la farmacogenetica nella terapia del tumore del colon retto · la classificazione dei tumori del...
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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA
Dipartimento di Farmacia
Corso di Laurea Specialistica in Farmacia
Tesi di Laurea
La farmacogenetica nella terapia
del tumore del colon retto
Relatori: Candidato:
Prof. Fabio Coppedé Vanina Moeglen
Prof.ssa Annalina Lapucci
Anno accademico 2013/2014
1
A tutte le persone che mi sono state vicino in questo percorso di studi, a Marco, a mia mamma, a Giacomo
2
Indice
Introduzione: la Farmacogenetica ................................................................................................. 3
1 CANCRO COLORETTALE ................................................................................................................ 4
1.1 Visione globale ed epidemiologia ...................................................................................... 4
1.2 Genetica dei tumori del colon retto .................................................................................. 5
1.2.1. Tumori ereditari del colon-retto .............................................................................. 6
1.2.2. Familiarità ....................................................................................................................... 11
1.2.3. Forme sporadiche ......................................................................................................... 11
2 FARMACOGENETICA DEL CANCRO COLORETTALE ......................................................... 13
2.1. 5-Fluorouracile e fluoropirimidine ................................................................................ 14
2.1.1. Timidilato sintasi (TS) ................................................................................................ 16
2.1.2. Metilenetetraidrofolato reduttasi (MTHFR) ...................................................... 17
2.1.3. Diidropirimidina deidrogenasi (DPD) .................................................................. 18
2.1.4. Altri geni candidati nel metabolismo e/o catabolismo delle fluoro
pirimidine .................................................................................................................................... 19
2.2. Oxaliplatino ............................................................................................................................. 19
2.2.1. Geni coinvolti nella riparazione del DNA ............................................................ 20
2.2.2. Geni delle glutatione-S-transferasi ........................................................................ 21
2.3 Irinotecano ............................................................................................................................... 23
2.3.1 Carbossilesterasi (CES) ............................................................................................... 25
2.3.2 UDP-glucuronosiltransferasi (UDP) ....................................................................... 26
2.3.3 Citocromo P450 (CYP450) ......................................................................................... 27
2.3.4 ABC e trasportatori SLC .............................................................................................. 28
2.3.5 Topoisomerasi I, geni di riparazione del DNA e regolazione del ciclo
cellulare ........................................................................................................................................ 30
3 CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI ......................................................................................... 32
3
Introduzione: la Farmacogenetica
Gli studi di farmacogenetica hanno come scopo quello di comprendere
l’influenza che può avere il genotipo nella risposta farmacologica a vari trattamenti,
inclusa la chemioterapia per alcuni tipi di cancro. In questi casi si procede quindi alla
verifica di un’eventuale necessità di modificare i dosaggi farmacologici delle terapie
standard per queste patologie, in modo da poterne limitare il più possibile la tossicità.
Questo lavoro di tesi ha lo scopo di discutere alcuni dei geni candidati alla
risposta farmacologica nei confronti di 5-Fluorouracile, irinotecano e oxaliplatino, che
rappresentano farmaci comunemente utilizzati nella terapia dei tumori del colon-retto.
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1 CANCRO COLORETTALE
1.1 Visione globale ed epidemiologia
Ogni anno in tutto il mondo oltre un milione di persone sviluppa il cancro del
colon-retto (CRC), ed il tasso di mortalità per questa malattia si aggira attorno al 33%
nei paesi sviluppati (1). Australia e Nuova Zelanda, Europa e America del Nord sono le
regioni a più alta incidenza di CRC. Solo in Europa si registrano attualmente circa
446.000 nuovi casi ogni anno.
La maggior parte dei casi di CRC compare in maniera sporadica. Infatti, solo il
25% dei pazienti affetti ha una storia familiare della malattia, ma la presenza di geni che
causano sindromi predisponenti al CRC si riscontra in meno del 10% dei casi. Ciò
suggerisce che anche i fattori ambientali possano contribuire allo sviluppo della malattia
(2) e tale ipotesi è supportata dall’evidenza che le percentuali di persone affette
aumentano con l’industrializzazione e l’urbanizzazione. Altri fattori che aumentano il
rischio di sviluppare CRC comprendono la presenza di grandi polipi dentellati (adenomi
seghettati e polipi iperplastici), una dieta ricca di grassi saturi e di carne, il fumo di
sigaretta, il sesso maschile, l’uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei,
l’assunzione di alcol, la sedentarietà, un elevato indice di massa corporea (BMI) e
l’obesità nella zona addominale (3; 4; 5; 6; 7). Al contrario, elevate assunzioni di acido
folico, vitamine e fibra alimentare, colonscopia con asportazione di polipi adenomatosi
e terapia ormonale in post-menopausa sono stati associati ad un ridotto rischio di CRC
(8; 9; 10; 11).
La classificazione dei tumori del colon-retto è in continua evoluzione grazie alla
crescente disponibilità di marcatori genetici, citogenetici ed epigenetici. Dal punto di
vista citogenetico si osservano frequentemente instabilità dei microsatelliti (MIN) e
5
instabilità cromosomica (CIN), mentre dal punto di vista epigenetico si distinguono
tumori caratterizzati da elevati livelli di metilazione (detti CIMP+ o CIMP high) e
tumori con livelli di metilazione intermedi o bassi. Questi marcatori non mutualmente
esclusivi, insieme a mutazioni gene-specifiche, caratterizzano i vari sottotipi di CRC
(12).
In tutti i casi, tuttavia, lo sviluppo del cancro colorettale è un processo
multistadio che comporta un accumulo di mutazioni o di modificazioni epigenetiche in
geni oncosoppressori e oncogeni tali da trasformare, passo dopo passo, normali cellule
dell’epitelio del colon in un tumore aggressivo.
La probabilità di un paziente di sopravvivere al tumore è elevata (80-90%) se la
diagnosi avviene nei primi stadi del processo di cancerogenesi, ma scende drasticamente
a circa il 10% se la diagnosi è effettuata nelle fasi tardive. Uno dei metodi di stadiazione
più utilizzati per il CRC è il metodo di classificazione internazionale TNM, che tiene in
considerazione la grandezza del tumore (T), il coinvolgimento dei linfonodi (N), e la
presenza di metastasi (M), permettendo di classificare il tumore in quattro stadi a gravità
crescente ai quali si aggiunge lo stadio 0 (carcinoma in situ in stadio molto precoce)
(13). Un altro sistema di classificazione è il metodo di Dukes che tiene in
considerazione l’infiltrazione tissutale, il coinvolgimento dei linfonodi e la presenza di
metastasi a distanza (14).
1.2 Genetica dei tumori del colon retto
Diversi studi suggeriscono che parenti di primo grado di un individuo affetto da
CRC, diagnosticato dopo i 50 anni, sono soggetti ad un aumento del rischio di contrarre
la malattia pari al doppio o al triplo rispetto al resto della popolazione. Inoltre, il numero
dei membri affetti da CRC all’interno di una famiglia e l’età al momento della diagnosi
di cancro sono fattori correlati con il rischio di contrarre la malattia, e se un individuo
6
ha più di un parente di primo grado con tumore del colon-retto o un parente con CRC
diagnosticato prima dei 45 anni di vita, il rischio relativo aumenta ulteriormente, da tre a
sei volte. Quando la storia familiare comprende due o più parenti con CRC, la
possibilità di una sindrome genetica aumenta sostanzialmente (2; 15).
Le forme ereditarie di CRC, ovvero quelle dovute alla presenza di un gene
mutato altamente predisponente che viene trasmesso all’interno della famiglia,
costituiscono tuttavia una minoranza del totale dei casi (5-6% circa). Vi sono poi
famiglie (20% circa del totale dei casi) i cui membri hanno un rischio maggiore della
popolazione generale di sviluppare CRC, ma non si riscontrano forme ereditarie. In
questo caso si parla di cancro colorettale familiare (FCC), termine utilizzato per
classificare le famiglie CRC che non soddisfano i criteri clinici per la diagnosi di
sindromi conosciute di CRC ereditario, verosimilmente risultante da geni a ridotta
penetranza e fattori ambientali condivisi. Infine, circa il 75% del totale dei casi di CRC
sono forme sporadiche (16).
1.2.1. Tumori ereditari del colon-retto
Alcune condizioni ereditarie predispongono un individuo allo sviluppo del
cancro colorettale. Lo studio di queste sindromi ha portato all’identificazione di alcuni
importanti geni responsabili delle forme ereditarie di CRC. Tra le principali sindromi
genetiche si annoverano la poliposi adenomatosa familiare (FAP), la FAP attenuata
(AFAP), la poliposi associata a MUTYH (MAP), e la sindrome di Lynch (cancro
colorettale ereditario non associato a poliposi: HNPCC).
Le sindromi rare sono condizioni di poliposi amartomatosa (sindrome di Peutz-
Jeghers o PJS, sindrome da poliposi giovanile o JPS, ed altri) e poliposi iperplastica:
7
A) Poliposi adenomatosa familiare (FAP), FAP attenuata (AFAP) e sindrome di Gardner.
La FAP è una malattia autosomica dominante caratterizzata dallo sviluppo di
molteplici (centinaia o migliaia) adenomi nel retto e nel colon dopo la prima decade di
vita, che si traducono inevitabilmente in sviluppo di CRC nei soggetti non trattati.
Maschi e femmine hanno la stessa probabilità di essere colpiti. La FAP rappresenta
meno dell’1% del totale dei casi di CRC, con una prevalenza stimata di 1/11,300-37,600
nell’Unione europea (17).
La FAP si può presentare anche con alcune manifestazioni extra-intestinali quali
osteomi, anomalie dentarie, ipertrofia congenita dell’epitelio pigmentato retinico, e
tumori extracolici (tumori desmoidi, tumori dello stomaco, duodeno / piccoli tumori
intestinali, tumori della tiroide, tumori del pancreas, epatoblastoma, e tumori del sistema
nervoso centrale) (2; 17).
La FAP attenuata (AFAP) è una variante meno aggressiva della FAP, caratterizzata
da un minor numero di polipi adenomatosi colorettali (di solito da 10 a 100), con un
69% di rischio di contrarre CRC, e un’età di comparsa dell’adenoma più tardiva. Alcuni
tumori extracolici si verificano anche in AFAP, tra cui tumori duodeno / periampollari e
tumori della tiroide (2; 17). La sindrome di Gardner è una variante di FAP e risulta nella
manifestazione di numerosi sintomi esterni e interni, tra cui polipi gastrointestinali,
osteomi, anomalie dei denti, tumori desmoidi, e cisti epidermoidi (18). FAP, FAP
attenuata e sindrome di Gardner sono il risultato di mutazioni germinali del gene
oncosoppressore APC (adenomatous polyposis coli) sul cromosoma 5q21, che codifica
per una proteina che agisce come un regolatore in senso inibitorio, essenziale nella via
di trasduzione del segnale denominata wingless/wnt.
La principale funzione di APC è modulare i livelli citoplasmatici di β-catenina,
proteina in grado di migrare nel nucleo inducendo trascrizione genica (19). La gravità
8
della malattia e la presenza di manifestazioni extracoliche sembrano correlare con la
posizione della mutazione all’interno del gene APC. Una grave poliposi (> 1000
adenomi) si trova in pazienti con mutazioni tra codoni i 1250 e 1464. La AFAP (< 100
adenomi) è correlata a mutazioni prima del codone 157, dopo il codone 1595, o nella
regione di splicing alternativo dell’esone 9. Mutazioni nel resto del gene APC causano
un fenotipo intermedio. Ipertrofie congenite dell’epitelio pigmentato retinico e tumori
desmoidi sono associati rispettivamente a mutazioni tra i codoni 311 e 1444 e dopo il
codone 1444 (20).
B) Poliposi associate a MUTYH (MAP)
La poliposi associata a MUTYH (MAP) è una malattia autosomica recessiva
caratterizzata da polipi adenomatosi del colon-retto e un rischio molto elevato di cancro
colorettale. Condivide caratteristiche importanti gastroenterologiche con la FAP
autosomica dominante. Il fenotipo del colon di pazienti MAP imita la AFAP, e il numero
di adenomi varia da pochi a centinaia. Le manifestazioni extracoliche pricipali
includono una predisposizione per adenomi duodenali e cancro e un modesto aumento
del rischio per alcuni tumori extraintestinali (2; 21). La malattia è causata da mutazioni
bialleliche di MUTYH (22), un gene localizzato sul cromosoma 1p che codifica per una
proteina che partecipa ai meccanismi di riparazione del DNA. Le due varianti comuni di
MUTYH osservate in pazienti MAP sono Tyr165Cys e Gly382Asp (22).
C) Sindrome di Lynch (cancro colorettale ereditario non poliposico o HNPCC)
La sindrome di Lynch (LS), nota anche come cancro colorettale ereditario non-
poliposico o HNPCC, è una malattia autosomica dominante causata da mutazioni in uno
dei geni (MLH1, MSH2, MSH6 o PMS2) coinvolti nella riparazione dei mismatch
(mismatch repair: MMR) e rappresenta la più comune sindrome ereditaria predisponente
9
a CRC. Mutazioni in MSH2 e MLH1 caratterizzano la maggior parte dei casi di
sindrome di Lynch, che rappresentano circa il 3% dei CRC totali.
A differenza di FAP, la poliposi è rara. I portatori di una mutazione in uno dei geni
che causano sindrome di Lynch hanno circa l’80% rischio di sviluppare CRC (23). I
tumori del colon hanno più probabilità di svilupparsi nel lato destro, mostrano spesso
una morfologia cellulare ad anello mucinoso o sigillo, sono caratterizzati da aggregati
linfoidi alla periferia del tumore e / o linfociti infiltranti il tumore, e hanno una
frequenza elevata di instabilità dei microsatelliti (23).
Oltre al CRC, i pazienti con sindrome di Lynch ed i loro parenti sono soggetti ad
aumentato rischio per diversi tipi di tumore, tra cui adenocarcinoma endometriale e
gastrico, ovarico, delle vie biliari, del tratto urinario, del piccolo intestino, del cervello e
tumori pancreatici (2).
La sindrome di Muir-Torre (MTS) è considerata una variante della sindrome di
Lynch, ed è una malattia rara caratterizzata dalla presenza di almeno una neoplasia delle
ghiandole sebacee e almeno un tumore viscerale (24).
D) Poliposi amartomatosa: Sindrome di Peutz-Jeghers, poliposi giovanile, poliposi mista ed altro
La sindrome di Peutz-Jeghers (PJS) è una malattia ereditaria, autosomica dominante,
caratterizzata da polipi amartomatosi nel tratto gastrointestinale e lesioni mucocutanee
pigmentate, che tipicamente si presentano nell’infanzia su labbra, mucosa buccale e
regione periorale. PJS causa predisposizione per vari tumori maligni (gastrointestinali,
pancreatici, del polmone, della mammella, dell’utero, delle ovaie e tumori testicolari)
(25; 26). La maggioranza dei pazienti che soddisfano i criteri diagnostici clinici ha
mutazione nel gene soppressore tumorale STK11, che mappa in 19p13.3 e codifica una
proteina chinasi serina-treonina (STK) (27).
10
La sindrome poliposica giovanile (JPS) è una rara malattia ad esordio precoce,
caratterizzata dalla presenza di polipi amartomatosi in tutto il tratto gastrointestinale
(28). Il rischio di contrarre CRC in individui JPS è stimato intorno al 39% (29). Si stima
che il 15% -20% dei pazienti JPS porti mutazioni dominanti autosomiche del gene
SMAD4/DPC4, sul cromosoma 18q21.1, che codifica un regolatore del TGF-β (30),
mentre il 25% -40% dei pazienti portano mutazioni dominanti autosomiche nel gene
codificante il recettore 1A (BMPR1A) della proteina morfogenetica ossea, sul
cromosoma 10q22-23 (31). Il resto dei casi JPS sembra essere sporadico.
La sindrome della poliposi mista ereditaria (HMPS) è una patologia a comparsa in
età giovanile caratterizzata da polipi adenomatosi misti/iperplastici/atipici. Si tratta di
una malattia autosomica dominante predisponente al cancro del colon-retto. Non vi è
sovrapposizione fenotipica coerente tra JPS e HMPS. Uno studio recente ha dimostrato
che il difetto del BMPR1A della linea germinale è la mutazione che causa il CRC nel
50% delle famiglie cinesi di Singapore HMPS (32). Inoltre è stato segnalato il legame
tra il cromosoma 15q e la HMPS (33).
La sindrome di Cowden (CS) è un’altra condizione di poliposi amartomatosa rara
autosomica dominante. Il 27% -43% dei pazienti CS presenta polipi amartomatosi nel
tratto gastrointestinale, tuttavia, la CS sembra contribuire poco al rischio di CRC (28).
La malattia è causata nella maggior parte dei casi da mutazioni del gene soppressore
tumorale PTEN (34).
E) Sindrome da Poliposi iperplasica (HPPS)
La HPPS è una rara condizione caratterizzata dalla presenza di polipi iperplasici
multipli e/o grandi in tutto il colon e predispone almeno il 50% dei pazienti allo
sviluppo di CRC (35). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito che
la diagnosi della HPPS deve essere effettuata secondo i seguenti criteri:
11
1. almeno cinque polipi iperplastici sono nella zona prossimale del sigma (almeno due
dovrebbero essere di diametro più grande di 10mm);
2. presenza di oltre 30 polipi iperplasici distribuiti in tutto il colon,
3. presenza di almeno un polipo iperplasico nel sigma colico, in un individuo che ha
almeno un parente di primo grado affetto da HPPS (36). Poco si sa ancora riguardo
l’eziologia e la genetica di questa condizione.
1.2.2. Familiarità
Come già affermato, una storia familiare di cancro colorettale (ad esempio, uno
o più parenti con CRC) conferisce un aumento del rischio di CRC che varia a seconda
del numero dei membri della famiglia affetti e dell’età alla diagnosi dei familiari affetti.
Le sindromi ereditarie rare sopra descritte contribuiscono solo per una minoranza dei
casi in cui esiste familiarità per il CRC, mentre in altre famiglie è verosimile che questa
sia da attribuire a geni a ridotta penetranza e alla loro interazione con fattori ambientali
condivisi. Alcuni studi atti ad identificare tali geni hanno rivelato potenziali loci sui
cromosomi 8, 9, 11, e 18 (2).
1.2.3. Forme sporadiche
Circa il 75% dei casi CRC sono tuttavia sporadici, ovvero insorgono in individui
che non hanno storia familiare per la malattia. Tali tumori sono il risultato di interazioni
complesse tra fattori ambientali, biologici e stocastici con geni a bassa penetranza, i
cosiddetti geni di suscettibilità. Inoltre, un numero sempre più crescente di evidenze
scientifiche suggerisce che modificazioni epigenetiche, ovvero alterazioni dei livelli di
espressione genica non dovute a mutazione, abbiano un ruolo importante nella
formazione e nella progressione di tali tumori.
12
Numerosi studi di associazione, ivi compresi studi estesi a tutto il genoma
(GWAS: genome-wide association studies) sono stati condotti negli ultimi decenni per
far luce sui geni di suscettibilità per le forme sporadiche (16), tuttavia è ormai chiaro
alla comunità scientifica che solo l’integrazione di dati provenienti dalla genetica, dalla
citogenetica, dalla trascrittomica e dall’epigenetica di questo tipo di tumori potrà
permettere di far luce sui pathway molecolari alla loro base. Infatti, nella maggior parte
dei casi (70% circa) il tumore del colon-retto sporadico origina in adenomi
convenzionali e progredisce attraverso una serie di stadi clinici ed istopatologici che
vanno da piccoli tumori benigni (polipi adenomatosi) a tumori maligni (carcinomi).
Questi tumori sono caratterizzati da mutazioni somatiche in geni critici, quali APC o K-
RAS, da bassi livelli di metilazione gene specifica (CIMP low o CIMP-), e da elevata
instabilità cromosomica caratterizzata da perdita o guadagno di interi cromosomi o di
regioni cromosomiche e da riarrangiamenti cromosomici di varia natura.
L’instabilità dei microsatelliti è rara o assente, mentre la perdita del gene
soppressore tumorale TP53 caratterizza spesso la transizione da tumore benigno a
maligno. Il 15-20% dei CRC sporadici, tuttavia, non origina in adenomi convenzionali,
ma in adenomi serrati. Tali tumori sono più frequenti nel colon destro, in età avanzata e
nelle donne. A livello molecolare questi tumori sono caratterizzati da mutazioni nel gene
BRAF, da elevati livelli di metilazione gene specifica (CIMP high) e da elevata
instabilità dei microsatelliti dovuta a silenziamento del gene MLH1, importante per la
corretta riparazione del DNA.
Vi è infine un altro sottotipo di CRC sporadici che segue un percorso diverso da
quelli precedentemente descritti, il cosiddetto “pathway de novo”, le cui caratteristiche
molecolari sono ancora oggetto di studio. L’integrazione dei dati genetici ed epigenetici
in questi tumori sta permettendo una ulteriore stratificazione in vari sottotipi all’interno
di queste tre classi principali (12).
13
2 FARMACOGENETICA DEL CANCRO
COLORETTALE
Negli ultimi decenni ci sono stati sviluppi importantissimi per quanto riguarda i
trattamenti chemioterapici del cancro colorettale. Dalla scoperta del 5-fluorouracile (5-
FU), nel 1957, esso ha avuto un ruolo fondamentale nella terapia di questo carcinoma,
sia in cosomministrazione con oxaliplatino, sia in associazione con irinotecano (nel caso
di tumori metastatici).
Recentemente, anche l’anticorpo monoclonale Bevacizumab (anti-fattore di
crescita vascolare endoteliale o anti-VEGF) e gli altri anticorpi monoclonali umanizzati
Cetuximab e Panitimumab (anti-recettori del fattore di crescita epidermico umano o
anti- EGFR) sono stati inclusi nel trattamento del carcinoma colorettale avanzato.
L’aggiunta di questi due farmaci biotecnologici innovativi alla terapia
convenzionale ha portato un consistente miglioramento nella sopravvivenza a questa
patologia (37). Tuttavia, la prognosi per pazienti con cancro colorettale metastatico è
ancora poco favorevole, anche a causa dei gravi effetti collaterali causati dalla
chemioterapia. Sarebbe dunque utile identificare i pazienti che hanno maggiori
probabilità di ottenere benefici da un regime di chemioterapia specifico e quelli che
invece andrebbero incontro a eventi avversi sfavorevoli nel corso del trattamento.
Poiché i soli parametri clinici non sono adeguati per predire la cosiddetta
“chemio-sensibilità”, la farmacogenetica si pone come obiettivo quello di trovare
marker genetici della linea germinale che possano essere utilizzati in modo da prevedere
la risposta farmacologica dei singoli pazienti.
In questo lavoro di tesi discuteremo i principali geni candidati per la risposta
individuale a 5-FU, oxaliplatino e irinotecano.
Fig.1: Rappresentazione schematica degli enzimi coinvolti nella risposta cellulare e nel metabolismo dei composti chemioterapici nel trattamento del cancro colonrettale. 55-fluorouracile; ABC, ATPdeossitimidina monofosfato; dUMP, deossiuridina monofosfato; ERCC1, proteina di riparazione per escissione del gruppo di complemenatzione 1;idrofolato; MTHFR, metilene idrofolatodell’irinotecano; SN-38G, SNglucoronil transferasi; VEGF, fattore di crescita vascolare endoteliale.Henriette Tanja, L., Guchelaar, H. J., & Gechemotherapy of colorectal cancerGastroenterology, 23(2), 257
2.1. 5-Fluorouracile e fluoropirimidine
Il derivato fluoropirimidinico 5
chemioterapico la cui azione principale è quella di inibire la sintesi del DNA e
dell’RNA, entrambi necessari per la rapida divisione delle cellule tumorali.
rientra nella categoria degli antimetaboliti ed espleta la sua azione citotossica attraverso
due meccanismi principali.
Rappresentazione schematica degli enzimi coinvolti nella risposta cellulare e nel metabolismo dei composti chemioterapici nel trattamento del cancro colonrettale. 5
fluorouracile; ABC, ATP-binding cassette; DPD, diidropirmidina deidrogenadeossitimidina monofosfato; dUMP, deossiuridina monofosfato; ERCC1, proteina di riparazione per escissione del gruppo di complemenatzione 1; MTHF, metilene idrofolato; MTHFR, metilene idrofolato reduttasi; PT, platino; SN-38, metabolita attivo
38G, SN-38 glucoronide; TS, timidilato sintetasi; UGT, UDPglucoronil transferasi; VEGF, fattore di crescita vascolare endoteliale.Henriette Tanja, L., Guchelaar, H. J., & Gelderblom, H. (2009). Pharmacogenetics in chemotherapy of colorectal cancer. Best Practice & Research Clinical
(2), 257-273.
Fluorouracile e fluoropirimidine
Il derivato fluoropirimidinico 5-fluorouracile (o 5-FU) è un agente
mioterapico la cui azione principale è quella di inibire la sintesi del DNA e
RNA, entrambi necessari per la rapida divisione delle cellule tumorali.
rientra nella categoria degli antimetaboliti ed espleta la sua azione citotossica attraverso
due meccanismi principali.
14
Rappresentazione schematica degli enzimi coinvolti nella risposta cellulare e nel metabolismo dei composti chemioterapici nel trattamento del cancro colonrettale. 5-FU,
binding cassette; DPD, diidropirmidina deidrogenasi; dTMP, deossitimidina monofosfato; dUMP, deossiuridina monofosfato; ERCC1, proteina di
MTHF, metilene 38, metabolita attivo
38 glucoronide; TS, timidilato sintetasi; UGT, UDP-glucoronil transferasi; VEGF, fattore di crescita vascolare endoteliale. Tratto da
Pharmacogenetics in Best Practice & Research Clinical
FU) è un agente
mioterapico la cui azione principale è quella di inibire la sintesi del DNA e
RNA, entrambi necessari per la rapida divisione delle cellule tumorali. Il farmaco
rientra nella categoria degli antimetaboliti ed espleta la sua azione citotossica attraverso
Il più importante è quello esplica
FdUMP (o 5-fluorodesossiuridinamonofosf
un complesso con l’enzima timidilato
metilenetetraidrofolato; in questo modo inibisce la conversione di 2
monofosfato (dUMP) a 2’
precursore della sintesi del DNA. Inoltre il 5
analogo delle basi pirimidiniche
nell’RNA, causando danni al DNA ed interferendo con la s
degli RNA (37).
Il 5-FU viene utilizzato nella terapia di molti tumori solidi, inclusi i tumori del
colon-retto. Il farmaco viene spesso somministrato insieme a leucovorin o altri derivati
dell’acido folico. La combinazione dei due composti si è dimost
nell’inibire la TS rispetto all
Molti enzimi partecipano al metabolismo e al catabolismo delle pirimidine
rappresentando potenziali modulatori della risposta interindividuale al trattamento con
5-FU o suoi analoghi. Di seguito tratteremo alcuni dei principali enzimi coinvolti in
questa via metabolica i cui polimorfismi genetici sono sospettati contribuire all
o alla tossicità del 5-FU.
Il più importante è quello esplicato dal metabolita attivo del 5-fluorouracile, il 5
fluorodesossiuridinamonofosfato) che blocca la sintesi di DNA formando
enzima timidilato-sintasi (TS), che è stabilizzato dal 5,10
metilenetetraidrofolato; in questo modo inibisce la conversione di 2’-desossiuridina
’ -desossitimidina-5’-monofosfato (dTMP), un fondamentale
precursore della sintesi del DNA. Inoltre il 5-FU è una fluoropirimidina, ovvero un
analogo delle basi pirimidiniche che può essere incorporato erroneamente nel DNA e
RNA, causando danni al DNA ed interferendo con la sintesi ed il processamento
FU viene utilizzato nella terapia di molti tumori solidi, inclusi i tumori del
retto. Il farmaco viene spesso somministrato insieme a leucovorin o altri derivati
folico. La combinazione dei due composti si è dimostrata più efficace
inibire la TS rispetto all’utilizzo del solo 5-FU (38).
Molti enzimi partecipano al metabolismo e al catabolismo delle pirimidine
potenziali modulatori della risposta interindividuale al trattamento con
FU o suoi analoghi. Di seguito tratteremo alcuni dei principali enzimi coinvolti in
questa via metabolica i cui polimorfismi genetici sono sospettati contribuire all
Fig. 2: Struttura del 5-Fluorouracile
15
fluorouracile, il 5-
ato) che blocca la sintesi di DNA formando
sintasi (TS), che è stabilizzato dal 5,10-
desossiuridina-5’-
ofosfato (dTMP), un fondamentale
FU è una fluoropirimidina, ovvero un
che può essere incorporato erroneamente nel DNA e
intesi ed il processamento
FU viene utilizzato nella terapia di molti tumori solidi, inclusi i tumori del
retto. Il farmaco viene spesso somministrato insieme a leucovorin o altri derivati
ata più efficace
Molti enzimi partecipano al metabolismo e al catabolismo delle pirimidine
potenziali modulatori della risposta interindividuale al trattamento con
FU o suoi analoghi. Di seguito tratteremo alcuni dei principali enzimi coinvolti in
questa via metabolica i cui polimorfismi genetici sono sospettati contribuire all’efficacia
16
2.1.1. Timidilato sintasi (TS)
La timidilato sintasi è uno degli enzimi fondamentali nella via metabolica dei
folati che catalizza la conversione di dUMP in dTMP, giocando un ruolo chiave nel
rifornimento cellulare dei precursori pirimidinici necessari per la sintesi e la riparazione
del DNA. Questo enzima è il bersaglio del 5-FU ed è pertanto uno dei candidati
principali negli studi di farmacogenetica (38).
Il gene TYMS che codifica per la TS contiene almeno tre polimorfismi in grado
di interferire con la quantità di proteina prodotta da un individuo. Il primo di questi è
dato da una sequenza di 28bp ripetuta in tandem nella regione in 5’ del gene. Gli alleli
più frequenti per tale polimorfismo sono 2R (2 ripetizioni della sequenza) e 3R (3
ripetizioni) (39).
L’allele 3R favorisce l’espressione del gene e porta a maggiore produzione di
mRNA rispetto all’allele 2R. Pertanto, alcuni autori hanno dimostrato che la terapia con
5-FU risulta meno efficace nei portatori dell’allele 3R che mostravano anche una ridotta
tossicità del farmaco (40; 41; 42; 43).
Tuttavia, studi successivi hanno dimostrato che la presenza di un secondo
polimorfismo dato da una sostituzione di base G>C all’interno della sequenza di 28bp
ripetuta in tandem complica le cose per i portatori dell’allele 3R, che possono essere
3RG oppure 3RC. Tenendo in considerazione la combinazione di entrambi i
polimorfismi, si ottengono due profili di espressione del gene: i portatori dell’allele
3RG hanno alta espressione, mentre gli altri genotipi (2R/2R, 2R/3RC, 3RC/3RC)
hanno livelli di espressione più bassi (44).
Questi risultati spiegano parzialmente perché alcuni soggetti con genotipo 3R/3R
rispondono alla terapia con 5-FU e suggeriscono che entrambi i polimorfismi debbano
essere considerati simultaneamente (38).
17
Un terzo polimorfismo nel gene TYMS si trova nella regione non tradotta in 3’
(3’-UTR). Si tratta di un polimorfismo ins/del (inserzione o delezione) di una sequenza
di 6bp in posizione 1494 (1494 ins/del) (45). In questo caso l’allele 1494del porta a
minore stabilità citoplasmatica dell’ mRNA rispetto all’allele 1494ins (45).
Pertanto, soggetti omozigoti 1494del/del rispondono meglio alla terapia con 5-
FU rispetto a soggetti 1494ins/ins (46; 47).
Tuttavia da questi lavori si evince che la quantità finale di proteina TS prodotta
da un individuo è data da una combinazione di questi tre polimorfismi che influenzano
l’espressione del gene o la stabilità del messaggero. Di conseguenza l’analisi di uno solo
dei tre polimorfismi non può essere utilizzata per predire la risposta individuale al
trattamento farmacologico. Inoltre in molti casi il 5-FU non è l’unico farmaco utilizzato
in chemioterapia, ma viene somministrato insieme ad altri farmaci che possono
complicare la comprensione del ruolo dei polimorfismi genetici nella risposta al
trattamento farmacologico (38).
2.1.2. Metilenetetraidrofolato reduttasi (MTHFR)
La metilenetetraidrofolato reduttasi (MTHFR) catalizza la conversione
irreversibile del 5,10-metilenetetraidrofolato a 5-metiltetraidrofolato. Ricordiamo che il
5,10-metilenetetraidrofolato è essenziale per stabilizzare il complesso tra TS e 5-
FdUMP (Fig.1), pertanto l’attività della MTHFR può influenzare l’efficacia del 5-FU
nell’inibire l’enzima TS. Il gene MTHFR contiene numerosi polimorfismi, ma I due più
noti sono I polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) 677C>T (Ala222Val) e 1298A>C
(Glu428Ala) (48; 49; 50).
Entrambi I polimorfismi risultano in ridotta attività enzimatica e potrebbero
pertanto favorire la stabilità del complesso FdUMP-TS favorendo la risposta al
18
trattamento ma anche la tossicità associate alla terapia con 5-FU. I risultati della
letteratura scientifica sono tuttavia ancora conflittuali e non è chiaro se questi
polimorfismi possono essere utilizzati nella pratica clinica per predire la risposta e la
tossicità al trattamento farmacologico (51; 52; 53; 54).
Sono pertanto necessari ulteriori studi condotti su ampie casistiche per valutare il
contributo farmacogenetico del gene MTHFR anche in combinazione con I polimorfismi
del gene TYMS.
2.1.3. Diidropirimidina deidrogenasi (DPD)
L’enzima diidropirimidina deidrogenasi (DPD) partecipa al catabolismo del 5-
FU, convertendolo in 5-fluorodiidrouracile che viene successivamente trasformato in 5-
fluoro-β-alanina, la forma escreibile nelle urine (55).
Deficit nell’ enzima DPD causano accumulo del 5-FU nel sangue e questo è
stato associaciato a grave tossicità ematologica del farmaco che può essere fatale in
alcuni pazienti (56; 57).
Sono noti oltre 40 polimorfismi nel gene DPYD che codifica per l’enzima DPD.
Di particolare interesse farmacologico risulta essere la mutazione puntiforme G > A a
livello del sito di splicing dell’esone 14 (IVS14+ 1G>A, conosciuta anche come allele
DPYD*2A), che risulta essere implicata del corretto splicing dell’esone 14. Se è
presente questa sostituzione nucleotidica comporta la perdita dell’esone stesso e la
formazione di un prodotto proteico incompleto e privo di attività enzimatica (58).
Nonostante la frequenza di questo allele sia molto rara, con una frequenza di
portatori eterozigoti cha varia dall’1% al 2% nelle diverse popolazioni (43; 58; 59), si
ritiene che questa mutazione sia responsabile di circa il 25% dei casi di severa tossicità
del 5-FU (60; 58; 59).
19
Sono state identificate numerose altre varianti rare del gene che possono essere
responsabili della tossicità a seguito del trattamento con il farmaco (38).
2.1.4. Altri geni candidati nel metabolismo e/o
catabolismo delle fluoro pirimidine
Molti altri enzimi partecipano al metabolismo o al catabolismo delle
fluoropirimidine e tutti rappresentano dei potenziali modulatori della risposta
farmacologica. Tra questi il gene TYMP che codifica l’enzima timidina fosforilasi (TS)
cha catalizza la conversione del 5-FU in 5-FUDR (5-fluoro-2’-deossiuridina), ed il gene
UMPS che codifica l’enzima uridina monofosfato sintasi (UMPS), che converte il 5-FU
in fluorouridina monofosfato (FUMP), costituiscono altri candidati per la risposta
individuale al farmaco (38).
2.2. Oxaliplatino
L’oxaliplatino è considerato il più importante farmaco anti-tumorale ad attività
citostatica appartenente alla classe dei platino-derivati (61; 62).
L’atomo di platino è complessato con l’1,2-diamminocicloesano (DACH)
attraverso il quale si lega al DNA formando un addotto DACH-platino-DNA che ne
impedisce la replicazione causando morte cellulare (63).
La terapia combinata con 5-fluorouracile (5-FU)/ leucoverin (LV) associato
all’oxaliplatino (OX) (FOLFOX) è la più utilizzata per il trattamento del cancro gastrico
e colo-rettale (64).
Nonostante l’elevata efficienza di questa terapia combinata, un’alta percentuale
di pazienti ha dimostrato un’ elevata resistenza alla FOLFOX suggerendo una variabilità
interindividuale.
Anche se nessuna attività enzimatica specifica influenza in maniera diretta l
dell’ oxaliplatino o il suo metabolismo, ci sono enzimi coinvolti nella riparazione del
DNA che ne influenzano l
2.2.1. Geni coinvolti nella riparazione del DNA
I farmaci contenent
addotti ingombranti a livello del DNA, cosa che porta all
del suddetto acido nucleico, e ad apoptosi cellulare. Normalmente per riparare questi
addotti al DNA la cellula utilizza un metodo riparativo detto NER o riparazione tramite
escissione di nucleotidi. Durante questo processo il DNA danneggiato è riconosciuto e
la doppia elica viene riparata dall
ERCC2 (Excision repair cr
riconoscimento del danno al DNA e la sua corretta rimozione
polimorfismi e attività enzimatiche alterate di questo sistema di riparazione potessero
influenzare l’efficienza dell
Anche se nessuna attività enzimatica specifica influenza in maniera diretta l
o il suo metabolismo, ci sono enzimi coinvolti nella riparazione del
DNA che ne influenzano l’attività e che contribuiscono alla farmaco resistenza.
Fig. 3: Struttura dell’Oxaliplatino
2.2.1. Geni coinvolti nella riparazione del DNA
I farmaci contenenti platino esplicano la loro attività citotossica formando
addotti ingombranti a livello del DNA, cosa che porta all’ inibizione della replicazione
del suddetto acido nucleico, e ad apoptosi cellulare. Normalmente per riparare questi
a utilizza un metodo riparativo detto NER o riparazione tramite
escissione di nucleotidi. Durante questo processo il DNA danneggiato è riconosciuto e
la doppia elica viene riparata dall’azione di numerosi enzimi, compresi ERCC1 ed
ERCC2 (Excision repair cross-complementation group 1 e 2), importanti per il
riconoscimento del danno al DNA e la sua corretta rimozione (38)
polimorfismi e attività enzimatiche alterate di questo sistema di riparazione potessero
efficienza dell’oxaliplatino è stata valutata in molti studi.
20
Anche se nessuna attività enzimatica specifica influenza in maniera diretta l’efficacia
o il suo metabolismo, ci sono enzimi coinvolti nella riparazione del
attività e che contribuiscono alla farmaco resistenza.
i platino esplicano la loro attività citotossica formando
inibizione della replicazione
del suddetto acido nucleico, e ad apoptosi cellulare. Normalmente per riparare questi
a utilizza un metodo riparativo detto NER o riparazione tramite
escissione di nucleotidi. Durante questo processo il DNA danneggiato è riconosciuto e
azione di numerosi enzimi, compresi ERCC1 ed
complementation group 1 e 2), importanti per il
(38). L’ipotesi che
polimorfismi e attività enzimatiche alterate di questo sistema di riparazione potessero
21
Per il gene ERCC1, SNPs funzionali come 354C>T e 8092C>A contribuiscono a
cambiamenti dell’attività enzimatica misurata attraverso i livelli di mRNA; mentre per il
gene ERCC2 gli SNPs 312G>A e 2251T>G sono stati riconosciuti come responsabili di
un’attività non ottimale del sistema di riparazione del DNA (38).
Numerosi autori hanno suggerito che polimorfismi nei geni ERCC1 e ERCC2
possano essere utilizzati come potenziali biomarcatori predittivi della risposta al
trattamento con oxaliplatino. Ad esempio, una recente meta-analisi della letteratura
suggerisce che i polimorfismi ERCC1 354C>T e ERCC2 2251T>G possano essere
utilizzati come biomarcatori prognostici e di risposta al trattamento in pazienti con
tumori gastrici in terapia con oxaliplatino (65).
Oltre al meccanismo di riparazione del DNA per escissione di nucleotidi, anche
geni coinvolti nel meccanismo di riparazione del DNA per escissione di basi (BER)
sono stati studiati nella risposta a oxaliplatino, quali ad esempio il gene XRCC1 (X-ray
Repair Cross Complementing Group 1), il cui polimorfismo Arg399Gln (1196A>G) è
associato ad un aumento di danno il DNA ed è stato anche associato da alcuni autori ad
una migliore risposta in pazienti CRC trattati con FOLFOX (66; 67). Sono tuttavia
necessari ulteriori approfondimenti in merito, in quanto altri autori non hanno
confermato questi risultati (68; 69).
2.2.2. Geni delle glutatione-S-transferasi
Le Glutatione S-transferasi (GSTs) sono una famiglia di isoenzimi che
catalizzano la coniugazione di molecole tossiche, chemioterapici e cancerogeni con il
glutatione rendendoli meno reattivi e più facilmente eliminabili dall’organismo (70).
Tali enzimi sono codificati da geni appartenenti a 5 classi principali: α (GSTA1),
µ (GSTM1), π (GSTP1), σ (GSTS1), θ (GSTT1). Molti polimorfismi genetici possono
22
alterare la loro trascrizione e/o l’attività enzimatica delle proteine che codificano,
conferendo una diversa sensibilità ai platino-derivati, tra cui l’oxaliplatino (OX) (71).
Diversi studi suggeriscono un’associazione tra alcuni polimorfismi del gene GSTP1 e
una maggiore efficienza chemioterapica in pazienti con CRC (70).
I due maggiori polimorfismi sono GSTP1 313A>G (Ile105Val) e GSTP1
341C>T (Ala114Val). In particolare lo SNP 313A>G è responsabile di una ridotta
attività enzimatica di GSTP1 (72). Alcuni studi clinici dimostrano che pazienti con
genotipo 313GG beneficiavano della terapia combinata con OX rispetto a pazienti
portatori dell’allele 313A (68; 73).
Tre studi recenti, che hanno testato l’efficienza della FOLFOX in pazienti con
CRC avanzato, non hanno invece trovato nessuna associazione tra GSTP1 313A>G e
l’efficienza terapeutica (68; 74; 75).
Se da un lato la ridotta attività catabolica aumenta la chemiosensibilità all’OX,
dall’altro potrebbe comunque causare effetti tossici, anche se a riguardo non esistono
dati certi.
Studi clinici riportano l’influenza di questo polimorfismo sugli effetti tossici
dovuti alla terapia con FOLFOX o IROX (CPT-11/OX) in pazienti con cancro
metastatico (76; 68; 73). Pazienti con genotipo 313GG andavano incontro ad accumulo
di OX e quindi ad un aumentato rischio di neurotossicità. Tuttavia altri dati in letteratura
non confermano tale l’associazione.
Anche per quanto riguarda il gene GSTT1, studi clinici di pazienti affetti da CRC
metastatico trattati con OX non hanno confermato la potenziale influenza delle CNV
(variazione del numero di copie) di GSTT1 sulla tossicità della terapia (77; 78).
Ulteriori studi risultano quindi necessari sia per dare un significato predittivo allo SNP
313 A>G, sia per comprendere in generale il ruolo delle variabilità genetiche delle
23
GSTs nell’efficienza terapeutica e nello sviluppo di tossicità in pazienti CRC sottoposti
a trattamento con OX.
2.3 Irinotecano
L’irinotecano (CPT-11) è un chemioterapico, la cui funzione primaria è
l’inibizione della topoisomerasi I, enzima responsabile della rottura-ricucitura del
singolo filamento di DNA. CPT-11 è un analogo semi sintetico di un alcaloide naturale,
la camptotecina.
Nel 1998 CPT-11 è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA)
nel trattamento clinico del CRC e principalmente in pazienti con diagnosi di CRC con
metastasi, con recidiva o progressione registrata dopo l’applicazione della terapia a base
di 5-FU di serie (79). Inoltre, è stato osservato che la terapia combinata con 5-FU/LV
(FOLFIRI) ha aumentato in maniera statisticamente significativa la percentuale delle
risposte positive con conseguente incremento della sopravvivenza (80). Tuttavia, in caso
di mancato monitoraggio il CPT-11 ha una tossicità piuttosto elevata che può provocare
neutropenia e gravi problemi gastroenterologici.
I polimorfismi a carico delle cellule somatiche e tumorali sono associati all’efficacia
terapeutica e alla tossicità del CPT-11. In particolare, la tossicità e l’efficacia del CPT-11
possono essere associati a tre diversi meccanismi:
� insufficienza dell’accumulo intra-tumorale di SN-38 (metabolita attivo del CPT-
11);
� cambiamento dell’attività della topoisomerasi I che porta ad una diminuzione dei
livelli del complesso SN-38 e il DNA Topoisomerasi I;
� alterazione negli eventi legati all’apoptosi, alla regolazione del ciclo cellulare e
alla riparazione del DNA.
24
Fig. 4 L’Irinotecano viene metabolizzato ad APC o NPC e potenziali altri metaboliti intermedi (M1, M2) attraverso un processo mediato dal citocromo P450. Nessuno dei due 7-etil-10- [4-N- (acido 5-aminopentanoic) -1-piperidino] carbonyloxycamptothecin (APC), né 7-etil-10- (4-ammino-1-piperidino) carbonyloxycamptothecin (NPC) contribuisce direttamente all'attività irinotecano in vivo. NPC viene ulteriormente convertito in 7-etil-10-idrossi-camptotecina (SN-38) dalla carbossilesterasi. Tutti i metaboliti dell’irinotecano sono sensibili al pH, quindi sono a rischio di trasformazione da inattivo a prodotti attivi, e viceversa. SN-38 viene successivamente coniugato principalmente dall'enzima UDPglucuronosiltransferasi 1A1 (UGT1A1) per formare un metabolita glucuronide (SN-38G). Tratto da Panczyk, M. (2014). Pharmacogenetics research on chemotherapy resistance in colorectal cancer over the last 20 years. World journal of gastroenterology: WJG, 20(29), 9775..
25
2.3.1 Carbossilesterasi (CES)
Sono gli enzimi responsabili dell’idrolisi del CPT-11 nel suo metabolita attivo
SN-38. In particolare, CES1 e CES2, dove CES2 rappresenta il target di maggiore
importanza. Gli enzimi Carbossilesterasi idrolizzano CPT-11 a SN-38 in primo luogo
nel fegato, ma anche nel plasma e nel tratto gastrointestinale.
Numerosi SNPs sono stati descritti in diverse popolazioni: europei, africani e
asiatico-americani (81; 82). Due in particolare sono stati messi in evidenza: uno di
questi SNPs localizzato alla posizione 830 del gene (830C> G) è stato associato con una
diminuzione dell’espressione di CES2, che è stato segnalato in 60 casi nella
popolazione del Nord America (81).
Il processo di attivazione CPT-11 intra-tumorale è parzialmente spiegato da
alcuni autori che hanno fornito dati sperimentali che indicano che il livello di attività
CES2 può essere predittore della tossicità di CPT-11 (83), mentre altri non sono riusciti
a rilevare l’attività CES2 in cellule in coltura (84).
Lo studio condotto da Kubo et al (85) ha evidenziato la presenza di altri SNPs
nel gene: il primo localizzato in posizione 100C> T (Arg34Trp) ed il secondo a livello
del sito accettore dello splicing dell’introne 8 (IVS8-2A> G) del gene CES2.
Si evince, dai risultati dei test in vitro, che questi due polimorfismi hanno un
impatto sulla traduzione e sulla trascrizione del gene CES2: in particolare la presenza
delle varianti 34Trp è responsabile della perdita di attività enzimatica, mentre la
presenza dell’allele IVS8-2G è associata ad una riduzione significativa dell’attività
metabolica (85).
Questi dati rappresentano un punto di partenza per ulteriori ricerche di
farmacogenetica, i cui risultati potranno essere utilizzati in futuro per individuare il
dosaggio di CPT-11 attivato da carbossilesterasi.
26
2.3.2 UDP-glucuronosiltransferasi (UDP)
Le UGT sono una delle più importanti classi di enzimi che partecipano alle
reazioni di fase II del metabolismo degli xenobiotici.
Una glucuronidazione ridotta della SN-38 ha dimostrato di aumentare
significativamente la tossicità gastro-intestinale di irinotecano (86). Il principale UGT
coinvolto nella coniugazione di SN-38 è UGT-1A1 (86). Sono stati descritti più di 25
polimorfismi di UGT1A1 (87); tra questi il più comune è costituito da sette anziché da
sei ripetizioni-TA (- 53 (TA) 6> 7, UGT1A1 * 28).
Un numero maggiore di ripetizioni-TA è associato ad una ridotta attività
trascrizionale di UGT1A1, che porta a vari gradi di glucuronidazione alterata (88; 89;
90; 91; 92). A questo allele è anche associata a la sindrome di Gilbert (93).
La presenza dell’allele UGT1A1 * 28 sia nella forma eterozigote che in quella
omozigote, ha dimostrato di essere un predittore significativo di grave tossicità dopo
somministrazione di irinotecano (94), con un aumento massimo di sette volte del rischio
di grave neutropenia (90; 92; 95) o diarrea (89; 95; 96), e un grave aumento del rischio
di neutropenia febbrile (97). Questo aumento della tossicità, tuttavia, può essere solo
presente nel primo ciclo di chemioterapia (92).
Anche se la maggior parte degli studi non hanno mostrato significative
associazioni tra il genotipo UGT1A1 e la differente tossicità del CPT-11 (95; 96; 97),
uno studio in 250 pazienti di razza bianca con tumore del colon-retto avanzato ha
mostrato una maggiore incidenza di eventi tossici nei pazienti con il gene UGT1A1 * 28
(92).
Numerosi altri polimorfismi del gene UGT1A1 * 28 sono stati studiati per la
risposta al CPT-11.
27
2.3.3 Citocromo P450 (CYP450)
Un’altra reazione di metabolizzazione cui va incontro l’irinotecano è
un’ossidazione che avviene ad opera del citocromo P450 epatico, e in particolare
agiscono due enzimi, il 3A4 e il 3A5 che fanno parte della superfamiglia del P450.
Nello specifico, il più importante e il più attivo in questa reazione sembra essere il
CYP3A4, mentre l’altro sembra essere molto meno attivo soprattutto nelle popolazioni
caucasiche (98).
L’irinotecano è convertito, tramite questa via metabolica, in APC ed NPC. Il
NPC può essere ulteriormente metabolizzato e riattivato dal complesso di enzimi CES
(vedi sopra) in SN-38 e la sua concentrazione plasmatica può quindi aumentare; è stato
riscontrato che alcuni polimorfismi del gene che codifica per l’enzima P3A4 del
CYP450 sono correlati ad alterazione del suddetto enzima ma alcune ricerche
attualmente in atto sembrano suggerire che queste alterazioni siano più probabilmente
influenzate da fattori ambientali e fisiologici (es. terapie concomitanti, dieta, alterazioni
della funzionalità epatica, stato fisico dei pazienti) piuttosto che da fattori genetici (99;
100) .
Poiché la maggior parte dei farmaci è metabolizzata dal citocromo P3A4 la
cosomministrazione di altri farmaci può influenzare e modificare l’attività del suddetto
enzima, come accade appunto nel caso dell’irinotecano e della sua forma attiva SN-38.
Il Ketoconazolo, ad esempio, blocca la conversione dell’irinotecano in APC e NPC
quasi completamente, così come anche la cosomministrazione di loperamide e
ondansetron insieme alla terapia a base di irinotecano, che diminuisce la formazione di
APC e NPC dal 25 al 75% è (101). Questo meccanismo causa dunque una deviazione
del metabolismo verso le carbossil-esterasi e aumenta la formazione del metabolita SN-
38 e ciò può comportare aumento sia dell’effetto terapeutico del farmaco che della sua
28
tossicità. La stessa cosa accade con altri farmaci, come ad esempio la Ciclosporina,
mentre l’effetto contrario si ha in caso di cosomministrazione di anticonvulsivanti che
causano induzione enzimatica, come fenobarbital, fenitoina e carbamazepina, che
comportano aumento della clearence di irinotecano e diminuzione dei picchi plasmatici
del metabolita attivo SN38.
Tuttavia, ad oggi, non vi sono prove sufficienti per supportare l’utilizzo della
farmaco genetica relativa ai polimorfismi CYP3A4/5 nella terapia.
2.3.4 ABC e trasportatori SLC
Trasportatori ABC
Le proteine ABC (dall'inglese ATP-binding cassette) sono trasportatori
transmembrana che intervengono nel trasporto del CPT-11 e dei suoi metaboliti e
svolgono un ruolo importante nella sua farmacologia (102), ovvero un potenziale
impatto sull’efficacia della terapia antitumorale ed il verificarsi di reazioni avverse
(103).
Gli studi in vitro e in vivo fatti sulle proteine di trasporto codificate dai geni
ABCB1 / MDR1 e ABCC1 / MRP1 sulla farmacologia del CPT11 hanno dato risultati
ambigui (104; 105; 106; 107; 108). Invece per quanto riguarda il gene ABCC2 / MRP2
sono stati studiati gli effetti di diversi SNPs che confermerebbero la tossicità della
terapia con CPT11 e il loro importante ruolo nel trasporto di CPT-11 e dei suoi
metaboliti.
Inoltre sono stati descritti altri meccanismi che possono contribuire alla
resistenza del farmaco condizionata dall’attività del gene ABCG2 / BCRP. Ad esempio,
lo studio di Poonkuzhali et al. (109) ha dimostrato che la variante polimorfica
rs2622604 era associata a diminuita espressione del gene ABCG2 misurato dal livello
29
dell’mRNA. Questi risultati supportano l’ipotesi che i pazienti portatori della variante
rs2622604 negativo hanno un basso livello di escrezione biliare di SN-38 nel fegato che
porta alla crescita delle concentrazioni intracellulari di SN-38 negli epatociti. Questo, a
sua volta, contribuisce all’accumulo di CPT-11 / SN-38 nel sangue e ad un aumentato
rischio di grave mielosoppressione.
Trasportatori SLC
Sono trasportatori situati sulla membrana baso-laterale degli epatociti e
contribuiscono alla ricaptazione epatica di SN38 ed SN38G dal sangue agli stessi
epatociti. Sono state descritte diverse varianti polimorfiche del gene SLCO1B1, tra le
quali SLCO1B1 * 1b (388A> G) e SLCO1B1 * 5 (521T> C). In vitro la ricerca
sull’aplotipo SLCO1B1 * 15, che è un combinazione di SNPs, ha dimostrato che è
responsabile di una riduzione del 50% della concentrazione intracellulare di CPT-11,
che può causare la variabilità intra-individuale nella la tossicità di questo farmaco (110;
111).
Altri studi sulla tossicità di CPT-11 e dei suoi effetti su diversi fattori genetici
sono stati portati da Takane e altri (112). Infatti analizzando tre varianti genetiche di
UGT1A1 * 6, UGT1A1 * 28 e SLCO1B1 * 15 è stata trovata una forte correlazione tra la
presenza di questi alleli e eccessivo accumulo di SN-38, che ha provocato gravi
complicazioni tossiche osservate con l’uso di CPT-11.
In sintesi, si può affermare che i frequenti polimorfismi nei geni che codificano
per i trasportatori ABC e SLC possono avere un impatto significativo sui cambiamenti
nella farmacocinetica e farmacodinamica di CPT-11. Tuttavia, l’applicazione pratica di
tali risultati richiede ulteriori studi in vivo, inclusi studi sui pazienti affetti da CRC.
30
2.3.5 Topoisomerasi I, geni di riparazione del DNA e
regolazione del ciclo cellulare
Sappiamo come la topoisomerasi I (TOP I) sia un enzima fondamentale nel ciclo
cellulare. Infatti è responsabile dello svolgimento del DNA durante la trascrizione e la
replicazione. Il metabolita attivo di CPT-11, SN-38, inibisce la funzione della TOP I
tramite la formazione del complesso TOP I / SN-38.
Gli scienziati che studiano le cellule tumorali che presentano resistenza di CPT-
11, hanno trovato che una possibile causa di bassa sensibilità al farmaco può essere
associata alla presenza di mutazioni o bassa espressione del gene Top1 (113; 114).
Infatti l’impatto che ha la presenza di diverse varianti genetiche di TOP1 può essere
causa di resistenza primaria ai farmaci (115).
La conoscenza delle cause della resistenza ai farmaci che portano al fallimento
del trattamento con CPT-11, offre l’opportunità di programmare un trattamento più
efficace, prevedendo gli effetti della terapia per ogni singolo paziente.
Uno dei fattori molecolari coinvolti nella farmacodinamica di CPT-11 è XRCC1
che svolge un ruolo fondamentale nella riparazione per escissione di base formando un
complesso con proteine di riparazione del DNA compresi PARP1 e DNA polimerasi β
(116).
Hoskins et al (117) hanno studiato un gruppo di 107 pazienti (europei) con CRC
avanzato, trattato con CPT-11. Hanno condotto un’analisi dell’impatto della variante
genetica 1196G> A (Arg399Gln) del gene XRCC1 sull’efficacia della terapia con CPT-
11. In tale studio si evince come i pazienti che mostrano una risposta favorevole al
trattamento, abbiano più comunemente ha il genotipo 1196GG.
I pazienti omozigoti per un aplotipo XRCC1 (CCGG-G) sono stati, in
particolare, coloro che hanno mostrato una risposta oggettiva alla terapia rispetto agli
altri pazienti (83% vs 30%, p = 0,02) (117). Una possibile spiegazione di questi risultati
31
è data dal fatto che la presenza dell’allele nella sequenza genica 1196G di XRCC1 è
condizionata dalla presenza di arginina nel sequenza 399ARG della proteina XRCC1
che porta ad un DNA con più debole capacità di riparazione, rispetto a quello con la
glutamina (399Gln) nella sequenza 1196A. Tuttavia, questi risultati, derivati da studi in
vivo, non sono stati confermati in numerosi studi in vitro, che hanno mostrato
unanimemente che la presenza di glutammina nel codone 399 è associata con una
ridotta capacità di riparazione del DNA.
32
3 CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI
Concludendo, si può affermare che studi di farmacogenetica potrebbero in futuro
essere in grado di predire eventuali risultati della chemioterapia in pazienti affetti da
cancro del colon-retto; per esempio, alcuni risultati derivanti da uno studio effettuato
sull’irinotecano hanno dimostrato che la riduzione di dosaggio del farmaco per individui
omozigoti per il gene UGT1A1*28 ha modificato la risposta farmacologica. Tuttavia,
questi risultati sono ancora di difficile interpretazione.
Ci sono indubbiamente vari problemi, tra cui spicca la frequente presenza di un
disequilibrio nel collegare con meccanismo causa-conseguenza i vari alleli tra loro, il
che rende difficile discernere quale effettivamente sia l’allele da prendere in
considerazione per prevedere la cosiddetta “chemio-sensibilità”, ossia l’impatto in
negativo che un farmaco chemioterapico potrebbe avere sull’organismo in termini di
eventi avversi ed effetti collaterali più o meno gravi.
Subentrano inoltre altre problematiche, tra cui le differenze etniche, che non
rendono possibile eseguire un’analisi standardizzata dell’intera popolazione affetta, e
anche le differenze inter-etnia che si accumulano con la progressione della
differenziazione genetica, e che causano dunque aumento esponenziale dei fenomeni di
polimorfismo.
Un’altra problematica riguardante gli studi farmacogenetici, sta nel fatto che
alcuni tipi di polimorfismo non predicono soltanto l’efficacia dei chemioterapici, ma
anche la prognosi dei pazienti affetti da cancro, in particolar modo per tutto ciò che
riguarda i meccanismi riparativi del DNA controllati dai geni: alcuni meccanismi
polimorfici di riparazione dell’acido nucleico possono predisporre alla cancerogenesi,
ma potrebbero anche migliorare la risposta farmacologica alle terapie una volta che il
33
cancro si sia già sviluppato. Poiché non è facile distinguere i due ambiti, si ha maggiore
difficoltà nell’effettuare studi in questo senso.
In generale, è importante sottolineare che attualmente non si ha ancora la
possibilità di prevedere con certezza le differenze farmacogenetiche che derivano dai
vari tipi di polimorfismo genetico, ma la ricerca mira a sviluppare modelli di
pretrattamenti per cancro colorettale che siano predittivi il più possibile, e in cui devono
essere considerati sia fattori genetici che non genetici, come per esempio lo stadio del
tumore e la tollerabilità di eventuali farmaci a seconda del singolo individuo.
Inoltre, nella maggior parte dei casi, la terapia prevede la somministrazione di
farmaci diversi, cosa che rende complicato stabilire quale sia il gruppo di test farmaco
genetici da effettuare.
34
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