentemente dal luogo in cui si trova l‘utente(Tritto, 2009). A livello nazionale è molto difficile trovare un accordo in quanto vengono utilizzate delle tecnologie differenti non solo tra smart card del trasporto pubblico ma anche tra quelle utilizzate per pagamenti ed identificazione del cittadino (es. passaporto digitale e cartaceo).

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Questo è uno dei percorsi delle E-bikes del trentino , che si possono noleggiare

in diverse stazioni della regione

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80

4BIKEMI E

I SUOI UTENTI

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4.0 Introduzione

Quando un Italiano, dopo essere stato a Berlino, o Amburgo, o Copenaghen (ma ormai anche a Madrid o Valencia), torna a casa la sensazione che spesso ha è di aver appena lasciato un posto che brilla per civiltà e di essere rientrato in un posto che brilla anche lui, ma per cause meno nobili. Ci sono alcune buone ragioni alla radice di questa sensazione, ma alcune sono meno buone, come la nostra inguaribile esterofilia, figlia di un altrettanto inguaribile provincialismo, che ci fanno cadere in una spirale di autolesionismo (con vistose sfumature sadomaso) e ci impediscono di guardare il buono che anche noi abbiamo, e di cui dovremmo essere orgogliosi.Una di queste è senz’altro il servizio di bikesharing della città di Milano: BikeMi che risulta essere il secondo in Europa per numero di biciclette e di stazioni e uno dei più avanzati al mondo.

4.1 Bikemi

Per conto del Comune di Milano, ATM offre un servizio di biciclette pubbliche quale sistema integrativo rispetto alla rete di trasporto pubblico, da utilizzare per i brevi spostamenti. Tale servizio dispone di più di 3.000 biciclette in livrea “Giallo Milano” disponibili in diversi punti di raccolta dislocati sul territorio comunale; le biciclette possono essere prelevate e restituite anche in postazioni differenti. Il progetto è stato avviato nel novembre 2008, quando ATM ha presentato il servizio BikeMi, la condivisione di bici pubbliche nella città di Milano, consentendo agli utilizzatori di prelevare bici in stazioni dislocate all’interno dell’area della circonvallazione filoviaria, fornendo inizialmente 800 biciclette monoscocca, dotate di cambio e cestino. In seguito al gradimento da parte dei cittadini, il servizio è stato potenziato con l’intenzione congiunta del Comune di Milano e di Clear Channel comunications di incrementare il numero di “stazioni” e di biciclette in circolazione. Alla data 6 giugno 2014 le stazioni di prelievo/deposito delle biciclette erano 197, con 3.600 biciclette a disposizione.Ma entriamo più nello specifico su come funziona il servizio: il primo passo è abbonarsiCi si può abbonare in diversi modi, di cui il più frequentemente utilizzato è senza dubbio l’ iscrizione sul sito internet, da computer o

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da smartphone. Dopo la compilazione di un breve format sono richiesti i dati della carta di credito (non prepagata) e l’ iscrizione è fatta.In alternativa al sito ci si puo abbonare in altri modi:Tramite l’App ufficiale BikeMi (di prossima attivazione) Presso tutti gli ATM Point Se non si ha la possibilità di accedere ad internet o di scaricare l’App, puoi recarti presso uno degli ATM Point, scegliendo quello che ti è più comodotra i 6 dfella città. Un incaricato assisterà l’ utentenella registrazione al servizio.Chiamando l’Infoline ATMÈ possibile sottoscrivere gli abbonamenti occasionali (settimanale e giornaliero) anche chiamando l’Infoline ATM 02 48 607 607. Un incaricato assisterà l’ utente nella registrazione al servizio.

4.2 Tariffe e utenti

Gli abbonamenti hanno un costo di 2,50 euro per quanto riguarda la sottoscrizone giornaliera, 6 euro per quella settimanale e 36 euro per la sottoscrizione annuale.L’emissione della prima carta non ha costi, mentre la ri-emissione ha un costo di 5 euro, ma la fidelizzazione del cliente è considerevole dopo un anno e quindi non ci sono lamentele per i costi di ri-emissione.Ogni biciclette può essere usata fino a 30 minuti senza alcun costo (la maggior parte dei viaggi non hanno durate superiori) successivamente il servizio ha un costo di 0,50 euro ogni mezzora fino ad arrivare ad un totale di 1,50 euro nelle prime due ore, ogni ora o frazione di ora successiva avrà un costo di 2 euro ( doppio al precedente, un caso abbastanza raro). Il superamento del limite delle 2 ore massime di viaggio per 3 volte comporta l’ annullamento dell’ abbonamento, mentre Si addebiterà una penale di 150 euro, oltre ai supplementi previsti, sulla carta di credito dell’utente che non restituirà la bicicletta entro le 24 ore continuate dall’ultimo ritiro presso una stazione. Il database e tutto quello che riguarda la gestione , riparazione e trasporto da stazione a stazione dei mezzi è gestito da Clear Channel, che ha progettato, sviluppato e realizzato in molte città del mondo un sistema di Bike sharingunico nel suo genere per affidabilità, efficienza e funzionalità.

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Clear channel è un’ agenzia che fornisce beni e prodotti-servizi in cambio di

pubblicità e spazi di affissione

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COME SI COMPORTANO GLI UTENTI DI BIKEMI

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FREQUENZA E ORARIO DI VIAGGIO

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Solo dopo un percorso di molti anni di installazione e gestione del servizio nelle principali città europee e con l’esperienza acquisita nella risoluzione dell’innumerevole casistica sorta durante la vita del sistema, Clear Channel è potuta giungere allivello di avanguardia e innovazione che oggi può vantare e diffondere in tutto il mondo.Il sistema di Bike sharing di Clear Channel è stato installato in molte città tra cui Barcellona, Città del Messico, Stoccolma, Anversa, Oslo, Digione, solo per citarne alcune. In Italia Clear Channel gestisce in esclusiva i servizi di Bike sharing delle città di Milano e di Verona e, in occasione di EXPO 2015, ha inaugurato il primo Bike sharing al mondo di integrazione tra bici tradizionali e bici a pedalata assistita, un sistema unico per grandezza, complessità ed innovazione.I progetti di Milano e di Verona prevedono la gestione di prestigiosi ed esclusivi impianti pubblicitari nonché la brandizzazione delle biciclette e delle bike-station.La sponsorizzazione dei sistemi di Bike Sharing di Milano e Verona offre la possibilità di brandizzare il cestino, il coprisella e il copriruota di parte o di tutte le bici in servizio in queste città, oltre alla possibilità di decorare, con il sistema «floor graphic», la pavimentazione di una o più stazioni.Il floor graphic è un materiale che per le sue caratteristiche di elasticità e versatilità risulta facilmente adattabile a siti di varia natura, soprattutto esterni, e può essere stampato

in diversi formati. Nello specifico, si tratta di una pellicola adesiva, a forte aggrappaggio al suolo, che se richiesta, viene stampata in quadricromia con soggetto personalizzato. Successivamente viene protetta con un film adesivo trasparente, opaco e poroso che ne impedisce lo scivolamento in caso di calpestio (antisdrucciolo).L’utilizzo dello spazio calpestabile dello stallo, che induce l’utilizzatore del servizio bike sharing a guardare anche verso il basso, testimonia la duttilità di un mezzo che, oltre a svolgere una funzione di pubblica utilità, si presta a essere utilizzato come mezzo pubblicitario, senza essere invasivo, ma apportando un tocco di originalità alla città che lo ospita.Questo “alternative and innovative medium” sta raccogliendo sempre più consensi tra gli advertisers perché, oltre ad essere sfruttato come mezzo pubblicitario, rispetta l’ambiente, con un impatto strutturale assai ridotto, ma di grande effetto comunicativo.E’ inoltre possibile veicolare materiale informativo con l’inserimento nel cestino di brochure, depliant o volantini.Alcuni nostri Clienti che l’hanno sperimentato con successo sono:Timberland, Fineco, Wind, Carlsberg, Ascotrade.Il dataset e tutti i dati informatici di ClearChannel contengono informazioni sui viaggi dal dicembre del 2008 fino all’ aprile del 2013, ogni registrazione sul dataset contiene i dettagli degli orari di partenza e di arrivo delle singole stazioni, l’ area

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87 Mappa delle stazioni di Bikemi

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geografica coperta nel periodo di viaggio e l’ identità di colui che ha prelevato il mezzo.Dal 2009 al 2013 il numero di biciclette e di stazioni è notevolmente aumentato (colonnine rosse del grafico) ma ancora più rilevante è l’aumento del numero dei viaggi giornalieri (colonnine azzurre) che sono partiti dai 140 del primo periodo fino ad arrivare ai 2000 del 2010 e ai 4000 del 2012 e sono tuttora in aumento grazie al posizionamento strategico delle stazioni (un esempio è la stazione vicina alla ferrovia di Villapizzone, fermata delle Ferrovie dello stato e de leNord a cui convergono studenti da Bergamo, Varese , Novara e molte altre zone, e al successivo posizionamento di 2 stazioni in via Durando e in via Lambruschini 15 in prossimità delle università).Il modulo usato per la sottoscrizione dell’ abbonamento contiene delle domande specifiche sull’utilizzatore che hanno reso possibile tracciare il profilo dell’utilizzatore tipo, che è uomo di 42 anni che si sposta per lavoro in Milano e utilizza la bicicletta per fare l’ultimo chilometro andando verso il posto di lavoro oppure per spostarsi nella pausa pranzo e per il rientro a casa. Gli abbonamenti sono stati sottoscritti dal 61.6% da uomini e solo dal 48,4% da persone di sesso femminile.Il servizio sta coinvolgendo sempre più giovani, che in percentuale corrispondono quasi al 6%, mentre i pensionati (meno del 2%) non usufruiscono molto dei mezzi, ne preferiscono uno proprio oppure si

spostano con mezzi pubblici.Il dato che però lascia forse più sorpresi è che i fruitori del servizio sono per quasi un terzo residenti fuori dalla provincia di Milano, numeri che si sommano ad un ulteriore 10% che vivono fuori dal raggio delle biciclette o comunque in piena periferia.Questo dato risulta indicativo poiché buona parte degli utilizzatori non è di Milano e spesso non la conosce affatto, infatti per breve periodo è stata presente nel cestino della bici una mappa della città, che è stato poi rimossa poiché risultava difficile gestire furti, smarrimenti e simili situazioni.Il momenti della giornata dove si registrano i maggiori picchi di utilizzo dei mezzi ,che sono tutti convergenti verso il centro della città, sono nell’ ordine le 8 del mattino (orario di ingresso al lavoro) le sei di sera(uscita dal lavoro) e l’una di pomeriggio.Dal 2013 possiamo dire che mediamente ogni bicicletta è stata usata 2 volte al giorno, dato che risulta doppia rispetto al 2010 e le stazioni più frequentate oltre a quelle strettamente vicine al centro città (Duomo) sono quelle interconnesse ai grandi snodi dei mezzi pubblici della città.I dati raccolti grazie ai rilevamenti elettronici delle biciclette come la velocità e gli itinerari preferiti sono inviati al dataset di ClearChannel.Le ricostruzioni dei viaggi vengono fatte tramite un programma che costruisce un itinerario tramite le coordinate gps

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delle stazioni e di alcune bici campione, questo consente di scoprire tramite la durata del tragitto il percorso con una discreta precisione, come il fatto che i viaggi di lunghezza compresa tra i 500m e i 2 chilometri sono molto frequenti oppure che i cittadini vanno spesso contro il senso di marcia per mancanza di piste ciclabili o per risparmiare tempo, utilizzando cosi marciapiedi e zone esclusivamente pedonali.Un’ altro dato che si può ottenere dal dataset è la velocità media di tragitto, che oscilla mediamente tra i 10 e i 24 km/h con

punte di 27km/h.Le velocità sono maggiori la mattina e nei mesi invernali, e si presentano in linea con quelle del resto d’Europa.Prendendo in considerazione che la velocità media dei mezzi nella città di Milano risulta essere di 22 km/h ci rendiamo conto che effettivamente muovendosi in centro la bici ha un notevole numero di vantaggi pratici, come ad esempio la possibilità di transitare in zone a traffico limitato riducendo la lunghezza del percorso, cosi da muoversi più velocemente in bici che in auto.

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Fotografia di una delle stazione di bikeMi in piazza duomo con il

monumento alle spalle

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4.3 L’ importanza delturismo

In seguito all’ analisi eseguita possiamo dire che una buona parte degli utenti che usufruiscono al servizio non sono residenti a Milano e possiamo dedurre addirittura che alcuni di costoro siano turisti.Dei circa 200 sistemi italiani analizzati da Giorgia Giubilato nella sua ricerca sui servizi di bikesharing, si evidenza una maggioranza (79%) di sistemi aperti ( tra cui bikemi) anche ai turisti e visitatori confronto alla percentuale minore (21%) di quelli offerenti il servizio esclusivamente ai residenti nel comune di realizzazione. In totale sono 150 i comuni aventi un sistema di bike sharing ad utenza mista e circa 40 quelli avente un sistema che offre il servizio solo ai residenti o pendolari sottoscrittori dell‘abbonamento con motivazioni di studio o lavoro.Ciò sottolinea una propensione da parte delle amministrazioni locali italiane ad offrire un servizio anche al visitatore che scelga di muoversi in modo più libero e sostenibile sul territorio di competenza del sistema integrando il bike sharing nel prodotto turistico offerto.Tra le altre iniziative realizzate in Italia nelle destinazioni turistiche a favore dell‘utilizzo dei sistemi di bike sharing da parte dei turisti, c‘è quella che stabilisce un accordo tra comune e proprietari degli alberghi che vengono incaricati a distribuire tessere o

chiavi ai rispettivi clienti che vi soggiornino per usufruire del servizio presente sul territorio (es. i comuni di Carpi e Marciana Marina nell‘Isola d‘Elba). Soprattutto per quanto riguarda i sistemi meccanici a chiave gestiti da C‘entro In Bici, si è potuto fare una distinzione tra le biciclette messe a disposizione dei cittadini e dei visitatori semplicemente colorando i telai di due colori diversi. Nella penisola italiana non è ancora stato riscontrato un problema con i proprietari dei maggiori sistemi di noleggio tradizionale che, al contrario di ciò che è successo nei sistemi presenti a Barcellona – Bicing- e nei Paesi Bassi, hanno impedito di ampliare il servizio anche ai turisti onde evitare concorrenza, costringendo i sistemi ad essere ora rivolti prettamente ai residenti. Nella penisola, i sistemi di bike sharing aperti solamente alla cittadinanza residente sono soprattutto gestiti dal sistema di trasporto pubblico locale e spesso implicano la sottoscrizione di una tessera provinciale o regionale compresa di abbonamento annuale utilizzabile anche per il servizio di bike sharing presente nel comune oltre che per gli altri mezzi pubblici.Riassumendo la situazione italiana, si evince che la maggior parte dei sistemi di bike sharing, presenti in circa 150 comuni italiani, è rivolta ad un‘utenza anche turistica e il maggior fornitore di tali sistemi è Bicincittà, ma che gli altri fornitori che stanno emergendo nel mercato realizzano

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unicamente sistemi ad utenza mista. La maggioranza di sistemi di bike sharing aperti anche ai turisti si trova nel Nord Italia, risultato a prescindere anche dal numero totale di sistemi concentrato in tale zona geografica.L‘analisi riguardante l‘accessibilità dei sistemi di bike sharing va fatta considerando la facilità di accesso ed utilizzo del servizio da parte dei turisti, sono state individuate diverse modalità di accesso al servizio:

- ritiro tessera/chiave a pagamento, - ritiro tessera/chiave con cauzione, - acquisto on-line, - acquisto ed invio codice telefonico via sms o via telefono,

- acquisto tessera nei totem presso le postazioni.

Bikemi risulta essere un sistema di massima accessibilità, infatti si può sottoscrivere un abbonamento in modo immediato, senza che l‘utente debba obbligatoriamente recarsi in un punto preciso in orari fissi garantendo così la maggiore flessibilità dovuta anche dalla possibilità di consegnare le bici in luoghi diversi da quelli di prelievo.Infatti come già detto Bikemi permette di acquistare:

- on-line, l‘utente si registra nel sito web ed acquista successivamente il pass tramite carta di credito fornito via e-mail o posta

Le due bici di bikemi elettrica e a non.

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ordinaria - tramite telefono, l‘utente acquista e riceve un codice da inserire nel totem alla postazione che permette di sbloccare la bicicletta - tramite totem od operatore direttamente nelle postazioni di prelievo/consegna .Il livello di accessibilità è stato definito come massimo perché l‘utente può accedere al servizio in piena autonomia essendo svincolato da orari o spostamenti obbligatori in luoghi preposti. I sistemi rientranti in questo sottogruppo utilizzano spesso modalità di accesso tecnologiche ma accostano sempre un servizio diretto (telefonico o nelle postazioni) grazie alla presenza di un operatore che permette la risoluzione di eventuali problemi anche agli utenti che non abbiano confidenza con la tecnologia. sistemi forniti da Clear Channel Italy. Ad esempio il sistema milanese BikeMi ha recentemente rinnovato il sito internet ideandone uno specifico per smartphone

che permette l’acquisto dell’abbonamento annuale o di pass giornalieri tramite carta di credito ed e-mail o anche semplicemente chiamando il numero dedicato per ricevere il codice di sbloccamento bicicletta in pochi minuti. Riassumendo, possiamo dire che la propensione turistica del sistema è molto alta in quanto il sistema presenta modalità di accesso perfette per qualsiasi tipo di visitatore sia soggiornante che escursionista, permettendo la sottoscrizione e l‘acquisto del titolo di viaggio in maniera flessibile. Le informazioni sono ben descritte nel sito internet anche in inglese ed altre lingue oltre l‘italiano, il sistema offre inoltre tariffazione tramite pass giornalieri/orari o gratuitamente. Sarebbe bello avere la possibilità di inserire anche degli itinerari o delle mappe integrate alla bicicletta per far conoscere la città al visitatore e per consentirgli di spostarsi con sicurezza , disinvoltura e agio nella metropoli.

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4.4 la bicicletta

Come precedentemente accennato le biciclette di Bikemi sono piuttosto costose ( quasi 700 euro l’una ) ma ogni soluzione ( o quasi) ha delle ragioni nella funzionalità e nella qualità della componentistica, cosi da ottimizzare resistenza manutenzione e l’ uabilità della bicicletta stessa.Ora proseguiamo elencando quali sono i pezzi principali , nonché quelli distintivi di questa bicicletta tanto discussa.

Il telaio

Lo scheletro massiccio di questa bicicletta è stato realizzato da una ditta francese di con dei tubolari in acciaio che arrivano anche a 5 centimetri e la rendono abbastanza pesante

a ma anche fortemente distinguibile dalle altre biciclette in commercio, la ragione di questa scelta è da ricercarsi sia dal punto di vista della resistenza sia da quello di scoraggiare i furti e la successiva vendita di mezzi che sono di proprietà privata.

Trasmissione

Si tratta di un cambio Shimano ( giapponese) a 3 rapporti di buona qualità, che comunica alla ruota le differenti modalità di andamento tramite una trasmissione a cardano. La trasmissione cardanica si basa sull’eliminare la catena da una bicicletta e sostituirla con una coppia conica, corona e pignone si trovano a stretto contatto e la trazione si trasferisce per mezzo di una ruota dentata ad un altra. Tale meccanismo

Esempio di giunto cardanico

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è stato introdotto nel mondo delle due ruote dalla BMW che con le sue moto ha interrotto un modo di intendere e vedere le due ruote. La bicicletta a trasmissione cardanica ha degli indubbi vantaggi, la cosa che salta subito all’occhio è che una catena deve essere manutenuta, ci vuole grasso ed olio e possibilmente evitare che si secchi o che la polvere usuri corona e pignone mentre in una scatola ermetica la polvere non entra cosi come gli agenti atmosferici e la lubrificazione è sempre ottimale riducendo la manutenzione. La soluzione del cardano è senz’altro una di quelle che fanno lievitare il prezzo del mezzo.

Le plastiche

Come possiamo notare , la bicicletta del

sistema milanese , mostra diverse parti in plastica ,in particolare il parafango posteriore che sorregge anche il fanale posteriore , il coprimanubrio e una carenatura che copre il giunto tra il manubrio e il telaio, dove è rappresentato il logo del comune di Milano. Il coprimanubrio (apparentemente inutile) risulta antiestetico, ma necessario per proteggere cavi dei freni ed evitare l’ ossidazione delle giunture. Quest’ ultimo è diviso in 2 parti stampate fissate tra loro e a loro volta al manubrio che emerge nella parte centrale lasciando a vista e facilmente raggiungibili le viti per staccare il manubrio dal resto del telaio per questioni di manutenzione. Il parafango, pezzo adibito agli sponsor, è fissato sia al giunto della ruota che in altri due punti al telaio tramite viti.

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Le ruote e sella

I cerchioni sono in alluminio, molto resistenti, costruiti anch’essi come il telaio in Francia, mentre il copertone ha una tasselatura leggera, studiata per il pavè e per le strade con binari dei tram e altre sconnessioni. I cerchioni sono prodotti della Mach 1 e sono il modello 510.

Altri componenti

La sella è realizzata in Italia e rifinita con poliuratani resistenti all’ acqua dalla selle Royale. Il cestino è un reticolo di fili d’ acciaio, nel quale è incastonato il fanale .La bicicletta è inoltre munita di cavalletto in metallo con un grip in gomma che va a contatto con la strada.

Aggancio della bicicletta nella rastrelliera

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parafango

fanale

coprimanubrio

L’ immagine rappresenta i punti di iteresse sui quali si andrà a progettare

dinamo

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5IL FUTURO

DEL SERVIZIO

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5.0 Ilfuturo del servizio

In questo capitolo voglio analizzare l’ ultima generazione delle biciclette a noleggio e vedere dove sta portando il servizio. Inoltre seguirà un focus riguardante le carenze e le lacune del servizio dal punto di vista del “prodotto bicicletta” .

5.1 La quarta generazione di bikesharing

Shaheen et. al. (2010, p.15) individua una potenziale quarta generazione in fase di sviluppo con sistemi caratterizzati da un maggiore fattore di attrattiva per gli utenti, i quali avrebbero la possibilità di interagire ancora più autonomamente con il sistema. Se la terza generazione era in grado di fornire informazioni in tempo reale tramite siti internet dove gli utenti potessero controllare il proprio account, la quarta generazione di sistemi di bike sharing aumenta l‘interazione tra il sistema stesso e l‘utente fornendo servizi personalizzabili anche via mobile (es. navigazione guidata dal punto di prelievo alla destinazione). L‘aumento del grado di interazione tra domanda ed offerta tiene in considerazione anche l‘uso dei social networks, specialmente Twitter, che è stato utilizzato a Torino come fonte di informazioni su dove realizzare nuove stazioni basandosi sulle richieste degli

utenti (Menonna, 2010). Inoltre vengono applicate tecnologie innovative a questa nuova generazione di bike sharing in modo da migliore anche il servizio (nuove tecniche di riposizionamento) e la infrastrutture (panelli fotovoltaici come ricarica della biciclette a pedalata assistita). L‘aspetto più importante è quello dell‘interazione con altri mezzi di trasporto tramite un unico pass, in modo da garantire all‘utente la co-mobilità precedentemente descritta.

Le caratteristiche principali della nuova generazione sono (Parkes et al., 2013):

• Postazioni mobili e flessibili, adattabili alla domanda di biciclette secondo richiesta e con costi di implementazione ridotti • Utilizzo di tecnologie per i pagamenti del servizio (smartphone, computer) • Stazioni alimentate ad energia solare dotate di pannelli fotovoltaici • Biciclette elettriche a pedalata assistita per consentire a tutti (es. persone anziane) la fruizione del servizio • Applicazioni per smartphone/IPhone che permettano di vedere la disponibilità in tempo reale di biciclette nelle stazioni • Integrazione nel sistema di trasporto pubblico (treni, bus, car sharing) tramite l‘utilizzo di un‘unica smart card • Tracciabilità tramite tecnologia GPS e sistemi di geo-fencing.

Seguendo l‘esempio di città come Montreal,

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in Canada, la prima ad aver realizzato un sistema di quarta generazione nel 2009 (Shaheen et al.,2010), questi nuovi sistemi si stanno diffondendo a macchia d‘olio anche negli Stati Uniti sebbene il livello di utilizzo della bici sia più basso di quello europeo

(Parkes et al., 2013). I maggiori sistemi della quarta generazione sono a New York, denominato Citibikes, con 6000 biciclette a disposizione su 332 stazioni (Maynard, 2013)10 Washington D.C., Minneapolis, Chicago, Boston, e Miami.

Progetto per l ’aliminazione delle torrette a favore di un inserimento della carta direttamente nella bicicletta concept di Rafaa .2014

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Progetto di stazione di bikesharing di Rafael Schmidt per Copenaghen 2013

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5.2 Cosa manca ancora?

Ci sono ancora alcune mancanze anche per quanto riguarda i sistemi di bikesharing più avanzati come bikemi, al quale mi sto riferendo in questa ricerca. Mi è capitato di andare a milano con la mia famiglia e di usufruire tutti di quello che era il servizio di bikeMi. Con noi era venuta anche la mia cuginetta, che avendo solo 2 anni non può chiaramente guidare una delle biciclette che sono a disposizione dei tesserati ATM. Ho provato a farla sedere sul manubrio, ma sono stato ripreso dopo pochi metri da un vigile urbano, il quale mi ha ricordato che questi mezzi non sono omologati per circolare con un passeggero. Come può fare una persona con figli e bambini a carico a spostarsi tramite questo servizio che risulta essere cosi comodo? Come è emerso dalla mia ricerca questo caso non è isolato, infatti una alta percentuale di coloro che usufruiscono del servizio è costituita da turisti o utilizzatori occasionali, ai quali possiamo sommare tutti quegli utilizzatori che pur essendo di Milano amano spostarsi in bici con la famiglia.Il comune di Milano ha avuto, soprattutto negli ultimi anni, un occhio di riguardo per i bambini e per permettere loro di svolgere attività ricreative e formative in sicurezza all’interno della città.Possiamo dire che il comune di Milano, come dimostrano alcuni articoli presi dalle maggiori testate giornalistiche del

nostro paese, è una delle città europee che maggiormente va incontro ai bambini, sono presenti una moltitudine di siti internet, che descrivono dettagliatamente le iniziative del comune per i più piccoli. Queste iniziative comprendo no spettacoli , laboratori artistici, dove i bambini sviluppano le loro facoltà creative, eventi che li portano a contatto con la natura e con gli animali e molto altro.Tra le iniziative più belle possiamo citare quelle del Muba, museo dei bambini di Milano, che organizza continuamente eventi e mostre che coinvolgono i bambini tutto l’ anno.Una note speciale va dedicata all’Expo che 2015 pensa anche ai bambini. All’interno del sito espositivo ci sarà, infatti, il Children Park, l’area tematica dedicata ai piccoli dai 3 a 10 anni, che sarà gestita dal Comune di Milano. Grazie a un accordo con la società Expo 2015 Spa, il Comune di Milano avrà la regia dell’area tematica Children Park, pensata come un’area gioco e scoperta per i piccoli protagonisti di Expo, un “viaggio sensoriale ed educativo” attraverso i grandi temi dell’alimentazione sana e sicura, della sostenibilità, dell’ambiente. Il Children Park, sviluppato da Reggio Children-Cen tro Internazionale per la difesa e la promozione dei diritti e delle potenzialità dei bambini e delle bambine - Comune di Reggio Emilia, è a nord del sito espositivo e comprende percorso didattico, aree verdi e attrezzate.Anche le attività che spesso non prevedono

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la presenza di bambini si stanno adeguando alla loro presenza, ristoranti, parchi e musei sono ormai pronti ad accogliere bambini di tutte le età. Come ci arrivano i bambini coi propri genitori a questi eventi? Chiaramente a Milno l’uso del trasporto pubblico è la risposta milgiore allospostarsi in città , ma i trasporti non sono ancora a misura di bambino, e in questi purtroppo è compreso anche il servizio di bikesharing della città. Sarebbe quindi una soluzione interessante andare a colmare questo gap dando la possibilità ad un genitore di portare i propri figli/nipoti con se quando ci si sposta con le biciclette arancioni a noleggio.Perchè non dare la possibilità ai bambimi di essere portati sulle biciclette di bikeMi?Per comprendere quali fossero altri limiti del servizio BikeMi, durante questi mesi ho utilizzato il servizio di biciclette a noleggio il più possibile e ho realizzato delle interviste a persone che ne facevano uso, per poter capire quali fossero i punti in sospeso ancora migliorabili.Spesso mi sono trovato nella necessità di utilizzare il servizio di bici a noleggio, dovendomi spostare in zone della città che non conoscevo. Come ogni ragazzo della mia età dipendo da uno smartphone, che ho interpellato per recarmi nel posto che mi interessava. Facendo riferimento a ciò

che ho già detto nei capitoli precedenti, Bikemi risulta essere un sistema di massima accessibilità, infatti si può sottoscrivere un abbonamento in modo immediato, il che implementa l’uso del servizio da parte di turisti e persone che usano il servizio raramente o solo occasionalmente. Queste categorie di utenti hanno in comune una sola cosa: non vivendo a Milano non ne conoscono il territorio. Io stesso ho necessità di spostarmi in luoghi che non conosco e per farlo utilizzo mappe online, navigarori o mappe cartacee ( ultimamente soppiantate da quelle dei nostri smartphone). Sarebbe quindi interessante poter fornire insieme alla bici la possibilità di utilizzare un sistema di navigazione o di mappe mentre si sta utilizzando la bicicletta .Anche dalle interviste , delle quali farò solamente un veloce sunto, è emerso che molti utenti utilizzano i loro smartphone per orientarsi, e che vorrebbero poterli utilizzare anche mentre si spostano con le biciclette a noleggio.Come risolvere il problema dell’ orientamento in bicicletta?Una parte abbastanza consistente degli utenti ha anche suggerito che sarebbe e cito testualmente “carino” potersi spostare con mezzi di locomozione quali la bicicletta in 2 o più persone.

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Concept realizzato da uno studente del Politecnico di Milano 2013

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5.3 In bicicletta con un baby-passeggero

In genere, i bambini in tenera età, quando sono trasportati sulla bici, dopo qualche chilometro tendono ad addormentarsi. Occorre conoscere bene gli orari di sonno-veglia del piccolo (che non vanno alterati) e pianificare le proprie necessità di spostamento in base ai ritmi del piccolo, evitare quindi di trovarsi nelle ore più assolate in luoghi senza possibilità di sosta ed ombreggiatura.Utilizzare sempre percorsi prevalentemente asfaltati per evitare sollecitazioni meccaniche che possono essere dannose all’ossatura del piccolo passeggero. Utilizzare e prediligere percorsi protetti, pianificare bene ed in anticipo il numero dei chilometri per evitare problemi logistici. Come ci si può muovere in bicicletta con un bambino in tenera età?

Marsupio (08-18 mesi)

Un buon marsupio, resistente e di buona qualità consente di trasportare il bimbo allacciato al petto del genitore. I bimbi sono a contatto con l’ adulto, hanno piena visuale e possono godersi il viaggio, inoltre è di ottima praticità quando il piccolo si addormenta poiché e completamente protetto ed “imbragato”.Un marsupio è molto pratico e quando

non serve può essere facilmente ripiegato e riposto in una borsa. L’ unica cosa di cui tener conto con questo metodo di trasporto è che la canna centrale delle biciclette da uomo può essere e pericolosa per chi viene trasportato e scomoda per chi trasporta.

Seggiolino (08-09 mesi fino a 5 anni)

I bimbi possono iniziare ad usarle un seggiolino quando sono in grado di sedere in posizione eretta (8-9 mesi). I seggiolini anteriori sono preferiti dai bimbi, hanno piena visuale del tragitto ed anche per il genitore è più pratico avere il piccolo sotto controllo, in genere hanno un sistema di fissaggio al tubo orizzontale .Passa il tempo ed il bimbo cresce e diventa grandicello, il seggiolino anteriore diventa scomodo, pericoloso per la possibilità che il piccolo possa arrivare coni piedi nella ruota anteriore ed occorre passare al seggiolino posteriore. I seggiolini posteriori sono più grandi, più anatomici e possono portare fino a 25 Kg di carico, hanno l’attacco sul portapacchi oppure sul tubo piantone del telaio. Questo spostamento sul retro della bici non sempre è gradito dai bimbi, stare dietro toglie visibilità e si ha un contatto minore con il conducenteIl sistema di ancoraggio o ad un portapacchi esterno o al telaio (con aggancio sul telaio nel punto inferiore alla sella) deve essere

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Esempio di appendice calessino 1902 India orientale

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efficiente e ben saldo, perciò per non correre rischi cercando di risparmiare, ci sono leggi di omologazione severe . I migliori hanno il poggia-testa, il poggia-piedi e sono regolabili a seconda dell’età del bambino, possono essere utilizzati anche fino ai 5 anni d’età.

Seggiolini a norma

Trasportare i bambini in bicicletta in un’escursione domenicale, nel viaggio da casa all’asilo, nel recarsi a fare la spesa è economico, agevole e salutare. Ma per viaggiare – o meglio, pedalare –sicuri anche in compagnia dei più piccoli (bambini di età approssimativa dai 9 mesi ai 5 anni) è necessario munirsi di un seggiolino che presenti i seguenti requisiti, contenuti nella norma UNI EN 14344:2005:- I seggiolini vengono classificati in base al peso del bambino e al loro posizionamento: da 9 a 22 kg è la capacità di trasporto di quelli montati dietro il ciclista, da 9 ad un massimo di 15 kg è quella per i seggiolini montati tra manubrio e sella.Le estremità, gli angoli, le sporgenze devono essere arrotondate, ripiegate o protette con un rivestimento in plastica o similare per evitare il rischio di ferite.Particolare attenzione va anche prestata alle parti piccole componenti il sedile, che possono essere staccate e ingerite dai più piccoli.Per poter identificare il prodotto “a norma”

si deve cercare la marcatura: il seggiolino deve riportare ben visibili il numero della norma EN 14344, le informazioni generali relative al peso massimo del bambino che può essere trasportato, il nome o il marchio del fabbricante, la data e il mese di fabbricazione.

Carrelli Questa tipologia di trasporto si addice ad un bambino un po’ più grande , che ricopre una fascia di età compresa tra i 3 e i 6/7anni, poiché il bimbo deve essere disposto ad affrontare viaggi più lunghi. Il carrello è comodo per genitore e bimbo ma si addice poco al trasporto nelle grandi città poiché il bambino risulta più lontano dal genitore. Si tratta di un rimorchio a due ruote che può essere fissato alla vostra bici tramite un sistema di aggancio solido e sicuro, i migliori hanno una pinza che si ancora al forcellino posteriore oppure un sistema di ancoraggio che si fissa assieme allo sgancio rapido della ruota.All’interno vi è una seduta dove il bimbo può essere fissato da una serie di “cinture di sicurezza” che gli permettono di stare comodo e protetto anche quando si addormenta. Sono accessoriati con copertura dalle intemperie e si possono aprire in quanto forniti di zanzariera interna che lascia passare l’aria ma non gli insetti (una tenda da campeggio su due ruote); inoltre hanno ampio spazio

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per riporre accessori utili. I migliori sono addirittura dotati di sospensioni. Le dimensioni sono spesso un problema per il trasporto inj città, infatti questi carrelli sono pratici ma sulle nostre piste ciclabili ed in mezzo al traffico possono risultare “scomodi”.

Appendici

Quando il bambino vuole incominciare a pedalare(dai 4 ai 7 anni circa), è tempo di utilizzare delle appendici di trasporto. Questo strano oggetto altro non è che una sorta di “mezza bici” priva della ruota anteriore e che dispone di un tubo da collegare alla bici del genitore. Come una specie di tandem, in pratica il piccolo è sempre ancorato a voi, queste appendici sono prive di freno ma il bimbo può pedalare in autonomia in quando dispone del suoi pedali, della sua ruota libera e può fare la sua “giusta” dose di fatica ed anche i polpacci di papà o mamma saranno finalmente salvi dai lividi derivanti dai calci del bimbo seduto sul seggiolino posteriore.Un consiglio pratico, dotate l’appendice di fermapiedi per evitare che il bimbo “giri a vuoto” e si abitui al movimento della pedalata. Ricordate anche di fare indossare sempre il casco, al momento non è un obbligo di legge e all’inizio l’opera di persuasione non sarà semplice ma è fondamentale per la sicurezza.

Dopo l’ analisi effettuata emergono dei dati lampanti per le successive considerazioni progettuali

- La fascia o marsupio può essere comoda ma non può essere accorpata al sistema di bikesharing, poiché vulnerabile a furti e difficile da riporre nelle biciclette .- Le appendici e i carrelli in una città grande come quella di Milano presentano alcuni problemi: una “pertinenza” attaccata al retro delle bici è poco controllabile, inoltre col traffico intenso c’è la possibilità che sia fastidiosa o addirittura pericolosa poiché se ne ha poco controllo ed essendo separata dalla bicicletta in posizione posteriore l’ adulto ha una scarsa visibilità sul bambino.- Inoltre le piste ciclabili non sono pronte per accogliere delle biciclette con carrellino, essendo abbastanza strette e con curve secche.- Sistemi di trasporto separati dal corpo della bici sarebbero difficili da gestire per quanto riguarda gli spazi e il vandalismo di cui purtroppo il bikesahring è vittima .- Solamente il seggiolino e le appendici risultano essere completamente immuni alle intemperie poiché non hanno pezzi che possono rimanere bagnati o usurati dalle precipitazioni

In base alle considerazioni fatte il metodo di trasportare i bambini che risulta più efficace è quello del seggiolino.

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5.5 Il seggiolino: spunti

Durante ta ricerca mi sono imbattuto in moltissimi spunti interessanti sia vecchi che nuovi. Ho trovato spunti interessanti di designer e di idee “fai da te”.

Partendo da questi oggetti ho cercato una soluzione per il mio caso.

_ In occasione del Salone Internazionale del Mobile 2012, Viafarini è lieta di presentare Low Cost Design, un progetto di Daniele Pario Perra. Il progetto espositivo rientra nell’iniziativa Posti di Vista RI-CREAZIONE,

coordinata da FDVlab alla Fabbrica del Vapore. Low Cost Design è una mostra itinerante con più di cinquecento oggetti e strutture relativi al cambio d’uso di manufatti o di parti del territorio, attraverso l’azione consapevole di tante persone, ai quattro angoli del mondo. Tra questi una sedia impilabile in plastica , che siamo soliti vedere nei piccoli bar o in riva al mare, viene fissata ad una bicicletta sul portapacchi per creare un seggiolino. Riflettendo non troppo attentamente è chiaro che si tratta di una sedia realizzata per stampaggio a iniezione proprio come i seggiolini da bici ma con 2 gambe in più.

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_ Molti genitori vorrebbero portare con se un passeggino mentre si muovono in bici ed avere un seggiolino allo stesso tempo... Un designer svedese, Lycke von Schantz, è riuscito a risolvere questo problema alquanto noioso, realizzando il primo passeggino che in un attimo si trasforma in seggiolino per il mezzo a due ruote.Si chiama Påhoj ed è il primo prodotto in grado di soddisfare due delle necessità primarie di mamme e papà durante le passeggiate con i propri figli, la

possibilità di camminare liberamente anche quando il bimbo è stanco, ed utilizzare senza problemi la bicicletta. Linee pulite e semplici, struttura ultra moderna e colori accesi, fanno di questo passeggino un perfetto compagno per i primi anni di vita dei più piccoli e si presenta come una valida ed ecologica proposta, in grado di invogliare anche i genitori più stanchi nell’utilizzare la bici piuttosto che l’automobile durante una gita fuori porta.

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_ La Panton Chair è un grande classico nella storia dei mobili di design. Ideata da Verner Panton nel 1960, la Panton Chair fu sviluppata per la produzione in serie in collaborazione con Vitra. Questo progetto è stato il primo realizzato completamente in plastica in un unico stampo. Dal suo lancio sul mercato nel 1967 ha attraversato diverse fasi produttive. Soltanto a partire dal 1999 è stato possibile produrre la sedia seguendo il suo progetto originale - in plastica durevole e tinta in massa con una satinata

finitura opaca. La comodità di questa sedia è il risultato della combinazione tra la struttura a sbalzo dal design antropomorfo e un materiale leggermente flessibile. Può essere usata da sola o in gruppo ed è adatta per interni ed esterni. La Panton Chair ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali di design ed è presente nelle collezioni di molti musei importanti. Grazie alla sua espressività è diventata un‘icona del XX secolo.

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_ Children’s bike seat è un progetto di Martina Staub e Lisa Nissen, due designer svizzere,che hanno progettato un nuovo modo di trasportare bambini in modo leggero e sicuro. Si tratta di un seggiolino realizzato con un frame di fibra di vetro e polipropilene che è leggero e resistente, sopra questo viene posizionata una rete sintetica fissata al frame in modo da

risultare elastica e morbida allo stesso tempo. Il bambino è al sicuro da frenate improvvise grazie ad un sistema di cinture di sicurezza a cinque agganci e la rete su cui appoggia può essere facilmente rimossa. In caso di necessità di trasportare oggetti e non bambini la rete diventa una pratica borsa.

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_ Arriva da Napoli la prima sidebike a pedalata assistita, la Beach Vintage Side. A proporla è la Bad Bike che ha unito un’e-bike con un carrozzino dalle forme d’epoca in grado di ospitare un bambino anche grande. Il risultato è un sidecar a pedali dallo stile retrò realizzato con un telaio in lega di alluminio con peso, comprensivo di accumulatori, di 30 kg e capace di

trasportare fino a 120 kg. Una massa di rilievo per un’e-bike che ha indotto ad adottare cerchi a doppia spalla rinforzati con pneumatici antiforatura da 26”, nonché un impianto frenante con doppi dischi.Per il comfort sono previsti la forcella e il sellino ammortizzati, mentre il carrozzino è privo di sospensioni.

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5.5 Analisi di mercato del seggiolino

Adesso che ho focalizzato l’attenzione su quello che è il fulcro del mio progetto (trasportare un bambino in bicicletta tramite un seggiolino) è necessario analizzare cosa offre il mercato, seppur in ambito privato, per rispondere a questa esigenza.Partiamo col dire che nessuna compagnia di bikesharing offre la possibilità di portare un bambino sulla bicicletta a noleggio e che quindi progettare in questo ambito sarà qualcosa di nuovo, ma sarà utile comunque ispirarsi a ciò che è già in commercio. Intendo citare solo gli oggetti che ritengo più significativi.

5.5.0 Percentili bimbo

ogni bambino cresce in amniera diversa, ma come sappiamo la crescita corporea si può standardizzare salvo, casi eccezionali , secondo delle curve di crescita che risulatano esponenziali fino ai 3 anni di età e poi diventano progressive fino all’età adulta.Riporto qui di seguito i percentili di crescita dei bambini e delle bambine fino ai tre anni.

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5.5.1 Seggiolino bici reclinabile Eggy relax ok baby

Seggiolino monoscocca reclinabile (Automatic Barycenter System)Peso Massimo del bambino: 22 kgSi fissa al tubo piantone del telaio E’ adattabile a telai con diametro compreso tra 28mm e 40mm.La seduta di Eggy Relax è reclinabile con un’escursione fino a 22°.Poggiapiedi: regolabili in altezza in 15 posizioni, dotati di cinturini di sicurezza per evitare che i piedi del bambino entrino in contatto con i raggi della ruotaCinture di sicurezza con tre punti di ritenzione, regolabili in altezza in tre posizioni e regolabili in lunghezzaImbottitura termoformata, idrorepellente e atermica.Imbottitura lavabile con acqua tiepida e sapone neutrorealizzata con materiali atossici

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5.5.2 Seggiolino Bici Dark Grey THULE

L’innovativo design di Thule RideAlong ha consentito di creare un seggiolino da bicicletta posteriore semplice e intuitivo da utilizzare, in grado di offrire prestazioni eccellenti per gli spostamenti di tutti i giorni o per le avventure in bicicletta con tutta la famiglia. Imbracatura imbottita regolabile che assicura massimo comfort per il bambino e un montaggio sicuro e personalizzabile. Il sistema di sospensioni DualBeam consente di ammortizzare l’impatto con la strada e assicura un trasporto senza scossoni e confortevole per il bambino. Inclinazione fino a 20 gradi regolabile con una sola mano, con cinque posizioni diverse. Le cinghie fermapiedi e i poggiapiedi regolabili con una sola mano garantiscono comodità e flessibilità durante la crescita del bambino.

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5.5.3 Yepp Maxi Bike Child Seat

La differenza sostanziale dei seggiolini Yepp sta nel materiale utilizzato E.V.A. (etilen vinile acetato) a base polimerica. Questo materiale largamente utilizzato da alcune famose case calzaturiere, offre una comodità di seduta senza precedenti. La sua “gommosità” non rende necessario l’utilizzo di cuscini e schienali, ed offre anche un notevole effetto ammortizzante (la bicicletta e pur sempre un mezzo alquanto rigido) tale da sopperire alle asperità del terreno.L’utilizzo di questo particolare materiale è ideale su prodotti per bambini, è infatti atossico, antibatterico, idrorepellente, resistente agli agenti atmosferici e al deterioramento nel tempo, offre una buona resistenza ad Oli e Grassi e soprattutto è facilmente lavabile.La struttura del seggiolino “traforata” consente un’ottima traspirabilità e l’utilizzo del materiale E.V.A. consente al seggiolino stesso, lasciato al sole, di mantenere sempre la stessa temperatura.

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5.5.4 iBert Safe-T-Seat Front Child Seat

L’iBert offre alle famiglie esattamente quello che cercano in ambito di seggiolini da bicicletta per bambini; comfort, sicurezza e design innovativo.Il bambino si siede in maniera sicura tra le braccia dell’adulto e dietro alla protezione del manubrio, dove può tranquillamente guardarsi intorno.Il modello 2015 include un volante perché il bimbo possa giocare e una nuova clip di sicurezza per una maggiore stabilità.Inoltre risulta innovativa la posizione delle gambe che sono piuttosto distese rispetto ai normali seggiolini.

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5.5.5 Hamax Caress Child Bike Seat

Il seggiolino Hamax Caress ha un sostegno per il portapacchi, per cui risulta più facile e sicuro da installare sulla bici ed è adatto anche alle bici elettriche. È adatto a bambini a partire dai 9 mesi e con un peso massimo di 22 kg o a seconda del carico massimo supportato dal portapacchi. Con questo seggiolino infantile, il tuo bambino potrà stare comodo grazie all’ammortizzazione integrata, all’imbottitura e ai braccioli laterali. Inoltre, sia lo schienale che il poggiapiedi sono regolabili e si adattano man mano che il bambino cresce.Caratteristiche:- Da montare sul portapacchi esistente- Adatto alle bici elettriche- Il portapacchi deve essere preparato per un carico di 25 - 30 kg- Ammortizzazione integrata per maggiore comodità del bambino- Sostegno per l’inclinazione del sedile- Adatto a portapacchi con larghezza 120-170 mm- Diametro del tubo: 10 – 20 mm- Per bambini dai 9 mesi fino a 22 kg di peso- Montaggio facile e sicuro

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5.5.6 SSeggiolino sirius ok baby

E’ dotato di esclusivo sistema per l’inclinazione dello schienale. Il semplice movimento di una mano fa ruotare il pomolo di comando che alza e abbassa lo schienale, anche con il bambino seduto dentro. Simultaneamente, il seggiolino avanza o arretra per mantenere il corretto baricentro.Catadiottro rifrangente. Speciale imbottitura idrorepellente e atermica. Schienale richiudibile per il minimo ingombro nel trasporto.Blocco di fissaggio con sistema antifurto a combinazione.La reclinazione può essere fatta senza far scendere il bambino dalla bici.

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5.5.7 WeeRide SafeFront CLASSIC

L’innovativo seggiolino anteriore Weeride Safefront Classic si distingue per il design innovativo ed è infatti l’unico ad offrire una migliore distribuzione del peso sulle due ruote e quindi nessuno spostamento del baricentro della bicicletta. Il bambino viaggerà in tutta sicurezza grazie ad una cintura di sicurezza in 5 punti(unico nel suo genere) e poggiapiedi regolabili. Il vostro bambino avrà la libertà di guardare avanti e grazie, al poggiatesta imbottito, avrà la possibilità di dormire senza che la testa ciondoli ripetutamente.

Dettagli tecnici

Età: 1 – 4 anniPeso: 15 KgPoggiatesta su cui il bambino può dormire serenamente ed in tutta sicurezzaCintura di sicurezza a 5 punti di fissaggioDistribuzione del peso ottimizzata sulle due ruoteAdatto ad ogni tipo di bici uomo/donna (26″-28″)Conforme alla normativa Europea EN 14344 – TÜV

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5.5.8 Capobianchi Cocoon

Seggiolino bici posteriore per bambini fino a 22 kg di peso (7 anni circa), seggiolino reclinabile, garantisce il massimo comfort in completa sicurezza, anche se il bambino si dovesse addormentare. Il blocchetto permette il fissaggio del seggiolino alle più diverse biciclette, da uomo e da donna, dalla city bike alla mountain bike più sportiva. Caratteristiche tecniche: Aggancio del blocchetto al telaio tramite due placchette di acciaio - Fissaggio adatto a tubi a sezione circolare, con diametro da 25 a 46 mm, e ad un’ampia gamma di tubi a sezione ovale - Cinghie di sicurezza regolabili in lunghezza ed altezza - Fibbia di sicurezza “childproof”, facile da allacciare - Altezza dei supporti per i piedi regolabile in modo continuo - Soffici imbottiture per garantire il massimo comfort - Protezioni integrali per i piedi che impediscono il contatto con le ruote in qualsiasi posizione. Testato con successo in Germania in accordo alla DIN 79120.

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5.5.9 Kiki Seggiolino anteriore htp design

Il Seggiolino per bici mod. Kiki è montato anteriormente sul tubo del manubrio della bicicletta con diametri da 22 a 25 mm.Questo prodotto è adatto per bambini che hanno un’età compresa tra i nove mesi e i tre anni e in ogni modo non devono superare i 15 KG di peso Il bambino quando sarà seduto davanti a voi scoprirà un mondo nuovo , potrete tenerlo sotto controllo e parlargli quando passeggiate con lui.Il seggiolino è montato su un sellino in acciaio zincato, che permette di ammortizzare le sconnessioni delle strade attraverso il molleggio dello stesso, in modo da proteggere la colonna vertebrale. Il bambino è fissato al sedile del seggiolino attraverso una cinghia a tre punti, in modo che egli non si liberi; la fibbia inoltre è anch’essa a tre punti d’aggancio, ciò che si raccomanda è controllarne periodicamente il fissaggio delle viti e l’aggancio del seggiolino. . Gli appoggiapiedi sono regolabili in altezza e sganciabili in modo rapido; sono provvisti di cinghie fermapiedi e ciò che raccomandiamo è sempre che essi siano agganciati e avvolti attorno ai piedi del vostro bambino prima della passeggiata. Il seggiolino è composto da un cuscino traspirante che permette nelle giornate calde di smaltire la lieve sudorazione del vostro piccolo.

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5.5.10 Bellelli Sportfix

Seggiolino sicuro e divertente, con i buffi piedini a forma di zampina ed il simpaticissimo (e resistentissimo) maniglione con cui giocare in tutta allegria.

1. Struttura leggera e resistente, in plastica atossica facilmente lavabile2. Soffice cuscino lavabile3. Fori di ventilazione su spalle e schiena4. Fibbione di sicurezza estremamente comodo per i genitori, si aggancia e sgancia con una sola mano5. Regolazione continua dell’altezza dei piedini6. Cinture di sicurezza regolabili in lunghezza7. Alte sponde laterali, per un miglior contenimento del bambino8. Pratico maniglione che protegge ulteriormente il vostro bambino e rende più divertente il viaggio9. Ampia e confortevole seduta10. Ampie protezioni per impedire ai piedi di toccare i raggi delle ruote

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5.5.11 Bellelli Mr fox standard

Linee sinuose e tanti accorgimenti caratterizzano questo seggiolino bici. Lo schienale ha un ingegnoso spazio per il caschetto, le cinture si regolano in profondità, altezza a lunghezza, la seduta è morbidamente imbottita.

1. Struttura leggera e resistente, in plastica atossica facilmente lavabile2. Soffice cuscino lavabile3. Fibbione di sicurezza estremamente comodo per i genitori, si aggancia sgancia con una sola mano, regolabile in profondità4. Regolazione continua dell’altezza dei piedini5. Cinture di sicurezza regolabili in altezza ed in lunghezza6. Alte sponde laterali, per un miglior contenimento del bambino7. Ampie protezioni per impedire ai piedi di toccare i raggi delle ruote8. Alloggiamento per il caschetto

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5.5.12 Seggiolino Polisport Gup-py

Il seggiolino Polisport Guppy si monta molto facilmente al telaio della bicicletta e consente di trasportare i bambini da 9 mesi e fino a 22 kg di peso in maniera sicura e comoda.

Caratteristiche: - Coulisse di montaggio tubi Ø 28-40 - Tubi circolari e ovali - Peso dei bambini 9-22 kg - Normativa EN 14344 - Protezione laterale con sicurezza aumentata- 5 punti di sicurezza - Bretelle di sicurezza regolabile - Cintura di sicurezza extra - Protezione per i piedi e ritenzione - Cuscino lavabile e comodo- Poggiapiedi regolabili in 4 posizioni - Resistente alle radiazioni UV

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6LA MIA

SOLUZIONE

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6.0 il mio progetto

La mia idea si basa sulla possibilità di migliorare il servizio di Bikemi tramite il miglioramento di alcune parti della bicicletta, aggiungendone una fuzione che è ritenuta utile. Basandomi sulla ricerca effettuata intendo realizzzare 3 progetti specifici che andranno ad integrare l’ offerta del suddetto sistema.I concept di progetto vannoa dare risposta ad alcune delle problematiche elencate nel capitolo tre ,quattro e cinque , in particolare l’ orientarsi in città e lo spostarsi in più di una pesona su di un singolo mezzo.Nello specifico i progetti sono :

• Una riprogettazione delle plastiche del manubrio per alloggiarvi uno smartphone • La sostituzione su un determinato numero di bici di un seggiolino che ripara dallo sposrco sollevato dalle ruote che andrà a sostituire il parafango posteriore ed il fanale.• Un tandem che mantiene le linee dell’attuale bicicletta ma come è chiaro consente di spostarsi in 2 persone.

Il primo ed il terzo progetto si focalizzano su turisti e utilizzatori occasionali, mentre il secondo è rivolto a chi usa il mezzo abitualmente.

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6.1 Copri-manubrio

La prima parte del mio progetto di integrazione è il copri-manubrio. Analizzando quello già esistente possonoter alcuni tratti distintivi, come una forma aerodinamica piuttosto stravagnate in polipropilene di color sabbia che ha lo scopo di proteggere dagli agenti atmosferici i cavi del cambio e dei freni. Inoltre si può vedere che nella parte centrale il manubrio mostra una deflessione che fa emergere come fossero delle ossa scoperte, il telaio del manubrio.Questo è attaccato al resto del telaio

tramite un giunto che fa presa tramite 6 viti che fanno forza su un blocco in acciaio ricavato dal pieno. Il coprimanubrio è stampato in 2 parti differenti, una anteriore e una posteriore, che vengono fissate sul manubrio e le une alle altre tramite sei agganci interni alla scocca ricavati dallo stampaggio a iniezione (tre a sinistra e tre a destra).Il mio intento è quello di modificare il manubrio per usufruire di questa scocca protettiva di modo da dagli anche una seconda funzione, vista la scarsa utilità e il notevole ingombro che presenta.

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6.1.1 Il mio intervento

Partendo dall’ importanza del turismo (vedi cap.4) ho rilevato che gli utenti i quali, non abitano a Milano e non la conoscono affatto , i turisti e gli utilizzatori occasionali, sono una parte molto rilevante del totale e mi sono quindi concentrato su come efragli conoscere i tragitti e i posti di interesse mentre guidano una bikemi in città.Ho pensato di inserire all’interno della scocca del manubrio un alloggiamento per uno smartphone, ormai tutti ne posseggono uno e ha qualsisi tipo di applicazione. Inoltre tramite un solco nella parte posteriore della

scocca ho dato al possibilità di far passare un cavo ( l’ alimentatore dello samrtphone) che si collega direttamente alla dinamo della bicicletta tramite un’uscita usb.In questo modo chi utilizza il servizio , non solo può posizionari un cellulare o un navigatore satellitare sulla bicicletta, ma può anche ricaricarlo mentre si sposta.Ormai tutto i cellulari hanno un’ applicazione che consente sia di navigare che di mostarer i punti di interesse quindi perchè non sfruttare la tecnologia che ognuno di noi ha con sè tutti i giorni? Chiaramente dovremo ricordarci di riprendere il nostro smartphone dopo che loabbiamo utilizzato.

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fori perfissaggio a vite

perno di aggancio per le due metà del manubrio

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6.1.2 Dettagli tecnici

Il pezzo è stato pensato molto simile all’originale, am con un alloggiamento appositamente studiato per qualsisi tipo di smart phone.a sinistra possiamo vedere le dimensioni di massima dello stampato che

non differiscono da quello già esistente.Il pezzo verrà stampato ad iniezione , in polipropilene con uno spessore di due millimetri.il fronte e il retro del pezzo si uniscono con giunti simili agli originali, tramite un fissaggio a vite stellata per evitare il furto.

foro per accedere al giunto manubrio-telaio

linguetta di gomma per evitare lo scivolamento

protuberanza di fissaggio smartphone

taglio che consentel’ uscita del caricatote

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Ho valutato la possibilità di caricare il proprio navigatore o smartphone mentre si è in viaggio e ho pensato che si potesse utilizzare una dinamo come quella fornita da tigra bikecharge, che con un attacco usb universale fornisce energia al device.La scelta è basata su esperienza personale infatti il dispositivo può essere sostituito con qualsiasi altro .

Dynamo con attacco usb

agganci adesivi al telaio

accumulatore di carica

incastro per il cavo

6.1.2 Attacco dinamo

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progetto per il nuovo manubrio2015

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6.2 Seggiolino

Di seguito verrà riportato un articolo di Wired Italia che parla di provvediamenti per i bambini per quanto riguarda Bikemi.

È un’ottima notizia: Milano vuole arrivare a 50mila abbonati al bike sharing per Expo2015. Stanno arrivando mille bici elettriche e ogni stazione sarà super hi-tech. Resta un’unica trave nell’occhio del Bike sharing milanese (a parte la questione delle piste ciclabili), di cui l’amministrazione non sembra preoccuparsi molto: nessuna possibilità di aprirlo alle famiglie. A differenza di altre città nel mondo (Hangzou ad esempio, ma anche Ferrara o Como) nessun mezzo è munito del semplice seggiolino per trasportare i bambini.Come spesso succede in Italia, a Milano pensiamo alla grande opera ma ci manca l’indispensabile. Le nuove aperture portano a 216 le postazioni totali e a circa 4.050 le bici disponibili. Per carità, un successone, che fa solo bene a una tra le città più inquinate d’Europa: siamo a 5,8 milioni di prelievi complessivi nel 2013, un terzo in più rispetto all’anno precedente. Ma che numeri potremmo raggiungere rendendo disponibili delle bici con seggiolino per portare i bimbi a scuola, al parco o all’asilo? Sono 740mila le famiglie milanesi con uno o più figli: e sono escluse dal servizio.

Le novità non ci bastano. Ma ci servono?E invece, dicevamo, avremo mille bici elettriche a pedalata assistita, disponibili in 80 stazioni, costate al governo 5 milioni di euro. A parte i dubbi qui già espressi, perché così tanto? Ma perché e-bikeMi avrà un bel gps in dotazione su ogni bici, che permetterà di sapere sempre la posizione del mezzo ma anche quanti chilometri si sono percorsi, le calorie bruciate e l’anidride carbonica risparmiata rispetto all’uso dell’auto (per raggiungere i padiglioni di Rho-Pero). Una volta finito Expo, e se funzioneranno ancora, andranno in periferia. Ma non è finita: ogni colonnina avrà un touch screen, un codice Qr per iscriversi in automatico e in dieci lingue diverse. Nonostante tutta questa evoluzione, il prezzo dovrebbe essere solo leggermente maggiore a quello di una normale bici, e per questo si cercano sponsor. Una tessera unica, inoltre, dovrebbe servire presto per passare da bici a mezzi pubblici. Favoloso.Cosa ci voleva per avere un semplice seggiolino?Interrogato sull’argomento, l’assessore alla mobilità milanese, Pierfrancesco Maran ci dice che a oggi ci sono alcune “obiezioni sia di natura assicurativa, sia relative al fatto che il sistema di prenotazione della bici non permette di scegliere il mezzo”. Ma, abbiamo chiesto, trattasi di problemi insormontabili? “No – risponde Maran – tra

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l’altro il secondo problema scompare con Expo, perché il nuovo software per le bici a pedalata assistita dovrà permettere di selezionare un mezzo preciso”. E quindi? Si può chiedere all’amministrazione – dato che c’è – di inserire nei mille cambiamenti super tecnologici anche un banalissimo seggiolino family-friendly? “Auspicabilmente”, ha risposto Maran “però non la vedo facile”. Punto.

Il precedente articolo evidenzia in modo inequivocabile la necessità e la possibiltà di inserire la variabile bambino in quello che è il secondo bikesharing in europa per

flotta e numero di stazioni. Il mio progetto intende lavorare su quello che attualmente è il parafango del mezzo che si aggancia alla forcella posteriore e al centro della ruota dove anc’essa è fissata.Il fissaggio è fatto tramite delle viti con testa stellata (6 punte) che sono inusualie e quindi difficili da svitare. il progetto prevede di sfruttare gli stessi agganci per fissare il sostegno del seggiolino realizzato nelle stesse colorazioni del parafango.il supposrto per trasportare i bambini copre completamente la ruota facendo funzione a nche di parafango per il conducente del mezzo.

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6.2.1 Sketching

Inizialmente avevo pensato ad una forma piu’ù slanciata, poi mi sono reso conto che il bambino sarebbe stato scomodo e quindi ho allargato lo schienale

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Sempre per questioni ergonomiche la seduta si ampliata e lo schienale diventato sempre piu’ anatomico.

Il fanale e’ stato posto sotto il risvolto dello stampaggio per ottenere una protezione dagli agenti atmosferici

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6.2.2 Specifiche tecniche

Le dimensioni di massima sono leggermente superiori a quelle di un normale seggiolino, poichè questo funge anche da parafango.La grande protuberanza in mezzo alle gambe del bambino è stata studiata per impedire che quest’ultimo si faccia male incastrando i piedi nei raggi in movimento.

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I tagli nella parte superiore sono realizzati per inserire le cinture di sicurezza per il bambino mente quellial centro della seduta sono realizzati per lo scolo dell’acqua. La forma sinuosa e anatomica segue le curve del baby-passeggero di modo da mantenerlo in sicurezza e tenerlo stabile.

fori per scolo dell’acqua

protezione routa

fori per fissaggio cinture di sicurezza

spallacci a cintura di sicurezza

Logo di ATM BikeMi

incastro cinture a tre vie

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risvolto di irrigidimento

piattino di appogioper la seduta

telaio di sostegno in acciaio inox

aggancio al centrodella ruota e dell telaio

cavi elettrici chevanno al faro

cintura di sicurezza

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Soluzione 2Lineare verticale

Soluzione 3Mezzaluna orizzontale

Soluzione 1Alto a semicerchio

Soluzione definitivaLunetta stretta alta145

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6.2.3 L’immagine

Il posizionamento degli sponsor che precedentemente erano posti sul parafango adesso è stato dislocato sul retro del seggiolino. Questo offre diversi vamtaggi:

_ maggiore spazio per quanto riguarda la superfice dello sponsor_ un posizionamento più alto, cosi che anche da dentro un’auto la pubblicità sia ben visibile

_ posizionamento posteriore, cosi quando le auto e le bici sono ferme allo stop possiamo vedere l’affissione per maggior tempo._ l’affissione è più riparata da agenti atmosferici, avendo il risvolto dello stampaggio che protegge essa e il fanale.

I colori sono stati mantenuti uguali a quelli delle plastiche originali. Il seggiolino è stato chiamato TomMi, in assonanza con BikeMi (suffisso della parole è il prefisso di milano) e con un diminutivo di nome da bambino.

TomMi

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Un grosso vantaggio di questo tipo di mezzo che non va assolutamente sotto-valutato è senza dubbio il fatto che chi ha un figlio o un bambino da trasportare può usufruire di queta innovazione (a breve sa-ranno presenti nelle stazioni dei sistemi di scelta del mezzo) e chi non ne ha bisogno non è ostacolato dal seggiolino.Partendo da questo presupposto ho calco-lato di posizionare due biciclette munite di sellino ogni dieci biciclette normali, questo in base alle statistiche che ho valutato nel capitolo quattro.

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1 Il modello è stato realizzato prima con un sistema CAd 3d e in seguito fresto con una macchina a 3 assi

2 Il modello è stato posto sotto di una termoformatrice facendo dei test con un telo elasticizzato

3 Con l’apporto del sottovuoto spinto indotto dalla macchina il materiale si adagia sulla superfice fresata, rimane un breve momento in tensione e poi scarica lasciando il modello finito

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6.3 Il tandem

Per spostarsi in 2 nella città di milano infine ho pensato ad un tandem che ho deciso di chiamare TandeMi che riprenda la linea della ben nota bicicletta e abba 2 posti a sedere.Ma cosa è un tandem?

Il tandem è un tipo di bicicletta sulla quale possono pedalare due persone.Il passeggero anteriore è il guidatore, comanda la direzione ma anche i freni ed il cambio. La trasmissione è diversa dalle comuni biciclette, dovendo trasmettere il moto non da un solo asse ma da due: i due movimenti centrali sono collegati mediante catena e corone (di uguali dimensioni affinché vi sia una cadenza di pedalata

sincronizzata) sul lato sinistro, con il passeggero anteriore che ha una pedivella libera sulla destra mentre quello posteriore ha solitamente a destra una moltiplica con due o tre corone a seconda dei casi.Il tandem implica una certa sincronizzazione nei movimenti fra i due occupanti e anche un loro grado di allenamento analogo, in maniera che lo sforzo sia percepito da entrambi in maniera simile e non vi siano grandi disparità. Tuttavia sono costruiti tandem da passeggio in cui gli occupanti possono essere un uomo ed una donna. I tandem da due posti sono generalmente lunghi circa 240cm e il peso si aggira sui 15-20kg. Il vantaggio del tandem è di economizzare l’energia necessaria rispetto al trasporto di due persone su due biciclette distinte.

1890s-1900s 4 Men Riding Racing Quadricycle Four Seat Bicycle

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6.3 Il tandem

Come ultimo concept del mio percorso di ricerca e progettazione ho pensato ad un tandem che chiamerò TandeMi. Il progetto va a colmare quel gap di mercato che si presenta quando si ha la necessità spostarsi in 2 persone con la bicicletta del servizio milanese. Nell’ ideazione di questo progetto ho cercato di attenermi il più possibile a quelle che fossero le linee della gi conosciuta bicicletta monoposto. Rimane quindi evidente il grosso telaio che collega le scocche di plastica del manubrioal perno dei pedali, allungandosi fino al secondo sellino. Le scocche in plastica del manubrio possono essere sostituite con quelle da me ideate, Mentre il parafango posteriore rimane invariato rispetto alla versione normale. Inutile prevedere dei seggiolini, poichè il tandem è un mezzo che sta tra il funzionale ed il poetico, principalmente pensato per le coppie, ed essendocene

pochi sarebbe irrilevante dotarne alcuni di uno spazio per i più piccoli.Il manubrio posteriore presenta una struttura uguale a quello anteriore, con i medesimi agganci ma privo delle scocche in plastica.La ragione è chiara, il manubrio ha solamente un freno e come se non bastasse non ha la struttura per mantenere la scocca. Le due selle sono prodotte in Italia e risultano essere identiche a quelle esistenti.I cavi della dinamo che partono dal fronte del mezzo e arrivano al fanale di coda, risultando lunghi quasi il doppio degli originali. La trasmissione a giunto cardanico verrà sostituita da una a doppia stella, tipica dei tandem, piochè una soluzione a cardano sarebbe difficilmente attuabile e molto costosa. Ho ipotizzato che TandeMi sia presente in tutte le stazioni maggiori con solo un mezzo, essendo questo un mezzo prettamente turistico.

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6.4 Conclusioni

Dopo questo percorso di ricerca e progettazione, durente il quale ho condotto un’analisi ad ampio spettro su quelli che sono i metodi e le diffusioni globali del bikesharing, mi sono infine concentrato su BikeMi.Avanzando nella progettazione mi sono reso conto di essermi imbattutto in un argomento completamente nuovo per me, che probabilamente senza questa tesi non avrei mai affrontato. Questo aspetto è molto importante sia dal punto di vista teorico che dal punto di vista pratico, infatti dopo alla ricerca e alla progettazione è subentrato un serrato periodo di prototipazione. durante questo lasso di tempo mi sono imbattuto in molte persone competenti e più e meno disponibili che mi hanno aiutato a portare a termine questo progetto. Il percorso non è stato facile, poichè ho dovuto affrontare sfide di tipo

pratico e anche caratteriale, ma credo di essermi arricchito molto sia dal lato personale che da quello progettuale.Nell’ ambito che ho trattato l’innovazione spinge forte, essendo questo un ambito in forte espansione, quindi ritengo sia importante progettare continuamente nuove soluzioni che consentano una maggiore fruibiltà dei mezzi da parte di tutte le fasce di utenti e che rendano la bicicletta stessa un mezzo molto più usato di quanto non lo sia ora.Ritengo che il mio apporto costruttivo sia solo l’inizio di un lungo percorso di progettazione personale in generale e nello specifico in questo vasto ed interessante mondo che è il bike sahring.Con i miei tre progetti concludo quello che è stato un lungo ed impegnativo percorso di ricerca e progettazione sperando di poter aggiungere nuovamente in futuro delle nuove idee a riguardo.

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Ringraziamenti

Tengo a ringraziare le persone che mi hanno permesso di con-cludere questo lungo percorso, coloro che mi hanno aiutato fisi-camente e coloro che mi sono stati vicini sostenendomi.Ringrazio particolarmente I miei genitori, il mio relatore di tesi Odoardo Fioravanti, e tutti coloro che mi hanno assistito nella prototipazione.

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due ruote per due

Percorso attraverso lo studio del fenomeno del bikesharing nel mondo e più nello

ricerca ha evidenziato delle mancanze progettuali per quanto riguarda la possibilità di spostarsi con un passeggero, che sia un bambino o un adulto. La progettazione colma un gap tecnologico presente facendo riferimento al sistema di bikemi , il bike sharing di Milano.

FRAZZINI ENRICO 801903

RELATORE:ODOARDO FIORAVANTI

FACOLTA’ DEL DESIGNPRODOTTO PER L’ INNOVAZIONE

ANNO ACCADEMICO 2014 - 2015