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Fiction love

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Un’assistente tutta da scoprire

La fidanzata del direttore

Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Cinderella On His Doorstep

Lights, Camera... Kiss The Boss Harlequin Mills & Boon Romance

© 2009 Rebecca Winters © 2009 Nikki Logan

Traduzione di Daniela Alidori Traduzione di Laura Polli

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony Serie Jolly luglio 2010

Questo volume è stato impresso nel giugno 2010

presso la Rotolito Lombarda - Milano

HARMONY SERIE JOLLY ISSN 1122 - 5390

Periodico bisettimanale n. 2363 del 22/7/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 56 del 13/2/1982 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

Rebecca Winters

Un’assistente tutta da scoprire

Generosi con i regali, ma avari nel donare i loro cuori, i nostri milionari sono all’apparenza uomini interessati solo al flirt di una sera. Finché non incontrano la donna capa-ce di sconvolgere per sempre il loro mondo perfetto.

Questo mese conosciamo meglio ALEX MARTIN

Nome: Alex Martin.ProfessioNe: Ingegnere agrario, proprietario di una tenuta con un castello in disuso nell’Anjou, che fungerà da set per una produzione americana.segNi Particolari: Produttore di vini di eccellenza ed ere-de di una famiglia americana, in Francia da lungo tempo.UN Pregio: Determinato e così affascinante da poter aspirare a un ruolo nella produzione cinematografica.cosa cerca iN UNa doNNa: La spontaneità, la schiettezza nonché l’empatia nella condivisione di un sogno.UN segreto: Ama la buona cucina e i vini doc, come quelli prodotti un tempo nella tenuta di famiglia.dove abita: Nel suo castello nell’Anjou.aUto Preferita: Un camioncino con il quale si muove agilmente tra i filari dei suoi vigneti.il sogNo Nel cassetto: Riportare la tenuta agli anti-chi splendori e dedicarsi alla sua grande passione: pro-durre ottimo vino.il desiderio Più graNde: Un sogno d’amore con Dana.

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Sanur, Bali. 2 giugno «Martan?» Attraverso la pioggia leggera, Alex Martin udì chia-mare il suo nome in modo chiaro. Si fermò sulla soglia con le valigie. Il ragazzo, la cui madre era stata assunta anni prima dal Forsten Project per pulire le case dei di-pendenti, si era affezionato ad Alex e lo chiamava per cognome, con una pronuncia francese. «Ehi, Sapto... non pensavo di vederti.» Stava aspet-tando il taxi che l'avrebbe portato all'aeroporto di Sanur, a Bali. Prima dell'incidente in cui era rimasto ucciso, William Martin, il padre australiano di Alex, avrebbe rimprovera-to il ragazzo. «Il nostro cognome è Martin! Martin!» Sapto si era testardamente rifiutato di collaborare. Po-chi mesi prima, aveva perso sua madre in un'alluvione e sapeva che anche Alex aveva perduto la mamma di ori-gine francese per un'infezione batterica. Ecco perché si era affezionato al suo padrone. «Portami a casa con te.» Gli occhi scuri e languidi lo supplicavano. «Non sono mai stato in Francia.» A casa? Che strano sentire quella parola. Anche se

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Alex aveva la doppia nazionalità ed era bilingue, non era mai stato in Francia. La sua famiglia aveva seguito gli spostamenti del pa-dre che, come ingegnere meccanico, era stato destinato prima in Australia, poi in Africa e alla fine in Indonesia. Con la morte dei suoi genitori, lui non aveva più avuto una patria e non si sentiva legato a nessun posto in parti-colare. «Vorrei poterlo fare, Sapto, ma non so cosa mi riserva il futuro.» «Ma tu hai detto che il tuo nonno francese ti ha la-sciato in eredità una casa! Potrei vivere lì e tenerla pulita per te.» Alex fece una smorfia. «Non l'ha lasciata a me, Sap-to.» La lettera indirizzata a sua madre era arrivata con due anni di ritardo. Il notaio che l'aveva scritta diceva che era stata fissata un'udienza il 5 giugno per l'autenticazione della proprietà Fleury ad Angers, in Francia. Era l'ultima convocazione. Se Genevieve Fleury, l'unico membro conosciuto della famiglia Fleury, non si presentava, la tenuta situata nella Valle della Loira sarebbe passata al governo francese. Quando aveva chiamato il notaio per identificarsi co-me figlio di Genevieve e quindi unico erede, aveva cap-tato la sorpresa dell'uomo che evidentemente aveva spe-rato di poter comprare la tenuta per pochi soldi: era stata molto trascurata per quarant'anni e le tasse arretrate da pagare erano esorbitanti. Anzi, aveva avuto l'impressione che il notaio volesse sminuire il valore della terra e se ne era chiesto il moti-vo. Ecco perché aveva deciso di andarci di persona prima di proseguire per l'America dove aveva intenzione di fondare una società in proprio. Nel frattempo, era arrivato il taxi. Sapto gli caricò la

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valigia nel bagagliaio. «Mi scriverai, vero?» Gli occhi erano lucidi di lacrime. «Ti prometto di mandarti una cartolina.» Gli infilò in tasca una manciata di banconote. «Grazie di tutto. Abbi cura di te.» «Arrivederci» gridò Sapto correndo dietro al taxi fin-ché sparì dietro l'angolo. Hollywood, California. 2 agosto «Pausa pranzo! Ci rivediamo qui all'una. Niente scu-se!» L'ordine fu impartito da una voce severa e fu seguito da un fuggi-fuggi generale da parte di attori e camera-man. Quando le folte sopracciglia di Jan Lofgren si inarca-rono, Dana capì che suo padre, il geniale regista di origi-ne svedese, era di pessimo umore. Gli succedeva spesso di perdere la pazienza di fronte alle debolezze umane. Quando era nata lei, era stato molto deluso. Desidera-va un figlio maschio. Invece, gli era toccata una femmi-na e neanche tanto bella. Da quel giorno, Dana aveva sperimentato una miriade di umiliazioni da quel padre dall'ego così smisurato. Dopo la morte della madre, avvenuta cinque anni pri-ma, aveva imparato a tenere celate le sue emozioni, an-che quando l'augusto genitore non aveva nascosto la sua disapprovazione per il fidanzato che si era scelta, Neal Robeson, un giovane attore in cerca di notorietà. Pur-troppo lei, che si era convinta di avere trovato il vero amore, aveva dovuto ricredersi e dare ragione al padre che, nel frattempo, si era legato a Saskia Brusse, una modella olandese, aspirante attrice, che aveva esattamen-te la sua età: ventisei anni. Da quel giorno, però, si era

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creata una ferita, un'insanabile frattura nei loro rapporti. Per l'ennesima volta, Dana si ritrovò a fare il primo passo. «Ti ho portato del caffè e dei panini.» Immerso nei suoi pensieri, Jan Lofgren prese il termos e cominciò a bere il liquido bollente. Dopo un lungo sorso disse: «Ho deciso di girare il re-sto del film in esterni». Le lanciò un'occhiata speculati-va. «Quindi bisogna trovare il posto giusto in Francia. Voglio, però, qualcosa di assolutamente speciale.» Dana era pronta. Dalla scomparsa di sua madre, sco-vare la giusta location era diventato il suo compito prin-cipale, oltre che fargli da cuoca e assistente personale. Doveva ammettere che la pagava bene, ma il fatto di es-sere invisibile ai suoi occhi la faceva soffrire. Era dispo-sta a tutto pur di attirare la sua attenzione. Negli anni, aveva viaggiato in lungo e in largo, alla ri-cerca degli ambienti ideali per mettere in scena le sue opere, in odore di Oscar. «Su Internet mi sono imbattuta in qualcosa che sem-bra interessante, intorno a Parigi, ma devo verificarlo di persona. Dammi almeno un paio di giorni» si limitò a ri-spondergli in tono professionale. Intorno all'ansa del fiume Layon, Dana attraversò un ponte di pietra. Vide il cartello per Rablay e svoltò a de-stra. La vegetazione così fitta le dava l'impressione di es-sere in un quadro di Monet. La serie di villaggi nella vallata dell'Anjou creava un paesaggio dove il tempo sembrava essersi fermato. Lo stomaco brontolò a rammentarle che non mangiava da ore. Tra la fame e le lunghe ombre lanciate dal sole al tramonto, Dana rifletté se era meglio fermarsi a cena in una locanda e aspettare il giorno successivo per raggiun-gere la destinazione che si era prefissa. Preferì agire d'i-

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stinto e assecondare l'impulso che la spingeva a prose-guire. Voleva vedere come la luce del crepuscolo giocava sulla facciata del Castello di Belles Fleurs. Le bastava un'occhiata e sarebbe stata in grado di dire se quel posto aveva l'atmosfera speciale che suo padre pretendeva. Con l'auto a noleggio, oltrepassò un cancello di ferro battuto e procedette all'interno della tenuta. Ma al contra-rio dei terreni curati che aveva visto lungo la strada, lì la vegetazione era incolta e disordinata. All'improvviso, dietro il fogliame, le apparvero i primi bastioni di pietra del castello punteggiati di macchie co-lorate create dalle rose rampicanti, avviluppate alle siepi cresciute in modo spontaneo e selvaggio. Si fermò e scese dall'auto, spinta dal desiderio di e-splorare quel luogo che sembrava disabitato. Un fremito di paura la percorse. La proprietà doveva essere stata bellissima, ma ora in-spirava un senso di mistero che avrebbe sicuramente colpito la fantasia di suo padre. Non avrebbe potuto tro-vare un luogo più perfetto. «Puis-je vous aider, madame?» disse una voce ma-schile profonda. Dana si girò di scatto. «Oh...» mormorò alla vista dell'uomo alto e abbronza-to che doveva avere appena superato la trentina. «Non sapevo che ci fosse qualcuno.» Il suo francese era turisti-co, ma a giudicare dalla risposta che ricevette, non aveva bisogno di preoccuparsi. «Neppure io.» L'inglese era marcato da un forte ac-cento che però non riuscì a identificare. Il tono era piut-tosto aggressivo. Le mani erano infilate nelle tasche posteriori di un paio di jeans logori che evidenziavano delle gambe mu-

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scolose. Sotto la maglietta bianca, piena di macchie, si intuiva un torace scolpito e dalla carnagione appariva e-vidente che quell'uomo passava la maggior parte del tempo al sole. «Il posto sembra deserto. Sei il custode?» Lui le rivolse un sorriso strano. «In un certo senso. Ti sei persa?» Dana ebbe l'impres-sione che fosse impaziente di continuare quello che stava facendo prima di incontrarla. Il crepuscolo stava sconfi-nando nella notte, oscurando i lineamenti del suo viso. «No. Avevo in programma di venire qui domattina, ma ha prevalso la curiosità.» Gli occhi, incorniciati da lunghe ciglia, la studiarono con intensità. Per una volta, Dana rimpianse di non esse-re alta e bruna come sua madre. Aveva i capelli biondi e gli occhi chiari, purtroppo imputabili all'origine svedese dei Lofgren. «Se sei un agente immobiliare, mi spiace, ma la pro-prietà non è in vendita.» Lei aggrottò la fronte. «Sono qui per un motivo diverso. Questo è il Castello di Belles Fleurs, vero?» Lui abbozzò un impercettibile cenno di assenso, scuo-tendo i capelli troppo lunghi che si arricciavano sulla nu-ca. «Non vedo l'ora di incontrare l'attuale proprietario, il signor Alexandre Fleury Martin.» Seguì un breve silenzio. «Ce l'hai davanti. Come fai a conoscere il mio nome?» le chiese, incrociando le brac-cia sul petto, consapevole del proprio fascino. «Ho letto il tuo annuncio su Internet.» A quella spiegazione, lui sembrò irrigidirsi. «Purtroppo, l'hanno visto in molti, troppi per i miei gusti.» Oh, oh... La sua presenza indesiderata l'aveva inner-

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vosito. Sollevò il viso di pochi millimetri. «Forse, dovre-sti prendere un cane da guardia, o chiudere a chiave il cancello e appendere un cartello: Vietato Entrare.» «Credimi, ho pensato a entrambe le soluzioni.» Dana si morse il labbro. «Ascolta... il nostro incontro è partito col piede sbagliato ed è tutta colpa mia.» Quan-do lui non rispose, si sforzò di continuare: «Mi chiamo Dana Lofgren. Se sei un appassionato di cinema, avrai visto, The Belgian Connection, uno dei film che ha diret-to mio padre». «Non sapevo che Jan Lofgren avesse una figlia» os-servò massaggiandosi il mento. Non lo sapeva nessuno, tranne pochi intimi. Natural-mente se lei fosse nata con un viso e un corpo da favo-la... Sorrise, rassegnata. «Aiuto mio padre dietro le quinte. Sono appena giunta in volo da Los Angeles per vedere la tua proprietà. Sta girando un film, ma non è soddisfatto degli esterni disponibili.» Dana lo udì trarre un profondo respiro. «Avresti dovu-to mandarmi una e-mail per annunciare il tuo arrivo. A-desso è troppo tardi per fare il giro della tenuta.» «Non preoccuparti, non mi aspettavo di incontrarti fi-no a domattina» lo tranquillizzò. «Scusami per essere en-trata senza permesso. Volevo avere una visione del posto con la luce del crepuscolo.» «E ti ha soddisfatto?» si informò. «Sì.» L'emozione che si intuiva nella sua voce doveva aver-la tradita perché lui suggerì: «Non ho ancora cenato. Per-ché non mangiamo insieme? Dove alloggi per la notte?». Dopo il passo falso di essersi introdotta abusivamente, fu stupita di quell'invito. «Ho prenotato all'Hermitage a Chanzeaux.» «Benissimo. Non è molto distante da qui. Mi cambio e

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ti seguo in macchina. Mi sembra la cosa migliore.» L'accompagnò all'auto presa a noleggio e le aprì la portiera per farla salire. Inavvertitamente, le loro braccia si sfiorarono e lei fu pervasa da un'inaspettata ondata di calore. «Non impiegherò molto.» Dana osservò l'uomo alto e dal fisico statuario sparire dietro la siepe. Era seccata dalla reazione del proprio corpo. Sperava di avere imparato la lezione sugli uomini. Alex fece cenno al cameriere. «Ci porti il miglior vino della casa, s'il vous plait.» «Oui, monsieur.» Quando aveva deciso di affittare la proprietà a grandi produzioni cinematografiche per guadagnare tanto e in fretta, non si era aspettato che potesse rispondere una con a capo un leggendario regista, Jan Lofgren. Purtroppo, il castello era molto mal ridotto. Per ren-derlo abitabile, aveva cominciato a ristrutturare i bagni e la cucina al piano terra e aveva sostituito le vecchie tuba-ture ormai corrose dal tempo. Ma il posto necessitava di lavori lunghi e costosi. Ci sarebbero voluti anni perché quel genere di affari cominciasse a funzionare e il suo conto in banca si rim-pinguasse tanto da permettergli di pagare le tasse arretra-te. A quel punto, la tenuta gli sarebbe già stata confiscata dallo stato. C'erano parecchi investitori locali e stranieri che non vedevano l'ora di metterci le mani per poterla trasforma-re in un albergo. Uno di loro era proprio il notaio che a-veva spedito la lettera, ma Alex non aveva intenzione di rinunciare all'eredità di sua madre senza lottare. La bionda seduta di fronte a lui costituiva la speranza di salvare la proprietà. O, almeno, di provarci.

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La ragazza non era rimasta delusa da quello che aveva visto, altrimenti non avrebbe accettato il suo invito a ce-na. Il padre di lei era una sorta di macchina da soldi per-ché i suoi film garantivano degli incassi colossali. Quindi Alex era pronto a tutto pur di convincerla ad affittare il castello. Dana Lofgren dimostrava una maturità insolita per la sua giovane età e, se pensava che la proprietà avesse un potenziale notevole, sarebbe stata ascoltata e chissà che la voce non si diffondesse anche ad altre case cinemato-grafiche. «Ti è piaciuto il cibo?» Sollevò gli occhi azzurri su di lui. Con quei capelli d'oro e la bocca a forma di cuore, gli ricordava un cherubino, anche se irradiava una sensualità di cui sembrava assolutamente ignara. «La bistecca era deliziosa.» Si pulì le labbra col tovagliolo. «Si rischia di ingrassare a vista d'occhio con dei piatti così. Per fortu-na, non sono una star del cinema.» Invece Alex preferiva una donna dall'aria sana come quella che aveva di fronte, con le gote che alla luce tre-mula della candela sembravano petali di rosa. «Nessuna ambizione in quel campo?» «Nessuna.» Alex le credette. «Cosa fai quando non aiuti tuo pa-dre?» L'espressione triste nei suoi occhi non si adattava alla risatina ironica che seguì. «Bella domanda.» «Te la rifaccio. Cosa fai nel tempo libero?» Il cameriere portò i dessert. Dana attese che le riem-pisse il bicchiere prima di rispondere. «Niente di importante. Leggo e mi diletto a cucinare. Altrimenti mio padre si dimentica di mangiare.» «Abiti con lui?» Invece di rispondergli, bevve un sorso di vino come se

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avesse bisogno di riflettere. Mmh... lo degustò lentamen-te. Si capiva che le piaceva. «Potrei drogarmi con questo.» «Scusami se ti ho dato l'impressione di entrare troppo nel personale. Per farmi perdonare, ti racconto una cosa. Mio nonno, che io non ho mai conosciuto, ha buttato fuori dal castello mia madre quando aveva circa la tua età. Entrambi sono morti senza mai rivedersi.» Le dita di Dana prive di anelli si strinsero intorno al calice. «Da quando mia madre è morta di cancro cinque anni fa, io e mio padre abbiamo litigato spesso, ma non siamo ancora arrivati a mandarci al diavolo. In realtà, lui ha bisogno di una badante.» Divertito da quell'ultimo commento, Alex disse: «È bello sentire di un rapporto padre-figlia che funziona. Siete entrambi fortunati». Un sottile cambiamento si verificò in lei. «La storia di tua madre è molto tragica. Se posso permettermi, cosa ha causato uno strappo così tragico?» Era la sua immaginazione o era sinceramente interes-sata? «Gaston Fleury aveva perso il suo unico figlio ma-schio in guerra e da quel momento in poi aveva smesso di vivere anche se aveva un'altra figlia, una femmina che lo amava teneramente. Più cercava di volergli bene, più lui diventava insensibile. Era evidente che gli si era rotto qualcosa dentro. Si chiuse sempre più in se stesso, la-sciando perdere tutto, compresa la gestione della proprie-tà. Quando mia madre tentò di farlo ragionare, lui le or-dinò di andarsene.» Mentre parlava, gli occhi erano diventati lucidi. Qual era la causa di tanto turbamento? «A quel punto, lei si arrese e decise di sposarsi con mio padre, un australiano che era venuto in vacanza in Francia, e insieme si trasferirono nel Queensland, sua

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terra natale. Da allora, padre e figlia non si sono più vi-sti, tanto che mia madre è morta due anni fa, senza più mettere piede in Francia.» Una pausa di silenzio. «A maggio, è arrivata una lettera indirizzata a mia madre. Il notaio che doveva occuparsi dell'eredità di Belles Fleurs aveva cercato di contattarla. Quando gli ho parlato, mi ha detto che il nonno era morto solo, in un istituto, e che era stato sepolto in una tomba senza nome.» Dana scosse la testa. «È orribile.» «Sono d'accordo. Se l'erede diretto non si presentava per assistere alla lettura del testamento, la proprietà sa-rebbe passata allo stato per saldare i debiti che anni di tasse non pagate avevano creato. Quando sono giunto qui, ho scoperto che il castello era stato inghiottito dalla vegetazione, come i templi Maya in Messico.» «Una similitudine perfetta» convenne Dana con un sorriso. «Tuttavia, qualcosa mi impediva di arrendermi senza lottare. Avevo bisogno di denaro e in fretta. Così ho avu-to l'idea di affittare la tenuta a grandi case cinematogra-fiche.» Lei lo guardò con schiettezza. «È stata una mossa bril-lante. Sei un uomo ingegnoso e pieno di risorse. Spero che l'annuncio ti porti i contratti di cui hai bisogno per mantenere la tenuta.» Dana Lofgren era una piacevole sorpresa, una ventata d'aria fresca per uno come lui abituato a donne egoiste. L'aveva ascoltato con interesse, senza dirgli quasi niente di sé. Alex si chiese se era un meccanismo di difesa o semplicemente faceva parte del suo carattere. Purtroppo, la serata era giunta al termine e lei sem-brava pronta a congedarsi. «A che ora vorresti venire a visitare il castello doma-ni?» le domandò dopo avere pagato il conto. «Presto, se per te va bene. Diciamo, alle otto?»

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Un'allodola. Anche lui adorava alzarsi presto. «Bon.» Spinse indietro la sedia e si alzò. «Ti aspetterò in fondo al viale. Bonne nuit, mademoiselle.» Alex Martin la intrigava. La storia tragica che le ave-va raccontato l'aveva turbata. Sembrava che il destino della madre di Alex, diventata invisibile agli occhi del padre, somigliasse al suo. Terminò l'ultimo sorso di vino, seccata con se stessa per avergli permesso di stuzzicare la sua curiosità con faccende personali. Era così che si era inguaiata con Ne-al. Lui aveva finto di essere attratto e lei gli aveva credu-to, finché si era resa conto che il motivo di tanto attac-camento era la speranza di arrivare a suo padre e non il desiderio di passare una vita insieme. Per fortuna, lì lo scenario era diverso. Neal l'aveva u-sata per avere una parte in un film. Alex Martin, invece, aveva messo un annuncio su Internet per pubblicizzare la sua proprietà e lei si era limitata a rispondere. No, le due situazioni non erano paragonabili. Come non lo erano i due uomini... A prima vista, Dana aveva avuto la sensazione di es-sere giunta nel castello del principe azzurro, tanto era bello. Poi, però, aveva cambiato idea. Era un uomo intelligente con un'aria autorevole, in grado di intimidire chiunque. Forse, anche suo padre. Anzi, a quel proposito, le sarebbe piaciuto vederlo in a-zione. Dopo che Alex si fu congedato, salì in camera, al pri-mo piano dell'Hermitage, e dopo avere puntato la sve-glia, temendo di non destarsi in tempo per colpa del fuso, si addormentò subito. Invece, era talmente eccitata che aprì gli occhi appena spuntò l'alba. Si infilò sotto la doccia e si preparò con cura per l'ap-puntamento con l'affascinante proprietario.

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Indossò la sua camicia preferita, di uno stilista italia-no, col collo alto e le maniche a tre quarti, e la abbinò con un paio di pantaloni beige e dei sandali piatti, mal-grado non fosse molto alta... arrivava a stento al metro e sessanta. Vicino ad Alex Martin rimpiangeva di non avere ere-ditato l'altezza del padre, ma le forme morbide di sua madre. Consumò una veloce colazione nella sala ristorante, poi andò a parlare con l'addetta dietro il bancone della reception. «Bonjour, madame.» «Bonjour. Come posso aiutarla?» «Devo pagare il conto.» E dopo averle dato la carta di credito aggiunse: «Ieri sera ho bevuto un eccellente vino bianco al ristorante e mi piacerebbe comprarne una bot-tiglia da portare in America». Suo padre l'avrebbe ap-prezzata. «Potrebbe dirmi la marca?» «Bien sur. Teniamo solo un tipo di vino. È il Domaine Coteaux du Layon Percher, fatto qui ad Anjou. Il più famoso della zona era il Domaine Belles Fleurs, ma ha smesso di essere prodotto ottant'anni fa.» Al nome di Belles Fleurs, Dana sussultò. «Sa per-ché?» La donna si sporse più vicino. «Questioni di famiglia. L'attuale proprietario abita qui da appena un mese. Il ca-stello è rimasto chiuso per anni.» Esattamente quello che le aveva raccontato Alex. «È una vicenda molto triste.» «C'est la vie, madame» sentenziò col tipico fatalismo francese. «Vuole comprare una bottiglia di quel vino bianco?» «Ho cambiato idea.» Le sarebbe parso un tradimento. Dana si voltò e uscì dall'albergo. Percorse il breve tra-gitto in auto immersa in quei pensieri e si accorse solo all'ultimo di essere arrivata al ponte dove gli alberi di-

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ventavano più fitti. La luce del mattino in un cielo azzur-ro pallido creava un'atmosfera totalmente diversa dalla notte precedente. Quando raggiunse la biforcazione della strada, c'era Alex Martin ad aspettarla. Suo malgrado, nel vederlo il cuore accelerò i battiti. Indossava un paio di pantaloni bianchi e un maglione girocollo color borgogna, ma non era quello che indos-sava a renderlo incredibilmente affascinante. E neppure la struttura fisica o gli occhi castani resi ancora più in-tensi dalle folte sopracciglia scure. Aveva un'aria distaccata che unita a dei modi sofisti-cati era in grado di colpire la fantasia di chiunque. Dana lo immaginava circondato da donne eleganti e raffinate, pronte a tutto pur di conquistarlo. Sotto l'influenza del vino, la sera prima, lei stessa a-veva avuto dei pensieri proibiti. Per fortuna, quella mat-tina aveva la mente più lucida ed era determinata a con-cludere la trattativa senza lasciarsi distrarre dall'aspetto del suo interlocutore. «Bonjour, signor Martin.» Quando lui posò la mano abbronzata sulla portiera, l'aroma al mentolo della schiuma da barba le invase le narici. «Mi chiamo Alex. Non ti spiace se ti chiamo Da-na, vero?» La sua voce suonava più roca quella mattina, con un timbro così seducente che Dana dovette imporsi di non trasalire. «Sarebbe un onore.» «Bien.» Fece il giro della macchina e si accomodò sul sedile del passeggero allungando davanti le gambe chi-lometriche. L'improvvisa vicinanza in quell'abitacolo stretto le tolse il respiro. «Al bivio, vai a sinistra. Arriveremo direttamente al castello.» Il sentiero era tortuoso e coperto di un fitto tappeto di

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foglie morte. Sui lati, due file di alberi formavano una specie di cupola che impediva la vista del cielo. In fondo si apriva uno spiazzo e lì Dana vide il castello per la prima volta. Risaliva al diciottesimo secolo ed era in pietra, nel classico stile francese. Di fianco sorgeva un fabbricato, costruito con la stessa pietra calcarea, che spuntava die-tro cespugli troppo cresciuti. Senza dubbio, era il luogo dove un tempo si produceva il vino ed erano conservate le botti. Dana spense il motore e scese per vedere meglio. Lui la seguì a breve distanza. I segni del tempo e dell'incuria erano visibili ovunque. Le finestre erano oscurate da assi di legno e la maggior parte dei gradini che conducevano all'ingresso erano scheggiati o frantumati. Il tetto aveva un assoluto bisogno di restauri. Per non parlare del giardino che ormai si fondeva col bosco cir-costante tanto l'erba era diventata alta. Dana assimilò attentamente il tutto, filtrandolo attra-verso gli occhi di suo padre. Sapeva cosa serviva per il film. Quel paesaggio era talmente perfetto che le sem-brava di sognare. «È come vedere la donna con cui hai passato la notte la mattina dopo quando il fascino è sparito sotto il trucco sfatto» recitò Alex con voce graffiante. «Non era quello che avevi in mente, vero?» Imponendosi di non reagire a quell'inutile cinismo, Dana si girò verso il padrone di casa e con calma dichia-rò: «Al contrario. È anche meglio di quello che mi aspet-tavo. Avremo bisogno di tre settimane di riprese. Quan-do puoi metterci a disposizione il castello?».

Questo mese

La notte delle lanterne di L. GordonPer Olivia la partenza per la Cina vuol dire un taglio netto con il passato e una nuova prospettiva di vita, fatta anche di amore.

La legge dell’amore di M. WaySkye deve tornare a Djinara e questo significa fare i conti con tutto ciò che ha cercato di dimenticare. Non ultimo, il suo primo amore.

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Lo sceicco innamorato di J. BraunEmily non desidera altro che Madani, affascinante sceicco prossi-mo sposo di un’altra, si accorga finalmente di lei.

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Tra carriera e amore di C. WengerMari, rampante amministratore delegato, culla il sogno di una fa-miglia con il suo amore di sempre.

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Un’assistente tutta da scoprire di R. Winters Dana si ritroverà in breve tempo da timida assistente a protagoni-sta sul set più importante: la sua vita!

La fidanzata del direttore di N. BeynonAva deve lottare tra l’amore e la realtà televisiva dove tutto è per-messo pur di aumentare l’audience.

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