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MASTER IN DIDATTICA DELL’ITALIANO LINGUA NON MATERNA Relazione finale del Dott. Simone Cavallo Il caffè degli italiani e il romanesco di Proietti: a me, me piace. Una proposta didattica fra pubblicità e varianti diatopiche. Relatore: Dott.ssa Borbála Samu Settore disciplinare: L-LIN/02 A.A. 2016-2017

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MASTER IN DIDATTICA DELL’ITALIANO LINGUA NON MATERNA

Relazione finale del Dott. Simone Cavallo

Il caffè degli italiani e il romanesco di Proietti: a me, me piace.

Una proposta didattica fra pubblicità e varianti diatopiche.

Relatore: Dott.ssa Borbála Samu Settore disciplinare: L-LIN/02

A.A. 2016-2017

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INTRODUZIONE

La proposta didattica dal titolo “Il caffè degli italiani e il romanesco di Proietti: a me, me piace.

Una proposta didattica fra pubblicità e varianti diatopiche” si inserisce nel percorso del modulo

professionalizzante “Italiano lingua non materna per l’insegnamento della cultura e della civiltà”,

dell’edizione 2016/2017 del Master in Didattica dell’italiano lingua non materna dell’Università

per Stranieri di Perugia.

Il lavoro funge da completamento ed espressione di competenze e conoscenze glottodidattiche

maturate all’interno del percorso accademico presso l’ateneo perugino. La scelta del taglio

operativo e sociolinguistico della proposta operativa, nonché il livello inquadrato dalla proposta

stessa, nascono da un personale background accademico-professionale in un contesto di

insegnamento dell’italiano lingua straniera, fino ad ora fra Francia e Spagna. La prossimità

linguistica fra la L1 e l’italiano gioca a favore dell’introduzione precoce di contenuti

sociolinguistici nelle UdA di italiano per stranieri, percorsi che, più alto è il livello di competenza

più, si aprono al confronto con la ricchezza dialettale del paese.

1.1 Quali fenomeni culturali insegnare?

L’insegnamento di una lingua, sia in ambito di L2 che in ambito LS, non può prescindere

dall’insegnamento della cultura. Questa considerazione, data ormai per certa nelle teorie

glottodidattiche moderne, consente al docente di lingua di superare l’ambiguità e la riflessione su

quale sia, fra lingua e cultura, l’elemento costituente e quale quello dipendente. Nel processo di

acculturazione gli studenti devono essere messi di fronte alla lingua viva, ed ancor più, alla cultura

viva: d’altronde, il fascino che la cultura italiana esercita a livello mondiale già di per sé funge da

motivazione allo studio della lingua.

Ad oggi, il concetto di cultura (di origine classica) inteso come elevazione spirituale dell’essere

umano è superato, a vantaggio di una maggiore apertura a tutte le manifestazioni dell’uomo-attore

sociale in un momento storico (a questa visione si sono riferiti per primi gli studi di Malinowski e

Boas). Il docente può, dunque, concentrarsi sui modelli culturali, ovvero sulle risposte che una

data società offre a dei bisogni concreti, come ad esempio l’abitudine stessa e le diverse

declinazioni della pausa caffè nelle varie culture. In questo ambito senza dubbio l’Italia offre

risposte differenti ad ogni sua latitudine, permettendo al docente di mostrare una varietà eterogenea

di modelli culturali per altrettanti bisogni.

È possibile proporre agli studenti di italiano per stranieri dei modelli culturali che,

contemporaneamente, si rifanno a codici verbali e non verbali, a valori culturali che generano

problemi o altri più generalmente condivisi: la conoscenza di questi dati consente agli studenti di

interagire in modo appropriato ed efficace all’evento comunicativo in lingua straniera. Per

proporre un esempio classico, l’apprendente di italiano in Italia può recarsi in un bar ed ordinare

un caffè, esprimendosi certamente in maniera appropriata (codice verbali) e adoperando

correttamente i tratti non verbali (sorridere, alzare la mano per richiamare l’attenzione); tuttavia

potrebbe non sapere che l’abitudine italiana del caffè corrisponde ad una pausa molto rapida,

tendenzialmente in piedi davanti al bancone e che, invece, ordinare un caffè seduto al tavolo

comporta un sovrapprezzo. Un evento del genere può generare concretamente problemi fra un

apprendente di L2/LS e il cameriere nativo.

Se da un lato la pausa caffè e le relative funzioni comunicative rientrano in copioni interazionali

abbastanza noti, dall’altro il caffè in sé rappresenta un simbolo essenziale della cultura italiana, e

non soltanto limitatamente all’epoca contemporanea, che vede nel caffè espresso l’affermazione

3

di un simbolo del made in Italy. Il caffè italiano, come lo conosciamo oggi, risale infatti agli inizi

del Novecento; in precedenza, invece, è stato il simbolo di luoghi di ritrovo culturale, che si sono

affermati in Italia a partire dal Settecento e si sono diffusi in tutta Eurioa. Negli stati e nelle città

più importanti della penisola, come Roma, Firenze, Napoli, Venezia, i caffè e le botteghe del caffè

erano punti di incontro per gruppi di intellettuali che si riunivano per ragionare della situazione

politica, culturale, economica dello Stivale (tutt’altro che una rapidissima pausa caffè, dunque).

Nel medesimo ambiente, però, avventori e uomini del popolo approfittavano e adoperavano i caffè

come veri e propri luoghi di ritrovo conviviale. Emerge, dunque, come questa tradizione della

bevanda italiana più famosa al mondo abbia radici più profonde, legate ai fermenti culturali italiani

degli ultimi secoli.1

L’immaginario degli stranieri dipinge sbrigativamente l’abitudine del caffè italiano nella sentenza

“gli italiani bevono solo l’espresso” (molto similmente, “gli italiano mangiano solo pasta a pranzo

e cena”): come ben sappiamo, la situazione è molto più variegata e cambia in base alla regione a

cui facciamo riferimento (nomi diversi per la stessa bevanda, miscele e ricette differenti,

ingredienti locali). Il fulcro di questa tradizione resta, comunque, quello della pausa caffè rapida e

rigorosamente in piedi. Un articolo del Telegraph (del 12 agosto 2017) analizza con toni ironici

l’abitudine italiana del caffè, spesso estranea al resto del mondo (pensiamo ai primi viaggi

all’estero da italiani ed alla difficoltà di spiegare al barista quell’universo ibrido fra take-away e

ordinazione al tavolo, che è il nostro caffè al banco); la regola numero 7 si intitola Standing room

only:

Thou shalt not sit down unless thou hast a very good reason. Coffee is a pleasurable drug, but a drug

nevertheless, and should be downed in one, standing. Would thou sit down at a pavement table to

take thy daily Viagra? [Tu non ti siederai, se non per cagione e ragione ottima Il caffè è una

dolcissima cura, ma pur sempre un farmaco, e dovrebbe essere ingerito in un sol colpo, stando in

piedi. Chi mai siederebbe ad un tavolino per assumere il proprio Viagra quotidiano?]

Si rivela quindi necessario spiegare come le tipiche funzioni comunicative, necessarie per ordinare

al bar o al ristorante, si declinino all’interno di un contesto culturale specifico in Italia, così da

evitare i contrasti del confronto interculturale.

1.2 I materiali autentici

I più recenti manuali di italiano a stranieri nel naturale percorso di acquisizione di una funzione

linguistica cercano di proporre input tratti direttamente da materiali autentici o adattati: talvolta

nei livelli elementari si propende per l’uso di dialoghi, annunci e situazioni ampiamente

prevedibili, favorendo lo stimolo di competenze contestuali e dell’expectancy grammar; nei livelli

più alti, invece, il docente ha a disposizione una quantità di materiali pressoché illimitata,

rifacendosi a manuali già presenti in commercio o confezionando proposte didattiche ricavate da

giornali, libri, programmi televisivi ecc. Questo preambolo, noto alla comunità scientifica, assume

un ulteriore grado di importanza all’interno delle UdA incentrate sulla cultura, troppo spesso

tradotte (ed emarginate) in trafiletti conclusivi di una unità o in brevi materiali multimediali che

non sempre coinvolgono in maniera attiva gli studenti.

Nelle proposte didattiche incentrate sulla cultura è necessario proporre materiali autentici che

rispecchino un momento della cultura e della storia italiana e che permettano agli studenti di

ritrovare (o confutare) elementi noti (e nuovi) di ciò che sanno (o pensano di sapere) dell’Italia e

degli italiani. Altresì è necessario che gli studenti imparino ad operare confronti interculturali,

1 Cfr. Silva: 2014.

4

sfruttando le conoscenze che hanno del proprio e di altri paesi, con un adeguato grado di apertura

mentale e disposizione alla diversità (ovvero, promuovere il relativismo culturale).

La scelta di questi materiali non può essere casuale perché, citando Pichiassi e Zaganelli (1994:

33), «il contatto dello studente straniero con la cultura italiana si realizza prima di tutto attraverso

l’insegnante e i materiali didattici da quest’ultimo scelti e/o selezionati: da qui l’importanza di ciò

che si propone agli allievi e del “come lo si propone”». Da questa affermazione e dalla nostra

esperienza didattica possiamo dedurre che occorre considerare attentamente molti fattori nella

scelta dei contenuti culturali da trattare. La letteratura sull’argomento è concorde nel dare un ruolo

predominante ai bisogni e alle predisposizioni dello studente, inquadrando il livello ed il suo

background; allo stesso tempo, però, non dobbiamo ignorare un concetto cardine

dell’insegnamento, ovvero che il docente, entrando in classe, porta anche se stesso. In questo

modo, un eventuale attaccamento, un legame affettivo del docente con un certo contenuto culturale

può favorire la loro interiorizzazione da parte degli apprendenti.

1.3 Pubblicità, televisione e italiano neo-standard

La validità dei materiali multimediali nella didattica delle lingue è oramai territorio conquistato

dalla letteratura. Film, canzoni, video, pubblicità sono risorse imprescindibili nelle classi di

italiano a stranieri. Per uno studente di L2/LS sono tutti materiali che presentano i tratti che,

secondo Schumann (1997), permettono di attivare allo stesso tempo processi cognitivi ed emotivi:

novità, attrattività, funzionalità, realizzabilità e sicurezza psicologica e sociale. La pubblicità, ad

esempio, è breve, spesso ironica (con ricadute elevatissime sulla motivazione), con possibili

messaggi sottintesi (dunque ottima per uno sfruttamento didattico più profondo e per favorire

l’interazione fra studenti). Inoltre, come sottolinea Ballarin, il testo multimediale in generale

sintetizza differenti tipi testuali e segni linguistici, attivando la comprensione del testo, certo, ma

anche e soprattutto la memoria iconica, favorendo i processi di memorizzazione:

Utilizzare stimoli audiovisivi in un contesto di insegnamento/apprendimento di una lingua non

materna significa servirsi di strumenti che potenziano circa il 50% della memoria sensoriale.

Tuttavia, questa percentuale aumenta fino a circa 80% se si aggiunge anche una prospettiva

interattiva: una persona ha moltissime probabilità di ricordare se ascolta, vede e fa. (Ballarin 2012:

145).

Se valutiamo il ruolo dello studente di fronte a questo genere di risorsa multimediale risulta chiaro

che il significato, l’origine stessa della pubblicità risiedono proprio nel destinatario: guidare i

discenti nella comprensione del messaggio pubblicitario è un compito di realtà autentico e

concreto, essi passano da studenti a spettatori reali e applicano gli stessi processi di interpretazione

di un qualsiasi nativo davanti al televisore di casa. Per usare le parole di Pavan (2013) la pubblicità

può essere intesa come un messaggio fra il creatore del prodotto (il pubblicitario) e il target,

l’individuo che viene colpito dal messaggio. Le potenzialità della pubblicità risaltano negli studi

di Pavan e sono intuibili: la brevità del messaggio, la contestualizzazione, la presenza di impliciti

da sciogliere, l’autenticità del prodotto, la novità dell’input, la multimedialità degli stimoli.

Nel corso dei decenni della storia italiana, la televisione ha subito un cambiamento non

indifferente: se fra gli anni Cinquanta e Sessanta questa costituiva la risorsa per un apprendimento

capillare dell’italiano (ancora non del tutto penetrato come L1 a vantaggio delle parlate locali),

dagli anni Settanta in poi la TV perde il suo ruolo istruttivo e diventa, al contrario, il riflesso della

grande varietà di comportamenti linguistici degli italiani. Nei programmi televisivi, soprattutto nei

talk-show e reality-show, le parlate locali e dialettali non solo sono accolte, ma spesso valorizzate

e privilegiate. In questo mare magnum di tratti regionali emergono soprattutto le caratteristiche del

5

territorio romano, a causa anche della concentrazione di studi cinematografici e dell’origine dei

grandi attori che hanno fatto scuola (si pensi oggi a De Sica, Proietti, Brignano).

I canali televisivi, il cinema, le pubblicità accolgono al loro interno tutto un continuum di varietà

dell’italiano, fra le quali emergono con maggiore chiarezza quella diatopica, nelle parlate regionali,

e quella diafasica/diamesica, nella tendenza sempre più diffusa ad utilizzare in tv un parlato

informale che accoglie numerosi tratti dell’oralità spontanea. Se vogliamo offrire una lingua viva

ed autentica ai nostri studenti, è nostro dovere evidenziare assieme a loro queste peculiarità e

favorire una riflessione sia linguistica che culturale. D’altronde, durante un viaggio in Italia, fuori

dal contesto protetto della classe di italiano a stranieri, dovranno essere pronti ad interagire con

parlanti nativi che accolgono influenze dialettali.

Tutte queste categorie utilizzate in ambito accademico-linguistico (neostandard, standard,

trascurato, regionale, ecc…) restano ovviamente all’interno delle riflessioni metalinguistiche del

docente, laddove all’apprendente di livello intermedio andrà ridotto al minimo l’uso di questa

metalingua, favorendo delle semplificazioni chiare e cumulative.2

1.5 Motivazione della proposta didattica

La presente proposta didattica muove, dunque, da tutte queste premesse teoriche. A queste si

possono aggiungere alcune considerazioni pratiche relative al profilo di apprendenti ai quali è

indirizzata l’unità. Chiaramente si propongono alcune riflessioni orientative, lasciando al singolo

docente l’adattamento e l’eventuale adozione di materiali ritenuti adeguati alla propria classe. In

tal caso si è pensato a studenti di lingue prossime (ispanofoni, francofoni, catalanofoni…) di livello

intermedio/intermedio avanzato (fra B1 e B2) i quali, dopo aver vissuto un periodo di lavoro e

studio in Italia, decidono di continuare a studiare l’italiano presso enti privati nella loro città. Senza

dubbio la medesima proposta può essere applicabile in un contesto L2 con apprendenti stranieri in

differenti contesti italiani.

Ci si rivolge, dunque, a studenti adulti/giovani adulti fortemente motivati, con una L1 prossima,

con un background culturale fatto di esperienze di studio/lavoro in Italia: queste caratteristiche li

rendono, a mio avviso, potenzialmente capaci di affrontare alcuni contenuti di carattere

sociolinguistico, tipici dell’italiano neostandard (come la dislocazione a sinistra ed altri tratti a

crocevia fra italiano regionale e colloquiale della pubblicità scelta per la proposta). In realtà tratti

nettamente marcati in diatopia e diafasia sono tendenzialmente rivolti a studenti di livello

superiore, dal B2 in poi; tuttavia, uno studente che ha vissuto per un certo periodo in Italia sarà

stato probabilmente esposto a tutta una serie di fenomeni che fanno parte dell’italiano colloquiale

e regionale, all’esterno del contesto della classe di italiano per stranieri. Questa esposizione avrà

probabilmente favorito alcune riflessioni linguistiche che potrebbero anche aver influenzato

l’interlingua dello studente. Per questa stessa ragione la proposta didattica può essere attuata in un

contesto di L2, nel caso di studenti di livello intermedio-alto che vivono un soggiorno-studio in

Italia.

2 Non ci interessa, chiaramente, che il nostro studente diventi un esperto di linguistica italiana; al contrario, è interesse

del docente che il discente sia pronto a comunicare efficacemente con i nativi e che, in questo scambio comunicativo, ci

sia il minor numero di ostacoli e intoppi possibili. Può rivelarsi utile, soprattutto nel caso di corsi di italiano L2, che lo

studente capisca e identifichi alcuni dei tratti dialettali più significativi della varietà parlate nella zona di residenza. A

questo proposito, i descrittori dell’appropriatezza sociolinguistica del QCER prendono in esame la gestione e la

padronanza dei registri in rapporto al contesto a partire dal livello B2, mentre al livello B1 si tende a proporre input in

registro “neutro”. La piena padronanza di stili, registri, implicazioni sociolinguistiche e socioculturali restano

appannaggio dei livelli C1 e C2 (cfr. Diadori, Palermo & Troncarelli: 2017).

6

In merito all’argomento della proposta didattica, invece, ci si può rifare a quanto detto in

precedenza sull’attaccamento da parte del docente all’argomento da portare in classe: in fase di

motivazione, ad esempio, si è scelto di adoperare una fotografia che immortala un cartello del noto

Caffè del Banco di Perugia (Piazza IV Novembre), la città in cui si è tenuto proprio il percorso di

formazione da cui scaturisce tale proposta didattica. Il cartello riporta un interessante aforisma

sulla ricerca del caffè nella vita quotidiana e fuori dai propri confini domestici, una ricerca

tipicamente italiana.

1.6. Kimbo: a me, me piace

Nel 2002 la Kimbo, noto brand italiano, dà il via ad una nuova campagna pubblicitaria a puntate

(che ricorda molto quella che vedeva Massimo Lopez protagonista delle puntate “Una telefonata

allunga la vita”3 della Sip, futura Telecom). Negli episodi della pubblicità Gigi Proietti interpreta

un povero naufrago che ha perso la memoria: salvato dall’equipaggio di una idilliaca nave da

crociera affollata di personaggi dell’alta società, l’uomo non ricorda nulla del suo passato.

Solamente il caffè, col suo odore e il suo ruolo archetipico, riporta alla mente alcuni confusi ricordi.

Il “film” copre 18 episodi, che si concludono, ironicamente, con lo slogan “Kimbo, e chi se lo

scorda?”, che gioca proprio sul ruolo del caffè come bevanda miracolosa4. All’interno di questa

proposta didattica saranno utilizzati due episodi: il primo (fig. 1) per esporre alla classe il contesto

generale (il personaggio-naufrago, la sua amnesia, i viaggiatori della nave, il rapporto intimo e

profondo con il caffè); il secondo è invece il nucleo centrale dell’UdA.

Figura 1 - Il naufrago nel primo episodio della campagna pubblicitaria

Nell’episodio intitolato “Kimbo: a te ti piace, a me me piace” il protagonista-naufrago compare

comodamente disteso su una sedia sdraio, accompagnato da una bellissima donna tipicamente

italiana, intenta a compatire lo smemorato (fig. 2). Il parlato del naufrago è fitto di regionalismi

della zona di Roma (me sembra al posto di mi sembra, nun me ricordo al posto di non mi ricordo).

3 In merito alla didattizzazione delle pubblicità si è potuto sperimentare la dinamicità e la varietà di stimoli di tali materiali

con classi di giovani studenti francesi (collèges e lycées della zona di Montpellier), adoperando in classe alcune delle

pubblicità con Massimo Lopez come protagonista; la complessità linguistica del parlato era equilibrata dalla presenza di

immagini, jingle e informazioni contestuali. L’uso della pubblicità anche con apprendenti molto giovani ha sortito un

grande effetto, affascinati non solo dal prodotto autentico ma anche da una realtà (quella dei primi anni del 2000) in cui

non erano ancora nati. 4 Per una analisi più dettagliata si veda l’articolo di Diesis Group, nota agenzia di comunicazione, che già prima dell’uscita

della campagna pubblicitaria ne intuiva le potenzialità: http://www.diesis.it/pressroom/comunicato-108

7

Figura 2 - Il naufrago e la donna avvenente nell'episodio "A me, me piace"

Il tratto interessante di questa pubblicità consiste nella presenza di un’altra figura femminile che

corregge puntualmente la parlata del naufrago (fig. 3, più austera, un’antagonista, in antitesi alla

bella e giovane attrice che blandisce il protagonista).

Figura 3 - La seconda figura femminile dell'episodio

L’uomo, tuttavia, continua a parlare a modo suo, anzi enfatizzando i tratti regionali: si potrebbe

ipotizzare che in questa pubblicità si celi il messaggio implicito che vede nell’uso del dialetto un

legame maggiore con i ricordi d’infanzia, il focolare domestico, gli ambienti nei quali, in sostanza,

è ancora oggi abbastanza diffuso l’uso del dialetto. A questo universo è certamente connesso, per

gli italiani, l’amore per il caffè. D’altronde, i parlanti italiani, più o meno colti, prediligono spesso

il dialetto (o quanto meno della varietà regionale dell’italiano) all’interno degli ambienti informali

e familiari, lingua dei sentimenti più profondi.5

Il naufrago, infine, come in una sorta di rituale automatico, viene servito dal cameriere: sul vassoio

due tazzine di caffè, una tipica moka, una busta di caffè Kimbo ed il contenitore dello zucchero

(fig. 4).

5 Ci si riferisce ad una precedente indagine di sociolinguistica percettiva presso una scuola media di Napoli, con studenti

fra i 12 e i 14 anni: pur provenendo da una zona di Napoli notoriamente fortunata dal punto di vista socioeconomico e

culturale, i giovani (perfettamente “bilingue” italiano-napoletano) mostravano di avvertire ancora una corrispondenza

forte fra i domini casa/amici/famiglia e l’uso del dialetto. Emblematica, durante l’intervista col gruppo, è stata la summa

di una giovane studentessa: «il dialetto fortifica il concetto!» Questo testimonia che ancora le giovani generazioni,

soprattutto nel Centro-Sud Italia, mantengono un rapporto identitario fortissimo con le parlate dialettali.

8

Figura 4 - Il vassoio con caffettiera, caffè, tazzine, cucchiaino

La familiarità dell’evento consiste proprio nella presenza della caffettiera stessa, dando così

l’impressione di essere al crocevia fra un evento pubblico (al bar, dove non ci verrebbe mai servito

il caffè dalla moka e con la moka accanto) ed uno privato (serviti dal padrone di casa con un

vassoio con caffettiera, zucchero, tazzine).

2.1 Fase di motivazione/Fase iniziale6 (I)

La fase iniziale dell’unità centrata sulla cultura necessita di un riscaldamento o graduale

avvicinamento all’argomento centrale. Per questo motivo si sceglie di operare due tipi di

motivazione: una prima per stimolare la conversazione (che ispirerà poi uno dei momenti di

sintesi) ed una seconda di tipo lessicale.

In questo primo momento il docente propone la fotografia che si riporta di seguito: come detto in

precedenza, è una foto scattata in un bar di Perugia, proposta all’interno del layout del social

network in cui è stata caricata (Instagram), enfatizzando così l’autenticità della risorsa (e

potenzialmente stimolando curiosità e domande). In questo primo momento è possibile proporre

un’attività a coppie oppure in plenaria.

Si propone alla classe (o alle coppie) la lettura dell’aforisma e l’esplorazione dell’immagine: in

questo modo si promuove la comprensione del testo scritto e si può esercitare oralmente la

funzione linguistica relativa alla descrizione di immagini. Avendo a che fare con una classe di

livello intermedio (come detto, fra B1 e B2) non sarà necessario, almeno inizialmente, proporre

attività eccessivamente guidate, ma si propenderà, piuttosto, per favorire l’interazione ed il dialogo

in plenaria.

6 Per il modello operativo di questo lavoro si prende spunto dall’unità didattica tradizionale e da quella impostata da

Katerinov (1991) incentrata sull’insegnamento della cultura e civiltà per i corsi di italiano L2.

9

Nell’immagine: “La vita è un

bellissimo e interminabile

viaggio alla ricerca della

perfetta tazza di caffè”.

Cosa c’è in questa fotografia?

Cosa significa la frase sul

muro?

2.2 Fase di motivazione/Fase iniziale (II)

Il secondo momento di motivazione è orientato sul lessico e mira ad elicitare conoscenze pregresse

degli studenti, i quali, come è stato premesso, hanno già vissuto (o vivono) un’esperienza di

soggiorno in Italia e avranno presumibilmente dimestichezza con l’argomento. Questa attività si

presta agevolmente per essere svolta a coppie con una conseguente correzione in plenaria. Durante

questa fase di correzione è possibile indagare sui gusti e sulle esperienze degli studenti attraverso

domande aperte (L’hai mai bevuto? Quale ti piace di più?).

Figura 5 - La fotografia con aforisma da usare in fase di motivazione dell'unità

10

Abbina le parole alle immagini corrispondenti, come nell’esempio.

1. Caffè espresso – 2. Cappuccino – 3. Caffè macchiato – 4. Caffè freddo – 5. Caffè americano – 6.

Caffè marocchino – 7. Caffè con panna – 8. Caffè corretto all’anice – 9. Caffè alla nocciola

A. B. C.

D. E. F. Cappuccino

G. H. I.

11

3. Globalità/Fase iniziale

I. A questo punto dell’unità gli studenti sono stati introdotti e accompagnati verso l’elemento cardine

della lezione. Per avvicinarli, invece, al testo input si può proporre l’immagine del naufrago relativa

all’episodio pilota (fig. 6), proponendo l’attivazione di ipotesi. Si propongono alla classe i primi 6

secondi dello spot che dà il via a tutta la campagna pubblicitaria: il naufrago sulla zattera è svenuto,

improvvisamente sente il suono di una nave.7 Si guidano dunque gli studenti proponendo le domande

inserite nel riquadro sottostante.

Figura 6 - Il naufrago dell'episodio 1

Sfruttando questo breve spezzone si può avvicinare la classe alla pubblicità centrale dell’unità. I

primi passi si possono proporre a gruppi, favorendo un apprendimento collaborativo e lo scambio

di idee fra studenti. La classe dovrebbe dunque aver compreso che si tratta di un naufrago, che viene

salvato da una nave da crociera e che non ricorda più nulla. Alcune informazioni possono essere

fornite dal docente o, all’occorrenza, si può procedere a far vedere, senza soffermarcisi

eccessivamente, il primo spot per intero.

II. Collocati dunque questi pilastri contestuali, il docente deve formare dei piccoli gruppi. Può

dunque guidare gli studenti alla comprensione dello spot centrale A te ti piace, a me me piace.8

Prima dell’inizio dell’unità è necessario predisporre il video silenziandone parti in cui la donna-

antagonista corregge il naufrago: l’insegnante ha dunque a disposizione un video completo ed un

video con alcuni pezzi privi di audio.

Una prima visione del video sarà fatta in plenaria: il docente deve stimolare la classe a comprendere

il ruolo della donna nel video (ovvero correggere le varianti colloquiali/dialettali del naufrago).

Questa interpretazione è resa possibile dai tratti extra-linguistici, ovvero l’espressione del viso, i

gesti (alzare gli occhi al cielo, sospirare ecc.). I gruppi devono rispondere a domande a risposta

aperta (nel riquadro alla pagina successiva), così da avere un quadro generale della pubblicità.

7 Caffè Kimbo - Spot - Il naufrago (con Gigi Proietti) https://www.youtube.com/watch?v=Bt2FIOkvAbA 8 Caffè Kimbo - Spot - A te ti piace, a me me piace (con Gigi Proietti) https://www.youtube.com/watch?v=14j3EeW3F38

Chi è il personaggio di questa

pubblicità?

Dove si trova?

Cosa gli è successo secondo

voi? E cosa gli succederà? A

piccoli gruppi formulate delle

ipotesi.

12

4. Globalità & Analisi

Successivamente ad ogni gruppo viene data una scheda che contiene la trascrizione del dialogo, con

spazi bianchi sulle battute in cui la donna corregge l’uomo. Il docente procede dunque alla

somministrazione del video per intero e per due volte, spiegando alla classe che dovrà riempire i

buchi nel testo, non ascoltando, ma facendo ipotesi su cosa possa dire la donna nelle sue

“correzioni”.

Completato il testo, la classe dovrebbe avere chiaramente a disposizione la pubblicità e la

trascrizione completa, con una evidente differenza fra le due parlate. Si passa dunque ad una

correzione in plenaria e si cominciano a mettere in risalto le forme contrapposte del parlato del

naufrago e della donna/correttrice.

5. Analisi e sintesi (grammaticale e sociolinguistica)

I. Il docente deve dunque completare quanto iniziato alla fine della fase precedente e mettere in

evidenza la differenza fra le due forme. Avendo evidenziato, nelle premesse, il background degli

1. Chi e quanti sono i protagonisti di questa pubblicità?

2. Dove si trovano i personaggi?

3. Perché la seconda donna sembra così nervosa?

4. Cosa c’è sul vassoio portato dal cameriere?

5. Quale tipo di caffè beve il naufrago?

D1: Veramente non si ricorda più niente?

N: Non lo so, me sembra…

D2: ___ ___________.

N: Nun me ricordo.

D2: ___ ____ _______.

N: Forse vengo dalla mangia Grecia.

D2 + Cameriere: ____________.

N: No, non magno (inspira dal naso) bevo! Questo m’o ricordo! (beve)

Kimbo, e chi se lo scorda! Me piace!

D2: _____ ___________

N: A te, ti piace. A me, me piace!

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studenti, potrebbe risultare chiara la provenienza della parlata del naufrago. In caso contrario sarà il

docente a guidare ed elicitare i tratti linguistici fondamentali.

Si può proporre una attività con due insiemi per le due varietà: comune (che per il docente

rappresenta l’italiano standard ed il neostandard più generalmente condivisi ad oggi dai parlanti

nativi, per lo studente quanto appreso tradizionalmente sui manuali o nei corsi di italiano) e

colloquiale/regionale (italiano con influssi regionali, più strettamente legato a comunicazioni orali

non controllate all’esterno della classe di italiano); chiaramente la realtà dei fatti è più sottile, ma

nel proporre alla classe conviene operare delle generalizzazioni. In un riquadro si propongono tutte

le frasi in disordine e saranno gli studenti ad inserirle nei rispettivi insiemi.

Proponendo qualche spazio in più nella grafica dell’esercizio si può procedere subito dopo ad una

piccola espansione, chiedendo agli studenti di aggiungere sotto l’elenco “colloquiale/regionale”

alcune frasi che ricordano particolarmente della loro esperienza di soggiorno in Italia (e la loro

“traduzione” in italiano standard). In questo modo si valorizza il loro trascorso e si potenziano

eventuali reminiscenze di carattere sociolinguistico.

Inserisci nella colonna “Comune” tutte le frasi che ti sembrano fare parte dell’italiano

tradizionale e nella colonna “Colloquiale/regionale” le frasi che si usano in famiglia, fra

amici, o che hanno alcuni tratti del dialetto.

II. Fatta questa operazione, il docente guida gli studenti nell’esplorazione delle differenze fra le

forme delle due categorie (es. in dialetto mi piace diventa me piace, mettendo in evidenza

eventualmente il passaggio dal suono semiocclusivo a quello costrittivo ([tʃ] in [ʃ]). Inoltre, si

Comune

____________

____________

____________

____________

____________

____________

Colloquiale/regionale

____________

____________

____________

____________

____________

____________

Mi piace – Mangia Grecia– A te ti piace – Me sembra – Me lo ricordo

A me, me piace – Mi sembra – Non mi ricordo – Me magno – Nun me ricordo

14

valorizzano eventuali ampliamenti fatti dagli studenti su alcune forme colloquiali (questo

ampliamento si rivela utile soprattutto nella fase di riutilizzo). In questa fase il docente illustra alla

classe l’importanza del contesto in cui avviene la comunicazione, evidenziando gli spazi spesso

riservati all’italiano colloquiale e alle varietà regionali dell’italiano, e i contesti in cui generalmente

è consigliato esclusivamente l’uso dell’italiano. È possibile che il docente stesso fornisca eventuali

ampliamenti su formule molto comuni dell’italiano regionale (daje al posto di sì, certo! per

esprimere entusiasmo, regà al posto di ragazzi come intercalare per attirare l’attenzione dei

partecipanti ad uno scambio comunicativo, vedi de spicciatte per dire sbrigati). L’estensione di

questo momento di riflessione può dipendere, chiaramente, dalle conoscenze sia degli studenti che

dell’insegnante.

III. A questo punto si può passare ad approfondire l’uso in contesto di queste espressioni attraverso

degli esempi concreti. Sempre a coppie, gli studenti devono creare dei piccoli dialoghi attorno a

determinate situazioni quotidiane informali. Un’attività del genere può aiutare gli apprendenti

adulti, de-personalizzando le situazioni grazie all’assunzione di ruoli e generando una forte

motivazione connessa al divertimento e alla novità intrinseca dell’esercizio.

A coppie, create dei piccoli dialoghi seguendo i copioni suggeriti dalle 3 situazioni.

Adoperate, dove necessario, l’espressione in italiano comune e quella in italiano

colloquiale.

In questa fase è necessario che il docente guidi gli studenti a produrre correttamente le espressioni

regionali/colloquiali, correggendo l’intonazione e proponendo l’ausilio dei linguaggi non verbali

(espressioni del viso, uso dei gesti). Emergerà chiaramente che queste espressioni sono legate a

contesti informali e familiari.

6. Sintesi (I) – Drammatizzazione

Avendo esplorato dunque le espressioni colloquiali e i tratti extralinguistici che le accompagnano,

il docente può proporre alla classe, battute alla mano, la drammatizzazione della pubblicità. Questa

A e B sono al bar e decidono di ordinare un caffè piuttosto

particolare, fuori dall’ordinario: si avvicinano al barista (C) e

ordinano il caffè con precisione e cura del dettaglio. C reagisce in

modo inaspettato!

A e B sono colleghi di lavoro e vanno al bar per ordinare un caffè:

si rivolgono con grande educazione al barista, che li serve con

altrettanta cortesia.

A e B sono grandi amici: vanno al bar per ordinare un caffè e non

riescono a decidere chi fra i due dovrà pagare. Cominciano quindi a

discutere animatamente alla cassa, sotto gli occhi del cameriere (C),

che cerca di calmarli.

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attività si presta perfettamente in classi poco numerose, dove la stessa scena viene ripetuta poche

volte.

In gruppi di 4: assumete i ruoli della pubblicità (il naufrago, la prima donna, la

seconda donna e il cameriere) e provate a mettere in scena lo spot con l’ausilio delle

battute.

In questa fase è molto utile fornire agli studenti dei realia, come vassoi, caffettiere, tazzine e mettere

in scena la pubblicità, anche eventualmente registrandoli per poi rivedersi e autovalutarsi. In questo

modo non solo si solidifica il rapporto all’interno dell’ambiente di apprendimento (un fattore talvolta

sottovalutato nelle classi di apprendenti adulti), ma si favorisce l’autocorrezione e, non in ultimo, il

risvolto comico dell’attività stessa.

Sintesi (II) + Controllo – Cosa ho imparato?

Prima di concludere la lezione si propone alla classe di organizzare, a gruppi, un riepilogo di quanto

appreso durante le attività precedenti, concentrandosi sulle varietà dell’italiano, sulle tipologie di

caffè e su eventuali confronti con la cultura di origine.

7. Ampliamento

L’unità didattica incentrata sulla cultura può concludersi con un ampliamento, che consente agli

studenti di esprimersi creativamente: in tal caso è possibile rifarsi al primo esercizio della fase di

motivazione (la fotografia con l’aforisma sul caffè). Per favorire un approccio interdisciplinare si può

Qual è il caffè più diffuso nella tua cultura?

Esistono abitudini familiari sulla pausa caffè e sul

linguaggio da usare soltanto fra amici e parenti?

A coppie scrivete un breve testo di risposta.

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dunque introdurre la letteratura in questa unità, proponendo agli studenti di cercare su internet una

frase/aforisma sul caffè. Dividendo la classe in gruppi, si può proporre per la lezione successiva di

presentare in plenaria un lavoro con diapositive esplicative, mescolando immagini e frasi. Si può

suggerire agli studenti di cercare o una frase in italiano e una nella propria lingua materna, curandosi

di riportarne (o farne) una traduzione fedele.

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