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1 INDICE INTRODUZIONE 3 CAPITOLO 1 - I GIOCHI DI TAVOLIERE: TRA STORIA E CULTURA 1.1 La nascita dei giochi di tavoliere 6 1.2 I giochi di percorso mediorientali 11 1.3 Dal caso all’intelligenza pura: i giochi di battaglia 16 1.4 Una “battaglia che non fa male”: gli scacchi. Origini e aspetti simbolici 19 1.5 I giochi di tavoliere nella cultura 25 CAPITOLO 2 – GLI SCACCHI IN EDUCAZIONE: RIFERIMENTI TEORICO-SCIENTIFICI 2.1 Una “pedagogia degli scacchi” 35 2.2 Educare con il gioco degli scacchi: i benefici per una crescita globale 38 2.3 Gli scacchi, tra gioco e sport 45 2.4 Scacchi sportivi e scacchi scolastici: quale differenza? 46 2.5 Le sperimentazioni scolastiche sulla valenza formativa degli scacchi 49 CAPITOLO 3 – GLI SCACCHI A SCUOLA: ESPERIENZE NELLA DIDATTICA 3.1 Storia della didattica scacchistica in Italia 54 3.2 Gli scacchi nel contesto scolastico italiano 57 3.3 I metodi di insegnamento 59 3.4 Gli scacchi come strumento didattico interdisciplinare 68

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INDICE

INTRODUZIONE 3

CAPITOLO 1 - I GIOCHI DI TAVOLIERE: TRA STORIA E CULTURA

1.1 La nascita dei giochi di tavoliere 6

1.2 I giochi di percorso mediorientali 11

1.3 Dal caso all’intelligenza pura: i giochi di battaglia 16

1.4 Una “battaglia che non fa male”: gli scacchi. Origini e aspetti

simbolici

19

1.5 I giochi di tavoliere nella cultura 25

CAPITOLO 2 – GLI SCACCHI IN EDUCAZIONE: RIFERIMENTI

TEORICO-SCIENTIFICI

2.1 Una “pedagogia degli scacchi” 35

2.2 Educare con il gioco degli scacchi: i benefici per una crescita globale 38

2.3 Gli scacchi, tra gioco e sport 45

2.4 Scacchi sportivi e scacchi scolastici: quale differenza? 46

2.5 Le sperimentazioni scolastiche sulla valenza formativa degli scacchi 49

CAPITOLO 3 – GLI SCACCHI A SCUOLA: ESPERIENZE NELLA

DIDATTICA

3.1 Storia della didattica scacchistica in Italia 54

3.2 Gli scacchi nel contesto scolastico italiano 57

3.3 I metodi di insegnamento 59

3.4 Gli scacchi come strumento didattico interdisciplinare 68

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CAPITOLO 4 - “SCACCHI... CRESCERE GIOCANDO!”

UN'ESPERIENZA NELLA SCUOLA PRIMARIA C. COLLODI DI

CECINA

4.1 Il progetto “Scacchi…crescere giocando!” 70

4.1.2 Presentazione del contesto: la classe quinta A 72

4.1.3 L'approccio metodologico: non solo regole…giochiamo! 73

4.2 Uno spunto per la strategia didattica: l’esperienza dell’Istruttore L.

Luperi

76

4.3 Collegamenti interdisciplinari nel progetto 82

4.4 Il mio intervento: un’ analisi sull’esperienza scacchi 84

4.4.1 La voce dei bambini: “Le nostre riflessioni e sensazioni” 87

4.4.2 I risultati raggiunti 95

4.5 Gli scacchi nella scuola di Donoratico: intervista a un’insegnante

scacchista

96

4.6 Il progetto “Gioco scaccia gioco” nelle scuole livornesi 110

4.6.1.Considerazioni sull’esperienza 114

CONCLUSIONI 121

Bibliografia 125

Sitografia 127

Filmografia 128

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INTRODUZIONE

Nella nostra epoca caratterizzata dall’avanguardia in campo tecnologico

all’interno del contesto scolastico troviamo spesso bambini predisposti all’accesso

e all’utilizzo delle discipline digitali, ma nello stesso tempo risultano

generalmente scarsi nella formazione di semplici schemi logici.

Oltre a trovare massima espressione nella digitalizzazione di ogni forma di

comunicazione, la nostra società presenta anche una crisi generale di valori etici e

morali, con un conseguente smarrimento di significati quali l’impegno e il

sacrificio.

La velocità del progresso, poi, si sta ripercuotendo anche sulle interazioni sociali

mettendo in difficoltà le relazioni tra i bambini, ma anche quelle tra i bambini e i

propri genitori, per non parlare di quelle con i propri nonni, che hanno pian piano

perso quell’importante ruolo di saggi, narratori e compagni di giochi.

In questa panoramica, per il campo educativo si pone necessaria la sfida di come

intervenire per fronteggiare una situazione che vede i bambini di oggi vivere in

questo tempo più da spettatori che da attori. Le problematiche maggiormente

rilevate riguardano per lo più deficit dell’attenzione, senso di insicurezza, poca

iniziativa personale. Bambini tendenzialmente arrendevoli che spesso si sentono

pronunciare frasi quali “non lo so fare”, “non sono capace”, ma anche, e sempre

più numerosi, bambini iperattivi che non ascoltano e non si sentono ascoltati.

Tutto si ripercuote sia sull’apprendimento che sul benessere generale. Lo “star

bene” a scuola diviene quindi un imperativo da perseguire.

Nel percorso di studi universitario per la professione docente è stato ben

evidenziato quale punto di partenza quello della comprensione dei bisogni di ogni

bambino e il saper intervenire per “tirar fuori” le capacità e il potenziale di

ognuno. Elemento chiave del processo di insegnamento-apprendimento risulta

essere quello della motivazione. Motivare i bambini fornendo loro percorsi

istruttivi che siano avvincenti, ovvero ricchi non soltanto di sapere ma anche di

quel senso di piacere della scoperta che catturi la loro attenzione e li renda

partecipi attivamente, piuttosto che ricettori passivi.

In altre parole, l’insegnamento rivolto ai bambini in particolare nell’ambito della

scuola primaria deve presentarsi ricco di emotività, mai noioso, trasmesso

attraverso un linguaggio consono alla loro età.

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Tenendo poi presente che il linguaggio fondamentale dell’infanzia è il gioco, la

prassi didattica non può non includere l’attività ludica quale straordinario

strumento che aiuta il bambino a crescere e ad agevolare gli apprendimenti.

Coniugare didattica e gioco ha da sempre condotto ottimi risultati permettendo ai

bambini di affinare le loro capacità creative, di ascolto e di riflessione. Non solo,

ma il rispetto delle regole insite nel gioco favorisce anche la disciplina

comportamentale.

In questo ambito si colloca il presente lavoro di tesi, con l’obiettivo di presentare

il ben noto gioco-sport degli scacchi, descrivendo come ormai da diversi anni sia

considerato anche come valido strumento educativo e rieducativo ai fini di una

crescita globale, quale mezzo per promuovere il benessere del bambino in età

evolutiva e sostenerne lo sviluppo. Vedremo come gli scacchi proposti a scuola

come attività ludica in se stessa possano rappresentare un’ottima attività di

prevenzione o terapia, che migliora nei bambini il livello di autoefficacia

percepita.

Il lavoro sugli scacchi nasce dall'occasione che mi si è presentata durante la

ricerca su quelli che erano i vari progetti inerenti il gioco attivati nella realtà

scolastica del mio territorio (Cecina e limitrofi).

Valutando le diverse iniziative che sarebbero state attivate per questo anno

scolastico 2016-2017, il progetto sugli scacchi ha suscitato, tra gli altri, il mio

maggiore interesse prevalentemente perché, pur insegnando nella scuola Primaria

ormai da dieci anni, non ero minimamente a conoscenza di come questo gioco con

regole piuttosto complesse e possiamo dire poco “da bambini” potesse essere

utilizzato a scopi educativi e didattici, e con quali risultati.

Mi sono quindi addentrata in questo percorso di ricerca per me inedito, che mi ha

visto documentarmi, relazionarmi con docenti, istruttori e bambini, producendo

interessanti scoperte in questo ambito e promettenti spunti per il mio lavoro a

scuola.

Partendo da una panoramica storica sui giochi di tavoliere, di cui gli scacchi fanno

parte, nel primo capitolo evidenzio l'incidenza che tali giochi hanno assunto nella

cultura umana anche a livello educativo; esamino nella seconda parte quanto la

ricerca scientifica ha attestato sul valore formativo del gioco degli scacchi, il loro

rapporto con la pedagogia e, nello specifico, le sperimentazioni effettuate nel

contesto scolastico italiano ed estero.

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Nella terza parte esamino l'aspetto didattico. Presentando un excursus sulla storia

della didattica scacchistica in Italia, sui metodi di insegnamento più innovativi e

originali, sulle potenzialità di utilizzo del gioco a scuola a livello interdisciplinare,

concludo nell'ultimo capitolo raccontando l'esperienza personale come

osservatrice del progetto “Scacchi.. crescere giocando!” attivato in una classe di

bambini di quinta della scuola Primaria “C.Collodi” di Cecina.

L’opportunità di poter entrare in contatto diretto con un progetto sugli scacchi a

scuola mi ha dato modo di conoscere una modalità di approccio nel presentare

l’attività-gioco a bambini di questa fascia di età, di poter osservare le loro reazioni

e la misura in cui gli scacchi siano riusciti a coinvolgere attivamente tutti i

bambini. Nei processi di apprendimento si è rivelato un valido ausilio per il

potenziamento delle abilità cognitive, migliorando il rendimento di alcuni e

favorendo l’integrazione di gruppo e sociale per tutti. E questo mentre i bambini si

divertono giocando. È da considerare uno strumento di supporto al compito

dell’insegnante.

In quest'ultima parte ho dato spazio al racconto dell'esperienza di un'insegnante

giocatrice di scacchi che insegna il gioco ai suoi alunni senza bisogno di avvalersi

di istruttori, per fornire un punto di vista diverso da quello osservato da me in

classe dove il progetto si è sviluppato in un arco temporale definito con

l’intervento dell’esperto esterno.

In ultimo, illustro quello che ho ritenuto essere un progetto innovativo, “Gioco

scaccia gioco”, attivato nelle scuole livornesi che propone il gioco degli scacchi

con finalità terapeutiche, ovvero come strumento di prevenzione al fenomeno

della dipendenza dal gioco d’azzardo tra i giovanissimi, con un’ottica rivolta da

quest’anno anche alle problematiche dei bambini con bisogni educativi speciali.

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CAPITOLO I.

I GIOCHI DI TAVOLIERE: TRA STORIA E CULTURA

1.1 La nascita del gioco di tavoliere

I giochi di tavoliere hanno radici lontanissime, sono giocati in ogni cultura da

millenni e hanno strettissimi legami con la storia dell'uomo.

Si distinguono dai giochi da tavolo, quali le carte, i puzzle ecc., perché giocati su

tavole da gioco, i tavolieri, che sono supporti (tavolette, plance, tabelloni) di varia

forma, suddivisi da linee o caselle tracciate su diverse superfici (anche sul

terreno), sui quali vengono posti dei pezzi chiamati pedine.

Il tavoliere ha un fascino profondo e antico in quanto punto di partenza di tutti i

giochi da tavolo. Rappresenta uno spazio strutturato, geometrico, su base

triangolare, quadrata, esagonale, ottagonale o dodecagonale, che può contenere

simboli, scritte o disegni interconnessi. È un tavoliere il supporto per giocare a

filetto, costituito semplicemente da sei linee, così come quello di un moderno

wargame costituito da una mappa multicolore.

Secondo la classificazione di Staccioli1, il gioco di tavoliere è caratterizzato dalla

presenza di tre elementi essenziali: un supporto (elemento statico, solitamente di

figura geometrica); le pedine (elemento mobile); le regole (che stabiliscono la

dinamica del gioco).

Questo tipo di giochi appartiene alla cultura umana da moltissimo tempo, ma del

lungo percorso che è cominciato con dei segni tracciati nel terreno decine di

migliaia di anni fa giungendo fino ai moderni giochi in scatola che cosa

conosciamo?

Le ricerche attestano che il più antico tavoliere2 da gioco è stato ritrovato in una

tomba risalente al periodo predinastico a pochi chilometri da Abido, in Egitto,

datato al 4.000 a.C circa3. Questo tavoliere è finora rimasto un caso isolato nel suo

1 Staccioli Gianfranco, I giochi che fanno crescere. Analisi e proposte di giochi di pedine per

una didattica ludica nella scuola primaria, Pisa, ETS, 2009, p. 31. 2 Conservato nel Musée du Cinquantenaire di Bruxelles. Si tratta di una tavoletta rettangolare di

18 x7 cm circa, accompagnata da 11 pedine di forma conica. Sulla tavola sono incise linee orizzontali e verticali che formano 18 caselle rettangolari di uguale dimensione.

3 In realtà non tutti gli studiosi condividono questa datazione, in quanto esisterebbero manufatti più antichi che sembrerebbero tavolieri, ma dei quali resta incerta l'appartenenza alla sfera ludica.

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periodo.

Oltre questa data non abbiamo nessun reperto su cui poter basare un'indagine

storica sui giochi di tavoliere. Bisognerà attendere ancora circa mille anni, con

l'inizio del terzo millennio a.C., perché tavolieri e altre prove evidenti (incisioni,

pitture murali) attestino l'esistenza di giochi “strutturati” presenti con regolarità

nei ritrovamenti archeologici.

Dunque, alcune storie dei giochi di tavoliere partono dal 4.000 a.C, mentre altre

prendono il via dal 3.000 a.C., e più precisamente dal noto Gioco Reale di Ur.

E' comunque possibile ipotizzare un lungo periodo preistorico, antecedente i primi

ritrovamenti, che i giochi di tavoliere hanno attraversato prima di raggiungere la

forma strutturata con cui li conosciamo oggi.

È accertato che le prime forme di gioco che l'uomo ha sviluppato sono istintuali e

con poche regole implicite e non codificate. La lotta, la corsa e l'imitazione sono

categorie ludiche primitive, che si riscontrano negli animali e nei bambini piccoli.

Ma a differenza degli animali che giocano seguendo solo l'istinto, l'uomo, fin dai

tempi più remoti, ha impegnato nell'attività ludica anche la razionalità, la fantasia

e le emozioni.

Si può ipotizzare che da qui l'uomo abbia mosso i primi passi nel suo percorso di

evoluzione ludica.

L'evoluzione delle forme ludiche che ha portato il passaggio dal gioco istintuale a

quello strutturato, con regole definite ed esplicite, è avvenuta forse in seguito a

importanti mutamenti nel cammino evolutivo dell'uomo verso la civiltà

organizzata.

La nascita del gioco strutturato potrebbe essere associata al passaggio dal

Paleolitico4 al Neolitico5 e agli inizi dell'agricoltura, quando la capacità di

accumulare scorte di cibo ha fatto nascere i primi stanziamenti residenziali

permanenti. Questo ha portato all'aumento del tempo libero da poter dedicare ad

attività non strettamente connesse alla sopravvivenza.

Immaginando due uomini di questo periodo che giocano, sicuramente i loro

strumenti di gioco non saranno stati troppo complessi, né le capacità intellettuali

4 Periodo della preistoria compreso tra circa 2,5 milioni a 10.000 anni fa, nel quale i gruppi

umani erano caratterizzati da un'economia di caccia e raccolta. In questo periodo in Europa si diffonde l'odierno Homo sapiens sapiens.

5 Periodo della preistoria che va dal al 9.500 a.C. al 2000 a. C, ultimo dei tre che costituiscono l'Età della pietra.

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molto sviluppate.

Certamente, uno dei limiti più evidenti era legato al fatto di non saper contare.

Senza uno sviluppato sistema di numerazione e in mancanza di strumenti

sofisticati si può giocare a chi corre più veloce, a chi imita meglio i versi di

animali, a chi lancia una pietra più lontano ecc.., ma ipotizzando invece un gioco

che stimoli lo spirito competitivo e la fantasia e contemporaneamente coinvolga

dal punto di vista emotivo, gli studiosi hanno teorizzato alcune possibilità6: sul

terreno si tracciava una linea divisa da una serie di tacche più o meno regolari (per

es. + + + + + ); all'inizio della linea si ponevano due pietre, una per giocatore, che

a turno si facevano avanzare sulle tacche a seguito del lancio di rudimentali dadi

(presumibilmente conchiglie o gusci di noci); vinceva chi raggiungeva per primo

con la propria pietra l'ultima tacca. Un gioco molto semplice, ma al tempo stesso

emozionante in quanto simulava una vera e propria gara di corsa. Da questo

probabile prototipo, il gioco si è pian piano evoluto, innanzitutto per far durare più

a lungo un gioco che sarebbe finito troppo presto, ad esempio tracciando più linee

orizzontali sul terreno, o prolungando la linea in direzioni diverse, o a forma di

spirale, aumentando così la lunghezza del percorso e quindi il piacere del gioco.

Tali modifiche hanno permesso di poter inserire aggiunte ulteriori, come ad

esempio notare che unendo le tacche di linee orizzontali sovrapposte si forma una

specie di reticolato con tante caselle uguali. In pratica, nascono così i giochi di

tavoliere. Con più caselle e più pedine sarà stato poi naturale escogitare nuove

regole e dare vita a nuovi giochi di tavoliere, sempre più complessi e strutturati.

Comunque, indipendentemente da punto di partenza della loro evoluzione, i

giochi di tavoliere hanno accompagnato l'uomo per molti millenni nel lungo

cammino verso la civiltà, anche se probabilmente la loro importanza è rimasta per

tanto tempo secondaria rispetto ai giochi fisici sportivi o di carattere rituale.

I giochi da tavolo hanno introdotto nella cultura ludica umana innovazioni

fondamentali quali la concezione dell'azzardo e dell'alea, e l'astrazione7 del gioco

6 Izzo Sebastiano, Appunti e ipotesi per una storia dei giochi da tavoliere, in “Pagine Uisp” n.15:

Uispress, 1992. 7 Nei giochi di movimento gli spazi e i mezzi di espressione mantengono un contatto con la

“realtà”: ad es. in uno sport o in un gioco infantile come il nascondino, il mezzo che usiamo per muoverci rimane il nostro corpo e il campo di gioco è una porzione delimitata del terreno. In un gioco di tavoliere invece rinunciamo a qualsiasi legame con il nostro mondo per entrare in una rappresentazione esclusivamente simbolica. Durante la partita siamo consapevoli che ci muoveremo attraverso oggetti chiamati pedine, e la nostra azione non si svolgerà sul terreno ma su una particolare rappresentazione di esso: il tavoliere.

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dalla sfera corporea. Sulle cause che hanno dato vita al processo di astrazione che

ha portato gli uomini a giocare sui tavolieri si possono formulare alcune ipotesi.

La più semplice è che forse l'uomo avesse necessità di giochi che fossero possibili

anche in giornate fredde, o da realizzare in spazi limitati, o che non li

impegnassero fisicamente perché troppo stanchi dalle fatiche quotidiane.

A queste spinte motivazionali di ordine pratico è stata individuata una di ordine

filosofico: l'uomo ha inventato i giochi da tavolo per il suo bisogno di mettere

ordine nel caos della realtà che lo circonda. Infatti, i giochi di tavoliere sono

“presi per la maggior parte dalla vita reale, ma drasticamente semplificati dai

quali sono state rimosse tutte le caratteristiche sgradevoli e disordinate. Così può

rimanere solo la parte divertente”8.

Essi soddisfano il bisogno dell'uomo di diminuire la complessità del mondo,

riducendolo a regole lineari, ordinate e comprensibili.

Le forze della natura dovevano apparire all'uomo primitivo come cieche e

incontrollabili. Il tavoliere nasce come tentativo di mettere ordine alle forze del

caos.

Ad esempio, tra i giochi di tavoliere, il gioco degli scacchi altro non è che la

rappresentazione di una guerra in cui vengono tolti tutti i fattori di imprevedibilità

e disordine, lasciando solo il piacere del confronto strategico e tattico.

Gli studiosi vedono nei primi giochi una riproduzione delle attività centrali nella

vita delle comunità primitive: i giochi di strategia pura erano una semplificazione

della guerra, mentre i giochi mossi da un motore casuale riproducevano la caccia.

Sono riscontrabili anche forti legami tra la nascita dei giochi di tavoliere e i riti

sacri: molti dei primi giochi di tavoliere erano utilizzati come strumenti divinatori

e hanno conservato per molto tempo un forte legame con la religione, soprattutto

nelle culture Egiziana e Medio Orientale, prima di raggiungere un'identità propria.

Queste le motivazioni sul processo di nascita dei giochi da tavolo ritenute più

probabili.

Più certe invece le ipotesi riguardo l'origine del campo di gioco: il tavoliere.

Nel periodo del Paleolitico le necessità primarie erano quelle legate alla

sopravvivenza; non c'era dunque il tempo né la volontà di costruire supporti di

8 A. Randolph (1922-2004), dal saggio Homo ordinator, in L.Colovini, I giochi nel cassetto,

Milano, Unicopli, 2002. Randolph, uno dei più grandi autori di giochi del mondo, sosteneva che uno dei motivi per cui agli esseri umani piace giocare risieda nel fatto che i giochi siano piccoli sistemi, ordinati da regole precise e funzionanti.

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gioco troppo articolati (pedine, dadi e tavolieri complessi). I tavolieri erano

semplicemente formati da segni scavati nel terreno9.

Il tavoliere nasce dalla terra. Non solo in senso puramente pratico. Gli storici

attribuiscono il tavoliere ad una rappresentazione semplificata del terreno, una

specie di mappa che risponde a specifici scopi ludici.

Si tratta di una mappa estremamente semplificata e astratta per adattarsi alle

esigenze di gioco. In effetti, non è immediato vedere in una scacchiera una

rappresentazione del terreno.

Al contrario, nei giochi da tavolo moderni questo processo si inverte: ad esempio

Risiko, gioco di ambientazione guerresca, presenta un tavoliere che diventa mappa

a tutti gli effetti, anche ricca nei dettagli.

Tornando ai primi tavolieri scavati nella terra e dei giochi a cui appartenevano

oggi purtroppo non ne rimane nulla. Le prime notizie attendibili sulla storia dei

giochi di tavoliere cominciano dopo il 5000 a.C. coi ritrovamenti dei tavolieri più

antichi costruiti artigianalmente.

Non è stato possibile determinare esattamente il passaggio tra i tavolieri scavati

nel terreno e quelli costruiti, ma si presume che l'inizio della fabbricazione di

strumenti specifici dedicati ai giochi (pedine, tavolieri, dadi) sia legata ai

cambiamenti nell'organizzazione sociale dell'uomo: la nascita dell'urbanizzazione,

la crescita del commercio e le innovazioni tecnologiche.

Le nuove tecniche di lavorazione del legno insieme a un aumento del tempo libero

ha reso possibile dedicare risorse alla costruzione di manufatti non essenziali alla

sopravvivenza. Alcuni studiosi sostengono che i primi tavolieri furono costruiti

per evitare ai membri più importanti della comunità l'obbligo di chinarsi per terra

per giocare.

Dei primi tavolieri ritrovati purtroppo non conosciamo le regole dei giochi per cui

venivano usati, dal momento che tali regole non venivano scritte.

Nonostante non ci siano pervenute testimonianze dirette sui meccanismi che

animavano i giochi antichi, molti studiosi hanno avanzato ipotesi basandosi

principalmente sulla forma del tavoliere e delle pedine e su studi comparativi su

giochi conosciuti. I tavolieri possono avere decine di forme diverse, le pedine

cambiano di forma e di numero, e i meccanismi che regolano il gioco possono

9 Ancora oggi molte tribù africane giocano incidendo i tavolieri nella terra, come nel gioco del

Mancala.

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essere in teoria infiniti.

Tuttavia, lo studio sui moderni giochi di tavoliere rivela che esiste un numero

finito di idee che danno vita più o meno a tutti i giochi conosciuti e che ogni

novità nel mondo dei tavolieri è quasi sempre una rielaborazione di concetti già

noti.

Dunque, è interessante rivolgere uno sguardo su quali sono stati i giochi di

tavoliere che hanno generato tutto, quali i meccanismi che hanno dato il via al

lungo processo creativo che ha prodotto i giochi di tavoliere odierni, e che ci porta

ancora oggi a giocare questi giochi, tra i quali il gioco degli scacchi.

1.2 I giochi di percorso mediorientali

Dalle ipotesi sulla nascita dei giochi di tavoliere, come abbiamo visto, emerge

l'ipotesi di un percorso su cui le pietre-pedine simulavano una corsa.

L'idea di corsa era sicuramente già connessa con numerosi giochi di più antica

origine. Ad avvalorare questa ipotesi il fatto che i tavolieri di gioco più antichi a

noi noti si presentano nella configurazione adatti a giochi di corsa.

Ecco che i giochi di tavoliere più antichi sono ritenuti quelli di percorso, dove il

tavoliere rappresenta un tragitto che deve essere percorso dai giocatori. Vince

colui che riesce per primo a raggiungere il traguardo.

I percorsi simulano le diverse esperienze del vivere quotidiano: la ricerca

dell'acqua e il pericolo di essere aggrediti da un animale (la Jena, 3000 a.C.

Africa), la ricerca del cibo per la sopravvivenza (L'Oca, 1500 d.C. Firenze), la

riflessione su come si è vissuto e su come sarà dopo la morte (Il Senet, 2000 a.C.,

Egitto).

In questi giochi, spesso dominati dal caso, i giocatori percorrono un tragitto per

raggiungere una meta. La strada è la stessa, ma può essere percorsa in maniera

diversa in base al caso e alle capacità di ognuno.

Come evidenzia Staccioli, “il percorso si riaggancia al concetto di viaggio,

archetipo antico e anche metafora dell'educazione e della vita stessa: lo spostarsi

da un luogo all'altro, oppure da una situazione a un'altra, implica un cambiamento;

per crescere occorre cambiare ed ogni cambiamento è uno spostamento10”.

Ogni punto di arrivo non rappresenta il momento conclusivo ma una sosta, un

10 Staccioli Gianfranco, I giochi che fanno crescere, op.cit., pp. 33-34.

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luogo per riordinare le idee, per poi continuare il percorso. Da un punto di vista

simbolico, i viaggi sono percorsi dove il senso e il significato del viaggiare risiede

nei vari passaggi da un luogo a un altro.

Chi viaggia solo per raggiungere una meta ma dimentica il suo percorso, le soste, i

contrattempi, non ha davvero viaggiato. Si è solamente spostato da un luogo a un

altro. I viaggi formativi sono quelli che arricchiscono l'anima.

In letteratura pedagogica abbiamo moltissimi riferimenti ai viaggi e ai percorsi di

crescita. Ma ancor prima della pedagogia l'idea di viaggio è stata riprodotta

attraverso il gioco, in particolare nei giochi di percorso che ne sono una

simulazione.

Questi sono probabilmente i più antichi giochi strutturati della storia dell'umanità

perché simulano “la corsa della vita”. La vita si presenta spesso come una corsa:

si corre per catturare le prede, per fuggire dai nemici, per mostrare di essere

migliori dei propri compagni…ecc.

I giochi di percorso che simulano il viaggio della vita umana hanno continuato ad

essere prodotti nel corso del tempo, ed ogni epoca li ha modellati in relazione alla

propria cultura di riferimento.

Ad esempio, intorno alla fine del Settecento appare il Game of Human Life, basato

sul passare del tempo nella vita, dall'infanzia alla vecchiaia, mostrando tutte le

tentazioni che l'uomo può incontrare e deve cercare di evitare.

Possiamo suddividere da un punto di vista strutturale i giochi di percorso in tre

tipi: i giochi dove domina il caso, quelli misti che mescolano caso e strategia, e

quelli dove domina il ragionamento.

Forniamo un esempio per ciascuna tipologia.

Il gioco della Hyena11 (3000 a.C.), di origine africana, è di puro caso: il giocatore

non ha la minima influenza sul risultato numerico che deriva dal lancio dei

generatori d'azzardo (in questo caso legnetti, concavi o convessi).

La madre viaggia dalla sua capanna al pozzo per raccogliere l'acqua e poi deve

ritornare al villaggio. A un certo punto sopraggiunge la iena che corre a velocità

doppia di quella della donna. La sopravvivenza del giocatore e il raggiungimento

della meta è definito dal caso, come nella vita, secondo un modello comune

nell'antichità.

11 Questo gioco antichissimo viene ancora giocato in Africa ed è conosciuto presso i Baggara,

un'etnia araba che vive nel Sudan.

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Alla seconda tipologia appartiene il gioco egiziano del Senet (2000 a.C.) che alla

casualità del risultato determinato dal lancio dei legnetti affianca l'abilità del

giocatore il quale può scegliere in base al numero ottenuto dal lancio di muovere

una pedina o l'altra per poter affrontare l'avversario. Tuttavia, il capostipite dei

giochi di percorso che mescolano sapientemente fortuna e abilità è identificato nel

Gioco reale di Ur (2500 a.C., Mesopotamia).

In ultimo, tra i giochi dominati esclusivamente dal ragionamento viene ricordato il

contemporaneo Tantrix (1993 d.C.), che richiede la logica da parte del giocatore

per la costruzione di un percorso: realizzare con gli esagoni a disposizione una

linea chiusa, utilizzando tutti i pezzi a disposizione.

Uno tra i più antichi giochi di percorso conosciuti risale all'epoca predinastica

egiziana (3000 a.C.), il Mehen, o Gioco del Serpente Arrotolato.

In una tomba della Terza dinastia (2686-2613 a.C.) nei pressi di Saqqara è stato

ritrovato un dipinto murale, datato 2650 a.C.) che mostra tre tavolieri da gioco.

Uno di questi tavolieri ha la forma di un serpente arrotolato, che fa riferimento al

gioco in questione, molto diffuso in Egitto.

Successivamente sono stati ritrovati veri tavolieri che raffigurano il serpente

arrotolato, che come simbolo presenta anche molti riferimenti nella mitologia

egizia. Il numero di reperti testimonia che questo gioco era estremamente diffuso

nell'Antico Regno. In seguito sono stati rinvenuti tavolieri anche a Creta, Cipro,

Siria e Palestina tra il terzo e il primo millennio a. C.

Pur non conoscendone le regole, il serpente arrotolato è uno dei primi giochi su

cui è possibile costruire ipotesi fondate. Tutti i reperti trovati indicano che questo

gioco veniva giocato su un tavoliere discoidale, con delle caselle disposte

consecutivamente lungo un percorso a spirale. La forma è quella di un serpente

arrotolato su se stesso che presenta all'interno del percorso l'occhio (testa del

serpente) e all'esterno la coda.

Il numero delle caselle era variabile a seconda della grandezza del tavoliere:

settantadue, ottanta o novanta caselle. La pittura murale di Saqquara illustra con

chiarezza la dotazione di pedine di questo gioco: ciascuno dei due giocatori

possiede tre pedine di forma animale (leoni e cani) e tre scomparti con sei biglie

ciascuno di diverso colore. Quindi, un giocatore giocava con tre cani e diciotto

biglie rosse, l'avversario con tre leoni e diciotto biglie nere.

Le biglie percorrono il serpente dalla coda alla testa, muovendosi secondo il

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punteggio raggiunto dal lancio di bastoncini, e una volta arrivate si trasformano in

cane o leone. A questo punto ritornano indietro muovendosi del doppio del

risultato dei bastoncini e mangiando le biglie che si trovano nelle loro caselle di

fermata.

Il gioco del Serpente Arrotolato è importante nella storia dei giochi di tavoliere

perché oltre ad essere uno dei più antichi giochi su cui è possibile avanzare ipotesi

circa le regole, introduce due importanti innovazioni: il concetto di promozione di

una pedina (utilizzata oggi in moltissimi giochi), e il tavoliere di forma a spirale,

configurazione su cui si baserà il gioco dell'oca e molti giochi di tavoliere

moderni.

Per questa caratteristica, il serpente arrotolato presenta analogie col già citato

gioco della Hyena, antichissimo gioco ancora oggi praticato in Sudan, il quale

viene appunto giocato tracciando sulla sabbia una spirale con dei buchi sopra.

L'ultima casella rappresenta il pozzo, la prima il villaggio. Le pedine devono

attraversare le caselle intermedie chiamate giornate di viaggio per andare ad

abbeverarsi e al ritorno mangiare le pedine avversarie.

Oltre all'evidente somiglianza nella forma del tavoliere, il fatto che l'Egitto e

l'attuale Sudan avessero stretti contatti con l'antichità porta a pensare che la Hyena

sia un discendente del Serpente Arrotolato.

Le analogie tra questi due giochi porta anche ad un'ulteriore riflessione: il fatto

che regole simili possono essere utilizzate per simulare situazioni diverse, e

soprattutto come ogni cultura riversi le proprie caratteristiche specifiche nei

giochi.

Quello che nella concezione sacra egiziana era un dio serpente in Sudan diventa

un percorso per arrivare all'acqua, elemento essenziale in quella cultura.

È interessante confrontare il gioco del serpente anche con il Gioco reale di Ur, col

quale presenta somiglianze importanti, ma anche differenze.

Entrambi sono giochi di percorso obbligato, dove il movimento è generato da un

motore causale e le pedine possono mangiare quelle avversarie se ci si fermano

sopra.

Entrambi appartengono quindi alla categoria di giochi che combinano fortuna e

abilità, pur con differenze significative. Il Gioco di Ur presenta delle caselle

speciali e zone protette del tavoliere, particolari assenti nel gioco del serpente

arrotolato, che aumentano le possibilità strategiche e danno più peso alle scelte dei

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giocatori.

In sostanza, il Gioco reale di Ur permette alla bravura dei giocatori di avere

un'influenza maggiore sullo svolgimento della partita.

Sulle regole di questo gioco sono state avanzate molte ipotesi; sicuramente il dato

certo è che fosse un gioco di percorso, con due giocatori dotati ognuno di sette

pedine, che facevano muovere tirando tre dadi ciascuno.

I dadi, di forma piramidale, avevano intarsi su due dei quattro vertici cosicché, nel

lancio, si potevano comporre varie combinazioni che determinavano il movimento

delle pedine, secondo un motore aleatorio.

Una volta tirati i dadi il giocatore muove una delle proprie pedine cercando di

percorrere il tavoliere. Vince chi riesce a far terminare il percorso a tutte e sette le

proprie pedine.

Le ricostruzioni del regolamento di questo gioco differiscono riguardo le caselle

di ingresso e le direzioni di movimento delle pedine. Tutte però concordano sul

fatto che ogni giocatore ha una parte del percorso che non può essere invasa

dall'avversario e una parte del percorso in comune. È durante quest'ultima parte

che le pedine possono scontrarsi, e quella che si ferma su una casella dove c'era

una pedina avversaria obbliga quest'ultima a ricominciare il percorso. Nel

tavoliere sono inoltre presenti caselle più importanti di altre, contraddistinte da

motivi decorativi particolari, che danno il diritto a un altro tiro, altre che

obbligano l'avversario a versare una posta, altre che hanno effetti particolari

sull'andamento della partita.

Dunque, pur non avendo la possibilità di conoscere con esattezza le regole di

questo gioco, abbiamo un'idea generale del suo funzionamento e meccanismo, che

ci porta a ritenere che il gioco reale di Ur contenga tutti i concetti fondamentali

della tipologia dei giochi più antica: il percorso obbligato, un motore aleatorio che

regola il percorso delle pedine, multiple per ciascun giocatore, i conflitti tra le

pedine nella stessa casella, con pedine mangiate che ricominciano dall'inizio, le

caselle speciali che danno dei bonus o dei malus a chi ci si ferma sopra.

L'accoppiata percorso obbligatorio e generatore casuale costituisce in questo

gioco la parte affidata al caso: i giocatori lanciano i dadi sperando che che il

risultato sia loro favorevole.

L'elemento che invece permette al giocatore di esprimere la propria abilità è dato

dal possesso di più pedine in dotazione: potendo scegliere di muovere una tra le

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sette a disposizione, il gioco chiama i giocatori a fare delle scelte, ad ottimizzare

la fortuna massimizzando l'effetto dei tiri fortunati e riducendo quello dei tiri

negativi.

Ovviamente le scelte dei giocatori sarebbero inutili se non ci fossero alcuni

elementi particolari da considerare. In pratica, se tutte le caselle fossero neutre,

tutti i movimenti sarebbero equivalenti ai fini della vittoria. Invece la possibilità di

mangiare le pedine avversarie più la presenza di caselle speciali rende migliori

alcuni movimenti rispetto ad altri. Infine, la particolare forma del tavoliere dove

nella parte in comune esistono alcune zone sicure e altre pericolose enfatizza le

possibilità strategiche in questo gioco.

Le scelte tattiche dei giocatori erano sicuramente abbastanza semplici, se non

banali. Tuttavia, in questo gioco antico iniziano a delinearsi gli archetipi che

verranno utilizzati in molti dei giochi di percorso successivi, dove si affinerà

ulteriormente l'aspetto strategico, creando ulteriori e nuovi bilanciamenti tra

fortuna e abilità, tra alea e agon.

1.3 Dal caso all'intelligenza pura: i giochi di battaglia.

Ai primi giochi di tavoliere comparsi nella storia dell'uomo finora analizzati,

quelli di percorso, si affiancano i giochi di battaglia, scontro e confronto, presenti

in moltissime culture e apparsi in tempi diversi. In questi giochi, diventati nel

corso del tempo i più diffusi in assoluto, predomina il desiderio di competizione.

Tra questi, il gioco degli Scacchi, che tratterò nello specifico in questo lavoro.

Quali le caratteristiche salienti di questa categoria di giochi? Si presentano come

un combattimento simulato, dove la competizione diventa il motore che fa

muovere tutto il gioco.

Il desiderio per ogni giocatore di vedere riconosciuta la propria superiorità è la

molla principale, quello che Callois chiama “impulso essenziale e irriducibile12”,

denominato Agon, quella spinta profonda a manifestare il valore personale e la

volontà di vincere.

Un altro aspetto che contraddistingue i giochi di combattimento è la parità delle

forze in partenza. Ovvero, la parità delle possibilità di vittoria all'inizio del gioco è

il principio essenziale dei giochi di competizione.

12 R. Callois, I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, Bompiani, Milano, 1981 (ed. or.

Les jeux et les hommes. Le masque et le vertige, Gallimard, Paris, 1967).

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Per contro, nella tradizione di diverse culture si ricorda l'esistenza di giochi detti

“dissimmetrici”, dove esisteva una disparità di forze al momento dell'inizio del

gioco (vedi il gioco della Hyena). In questi giochi la vittoria toccava più

facilmente al giocatore che aveva dei vantaggi (numero maggiore di pedine,

spazio di manovra migliore..ecc.). Ecco che qui l'interesse competitivo e il

bisogno di affermarsi era dato dalla soddisfazione di aver superato un limite, uno

svantaggio rispetto all'avversario più favorito.

Il combattimento equilibrato in perfetta parità è invece un concetto piuttosto

recente, legato all'idea che si gioca per vincere (ed è quindi giusto giocare ad armi

pari), piuttosto che impegnarsi nel miglior modo possibile nel gioco,

indipendentemente dai vantaggi ricevuti.

Una lista dei giochi di battaglia è alquanto impossibile da riportare, essendo

giochi presenti in ogni epoca e luogo. Delineerò quindi alcuni tra i più noti e di

particolare interesse.

Tra i più antichi è menzionato il gioco egiziano del Senet, che come abbiamo visto

appartiene certamente alla categoria dei giochi di percorso13 (il movimento delle

pedine corrisponde al percorso di vita, fino a raggiungere il regno dei morti).

Tuttavia, presenta anche le caratteristiche di un combattimento: si tratta di un

duello simmetrico tra due giocatori, dove si cerca di far uscire le proprie pedine

dal tavoliere e eliminare quelle avversarie. Giocato in tutto l'Egitto da individui di

qualsiasi classe sociale, dal faraone al più umile dei servi, questo gioco era

talmente popolare da diventare importante per garantire il passaggio nell'aldilà, e

per questo divenne anche parte della dotazione dei corredi funerari. Tavole del

gioco sono state rinvenute in diverse tombe, non solo dei faraoni. Secondo la

credenza infatti, per entrare nel regno dei morti il defunto doveva affrontare una

partita a Senet contro un avversario invisibile.

Un repertorio consistente dei giochi di battaglia è sicuramente annoverato presso

gli antichi romani, noto popolo guerriero, che aveva appreso questi giochi dagli

Egiziani, dai Greci e dagli Etruschi.

Tra questi c'erano anche i giochi di tavoliere, dai più semplici e diffusi come i

giochi di azzardo, ai più complessi di strategia e intelletto.

Questi ultimi venivano giocati sulle scacchiere senza l'utilizzo dei dadi, cosicché il

13 Lo scopo del gioco consiste nel riuscire a portare fuori prima dell'avversario tutte le proprie

pedine, percorrendo tutte le 30 caselle del tavoliere.

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confronto avveniva attraverso mosse calcolate, ragionamenti e elevata

concentrazione da parte dei giocatori.

Erano quindi giochi basati su intelligenza, strategia e calcolo, e per questa

caratteristica sembra che i romani li chiamassero tutti con un termine generale:

Ludus calculorum.

Molti simulavano una lotta tra due giocatori che si sfidavano in partite giocate su

tavole, le così dette tabulae lusoriae. Sono state ritrovate tavole di legno, di

marmo, di pietra, ma le scacchiere dei romani che conosciamo meglio sono quelle

incise nella pavimentazione dei luoghi pubblici. Al tempo era infatti costume stare

accovacciati a giocare in una piazza o sui sagrati di un tempio. Nelle strade

antiche di Italica sono state ritrovate 72 tabulae lusoriae; la maggior parte di esse

servivano per giocare a Mulino, il corrispondente del nostro filetto.

Ma il più importante gioco di guerra nella Roma antica era certamente il Ludus

latrunculorum o Latrunculi.

Il termine latino latro-latrones significava ai tempi di Plauto “soldato”, ai tempi di

Orazio “brigante”. I latrones, per i romani erano invece i soldati mercenari.

Dunque il Ludus Latrunculorum viene oggi tradotto con Gioco dei soldati

mercenari.

Considerato un gioco per persone intelligenti, questo gioco rappresentava una

battaglia tra due eserciti dove erano schierati soldati a piedi, quelli a cavallo e un

capitano per ogni armata.

Si giocava in due, con 16 pedine ciascuno di due colori, un colore per ogni

esercito: 8 ordinarii (fanti romani di prima linea), 8 vagi (soldati a cavallo), e 1

dux (comandante). Scopo del gioco era quello di eliminare o bloccare le pedine

avversarie impedendone il movimento circondandole con le proprie pedine.

Le pedine partivano dalle due estremità opposte della tabula spostandosi nel corso

del gioco di una casella con diverse modalità di movimento. Le regole precise non

sono note. Un grande contributo per la comprensione delle caratteristiche del

gioco ci è fornito dal poema Laus Pisonis14 che presenta un'ampia descrizione del

gioco nell'intento di lodare l'abilità strategica del commemorato Pisone. Si tratta,

ad ogni modo, di un gioco di guerra e di strategia, che non implicava l'uso dei

14 Attribuito a Calpurnio Siculo, datato I sec. a.C, il poema elogia le qualità di un giovane per le

sue abilità nel gioco del pallone e in quello dei Latrunculi, gioco da tavolo simile agli scacchi.

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dadi15.

Il movimento dei pezzi era infatti determinato non da un motore aleatorio, ma

unicamente dalla volontà del giocatore, aspetto che lo annovera tra i giochi di

intelletto.

Per risalire alle origini, i primi ritrovamenti attribuibili a giochi di pura

intelligenza provengono dagli scavi di Kurna a Tebe, datati intorno al 1400 a.C e

riguardano un gioco chiamato Alquerque16. In questo gioco le pedine vengono

mosse su un tavoliere costituito da un reticolo di linee, con lo scopo di mangiare

le pedine avversarie con un movimento a salto uguale a quello della nostra dama.

Questo gioco, così come giochi successivi quali il Ludus latrunculorum o la

Petteìa17 greca, ci danno un'idea dei concetti fondamentali attorno i quali si

svilupperanno tutti i giochi di intelligenza pura nelle culture occidentali.

Innanzitutto si tratta di giochi di eliminazione18 o di blocco, giocati da due

giocatori dove ciascuno controlla una serie di pedine di uno stesso colore e ne

muove una in ciascun turno.

Nei primi giochi di intelligenza pura i giocatori avevano un'identica dotazione di

pedine, tutte uguali tra loro come valore e come capacità di movimento.

L'evoluzione di questi giochi ha portato alla differenziazione dei pezzi che si può

osservare nella storia di quello che oggi è il più famoso dei giochi di intelligenza

pura nella cultura occidentale: gli scacchi.

1.4 Una “battaglia che non fa male”: gli scacchi. Origini e aspetti simbolici.

Gli scacchi non erano noti nell'antichità egizia, greca e romana.

Durante il medioevo il gioco dei latrunculi fu supposto simile agli scacchi, e

15 Per questo motivo il gioco non risultava vietato per legge. 16 L'Alquerque, o Filetto, viene oggi, spesso, stampato sul lato opposto della scacchiera classica

per Dama. Tracce di questo gioco sono state trovate in Cina, Egitto, Creta, Grecia e Roma. 17 Il termine greco petteìa indicava originariamente l'insieme dei giochi con le pedine: pessos

significa infatti sassolino, e, quindi, pedina. Il termine indicava l'insieme delle pedine e, in senso traslato, la tavola da gioco. In seguito con petteìa si indicarono i giochi da tavolo in cui occorreva la bravura, e ancora più precisamente i giochi di guerra.

18 Il gioco di eliminazione ha come scopo quello di eliminare, mangiando, tutte (come nella dama) o alcune pedine avversarie (come negli scacchi, dove è sufficiente eliminare il re ai fini della vittoria). Il gioco di blocco è una variante del gioco di eliminazione il cui scopo è quello di bloccare il movimento anziché di eliminare. In alcuni giochi, come negli scacchi, questi due obiettivi coesistono.

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nacque l'uso tardo medievale di chiamare gli scacchi con questo nome19.

Il primo che indicò una netta e argomentata distinzione fra i latrunculi e gli

scacchi fu il celebre medico Marco Aurelio Severino (Tarsia 1580 – Napoli 1656)

che nel suo libro intitolato Dell'antica Pettìa, ouero che Palamede non è stato

l'inventor degli scacchi (Napoli 1690), affermò, contro l'opinione allora corrente,

che né l'antico gioco greco della Pettìa, né i latrunculi avevano a che fare con gli

scacchi.

In effetti, il gioco dei latrunculi, secondo quanto riporta Adriano Chicco20, sembra

sia scomparso21 in Occidente poco dopo l'apparizione degli scacchi in Oriente.

Come e quando sono nati dunque gli scacchi? Il primo vero antenato di questo

gioco, dopo anni di ricerche, viene identificato con il Chaturanga, di origine

indiana.

Nel classico manuale Il libro completo degli scacchi Adriano Chicco scrive:

“Occorre riportarci col pensiero a due giocatori dell'antica India privi dei mezzi moderni per annotare i punti ottenuti in ogni giocata. Il sistema più semplice era tracciare per terra una linea verticale o orizzontale e segnarvi tante tacche trasversali. A seconda del punteggio ricavato dal getto dei dadi, ogni giocatore spostava un contrassegno (una pietra o una conchiglia) contando tante tacche quante segnavano i dadi; il primo giocatore che raggiungeva la tacca finale aveva vinto. Con l'andare del tempo la partita giocata fino all'esaurimento delle tacche segnate in una sola linea sembrò troppo breve: si fissò un punteggio finale più alto, il che richiese una seconda linea parallela alla prima, con uguale numero di tacche; poi una terza, una quarta, e così via: a poco a poco il complesso delle linee intersecate dalle tacche cominciò a delineare la tipica grata di una scacchiera”22

Questo sistema di segnare i punti faceva sì che talvolta uno dei giocatori, con un

tiro di dadi fortunato, raggiungesse una casa già occupata dal contrassegno

dell'avversario. Per lungo tempo questo non ebbe nessun significato particolare.

Ma in seguito fu stabilito che la pedina che sopraggiungeva potesse scacciare la

prima occupante, segnando la vittoria del secondo giocatore e la fine della partita.

Dall'espulsione all'idea della cattura della pedina il passo fu breve; il secondo

19 Così li chiamò, ad esempio, Francesco Petrarca nel De remediis utriusque fortunae (1360),

quando si scagliò contro gli scacchi, eccessiva perdita di tempo. È stato detto che Petrarca odiava li scacchi perché aveva tentato invano di migliorare il suo basso livello di gioco.

20 Adriano Chicco (1907–1990), tra i più importanti storici italiani degli scacchi. 21 Le ultime tracce scritte risalgono all'inizio del V secolo nei Saturnali di Macrobio. 22 Chicco Adriano, Porreca Giorgio, Il libro completo degli scacchi, Milano, Mursia, 2003.

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giocatore acquisì il diritto di appropriarsi dei pezzi avversari, la cui somma

serviva a calcolare il guadagno del vincitore. A sua volta, il prelievo del pezzo

avversario evocò il concetto di tributo pagato. E poiché l'idea del tributo era legata

indissolubilmente a quella di poteri regali, ogni avversario si considerò un Re: non

solo, ma l'aspetto antagonistico della partita unito all'idea di cattura del nemico,

delineò il concetto di una guerra in miniatura. E i Re in guerra avevano

naturalmente bisogno di armate.

Questo gioco di guerra, come precisato da Staccioli23, era chiamato gioco dei

Quattro Re in quanto la scacchiera riportava quattro eserciti che erano alleati a

due a due. I trentadue pezzi si spostavano su sessantaquattro caselle e i colori dei

pezzi erano il verde e il rosso.

La potenza di queste armate si modellò sul tipo delle armate indiane che avevano

una rigida disposizione: gli elefanti al centro, i carri ai lati, la cavalleria in mezzo

e la fanteria in prima linea. Il Re, capo dell'armata, era posizionato al centro, ed

era assistito da un consigliere.

Questa composizione quadruplice ha risentito con molta probabilità l'influenza

anche delle teorie cosmologiche: il carro da battaglia simboleggiava la terra;

l'elefante l'aria; il cavallo l'acqua; il consigliere il fuoco. Questi elementi del

cosmo ruotavano attorno al sole rappresentato dal Re.

In un primo momento gli opposti schieramenti delle armate non presentavano

nessuna distinzione nel movimento dei pezzi.

Questi avanzavano verticalmente secondo il tiro dei dadi; lo scopo della partita

continuava ad essere il raggiungimento dell'ultima casa o la cattura dei pezzi

avversari. In un secondo tempo, a quanto pare, sembrò necessario differenziare le

mosse a seconda della diversa natura dei pezzi, e i dadi servirono solo ad indicare

quale pezzo dovesse muovere.

Il Chaturanga identificato come progenitore degli scacchi moderni deriverebbe

quindi da un'evoluzione dei giochi con motori aleatori. Come spiegato dallo

studioso Adriano Chicco, le righe che formavano il percorso col tempo si sono

incrociate formando la scacchiera, le pedine hanno acquistato la proprietà di

eliminare quelle avversarie, ed infine sono scomparsi i dadi.

La scomparsa dei dadi ha segnato un passo importante nell'evoluzione del gioco

23 Staccioli Gianfranco, Il gioco e il giocare. Elementi di didattica ludica, Roma, Carocci

editore,2008.

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degli scacchi e nella storia dei giochi di tavoliere in generale: la nascita dei giochi

di intelligenza pura, che oggi vengono chiamati giochi astratti.

Altro cambiamento è stato l'introduzione di pezzi con valori differenti nel gioco.

Questa innovazione ha reintrodotto il concetto di simulazione.

Come detto in precedenza, i giochi di tavoliere erano nati nel tentativo di simulare

la realtà (i giochi di percorso riproducevano una corsa); poi il legame tra gioco e

simulazione si è progressivamente allentato facendo evolvere il gioco nel processo

di astrazione.

Ai giochi di percorso fecero seguito i giochi di eliminazione, dove per vincere il

giocatore deve rimuovere le pedine avversarie dal tavoliere, e non più raggiungere

un traguardo.

L'espulsione dal gioco ha poi assunto la connotazione dell'uccisione o della

cattura; questo concetto ha rievocato la raffigurazione di una guerra in miniatura,

ritrasferendo nel gioco l'aspetto della simulazione.

È quindi probabile che considerando che in una guerra esistono diversi tipi di

armate, ognuno con caratteristiche proprie, si sia pensato di differenziare tra loro

le varie pedine. Le varie parti dell'armata avevano caratteristiche diverse,

giungendo perciò a diversificare il movimento dei pezzi sulla scacchiera,

accrescendo in tal modo l'aderenza della simulazione alla realtà.

I più antichi riferimenti sul Chaturanga li ritroviamo in testi scritti in pahlavi,

lingua dell'antica Persia; è in questa lingua che troviamo i primi nomi attribuibili

ai pezzi: Baidaq (pedone, soldato); Rukh (carro da guerra), Asp (cavaliere,

cavallo), Pil (elefante), Farzin (consigliere) e Sah (Re).

Da alcuni di questi termini derivano denominazioni ancora in uso oggi: Alfiere

deriva da Al-fil (elefante) per assonanza; scacco matto deriva da Sah-mat (il re è

morto).

Questo progenitore degli scacchi coincide nelle linee essenziali del gioco a quello

moderno ed era giocato sul classico tavoliere quadrato di sessantaquattro caselle.

Il Chaturanga si diffuse dall'India attraverso le vie commerciali, come avvenne per

tutti i giochi di tavoliere.

Gli indiani, insieme a una serie di doni, avrebbero portato ai persiani anche gli

scacchi, sfidandoli a decifrare il senso del gioco. Si narra che l'enigma fu svelato

da un saggio nell'arco di tre giorni. È stato effettuato uno studio su come l'uomo

avesse potuto ricostruire le regole da un semplice tavoliere. Lo spagnolo Ricardo

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Calvo a partire dagli anni Settanta ha avanzato l'ipotesi che dietro le regole

indiane e persiane ci fosse un codice matematico e che questo andasse cercato in

un quadrato magico 8x8.

“Attraverso indagini matematiche”, scrive Calvo, “sembrerebbe che le regole degli scacchi siano in qualche modo miracolosamente presenti in questo accordo numerologico. Ancora oggi questo antico schema ha un forte impatto intellettuale, perché tutti i movimenti dei pezzi sono direttamente incisi su di esso. (…) Sarebbe assurdo pensare che i movimenti dei pezzi siano stati inventati in maniera arbitraria e che solo in seguito sia stato disegnato un quadrato magico capace di spiegarli. Di conseguenza l'inventore o gli inventori del gioco degli scacchi devono aver usato questo preesistente quadrato magico per decidere come regolamentare i vari movimenti dei pezzi”24.

Il gioco giunse in Occidente nel IX secolo attraverso le conquiste degli arabi, che

lo chiamavano Shatranj, dopo averlo appreso quando invasero la Persia, nel 641

d.C. Raggiunse l'Europa attraverso la Spagna, occupata dagli arabi nel 711 d.C., e

da qui la diffusione nel continente europeo tra il IX e il X secolo.

Una via importante che avrebbe contribuito al passaggio del gioco sarebbe stata la

Sicilia, zona di forte influenza araba. Diversi giocatori famosi del XII secolo

erano per l'appunto siciliani. Nel 1143 una partita di scacchi divenne il soggetto di

una pittura: in quell'anno Ruggero II d'Altavilla fece dipingere il soffitto della

Cappella di Palermo con immagini tratte dalla vita di corte dei califfi. Si tratta del

più antico dipinto al mondo raffigurante giocatori di scacchi.

Il gioco si diffuse in modo rapido per tutto il continente. Dimenticato il gioco

romano dei latrunculi, gli europei erano a corto di giochi di impegno per adulti. In

Europa la scacchiera e il numero dei pezzi rimasero gli stessi ma, come già era

avvenuto nel passaggio dall'India alla Persia e dalla Persia al mondo islamico, il

mondo cristiano rilesse il gioco attraverso il filtro della propria cultura. Per poter

essere accolti dalla cultura occidentale, gli scacchi hanno dovuto subire alcune

trasformazioni25. Negli anni successivi al 1000 il gioco era noto soprattutto tra i

ceti più elevati, tanto che l'abilità in questo gioco era in epoca medievale una delle

probitas (virtù) che distinguevano il vero cavaliere. Ricordiamo che in epoca

medievale uno dei passatempi comuni tra i cavalieri erano i combattimenti per

gioco. Gli scacchi furono apprezzati perché permettevano di rivivere l’emozione

24 Calvo Ricardo, Mythical Numerology in Egypt and Mesopotamia, in Leoncini Mario, Natura

simbolica degli scacchi, Arcore, Grafimage, 2016, p. 17. 25 Cfr. Staccioli G., Il gioco e il giocare, op. cit. p.59.

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24

di un duello, di un assalto a un castello.

Gli scacchi vennero quindi codificati come attività nobiliare per eccellenza e pian

piano si ingentilirono: “Non più rappresentazione della guerra combattuta da

uomini di opposti eserciti, bensì gradualmente emblema di educazione raffinata,

bagaglio indispensabile di ogni nobile che si apprestava a varcare le soglie della

vita in società, sia essa militare che civile”26.

Pur restando di base un gioco di guerra assunse i connotati di gioco di corte. I

personaggi di corte si rispecchiavano nei pezzi degli scacchi che andarono ad

assumere le loro caratteristiche, talvolta anche fisiche. Ad esempio il consigliere

militare (Fierge) fu sostituito da una figura femminile, perché accanto al Re non

poteva che stare la Regina. Questo cambiamento non fu senza conseguenze di

ordine morale e filosofico.

Rappresentando il gioco lo schieramento di due corti, i quattro pezzi posti agli

angoli della scacchiera non sono più macchine da guerra ma rocchi (dall'arabo

ruhk), torri che delimitano il castello. Le figure dei cavalli non ebbero necessità di

subire cambiamenti, a differenza della figura dell'elefante (fil). Una volta sbarcato

nel nostro continente questo pezzo perde le sue origini di pachiderma, dato che

l'elefante non faceva parte degli eserciti europei né tanto meno delle corti europee

dove c'erano invece i saggi, e il pezzo fu chiamato calvo per un certo periodo, in

alcune regioni. C'erano i vescovi, e infatti ancora oggi l'alfiere in Inghilterra è

chiamato Bishop, e i giullari o pazzi del Re, che diventano in Francia Fou. In

Italia il termine Alfiere deriva dal latino medievale Alphinus, porta insegne. Il

caratteristico taglio obliquo sulla pedina mantenuto dal pezzo dell'alfiere è

considerato l'ultima rimanenza dell'orecchio dell'elefante27.

Anche la scacchiera subì delle conseguenze laddove le caselle fino ad allora tutte

dello stesso colore vennero distinte dall'alternanza chiaro / scuro. Infine, il nome

latino del gioco divenne ludus scaccorum (il gioco degli scacchi).

Per quanto riguarda il regolamento del gioco, varie versioni si sono susseguite

nelle epoche e culture con sostanziali differenze tra loro. Ad esempio l'elefante nel

chatrang persiano muoveva di quattro caselle in diagonale e una in avanti, a

simboleggiare le quattro zampe e la proboscide; invece nella versione araba si

26 Ferraglio Ennio, Gli scacchi e il Chiostro, Fondazione civiltà bresciana, Brescia, 2007,

pag.197. 27 Gianpaolo Dossena, Giochi da tavolo, Milano, Mondadori, 1990.

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muove solo in diagonale di tre caselle. Nel corso dei secoli si sono succedute

tantissime varianti nella raffigurazione e nel movimento dei pezzi, fino ad arrivare

agli scacchi come li conosciamo oggi. Tuttavia, le numerose variazioni che il

movimento dei pezzi ha subito non hanno cambiato la struttura essenziale di

questo gioco, in quanto il tavoliere, lo scopo e il principio di movimento sono

rimasti gli stessi. All'interno di questo lavoro la storia degli scacchi ci interessa, in

relazione al loro utilizzo nella didattica, in funzione dei concetti innovativi che

questo gioco ha sviluppato.

Grazie alla loro capillare diffusione, gli scacchi si sono imposti come il punto di

riferimento dei giochi di intelligenza pura nella cultura occidentale.

Questo gioco ha influito come nessun altro nella nostra cultura, ad ogni livello.

Come sostiene Dossena “ in ogni caso saper cosa è una torre, saper cosa è il salto

del cavallo fa parte dei dati base di qualsiasi cultura28”.

1.5 I giochi di tavoliere nella cultura

La storia dei giochi di tavoliere non si esaurisce solamente con la storia dei

tavolieri, pedine, meccanismi e regolamenti, ma è fortemente influenzata dalle

varie rappresentazioni dell'attività ludica che le varie culture hanno prodotto.

La collocazione nella scala dei valori che le varie culture hanno attribuito al gioco

ne ha caratterizzato profondamente lo sviluppo.

Nell'antichità, arti come la letteratura, la musica, la poesia e la drammaturgia

erano esperienze essenziali, ricercate per la loro capacità di “rapire” l'individuo in

mondi lontani, distraendo e portando sollievo nei confronti di una quotidianità

spesso brutale e avvilente. Queste arti si elevano a mito e culto religioso, così

come avviene per il gioco che viene investito di una sua ritualità mistica.

In particolare, il gioco da tavolo diviene l'archetipo del gioco per eccellenza in cui

molte allegorie e simbolismi trovano la loro collocazione: come abbiamo già

osservato, la tavola ricrea nella sua struttura un sistema cosmologico nel quale le

pedine, espressione simbolica della ciclicità degli eventi, si muovono secondo il

risultato del tiro dei dadi, assimilabile alla volontà espressa da un oracolo.

Non a caso infatti, i ritrovamenti più antichi delle tavole da gioco sono avvenuti

nei templi o in spazi dediti al culto delle divinità; nelle raffigurazioni antiche i

28 Ivi, p. 24.

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giochi di questo tipo erano rappresentati come disputati al cospetto delle divinità

stesse.

Ecco che possiamo affermare con certezza che nei periodi della sua nascita il

gioco di tavoliere era tenuto in grandissima considerazione, proprio per il suo

stretto legame con gli aspetti rituali e religiosi delle prime civiltà. Nella cultura

egizia e in quelle mediorientali il gioco presenta numerosi riferimenti in testi

sacri.

Successivamente, nel periodo classico il gioco tende a affrancarsi dall'influenza

soprannaturale, aprendosi ad una progressiva umanizzazione che porta

gradualmente al passaggio da essere la rappresentazione del cosmo a quella del

mondo prima e della società civile poi. Sulla tavola da gioco gli dei, i cui principi

si pensavano espressione delle azioni del gioco, cedono pian piano il passo ai gesti

dei cittadini.

In questo nuovo contesto, l'avversità della sorte rappresentata dalla sentenza dei

dadi viene ad essere considerata pienamente superabile grazie all'abilità del

giocatore. Quali virtù fondamentali per l'individuo, la società inizia ad esaltare

l'erudizione e le conoscenze necessarie a sviluppare una strategia vincente,

indipendentemente dalla componente dettata dal fato.

Alla conquista di una propria autonomia che il gioco viene a guadagnarsi

staccandosi dalla sfera sacrale, si affianca al tempo stesso una perdita di prestigio

e di importanza.

Il gioco, diffuso in quasi tutte le culture, viene ad assumere lentamente una

valenza negativa: in particolar modo le forme di gioco che con una forte

componente di azzardo creano problemi di ordine pubblico, vengono

gradualmente assoggettate a divieti e norme sempre più restrittive.

In tutte le civiltà lo stato ha sempre cercato di regolamentare e spesso proibire il

gioco d'azzardo per le conseguenze negative a livello individuale che collettivo.

Già in epoca greca e romana esistevano leggi che punivano duramente il gioco

d'azzardo; ma è nel Medioevo che troviamo le leggi più severe contro il gioco,

sostenute in particolar modo dalla Chiesa. I giochi d'azzardo erano largamente

diffusi presso tutte le classi sociali: dagli operai, ai principi, alle donne ai soldati.

Questi giochi costituivano per tutti una valvola di sfogo per quella che poteva

essere un'insoddisfazione nei confronti delle proprie condizioni di vita. Talvolta

però, il gioco d'azzardo finiva per peggiorare ulteriormente la situazione, portando

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alla perdita dei propri beni, fino alla rovina totale della persona, nonché danni alla

comunità di appartenenza. Da ciò la presa di posizione rigida delle autorità nel

proibire questa forma ludica.

Questo tipo di repressione degenerò al punto, come spesso accade, di coinvolgere

tutta la categoria dei giochi di tavoliere. Vennero proibiti tutti i giochi che

comprendevano i dadi, includendo i giochi di tavoliere, compresi quelli che non

erano di puro azzardo.

Anche i giochi di pura intelligenza, come gli scacchi e la dama, erano

attentamente controllati e permessi solo se praticati in luoghi aperti.

Nonostante le diffuse politiche di repressione applicate durante i secoli, il gioco da

tavolo ha continuato non solo a resistere ma a proliferare più che mai intorno alla

fine del 1200. E' in questo periodo che fa la sua comparsa in letteratura un testo

specifico sull'argomento: si tratta del Libro de los Juegos29, opera di Alfonso X di

Spagna, re di Castiglia, conservata oggi nella biblioteca del monastero di San

Lorenzo a Madrid.

Questo testo, scritto nel 1283 d.C, può essere considerato una delle conquiste più

importanti dei giochi di tavoliere, in quanto ne mette in luce la capacità di animos

relaxare, qualità del gioco tenuta in altissima considerazione anche a quei tempi.

I giochi da tavolo che il sovrano inserisce nel trattato sono importanti proprio

perché possono portare alegrìa (sollievo30) a tutte le persone che ne hanno più

bisogno, trovandosi magari in prigione o in cattivo stato di salute tale da non

permettere loro altri tipi di svago. Con queste sagge parole Alfonso X, non a caso

detto “El Sabio”, pare voler elevare il gioco allo status di “diritto irrinunciabile”

per l'equilibrio dell'individuo.

Nel manuale, l'autore classifica i giochi in voga nel medioevo in tre categorie:

quelli che si fanno a cavallo, quelli che si fanno a piedi e quelli che si fanno

seduti.

Proprio questi ultimi sono descritti nel libro, e sono i giochi annunciati nel titolo:

gli scacchi, il gioco dei dadi e le tavole.

Inteso come testo didattico, il manoscritto documenta e spiega le regole dei giochi 29 Alfonso X Re, Libros de acedrex, dados i tablas, (Libro degli scacchi, dadi e tavole).

Rappresenta il più importante e autorevole trattato medievale sui giochi da tavolo scritto in una lingua europea.

30 Alfonso X descrive questo stato di alegrìa trasmesso dal gioco che l'uomo, per volontà divina, ricerca continuamente per poter sopportare meglio le avversità della vita, qualora sopravvenissero.

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di pura strategia intellettuale (gli scacchi), dei giochi di puro azzardo (i dadi), e,

per concludere, dei giochi che contengono entrambi gli elementi (le tavole,

antenate del moderno backgammon).

Il libro è costituito da 98 fogli, 150 illustrazioni a colori, miniature di elevato

pregio, ed è complessivamente diviso in 7 parti.

Al gioco degli scacchi è dedicata la prima parte, ben 64 fogli (numero non a caso

corrispondente alle 64 caselle della scacchiera), che spiegano come devono essere

fatti la scacchiera e le pedine, la posizione iniziale e il movimento dei pezzi.

Questa prima sezione sugli scacchi costituisce la parte più ampia, importante e

conosciuta dell'opera.

La particolarità del manoscritto sta nel fatto che Alfonso X non si limita a

enunciare le regole e le caratteristiche del gioco ma, e questo per la prima volta

nella cultura occidentale, esamina con cura i meccanismi e le strategie di gioco

esponendo problemi scacchistici (oltre 100 tipi) e relative soluzioni.

La seconda parte, dal foglio 65 al foglio 71, è dedicata al gioco dei dadi, che

rientrano nella categoria dell'azzardo. Tratta dodici differenti metodi di gioco, tra

cui la Riffa, l'Azar e la Marlota. I dadi, nella considerazione dell'autore,

rappresentano la materia meno nobile del trattato; lo si deduce sia da alcuni

passaggi espliciti che dall'aspetto iconografico, che riproduce intente al gioco solo

persone di basso ceto sociale o, al più, cavalieri ridotti in miseria perché hanno

perduto ai dadi tutti i loro beni. Viceversa, le miniature di scacchi e tavole

raffigurano impegnate al gioco figure di alta condizione, compreso Alfonso X

stesso.

In molti passi del trattato, scacchi e tavole sono indicati tra gli svaghi adatti a un

re che voglia alleviare le sue preoccupazioni mediante la ricerca dell'alegrìa.

Al contrario, il gioco d'azzardo è presentato sotto una cattiva luce, se non oggetto

di condanna.

La terza parte, dal foglio 72 al foglio 80, è costituita dal libro delle tavole che

enuncia le regole di giochi da tavolo della famiglia delle tabulae, genere di giochi

conosciuto fin nella più remota antichità, dove le pedine si muovono su una tavola

di 24 caselle. I giochi di tavole erano diffusi tra le classi nobiliari ma anche

appannaggio delle classi più popolari, ed oggetto di divieto per il clero.

Sono annoverati quattordici diversi giochi e varianti. Tutti sono diretti discendenti

della tabula romana, ed hanno molte somiglianze col moderno gioco del

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Backgammon. Particolarità di questi giochi è la ricca simbologia che li

caratterizza: le 24 caselle di gioco sono formate da 12 colonne che rappresentano i

mesi dell'anno; metà sono bianche e metà nere, come le notti di luna e quelle

senza luna; le 30 pedine rappresentano i giorni di un mese e la somma delle facce

opposte dei dadi danno 7 come i giorni della settimana.

La quarta parte del testo parla di giochi che sono varianti aumentate di scacchi: gli

scacchi decimali, giocati su una scacchiera più grande (10x10) e gli scacchi

grandi giocati su una tavoliere 12x12 e con pezzi diversi (leone, giraffa..) che

hanno movimenti particolari.

Anche la quinta parte contiene delle varianti, per un numero di quattro giocatori

anziché due: gli scacchi delle quattro stagioni, descritti come la rappresentazione

del conflitto dei quattro elementi e dei quattro umori (i pezzi sulla scacchiera sono

colorati in verde, rosso, bianco e nero e si muovono in base al lancio dei dadi); e il

gioco denominato da Alfonso scacchi astronomici, ma anche noto come il Mondo,

giocato su una tavola divisa in 6 cerchi concentrici, divisa in 12 aree ognuna

associata a una costellazione dello zodiaco.

Il sesto capitolo parla dell' Alquerque e di altri giochi di allineamento, il cui scopo

è quello di creare con le pedine una specifica configurazione sul tavoliere

(solitamente una linea retta).

La settima e ultima parte occupa cinque pagine, ed è dedicata a varianti

astrologiche di scacchi e tavole, tra cui il gioco Astronomico Escapes.

Questo manuale rappresenta una pietra miliare nella storia dei giochi di tavoliere.

Le ragioni sono numerose, prima tra tutte il fatto di essere uno tra i primi testi,

nella cultura occidentale, ad occuparsi specificatamente di giochi.

È ritenuto il più autorevole e completo testo medievale sul gioco, che oltre a

soffermarsi sui giochi diffusi in quel periodo, delineandone regole e

caratteristiche, si occupa anche di collocarli in una sfera simbolica31, trascurando

quasi completamente ogni intento moraleggiante. In tal senso, quest'opera si

distacca dal nutrito filone di trattazioni medievali, dove, ad esempio, il gioco degli

scacchi trovava quasi sempre un'interpretazione in chiave moralistica32e

31 La struttura interna del codice rivela una simbologia numerologica in cui ricorrono numeri

come l'8 (come le 8 colonne della scacchiera negli scacchi), il 64 (numero totale delle caselle) e il 12. Queste ricorrenze oltre a non essere casuali sono anche legate agli interessi numerologici e astrologici del sovrano.

32 Si ricorda come esempio più eclatante l'opera Ludus scacchorum del domenicano Jacopo da

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allegorica.

Ad esempio, in alcuni trattati, i pezzi erano associati a uno status sociale o un

mestiere; in atri casi, gli scacchi diventavano una sorta di metafora delle

schermaglie dell'amor cortese.

Il codice alfonsino risulta invece del tutto privo di questi riferimenti allegorici

moraleggianti, tipici della trattatistica medievale. Quest'opera esprime una visione

essenzialmente umanistica, incline a un atteggiamento laico, che pone al centro

dell'esperienza ludica il valore dell'alegrìa, alla base di un pensiero emancipato

dalla cultura ecclesiastica e dalla morale cattolica.

Questo atteggiamento umanistico, riflesso dell'ideologia dell'autore, spiega la

scelta di adottare la lingua volgare33 come strumento comunicativo del sapere,

anziché il consueto latino, affinché l'opera potesse essere recepita da una platea

più ampia possibile. Spiega, infine, l'eccezionale rilievo attribuito da Alfonso X al

fenomeno dei giochi, trattati con estensione e pregevolezza addirittura superiori

all'importanza accordata, in altri suoi scritti34, ad altri fenomeni, quali la caccia e i

tornei, occupazioni abituali delle classi nobiliari.

Il trattato si sviluppa all’interno di una cornice narrativa che vede impegnati tre

saggi in un dibattito intellettuale, calando la narrazione su uno sfondo filosofico

che ripropone la contrapposizione tra ragione e caso, tra libero arbitrio e destino,

di cui alla fine si fornisce la soluzione. I tre saggi propongono tesi diverse,

portando ciascuno le prove della loro posizione: il primo propone gli scacchi per

l'intelligenza; il secondo i dadi per la fortuna; il terzo una combinazione di

entrambe, che egli ravvisa nei giochi di tavole.

Nei trattati arabi sui giochi, dai quali Alfonso X riprende questa antichissima

diatriba, ai due poli opposti corrispondevano sempre gli scacchi (ragione) e i

giochi delle tavole (caso). Qui invece, attraverso la visione simbolica offerta,

Alfonso risolve la dicotomia tra i due estremi introducendo il gioco dei dadi: sono

questi, con la loro assoluta casualità, a contrapporsi alla ragione pura, mentre ora

sono le tavole con la loro alternanza tra caso e libera scelta a offrire la soluzione al

conflitto filosofico, mediando tra casualità e volontà, fato e libero arbitrio.

Cessole, di inizio Trecento. 33 Il manoscritto è una traduzione in Castigliano di testi arabi. 34 Il complesso della letteratura alfonsina costituisce una sorta di summa enciclopedica del

sapere dell'epoca, con una grande varietà di argomenti: si tratta di un progetto culturale unitario che spazia dalla storia del diritto alle arti della magia, dalle arti del quadrivium alla caccia, e con ampio spazio alle attività ludiche.

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Questo un aspetto innovativo del testo, al quale si accompagna un'ulteriore

importante innovazione: il sovrano tenta infatti di proporre una nuova visione del

gioco. Nel libro sono descritti e raffigurati individui appartenenti a ogni classe

sociale: re, cavalieri, monaci, musicisti, arcieri, donne, uomini, cristiani,

musulmani, tutti intenti a giocare tra loro. Viene raffigurato il mondo medievale

nella sua multiforme complessità, come se il gioco fosse il collante sociale che

permetteva alle varie classi sociali di incontrarsi e avvicinarsi.

I giochi di tavoliere proposti nel libro diventano rappresentazione dei microcosmi

di cui è costituito il mondo reale in cui ci muoviamo, tra fortuna e abilità, come le

pedine di un gioco.

Alfonso X intende rappresentare la società medievale, e per la prima volta, i

giochi vengono considerati come espressione delle varie culture.

Il re, nell'introduzione, afferma che Dio volle concedere agli uomini nella loro vita

ogni sorta di godimento per sopportare meglio le fatiche e gli impegni che essi

dovevano assumersi, e che gli uomini inventarono svariati modi, tra cui i giochi,

per poter godere appieno di queste gioie.

Per la prima volta nella cultura occidentale i giochi vengono affiancati alle altre

espressioni della cultura umana che allietano la vita e rendono più piacevole il

mondo. Sicuramente un grandissimo passo in avanti nella legittimazione culturale

del gioco e dei giochi.

Quest'opera resta comunque sia un'oasi di liberalità nel clima di intolleranza che

caratterizzava la cultura ufficiale medievale nei confronti del fenomeno ludico.

Si può considerare il primo passo del lungo percorso che il gioco ha dovuto

intraprendere per essere pienamente compreso e valorizzato, fino a conquistare

una propria dignità culturale. Cammino che ancora oggi non si può ritenere del

tutto concluso.

Le prime indicazioni concrete per la ricostruzione di giochi antichi si cominciano

con la nascita della letteratura vera e propria. Dai classici cinesi e greci della

prima metà del primo millennio a.C. a quelli orientali e latini dell'inizio della

nostra era, i giochi di tavoliere vengono regolarmente citati, e talvolta descritti,

come parte integrante della vita dei popoli. Ciò testimonia l'importanza che il

gioco viene ad assumere nel vissuto quotidiano dei popoli di queste epoche. Per

alcuni giochi di tavoliere, tra cui gli scacchi, si può cominciare a parlare di storia

attendibile dai primi secoli della nostra era. Di storia certa invece si devono

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attendere gli ultimi 10 secoli, quando comincia a fiorire una letteratura

specificatamente dedicata ai giochi.

Infatti, ad eccezione di qualche presunto testo dedicato a giochi di epoca romana, i

più antichi libri di giochi oggi noti sono manoscritti cinesi sul Go, di datazione

incerta ma attribuibili alla dinastia T'ang (618 -906 d.C.), e dei manoscritti arabi

sugli scacchi, il più antico risalente alla metà del IX secolo d.C.

In Europa, libri dedicati esclusivamente ai giochi cominciarono ad apparire solo

qualche secolo più tardi, a seguito della dominazione araba nel Mediterraneo.

Ad esempio, nei primi secoli del nostro millennio gli scacchi sono presenti in

molte opere letterarie, tra le quali emergono un poema in ebraico del 1167 scritto

dal rabbino Abramo Eben Erza, e un trattato in latino Liber de moribus Hominum

et officiis Nobiluim ac popularium super ludo scachorum scritto dal domenicano

Jacopo da Cessole del 1280.

La nascita nel Medioevo di una specifica letteratura suoi giochi e la sua costante

crescita nei secoli successivi testimonia l'importanza che le attività ludiche

acquisiscono nella vita degli uomini. Tuttavia, la strada per il raggiungimento di

una piena dignità culturale è ancora lunga. Un importante contributo

all'emancipazione culturale dei giochi è fornito dall'inglese Thomas Hyde che nel

1694 pubblicò De Ludis Orientalibus, una vasta raccolta di giochi antichi, in gran

parte, non a caso, giochi di tavoliere.

A lui si deve anche il primo tentativo serio di scrivere una storia degli scacchi

moderna Mandragorias seu historia shahiludii di fine '600.

Il seme gettato da Hyde darà presto i suoi frutti. Si assisterà infatti a una

rivalutazione del “fenomeno gioco” non solo da parte degli uomini di cultura ma

anche delle correnti pedagogiche moderne, che riconosceranno la funzione e

l'importanza delle attività ludiche nei processi educativi e formativi. Il gioco non è

più visto come attività esclusivamente infantile se non addirittura demoniaca, ma

attività utile, necessaria e lecita anche per l'adulto.

Questo rivoluzionario atteggiamento culturale nei confronti del gioco

incrementerà la diffusione e la popolarità di molti giochi tra il XVIII e il XIX

secolo. In quest'epoca assistiamo all'ingresso a pieno titolo di scacchi, dama,

giochi di carte, ecc.. nei locali pubblici, non più giocati solo tra le mura

domestiche.

In questo processo di rivalutazione culturale delle attività ludiche non può passare

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inosservato, ai fini di questo lavoro, il fatto che i giochi di tavoliere abbiano avuto

un posto privilegiato. Questo perché si tratta indubbiamente dei giochi più antichi

tramandatici dai nostri antenati più lontani.

Numerose sono state le opere dedicate alla storia dei giochi tra la fine del secolo

scorso e gli inizi del '900.

Per quanto riguarda nello specifico gli scacchi, sulla scia di Hyde esce nel 1913 A

hystory of chess35, opera monumentale di H.J.R Murray.

A oltre 100 anni dalla sua uscita è ancora ritenuta da molti “l'ultima parola” sulla

storia universale degli scacchi. Le linee tracciate sull'origine del gioco e su come

si è evoluto fino ad oggi restano sostanzialmente valide. In questa ricostruzione, la

forma moderna degli scacchi definitivamente codificata risale al XVIII secolo.

35 Murray H.J.R., A Hystory of Chess, London, Oxford University Press, 1913.

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35

CAPITOLO II.

GLI SCACCHI IN EDUCAZIONE: ELEMENTI TEORICO-SCIENTIFICI

2.1 Una “pedagogia degli scacchi”

Partendo dalla categoria generale di cui gli scacchi fanno parte, ovvero i giochi di

tavoliere, possiamo affermare che raramente questi giochi risultano l'oggetto

centrale, a livello accademico, di una discussione pedagogica.

I testi che si occupano della componente educativa di questi giochi sono pochi, in

quanto la maggior parte dei libri che si occupano di giochi di tavoliere sono

prevalentemente manuali tecnici, con pochi riferimenti alla riflessione

pedagogica.

La stessa cosa può dirsi anche per le prassi educative: già dai termini con i quali

vengono comunemente chiamati (giochi di società, passatempi) rendono evidente

il fatto di essere considerati, dalla cultura popolare, una sorta di riempitivo del

tempo libero.

Raramente sono oggetto di iniziative culturali promosse dalle istituzioni, e di rado

sono inclusi in percorsi scolastici e formativi.

Gli scacchi costituiscono un'eccezione. Facendo parte di una forte tradizione

culturale, vengono proposti sempre più spesso in educazione, sia attraverso eventi

culturali che per mezzo di percorsi formativi, primo fra tutti i corsi di scacchi

nelle scuole.

Ma in che relazione sono con l'ambito pedagogico?

La Pedagogia sappiamo essere una scienza pratica e teorica, finalizzata alla

formulazione di principi-guida per l'educazione dei ragazzi. Gli scacchi, invece,

sono conosciuti come un gioco da tavolo di strategia, dove si scontrano due

avversari che si affrontano in battaglia.

Teoricamente non sembrerebbe emergere un legame diretto tra questo gioco

millenario e una scienza ormai affermata da tempo.

In effetti, gli scacchi di per sé non possiedono una scienza dell'educazione (non

abbiamo una “Pedagogia degli Scacchi”), oltre al fatto che non è riscontrabile

all'interno di questa attività ludica un intento educativo dichiarato.

Tuttavia, il gioco degli scacchi si è rivelato uno strumento “flessibile”, adattabile

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36

alle necessità e ai tempi36, al punto da essere sfruttato per raggiungere non

solamente scopi ludici, ma anche di altra natura.

Oltre al puro fine di svago e divertimento, oggi assistiamo a un utilizzo del gioco

a scopo educativo e rieducativo.

Ma, a voler essere precisi, e qui è utile aprire una parentesi, anche in passato

possiamo riscontrare un utilizzo del gioco in questi termini.

La varietà dei pezzi sulla scacchiera, con loro diversa potenza e il diverso

movimento hanno sempre simboleggiato un piccolo mondo, miniatura di quello

reale, che si adattava perfettamente a moralisti, teologi, e filosofi delle varie

epoche.

In sostanza, gli scacchi sono stati visti, fin dalla loro prima comparsa, come

educativi, consolatori se non addirittura terapeutici.

Basti pensare alle prediche di fra' Jacopo da Cessole (XII secolo) che utilizzò gli

scacchi per presentare concetti moralizzanti; o al trattato di teologia “Il cammino

della perfezione37”(1564) di Teresa D'Avila38 nel quale la Santa parla degli

scacchi come strumento di conoscenza e comprensione dei meccanismi della

preghiera. È del 1780 lo scritto “The Moral of Chess” di Franklin39 dove gli

scacchi sono considerati portatori di valori quali lungimiranza, tenacia, prudenza,

sottolineando di non sottovalutare mai nessun avversario e contare esclusivamente

sulle proprie forze.

Nell'aspetto educativo rientra anche l'antica leggenda secondo la quale gli scacchi

furono inventati per dimostrare a un re troppo orgoglioso l'importanza degli altri

pezzi, altrettanto fondamentali e insostituibili, a partire dagli umili pedoni.

O ancora, la più nota leggenda dei chicchi di grano in cui l'inventore del gioco

chiede un chicco di grano per la prima casella, due per la seconda, e così via fino

a raggiungere alla 64esima casella un numero astronomico per via della

progressione geometrica, vede gli scacchi diventare un veicolo per semplificare

idee complesse e illustrare idee astratte.

36 G.Kasparov (1963), scacchista russo, nella sua opera “I miei grandi predecessori” parla degli

scacchi come di un gioco adattabile al gusto dei tempi, per come veniva considerato e apprezzato, avendo ciò un peso rilevante sullo sviluppo e l'influenza del gioco.

37 Santa Teresa D’Avila, Il cammino di perfezione, in Opere complete, Milano, Edizioni Paoline, 1998.

38 Appassionata giocatrice di scacchi, Teresa d'Avila viene proclamata Santa Patrona degli Scacchisti nel 1944.

39 Franklin B., The moral of Chess and Diplomacy, in The political thought of Benjamin Franklin, Hackett Publishing Company, Indianapolis, 2003.

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37

Un concetto complesso come “Il doppiar degli scacchi40” fu reso semplice e alla

portata di tutti, diventando talmente popolare da essere utilizzato da Dante

Alighieri in un famoso passo del Paradiso.

Attraverso il concetto di guerra comprensibile a tutti, ciò che si trasmetteva erano

concetti ben più astratti.

Leoncini41 nel suo testo associa il gioco degli scacchi in quelle epoche a un

moderno software di presentazione, una sorta di Power Point del Medioevo.

Tornando alla scienza pedagogica, essa si occupa di formulare principi indirizzati

alla formazione di individui da educare o in qualche modo da rieducare. Non solo

bambini, ma anche adolescenti, adulti, anziani. Dunque una scienza che si rivolge

a un vasto pubblico sociale. Così come il gioco degli scacchi.

Questa prima analogia che avvicina i due campi non più quindi percepiti come

separati, si accompagna anche a un'altra caratteristica comune: la flessibilità. La

pedagogia, in quanto scienza, nel formulare programmi e sistemi da applicare in

concreto rimane aperta a possibili interventi e modifiche. Negli scacchi avviene

qualcosa di simile, in quanto il giocatore formula un piano personale di attacco e

difesa, studiando la situazione sulla scacchiera e applicando le regole che ha

imparato. Dunque, in entrambi è presente una parte di astrazione teorica e una

successiva verifica sulla realtà. Inoltre, non c'è un ordine preciso in cui queste due

fasi devono alternarsi; piuttosto è importante valutare se un procedimento è

efficace o meno.

La flessibilità42 che caratterizza gli scacchi ha permesso loro di adeguarsi alle

esigenze, ai tempi, ai gusti, alle persone e, aspetto ancor più importante, di entrare

in contatto con altre realtà, altri campi del sapere umano dai quali attingere

informazioni utili da applicare nella propria attività.

La pedagogia entra in gioco nel momento in cui si devono insegnare gli scacchi ad

altri individui, impiegando principi educativi.

Insegnare gli scacchi non significa solo giocare: partendo dalla dimensione ludica

si possono in realtà svolgere altre attività, come quelle educative o riabilitative 40 Secondo la definizione del noto Leonardo Pisano, il Fibonacci. 41 Cfr. Leoncini M., Natura simbolica del gioco degli scacchi, op. cit., p. 14. 42 A differenza di quasi tutti i giochi dell'antichità scomparsi nel nulla, gli scacchi sono riusciti a

cavalcare l'onda della civilizzazione e sono sopravvissuti nei secoli a culture tanto diverse le une dalle altre. Unico tra i giochi che ha seguito il cammino dei popoli come solo le scienze e le arti hanno potuto fare. In realtà perché la storia degli scacchi è una storia di trasformazione, essendo stati capaci di adattarsi a religioni, usi e costumi diversissimi rimanendone influenzati e finendo con l'influenzarli.

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che sono argomento di analisi di questo lavoro.

Conosciuto da tempo come un semplice gioco, gli scacchi si dimostrano invece

una disciplina molto più complessa e duttile, che vede al suo interno elementi

pedagogici, psicologici, sociali, terapeutici, oltre che scacchistici.

Un materiale “plastico” che permette di formulare sistemi nuovi nel nostro tempo

da adattare alla realtà, in base alla situazione che si ha di fronte.

Ecco che si apre la possibilità di insegnare gli scacchi nelle scuole e ottenere

determinati benefici pedagogici dagli alunni; o applicare il gioco nelle carceri a

scopo riabilitativo (intesa come riabilitazione all'ordine sociale e all'armonia

dell'individuo con se stesso e la società).

A seguito di tali considerazioni, come suggerisce Jugivich43 si può iniziare a

parlare di una “Pedagogia degli Scacchi” in grado di formulare programmi di

insegnamento dell'attività ludica a seconda della situazione specifica e, al tempo

stesso, di fornire agli allievi una serie di benefici man mano che entreranno in

contatto con questo gioco.

2.3 Educare con il gioco gli scacchi: i benefici per una crescita globale

Il gioco in educazione riveste un ruolo essenziale contribuendo alla maturazione

globale del bambino. La grande valenza educativa del gioco è stata messa in luce

da molti studiosi. Winnicott, ad esempio, nella sua Teoria del gioco esplicita come

attraverso l’attività ludica il bambino riesce ad aprirsi agli altri accettando le

regole e imparando a vivere in autonomia nel mondo che lo circonda.

Giocando, il bambino è sempre protagonista delle proprie azioni, arrivando a

sperimentare le proprie capacità e i propri limiti. Ecco che il gioco si pone quale

punto di partenza di molti interventi educativi, occupando una dimensione

centrale e pervasiva della crescita umana.

In particolare, molti studiosi dell’età evolutiva da Vygotskij alla Montessori, da

Piaget a Bruner hanno visto il gioco quale strumento educativo sia nell’ambito del

potenziamento delle capacità relazionali sia per quanto riguarda la necessità di

sviluppare nel bambino le abilità di problem solving.

La scienza pedagogica riguardo la valenza educativa del gioco si sofferma in

particolar modo sull’utilizzo dell’aspetto ludico nell’educazione scolastica.

43 Istruttore federale base di scacchi. Cfr. sito http://jugivich.blogspot.it

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L’attività ludica, tutelata dall’articolo 31 della Convenzione Internazionale sui

diritti dell’Infanzia44, all’interno della pratica didattica scolastica diventa un

elemento fondamentale poiché favorisce, grazie al forte interesse che suscita nei

bambini, l’acquisizione di competenze nelle varie discipline del curricolo

scolastico e al tempo stesso promuove la socializzazione in classe.

Infatti nella fase di apprendimento ludico il bambino è chiamato a stare con gli

altri e interagire nel rispetto di regole ben precise.

In questa parte del lavoro mi propongo di affrontare come il gioco degli scacchi

può essere applicato nel proposito educativo.

Ad oggi, numerosi studi hanno messo in luce le molteplici potenzialità insite nel

gioco degli scacchi come strumento educativo per promuovere la crescita del

bambino.

Pensando agli scacchi, l'associazione più comune è quella di essere un gioco

complesso, difficile da imparare, destinato alle menti più eccelse, e soprattutto

riservato al mondo adulto. Viene infatti spontaneo chiedersi come un bambino

possa trovare divertimento cimentandosi in un gioco dove occorre stare seduti per

molto tempo, in assoluto silenzio, e per di più concentrati nell'affrontare in sede di

partita dei “problemi” molto lontani dall'esperienza reale.

Le esperienze di ricerca in campo pedagogico hanno invece dimostrato che gli

scacchi sono un gioco anche per bambini, dal quale trarre sia divertimento che

un'opportunità di crescita a livello globale45, in particolar modo a livello

cognitivo, metacognitivo, sociale, etico ed emotivo. Esplicito quindi nel dettaglio

queste funzioni.

� La funzione cognitiva

Il più evidente merito riconosciuto al gioco degli scacchi riguarda il

potenziamento delle abilità cognitive. Non a caso gli scacchi rientrano tra gli

Sport della Mente46.

44 Onu, Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Convention on the Rights

of children). Organizzazione delle Nazioni Unite, 20 novembre, New York. 45 La scienza psicologica parla dello sviluppo come di un fenomeno multidirezionale, dirigendo

il focus su molteplici aspetti: emotivo, affettivo, cognitivo, motorio, ecc. In base alla Teoria Generale dei Sistemi (1950) applicata alla psicologia, il bambino mentre apprende, anche in ambito ludico e sportivo, cambia a livello di valori credenze, emozioni, ed esprime se stesso nella sua globalità.

46 Sono quegli sport in cui il lavoro mentale rappresenta gran parte della performance sportiva. Ad un “sportivo della mente” sono richieste abilità di strategia, tattica, calcolo, memoria,

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Gli scacchi favoriscono abilità di tipo cognitivo quali la memoria, la

concentrazione, l'attenzione, la capacità di previsione e la capacità di trovare

soluzioni (problem solving).

Le rivelazioni scolastiche denotano sempre più spesso diffusi deficit nella capacità

di attenzione e concentrazione degli alunni. A scuola, ma anche nel contesto di

vita generale, si fanno sempre più cose e sempre più in fretta.

Pensare prima di muovere è un famoso motto in ambito scacchistico, in quanto

imperativo necessario nel gioco, che aiuta a stimolare il pensiero e il

ragionamento prima di passare all'azione.

Rivalutando altresì il motto “Un momento… sto pensando!” di Reuven

Feuerstein47, attraverso il gioco degli scacchi si può promuovere nel bambino la

concentrazione, l'attenzione e la consapevolezza del proprio modo di apprendere

riconoscendo le difficoltà, gli errori e le strategie per superarli.

Ancora, dal punto di vista cognitivo gli scacchi contribuiscono ad aumentare le

capacità di problem solving e l'efficacia del decision making.

Questi processi, ritenuti dall'OMS48 fondamentali sia in ambito scolastico che di

vita quotidiana, hanno in comune il coinvolgimento di processi mnestici (di

recupero delle informazioni per risolvere un problema o prendere una decisione),

di processi attentivi (per selezionare tra le informazioni trovate quelle più

adeguate) e di ragionamento (per arrivare alle giuste conclusioni date le premesse

iniziali).

Problem solving e decision making sono chiaramente coinvolti nel gioco degli

scacchi nella misura in cui i giocatori operano delle scelte tra una serie di opzioni

possibili rispetto alla posizione dei pezzi sulla scacchiera e delle posizioni che

potrebbero conseguire dalla scelta fatta e alle possibili mosse che l’avversario può

fare in risposta. Si tratta anche di elaborare mentalmente un “piano B” nel caso in

concentrazione, riflessione, ragionamento. Rientrano in questo settore, oltre gli scacchi, la dama, il bridge, il go, e mastermind. Sull'argomento, si segnala il testo di Tribuiani R. Il massimo rendimento negli scacchi e in altri sport della mente, Prisma Editori, 2006.

47 Psicopedagogista israeliano (1922-2014)che ha elaborato il metodo Feuerstein per sviluppare l'intelligenza di bambini con problemi di apprendimento. Partendo dal presupposto che l'intelligenza è modificabile se opportunamente stimolata, il metodo consiste nel rendere consapevole il bambino dei suoi processi mentali quando impara o risolve dei problemi: può “vedere” come pensa e modificare i processi per risolvere al meglio i problemi, non solo matematici o scolastici. In particolare, il metodo punta a far riflettere prima di compiere anche la più piccola azione. E sviluppa la flessibilità del pensiero.

48 Organizzazione Mondiale della Sanità che nel 1993 definisce tali processi come life skill, abilità essenziali per la vita.

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cui il “piano A” sia bloccato dalle mosse dell’avversario. Sono questi gli stessi

percorsi cerebrali che vengono utilizzati per un problema di matematica.

Così come per le scelte quotidiane, la decisione presa su quale mossa fare non

sempre è quella migliore in assoluto, ma quella che il soggetto ritiene in quel

momento più giusta tra le alternative prese in considerazione in quel contesto

particolare.

Soluzioni di ragionamento alternative al percorso logico-formale consentono, se

non di raggiungere la soluzione migliore, di giungere a una soluzione

sufficientemente buona. Questo è ciò che fa la grande differenza tra il

ragionamento scacchistico umano, coi suoi limiti cognitivi (quali l'impossibilità di

considerare contemporaneamente tutte le alternative possibili), e quello del

software scacchistico di un computer che utilizza il solo calcolo.

Nell'essere umano, invece, i processi cognitivi non possono prescindere dalle

emozioni: l'ansia, la paura di sbagliare o di perdere sono componenti emotive che

possono ostacolare la performance cognitiva.

A differenza della vita reale, il vantaggio nel gioco degli scacchi è che il giocatore

può verificare quasi immediatamente l'efficacia della decisione presa.

Altra capacità logica che viene stimolata in questo gioco è il ragionamento di tipo

ipotetico“se...allora”: usando la logica, il giocatore deve crearsi una

rappresentazione mentale delle mosse, in quanto il regolamento prevede che una

volta fatta la mossa il pezzo non può essere più toccato fino al turno successivo.

Questo richiede notevole concentrazione e accresce la capacità di astrazione.

A questo proposito, è comune tra gli scacchisti, anche di giovane età, vivere le

cosiddette “esperienze di flusso”, ovvero momenti di massima concentrazione ed

elevata focalizzazione sull'obiettivo, con un conseguente rendimento alto. Queste

esperienze sono rese possibili da una forte motivazione che può scaturire dal

piacere del gioco e dalla gratificazione che ne deriva.

Molta letteratura49 attribuisce agli scacchi la capacità di implementare soprattutto

le abilità cognitive finora elencate, ma la funzione di questo gioco non si riduce

solo a questo. Come osservato da Terlizzi50, in un'epoca in cui la Psicologia

49 Horgan D.D., Morgan D. Chess expertise in children. Apllied Cognitive Psychology, 1990. R.

Miletto, Per una scuola amica. Curricoli speciali per potenziare la mente, Alpes Italia, Roma, 2010.

50 E. Terlizzi (Milano, 1978), docente di Psicologia dello Sviluppo all'Università cattolica del Sacro Cuore di Brescia. Si occupa di formazione a educatori, insegnanti e genitori.

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dell'Educazione riconosce l'importanza dell'esistenza delle intelligenze multiple

(Gardner,1989) che guarda la natura umana in tutta la sua complessità, soffermarsi

solo sul valore cognitivo degli scacchi risulta riduttivo. Preciso che gli scacchi

sono spesso accusati di essere un gioco “freddo”, poco divertente, dove viene

esercitata solo la cognizione, e che proprio nel contesto italiano sono stati per

molto tempo visti solo come mezzo per potenziare la mente dei bambini.

Ma già il fatto di essere oltre un gioco anche uno sport, connota gli scacchi in una

dimensione socializzante, etica e creativa, che sono aspetti altrettanto

fondamentali sui quali le istituzioni educative si stanno sempre più soffermando,

riconoscendone il valore formativo.

� La funzione metacognitiva

Giocare a scacchi stimola le capacità metacognitive in quanto il giocatore è

sempre chiamato a riflettere sui propri pensieri e stati mentali: domande del tipo

“Cosa sto facendo?” e “Perché?” sono molto frequenti nello scacchista, sia

durante una partita ma anche dopo, interrogandosi sulla strategia adottata e sulle

mosse che hanno condotto al risultato raggiunto. Questo tipo di riflessione a

posteriori ha lo scopo di mettere in luce quelle possibilità che in fase di gioco non

erano state considerate, e di comprendere anche i meccanismi cognitivi che hanno

portato a commettere un errore.

Questo processo permette al soggetto di prendere atto dei propri limiti e delle

proprie potenzialità, in un'ottica costruttiva. Riflettere sui propri pensieri

nell'apprendimento significa poter monitorare i propri processi cognitivi

(metacognizione), autovalutando i propri progressi e le difficoltà eventuali.

A scuola tale abilità è fondamentale perché rende il bambino consapevole del

proprio livello di apprendimento e delle strategie da adottare al fine di rendere più

efficace il proprio metodo di studio. Ne deriva la sensazione di essere direttamente

responsabile del suo successo, e questo incide positivamente sulla crescita

dell'autostima.

Il bambino infatti, riconoscendo una sua buona performance cognitiva come il

frutto di fattori interni a lui, quali l'impegno e lo sforzo, e non esterni, dovuti a

fortuna o facilità di un compito, si sente più motivato in quanto soggetto attivo del

suo apprendimento.

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� La funzione sociale

L'istinto sociale fa sì che il bambino si annoi presto di giocare da solo e si muova

alla ricerca dei compagni.

Gli scacchi sono importanti sul piano dello sviluppo sociale del bambino in

quanto favoriscono l'interazione con gli altri. Durante l'attività, il bambino è

chiamato a confrontarsi sia in relazioni asimmetriche (con l'istruttore,

l'insegnante) che simmetriche con i propri pari, con i quali condivide determinate

regole.

L'inserimento del bambino in un gruppo sportivo come quello degli scacchi

presuppone il rispetto di codici di regole affinché la competizione avvenga in un

contesto socialmente accettabile.

Questo contesto favorisce certamente una buona relazione all'interno del gruppo,

senza contare che le relazioni che nascono in un contesto scacchistico

promuovono lo sviluppo di competenze sociali importanti quali le abilità

mentalistiche.

Il gioco sviluppa quella che in ambito psicologico viene chiamata “Teoria della

Mente”, cioè la capacità di comprendere gli stati mentali propri e quelli altrui in

termini di desideri, pensieri, emozioni e, di conseguenza, prevedere il

comportamento proprio ma anche degli altri.

Negli scacchi la “lettura della mente” avviene allorché ogni giocatore pensa a cosa

sta pensando l'avversario, per prevederne le mosse e procedere di conseguenza.

Il bambino, nel corso di una partita, impara poco alla volta a comprendere che gli

altri possono avere stati mentali diversi dai suoi, quindi a capire che non esiste

solo il suo punto di vista ma anche quello dell'avversario, del quale è necessario

tenere conto, se si vuole giocare bene.

Questa graduale presa di coscienza si rivela molto utile quanto più è giovane

l'allievo. Sappiamo infatti che tendenzialmente il bambino in età evolutiva è

portato a considerare la propria visione delle cose come l'unica possibile.

Gli scacchi aiutano quindi ad attenuare e superare il naturale egocentrismo

infantile e di conseguenza aprono la strada all'accettazione dell'altro e al rispetto

dell'avversario.

In questo gioco, più che in altre attività sportive, la sfida avviene sul piano

intellettuale.

Non essendoci uno scontro fisico tra i giocatori, la scacchiera è il solo luogo in cui

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viene espresso il conflitto. Ecco che, in tali condizioni, gli scacchi educano al

rispetto dell'altro indipendentemente dal risultato finale.

Non a caso, ogni incontro si apre sempre augurandosi “buon gioco” e stringendosi

la mano, a inizio e fine partita.

Ovviamente alla fine ci saranno un vincitore e un perdente. Ma da entrambe le

parti il gioco richiede un atteggiamento di rigoroso rispetto sociale,

complimentandosi a vicenda per il gioco eseguito.

Infine, la competizione insita nel gioco non viene mai esasperata bensì

canalizzata: nell'ipotesi in cui essa faccia nascere un rapporto conflittuale, la

dimensione socializzante deve essere sempre recuperata dall'insegnante aiutando i

bambini a gestire il conflitto attraverso la riflessione e il dialogo.

� La funzione etica

Gli scacchi presentano regole numerose e complesse che vanno rispettate ai fini

dello svolgimento del gioco stesso. I giochi con regole consentono lo sviluppo dei

concetti di equità, turnazione e il superamento di atteggiamenti di prevaricazione e

scorrettezza che non consentono il regolare svolgimento del gioco.

La dimensione etica negli scacchi si lega dunque al rispetto delle regole e di

conseguenza dell'avversario. E ancora all'accettazione del risultato della partita,

atteggiamento al quale è fondamentale educare i bambini.

Inoltre gli scacchi oltre ad essere un gioco individuale, possono trasformarsi in

gioco di squadra, ad esempio nei tornei a squadre, dove la prestazione individuale

è in funzione di un obiettivo comune. In questo contesto si dà spazio allo spirito di

solidarietà e di collaborazione dove il bambino è stimolato a responsabilizzarsi nei

confronti dei compagni di squadra.

In sintesi, gli scacchi concorrono, per gli elementi qui indicati, alla formazione

della coscienza morale, come fattore di crescita democratica in vista della

formazione del cittadino futuro, consapevole dei suoi diritti e doveri. Nel gioco

sociale il bambino impara ad esercitare l'autocontrollo, a sublimare le tendenze

agonistiche ed aggressive e a disciplinare le proprie emozioni.

� Le competenze emotive

Come è stato evidenziato, la funzione del gioco si estende allo sviluppo

dell'individuo nella sua globalità: l'attività ludica non investe solo l'ambito

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cognitivo e metacognitivo, ma anche quello emotivo.

Negli scacchi è di fondamentale importanza saper regolare le proprie emozioni in

situazioni complesse per poter mantenere la lucidità e l'obiettività durante il gioco.

In questo senso gli scacchi allenano il bambino nel faticoso compito evolutivo di

autocontrollo emotivo, aiutandolo a gestire nel modo più adeguato il conflitto

insito in qualsiasi gioco competitivo, ma anche dimensione naturale della vita

psichica.

Le esperienze di vittoria o di sconfitta assumono anch'esse un valore educativo:

negli scacchi non si esulta per una vittoria e non ci si dispera per la sconfitta.

È importante educare alla padronanza delle proprie emozioni sia quelle positive

che negative, per evitare che la soddisfazione della vittoria si trasformi in senso di

invincibilità, e che la rabbia e la delusione per la sconfitta degeneri in senso di

colpa e vergogna.

L'educatore ha un compito fondamentale nel sostenere il bambino a gestire la

sconfitta facendogli capire le motivazioni del suo fallimento. È utile ricordare

sempre al bambino che si impara molto più da una sconfitta che da una vittoria.

2.3 Gli scacchi, tra gioco e sport

“Gioco” e “sport” sono categorie correlate tra di loro, e non una coppia di opposti

senza soluzione di continuità. Ma in quale relazione? Un gioco può evolversi e

diventare sport: lo sport nasce infatti come derivazione di un gioco che si sviluppa

e si struttura in attività sportiva.

Gli scacchi sono un gioco da tavolo ritenuto erroneamente da molti “un gioco per

vecchi”, in quanto non avrebbe nulla a che fare con la forma fisica e la prestanza

atletica; per tale ragione non è stato per lungo tempo considerato uno sport.

Dunque, gli scacchi non sarebbero stati considerati come un vero e proprio sport

per l'assenza di movimento fisico, essendo giocati seduti in quasi totale

immobilità.

L'unico intervento fisico è in effetti quello della mano che sposta i pezzi. Talvolta

neanche quello, se si pensa ai giocatori con handicap fisico, che devono

comunicare a voce le loro mosse.

In realtà questa vecchia discussione se gli scacchi debbano o meno essere

considerati anche uno sport è stata risolta a seguito di alcune considerazioni.

Per cominciare, la parola sport secondo l'etimologia deriverebbe dal latino

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deportare che significa “uscire fuori porta”, concetto collegato quindi al

movimento.

Nel caso degli scacchi, essi coinvolgono la mente ma anche il corpo, anche se si

giocano seduti a un tavolo. Questo avviene perché gli scacchisti utilizzano la loro

percezione, specialmente visiva, attivando così il sistema nervoso con tutte le sue

funzioni. Dunque, la supposta assenza di motricità fisica che caratterizza gli sport

tradizionali, viene compensata dalla motricità degli impulsi neurali che innescano

un movimento a livello fisiologico, non visibile fisicamente, ma comunque

presente.

Da qualche anno inoltre, gli scacchi vengono definiti lo “sport della mente”,

ricollegandoci a quello che già in passato molti filosofi, tra cui Voltaire, Leibniz,

Pascal, avevano affermato definendo gli scacchi “una palestra mentale”. Il

muscolo impegnato in questo gioco è il cervello, e come ogni altro muscolo

necessita di essere allenato.

Ma oltre alla preparazione tecnica, i giocatori di scacchi a livello agonistico si

allenano anche attraverso una preparazione fisica e alimentare mirata, per poter

sostenere i tornei dove le partite possono durare anche più di 8 ore. Per un buon

rendimento dell'attività cerebrale così prolungata il cervello necessita di una

buona ossigenazione; senza un adeguato allenamento psicofisico a un certo punto

si crolla, perdendo la concentrazione e di conseguenza la partita. Ecco che gli

scacchisti di alto livello seguono un costante allenamento quotidiano (8-10 ore per

i grandi campioni) seguiti da personal trainer per curare la forma fisica per

sostenere lo stress psichico e nervoso di molte ore di gioco. Un'attività così

strutturata non può dunque essere considerata solo un semplice gioco.

Da molto tempo inoltre, gli scacchi sono riconosciuti come sport a tutti gli effetti

dalle federazioni di enti sportivi nazionali (in Italia dal Coni) e dal CIO (Comitato

Olimpico Internazionale).

2.4 Scacchi sportivi e scacchi scolastici: quale differenza?

Alla luce dei molteplici benefici promossi dal gioco degli scacchi messi in

evidenza ne deriva l’importanza del loro utilizzo in ambito scolastico.

Tuttavia, nell’insegnamento degli scacchi nella scuola primaria occorre operare

una scissione tra l’aspetto sportivo del gioco e quello invece propriamente

didattico.

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Sono due modalità diverse di intendere il gioco, dove la differenza risiede

principalmente nelle finalità e negli obiettivi da raggiungere. Secondariamente

nella metodologia di insegnamento.

Alexander Wild, istruttore di scacchi da oltre trent’anni, nel suo manuale51 per gli

insegnanti, indica quali debbano essere gli obiettivi dei cosiddetti “Scacchi

scolastici”, operando una suddivisione tra: Obiettivi Funzionali, Obiettivi

motivazionali, Obiettivi Pedagogici.

La differenziazione tra gli scacchi sportivi e quelli scolastici è che nel primo caso

lo scopo è quello di insegnare ai ragazzi il gioco essenzialmente per diventare

bravi giocatori, perfezionarsi, crescendo sempre di livello; nel secondo caso lo

scopo è quello di insegnare agli allievi nuovi metodi e strategie di ragionamento

in maniera intuitiva. In pratica insegnare nuove strutture di pensiero. L’intento è

anche quello di divulgare il gioco integrandolo con le materie scolastiche, pertanto

non si insiste troppo sugli aspetti tecnici ma sull’elemento ludico e sulla

partecipazione di tutta la classe all’attività didattica.

Sul perché insegnare gli scacchi a bambini della scuola primaria si possono fare

molte altre considerazioni.

Se si considera l’età scolare, la grande maggioranza dei bambini è attratta dagli

scacchi in maniera intuitiva, e anche nel caso in cui qualcuno non rimanesse

immediatamente attratto, si è visto accostarsi e interessarsi al gioco in seguito, per

effetto della “mentalità di gruppo”.

All’interno di una classe scolastica si possono trovare bambini svegli, pieni di

energia, così come bambini più “deboli”, con problematiche cognitive o di

relazione. La peculiarità degli scacchi risiede nel fatto di essere uno strumento

utile per tutti, per la curiosità che suscitano creando nei bambini un punto di

interesse comune. Oltre infatti a migliorare le capacità di concentrazione e

autocontrollo, creare la capacità di prefigurare azioni future, migliorare la

percezione visiva e il pensiero strategico, gli scacchi creano un contesto che

facilita la partecipazione alle attività scolastiche dei bambini più timidi.

Molti insegnanti restano sorpresi dalla capacità di quei bambini che presentano

difficoltà nelle varie materie scolastiche di apprendere gli scacchi. È vero che i

bambini imparano più intuitivamente e velocemente le cose che a loro piacciono e

51 Wild Alexander, Giocare a scacchi, Manuale degli insegnanti, Verona, Edizioni

Ediscere, 2008.

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che vogliono conoscere. Gli scacchi aiutano anche i bambini con difficoltà di

comprensione della lingua italiana a integrarsi, perché hanno un linguaggio

universale con regole identiche in tutto il mondo.

Altro aspetto positivo degli scacchi a scuola è quello per cui molti concetti che

vengono appresi attraverso questo gioco si adattano alle materie scolastiche,

attivando collegamenti con le varie discipline. Questo fa sì che l’attività degli

scacchi non sia da considerare disgiunta dal lavoro scolastico.

Ma come dobbiamo insegnare gli scacchi a scuola?

È accertato il fatto che per un sano sviluppo, i bambini hanno bisogno di esplorare

con piacere. Questo vale anche per gli scacchi.

Questa considerazione è importante al fine di evitare errori pedagogici o

metodologici.

Wild ha sviluppato una teoria alla fine degli anni '90, “Il sovraccarico e la paura”,

che indaga sulla reazione di abbandono di interesse da parte dei bambini a fronte

una richiesta per loro eccessiva.

Ci spiega che l'insegnamento delle regole di base e dei movimenti dei pezzi

generalmente non crea per i bambini problematiche di alcun tipo. La questione si

pone quando si entra nello specifico del tecnicismo del gioco (tattiche più

complesse, strategie, finali) dove accade che alcuni bambini si spaventano e

abbandonano l'interesse per il gioco.

L'errore da evitare è quello di far sentire gli scacchi come un dovere, come capita

spesso con le materie scolastiche, e non come un piacere.

Imponendo il modo con cui fare le cose, tipico spesso della scuola, si limita

inevitabilmente il processo di sviluppo naturale alla loro età.

Quindi la premessa necessaria per avere il maggiore effetto dagli scacchi è che il

bambino dal preciso momento in cui si mette davanti alla scacchiera e inizia a

giocare deve stare bene.

“Star bene” è una condizione essenziale per imparare, e per dare modo ai bambini

di esprimersi. Questo è l'aspetto su cui maggiormente si dovrebbe insistere negli

scacchi scolastici dove non è opportuno richiedere un rendimento troppo specifico

nella competenza scacchistica, come avviene per i corsi fuori dall’ambito

scolastico.

Ciò vuol dire che in primis per i bambini a scuola deve prevalere il divertimento,

pur sempre accompagnato dall’impegno.

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I bambini non devono vivere l'ora di scacchi come lezioni pronte da interiorizzare,

ma come momento sia di benessere che di impegno: impegno a giocare, a

esplorare le infinite potenzialità del gioco, a cercare e scoprire strategie sempre

più efficaci ma da soli, con tanta esperienza pratica, senza fornire loro scorciatoie

teoriche per fare prima a migliorare e automatizzare il gioco, ma concedendo il

tempo necessario di cui i bambini hanno bisogno.

Gli scacchi hanno bisogno di tempo per agire sulla mente e sul comportamento

dei bambini; negli scacchi scolastici ancor più che sviluppare la competenza nel

gioco è importante l'esplorazione del gioco, che ogni bambino esegue secondo la

sua capacità e necessità.

Citando una frase di Wild “far trovare a ognuno la propria strada è il compito

affidato agli scacchi”.

Riporto anche quanto ci dice Alessandro Pompa, docente di scuola dell’Infanzia,

riguardo la differenza tra scacchi sportivi e scolastici:

“Educare agli scacchi o con gli scacchi? Per gli appassionati del gioco, in particolare gli Istruttori della Federazione Scacchistica Italiana, è più forte il rischio di fraintendere il proprio ruolo all’interno di un’istituzione scolastica per puntare a mere competenze tecnico-agonistiche; […] Nelle relazioni di aiuto, l’interesse precipuo non è creare piccoli scacchisti, magari campioni in erba, ma utilizzare in modo ottimo gli scacchi per i traguardi educativi, clinici, sociali […]. Come educatori abbiamo il dovere di una prevenzione strategica: una formazione, un percorso per pensare, aiutare a pensare, prima di mettersi in cammino: partendo dai primi giochi strutturati per arrivare agli scacchi52”.

2.4 Le sperimentazioni scolastiche sulla valenza formativa degli scacchi

Studiosi di neuroscienze, pedagogisti, psicologi, studiano da decenni la disciplina

scacchistica conducendo esperimenti e misurazioni di vario tipo sui praticanti,

classificando gli scacchi tra le attività intellettuali più elevate e ricche di

contenuti.

Diverse ricerche sono state condotte dalla seconda metà del secolo scorso con

l’obiettivo di rilevare i nessi tra il gioco degli scacchi e l’acquisizione di

competenze, sia cognitive che sociali. Molto spazio è stato dato all’area

matematica.

52 Pompa Alessandro, I bambini e gli scacchi. Appunti per una teoria della mente, Roma,

Armando Editore, 2005.

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Tra gli studi realizzati nel contesto scolastico, da segnalare l’esperienza condotta

in Belgio53 nel 1981 su un gruppo di 40 bambini di classe quinta di scuola

primaria, sui quali l’istruzione scacchista aveva influito positivamente sui risultati

scolastici, anche a distanza di due anni.

Il progetto “Learning to think”54 realizzato nel 1979 in Venezuela ha rilevato

incrementi significativi nel QI dei bambini già dopo 4 mesi di pratica scacchistica.

In Canada, la ricerca “Studio comparativo sugli apprendimenti in matematica”

dal 1990 al 1992 su due gruppi di bambini di quinta classe ha evidenziato notevoli

progressi nell’area del problem solving per il gruppo che aveva integrato il corso

di matematica tradizionale con l’attività degli scacchi.

Per quanto riguarda la nostra Nazione, in Italia studiosi di Psicologia e Pedagogia

ci hanno fornito contributi sperimentali sul gioco degli scacchi a partire dagli anni

90.

Nel 1992 il Prof. Ciancarini dell’Università di Bologna pubblica l’opera “I

giocatori artificiali” sul rapporto tra scacchi e intelligenza artificiale. Attraverso

la registrazione dell’attività cerebrale dei giocatori, durante il gioco si attivano la

corteccia prefrontale dell’emisfero sinistro adibita alla memoria spaziale e alla

formazione delle immagini mentali.

Invece nel 1998 lo psichiatra e maestro di scacchi Carlo D’Amore pubblica un

articolo55 innovativo che vede il gioco degli scacchi protagonista di un’esperienza

riabilitativa in pazienti psichiatrici. Il gioco in gruppo venne utilizzato per

elaborare gli stati d’ansia attivando il sistema motivazionale cooperativo.

La collaborazione tra un insegnante di scuola dell’infanzia, una maestra di scuola

primaria, una psicoterapeuta dell’età infantile e un neuropsichiatria infantile ha

visto la realizzazione di un’opera “I bambini e gli scacchi. Appunti per una teoria

della mente” del 2005 realizzata da tecnici dell’età evolutiva sull’utilizzo della

psicomotricità su scacchiera gigante. Il testo racconta esperienze condotte sul

campo con metodologia e analisi clinica, utili come esempi pratici da cui prendere

spunto nella didattica con i bambini a livello interdisciplinare.

Nello studio condotto a Brunico, A.Wild ha portato avanti il progetto “Quattro

53 Christiaen e Verhofstadt-Deneve indagarono l’influenza degli scacchi sullo sviluppo cognitivo

utilizzando standard piagetiani. 54 Secondo Skinner “uno dei più grandi esperimenti sociali del XX secolo”. 55 D’Amore C, Pacini M.P., Bollea E., Pulsioni e fenomeni transizionali nel gioco degli scacchi. Un’esperienza riabilitativa, Minerva Psichiatrica, 2008.

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anni per pensare meglio” (2006-2010) con l'obiettivo di testare se il rendimento

scolastico dei bambini aumenta giocando a scacchi in orario curricolare.

Attraverso il Test di prestazione Differenziale DL-KG56 che misura

concentrazione, attenzione e abilità logico-matematiche, è risultato un aumento

costante del rendimento per ogni anno, e dopo il terzo era addirittura raddoppiato

per il 25 % dei bambini.

Ma come si determina questo miglioramento? La sperimentazione ha mostrato

come già dopo un corso tradizionale di 20 ore si può parlare di un aumento

dell'attenzione da parte dei bambini. Attenzione intesa come grado di vigilanza.

Questo, volendo dare una spiegazione scientifica, deriva dal fatto che gli scacchi

costringono il cervello del bambino a rimanere presente e attento in maniera

volontaria. In pratica, non si tratta di automatismo, perché negli scacchi ogni

mossa è imprevedibile: il cervello infatti non può prevedere automaticamente cosa

succederà ed è quindi costretto a rimanere sveglio e attento per gestire la

situazione.

In questo esperimento, 30 ore di corso in un anno si sono rivelate sufficienti per

realizzare osservazioni sui bambini. Oltre ad attestare un migliore rendimento, le

osservazioni emerse hanno messo in risalto che i bambini sono interessati

relativamente alla teoria e preferiscono la pratica del gioco e la scoperta personale.

Questo ha condotto a rivalutare il modo in cui presentare il corso, dando ampio

spazio alla pratica (circa l’80%).

Le conclusioni di Wild, al termine di questo progetto, sono state che quattro anni

bastano per fissare lo spirito degli scacchi nella mente dei bambini, e che

soprattutto, al di là dei traguardi ufficiali sull'aumento della concentrazione e del

rendimento scolastico, i bambini hanno raggiunto quasi tutti il traguardo

principale che lui si era prefissato: riflettere sul gioco. Riflessione che è partita

spontaneamente da loro, non su richiesta dell'insegnante.

Si è visto nel tempo i bambini diventare più sensibili e prudenti verso se stessi e

gli altri.

Le infinite possibilità del gioco mettono in condizione i bambini di riflettere di

considerare le diversità sotto un'altra ottica, nell'individuare più possibili soluzioni

a un problema. Tutte queste capacità non rivolte verso l'unico scopo di vincere una

56 Test articolato in 14 prove di 90 secondi. Scelto perché utilizzato in molti Paesi ha permesso di

confrontare i risultati dei bambini di Brunico con i dati medi internazionali.

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partita ma come modalità relazionali e di azione da usare nella vita quotidiana.

Un'altra esperienza di particolare rilevanza condotta in Italia sempre in quegli anni

è la ricerca sperimentale “Gli scacchi: un gioco per crescere” condotta da R.

Trinchero57 su bambini di classe terza nella scuole primarie piemontesi, dal 2005

al 2011.

Quattro classi sono state sottoposte a un corso di scacchi di 30 ore, altre quattro

utilizzate come gruppo di controllo. La ricerca ha dimostrato come i bambini di

due classi del gruppo sperimentale abbiamo ottenuto miglioramenti

statisticamente significativi nelle abilità matematiche e nella capacità di

estrapolare regole astratte da una situazione e applicarle, non riscontrati nel

gruppo di controllo.

Oltre a constatare relazioni positive tra la pratica scacchistica e lo sviluppo di

capacità intellettive di base dei bambini, la sperimentazione ha messo in evidenza

come i progressi siano stati maggiori laddove il metodo utilizzato dall'istruttore è

tale da motivare i ragazzi al gioco, presentando l’attività in senso ludico, e

creando condizioni ambientali che mettano l'allievo in condizioni di apprendere a

giocare serenamente, senza pressioni di alcun genere.

La ricerca “L’apprendimento degli scacchi con l’ausilio di tecnologie digitali” del

2010 ha confrontato la tradizionale metodologia didattica dell’insegnamento degli

scacchi con l’apprendimento con il software, dimostrando nella formazione

scacchista un’efficacia analoga a quella dei corsi con l’istruttore.

Interessante a livello didattico la ricerca sperimentale “Sviluppare le capacità di

base con la psicomotricità su scacchiera gigante. Una ricerca sperimentale sui

bambini del primo anno di scuola primaria” del 2012 di Trinchero e Sgrò58 sulla

relazione tra l’attività di psicomotricità su scacchiera gigante e numerose abilità di

base riguardanti vari ambiti: Italiano, Arte e immagine, Geografia, Matematica,

Corpo movimento sport, con riferimento alle Indicazioni Nazionali per il

Curricolo del 2007 allora in vigore.

Infine, il progetto pilota “Progetto SAM - Scacchi e Apprendimento della

Matematica” che ha mostrato notevoli incrementi nelle abilità matematiche nella

57 Roberto Trinchero, docente di Pedagogia sperimentale e Metodologia della ricerca educativa

presso la facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Torino. 58 Giuseppe Sgrò, psicologo clinico esperto in Psicologia dello Sport, docente della Scuola dello

Sport del Coni in Lombardia.

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scuola primaria legate alla pratica degli scacchi.

Volendo riassumere in alcuni punti alcune conclusioni salienti ricavate dalle

sperimentazioni emerge che il gioco degli scacchi può essere un valido ausilio in

ambito scolastico a condizione che:

1. gli interventi durino un numero sufficiente di ore; almeno 30 per un

risultato visibile sulle competenze logico-matematiche.

2. il metodo dell’istruttore sia tale da motivare i bambini al gioco, anche al di

fuori del ristretto numero di ore del corso.

3. il gioco venga presentato effettivamente come “gioco” senza caricare i

ragazzi di aspettative eccessive che snaturerebbero le valenze del gioco

come attività di apprendimento.

4. il setting in cui avviene l’intervento deve essere tale da mettere l’allievo in

condizione di apprendere serenamente a giocare, senza pressioni di alcun

tipo. Qui entra in gioco anche la collaborazione dell’insegnante nel

favorire un buon clima in classe.

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CAPITOLO III.

GLI SCACCHI A SCUOLA: ESPERIENZE NELLA DIDATTICA

3.1 Storia della didattica scacchistica in Italia

La didattica scacchistica nasce in tempi relativamente recenti, se pensiamo che

fino a 25 anni fa, in Italia, il giocatore spesso si formava in autonomia, attraverso

manuali e libri che hanno costituito materia di riferimento per generazioni di

giocatori autodidatti.

Nel nostro Paese, nel dopoguerra, è stata fondamentale l'opera di scacchisti, in

particolare Enrico Paoli (1908-2005) e Giorgio Porreca (1927-1988), che

attraverso alcuni testi e traduzioni hanno dato un grande contributo alla

formazione dei giocatori.

In quegli anni solo la casa editrice Mursia trattava di scacchi. Dobbiamo aspettare

gli anni '70 quando la cultura scacchistica riesce a diffondersi in maniera capillare

a seguito di una maggiore disponibilità di libri stranieri, ma anche di un evento

mediatico definito il match del secolo: la sfida per il titolo mondiale tra il russo

Spassky e l'americano Fisher nel 1972. Questo evento incise fortemente sugli

appassionati del gioco, originando un vero e proprio “boom” di praticanti.

Per la didattica italiana furono fondamentali in quel periodo le riviste di settore,

contenenti spunti importanti per l'insegnamento. Tra queste, la storica rivista

milanese L'Italia Scacchistica, Scacco!, I due Alfieri, e la ben nota Torre e

Cavallo.

Negli anni '70 '80 sono state rilevanti anche le riviste dell'Arci e della Uisp, Arci-

Dama Scacchi e Contromossa, e pubblicazioni quali Pagine Uisp (1992)

incentrate sulla didattica quale punto chiave, ospitando articoli scientifici e

approfondimenti sulla valenza pedagogica, rieducativa e formativa degli scacchi

nei diversi ambienti come scuole, carceri e strutture per disabili.

In seguito, la Federazione Scacchistica Italiana ha dato un impulso notevole

all'attività didattica e giovanile, in particolare sotto la presidenza di Nicola

Palladino che credeva nell'importanza della diffusione degli scacchi anche nelle

scuole. Fu grazie a lui che venne avviata l'importante iniziativa “Azione Scacchi

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55

Scuola”59 che dal 1986 ha permesso al nobil giuoco di entrare per la prima volta

nelle scuole italiane di ogni ordine e grado come nuova disciplina sportiva. Nel

1984 fu pubblicato il primo Manuale degli Istruttori basato su un testo sovietico.

Dalla fine degli anni '80 la FSI si è dotata di un Regolamento Istruttori e di organi

preposti alla didattica (Commissione Didattica Giovanile e Scuola) in

collaborazione col CONI per la formazione degli istruttori. È in questi anni che la

Lega Scacchi Uisp promuove attività didattiche efficaci nel territorio. Di

particolare rilevanza il progetto “Scacchi gioco per crescere” portato avanti nel

Lazio nel 1992.

Nei primi anni '90, sempre in ambito Uisp, si introdusse l'idea di insegnare gli

scacchi nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, utilizzando il contesto

della scacchiera gigante (4m x4m), con attività di psicomotricità e narrazione,

nell'intento di prevenire situazioni di disagio scolastico ed episodi di bullismo.

Questa attività fu progettata per la prima volta in Italia da Alessandro Pompa,

docente di scuola dell'infanzia, in collaborazione con Filomena Morrone, maestra

di scuola primaria, in ambito multidisciplinare.

L'efficacia e la portata innovativa di tale metodologia di intervento è stata

riconosciuta da neuropsichiatri e psicoterapeuti, permettendo all'attività su

scacchiera gigante di essere ripresa e arricchita in seguito in molte scuole italiane.

Per raggiungere livelli alti, col tempo è emersa la necessità di garantire una

formazione del giocatore fin dai primi anni dell'infanzia, con continuo

aggiornamento tecnico degli istruttori.

A tal proposito, spontaneamente, nei circoli e nelle associazioni, anche su

iniziativa dei giovani giocatori stessi o dei genitori, si iniziarono a organizzare

corsi di vario livello, fino ad arrivare nel 2000 all'istituzionalizzazione ad opera

della FSI delle Scuole di Scacchi (CAS), divise per livelli. Finora ne sono state

riconosciute all'incirca 30.

Nel 2004 è stato varato il progetto “Giovani di vertice” curato da Mario Leoncini,

che ha visto l'utilizzo delle tecnologie informatiche, fondamentale supporto per

l'attività didattica, in favore di un apprendimento più rapido.

A seguire, il numero delle iniziative per introduzione gli scacchi nel mondo

scolastico è andato crescendo anche grazie alle pubblicazioni scientifiche sulla

59 L'iniziativa sviluppava l'idea di mettere gratuitamente a disposizione delle scuole che ne

avrebbero fatto richiesta materiale scacchistico.

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valenza degli scacchi a scuola di cui abbiamo parlato.

Qualche anno fa, infine, grazie al presidente della European Chess Union

Danailov e a Garry Kasparov, uno dei più grandi campioni di scacchi di tutti i

tempi, 415 esponenti dell'Europarlamento hanno sottoscritto e approvato la

mozione Chess in School per l'insegnamento degli scacchi nelle scuole pubbliche.

Questa “Dichiarazione Scritta 50/2011” invita formalmente le Nazioni che fanno

parte dell'Unione Europea a introdurre il programma “Scacchi a scuola” nei

sistemi di istruzione, inserendo gli scacchi tra le materie curricolari. Come

Danailov ha dichiarato:

“Questo è un successo storico. La data del 15 Marzo 2012 passerà alla storia degli scacchi come la data in cui il gioco degli scacchi è salito su un livello più elevato di riconoscimento da parte della società, non solo come sport ma anche come una parte della formazione nel mondo moderno60” Questa importante tappa dimostra quanto i Parlamentari Europei abbiano

riconosciuto gli aspetti profondamente culturali degli scacchi, che lo rendono, al

di là del lato agonistico e tecnico, qualcosa di più di un semplice gioco e di uno

sport, grazie anche e soprattutto ai molteplici legami con la letteratura, la pittura,

la musica, il teatro, il cinema, l'informatica, e molte altre discipline. Il

riconoscimento si è basato anche su studi realizzati in Germania e in altri Paesi del

continente, in cui è emerso che il rendimento scolastico degli alunni scacchisti

aumentava in media fino al 17 per cento, soprattutto in matematica.

La Dichiarazione è stata recepita da 15 nazioni, tra cui Cina Turchia ed Egitto

hanno varato programmi governativi per l'inserimento organico degli scacchi a

scuola. Oggi sono materia di studio nelle scuole di oltre 150 Paesi del mondo.

In Spagna sono diventati materia obbligatoria scolastica da Febbraio 2015.

In Italia invece, la “Dichiarazione” non era stata presa in considerazione, pur

essendoci già dal 2001 la volontà di introdurre gli scacchi come disciplina

scolastica, fino a quando, nel 2013, l'onorevole Carrescia61 ha riproposto al

Governo di riconsiderare la dichiarazione, spingendosi anche a chiedere risorse

per le scuole che intendessero aderire.

Pur senza un intervento diretto del ministero, sono cresciute le esperienze e le

iniziative a livello regionale grazie alle attività delle FSI. Per avere un'idea, nel

2014 la FSI insieme al Movimento sportivo popolare hanno formato oltre 700 60 Cfr. sito http://www.messaggeroscaccchi.it. Consultato in data 03/01/2017. 61 On. Carrescia Piergiorgio, Partito democratico.

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insegnanti di scacchi nelle scuole italiane, pronti per divulgarne l'uso pedagogico.

3.2 Gli Scacchi nel contesto scolastico italiano

Attualmente, nel nostro Paese esistono scuole in cui vengono insegnati gli scacchi

come materia scolastica ma sono scuole private, non pubbliche.

Caso isolato quello del nuovo Liceo Scientifico Sportivo “Carlo Jucci” di Rieti,

che ha introdotto la materia “scacchi” con un corso di 33 ore annuali in orario

scolastico.

Un passo importante è stato fatto recentemente dal Miur che, preso atto della

ormai consolidata letteratura sui benefici formativi degli scacchi, ha deciso a

ottobre 2015 di promuovere un progetto pubblico - privato per far entrare

gradualmente nelle aule la virtuosa disciplina. Il progetto “Scacchi a scuola”

stima 350 scuole secondarie di primo grado coinvolte nell'esperimento per l'anno

scolastico 2015/2016, col proposito di diventare presto un riferimento in tutto il

mondo62.

Il progetto prevede che ogni studente minorenne possa collegarsi - previa

autorizzazione dell'istituto di riferimento e dei genitori - a una piattaforma on-

line e iniziare a giocare sfidando i compagni o anche coetanei sconosciuti di altre

scuole. L'accesso è gratuito, e può avvenire non solo la mattina da scuola, ma

anche nel pomeriggio da casa.

I docenti che daranno la loro disponibilità, dovranno certificare il grado di crescita

dei ragazzi scacchisti, che per questo otterranno dei crediti formativi.

A partire dalla presente stagione 2016-2017 sono state coinvolte anche le scuole

primarie e successivamente le superiori.

È vero che secondo la federazione sportiva la diffusione degli scacchi nelle scuole

è principalmente dovuta all'interesse e all'impegno di un certo numero di docenti,

ma che ancora si scontra con le rigidità del sistema. Tuttavia, gli interventi stanno

diventando sempre più diffusi, fortunatamente anche nella realtà scolastica del

nostro territorio.

In molte realtà italiane i corsi solitamente vengono presentati agli Istituti scolastici

da circoli scacchistici o da singoli Istruttori FSI, che fanno capo ad associazioni

sportive riconosciute, attivando l'insegnamento del gioco in orario scolastico o

62 Questo l'augurio di Carlo Stellati, presidente di Premium Chess, la società di giochi on-line

che a giugno 2015 ha presentato al Miur l'idea insieme alla Federazione scacchistica italiana.

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extrascolastico (doposcuola scacchistico).

I corsi sono rivolti a tutte le classi della scuola Primaria e Secondaria di primo

grado e alla scuola dell'Infanzia, dove vengono proposti mediante l'utilizzo di

attività psicomotoria su scacchiera gigante.

La FSI si occupa anche di preparare i singoli docenti a proseguire il progetto

all’interno delle loro classi. In particolare viene fornito materiale didattico di

facile fruizione per un docente anche non esperto nel gioco.

I progetti avviati in Italia ad oggi raggiungono circa il 2% della popolazione

scolastica nelle classi primarie e secondarie inferiori (si possono stimare circa

100.000 alunni coinvolti su 5,000,000). Da questi dati emerge che l'attività

scacchistica scolastica è in crescita, che i progetti locali sono numerosi, ma anche

che molte scuole in Italia non conoscono le potenzialità degli scacchi a scuola.

Alcune limitazioni per l'avvicinamento alle scuole, e la creazione dei progetti,

sono prettamente di carattere economico, dovute al fatto che gli Istruttori devono

essere retribuiti affinché i progetti abbiano la giusta continuità negli anni.

La messa in opera dei progetti “Scacchi a scuola” richiede un finanziamento

iniziale che deve provenire dall'esterno della scuola interessata perché si possa

avviarlo compensando il lavoro degli Istruttori. Con l'impiego di istruttori

volontari non si possono garantire rapporti duraturi con le scuole, né coprire una

richiesta di corsi elevata.

In quegli istituti scolastici dove si sono potuti inserire i corsi nel Piano dell'Offerta

Formativa, la professionalità degli Istruttori FSI ha ottenuto degli ottimi riscontri.

In alcuni casi, l'insegnamento è portato avanti dall'impegno di volenterosi

insegnanti che però, limitandosi alle proprie classi, ottengono risultati più

modesti, se non qualitativi in termini numerici.

In alcuni casi le scuole possono decidere di richiedere un contributo alle famiglie

dei ragazzi per sostenere il progetto.

Per garantire al meglio l'impiego di questo strumento pedagogico, è necessario

mantenere una buona sinergia tra sponsor, circoli scacchistici e scuole.

Nell'inserimento degli scacchi a scuola, riguardo il materiale per insegnare a

giocare non sono richiesti spazi o attrezzature particolarmente sofisticati.

Generalmente sono sufficienti l'aula, le scacchiere, e una scacchiera murale.

Successivamente è indispensabile l'utilizzo dell'orologio. La collocazione nel

curricolo scolastico può prevedere l'inserimento degli scacchi come disciplina

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sportiva, o nell'ambito della matematica o come attività di laboratorio. Per quanto

riguarda l'età migliore per iniziare, l'esperienza sul campo e la didattica

scacchistica a livello scolastico mostrano che l'età ideale per l'insegnamento è tra i

7 e i 12 anni (Piaget 1963), ma in base ai risultati odierni l'età d'oro della plasticità

cerebrale per apprendere pare vada dai 4-5 anni ai 10-12 anni.

Va ricordato comunque che l'insegnamento del gioco può essere impartito nelle

diverse età tenendo sempre conto del livello di sviluppo cognitivo e delle

possibilità di apprendimento dei soggetti.

Partendo dall'assunto dello psicopedagogista Jerome S. Bruner secondo il quale di

ogni capacità o conoscenza esiste una adeguata versione che può venire impartita

a qualsiasi età si decida di impartire l'insegnamento, per quanto iniziale e

preparatoria tale versione possa essere”, se motivato un bambino di 4-5 anni non è

troppo piccolo per iniziare a giocare a scacchi. Anche se certamente il suo

apprendimento sarà limitato alle aspetti basilari (muovere i pezzi, comprendere lo

scacco..) e non all'elaborazione di un piano strategico o a capire l'utilità di

sacrificare un pezzo, sarà comunque in grado di giocare e soprattutto di divertirsi

giocando, traendo da questa esperienza numerosi vantaggi.

3.3 I metodi di insegnamento

Affinché le potenzialità educative offerte dagli scacchi possano essere valorizzate

al meglio è necessario fare un’analisi sul tipo di approccio metodologico da

adottare coi bambini.

Tenendo sempre presente l'obiettivo ultimo su cui si insiste molto in questi tempi,

quello dell'insegnamento “efficace”, nell'ambito degli scacchi in particolare sono

state fatte condizioni significative, utili a chi si appresta ad insegnare questo gioco

a scuola.

Un intervento importante quello di Maria Teresa Mearini, professoressa e

pedagogista, che nella sua relazione “Il gioco degli scacchi-considerazioni di

carattere pedagogico63” ha evidenziato tre aspetti da considerare nell'approccio al

gioco: la motivazione, il livello delle difficoltà proposte, e l'insegnamento attivo.

Nel dettaglio:

63 La relazione fu presentata nel 1999 da M.T. Mearini all'interno del convegno svoltosi in

Sardegna dal titolo “L'insegnamento degli scacchi a scuola”, che successivamente è confluita nella Guida Tecnica FSI (2005) alla cui stesura partecipò.

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- La motivazione: è la condizione basilare per un insegnamento efficace, poiché

se gli allievi non sono motivati ad apprendere, ogni sforzo per insegnare loro

qualcosa è destinato a fallire.

Nell'insegnamento degli scacchi si parte avvantaggiati, in quanto la promessa di

insegnare un gioco crea nei bambini un'aspettativa ludica che li predispone

positivamente all'ascolto e all'apprendimento.

Tuttavia, l'insegnamento di un gioco come gli scacchi, caratterizzato da regole

numerose e piuttosto complesse, deve procedere necessariamente per gradi, per

non correre il rischio di annoiare gli allievi prima ancora che imparino ad

apprezzare la bellezza di questo gioco e il divertimento che ne può scaturire.

Per questa ragione è importante mettere i bambini nella condizione di poter

giocare il più presto possibile, insegnando all’inizio solo le regole indispensabili

per poter condurre una partita.

Questo tipo di approccio permette di mantenere viva nei bambini l'aspettativa

ludica suscitata inizialmente e, di conseguenza, la motivazione a volere

apprendere. Poi altre regole, concetti e strategie di gioco verranno introdotti pian

piano in momenti successivi, anche in corso di partita nella fase “pratica”,

occasione privilegiata secondo il principio dell' “apprendere facendo”.

- Il livello delle difficoltà proposte: la gradualità nel presentare i concetti e le

regole è un aspetto che tiene conto del soggetto che apprende, bisognoso di essere

riconosciuto come persona abile e capace, ovvero in grado di affrontare i compiti

proposti.

Su questo principio si basa lo Stappenmethode, o metodo per gradi (passo passo),

tecnica di insegnamento nata in Olanda, creata dal famoso istruttore Rob Brunia64

insieme al maestro internazionale Cor Van Wijgerden65. È un metodo adottato con

successo in molti club scacchistici e scuole in Belgio, Francia, Germania, Austria

e Svizzera, e che si sta sviluppando anche in Italia. Il modello didattico è quello

della spirale: gli argomenti sono riproposti ciclicamente, via via in forma più

ampia e complessa. Ogni passaggio, nel corso delle lezioni, è spiegato in maniera

graduale, passando da esempi più semplici a esempi più complessi.

64 Rob Brunia (1947-2005), ha avuto come allievi giovani grandi maestri di scacchi, tra i quali

Daniel Stellwagen e Erwin L'Ami. 65 Nato nel 1950, Wijgerden si è specializzato nell'insegnamento.

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Questo modo di procedere si ricollega alle fasi dello sviluppo cognitivo

individuate da J.Piaget, secondo il quale il bambino fino a 9-10 anni si trova nella

fase del pensiero operatorio concreto, e quindi apprende attraverso l'azione diretta

sulle cose.

Il bambino di questa età ha bisogno prima di agire e poi di essere stimolato a

riflettere sulle azioni che ha compiuto. Così deve avvenire anche negli scacchi,

dove il bambino deve innanzitutto giocare, e poi essere aiutato a riflettere sul suo

gioco.

Secondo le fasi di Piaget, intorno ai 10-11 anni i bambini cominciano ad essere in

grado di acquisire nel gioco concetti strategici più complessi (fase delle

operazioni formali), poiché riescono a rappresentarsi mentalmente situazioni

ipotetiche e a dedurne le conseguenze, in base ad assunti che non fanno

necessariamente riferimento alla realtà. I bambini più piccoli invece, in assenza di

un pensiero ipotetico-deduttivo, possono comprendere e utilizzare mosse e

combinazioni di base, semplici, che conducono a un risultato immediatamente

visibile (la cattura di un pezzo, lo scacco matto).

È quindi necessario che gli insegnamenti proposti vengano diversificati in base ai

soggetti che si hanno di fronte, tenendo conto dell'età dei bambini e del relativo

livello di sviluppo cognitivo.

Questo è di fondamentale importanza ai fini del successo nell'apprendimento. Il

rischio per un bambino che vive insuccessi continui è quello di maturare

un'immagine negativa di sé, che in alcuni casi può portarlo alla ricerca di modi

alternativi, anche provocatori, per affermarsi, sentirsi competente e capace di

affrontare gli impegni scolastici e, più in generale, la realtà.

Ecco che l'insegnante deve porre doverosa attenzione alle proprie scelte

programmatiche: è opportuno che i compiti siano alla portata degli allievi; né

troppo semplici (per non perdere la motivazione), né troppo complessi (in quanto

causerebbero insuccesso). La reazione che va suscitata nel bambino deve essere

positiva, proponendo una sfida che lui può vincere, sempre nell'ottica di infondere

fiducia nei propri mezzi e nelle proprie capacità.

- L’insegnamento attivo: per mantenere viva la motivazione dei bambini, non solo

nella fase iniziale ma anche e soprattutto per tutta la durata del corso, consiste

nell'impostare un insegnamento “attivo”, organizzando la lezione in forma attiva e

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coinvolgente per i bambini in modo da farli sentire più possibile partecipi nel

processo di apprendimento.

Per questo è importante variare le tipologie di attività problemi ed esercizi

(secondo il principio della variazione dello stimolo); porre domande ai bambini, in

quanto stimolo alla produzione di idee, non limitandosi quindi a fornire soluzioni

ma incoraggiando gli allievi a trovarle, accettando e valorizzando le loro idee.

Come in ogni altra attività scolastica, anche negli scacchi è opportuno predisporre

nei bambini un apprendimento ragionato piuttosto che puramente mnemonico. In

tal senso, gli scacchi offrono delle opportunità che possiamo sfruttare: tenuto

conto che un bambino, anche molto piccolo, è in grado di memorizzare con

relativa facilità una serie di mosse, non dobbiamo confondere la memorizzazione

con la reale comprensione della concatenazione logica che lega tali mosse.

In sostanza, è importante che il bambino affini il proprio gioco attraverso

l'esperienza diretta, aiutato chiaramente dall'insegnante a soffermarsi sui momenti

più significativi e più positivi, in funzione di una progressiva concettualizzazione

delle considerazioni tattiche e strategiche che emergono di volta in volta.

Per ribadire quanto già espresso, oltre a fornire informazioni e concetti ciò che

conta è insegnare ai bambini ad organizzare le informazioni ed elaborare i

concetti. Questo perché:

“Gli apprendimenti fondati sulla reale comprensione e non la semplice memorizzazione risultano più radicati in profondità e quindi possono essere ricordati più facilmente; essere ricostruiti se dimenticati; e possono essere applicati a situazioni diverse66”.

Tale apprendimento di strategie di meta memoria unito a un potenziamento della

prestazione di memoria visiva (riconoscimento, ritenzione, rievocazione) può

portare inoltre a un miglioramento notevole delle attività logiche, matematiche,

attentive, e percettive.

Proprio su quest'uso strategico della memoria visuo - spaziale si basa il metodo

Scacchi e Regoli67 ideato nel 2008 da Carmelita Di Mauro, insegnante di scuola

primaria e istruttrice di scacchi della Federazione Scacchistica Italiana.

Il metodo ricorre al processo associativo (colore/posizione/concetto) utilizzando i

66 P. Legrenzi, (a cura di) Manuale di psicologia generale, Bologna, Il Mulino, 1994. 67 Il metodo ha come obiettivo l'insegnamento degli scacchi ai bambini di età dai cinque ai dieci

anni, per cui la modalità di insegnamento privilegia l'aspetto ludico per poi passare gradualmente alle esercitazioni scritte e, infine, ai concetti astratti.

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regoli68, usati spesso nell'insegnamento di aritmetica e geometria. L'elemento

principe di tale metodo è il colore. Usare i colori sulla scacchiera consente di

giocare anche ai bambini che non padroneggiano ancora la cardinalità dei numeri

né le lettere dell'alfabeto.

Per un bambino piccolo, orientarsi su una scacchiera classica è un'impresa

complicata se non si hanno precisi punti di riferimento. L'uso dei colori dei regoli

matematici permette di orientarsi associando a ogni colonna, e a ogni traversa, il

rispettivo colore dei regoli, in ordine crescente dall'1 all'8, e dalla a alla h. La

specifica scacchiera colorata, chiamata scacchiera regolata, consente al bambino

di individuare le righe e le colonne con più facilità.

Questa semplice trasposizione, così come più astrattamente le coordinate

alfanumeriche, consente all'insegnante di porre le basi per far comprendere ai

bambini concetti fondamentali di logica. Non solo, la scacchiera regolata può

diventare una sorta di sfondo integratore su cui articolare tutta l'attività

curricolare, attraverso raccordi interdisciplinari.

Altra novità interessante di questo metodo è la proposta di utilizzare, al posto dei

classici pezzi bianchi e neri, dei personaggi colorati contraddistinti da nomi

propri, caratteristiche fisiche e appellativi che accompagnano il nome, attribuibili

a una sorta di personalità del personaggio stesso (ad es. Donna-bona la mangiona

per la Regina).

Le figure così presentate sono per il bambino riconoscibili e facilmente ricordate,

dei veri compagni di gioco da interpretare durante le attività di role play o anche

da rivedere su youtube come protagonisti di cartoni animati di Scaccolandia69

appositamente creati.

Attraverso brevi filastrocche70, canzoni, partite recitate e la creazione di fumetti si

memorizzano le regole del gioco e le azioni di ciascun pezzo in maniera

piacevole.

68 I regoli, in plastica o legno, rappresentano un semplice materiale strutturato, colorato in

maniera standardizzata (bianco, rosso, verde ecc..), utilizzato nella scuola primaria per insegnare i primi elementi geometrici, aritmetici e logici. Vengono qui utilizzati per insegnare ai bambini, anche con difficoltà di apprendimento, un gioco complesso come quello degli scacchi.

69 Per visionare, cfr. http://www.youtube.com/: digitando “SCACCOLANDIA”1, es. Partita di bruchi: http://it.you-tube.com/watch?v=OHheWpMeYkM.

70 A titolo di esempio citiamo: La Regina: Donna-bona è proprio forte, il suo dominio arriva oltre...verticale, orizzontale, muove pure in diagonale. Il Re: Riccione reale solo un passo può fare, dappertutto può arrivare...ma non può farsi mangiare!

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Sulla base dell'esperienza condotta in molte scuole, questa metodologia innovativa

ha consentito di comprendere quanto le immagini e i colori siano utili al

potenziamento delle capacità mnemoniche e logico-strategiche, dando ai bambini

una nuova chiave di accesso al mondo degli scacchi facendo leva sulla loro

fantasia e coinvolgendoli entusiasticamente.

Un'altra metodologia sviluppata indipendentemente ma che trova parallelismi

numerosi col metodo di Carmelita Di mauro è il metodo ideografico71, ideato da

Sebastiano Paulesu, maestro italiano premiato nel 2010 come “Istruttore dell'anno

per il Sud e le Isole” dalla Federazione Scacchistica Italiana.

Questo metodo è risultato efficace in quanto fornisce accessi verbali iconico-

semantici all'apprendimento di nozioni fondamentali per i bambini della scuola

primaria: informazioni orali, visive e procedurali.

Le innovazioni del metodo ideografico sono sostanzialmente tre: la scacchiera

ideografica, le rime e le carte scacchistiche.

- La scacchiera ideografica sostituisce la tradizionale scacchiera murale per

esporre i contenuti teorici, essendo più interattiva, e quindi più accattivante, anche

per i piccolissimi. Paulesu ha infatti ritenuto importante l'aspetto del

coinvolgimento dei bambini nel processo di apprendimento di un gioco piuttosto

complesso, fin dalla fase espositiva delle regole.

Su questa scacchiera l'istruttore può scriverci sopra con pennarelli cancellabili per

illustrare il movimento dei pezzi con maggiore chiarezza; inoltre le dimensioni

sono ridotte rispetto alla murale, per consentire un utilizzo comodo anche ai

bambini, in quanto più a loro misura.

Su questo piano sono state collocate “icone” per semplificare molti concetti

astratti, attraverso immagini semplici e concrete: orme (per indicare il movimento

dei pezzi); fuochi (per rappresentare il divieto di movimento); bombe (per

segnalare il pericolo di alcune scelte); emoticons (per contraddistinguere delle

buone case); muri e ostacoli (per indicare delle barriere).

Questo sistema sfrutta la grande forza evocativa delle immagini. A riprova, il caso

in cui l'istruttore mostra i due Re, uno di fronte all'altro, separati dai fuochi, a

71 Il termine “ideografico”, come ci spiega il suo ideatore, nasce dal fatto che l'intuizione alla

che ne sta alla base ha diversi aspetti in comune con i primi passi della scrittura: i primi tentativi grafici dell'uomo furono senz'altro disegni, che poi si perfezionarono nei primi ideogrammi geroglifici. Il metodo prende il nome per volontà di Paulesu di omaggiare questa prima svolta nel pensiero umano.

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indicare che non possono avvicinarsi l'uno all'altro. Chiedendo ai bambini se un

Re può avvicinarsi all'altro essi rispondono: “No, c'è il fuoco!”

Tutti questi accorgimenti sono orientati a rendere la lezione più interattiva, e non

frontale, così da mantenere viva l'attenzione dei bambini e rendere possibile la

loro partecipazione attiva chiamando ogni bambino, a turno, alla scacchiera per

collocare le immagini magnetiche in base al quesito rivolto.

La scacchiera ideografica fornisce anche un altro vantaggio: presenta uno spazio

libero ai bordi laterali che può essere usato come una clipboard per scrivere, fare i

conti del materiale catturato, o addirittura ideare dei giochi matematici.

Sfruttando il valore aritmetico dei pezzi (pedone vale 1, cavallo vale 3, ecc..), si

possono fare delle operazioni matematiche, apprezzate dai bambini molto di più

rispetto ai compiti assegnati a scuola. Allo stesso modo, si possono proporre

semplici giochi di memorizzazione visiva, disponendo una determinata

configurazione di immagini e, girando la scacchiera, chiedendo di ricordare in che

modo erano posizionate.

Un aspetto importante da considerare nell'insegnamento degli scacchi ai bambini è

quello di adattarsi al livello di comprensione degli allievi a cui ci si sta

rivolgendo. Spesso l'istruttore cade nell'errore di non riuscire a staccarsi dal suo

ampio grado di conoscenza, risultando quindi troppo complicato per degli allievi

principianti. Il sapere scacchistico posseduto deve necessariamente essere calato

in situazione, adattandosi alle esigenze effettive dei bambini che si hanno di

fronte, a partire persino dal tono di voce utilizzato.

Attraverso l'uso di rime baciate e filastrocche si può riuscire a semplificare i

contenuti più complessi del gioco, assumendo un tono affabulatorio consono alle

modalità di pensiero dei bambini. A seguito della risposta positiva ottenuta, sono

stati ideati anche proverbi legati sia ai principi del gioco che al contegno sportivo

da tenere: ad es. “Chi muove solo la Regina, la sua fine si avvicina”; “Quando il

Re se ne va in gita, si regala la partita”.

Il vantaggio dei proverbi è stato quello di una maggiore comprensione dei

contenuti ma, in quanto giochi di parole, anche di fornire lo spunto per stimolare

nuovi giochi, e persino per i bambini di inventarsene di propri.

Questa pratica ha avuto ampio successo permettendo di attivare

contemporaneamente più canali percettivi e di comprensione, grazie ai quali i

bambini riescono a memorizzare l'esperienza e a rielaborarla in maniera più

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esaustiva, crescendo nella competenza del gioco.

- Le carte scacchistiche: All'interno del metodo ideografico, l'ultima innovazione

sono le carte scacchistiche, di straordinaria efficacia per far memorizzare gli

elementi basilari del gioco attraverso l'associazione mentale. Esse contengono un

vero e proprio percorso di conoscenza scacchistica, dal semplice al complesso.

Le carte sono divise in cinque livelli (dal livello 0 al livello 4), e strutturate in un

vero e proprio percorso di apprendimento:

- il sentiero (carte celesti di livello zero): illustrano il movimento dei pezzi,

spesso in rima, le catture, i quadri di matto fondamentali, fumetti con personaggi.

- il giardino (carte verdi di 1° livello): contengono proverbi, problemi in una

mossa, aperture.

- il labirinto (carte gialle di 2°livello): raggruppano gli stessi temi del primo

livello, ma con una complessità maggiore di una mossa, come gli schemi dia

matto in due mosse

- il castello (carte arancioni di 3°livello): la difficoltà è aumentata di una sola

mossa

-il tesoro (carte iridate di 4°livello): esempi di eccellenza come i classici matti e le

combinazioni dei campioni e i finali modello.

Le carte raffiguranti semplici schemi di scacco in una mossa mantengono i nomi

originali (tra i più famosi il “matto del barbiere”, il “matto affogato”). I nomi

richiamano immagini riconoscibili che hanno lo scopo di agevolare la

memorizzazione di motivi ricorrenti da tenere presenti durante le partite. È la

ricchezza iconico-semantica di questi schemi di riferimento che migliora la

competenza scacchistica.

Le carte scacchistiche si sono rivelate utili in quanto rinforzo visivo per le lezioni,

per la memorizzazione di schemi ricorrenti a cui ispirarsi durante il gioco, come

potenziale esercizio per casa, e per favorire il coinvolgimento dei familiari.

Questi due metodi ideati appositamente per insegnare gli scacchi ai bambini

risultano importanti nella misura in cui si trasmettono le nozioni fondamentali del

gioco mantenendo al centro l’aspetto ludico.

Questa centralità è tenuta in forte considerazione dall’istruttore educatore di

scacchi Carlo Alberto Cavazzoni72, il quale, in qualità di giocologo, fa dell’aspetto

72 C.A. Cavazzoni (1953), istruttore giovanile FSI e docente di Neurobica presso L’Università

per la libera età Natalia Ginzburg di Modena. Insegna scacchi da oltreni nella scuola primaria

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ludico il perno della sua attività didattica.

Facendo leva sul fatto che l’attività ludica ha facile presa sui bambini, oltre ad

essere uno straordinario strumento che aiuta a crescere e che può agevolare gli

apprendimenti scolastici, Cavazzoni utilizza quotidianamente giochi di vario

genere: antichi, moderni, matematici, enigmistici ma in particolar modo il gioco

degli scacchi, che a suo parere ha molto di più rispetto altri giochi. Come spiega

lui stesso “Non conosco nessun’altra disciplina che grazie alla sua struttura

filosofica e alla sua architettura psicologica di alto spessore presenti meglio la

vita nei suoi più variegati aspetti cognitivi ed emozionali”.

Il principio-guida di Cavazzoni è che gli scacchi oltre essere un gioco sono una

passione, e le passioni si trasmettono, non si possono insegnare. Dunque ciò che

gli istruttori di scacchi devono possedere, oltre ovviamente le competenze

scacchistiche, sono quelle competenze psicopedagogiche e relazionali per

“riuscire ad appassionare e creare motivazioni coinvolgendo gli allievi per

metterli in condizione di sviluppare e provare a vivere i propri sogni”. Solo così i

bambini potranno comprendere i valori etici e morali di cui gli scacchi sono

depositari.

Ecco che Cavazzoni si trasforma in una sorta di pifferaio magico, insegnando

attraverso stupore e magia: prepara le lezioni come fossero rappresentazioni

teatrali, sceglie un abbigliamento appropriato, cura la gestualità, modula la voce

affinché i toni siano rassicuranti. Lui stesso si definisce più che un istruttore un

animatore, con l’intento di conservare quell’incanto che appartiene al mondo

dell’infanzia.

La sua inusuale didattica lo ha visto diventare autore di fiabe e favole raccolte nei

suoi libri “Il castello degli scacchi” (2008) e “I segreti del castello degli scacchi”

(2011).

Questi testi a mio parere rappresentano dei validi supporti didattici per spiegare

regole strategie e tecniche del gioco con semplicità e soprattutto originalità.

I diversi temi scacchistici vengono sviluppati attraverso racconti ambientati in un

mondo fiabesco dove Re, Regine, Torri, Alfieri, Cavalli e Pedoni prendono vita

dando luogo a vicende appassionanti, unendo la bellezza delle favole al piacere

del gioco. Tenendo l’autore sempre ben a mente il fondamentale bisogno di

con grande sensibilità pedagogica.

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sognare che caratterizza i bambini di questa età.

3.4 Gli scacchi come strumento didattico interdisciplinare

C’è un rapporto stretto tra scacchi e matematica. Principalmente per le

competenze logico-matematiche che il gioco sviluppa.

Ma come abbiamo visto gli scacchi si possono rivelare uno strumento utile per

tutte le discipline curricolari, nessuna esclusa.

È infatti possibile costruire percorsi di apprendimento che prevedono

collegamenti oltre che con l’area matematica anche con l’italiano, la storia, la

geografia, la musica, l’inglese, le scienze motorie, arte e immagine.

Ad esempio, per la lingua italiana si può proporre la lettura di un testo a tema

scacchistico e lavorare sulla comprensione dei termini scacchistici. Oppure

chiedere di ideare poesie e filastrocche sugli scacchi. Con i bambini più piccoli si

presta bene l’attività “Giocare con le parole”, ad es. posizionando un segnaposto

su una casella della scacchiera (d3) si chiede di trovare tre parole che iniziano con

la lettera d.

Far in seguito rappresentare la storia con disegni e cartelloni raffiguranti gli

scacchi coinvolge arte e immagine. A questo riguardo, anche la costruzione della

scacchiera e dei pezzi degli scacchi da parte dei bambini (con materiali semplici,

di riciclo come tappi di bottiglia, stoffa, ecc..) si rivela un’attività estremamente

importante per i bambini per coinvolgere tutti, coinvolgerli attivamente, e far

capire l’utilità di quello che si sta proponendo loro di imparare.

Le origini degli scacchi offrono lo spunto per spiegare la geografia (l’India, la

Persia,), e la storia della civiltà umana, o la storia dell’uomo che gioca: ad es.

collocare sulla linea del tempo le varie fasi storiche del gioco per arrivare al gioco

degli scacchi.

La scacchiera, con le sue colonne e traverse, può essere utilizzata per spiegare

termini geometrici (orizzontale, verticale, diagonale maggiore, diagonale minore,

caratteristiche del quadrato, perimetro, area, coordinate).

Ancora, la scacchiera si presta per introdurre il concetto matematico di frazione;

con i bambini più piccoli, giochi sulle proprietà delle operazioni: somme o

sottrazioni col valore di riferimento dei pezzi, ad es. 1 pedone (1) + 1 cavallo (3)

uguale 4.

La scacchiera gigante si presta per le Scienze motorie attraverso attività di

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psicomotricità, facendo eseguire ai bambini dei percorsi all’interno della

scacchiera.

Per l’educazione musicale, si possono fare esercizi di produzione chiedendo ai

bambini di attribuire un suono o un rumore al movimento dei pezzi. Il gioco degli

scacchi si presta molto bene all’intelligenza musicale. Del resto l’associazione

scacchi-musica73 si basa sull’assunto che “la musica è essenzialmente

matematica”.

Per scienze, il formulare in sede di partita ipotesi di causa-effetto su posizioni

date, verificarle e discuterne in gruppo si raccorda al procedimento del metodo

sperimentale.

Anche per educazione alla cittadinanza, per la conoscenza della segnaletica

stradale la scacchiera può essere trasformata in un “Paese”, dove il Pedone che

percorre le varie strade deve osservare le regole per attraversare stando attento alle

automobili (gli altri pezzi).

Infine, gli scacchi si possono collegare allo studio della lingua straniera

insegnando i nomi dei pezzi in lingua inglese, che non segue per tutti i termini una

traduzione alla lettera: King (re), Queen (regina), Bishop (vescovo / alfiere),

Knight (cavaliere / cavallo), Rook (corvo / torre), Pawn (pegno / pedone).

73 Cfr. Ennio Morricone: una vita tra musica e scacchi. La musica è fatta di combinazioni di

suoni, di verticalizzazione e orizzontalità. Aspetti che riguardano in un certo senso anche gli scacchi.

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CAPITOLO IV.

IL PROGETTO “SCACCHI… CRESCERE GIOCANDO!”: UN'

ESPERIENZA NELLA SCUOLA PRIMARIA C. COLLODI DI CECINA

4.1 Il progetto “Scacchi… crescere giocando!”

In questa ultima parte del mio lavoro descrivo un’esperienza che mi ha permesso

di osservare un progetto sugli scacchi al quale hanno aderito quest’anno le scuole

primarie del 1° e 2° Circolo di Cecina per le classi quinte e terze. Personalmente

ho preso parte al corso che si svolto nella classe quinta A “C. Collodi” di Cecina

Mare.

Il progetto “Scacchi...crescere giocando!” nasce dalla volontà di recuperare

quello che risultava essere un punto di debolezza degli alunni nell'area logico-

matematica, rilevata dal Circolo Didattico attraverso il RAV (rapporto

autovalutazione di Istituto) e le prove INVALSI.

Tutto il circolo si è attivato in vari modi, sia predisponendo per gli insegnanti

corsi di aggiornamento sulla didattica della matematica, e conseguente

sperimentazione in classe, che presentando la possibilità di aderire ad alcuni

progetti mirati, tra i quali l'insegnamento degli scacchi.

Le insegnanti delle quinte, Manuela Macelloni e Patrizia Di Sacco, valutando

l'aspetto formativo del gioco degli scacchi dal punto di vista logico, hanno preso

in considerazione di attivare il progetto nelle proprie classi, con l'obiettivo di

migliorare negli alunni le capacità di ragionamento e di risoluzione dei problemi.

Il progetto è stato promosso dall'A.S.D., Associazione Scacchistica Gioacchino

Greco di Cecina, per i bambini delle scuole del territorio.

Nella nostra zona, quest’anno in totale hanno aderito al progetto una scuola

dell’Infanzia, nove scuole primarie e tre scuole secondarie di primo grado.

L'associazione ha predisposto la docenza esterna (l'istruttore che ha tenuto il

corso), la formulazione del progetto, il coordinamento e il comodato dei materiali:

scacchiera murale; scacchiere regolamentari con i pezzi (almeno una per ogni due

allievi); orologi.

Nella Scuola Primaria C.Collodi di Cecina Mare, dove ho svolto osservazione, il

corso si è svolto nelle due classi quinte in un arco temporale di 20 ore (10 lezioni

di 2 ore cad.) con cadenza settimanale. Iniziato a metà Novembre si è concluso i

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primi di Febbraio.

L'obiettivo, al termine del corso, prevedeva la conoscenza delle regole del gioco, i

principali motivi tattici e le principali strategie per condurre e portare a termine,

ragionatamente, una partita anche con l'utilizzo dell'orologio di scacchi.

Il fine ultimo era l'affinamento delle capacità cognitive dell'allievo.

Nella stesura del progetto si legge la motivazione della proposta di insegnare gli

scacchi ai bambini, essendo uno dei giochi che da millenni più diverte e affascina

il genere umano. Come attività ludica ha inoltre caratteristiche del tutto peculiari

che lo rendono “elemento utile in vista di una formazione cognitiva, e di una forza

attiva nell'evoluzione socio-affettiva dell'alunno che nel gioco cerca e trova spazio

di manovra della sua creatività esistenziale”74. Dunque scelti per la loro doppia

valenza, cognitiva e sociale.

Si ricorda come, secondo l'approccio costruttivista75, il gioco svolga una funzione

fondamentale nell'apprendimento, soprattutto per l'importanza che riveste nella

formazione delle strutture cognitive.

Il gioco è uno degli elementi attraverso i quali il bambino esplora il mondo e

costruisce le strutture che gli consentono di attribuire significati alle sue

esperienze, una palestra in cui il bambino-costruttore crea, assembla e affina le

sue capacità cognitive, emozionali e relazionali in vista delle future attività che si

troverà a intraprendere nel mondo.

Nel caso specifico degli scacchi, quando si cimenta in una partita il bambino-

costruttore assume il ruolo di simulatore di situazioni, di costruttore di strategie, di

valutatore di rischi e benefici annessi a ciascuna delle strategie possibili.

Gli scacchi sono una vera e propria “palestra cognitiva”: non a caso, la maggior

parte degli studi sui processi cognitivi coinvolti nei giochi si sono concentrati

sugli scacchi.

La ricerca scientifica “Gli scacchi: un gioco per crescere” che ho citato nel

capitolo precedente eseguita dal Prof. Trinchero e dalla Prof.ssa Piscopo nel 2007

ha dato risultati significativi e l'avviamento al gioco è stato effettuato mediante i

protocolli didattici F.S.I, gli stessi impiegati in questo progetto. 74 Questa interpretazione dell'attività ludica appartiene allo psicologo russo L.S Vigotskij (1896-

1934), che considerava il gioco anche come forza attiva per l'evoluzione affettiva e umana del fanciullo, non solo cognitiva come sosteneva invece J. Piaget.

75 In psicologia il costruttivismo è un approccio derivante da una concezione della conoscenza come costruzione dell'esperienza personale, piuttosto che rappresentazione di una realtà indipendente.

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Anche il Ministero della Pubblica Istruzione ha riconosciuto l'enorme valore

pedagogico-formativo del gioco degli scacchi stipulando nel 2008 un protocollo

d'intesa con la Federazione Scacchistica Italiana (FSI).

Dunque i contenuti del corso hanno seguito il seguente sviluppo:

Lezione I: la scacchiera - il movimento dei pezzi e regole base – gioco; Lezione

II: il movimento dei pezzi – il Re – gioco; Lezione III: lo scacco matto – gioco;

Lezione IV: (segue) il Re e lo scacco matto – casi di patta – gioco; Lezione V: un

finale semplicissimo: re e due torri contro Re – gioco; Lezione VI: Un finale

meno semplice: Re e torre contro Re – gioco; Lezione VII: Re e Regina contro Re

– gli obiettivi strategici – il guadagno di materiale (per scambio) – gioco; Lezione

VIII: (segue) gli obiettivi strategici – il guadagno di materiale (doppio, infilata,

forchetta) – gioco; Lezione IX: lo sviluppo armonico dei pezzi in apertura – gioco

con l'orologio; Lezione X: gioco con l'orologio.

4.1.2 Presentazione del contesto: la classe quinta A

La classe quinta A è composta da 25 alunni, 13 femmine e 12 maschi. Secondo

quanto riferito dall'insegnante M. Macelloni, non sono presenti problematiche

particolari dal punto di vista delle dinamiche comportamentali, anche se emerge,

tra i maschi, un piccolo gruppo piuttosto esuberante.

Il rapporto tra compagni è buono, e i bambini collaborano sia nelle attività

scolastiche che durante il gioco. Sono bambini curiosi e, se opportunamente

stimolati, lavorano con entusiasmo e impegno.

Dal punto di vista dell'apprendimento, la maggioranza degli alunni dimostra di

seguire con facilità il ritmo del lavoro proposto, con discreta capacità di intuizione

e ragionamento.

In generale, dimostrano di preferire le attività legate all'area logico-matematica.

Nella classe sono presenti due bambini con diagnosi DSA e due con diagnosi di

BES che, però, in generale riescono a seguire il lavoro della classe con opportune

semplificazioni e personalizzazioni delle attività più complesse, soprattutto quelle

legate al problem-solving.

Lo sviluppo e il potenziamento della logica e delle capacità di ragionamento, che

il gioco degli scacchi favorisce e promuove, è stato da sempre stimolato in tutte le

aree disciplinari dall'insegnante, filo conduttore di ogni attività portata avanti nella

classe, con un interesse rivolto più alle competenze che non ai meri contenuti,

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come del resto raccomandano al momento attuale le Indicazioni Ministeriali.

Questo progetto ha destato quindi l'interesse dell'insegnante per rafforzare

ulteriormente tali aspetti, proponendosi anche di essere di aiuto per i bambini più

in difficoltà, di stimolare gli altri ad un ragionamento più maturo e responsabile e,

non ultimo, di far emergere e porre la giusta attenzione anche alle eccellenze.

4.1.3 L’approccio metodologico: non solo regole…giochiamo !

Per quanto riguarda la metodologia adottata, che è l'aspetto che in questo ambito

più ci interessa delineare, l'istruttore, in ciascuna lezione del corso, ha dato ampio

spazio al gioco pratico degli scacchi.

Limitando volutamente allo stretto indispensabile l'attività esplicativa di regole,

principi e tecniche, svolte con l'ausilio della scacchiera murale, appena possibile

passava alle applicazioni sulle scacchiere in dotazione ai bambini e al “gioco

libero”.

Già dal primo incontro i bambini sono stati divisi a coppie e hanno giocato la loro

partita. Considerato infatti che gli effetti formativi sono legati principalmente alle

dinamiche soggettive che si sviluppano nel corso del gioco, l'aspetto ludico non p

oteva non essere centrale.

Durante queste fasi l'istruttore passava tra i banchi, o veniva chiamato dai bambini

per chiarimenti e consigli, correggendo eventuali malintesi sull’applicazione delle

regole, per verificare l'assimilazione delle tecniche suggerite e per dare ogni altra

indicazione necessaria in ordine alla comprensione dei meccanismi del gioco e

all'implementazione delle capacità individuali.

Naturalmente le domande da parte dei bambini erano tante, le mani spesso alzate

per dubbi su come procedere, visto che sono stati fin da subito “lanciati” al gioco.

Questo non ha creato il minimo smarrimento, come ci si aspetterebbe, essendo la

maggioranza dei bambini digiuni del gioco. Solo qualcuno di loro conosceva già

gli scacchi, ma la maggioranza li apprendeva in questo contesto. Importante anche

sottolineare che l’istruttore forniva il chiarimento sul quesito richiesto dando non

tanto la risposta sulla mossa da eseguire quanto delle indicazioni e dei

suggerimenti per stimolare il ragionamento e la riflessione.

Per quanto riguarda le verifiche, esse avvenivano durante ogni incontro nei

momenti di gioco libero: la supervisione continua dell’istruttore permetteva la

verifica dei saperi e delle abilità acquisite da ciascun allievo.

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Altro tipo di verifica era effettuato attraverso quesiti e problemi posti sui

movimenti dei pezzi che i bambini erano invitati a risolvere collettivamente (ad

es. data una certa posizione dei pezzi sulla scacchiera come muovere per ottenere

scacco matto in una sola mossa).

Riassumendo, ogni lezione era articolata in tre momenti possibili:

1. Esposizione teorica su scacchiera murale;

2. Partite tra gli allievi (a coppia) sotto la supervisione dell'istruttore, con verifica

della correttezza delle mosse e del comportamento;

3. Quiz e problemi scacchistici presentati alla LIM, da risolvere singolarmente o

in gruppo.

Per sfruttare al meglio le potenzialità educative offerte dagli scacchi, il primo

passo da compiere è quello di adoperare un approccio il più possibile adeguato dal

punto di vista metodologico e didattico che tenga conto in primis del soggetto che

apprende, delle sue capacità, dei suoi bisogni e aspettative.

E così è stato, adeguando il livello a bambini di quinta classe, oltre che per la

spiegazione dei contenuti anche per gli esercizi proposti, in un crescendum di

difficoltà. Ad esempio, l'istruttore nelle prime lezioni richiedeva di trovare come

dare scacco in una mossa, passando poi a due mosse ed infine a tre, avanzando

pian piano di difficoltà.

Le lezioni sono state arricchite, e al tempo stesso diversificate, dalla visione di

spezzoni di film scelti dall’istruttore, che mostravano giocatori durante un

momento preciso della partita. I bambini erano chiamati a commentare su come

ognuno di loro avrebbe proseguito il gioco, scambiandosi opinioni e

considerazioni sulle diverse soluzioni che ognuno aveva formulato.

I bambini hanno risposto tutti positivamente a questa modalità, mostrando buona

volontà di apprendere il gioco ma soprattutto entusiasmo giocando e

relazionandosi coi compagni. I bambini sono stati partecipi in maniera attiva per

buona parte del progetto.

Nelle ultime lezioni le partite sono state svolte con l’uso degli orologi, come nelle

partite ufficiali. I bambini imparano così a gestire il tempo a disposizione per

effettuare le loro mosse, ed è stato organizzato un torneo di classe. Questo è stato

preparatorio per il torneo di Istituto successivo che ha selezionato i bambini che

hanno partecipato al Campionato studentesco regionale a Montecatini tenutosi in

primavera.

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Figura 1. Partita con uso dell’orologio

Figura 2. Spiegazioni con la scacchiera murale

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4.2 Uno spunto per la strategia didattica. L’esperienza dell'Istruttore L.

Luperi.

In questa esperienza come osservatrice, ho ritenuto importante rivolgere

all'Istruttore alcune domande sulla sua esperienza personale coi bambini, per

approfondire gli aspetti che si legano all'insegnamento degli scacchi a scuola.

Il signor Luigi Luperi insegna scacchi nelle scuole da circa 30 anni. Possiede la

qualifica di Istruttore di scacchi FSI di base (ne esistono quattro livelli76),

conseguita con un corso a pagamento di 36 ore nel 2014, promosso dalla Regione

Toscana a partire dal 2013.

Il corso prepara gli istruttori prevalentemente sulle regole del gioco, sugli aspetti

tecnici e sui regolamenti, rilasciando il Diploma dopo un esame finale. In Toscana

ci sono circa 20 circoli scacchistici; il Circolo di Cecina, del quale Luigi è stato

Segretario, ed è attualmente Presidente, è quello che vanta il numero maggiore si

Istruttori in Toscana. Per anni affiliato alla UISP, dal 2000 si è affiliato alla FSI,

legata al CONI.

Il CONI ha recentemente introdotto il sistema SNAQ77 che prevede un corso

integrativo al Diploma di Istruttore, al quale devono attenersi obbligatoriamente

tutti gli operatori sportivi. Questo nuovo inquadramento deve essere conseguito

entro il 31 Dicembre 2017 per non perdere la qualifica di Istruttore già in

possesso.

Rispetto al precedente corso, l'adeguamento prevede l'integrazione di aspetti

didattici e soprattutto psicologici che non erano stati presi in considerazione in

precedenza, ma fondamentali per chiunque debba operare in campo educativo.

Sono stati inseriti interventi sulla Psicologia dello Sport e la giocomotricità.

La necessità di avere istruttori maggiormente qualificati e preparati nasce in

buona parte a seguito della risoluzione del Parlamento Europeo sulla mozione

“Chess in school” per portare il gioco degli scacchi nelle scuole.

Per quanto riguarda l’esperienza in classe, ho domandato a Luigi come organizza i

corsi a scuola coi bambini della primaria. Senza possedere una vera e propria

formazione didattica, sicuramente sono stati utili riferimenti e indicazioni che

trovava disponibili sulle riviste specializzate (“Scacco!”,“Torre e cavallo”)

76 Gli istruttori si distinguono per livello in quattro categorie: Istruttore di base, Istruttore

Scolastico, Istruttore Nazionale. 77 Sistema Nazionale Qualifica dei tecnici sportivi.

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contenenti test e problemi scacchistici da riproporre in classe ai bambini.

Riguardo come organizzare le lezioni, Luigi solitamente prepara una scaletta degli

argomenti da presentare, così come previsti dal progetto, ma attuando spesso delle

variazioni di ordine metodologico.

Il primo incontro prevede l'insegnamento delle primissime regole di base. Ma con

l'esperienza acquisita negli anni Luigi ha ritenuto importante, ed utile, iniziare non

subito dai contenuti ma dalla presentazione del gioco degli scacchi a partire dalla

loro storia, per suscitare nei bambini curiosità, e di conseguenza motivarli a

conoscere il gioco che stanno per imparare.

Un ottimo espediente per catturare l'attenzione dei bambini è senz'altro il canale

narrativo: Luigi racconta la leggenda dei chicchi di grano da cui ha avuto origine

il gioco; il modo in cui gli scacchi, nati in India, sono giunti fino a noi in Europa,

presentandolo quindi come un gioco storicamente e culturalmente importante.

I cenni storici sono arricchiti da aneddoti, altro espediente molto utile allo scopo si

catturare l'attenzione, come ad es. il fatto che nel Medioevo giocare a scacchi era

una delle rare occasioni in cui un uomo poteva stare di fronte a una donna, o che

famosi personaggi storici quale il generale Napoleone erano grandi appassionati di

scacchi. Tutto questo per incuriosire e per far capire ai bambini che pur essendo

un gioco molto antico continua ad essere oggi giocato e diffuso.

Dopo questa parte introduttiva passa alle regole.

Tra gli istruttori ci sono prevalentemente due modalità di procedere: tutta la durata

della prima lezione (2 ore), ma a volte anche le due/tre successive, di sola teoria,

esponendo le regole con la scacchiera murale o alla LIM; oppure alternare teoria e

gioco pratico fin dal primo incontro.

Luigi preferisce sempre questa seconda modalità. Il suo iter è quello di dare poche

regole di base (la scacchiera, il valore dei pezzi e i relativi movimenti) e poi far

cominciare subito a giocare. Questo non solo perché consigliato, come abbiamo

visto, dalla prassi didattica ma anche come scelta dettata dal contesto stesso.

Luigi ha potuto constatare che i bambini ai quali si propone di insegnare un gioco

non vedono l'ora di iniziare a giocare. Esprimono chiaramente questo desiderio,

anche dal solo fatto di voler toccare i pezzi, di maneggiarli, forti del loro bisogno

di concretezza.

È meglio quindi non dedicare troppo spazio alla spiegazione (circa 20 minuti),

permettendo ai bambini di “buttarsi” subito e provare a giocare, riservando le

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ulteriori regole a momenti successivi, molto spesso acquisite proprio durante la

pratica di gioco.

Elemento quindi di primaria importanza è far sì che il bambino si diverta

innanzitutto.

Ogni lezione non deve essere pesante, ma va resa piacevole (attraverso

l'introduzione di aneddoti curiosi), stimolante (proponendo di giocare per mettersi

subito alla prova), coinvolgente (attraverso i test scacchistici da risolvere insieme)

e divertente (introducendo qualche variante al tradizionale gioco a coppie: ad es.

Braccio-Mente o Mangia e Passa78).

Entrando nello specifico degli argomenti, ecco alcune indicazioni su come poter

proporre ai bambini le varie tematiche:

- Valore dei pezzi. Per far comprendere il valore dei pezzi, coi bambini più piccoli

Luigi usa il paragone con i giocattoli: come ognuno di noi dà un valore diverso ai

propri giochi in ordine di importanza (dal più importante a quello che conta di

meno), così funziona per i pezzi della scacchiera, ad ognuno dei quali è attribuito

un diverso valore numerico.

- Movimento dei pezzi. Per insegnare il movimento dei pezzi è utile ricorrere

all’uso di rime o filastrocche che facilitano la memorizzazione. Alcuni esempi

sono forniti dal testo di Cavazioni, già menzionato.

As es. L’Alfiere: “Sono l’Alfiere, un pezzo speciale che muove sempre in

diagonale”. Il pedone: “Sono il Pedone, un tiretto originale, muovo diritto ma

mangio in diagonale”

Tra i movimenti, quello che risulta più complicato per i bambini è quello del

cavallo; per rendere più semplice la comprensione si ricorre all'esempio della

lettera L poiché il passaggio del cavallo da una casa a un'altra ricorda questa

forma.

Per ricordare questo movimento la filastrocca del cavallo Giacinto79, che piace

molto ai bambini e risulta efficace:

78 Queste varianti sono molto interessanti ai fini di una diversificazione della lezione classica.

Spesso rimane poco tempo per effettuarle a scuola nell'arco dei 10 incontri previsti e, per questo, maggiormente sfruttate negli incontri extra-scuola con quei bambini che frequentano il Circolo.

79 Questa filastrocca è stata ideata da Michela Belli, istruttrice FSI-CONI.

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Il cavallo di nome Giacinto, un bel giorno scavalcò un recinto

il padrone disse arrabbiato: -Ehi ! tu! Perché hai saltato? - Hiii, volevo un po' di libertà e galoppare di qua e di là - No, no – rispose il padrone - tu ritorni nella recinzione.

Ora, prova tu a saltellare ed il quadrupede liberare ricordando che se la terra è nera sul suolo bianco va la criniera

invece se il cavallo è sulla neve bianca, è nel nero che metterà la zampa.

Anche per la disposizione dei pezzi sulla scacchiera si può ricorrere all’aiuto di

una divertente rima per non sbagliare la collocazione:

Le due Torri all’angolino coi Cavalli lì vicino, poi gli Alfieri mattacchioni di Re e Regina i centurioni

e i pedoni là davanti a proteggere tutti quanti !

-Regole più complesse. Tra gli argomenti che risultano generalmente più difficili

da comprendere ci sono lo stallo e l'en passant.

Queste risultano regole un po' complesse, soprattutto per i bambini delle prime

classi; tuttavia si possono giocare belle partite e divertirsi molto anche senza

conoscerle a fondo.

-Tattica e strategia. Dopo aver insegnato a giocare dando i primi rudimenti, il

passo successivo è insegnare a giocare bene, spiegando tattica e strategia.

Le mosse tattiche (forchetta, infilata, inchiodatura) vengono apprese

complessivamente bene dalla maggioranza, grazie anche alla terminologia che

richiama visivamente la mossa da eseguire.

Per spiegare ai bambini la strategia, cioè come pianificare la partita, si spiega che

è come elaborare un piano:“C'è un Re da proteggere! e abbiamo il nostro esercito

da comandare nel modo migliore possibile per raggiungere questo obiettivo”.

Il primo scoglio che si incontra in questa fase è l'egocentrismo infantile.

Il bambino che deve diventare costruttore di un piano di gioco trova difficoltà

poiché per la sua natura egocentrica tende a pensare che l'avversario farà la mossa

che lui desidera, senza rendersi conto che invece non è così. Va insegnato che

bisogna pensare che l'altro possa fare sempre la mossa migliore, non quella che

noi desideriamo che faccia.

- La concentrazione. Luigi insiste molto nel raccomandare ai bambini di stare

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concentrati durante il gioco, focalizzando l'attenzione sulla scacchiera piuttosto

che guardare di fronte verso il compagno, come farebbero per tendenza.

A titolo di esempio, Luigi ha fatto il paragone del portiere di calcio che per parare

bene deve assumere una posizione consona stando con le ginocchia flesse e con le

braccia aperte pronte per ricevere la palla. Così riuscirà meglio nell'impresa,

rispetto ad una posizione che non favorisce la parata.

Ecco che pian piano si vedono i bambini assumere la postura corretta da tenere, e

da mantenere, con gli occhi puntati sulla scacchiera, i gomiti appoggiati sul

tavolo, e la fronte sorretta dalle mani in fase di concentrazione totale.

Questo riesce piuttosto bene anche a quei bambini che solitamente fanno più

fatica a stare fermi e attenti. Si presta come un buon esercizio utile per migliorare

lo stato di attenzione generale anche per le altre attività scolastiche.

- La capacità decisionale. Insegnare che le mosse una volta fatte non si possono

modificare aiuta ad essere sicuri della decisione presa. Questo è molto importante

per lo sviluppo della capacità decisionale. “Pensare prima di muovere” è un motto

famoso del gioco degli scacchi.

Luigi ha fatto notare che si vede subito la differenza tra i bimbi che mostrano

sicurezza rispetto a quelli più indecisi, che toccano i pezzi più volte prima di

scegliere quale muovere. Per correggere, si ricorda ai bambini il detto “Pezzo

toccato, pezzo mosso”.

- Come gestire la sconfitta. Si parla spesso del rischio di scoraggiamento per quei

bambini meno capaci, che spesso vengono battuti dai compagni. Come gestire

allora la sconfitta affinché non si perda fiducia in se stessi ?

Luigi affronta il problema proponendo al bambino che sta perdendo di girare la

scacchiera e soffermarsi a riflettere sulla situazione e su che cosa avrebbe fatto lui

al posto dell'avversario. Cambiando l'ottica, si permette al bambino di vedere il

gioco da un altro punto di vista, di focalizzare sull'errore commesso, offrendogli

l'opportunità di riesaminare le proprie mosse e provare a fare quelle giuste, senza

proporre la soluzione direttamente, ma aiutandolo ad arrivarci da solo. In questo

modo il bambino, pur avendo perso, viene messo nelle condizioni di capire che in

situazione diversa anche lui è in grado di vincere una partita, che quindi ne ha le

capacità. Inoltre, è sempre fondamentale ricordare ai bambini che si impara molto

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più dalle sconfitte che dalle vittorie. Una frase celebre dice che “Perdere a scacchi

è la cosa migliore che possa capitare a un giocatore. È un'opportunità per

imparare dagli errori commessi, e poter migliorare.”

- Una sana competizione. Nel gioco degli scacchi si insegna a non esultare per la

vittoria, né a disperarsi per la sconfitta, come avviene solitamente nella maggior

parte degli sport, ma a mantenere un atteggiamento composto indipendentemente

dal risultato, complimentandosi sempre con il proprio avversario in segno di

profondo rispetto.

Per questo atteggiamento così disciplinato, gli scacchi sono probabilmente l'unico

gioco dove è difficile capire a fine partita chi dei due giocatori abbia vinto o

perso. Anzi, molto spesso il vincitore è quello con la faccia più seria.

Dopo aver fatto giocare i bambini le prime partite, formando le coppie

liberamente, Luigi fa ruotare i bambini, che altrimenti vorrebbero giocare sempre

con gli stessi compagni.

Utilizza poi la tecnica del sali-scendi, ovvero predisposte quattro file di

scacchiere, chi vince la partita sale di una scacchiera (dalla quarta alla terza, e così

via), chi perde retrocede. L'obiettivo è arrivare in prima scacchiera.

Questo sistema ha lo scopo di favorire una competizione sana tra i bambini. Si è

verificato infatti che nell'arco degli incontri si è creata un'alternanza tra i bambini

che riuscivano ad arrivare in prima scacchiera, non sempre gli stessi quindi, così

da non creare una discriminazione netta tra bravi e meno bravi.

È stato visto anche quanto il contesto influisca sulla competizione. Rispetto a un

corso di scacchi tenuto in classe e quello effettuato nel doposcuola pomeridiano al

quale partecipano bambini appartenenti a classi diverse, Luigi ha notato che nei

bambini della stessa classe lo spirito di competizione è maggiore. Un'attività

svolta nella propria classe è probabilmente sentita più vicina alle consuete attività

scolastiche, riproducendo le dinamiche comportamentali relative a questo

contesto. Innanzitutto cambia il livello di attenzione, che è più vivo,

probabilmente influenzato dalla presenza nella classe della propria insegnante, e

poi il desiderio di competere coi propri compagni per dimostrare quanto si è bravi.

- La relazione. Un aspetto da non trascurare è quello relazionale. Fin dal primo

incontro Luigi chiede all'insegnante che venga messo a ciascun bambino un

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cartellino col nome, così da creare subito un rapporto confidenziale con loro.

Chiamare i bambini col proprio nome ha un effetto positivo perché si sentono

considerati, e questo aiuta a creare un clima più intimo e un ambiente favorevole

all'apprendimento.

I bambini più “vivaci” non vanno rimproverati ma, al contrario, lodati e coinvolti.

È tendenza comune tra gli istruttori e insegnanti quella di operare una selezione

tra i più bravi e i meno bravi, ma che risulta inutile e dannosa. Il vero scopo e fine

ultimo di questi corsi è far scaturire il piacere del gioco, far appassionare i

bambini agli scacchi. Gettate queste basi, sarà poi loro scelta quella di

perfezionarsi o meno in futuro in questo gioco.

All'aspetto relazionale si lega necessariamente l'empatia, uno degli elementi se

non il più fondamentale che un insegnante deve possedere nella costruzione di un

buon clima di apprendimento in classe.

4.3 Collegamenti interdisciplinari nel progetto

Il progetto è stato portato avanti dall'insegnante Manuela che nella classe insegna

matematica, italiano, storia, geografia, e le tre educazioni: motoria, musica e

immagine.

È stata quindi volontà da parte dell'insegnante quella di legare al progetto

collegamenti interdisciplinari, dando così agli alunni la consapevolezza di quanto

in realtà questa attività non si presentava come separata bensì come parte del

lavoro scolastico.

Inizialmente è stata letta in classe “La leggenda sulle origini del gioco degli

scacchi”.

Sul testo è stato svolto un lavoro linguistico di analisi della struttura del brano,

suddiviso in sequenze con l'aiuto dei colori, e finalizzato alla sintesi attraverso il

riassunto della storia.

Il brano è stato poi illustrato dai bambini, e successivamente commentato anche

dal punto di vista matematico, in quanto la conclusione della storia chiedeva di

calcolare 2 elevato alla 63+1 chicchi di riso, posti in modo esponenziale sulle

caselle della scacchiera80.

80 Questa leggenda era notissima durante il Medioevo con il nome di Duplicatio scacherii, tanto

che ne fa cenno anche Dante Alighieri nella Divina Commedia, dove il sommo poeta la utilizza per dare un'idea al lettore del numero degli Angeli presenti nel cielo: L'incendio suo

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Il risultato, come i bambini hanno riscontrato, si rivelerà essere un numero

esorbitante pari a 18.446.774.073.709.551.615.

Oltre a questo piccolo lavoro sull'italiano e la matematica, è stato fatto proposta la

visione di un film “Scacco matto nel Bronx81”, che i bambini hanno visto per

intero con l’insegnante.

La storia, molto coinvolgente, racconta di un insegnante di una scuola primaria

del Bronx che, proprio attraverso il gioco degli scacchi, riesce a dare ai bambini

disadattati che vivono in situazioni di degrado e difficoltà, uno scopo di vita, la

consapevolezza di valere come gli altri e la speranza di poter avere in futuro una

vita migliore.

Alla proiezione, è seguito un lavoro di analisi dei personaggi che ha messo a nudo

aspetti particolari del loro carattere, spesso modificati o migliorati proprio con il

gioco degli scacchi.

Il lavoro sul “test filmico” è stato molto proficuo: le osservazioni e le

considerazioni dei ragazzi hanno rivelato che era stato compreso pienamente

come il gioco degli scacchi possa essere fondamentale per acquisire fiducia in se

stessi e quindi autostima e determinazione.

Riporto due passaggi significativi scritti dai bambini:

“Il professor Mason è un supplente alla scuola elementare; qui trova bambini in situazione di grande difficoltà: genitori drogati, in galera, che non tengono alle speranze e ai desideri dei propri figli... Questo film è molto bello e ha una particolarità: ti insegna che se sei diverso da qualcuno non importa, ma devi soprattutto pensare prima di fare qualcosa, e guardare non quello che hai alle spalle, ma quello che sarà il futuro! Questo insegnano gli scacchi: a pensare. Giocarci è come portare il cervello in palestra. L’aspetto esteriore non conta; conta la mente. Davanti alla scacchiera siamo tutti uguali !”. (Alessia)

“Il film mi ha insegnato una cosa importante: quando si gioca a scacchi si può immaginare di essere qualcun altro. Si diventa guerrieri, come il bambino che fingeva che i suoi pezzi fossero piccoli ninja in battaglia. Ci si sente forti e niente ci può fermare se si vuole vincere. Questa storia insegna anche a guardare bene dentro se stessi, e se anche qualcosa ci spaventa a volte quella stessa cosa ci salva se sappiamo affrontarla. La partita di scacchi presenta scelte da fare, situazioni da risolvere, errori da cui imparare… come nella vita”.(Sara)

seguiva ogne scintilla ed eran tante, che 'l numero loro più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla. (Paradiso, XXVIII, 91-93).

81 Scacco matto nel Bronx, (Knights of the South Bronx), USA, 2005.

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Infine, a conclusione dei dieci incontri, è stato dato spazio alla creatività dei

bambini attraverso l'invenzione di storie illustrate in cui ogni pezzo degli scacchi

si raccontava (“Il Re racconta..” , “L'alfiere racconta..” ).

4.4 Il mio intervento: un’analisi sull’esperienza scacchi

A conclusione del progetto, in accordo con l'insegnante, ho proposto ai bambini di

realizzare un elaborato scritto per descrivere le loro impressioni e riflessioni

personali sull’esperienza con gli scacchi, in funzione di un feedback sull'attività

progettuale svolta.

Dai temi dei bambini, “Riflessioni e considerazioni sul progetto di scacchi”, sono

emersi gli aspetti più tecnici del gioco, ma anche gli stati d'animo che il gioco

trasmette. I bambini hanno anche dimostrato di aver compreso quanto le abilità

logiche che sottendono questo gioco possono rivelarsi utili se applicate in

matematica, ma anche in altri ambiti disciplinari. Non meno importante il

coinvolgimento delle famiglie in questo percorso, che ha visto molti bambini

portare quanto appreso nelle pro

prie case, giocando con genitori, fratelli, sorelle, nonni, riscoprendo il valore e il

piacere di giocare insieme.

Tutti infine si augurano di poter continuare a giocare in futuro e di migliorare,

auspicando che gli scacchi possano diventare un giorno materia curricolare.

I temi richiesti non sono stati oggetto di valutazione, ma strumento utile a rilevare

quanto recepito dai bambini in questo progetto.

È stato chiesto di descrivere l'esperienza, le considerazioni personali, ciò che li ha

colpiti maggiormente, le conoscenze acquisite e ciò che hanno ritenuto più

significativo, in positivo e anche in negativo.

Dagli elaborati, ho effettuato un'analisi dei dati raccolti, dalla quale sono emerse

varie tematiche elencate dai bambini, che per ragioni di maggiore ordine e

chiarezza ho suddiviso in tre aree82 :

1) Qualità che il gioco sviluppa

2) Qualità che il gioco richiede

82 Prendendo spunto da un'analisi quali-quantitativa adottata dall'Istituto Comprensivo “EQ.

Visconti” di Roma sul laboratorio “Il gioco degli scacchi”, ho utilizzato le seguenti aree per raggruppare gli elementi raccolti dai temi dei bambini.

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Ragionamento Concentrazione

Pensiero Riflessione

Intelligenza

Capacità di previsione

Silenzio Concentrazione

Pazienza Strategia

Logica Serietà Attenzione

Rispetto delle regole

Felicità Entusiasmo

Eccitazione Emozione

Divertimento Dispiacere

3) Stati d'animo che il gioco trasmette

Riporto, nello specifico, gli elementi relativi a ciascuna area:

F.1 Elementi prevalenti relativi alla prima area: Qualità che il gioco sviluppa:

F. 2 Elementi prevalenti relativi alla seconda area. Qualità che il gioco richiede:

F. 3 Elementi prevalenti relativi alla terza area: Stati d’animo che il gioco

trasmette:

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Da un'analisi sulle occorrenze di ciascun elemento, per ciascuna area è emerso

che:

- Qualità che il gioco sviluppa: la maggior parte dei bambini ritiene che il gioco

degli scacchi sviluppi “concentrazione” (percentuale più alta, 15 bambini su 25) e

“ragionamento”.

La concentrazione, maggiormente menzionata, è ritenuta dai bambini l'elemento

centrale sviluppato da questo gioco con una importante ricaduta

sull'apprendimento e sullo studio in generale. In particolare, il ragionamento viene

collegato dai bambini all'efficacia che il gioco degli scacchi ha nello studio delle

varie materie scolastiche, soprattutto della matematica.

Il terzo elemento prevalente che i bambini ritengono il gioco sviluppi è quello del

“pensiero”, in quanto è fondamentale dover pensare molto prima di effettuare una

mossa.

Alcuni bambini hanno menzionato la “capacità di previsione” sviluppata in questo

gioco, che si attiva nel prevedere le mosse dell'avversario.

- Qualità che il gioco richiede: Per quanto riguarda le qualità che il gioco

richiede, la stragrande maggioranza ha considerato il “silenzio” l'elemento

essenziale richiesto in questo gioco. Forse rimasto loro più impresso perché è un

aspetto che contraddistingue ampiamente gli scacchi rispetto altri giochi.

Il silenzio viene quindi citato come elemento chiave, il quale a sua volta favorisce

la concentrazione, permettendo così di attivare una buona “strategia” di gioco.

Il secondo elemento maggiormente ricorrente è stato la “pazienza” nel rispetto dei

tempi dell'avversario, e dei propri, per non cadere nell'errore spesso dettato da una

mossa frettolosa.

Stranamente, l'elemento “attenzione” è menzionato da due soli bambini, pur

sapendo bene che le distrazioni in questo gioco non sono ammesse; compare

invece il “rispetto delle regole” che per alcuni è condizione imprescindibile di un

buon giocatore di scacchi al quale si richiede massima “serietà”. In questo gioco

non si può barare.

- Stati d’animo che il gioco trasmette: infine, tra gli stati d'animo che ognuno

“sente” durante una partita a scacchi, i bambini hanno segnalato di provare come

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sentimento prevalente “felicità” (percentuale più alta); a seguire “divertimento”,

“emozione”, “passione”, “benessere”, e, una piccola minoranza, “dispiacere” per

la sconfitta. Dunque, tutti sentimenti positivi, ad eccezione dell'ultimo stato

d'animo, ma comunque bilanciato dalla motivazione a far meglio nella partita

successiva.

Da questa piccola indagine che ha messo in luce il grado di consapevolezza dei

bambini su quanto vissuto in questa esperienza, si può ritenere che l'intento del

progetto è stato raggiunto in maniera soddisfacente nella misura in cui giocare a

scacchi è innanzitutto un piacere, nonché un divertimento, come la maggior parte

dei bambini ha appunto dichiarato.

Ho ritenuto interessante, a questo punto, per una rappresentazione puntuale

dell'esperienza, riportare quanto scritto dai bambini, selezionando spezzoni dei

loro temi inerenti a ciascuna delle aree individuate.

4.4.1 La voce dei bambini: “Le nostre riflessioni e sensazioni”

L'attività degli scacchi, secondo quanto dichiarato dai bambini, ha permesso loro

di sviluppare maggiormente le abilità di concentrazione, di ragionamento e di

pensiero, sia attraverso l'apprendimento del gioco, che con l'applicazione pratica

di quanto appreso.

“A me è piaciuto moltissimo questa attività perché ho capito che gli scacchi è un

gioco dove si usa la mente e come se tu fossi in battaglia e lì si che serve il

ragionamento, come se dovessi comandare un piccolo esercito. Le cose

fondamentali che servono negli scacchi sono: concentrazione, silenzio e occhi

sulla tavola”. (ALESSIA)

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“Mi è piaciuto molto giocare a scacchi perché è un gioco di intelligenza dove

bisogna pensare e ragionare e a me piacciono fare le cose così di intelligenza.

...la cosa importante è che il cervello “lavori” bene”. (FRANCESCO L.)

La concentrazione è l'elemento più volte evidenziato. I bambini hanno compreso

che si possono fare mosse bellissime, ma non appena ci si distrae, anche a una

sola mossa dalla fine, può succedere di perdere la partita. La concentrazione è

elemento fondamentale in una partita di scacchi, ma anche utile per tutto il resto.

“Il gioco degli scacchi mi ha migliorato nel concentrarmi nelle cose”.

(TOMMASO)

Di conseguenza è importante, prima di ogni mossa, prendersi il tempo necessario

per pensare:

(TOMMASO)

Il ragionamento, in alcune considerazioni, diventa la strategia per questo gioco:

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“Giocare a scacchi per migliore la nostra capacità di ragionare … mi ha

migliorato la strategia di pensare.. sono un vero e proprio sport del cervello”

(GABRIELE)

Il ragionamento, che grazie a questo gioco viene stimolato, ha anche una ricaduta

positiva nello studio delle materie scolastiche, che i bambini hanno individuato in

particolare per la matematica:

“Gli scacchi mi hanno aiutato per i calcoli, in matematica e ho applicato di più il

ragionamento quando scrivo e quando parlo” (ALESSIA)

((FRANCESCO F.)

“Bisogna pensare molto, e quindi ci aiuta anche in matematica” (CHIARA)

La matematica risulta la disciplina che più di tutte sembra giovare di una ricaduta

positiva in termini di studio. È vero che numerose ricerche testimoniano proprio la

relazione tra matematica e scacchi, in quanto si prestano efficacemente per

l'introduzione di concetti logici. Alcuni bambini dichiarano di sentirsi migliorati in

questa materia, grazie al ragionamento logico degli scacchi.

“Adesso ho imparato a svolgere i calcoli matematici un po' più veloce rispetto a

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prima di iniziare gli scacchi” (AURORA)

“Silenzio” “Pazienza” “Concentrazione” sono gli elementi evidenziati dai bambini

che il gioco degli scacchi al tempo stesso favorisce e richiede.

Il silenzio ricorre più volte nelle descrizioni e a buon ragione. È condizione

essenziale per favorire la concentrazione e il ragionamento:

“Per giocarci serve silenzio sennò puoi sbagliare la concentrazione perché

potrebbe essere che finisca il tempo stabilito. (AILIGANDI')

(RACHELE)

“Bisogna stare zitti, e concentrarsi sui pezzi” (AURORA)

“Il gioco richiede tanta concentrazione e pazienza, ho imparato a fare silenzio

quando ragiono” (FRANCESCO L.)

Come dichiara Francesco, gli scacchi richiedono anche una buona dose di

pazienza, aspetto di per sé non troppo appartenente alla sfera infantile. Durante

una partita, alcuni bambini riconoscono di essere migliorati in questa capacità,

l'arte della pazienza, da applicare sia in questo gioco che nel vissuto quotidiano.

“Giocando, ho imparato a essere più paziente, a non prendermela quando si

perde” (CHIARA)

“Questo gioco mi ha fatto capire che anche nella vita ci vuole pazienza”

(RACHELE)

Una partita di scacchi richiede silenzio e pazienza, ma anche la conoscenza e il

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rispetto delle regole:

“Aveva delle regole precise sulle partite, ad esempio: chi parla ha partita persa”

(AILIGANDI')

La comprensione delle regole del gioco grazie all'aiuto dell'istruttore ha consentito

di diventare più bravi e apprezzare questo progetto:

“Il progetto è stato molto divertente. All'inizio le perdevo tutte (le partite) e a

malapena sapevo muovere i pezzi, ma poi con il tempo sono migliorata. Luigi ci

ha insegnato a prevedere le mosse dell'avversario” (NOEMI)

Infine, l’aspetto più emotivo, evidenziando quelli che sono gli stati d'animo e le

sensazioni provate dai bambini sia durante una partita a scacchi che

complessivamente nel corso di questa esperienza.

“Felicità” e “divertimento” sono state le sensazioni prevalenti per questi bambini:

“Quando giocavo ero molto felice” (RACHELE)

“Provavo emozioni forti come allegria” (NORA)

Anche dalla sconfitta, non ci si perde d'animo ma si reagisce con grinta:

“Io giocando mi sentivo felice, e quando perdevo le partite trovavo sempre la

forza per vincere le prossime e altre sfide” (CHIARA)

Si impara a giocare a scacchi divertendosi:

“...con gli orologi era più difficile, ma comunque divertente” (CHIARA)

“Quando abbiamo cominciato pensavo sarebbe stato noioso, però con il passare

del tempo mi sono accorta che il progetto era molto bello e divertente” (NOEMI)

“Una cosa che sicuramente è cambiata in me è che ultimamente rifletto di più

prima di fare qualcosa, infatti anche giocando riflettevo molto, ma provavo anche

gioia giocando perché in fondo è un gioco divertente” (NOEMI)

“a me è piaciuto molto perché mi divertivo tantissimo stavo insieme ai miei amici

in una cosa diversa dalle solite materie” (TOMMASO)

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Sensazioni più forti suscitate durante il gioco sono state descritte con metafore

particolari:

“Quando giocavo mi sentivo le “farfalle nello stomaco”, e quando si fece il

torneo sudavo dalla concentrazione” (GABRIELE)

“ Avevo ad ogni partita la “pelle d'oca” (FRANCESCO F.)

“Quando giocavo mi sentivo una “patata bollente”, ero tutta accaldata. Provavo

sentimenti strani quasi indescrivibili” (AURORA)

“Quando ho giocato con un mio compagno di classe bravissimo che si chiama

Elia mi batteva forte il cuore, perché sapevo di perdere, infatti fu così, ma essere

riuscita a scontrarmi con lui è già un grande passo!” (AILIGANDI')

Significativo il sentimento della passione per il gioco, come sottolineato più volte

da un bambino:

“Mentre giocavo provavo passione e amore per questo sport. Per praticare

scacchi serve molta serietà, ma oltretutto divertimento, voglia e passione..”

(FRANCESCO F.)

Oltre alle emozioni forti, dall'entusiasmo per una vittoria all'eccitazione durante i

tornei di classe, giocare a scacchi infonde anche una sensazione di benessere:

“Giocare mi fa stare bene!” (NOEMI)

E oltremodo positivo il desiderio spontaneo di voler giocare:

“In me c'è la voglia di giocarci” (LUDOVICA)

• La ricaduta extrascolastica del progetto

Il progetto ha avuto una positiva ricaduta anche al di fuori dell'aula scolastica,

grazie alla condivisione che questo gioco ha saputo promuovere.

La condivisione del gioco con i compagni della propria classe ha avuto un seguito

anche oltre la scuola, nelle case degli alunni. Alcuni bambini hanno insegnato il

gioco degli scacchi ai propri genitori, ai nonni, ai fratelli, sorelle, dando modo di

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passare più tempo insieme, e di condividere questa esperienza scolastica con la

propria famiglia.

“In famiglia hanno preso bene questa cosa, infatti ho fatto ritornare la passione a

mio padre che non ci giocava più da parecchi anni” (FRANCESCO F.)

“La mia famiglia mi ha aiutato ad allenarmi per il torneo, perché con la

scacchiera che avevo quasi tutte le sere sfidavo il mio babbo” (FRANCESCO L.)

“La prima volta che ho imparato e sono tornata a casa, la mia mamma, vedendo

che ormai io e il suo fidanzato Andrea sapevamo giocare, decise di imparare

anche lei.” (AILIGANDI')

“Quando ho portato la notizia in casa, i miei lo hanno apprezzato con tanta

felicità.. quando sono dal mio babbo almeno tre partite consecutive le facciamo

sempre” (LUDOVICA)

In alcuni casi, i bambini hanno dovuto insegnare il gioco ai genitori che non lo

conoscevano, occasione stimolante per mostrare a casa quanto appreso a scuola

“In famiglia i miei genitori sapevano giocare, ma ora non se lo ricordano più e

quindi io glielo devo insegnare” (TOMMASO)

“Appena ho insegnato alla mia famiglia a giocare a scacchi è diventata

un'ossessione si giocava sempre e ci si divertiva un sacco.” (GABRIELE)

Importante, in qualche caso il gioco ha permesso addirittura di migliorare i

rapporti all'interno della propria famiglia, rafforzandone la relazione

“Le cose in famiglia sono cambiate ho migliorato la vita dei miei, convincendoli a

giocare, piano piano ed hanno imparato” (NORA)

Questo progetto ha visto le famiglie degli alunni coinvolte dai propri figli nel

gioco degli scacchi. Passare il tempo a giocare a scacchi insieme è certamente un

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modo sano di passare il tempo in famiglia, un momento educativo da incentivare e

di cui beneficiare.

• Un'esperienza da replicare

Da quanto emerso in questa analisi, si può confermare la ricaduta positiva che il

progetto ha avuto da molteplici punti vista, da quelli propriamente didattico-

pedagogici fino a quelli relazionali.

Si può quindi concludere, anche a detta dei bambini stessi, che si tratta di

un'esperienza interessante da replicare, possibilmente da estendere in tutte le

scuole di ogni grado, ai bambini di tutte le età.

A confermare con forza tutto ciò, la totalità dei bambini i quali si augurano che

tale esperienza abbia un seguito in futuro.

“Penso che io posso continuare a giocare a scacchi a lungo. Questa avventura mi

ha insegnato molto e spero che continui ad avere questa passione anche in

futuro” FRANCESCO F.

L'augurio dei bambini è anche quello di poter andare avanti in questa esperienza

da soli, oltre la scuola, frequentando il circolo di scacchi, per poter apprendere

meglio questo gioco e, chissà, arrivare un giorno a diventare anche campioni.

“Nel futuro continuerò a giocare a scacchi, già ora sto andando tutti i martedì e i

venerdì al Circolo scacchistico all'Enjoy per allenarmi per i tornei che ci saranno

più avanti” (TOMMASO)

“Io penso che da grande diventerò campionessa e non abbandonerò mai il gioco

perché tra noi c'è un filo che ci permette di non staccarci mai” (NORA)

“Purtroppo le lezioni sono finite, comunque continuerò ad allenarmi al circolo

scacchistico per provare ad arrivare alle regionali” (NOEMI)

O chi, senza grandi propositi o obiettivi precisi, è rimasto comunque soddisfatto

dell'esperienza, facendo tesoro del piacere del gioco.

“In futuro la continuerò come hobby, senza fare tornei e grandi cose, ma non mi

scorderò mai delle dieci lezioni per imparare!” (FRANCESCO L.)

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“Non spero di diventare campionessa mondiale, ma almeno imparare a giocare

meglio di ora!” (RACHELE)

“Non so se in futuro darò ancora tanta importanza agli scacchi, ma sicuramente

non smetterò mai di giocarci perché farlo mi fa stare bene” (NOEMI)

4.4.2 I risultati raggiunti

Durante lo svolgimento del progetto è stato interessante notare come sia andata

mano a mano aumentando la capacità di concentrazione ed attenzione dei ragazzi.

Durante le ore di spiegazione del gioco, le lezioni sono diventate sempre più

“silenziose” fino ad esserlo completamente durante i momenti di gioco, ed è stato

palese come questo dipendesse dalla concentrazione ed attenzione totale dei

bambini mentre disputavano una partita.

Questo miglioramento dell'attenzione, come è stato riscontrato dall'insegnante, è

stato trasferito anche nelle altre attività scolastiche, che sono state affrontate dai

bambini con serietà e impegno sempre maggiore.

La sana competitività tipica del gioco ha contemporaneamente stimolato un

maggior senso di appartenenza al gruppo: i ragazzi si sono scambiati

considerazioni e ragionamenti, aiutati nei momenti di difficoltà nel gioco e, a

conclusione del progetto, si sono perfino organizzati a gruppetti per partecipare

alle serate del martedì e del venerdì organizzate dal Circolo scacchistico per

giocare fuori dell'ambito scolastico.

I risultati migliori nel ragionamento e nella logica si sono riscontrati proprio nei

bambini con difficoltà che in questo contesto hanno avuto a disposizione problemi

da risolvere forse più concreti di quelli proposti in ambito prettamente

matematico.

La successione delle mosse da dover elaborare mentalmente e talvolta anche

prevedere per giungere alla vittoria, introduce la scomposizione di situazioni

problematiche complesse in “passi” più semplici, in sequenze da percorrere per

arrivare alla soluzione.

Veramente notevoli le competenze a cui sono pervenuti quegli alunni che già

possedevano eccellenti capacità logiche e di ragionamento, per i quali gli stimoli

proposti hanno portato a risultati davvero di eccellenza.

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La scuola tendenzialmente lavora più sul recupero delle lacune che sul

miglioramento delle eccellenze; questo progetto si è presentato come una valida

opportunità per valorizzarle.

Un traguardo notevole è stato raggiunto al torneo di scacchi regionale studentesco

tenutosi a Montecatini il 7 aprile organizzato dalla FSI in collaborazione col

MIUR. Le scuole che hanno aderito al progetto partecipano rappresentate da

squadre di bimbi selezionati durante il torneo di Istituto. Della classe quinta A

sono passati 12 bambini (6 maschi e 6 femmine) che hanno rappresentato la

scuola Primaria “C.Collodi”.

Hanno ottenuto un ottimo secondo posto, con grande soddisfazione per questi

bambini ed entusiasmo da parte di genitori e insegnanti.

Per i bambini è stata una bella gara, ma soprattutto una bella esperienza di vita,

come loro hanno dichiarato.

Infine, un importantissimo dato da segnalare, il caso particolare di una bambina,

Noemi, di media bravura e caratterialmente molto timida, che si ha ottenuto il

primo posto nel Torneo di Istituto, ed è arrivata seconda al torneo di Grosseto

dove hanno partecipato le varie Scuole che hanno aderito al progetto.

Proprio questa bambina è stata la migliore nelle prove Invalsi in matematica che si

sono svolte a Maggio. Forse un caso, ma gli scacchi potrebbero aver dato il loro

contributo.

4.5 Gli scacchi a Donoratico: un’intervista a un’insegnante scacchista

La mia esperienza in presenza sul progetto di scacchi presso la scuola primaria

Collodi di Cecina Mare mi ha consentito di conoscere come questo gioco venga

presentato ai bambini attraverso questi corsi, di osservare come i bambini

accolgano questa iniziativa, e di valutare con l'insegnante di classe i numerosi

vantaggi educativi che derivano da questo tipo di progetto.

Intervistare l'istruttore che ha tenuto il corso ha reso più approfondito il lavoro,

arricchendolo di quegli aspetti utili per la didattica che dalla semplice

osservazione non potevano emergere.

Sono poi venuta a conoscenza di un'insegnante di scuola primaria di Donoratico,

Lida Coltelli, la quale non soltanto è maestra ma al tempo stesso anche scacchista.

Questo “binomio” in un'unica figura ha stimolato il mio interesse a conoscere il

suo modo di lavorare, in questo caso diverso dalla situazione tradizionale dove

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l'insegnante di classe molto spesso non conosce il gioco e si avvale dell'esperto

eterno attraverso il progetto.

Ho ritenuto quindi importante realizzare un'intervista ad un'insegnante giocatrice

di scacchi, la quale presenta ella stessa ai suoi alunni l'attività di scacchi, e non in

un corso di 10 incontri ma durante l'intero anno scolastico.

Ho posto all'insegnante domande relative all'utilizzo in classe degli scacchi,

cercando di far emergere le differenze di approccio rispetto a quelle di un

istruttore esterno, come nel contesto da me osservato:

-Da quanto tempo proponi il gioco degli scacchi ai tuoi alunni? In quali classi?

-L. Questo è il terzo ciclo. Presentai per la prima volta gli scacchi nell’anno

scolastico 2007/2008 ad una classe terza (a tempo pieno) a Castagneto Carducci.

È stata una proposta di mia iniziativa, al tempo non c'erano ancora nemmeno le

direttive europee, pur essendo presenti sperimentazioni sugli scacchi in Italia, ma

non nelle scuole della nostra zona. Proposi il mio progetto al Preside che me lo

approvò favorevolmente.

Gli alunni mostrarono tutti molto interesse ed impegno. Li riproposi quindi anche

l’anno successivo, sempre nella stessa classe (quarta) e, a conclusione del corso,

organizzai un piccolo torneo con tanto di premi e medaglie per ogni partecipante.

La presenza del presidente del circolo G. Greco di Cecina Luigi Luperi e di altri

scacchisti come Nelli Marcello contribuirono a dare all’evento la parvenza di

ufficialità e i bambini ne furono entusiasti! Purtroppo per loro, però, non fu

possibile proseguire il corso a causa della mia gravidanza. I bimbi erano

disperati, ovviamente non perché sentivano la mia mancanza ma per il fatto che

la mia supplente non sapeva giocare a scacchi! Dopo la maternità venni trasferita

a Donoratico, dove provai a reiterare l’esperienza (biennale) in una classe quarta

/quinta (anni 2012-13/2013-14). Anche in questo caso un torneo concluse il corso.

Da menzionare fu un piccolo torneo di scacchi organizzato da un professore della

Scuola Secondaria che vide come partecipanti e vincitori (primo, secondo e terzo

classificato) i miei ex-alunni di Castagneto e come arbitri/supervisori i miei

alunni del ciclo successivo. Esperienza bellissima! Quest’anno sto riproponendo

il corso alle mie due attuali classi terze.

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-S. Quali differenze sostanziali nel modo di lavorare con i bambini più piccoli e

coi più grandi (approccio diverso, materiali diversi, obiettivi diversi..)

-L. Esatto… approccio diverso, materiali diversi, obiettivi diversi… una cosa è

lavorare con bambini molto piccoli che rimandano a strategie didattiche peculiari

alla Scuola dell’infanzia, altra cosa è presentare gli stessi concetti a discenti che

ne hanno già acquisito una seppur elementare percezione. Basti pensare a termini

come “dentro”, “fuori”, “orizzontale”, “verticale”, “diagonale”, “perimetro”

ecc…

Potrai capire meglio cosa intendo leggendo il progetto di continuità Scuola

dell’Infanzia - Scuola Primaria che avevo presentato tre anni fa e che aveva

come filo conduttore appunto il gioco degli scacchi. Per ogni ordine di scuola si

prevedono attività e metodologie diversificate: scacchiera gigante da terra, giochi

di psicomotricità, filastrocche... per la Scuola dell'Infanzia”; invenzione di storie,

drammatizzazioni, costruzione di scacchi in cartapesta, scacchiera murale per i

bimbi della Scuola Primaria.

Tieni presente che io non sono solo un’istruttrice di scacchi ma sono, soprattutto,

un’insegnante di scuola Primaria e il mio interesse principale non è tanto quello

di addestrare tanti piccoli scacchisti ma, principalmente, quello di utilizzare

l’aspetto ludico degli scacchi a fini didattici ed educativi, ad esempio attraverso

l'acquisizione di determinati concetti geometrici e matematici, il rispetto

dell'avversario, il superamento dell'egocentrismo.

-Quali miglioramenti sono stati ottenuti in seguito ai corsi? In cosa? Sono stati

fatti dei test specifici o standardizzati per valutare i risultati ?

-L. No! Io non ho mai fatto alcun test standardizzato in merito. Non ne ho mai

sentito l’esigenza. Inoltre, la fase durante la quale si potrebbero “raccogliere i

frutti” del percorso svolto coincide anche con il passaggio dei bimbi alla Scuola

Secondaria di primo grado e, purtroppo, con la sospensione del progetto.

È quindi difficile, per me, stabilire in modo oggettivo la ricaduta che quest’attività

può aver avuto nel loro percorso didattico. Posso descrivere solo percezioni a

carattere soggettivo, per quanto frutto di osservazioni abbastanza sistematiche.

Bisognerebbe fidarsi degli studi fatti in quei Paesi dove, da anni, sono stati

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introdotti gli scacchi nei percorsi di studio. Ad esempio, mi è stato riferito da una

collega che nella sua classe è arrivato un bambino straniero da un Paese dell’Est

europeo che gioca benissimo a scacchi perché per lui erano disciplina scolastica.

Nell’impatto con la nostra realtà, ha avuto qualche difficoltà di tipo linguistico

ma nessun problema in ambito matematico. A dire dei docenti, ha capacità

logiche, di analisi e ragionamento nettamente superiori ai suoi compagni di

classe. Sarà un caso? Forse.

Ad ogni modo, ritengo che vedere bambini “agitati” che riescono a giocare

rispettando delle regole o che, per loro scelta, passano la ricreazione seduti, in

silenzio, davanti ad una scacchiera a disputare brevi partite sia già, di per sé, una

bella conquista e una bella riprova del valore educativo e socializzante che può

avere quest’insegnamento.

Anche il fattore integrazione non è da sottovalutare. Nel ciclo precedente ho avuto

una bambina senegalese, arrivata in classe quarta senza conoscere una sola

parola d’italiano che al torneo di scacchi di fine anno si è classificata seconda.

Un bel salto nel grado di considerazione e di rispetto dei compagni e, di riflesso,

una bella carica di autostima che si è poi tradotta in motivazione.

-Cosa, o quanto, servirebbe fare per avere un riscontro come ricaduta didattica dei

benefici degli scacchi?

-L. La risposta è piuttosto ovvia… servirebbe che il gioco degli scacchi divenisse

materia scolastica nelle scuole di ogni ordine e grado. Non basta imparare a

giocare. È necessario avere la possibilità di continuare a giocare!

-La scuola di Donoratico lo prevede nell'offerta formativa di quest'anno?

-L. No! Lo faccio solo io, nelle mie classi e per mia iniziativa. Forse il prossimo

anno, con la disponibilità dell’istruttore Nelli Marcello, riusciremo ad allargare

l’offerta formativa anche ad altre classi dell’Istituto Comprensivo.

-Ci sono stati degli ostacoli per la realizzazione di questi progetti ?

-L. Non ci sono soldi per l’acquisto del materiale… scacchiere, orologi… Il

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materiale che ho a disposizione (scacchiera murale, scacchiera gigante da terra,

libri ecc…) l’ho comprato a mie spese.

Di solito chiedo ai genitori di regalare una scacchiera ai figli in occasione del

Natale.

I Presidi che si sono succeduti si sono limitati a lasciarmi fare, almeno finché si è

trattato di un Progetto a costo zero.

-Qual è la differenza tra un corso tradizionale di 10 incontri e un corso interno

all'attività annuale? Come viene impostato ?

-L. È diversa la finalità! L’istruttore che entra in una classe per insegnare a

giocare a scacchi è costretto ad usare le 10 ore a disposizione, appunto,

unicamente per tale scopo. Io posso perseguire finalità diverse, prendermi tutto il

tempo che voglio, calare l’apprendimento del gioco in un contesto più

interdisciplinare, intrecciato alle altre discipline.

-Gli scacchi a livello interdisciplinare. Quali possibilità di utilizzo?

-L. Gli scacchi possono essere utilizzati per le varie discipline. Ad esempio li ho

utilizzati per introdurre i primi rudimenti di geometria attraverso la scacchiera

gigante facendo entrare e uscire i bimbi per i concetti “dentro” e “fuori”, o

facendoli camminare lungo il bordo per il concetto di perimetro; le coordinate

delle case (a1, b2..) sono utili per la geografia, insegnando l'orientamento

spaziale.

La possibilità offerta dalla scacchiera gigante di sperimentare col proprio corpo,

spostandosi fisicamente tra le case della scacchiera, che diventa qui uno spazio

“agito”, rafforza nei bambini l'apprendimento di concetti astratti.

Interessante lavoro è stato quello di far ricostruire ai bambini la scacchiera (si

parla sempre della scacchiera gigante non a telo unico ma fatta di quadrati

scomponibili). In questa operazione si vedono i bambini prendere i quadrati e non

saper bene come posizionarli per ricostruire l'alternanza quadrato bianco-

quadrato nero, soprattutto nella verticalità. Questa esperienza, importante per

l'acquisizione spaziale, è adatta coi bambini delle classi prime e seconde, ma

anche con le terze dove ancora in qualche caso, soprattutto le bambine, si

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continua a fare confusione tra la destra e la sinistra.

Non solo concetti matematici e geometrici, ma si può sfruttare l'alternanza del

bianco e del nero delle case per introdurre l'alternanza dei ritmi in musica.

Ci sono inoltre numerosi giochi psicomotori da poter fare con la scacchiera

gigante, utili per lo sviluppo dell'area motoria.

Per l'italiano si possono proporre storie da far costruire ai bambini con gli

scacchi come filo conduttore. Questo lavoro non lo propongo mai nel primo anno

in cui insegno scacchi, ma almeno il secondo anno perché per poter costruire una

storia legata agli scacchi i bambini devono possedere una conoscenza abbastanza

approfondita dei meccanismi degli scacchi (a partire da come si muovono i pezzi

sulla scacchiera).

L'utilizzo degli scacchi mi è stato utile oltre che per scopi propriamente didattici

anche a fini educativi. In particolare si prestano al superamento

dell'egocentrismo mettendo il bambino nella condizione di calarsi dal punto di

vista dell'avversario, riuscendo pian piano a capire che l'avversario non la pensa

come lui. La scoperta dell'altro da sé, che ha pensieri suoi differenti dai propri, è

una bella scoperta per questi bambini. Negli scacchi il bambino è costretto ad

ogni mossa a cercare di prevedere quello che potrebbe fare l'altro giocatore, non

solo prevedendo la mossa successiva ma anche le due/tre successive. Questa

mentalità, difficile da acquisire, è fondamentale nel gioco degli scacchi, e aiuta

molto a sviluppare la capacità di previsione. Durante il gioco è importante prima

di tutto avere una visione globale della scacchiera, visualizzare dove sono tutti i

propri pezzi, controllare se i propri pezzi sono attaccati oppure attaccabili dai

pezzi dell'avversario, vedere come si può agire per attaccare e cosa potrebbe fare

l'altro per difendersi. Una volta stabilito quale mossa fare bisognerebbe anche

vedere quante altre mosse migliori si potrebbero fare in quel momento.

Più si gioca più si acquisisce la capacità di visualizzare le variabili in maniera

più immediata. Ad alti livelli si riescono a memorizzare mosse di aperture e

difese.

Gli scacchi si sono rivelati un utile strumento anche per l'integrazione. In classe

ho avuto bambini stranieri che arrivano senza conoscere una parola di italiano

ma di fronte alla scacchiera questo tipo di ostacolo si annulla. Col gioco si

abbattono le barriere linguistiche e anche culturali, anzi ho potuto riscontrare

che i bambini dell'est sono spesso più predisposti per gli scacchi. Forse questo è

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dovuto anche a un fattore di mentalità perché i genitori stranieri sono spesso ben

disposti verso il gioco degli scacchi mentre tanti genitori italiani vedono gli

scacchi come un gioco da bar, soprattutto non adatto alle femmine che non sono

quindi troppo stimolate verso questa attività.

Ho visto tanti genitori non troppo disposti inizialmente, cambiare atteggiamento e

superare questo stereotipo col tempo, accettando questa attività soprattutto in

fase di torneo finale vedendo i figli raggiungere dei risultati in questo gioco.

Alcuni genitori non vengono neanche a vedere i propri figli al torneo, mentre quei

bambini che hanno l'appoggio e l'approvazione dei genitori subiscono

un'influenza positiva, mostrano più interesse a giocare, sia i maschi che le

femmine. Quando invece manca l'interesse dei genitori per il bambino diventa più

difficile, visto che a casa non riprendono in mano il gioco poiché non hanno

nessuno con cui giocare.

- Gli scacchi possono essere introdotti nella scuola primaria fin dalla classe prima.

Quali i motivi per cominciare coi bambini più grandi?

-L. Certamente avrei potuto presentare il gioco degli scacchi fin dalla classe

prima, quando mi fu assegnato il nuovo ciclo. Lo avrei fatto, in tutta onestà, se

fosse andato in porto il Progetto di continuità con la scuola dell'Infanzia da me

presentato nell'anno scolastico precedente 2013/2014, laddove i bambini che

iniziavano la prima con me, nel 2014, sarebbero stati quelli dell'ultimo anno della

scuola dell'Infanzia che, seguendo il progetto, sarebbero arrivati alla primaria

già preparati sull'argomento. Proporre subito un lavoro con gli scacchi senza

conoscere ancora i bambini, le loro situazioni, i genitori, non l'ho ritenuto

opportuno. Anche perché, come dicevo prima, l'atteggiamento dei genitori è

fondamentale nella misura in cui da una loro diffidenza verso il gioco deriva di

riflesso una diffidenza anche nei bambini. Il bambino che ascolta la lezione con

una certa motivazione a farlo, apprende sicuramente meglio rispetto al bambino

che a casa non è appoggiato dai genitori verso questa attività. L'atteggiamento

risulta diverso in quanto il bambino è meno interessato in conseguenza al

disinteresse dei genitori, i quali molto spesso trovano strano giocare a scacchi a

scuola, considerandolo una perdita di tempo che toglie spazio allo studio di cose

molto più importanti. Inoltre, un approccio sbagliato di un bambino influisce

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negativamente non solo su se stesso, ma condiziona anche i compagni perché il

bambino che non ha interesse crea disturbo e influenza l'attenzione degli altri.

A maggior ragione parto dalla classe terza perché il rapporto tra l'insegnante e i

bambini è sicuramente più consolidato; anche nel caso in cui ci fossero genitori

sfavorevoli, il bimbo ha fiducia nell'insegnante e quindi si fa condizionare di

meno dal genitore a casa.

- Come introduci ai bambini il gioco degli scacchi ?

-L. Per introdurre questo gioco ai bambini non parto mai dall'insegnamento dalle

regole, come avviene invece nei progetti tradizionali tenuti dagli istruttori esterni.

Generalmente parto dalla visione di un film, “Scacco matto nel Bronx”, che

ritengo molto adeguato per generare interesse nei bambini verso il gioco. I

protagonisti della storia sono bambini della scuola primaria che imparando a

giocare a scacchi riescono a superare le loro diverse problematiche, ma anche a

divertirsi, a condividere esperienze insieme, fino ad arrivare ai tornei nazionali e

vincere la coppa. La reazione dei bimbi è positiva: si crea una sorta di

identificazione che dà una motivazione forte; e dopo la visione di questo film c'è

sempre il desiderio di imparare a giocare. Una famosa frase del film “Se sai

giocare a scacchi nessuno può dirti stupido” per bimbi che hanno difficoltà o che

non si sentono all'altezza della situazione è una bella dose di incoraggiamento e

di stimolo ad imparare.

Il film crea entusiasmo e mi è utile per preparare il terreno per innestare tutto il

resto.

-Introdurre il corso di scacchi partendo da un racconto. Perché questa scelta, quali

vantaggi ? Come ci si può lavorare ?

-L. Attualmente insegno Italiano e quest'anno ho trovato un libro che prima non

conoscevo che mi è stato molto utile nel lavoro con gli scacchi. Introdurre

l’argomento partendo da una storia mi dà la possibilità di utilizzare un

linguaggio disciplinare, familiare a tutti i bambini e legato al loro vissuto

fantastico. Questo mi permette di catturare l’attenzione di tutti gli alunni.

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Il libro intitolato “Il segreto della soffitta83”, acquistato in forma di e-book, si

presta ad essere letto collettivamente sulla L.I.M. ed, inoltre, essendo strutturato

in capitoli che alternano storia a spiegazioni del gioco, mi consente di presentare

le regole in modo semplice e divertente.

È la storia di un bambino solitario con pochi amici, che un giorno trova in una

soffitta una scacchiera polverosa dalla quale sente una vocina con lo invita ad

entrare nella scacchiera saltandoci dentro. Inizialmente titubante e incredulo,

decide poi di fare il salto sicuro di rompere la scacchiera saltandoci sopra, invece

si ritrova piccolissimo all'interno della scacchiera dove interagisce coi pezzi del

gioco che gli spiegano che il loro mondo si sta sgretolando perché gli scacchi

sono caduti nell'oblio. Nessuno più si ricorda come si gioca a scacchi, nessuno si

ricorda più le regole perché nessuno ha più preso in mano la scacchiera per

giocare. I personaggi chiedono aiuto al bambino che se riuscirà a riscoprire le

regole del gioco darà loro modo di ritornare a vivere, e ricostruire il mondo degli

scacchi che altrimenti rischia di scomparire per sempre. È il Re che fa questa

richiesta al bambino che poi conoscerà tutti gli altri pezzi tra cui il cavallo, col

quale si sposterà in questo regno fino ad arrivare a conoscere l'altro Re che gli

darà ormai con un fil di voce le regole per giocare a scacchi. Imparando queste

regole riuscirà a salvare il mondo degli scacchi.

Quando si ritrova poi fuori della scacchiera, si ritrova a fare un torneo di scacchi

coi compagni di classe e riesce con sua grande sorpresa a giocare bene perché

ormai ha acquisito le regole. Capisce quindi che non si è trattato tutto di un

sogno come inizialmente aveva pensato, ma che può addirittura rientrare nella

scacchiera ed riuscire ogni volta che lo desidera. In sostanza, gli scacchi non

sono caduti nell'oblio perché qualcuno si è interessato a loro ridando vita al

gioco.

Il libro è strutturato in modo tale che la storia presenta, per ogni capitolo, un

personaggio del gioco; poi si interrompe la storia per descrivere le regole sul

movimento di quel pezzo. E così via, in un'alternanza tra racconto e spiegazione

delle regole.

In questo modo i bambini imparano a giocare senza quasi rendersene conto.

Dopo la lettura, ripresento alla scacchiera murale le regole apprese per

83 Riesco N., Vasquez J.A., Il segreto della soffitta, Milano, Salani, 2011.

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consolidarle.

Il libro così strutturato è utile per un insegnante perché si configura come una

sorta di lezione sugli scacchi, dove gli argomenti sono portati avanti in maniera

sistematica.

-La risposta dei bambini: ci sono differenze tra maschi e femmine nell'approccio

al gioco?

-L. Un po’ si! Spesso il retaggio culturale fa la differenza! Viene, sovente,

percepito come un gioco da maschi! L’alunno che impara a giocare, quando

torna a casa, trova un padre o un fratello pronti a giocare con lui o, quantomeno,

ad imparare con lui. Alle bambine accade meno di frequente. Anche per questo

motivo, alcune volte faccio giocare i bambini non tra di loro ma partite collettive,

dividendo maschi contro femmine per creare una motivazione nelle femmine.

-Qualifica e formazione di istruttore: quali novità introdotte dall'adeguamento

SNAQ: aspetti positivi o negativi di questa integrazione

-L. Nei corsi d’adeguamento sono stati inseriti argomenti nuovi. Psicologia dello

sport, per dirne uno, dove ci veniva spiegato ad esempio come gestire la sconfitta,

o come motivare gli atleti.. Tuttavia ho trovato le conferenze un po’ lontane dal

mondo scacchistico…erano più orientate verso altre discipline come l’atletica, ad

esempio. I relatori erano, perlopiù, insegnanti di educazione fisica della Scuola

Secondaria di Secondo Grado o preparatori atletici. Anche l'insegnante che ci ha

parlato del rapporto tra matematica e scacchi ha illustrato aspetti della

matematica che si insegnano alle superiori (le equazioni). L'aspetto didattico è

stato trattato ma a livello di scuola superiore. In quanto insegnante di primaria

non ne ho tratto spunti utili. Interessante a mio avviso l'intervento di Del Dotto84

che ha parlato del rapporto tra gli scacchi e il mondo femminile.

84 Riccardo Del Dotto (1974), Maestro di scacchi e vincitore del premio “Istruttore FSI

dell'anno 2015”, è Direttore della Scuola di Scacchi ASD nella sua città, Lucca. Insegna tramite corsi on-line a centinaia di allievi di ogni età e livello, dai principianti ai Maestri. Le lezioni, individuali o di gruppo, si svolgono mediante l'uso di Skype. Ogni percorso individuale è personalizzato: gli obiettivi da raggiungere vengono pianificati nella prima lezione a seconda del livello di partenza del giocatore.

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-Quale proposta innovativa sull'utilizzo del gioco degli scacchi a scuola?

-L. Per l'anno scolastico 2013/2014 ho predisposto un progetto di continuità per

la scuola dell'Infanzia “Il Parco” e la Scuola Primaria “G. Borsi” di Donoratico

dove insegno.

Il Progetto “Ecco a voi… il RE” nasce dalla richiesta, che mi fu rivolta

personalmente, di realizzare una proposta di raccordo fra i diversi livelli di

scolarità.

Alla luce della mia esperienza col gioco degli scacchi, ho subito pensato alla

possibilità di utilizzarli per questo progetto, forte della triplice valenza cognitiva,

etica e socializzante che essi promuovono.

La continuità non è un fenomeno compatto e unilaterale, ma articolato e

dinamico. Ecco che la continuità educativa tra Scuola dell'Infanzia e Scuola

Primaria dovrebbe essere un percorso graduale, teso ad offrire ai bambini

strumenti per poter affrontare il nuovo ciclo di studi in maniera serena. Un

percorso formativo considerato secondo una logica di sviluppo coerente, che

valorizzi le competenze già acquisite dall'alunno. Per questo, con le mie colleghe,

abbiamo pensato di attivare la continuità secondo la logica della ricerca e della

sperimentazione.

Da qui è nata l'idea di utilizzare gli scacchi e il contesto scacchistico come

strumenti educativi senza puntare all'insegnamento del gioco in sé, poiché di esso

ci interessano non la teoria scacchistica, ma gli aspetti metacognitivi, cognitivi,

affettivi, relazionali, etici e sociali connessi con le situazioni di gioco che

migliorano le capacità attentive e di concentrazione, implementano le abilità

metacognitive e mentalistiche con buone ripercussioni anche sullo sviluppo

emotivo, etico e sociale, soprattutto rispetto alle relazioni tra pari.

Dunque, tale progetto mira a supportare il bambino della scuola dell'Infanzia

nell'approccio con la scuola Primaria, mettendolo a contatto con gli ambienti

fisici in cui andrà ad operare attraverso attività laboratoriali improntate sul gioco

e sul gioco-lavoro. Punta anche a valorizzare l'unità della persona, attraverso

attività di gioco e narrazione integrate alla psicomotricità, concretizzando in

un'esperienza condivisa le funzioni socializzante cognitiva ed etica del gioco degli

scacchi.

Per riassumere il progetto nelle sue linee generali, gli obiettivi didattici previsti

erano quelli di: promuovere la conoscenza reciproca e relazionale tra gli alunni

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dei due ordini di scuola; creare aspettative positive verso l'ingresso nella nuova

scuola; facilitare l'integrazione degli alunni provenienti da culture diverse e degli

alunni diversamente abili; responsabilizzare i bambini più grandi con attività di

tutoraggio; migliorare la capacità di concentrazione; favorire lo sviluppo della

creatività; favorire l'autostima, l'autocontrollo e la conoscenza corporea;

potenziare il senso ritmico.

Nello specifico, gli obiettivi relativi alla Scuola dell'Infanzia prevedevano attività

che si situano nei diversi campi di esperienza, nel rispetto del raggiungimento

degli obiettivi ministeriali. In questo contesto, il gioco degli scacchi per i bambini

di 5 e 6 anni è stato pensato in ambito ludico, nel quale l'obiettivo ultimo non era

quello di insegnare a giocare a scacchi, ma introdurre nuovi concetti di tipo

numerico, spaziale, temporale, e implementare le capacità di movimento,

narrative e grafico-pittoriche.

Inoltre, le modalità attraverso le quali il percorso si compie non solo promuovono

la socializzazione tra bambini, ma fungono anche da strumento preventivo contro

comportamenti aggressivi, poiché il gioco-sport degli scacchi a livello etico e

sociale favorisce l'importante acquisizione a livello non verbale, quindi più

incisiva e duratura, di concetti etici.

Per la scuola primaria gli obiettivi prefissati erano: lo sviluppo dell'attenzione e

della memoria; le capacità logiche, di ragionamento, di analisi; le capacità di

ascolto e comprensione attraverso narrazioni di testi a sfondo scacchistico;

collaborare con i compagni nella stesura di storie e filastrocche; saper

rappresentare graficamente la scacchiera e i suoi pezzi; valorizzare il dialogo

interculturale.

Per quanto riguarda le modalità operative, l'attività viene articolata in unità

didattiche da portare avanti nel corso dell'anno scolastico, a partire da gennaio

fino a giugno.

Le lezioni sarebbero state così strutturate:

-Primi rudimenti sul gioco degli scacchi: esposizione teorica su scacchiera

magnetica per le classi quinte (3 incontri nel mese di gennaio)

-Invenzione della storia: i bambini lavorano a classi aperte divisi in gruppi alla

stesura di un testo fantastico che racconti il gioco degli scacchi (2 incontri nel

mese di febbraio)

-Ecco a voi.. 1°intervento alla scuola dell'infanzia: l'insegnante della scuola

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primaria racconta ai piccoli la storia prodotta dai compagni delle quinte,

presentando l'ambiente relativo alla narrazione: la scacchiera. Costruzione della

scacchiera gigante da pavimento.

-Psicomotricità sulla scacchiera: 2°intervento alla scuola dell'infanzia:

l'insegnante di primaria con l'aiuto delle colleghe dell'infanzia e dell'esperta di

musica A. Banchini, organizzano giochi di psicomotricità sulla scacchiera da

pavimento.

I bambini si muovono nel grande spazio della scacchiera gigante singolarmente e

in gruppo. Non ci si limiterà solo alla rappresentazione di movimenti scacchistici,

ma si sfrutterà la strutturazione dello spazio-scacchiera con il reticolato delle sue

64 caselle, il loro contrasto cromatico bianco-nero, le coordinate alfanumeriche

che indicano colonne e traverse per realizzare attività psicomotorie volte allo

sviluppo di competenze motorie cognitive affettive relazionali verbali e non

verbali

La scacchiera gigante rimarrà alla scuola dell'infanzia per dare modo ai docenti

e all'esperta Banchini di continuare le attività presentate nei tempi e nei modi

ritenuti opportuni durante l'arco del progetto.

Attività previste:

- I concetti topologici, spaziali, geometrici: SOPRA, SOTTO, PRIMA, DOPO,

DENTRO, FUORI, ORIZZONTALE, VERTICALE, DIAGONALE, DESTRA

SINISTRA, DAVANTI, DIETRO. Le attività proposte avranno lo scopo di fornire

strumenti ai bambini di orientamento spazio-tempo utilizzabili anche in altre

discipline.

- IL RITMO: bianco-nero

- GIOCHI STRUTTURATI. Es. i 4 cantoni, la campana (saltellare con un piede

nelle case nere e con due nelle case bianche), il ruba bandiera, la caccia al

tesoro, la battaglia navale, gira la ruota, scopri l'oggetto spostato, torre mangia

torre.

Tutti i giochi proposti avranno la finalità di far risolvere situazioni problematiche

ai bambini e quindi sviluppare la loro capacità di ragionamento.

-Entra in scena… l'alfiere...il cavallo...la torre

Seguendo il canovaccio iniziale i ragazzi delle quinte avranno il compito di

arricchire parti della storia inerenti alla presentazione di ogni personaggio.

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L'intento sarà quello di creare una sorta di racconto a puntate che verrà

riproposto e recitato ai piccoli dell'infanzia.

Alcuni gruppi produrranno canti e filastrocche relative ai vari pezzi sugli scacchi

(6 incontri di 2 h,nei mesi marzo e aprile).

-INTERVENTI ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA: Presentazione di ogni

personaggio.

Ogni “pezzo” del gioco verrà caratterizzato e presentato ai “piccoli” della

Scuola dell’Infanzia dai bambini delle classi quinte con brevi scenette (a piccoli

gruppi).

Utilizzando i concetti appresi nel corso dei primi incontri, verranno proposte,

sviluppate e risolte dai bambini situazioni problematiche più complesse.

Si introdurranno, sempre utilizzando giochi ed in forma fantasiosa, alcuni

concetti del gioco scacchi e verranno presentati i pezzi UNO ALLA VOLTA anche

per dare modo ai piccoli di sperimentare sulla scacchiera gigante i vari

movimenti.

Queste attività non hanno lo scopo di insegnare a giocare a scacchi ma solo di

fornire ai bimbi determinate abilità e/o conoscenze utili nelle varie discipline e

nella quotidianità, anche se saranno propedeutiche e funzionali ad un successivo

apprendimento del gioco degli scacchi.

Saranno, inoltre, presentate le filastrocche inventate dai “grandi”, che i piccoli

avranno il compito di imparare.

Potranno essere realizzati anche laboratori artistici per alimentare nuovi percorsi

mentali, fisici, emotivi e creativi, e favorire esperienze di espressività linguistica,

manuale e corporea.

6 incontri con tempi e date da stabilire (marzo - aprile – maggio)

- COSTRUZIONE DEGLI SCACCHI GIGANTI in cartapesta in previsione della

partita vivente di fine anno scolastico. Sotto la direzione artistica dell'esperto R.

Granucci.

Sono previste due uscite didattiche per permettere ai bambini di prendere

confidenza con i nuovi ambienti della scuola Primaria.

- MANIPOLAZIONE DEL TESTO FANTASTICO: Sempre a classi aperte gli

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alunni delle classi quinte manipolando il testo della loro storia avranno il

compito di stendere un copione facilmente memorizzabile da recitare in

collaborazione coi bimbi dei 5 anni.

-FESTA CONCLUSIVA (giugno)

Partita di scacchi vivente (classi quinte scuola primaria)

Rappresentazione della storia scritta ai bambini (sezione rosa e azzurra della

Scuola dell'Infanzia).

Questo progetto così ampio e ricco da me proposto, non ha trovato purtroppo

attuazione per ragioni per lo più di ordine organizzativo.

L'intento da parte mia è quello di ripresentare questo progetto ormai per l'anno

2018/2019 quando avrò i miei alunni in quinta, nella speranza venga approvato e

realizzato, fiduciosa della sua validità e dell'arricchimento che ne può scaturire

per i bambini dei due ordini di scuola.

Ho ritenuto interessante riportare l'esperienza dell'insegnante Coltelli che si è resa

estremamente disponibile, per avere un riferimento ulteriore di come gli scacchi

vengono utilizzati, o di come potrebbero esserlo, nella realtà scolastica a me

vicina.

Dando poi un ulteriore sguardo alle iniziative legate agli scacchi promosse nelle

scuole della mia provincia, ho avuto l'opportunità di conoscere un particolare

progetto attivato nelle scuole di Livorno dallo scorso anno, del quale parlerò nel

successivo capitolo.

4.6 Il progetto “Gioco scaccia gioco” nelle scuole livornesi

Il progetto “Gioco scaccia gioco. Scacchi e dama contro la ludopatia” è partito lo

scorso anno nelle scuole livornesi, coinvolgendo quindici classi tra scuole

materne, primarie e una classe di scuola superiore di secondo grado, raggiungendo

risultati davvero interessanti. A tal punto che quest’anno hanno partecipato al

progetto ben 41 classi di 18 scuole, tutte primarie ad eccezione di una classe di

scuola secondaria di primo grado.

L'obiettivo è quello di divulgare i giochi sani, gli sport per la mente, per arginare i

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rischi insiti nel mondo dei videogiochi e giochi on-line. In particolare, per

contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo85 patologico attraverso una forma di

prevenzione nelle scuole attuata con l’insegnamento del gioco degli scacchi e

della dama.

Il progetto è partenariato dalla sinergia tra 4 associazioni: ASD Livorno scacchi,

ASD Livorno dama, la Lega consumatori Livorno e la Lega consumatori Toscana,

finanziato dal Comune di Livorno.

Visto il successo della scorsa edizione, quest'anno il progetto è stato riproposto

nelle scuole, rinnovato però nei contenuti.

Alla lotta contro la ludopatia minorile e altre forme di disagio quali la

cyberdipendenza e il bullismo quali cause principali della dispersione scolastica, è

stata aggiunta quest'anno una sezione dedicata alle difficoltà di integrazione di

alunni con bisogni educativi speciali (BES) che ne diminuiscono sensibilmente la

socializzazione e il rendimento scolastico, e all'inclusione degli alunni con

diversità di lingua e cultura (visto il valore universale e il linguaggio universale

dei giochi). L'intento è nato a seguito della risposta positiva che proprio questi

bambini hanno mostrato lo scorso anno manifestando tanto entusiasmo verso

questo progetto.

Dunque, una parte del progetto è dedicata al fenomeno della ludopatia “Gioco

scaccia gioco”, e una ai BES “Gioco alla pari”.

Il progetto nasce principalmente da quella che si presenta come un'emergenza

sociale nella realtà livornese. Il proliferare di sale di gioco d'azzardo vicine a

molte scuole della città, la presenza di slot machine nei bar e nei circoli, attestano

una situazione abbastanza critica e di rischio per i giovani.

Gli scacchi e la dama, pur vantando di grande notorietà a Livorno (il campione del

mondo di dama in carica è un livornese) non fanno eccezione in questo clima

generale di crisi di valori.

I praticanti di questi giochi sono in calo, segno anche di un'insofferenza nell'uso

della mente, mentre in tutto il resto del mondo sono la disciplina sportiva

individuale più praticata.

Il progetto si propone come laboratorio di rinascita della città, attraverso il valore

antico, ma sempre attuale, della pratica sportiva del gioco fatto con intelligenza e

85 Quest’anno è stata raggiunta la punta di 95 milioni di euro spesi per il gioco d’azzardo (Fonti

ISTAT 2017).

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passione sia per sconfiggere le forme di dipendenza che per dare nuove

opportunità a soggetti problematici.

La ludopatia è ormai un fenomeno sociale consolidato e, in qualche misura,

persino accettato visto che è legale per i maggiorenni e presente in larga scala su

ogni tipo di media.

Perciò, se intervenire presso i minori è un dovere, è anche una forma di

prevenzione verso una problematica sociale.

Va anche detto che presso i minori il rischio di dipendenza si situa soprattutto nei

giochi d’azzardo on-line, dove il requisito della maggiore età viene facilmente

eluso tramite le tessere sanitarie degli ignari genitori.

Dall'illusione delle prime vittorie facili si precipita velocemente in un vortice di

indebitamento, dove spesso si ricorre anche a mezzi illeciti per procurasi il

denaro. Il minore si sentirà autorizzato anche a compiere furti prima in famiglia,

poi presso la scuola.

Questo triste fenomeno che il minore vive spesso in solitudine porta a

disgregazione sociale, rafforzata talvolta da genitori non troppo presenti, e

prolifera con il falso mito delle vittorie facili.

Viceversa, gli antichi, ma sempre attuali, giochi degli scacchi e della dama,

orientano il minore, e il praticante di qualsiasi età, a principi e obiettivi

radicalmente opposti.

Come mirabilmente sintetizzato dalla Written Declaration 50/2011 della Comunità

Europea approvata nel 2012 dal Parlamento europeo per il gioco degli scacchi,

essi vengono proposti in qualità di facilitare forme di aggregazione sociale,

accessibili veramente a tutti, caratterizzati da concetti quali lealtà, correttezza,

regole, creatività, intuizione, socializzazione, empatia emotiva e risoluzione dei

problemi.

Elemento da non sottovalutare è la “fisicità” di questo gioco, in cui attraverso la

percezione fisica dei pezzi di legno, o materiale plastico, la mente del bambino si

stacca da un'altra forma di dipendenza, ormai anch'essa ampiamente generalizzata,

verso ogni forma di immagine proveniente dai computer, i-phone, i-pad, e dalla

televisione.

La fisicità, spesso sottovalutata in riferimento agli sport della mente, si esprime

come momento educativo anche attraverso la vicinanza coi compagni di gioco, sia

nella sfida individuale che in quelle di squadra.

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E durante le spiegazioni in classe, dove all’utilizzo tradizionale della scacchiera

sul banco si affianca la tecnica della “mobilità scacchistica”, con la quale i

bambini impersonano sopra il pavimento dell’aula i personaggi dei due giochi per

imparare il movimento dei pezzi.

In ultimo, è fondamentale sottolineare il lato agonistico del gioco. Praticare gli

scacchi in modo agonistico favorisce la messa in circolo nel corpo di quella sana

adrenalina che caratterizza ogni competizione leale, in opposizione a quella

adrenalina non sana che porta alla dipendenza del gioco d'azzardo.

Il senso ultimo del progetto, e del suo nome, è appunto questo: “non si scaccia un

demone potente come il gioco d'azzardo con una mera attività ludica e ricreativa”.

È necessario instillare nei bambini il senso di competizione della voglia di vincere

però nel rispetto delle regole e usando fatica, concentrazione e talento personale.

La sezione del progetto “Gioco alla Pari” ha visto dopo ben 260 ore di didattica

la positiva e sorprendente reazione degli alunni con bisogni educativi speciali alla

pratica in classe del gioco degli scacchi.

Bambini iperattivi, dislessici e lievemente autistici si sono interessati

immediatamente, hanno fatto pienamente parte del gruppo di lavoro dimostrando

inaspettate capacità di concentrazione e socializzazione, e in alcuni casi anche

capacità logiche deduttive innescate da domande poste dall’istruttore in fase di

gioco.

Questa parte del progetto si propone quindi di incentivare il gioco anche in classi

in cui sono presenti bambini con bisogni educativi speciali, al fine di migliorarne

l'inserimento e l'apprendimento scolastico, di concerto ovviamente con

l'insegnante e l'insegnane di sostegno. Il traguardo auspicato è stato quello della

partecipazione di tutti i bambini all’apprendimento e al gioco.

Il gioco come forma di apprendimento soddisfa sia il desiderio di migliorare il

rendimento che di realizzare l'integrazione degli alunni che vivono situazioni di

marginalità, che spesso si riflettono anche nel loro ruolo sociale.

Sebbene finora nel progetto non si siano presentati casi simili, è importante

sottolineare che la stessa possibilità di integrazione è possibile anche nei confronti

dei soggetti con disabilità fisiche, dato che negli sport della mente non vi è

differenza tra persone normodotate o meno, come proprio la storia dei giochi ci

insegna con giocatori di altissimo livello pur in presenza di gravi forme di

disabilità.

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Gli scacchi sono accessibili anche a persone cieche, grazie a particolari

dispositivi, come l'esperienza di Ludovica Amato, la quattordicenne campionessa

italiana premiata dal CONI nel seminario per istruttori di scacchi patrocinato dal

Comune di Livorno, ha potuto dimostrare, unitamente al grande Andrea Bocelli,

grande appassionato di scacchi che si è esibito in una partita presso il liceo

scientifico di Forte dei Marmi (Carrara).

Il progetto si svolge a scuola in orario scolastico. Il momento didattico e di gioco

libero, parte portante del progetto per favorire l'aspetto ludico e la socializzazione,

prevede l'insegnamento dei giochi scacchi e dama secondo le metodologie

previste dal protocollo federale, ovvero sono previste 20 ore di insegnamento per

ogni classe, nel periodo da dicembre 2016 a maggio 2017.

Al termine di questo periodo gli alunni conosceranno le regole del gioco, nozioni

elementari di strategia e tattica, e un breve accenno alla storia delle due discipline

sportive. Si ricorda che la FSI e la FID sono da molti anni discipline associate del

CONI e che gli scacchi sono lo sport individuale più praticato nel mondo,

prevalentemente da teenagers, non così purtroppo in Italia.

Nel mese di giugno 2017 presso la Terrazza Mascagni si terrà come lo scorso

anno l'evento finale: un momento di incontro e di gioco con il corpo docente, le

famiglie e i ragazzi che disputeranno gare in simultanea e partite viventi

utilizzando come scacchiera la scenografica pavimentazione della Terrazza. Una

sana competizione di concentrazione, memoria, creatività ma anche divertimento

con i ragazzi vestiti da re, cavalli, torri e dame.

Nell'ottica di esportare questo progetto di successo, il 7 dicembre a Firenze

all'ippodromo delle Cascine si è disputata l'esibizione su 50 damiere e scacchiere

con i bambini delle scuole fiorentine per l'evento “la Toscana dei consumatori”.

Gli insegnanti delle scuole che hanno aderito al progetto hanno partecipato ad un

corso di formazione nell’ambito del progetto del MIUR “Scacchi a scuola” della

durata di 9 ore tenuto presso il CRED di Livorno ad Ottobre 2016, con una

partecipazione record di 40 insegnanti.

Il promotore di questo progetto è il maestro federale Andrea Raiano, con il quale

mi sono messa in contatto. Dal nostro incontro ho raccolto informazioni e

considerazioni su questa esperienza, alla quale non ho potuto assistere di persona,

ma che riporto come testimonianza di quanto gli scacchi si stiano inserendo nei

percorsi scolastici del nostro territorio con positivi risultati.

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4.6.1 Considerazioni sull'esperienza

Raccolgo qui quelle che sono le considerazioni di colui che ha proposto ed

attivato il progetto, evidenziando gli aspetti più salienti, le aspettative, e gli eventi

di restituzione.

Innanzitutto, dichiara Raiano, il progetto viene presentato ai bambini con l'intento

di far comprendere la differenza tra un gioco “buono” e un gioco “cattivo” (da

qui il nome “Gioco scaccia gioco” appunto) che agisca quasi da “anticorpo”,

perché un bambino che li sa distinguere ha più possibilità di assumere un

comportamento di difesa da quelli che sono i pericoli insiti nel gioco d'azzardo.

Per gioco d'azzardo, oltre il Gratta e Vinci si intende anche il Lotto, il Burraco,

che sono forme socialmente diffuse e accettate, ma che portano alla dipendenza.

Nella stesura del Progetto è chiaro questo principio per cui non si scaccia un

demone potente come il gioco d'azzardo con delle mere attività ludiche (come può

essere ad esempio il biliardino), ma ci vuole qualcosa che instilli anche al

combattimento, che susciti quella sana adrenalina che permetta di affrontare la

vita con una sana voglia di vincere, con la sana voglia di competere, però nel

rispetto delle regole.

Gli scacchi si prestano bene all'obiettivo, instillando nei bambini il concetto di

competizione ma nel rispetto delle regole; il concetto di agonismo, anche in

ambito più raccolto quale quello della classe. Viene insegnato che la regola nel

gioco non ammette eccezioni e che il divertimento scaturisce solo in presenza

dell’accettazione delle regole.

I bambini hanno capito che si è accettati in ambito sociale solo se si rispettano le

regole del gioco.

L’ora di gioco libero sotto la supervisione dell’istruttore, ha dato i risultati sperati

consentendo la pratica del gioco come momento ludico e liberatorio di emozioni,

in un vissuto relazionale intenso. Sono state gestite situazioni anche critiche quali

la voglia di vincere a tutti i costi, l’amarezza per la sconfitta, discussioni sulle

mosse ritenute non regolari, il tutto tra pianti e risate sotto lo sguardo sorpreso e

compiaciuto dell’insegnante.

Le insegnanti in questo progetto hanno interagito ottimamente con l’istruttore e

con i bimbi, supportando soprattutto le situazioni di disagio, presenti in molte

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classi.

L'esperienza vissuta in classe ha rivelato sostanzialmente quanto alla fine questo

gioco unisce i bambini, consentendo la partecipazione di tutti.

Ad esempio, ci possono essere alcuni bambini che tendenzialmente non mostrano

interesse per il gioco, molto spesso perché non viene praticato in famiglia, o

perché si tratta di un gioco poco considerato dai media italiani. Dalle domande

iniziali poste dagli insegnanti paradossalmente emergeva che i bambini sapevano

cosa fosse un gioco d'azzardo ma non conoscevano gli scacchi.

In classe si verificava fortunatamente un “effetto domino” positivo per quei

bambini che non trovavano interesse particolare nel gioco e per questo smettevano

presto di giocare.

Accadeva infatti che vedendo gli altri bambini impegnati nel gioco, erano

anch'essi invogliati a partecipare all'attività, anche se da spettatori, perché curiosi

di seguire le partite dei compagni. Questo permetteva in qualche modo di

apprendere, attraverso l'osservazione, le dinamiche del gioco.

Ciò sottolinea quanto il gioco fa interagire, crea spirito di emulazione e crea

desiderio di “esserci”. In particolare il gioco degli scacchi richiede la

partecipazione diretta; alla fine non si può rimanere solo spettatori. A conferma,

quei bambini che inizialmente erano rimasti solo ad osservare i compagni, hanno

poi manifestato la voglia di provare anche loro a giocare.

Gli scacchi in classe, secondo quanto ribadito dall'istruttore Raiano nella sua

esperienza, si sono rivelati davvero partecipativi, coinvolgendo tutta la classe,

anche quelle classi, in particolare le quinte, dove nei bambini più grandi è più

marcato il condizionamento della cultura di massa, che li orienta verso i giochi di

nuova generazione mentre gli scacchi vengono considerati come attività esclusiva

per adulti.

Fin dallo scorso anno si sono visti i risultati che gli scacchi avevano con i bambini

BES.

Per questo motivo è stata inserita nel progetto una parte specifica relativa ai

bambini con bisogni educativi speciali.

È chiaro che gli scacchi non possono fare miracoli, tuttavia danno la possibilità, ai

bambini con difficoltà di integrazione, di far emergere delle capacità che

nell'educazione curricolare a volte non riescono ad emergere.

Laddove il bambino non apprende o apprende in maniera inferiore alle aspettative,

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ma soprattutto non entra in contatto con la classe, con gli scacchi si è visto venir

fuori la capacità di entrare dentro la materia scacchistica nell'impegno per la

risoluzione dei problemi, nel trovare la mossa giusta, a volte in modo quasi

geniale, attraverso una vera e propria intuizione.

A questo riguardo, nella terza edizione del prossimo anno Raiano si propone di

poter arricchire il progetto aprendo un settore dedicato al così detto “genio

ribelle”, quel bambino problematico, certificato, ma che spesso possiede delle doti

geniali ma si ribella, anche verso il comportamento di massa della società stessa

che tende a metterlo nell'angolo per la sua natura problematica.

Questa proposta è emersa proprio a seguito della risposta positiva che nei progetti

passati ha visto il gioco degli scacchi diventare la passione di molti bambini con

BES, tra cui quelli con problematiche comportamentali violente, o appartenenti a

fasce sociali deboli che trovavano negli scacchi un riscatto sociale.

Questa è stata una ulteriore rivincita verso l'opinione errata, in Italia, per cui gli

scacchi siano un gioco d'élite riservato alle classi sociali medio-alte, ai “figli di

papà”, ma tutto questo è falso.

Certo, una famiglia con un buon contesto culturale chiaramente favorisce

l'apertura al gioco, ma non è assolutamente esclusivo di questo ambito.

Non è vero che possono giocare a scacchi solo i bambini più intelligenti o

culturalmente più preparati, mentre per gli altri non è adatto.

Questo è ampiamente dimostrato nella scuola, dove in classe è presente un

ambiente disomogeneo dove giocano tutti, dai bambini più capaci a quelli meno

ricettivi ma che attraverso il gioco ascoltavano e imparavano, mettendo alla prova

le proprie capacità.

Gli scacchi sono un gioco particolarmente educativo prima di tutto per la sua

storia: sono un gioco che nei secoli ha accompagnato la società, si è trasformato

con la società non è rimasto inerte nel tempo, era il gioco che andava per la

maggiore nelle corti rinascimentali italiane e aveva un ritmo “disteso” da corte

rinascimentale; oggi nel 2017 continuano ad adeguarsi ai ritmi della società, in

quanto non si tratta esclusivamente di un gioco necessariamente lento, poiché

esistono sia le partite lunghe ma anche quelle di dieci minuti. I bambini che sono

andati al campionato a Montecatini ad esempio, avevano mezz'ora a testa per

portare a termine la partita, e spesso concludevano anche prima del tempo a

disposizione.

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Gli scacchi sono un gioco per tutte le velocità, per tutte le menti, e anche per tutti i

caratteri. Ogni carattere trova negli scacchi un modo per esprimersi perché spesso

gli scacchi per i bambini rappresentano anche dei piccoli compagni di gioco:

torre, alfiere, cavallo, vengono affettivamente umanizzati.

Di frequente succede che i bambini tendano a muovere sempre un determinato

pezzo, perché sta loro più a cuore o più simpatico e a non muovere gli altri che

piacciono meno; per insegnare a non muovere sempre gli stessi, è utile fare ai

bambini questo paragone: “Immaginate che i pezzi sulla scacchiera siano i vostri

amici; fateli giocare tutti!”

Non discriminare un pezzo rispetto a un altro è utile ai fini del gioco, ma anche

per i rapporti coi compagni perché smuove nei bambini anche una riflessione sulla

simpatia e sull'antipatia verso gli altri.

Il rapporto tra gli scacchi e materie scolastiche, come già ribadito, trova ottimi

spunti nella didattica scolastica.

Gli scacchi si collegano per molteplici aspetti principalmente alla matematica, ma

anche alla geografia. Gli scacchi offrono uno spunto per lavorare su questa

materia.

La scacchiera stessa è paragonabile a una mappa geografica con le sue coordinate

cartesiane, la numerazione alfa-numerica; è di grandissimo aiuto per i bambini che

hanno problemi di orientamento. Inoltre, la scacchiera ricorda molto la classe per

la sua forma quadrata, così come anche il numero dei pezzi, 32, non è troppo

lontano dal numero dei bambini di una classe.

È interessante riportare un aneddoto di una bambina di classe seconda, che a un

certo punto della lezione si dichiara stanca, con mal di testa, e di volersi fermare.

In realtà si trattava di un suo disagio nel condividere l'attività insieme agli altri.

L'istruttore con molta calma le chiede di guardarsi intorno e quanti fossero i suoi

compagni (27); “e secondo te ogni bambino si comporta allo steso modo?” “No,

tutti si comportano in maniera diversa!”. “Ecco allora tieni a mente che gli

scacchi sono un gioco molto “più facile” della tua classe! Ad esempio sappiamo

che ci sono 8 pedoni e che si comportano tutti quanti allo stesso modo; mentre

non ci saranno mai 8 bambini che si comportano in maniera identica. Se ti

abituerai agli scacchi, un giorno ti abituerai anche a stare meglio nella tua classe

coi tuoi compagni”.

Gli scacchi oltre a presentare collegamenti con le discipline scolastiche, italiano,

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storia e geografia, offrono anche spunti per far conoscere ai bambini film che

trattano questo argomento: la filmografia per bambini, soprattutto estera, è ricca di

riferimenti agli scacchi, dal famosissimo Harry Potter e la pietra filosofale, dove

si svolge una partita a scacchi tra i maghi rivisitata in chiave magica; ad Alice

dietro lo specchio dove la piccola Alice vive un'avventura giocando una partita a

scacchi, impersonando un pezzo degli scacchi.

In Italia invece gli scacchi sono stati a lungo trascurati in ambito educativo, se non

addirittura avversati, e il motivo secondo l'opinione di Raiano potrebbe risiedere

nella paura presente nella mentalità scolastica italiana nei confronti della

competizione, vista con sospetto e fonte di pericolo per i ragazzi.

La scuola deve dare modo ai bambini di maturare uno spirito agonistico

competitivo sano, quale può offrire il gioco degli scacchi altrimenti questi

bambini nella società non saranno competitivi. Non si deve arrivare a

demonizzare la tecnologia, ma neanche la tecnologia può sostituirsi alla vita di

relazione. Deve essere un supporto formativo, comunicativo, ma non prendere il

posto della vita reale.

Tra l'altro, la tecnologia non rientrerebbe in quello che i ragazzi davvero cercano e

richiedono: nei laboratori di scacchi effettuati nelle scuole di Livorno quasi

nessuno ha chiesto l'uso delle tecnologie digitali. Tutti i bambini, tranne uno,

hanno voluto giocare con gli scacchi fisici, piuttosto che giocare con il software,

per un impulso naturale a voler toccare i pezzi con mano, a volersi confrontare

con il proprio compagno, a giocare con l'amico e stare in contatto con gli altri.

Viene preferito quindi dai bambini un approccio sostanzialmente più “umano”.

Non dimentichiamo, a questo proposito, che la crescita della mente umana non è

avvenuta solo attraverso l'uso della vista e dell'udito, ma in larga parte attraverso

l'uso delle mani, ovvero l'uomo si differenzia dagli altri essere viventi soprattutto

per questa capacità. È appunto il tatto, la mano, l'organo di senso che amplia la

corteccia cerebrale; la vista e l'udito hanno un impatto più passivo.

Un altro traguardo di notevole soddisfazione sottolineato da Raiano, riguarda il

fatto che i bambini che hanno seguito il progetto in orario scolastico, dimostrano

di aver apprezzato gli scacchi scegliendo di giocarci a ricreazione, dando una

continuazione a ciò che hanno appreso al corso di dieci incontri; questo in

particolare si è verificato tra i maschi, in misura minore nelle femmine.

È in atto, a questo riguardo, l'ideazione di un progetto di parità “Di dame, di re e

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di robot”86, che si propone tramite gli scacchi di favorire il contatto tra le bambine

e la matematica, per rafforzare il rapporto con questa disciplina che vede le

femmine solitamente meno coinvolte e con atteggiamento distaccato verso la

materia. Lo scopo è quello di creare, attraverso un gioco, una maggiore vicinanza

alla matematica.

In conclusione si può affermare, come raccontato da alcuni insegnanti, che il

progetto ha dato i frutti sperati. I ragazzi hanno raccontato di aver giocato a

scacchi anche in famiglia, ricreando quell'atmosfera di solidarietà che combatte i

disagi e la solitudine. Per non parlare dell'importante interazione tra età e

generazioni, nonni e nipoti.

L'insegnante Claudia Potini della scuola “G.Rodari” ha aderito quest'anno per la

prima volta al progetto nella sua classe quinta rimanendo entusiasta nel constatare

un miglioramento nelle capacità di concentrazione e attenzione, nel rapporto di

lealtà verso il compagno-avversario, ma soprattutto, degno di nota, il

comportamento dei 2 bambini iperattivi (con diagnosi ADHD) che sono riusciti a

giocare seduti ai tavoli immobili per tutto il tempo della partita. Un traguardo

notevole vista la loro difficoltà.

Inoltre nella classe sono presenti anche 5 bambini con BES, di cui 2 si sono

classificati tra i primi 6 per i campionati regionali. Il valore aggiunto è stato

l'aumento di fiducia in se stessi che ne è scaturita, ripercuotendosi positivamente

nell'interazione coi pari che è risultata potenziata.

A dimostrazione della ricchezza che può generare il gioco degli scacchi a scuola.

86 Progetto del dipartimento delle pari opportunità previsto per il prossimo anno scolastico

2017/2018 se verrà approvato.

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CONCLUSIONI

Obiettivo di questo lavoro, giunto al termine, è stato quello di riflettere sulla

straordinaria importanza della pratica degli scacchi a scuola, considerato il grande

potenziale pedagogico che caratterizza questo gioco dal punto di vista educativo e

rieducativo.

Il gioco degli scacchi fa comunemente pensare a situazioni che richiedono

intelligenza, grande concentrazione, capacità di sviluppare ragionamenti e

congetture per strategie vincenti, ottima memoria visiva e l’indispensabile grande

controllo delle emozioni.

Un gioco che in apparenza viene da attribuire al dominio di pochi, che si presenta

come esercizio di logica ferrea e di fredda determinazione.

Ho iniziato questo percorso con questa convinzione di base; ma l’esperienza degli

scacchi a scuola ha ampliato questa visione incompleta, mettendo in luce che non

è solo questo, ovvero che in realtà è un gioco per tutti e che non esistono qualità

più o meno innate che lo condizionano. Anzi, le abilità e le potenzialità che sono

state sollecitate in ogni singolo e diverso bambino hanno toccato anche capacità

più nascoste e insospettabili.

Bambini con difficoltà di apprendimento sono riusciti a sviluppare una maggiore

capacità di riflessione; alcuni bambini demotivati hanno dimostrato fiducia in se

stessi vedendosi capaci di riuscire nel gioco; bambini poco propensi al rispetto

delle regole hanno sviluppato un maggiore autocontrollo.

È stata una piacevole scoperta che anche la fantasia e la creatività possono

sprigionarsi dalla scacchiera, vedendo i pezzi passare da semplici oggetti, rigidi

nei loro movimenti, animarsi nella mente dei bambini che si sono divertiti a creare

filastrocche, rime e storie magiche su re regine, alfieri e cavalli, o che essi stessi

hanno impersonato muovendosi sul grande spazio della scacchiera gigante

simulando partite viventi. Un approccio, questo, di natura ludica e interattiva

particolarmente avvincente per bambini della scuola primaria, ed interessante

anche per i più grandi.

Un’attività-gioco dunque dalle risorse inesauribili che concorre alla formazione

globale del bambino perché in grado di stimolare e potenziare lo sviluppo

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mentale, la formazione del carattere e della coscienza sociale attraverso l’avvio di

automatismi.

Ricordando quanto raccomandato dalle Indicazioni per il Curricolo per cui la

scuola si impegna ad utilizzare e a far utilizzare tutti i canali di comunicazione

oltre a quello verbale, si può dire che il gioco degli scacchi costituisce un

linguaggio alternativo, con il quale ogni giocatore può comunicare al suo

avversario la propria strategia di gioco, le proprie capacità logico-deduttive.

La rete di attività che si può costruire attorno al gioco consente di legare tutte le

discipline permettendo la trasposizione delle competenze nei vari ambiti,

matematici, linguistici, espressivi, per una globale acquisizione di tutti i tipi di

linguaggio.

Il gioco degli scacchi può costituire un’importante esperienza di crescita a scuola

ma anche in altri contesti, come momento di incontro e di relazione all’interno

della famiglia, come spazio aggregativo all’interno del gruppo dei pari, quindi

strumento di supporto all’apprendimento in ambiti educativi strutturati scolastici

ed extrascolastici.

L’esperienza in classe presso la scuola di Cecina mi ha permesso di venire a

contatto con una delle modalità possibili di presentare il gioco degli scacchi ai

bambini di scuola primaria, nello specifico in una classe quinta per tutto l’arco del

progetto e in forma più breve in una classe terza, conoscendo quello che è stato un

progetto base di scacchi ma che ha dato dei risultati notevoli e visibili. È stato

importante poter assistere, ma anche intervenire con una piccola inchiesta rivolta

ai bambini che ha permesso di trarre un evento di restituzione concreto

sull’esperienza vissuta. Pur non avendo effettuato test specifici di valutazione

riguardo precise competenze, le loro testimonianze rappresentano indubbiamente

un prezioso feedback che avvalora gli scacchi come risorsa didattica.

Ho constatato quanto sia di fondamentale importanza il tipo di approccio

nell’insegnamento ai bambini, in particolare il grado di empatia trasmesso

dall’istruttore che ha fatto la differenza. E il fatto che per insegnare gli scacchi a

scuola non sia sufficiente una buona preparazione sportiva, come ancora

erroneamente qualcuno pensa, ma si rivela essenziale saper trasmettere ai bambini

la passione per il gioco, dalla quale vengono inevitabilmente contagiati. Ho

riscontrato chiaramente emergere questo aspetto emotivo nei bambini che

seguivano l’istruttore soprattutto per la sua passione e la sua persona.

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Un corso di scacchi a scuola può far emergere bambini più bravi che si

distinguono nella disciplina sportiva arrivando anche ad ottimi risultati. Ma

sicuramente anche quelli meno portati per il gioco hanno comunque tratto il loro

vantaggio, poiché ho visto tutti interessarsi, incuriosirsi e senza dubbio divertirsi

insieme ai propri compagni. E di riflesso è stato riscontrato in questa esperienza

quanto l’esigenza dei bambini a soddisfare il loro bisogno di divertimento e

curiosità faccia aumentare di pari passo l’ambito delle conoscenze.

L’augurio, a questo punto, che le basi per lo sviluppo di crescita acquisito

attraverso il gioco degli scacchi possa nei bambini continuare a dare i suoi frutti

anche in futuro.

Alla luce di quanto osservato e di quanto appreso attraverso le testimonianze

raccolte in questo lavoro, si può ritenere che nel contesto scolastico del territorio

livornese l’attività con gli scacchi è stata favorevolmente recepita dagli

insegnanti, apprezzata pienamente dagli alunni e dai genitori, e si è constatato

quanto si stia evolvendo sempre di più nei vari Circoli Didattici, grazie alla forte

azione divulgativa e ai soddisfacenti risultati ottenuti in questi recentissimi anni.

Un dato importante per quello che rappresenta oggi la cultura del gioco nel nostro

Paese.

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