informazione locale febbraio 2013

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O gnuno di noi è abituato a concepire il gesto di alzarsi, stare in piedi e cam- minare tanto spontaneo quanto quello di respirare. Per qualcuno, invece, questa capacità tutt’altro che scontata rimane bloccata nei ricordi. Ma a distanza di 44 anni dallo sbarco dell’uomo sulla Luna ci ritroviamo nel 2013, che sorpassa le date di film di fantascienza in cui l’uomo e la macchina vivono in simbiosi - come 2001 Odissea nello Spazio. Se simili progressi non si sono ancora realizzati, si intravedono ‘finestre’ in cui l’uomo si avvicina sempre di più verso un aiuto ar- tificiale concreto. E questa volta ne è fiera testimone Umbertide, dove, all’Istituto Prosperius Tiberino, trova impiego una straordinaria struttura robotica che ren- de le persone affette da deficit motorio agli arti inferiori capaci di stare in piedi e camminare. Si tratta di un esoscheletro, che viene indossato esternamente agli indumenti, sviluppato dall’azienda sta- tunitense Ekso Bionics. Ekso, questo il nome del dispositivo presentato alle au- torità nel febbraio del 2012, fa parte del progetto riabilitativo dalla fine di giugno, come racconta il dr. Paolo Milia, respon- sabile dell’area neurologica dell’Istituto Prosperius Tiberino e colonna portante del programma di riabilitazione roboti- ca. «Abbiamo già trattato una ventina di pazienti affetti da patologia spinale, che normalmente è di natura post-traumatica. Oltre ad essere stato il primo centro in Europa ad utilizzare questo dispositivo, Mensile gratuito di informazione Autorizzazione del Tribunale di Perugia n. 27 del 01/10/2008 Direttore responsabile Giovanni Codovini - Stampa Digital Editor S.r.l. Anno VI - N. 2 Febbraio 2013 I CACCIATORI ABITUDINI ALIMENTARI NUOVA TASSA:TARES SOCIETÀ CIVILE ESOSCHELETRO, UNA SPERANZA DALLA PROSPERIUS Anche se è diventato un po’ scontato, nel dibato pubblico, il riferimento alla società civile, fino a farla diventare un “mito”, nella nostra situazione umberdese la società civile è veramente un caposaldo della comunità. È una specificità nostra, paragonata anche ad altre realtà. Non c’è seore della vita ciadina che non sia mobilitato (e nobilitato) da associazioni private, organizzazioni di volontariato, comita ciadini, gruppi di consumatori, forme di collaborazione pubblico-privato. La pubblicazione curata dal Comune fotografa bene il quadro generale. L’avità che svolge la società civile non solo è meritoria per quello che fa (e fa tanssimo), ma essa ha assunto ad Umberde anche un’ulteriore funzione fondamentale, quella di essere un riferimento educavo e di crescita. Si pensi, solo come esempio, per non escludere altre realtà, come alcune società sporve costruiscano ambien di riferimento formavo in tuo l’arco dell’anno araverso stage, campus e momen ludici. Tuo ciò significa un radicamento nella comunità. Tuavia c’è un “però”. Però questo associazionismo non è ancora stato valutato nella sua straordinaria portata progeuale ed è tempo di conferirgli un ruolo anche istuzionale. Una vera rappresentanza. Allora perché - e qui lanciamo la proposta del nostro giornale - non pensiamo, anche da subito, ad allargare il Consiglio comunale con un consigliere aggiunto dell’associazionismo? Non solo si renderebbe coordinato quel mondo, ma soprauo parteciperebbe con cognizione di causa alle diverse decisioni che riguardano la comunità nella quale è radicato. Si istuirebbe, inoltre, quel ponte tra istuzioni e società civile che è il cemento della crescita di una cià. Se poi questo non fosse possibile (o non lo si vuole) perché non allargare le commissioni consiliari al contributo permanente del volontariato e dell’associazionismo? Non va dimencato che mol dei proge realizza e in fase e di realizzazione, ges poi dal “privato sociale” e dall’associazionismo, sono sta pensa e realizza senza il loro contributo. Un’anomalia che va superata per il bene civico della cià. GIOVEDÌ 28 FEBBRAIO DALLE 20.00 SUA MAESTÀ IL PORCO GIOVEDÌ 28 FEBBRAIO DALLE 20.00 SUA MAESTÀ IL PORCO via L. Grilli, 63 - 06019 Umbertide ZONA PIAGGIOLA per info e prenotazioni tel. 075 9412008 via L. Grilli, 63 - 06019 Umbertide ZONA PIAGGIOLA per info e prenotazioni tel. 075 9412008 comitato Slow Food Alta Umbria

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Il mensile free press di Umbertide

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Page 1: INFORMAZIONE LOCALE FEBBRAIO 2013

Ognuno di noi è abituato a concepire il gesto di alzarsi, stare in piedi e cam-

minare tanto spontaneo quanto quello di respirare. Per qualcuno, invece, questa capacità tutt’altro che scontata rimane bloccata nei ricordi. Ma a distanza di 44 anni dallo sbarco dell’uomo sulla Luna ci ritroviamo nel 2013, che sorpassa le

date di film di fantascienza in cui l’uomo e la macchina vivono in simbiosi - come 2001 Odissea nello Spazio. Se simili progressi non si sono ancora realizzati, si intravedono ‘finestre’ in cui l’uomo si avvicina sempre di più verso un aiuto ar-tificiale concreto. E questa volta ne è fiera testimone Umbertide, dove, all’Istituto Prosperius Tiberino, trova impiego una straordinaria struttura robotica che ren-

de le persone affette da deficit motorio agli arti inferiori capaci di stare in piedi e camminare. Si tratta di un esoscheletro, che viene indossato esternamente agli indumenti, sviluppato dall’azienda sta-tunitense Ekso Bionics. Ekso, questo il nome del dispositivo presentato alle au-torità nel febbraio del 2012, fa parte del

progetto riabilitativo dalla fine di giugno, come racconta il dr. Paolo Milia, respon-sabile dell’area neurologica dell’Istituto Prosperius Tiberino e colonna portante del programma di riabilitazione roboti-ca. «Abbiamo già trattato una ventina di pazienti affetti da patologia spinale, che normalmente è di natura post-traumatica. Oltre ad essere stato il primo centro in Europa ad utilizzare questo dispositivo,

Mensile gratuito di informazioneAutorizzazione del Tribunale di Perugia n. 27 del 01/10/2008 Direttore responsabile Giovanni Codovini - Stampa Digital Editor S.r.l.

Anno VI - N. 2 Febbraio 2013

I CACCIATORI ABITUDINI ALIMENTARI NUOVA TASSA:TARES

SOCIETÀ CIVILE ESOSCHELETRO, UNA SPERANZA DALLA PROSPERIUSAnche se è diventato un po’ scontato, nel dibattito pubblico, il riferimento alla società civile, fino a farla diventare un “mito”, nella nostra situazione umbertidese la società civile è veramente un caposaldo della comunità. È una specificità nostra, paragonata anche ad altre realtà. Non c’è settore della vita cittadina che non sia mobilitato (e nobilitato) da associazioni private, organizzazioni di volontariato, comitati cittadini, gruppi di consumatori, forme di collaborazione pubblico-privato. La pubblicazione curata dal Comune fotografa bene il quadro generale. L’attività che svolge la società civile non solo è meritoria per quello che fa (e fa tantissimo), ma essa ha assunto ad Umbertide anche un’ulteriore funzione fondamentale, quella di essere un riferimento educativo e di crescita. Si pensi, solo come esempio, per non escludere altre realtà, come alcune società sportive costruiscano ambienti di riferimento formativo in tutto l’arco dell’anno attraverso stage, campus e momenti ludici. Tutto ciò significa un radicamento nella comunità. Tuttavia c’è un “però”. Però questo associazionismo non è ancora stato valutato nella sua straordinaria portata progettuale ed è tempo di conferirgli un ruolo anche istituzionale. Una vera rappresentanza. Allora perché - e qui lanciamo la proposta del nostro giornale - non pensiamo, anche da subito, ad allargare il Consiglio comunale con un consigliere aggiunto dell’associazionismo? Non solo si renderebbe coordinato quel mondo, ma soprattutto parteciperebbe con cognizione di causa alle diverse decisioni che riguardano la comunità nella quale è radicato. Si istituirebbe, inoltre, quel ponte tra istituzioni e società civile che è il cemento della crescita di una città. Se poi questo non fosse possibile (o non lo si vuole) perché non allargare le commissioni consiliari al contributo permanente del volontariato e dell’associazionismo? Non va dimenticato che molti dei progetti realizzati e in fase e di realizzazione, gestiti poi dal “privato sociale” e dall’associazionismo, sono stati pensati e realizzati senza il loro contributo. Un’anomalia che va superata per il bene civico della città.

GIOVEDÌ 28 FEBBRAIO

DALLE 20.00

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GIOVEDÌ 28 FEBBRAIO

DALLE 20.00

SUA MAESTÀIL PORCO

via L. Grilli, 63 - 06019 Umbertide ZONA PIAGGIOLA per info e prenotazioni tel. 075 9412008via L. Grilli, 63 - 06019 Umbertide ZONA PIAGGIOLA per info e prenotazioni tel. 075 9412008comitato Slow Food Alta Umbria

Page 2: INFORMAZIONE LOCALE FEBBRAIO 2013

siamo oggi i secondi al mondo per qualità e quantità di pazienti trattati». Allo stato attuale Prosperius utilizza l’esoscheletro a scopo riabilitativo collaborando con importanti centri americani ed europei. Il dr. Milia, ad esempio, questo mese ha in programma la presentazione in una nuova struttura in Belgio dei dati raccolti. La sfi-da è quella di ottimizzare la riabilitazione di coloro che non riuscirebbero al alzarsi dalla sedia a rotelle attraverso l’analisi della tipologia dei pazienti e l’entità dei benefici. Il progetto è iniziato con la presa di coscienza delle opportunità di applica-zione del dispositivo, con un’attenzione verso aspetti prettamente scientifici. As-sieme al direttore sanitario, dr. Marco Caserio, il nostro intervistato ha visitato diversi produttori mondiali e la scelta di acquistare l’esoscheletro è caduta sulla californiana Ekso Bionics che ha fornito, con trasparenza, dati che hanno permesso di valutare la correttezza scientifica dello studio alla base dello sviluppo del robot. È nata così una collaborazione proficua che, lungi dall’essere conclusa con l’ac-quisto, è invece da intendersi all’inizio, come testimonia l’azienda americana nel-la persona della business unit manager Ilona Laarman, intervistata da Informa-zione Locale: «i servizi offerti includono anche la formazione per i fisioterapisti incaricati a loro volta di istruire i pazienti all’uso della tuta Ekso. Questa fase edu-cativa ha richiesto due settimane per la specializzazione nell’utilizzo della tuta Ekso con lo scopo di migliorare la cura dei disabili». Prosperius ha già accumu-lato una notevole esperienza e fatto com-piere ai suoi pazienti oltre 55mila passi. «Inoltre, forniamo un servizio di aggior-namento software e la tuta sarà control-lata per verificare che tutto proceda per il meglio» - proprio come un accurato ta-gliando della nostra automobile (ndr). Ma

un futuro prossimo sembra riservarci altre sorprese, tra un anno sarà presentata una versione personale che renderà possibile attività motorie come alzarsi in piedi, pas-seggiare, salire le scale, nella tranquillità della propria casa. «Oggi il paziente con lesioni spinali riesce a guidare l’automo-bile con l’ausilio di dispositivi tecnologi-ci»: secondo Milia la scienza sta facendo progressi incredibili, e se le cellule stami-nali rappresentano un percorso valido ma ancora lungo, la tecnologia già permette, con l’utilizzo domestico dell’esoschele-tro, di lavorare e garantire una migliore qualità di vita. A breve Prosperius impie-gherà pure nei pazienti affetti da malattie cerebro-vascolari la tuta robotica, i cui sviluppi riguarderanno – ci informa Ilona Laarman - coloro colpiti da ictus, sclerosi multipla, Parkinson. Un lavoro con alta valenza scientifica che qualificherebbe il centro tiberino come il primo al mondo, grazie anche alla realtà locale. «La città di Umbertide, il Sindaco e le autorità hanno collaborato allo sforzo della Prosperius e se oggi siamo qui - spiega il responsa-bile dell’area neurologica - si deve anche al territorio in cui riusciamo a lavorare». Ma com’è nata l’idea alla base di que-sto dispositivo? La tecnologia militare è notoriamente uno dei settori in cui si in-vestono maggiori risorse per la ricerca. E non fanno eccezione gli esoscheletri, già visibili all’opera nella loro versione ultra-avanzata in film come Iron Man o District 9, e sviluppati nel mondo rea-le da poche aziende che già producono modelli di seconda o terza generazione allo scopo di potenziare forza e resistenza fisica dei soldati. Quindi il lato positivo è che le invenzioni in campo bellico, pur suscitando timore, possono essere adat-tate per l’utilizzo in altri ambiti, com-preso quello medico, accendendo molte speranze. Secondo la manager d’origine

olandese, Ekso Bionics aveva già costru-ito un esoscheletro per le forze armate di fondamentale importanza per lo sviluppo di Ekso: «HULC (Human Universal Load Carrier).Si tratta di un dispositivo che consente al soldato di sollevare e traspor-tare carichi pesanti per lunghe distanze e a velocità superiori, fino a poter corre-re». Laarman aggiunge che la versione medica è attualmente commercializzata a circa 100mila euro ma si ritiene che i costi potranno diminuire in relazione al progresso della tecnologia. Ma intanto qual è il riscontro dei pazienti utilizzato-ri? L’entusiasmo è la sensazione che il dr. Milia legge nei loro occhi. Tornare a stare in piedi e guardare le cose da una prospet-tiva diversa da quella di una sedia a rotel-le già rappresenta un beneficio immenso. «È proprio su questo aspetto emotivo che sto puntando, grazie anche al nostro neu-ropsicologo, per cui i pazienti trattati con l’esoscheletro vengono valutati anche da tale punto di vista, con risultati eccellenti. Il paziente con lesioni spinali spesso va incontro ad un quadro di depressione che riusciamo a valutare con test specifici, che mettono in luce il netto miglioramento in seguito al trattamento con Ekso». Si trat-ta, secondo il dr. Paolo Milia, di «pazienti neurologici con esiti di patologie spesso molto gravi, che portano a non cammina-re più, a perdere le funzioni cognitive o l’utilizzo della parola, nei quali l’aspetto emotivo e motivazionale ha un’impor-tanza fondamentale». La tecnologia è un mezzo al servizio dell’uomo, il quale ne decide il fine ultimo e la natura. D’altra parte l’esoscheletro, seppur agli albori, fornisce a coloro che sono immobilizzati una risorsa già accessibile. Ma soprattutto dà speranza, che nutre la forza di volontà di chi si trova davanti ad un ostacolo ap-parentemente insormontabile.

Barbara Castelletti

L’Inchiestacontinua dalla pagina precedente

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Page 3: INFORMAZIONE LOCALE FEBBRAIO 2013

l’IntervistaSIMONETTA CIRILLI: LA GEOLOGIA RIPORTA ALL'ORIGINE

In questo numero proponiamo l’intervi-sta alla Dott.ssa Simonetta Cirilli, una

illustre geologa umbertidese attualmente ricercatrice e docente presso l’Università di Perugia.Come nasce la sua passione per la Ge-ologia e qual è il suo lavoro?«Tra i ban-chi di scuola, nell’ultimo anno di Liceo Scientifico frequentato ad Umbertide, una giovane prof.ssa di Scienze mi trasmise questa passione per la geologia. Si parla di fine anni ‘70, quando la geologia era una disciplina ancora sconosciuta ai più, ma con un fascino particolare perché apriva una finestra di conoscenza impor-tante sulle nostre origini, sulla grandezza e sulla fragilità del nostro pianeta, sulle sue risorse. Mi sono lasciata affascinare da tutto ciò e ho iniziato con molto entu-siasmo la mia carriera di studente prima e quella di ricercatore e docente universita-rio dopo. Attualmente sono docente pres-so il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Perugia, dove svolgo anche la mia attività di ricerca che, fre-quentemente, mi porta all’estero». In cosa consistono i suoi studi attuali?«Mi occupo di geologia del sedimentario, cioè di capire dove e come si sono formate le rocce sedimentarie e quali proprietà fi-siche hanno acquisito nel corso della loro storia geologica. L’obiettivo è ottenere va-rie informazioni, tra cui le condizioni fisi-che, chimiche e biologiche dell’area in cui i sedimenti si sono accumulati, per svilup-pare modelli utili a ricostruire le geometrie dei corpi sedimentari. Queste poi possono essere utilizzate in molti modi, ad esempio nella ricerca di georisorse (idrocarburi, mi-nerali, acqua), o nell’individuazione delle aree a potenziale rischio sismico. Questo, soprattutto per chi come me fa ricerca di base, è un lavoro di equipe in cui si integra-no e confrontano dati, ipotesi e soluzioni derivanti da approcci interdisciplinari».

Come si configura a livello geologico la nostra zona dell’Alto Tevere? «In quest’area affiorano rocce sedimentarie formatesi a partire da circa 200 milioni di anni fa. Si sono deposte in ambienti sedimentari prevalentemente marini suc-cedutisi nel corso delle ere geologiche. L’intera area inoltre è stata interessata da una complessa attività tettonica che dal Giurassico inferiore (200 milioni di anni

fa ca.) si è protratta, con caratteristiche e modalità diverse, fino al Pliocene supe-riore (3 milioni di anni fa ca.) ed è ancora attiva. L’Alta valle del Tevere è un bacino estensionale generato da una faglia diretta di importanza regionale, tuttora attiva e caratterizzata da deformazione asismica e da microsismicità».Girano voci tra le genti del territorio che Monte Acuto sia un ex vulcano. Conosce l’origine di questa finta ve-rità e qual è in realtà la sua vera con-figurazione geologica? «Monte Acuto non è mai stato un vulcano, cosi come non lo sono gli altri rilievi montuosi del territorio. Presumo sia la sua morfologia appuntita, che nell’immaginario collet-tivo ricorda la struttura di un vulcano, a farlo ritenere tale. In realtà le rocce che lo costituiscono, così come quelle di tut-to il territorio umbertidese e di gran parte dell’Umbria, sono rocce sedimentarie».Lei è stata una delle ultime allieve del Prof. Gianpaolo Pialli. Potrebbe ricor-

darci la sua importante figura e ciò che i suoi insegnamenti le hanno lascia-to professionalmente? «Il Prof. Pialli è stato il mio mentore. Uno scienziato di enorme spessore. Mi ha insegnato ad amare e ad interessarmi alla Geologia in tutti i suoi aspetti. Da studente le sue le-zioni erano appassionanti, stuzzicavano la nostra immaginazione, la nostra sete di sapere. Da collega era una fonte inesau-ribile e generosa di consigli, di idee e di incentivi ad andare avanti e a migliorare. Da lui ho imparato ad apprezzare il va-lore del lavoro di equipe, dello scambio generoso di idee, di progetti e ad acquisire la consapevolezza che solo attraverso la sinergia di diverse competenze è possibile ottenere risultati apprezzabili e a miglio-rare le proprie conoscenze». In che modo l’Università contribuisce alla conoscenza geologica del nostro territorio? Esiste uno specifico piano di interventi da attuare nella nostra zona?«L’area è stata oggetto di numerosi studi e nel 2010 io e alcuni geologi dell’Uni-versità di Perugia, con il patrocinio del comune di Umbertide, abbiamo organiz-zato un convegno per illustrare le poten-zialità, in termini di risorse geotermiche, dell’area di Umbertide e più in generale della Alta Valle del Tevere. Venne orga-nizzato a seguito della scoperta di un gia-cimento di acqua calda (tra 33 °C e 37 °C) incontrato a circa 90 m di profondità in un pozzo scavato dal Comune, presso il Mo-lino Gamboni (Mola Casanova). Recen-temente il comune ha mostrato interesse alla realizzazione di un percorso geologi-co lungo le pendici di Monte Acuto, che illustri, in modo comprensibile anche ai non addetti ai lavori, gli aspetti geologici più significativi di questo territorio. Ho dato la mia disponibilità e quella dei miei collaboratori curarne la realizzazione».

Annalisa Bargelli

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Page 4: INFORMAZIONE LOCALE FEBBRAIO 2013

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Page 5: INFORMAZIONE LOCALE FEBBRAIO 2013

La PiazzaIMPEGNO E PASSIONE: IL MANUALE DEL CACCIATORE

Nel mondo industrializzato e tecnologicamente avanzato di oggi

la caccia non è più necessaria a procurarsi del cibo tuttavia per molti non ha smesso di rappresentare una fetta importante di vita. Alcuni intendono l'attività venatoria come un hobby, altri come una passione forte nella quale profondere impegno e dedizione. Per capire in che modo l'attività venatoria si è diffusa nel nostro territorio e i cambiamenti che si sono verificati nel tempo ci siamo avvalsi della testimonianza del sig. Ezio Corsetti, tesoriere della Federcaccia di Umbertide: «La nostra associazione vanta una lunga tradizione e attualmente conta 470 iscritti mentre l'intera comunità di cacciatori umbertidesi è costituita da circa 700 unità». Dalle parole di Corsetti si può evincere come il mondo della caccia stia soffrendo di un non adeguato ricambio generazionale: «La caccia oggi è soggetta ad un calo fisiologico, nel senso che i cacciatori più anziani che abbandonano l'attività non vengono sostituiti dai giovani i quali dimostrano di essere orientati prevalentemente verso altri interessi. Tutto ciò ha portato ad una lenta riduzione della comunità dei cacciatori che anni fa era costituita da più di mille persone». Corsetti ripercorre anche le tappe dei cambiamenti che hanno contribuito a trasformare la caccia nel corso degli anni : «Come tutti gli aspetti della vita anche la caccia ha risentito degli effetti del progresso tecnologico. Una volta si andava tutti a piedi e anche le armi erano meno sofisticate, basti ricordare che i fucili avevano solo due colpi. Con il tempo si è modificato anche il tipo di selvaggina che popola le nostre zone: a starne, lepri e selvaggina migratoria, si sono aggiunte altre specie che non si conoscevano ma oggi molto

diffuse: cinghiale e fagiano. Questo aspetto ha contribuito a cambiare le regole della caccia ma, allo stesso tempo, anche a favorirne la continuità». Aspetto fondamentale da considerare quando si parla dell'attività di un cacciatore è quello del rapporto con l'ambiente nel quale svolge la sua attività; a questo proposito Corsetti dichiara: «Le regole che un cacciatore deve rispettare per la salvaguardia dell'ambiente sono

molto semplici;per esempio non deve danneggiare piante o utilizzarle per costruire capanni oppure abbandonare i bossoli sul terreno. In generale si può dire che il cacciatore quando viene a contatto con l'ambiente deve attenersi alle regole del buon senso e di civili rapporti tra persone». Sui tipi di caccia più diffusi: «Esiste la caccia di appostamento, che però viene poco praticata oppure la cosiddetta caccia libera che ognuno svolge con il proprio cane nella forma che più preferisce». Come detto sembra che oggi i giovani non siano particolarmente attratti dal mondo della caccia; tuttavia sfugge a questa tendenza l'esperienza di Roberto Fiorucci, umbertidese di 24 anni che già da tempo coltiva questa passione trasmessagli dalla sua famiglia: «Mio padre e mio zio sono cacciatori e

anche mio nonno lo era. È grazie a loro se ho cominciato a interessarmi al mondo della caccia anche se credo che la passione per questa attività la si debba possedere innata e che l'influenza dei familiari serva più che altro a farla emergere». Roberto è un appassionato della caccia a tutto tondo, ma c'è n'è una variante che predilige in modo particolare: «Preferisco dedicarmi a quei tipi di caccia che valorizzano di più il rapporto con il cane e in particolare alla caccia con il cane da ferma, nella quale il suo ruolo è quello, una volta individuata la selvaggina, di bloccarsi in ferma per indicarne la presenza. Credo che per un cacciatore il momento più bello non sia quello dello sparo, quanto il lavoro di squadra che si viene ad instaurare con il cane ed in questo senso la caccia con il cane da ferma rappresenta una vera e propria sfida che prevede un intenso impegno nell'addestramento del cane e una profonda soddisfazione nel momento in cui esso dimostra di aver appreso i tuoi insegnamenti». Anche per Roberto aspetto importante dell'attività venatoria è il rapporto con l'ambiente: «La formazione di un cacciatore verte anche al rispetto dell'ambiente e delle persone. È triste talvolta vedere come luoghi che dovrebbero essere incontaminati risultano invece essere deturpati da rifiuti di vario genere. Ogni cacciatore ma anche ogni persona che ama l'ambiente dovrebbe adoperarsi perché questo non accada». In conclusione Roberto ci dice cosa rappresenta per lui la caccia: «Non un semplice hobby, ma una parte importante della mia vita che richiede tempo e dedizione e che mi consente di essere a contatto con la natura, di vivere a pieno il rapporto con il mio cane, e di consolidare l'amicizia con persone che condividono con me questa passione».

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Page 7: INFORMAZIONE LOCALE FEBBRAIO 2013

TARES: LA NUOVA TASSA COMUNALETasse che vanno e, soprattutto, tasse

che vengono. Un tema più che mai d’attualità in questi giorni di campagna elettorale. Al centro dello scontro tra i principali leader politici è stata soprat-tutto l’Imu. Ma c’è un altro tributo in-trodotto dal decreto “Salva Italia” con il quale tutti gli italiani dovranno presto fare i conti. È la Tares, la nuova tassa comunale su rifiuti e servizi che, in pri-mavera, sostituirà la vecchia Tarsu (tariffa sui rifiuti solidi urbani). Abbiamo provato a comprendere come funzionerà questo nuovo tributo e cosa cambierà, soprattutto nel nostro territorio, facendoci aiutare da un esperto: Marco Silvestrelli, respon-sabile del settore tributi del Comune di Umbertide. Partiamo dall’inizio, dalla genesi della Tares. Come detto viene in-trodotta dal decreto legge 201 del 2011, il cosiddetto decreto “Salva Italia” del go-verno Monti. Il pagamento è originaria-mente diviso in quattro rate nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre del 2013. In realtà questa normativa subisce modi-fiche di rilievo, su tutte il dl 1 del 2013 che fa slittare il pagamento della prima rata a luglio 2013. Dunque nessun nuovo tributo fino all’estate? E’ ancora troppo presto per dirlo: «Il quadro normativo è incompleto - sottolinea Marco Silvestrelli - e si prevedono altre modifiche, con un probabile anticipo della scadenza della prima rata ad aprile». Questo per quanto riguarda la tempistica. Aprile o luglio, però, prima o dopo la Tares arriverà quindi cerchiamo di capire come e quanto inciderà sulle nostre tasche. C’è un punto fondamentale per comprendere la natura della nuova tassa: la Tares, oltre a sosti-tuire la Tarsu per lo smaltimento dei rifiuti, introduce una maggiorazione che dovrà coprire i cosiddetti “servizi

indivisibili comunali”. Si tratta dell’il-luminazione pubblica, dell’anagrafe, del mantenimento del verde pubblico e così via. Lo Stato taglierà i fondi destinati ai Comuni per garantire questi servizi e gli enti locali dovranno reperirli attraverso la Tarsu. Come? Con una maggiorazione di trenta centesimi di euro a metro quadro, aumentabile fino a 40. «Il Comune - spie-ga Marco Silvestrelli - dovrà decidere con deliberazione consiliare le tariffe e l’eventuale innalzamento di 10 centesi-mi a metro quadro della maggiorazione».

Come si può facilmente intuire, quindi, i sindaci si troveranno a recitare l’impopo-lare ruolo di esattori per conto dello Stato. Per tutti questi motivi la Tares è stata de-finita da molti “la piccola Imu”, non solo perché viene calcolata sulla superficie calpestabile di tutti gli immobili (abita-zioni, capannoni, esercizi commerciali) ma soprattutto perché, sempre basandosi sulla metratura della casa, dovrà coprire anche il costo di altri servizi. Un aumen-to rispetto alla Tarsu è scontato anche se, ad oggi, non è ancora possibile quan-tificarlo con precisione. Bisognerà atten-dere la definizione del quadro tariffario, così come venne ibdividuato per la Tarsu. Nel Comune di Umbertide, per esem-

Economia

pio, si pagava 1,24 euro a metro quadro per le abitazioni private, 2,62 euro per le attività industriali e 5 euro per ristoranti, bar e gelaterie (tariffe anno 2011). Da più parti, però, i conti hanno provato a farli e i numeri sono quelli di un piccolo salasso. Innanzitutto l’aumento sarà molto più alto per i Comuni (e sono la grande maggio-ranza, circa 6700 su 9000) che non han-no introdotto la Tia, la tariffa ideata nel 1997 dall’allora Ministro dell’ambiente Edoardo Ronchi. Prevedeva che gli utenti pagassero esattamente per quanto usufru-iscono del servizio di smaltimento rifiuti. Molti Comuni non l’hanno applicata per-ché, nonostante il principio più che con-divisibile, spesso finiva per penalizzare i cittadini, maggiori produttori di rifiuti so-lidi rispetto, per esempio, agli uffici. Per i Comuni senza Tia l’aumento sarà, secon-do stime ufficiali dell’ufficio studi della Cgia, superiore al 20% nel centro Italia. Andrà peggio, sempre secondo questi dati, per le abitazioni private: +35,4% nel centro Italia per un’abitazione di 100 metri quadrati. La mazzata peggiore, se-condo Confcommercio, arriverà per gli esercizi commerciali: l’aumento medio è stato calcolato addirittura nell’ordine del 293%. Chiudiamo con qualche buona notizia: la Tares, dovrebbe essere para-metrata sulla vecchia Tarsu, in maniera tale da rimandare un po’ l’aumento, che dovrebbe essere più consistente nelle ulti-me due rate. Ancora, come spiega Marco Silvestrelli: «Sono stati fugati tutti i dubbi sulla sua natura tributaria con la conse-guente esclusione dell’assoggettamen-to ad IVA». Infine, almeno nel Comune di Umbertide, i cittadini non dovranno fornire nessun dato all’amministrazione comunale che dispone già di un archivio informatico degli immobili.

Riccardo Milletti

Page 8: INFORMAZIONE LOCALE FEBBRAIO 2013

LIBERPUCCI: CENTRO DI CULTURA ED INCONTRISocietà Civile

L’ultima libreria. La Liberpucci dallo scorso anno, dopo la chiusura dalla

libreria Gulliver, è rimasta la sola libreria presente ad Umbertide. Proprio per que-sto abbiamo voluto sentire le sorelle Anna e Laura Beatini, che da alcuni anni gesti-scono quest’esercizio, soprattutto per ca-pire cosa significa al giorno d’oggi avere in mano le redini di un importante spazio per l’interazione culturale in una cittadi-na come la nostra e quali sono le strategie da attuare per agire contro l’inasprimento della crisi che ha colpito anche il campo dell’editoria cartacea. Da quanto tempo la Liberpucci è pre-sente ad Umbertide?«La libreria aprì il 27 giugno 2004 gra-zie ad una persona straordinaria, Maria Antonietta Pucci e a suo marito Attilio. È stata lei l’anima, il cuore e soprattutto il cervello di questa piccola libreria indi-pendente, ossia fuori dalle logiche della grande distribuzione che impone autori e spazi espositivi».Cosa significa gestire una libreria al tempo della crisi?«È inutile ribadire le difficoltà che af-fliggono tutte le attività e le persone nei momenti di crisi economica e soprattutto culturale, ma teniamo a sottolineare come chi sceglie di gestire una libreria, qualsia-si siano le condizioni generali, lo fa per passione e amore verso la lettura. Questo vale anche per i nostri clienti; chi ama i libri non sembra volervi rinunciare anche se ciò comporta sacrifici di altra natura.»Che tipo di clientela usufruisce del vo-stro esercizio?«Più che di clientela ci piace parlare di lettori, amanti della lettura, persone spin-te dall’amore per i libri. Il nostro “fiore all’occhiello” sono sicuramente i clienti che abbiamo “ereditato” dalla gestione di Maria Antonietta, tutta improntata allo

scambio di idee, proposte, consigli tra libraio e lettore. Con molti di loro si in-staura un vero e proprio rapporto di ami-cizia e intesa culturale; spesso accade che siano proprio loro a consigliare pubblica-zioni che altrimenti ci sarebbero sfuggi-te. Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro che ci hanno dato, con le loro indicazioni, un prezioso aiuto. Allo stes-so modo dobbiamo ringraziare i piccoli lettori: i bambini che, fin dai primi mesi di vita, imparano ad amare i libricini e a crescere con loro. Per loro abbiamo creato

uno spazio speciale e colorato. A questo proposito ci lasciamo guidare dal proget-to nazionale “Nati per leggere”, uno stru-mento di grande utilità sia per i librai che per gli educatori in genere, che promuove e consiglia la lettura ai più piccoli come strumento imprescindibile per la loro cre-scita e formazione».Come valutate il rapporto tra giovani e lettura?«L’idea che ci siamo fatte in questi anni è che c’è un’ampia fascia di giovani che sembra non essersi appassionato alla let-tura. Spesso leggono solo per dovere sco-lastico e non risultano incuriositi da altro. Potrebbe apparire uno scenario deprimen-te se non fosse per quella minoranza di giovani lettori che quotidianamente ve-diamo entrare in libreria anche solo per il piacere di essere circondati da libri e po-

terne respirare l’odore. In loro riusciamo a vedere come concretamente la lettura sia una vera e propria passione e un pia-cere ad ogni età».Oltre ai libri quali altri prodotti posso-no essere acquistati nella vostra libre-ria?«Nasciamo come libreria e lo scopo pri-mario per noi rimane fornire una buona scelta di titoli sia tra le novità che tra i classici e best-seller; essendo una piccola realtà abbiamo puntato sul servizio che permette ai nostri lettori di avere, nel più breve tempo possibile, il libro che desi-derano ma non trovano subito. Inoltre abbiamo affiancato ai libri dei prodotti il più possibile affini alle attività educative; ad esempio giochi in legno, colori, giochi per lo sviluppo della creatività, della logi-ca e della fantasia dei bambini. Da alcuni mesi, infine, il nostro socio commercia-lizza la sigaretta elettronica “eco-smoke”, per cui abbiamo adibito un angolo della libreria a questo prodotto che sembra es-sere una più salutare alternativa al fumo di sigaretta».La libreria è un luogo di incontro cultu-rale o solo commerciale?«La nostra “idea” di libreria è quella di un luogo di comunicazione, fermento, scam-bio culturale, discussione e formazione. In tal senso cerchiamo il più possibile di tenerci aggiornate e formarci per poter dare ai nostri lettori validi e mirati con-sigli su cosa leggere. Purtroppo ad oggi, per varie difficoltà, non siamo riuscite a concretizzare molti degli obiettivi che ci eravamo prefissate, ma ci stiamo già atti-vando in progetti quali le letture animate per i piccoli e incontri con giovani auto-ri».

Alessandro Minestrini

!!!

Mare Nostrum

Cotidianum

Silvano Conti

Collana poetare

Silvano Conti è nato il 12 luglio del 1951 ad Umbertide dove

risiede e vive dalla nascita. Diplomato presso l’Istituto Tecnico

per Geometri Ippolito Salviani di Città di Castello, ha lavorato

in un’importante Azienda locale del settore meccanico.

Personalità poliedrica che spazia dalla musica (drummer in una

formazione rock negli anni ‘60), alla pittura (illustrazioni e

dipinti sulla tematica di “Apettando l’attesa” ed. Prhomos 1988)

alla botanica, alla micologia di cui è profondo conoscitore

(Classificatore presso il Circolo Micologico Perugino negli anni

80). È caparbio podista con predilezione verso il gran fondo

(maratoneta con varie gare disputate tra cui tre maratone a New

York ); profondo conoscitore delle problematiche sociali e dei

meccanismi del lavoro (è stato a lungo impegnato nel sociale),

autodidatta nella conoscenza del latino e studioso delle lingue

vernacolari e dei dialetti che ne derivano; amante del Jazz, della

musica classica e della buona musica in generale. Il filtro della

vita ha trasformato, comprimendo il suo tempo libero, la sua

predilezione naturale per la prosa, ma ha accentuato, elevandolo

all’ennesima potenza, il valore intrinseco della sua poesia che

esplode, ad ogni lettura, con significati intensi di rara

magnitudine.

€ 20.00

Silv

ano

Cont

i

Mar

e No

strum

Cot

idia

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9 788896 330258

ISBN 978-88-96330-25-8

Carlo Andrea Bollino

Silvia Micheli

L a b o r a to r i

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GLI ULTIMI GIORNI PER SCEGLIERE IL FUTURO

Il Campus “L. da Vinci” di Umbertide ha predisposto un ricco programma di

iniziative di orientamento rivolte agli alu-nni delle classi terze delle Scuole Medie del territorio che presto dovranno sceg-liere quale Scuola Superiore frequentare il prossimo anno scolastico. Dal 21 gen-naio fino al 28 febbraio, infatti, i geni-tori dovranno effettuare direttamente ed esclusivamente on line l’iscrizione dei propri figli all’indirizzo di studio della scuola prescelta; occorre seguire le is-truzioni della guida messa disposizione dal MIUR. Per questo il Campus “L. da Vinci” ha messo a disposizione post-azioni multimediali e personale di segreteria che supportano i genitori durante l’ iscrizione on line. Presso il Campus “L. da Vinci” sono attivi sette indirizzi di studio distribuiti su tutti i set-tori dell’istruzione: si può scegliere tra cinque tipi di Liceo- Liceo Scientifico, Liceo delle Scienze applicate, Liceo Linguistico, Liceo delle Scienze Umane, Liceo Economico-Sociale- , un indi-rizzo tecnico con due specializzazioni - ITI “Meccanica,Meccatronica ed Energia” - e un indirizzo professio-nale - “Servizi Commerciali”. Oltre alle giornate di Scuola Aperta (Open Day) anche a febbraio 2013, genitori ed alu-nni potranno incontrare individualmente i docenti dei singoli indirizzi di studio per riflettere ed approfondire l’offerta formativa dell’Istituto. «I ragazzi che stanno concludendo le Scuole Medie devono in questi giorni decider il loro futuro; è, quindi, importante che alunni e genitori siano ben informati sull’offerta formativa delle scuole del territorio», spiega il Dirigente Scolastico, prof.ssa Franca Burzigotti. I sette indirizzi

di studio che possono essere frequentati ad Umbertide coprono l’intera gamma dei settori formativi dell’ordinamento italiano: Licei, Tecnici e Professionali. I LICEI sono cinque: il Liceo Scientifico, che nasce con l’Istituto stesso (nel 1967) più di quaranta anni fa e può contare su una consolidata esperienza di qualità, il Liceo delle Scienze Applicate, che rac-coglie l’eredità del Liceo Scientifico Tecnologico, presente nell’offerta forma-tiva del “Leonardo da Vinci” dal 1993, il

Liceo Linguistico, unico nel territorio dell’Altotevere già dal 1988 è, oggi, uno dei percorsi formativi più interessanti e moderni dove si studiano tre lingue straniere (Inglese, Francese, Tedesco o Spagnolo) già a partire dal primo anno, il Liceo delle Scienze Umane e il Liceo Economico Sociale sono i più recenti e finalmente erogati da un Istituto pub-blico senza pagare “rette” o altre spese richieste, invece, dagli Istituti ”privati”. L’indirizzo TECNICO ITI settore tec-nologico Meccanica, Meccatronica ed Energia, da tempo atteso dal mondo dell’imprenditoria locale si specializza in due articolazioni dopo il primo biennio-

Meccanica e Meccatronica (prima artico-lazione), Energia (seconda articolazione)- ed è una novità assoluta per l’istituto umbertidese, auspicato dall’imprenditoria locale, impegnata per il 90% sugli svi-luppi del settore meccanico ed energetico. Le aziende del territorio hanno dimostra-to molta attenzione al nuovo indirizzo e hanno assicurato un concreto impegno nel sostenere la realizzazione dei nuovi laboratori già allestiti oltre che collabora-zioni per stage aziendali e borse lavoro. Le prospettive di occupazione degli stu-denti all’uscita dell’indirizzo tecnico sono altissime, anche in questo momento di crisi dell’occupazione, sia a livello locale che nazionale come dimostrano recenti ricerche di Unioncamere e Bancaitalia. L’indirizzo PROFESSIONALE, che dopo la “Riforma” dell’ex Ministro Gelmini é denominato “Servizi Commerciali”,ha una lunga tradizione nella città di Umbertide. Ha, nel tempo, innovato molte caratteristiche ed oggi l’indirizzo di istruzione professionale con la massima possibilità di impiego entro un anno dal Diploma,come risulta dalle citate ricerche di Unioncamera e Bancaitalia Per approfondimenti si può consultare il sito della scuola, all’indirizzo www.is-titutosupumbertide.org e partecipare alle iniziative di orientamento e di “Scuola Aperta” per fino al 28 febbraio 2013.

Eva Giacchè

Il "campus" Leonardo Da Vinci offre tutti gli indirizzi di studio - Le iscrizioni online

Istituzioni

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Un famoso modo di dire recita “Dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”. Noi abbia-mo cercato di fare esattamente l’opposto, partendo dall’identità degli umbertidesi per arrivare a comprendere cosa man-giano e quali sono le abitudini alimentari più diffuse nella nostra cittadina e nel suo hinterland. Partendo da categorie macro-scopiche per addentrarci sempre più nei particolari, possiamo dire che gli umber-tidesi conservano ancora una fortissi-ma predisposizione per gli alimenti tipici della dieta me-diterranea. Inoltre, in quanto umbri, e quindi appartenen-ti ad una secolare tradizione contadina, gli umbertidesi, più e meglio di molti altri, hanno saputo conservare sulle proprie tavole quelle pietanze che fin dal medioevo caratterizzano appunto la gastronomia umbra: minestre e zuppe povere, pane, verdure, insalate e legumi, ma anche carne. Come ci dice il dottor Fran-cesco Melis, nutrizionista: «Malgrado le attuali abitudini alimentari abbiano quasi spaz-zato via le tradizioni culinarie regionali, a Umbertide esiste ancora un’incredibile conti-nuità storica che ha permesso di conservare sulla tavola pietanze che l’odierna ricerca di genuinità sta riportan-do alla ribalta per la gioia di tanti palati, stranieri compresi.» Uno stile alimentare invidiabile, insomma, caratterizzato da abitudini ancora molto buone, nonostante le minacce costituite da un tipo di alimen-tazione se vogliamo più globalizzato ed industrializzato. Ad Umbertide, il pran-zo costituisce ancora il pasto princi-pale, cosa che permette di avere energie

da spendere nella giornata di lavoro, di studio o quant’altro, consentendo anche, dopo una cena più frugale, di andare a dormire più leggeri, senza un accumulo eccessivo di calorie non bruciate durante la giornata. La dieta degli umbertidesi è ancora prevalentemente basata sul consumo di cereali, come il pane, la pasta ed il riso, e un’ampia maggioranza dei nostri concittadini dichiara di consu-mare abitualmente frutta e verdura. Certo,

sono pochissimi coloro che seguono scru-polosamente il precetto del “five a day”, concisa e pregnante formula inglese che raccomanda il consumo di almeno cinque porzioni di frutta e verdura al giorno: se-condo i dati forniti dal nutrizionista, sono solo il 5% delle donne ed il 3% degli uo-mini a seguire questa sana regola alimen-tare. Ma ci sono differenze per genere ed età nelle abitudini alimentari degli umber-

tidesi: mentre si rileva che praticamente la totalità della popolazione predilige l’olio extravergine d’oliva, si riscontra una maggiore attenzione al consumo di sale da parte delle donne ed in genera-le delle persone sopra i 60 anni. L’abi-tudine di bere almeno un litro e mezzo d’acqua al giorno riguarda circa la metà della popolazione adulta e si riscontra so-prattutto nei maschi in età lavorativa, fra i 20 ed i 59 anni, mentre l’abitudine di

bere bevande gassate riguar-da purtroppo la stragrande maggioranza (circa l’80%) dei giovani fra gli 11 ed i 24 anni. La dieta dei giovani si caratterizza anche per alcune allarmanti cattive abitudini, fra cui possiamo elencare un elevato consumo di prodotti animali e lavorati e, al con-trario, un basso consumo di alimenti di origine vegetale. Sette ragazzi su dieci man-giano almeno un paio di volte al mese nei fast-food, dove si consumano cibi dal ridotto apporto nutrizionale, ricchi di grassi e conservanti ed in porzioni esagerate. Ma a destare una preoccupazio-ne ancora maggiore è l’altis-sima diffusione del consu-

mo di alcool fra i giovani (Informazione Locale si è già occupata di questo feno-meno nel numero di dicembre 2012), che si caratterizza sempre più per la presenza di superalcolici ed amari accanto ai tra-dizionali vino e birra, fino ad arrivare anche al fenomeno del cosiddetto “binge drinking”, che consiste nel consumare sei o più bicchieri di bevande alcoliche in un’unica occasione. Oltre all’età ed al genere, a questo pun-

L'Indagine

valutazione della condotta alimentaredella composizione corporeadei vari distretti corporei

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del metabolismodei bisogni nutritivi ed energetici

Page 11: INFORMAZIONE LOCALE FEBBRAIO 2013

L'Indagine

to verrebbe da chiedersi se ci siano altre variabili che determinano il modo in cui mangiamo: la risposta risiede nelle attivi-tà svolte durante la giornata, in partico-lare le attività lavorative, che più di tutte riflettono i cambiamenti che il nostro stile di vita ha subito in concomitanza con gli importantissimi mutamenti sociali e pro-duttivi che si sono verificati nel nostro Pa-ese dal dopoguerra in poi. «A Umbertide, come nel resto d’Italia,» ci dice il dottor Melis, «il fattore che determina un cam-biamento nei modi di mangiare è il tempo disponibile, che è sempre meno, special-mente perché è aumentata la percentuale di quelle persone, uomini e donne, che si trovano a stare, per motivi di lavoro, tutto il giorno fuori casa e che sono quindi co-strette a consumare i pasti all’interno di mense, ristoranti, fast-food, spesso in ma-niera frettolosa. Il rapporto di tutti noi con la tavola sta cambiando purtroppo molto rapidamente e di certo non è più lo stesso di trenta e nemmeno di venti anni fa. Il Paese è infatti cambiato socialmente, economicamente e strutturalmente, con nuovi stili di vita che si sono affermati,

modificando o sostituendo del tutto anti-che espressioni, tradizioni e consuetudini. Basti pensare al grande esodo dalle cam-pagne, all’urbanizzazione, all’emancipa-zione delle donne ed al lavoro fuori casa per la maggior parte di esse, all’aumento delle famiglie composte da una sola per-sona: tutte queste cose hanno determinato una forte spinta verso il cambiamento de-gli stili alimentari.» Per dimostrare come cambia l’alimenta-zione in base all’attività lavorativa svolta, abbiamo fatto un giro all’ora di pranzo in alcuni dei più noti ristoranti e self-service della nostra cittadina. Parlando con i pro-prietari ed i gestori, abbiamo riscontra-to che moltissimi lavoratori, soprattutto operai delle fabbriche circostanti, sono soliti consumare lì il proprio pranzo, forse anche per il poco tempo a disposi-zione che non consente di tornare a casa, sicuramente per la praticità che caratteriz-za un pranzo rapido e frugale a pochi pas-si dal luogo di lavoro. Abbiamo riscontra-to che difficilmente i lavoratori in pausa pranzo si concedono un pasto completo: le combinazioni più popolari sono primo

e contorno, secondo e contorno, oppure qualcosa di già pronto, come un panino o una pizza. Alcuni ristoratori ci hanno fatto notare una sostanziale differen-za nel modo di fruizione del pasto fra operai ed impiegati: infatti questi ultimi dedicano più tempo al pranzo e lo vivono più come momento di convivialità e di so-cializzazione fra colleghi, mentre gli ope-rai consumano più velocemente il proprio pasto o addirittura ricorrono alla formula del take-away, probabilmente per tempi-stiche ancora più risicate. Tutto sommato, però, ad Umbertide an-cora resiste una sana tradizione alimen-tare, che ci auspichiamo non vada persa. Chiudiamo questa rassegna con un’osser-vazione del dottor Melis, che ancora una volta ci sembra pregnante: «A differenza dei cibi industriali e ricchi di additivi e so-stanze nocive per la salute, la dieta medi-terranea rappresenta il miglior regime ali-mentare, indicato per tutti, dai più piccoli agli anziani, per i numerosi benefici che reca alla salute e al miglioramento della qualità di vita».

Martina Zoccolini

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Page 12: INFORMAZIONE LOCALE FEBBRAIO 2013

L'AVREI CHIAMATA UBERTASNero Fratta

Nel 150 anniversario del nuovo batte-simo della nostra cittadina, può esse-

re interessante immaginare come si siano svolti i fatti, sulla base delle notizie ogget-tive e delle deduzioni verosimili. La storia è arcinota: dopo che lo Stato Pontifico fu incorporato nel Regno d’Italia, il Ministe-ro dell’Interno invitò i comuni denomina-ti Fratta di cambiare il toponimo in modo da permettere una migliore individuazio-ne che evitasse disguidi postali. Mi viene da pensare quanto fosse preoccupato il nonno di mio nonno Filippo di possibili errori del postino nel recapitare quotidia-ne missive nella sua catapecchia sperduta in chissà quale ranco! C'è da credere che la gente non sentisse molto questa esigen-za; anzi, non avrebbe mai votato in un improbabile referendum per ripudiare il nome originale, tant'è vero che continuò a usarlo per più di un secolo. Tutt'ora è spesso utilizzato, anche per nobilitare gloriose associazioni. Gli amministratori che si trovarono a somministrare il nuovo battesimo avevano due opzioni: aggiun-gere un aggettivo qualificativo oppure sbrigliare la fantasia. Nel primo caso era pronto il nome”Fratta Perugina”, da tem-po usato nei documenti, soprattutto nota-rili, per distinguerlo da Fratta Todina, fon-te di confusione già all'interno del Papato. Ma evidentemente fu rigettata l’ipotesi di qualificarla come semplice dependance, anche se dell’augusta Perusia: “Noialtri semo noialtri e non paggetti di alcuno!!!”I nostri avi imboccarono giustamente la strada più radicale: esplorarono le possi-bili opzioni suggerite dalla storia; scar-tarono quelle più pretestuose; scelsero l’unica supportata da documenti certi, che indicavano in Uberto il più antico padro-ne di Fratta. Infatti è provato che Ugo di Provenza, Re d’Italia, abbia assegnato nel 936 il Marchesato di Toscana ad un suo figlio bastardo, chiamato Uberto; e che ai figli di quest’ultimo – Ugo, Gualdrada, Adalberto e Bonifazio – sia stata asse-gnata in feudo da Ottone III la contea di Fratta. A loro, per secoli, fu legato il nome del nostro paese: “Fracta filiorum Uberti”.Partenza migliore non poteva esistere, anche perché Uberto ha per radice lati-na "ubertas": fertilità, fecondità. C’erano ottimi motivi per sviluppare l’idea. Sem-brava scontato quanto meno scegliere il nome Uberta, con un semplice cambio di genere, considerando che normalmen-te le denominazioni delle città sono al femminile. Purtroppo, anche allora era diffusa (come sempre sarà) la piaggeria dei padroncini verso il potente di turno.

Per cui a qualcuno non parve il vero che il nome Uberto assomigliasse tanto ad Umberto, principe ereditario del Regno d’Italia: quale migliore occasione per ac-quisire meriti verso Casa Savoia! Bastava far scivolare dalla penna un emme in più ed il gioco era fatto. Eureka: “Umberta sia!”. Poco contava se Uberto avesse sul-le spalle quasi un millennio di storia e il principino fosse solo uno sbarbatello. Per fortuna, la maggior parte dei consiglieri comunali, con uno scatto di orgoglio, ri-gettò a furor di popolo l'ipotesi.: spingere l’adulazione fino a quel punto era troppo!

Tra l’altro, si rischiava un autogol se lo stesso principe si fosse giustamente risen-tito per l’esplicita inversione di sesso. Era già tanto che sopportasse le tante mam-me che chiamavano Umberta la propria inconsapevole figlia, stavolta per motivi più disinteressati ed ingenui: attribuire alla bimba un’improbabile aura regale a costo zero. Dopo frenetico consulto nelle segrete stanze, uscì dal cappello la deno-minazione Umbértide, evidente compro-messo per mascherare lo smaccato intento adulatorio all’interno di un’espressio-ne artificiosa ed ai più incomprensibile. Andò a finire che il Consiglio approvò all'unanimità, riuscendo nel miracolo di massimizzare le intenzioni lecchine. In-fatti, se Umberta era solo un tentativo maldestro di evocare il nome del principe declinato al femminile, Umbértide voleva significare proprio che Fratta era figlia del fondatore Umberto: formaggio sui mac-cheroni! Che poi il fondatore legittimo fosse Uberto, poco contava: lui, ritornato polvere da quasi un millennio, non pote-va avere voce in capitolo. E pochi viventi potevano eccepire su una emme in più o in meno. La finezza era percepibile solo dai pochi che sapevano leggere e scrivere. Dunque, anche il popolino accettò senza fare una frizza, stordito dall’elucubrazio-ne di quel patronimico con suffisso “ide” inventato dai dotti, non avendo il corag-gio di chiedere spiegazioni: anche questo esempio dimostra perché le classi domi-

nanti non vedevano di buon occhio che la gente studiasse. La frittata ormai era fatta, ma condita da furbizie, improprie-tà ed inconvenienti che riepiloghiamo.È stato tradito, per piaggeria, il nostro vero capostipite Uberto, imbastardendolo con una emme in più. È stato mascherato l’intento adulatorio all’interno di un patronimico incompren-sibile, approfittando che per i vicoli di Fratta erano in pochi a declamare l'inizio dell'Iliade:" Cantami, o Diva, l'ira funesta del Pelìde Achille"; né tanto meno a sa-pere che Pelìde significava figlio di Peleo ed a dedurre che Umbertide voleva dire “figlia di Umberto”. È stato improprio attribuire un patronimico ad un paese, perché di norma è utilizzato per le perso-ne: al più potevano chiamare "umbértidi” gli abitanti di Fratta. È stato imprevidente architettare un nome sdrucciolo, una vera rarità nella toponomastica, su cui sarebbe inevitabilmente sdrucciolata la maggior parte dei forestieri nel pronunciare Um-bertìde, con l'accento sulla "ì", presumen-do che la parola fosse piana come quasi tutti i nomi di città: in sostanza, avrebbero sbagliato pur essendo nel giusto! Peggio di così . Rispetto a questo disastro, come l’hanno presa i figli di Fratta dei nostri tempi? Personalmente, se fossi stato con-sigliere nel 1863, avrei alzato barricate per ribattezzare Ubèrta il nostro paesotto, oppure Ubèrtas, se le origini contadine non mi avessero indotto ad evitare posi-zioni cultural-snob. Ma oggi non è certo il caso di riaprire una disputa di cui non si avverte davvero la necessità in questo mondo litigioso. Dobbiamo far buon viso a cattiva sorte. Un po' perché c’abbiamo fatto l’orecchio e, dopo 150 anni, non facciamo più caso al pateracchio. D’al-tra parte nessun figlio vede meno bella la mamma per quanto bruttina possa essere. Anzi, noi umbertidesi, per l’ingiustizia subita dalla nostra nell’essere costret-ta a buttare alle ortiche il proprio nome naturale per accettarne un altro artefatto, furbetto ed imposto dall’alto, le vogliamo ancora più bene. P.S.Mentre da un lato si celebra il cente-nario del nuovo nome della nostra citta-dina, dall’altro don Pietro Vispi ha pub-blicato per Gruppo Editoriale Locale di Digital Editor un’esaustiva ricerca che fa definitiva chiarezza sulle origini del vec-chio toponimo "Fratta", a dimostrazione dell'interesse che ancora trova nella co-munità locale

Mario Tosti

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PULIZIA VISO € 29

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editrice americana, le scadenze sono più ferree e fondamentali di quanto non lo sia-no per le case editrici italiane. Ho dovuto più volte ricorrere a quella mediazione tra qualità e tempo di cui ho parlato prima. Inoltre. il mondo editoriale americano è altamente gerarchizzato con editor, assi-tant editor, associated editor etc. Spesso mi confondevo addirittura i titoli ma mi face-vo perdonare con la scusa di non parlare bene la lingua».A che cosa hai lavorato negli Stati Uniti? «Per la Marvel ho lavorato ad Iron Fist – Immortal Weapons un personaggio cre-ato negli anni ‘70 che pur mantenendo le caratteristiche originali è stato dotato di una nuova grafica e un nuovo plot nar-rativo - e al rilancio di Ghost Rider, una collana chiusa e poi ripresa. Per la Valiant, ho lavorato al rilancio di personaggi degli anni ‘90 che dopo aver goduto di un certo successo erano decaduti. Dei finanziatori hanno ripreso i diritti di questi personaggi e hanno creato un team che contribuisse a calare i personaggi nella contemporaneità sia a livello estetico che narrativo. Con altri artisti, sono stato chiamato a far parte dello staff e lavorare al character design, ovvero a immaginarne le fattezze e le fisionomie dei personaggi. Un’esperienza unica».Negli ultimi anni, molti eroi dei fumetti hanno invaso cinema e televisione. Che ne pensi di questo fenomeno?«Sì, cin-ema e TV hanno dimostrato molto interesse per gli eroi dei fumetti negli ultimi anni ma sono i personaggi ad essere diventati più famosi e popolari non i creatori. La vera cultura del fumetto fatica ancora a diffond-ersi. Non sono molti che sanno chi ha creato Batman o Superman. In alcuni paesi ci sono state cause per attribuire la paternità di per-sonaggi sia all’autore delle storie che al dis-egnatore. In Italia siamo ancora un passo indietro Nonostante ci siano state proposte di legge per modificare la parte relativa ai fumetti del capitolato sul diritto d’autore del’21, nulla si è ancora concretizzato.Per saperne di più, segui Arturo Lozzi su Facebook!

Laura Nuti

Arturo Lozzi è un disegnatore di fumetti umbertidese che vanta collaborazioni con le più prestigiose case editrici italiane (Sergio Bonelli Editore e Star Comics) e americane (Marvel e Valiant). Oggi ha ac-cettato di guidarci alla scoperta del “di-etro le quinte” di un albo a fumetti.A che cosa stai lavorando in questo momento?«Sto lavorando a una storia del personaggio Dampyr, della Sergio Bonelli Editore, sceneggiata da Mauro Boselli. É un albo di 94-95 pagine - più o meno come tutti gli albi seriali della Bonelli- e proba-bilmente uscirà il prossimo anno, dato che il tempo tecnico per completarla è di 7-8 mesi e poi va lavorato con i letteristi e mandato in tipografia».Come lavori? «Normalmente inizio facendo uno sketch di tutte le pagine di sceneggiatura che mi vengono inviate. Sono 10-15 ogni mese. Poi passo allo sto-ryboard, che include neri e bianchi, luci e ombre e offre un’idea più precisa di come sarà la tavola finita. A questo punto invio tutto allo sceneggiatore, se è lui a dirigere la testata, oppure al direttore responsa-bile. Una volta ottenuto l’OK, passo alla matita aggiungendo dettagli e particolari. Poi aggiungo lo sfondo e quindi passo all’inchiostrazione. Dalla bozza iniziale alla versione finita di una tavola com-posta da sei vignette servono mediamente 2-3 giorni di tempo. Per questo motivo, un disegnatore impiega fino a 9 mesi per completare 95 pagine. Di 15 pagine in 15 pagine, una volta che l’albo finito ar-riva in redazione viene inviato al letterista. Quando torna in redazione, l’albo passa sotto il controllo dello sceneggiatore che, solo a questo punto, proporrà delle even-tuali modifiche da fare. Bisogna tenere presente che ci sono più disegnatori che lavorano contemporaneamente su più sto-rie nell’arco dello stesso periodo di tempo ed è allo sceneggiatore che tutti i disegna-tori si rivolgono per avere chiarimenti. Lo sceneggiatore ha anche il compito di ga-rantire un alto standard qualitativo e una certa omogeneità all’interno della serialità, quindi ha diverse cose a cui pensare. Solo

quando l’albo è completo, lo sceneggiatore può rendersi conto se la storia funziona, se ci sono incongruenze o se ci sono errori in-volontari del disegnatore che non era nem-meno al corrente di dettagli che, magari, non erano ancora stati pensati al momento della prima stesura della sceneggiatura». Qual è la principale difficoltà che ti trovi ad affrontare nel tuo lavoro? «Una delle principali difficoltà sta nel conciliare esi-genze artistiche e pratiche. Quando per es-empio un disegnatore si trova davanti a una storia che sente sua, la disegna in modo più dettagliato, più ricco ma per fare questo ci vuole più tempo. Tempo che un disegna-tore non ha mai perché deve procedere a ritmi di 10-15 pagine al mese. Rispettare le

scadenze è fondamentale in questo campo. Di conseguenza, direi che mediare tra risul-tato finale e tempo a disposizione è la cosa più difficile da fare. Può essere difficile an-che trovare un’inquadratura interessante e originale tale che, andando da sinistra ver-so destra, agevoli il personaggio che deve parlare per primo in una vignetta. Diventa ancora più difficile quando c’è tanto testo o tante persone che parlano. Il lettore non ama la ripetitività e il disegnatore deve fare in modo da personalizzare le proprie opere. A questo scopo anche la scelta della luce ha un ruolo fondamentale».Ti andrebbe di raccontare la tua espe-rienza americana? «L’esperienza ameri-cana è stata breve ma intensa. Ho lavorato con la Marvel e con la Valiant. Sono state esperienze estremamente gratificanti dal punto di vista professionale. Tuttavia, quando devi lavorare 24 ore al giorno, di-venta difficile conciliare la vita privata con i ritmi imposti dal loro mercato». In cosa le case editrici americane sono diverse da quelle italiane? «Per una casa

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Località Pian d’Assino - Umbertide (PG)Cell. 338.90.46.554

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SALUTO AD ALFREDO CIARABELLIchina che ha lasciato il lavoro, l’attività politica e sindacale alla nascita dei figli per dedicarsi alla famiglia:”Mica mi vor-rete far litigare con il mio marito?!”.Con i meccanismi verticistici di coopta-zione interni al partito, gente di questa tempra è salita in incarichi prestigiosi, così come è ridiscesa: Alfredo ha deciso, quando è andato in pensione, di ritirarsi a vita privata e di non partecipare più alla vita pubblica attiva, pur mantenendo un grande interesse per le vicende politiche.Senza voler mitizzare il passato, non esente da carenze ed ingiustizie, oggi non sono nemmeno immaginabili cloni di Al-fredo Ciarabelli. Eppure, nella convin-zione che il mondo alla lunga continuerà a progredire, viene da sperare che sul di-sastro morale, prima che economico, del nostro tempo emergano giovani genera-zioni di politici che ritrovino lo spirito del dopoguerra, per una nuova ricostruzione.

Mario Tosti

Memoria & Storie

“A te, caro compagno, con tutto il mio sincero affetto, riconoscendo nel tuo ani-mo sentimenti nobili e morali non comu-ni”. Era questa la dedica su un libro fra compagni di scuola durante il fascismo alle Magistrali di Perugia, dove il signifi-cato attribuito a quel “compagno” non era certo quello “di scuola”. Alfredo Ciara-belli è maturato in questo clima, al quale è restato fedele per tutta la vita, dedicata alla politica. Essere al servizio del popolo per emancipare e riscattare le classi su-balterne era la religione del “Partito”: al quale era dovuta, e devotamente offerta, obbedienza, nella convinzione che la fede della base, diffusamente sincera, fosse rafforzata risalendo la gerarchia fino al vertice; senza immaginare minimamente le strumentalizzazioni e gli abomini per-petrati dietro le tribune. Era questo il co-munismo per la gente.Con questa formazione ed in quel conte-sto, di reazione alla dittatura ed alle di-struzioni della guerra, Alfredo ha sempre considerato l’interesse della collettività

come prevalente rispetto a quello di parte. A cominciare da quando si è prodigato a fare la spola dalle macerie alla Collegiata dopo il bombardamento, lui comunista ed un coetaneo fascista, con in comune la sola miopia, agli estremi della stessa ba-rella con i morti da portare in chiesa.

Né, tanto meno, ha mai tenuto conto dell’interesse personale. Fino agli ecces-si. Proverbiale il rifiuto di un pollo portato da un presunto beneficiato riconoscente, da parte della moglie Anna, operaia tabac-

Eventi

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