il rischio nella anestesia ed analgesia ostetrica

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Il rischio nella anestesia ed analgesia ostetrica C. Melloni * Lista delle abbreviazioni ASA: American Society of Anesthesiologists ACOG: American College of Obstetricians Gynecologists CEMDEW(UK): Confidential Enquiry into maternal deaths of England and Wales(poi United Kingdom e quindi CEMDUK ) C/S: cesareo AG o GA: anestesia generale Reg: regionale Iot: intubazione orotracheale Epid: epidurale Spi: spinale. Nella valutazione del rischio anestesiologico in ambiente ostetrico bisogna prima di tutto rifarsi a casistiche il più ampie possibili di mortalità e morbilità ostetrica in senso lato e poi analizzare la quota attribuita o attribuibile all’anestesia. Il compito non è facile poiché nei diversi paesi e talora a seconda di diverse circostanze medico- legali e giuridiche i dati non sono disponibili che in parte o viziati per difetto o peggio ancora mancanti. Inoltre la definizione di morte ostetrica ,che pure è un evento in sé chiuso e ben determinato, varia da paese a paese; per esempio uno degli studi longitudinali più completi ed esaurienti sull’argomento, quello relativo al Confidential Enquiry into maternal deaths dell’UK, giunto ormai al 40° anno, definisce come morte in gravidanza ogni decesso avvenuto entro il 42° giorno dal parto; come decessi tardivi vengono considerati quelli occorsi fra il 42° giorno e l’anno. 1 * Servizio di Anestesia e Rianimazione - Ospedale di Faenza (RA). Tagete n. 1-2001 Ed. Acomep

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Page 1: Il rischio nella anestesia ed analgesia ostetrica

Il rischio nella anestesia ed analgesia ostetrica

C. Melloni*

Lista delle abbreviazioni • ASA: American Society of Anesthesiologists • ACOG: American College of Obstetricians Gynecologists • CEMDEW(UK): Confidential Enquiry into maternal deaths of England and

Wales(poi United Kingdom e quindi CEMDUK ) • C/S: cesareo • AG o GA: anestesia generale • Reg: regionale • Iot: intubazione orotracheale • Epid: epidurale • Spi: spinale. Nella valutazione del rischio anestesiologico in ambiente ostetrico bisogna prima di tutto rifarsi a casistiche il più ampie possibili di mortalità e morbilità ostetrica in senso lato e poi analizzare la quota attribuita o attribuibile all’anestesia. Il compito non è facile poiché nei diversi paesi e talora a seconda di diverse circostanze medico-legali e giuridiche i dati non sono disponibili che in parte o viziati per difetto o peggio ancora mancanti. Inoltre la definizione di morte ostetrica ,che pure è un evento in sé chiuso e ben determinato, varia da paese a paese; per esempio uno degli studi longitudinali più completi ed esaurienti sull’argomento, quello relativo al Confidential Enquiry into maternal deaths dell’UK, giunto ormai al 40° anno, definisce come morte in gravidanza ogni decesso avvenuto entro il 42° giorno dal parto; come decessi tardivi vengono considerati quelli occorsi fra il 42° giorno e l’anno.

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* Servizio di Anestesia e Rianimazione - Ospedale di Faenza (RA).

Tagete n. 1-2001Ed. Acomep

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Morti materne associate con l’anestesia in milioni digravidanze stimate per England & Wales

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91-93

94-96

morti associatedirettamentefreq.per milione

% delle morti dirette

Report on Confidential enquiries into m aternal deaths inEngland and W ales 1970-1996

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25

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1970-72

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85-87

88-90

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F requenza per m ilione d i g ravid .stim ate

em b.polmipertensa nestem b.fluido am niotiabor togravid .ec topicaem orragiasepsirottura uteroaltre cause dirette

La serietà e completezza dei dati inglesi dipendono dal meccanismo confidenziale dell’inchiesta, cioè tutti i casi di mortalità in gravidanza vengono raccolti in maniera confidenziale dai vari ospedali e distretti sanitari con la sicurezza dell’anonimità e dell’assoluta protezione delle informazioni raccolte, in modo del tutto indipendente dall’instaurazione o meno di procedimenti legali-giudiziari. Lo studio citato evidenzia come, nel corso degli anni, la mortalità ostetrica sia cambiata: all’inizio prevalevano i casi di morte secondari ad aborto, gestosi ed embolia polmonare, poi è crollata la mortalità da aborto, grazie alla legalizzazione della pratica, e sono rimaste come cause principali le emorragie e la malattia ipertensiva della gravidanza. Le morti da cause anestetiche pure si sono ridotte notevolmente, dai circa 37 casi nel primo triennio ai 5 degli ultimi, con diminuzione della frequenza per milione di gravidanze da 14 a meno di 1 per milione. Tuttavia, negli ultimi due trienni è cambiata la definizione e la codificazione di morte materna nella modalità di archiviazione elettronica, per cui è molto meno probabile che sfuggano dei casi; dunque le percentuali non sono più strettamente comparabili a quelle precedenti il 1990. (1- Why mothers die. Report on Confidential Enquiries into Maternal Deaths in the United Kingdom 1994-96. Stationery Office, december 1998); ecco perché si evidenzia un incremento nel triennio ‘91-93. Dati analoghi erano stati in precedenza portati da Parker et al (2); come si vede dal grafico l’embolia polmonare rappresenta il 20% delle cause di mortalità materna, seguita dalla preeclampsia-eclampsia; l’anestesia rappresenta comunque un 12 % della cause di mortalità e dunque merita la massima considerazione. Le cause di mortalità materna attribuite all’anestesia erano da ricondurre principalmente all’inalazione del contenuto gastrico in corso di anestesia generale e/o alla mancata o fallita intubazione tracheale, con susseguente ipossia ed anossia cerebrale; analoghi dati venivano riferiti dallo Stato dell’Indiana e dallo Stato di New York (vedi grafico comparativo).

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Da Parker,J,Schiffer,MA,Nelson,F.“Maternaland perinatal mortality”in Clinical management

of mother and newborn,GF Marxed.,Springer,New York 1979,pag 241-274.

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Num %

M aternal mortality,New York 1973-76;122 morti.

emb.polmprecl-eclampsiaanest

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el corso degli anni successivi il riconoscimento dei pericoli derivanti dall’anestesia

Tabella comparativa dellamortalità materna attribuita

all’anestesia

0

2

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%

New York 73-76N.Y 77-80N.Y 81-83Indiana 60-80E-W 64-66E-W 67-69E-W. 70-72E-W.73-75E-W.79-81E-W.82-84E_W.85-87UK 88-90

Ngenerale ed il diffondersi delle tecniche di anestesia regionale, hanno drasticamente modificato lo stato di cose descritto; basta confrontare per esempio quanto riportato in England-Wales 1970-78,con 68 decessi da GA; 40 per inalazione e 28 per problemi di iot e 7 da reg, con i dati di England & Wales 1985-87,ove si assisteva a soli 7 decessi da GA, 5 conseguenti a iot sbagliata (2 nel periodo ‘91-93), 1 da inalazione, 1da incidente legato alle attrezzature( tubo iot piegato) ed 1 da regionale,

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con collasso cardiovascolare da blocco epidurale esteso (e conseguente ipotensione grave) in paziente con insufficienza aortica. La tabella seguente evidenzia chiaramente i cambiamenti avvenuti nell’eziologia della mortalità nel corso di alcuni trienni significativi:

CAUSA 1973-75 1976-78 1985-88

Inalazione all’induzione anestetica

9 4 1

Inalazione durante iot difficile

4 7 0

Ipossia da iot esofagea Fallita /tubo piegato

3 9 6

Errori di farmaci 4 3 0

Iniezione subaracnoidea durante tentata epidurale

2 1 0

Varie 7 4 1

ma dimostra altresì la quasi ineluttabilità di una certa quota di mortalità. Da che cosa dunque dipende la mortalità materna legata all’anestesia? La gravidanza determina nella donna una serie di modificazioni anatomiche e fisiologiche che predispongono la paziente ad un aumentato rischio di intubazione difficile e di inalazione di materiale gastrico nell’albero tracheobronchiale; semplificando al massimo, si può affermare che esistono fattori anatomici e fisiologici che rendono più difficile l’accesso alle vie aeree nelle pazienti gravide rispetto alle pazienti non gravide di pari età e che il travaglio di parto aggrava l’esistenza dei fattori che predispongono la paziente al rigurgito ed al vomito del contenuto gastrico; aumento della pressione endoaddominale a causa dell’utero gravido, orizzontalizzazione del piloro, diminuzione della peristalsi, aumento del tempo di svuotamento gastrico, ecc.Se il rigurgito e vomito avvengono quando sono stati depressi i meccanismi naturali di protezione riflessa delle vie aeree, quali la tosse, come avviene nella fase di induzione dell’anestesia generale, si capisce come la gravida sia a rischio di inalazione, e come tale rischio sia aumentato dall’eventuale difficoltà all’intubazione. A questo proposito, Hawthorne et al (3), raccogliendo 16 anni di esperienza del St James Hospital in una casistica che comprendeva ben 5802 GA per C/S, riscontrarono un’incidenza dello 0.4% di iot fallite; 1/300 nel 1984, 1/250 nel 1994.

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Sempre sulla frequenza di iot falliteTsen et al (4), hanno evidenziato un’ampia variabilità di anno in anno tra il 2 ed il 16% della casi. Senza addentraci in disquisizioni tecniche-specialistiche, basterà ricordare come si stimi che in ambito ostetrico la difficoltà di iot aumenti di circa il 30% rispetto alla chirurgia generale o ginecologica; le cause sono attribuibili a variazioni anatomiche avvenute nel corso della gravidanza, ma anche a fattori organizzativi, tra i quali sono stati citati l’inesperienza, il fatto che molte anestesie generali vengono eseguite come urgenze fuori orario, quando meno personale è disponibile, specie quello più esperto; alla “stat” mentalità,per cui tutte le cose devono essere fatte in fretta… Non può mancare inoltre una componente psicologica importante e poco nota, se non fra gli anestesisti e gli ostetrici, da ricordare tra le cause dei disastri ostetrici: il panico, che si impadronisce di tutti e che è provocato dal trovarsi di fronte ad un’evenienza così grave come l’imminente pericolo di vita di una giovane madre e del suo bambino. Se dunque, e posto che sia così,che cioè l’Ag rappresenti un fattore di rischio per la paziente( e l’anestesista....) perché si ricorre ancora all’AG, nonostante effettivamente la tecnica sia in lenta e costante diminuzione? I fattori imputati sono certamente molteplici ed includono: • un difetto di training degli anestesisti nell’esecuzione e conduzione

dell’anestesia regionale; • un’inadeguata educazione della paziente, nel senso che essa non viene

sufficientemente informata dei maggiori rischi che corre in AG rispetto alla regionale;

• un problema di abitudini chirurgiche inveterate, caratterizzato da equipe chirurgica ed anestesiologica che prova fastidio ed insicurezza con pazienti coscienti;

• una chiamata tardiva con impossibilità temporale all’esecuzione di una regionale, che indubbiamente richiede qualche minuto in più per essere preparata. Infatti ,oltre a preparare il materiale necessario, che è più o meno il tempo occorrente per preparare anche l’occorrente per l’AG, nel caso della regionale l’anestesista deve vestirsi chirurgicamente, preparare il dorso della paziente con antisettici e mettersi e mettere la paziente in posizione, oltre a richiedere qualche minuto, nella migliore delle ipotesi, per i tempi di azione degli anestetici locali per via spinale o peridurale, almeno 6-7 nei casi di iniezione subaracnoidea;

• In più è probabile che si ricorra ancora all’AG ritenendo come indicazioni valide per l’AG quelle che vengono attualmente riconosciute come controindicazioni, quali la preeclampsia, la placenta praevia, la febbre e le malattie cardiache, tutte situazioni in cui invece è verosimile sia da preferire la tecnica reg.

Con questo non vogliamo sostenere che l’AG sia una tecnica insicura: anch’essa si è evoluta nel tempo e nelle metodiche farmacologiche ed ha raggiunto un elevato grado di sofisticazione; tuttavia intendiamo dimostrare, presentando dati inconfutabili, che essa sia meno sicura, per la madre ed il feto-neonato, ancorchè si debba ricordare come spesso l’AG rappresenti l’unica metodica possibile in determinate circostanze.

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La conoscenza dei maggiori rischi dell’AG impone che si effettui uno sforzo organizzativo nella transizione dalla pratica della AG a quella della regionale in ostetricia; prassi valide alla riduzione del ricorso alle anestesie generali si sono rivelate le visite preoperatorie congiunte del reparto di ostetricia da parte di ginecologi e anestesisti 3 volte al dì, il posizionamento per tempo di un catetere per analgesia peridurale per tutte le madri a rischio di cesareo, quali travagli prolungati, pregressi cesarei, ecc., la comunicazione continua fra reparto di ostetricia e anestesia. In ultima analisi l’aumento delle anestesie regionali e la conseguente riduzione delle tecniche di AG è da ricondurre al miglioramento ed alla risoluzione di problemi organizzativi e gestionali. In definitiva, è stato sottolineato da più parti che la chiave per il successo del viraggio dall’anestesia generale a quella regionale passa attraverso l’organizzazione, l’informazione, le visite, l’educazione del personale medico ed infermieristico e delle pazienti, oltre che delle loro famiglie. Non possono inoltre mancare aspetti eminentemente specialistici, quali la valutazione sistematica delle vie aeree delle pazienti e l’adozione di protocolli ed algoritmi che sottolineino il mantenimento dell’ossigenazione prima di tutto, piuttosto che la ripetizione di tentativi di iot, ed il risveglio della madre, la pratica regolare dei protocolli e degli schemi adottati. Ovviamente, le cause di mortalità materna legate all’AG non sono unicamente attribuibili alla mancata ventilazione e all’inalazione; sono state citate in letteratura reazioni allergiche, asfissia da inadeguato antagonismo della miorisoluzione, edema polmonare da sovraccarico idrico e.v., asfissia postoperatoria di ndd; sul versante regionale la causa più frequente di mortalità è lo shock spinale, dovuto ad un blocco totale, e misconosciuto, di tutte le vie sensitive e motorie della madre. Tuttavia, anche se i fattori di rischio sono noti, e sono state sviluppate strategie atte a ridurre le complicanze, è sempre stato difficile tradurre in numeri la relazione fra anestesia e mortalità materna, poiché spesso manca qualche dato essenziale, come per esempio il numero di anestesie effettuate ed il tipo di anestesia utilizzato, per cui non è possibile stabilire la frequenza percentuale delle complicanze, pur conoscendo il numero esatto delle morti materne. Ebbene, lo studio di Hawkins e coll. (5) ha potuto quantizzare per noi il rischio anestesiologico; partendo da tutte le morti materne riferite negli USA tra il 1979 ed il 1990, gli autori hanno ricercato le cause ponendole in relazione all’anestetico somministrato, al tipo di procedura ostetrica effettuata e alle condizioni materne associate; la situazione esaminata dagli autori mostrava il viraggio dai primi anni (1979-1984) da una incidenza di parto cesareo del 19%, con GA impiegata nel 41% dei casi e regionale nel 55%, all’aumento per gli anni 1990-92 del C/S al 24%, con diminuzione del ricorso alla GA (solo 16%) e aumento dell’impiego della regionale (84%). Come visto anche in UK, la mortalità era appannaggio pressoché totale del cesareo, con l’82% dei decessi legato al cesareo; solo il 5% è secondario al parto vaginale.

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Hawkins JL,Koonin LM,Palmer SK,GibbsCP.Anesthesia related deaths during obstetricdelivery in the United States(Anesthesiology

1997;86:277-84).

02468

1012141618

%

79-81 82-84 85-87 88-90

num.tot=129

GAREGignotasedazione

L’esame dei loro dati indica purtroppo il mantenimento pressoché stabile della mortalità legata all’AG, (anzi,indicherebbe un aumento per il cesareo da 20/milione di AG a 32.3 per milione di AG), con diminuzione invece della mortalità legata alla regionale (da 8.6 per milione di regionali del periodo 1979-1984 a 1.9/ milione del quinquennio 1985-90). Interessanti le frequenze e le incidenze riportate nella tabella e comparate a quelle del CEMDUK, che dimostrano la diminuzione della mortalità legata all’AG a livello di 1.7/milione di anestesie; tuttavia si riscontrano notevoli differenze fra anestesia generale e regionale, tanto che il rischio calcolato della mortalità dell’AG rispetto alla reg. è passato da 2.3 volte del 1979-84 a ben 16.7 volte nel periodo 1985-1990. Non diverso dai precedenti il punto di vista di Chadwick e coll. (6). Qui però non si tratta di report confidenziali o di statistiche attuariali ufficiali ricontrollate, come le precedenti citate, ma dei casi giunti alle assicurazioni e/o definiti in corte di giustizia e derivanti da contenzioso medico legale inerente alla professione (malpractice). Da questi “closed claims” si evince come non ci siano solo cause per i disastri (morte materna e danno cerebrale neonatale in primis), ma anche per cefalea, dolore (evidentemente l’aspettativa delle pazienti è andata delusa), danni neurologici, ecc. (vedi tabella).

7Tagete n. 1-2001

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ASA closed claims project Malpractice claims against anesthesiologists

0

5

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25

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35

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%

ob nonob

morte (materna)danno cerebrale neonatalecefaleamorte neonataledolore dur.anestdanno neuraledanno cerebrale paz.distress emotivodolore dorso

8

erano riportate per la assenza o indisponibilità dell’anestesista!

le istanze seguenti

Le richieste di risarcimento riguardavano il 67% delle volte il cesareo, e solo per il 33% il parto vaginale; tuttavia la percentuale di istanze era più elevata in corso di anestesia regionale (65%), mentre solo per il 33% si associavano alla GA. 2 citazioni

È interessante notare intanto le differenze sostanziali fra

Danno materno;CS vs vaginale

0

5

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25

%

CS vag

morte maternadanno cerebrale neonatalecefaleamorte neonataledolore dur.anestdanno neuraledanno cerebrale pazdistress emozdolore dorso

*

l’anestesia regionale e quelle successive alla generale; come abbiamo accennato anche in precedenza anche in questa casistica la gravità maggiore del danno discende direttamente dalla generale; infatti la mortalità materna compare nel 42% delle generali contro il 12 % delle regionali, alle quali sono imputati invece il dolore

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tale risalta il fatto che esso è stato attribuito per il

delle istanze riguarda l’inalazione

ento è rappresentato dalle

ei closed claims problemi legati alle attrezzature, quali

del punteggio del danno aiuta nella determinazione del risarcimento e a

provato, il dolore dorsale e la cefalea, tipico fenomeno legato alla puntura della dura e che dunque è tipicamente assente in corso di AG, ma che, comunque necessita di un’attenta diagnosi differenziale. Nella patogenesi del danno neona45% dei casi a cause anestetiche; 4 conseguente a GA con eziologia attribuita a broncospasmo, intubazione errata in esofago, aspirazione polmonare, ritardo dell’anestesista. Purtroppo il danno neonatale è comparso anche in corso di regionale, e per ben 13 volte, di cui 9 derivanti da convulsioni da iniezione intravascolare, 1 da eclampsia, 1 da ritardo della disponibilità dell’anestesista e 3 per spinali alte. Nel 37% dei casi di danno neonatale erano presenti problemi ostetrici o congeniti e nel 13% erano in causa problemi di rianimazione. Come segnalato anche in precedenza, ben l’8%polmonare; nel 50% dei casi essa si accompagna, o forse sarebbe meglio dire consegue, a difficoltà nell’intubazione, all’intubazione esofagea anziché tracheale e ad inadeguata ventilazione; la stragrande maggioranza dei casi dunque consegue all’AG (14/16), a proposito della quale si rileva la presenza di 7 casi associati all’anestesia somministrata in maschera facciale, 6 casi di iot difficile o da intubazione esofagea. Purtroppo 2 casi compaiono anche in anestesia regionale, 1 per dose verosimilmente elevata di anestetico locale con blocco alto ed 1 con dosaggio basso ma tecnica anestetica eseguita dall’ostetrico; non è riportato come, ma la paziente si aggrava rapidamente tanto da richiedere l’intubazione tracheale, manovra che non riesce all’ostetrico ma all’anestestesista, intervenuto dopo alcuni minuti, ma non in tempo utile per evitare il danno cerebrale ipossico. Un altro evento morboso che porta alle richieste di risarcimconvulsioni; esse rappresentano il 10% della casistica dei closed claims e sfortunatamente si accompagnano a severe sequele di mortalità e morbilità materna e neonatale nell’83% dei casi; esse sono appannaggio pressoché esclusivo della tecnica di anestesia peridurale, nel senso che sono dovute all’accidentale iniezione intravascolare. Poiché il dosaggio di AL da iniettare nello spazio peridurale è 5-6 volte superiore a quello utilizzato nel caso della spinale, è evidente come la tossicità da AL consegua le tecniche peridurali piuttosto che quelle spinali, ove il dosaggio è ridottissimo; per esempio, per ottenere lo stesso livello di denervazione sensitiva per un cesareo (il livello dermatomerico della IV-V vertebra toracica, cioè T4 o T5 ), sono necessari circa 10-12 mg di bupivacaina per via spinale contro 85-90 per via peridurale. Va da sé che la tossicità da iniezione accidentale intravascolare dunque possa conseguire nel corso di iniezione peridurale, mentre sia praticamente assente nel caso della subaracnoidea. Non mancano nella casistica dlo strappo del catetere peridurale, il riscontro di un defibrillatore non operativo, problemi legati al ventilatore ecc, fattori presenti anche nelle casistiche non ostetriche. La severità scopo comparativo può aiutare il confronto con i closed claims non ostetrici; nel settore ostetrico la mediana, cioè il valore più spesso rappresentativo, è relativamente

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a seguente,

molto elevato, ell’ordine dei 400-450 milioni e assai più elevato dopo AG rispetto alla regionale,

imento più frequente, anche se solo il 50% è legato all’anestesia;

enta la cifra più elevata: 500.000 $ vs 120.000 $ dei danni ostetrici.

in frequenza: essa risulta in agamento il 56% delle volte…

988–1990) e poi quelle dedotte dai closed claims; in

a favore della

basso, oscillando attorno al 3, mentre nelle istanze non ostetriche tale valore oscilla attorno al 7. Il massimo dei punteggi è eguale nelle casistiche; nel settore ostetrico la mediana è più alta dopo AG, conseguenza del fatto che la morte materna costituisce il 47% dei claims dopo AG e solo il 12% dopo regionale. Dati relativi ai pagamenti sono schematizzati nella tabell

Dati relativi ai pagamenti

claims non ob claims ob Claims obregionale generale

non pagati(%) 32 38 43 27

pagati(%) 59 53 48 63

pagamento mediano($) 85000 203000 91000 225000

range di pagamento($) 15000-6 milioni 675000-5.4 milioni 675-2.5 mil 750-5.4 mil

GA pagata il 63% vs 48% delle reg.

da cui si evince chiaramente come il risarcimento mediano siadespressione del fatto che l’AG tende a causare i disastri maggiori. Dai closed claims gli autori traevano infatti alcune conclusioni:

• Il danno cerebrale neonatale costituisce la richiesta di risarc

• Il risarcimento mediano per il danno cerebrale neonatale rappres

La cefalea rappresenta la terza istanza di risarcimento pAmmesso che si possano trarre delle conclusioni, cercheremo prima di presentare quelle ufficiali del CEMDUK( 1fondo tutte le fonti citate sono d’accordo nell’identificare l’AG come più rischiosa per la gravida rispetto alla reg.; inoltre il ricorso alle tecniche regionali ha dimostrato una crescente sicurezza con il passare degli anni e ciò è ulteriormente rinforzato dall’aumento assoluto e relativo del suo utilizzo in ambiente ostetrico. Spiace constatare come invece il numero dei decessi attribuiti all’AG non sia diminuito, nonostante il decremento percentuale dell’impiego dell’AG

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nche sullo scenario medico italiano, di gravide non italiane, extra

isultato diverso dal triennio

in accordo con i dati del triennio precedente;

gravidanza (gestosi,

• ta

• rte diretta è stata classificata come tardiva e in 10 pazienti l’anestesia

• nte identificabili precocemente; nel primo caso

erano presenti delle difficoltà anestetiche pregresse (elevate pressioni di

reg. e a dispetto di un aumento della quantità e qualità del monitoraggio; infatti tutte le società scientifiche hanno raccomandato che venga impiegato sempre il monitoraggio della saturazione in ossigeno (pulsossimetria) e della capnografia. Perché l’implementazione di questi standard non sia risultato in un decremento della mortalità da AG non è chiaro; potrebbe essere che l’AG viene usata ancora quando sono già comparse complicazioni materne o fetali? Che, cioè, si impieghi più spesso in caso di emorragia, ipertensione materna o distress fetale preesistente? Oppure siamo già arrivati ad un tale miglioramento nella mortalità e morbilità che non è quasi più possibile scendere al di sotto e le morti anestetiche sono, in un certo senso, inevitabili? Un altro problema che inizia a toccarci da vicino è rappresentato infine dalla comparsa, acomunitarie, spesso di stato sociale ed economico povero, mentre dall’altro lato le italiane tendono a partorire ad età sempre più avanzate. L’età > 35 anni, l’appartenenza a razze non bianche e la povertà sono tutti fattori di rischio più volte dimostrati in numerose statistiche a partire almeno dagli anni 80 (vedi per esempio Kaunitz e coll. (7)). È evidente come in questi casi si debba agire più sul versante sociale ed economico che su quello strettamente medico. Nel Cemduk si sostiene che: • il numero totale delle morti dirette ed indirette non è r

precedente; • esisteva evidenza per un’assistenza sanitaria prestata sotto gli standard in circa il

50% dei casi,• tra le cause principali di mortalità materna diretta, la trombosi e tromboembolia e

quelle secondarie alla malattia ipertensiva della preeclampsia), sono rimaste immodificate rispetto al triennio precedente, ma sono invece raddoppiate le morti materne da emorragia rispetto al report 1985–1987. C’è stata una notevole riduzione nella percentuale di morti materne dirette associate direttamente all’anestesia; questi dati tuttavia non forniscono un’esatmisura del miglioramento anestetico qualitativo, poiché tra il 1970–1972 e il 1979–1981 si è verificato un aumento marcato nel numero totale dei cesarei ed un enorme incremento nel numero di aborti legali; poiché è altamente probabile che questa tendenza sia continuata, il numero totale di morti anestetiche legate strettamente all’anestesia potrebbe avere di fatto presentato un decremento ancora più spiccato. Negli ultimi due trienni si è notata un’ulteriore riduzione nella percentuale delle morti anestetiche dirette dal 4.3 al 2.7% di tutte le cause di morte. Nel periodo 1988–1990 ci sono state 4 morti direttamente attribuibili all’anestesia; una mogiocava un ruolo contributorio. Delle 4 morti attribuibili direttamente all’anestesia 4 mostravano fattori contributori di rischio chiarame

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iratoria preesistente, 2 erano

Il C• • recettori H2 (per diminuire la quantità e l’acidità

ticolati prima della AG;

• se di largo calibro e al monitoraggio della PVC (pressione

• precoce di

po una

consultato (Report on Confidential Enquiries into Materal Deaths in the United

roblemi. Il parere ufficiale della Association of

rti per anno, spesso solo 300-400, e dove manca quasi totalmente la presenza di un anestesista dedicato

insufflazione), nel secondo ansietà ed obesità; nel terzo fumo, obesità ed ipertensione in terapia con atenolol; nel quarto fumo, obesità, anemia ed un raccordo anamnestico con riferimento di intubazione difficile. Il riconoscimento da parte del personale infermieristico e medico del reparto di ostetricia dei fattori di rischio anestetici, preferibilmente durante il peridodo antenatale, dovrebbe portare alla discussione dei problemi potenziali con l’anestesista e risultare in un piano di trattamento in grado di evitare le catastrofi. Ogni report triennale ha identificato uno stretto legame fra mortalità materna e malattie associate o fattori di rischio; dei 10 casi in cui l’anestesia giocava un ruolo contributorio, 2 presentavano una malattia respandate incontro ad una severa emorragia ed in 6 risultava un’assistenza postoperatoria sotto standard. emduk presentava una lista di raccomandazioni per l’anestesista: L’utilizzo costante della capnografia per l’AG; Il ricorso a farmaci bloccanti idel succo gastrico);

• La somministrazione di antiacidi liquidi non par• Lo svuotamento gastrico prima dell’estubazione tracheale;

Il ricorso a vie venovenosa centrale) quando c’è il rischio di o quando inizia un’emorragia;

• miglioramento degli standard di assistenza postoperatori; • linee guida dipartimentali e precoce chiamata per aiuto da parte di esperti;

uso prolungato della pulsossimetria nel postoperatorio come spia complicanze polmonari.

Che il livello di attenzione non debba mai calare è dimostrato dal fatto che, docostante discesa della mortalità materna per 12 anni consecutivi, nel penultimo report

Kingdom 1991-93. London, Her Majesty’s Stationery Office, 1996 ), è comparso un incremento nella mortalità materna. Questo report triennale raccomanda che tutte le unità di maternità debbano prestare un elevato livello di attenzione ai problemi potenziali e che è necessario coinvolgere le apicalità quando si presentano i pAnaesthetists of Great Britain and Ireland e della Obstetric Anaesthetists Association è che le raccomandazioni suddette si possano attuare meglio quando alla unità di maternità si associ una apicalità nel campo della anestesia ostetrica, che deve risiedere nell’area del travaglio, senza essere gravato da altre attività che non presentino che un minimo impegno durante il turno di assegnazione all’area ostetrica. L’anestesista diviene così un membro del team del parto e prende parte attiva al lavoro quotidiano dell’equipe, incluse le visite e l’insegnamento. Queste ultime affermazioni devono far riflettere, considerando la realtà italiana, per altro condivisa anche in altre zone della Comunità europea e dell’America del Nord, dove sovente le unità ostetriche sono piccole, effettuano pochi pa

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tte giorni su sette; dunque, considerando un turno di lavoro di

alla maternità, anche nelle strutture più grandi, senza contare che è ancora pratica comune che le sale parto e le degenze delle puerpere siano in sedi esterne al blocco operatorio principale. Pochi parti, sia vaginali che cesarei, significano inadeguato training del personale, medico ed infermieristico, sia ostetrico che anestesiologico, scarso allenamento ad affrontare situazioni di emergenza, spreco di risorse ed aumento dei pericoli. Vediamo di giustificare la gravità di queste asserzioni, punto per punto. Mi pare evidente che 1 parto al giorno rappresenti una frequenza inaccettabilmente bassa per mantenersi “in forma” nella pratica ostetrica; infatti la guardia ostetrica deve essere continua, 24/24 ore, se38 ore alla settimana, può capitare, statisticamente, che un’ostetrica segua un parto o 2 alla settimana e non di più, considerando i turni di servizio, le notti, i recuperi, le ferie, le reciproche sostituzioni, le malattie; ciò vale analogamente per il personale medico; inoltre è forse possibile mantenere la propria abilità per una persona esperta, ma certamente quanto descritto è inadeguato nella formazione del personale alle prime armi. Nella stragrande maggioranza degli ospedali italiani non ci sono anestesisti dedicati all’ostetricia per il travaglio di parto e lo specialista viene chiamato spesso all’ultimo momento, quando si decide di praticare un cesareo o quando insorgono delle complicazioni, ricadendo quindi nel circolo vizioso da più parti sottolineato del massimo pericolo possibile, rappresentato dall’urgenza o emergenza. Dato che le complicanze sono parte anch’esse della statistica, ammettendo un tasso di complicanze dell’1% per esempio, è evidente come 3-4 complicanze all’anno non consentano alcun allenamento a situazioni di emergenza e non permettono la stesura, l’attuazione e la verifica di protocolli operativi per affrontare le situazioni di emergenza. Inoltre, manca spesso la figura dell’infermiere di anestesia e, dove c’è, egli opera quasi sempre come diurnista nelle sale operatorie generali, per cui l’anestesista è aiutato, nella migliore delle ipotesi, da infermieri di sala e nella peggiore da nessuno, poiché l’infermiera professionale di turno è la ferrista e l’altra in servizio aiuta sia il team ostetrico che l’anestesista, dividendosi a metà! Che dire poi del neonato, che potrebbe necessitare dell’assistenza di un neonatologo e che nella maggior parte dei casi non incontra nemmeno il pediatra, spesso solo reperibile a casa e che è tenuto ad arrivare entro 30 minuti… È ben vero che molti parti sono prevedibili, almeno come data presunta, e qualora presentino fattori di rischio possono essere indirizzati precocemente a centri più attrezzati e forniti di ogni specialista, ma non c’è dubbio che se c’è un campo in cui tutto va bene finché tutto non comincia improvvisamente ad andare male, questo è rappresentato dall’ostetricia e questo in fondo ha riconosciuto il legislatore assegnando personale specializzato e guardia attiva continua alle unità di maternità; ma la legge ha dimenticato di calarsi nella realtà quotidiana, allargando il discorso a tutto il concetto di team, per cui, a mio parere e secondo autorevoli fonti (8), un’unità di maternità si giustifica solo attorno ai 2000-3000 parti/anno, in modo che l’investimento effettuato comprenda e giustifichi la presenza continua di medici, ostetrici ed anestesisti specialisti, affiancati da una neonatologia e rianimazione neonatale con letti di degenza e da un ospedale in grado di far fronte a tutte le necessità di un disastro

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va), quando la

derio di attenuare

facciano riflettere, suscitino una discussione e possano contribuire

i nei paesi più

ostetrico, incluso un centro trasfusionale sempre efficiente, una rianimazione generale, specialisti di altre discipline (radiologi, laboratoristi esperti in coagulazione, ecc.), in modo che sia possibile attivare immediatamente il massimo delle competenze specifiche e di supporto. È ora di dismettere la politica dei piccoli ospedali in cui si fa un po’ di tutto; è tempo di indirizzarsi a favore del grande ospedale in cui si fa veramente tutto a tutti i livelli e questo vale soprattutto per l’ostetricia. In questo campo si gioca il presente ed il futuro di una nazione, perché il danno sociale ed affettivo derivanti da una catastrofe materna-neonatale possono esitare in sequele croniche di pesante impatto sulle generazioni presenti e future. Mi sembra giusto quindi che si presti la massima attenzione all’ostetricia, in modo che alla madre ed al nascituro sia garantita la sicurezza di poter esprimere appieno il loro potenziale genetico, con la consapevolezza che sia stato fatto tutto il possibile perché ciò avvenga. È particolarmente frustrante constatare come ancora possano accadere in Italia episodi come quello citato in Sole 24 Ore Sanità (9), ove un prematuro ha sofferto in un ospedale provinciale una severa asfissia neonatale cui è residuata tetraparesi spastica e ritardo mentale a causa di documentate carenze qualitative e quantitative del personale ostetrico e dell’organizzazione generale. Infine, mi sembra poco generoso, ma assolutamente appropriato ricordare che, ad esempio, per un intervento di resezione di un tumore pancreatico siano presenti in sala due chirurghi, due infermiere, un anestesista, per un totale di 5 specialisti (e non raramente sia stato previsto un ricovero in terapia intensisopravvivenza media del paziente dopo l’intervento si aggira attorno ai 2 anni; al parto invece assiste un’ostetrica, spesso, ma non sempre, il medico ostetrico e talora un’inserviente e/o un pediatra; (in media tre, talora quattro specialisti), quando le aspettative di vita della madre e del neonato si sommano ad almeno 120-130 anni… Alla luce di quanto riferito, finché non si metteranno in atto misure di razionalizzazione delle risorse, gestite da un’accurata pianificazione tecnica e con supporto esperto professionale, non sarà possibile migliorare una situazione che rimane a rischio per la madre, il bambino, l’anestesista, l’ostetrico. Le principali compagnie di assicurazione hanno già intrinsecamente riconosciuto il problema, proponendo massimali più elevati, e dunque polizze più salate, per ostetrici ed anestesisti. In nome della più sfrenata demagogia, di un non ben chiarito desil’ingerenza medica, e di un magico riavvicinamento alla natura e alle sue forze, sento già da più parti proporre di tornare al parto a domicilio; spero che i dati presentati in queste pagine almeno, se non ad un ripensamento globale della politica sanitaria nel nostro paese, a vedere lo stato delle cose sotto una luce di costante critica costruttiva. Tornando infine al rischio medico-legale per l’anestesista in ostetricia, da quanto riportato mi pare ovvio concludere che nella maggior parte delle strutture ostetriche italiane l’anestesista lavori in condizioni che non rispondono a standard di sicurezza riconosciuti a livello internazionale, almeno per i valori riconosciutavanzati; e allora, come possiamo fare?

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