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Come è fatto il caffè video: http://www.youtube.com/watch?v=BJ1Dn XztSqA&feature=player_detailpage Filmato 2.1 Come è fatto il caffè 18

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I sensi del caffè3

“A riempire una stanza ba-sta una caffettiera sul fuo-co”.

– Erri De Luca

La degustazione

Vista

L’espressione più evidente e caratteristica di un espresso è la crema. 

In chimica definita schiuma, va osservata per capire se un espresso è perfetto: deve avere una trama fitta e a maglie strette, un colore nocciola con striature brune, senza presentare bolle d’aria o macchie bianche, indice di un espresso non preparato corret-tamente.

Consistente e durevole, una buona crema è indice di un espresso di qualità, estratto a regola d’arte. Il suo colore testa di moro è dovuto alla caramellizzazione degli zuc-cheri, che si verifica nel corso della tostatu-ra.

Olfatto

In un’inspirazione intensa, le note aromati-che del caffè accarezzano e stimolano i sensi. Pochi attimi per ritrovare il sapore dei giorni vissuti e scoprire ogni volta qual-

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cosa di sé e della propria esperienza diret-ta.

Un caffè può essere potente, ricco oppure soffuso o debole; d’altra parte, può presen-tare caratteristiche eleganti, pulite, delicate o ordinarie e banali. Il forte profumo di un

espresso 100% Arabica può essere ricon-dotto agli agrumi, ai fiori (gelsomino) o al cioccolato. Si può trattare anche di aromi leggeri, come il caramello, il pan tostato, il miele.

Gusto

La degustazione del caffè avviene utilizzan-do il goûte cafè, un apposito cucchiaio ri-curvo creato appositamente per facilitare l’analisi sensoriale. Quando si assaggia, il liquido va aspirato dal cucchiaio e “nebuliz-zato” sul palato, in modo che il caffè pren-da la forma di microbolle che entrano in contatto con le papille gustative più facil-mente. Il caffè va poi degustato cercando

di ricoprire il più possibile tutta la superfi-cie della lingua.

Le goccioline lipidiche della bevanda ven-gono intrappolate nelle papille gustative, dove permangono per circa 15 minuti.

Il dolce è una sensazione dovuta, oltre alle caratteristiche dei caffè utilizzati per la mi-scela, anche alla residua presenza di zuc-cheri nei chicchi tostati. Una tostatura trop-po spinta riduce la sensazione di dolce e accentua le note amare. La piacevole acidi-tà di un espresso dipende non solo dal li-vello del ph, ma anche dalla concentrazio-ne degli acidi presenti nel caffè verde (acidi citrico e malico). La concentrazione di que-sti componenti raggiunge il picco massimo a livelli medi di tostatura, per poi decresce-re alle alte temperature. Un livello di ama-rezza, in un delicato equilibrio con l’acidità, è apprezzato in tazza: è un attributo tipico di caffè Arabica di buona qualità.

Tatto

Gli oli e gli zuccheri presenti nel caffè offro-no una piacevole morbidezza al palato, che viene identificata come corposità. L’astringenza, tipica dei carciofi crudi o dei cachi acerbi, è una percezione tattile-lin-guale che è condivisa da alcuni tipi di caffè di scarsa qualità e dall’espresso sovrae-stratto. L’astringenza è dovuta alla presen-

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za dei tannini (sostanze di origine vegetale) che fanno precipitare la mucina: si tratta di

una proteina contenuta nella saliva, che rende scivolose le mucose.

Dopo aver sorseggiato l’espresso, durante l’espirazione, si cominciano a sentire an-che quegli aromi che si rivelano per via re-tronasale. La finezza, la ricchezza e la per-sistenza vengono valutate dunque anche in seguito alla deglutizione. Per identificare queste sensazioni si parla di after-taste, os-sia di ciò che permane in seguito all’assag-gio vero e proprio.

Udito

Si può ascoltare il caffè, sentirne e valutar-ne il suono così come si fa per gli aromi o la morbidezza in bocca?

La razionalità suggerirebbe di no, e sareb-be difficile immaginare una griglia di valuta-zione per il suono del caffè. Ma se la degu-stazione è un’arte, e intuizione, soggettivi-

tà e memoria personale vi giocano il loro ruolo, allora sicuramente i quattro sensi chiamati in causa coinvolgono anche il quinto.

L’esperienza sensoriale si arricchisce dei rumori del bar, deltintinnìo della porcellana di piattini e tazzine, del soffio sottile che ac-compagna l’inspirazione degli aromi e l’esame retronasale, e infine dei commenti dei degustatori. Suoni che si imprimeranno nella memoria per richiamare un momento e delle sensazioni speciali.

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Il caffè nel mondo

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Non solo espresso

L’espresso

Come tutto ciò che è straordinario, l’espresso presenta un elevato livello di complessità.

L’espresso è innanzi tutto una soluzione, perché contiene una somma di elementi di-versi (acidi, proteine, zuccheri, grassi e al-tre sostanze).

È anche un’emulsione, per la presenza di oli che racchiudono gli aromi, che rendono

il caffè corposo e accarezzano le papille gustative.

L’espresso è infine una sospensione, per il denso strato di crema color nocciola che lo ricopre.

La Moka

Nella caldaia (la parte inferiore della moka) l’acqua entra in ebollizione e, sotto la spin-ta del vapore, attraversa il caffè contenuto nel filtro e raggiunge il bricco. 

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Il filtro va riempito senza pressare il caffè, l’acqua va inserita fino alla valvola e la fiam-ma va mantenuta bassa. 

Il fuoco va spento prima che la moka co-minci a gorgogliare, dato che il caffè dagli aromi più raffinati sgorga a circa 60/65 gra-

di: è cioè la prima porzione a uscire dalla moka. Successivamente, avvicinandosi la temperatura di ebollizione, si sviluppano gli aromi più sgradevoli che ne compromet-tono il gusto, rendendolo più amaro e bruciato. 

La minor quantità di caffè derivante (se ne scarta circa il 20%) sarà ampiamente com-pensata da una qualità superiore. Spento il fuoco, il caffè va mescolato prima di versar-lo in tazza, in modo da equilibrare le diver-se porzioni. Con la moka, il risultato in taz-za ha un gusto forte, deciso, concentrato; il corpo è medio e l’aroma piuttosto inten-so.

Come funziona la moka

http://www.youtube.com/watch?v=yTMW9QWSvAE&list=TLmyMpI2LysMY&feature=player_detailpage

La napoletana

La napoletana si compone di tre parti: quel-la inferiore viene riempita d’acqua, mentre quella superiore è destinata a contenere la

polvere e, una volta pronto, il caffè. Tra le due parti è presente un filtro a cestello.

Quando l’acqua raggiunge il bollore, la na-poletana va tolta dal fuoco e capovolta, in

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Filmato 3.1 Come funziona la moka

modo che l’acqua stessa possa attraversa-re il caffè. La dif-ferenza con la moka consiste ne l fat to che l’estrazione av-viene per gravi-tà, in assenza di pressione indot-ta.

Il caffè filtro

Per ottenere questo tipo di caffè, si utilizza-va polvere macinata grossa e un filtro di

carta assorbente o stoffa, posizionato nella parte superio-re della caraffa. La dose di acqua ne-cessaria veniva ri-scaldata a parte e poi versata sulla

polvere di caffè.

I percolatori odierni scaldano automatica-mente l’acqua, che viene poi versata sul caffè contenuto nel filtro di carta alimenta-re. L’acqua scioglie le sostanze idrosolubili nel momento in cui attraversa la polvere

per gravità. Si possono preparare contem-

poraneamente più tazze, a seconda dei modelli di macchina.

La french press

Il metodo, oggi, è largamente utilizzato, so-prattutto nei paesi del nord Europa. 

Il funzionamento è rimasto inalterato nel tempo: in una sorta di infusore cilindrico, in vetro e metallo, si inserisce acqua bollente (a circa 91-93 gradi) e polvere di caffè. Utilizzando una macinatura piuttosto grossa, si lascia il caffè in infusione per cir-ca 5-6 minuti. Dopo aver innestato un pi-stone nell’infusore, si spinge verso il basso il filtro metallico, esercitando pressione per circa 20-30 secondi.

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Caffè alla turca

Il caffè turco, o alla turca, deve il suo carat-tere spiccato e concentrato alla particolare modalità di preparazione: acqua, zucchero e polvere di caffè vengono mescolati assie-

me, e alcune particelle di caffè e zucchero rimangono sospese nella bevanda finale, dalla consistenza densa e sciropposa.

Il vero caffè turco si prepara nel cezve, uno speciale bricco di rame o di ottone con un lungo manico.

Lo si beve poi in tazzine piccole e basse. Il caffè deve essere macinato in maniera uni-forme e finissima, fino a farne una vera e propria polvere, con un macinino di rame a mano.

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E la salute

Intervista alla caffeina

La caffeina. Da sempre sulla bocca di tutti, a volte ingiustamente accusata di colpe non sue. Un’intervista faccia a faccia, cor-redata da alcune foto scattate al microsco-pio ottico. Poche domande, per conoscere meglio una delle molecole più discusse del nostro tempo, oggetto di oltre 17mila arti-coli negli ultimi 25 anni.

Carta d’identità

Cominciamo dall’inizio. Quando sei nata?

Io esisto da sempre, ma non è stato facile individuarmi. Ho tentato di nascondermi, e ci riesco bene perché sono insapore, con un leggero pizzico di amarezza. In Germa-nia, i primi ad accorgersi di me sono stati un poeta, Goethe, e un giovane medico, Runge, che nel 1819 mi hanno smaschera-to.

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Qual è il tuo aspetto?

Se mi estraggono mi presento come una pasta e, se vengo centrifugata, divento una polvere bianca inodore, simile alla mai-zena. Mi sciolgo molto facilmente nell’ac-qua calda e sono meno solubile in quella fredda. Osservata al microscopio, assumo la forma di cristalli prismatici lunghi, flessi-bili, dai contorni irregolari.

Dove vivi?

Tutti mi conoscono perché sono presente nel caffè.

Ma mi potete trovare anche nel tè, nel tè verde, nel cioccolato, nei soft drinks, cioè in tutte le bibite a base di cola. Sono pre-sente anche nel guaranà, ricavato da un ar-busto originario del sud America.

 La storia 

Com’è è stato il tuo primo impatto con il mondo?

All’inizio, in Abissinia, i popoli nomadi utiliz-zavano le bacche di caffè come alimento e non come bevanda.

Preparavano dei piccoli bocconi, impastan-do le cliliegie con del grasso animale. Nes-suno mi conosceva, ma gli antenati degli

etiopi si erano accorti che davo energia e sostegno nel corso dei lunghi viaggi.

Cosa è accaduto quando sei arrivata in Europa?

Sono sbarcata in Europa all’inizio del 1600, insieme alle prime partite di caffè.

Pensate che consideravano la “nera bevan-da” un medicinale e, a tratti, persino una sostanza dannosa. Fontanelle, un ultracen-tenario, dall’alto della sua veneranda età, diceva a proposito del caffè: “che sia un veleno molto lento, lo posso testimoniare io stesso”.

Con il passare del tempo, l’atteggiamen-to nei tuoi confronti è migliorato?

Non del tutto: anche nel corso del Sette-cento, c’erano molti dubbi su di me e sul caffè: Gustavo III di Svezia incaricò un me-dico di condurre un esperimento con due gemelli, per valutare gli effetti del caffè sul-la salute. Uno avrebbe dovuto bere sem-pre tè, l’altro caffè. Morirono sia il medico, sia il re. Il gemello che consumava tè morì a 83 anni, qualche tempo prima del fratel-lo.

 

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