il caso benetton

23
IL CASO BENETTON Alberti Matteo Gasperi Fabio

Upload: cora

Post on 17-Feb-2015

57 views

Category:

Documents


1 download

DESCRIPTION

DECISIONI STRATEGICHE•Il modello Benetton prevede la permanenza di piccoli quantitativi in magazzino che, anche se fanno lievitare i costi, assicurano una risposta tempestiva alla domanda•Benetton decise di utilizzare filati non tinti, la colorazione dei capi avviene solo una volta che sono stati completati, questo rese possibile la variazione dei colori all’ultimo momento, a seconda dei dettami del mercato.•Per effetto della sincronizzazione, della divisione e della coordinazione della produzione èpossibile ottenere merci diversificate

TRANSCRIPT

Page 1: IL CASO BENETTON

IL CASO BENETTONAlberti Matteo

Gasperi Fabio

Page 2: IL CASO BENETTON

STORIA

Page 3: IL CASO BENETTON

STORIA

Page 4: IL CASO BENETTON

MERCATI

RICAVI: • 52% ESTERO• 36% UE• 12% ASIA• 3% USA

EUROPA: • 11% SPAGNA• 29% PORTOGALLO• 22% GRECIA

IN ESPANSIONE: • MEDIO ORIENTE• CINA• EGITTO• MAROCCO• RUSSIA• POLONIA• UNGHERIA

Page 5: IL CASO BENETTON

GRUPPO BENETTON

•Benetton è un’impresa NON integrata verticalmente: l’80% della produzione (labour intensive) è affidata all’esterno mentre solo il 20% (principalmente la tintura) è svolta all’interno

•350 ditte fornitrici che occupano oltre 10.000 addetti

•700/800 addetti per la produzione interna

•80 agenti di vendita nel mondo

•Presenza in 120 paesi nel modo, la produzione è di circa 110 milioni di capi all’anno

• La rete commerciale

•è di 7000 negozi

•Giro d’affari:

Page 6: IL CASO BENETTON

EDIZIONE HOLDING

• E’ la finanziaria della famiglia Benetton

• 7 miliardi di fatturato• La strategia di

Benetton è stata quella di diversificare le attività entrando nel settore dei servizi finanziari che facciano da supporto alle nuove politiche di sviluppo di Benetton attraverso la partnership con banche ed istituzioni finanziare.

Page 7: IL CASO BENETTON

LA CRISI DEL ‘70:

• Gli anni ’70 furono caratterizzati da una profonda crisi del sistema Capitalistico.

• Fu una classica crisi di sovrapproduzione, dovuta al fatto che le imprese producevano indipendentemente dalla domanda

• Infatti fino agli anni ’70 le imprese utilizzavano il modello fordista, che non era in grado di abbassare le quote di produzione (mercati ormai saturi), nemmeno di adattare riconversioni o differenziazioni. Inoltre non poteva contare su un aumento della flessibilità del lavoro, vista l’opposizione dei sindacati.

Benetton rovesciò il processo di produzione: la sua attivazione non è più, come il fordismo, indipendente dalla domanda, ma ne è la conseguenza.

REAZIONE DELL’AZIENDA:

Page 8: IL CASO BENETTON

DECISIONI STRATEGICHE

• Il modello Benetton prevede la permanenza di piccoli quantitativi in magazzino che, anche se fanno lievitare i costi, assicurano una risposta tempestiva alla domanda

• Benetton decise di utilizzare filati non tinti, la colorazione dei capi avviene solo una volta che sono stati completati, questo rese possibile la variazione dei colori all’ultimo momento, a seconda dei dettami del mercato.

• Per effetto della sincronizzazione, della divisione e della coordinazione della produzione è possibile ottenere merci diversificate

Page 9: IL CASO BENETTON

DIVIDI ET IMPERA

• La grande disponibilità di manodopera femminile e la carenza di posti di lavori sono state una componente essenziale del successo di Benetton

• Benetton sfruttò alcune agevolazioni e incentivi finanziari per le piccole aziende delle zone economicamente depresse del Nord Italia (legge 314/1966), facendo nascere piccoli laboratori

•Benetton grazie a una produzione che viene fatta in gran parte ricorrendo a queste piccole imprese contoterziste, che ha provveduto a mettere in concorrenza una con l’altra, può sfruttare la rivalità dei laboratori e ottenere spostamenti, aumenti, diminuzioni della produzione senza trovare ostacoli.

• Questo sistema fece nascere nei lavoratori, la falsa convinzione che i loro interessi e quelli degli imprenditori non fossero antitetici ma coincidenti, e si potessero identificare nella prosperità dell’azienda

•Il ricorso ai sub-fornitori garantisce un risparmio sia sui costi di gestione, nonrichiedendo investimenti per strutture e macchinari, sia su quello del lavoro, svolgendosi nella quasi totalità dei casi in nero,

Page 10: IL CASO BENETTON

ORGANIZZAZIONE

STRUTTURA

STRATEGIA

Page 11: IL CASO BENETTON

• L’azienda Benetton ha reso possibile che un produttore artigianale di maglieria potesse espandere la propria produzione, riducendo al minimo gli investimenti di capitale necessari e saltando gli intermediari che controllavano il rapporto tra produzione e distribuzione

• In tal modo l’azienda saltava la mediazione dei grossisti, e ben presto riuscì a proporre ai negozianti un rapporto di esclusiva grazie alla formula del franchising, che escludeva la restituzione della merce invenduta.

LA STRATEGIA ADOTTATA NEI PRIMI ANNI ’70

Page 12: IL CASO BENETTON

• Il sistema di Benetton è basato sul rovesciamento del rapporto tra produzione e commercializzazione e su un massiccio ricorso alla subfornitura.

• Le imprese contoterziste facenti capo alla Benetton sono di piccole o al massimo di medie dimensioni, ma per lo più artigiane. Sono dislocate in aree ristrette, nei pressi degli stabilimenti dell’azienda committente, questo per non far aumentare i costi di trasporto.

• Formalmente sono indipendenti da Benetton, che però le vincola esigendo l’esclusiva della produzione, o comunque con una quota che non scende mai al di sotto dell’80%.

• La gestione dei laboratori è fatta da persone estranee all’azienda, anche se Benetton ha incentivato un certo numero di suoi dipendenti ad aprire personalmente una di queste imprese fornendo il supporto finanziario e tecnico proprio dell’azienda.

• La Benetton fornisce i quantitativi di materie prime o semilavorati strettamente necessari per la fase di lavorazione decentrata

• E’ la Benetton, che ponendo tra loro in concorrenza i terzisti, sipone nella condizione di stabilire i prezzi e i tempi di evasione tenendoli costantemente sul filo di un equilibrio finanziario fortemente sbilanciato.

IMPRESE CONTOTERZISTE

Page 13: IL CASO BENETTON

LA STRATEGIA

• La gestione di gran parte dei vecchi subfornitori veniva affidata agli stabilimenti (ceduti a ex-dirigenti) che producevano le collezioni programmate con diversi mesi in anticipo

• Nuovi laboratori venivano concentrati nell’area prossima ai centri direzionali e al magazzino automatizzato: in tal modo diventava possibile una forte integrazione delle lavorazioni esterne dei processi produttivi, che richiedevano elevata flessibilità e un rapido adeguamento della produzione alle richieste di mercato

• Gli ostacoli legati alla crescita estensiva della rete venivano così aggirati attraverso una riorganizzazione logistica e produttiva capace di dosare si livelli diversi, il grado di integrazione produttiva dei partner esterni.

Page 14: IL CASO BENETTON

• Benetton intendeva, utilizzando questi piccoli laboratori, garantirsi contro le possibilità di coalizioni e rivendicazioni dei suoi terzisti.

• Ad ogni impresa di subfornitura viene affidato il compito di svolgere una fase specifica della produzione. Vi sono laboratori che si occupano di stiratura, dell’imballaggio, del finissaggio, dell’assemblaggio.

• In tempi recenti Benetton ha cercato di far svolgere due fasi della produzione a ciascuna di queste imprese

• Il far eseguire alle singole imprese solo una o al massimo due lavorazioni è per Benetton un ulteriore modo per assicurarsi la dipendenza dei laboratori, poiché li pone nella condizione di non essere in grado di accedere direttamente alla commercializzazione.

LE FASI DI PRODUZIONE

Page 15: IL CASO BENETTON

IL DECENTRAMENTO

• Viene utilizzato da Benetton per le fasi centrali, che richiedono una maggiore intensità di lavoro e l’impiego di poche ed economiche macchine.

• La tessitura, la tintura, il taglio (in particolare dei tessuti di cotone) non vengono invece decentrate, questo poiché questo tipo di lavorazioni richiedono l’investimento di cospicue somme di denaro per gli impianti e i macchinari, il che fa si che un’eventuale decentramento non comporti un abbassamento di costi.

• L’azienda trevigiana ha dunque reputato più conveniente svolgere direttamente questo tipo di lavorazioni, cercando di ridurre i costi attraverso il ricorso alla tecnologia.(Deposito di Castrette)

• Inoltre ha potuto presentare agli investitori, in vista della quotazione in borsa, una struttura particolarmente leggera e flessibile

Page 16: IL CASO BENETTON

L’EVASIONE DELL’ORDINE

• Benetton non è solita lasciare margini di tempo: tende a diminuire i tempi quando si accorge che i subfornitori riescono a rispettare i termini di consegna.

• Per questa ragione i contoterzisti sono costretti molto spesso a far svolgere parte della lavorazione ad altri laboratori più piccoli o a ricorrere al lavoro a domicilio

• Nasce così un secondo livello di subfornitura, che non ha più un legame diretto con la Benetton. In questa fase vi sono le condizioni di lavoro peggiori.

Page 17: IL CASO BENETTON

IL SUCCESSO DEL DECENTRAMENTO

• E’ indubbiamente uno degli elementi alla base del successo della Benetton, le ha conferito grande flessibilità.

• Grazie al ricorso dei subfornitori l’azienda può adattarsi prontamente agli andamenti della domanda, senza particolari problemi. Infatti aumentando o diminuendo il numero delle commesse e delle imprese terziste,

• Non solo grazie al decentramento Benetton è riuscita ad imporsi, infatti con la realizzazione di negozi monomarca che sono costantemente in contatto, attraverso una rete informatica con Villa Minelli, ove inviano gli ordini. In questo modo l’azienda è riuscita ad avere una percezione in tempo reale degli orientamenti del mercato. E’ riuscita ad ottenere una produzione praticamente sul venduto.

Page 18: IL CASO BENETTON

• Nel passaggio tra gli anni Ottanta e Novanta veniva elaborata una nuova strategia di espansione dei mercati extracomunitari

• Questa dapprima prevedeva la concessione di licenze di marchio a produttori locali, con i quali in seguito ha stipulato joint-venture, per arrivare infine a costruire filiali produttive in loco

• In questa nuova fase di globalizzazione corrisposero fortissimi investimenti nella promozione del marchio, affidate alle pubblicità trasgressive di Oliviero Toscani, e in una migliore integrazione logistica fra la piattaforma produttiva automatizzata, subfornitori e la rete commerciale.

• In tal modo l’efficienza nella gestione della rete produttiva venne notevolmente aumentata, rendendo possibili nuove economie di scala

LA STRATEGIA DEGLI ANNI ‘90

Page 19: IL CASO BENETTON

L’EVOLUZIONE DEL 1990-2000

• E’ stata caratterizzata dalla delocalizzazione di parti della catena del valore (produzione)

• Vi è stata la replicazione in altri paesi (Spagna, Portogallo, Tunisia, Crozia, Ungheria) di poli produttivi che replicano il modello originario: nucleo centrale (di proprietà) che coordina una costellazione di piccole imprese locali

• Le varie sedi sono specializzate sul prodotto (ad esempio le T-shirt in Spagna e capospalla nell’est europeo) ma solo parzialmente.

•Attualmente l’apporto delle sedi produttive internazionali èabbastanza limitato, se confrontato con le strategie di delocalizzazione dei principali competitor: circa il 70% della produzione è ancora coperto dalla struttura italiana, ma tale percentuale è destinata a diminuire.

Page 20: IL CASO BENETTON

LA NON INTEGRAZIONE VERTICALE

• Nel 1983 Benetton aveva sette fabbriche in Italia

• Nel 1985 si erano ridotte a cinque

• Nel 1997 era proprietaria di soli tre stabilimenti, uno per ciascuna divisione (lana, cotone, jeans)

• Questo conferma la scelta del Gruppo Benetton, ovvero nella filosofia di disaggregazione verticale e nel considerare la produzione esternalizzatacome un modello organizzativo.

FornitoriM.P.

FornitoriM.P.

Stabilimento diproduzioneDella lana

200 unità di produzione esterne

Stabilimento di produzioneDel cotone

150 unità di produzione esterne

Stabilimento di produzioneDel jeans

Deposito di Prodotti

Finiti

FornitoriM.P.

Page 21: IL CASO BENETTON

ALCUNI DATI SUL SETTORE LANA

Page 22: IL CASO BENETTON

IDEE PER IL FUTURO

• Cambiamenti nella rete dei fornitori Benetton sta lavorando con una costellazione di 350 unità produttive. L’idea è quella di semplificare il complesso problema di essere in rapporto con cosìtante ditte esterne, e trattare solo con i 9 o 10 fornitori più grandi. Questi a loro volta potranno rapportarsi con i fornitori di medie-piccole dimensioni. Per migliorare il controllo sui contraenti piùgrandi, la famiglia Benetton (non la società), potrebbe possedere quote in ognuna di queste ditte. Si progetta inoltre di integrare i fornitori di 1° livello nel sistema informativo aziendale.

• La Benetton ha già iniziato a espandersi verso nuovi mercati, quali Cina, Russia, India ed Est Europa.

Page 23: IL CASO BENETTON

FONTI:

•Benetton: da United colors a Edizione Holding (Brunetti-Bortoluzzi)

•Benetton: I colori del successo (Favero)

•Benetton Group, Relazione al bilancio consolidato 1987, 1988.

•La Benetton: strategia e struttura di un’impresa di successo (G. Nardin)

•Gruppo Benetton, Bilancio consolidato 2006, relazione sulla gestione

•Signorelli A. “Sociologia delle organizzazioni: Il caso Benetton”

• Massimo Merlino “Business Cases”, Università degli Studi di Bergamo