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DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA Ufficio Studi Ricerche Legislazione e Rapporti Internazionali LE REGOLE PENITENZIARIE EUROPEE Allegato alla Raccomandazione R(2006)2 adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa l’11 gennaio 2006 MINISTERO DELLA GIUSTIZIA Roma 2007

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DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA

Ufficio Studi Ricerche Legislazione e Rapporti

Internazionali

LE REGOLE PENITENZIARIE EUROPEE

Allegato alla Raccomandazione R(2006)2adottata dal Comitato dei Ministri

del Consiglio d’Europa l’11 gennaio 2006

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

Roma 2007

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INDICE

Prefazione………………………………………..…….............. pag 5

Introduzione ................................................................................ pag 7

1. Consiglio d’Europa – Raccomandazione N° R(2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri sulle Regole penitenziarie europee .................….....…......................... pag 13

2. Commento alle Regole penitenziarie europee ……..…............ pag 55

3. Tavole di raffronto tra l’Ordinamento penitenziario italiano e le Regole penitenziarie europee……........................................ pag 148

****

Bibliografia ……………........…………………………….… pag 155

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Prefazione

R������� T������ V���∗

La riduzione dell’autonomia dell’uomo che intrinsecamente conse-gue allo stato di detenzione ha costituito sempre ragione di una mag-giore preoccupazione per quanti si siano curati del rispe�o della dignità delle persone stesse, e con esso, della sua integrità fisica.

Non può perciò meravigliare che, secondo che i tempi ne offrano l’opportunità, il magistero religioso, la riflessione filosofica, l’a�enzione di un legislatore pensoso del bene comune abbia avuto a curare la tutela dei diri�i del detenuto non senza a�ribuire, laddove possibile, un ulte-riore significato rispe�o a quello che la do�rina classica del diri�o penale aveva individuato.

Per l’Italia, ne è solenne, ma anche vitale, monumento, la Costitu-zione della Repubblica.

Eguali a�enzione si ebbero e si hanno nelle sedi internazionali: da quelle eminentemente accademiche dei convegni internazionali di scien-ze penitenziarie a quelle degli organi internazionali che si sono costituiti dopo il secondo confli�o mondiale.

Il Consiglio d’Europa, che nei cinquant’anni trascorsi ha avuto il compito delicato e significativo di indurre gli Stati ad un continuo affi-namento della loro a�enzione ai diri�i dell’uomo come dichiarati nella Convenzione europea del 1950, ha anch’esso posto la sua a�enzione a tale situazione, giustamente ritenuta sintomatica dalla concreta a�uale vigenza di quei principi in un ordinamento nazionale. Non vi è, inve-ro, giunto prestissimo giacché la prima raccomandazione sulle persone ristre�e risale al 1973 (R 5) ed è perciò di non pochi anni successiva

∗ Vicepresidente dell’Organizzazione europea della probation, dire�ore generale dell’esecuzione penale esterna.

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all’analogo documento approvato dalle Nazioni Unite nella Risoluzione ONU 30 agosto 1955 , ma da quel momento non ha mai cessato di porre a�enzione al tema e di affinare le sue previsioni.

E’ certo una fonte di so� law (come oggi si dice) quella che con qua-lificata a�enzione, memore dalla sua tradizione, l’Ufficio studi ricerche legislazione e rapporti internazionali so�o la guida del consigliere Giu-seppe Capoccia traduce e cura: se, però è proprio di una prefazione offrire una preparazione morale al le�ore (diversamente dalla introduzione, che è invece una preparazione intelle�uale), vorremmo indicarne due signi-ficativi ed a nostro avviso preminenti fini.

Il primo, che inerisce alla Raccomandazione, non è tanto il generico miglioramento rispe�o alla precedente raccomandazione del 1986, ma la sua condivisione da parte di 40 e più Stati sovrani, molti dei quali reduci da efferati totalitarismi. La differente idea della pena e dell’uomo che in quella temperie si affermava non mancava di incidere sulla maniera di punire, e perciò la solenne partecipazione di un condiviso acquis è un importante successo, un bene dell’uomo perseguito e consolidato.

Un secondo fine, ci pare, afferisce alla traduzione in lingua italiana: essa ha voluto essere transnazionale, interessando la Confederazione el-vetica, ed ha perciò aumentato il suo valore, mirando alla comune le�ura di tu�i gli studiosi e di tu�i gli operatori.

L’ufficio ha perseguito la conoscibilità di una fonte altrimenti remo-ta e con ciò l’elevazione culturale della dirigenza penitenziaria italiana in primis, e di ogni altro operatore, dell’Amministrazione e del Ministe-ro della Giustizia, interno od esterno.

Confidiamo che i fini perseguiti (più vasto il primo, più prossimo il secondo) siano stati raggiunti, e su questo auspicio, congratuliamo i curatori della traduzione e invitiamo alla sua le�ura.

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Introduzione

G������� C�������*

Il 30 agosto 1955 il I Congresso delle Nazioni Unite per la prevenzione del crimine e il tra�amento dei delinquenti ado�ava le “Regole Minime per il tra�amento dei detenuti”.

A tale documento furono ispirate le “Regole Minime del Consiglio d’Europa per il tra�amento dei detenuti”, ado�ate con risoluzione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 19 gennaio 1973.

In entrambi i testi era ribadito che l’espiazione della pena deve essere improntata ai criteri di umanità, salvaguardando la dignità e i diri�i spe�anti ad ogni persona, che la rieducazione del detenuto e il suo reinserimento sociale rappresentano lo sco-po principale dell’espiazione della pena e che ogni Stato deve impegnarsi nella prevenzione della criminalità.

Nel corso della 404° riunione dei delegati dei Ministri del Consiglio d’Europa, il 12 febbraio 1987, veniva approvata la rac-comandazione N° R (87) 3, che conteneva in allegato la versione aggiornata delle Regole penitenziarie europee, alla luce della nuova concezione del tra�amento affermatasi in Europa.

Aderendo alla richiesta indirizzata agli Stati Membri dal Consiglio di Cooperazione Penologica (PC-CP) del Consiglio d’Europa nel febbraio 2003, l’Amministrazione Penitenziaria ita-liana ha formulato numerose ed articolate proposte di modifica ed integrazione delle Regole.

In occasione della 53ª sessione plenaria, tenutasi nel marzo

*Dire�ore dell’Ufficio Studi, Ricerche, Legislazione e Rapporti Internazionali Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Ministero della Giustizia

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2004, il Comitato Europeo per i Problemi Criminali (CDPC), presieduto da Eugenio Selvaggi, stabiliva che l’aggiornamento delle Regole penitenziarie europee avrebbe dovuto essere com-pletato entro il 2005 e condivideva la proposta di effe�uare una riflessione congiunta sul proge�o preliminare delle nuove Regole nel corso della Conferenza ad hoc dei Dire�ori delle Amministra-zioni Penitenziarie e dei Servizi per le Misure Alternative, che ha riunito a Roma, dal 25 al 27 novembre 2004, gli Stati aderenti al Consiglio d’Europa.

Come già messo in evidenza da Giovanni Tamburino, al-l’epoca Dire�ore dell’Ufficio Studi, Ricerche, Legislazione e Rapporti Internazionali del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, la scelta di procedere ad una nuova stesura delle Regole rifle�eva la volontà di stimolare l’evoluzione della nozio-ne di umanità del tra�amento dei detenuti, anche alla luce della giurisprudenza della Corte Europea dei diri�i dell’uomo e delle valutazioni prodo�e dal Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura e dei tra�amenti inumani o degradanti (C.P.T.) nella sua a�ività di monitoraggio e controllo.

Secondo quanto evidenziato da Guy De Vel, Dire�ore gene-rale degli Affari Giuridici del Consiglio d’Europa, nel discorso introdu�ivo alla Conferenza ad hoc di Roma, la necessità di ag-giornare le Regole del 1987 scaturiva dai numerosi cambiamenti intervenuti nella società europea che avevano avuto un forte im-pa�o sul sistema penitenziario, sopra�u�o nell’Europa dell’Est, tenuto conto che nel fra�empo gli Stati membri del Consiglio d’Europa erano passati da 23 agli a�uali 47.

I profondi mutamenti nel bisogno di sicurezza, nella diffu-sione delle misure alternative alla detenzione, nelle occasioni di comparazione dei sistemi penitenziari, nel tasso di carcerazione e del conseguente sovraffollamento delle carceri, nella tipologia della criminalità hanno avuto un ruolo determinante nel pro-muovere il processo di armonizzazione delle Regole con le buo-ne prassi a�uali a livello internazionale.

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In risposta alle nuove esigenze, il Consiglio d’Europa ha ado�ato le presenti Regole penitenziarie europee.

L’a�uale versione delle Regole penitenziarie europee è composta da nove Parti e riguarda le condizioni di detenzione, l’organizzazione degli istituti penitenziari, nonché il personale penitenziario.

Nella Parte I sono enunciati i principi fondamentali ai quali le Amministrazioni penitenziarie devono ispirarsi nell’interpre-tazione e nell’applicazione delle Regole: rispe�o dei diri�i del-l’uomo, coinvolgimento della società civile, centralità del ruolo del personale penitenziario, ruolo del governo nell’assicurare regolari ispezioni delle stru�ure penitenziarie, particolare a�en-zione ai bisogni dei minori e di coloro che soffrono di mala�ie mentali, rifiuto di ogni discriminazione.

La Parte II è dedicata alle condizioni di detenzione, con

particolare riguardo all’ammissione in istituto, all’assegnazione dei detenuti, ai locali di detenzione, all’igiene, al vestiario, al re-gime alimentare, all’assistenza legale, ai conta�i con l’esterno, al regime di detenzione, al lavoro, alle a�ività sportive e ricreative, all’istruzione, al diri�o alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione, al diri�o di tu�i i detenuti ad essere informati, in una lingua che comprendono, circa le regole che disciplinano la vita in istituto e circa i loro diri�i e doveri in carcere, al trasferimento e alla liberazione dei detenuti, ai particolari bisogni di donne, mi-nori, stranieri e minoranze linguistiche.

Nella Parte III viene illustrata la sanità penitenziaria, consi-derata prioritaria responsabilità delle Amministrazioni peniten-ziarie in ragione della particolare condizione dei detenuti.

La Parte IV illustra l’importanza dell’ordine negli istituti pe-nitenziari; in particolare vengono illustrati gli aspe�i relativi alla sicurezza, alle misure speciali di alta sicurezza, alle perquisizioni

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e ai controlli, ai reati, alla disciplina e alle sanzioni, all’utilizzo della forza, ai mezzi di contenzione, ai principi dire�ivi e alle procedure per l’uso delle armi, all’iter previsto per richieste e reclami.

Nella Parte V è de�agliato il ruolo della direzione e del per-sonale degli istituti penitenziari: importanza del carcere quale servizio pubblico, selezione e formazione del personale peniten-ziario, sistema di gestione degli istituti penitenziari, necessità di personale specializzato, sensibilizzazione della società civile alle problematiche del carcere.

La Parte VI riguarda le esigenze legate alle ispezioni e alla sorveglianza, in special modo ispezioni da parte del governo e controlli da parte di organismi indipendenti.

La Parte VII è dedicata ai detenuti, allo status degli imputati e agli approcci ad essi applicabili, ai locali di detenzione per essi previsti, agli aspe�i legati all’assistenza legale, ai conta�i con l’esterno, alla possibilità per gli imputati di accedere allo stesso regime di tra�amento dei condannati.

La Parte VIII è, invece, dedicata ai detenuti condannati, con l’illustrazione degli obie�ivi del regime cui sono so�oposti, l’ap-plicazione dello stesso, la regolamentazione del lavoro, la centra-lità dell’istruzione e della formazione professionale dei detenuti, le disposizioni sulla liberazione dei detenuti, nonché brevi cenni sul ruolo dei servizi di probation.

La Parte IX consiste in una singola Regola che pone in evi-denza l’importanza dell’aggiornamento delle Regole alla luce della continua evoluzione delle buone prassi e degli strumenti normativi applicabili in materia penitenziaria.

Si ritiene di condividere il pensiero espresso da Guy De Vel

nel discorso di apertura della Conferenza ad hoc di Roma: “ Le Re-gole Penitenziarie Europee sono, a mio avviso, una delle maggiori con-

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quiste del Consiglio d’Europa, in quanto esse hanno un impa�o dire�o e quotidiano sulla vita di un (purtroppo) ampio numero di ci�adini, e rappresentano la tutela dei diri�i umani e della dignità dell’azione “sul campo” . Negli anni passati le Regole Penitenziarie Europee sono diven-tate le linee guida per tu�e le Amministrazioni Penitenziarie d’Europa. La loro collocazione è incontestabile e la loro importanza non dovrebbe essere solo preservata bensì valorizzata”.

Il nostro auspicio è che gli Stati membri del Consiglio d’Euro-pa sappiano concretare tale pensiero.

Un ringraziamento particolare va ad Alessandra Bernardon, Andrea Beccarini, Alessandra Viviano, Giacomina Perna, esperti linguistici del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, per la scrupolosa opera di traduzione (dalla versione originale in francese), realizzata in collaborazione con l’Ufficio Federale di Giustizia della Confederazione Svizzera. Si ringrazia, inoltre, An-tonella Paloscia, dirigente penitenziario, per l’elaborazione della tavola di raffronto tra l’Ordinamento penitenziario italiano e le Regole Penitenziarie europee.

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CONSIGLIO D’EUROPACOMITATO DEI MINISTRI

Raccomandazione R (2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle Regole penitenziarie europee*

(Ado�ata dal Consiglio dei Ministri l’11 gennaio 2006, in occasione della 952esima riunione dei Delegati dei Ministri)

Il Comitato dei Ministri, in virtù dell’articolo 15. b dello Sta-tuto del Consiglio d’Europa,

Tenuto conto della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diri�i dell’Uomo e delle Libertà fondamentali come pure del-la giurisprudenza della Corte europea dei Diri�i dell’Uomo ;

Tenuto conto altresì del lavoro svolto dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o tra�amenti inuma-ni o degradanti e, più particolarmente delle norme che esso ha sviluppato nei suoi rapporti generali;

Riaffermando che nessuno può essere privato della sua liber-tà personale, se non come estrema misura e in conformità con le procedure definite dalla legge;

So�olineando che l’esecuzione delle pene privative della liber-tà e la presa in carico dei detenuti devono prendere in considera-zione gli imperativi di sicurezza, di ordine e di disciplina e, allo stesso tempo, devono garantire delle condizioni di detenzione che non portino pregiudizio alla dignità umana e offrire delle occupa-zioni costru�ive e una presa in carico che perme�ano la prepara-zione al loro reinserimento sociale;

Considerando importante che gli Stati membri del Consiglio d’Europa continuino ad aggiornare e a rispe�are dei principi co-

* Nel corso dell’adozione della presente Raccomandazione, ed in applicazione dell’articolo 10.2.c del Regolamento Interno delle riunioni dei Delegati dei Ministri, il Delegato della Danimarca ha riservato il diri�o del suo Governo di conformarsi o meno all’articolo 43, paragrafo 2, dell’allegato alla raccomandazione poiché egli ritiene che l’esigenza secondo la quale i detenuti posti in isolamento cellulare siano visitati quotidianamente da personale medico sollevi serie preoccupazioni etiche in relazione al ruolo che tale personale potrebbe essere chiamato a svolgere per decidere se quei detenuti sono ada�i a continuare ad essere so�oposti a un tale tra�amento.

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muni per quanto a�iene alla politica penitenziaria;Considerando, inoltre, che il rispe�o di tali principi comuni

rafforzerà la cooperazione internazionale in questo campo ;Notando gli importanti cambiamenti sociali che hanno in-

fluenzato significativi sviluppi in campo penale in Europa nel corso degli ultimi due decenni;

Confermando ancora una volta gli standard contenuti nelle raccomandazioni del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Euro-pa, che si riferiscono a specifici aspe�i della politica e della prassi penitenziaria e in particolare la Racc. R (89) 12 sull’istruzione in carcere; la Racc. R (93) 6 sugli aspe�i criminologici e penitenziari del controllo di mala�ie trasmissibili compreso l’AIDS e i relativi problemi sanitari in carcere; la Racc. R (97) 12 sul personale inca-ricato dell’esecuzione di sanzioni e misure; la Racc. R (98) 7 sugli aspe�i etici e organizzativi della salute in carcere; la Racc. R (99) 22 sul sovraffollamento carcerario e l’inflazione della popolazio-ne carceraria; la Racc. R (2003) 22 sulla liberazione condizionale e la Racc. (2003) 23 sulla gestione da parte delle amministrazioni penitenziarie dei detenuti condannati all’ergastolo e ad altre pene di lunga durata;

Richiamato l’insieme delle regole minime per il tra�amento dei detenuti delle Nazioni Unite;

Considerando che la Raccomandazione R (87) 3 del Comitato dei Ministri sulle Regole penitenziarie europee deve essere ap-profonditamente rivista ed aggiornata per rifle�ere gli sviluppi che sono intervenuti nel campo della politica penale, nelle prati-che delle condanne nonché nella gestione in generale delle carceri in Europa;

Raccomanda ai Governi degli Stati membri:- di farsi guidare nella propria legislazione, politica e prassi

dalle regole contenute nell’appendice alla presente raccomanda-zione che sostituisce la Raccomandazione R (87) 3 del Comitato dei Ministri sulle Regole Penitenziarie Europee;

- di assicurarsi che la presente raccomandazione e il relativo commento siano trado�i e diffusi nel modo più ampio possibile, in particolare tra le autorità giudiziarie, il personale penitenziario e gli stessi detenuti.

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A������� ���� R�������������� R (2006) 2

Parte I

Principi fondamentali

1. Tu�e le persone private della libertà devono essere tra�a-te nel rispe�o dei diri�i dell’uomo.

2. Le persone private della libertà conservano tu�i i diri�i che non sono tolti loro secondo la legge a causa della loro condan-na o in conseguenza della loro custodia cautelare.

3. Le restrizioni imposte alle persone private di libertà devo-no essere rido�e allo stre�o necessario e devono essere propor-zionali agli obie�ivi legi�imi per i quali sono state imposte.

4. Le condizioni detentive che violano i diri�i umani del de-tenuto non possono essere giustificate dalla mancanza di risorse.

5. La vita in carcere deve essere il più vicino possibile agli aspe�i positivi della vita nella società libera.

6. La detenzione deve essere gestita in modo da facilitare il reinserimento nella società libera delle persone che sono state private della libertà.

7. Devono essere incoraggiate la cooperazione con i servizi sociali esterni e, per quanto possibile, la partecipazione della so-cietà civile agli aspe�i della vita penitenziaria.

8. Il personale penitenziario svolge una missione importan-te di servizio pubblico e il suo reclutamento, la formazione e le condizioni di lavoro devono perme�ergli di eseguire una presa in carico dei detenuti di alto livello.

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9. Tu�e le stru�ure penitenziarie devono essere ogge�o di regolari ispezioni da parte del governo, nonché di un controllo da parte di una autorità indipendente.

Campo di applicazione

10. 1. Le Regole Penitenziarie Europee si applicano alle per-sone che sono state so�oposte a custodia cautelare da un’autorità giudiziaria o alle persone che sono state private della libertà in seguito ad una condanna.

2. In linea di principio le persone che sono state so�oposte a custodia cautelare da un’autorità giudiziaria e le persone che sono state private della libertà in seguito ad una condanna devo-no essere ristre�e solo in istituti riservati a detenuti appartenenti a queste due categorie.

3. Le Regole si applicano anche a coloro che:a. possono essere ristre�i per qualsiasi altro motivo in uncarcere; e b. sono stati so�oposti a custodia cautelare da un’autoritàgiudiziaria o privati della libertà in seguito ad una condannae che possono, per qualsiasi ragione, essere detenuti altrove.4. Tu�e le persone che sono ristre�e in un istituto peniten-

ziario o che si trovano nelle condizioni di cui al paragrafo 10.3.b sono considerate “detenuti” ai fini delle presenti Regole.

11. 1. I minori di 18 anni non dovrebbero essere detenuti ne-gli istituti per adulti, ma in istituti espressamente concepiti a tale scopo.

2. Se, tu�avia, dei minorenni sono eccezionalmente detenuti in questi istituti, la loro condizione e i loro bisogni devono essere disciplinati da regole speciali.

12. 1. Le persone che soffrono di mala�ie mentali e il cui stato di salute mentale é incompatibile con la detenzione in un carcere dovrebbero essere detenute in un istituto espressamente concepi-to a tale scopo.

2. Se, tu�avia, queste persone sono eccezionalmente detenute

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in un carcere, la loro situazione e i loro bisogni devono essere di-sciplinati da regole speciali.

13. Le presenti Regole devono essere applicate con impar-zialità, senza discriminazione alcuna, fondata in particolare su sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche o ogni altra opinione, origine nazionale o sociale, appartenenza ad una minoranza nazionale, condizione economica, nascita o qualsiasi altra situazione.

Parte II

Condizioni di detenzione

Ammissione

14. Nessuno può essere ammesso o tra�enuto in un istituto penitenziario in qualità di detenuto, senza un titolo di detenzione valido, secondo il diri�o interno.

15. 1. Al momento dell’ingresso in carcere, per ogni nuovo detenuto, devono essere immediatamente registrate le seguenti informazioni:

a. informazioni concernenti l’identità del detenuto;b. motivo della detenzione e nome dell’autorità competenteche ha preso la decisione ;c. data e ora dell’ingresso ;d. elenco degli effe�i personali del detenuto che saranno

collocati in luogo sicuro conformemente alla Regola 31 ;e. ogni ferita visibile e ogni denuncia di precedenti maltrat-

tamenti; ef. fa�i salvi gli obblighi relativi al segreto medico, ogni informazione sullo stato di salute del detenuto significativaper il benessere fisico e mentale del detenuto stesso o di altri.

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2. Al momento dell’ingresso ciascun detenuto dovrà riceve-re le informazioni secondo quanto stabilito dalla Regola 30.

3. Subito dopo l’ingresso deve essere data notifica della car-cerazione del detenuto conformemente alla Regola 24.9.

16. Appena possibile dopo l’ingresso:a. le informazioni sullo stato di salute del nuovo detenutodevono essere integrate con un esame medico secondo quanto stabilito dalla Regola 42;b. deve essere determinato un appropriato livello di sicurezza per il detenuto secondo quanto stabilito nella Regola 51;c. la minaccia alla sicurezza che il detenuto rappresentadeve essere determinata secondo quanto stabilito dalla Regola 52; d. ogni informazione disponibile circa la situazione socialedel detenuto deve essere valutata in modo tale da affrontare i bisogni personali e sociali immediati del detenuto; ee. per i condannati devono essere prese le misure necessarie per me�ere in a�o dei programmi conformementealla Parte VIII delle presenti Regole.

Assegnazione e locali di detenzione

17. 1. I detenuti devono essere assegnati, per quanto possibi-le, in istituti vicini alla propria famiglia o al loro luogo di reinse-rimento sociale.

2. L’assegnazione deve anche prendere in considerazione le esigenze relative ai procedimenti penali, alla sicurezza oltre che alla necessità di offrire dei regimi appropriati a tu�i i detenuti.

3. Per quanto possibile, i detenuti devono essere consultati circa la loro assegnazione iniziale nonché per ogni ulteriore tra-sferimento da un istituto ad un altro.

18. 1. I locali di detenzione e, in particolare, quelli destinati ad accogliere i detenuti durante la no�e, devono soddisfare le esigenze di rispe�o della dignità umana e, per quanto possibile,

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della vita privata, e rispondere alle condizioni minime richieste in materia di sanità e di igiene, tenuto conto delle condizioni clima-tiche, in particolare per quanto riguarda la superficie, la cubatura d’aria, l’illuminazione, il riscaldamento e l’aerazione.

2. Nei locali in cui i detenuti devono vivere, lavorare o riu-nirsi:

a. le finestre devono essere sufficientemente ampie affinchéi detenuti possano leggere e lavorare alla luce naturale in condizioni normali e per perme�ere l’apporto di aria fresca, a meno che esista un sistema di climatizzazione appropriato ;b. la luce artificiale deve essere conforme alle norme tecniche riconosciute in materia; ec. un sistema d’allarme deve perme�ere ai detenuti di conta�are immediatamente il personale.3. La legislazione nazionale deve definire le condizioni mini-

me richieste relative ai punti elencati ai paragrafi 1 e 2.4. Il diri�o interno deve prevedere dei meccanismi che garan-

tiscano il rispe�o di queste condizioni minime, anche in caso di sovraffollamento carcerario.

5. Ogni detenuto, di regola, deve poter disporre durante la no�e di una cella individuale, tranne quando si consideri preferi-bile per lui che condivida la cella con altri detenuti.

6.Una cella deve essere condivisa unicamente se è predispo-sta per l’uso colle�ivo e deve essere occupata da detenuti ricono-sciuti a�i a convivere.

7. Se possibile, i detenuti devono poter scegliere prima di es-sere costre�i a condividere una cella per dormire.

8.Nel decidere di alloggiare detenuti in particolari istituti o in particolari sezioni di un carcere bisogna tener conto delle neces-sità di separare:

a. I detenuti imputati dai detenuti condannati;b. I detenuti maschi dalle detenute femmine; e c. I detenuti giovani adulti dai detenuti più anziani.9. Si può derogare alle disposizioni del paragrafo 8 in ma-

teria di separazione dei detenuti per perme�ere loro di parteci-pare assieme a delle a�ività organizzate. Tu�avia i gruppi citati

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dovranno sempre essere separati durante la no�e a meno che gli stessi interessati non consentano a coabitare e purché le autorità penitenziarie ritengano che questa misura si iscriva nell’interesse di tu�i i detenuti interessati.

10. Le condizioni di alloggio dei detenuti devono soddisfare le misure di sicurezza meno restri�ive possibili e proporzionali al rischio che gli interessati evadano, si feriscano o feriscano altre persone.

Igiene

19. 1. Tu�i gli spazi di ciascun istituto devono essere tenuti in perfe�o stato e sempre puliti.

2. Quando i detenuti fanno ingresso in istituto, le celle o gli altri locali ai quali sono destinati devono essere puliti.

3. I detenuti devono avere un accesso immediato ai servizi igienici che siano salubri e rispe�ino la privacy.

4. Devono essere previste stru�ure adeguate affinché ciascun detenuto possa usufruire di un bagno e di una doccia, a tempe-ratura ada�a al clima, se possibile quotidianamente, ma almeno due volte a se�imana (o più frequentemente se necessario) con-formemente ai principi generali di igiene.

5. I detenuti devono tenere la propria persona, i vestiti e la zona le�o puliti e ordinati.

6. Le autorità penitenziarie devono fornire loro i mezzi per la pulizia inclusi articoli per l’igiene personale, materiali e utensi-li per la pulizia generale.

7. Speciali provvedimenti devono essere ado�ati per le ne-cessità igieniche delle donne.

Vestiario e biancheria da le�o

20. 1. I detenuti che non posseggono indumenti propri devo-no ricevere un vestiario ada�o al clima.

2. Tale vestiario non deve essere in alcuna maniera degradan-te o umiliante.

3. Tale vestiario deve essere mantenuto in buono stato e, se

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necessario, sostituito.4. Quando un detenuto o�iene un permesso per uscire dal-

l’istituto, non deve essere costre�o a portare indumenti che lo possano identificare come detenuto.

21. Ogni detenuto deve disporre di un le�o separato e di biancheria da le�o personale e idonea che deve essere mantenuta in buono stato e cambiata con la frequenza necessaria ad assicu-rarne la pulizia.

Regime alimentare

22. 1. I detenuti devono beneficiare di un regime alimentare che tenga conto del loro sesso, della loro età, del loro stato di sa-lute, della loro religione, della loro cultura e della natura del loro lavoro.

2. Il diri�o interno deve determinare i criteri di qualità del regime alimentare precisandone, in particolare, il contenuto ener-getico e proteico.

3. Gli alimenti devono essere preparati e serviti in condizioni igieniche.

4. Devono essere serviti tre pasti al giorno ad intervalli ra-gionevoli.

5. I detenuti devono avere a disposizione acqua potabile in ogni momento.

6. Il medico o un(a) infermiere(a) qualificato(a) devono pre-scrivere modifiche del regime alimentare di un detenuto se tale misura risulta necessaria per motivi medici.

Consulenza legale

23. 1. Ogni detenuto ha diri�o di richiedere la consulenza legale e le autorità penitenziarie devono aiutarlo, in modo ade-guato, ad accedervi.

2. Ogni detenuto ha il diri�o di consultare, a sue spese, un avvocato di sua scelta su qualsiasi punto di diri�o.

3. Quando la legislazione prevede una consulenza legale gra-

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tuita, tale possibilità deve essere segnalata ai detenuti da parte delle autorità penitenziarie.

4. I colloqui e altre forme di comunicazione –compresa la corrispondenza- su punti di diri�o tra un detenuto e il suo avvo-cato devono essere riservati.

5. Un’autorità giudiziaria può, in circostanze eccezionali, autorizzare delle deroghe al principio di confidenzialità con lo scopo di evitare che sia commesso un reato grave o che siano messi in pericolo la sicurezza e l’ordine interno dell’istituto pe-nitenziario.

6. I detenuti devono avere libero accesso ai documenti rela-tivi ai loro procedimenti giudiziari oppure essere autorizzati a detenerli.

Conta�i con l’ esterno

24. 1. I detenuti devono essere autorizzati a comunicare il più frequentemente possibile – per le�era, telefono, o altri mezzi di comunicazione- con la famiglia, con terze persone e con i rappre-sentanti di organismi esterni, e a ricevere visite da de�e persone.

2. Ogni restrizione o sorveglianza delle comunicazioni e delle visite, necessaria ai fini dell’inchiesta penale, al manteni-mento dell’ordine, della sicurezza e alla prevenzione di reati e alla protezione delle vi�ime dei reati – comprese le disposizioni di un’autorità giudiziaria – deve comunque garantire un conta�o minimo acce�abile.

3. Il diri�o interno deve precisare quali sono gli organismi nazionali ed internazionali, nonché i funzionari, con i quali i de-tenuti possono comunicare liberamente.

4. Le modalità delle visite devono perme�ere ai detenuti di mantenere e sviluppare relazioni familiari il più possibile normali.

5. Le autorità penitenziarie devono aiutare i detenuti a man-tenere un conta�o adeguato con il mondo esterno, fornendo loro l’assistenza sociale appropriata a tale fine.

6. Non appena ricevuta, l’informazione sul decesso o sulla mala�ia grave di un parente prossimo deve essere comunicata al detenuto.

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7. Ogni volta che le circostanze lo perme�ono, il detenuto deve essere autorizzato ad uscire –scortato o liberamente- per render visita ad un parente ammalato, assistere a funerali o per altre ragioni umanitarie.

8. Ai detenuti deve essere permesso di informare immedia-tamente le famiglie del loro ingresso in istituto o del trasferimen-to in altro istituto e di ogni grave mala�ia o lesione di cui possono soffrire e che possano aver subìto.

9. Le autorità devono informare immediatamente il coniuge o il convivente del detenuto o, se il detenuto non è coniugato, il parente più prossimo o qualunque altra persona indicata in pre-cedenza dal detenuto, dell’ingresso del detenuto in istituto, della sua morte o grave mala�ia, o grave lesione, o del trasferimento in un ospedale, salvo che il detenuto non abbia chiesto loro di non farlo.

10. Ai detenuti deve essere permesso di tenersi informati re-golarmente degli avvenimenti pubblici abbonandosi e leggendo quotidiani, riviste ed altre pubblicazioni ed ascoltando la radio o vedendo trasmissioni televisive, a meno che non vi sia un divieto specifico imposto dall’autorità giudiziaria su un singolo caso per un periodo determinato.

11. Le autorità penitenziarie devono assicurarsi che i detenuti possano partecipare alle elezioni, ai referendum e agli altri aspe�i della vita pubblica, salvo che l’esercizio di tali diri�i non sia limi-tato dal diri�o interno.

12. I detenuti devono essere autorizzati a comunicare con i media, a meno che ragioni imperative non vi si oppongano per motivi di sicurezza e di ordine interno, di interesse pubblico e di protezione delle vi�ime, di altri detenuti e del personale.

Regime penitenziario

25. 1. Il regime previsto per tu�i i detenuti deve offrire un programma di a�ività equilibrato.

2. Tale regime deve perme�ere a tu�i i detenuti di trascorrere giornalmente fuori dalla cella il tempo necessario per garantire un livello sufficiente di conta�i umani e sociali.

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3. Tale regime deve, inoltre, provvedere ai bisogni sociali dei detenuti.

4.Un’a�enzione particolare deve essere prestata ai bisogni dei detenuti che hanno subito delle violenze fisiche, psichiche o sessuali.

Lavoro

26. 1.Il lavoro deve essere considerato un elemento positivo del regime penitenziario e in nessun caso può essere imposto come punizione.

2. Le autorità penitenziarie devono impegnarsi per fornire un lavoro sufficiente e utile.

3. Tale lavoro deve perme�ere, per quanto possibile, di man-tenere o aumentare le capacità del detenuto di guadagnarsi da vivere normalmente dopo la scarcerazione.

4. In conformità a quanto disposto dalla Regola 13, non de-vono sussistere discriminazioni nel tipo di lavoro fornito basate sulla diversità di sesso.

5. Un lavoro che comprenda la formazione professionale deve essere fornito ai detenuti in grado di trarre beneficio da esso e specialmente ai giovani adulti.

6. Nei limiti compatibili con una razionale selezione profes-sionale e con le esigenze di ordine e disciplina, i detenuti devono poter scegliere il genere di lavoro che desiderano effe�uare.

7. L’organizzazione e le modalità di lavoro negli istituti pe-nitenziari devono avvicinarsi, per quanto possibile, a quelle che regolano un lavoro analogo all’esterno, al fine di preparare i dete-nuti alle condizioni della vita professionale normale.

8. Benché il fa�o che il profi�o finanziario del lavoro peniten-ziario possa avere l’effe�o di innalzare e migliorare la qualità e la pertinenza della formazione, tu�avia gli interessi dei detenuti non devono esser subordinati a tale scopo.

9. Il lavoro dei detenuti deve esser assicurato dalle autorità penitenziarie, con o senza il concorso di imprenditori privati, al-l’interno o all’esterno dell’istituto penitenziario.

10. In ogni caso il lavoro dei detenuti deve essere remunerato

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in modo equo. 11. Ai detenuti deve essere permesso di spendere almeno

una parte di ciò che guadagnano per acquistare articoli consentiti per l’uso personale e di destinare una parte del loro guadagno ai familiari.

12. I detenuti possono essere incoraggiati a risparmiare una parte del loro guadagno, che sarà consegnata loro all’a�o della liberazione o sarà utilizzata per altri scopi consentiti.

13. Le misure applicate in materia di sanità e di sicurezza devono garantire la tutela efficace dei detenuti e non possono es-sere meno rigorose di quelle di cui beneficiano i lavoratori nella società libera.

14. Si devono ado�are provvedimenti per risarcire i detenuti vi�ime di incidenti sul lavoro, comprese le mala�ie professionali, in termini non meno favorevoli di quelli concessi ai lavoratori nella società libera.

15. Il limite massimo di ore di lavoro giornaliere e se�imanali dei detenuti deve essere stabilito conformemente alle regole o agli usi locali che disciplinano il lavoro dei lavoratori liberi.

16. I detenuti devono avere almeno un giorno di riposo a set-timana e tempo sufficiente per l’istruzione e per altre a�ività.

17. Per quanto possibile i detenuti che lavorano devono esse-re inseriti nel sistema nazionale della previdenza sociale.

A�ività fisiche e ricreative

27. 1. Ad ogni detenuto deve essere offerta la possibilità di svolgere a�ività fisica per almeno un’ora al giorno all’aria aperta, se le condizioni atmosferiche lo consentono.

2. Quando la stagione è inclemente, si devono prevedere soluzioni alternative per perme�ere ai detenuti di svolgere eser-cizio fisico.

3. Delle a�ività adeguatamente organizzate – concepite per mantenere i detenuti in buona forma fisica e per perme�ere loro di fare dell’a�ività fisica e di distrarsi - devono far parte integran-te del regime penitenziario.

4. Le autorità penitenziarie devono facilitare questo tipo di

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a�ività me�endo a disposizione gli impianti e le a�rezzature ap-propriate.

5. Le autorità penitenziarie devono ado�are speciali accor-gimenti per organizzare, per i detenuti che ne hanno bisogno, delle a�ività particolari.

6. Devono essere proposte ai detenuti a�ività ricreative – che comprendono in particolare sport, giochi, a�ività culturali, passatempi – e questi ultimi devono essere, per quanto possibile, autorizzati ad organizzarle.

7. I detenuti devono essere autorizzati a riunirsi nel quadro delle a�ività fisiche e delle a�ività ricreative.

Istruzione

28. 1. Ciascun istituto deve cercare di offrire ai detenuti l’ac-cesso ai programmi d’istruzione che siano i più completi possibili e che soddisfino i bisogni individuali dei detenuti e ne prendano in considerazione le aspirazioni.

2. Deve essere data priorità ai detenuti che hanno bisogno di una alfabetizzazione primaria e a coloro che mancano di una istruzione di base e professionale.

3. Una particolare a�enzione deve essere volta all’istruzione dei giovani detenuti e a coloro che hanno bisogni speciali.

4. La formazione deve essere considerata, dal punto di vista del regime penitenziario, alla stessa stregua del lavoro e i detenuti non devono essere penalizzati per la loro partecipazione alle a�ività di formazione, né finanziariamente né in nessun altro modo.

5. Ciascun istituto deve avere una biblioteca accessibile a tu�i i detenuti, fornita di un’ampia gamma di risorse sia ricreati-ve che istru�ive, libri e altro materiale multimediale.

6. Laddove possibile, la biblioteca dell’istituto dovrà essere organizzata in collaborazione con i servizi di biblioteca del terri-torio.

7. Per quanto possibile, l’istruzione dei detenuti deve:a) essere integrata con il sistema scolastico e di formazioneprofessionale nazionale in modo tale che dopo la liberazione

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essi possano continuare il loro percorso scolastico e di formazione professionale senza difficoltà; eb) essere svolta so�o l’egida di istituti di istruzione esterni.

Libertà di pensiero, di coscienza e di religione

29. 1. La libertà di pensiero, di coscienza e di religione dei detenuti deve essere rispe�ata.

2. Il regime penitenziario deve essere organizzato, per quan-to possibile, in modo da perme�ere ai detenuti di praticare la loro religione o di seguire la loro filosofia, di partecipare ai servizi o alle riunioni condo�i dai rappresentanti riconosciuti dalle de�e religioni o filosofie, di ricevere in privato delle visite dei rappre-sentanti di queste religioni o di queste filosofie e di poter detenere libri o pubblicazioni a cara�ere religioso o spirituale.

3. I detenuti non possono essere costre�i a praticare una re-ligione o a seguire una filosofia, a partecipare a uffici o riunioni religiose, a partecipare a pratiche religiose oppure ad acce�are la visita di un rappresentante di una religione o di una filosofia qualsiasi .

Informazione

30. 1. All’a�o dell’ingresso, e ogni volta che è necessario in seguito, tu�i i detenuti devono essere informati per iscri�o ed oralmente, in una lingua che comprendono, delle regole che di-sciplinano la vita in istituto e dei loro diri�i e doveri in carcere.

2. I detenuti devono essere autorizzati a tenere una versione scri�a delle informazioni che vengono loro fornite.

3. I detenuti devono essere informati di ogni procedimento giudiziario in cui sono coinvolti e, se sono condannati, della pena da scontare e della possibilità di liberazione anticipata.

Ogge�i appartenenti ai detenuti

31. 1. Gli ogge�i che non possono essere tenuti dal detenuto, in virtù del regolamento interno, devono essere depositati, al mo-

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mento dell’ingresso in carcere, in un luogo sicuro. 2. Ogni detenuto i cui ogge�i sono stati depositati in un luo-

go sicuro deve firmare il relativo inventario. 3. Devono essere prese le misure necessarie per conservare

tali ogge�i in buono stato. 4. Se si rende necessaria la distruzione di un ogge�o, questo

fa�o deve essere registrato ed il detenuto ne deve essere infor-mato.

5. I detenuti devono essere autorizzati, fa�e salve le restri-zioni e le regole di igiene, ordine e sicurezza, ad acquistare o ad acquisire in altro modo beni, compresi cibo e bevande, per il loro uso personale, a prezzi che non siano esageratamente esosi ri-spe�o a quelli praticati all’esterno.

6. Se un detenuto porta con sé delle medicine al momento dell’ingresso in istituto, il medico dell’istituto deve decidere qua-le uso farne.

7. Laddove i detenuti siano autorizzati a mantenere il posses-so dei loro ogge�i, le autorità penitenziarie devono ado�are delle misure che perme�ano di conservare tali ogge�i in sicurezza.

Trasferimento di detenuti

32. 1. Quando i detenuti vengono trasferiti a o da un istituto, o verso altri luoghi quali un’aula di giustizia o un ospedale, essi devono essere esposti il meno possibile alla vista del pubblico e si devono ado�are adeguate salvaguardie per assicurare il loro anonimato.

2. Deve essere proibito il trasporto di detenuti in automezzi con inadeguata ventilazione o illuminazione, o in condizioni che in qualunque modo possono so�oporli a privazioni o umiliazioni non necessarie.

3. Il trasporto dei detenuti deve essere effe�uato a spese della pubblica autorità e so�o la direzione di essa .

Liberazione dei detenuti

33. 1. Ogni detenuto deve essere liberato senza ritardo al mo-

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mento della scadenza dell’ordinanza che prevede la sua deten-zione o al momento in cui un tribunale o un’altra autorità decide in tal senso.

2. La data e l’ora della liberazione devono essere registrate.3. Ogni detenuto deve beneficiare di provvedimenti che mira-

no a facilitare il suo ritorno nella società dopo la sua liberazione.4. Al momento della sua liberazione, ogni detenuto deve re-

cuperare il denaro e gli ogge�i che gli sono stati tolti e che sono stati posti in un luogo sicuro, fa�a eccezione per le somme che egli ha regolarmente prelevato, e per gli ogge�i che ha potuto inviare all’esterno o che sono stati distru�i per ragioni di igiene.

5. Il detenuto deve firmare una ricevuta di scarico per i beni restituiti.

6. Quando la liberazione è fissata in anticipo, al detenuto deve esser proposto un esame medico in conformità della Regola 42, da eseguirsi il più vicino possibile alla data della scarcerazione.

7. Devono essere prese le necessarie misure per assicurarsi che ogni detenuto liberato disponga dei documenti di identità ne-cessari e che riceva un aiuto per la ricerca di un alloggio adeguato e di un lavoro.

8. Il detenuto deve anche esser provvisto dei mezzi necessari alla sua sussistenza immediata, di abiti adeguati alle condizioni climatiche e dei mezzi necessari per giungere a destinazione.

Donne

34. 1. Oltre alle specifiche disposizioni indicate in queste Re-gole e che riguardano le detenute donne, le autorità devono porre un’a�enzione particolare ai bisogni fisici, professionali, sociali e psicologici delle donne detenute al momento di prendere deci-sioni che coinvolgono qualsiasi aspe�o della detenzione.

2. Sforzi particolari devono essere intrapresi per perme�ere l’accesso a servizi specialistici da parte delle detenute che hanno bisogni menzionati alla Regola 25.4.

3. Le donne detenute devono essere autorizzate a partorire al di fuori del carcere ma, se un bambino nasce all’interno di un istituto, le autorità devono fornire l’assistenza e le infrastru�ure

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necessarie.

Minori

35. 1. Allorché dei minori di anni 18 sono eccezionalmente detenuti in istituti per adulti, le autorità devono fare in modo che essi possano accedere non soltanto ai servizi offerti a tu�i i detenuti, ma anche ai servizi sociali, psicologici e educativi, ad un insegnamento religioso ed a programmi ricreativi o a equivalenti a quelli che sono accessibili ai minori che vivono nella società libera.

2. Ogni minore detenuto in età da frequentare la scuola del-l’obbligo deve avere accesso a tale insegnamento.

3. Un aiuto supplementare deve essere fornito ai minori che sono rimessi in libertà.

4. Laddove i minori sono detenuti in un carcere, verranno tenuti in una parte dell’istituto separata da quella dove sono ospitati gli adulti a meno che ciò sia contrario all’interesse del ragazzo.

Bambini in tenera età

36. 1. I bambini in tenera età possono restare in istituto con un genitore, unicamente se ciò è nell’interesse del bambino. Non devono essere considerati come detenuti.

2. Quando i bambini in tenera età sono autorizzati a restare in istituto con un genitore, devono esser ado�ate misure speciali per disporre di un nido d’infanzia con personale qualificato, dove poter collocare il bambino quando il genitore pratica un’a�ività alla quale non è autorizzata la presenza del bambino.

3. Un alloggio speciale deve essere riservato per proteggere il benessere di questi bambini in tenera età.

Ci�adini stranieri

37. 1. I detenuti ci�adini stranieri devono essere informati immediatamente del diri�o di prendere conta�o con i loro rap-

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presentanti diplomatici o consolari e ragionevoli agevolazioni devono essere concesse loro a tale fine.

2. I detenuti ci�adini di uno Stato che non ha rappresentanti diplomatici o consolari nel paese, nonché i rifugiati e gli apolidi, devono beneficiare delle stesse facilità ed essere autorizzati a ri-volgersi ai rappresentanti dello Stato incaricato dei loro interessi o ad ogni altra autorità nazionale o internazionale la cui missione è di proteggere tali interessi.

3. Le autorità penitenziarie devono cooperare in modo stre�o con questi rappresentanti diplomatici o consolari nell’interesse dei ci�adini stranieri detenuti che possono avere dei bisogni particolari.

4. Ai detenuti ci�adini stranieri devono essere fornite le infor-mazioni specifiche sull’assistenza legale.

5. I detenuti ci�adini stranieri devono essere informati della possibilità di richiedere il trasferimento verso un altro paese per l’esecuzione della loro pena.

Minoranze etniche o linguistiche

38. 1. Devono essere presi provvedimenti speciali per i biso-gni dei detenuti appartenenti ad una minoranza etnica o lingui-stica.

2. Per quanto possibile, le pratiche culturali dei diversi grup-pi devono poter continuare ad essere osservate in carcere.

3. I bisogni linguistici devono essere soddisfa�i ricorrendo ad interpreti competenti e consegnando degli opuscoli di informa-zione reda�i nelle diverse lingue parlate in ogni istituto.

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Parte III

Salute

Cure sanitarie

39. Le autorità penitenziarie devono salvaguardare la salute dei detenuti affidati alla loro custodia.

Organizzazione del servizio sanitario penitenziario

40. 1. Si devono organizzare in istituto dei servizi medici in stre�a relazione con l’amministrazione sanitaria generale della comunità locale o della Nazione.

2. La politica sanitaria negli istituti penitenziari deve essere integrata con la politica sanitaria nazionale, e compatibile con essa.

3. I detenuti devono avere accesso al servizio sanitario di-sponibile nel Paese senza discriminazione basata sulla loro posi-zione giuridica.

4. I servizi medici in istituto cercheranno di individuare e di curare ogni mala�ia o problema fisico o mentale da cui i detenuti possano essere affe�i.

5. A tale scopo, tu�i i necessari servizi medici, chirurgici e psichiatrici compresi quelli disponibili nella comunità libera de-vono essere messi a disposizione del detenuto.

Personale medico e curante 41. 1. Ogni istituto deve disporre dei servizi di almeno un

medico generico. 2. Devono essere ado�ate delle disposizioni per garantire

che un medico possa intervenire immediatamente in caso di ur-genza.

3. Gli istituti che non dispongono di un medico a tempo pie-no devono essere regolarmente visitate da un medico a tempo parziale

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4. Ogni istituto deve avere del personale adeguatamente for-mato per il servizio sanitario.

5. I servizi di dentisti e di oculisti specializzati devono essere disponibili per ogni detenuto.

Doveri del medico

42. 1. Il medico, o un(a) infermiere(a) professionale che di-pende da questo medico, deve incontrare ogni detenuto il più presto possibile dopo l’ingresso in istituto e lo deve visitare, a meno che ciò sia manifestamente non necessario.

2. Il medico, o un(a) infermiera(a) professionale che dipende da questo medico, deve visitare i detenuti che ne fanno richiesta prima della loro scarcerazione, altrimenti deve visitare i detenuti ogni volta che è necessario.

3. Quando visita un detenuto, il medico – o un(a) infermiere(a) professionale che riferisce a tale medico – deve por-re particolare a�enzione a:

a. osservare le normali regole del segreto professionale;b. diagnosticare mala�ie fisiche o mentali e prendere tu�e lemisure necessarie per il tra�amento di esse e per la prosecuzione del tra�amento medico preesistente; c. registrare e segnalare alle autorità competenti ogni segnoo indicazione che facciano supporre che il detenuto possaaver subito violenze; d. rilevare i sintomi di astinenza risultanti dall’abuso di stupefacenti, farmaci o alcool;e. individuare qualsiasi stress psicologico o di altra natura derivante dalla privazione della libertà;f. isolare i detenuti sospe�ati di essere affe�i da mala�ie infe�ive o contagiose per il periodo dell’infezione e fornireloro un tra�amento adeguato;g. assicurarsi che i detenuti portatori del virus HIV non vengano isolati solo per questo motivo;h. notare problemi fisici o mentali che possano impedire il reinserimento dopo la liberazione;i. determinare l’idoneità di ogni detenuto all’a�ività

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lavorativa e fisica; e j. concludere accordi con enti locali per la prosecuzione diogni necessario tra�amento medico e psichiatrico dopo laliberazione, qualora il detenuto dia il suo consenso a tali accordi.

43. 1. Il medico deve essere incaricato di avere cura della salu-te mentale e fisica dei detenuti e di visitare, con una frequenza e a condizioni adeguate agli standard ospedalieri nella società libera, tu�i i detenuti malati, tu�i coloro che accusano mala�ie o ferite ed ogni detenuto cui occorre prestare particolare a�enzione.

2. Il medico – o un(a) infermiere(a) professionale che riferisce a tale medico – deve prestare particolare a�enzione alla salute dei detenuti che sono tenuti in condizioni di isolamento, deve vi-sitare questi detenuti quotidianamente; e deve fornire loro un’as-sistenza medica e una cura immediati dietro richiesta di questi detenuti o del personale penitenziario;

3. Il medico deve riferire al dire�ore ogni volta che ritiene che la salute fisica o mentale di un detenuto sia seriamente com-promessa dalla prosecuzione della detenzione o da una qualsiasi condizione di detenzione, incluso l’isolamento.

44. Il medico o un’autorità competente deve procedere a re-golari ispezioni, se necessario raccogliere informazioni con altri mezzi e dare consigli al dire�ore relativamente:

a. alla quantità, alla qualità, alla preparazione e alla distribuzione degli alimenti e dell’acqua ;b. all’igiene e alla pulizia dell’istituto e dei detenuti ;c. alle istallazioni sanitarie, al riscaldamento, all’illuminazione e alla ventilazione dell’istituto;ed. alla qualità e alla pulizia dell’abbigliamento e della biancheria da le�o dei detenuti.

45. 1.Il dire�ore deve tener conto dei rapporti e dei consigli del medico o dell’autorità competente, menzionati nelle Regole 43 e 44 e, se approva le raccomandazioni formulate, deve ado�are immediatamente le misure per a�uarle.

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2. Se le raccomandazioni del medico non sono di competenza del dire�ore o non trovano il suo accordo, lo stesso dire�ore deve immediatamente so�oporre il parere del medico unitamente ad un suo rapporto alle autorità superiori.

Fornitura di cure sanitarie

46. 1.I detenuti malati che hanno necessità di cure speciali-stiche devono essere trasferiti presso istituti specializzati o presso ospedali civili, se queste cure non sono disponibili nell’istituto;

2. Laddove un servizio penitenziario disponga di proprie stru�ure ospedaliere, in esse deve operare personale adeguata-mente qualificato e tali stru�ure devono essere dotate di a�rez-zature in grado di fornire ai detenuti ad esse affidati assistenza e tra�amento adeguati.

Salute mentale

47. 1.Devono essere disponibili degli istituti specializzati o delle sezioni specializzate, posti so�o il controllo medico, per l’osservazione e la cura di detenuti affe�i da disturbi o anorma-lità mentali che non necessariamente rientrano nelle disposizioni della Regola 12.

2. Il servizio medico penitenziario deve fornire cure psichia-triche a tu�i i detenuti che hanno necessità di tali cure e porre particolare a�enzione alla prevenzione del suicidio.

Altre questioni

48. 1. I detenuti non devono essere so�oposti ad esperimenti senza il loro consenso.

2. Gli esperimenti che coinvolgono i detenuti e che possono provocare delle ferite fisiche, una sofferenza psichica o altri di-sturbi alla loro salute devono essere proibite.

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PARTE IV

Ordine

Approccio generale

49. L’ordine negli istituti deve essere mantenuto tenendo presente le necessità di sicurezza, incolumità e disciplina, e fornendo inoltre ai detenuti le condizioni di vita che rispe�ino la dignità umana e offrano loro un programma di a�ività secondo quanto previsto nella Regola 25.

50. Senza recare pregiudizio per l’ordine, la sicurezza e l’incolumità, ai detenuti deve essere permesso di discutere argomenti relativi alle condizioni generali di detenzione e gli stessi detenuti devono essere incoraggiati a comunicare con i responsabili dell’istituto su tali argomenti.

Sicurezza-Controllo

51. 1. Le misure applicate ai singoli detenuti per la sicurezza devono essere il minimo necessario per garantirne una custodia sicura.

2. La sicurezza fornita dalle barriere fisiche e da altri mezzi tecnici deve essere completata dalla sicurezza dinamica costituita da personale all’erta che conosce i detenuti affidati al proprio controllo;

3. Il più rapidamente possibile dopo l’ingresso in istituto, ogni detenuto deve essere valutato al fine di determinare:

a. il rischio per la colle�ività nel caso di evasione ;b. la probabilità che tenti di evadere solo o con l’aiuto di complici esterni.4. Ogni detenuto è, in seguito, so�oposto ad un regime di

sicurezza corrispondente al grado di rischio identificato.5. Il livello di sicurezza necessario deve essere rivalutato

regolarmente durante la detenzione dell’interessato.

Sicurezza -Incolumità

52. 1. Il più rapidamente possibile dopo l’ingresso in istituto, ogni detenuto deve esser valutato al fine di determinare se

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presenta un rischio per la sicurezza degli altri detenuti, per il personale penitenziario o per le persone che lavorano nell’istituto o lo visitano regolarmente, nonché per stabilire se c’è rischio di autolesionismo.

2. Si devono porre in a�o procedure per assicurare l’incolumità dei detenuti, del personale penitenziario e di coloro che visitano gli istituti e per ridurre al minimo il rischio di violenza e di altri eventi che possano minacciare la sicurezza;

3. Ogni possibile sforzo deve essere compiuto per perme�ere ai detenuti di partecipare pienamente alle a�ività quotidiane in tu�a sicurezza.

4. Deve essere possibile per i detenuti conta�are il personale in ogni momento, anche di no�e.

5. Anche negli istituti si deve osservare la normativa nazionale sulla salute e sulla sicurezza.

Misure speciali di alta sicurezza o di protezione

53. 1. Il ricorso a misure di alta sicurezza o di protezione è autorizzato soltanto in circostanze eccezionali.

2. Devono essere stabilite delle procedure chiare da applicare in caso di utilizzo di tali misure nei confronti di tu�i i detenuti.

3. La natura di tali misure, la loro durata e i motivi che perme�ono di ricorrervi devono essere determinati dal diri�o interno.

4. In ogni caso, l’applicazione delle misure deve essere approvata dall’autorità competente per un periodo determinato.

5. Ogni decisione di proroga del periodo di applicazione deve essere nuovamente approvata dall’autorità competente.

6. Queste misure devono essere applicate a singoli detenuti e non a gruppi di detenuti.

7. Ogni detenuto so�oposto a tali misure ha il diri�o di reclamo secondo la procedura prevista dalla Regola 70.

Perquisizioni e controlli

54. 1. Il personale deve seguire delle procedure de�agliate nel caso di perquisizioni :

b. di detenuti ;c. di visitatori e dei loro effe�i ;

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d. di membri del personale.2. Le situazioni in cui tali perquisizioni sono necessarie e la

natura di esse devono essere definite dalla normativa nazionale;3. Il personale deve essere formato a svolgere queste

perquisizioni in modo tale da scoprire e prevenire qualunque tentativo di fuga o di nascondere beni illeciti, rispe�ando allo stesso tempo la dignità di coloro che vengono perquisiti ed i loro ogge�i personali;

4. Le persone so�oposte a perquisizione non devono essere umiliate dalla procedura di perquisizione;

5. Le persone devono essere perquisite soltanto da personale dello stesso sesso;

6 Nessun esame delle cavità del corpo può essere fa�o dal personale penitenziario.

7. Un esame intimo, nell’ambito di una perquisizione, può essere eseguito solo da un medico.

8. I detenuti devono assistere alla perquisizione dei loro effe�i personali a meno che le tecniche della perquisizione o il pericolo potenziale che ciò può rappresentare per il personale lo proibiscano.

9. L’obbligo di proteggere la sicurezza e l’ordine interno deve essere ponderato con il rispe�o dell’intimità dei visitatori.

10. Le procedure per perquisire i professionisti che entrano in istituto, quali i rappresentanti legali, gli assistenti sociali ed i medici, devono essere ogge�o di consultazione con i rispe�ivi ordini professionali al fine di assicurare un equilibrio tra la sicurezza e il diri�o alla riservatezza delle comunicazioni professionali.

Reati

55. I presunti reati commessi negli istituti penitenziari devono essere ogge�o di un’inchiesta analoga a quella riservata agli a�i dello stesso tipo commessi all’esterno e devono essere tra�ati in conformità al diri�o interno.

Disciplina e sanzioni

56. 1. Le procedure disciplinari devono essere dei meccanismi di ultimo impiego.

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2. Per quanto possibile, le autorità penitenziarie devono ricorrere a dei meccanismi di riparazione e di mediazione per risolvere le vertenze con i detenuti e le dispute fra questi ultimi.

57. 1. Solo un comportamento susce�ibile di costituire una minaccia per la sicurezza e l’ordine interno può essere definito come un’ infrazione disciplinare.

2. Il diri�o interno deve determinare :a. gli a�i o le omissioni dei detenuti che costituisconoun’infrazione disciplinare ;b. le procedure da seguire in materia disciplinare;c. il tipo e la durata delle sanzioni disciplinari che possonoessere infli�e ;d. l’autorità competente per infliggere tali sanzioni ;ee. l’autorità cui si può ricorrere e la procedura di appello.

58. Ogni presunta infrazione alle regole disciplinari da parte di un detenuto deve essere immediatamente riferita all’autorità competente, che svolgerà indagini in merito senza indugio.

59. I detenuti accusati di un’infrazione disciplinare devono:a. essere prontamente informati, in de�aglio e in una lingua

che comprendono, in merito alla natura delle accuse rivolte contro di loro;

b. avere tempo e mezzi adeguati per la preparazione dellaloro difesa;c. avere il permesso di difendersi da soli o per mezzo di unassistente legale qualora ciò sia necessario nell’interesse della giustizia;d. avere il permesso di o�enere la presenza di testimoni e di interrogarli o farli interrogare;e. avere l’assistenza gratuita di un interprete qualora non comprendano o non parlino la lingua usata nel procedimento.

60. 1. Qualunque sanzione infli�a dopo il giudizio di colpevolezza di un’infrazione disciplinare deve essere conforme alla legge.

2. La severità dell’infrazione deve essere proporzionale alla gravità dell’infrazione.

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3. Le sanzioni colle�ive, le pene corporali, il collocamento in una camera senza luce così come ogni altra forma di punizione inumana o degradante devono essere vietate .

4. La sanzione non può consistere in una proibizione assoluta dei conta�i con la famiglia.

5. L’isolamento come sanzione disciplinare può essere imposto solo in casi eccezionali e per un periodo determinato di tempo, il più breve possibile.

6. I mezzi di contenzione non devono mai essere utilizzati come sanzioni.

61. Ogni detenuto ritenuto colpevole di un’infrazione disciplinare deve essere in grado di fare appello ad un’autorità competente superiore e indipendente.

62. Nessun detenuto può occupare nell’istituto un posto di lavoro o una posizione che gli conferiscono poteri disciplinari.

Doppia incriminazione

63. Un detenuto non dovrà mai essere giudicato o punito due volte per la stessa azione o comportamento.

Uso della forza

64. 1. Il personale penitenziario non deve usare la forza contro i detenuti tranne per autodifesa o in casi di tentata evasione o di resistenza a�iva o passiva ad un ordine legi�imo, e sempre come ultima risorsa.

2. La quantità di forza usata deve essere quella minima necessaria e deve essere applicata per il tempo stre�amente necessario.

65. Procedure de�agliate devono regolare l’utilizzo della forza e precisare in particolare:

a. i diversi tipi di utilizzo della forza previsti;b. le circostanze in cui ogni tipo di utilizzo della forza è autorizzato;c. i membri del personale autorizzati ad utilizzare un tipo o un altro di forza;

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d. il livello di autorità richiesto per decidere l’utilizzo dellaforza; ee. i rapporti da redigere dopo ogni utilizzo della forza.

66. Il personale in conta�o dire�o con i detenuti deve essere formato alle tecniche per contenere con il minimo di forza gli individui aggressivi.

67. 1. Il personale di altre forze dell’ordine deve intervenire nei confronti dei detenuti all’interno degli istituti penitenziari solo in circostanze eccezionali.

2. Le autorità penitenziarie e le forze dell’ordine interessate devono so�oscrivere un accordo preventivo a meno che tali relazioni non siano già regolate dal diri�o interno.

3. Tale accordo deve stabilire :a. le circostanze in cui i membri di altre forze dell’ordinepossono entrare in un istituto per risolvere una situazione di confli�o;b. l’autorità di cui dispone tale forza dell’ordine quando si trova all’interno dell’istituto e le relazioni con il dire�ore;c. i diversi tipi di ricorso alla forza che i membri di questaforza possono impiegare;d. le circostanze in cui i diversi tipi di ricorso alla forza sonoprevisti;e. il livello di autorità richiesto per decidere l’utilizzo dellaforza; ef. i rapporti da redigere dopo ogni utilizzo della forza.

Mezzi di contenzione

68. 1.E’ proibito l’uso di catene e di ferri.2. Le mane�e, le camicie di forza ed altri mezzi di

contenzione non devono essere usati tranne:a. se necessario, come precauzione contro le evasionidurante un trasferimento, purché esse vengano rimossequando il detenuto compare dinanzi all’autoritàamministrativa o giudiziaria, a meno che tale autorità decida altrimenti; ob.per ordine del dire�ore, se falliscono altri metodi dicontrollo, al fine di proteggere il detenuto da a�i di

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autolesionismo, di impedirgli di arrecare danni ad altri o diprevenire gravi danni alle cose e purché in tali casi il dire�ore informi immediatamente il medico e faccia rapporto subito all’autorità penitenziaria superiore.3. Gli strumenti di contenzione non devono essere applicati

per un periodo maggiore di quello stre�amente necessario.4. Il modo di utilizzo di tali mezzi di contenzione deve essere

specificato nella legislazione nazionale.

Armi

69. 1. Salvo urgenze operative, il personale penitenziario non deve mai portare armi mortali all’interno del perimetro dell’istituto.

2. Il porto visibile di altre armi, compreso il manganello, da parte di persone in conta�o con i detenuti deve essere proibito all’interno del perimetro dell’istituto salvo se queste sono necessarie per la sicurezza e l’ordine interno in occasione di un incidente particolare.

3. Nessun membro del personale riceve armi senza una preventiva formazione sul loro uso.

Richieste e reclami

70. 1. I detenuti, individualmente o in gruppo, devono avere ampie opportunità di presentare richieste o reclami al dire�ore dell’istituto o ad ogni altra autorità competente.

2. Se la mediazione appare opportuna, essa deve essere tentata come prima istanza.

3. Nel caso in cui la richiesta o il reclamo siano respinti, le motivazioni devono essere comunicate al detenuto interessato e quest’ultimo deve poter inoltrare ricorso ad un’autorità indipendente.

4. I detenuti non devono essere puniti per aver presentato una richiesta o un reclamo.

5. L’autorità competente deve tener conto di ogni reclamo scri�o proveniente dalla famiglia di un detenuto quando tale reclamo fa stato di una violazione dei diri�i dell’interessato.

6. Nessun reclamo può essere presentato da un rappresentante legale o da un’organizzazione interessata del

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benessere dei detenuti per conto di un detenuto se il detenuto stesso non dà il suo consenso alla presentazione di esso.

7. I detenuti sono autorizzati ad avvalersi di un parere legale sulle procedure di reclamo e appello e all’assistenza legale quando ciò è richiesto dagli interessi della giustizia.

PARTE V

Direzione e Personale

Il servizio penitenziario come servizio pubblico

71. Gli istituti penitenziari devono essere posti so�o la re-sponsabilità di autorità pubbliche ed essere separati dall’esercito, dalla polizia e dai servizi di indagine penale.

72. 1. Gli istituti penitenziari devono essere gestiti in un con-testo etico che so�olinei l’obbligo di tra�are tu�i i detenuti con umanità e di rispe�are la dignità inerente ad ogni essere umano.

2. Il personale deve avere un’idea chiara dello scopo perse-guito dal sistema penitenziario. La direzione deve indicare la via da seguire per raggiungere in modo efficace tale scopo.

3. I doveri del personale vanno oltre quelli di semplice sorve-glianza e devono tener conto della necessità di facilitare il reinse-rimento sociale dei detenuti dopo la loro scarcerazione, a�raverso un programma positivo di presa in carico e di assistenza.

4. Il personale deve eseguire il proprio lavoro rispe�ando norme professionali e personali di elevato livello.

73. Le autorità penitenziarie devono riservare una grande importanza al rispe�o delle Regole per il personale.

74. La gestione dei rapporti tra personale a dire�o conta�o con i detenuti e questi ultimi deve essere ogge�o di un’a�enzione particolare.

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75. Il personale, in ogni circostanza, svolge i suoi compiti e si comporta in modo tale che il suo esempio eserciti un’influenza positiva sui detenuti e susciti il loro rispe�o.

Selezione del personale penitenziario

76. Il personale penitenziario deve essere selezionato con cura e adeguatamente formato sia al momento dell’assunzione che in modo permanente. Deve essere retribuito al livello di ma-nodopera specializzata e deve avere uno status che sia rispe�ato dalla società civile.

77. Nella selezione di nuovi membri del personale le autorità penitenziarie devono porre grande enfasi sulla necessità di doti di integrità e umanità, di capacità professionali e a�itudini perso-nali necessarie per il complesso lavoro che li a�ende.

78. I membri del personale devono essere, di regola, assunti su base permanente e devono avere lo stato giuridico di impiegati delle Stato con garanzia della sicurezza di impiego che dipenda soltanto dalla loro buona condo�a, dall’efficacia del loro lavoro, dall’idoneità fisica e dalla loro salute mentale nonché da un livel-lo di istruzione adeguato.

79. 1. La remunerazione deve essere tale da perme�ere l’as-sunzione e il mantenimento in servizio di personale competente.

2. I benefici e le condizioni di impiego devono rifle�ere l’esat-ta natura del lavoro come parte delle forze dell’ordine.

80. Qualora sia necessario impiegare personale a tempo par-ziale, i sudde�i criteri devono essere applicati per quanto possi-bile anche per tale personale.

Formazione del personale penitenziario

81. 1. Prima di entrare in servizio, il personale deve seguire

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un corso di formazione generale e speciale e superare degli esami teorici e pratici.

2. L’amministrazione deve fare in modo che, durante la sua carriera, il personale mantenga e migliori le sue competenze pro-fessionali seguendo dei corsi di aggiornamento e di perfeziona-mento organizzati ad intervalli di tempo adeguati.

3. Il personale chiamato a lavorare con gruppi specifici di detenuti – stranieri, donne, minorenni, malati psichici, ecc.- deve ricevere una formazione particolare ada�ata ai suoi compiti spe-cifici.

4. La formazione di tu�i i membri del personale deve com-prendere lo studio degli strumenti internazionali e regionali per la protezione dei diri�i dell’uomo, in particolare la Convenzione europea per la salvaguardia dei Diri�i dell’Uomo e delle libertà fondamentali e la Convenzione europea per la prevenzione della tortura e delle pene o tra�amenti inumani e degradanti, nonché l’applicazione delle Regole penitenziarie europee.

Sistema di gestione degli istituti penitenziari

82. Il personale deve essere selezionato e nominato su base egualitaria e senza nessuna discriminazione fondata in particola-re sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro tipo, l’origine nazionale o sociale, l’apparte-nenza ad una minoranza nazionale, i beni posseduti, la nascita o ogni altra situazione.

83. Le autorità penitenziarie devono promuovere dei metodi di organizzazione e dei sistemi di gestione a�i a:

a. assicurare un’amministrazione degli istituti penitenziariconforme a delle norme elevate che rispe�ino gli strumentiinternazionali e regionali per la protezione dei diri�i dell’uomo; eb. facilitare una buona comunicazione tra gli istituti penitenziari e tra le diverse categorie di personale di unostesso istituto e un buon coordinamento dei servizi - internied esterni all’istituto - che forniscono prestazioni a favore dei

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detenuti, specialmente per quel che concerne la loro presa in carico e il loro reinserimento.

84. 1. Ogni istituto deve avere un dire�ore, che deve essere ben qualificato per il suo incarico, con riguardo alle sue qualità personali e alle sue competenze amministrative, alla sua forma-zione e alla sua esperienza professionale.

2. Il dire�ore deve essere incaricato a tempo pieno e deve dedicare tu�o il suo tempo ai propri compiti istituzionali.

3. Le autorità penitenziarie devono assicurare che ogni isti-tuto sia costantemente so�o la completa responsabilità del diret-tore, del vice-dire�ore o di un funzionario incaricato.

4. Quando un dire�ore è responsabile per più di un istituto, deve esserci comunque un funzionario responsabile di ognuno di essi.

85. Uomini e donne devono essere rappresentati in modo equilibrato nel personale penitenziario.

86. Devono essere ado�ate misure affinché la direzione con-sulti l’insieme del personale su argomenti di ordine generale ed in particolare sulle condizioni di lavoro.

87. 1. Devono essere ado�ate misure per incoraggiare il più possibile una buona comunicazione tra la direzione, gli altri membri del personale, i servizi esterni ed i detenuti

2. Il dire�ore, il vicedire�ore e la maggioranza dei membri del personale dell’istituto devono parlare la lingua della maggior parte dei detenuti, o una lingua compresa dalla maggior parte di essi.

88. Dove esistono istituti penitenziari gestiti privatamente, tu�e le Regole Penitenziarie Europee devono essere applicate.

Personale specializzato

89. 1. Il personale deve comprendere, per quanto possibile,

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un numero sufficiente di specialisti quali psichiatri, psicologi, operatori sociali, insegnanti, capi d’arte, professori o istru�ori di educazione fisica e sportiva.

2. Ausiliari a tempo parziale e personale volontario compe-tente devono essere incoraggiati a contribuire, per quanto possi-bile, alle a�ività con i detenuti.

Sensibilizzazione dell’opinione pubblica

90. 1. Le autorità penitenziarie devono costantemente infor-mare l’opinione pubblica circa lo scopo del sistema penitenziario e il lavoro svolto dal personale penitenziario al fine di incoraggia-re una migliore comprensione del ruolo del carcere nella società.

2. Le autorità penitenziarie devono incoraggiare i membri della società civile ad intervenire a titolo volontario negli istituti, quando ciò è opportuno.

Ricerche e valutazioni

91. Le autorità penitenziarie devono sostenere un program-ma di ricerca e di valutazione sulle finalità della detenzione, sul suo ruolo in una società democratica e sul raggiungimento della missione da parte del sistema penitenziario.

PARTE VI

Ispezioni e Controlli

Ispezioni governative

92. Devono essere effe�uate regolarmente ispezioni degli isti-tuti penitenziari da parte di enti governativi che valuteranno se gli istituti sono amministrati secondo le normative nazionali ed internazionali e in base a quanto previsto dalle presenti Regole.

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Controlli indipendenti

93. 1. Le condizioni di detenzione e il tra�amento dei detenuti devono essere controllati da un organo o da più organi di control-lo indipendenti le cui valutazioni devono essere rese pubbliche.

2. Tali organi di controllo indipendenti devono essere inco-raggiati a cooperare con le agenzie internazionali legi�imate a visitare gli istituti penitenziari.

PARTE VII

Detenuti imputati

Stato di detenuto imputato

94. 1. Nelle presenti Regole, il termine “imputati” indica i de-tenuti posti in custodia cautelare dall’autorità giudiziaria prima del processo, del verde�o o della sentenza definitiva di condan-na.

2. Uno Stato può considerare i detenuti giudicati colpevoli e condannati come imputati nel caso in cui i loro appelli ancora non si siano conclusi in via definitiva.

Approccio relativo ai detenuti imputati

95. 1. Il regime relativo ai detenuti imputati non può essere influenzato dalla possibilità che possano poi essere giudicati col-pevoli di reato.

2. Le Regole in questa parte forniscono ulteriori salvaguar-die per i detenuti imputati.

3. Nell’occuparsi dei detenuti imputati le autorità peniten-ziarie devono essere guidate dalle Regole che si applicano a tu�i i detenuti e devono consentire ai detenuti imputati di partecipare alle varie a�ività disposte da tali Regole.

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Locali di detenzione

96. Per quanto possibile, gli imputati devono poter scegliere di disporre di una cella individuale, salvo se è considerato prefe-ribile che coabitino con altri imputati o se un tribunale ha ordina-to specifiche condizioni di alloggio.

Vestiario

97. 1. Gli imputati devono poter indossare i propri indumen-ti personali qualora l’abbigliamento sia ada�o al carcere.

2. Agli imputati che non hanno vestiti ada�i sarà fornito il vestiario che non deve essere come quello indossato dai detenuti definitivi.

Assistenza legale

98. 1. Gli imputati devono essere esplicitamente informati del loro diri�o di richiedere un’assistenza legale.

2. Gli imputati accusati di un reato devono disporre di tu�e le agevolazioni per preparare la propria difesa ed incontrare il proprio avvocato.

Conta�i con l’esterno

99. A meno che un’autorità giudiziaria non abbia pronuncia-to, in un caso singolo, un divieto specifico per un periodo deter-minato, gli imputati:

a. devono poter ricevere le visite ed essere autorizzati a comunicare con la loro famiglia e altre persone, alle stesse condizioni previste per i condannati;b. possono ricevere visite supplementari ed anche utilizzarepiù facilmente altri mezzi di comunicazione; ec. devono aver accesso a libri, giornali e altri mezzi di informazione.

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Lavoro

100. 1. Gli imputati devono poter lavorare, ma senza esservi obbligati.

2. Se un imputato sceglie di lavorare, sono applicate tu�e le disposizioni della Regola 26, comprese quelle relative alla remu-nerazione.

Accesso al regime dei condannati

101. Se un imputato chiede di seguire il regime dei condan-nati, le autorità penitenziarie, per quanto possibile, devono sod-disfare la sua richiesta.

PARTE VIII

Detenuti Condannati

Obie�ivi del regime dei condannati

102. 1. Oltre alle Regole applicabili all’insieme dei detenuti, il regime dei condannati deve essere concepito per perme�er loro di condurre una vita responsabile ed esente dal reato.

2. Poiché la privazione della libertà costituisce una punizione in sé, il regime dei condannati non deve aggravare le sofferenze inerenti la detenzione.

Implementazione del regime per i detenuti condannati

103. 1. Il regime per i detenuti condannati deve iniziare non appena una persona entra in istituto con la posizione di detenuto condannato, a meno che esso non sia iniziato precedentemente.

2. Appena possibile dopo l’ingresso, devono essere reda�i rapporti completi per tu�i i detenuti condannati sulla loro si-tuazione personale, sui programmi di tra�amento proposti per

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ognuno di loro e sulla strategia per la preparazione alla loro li-berazione.

3. I detenuti condannati devono essere incoraggiati a par-tecipare alla pianificazione dei loro programmi individuali di tra�amento.

4. Tale programma deve prevedere, per quanto possibile :a. un lavoro,b. una formazione,c. altre a�ività, ed. una preparazione alla liberazione.5. Il regime dei condannati può anche includere un lavoro

sociale, e l’intervento del medico e dello psicologo.6. Un sistema di permessi deve fare parte integrante del re-

gime dei detenuti condannati. 7. I detenuti che lo desiderano possono partecipare a pro-

grammi di giustizia riparativa e riparare le infrazioni commesse. 8. Un’a�enzione particolare deve essere prestata al program-

ma di tra�amento e al regime dei condannati a vita o a pene lunghe.

Aspe�i organizzativi della detenzione dei condannati

104. 1. Per quanto possibile, e in base alle disposizioni della Regola 17, si deve far uso di istituti separati o di sezioni distinte di un istituto per perme�ere la gestione dei vari regimi relativi alle diverse categorie di detenuti.

2. Devono essere ado�ate procedure per stabilire e revisiona-re i programmi individuali dei detenuti dopo un a�ento esame dei relativi rapporti e dopo consultazioni approfondite del perso-nale coinvolto con i detenuti interessati, e, per quanto possibile, con la partecipazione dei detenuti interessati.

3. Ogni fascicolo deve contenere i rapporti del personale di-re�amente responsabile del detenuto in ogge�o.

Il lavoro per i detenuti condannati

105. 1. Un programma sistematico di lavoro deve contribuire

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al raggiungimento degli obie�ivi del tra�amento dei condanna-ti.

2. Può essere imposto di lavorare a tu�i i condannati che non abbiano ancora raggiunto l’età della pensione, coerentemente con il loro stato fisico e mentale così come stabilito dal medico.

3. Qualora venga imposto di lavorare ad un detenuto con-dannato le condizioni di lavoro devono essere conformi alle nor-me e ai controlli in uso all’esterno.

4. I detenuti che frequentano corsi di insegnamento o altri programmi durante le ore lavorative come parte integrante del loro programma riabilitativo devono essere remunerati come se lavorassero.

5. Nel caso dei detenuti condannati parte della remunera-zione o una quota dei risparmi derivanti dalla remunerazione possono essere utilizzati per scopi riparatori a seguito di ordine dell’autorità giudiziaria o nel caso in cui vi consenta il detenuto.

Formazione dei condannati

106. 1. Un programma formativo sistematico che comprenda il mantenimento delle nozioni acquisite e che tenda a migliorare il livello globale di istruzione dei detenuti, nonché la loro capacità di condurre in seguito una vita esente dal reato, deve costituire una parte essenziale del regime dei condannati.

2. I condannati devono essere incoraggiati a partecipare ai programmi di istruzione e di formazione.

3. I programmi educativi dei condannati devono essere adat-tati alla durata prevista della loro detenzione.

Liberazione dei condannati

107. 1. I condannati devono essere aiutati, al momento op-portuno e prima della scarcerazione, con procedure e programmi specialmente concepiti per perme�er loro il passaggio tra la vita carceraria e la vita rispe�osa del diri�o interno in seno alla col-le�ività.

2. Per quanto concerne più specificamente i condannati a

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lunghe pene, devono essere prese misure per assicurare loro un rientro progressivo nel mondo libero.

3. Questo scopo può essere raggiunto grazie ad un program-ma di preparazione alla scarcerazione o ad una liberazione con-dizionale so�o controllo accompagnata da un’assistenza sociale efficace.

4. Le autorità penitenziarie devono lavorare in stre�a colla-borazione con i servizi sociali e gli organismi che accompagnano ed aiutano i detenuti liberati a ritrovare un posto nella società, in particolare riallacciando legami con la vita familiare e trovando un lavoro.

5. I rappresentanti di questi servizi o organismi sociali devo-no poter entrare in istituto quando necessario ed intra�enersi con i detenuti per preparare e pianificare la loro liberazione e orga-nizzare l’assistenza postpenale.

Parte IX

L’aggiornamento delle Regole

108. Le regole penitenziarie europee devono essere aggiorna-te con regolarità.

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CONSIGLIO D’EUROPACOMITATO DEI MINISTRI

Raccomandazione Rac (2006)2del Comitato dei Ministri agli Stati membri

sulle Regole penitenziarie europee

COMMENTO

Introduzione

Le norme penitenziarie rifle�ono la volontà di riservare ai detenuti un tra�amento giusto ed equo. Queste norme devono essere enunciate chiaramente, poiché la pressione dell’opinione pubblica può portare facilmente a restrizioni dei diri�i fonda-mentali per questa categoria vulnerabile.

Il primo tentativo di definire delle norme penitenziarie in Europa risale al 1973, con l’introduzione dell’Insieme delle regole minime per il tra�amento dei detenuti nella Risoluzione (73) 5 del Consiglio d’Europa. Si tra�ava allora di ada�are alla situazio-ne europea l’Insieme delle regole minime delle Nazioni Unite per il tra�amento dei detenuti, inizialmente reda�e fin dal 1955.

Nel 1987, le Regole penitenziarie europee sono state com-pletamente riviste con l’intento, come indicava il Rapporto espli-cativo, “di prendere in considerazione i bisogni e le aspirazioni delle amministrazioni penitenziarie, dei detenuti e del personale penitenziario con un approccio sistematico in materia di gestione e tra�amento che sia positivo, realistico e conforme alle norme a�uali”.

La revisione in corso persegue lo stesso obie�ivo generale. Come i testi precedenti, queste Regole modificate si basano al tempo stesso sulle regole penitenziarie anteriori e sui valori

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fondamentali enunciati nella Convenzione europea per la salva-guardia dei diri�i dell’uomo. Dal 1987, tu�avia, la legislazione e le prassi penitenziarie hanno registrato molti sviluppi in Europa. L’evoluzione della società, delle politiche di lo�a contro la delin-quenza e la criminalità, delle prassi in materia di condanne e della ricerca, così come l’ingresso di nuovi Stati membri nel Consiglio d’Europa, hanno modificato in modo sostanziale la gestione degli istituti penitenziari e il tra�amento dei detenuti.

L’aumento delle decisioni della Corte europea dei diri�i del-l’uomo (CEDU) che si basano sulla Convenzione europea per la salvaguardia dei diri�i dell’uomo per tutelare i diri�i fondamen-tali dei detenuti, nonché le norme per il tra�amento dei detenuti stabilite dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle pene o tra�amenti inumani o degradanti (CPT), hanno avu-to un ruolo determinante in questa evoluzione. Ciò ha indo�o il Comitato europeo per i problemi criminali (CDPC) ad affidare al Consiglio di cooperazione penologica (PC-CP) il compito di armonizzare le Regole con le buone prassi a�uali.

La Raccomandazione che contiene la nuova versione delle Regole penitenziarie europee riconosce anche il contributo del-la CEDU e del CPT. Inoltre, so�olinea come sia importante non dimenticare il principio denominato ultima ratio secondo cui la detenzione dovrebbe costituire l’ultima delle misure alle quali ricorrere. Questo principio mira a mantenere basso il livello della popolazione penitenziaria. L’importanza di tale obie�ivo è riconosciuta nella Raccomandazione (99)22 relativa al sovraf-follamento degli istituti penitenziari e all’inflazione carceraria. Questa raccomandazione so�olinea la necessità di ricorrere alla privazione della libertà unicamente in relazione ai reati più gravi. Il principio di ultima ratio dovrebbe essere applicato in maniera tale da limitare la detenzione sia per le persone condannate che per quelle non condannate. D’altra parte sarebbe auspicabile esaminare in modo serio, prima della condanna, la possibilità di applicare delle sanzioni alternative, perme�endo così di evitare la detenzione. Gli Stati dovrebbero anche esaminare la possibilità

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di depenalizzare alcuni reati e di riclassificarli in modo che non siano più passibili di una pena detentiva.

Dal 1987, le Regole penitenziarie europee godono di uno statuto rafforzato. La CEDU e il CPT fanno ormai regolare riferi-mento alle Regole. La nuova versione delle Regole dovrebbe esse-re ancora di maggior utilità per questi organismi nella misura in cui essa prende in considerazione gli sviluppi recenti delle buone prassi in ambito penitenziario. I tribunali nazionali e gli organi di ispezione sono caldamente invitati a basarsi su queste Regole; considerando in particolare, visto l’aumento dei trasferimenti di detenuti tra gli Stati membri, che ogni Stato che decide un trasfe-rimento abbia la garanzia che il detenuto interessato sia tra�ato convenientemente nel paese di destinazione.

Le Regole riviste affrontano alcune questioni che non erano state considerate nelle Regole del 1987. Pur cercando di essere esaustive, non impongono tu�avia agli Stati membri delle esigen-ze irrealistiche. Si riconosce che l’a�uazione delle presenti Regole richiederà uno sforzo notevole da parte di alcuni Stati membri del Consiglio d’Europa.1 Le Regole danno degli orientamenti agli Stati membri che intendono modernizzare la loro legislazione penitenziaria ed aiuteranno le amministrazioni penitenziarie a determinare in quale modo gestire la loro autorità, anche qualo-ra le Regole non siano ancora state completamente integrate nel diri�o interno. Esse fanno riferimento a misure da inserire nel “diri�o interno” piu�osto che nella “legislazione interna”, nella misura in cui esse riconoscono che quest’ultima può assumere forme diverse negli Stati membri del Consiglio d’Europa. Il ter-mine “diri�o interno” è stato coniato per inglobare non solo la legislazione principale ado�ata da un parlamento nazionale, ma anche tu�e le altre regolamentazioni o ordinanze che hanno forza di legge, oltre alla giurisprudenza delle corti e dei tribunali e ciò nella misura in cui queste forme di normative sono riconosciute dai sistemi giuridici nazionali.

1 Frase aggiunta con il documento CM(2005)163 Addendum Corrigendum del 13 dicembre 2005 su richiesta della delegazione Polacca

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Parte I

Principi fondamentali

Nelle nuove Regole penitenziarie europee, le prime nove Regole enunciano i principi fondamentali che devono guidare l’interpretazione e la messa in pratica dell’insieme delle Regole. Questi principi fanno parte integrante delle Regole e non costi-tuiscono un semplice elemento del Preambolo o di certe regole specifiche. Le amministrazioni penitenziarie devono impegnarsi ad applicare le Regole seguendo la le�era e lo spirito di tali prin-cipi.

Regola 1

Inevitabilmente, in caso di ricorso alla privazione di libertà, si pone la questione dei diri�i dell’uomo. La Regola 1 so�olinea questo fa�o imponendo il rispe�o dei detenuti. A sua volta, il ri-spe�o implica il riconoscimento della loro dignità fondamentale.

Regola 2

Questa Regola completa la Regola 1 so�olineando che la per-dita di libertà subita dai detenuti non implica necessariamente la perdita automatica di tu�i i loro diri�i politici, civili, sociali, economici e culturali. E’ inevitabile che i diri�i dei detenuti su-biscano delle restrizioni a causa della privazione di libertà, ma tali restrizioni devono essere le minori possibili. L’insieme delle Regole presenta alcune misure che possono essere ado�ate per ridurre gli effe�i negativi della privazione di libertà. Ogni restri-zione supplementare deve essere prevista dalla legge e deve es-sere introdo�a unicamente se è essenziale al mantenimento del-l’ordine e della sicurezza negli istituti penitenziari. Le restrizioni imposte non devono, in ogni caso, derogare alle nuove Regole penitenziarie europee.

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Regola 3

Questa Regola so�olinea i limiti che possono essere imposti alle restrizioni nei confronti dei detenuti. Richiama il principio generale di proporzionalità che deve so�endere ogni restrizione di questa natura.

Regola 4

I governi vengono a volte accusati di tra�are meglio i de-tenuti degli altri membri della società. Benché tali accuse siano raramente confermate nei fa�i, la Regola 4 indica chiaramente che la mancanza di risorse non può giustificare che uno Stato membro perme�a lo sviluppo di condizioni di detenzione che rechino pregiudizio ai diri�i fondamentali dei detenuti. Politiche e prassi che tendano a banalizzare tali pregiudizi sono anch’esse inacce�abili.

Regola 5

Le Regola 5 so�olinea gli aspe�i positivi della normalizzazio-ne. Certamente, la vita in un istituto penitenziario non potrà mai essere uguale alla vita all’esterno. Tu�avia, le autorità penitenzia-rie devono intervenire a�ivamente per avvicinare il più possibile le condizioni di vita in istituto a quelle della vita normale e fare in modo che tale normalizzazione non abbia per conseguenza delle condizioni disumane di detenzione.

Regola 6

La Regola 6 riconosce che i detenuti, condannati o meno, ri-torneranno un giorno a vivere nella società libera e che pertanto la vita in istituto deve essere organizzata in modo da tener conto di questo fa�o. I detenuti devono essere mantenuti in buona sa-lute fisica e psichica e devono avere la possibilità di lavorare e di studiare. Nel caso di pene di lunga durata, questo aspe�o della vita detentiva deve essere accuratamente pianificato al fine di ri-durre al minimo gli effe�i nocivi della detenzione e perme�ere ai detenuti di utilizzare al meglio il tempo della loro detenzione.

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Regola 7

La Regola 7 insiste sull’importanza di coinvolgere i servizi sociali esterni negli istituti penitenziari. Le Regole penitenziarie europee dovrebbero incoraggiare una politica di inclusione piut-tosto che di esclusione. Per fare ciò è indispensabile promuovere una stre�a collaborazione tra l’istituto penitenziario e i servizi so-ciali esterni e coinvolgere la società civile, per esempio a�raverso il volontariato o le visite negli istituti.

Regola 8

La Regola 8 so�olinea il posto centrale che occupa il perso-nale penitenziario nell’insieme del processo di applicazione delle Regole e dello sviluppo di un tra�amento umano dei detenuti.

Regola 9

La Regola 9 eleva a principio di base la necessità di ispezione e di controllo. L’importanza dell’ispezione e del controllo è speci-ficata nel de�aglio nella parte VI delle Regole.

Campo d’applicazione

Regola 10

La Regola 10 indica chi sono le persone considerate detenuti ai fini delle Regole penitenziarie europee. Questa Regola so�oli-nea che le persone so�oposte a custodia cautelare da un’autorità giudiziaria o private di libertà a seguito di una condanna devono essere ristre�e in un istituto penitenziario e non in un qualsiasi altro luogo. La terminologia varia secondo i paesi. Gli istituti di detenzione, così come i penitenziari e le colonie di lavoro posso-no altresì accogliere detenuti ed essere quindi considerati come istituti penitenziari ai sensi delle presenti regole.

Questa Regola riconosce che, oltre alle persone poste in custodia cautelare o private di libertà a seguito di una condan-na, altre categorie di persone quali per esempio gli stranieri in

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situazione irregolare possono essere detenute negli istituti pe-nitenziari in conformità alle disposizioni normative nazionali. Queste persone, dal momento che sono ristre�e in un istituto, devono anch’esse essere considerate detenuti ai fini delle Regole penitenziarie europee. Un istituto penitenziario, per definizione, non è un luogo appropriato per la detenzione di una persona che non è né sospe�ata di aver commesso un reato né condannata. Di conseguenza, gli stranieri in situazione irregolare dovrebbero essere detenuti solo in casi eccezionali, ad esempio a causa della loro tendenza riconosciuta alla violenza oppure allorché si rende necessario un ricovero e nessun istituto ospedaliero penitenziario è disponibile.

Le Regole si applicano non solo ad ogni persona detenuta all’interno di un istituto, così come definita nelle Regole, ma anche a quelle persone che, benché non detenute all’interno del perime-tro dell’istituto, appartengono ciò nondimeno, so�o il profilo am-ministrativo, alla popolazione penitenziaria. Di conseguenza le persone che beneficiano di un permesso o partecipano ad a�ività all’esterno dell’istituto e che sono formalmente so�o la responsa-bilità dell’amministrazione penitenziaria devono essere tra�ate conformemente alle Regole.

Questa Regola si applica anche a situazioni in cui (per esem-pio a causa del sovraffollamento) persone che conformemente a questa Regola dovrebbero essere ristre�e in un istituto peni-tenziario sono invece ristre�e (temporaneamente) in altri istituti quali i commissariati di polizia o altri locali dai quali non possono allontanarsi liberamente. E’ evidente che la detenzione in stru�u-re diverse dal carcere deve essere una misura di ultima istanza, limitata nel tempo e le autorità che hanno la responsabilità di questi locali devono fare tu�o il possibile per applicare le norme definite nelle Regole ed offrire un risarcimento sufficiente in caso di tra�amento inadeguato.

Regola 11

La Regola 11 é conforme all’articolo 37.c della Convenzione

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internazionale relativa ai diri�i del bambino, che impone che i minori di 18 anni siano detenuti in centri di detenzione specia-lizzati per giovani e ne impedisce la detenzione con gli adulti. La Convenzione perme�e di derogare a questa esigenza in un caso preciso, cioè quando l’interesse del bambino lo esige.

Non si può escludere completamente che, in casi del tu�o eccezionali, dei minorenni possano essere detenuti in istituti per adulti. Per esempio, se i minorenni sono molto pochi in un am-biente penitenziario, mantenerli separati potrebbe tradursi in un isolamento totale. Se dei minorenni sono detenuti in un istituto per adulti, devono essere tra�ati con un’a�enzione particolare in ragione della loro situazione e dei loro bisogni. I detenuti minorenni, come pure gli altri detenuti, sono so�oposti alle Re-gole penitenziarie europee. Tu�avia deve essere approntata una regolamentazione supplementare per garantire un tra�amento appropriato. La Regola 36 contiene disposizioni particolari per i minorenni presenti negli istituti a causa della reclusione di un genitore.

Regola 12

La Regola 12 rifle�e precisamente la Regola 11 ma si applica alle persone mentalmente disturbate. In effe�i, è auspicabile che queste persone non siano detenute in carcere, ma in istituti per ammalati psichici che dispongono di norme proprie. Tu�avia, le Regole riconoscono che, nella realtà, alcuni ammalati psichici sono talvolta detenuti negli istituti penitenziari. In tali circostan-ze, deve essere approntata una regolamentazione supplementare che tenga conto della loro situazione e dei loro bisogni specifici. Questa regolamentazione dovrebbe offrire una tutela supple-mentare oltre alle Regole penitenziarie europee alle quali sono automaticamente so�oposti in ragione della loro detenzione in ambito penitenziario.

Regola 13

La Regola 13 proibisce ogni discriminazione fondata su

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motivi ingiustificati. Da questo punto di vista la Regola rispe�a scrupolosamente i termini del 12o Protocollo alla Convenzione europea per la salvaguardia dei Diri�i dell’Uomo e delle Li-bertà Fondamentali. Ciò, tu�avia, non vuol dire che il principio dell’uguaglianza formale debba essere applicato in ogni caso, segnatamente quando la sua applicazione rischierebbe di provo-care una ineguaglianza di fa�o. La protezione delle categorie di persone vulnerabili non costituisce una forma di discriminazione come del resto le forme di tra�amento che tendono a rispondere ai bisogni particolari di certi detenuti.

Parte II

Condizioni di detenzione

Ammissione in istituto

Regola 14

La messa in a�o di procedure adeguate per l’ammissione e la detenzione dei detenuti è essenziale alla protezione della libertà. Questa Regola, che trasferisce nel contesto penitenziario il diri�o alla libertà e alla sicurezza previsto dall’articolo 5 della Conven-zione sui Diri�i Umani, tende a garantire che siano ammesse in istituto e detenute solo le persone la cui detenzione è legalmente giustificata. Le persone la cui detenzione è contraria alla Regola 14 devono poter fare appello ad un tribunale e chiedere di ordi-nare la loro scarcerazione.

Regola 15

L’accento posto da questa Regola sulla registrazione delle in-formazioni relative ai detenuti risponde alle stesse esigenze della Regola 14. Deve essere meticolosamente tenuto un fascicolo per ogni detenuto durante tu�o il periodo della detenzione di una persona. L’accesso al fascicolo deve essere previsto dal diri�o in-

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terno per garantire l’equilibrio tra il rispe�o della vita privata dei detenuti e l’interesse legi�imo dello Stato. Anche la raccolta accu-rata di informazioni sullo stato di salute rappresenta una misura di protezione essenziale. Queste informazioni idealmente devo-no essere raccolte nel corso di un esame medico, ma il personale penitenziario deve essere incoraggiato a notificare ogni segno di ca�iva salute, comprese le ferite che potrebbero non essere più visibili al momento dell’esame da parte di un medico specialista.

Regola 16

La Regola 16 elenca un certo numero di misure da prendere il più presto possibile dopo l’ingresso in istituto. Poiché non è possibile fare tu�o nello stesso tempo al momento dell’ingresso in un istituto, sono qui indicate solo le questioni da tra�are il più presto possibile e il personale penitenziario dovrà fare riferimen-to alle altre disposizioni previste in occasione dell’ingresso in istituto. In particolare, gli esami medici dovrebbero essere ese-guiti rapidamente, idealmente, il giorno stesso dell’ingresso e al più tardi nelle successive 24 ore. Questi esami dovrebbero essere regolarmente eseguiti anche in occasione della riammissione di una persona. Neanche la valutazione del grado di sicurezza e di rischio applicabile al detenuto può essere differita. Un’a�enzione particolare deve essere posta, il più presto possibile, anche ai bisogni personali e sociali dei detenuti. Per questo è altresì neces-sario prendere rapidamente conta�o con i servizi sociali esterni. E’ anche necessario me�ere in a�o rapidamente i programmi di tra�amento e di formazione per i condannati.

Assegnazione e locali di detenzione

Regola 17

La Regola 17 so�olinea l’importanza di un’opportuna asse-gnazione dei detenuti. Generalmente le decisioni in questo cam-po devono essere prese in modo da evitare inutili costrizioni per i detenuti e le loro famiglie, in particolare per i figli dei detenuti, che hanno bisogno di vedere i genitori. Quando si utilizza il grado

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di sicurezza come criterio di assegnazione dei detenuti, è impor-tante utilizzare quello meno restri�ivo poiché la detenzione nelle sezioni di alta sicurezza si traduce spesso in prove supplementari per i detenuti. L’insieme dei detenuti deve essere collocato il più possibile vicino alla loro casa o al loro centro di reinserimento sociale in modo da facilitare i conta�i con il mondo esterno, come richiesto dalla Regola 24. E’ inoltre importante evitare l’utilizzo di criteri inadeguati nelle decisioni di assegnazione dei detenuti. Per esempio, la condanna a vita non deve necessariamente impli-care il collocamento in un istituto particolare o l’imposizione di un regime di detenzione particolarmente restri�ivo (vedi Regola 7 della Raccomandazione (2003) 23 riguardante la gestione da parte delle amministrazioni penitenziarie dei condannati a vita e di altri condannati a pene di lunga durata. Vedere anche il rap-porto del CPT sulla visita effe�uata in Ucraina nel se�embre 2000 [CPT/Inf(2002)23]).

E opportuno riconoscere che i detenuti sono dire�amente interessati al risultato delle decisioni relative alla loro assegna-zione. Devono quindi essere consultati per quanto possibile e le loro ragionevoli richieste devono essere prese in considerazione, anche se la decisione finale spe�a all’autorità. Questa consulta-zione deve avvenire prima dell’assegnazione o del trasferimento dei detenuti, anche se ciò non è sempre possibile per la prima assegnazione quando i detenuti sono sistematicamente assegnati all’istituto locale. Se, eccezionalmente, motivi di sicurezza e di or-dine interno impongono di effe�uare l’assegnazione o il trasferi-mento prima della consultazione dei detenuti, quest’ultima deve essere fa�a successivamente. In questo caso deve essere possibile ritornare sulla decisione quando il detenuto ha buone ragioni per essere assegnato ad un altro istituto. Conformemente alla Regola 70, un detenuto può richiedere alle autorità competenti di essere assegnato o trasferito in un determinato istituto penitenziario. Può inoltre seguire la stessa procedura per tentare di farsi annul-lare una decisione di assegnazione o di trasferimento.

Il trasferimento dei detenuti può essere all’origine di gravi

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disfunzioni in relazione al loro tra�amento. Anche se è ammesso che questi trasferimenti sono inevitabili e che possono, in certi casi, essere nell’interesse stesso del detenuto, ogni inutile trasferi-mento successivo dovrebbe essere evitato. Prima di procedere ad un trasferimento si dovrebbero sempre valutare accuratamente vantaggi e svantaggi.

Regola 18

Questa Regola riguarda le condizioni di alloggio dei de-tenuti. L’evoluzione della legislazione europea in materia di diri�i dell’uomo esige un rafforzamento delle regole a questo proposito. Le condizioni di alloggio in generale e il sovraffolla-mento in particolare possono costituire una forma di pena o di tra�amento inumano o degradante, contrario quindi all’articolo 3 della Convenzione europea dei diri�i dell’uomo. Tale situazione è oggi pienamente riconosciuta da un certo numero di decisioni della CEDU (vedi, per esempio, la decisione nel caso Kalashnikov c. Russia - richiesta n° 47095/99–15/07/2002). Le autorità devono inoltre tener conto dei bisogni specifici dei detenuti: mantenere in detenzione una persona gravemente handicappata senza fornir-gli alcune a�rezzature supplementari può costituire una forma di tra�amento inumano o degradante (vedi il caso Price c. Regno-Unito – richiesta n° 33394/96 – 10/07/2001).

Le condizioni di alloggio riguardano sia la superficie della cella che l’illuminazione e l’aerazione. L’importanza della luce naturale e dell’apporto di aria fresca è menzionato nella Regola 18.2 e so�olineato nell’undicesimo Rapporto generale del CPT (CPT/Inf (2001)16, paragrafo 30). Le finestre non devono essere né ostruite né ricoperte da vetro opaco. In Europa se�entrionale si amme�e che non é sempre possibile, in inverno, leggere o lavo-rare alla luce naturale del giorno.

La Regola 18 contiene alcuni elementi nuovi. Il primo (Regola 18.3) mira ad obbligare i governi ad iscrivere nel diri�o interno delle norme specifiche in questo se�ore.

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Queste norme devono tener conto sia delle esigenze generali di rispe�o della dignità umana sia delle considerazioni pratiche in materia di sanità e di igiene. Il CPT, nella sua analisi delle con-dizioni di alloggio e della superficie disponibile negli istituti pe-nitenziari dei diversi paesi, ha cominciato ad indicare dei valori minimi. Sono di 4 mq per detenuto in un dormitorio e di 6 mq in una cella. Tali valori devono però essere modulati in funzione di analisi più approfondite del sistema penitenziario; in particolare, bisogna tener presente il tempo che i detenuti trascorrono effe�i-vamente nella loro cella. Questi valori minimi non devono essere considerati come la norma. Anche se il CPT non ha mai stabilito dire�amente una tale norma, vi sono delle indicazioni che esso considera auspicabile una dimensione di una cella singola di 9-10 mq. Si tra�a di un campo dove il CPT può continuare ad apporta-re elementi utili basandosi sul lavoro già svolto in questo se�ore. E’ necessario procedere ad un esame in de�aglio delle dimensioni delle celle che si possono considerare come acce�abili per l’allog-gio di un certo numero di detenuti. Nella definizione delle misure adeguate deve essere preso in considerazione il numero di ore che i detenuti trascorrono nelle loro celle. Anche nei casi i cui i detenuti trascorrono molte ore all’esterno della cella, è opportu-no definire chiaramente uno spazio minimo conforme al rispe�o della dignità umana.

La Regola 18.4, che esige la messa in a�o di strategie naziona-li, iscri�e nella legislazione per affrontare il sovraffollamento de-gli istituti penitenziari, costituisce anch’essa un’importante inno-vazione. Il livello della popolazione penitenziaria è determinato tanto dal funzionamento del sistema della giustizia penale quanto dall’evoluzione del tasso di delinquenza. Questo fa�o deve essere tenuto in considerazione sia nelle strategie generali in materia di giustizia penale sia nelle dire�ive specifiche concernenti le misure da ado�are quando gli istituti penitenziari sono minacciati da un livello di sovraffollamento che rischia di impedire l’applicazione delle norme minime imposte dalla Regola 18.3. La Regola 18.4 non precisa con quale mezzo ridurre il sovraffollamento. La pra-tica introdo�a in alcuni paesi, ad esempio, consiste nel limitare o

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addiri�ura impedire nuovi ingressi negli istituti quando è stato raggiunto il tasso di occupazione massimo e nel predisporre una lista di a�esa per l’ammissione in istituto di detenuti che non pon-gono gravi problemi di sicurezza, anche se rimangono in libertà. Una strategia per far fronte al sovraffollamento necessita almeno di una chiara definizione del tasso minimo di occupazione di tu�i gli istituti penitenziari di una determinata zona. La Raccomanda-zione (99)22 del Comitato dei Ministri riguardante il sovraffolla-mento penitenziario e l’inflazione carceraria deve essere tenuta in considerazione sia durante lo sviluppo delle strategie globali sia durante la definizione di regole nazionali specifiche che mirino a prevenire il sovraffollamento.

La Regola 18.5 mantiene il principio della cella individuale, che diventa spesso “la casa” per i detenuti condannati a vita o a pene lunghe, anche se questo principio, in pratica, viene spesso disa�eso. (La Regola 96 stabilisce che lo stesso principio si applica anche ai detenuti non condannati). La non applicazione di tale principio è a volte un modo per far fronte al sovraffollamento degli istituti penitenziari, ma ciò è inacce�abile come soluzione a lungo termine. Anche la stru�ura archite�onica dell’istituto peni-tenziario può complicare la sistemazione dei detenuti in celle in-dividuali. Tu�avia, nella costruzione di nuovi istituti, dovrebbe essere preso in considerazione il principio di detenzione in celle singole.

La Regola amme�e che si possano fare delle eccezioni al prin-cipio, nell’interesse del detenuto. Bisogna osservare che questa eccezione riguarda unicamente i casi in cui un detenuto può chia-ramente beneficiare della coabitazione con altri detenuti. Questa condizione è stabilita dalla Regola 18.6 che indica che solo i de-tenuti riconosciuti a�i a coabitare possono essere alloggiati as-sieme. A titolo di esempio, i non fumatori non dovrebbero essere costre�i a coabitare con fumatori. In caso di coabitazione, bisogna evitare lo sviluppo di qualsiasi forma di vessazione, di minaccia o di violenza tra i detenuti me�endo in a�o un’adeguata sorve-glianza da parte del personale penitenziario. Il CPT ha indicato

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(11e Rapporto generale, paragrafo 29, CPT/Inf (2001)16) che sono fondamentalmente da evitare i dormitori di grandi dimensioni. Questi ultimi non presentano generalmente nessun vantaggio in confronto alla cella individuale. L’alloggio dei detenuti in celle individuali durante la no�e non implica particolari restrizioni dei conta�i tra detenuti durante il giorno e il vantaggio della cella individuale durante le ore di sonno deve quindi essere messo in relazione al beneficio procurato dai conta�i umani durante gli altri momenti. (vedi Regola 50.1).

Nella nuova versione delle Regole, la necessità di garantire ai detenuti delle condizioni di alloggio adeguate è so�olineata dal fa�o che tale punto viene tra�ato assieme a quello dell’assegna-zione dei detenuti. A tale proposito le Regole sono state rafforzate indicando chiaramente e semplicemente le diverse categorie di detenuti che devono essere separate le une dalle altre. La Regola 18.8 c. relativa alla separazione dei detenuti giovani da quelli più anziani deve essere le�a congiuntamente alla Regola 11 che indi-ca che nessun minore di anni 18 deve essere detenuto in un isti-tuto per adulti. La separazione dei giovani detenuti dai detenuti adulti è conforme alla norma imperativa del diri�o internaziona-le, enunciata all’articolo 37.3.c della Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diri�i del bambino, sulla separazione dei bambi-ni e degli adulti (in questo contesto è considerato bambino ogni individuo al di so�o di 18 anni). La Regola 18.8.c tende anche a perme�ere la separazione dei giovani detenuti, talvolta chiamati giovani adulti, che hanno più di 18 anni, ma non sono ancora pronti ad essere integrati con i detenuti adulti, in conformità con la definizione più elastica dei minorenni contenuta nell’Insieme delle regole minime delle Nazioni Unite concernente l’ammini-strazione della giustizia per i minorenni.

Si amme�e oggigiorno che la separazione fra le diverse ca-tegorie dei detenuti prevista dalla Regola 18.8 non debba essere sempre compresa in modo rigoroso. Questo tipo di separazione, tu�avia, è stato introdo�o per proteggere i detenuti potenzial-mente più deboli, vulnerabili a certi tipi di maltra�amento. La

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Regola 18.9 perme�e di derogare all’esigenza di separazione, ma solo quando i detenuti vi acconsentono. Tale deroga, inoltre, deve iscriversi in una politica delle autorità penitenziarie che vada nel-l’interesse dei detenuti; non può essere considerata un mezzo per risolvere un problema pratico come quello del sovraffollamento.

La regola 18.10 che prevede che siano utilizzate le misure per la sicurezza meno restri�ive possibili e compatibili con il rischio che gli interessati evadano, si feriscano o feriscano altre persone, perme�e altresì di tenere conto della protezione della società nel momento della decisione relativa all’assegnazione dei locali di detenzione.

Igiene

Regola 19

La Regola 19 me�e l’accento sulla pulizia dei locali e sul-l’igiene personale dei detenuti. L’importanza dell’igiene negli istituti penitenziari è stata so�olineata dalla Corte europea dei diri�i dell’uomo la cui giurisprudenza indica che la mancanza di igiene e le condizioni di insalubrità, spesso associate al sovraf-follamento penitenziario, possono essere considerate come una forma di tra�amento degradante (vedi le decisioni rese nei casi Kalashnikov c. Russia (richiesta n° 47095/99 – 15/07/2002) , Peers c. Grecia (richiesta n° 28524/95 – 19/04/2001) ; e Dougoz c. Grecia (richiesta n° 40907/98 – 06/03/2001)). D’altro canto, il CPT, ha det-to che: “l’accesso, in ogni momento, a servizi sanitari adeguati e il mantenimento di buone condizioni di igiene sono elementi es-senziali di un ambiente umano” (2o Rapporto generale, paragrafo 49, CPT/Inf (92)3).

La pulizia degli istituti penitenziari e l’igiene personale sono dire�amente collegati poiché le autorità penitenziarie devono fornire ai detenuti i mezzi per provvedere alla pulizia della pro-pria persona e del proprio alloggio come previsto dalla Regola 19. E’ importante che le autorità siano responsabili in generale dell’igiene, anche all’interno delle celle dove dormono i detenuti

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e che assicurino la pulizia delle celle al momento dell’ingresso dei detenuti. Allo stesso modo, i detenuti, se sono in grado di farlo, devono badare alla pulizia della loro persona e del loro spazio immediatamente circostante. Benché le Regole non lo menzio-nino esplicitamente come avveniva in passato, la pulizia della persona implica anche la cura della barba per la quale le autorità devono fornire gli strumenti adeguati. Tu�avia la rasatura dei capelli sia come pratica sistematica che come sanzione discipli-nare è inacce�abile poiché si tra�a di una misura fondamental-mente umiliante per i detenuti (vedere caso Yankov c. Bulgaria (richiesta n° 39084/97 - 11/12/2003)).

La considerazione dei bisogni igienici delle donne, menzio-nata alla Regola 19.7, esige, in particolare, di fare in modo che le donne possano avere accesso alle protezioni igieniche e ai mezzi per utilizzarle. Inoltre, devono essere ado�ate misure per per-me�ere alle donne incinte o che alla�ano di fare un bagno o una doccia più di due volte alla se�imana.

In materia di igiene è particolarmente importante garantire l’accesso dei detenuti alle diverse a�rezzature sanitarie quali ba-gni e docce. Le autorità penitenziarie devono quindi provvedere a fornire queste a�rezzature e a garantirne l’accesso ai detenuti.

Abiti e biancheria da le�o

Regola 20

La questione degli abiti e della biancheria da le�o è legata a quella dell’igiene: abiti inadeguati e biancheria da le�o mal con-servata possono contribuire a creare delle condizioni contrarie all’articolo 3 della Convenzione europea sui Diri�i dell’Uomo. Le disposizioni specifiche delle Regole 20 e 21 indicano alle au-torità penitenziarie le misure concrete da prendere per evitare che insorgano tali condizioni. Le norme di pulizia esigono, per esempio, che la biancheria intima sia cambiata e lavata con la fre-quenza imposta dall’igiene.

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Bisogna osservare che la Regola 20 deve essere le�a alla luce della Regola 97, la quale fornisce esplicitamente ai non condanna-ti la possibilità di portare i propri abiti. Le Regole non si pronun-ciano sull’obbligatorietà per i condannati di indossare l’uniforme. Esse non proibiscono questa pratica, ma nemmeno l’incoraggia-no. Tu�avia se i condannati devono indossare un’uniforme, que-sta deve soddisfare i criteri della Regola 20.2.

Questa Regola me�e l’accento sul rispe�o della dignità dei detenuti relativamente agli abiti che ricevono in istituto. Quando viene loro fornita un’uniforme, questa non deve presentare un cara�ere degradante o umiliante; sono quindi proibite le unifor-mi che tendono a conferire un cara�ere umiliante di “galeo�o”. Il rispe�o della dignità del detenuto esige inoltre che i detenuti che hanno la possibilità di uscire dall’istituto non siano costre�i ad indossare abiti che li identifichino come tali. E’ importante fornire loro abiti adeguati quando devono comparire davanti ad un tribunale.

La disposizione della Regola 20.3 secondo cui gli abiti devono essere conservati in buono stato implica la necessità di ado�are le misure necessarie affinché i detenuti possano lavare ed asciugare i loro vestiti.

Regola 21

La Regola 21 non necessita di spiegazioni. I le�i e la bianche-ria da le�o sono molto importanti per i detenuti dal punto di vista pratico. In questa Regola, per biancheria da le�o si deve intende-re tu�o l’equipaggiamento standard di un le�o (rete, materasso e coperta) per ogni detenuto.

Regime alimentare

Regola 22

Una funzione essenziale delle autorità penitenziarie è quelle di fare in modo che i detenuti ricevano un’alimentazione suffi-

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ciente. La modifica del titolo di questa Regola (“Regime alimen-tare” invece di “Alimentazione”) tende a so�olineare questo fa�o. Delle soluzioni per perme�ere al detenuto di preparare in-dividualmente la propria alimentazione non sono proibite dalla Regola, ma in tali circostanze, bisogna verificare che il detenuto consumi tre pasti al giorno. In certi Stati, le autorità penitenziarie perme�ono ai detenuti di preparare i propri pasti, poiché ciò dà loro un’idea degli aspe�i positivi della vita comunitaria. In questi casi, le autorità penitenziarie devono me�ere a disposizione dei detenuti le a�rezzature adeguate e una quantità di cibo sufficien-te per soddisfare i loro bisogni alimentari.

La Regola 22.2 obbliga in modo specifico le autorità nazionali ad iscrivere i criteri di qualità del regime alimentare nel diri�o interno. Questi criteri devono tener conto dei bisogni alimenta-ri delle diverse categorie di detenuti. Una volta stabilite queste norme specifiche, i sistemi di ispezione interni come pure gli organismi nazionali ed internazionali di controllo disporranno di una base che perme�e loro di stabilire se i bisogni alimentari dei detenuti sono soddisfa�i conformemente alla legge.

Assistenza legale

Regola 23

Questa regola concerne il diri�o per ogni detenuto di bene-ficiare di un’assistenza legale. Essa si basa sul principio 18 del-l’Insieme dei principi delle Nazioni Unite per la tutela di tu�e le persone so�oposte ad una qualsiasi forma di detenzione, e non sulle norme penitenziarie internazionali più vecchie che erano orientate sui detenuti in a�esa di giudizio e non riconoscevano esplicitamente il diri�o di tu�i i detenuti di disporre di un’as-sistenza legale. Questa assistenza può essere relativa sia alle questioni penali che civili o ad altri ogge�i quali per esempio la redazione di un testamento. Più precisamente la definizione di “assistenza legale” e la persona abilitata a fornirla possono varia-re leggermente da uno Stato all’altro e sono piu�osto regolamen-tate dal diri�o interno.

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La Regola 23 esplicita il contenuto pratico del diri�o di ogni detenuto ad un’assistenza legale. Chiede alle autorità penitenzia-rie di a�irare l’a�enzione dei detenuti sull’assistenza legale e di aiutarli anche con altri mezzi, per esempio fornendo loro mate-riale per scrivere e affrancando la corrispondenza indirizzata al loro avvocato, se non lo possono fare loro stessi (vedi caso Cotlet c. Romania (richiesta n° 38565/97 – 03/06/2003)). I bisogni partico-lari dei detenuti non condannati per quanto a�iene all’assistenza legale e i mezzi per poterne beneficiare sono precisati dalla Re-gola 98.

Le autorità penitenziarie devono anche facilitare l’accesso all’assistenza legale garantendone la riservatezza. Il diri�o dei detenuti ad un’assistenza legale confidenziale e alla riserva-tezza della corrispondenza con il loro avvocato è ben stabilito ed è stato riconosciuto in una serie di decisioni della Corte eu-ropea del Diri�i dell’Uomo e dalla Commissione europea dei Diri�i dell’Uomo (vedi in particolare i casi Golder c. Regno Unito (richiesta n° 4451/70 – 21/02/1975) e Silver e altri c. Regno Unito (richiesta n° 5947/72, ecc. – 25/03/1983)). Diversi mezzi possono essere utilizzati in pratica per garantire il rispe�o di questo di-ri�o. Le norme penitenziarie prevedono da tempo, per esempio, che i colloqui tra un detenuto e il suo avvocato possano essere sorvegliati a vista ma non ascoltati dal personale penitenziario (vedi Regola 93 dell’Insieme delle regole minime delle Nazioni Unite per il tra�amento dei detenuti). Questo è indubbiamente ancora il miglior mezzo per garantire l’accesso dei detenuti ad un’assistenza legale confidenziale, ma possono anche essere im-maginate altre soluzioni per giungere a questo risultato. Bisogna anche stabilire dei metodi specifici per garantire la riservatezza della corrispondenza giuridica.

Le autorità penitenziarie non possono limitare questa confi-denzialità se non per ragioni imperative, inoltre queste limitazio-ni devono essere regolarmente riesaminate. (vedi Peers c. Grecia, richiesta n° 28524/95, 19/04/2001, par. 84, e A.B. c. Paesi Bassi, ri-

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chiesta n° 37328/97, 29/01/2002, par. 83). Quando eccezionalmen-te e in un caso determinato, un’autorità giudiziaria impone delle limitazioni alla riservatezza delle comunicazioni con i legali, le ragioni di queste restrizioni devono essere precisate e comunicate per iscri�o al detenuto.

La Regola 23.6 mira ad aiutare i detenuti consentendo loro l’accesso ai documenti giuridici che li riguardano. Quando, per ragioni di sicurezza e di ordine interno, non è possibile conserva-re tali documenti nella propria cella, devono essere date disposi-zioni per consentirvi un libero accesso.

Conta�i con l’esterno

Regola 24

La perdita di libertà non deve necessariamente comportare l’assenza di conta�i con il mondo esterno. Al contrario, tu�i i detenuti hanno diri�o a certi conta�i e le autorità penitenziarie devono sforzarsi di creare le condizioni che perme�ano di man-tenere questi conta�i nel modo migliore possibile. Tradizional-mente questi conta�i prendono la forma di le�ere, telefonate e visite, ma le autorità penitenziarie devono essere consapevoli delle nuove possibilità di comunicazione per via ele�ronica offer-te dalla tecnologia moderna. Più queste possibilità si sviluppano, più aumentano anche i mezzi per il loro controllo, cosicché i nuo-vi mezzi di comunicazione ele�ronica possono essere utilizzati con modalità che non minacciano la sicurezza e l’ordine interno. I conta�i con l’esterno sono indispensabili per lo�are contro gli effe�i potenzialmente nefasti della detenzione (vedi anche i paragrafi 22 e 23 della Raccomandazione (2003) 23 riguardante la gestione da parte delle autorità penitenziarie dei condannati a vita e di altri condannati a lunghe pene). La Regola 99 indica chiaramente che anche i detenuti non condannati devono benefi-ciare dei conta�i con il mondo esterno, e che eventuali restrizioni a tali conta�i devono essere molto limitate.

Il termine “famiglia” dovrebbe essere inteso in senso lato in

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modo da inglobarvi la relazione che il detenuto ha stabilito con una persona che può essere comparata a quella con i membri della sua famiglia quand’anche la relazione non sia stata forma-lizzata.

L’articolo 8 della Convenzione Europea sui Diri�i Umani riconosce il diri�o di ogni individuo al rispe�o della sua vita privata e familiare e della sua corrispondenza e la Regola 24 può esser le�a come il conferimento alle autorità penitenziarie della responsabilità di garantire il rispe�o di questi diri�i nelle con-dizioni eminentemente restri�ive dell’istituto penitenziario. La Regola riguarda anche le visite che costituiscono una forma di conta�o particolarmente importante.

In conformità con i limiti definiti dall’articolo 8.2 della Con-venzione Europea sui Diri�i Umani sull’ingerenza da parte di una autorità pubblica nell’esercizio del diri�o al rispe�o della vita privata e familiare e della corrispondenza, le limitazioni delle comunicazioni devono essere rido�e al minimo. La Regola 24.2, tu�avia, riconosce che tu�i i tipi di conta�i possono essere limitati e sorvegliati per motivi legati al buon ordine e alla sicu-rezza dell’istituto (per una discussione generale di queste nozioni si veda la Parte IV). Può anche essere necessario limitare i conta�i per rispondere alle esigenze dell’indagine penale in corso, per impedire che vengano commessi altri reati e per proteggere le vi�ime di reati. Tu�avia, si impone una prudenza particolare a proposito di tali limitazioni poiché queste ultime esigono di pren-dere delle decisioni su questioni che non competono normalmen-te alle autorità penitenziarie. Pertanto, prima di ogni imposizione di questo tipo dovrebbe essere richiesta una decisione da parte di un tribunale. Anche la sorveglianza deve essere proporzionale alla minaccia che rappresenta una determinata forma di comuni-cazione ed essa non deve essere utilizzata per limitare indire�a-mente i conta�i. Le difficoltà particolari e i ritardi che potrebbe incontrare un detenuto che parla una lingua che non è la sua dovrebbero essere rido�i al minimo.

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Le regole che stabiliscono la possibilità di ricorrere a restri-zioni sono altre�anto importanti : esse devono essere definite chiaramente in conformità della legge, come esige l’articolo 8.2 e non devono essere lasciate alla discrezione delle amministrazioni penitenziarie (vedi la decisione presa dalla Grande Chambre il 6 aprile 2000 nel caso Labita c. Italia (richiesta n° 26772/95 – 06/04/2000). Le restrizioni devono essere le meno intrusive possibili tenuto conto del rischio che ne giustifica l’imposizione. La corri-spondenza, per esempio, può essere controllata per verificare che non contenga cose illegali, ma non deve essere le�a se non esiste una ragione specifica per supporre che il contenuto possa essere illegale. Le visite non devono essere proibite quando esiste un rischio in materia di sicurezza, ma devono essere ogge�o di una sorveglianza accresciuta in proporzione. Inoltre, per giustificare una misura restri�iva dei conta�i, il rischio deve essere dimostra-bile; per esempio, la censura della corrispondenza a tempo inde-terminato non è acce�abile. In pratica, le restrizioni varieranno in funzione del tipo di comunicazione mirata. Le le�ere e, con la moderna tecnologia, le conversazioni telefoniche sono facili da controllare. Le comunicazioni ele�roniche come la posta ele�ro-nica rappresentano ancora un rischio elevato per la sicurezza e il loro accesso deve essere riservato ad una categoria rido�a di de-tenuti. Siccome i rischi per la sicurezza possono evolversi, le Re-gole non contengono delle dire�ive specifiche a tale proposito.

La Regola 24.2 prevede un limite supplementare a questo tipo di restrizioni in modo tale da garantire che anche i detenuti che sono ogge�o di restrizioni siano ugualmente autorizzati a mantenere certi conta�i con il mondo esterno. Sarebbe auspicabi-le che il diri�o interno precisi il numero minimo delle visite, delle le�ere e delle telefonate che, in ogni caso, sono da autorizzare.

La menzione di “una decisione restri�iva specifica presa da un’autorità giudiziaria” nella Regola 24.2 tende a rispondere a si-tuazioni nelle quali è necessario imporre delle restrizioni supple-mentari a persone in custodia cautelare in relazione alle necessità legate al buon svolgimento delle indagini. Tu�avia, anche questi

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detenuti non devono essere so�oposti ad un isolamento totale.

Certe forme di comunicazione non possono essere proibite in nessun caso. La CEDU si è opposta esplicitamente ai tentativi di limitare la corrispondenza dei detenuti con le istituzioni europee dei diri�i dell’uomo (vedi, ad esempio, il caso Campbell c. Regno Unito (richiesta n° 13590/88 – 25/03/1992)) e la Regola 24.3 preci-sa che il diri�o interno deve autorizzare questo tipo di conta�o, come pure i conta�i con il mediatore nazionale e i tribunali na-zionali.

La Regola 24.4 so�olinea la particolare importanza delle visi-te non solo per i detenuti, ma anche per le loro famiglie. Quando è possibile, devono essere autorizzate delle visite familiari di lun-ga durata (per esempio 72 ore come viene praticato in numerosi Paesi dell’Europa dell’Est). Queste visite prolungate perme�ono ai detenuti di avere relazioni intime con i loro partner. Le “visite coniugali” più brevi, autorizzate a tale fine, possono avere un ef-fe�o umiliante per entrambi i partner.

La Regola 24.5 obbliga in modo positivo le autorità peniten-ziarie ad aiutare i detenuti a mantenere i conta�i con il mondo esterno. Le autorità penitenziarie devono, in particolare, auto-rizzare i detenuti ad uscire dall’istituto per ragioni umanitarie, come prevede la Regola 24.7. La Corte europea dei Diri�i del-l’Uomo ha dichiarato che, quando non esiste alcun pericolo di fuga, un detenuto deve essere autorizzato ad uscire dall’istituto per assistere ai funerali di un parente prossimo (vedi caso Ploski c. Polonia (richiesta n° 26761/95 – 12 novembre 2002)). Le ragioni familiari (come per esempio la nascita di un figlio) sono conside-rate ragioni umanitarie che giustificano l’uscita dall’istituto di un detenuto.

Le Regole 24.6, 24.8 e 24.9 tendono a garantire che i detenuti ricevano le informazioni importanti riguardanti i membri delle loro famiglie e che le informazioni importanti che li riguardano siano trasmesse alle persone interessate all’esterno dell’istituto. E’

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opportuno aiutare i detenuti a trasme�ere tali informazioni. La Regola si sforza di mantenere un equilibrio tra il riconoscimento del diri�o dei detenuti di informare su determinati eventi le per-sone che contano per loro all’esterno dell’istituto, l’obbligo che compete alle autorità di informare queste persone in alcuni casi e la considerazione del diri�o dei detenuti di non comunicare al-cune informazioni che li riguardano, se questo è il loro desiderio. Nel caso di detenuti che si presentano volontariamente in istituto, non è necessario che le autorità informino le loro famiglie dell’in-gresso in istituto.

La Regola 24.10 riguarda un aspe�o particolare dei conta�i

con il mondo esterno, cioè il diri�o di informarsi che costituisce un elemento del diri�o alla libera espressione, garantito dall’arti-colo 10 della Convenzione.

La Regola 24.11 rappresenta una novità nelle Regole peni-tenziarie europee; essa tende ad assicurarsi che le autorità peni-tenziarie rispe�ino il crescente riconoscimento accordato dalla CEDU al diri�o dei detenuti di partecipare alle elezioni (vedi caso Hirst (2) c. Regno-Unito (2), richiesta 74025/01, decisione del 30 marzo 2004). Anche in questo caso, le autorità penitenziarie possono e devono facilitare l’esercizio del diri�o di voto ed evita-re di porre ostacoli alla partecipazione dei detenuti alle elezioni (vedi caso Iwanzcuk c. Polonia – richiesta n° 25196/94 – 15/11/2001). Questa Regola si basa su una vecchia risoluzione, la Risoluzione (62) 2 relativa ai diri�i ele�orali, civili e sociali dei detenuti, il cui capitolo B stipula quanto segue: quando la legislazione prevede la possibilità per un ele�ore di votare senza dover recarsi di persona al seggio ele�orale, i detenuti devono essere autorizzati ad avvalersi di tale prerogativa, a meno che siano stati privati esplicitamente del diri�o di voto dalla legislazione interna o da una decisione del tribunale (paragrafo 5); i detenuti autorizzati a votare devono avere la possibilità di informarsi della situazione ai fini dell’esercizio del loro diri�o (paragrafo 6).

La Regola 24.12 si sforza di definire una posizione di equili-brio a proposito di un aspe�o molto controverso della comunica-

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zione dei detenuti. Benché la libertà d’espressione sia la norma, le autorità pubbliche sono autorizzate a limitare questa libertà ai sensi dell’articolo 10.2 della Convenzione. L’utilizzo dell’espres-sione “interesse pubblico” perme�e di proibire questo tipo di co-municazione per ragioni diverse da quelle relative alla sicurezza e all’ordine interno. Le restrizioni in questo ambito possono avere in particolare lo scopo di proteggere l’integrità delle vi�ime, di altri detenuti o dei membri del personale penitenziario. Ciò non-dimeno, l’”interesse pubblico” deve essere interpretato in modo restri�ivo al fine di non impedire completamente i conta�i dei detenuti con i mezzi di comunicazione, autorizzati da questa Regola.

Regime di detenzione

Regola 25

La Regola 25 so�olinea il fa�o che le autorità penitenziarie non devono concentrare la loro a�enzione unicamente su certe regole specifiche come quelle sul lavoro, l’istruzione e l’esercizio fisico, ma devono esaminare l’insieme del regime di detenzione di ogni detenuto e fare in modo che questo sia conforme alle nor-me fondamentali di rispe�o della dignità umana. Queste a�ività non dovrebbero estendersi oltre una normale giornata di lavoro. Non è acce�abile, per esempio, che i detenuti passino 23 ore su 24 in cella. Il CPT ha indicato che i detenuti devono essere occupati in a�ività diverse, all’esterno della cella, per almeno 8 ore al gior-no (vedi 2e Rapporto generale CPT, paragrafo 47, CPT/Inf (92)).

Dovrebbe essere posta particolare a�enzione a fare in modo che i detenuti che non lavorano, come coloro che hanno raggiun-to l’età della pensione, siano mantenuti a�ivi con altri mezzi.

Questa regola fa anche esplicito riferimento ai bisogni sociali dei detenuti, e incoraggia quindi le autorità penitenziarie a verifi-care che i molteplici bisogni sociali dei detenuti siano soddisfa�i, sia da parte dell’amministrazione penitenziaria, sia da parte di al-tri organismi sociali che dipendono da altri se�ori della pubblica

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amministrazione. La regola si riferisce in particolare alla necessi-tà di offrire un sostegno ai detenuti, uomini e donne, vi�ime di abusi fisici, psicologici o sessuali.

È opportuno notare anche che la Regola 101 autorizza i dete-nuti non condannati a richiedere di seguire il regime dei detenuti condannati.

Lavoro

Regola 26

Bisogna ricordare che il lavoro dei detenuti non condannati è tra�ato dalla Regola 100 e che il lavoro dei condannati è tra�ato dalla Regola 105. L’introduzione della Regola 26 nella sezione ge-nerale costituisce una novità molto importante rispe�o alle nor-me precedenti poiché il lavoro era un tempo ritenuto accessibile solo per i condannati (per i quali era obbligatorio). A�ualmente è ampiamente riconosciuto che anche i detenuti imputati hanno il diri�o di lavorare. Le disposizioni contenute in questa Regola si applicano a tu�i i tipi di lavoro effe�uati dai detenuti, siano essi detenuti imputati che scelgono di lavorare o condannati even-tualmente obbligati a lavorare.

La Regola 26.1 so�olinea nuovamente che il lavoro svolto da un detenuto non deve in nessun caso costituire una punizione. Questa disposizione tende a lo�are contro gli evidenti rischi di abuso in questo campo. Al contrario, deve essere messo in evi-denza l’aspe�o positivo del lavoro. Il lavoro offerto ai detenuti deve essere conforme alle norme e alle tecniche di lavoro contem-poranee e basarsi su modi di gestione e di processi di produzione moderni. E’ altre�anto importante, come indicato in generale dalla Regola 26.4, che le donne possano avere accesso a diversi tipi di lavoro e non solo a quelli tradizionalmente considerati come “femminili”. Il lavoro deve avere una funzione generale di sviluppo per tu�i i detenuti; anche l’esigenza che il lavoro sia, per quanto possibile, tale da aumentare la capacità dei detenuti di guadagnarsi da vivere va in questa direzione.

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Il principio di normalizzazione che deriva dalla Regola 5 so�ende il de�aglio delle disposizioni relative al lavoro conte-nute nella Regola 26. Per esempio, le misure applicate in materia di igiene e di sicurezza, gli orari di lavoro e anche l’iscrizione ai sistemi nazionali di sicurezza sociale devono essere allineate a quelle di cui beneficiano i lavoratori all’esterno dell’istituto. Que-sto approccio è conforme a quello ado�ato dal Comitato dei Mi-nistri nella Raccomandazione (75) 25 sul lavoro dei detenuti. Un identico approccio deve determinare il livello di remunerazione dei detenuti. I detenuti impiegati da una di�a privata devono obbligatoriamente ricevere “un salario normale completo”, ma idealmente tu�i i detenuti dovrebbero ricevere una remunerazio-ne uguale ai salari praticati nell’insieme della società.

La Regola 26 contiene inoltre delle disposizioni per impedire lo sfru�amento del lavoro dei detenuti. La Regola 26.8, in partico-lare, ha lo scopo di garantire che motivi di ordine finanziario non inducano ad ignorare il ruolo positivo del lavoro per migliorare la formazione dei detenuti e normalizzare la loro vita in istituto.

La Regola 26.17 precisa che, se il lavoro può occupare buona parte del tempo dei detenuti, non deve tu�avia impedire loro di praticare altre a�ività. Viene fa�o esplicito riferimento al-l’istruzione, ma i conta�i con partner esterni quali, per esempio, organismi di azione sociale, possono costituire una componente essenziale del regime di un detenuto.

Esercizio fisico e a�ività ricreative

Regola 27

La collocazione della Regola 27 tende a so�olineare la neces-sità dell’esercizio fisico e delle a�ività ricreative (che non devono tu�avia essere obbligatori) per tu�i i detenuti. A tu�i i detenuti, e non solamente nel contesto di programmi di tra�amento e di formazione per i condannati, devono essere offerte delle possi-bilità di esercizio fisico e di a�ività ricreative, a�ività che però non devono essere obbligatorie. Ciò è in linea con l’Insieme delle

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regole minime delle Nazioni Unite per il tra�amento dei detenuti che nella parte generale, alla Regola 24, si occupa di esercizio fisi-co e sport. L’importanza dell’esercizio fisico per tu�i i detenuti è so�olineata dal CPT nel suo 2o Rapporto generale (CPT/Inf (92)3, paragrafo 47). Un’ora al giorno di esercizio fisico è il minimo che deve essere concesso senza eccezioni a tu�i i detenuti che non fanno abbastanza esercizio durante il loro lavoro. Bisogna pre-vedere delle a�rezzature sufficienti destinate all’esercizio fisico all’aperto affinché i detenuti possano esercitarsi fisicamente in maniera completa.

Le possibilità di esercizio fisico devono essere completate

dall’offerta di a�ività ricreative tendenti a rendere la vita all’in-terno dell’istituto il più possibile normale. L’organizzazione di a�ività sportive e ricreative é il mezzo ideale per far partecipare i detenuti ad un aspe�o importante della vita in istituto e per aiutarli a sviluppare le loro a�itudini sociali e interpersonali. Possono anche fornire ai detenuti l’occasione di esercitare il loro diri�o di associazione. Tale diri�o, tutelato dall’articolo 11 della Convenzione, anche se so�oposto a grandi restrizioni legate al mantenimento dell’ordine (vedi anche il commento alla Regola 52.3 nella Parte IV), non è completamente abolito nel contesto penitenziario.

La regola 27.5 riguarda i detenuti che hanno bisogno di un’at-tività fisica di natura particolare: ad esempio un detenuto infortu-nato potrebbe avere bisogno di compiere esercizi complementari di riabilitazione muscolare.

Istruzione

Regola 28

Queste Regola contiene le disposizioni generali per l’istru-zione di tu�i i detenuti. Disposizioni complementari relative all’istruzione dei condannati figurano alla Regola 106. Le autorità penitenziarie devono porre un’a�enzione particolare all’istru-zione dei giovani detenuti e a coloro che presentano bisogni

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educativi speciali, come i detenuti di origine straniera, le persone handicappate, ecc. Ciò è conforme alla Raccomandazione R(89)12 del Comitato dei Ministri sull’istruzione in carcere, che indica in maniera specifica i bisogni educativi di tu�i i detenuti. La Regola so�olinea la necessità per le autorità penitenziarie di rispondere ai bisogni dei detenuti che presentano problemi particolari in ma-teria di istruzione e di integrare l’istruzione dei detenuti nel siste-ma della pubblica istruzione. D’altro canto, quando un detenuto o�iene una qualifica formale durante la detenzione, è importante che l’a�estato non menzioni il luogo dove è stato o�enuto.

La biblioteca dovrebbe essere considerata come una stru�ura aperta a tu�i i detenuti e come un’a�ività ricreativa importante. Essa svolge inoltre un ruolo importante relativamente all’educa-zione dei detenuti e dovrebbe essere convenientemente fornita, offrendo libri nelle diverse lingue le�e dai detenuti. La biblioteca dovrebbe anche perme�ere ai detenuti di consultare testi giuri-dici e, in particolare, le Regole penitenziarie europee e altri stru-menti simili, oltre ai diversi regolamenti che si applicano alla vita in istituto. Altri materiali potranno essere conservati in biblioteca in forma ele�ronica.

Libertà di pensiero, di coscienza e di religione

Regola 29

Le regole penitenziarie hanno fino ad oggi considerato il po-sto della religione negli istituti penitenziari come non problema-tico e si sono limitate a formulare raccomandazioni positive sui mezzi migliori per organizzare la vita religiosa nell’istituto peni-tenziario. Tu�avia, l’aumento in certi paesi del numero di detenu-ti animati da forti convinzioni religiose impone l’adozione di un approccio più solido nei principi, nonché di esigenze positive.

La Regola 29.1 tende a garantire il riconoscimento della liber-tà di religione e della libertà di pensiero e di coscienza, come pre-visto dall’articolo 9 della Convenzione europea dei diri�i umani.

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La Regola 29.2 aggiunge l’obbligo positivo per le autorità penitenziarie di facilitare la pratica religiosa e il rispe�o delle credenze dei detenuti. A tale proposito potranno essere ado�ate diverse misure. La Regola 22 prevede già che nei regimi alimen-tari dei detenuti, siano prese in considerazione le esigenze legate a convinzioni religiose. Per quanto possibile, in ogni istituto devono essere predisposti dei luoghi di culto e di riunione per le diverse religioni e confessioni. Quando in un istituto vi è un numero sufficiente di detenuti appartenenti ad una stessa religio-ne, deve essere designato un rappresentante qualificato di questa religione. Se il numero dei detenuti lo giustifica e le condizioni lo perme�ono, la persona designata deve svolgere la sua missione a tempo pieno. Il rappresentante qualificato deve essere autoriz-zato a svolgere servizi religiosi regolari, ad organizzare a�ività e ad avere colloqui privati con i detenuti che appartengono alla sua religione. A nessun detenuto può essere rifiutato il conta�o con il rappresentante designato di una religione, qualunque essa sia.

La Regola 29.3 tende a proteggere i detenuti da ogni possibile pressione in materia di religione. Queste questioni sono affronta-te nella sezione generale per so�olineare che la pratica religiosa non deve essere concepita principalmente come un aspe�o del programma di detenzione, ma come una questione di interesse generale che riguarda tu�i i detenuti.

Informazione

Regola 30

Questa Regola pone l’accento sull’importanza di informare i detenuti dei loro diri�i e dei loro obblighi in una lingua a loro comprensibile. Devono essere presi accorgimenti per fare in modo che essi rimangano corre�amente informati. I detenuti non si interessano solamente delle loro condizioni materiali e formali di detenzione, ma anche degli sviluppi del procedimento penale che li riguardano e, se sono stati condannati, del tempo che devo-no ancora trascorre in reclusione e della possibilità di beneficiare di una liberazione anticipata. Per questa ragione, è importante

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che l’amministrazione penitenziaria, su questi aspe�i, predispon-ga un fascicolo accessibile ai detenuti. Per perme�ere alle fami-glie di comprendere meglio il tra�amento riservato ai detenuti, anche esse devono poter aver accesso alla regolamentazione sulle condizioni di detenzione dei loro congiunti.

Ogge�i di proprietà dei detenuti

Regola 31

La protezione degli ogge�i di proprietà dei detenuti (soldi, ogge�i di valore e altri effe�i) può essere nella pratica fonte di problemi a causa dei rischi di furto. La Regola 31 definisce nel de�aglio le procedure da seguire al momento dell’ingresso in istituto per prevenire questi rischi. Tali procedure perme�ono anche di tutelare il personale penitenziario da accuse riguardanti la so�razione di beni appartenenti ai detenuti. Questa Regola prevede anche che i detenuti, a certe condizioni restri�ive, pos-sano comperare o procurarsi dei beni che potrebbero essere loro necessari in istituto. Per alimenti e bibite, si veda anche la Regola 22 che dispone l’obbligo per le autorità di fornire un’alimentazio-ne soddisfacente.

Trasferimento dei detenuti

Regola 32

I detenuti sono particolarmente vulnerabili durante i traspor-ti all’esterno dell’istituto penitenziario. Di conseguenza, la Regola 32 ha lo scopo di fornire alcune tutele. La Regola 32.3 è special-mente concepita per impedire le pratiche volte a far sostenere ai detenuti le spese di trasporto. Indica anche che le autorità pubbli-che rimangono responsabili dei detenuti durante il trasporto. Ec-cezioni possono essere previste nel caso in cui i detenuti scelgono di partecipare a delle azioni civili.

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Liberazione dei detenuti

Regola 33

Questa Regola riconosce che la liberazione dei detenuti non riguarda unicamente i condannati. E’ importante che coloro che non possono più essere legalmente detenuti siano immediata-mente scarcerati (vedi caso Quinn c. Francia (richiesta n° 18580/91 – 22/03/1995)). Le diverse misure da ado�are ai sensi della Regola 33 sono volte a garantire che tu�i i detenuti, compresi gli imputa-ti, beneficino di un aiuto in vista del loro ritorno in società.

Donne

Regola 34

Questa Regola è una nuova disposizione volta a tenere con-to del fa�o che le detenute, in quanto minoranza all’interno del sistema penitenziario, possono essere facilmente ogge�o di di-scriminazione. Tende ad andare oltre la proibizione della discri-minazione negativa e a sensibilizzare le autorità sulla necessità di ado�are delle misure positive a tale proposito. Tali misure positive devono riconoscere, per esempio, che le detenute, quale minoranza all’interno degli istituti penitenziari, possono essere facilmente ogge�o di discriminazione a causa del loro isolamen-to. Devono quindi essere elaborate delle strategie per rimediare a questo stato di isolamento. Parimenti, la Regola 26.4 secondo la quale non deve essere fa�a nessuna discriminazione in base al sesso del detenuto, indipendentemente dal tipo di lavoro, deve essere completata da iniziative positive per garantire alle donne di non essere più, nella pratica, vi�ime di questa discriminazione che consiste nell’alloggiarle in piccole sezioni che propongono meno possibilità di lavoro oppure lavori meno interessanti.

La necessità per le detenute di accedere a certi servizi speciali è enunciata in termini generali per perme�ere di tener conto dello sviluppo creativo di una serie di misure positive. Tu�avia, come riconosce la Regola 34.2, un aspe�o non è tra�ato. Le detenute

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in particolare sono susce�ibili di essere state vi�ime di abusi fisici, psicologici o sessuali prima del loro ingresso in istituto; a tale proposito, i loro bisogni specifici sono messi in evidenza e si aggiungono all’a�enzione particolare che deve essere riservata all’insieme delle detenute in virtù della Regola 25.4. La Regola 30.b della Raccomandazione (2003)23 riguardante la gestione da parte delle autorità penitenziarie dei condannati a vita e di altri condannati a pene di lunga durata, me�e in evidenza, in modo analogo, i bisogni delle donne a questo proposito.

Occorrere riconoscere che i bisogni particolari delle donne riguardano aspe�i molto diversi e non devono essere considerati essenzialmente di ordine medico. Per questa ragione le disposi-zioni relative al parto e alle facilitazioni per i genitori che tengono i loro bambini con sé in istituto sono state ritirate dal campo me-dico ed inserite in questa Regola e nella successiva.

Quando una donna è trasferita in un istituto non penitenzia-rio, deve essere tra�ata con dignità. Per esempio è inacce�abile che una donna partorisca incatenata al le�o o a un altro mobile.

Minorenni

Regola 35

Questa Regola tende, in primo luogo, a mantenere i minori all’esterno degli istituti penitenziari, che sono stru�ure di deten-zione per adulti. Come previsto all’articolo 1 della Convenzione delle Nazioni Unite relativa ai diri�i del bambino, é definito mi-nore ogni persona so�o i 18 anni.

Le Regole penitenziarie europee, nella loro concezione gene-rale, riguardano essenzialmente le condizioni di detenzione per gli adulti. Tu�avia, le Regole si applicano ai minori collocati in custodia cautelare o condannati ad una pena detentiva in un’isti-tuzione, qualunque essa sia. Di conseguenza, le Regole tutelano i minori detenuti. Ciò é importante poiché i minori continuano ed essere detenuti in istituti penitenziari “ordinari”, benché questa

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pratica sia ampiamente considerata inacce�abile. Inoltre, queste Regole, ancorché indirizzate agli adulti, possono fornire utili in-dicazioni generali sulle norme minime che si devono applicare anche ai minori detenuti in altri istituti.

Poiché i minorenni costituiscono una categoria molto vulne-rabile, le autorità penitenziarie devono garantire un regime di detenzione in conformità con i pertinenti principi enunciati nella Convenzione della Nazioni Unite sui diri�i del bambino e nella Raccomandazione (87) 20 sulle reazioni sociali alla delinquenza giovanile, badando in particolare:

- a proteggerli da ogni forma di minaccia, violenza o abusosessuale ;- ad offrire loro un’educazione ed una formazione appropriate ;- ad aiutarli a mantenere i conta�i con la famiglia ;- ad offrire loro un sostegno ed un accompagnamento in materia di sviluppo emotivo ; e- a proporre loro adeguate a�ività sportive e di svago.

Queste disposizioni che figurano al paragrafo 32 della Rac-comandazione Rac(2003)23 riguardante la gestione da parte delle autorità penitenziarie dei condannati a vita e di altri condannati a pene di lunga durata, dovrebbero essere applicate a tu�i i mi-nori.

Le misure particolari di protezione di questi minori devono basarsi sugli strumenti specialistici quali l’Insieme delle regole minime delle Nazioni Unite concernenti l’amministrazione della giustizia per i minorenni privati di libertà (de�e “Regole della Avana”, ado�ate il 14 dicembre 1990, in virtù della Risoluzione 45/113 dell’Assemblea generale). Si fa indire�amente riferimento a queste norme nella Regola 35.3.

La Regola 35.4 prevede il principio generale secondo il qua-le i minori non devono essere detenuti negli stessi luoghi degli adulti. Prevede un’eccezione nell’interesse del minore. Tu�avia,

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in pratica, normalmente sarà nell’interesse del minore essere de-tenuto separatamente; nei rari esempi in cui ciò non é il caso, ad esempio quando ci sono pochi minori nel sistema penitenziario, dovrebbero essere prese delle precauzioni affinché il minore non corra il rischio di abusi da parte dei detenuti adulti (tali precau-zioni sono più ampiamente de�agliate nell’Insieme delle Regole minime delle Nazioni Unite per la tutela dei minori privati della libertà (Regola 29) e nel 12° Rapporto generale del CPT (CPT/Inf(99)12, paragrafo 25).

Bambini in tenera età

Regola 36

La questione relativa al fa�o se i bambini in tenera età deb-bano essere autorizzati a restare in istituto con uno dei genitori, e se sì, per quanto tempo, è fortemente controversa. Idealmente, le madri di bambini in tenera età non dovrebbero essere recluse, e ciò non è sempre possibile. La soluzione qui ado�ata è di so�oli-neare che la decisione deve essere determinata dall’interesse del bambino in tenera età. Tu�avia l’autorità parentale della madre, se non le è stata tolta, deve essere riconosciuta al pari del quella del padre. Si deve so�olineare che allorché dei bambini in tenera età sono in istituto, essi non devono essere considerati come dei detenuti. Essi conservano tu�i i diri�i dei bambini in tenera età che vivono nella società libera. La Regola non definisce nessun limite superiore per quanto a�iene all’età a partire dalla quale il bambino in tenera età debba essere separato dal suo genitore de-tenuto. A tale proposito esistono importanti differenze culturali. Inoltre, i bisogni di ogni bambino in tenera età sono estremamen-te variabili e l’interesse del bambino può de�are che questo conti-nui a vivere con il suo genitore in istituto oltre il limite normale.

Ci�adini stranieri

Regola 37

L’introduzione di una Regola distinta per i detenuti stranieri

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rifle�e la crescente importanza delle questioni relative agli stra-nieri negli istituti penitenziari europei. Questa Regola si applica a tu�i i detenuti stranieri, condannati o meno. Segue da vicino la Regola 38 dell’Insieme delle Regole minime delle Nazioni Unite per il tra�amento dei detenuti ed è conforme alla Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari. Il principio essenziale sul quale si basa questa Regola è che i ci�adini stranieri possono avere bisogno di un aiuto particolare quando uno Stato diverso dal loro prende la decisione di mantenerli in detenzione. Tale aiuto deve essere fornito loro dai rappresentanti del proprio paese. Il personale penitenziario dovrebbe anche ricordare che i detenuti stranieri possono beneficiare di un rimpatrio in virtù della Con-venzione sul trasferimento dei condannati, o in applicazione di accordi bilaterali e che devono informare questi detenuti di tale possibilità. (Vedi il paragrafo 25 della Raccomandazione Rac (2003)23 riguardante la gestione da parte delle amministrazioni penitenziarie dei condannati a vita e altri condannati a pene di lunga durata).

La Regola 37.3 ricorda che i detenuti stranieri possono avere bisogni particolari. In alcuni Paesi, i detenuti possono ricevere la visita di rappresentanti di organizzazioni incaricate del benessere dei detenuti stranieri. Nella Raccomandazione (84)12 riguardante i detenuti stranieri, sono date precisazioni sul modo per rispon-dere ai bisogni di questi detenuti.

Minoranze etniche e linguistiche

Regola 38

In ragione della crescente diversificazione della popolazione penitenziaria in Europa, è necessario introdurre una nuova Re-gola per garantire la presa in carico specifica dei bisogni delle minoranze etniche e linguistiche. La Regola 38 enuncia questa idea in termini generali. Il personale penitenziario deve essere sensibilizzato alle pratiche culturali dei diversi gruppi per evitare i rischi di malintesi.

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Parte III

Sanità

Cure sanitarie

Regola 39

Questa è una Regola nuova e si basa sull’articolo 12 del Pa�o internazionale sui diri�i economici, sociali e culturali che stabili-sce “il diri�o di ogni persona a godere del miglior stato di salute fisica e mentale che sia capace di raggiungere.” Parallelamente a questo diri�o fondamentale che si applica a tu�e le persone, i detenuti dispongono di una tutela supplementare in ragione del loro status. Quando un paese priva una persona della sua libertà, si assume la responsabilità di occuparsi della sua salute in riferi-mento alle condizioni di detenzione e del tra�amento individua-le che può rendersi necessario in relazione a tali condizioni. Le amministrazioni penitenziarie hanno la responsabilità non solo di assicurare un effe�ivo accesso dei detenuti alle cure mediche, ma anche di creare le condizioni che favoriscano il benessere dei detenuti e del personale penitenziario. I detenuti non dovrebbero uscire dall’istituto penitenziario in condizioni di salute peggiori di quelle in cui si trovavano al momento dell’ingresso in istituto. Ciò si applica a tu�i gli aspe�i della vita penitenziaria, in partico-lare alle cure mediche.

Questo principio è rafforzato dalla Raccomandazione (98)7 del Comitato dei Ministri agli Stati membri relativa agli aspe�i etici ed organizzativi delle cure in ambito penitenziario, come pure dal CPT, segnatamente nel suo 3o Rapporto generale (CPT/Inf (93)12). A tu�o ciò si aggiunge un insieme giuridico sempre più importante prodo�o dalla CEDU che conferma che è compito degli Stati proteggere la salute delle persone che hanno in custo-dia.

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Organizzazione delle cure in ambito penitenziario

Regola 40

L’applicazione più efficace della Regola 40 sarebbe che le autorità sanitarie nazionali fossero anche responsabili delle cure dispensate negli istituti penitenziari, come avviene in molti paesi europei. Quando ciò non avviene, allora bisognerebbe stabilire la relazione più stre�a possibile tra chi si occupa delle cure all’in-terno dell’istituto ed i servizi sanitari esterni. Non si tra�a solo di garantire la continuità delle cure, ma anche di me�ere i dete-nuti ed il personale nella situazione di beneficiare della costante evoluzione in materia di tra�amento, di norme professionali e di formazione.

La Raccomandazione (98)7 del Comitato dei Ministri prevede che “la politica sanitaria in ambito penitenziario dovrebbe essere integrata alla politica sanitaria nazionale ed essere compatibile con questa”. Oltre al fa�o che è nell’interesse dei detenuti, ciò concerne anche la salute della popolazione in generale, in parti-colare riguardo alla politica relativa alle mala�ie infe�ive suscet-tibili di propagarsi dagli istituti penitenziari verso la comunità esterna.

Il diri�o dei detenuti di accedere liberamente ai servizi sani-tari disponibili nel paese è confermato dal Principio 9 dei Principi fondamentali delle Nazioni Unite per il tra�amento dei detenuti. Il 3o Rapporto generale del CPT riserva la stessa grande impor-tanza al diri�o dei detenuti a cure sanitarie equivalenti. E’ altret-tanto importante che i detenuti possano beneficiare gratuitamen-te delle cure sanitarie (Principio 24 dell’insieme dei Principi delle Nazioni Unite per la protezione di tu�e le persone so�oposte ad una qualsiasi forma di detenzione). Parecchi paesi incontrano im-portanti difficoltà nel dispensare cure sanitarie di qualità a tu�a la popolazione. Tu�avia, qualunque siano le circostanze, i dete-nuti hanno il diri�o di beneficiare dei migliori dispositivi di cure sanitarie in modo gratuito. Il CPT ha precisato che anche in perio-di di gravi difficoltà economiche, niente può sollevare uno Stato

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dalla sua responsabilità di fornire i prodo�i di prima necessità ai detenuti, so�olineando che tali prodo�i di prima necessità inclu-dono forniture mediche sufficienti ed adeguate. (Cfr. per esempio il Rapporto sulla Repubblica di Moldova [CPT/Inf (2002) 11]).

Secondo queste Regole, niente impedisce ad uno Stato di per-me�ere ai detenuti di consultare il proprio medico, a loro spese.

Personale medico e curante

Regola 41

Questa Regola riguarda l’esigenza fondamentale di assicu-rare ai detenuti un effe�ivo accesso alle cure mediche ogni volta che ciò è necessario; ciò implica che venga nominato un medico in ogni istituto penitenziario, che disponga di tu�e le competenze richieste. Nei grandi istituti dovrebbe essere assunto un numero sufficiente di medici a tempo pieno; in ogni caso dovrebbe sem-pre essere possibile disporre dei servizi di un medico per i casi di urgenza. Questa esigenza è confermata dalla Raccomandazione (98) 7 del Comitato dei ministri.

Oltre ai medici, ci dovrebbe essere anche un personale sanita-rio adeguatamente qualificato. In certi paesi dell’Europa dell’Est, anche dei tirocinanti paramedici (a volte chiamati “feldsher”), che riferiscono al medico, possono fornire cure sanitarie. Un altro dei gruppi più importanti è quello degli infermieri professionali. Nel 1998, il Consiglio internazionale degli infermieri ha pubblicato una dichiarazione che stabilisce, tra le altre cose, che le associa-zioni nazionali di infermieri dovrebbero offrire dei pareri, dei consigli e un sostegno confidenziale agli infermieri degli istituti penitenziari. [Il ruolo degli infermieri nelle cure ai detenuti, Con-siglio internazionale degli infermieri, 1998]

Nella loro relazione con i detenuti, i medici dovrebbero ap-plicare gli stessi principi e le stesse norme professionali di quelle applicate nell’esercizio della loro funzione all’esterno dell’istituto. Questo principio è stato confermato dal Consiglio internazionale

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dei servizi di medicina penitenziaria, approvando il Giuramento d’Atene.

“Noi professionisti della sanità che lavoriamo negli istituti peniten-ziari, riuniti ad Atene il 10 se�embre 1979, ci impegniamo, in accordo con lo spirito del giuramento di Ippocrate, a prodigare le migliori cure sanitarie a coloro che sono detenuti qualunque ne sia la ragione, senza pregiudizi e nell’ambito delle nostre rispe�ive etiche professionali”.

Questo è anche imposto dal primo Principio di etica medica delle Nazioni Unite applicabile al ruolo del personale sanitario, in particolare ai medici, nella protezione dei detenuti contro la tortura e altre pene o tra�amenti crudeli, inumani o degradanti.

Doveri del medico

Regola 42

Come stabilito dalla Raccomandazione (98) 7 relativa agli aspe�i etici ed organizzativi delle cure sanitarie in ambito pe-nitenziario, il principio che so�ende il dovere dei medici che esercitano in ambito penitenziario è la prestazione di cure medi-che e di consigli adeguati a tu�e le persone detenute di cui sono clinicamente responsabili. Inoltre, le valutazioni cliniche relative alla salute delle persone detenute dovrebbero essere fondate uni-camente su criteri medici. La Regola 42 precisa che il compito del personale sanitario inizia al momento dell’ingresso in istituto. Vi sono molte ragioni importanti che spiegano perché i detenuti do-vrebbero essere so�oposti ad una visita medica al momento del loro ingresso in istituto. Tale visita deve:

• perme�ere al personale medico di individuare ogni statopatologico preesistente verificando che il tra�amento predisposto sia corre�amente dispensato, • perme�ere di apportare un aiuto adeguato alle personesusce�ibili di soffrire degli effe�i dell’astinenza da droghe,• contribuire ad individuare eventuali tracce di violenzesubite anteriormente all’ingresso in istituto e

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• perme�ere al personale formato a tale scopo di valutare lo stato mentale del detenuto ed offrire un sostegno appropria-to alle persone a rischio di autolesionismo.

Una visita medica potrà essere considerata manifestamente inutile soltanto se non è richiesta dallo stato di salute del detenu-to, né da necessità di salute pubblica.

I de�agli relativi a tu�e le ferite costatate devono essere co-municati alle autorità competenti.

Dopo questo primo esame, il medico dovrebbe visitare tu�i i detenuti ogni qualvolta il loro stato di salute lo richiede. Questo punto è particolarmente importante per i detenuti che soffrono di mala�ie mentali o di disturbi mentali, che devono far fronte ai sintomi di astinenza da droghe o da alcol, oppure che sono in preda ad una particolare tensione emotiva in relazione alla loro detenzione. La Raccomandazione (98) 7 del Comitato dei Mini-stri pone l’accento sulle cure per i tossicodipendenti o alcolisti e richiama l’a�enzione sulle raccomandazioni del Gruppo di cooperazione in materia di lo�a contro l’abuso e il traffico illecito di stupefacenti del Consiglio d’Europa (Gruppo Pompidou)). In una sentenza dell’aprile 2003 [McGlinchey e altri c. Regno-Unito, richiesta n° 50390/99, 29/04/2003], la CEDU ha accertato una vio-lazione dell’articolo 3 della Convenzione europea sui Diri�i Uma-ni, nel caso di un tra�amento medico di una persona eroinomane deceduta nel corso della sua detenzione.

Diversi paesi europei sono realmente preoccupati per la tra-smissione di mala�ie infe�ive quali la tubercolosi. Ciò costituisce una minaccia per la salute dei detenuti e del personale peniten-ziario così come per la colle�ività nel suo insieme. Questo fa�o è stato riconosciuto dai capi di governo dei paesi baltici che nel giugno 2002 hanno so�oscri�o una dichiarazione comune, osser-vando che “gli istituti penitenziari sovraffollati e con condizioni igienico-sanitarie mediocri che accolgono detenuti contaminati, costituiscono un rischio enorme per la regione, per quanto con-

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96 �� ������ ������������� ������� 97�� ������ ������������� �������

cerne la propagazione di mala�ie trasmissibili.” I medici che esercitano in ambito penitenziario devono essere particolarmen-te a�enti al momento dell’esame delle persone appena ammesse in istituto al fine di identificare ogni individuo affe�o da mala�ia infe�iva. Nel caso di istituti sovraffollati o con igiene mediocre sarebbe opportuno organizzare regolari procedure di individua-zione. Se necessario, bisognerebbe a�uare un programma di trat-tamento dei detenuti che soffrono di queste mala�ie. In uno dei suoi rapporti ad un paese, il CPT ha fa�o osservare l’insufficienza della fornitura di farmaci antitubercolosi, che è di vitale impor-tanza, poiché la fornitura sporadica di tali farmaci può indurre una forma di tubercolosi resistente agli antibiotici, e ha inoltre invocato il principio secondo il quale le autorità penitenziarie sono esplicitamente tenute a distribuire regolarmente i medicina-li (Rapporto al governo le�one CPT/Inf (2001) 27). E’ opportuno procedere ad interventi se motivi di ordine clinico impongono di isolare questi detenuti, nel loro interesse e per la sicurezza di altre persone. La Raccomandazione (98) 7 del Comitato dei Ministri ritiene che dovrebbe essere proposta la vaccinazione contro l’epa-tite B al personale e ai detenuti.

Questi ultimi anni hanno registrato un amento delle persone portatrici di HIV. In alcuni paesi la risposta è stata l’isolamento automatico di questi detenuti. Non vi è alcuna ragione clinica per agire in questo modo e questa pratica dovrebbe essere evitata. A tale proposito ci si può riferire alle norme presentate nella Rac-comandazione (93) 6 del Comitato dei Ministri agli Stati membri, relativa agli aspe�i penitenziari e criminologici del controllo del-le mala�ie infe�ive ed in particolare l’AIDS e i problemi di salute connessi negli istituti penitenziari. La Raccomandazione (98) 7 del Comitato dei Ministri rafforza questo punto e so�olinea che il test dell’HIV dovrebbe sempre essere eseguito in forma anonima e con il consenso del detenuto interessato.

Le dire�ive dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (di-re�ive dell’OMS sull’infezione HIV e l’AIDS negli istituti peni-tenziari, Ginevra, 1993) dispongono in modo chiaro che i test HIV

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non dovrebbero essere obbligatori e che i detenuti contagiati non dovrebbero essere isolati dagli altri, salvo in caso di mala�ia che necessita di cure mediche specialistiche.

La Regola 42.2 prevede che se un detenuto è scarcerato prima della fine del suo tra�amento, è importante che il medico stabili-sca un conta�o con i servizi sanitari esterni al fine di perme�ere al detenuto di continuare il proprio tra�amento dopo la liberazione. Questo punto è particolarmente importante quando un detenuto soffre di una mala�ia infe�iva come la tubercolosi e quando una mala�ia o una malformazione mentale o fisica potrebbero costi-tuire un ostacolo al suo reinserimento nella società.

Regola 43

Questa Regola esplicita che ogni detenuto ha diri�o a con-sultazioni mediche del livello richiesto, regolari e riservate, che siano almeno equivalenti a quelle esistenti nella società civile. Le condizioni in cui si svolge il colloquio tra medico e detenuto sui suoi problemi di salute devono essere equivalenti a quelle che prevalgono nell’esercizio della medicina civile. Per quanto possi-bile, il colloquio dovrebbe svolgersi in un locale per le visite con-venientemente a�rezzato. Non è acce�abile che venga fa�a una visita di gruppo o in presenza di altri detenuti o di personale non sanitario. I detenuti non devono essere ammane�ati o separati fisicamente dal medico durante la consultazione medica.

In nessun caso i detenuti dovrebbero essere obbligati ad esplicitare al resto del personale penitenziario i motivi della loro richiesta di consultazione medica, qualora siano tenuti a presen-tare una domanda per una visita di un medico esterno. Le dispo-sizioni relative alle richieste di visita medica dovrebbero essere spiegate ai detenuti al momento del loro ingresso in istituto.

Le cartelle cliniche di ogni detenuto dovrebbero restare so�o il controllo del medico e non essere comunicate senza la preventiva autorizzazione scri�a del detenuto. In alcuni paesi, i servizi medici penitenziari ricadono nella competenza delle cure

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sanitarie civili. Oltre ai vantaggi sopra menzionati nel “diri�o alle cure sanitarie”, queste disposizioni contribuiscono a stabilire chiaramente che le cartelle cliniche non fanno parte degli archivi generali degli istituti penitenziari.

Il tra�amento prescri�o in seguito ad una visita e ad una dia-gnosi dovrebbe essere quello che meglio si addice agli interessi di ogni detenuto. Le diagnosi e i tra�amenti sanitari dovrebbero essere fondati sui bisogni di ogni detenuto e non sulle necessità dell’amministrazione penitenziaria. La Raccomandazione (98) 7 del Comitato dei Ministri so�olinea che i detenuti dovrebbero dare il loro consenso informato prima di ogni visita o tra�amento sanitario, e ciò è raccomandato anche dal 3o Rapporto generale del CPT.

La Raccomandazione (98) 7 del Comitato dei Ministri ri-chiama la necessità di porre un’a�enzione speciale ai bisogni dei detenuti che presentano un handicap fisico e di fornire loro le a�rezzature per aiutarli, come si fa all’esterno dell’istituto. In una sentenza del luglio 2001 [Price c. Regno-Unito (33394/96)] la CEDU ha accertato una violazione dell’articolo 3 della Conven-zione nel tra�amento di una detenuta gravemente handicappata, pur in assenza di prove di una qualsivoglia intenzione da parte delle autorità penitenziarie di umiliare o avvilire la richiedente.

Quale conseguenza dell’allungamento delle pene in certe

giurisdizioni, le amministrazioni penitenziarie devono oramai far fronte ai bisogni di un numero sempre crescente di anziani. In certe giurisdizioni, la nuova tendenza a pronunciare pene de-tentive a vita o di lunga durata senza possibilità di remissione ha favorito l’aumento significativo dei detenuti che invecchieranno in istituto. L’amministrazione penitenziaria dovrà avere un’at-tenzione particolare ai diversi problemi, sia sociali che medici, di questo gruppo di detenuti. Ciò può implicare la fornitura di una serie di a�rezzature speciali per porre rimedio ai problemi di mobilità o al sopraggiungere di problemi mentali.

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Un’a�enzione particolare sarà accordata ai detenuti amma-lati in fase terminale per i quali bisognerà talvolta prendere una decisione circa una possibile liberazione anticipata. Tu�e le dia-gnosi o consulenze elaborate dal personale medico penitenziario dovrebbero essere basate su criteri professionali e sull’interesse dei detenuti. La Raccomandazione (98)7 del Comitato dei Mini-stri precisa che la decisione di trasferimento di questi pazienti verso unità di cura esterne dovrebbe essere ado�ata in base a criteri medici. In una sentenza del novembre 2002 [Mouisel c. Francia (richiesta n° 67263/01 – 14/11/2002)], la Corte europea dei Diri�i dell’Uomo ha accertato una violazione dell’articolo 3 della Convenzione nel tra�amento medico di un detenuto in fase ter-minale. La Corte ha fa�o osservare l’obbligo positivo dello Stato di offrire un tra�amento medico appropriato ed ha disapprovato il fa�o che il detenuto sia stato ammane�ato sul suo le�o d’ospe-dale. In un altro caso giudicato nell’o�obre 2003 [Hénaf c. Francia (55524/00)] la Corte ha accertato una violazione dell’articolo 3 della Convenzione nel tra�amento di un detenuto malato che era stato incatenato al le�o dell’ospedale.

La Raccomandazione (98) 7 del Comitato dei Ministri affron-ta il problema del tra�amento dei detenuti che fanno lo sciopero della fame. So�olinea che l’esame clinico di un detenuto che fa lo sciopero della fame dovrebbe essere fa�o unicamente con l’esplicito consenso del detenuto a meno che questi non soffra di disturbi mentali tanto gravi da richiedere il suo trasferimento in un servizio psichiatrico. Questi pazienti dovrebbero ricevere una de�agliata spiegazione sugli effe�i nocivi a lungo termine della loro azione sulla propria salute. Ogni misura presa dal medico deve essere conforme al diri�o interno e alle norme professionali.

Un medico o un infermiere qualificato non dovrebbe essere tenuto a dichiarare un detenuto ada�o a subire una sanzione, ma egli può consigliare l’amministrazione penitenziaria riguardo al rischio che determinate misure possono costituire per la salute dei detenuti. Egli ha un dovere particolare nei confronti di coloro che sono detenuti in condizioni di isolamento cellulare per qual-

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sivoglia ragione: a scopo disciplinare; a causa della loro “perico-losità” o del loro “comportamento difficile”; nell’interesse dell’in-chiesta penale; su loro esplicita richiesta. In conformità ad una prassi consolidata (vedi ad esempio la regola 32(3) delle regole minime delle Nazioni Unite per il tra�amento dei detenuti) tali detenuti dovrebbero essere visitati quotidianamente. Tali visite non possono in alcun caso essere considerate come un’acce�azio-ne o una legi�imazione di una decisione di porre o di far rima-nere dei detenuti in condizioni di isolamento 2. Inoltre, i medici dovrebbero rispondere rapidamente alle richieste di tra�amento formulate dai detenuti in tali condizioni o dal personale peniten-ziario, così come previsto al paragrafo 66 della Raccomandazione (98)7 relativa agli aspe�i etici e organizzativi delle cure sanitarie in ambito penitenziario.

Regole 44 e 45

Queste due Regole riguardano il dovere del medico di con-trollare e di fornire pareri sulle condizioni di detenzione. Le con-dizioni in cui sono reclusi i detenuti avranno un impa�o enorme sulla loro salute e sul loro equilibrio. Per far fronte a queste re-sponsabilità, l’amministrazione penitenziaria dovrebbe quindi fare a�enzione all’applicazione di norme appropriate in tu�i i campi che possono influenzare la salute e l’igiene dei detenuti. Le condizioni materiali delle celle, l’alimentazione e gli impianti igienici e sanitari dovrebbero essere concepiti in modo tale da contribuire alla guarigione delle persone ammalate ed a impedire il propagarsi delle infezioni alla popolazione in buona salute. Il medico svolge un ruolo di primo piano verificando che l’ammi-nistrazione penitenziaria rispe�i i suoi obblighi in questo ambito. In caso contrario, il medico dovrebbe richiamare l’a�enzione delle autorità penitenziarie su tale carenza. La Raccomandazio-ne (98) 7 del Comitato dei Ministri osserva che il Ministero della sanità ha un ruolo da svolgere in materia di controllo dell’igiene negli istituti penitenziari.

2 Frase aggiunta con il documento CM(2005)163 Addendum Corrigendum del 13 dicembre 2005 su richiesta della delegazione danese

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Gestione delle cure mediche

Regola 46

Questa Regola chiede all’amministrazione penitenziaria, oltre alle a�rezzature destinate alle cure di medicina generale, dentale e psichiatrica, di garantire l’esistenza delle disposizioni necessa-rie per perme�ere consultazioni specialistiche e cure ospedaliere. Ciò richiede una stre�a collaborazione tra l’istituto penitenziario e i servizi medici della società civile poiché è poco probabile che i servizi medici penitenziari siano in grado di assicurare tu�e le specializzazioni mediche. A proposito di cure specialistiche, è opportuno prestare un’a�enzione particolare ai bisogni di gruppi vulnerabili come le donne e gli anziani.

L’accesso alle infrastru�ure specialistiche può imporre spesso il trasferimento del detenuto in un altro luogo. L’amministrazio-ne penitenziaria dovrà assicurarsi che le disposizioni previste per scortare il detenuto siano appropriate e non comportino un ritardo nel tra�amento o un’angoscia supplementare. Le condi-zioni di trasporto dei detenuti devono tener conto del loro stato patologico.

Salute mentale

Regola 47

Questa Regola riguarda i problemi di salute mentale. Le condizioni di detenzione possono avere delle gravi conseguenze sull’equilibrio mentale dei detenuti. L’amministrazione peniten-ziaria dovrebbe sforzarsi di ridurre al minimo la portata di esse e stabilire delle procedure volte a controllare questi effe�i su ogni detenuto. Occorre prendere delle misure che perme�ano l’iden-tificazione dei detenuti susce�ibili di autolesionismo o di suici-darsi. Il personale dovrebbe essere convenientemente formato a riconoscere i segnali precursori di un potenziale autolesionismo. Nei casi in cui vi è una diagnosi di mala�ia mentale, i detenuti non dovrebbero essere tenuti in carcere, ma trasferiti in un ospe-

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dale psichiatrico dotato di a�rezzature adeguate. In una sentenza dell’aprile 2001 [Keenan c. Regno-Unito (richiesta n° 27229/95 – 03/04/2001)], la CEDU ha accertato una violazione dell’Articolo 3 della Convenzione sui Diri�i Umani, nel caso di un detenuto che si era suicidato, considerando la mancanza di un parere medico, la mancanza di sorveglianza psichiatrica e l’isolamento, incompatibili con il tra�amento di una persona che soffre di di-sturbi mentali. Nel suo III rapporto generale, il CPT indica che la prevenzione dei suicidi costituisce un ambito di competenza del servizio medico penitenziario. Quest’ultimo dovrebbe promuo-vere una sensibilizzazione a tale problema all’interno dell’istituto penitenziario, e me�ere in a�o accorgimenti appropriati.

La Raccomandazione (2004)10 del Comitato dei Ministri agli Stati membri relativa alla protezione dei diri�i dell’uomo e della dignità delle persone colpite da disturbi mentali precisa, all’arti-colo 35, che le persone colpite da disturbi mentali non devono es-sere ogge�o di discriminazione negli istituti penitenziari. In par-ticolare, dovrebbe essere rispe�ato il principio dell’equivalenza delle cure rispe�o a chi è curato all’esterno del penitenziario, per quanto a�iene alle cure necessarie per la loro mala�ia. Dovrebbe-ro essere trasferiti dall’istituto penitenziario all’ospedale se il loro stato di salute lo esige. Le persone colpite da disturbi mentali, detenute in istituti penitenziari dovrebbero poter beneficiare di opzioni terapeutiche appropriate. Il tra�amento obbligatorio per disturbi mentali non dovrebbe aver luogo in istituti penitenziari, ma solo in servizi ospedalieri o medici ada�i al tra�amento dei disturbi mentali. Un sistema indipendente dovrebbe controllare il tra�amento e le cure di cui beneficiano le persone colpite da disturbi mentali negli istituti penitenziari.

Altre questioni

Regola 48

Il 3o Rapporto generale del CPT so�olinea la necessità di «un approccio molto prudente» nei confronti della ricerca medica con i detenuti, tenuto contro della difficoltà di garantire che la

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concessione del consenso non sia condizionata dal fa�o di essere detenuto. Devono essere rispe�ate tu�e le norme etiche interna-zionali e nazionali relative alla sperimentazione umana.

Parte IV

Ordine

Approccio generale

Regola 49

Con riferimento alla Regola 49, bisogna ricordare l’impor-tanza che il buon ordine sia costantemente mantenuto negli istituti penitenziari, assicurando un adeguato equilibrio tra le considerazioni di sicurezza e di disciplina e l’obbligo, derivante dall’articolo 10 del Pa�o internazionale sui diri�i civili e politici, che recita “Qualsiasi individuo privato della propria libertà deve essere tra�ato con umanità e col rispe�o della dignità inerente alla persona umana”. Nel suo rapporto sulla sommossa di Stran-geways (Istituto di Manchester), il giudice Woolf so�olinea che, per evitare problemi negli istituti penitenziari, è fondamentale tra�are i detenuti con giustizia, imparzialità ed equità.

La maggioranza dei detenuti acce�a la realtà della propria situazione e non cercherà di evadere o di perturbare gravemente l’ordine interno se è so�oposta a misure per la sicurezza appro-priate e tra�ata in modo equo. Ogni comunità ben ordinata, in particolare un istituto penitenziario, ha bisogno, per funzionare, di un insieme di principi e di regole che i suoi membri giudicano equo e giusto. Negli istituti, queste regole tendono a garantire la sicurezza di ognuno, quella del personale penitenziario e dei detenuti ed ogni gruppo è tenuto a rispe�are questi principi e queste regole. Succede talvolta che taluni individui si scostano da queste regole. E’ per questo che occorre un sistema chiaramente definito di procedure, di disciplina e di sanzioni che sia applicato

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in modo giusto ed imparziale.

Certi detenuti possono essere tentati di evadere. Le autorità penitenziarie dovrebbero quindi poter valutare il pericolo che ogni detenuto può rappresentare e fare in modo che ognuno sia so�oposto a condizioni di sicurezza adeguate, né eccessive, né insufficienti.

Solo in circostanze estreme l’uso della forza può costituire un metodo legi�imo per ristabilire l’ordine. Deve tra�arsi dell’ulti-ma possibilità. Al fine di evitare gli abusi, deve essere definito un insieme di procedure specifiche e chiare per l’utilizzo della forza da parte del personale.

Regola 50

La Regola 50 elenca altri principi dire�ivi supplementari per evitare che il diri�o dei detenuti di comunicare sia inutilmente limitato. Vi sono delle possibilità di o�enere l’ordine, in tu�i i suoi aspe�i, se esistono dei canali di comunicazione chiari tra tu�e le parti. In questo spirito e a condizione che ciò non ponga dei problemi connessi alla sicurezza, i detenuti dovrebbero essere autorizzati a discutere di questioni relative alle loro condizioni generali di detenzione. È nell’interesse di tu�i i detenuti che gli istituti penitenziari funzionino senza contrasti e non è escluso che essi abbiano dei suggerimenti utili da presentare. Per que-ste e altre ragioni, sarebbe auspicabile che potessero esprimere il loro punto di vista all’amministrazione penitenziaria. Spe�a alle amministrazioni penitenziarie nazionali decidere la forma da dare alle comunicazioni tra detenuti. Certe amministrazioni possono perme�ere ai detenuti di eleggere dei rappresentanti e di costituire delle commissioni in grado di esprimere i sentimenti e gli interessi dei loro compagni di detenzione. Altre possono scegliere altre forme di comunicazione. Quando viene accordato ai detenuti un diri�o di associazione, in una qualsiasi forma, il personale e l’amministrazione penitenziaria dovrebbero impedi-re agli organi rappresentativi di esercitare una qualsiasi influen-

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za sugli altri detenuti oppure abusare della loro situazione per influenzare, in modo negativo, la vita dell’istituto penitenziario. I regolamenti penitenziari possono disporre che i rappresentanti dei detenuti non possono agire in nome e per conto di un detenu-to in particolare.

Sicurezza-Controllo

Regola 51

Le misure per la sicurezza sono ogge�o della Regola 51. Ci sono tre ragioni principali per esigere che le misure per la sicu-rezza applicate ai detenuti corrispondano al minimo richiesto per garantire la sicurezza della loro detenzione:

• Se i detenuti sono in numero ristre�o, il personale indivi-duerà più facilmente coloro che esigono un livello di sicurez-a elevato.• Quanto più il livello di sicurezza è basso, tanto più i dete-nuti saranno tra�ati con umanità.• La sicurezza è molto costosa, a maggior ragione se il suo livello è elevato. C’è un interesse finanziario a non collocare i detenuti in una categoria di sicurezza più elevata del ne-cessario.

I dispositivi di sicurezza materiali e tecnici sono le com-ponenti essenziali della vita in istituto, ma non sono sufficienti a garantire il buon ordine. La sicurezza dipende anche da un personale vigile che comunica con i detenuti, che sa cosa succe-de nell’istituto e fa in modo che i detenuti siano a�ivi. Questo approccio, chiamato di “sicurezza dinamica”, è qualitativamente migliore di quello che dipende unicamente da misure di sicurezza statiche e trae la sua forza dalla sua capacità di anticipazione, che perme�e di individuare in maniera precoce una minaccia per la sicurezza. Se il personale e i detenuti hanno dei conta�i regolari, un membro del personale vigile e ben formato sarà più rice�ivo a situazioni anomale che potrebbero costituire una minaccia per la sicurezza e sarà quindi meglio in grado di prevenire. Questo

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aspe�o è rappresentato nella Raccomandazione (2000)23 del Co-mitato dei Ministri agli Stati membri, concernente la gestione da parte delle amministrazioni penitenziarie dei condannati a vita e di altri condannati a pene di lunga durata, punto 18.a.

La valutazione del rischio può aiutare ad individuare i dete-nuti che rappresentano una minaccia per la loro propria persona, per il personale, per gli altri detenuti e per la società. La Regola 51.3 elenca i principali obie�ivi della valutazione del rischio che ogni detenuto rappresenta per la sicurezza. Molti paesi hanno elaborato dei criteri per la valutazione dei rischi per la sicurezza. Gli elementi di cui bisogna tener conto comprendono la natura del reato per il quale il detenuto è stato condannato, il rischio che rappresenterebbe per la società in caso di evasione, i precedenti relativi alle evasioni ed al ricorso a complici esterni, l’eventualità di minacce nei confronti di altri detenuti e, se si tra�a di imputati, la minaccia che costituiscono per i testimoni. La valutazione dei rischi fa�a in istituto dovrebbe tener conto delle valutazioni fa�e da altri servizi competenti, come ad esempio la polizia.

Molti sistemi penitenziari partono dal presupposto che tu�i gli imputati devono essere so�oposti a condizioni di alta sicurez-za, ma ciò non è sempre necessario. Dovrebbe essere possibile procedere, come per i condannati, alla valutazione dei rischi che rappresenterebbe questa categoria di detenuti in caso di evasio-ne.

In alcuni paesi, il giudice che pronuncia la sentenza precisa il livello di sicurezza del regime da applicare al detenuto. In altri paesi, i condannati all’ergastolo o sulla base di una legge speciale, sono automaticamente so�oposti ad un regime di alta sicurezza, senza considerare la valutazione del rischio che rappresentano personalmente.

La Regola 51.5 impone di rivalutare ad intervalli regolari, durante l’esecuzione della pena, il livello di sicurezza necessario. Succede spesso che il rischio che un detenuto rappresenta per

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la sicurezza diminuisca in relazione all’aumento della pena già scontata. La prospe�iva di poter accedere, durante l’esecuzione, ad una categoria di sicurezza inferiore può motivare il detenuto a comportarsi corre�amente.

Sicurezza-Incolumità

Regola 52

Gli istituti penitenziari dovrebbero essere dei luoghi dove ognuno è e si sente in sicurezza. La Regola 52 si applica, di con-seguenza, ai detenuti, al personale e ai visitatori. Se non sarà mai possibile eliminare completamente il rischio di violenza e altri fa�i come gli incendi, dovrebbe essere possibile ridurli al minimo tramite un insieme di procedure adeguate. Come la sicurezza, an-che l’incolumità implica un equilibrio tra diverse considerazioni. Le tecniche della sicurezza dinamica menzionate alla Regola 50 possono contribuire a migliorare anche l’incolumità negli istituti penitenziari. Un controllo eccessivo può essere pregiudizievole tanto quanto un controllo insufficiente. L’ambiente è tanto più sicuro quanto più sono applicate in modo coerente procedure chiare. In ogni caso, tu�i gli istituti dovrebbero essere dotati di un sistema adeguato di lo�a contro gli incendi; le modalità d’uso, le possibili modalità di sviluppo degli incendi, le dire�ive di evacuazione dei locali, i punti di raccolta esterni e le procedure per assicurarsi della presenza di tu�i i detenuti e del personale devono essere esposte.

L’importanza di procedere ad una valutazione adeguata dei rischi che pone ogni detenuto per la sicurezza e l’incolumità è messa in evidenza dalla CEDU. (Vedi Edwards c. Regno-Unito (richiesta numero 46477/99) nella quale la Corte, in ragione delle circostanze del fa�o, accerta una violazione del diri�o alla vita di un detenuto, calpestato e picchiato a morte nella sua cella da un codetenuto.)

In alcuni sistemi penitenziari, è sempre più frequente la pro-cedura di isolare una categoria di detenuti o singoli detenuti. Le

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autorità penitenziarie dovrebbero invece sforzarsi di creare un ambiente in cui tu�i i detenuti sono al riparo da a�i di violenza e di disporre di un insieme di procedure di sicurezza che permet-tano a tu�i i detenuti di avere delle a�ività in comune senza te-mere aggressioni o altri a�i di violenza, in particolare facendo in modo che tu�i i detenuti possano conta�are il personale in ogni momento, anche di no�e. Gli individui o i gruppi di detenuti che è necessario isolare a causa della loro particolare vulnerabilità (ad esempio i delinquenti sessuali, i detenuti affe�i da disturbi men-tali o coloro che appartengono ad una minoranza etnica o a un gruppo religioso) dovrebbero avere la possibilità di partecipare compiutamente ad un massimo di a�ività giornaliere.

Misure speciali di alta sicurezza

Regola 53

Dalla pubblicazione delle Regole penitenziarie europee nel 1987, il numero di Stati che applicano delle misure speciali di alta sicurezza a singoli detenuti o a gruppi di detenuti è considerevol-mente aumentato. Perciò è apparso opportuno stabilire un nuova regola per queste prassi.

La Regola 53.1 so�olinea che le misure speciali di alta sicu-rezza possono essere applicate solo in circostanze eccezionali. Il motivo è che se un gran numero di detenuti è collocato in sezioni di alta sicurezza, c’è il rischio che, per molti di loro, tali condizioni siano eccessive e sproporzionate in rapporto alla reale minaccia che rappresentano. Di regola, solo i detenuti il cui comportamen-to ha dimostrato che rappresentavano una tale minaccia per la sicurezza e che l’amministrazione penitenziaria non aveva altra scelta, dovrebbero essere so�oposti a misure speciali di alta si-curezza. La so�omissione a tali misure dovrebbe essere quanto più breve possibile e il comportamento individuale del detenuto dovrebbe essere verificato continuamente.

Taluni dispositivi speciali di sicurezza comportano l’iso-lamento quasi totale dei detenuti. Tali questioni sono stabilite

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al punto 20 della Raccomandazione (2003)23 del Comitato dei Ministri agli Stati membri concernente la gestione da parte delle amministrazioni penitenziarie dei condannati a vita e di altri con-dannati a pene di lunga durata.

I condannati a pene di lunga durata non sono, in quanto tali, detenuti pericolosi, ed il regime applicabile a questi ultimi non dovrebbe essere esteso anche ai primi. Il tra�amento dei detenuti pericolosi è ogge�o della Raccomandazione (82)17 relativa alla detenzione e al tra�amento dei detenuti pericolosi

La Corte europea dei diri�i dell’uomo ha emesso parecchie sentenze relative all’applicazione, per i detenuti, di misure spe-ciali per la sicurezza. In qua�ro casi ha stabilito la violazione del-l’articolo 3 (proibizione della tortura) della Convenzione europea dei diri�i dell’uomo in relazione alla proibizione assoluta della tortura e delle pene o tra�amenti inumani o degradanti. (Caso Indelicato c. Italia: richiesta numero 31143/96 – 18/10/2001); Caso Labita c. Italia: richiesta numero 26772/95 – 06/04/2000; Caso Van der Ven c. Paesi-Bassi: richiesta numero 50901/99 – 04/02/2003 ; e Caso Lorse e altri c. Paesi-Bassi: richiesta numero 52750/99 – 04/02/2003). In un altro caso, la Corte ha giudicato contrarie all’arti-colo 8 (diri�o al rispe�o della vita privata e familiare) e all’artico-lo 13 (diri�o ad un ricorso effe�ivo) della Convenzione europea dei diri�i dell’uomo le restrizioni apportate alla corrispondenza e l’impossibilità, per il ricorrente, di presentare un ricorso effe�i-vo contro le decisioni che riguardavano l’estensione delle misure speciali per la sicurezza che gli erano applicate (Caso Messina c. Italia : richiesta numero 25498/94 – 28/09/2000). Dal canto suo, il Comitato contro la tortura delle Nazioni Unite si preoccupa delle condizioni di detenzione di alcuni detenuti catalogati nella categoria di sicurezza più elevata, in uno Stato membro (CAT/C/CR/29/3 Conclusioni e raccomandazioni del Comitato contro la tortura: Spagna. 23/12/2002). Anche il CPT ha formulato delle os-servazioni critiche sulle misure speciali per la sicurezza applicate a detenuti in alcuni Paesi che ha visitato.

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Perquisizioni e controlli

Regola 54

Questa Regola stabilisce che ogni istituto deve disporre di un insieme di procedure ben comprese che descrivano nel de�aglio le situazioni in cui si impongono delle perquisizioni, le modalità e la frequenza di esse. Queste procedure devono essere concepite in modo da prevenire i tentativi di evasione e di proteggere la dignità dei detenuti e dei loro visitatori.

Dovrebbero essere previste delle procedure che perme�ono di effe�uare regolarmente perquisizioni nei locali quali le celle e i dormitori e per verificare che non siano stati manomessi i dispositivi di sicurezza, segnatamente le porte e le serrature, le finestre e gli spioncini. A seconda della categoria di sicurezza cui appartiene il detenuto, anche gli ogge�i personali del detenuto dovrebbero, di tanto in tanto, essere perquisiti. Il personale in-caricato delle perquisizioni deve essere specialmente formato in modo da scoprire e prevenire i tentativi di evasione o la dissimu-lazione di ogge�i entrati illegalmente, rispe�ando la dignità dei detenuti perquisiti e i loro ogge�i personali. Di regola, i detenuti dovrebbero assistere alla perquisizione dello spazio in cui vivono o dei loro ogge�i personali.

Anche i singoli detenuti, in particolare quelli so�oposti a restrizioni di sicurezza medie o massime, devono essere regolar-mente perquisiti per accertare che non portino con sé ogge�i che possono servire per l’evasione o a ferire altre persone o a ferirsi loro stessi, oppure ogge�i non autorizzati quali sostanze stupe-facenti. La frequenza di tali perquisizioni varia in funzione delle situazioni. Per esempio, è normale che al ritorno in ampi gruppi dal lavoro i detenuti siano perquisiti prima di entrare in cella, e questa perquisizione consiste nel palpeggiare il corpo dall’alto in basso. Tenuto conto del cara�ere invasivo di tale perquisizione, bisogna evitare di umiliare le persone quando la si effe�ua. Le perquisizioni non devono essere impiegate quando non sono di

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nessuna utilità e non devono essere utilizzate come una forma di punizione.

In altre circostanze, in particolare se si sospe�a che un dete-

nuto nasconda qualcosa su di sé o se è considerato un detenuto ad alto rischio, bisognerà procedere a perquisizioni denominate “perquisizioni personali”, che consistono nell’esigere che i dete-nuti si svestano completamente e mostrino che non hanno na-scosto niente su di loro. La Regola elenca le considerazioni di cui devono tener conto le procedure che tra�ano delle perquisizioni personali dei detenuti. La Corte europea dei diri�i dell’uomo ha stabilito che costituisce una violazione dell’articolo 3 della Con-venzione il fa�o di obbligare un detenuto a denudarsi in presenza di donne (Caso Valasinas c. Lituania : richiesta numero 44558/98 – 24/07/2001) o il fa�o di procedere a certe perquisizioni corpo-rali, dati la frequenza ed i metodi utilizzati (Caso Van der Ven c. Paesi-Bassi: richiesta numero 50901/99 – 04/02/2003). I detenuti non dovrebbero mai essere costre�i a denudarsi per le necessità di una perquisizione.

Il personale penitenziario non dovrebbe mai procedere a perquisizioni corporali intime, per esempio inserendo un dito o altro strumento nelle cavità naturali di un detenuto, qualunque ne sia la ragione. Se si sospe�a che un detenuto abbia nascosto nel suo corpo droga o altri ogge�i proibiti, dovrebbero essere prese misure per porre il detenuto so�o stre�a sorveglianza fin tanto che espelle l’ogge�o ingoiato. Se sono effe�uate perquisizioni corporali da parte di un medico, deve essere prestata particolare a�enzione alla Dichiarazione dell’Associazione medica mondiale sulle perquisizioni corporali dei detenuti (o�obre 1993). La Rego-la 54.6 non esclude la possibilità di usare la tecnologia moderna per scannerizzare il corpo del detenuto.

Dovrebbero esserci delle procedure chiaramente definite per garantire che i visitatori dei detenuti non violino le ragionevoli esigenze di sicurezza, per esempio introducendo ogge�i non autorizzati nell’istituto. Tali procedure possono comprendere

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il diri�o di perquisire i visitatori tenendo conto del fa�o che questi ultimi non sono dei detenuti e che bisogna mantenere un equilibrio tra l’obbligo di proteggere la sicurezza dell’istituto e il diri�o del visitatore al rispe�o della propria intimità. Le proce-dure per le perquisizioni di donne e bambini devono tener conto dei loro bisogni specifici, per esempio badando a che ci sia un numero sufficiente di personale femminile per le perquisizioni. Le perquisizioni sulla persona non dovrebbero essere effe�uate in pubblico.

Può essere necessario perquisire visitatori professionisti come avvocati, operatori sociali e medici, prestando a�enzione a non portare pregiudizio al diri�o di riservatezza delle visite pro-fessionali, in particolare elaborando un protocollo di perquisizio-ne in accordo con gli organismi di categoria competenti.

Reati

Regola 55

La Regola 55 precisa che è importante che lo Stato di diri�o non si fermi alle soglie del carcere. Nell’interesse delle vi�ime, dovrebbe essere messo in a�o un sistema di indagine simile a quello utilizzato nella società civile, ogni qual volta succede o c’è il sospe�o che sia successo un a�o criminale in un istituto penitenziario. In certi Stati, sono nominati giudici o procuratori speciali per esercitare questa funzione negli istituti penitenziari. In altri, il pubblico ministero o la polizia ne sono informati ed hanno la possibilità di condurre l’inchiesta come se il fa�o fosse stato commesso all’esterno dell’istituto. Può succedere che i servi-zi di polizia giudiziaria considerino che tale incidente, grave nel contesto penitenziario, non richieda nessuna inchiesta. In certi Stati, uno dei modi per regolare queste questioni, consiste, per le autorità penitenziarie e per i servizi di polizia nel me�ersi d’ac-cordo sugli incidenti che devono essere segnalati al procuratore o alla polizia.

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Disciplina e sanzioni

Regola 56

Questa Regola so�olinea che le procedure disciplinari devo-no essere dei meccanismi di ultimo impiego. Gli istituti peniten-ziari sono, per loro natura, delle istituzioni chiuse dove un gran numero di individui, generalmente dello stesso sesso, é detenuto contro la sua volontà in condizioni restri�ive. E’ inevitabile che, di tanto in tanto, qualche detenuto infranga, in diversi modi, i principi e le regole penitenziarie. Occorrono pertanto delle pro-cedure chiare per tra�are simili incidenti.

Regola 57

La Regola 57 stabilisce che le infrazioni disciplinari devono essere definite con precisione e le procedure regolamentate, nel rispe�o dei principi di giustizia e di equità, e ciò comporta l’esi-stenza di un regolamento dallo status giuridicamente e chiara-mente definito, che elenchi con precisione gli a�i o le omissioni che costituiscono un’infrazione disciplinare e che sono susce�ibi-li di dar luogo ad una formale azione disciplinare Tu�i i detenuti dovrebbero pertanto conoscere in anticipo i principi e le regole dell’istituto. Lo status giuridico di questi regolamenti deve essere chiaro. In molti paesi, i regolamenti sono so�oposti all’approva-zione del Parlamento. La Regola 57.2 elenca gli elementi che do-vrebbero essere compresi in tali regolamenti.

Regola 58

Questa Regola stabilisce che ogni denuncia di violazione delle regole di disciplina da parte di un detenuto deve essere se-gnalata immediatamente all’autorità competente. In alcuni Stati è uso, per le infrazioni disciplinari minori, procedere con un am-monimento informale prima di ricorre ad un’azione disciplinare, e ciò costituisce un primo avvertimento per il detenuto. Bisogna tu�avia fare a�enzione a che l’uso di questi ammonimenti sia giusto e coerente e non dia luogo ad un sistema informale di sanzioni.

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I fa�i contestati devono essere esaminati nel più breve tempo possibile da parte dell’autorità competente. In certi Stati, sono designati magistrati indipendenti o giudici speciali per esamina-re casi di disciplina penitenziaria: ciò garantisce l’indipendenza giudiziaria e aumenta la probabilità che le procedure siano ri-spe�ate. In altri Stati, esiste un consiglio speciale per le procedure disciplinari. In altri, infine, questi casi sono esaminati dal diret-tore dell’istituto. Nei casi in cui le procedure disciplinari sono di competenza della direzione dell’istituto, bisogna assicurarsi che i responsabili abbiano ricevuto una formazione adeguata e che non abbiano ricevuto informazioni preliminari sul caso di cui sono chiamati ad occuparsi.

Regola 59

Conformemente a questa Regola, ogni detenuto accusato nel quadro di una procedura disciplinare ha il diri�o di conoscere preventivamente il de�aglio delle accuse che gli sono mosse e di disporre di un periodo sufficiente per preparare la sua difesa. Quando il detenuto è in isolamento cellulare in a�esa dell’udien-za, la procedura non dovrebbe subire alcun ritardo ingiustificato, in particolare a causa dell’inchiesta interna o esterna. In ogni caso il detenuto accusato di infrazione disciplinare dovrebbe poter assistere all’udienza del caso.

Il CPT, in molti suoi rapporti, ha ripreso diversi elementi del-la Regola 59 (per esempio, CPT/Inf (2003) 1 Rapporto al governo di Cipro relativo alla visita effe�uata a Cipro dal Comitato per la prevenzione della tortura e della pene o tra�amenti inumani o de-gradanti (CPT) dal 22 al 30 maggio 2000. Strasburgo, 15 gennaio 2003 ; CPT/Inf (2001)27 Rapporto al governo di Le�onia relativo alla visita effe�uata in Le�onia dal Comitato per la prevenzione della tortura e della pene o tra�amenti inumani o degradanti (CPT) dal 24 gennaio al 3 febbraio 1999. Strasburgo, 22 novembre 2001; CPT/Inf (2002) 16 Rapporto al governo di Malta relativo alla visita effe�uata a Malta dal Comitato per la prevenzione della tortura e della pene o tra�amenti inumani o degradanti (CPT) dal 13 al 18 maggio 2001. Strasburgo, 27 agosto 2002).

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Il diri�o di un detenuto accusato di infrazione grave ad esse-re rappresentato da un avvocato, è confermato dalla Corte euro-pea dei Diri�i dell’Uomo (Caso Ezeh e Connors c. Regno-Unito: richiesta numero 39665/98 e 40086/98).

Regola 60

Questa Regola implica che l’elenco preciso delle infrazioni di-sciplinari sia reso pubblico ed accompagnato dalla lista completa delle sanzioni susce�ibili di essere applicate ad ogni detenuto riconosciuto colpevole di una di queste infrazioni. Tali sanzioni devono sempre essere giuste e proporzionate all’infrazione com-messa. La lista delle sanzioni dovrebbe essere contenuta in un a�o normativo approvato dall’autorità competente. Il personale non deve disporre di un sistema separato di sanzioni informali che ignori le procedure ufficiali.

Nel caso Ezeh e Connors, sopra citato, la CEDU ha accertato una violazione dell’articolo 6 (diri�o ad un processo equo) della Convenzione europea dei diri�i dell’uomo in ragione del potere che hanno i dire�ori degli istituti penitenziari in Inghilterra e nel Galles di aumentare fino a 42 giorni il periodo di reclusione di un detenuto.

Le sanzioni possono comprendere un ammonimento formale scri�o, l’esclusione dal lavoro, la tra�enuta sui salari (versati in contropartita al lavoro svolto in istituto), la limitazione della par-tecipazione ad a�ività ricreative, la limitazione dell’uso di certi ogge�i personali, la limitazione degli spostamenti all’interno del-l’istituto. Anche le restrizioni relative ai conta�i con la famiglia, ma non una proibizione assoluta, possono essere utilizzate come sanzione. Una sanzione di questo tipo dovrebbe essere utilizzata solo quando l’infrazione è relativa ai conta�i con la famiglia o quando il personale è stato aggredito nel contesto di una visita.

Tu�i i procedimenti disciplinari dovrebbero svolgersi indivi-dualmente. Per esempio, se più detenuti rifiutano di so�ome�ersi ad un ordine e se partecipano ad un’aggressione, ogni caso deve

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essere esaminato singolarmente e le sanzioni devono essere inflit-te individualmente.

Ogni forma di sanzione corporale, di isolamento del detenu-to in una cella oscura e ogni altra sanzione inumana o degradante è ogge�o di una specifica proibizione. La CEDU considera che rasare la testa di un detenuto a titolo di misura disciplinare è con-trario all’articolo 3 (proibizione della tortura) della Convenzione europea dei diri�i dell’uomo (Caso Yankov c. Bulgaria: richiesta numero 39084/97). Ai nostri giorni, la diminuzione della razione alimentare, secondo il punto di vista dei professionisti sviluppa-tosi negli ultimi decenni, è ampiamente considerata come una forma di punizione corporale assimilata ad una pena inumana.

L’isolamento cellulare indicato alla Regola 60.5 rinvia a tu�e le forme di allontanamento di un detenuto dalla popolazione penitenziaria, collocandolo da solo in una cella o in un locale. L’isolamento cellulare non è una sanzione appropriata, tranne in casi molto eccezionali. Questa Regola è confermata dal Principio 7 dei Principi fondamentali delle Nazioni Unite per il Tra�amen-to dei Detenuti. L’isolamento cellulare può assumere diverse forme. La forma più estrema consiste nel lasciare un detenuto completamente solo e nel so�oporlo ad una privazione senso-riale in una cella comunemente chiamata “cella oscura”, senza possibilità di accedere a luce, rumori e aria fresca. Questa forma di isolamento non dovrebbe mai essere applicata come sanzione. Un’altra forma di isolamento cellulare consiste nel collocare un detenuto in una cella individuale dove può avere luce e aria e sentire il rumore dei passi degli altri detenuti che circolano nei locali a�igui. Questo tipo di sanzione dovrebbe essere applicato solamente in circostanze eccezionali e per brevi periodi. Duran-te questo periodo il personale penitenziario dovrebbe prendere conta�o, regolarmente e con una certa frequenza, con i detenuti condannati a simili sanzioni (vedere a tale proposito i commenti alla Regola 42). Il CPT pone un’a�enzione particolare al colloca-mento in isolamento e ad altri regimi di detenzione analoghi. Osserva che “il collocamento in isolamento può, in talune circo-

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stanze, costituire un tra�amento inumano e degradante. In ogni caso, tu�e le forme di isolamento dovrebbero durare il più breve tempo possibile.”(CPT 2o Rapporto generale d’a�ività del CPT, paragrafo 56).

Bisogna so�olineare che la disposizione secondo cui ogni de-tenuto ha diri�o, ogni giorno, ad un’ora di esercizio all’aria aperta (Regola 27.1) si applica anche ai detenuti che sono ogge�o di una misura disciplinare d’isolamento cellulare. Bisogna anche fornire a questi detenuti materiale di le�ura. Le stesse osservazioni si ap-plicano ai detenuti so�oposti a misure speciali di alta sicurezza (Regola 53).

La Regola 60.6 concerne il ricorso a mezzi di contenzione al fine di garantire la sicurezza o prevenire danni alle persone. Essi non devono mai essere utilizzati come sanzioni. I mezzi di con-tenzione comprendono mane�e, catene, ferri, camicie di forza ed ogni altra forma di controllo ele�ronico di una persona.

Regola 61

Questa Regola stabilisce che il detenuto riconosciuto colpe-vole ha il diri�o di inoltrare ricorso ad un’autorità superiore indi-pendente. Le regole disciplinari dovrebbero precisare qual’è l’au-torità e come preparare e depositare il ricorso. Dovrebbero inoltre garantire una conclusione rapida della procedura di appello.

Regola 62

In certi Stati, vi è l’uso di designare dei detenuti alla testa di gruppi, spesso nelle unità di vita o di lavoro, chiedendo loro a volte di fare rapporto alle autorità sul comportamento di altri detenuti e di fare delle raccomandazioni che influenzano il modo in cui sono tra�ati. In altri casi, nelle sezioni disciplinari o di segregazione, alcuni detenuti sono investiti di un potere su altri detenuti.

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Doppia incriminazione

Regola 63

Nessun detenuto può essere punito due volte per la stessa infrazione. Questa Regola dovrebbe essere interpretata alla luce degli impegni internazionali degli Stati membri, in particolare degli obblighi assunti nel quadro della messa in a�o dei tra�ati internazionali che contengono le disposizioni sul principio del «ne bis in idem».

Utilizzo della forza

Regola 64

La Regola 64 rafforza il principio secondo il quale il personale penitenziario non può ricorrere alla forza se non entro limiti chia-ramente definiti e per fronteggiare una minaccia specifica per la sicurezza o l’ordine interno.

In linea di principio, è sempre meglio prevenire un fa�o vio-lento che doverlo gestire. Conoscendo i detenuti, un personale all’erta saprà individuare gli elementi perturbatori e prevenire gli a�i di violenza.

Le buone relazioni professionali tra il personale e i detenuti sono un elemento essenziale per la sicurezza dinamica, per di-sinnescare eventuali incidenti e ristabilire l’ordine interno a�ra-verso il dialogo e la negoziazione. Il ristabilimento dell’ordine a�raverso metodi fisici dovrebbe essere preso in considerazione solo in caso di insuccesso di altri metodi o se questi sono giudicati inadeguati. Se il personale deve utilizzare la forza nei confronti dei detenuti per ristabilire l’ordine, bisogna che questo uso sia controllato e limitato allo stre�o necessario.

Regola 65

Questa Regola enumera i principali punti che le procedure esistenti dovrebbero contemplare, in materia di ricorso alla forza

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(tipi legi�imi di ricorso alla forza, circostanze in cui il ricorso alla forza è autorizzato, membri del personale abilitato a farne uso, persone abilitate ad autorizzarne l’uso e meccanismi dei rapporti da rispe�are dopo ogni ricorso alla forza).

Regola 66

Questa Regola indica che il personale non deve tentare di controllare i detenuti molesti con dimostrazioni di forza fisica. Esiste una grande varietà di tecniche di controllo e di conteni-mento nelle quali il personale può essere formato e che perme�e-ranno al personale di tenere so�o controllo i detenuti aggressivi senza ferirsi o ferire i detenuti coinvolti. La direzione dovrebbe conoscerle e fare in modo che l’insieme del personale acquisisca le tecniche di base e che un numero sufficiente di agenti sia for-mato alle tecniche avanzate.

Regola 67Questa Regola riguarda l’intervento all’interno degli istituti

penitenziari di altre forze dell’ordine. Può succedere che, in casi eccezionali, la violenza dei detenuti raggiunga un livello tale che il personale penitenziario non è in grado di contenerla e deve fare appello ad altre forze dell’ordine, come la polizia. Questa possibilità deve essere valutata con precauzione. Nel contrastare la violenza, il personale penitenziario non deve dimenticare che dovrà ancora occuparsi di questi detenuti dopo che l’incidente sarà stato risolto e la vita avrà ripreso il suo corso normale. Ciò significa che, in generale, cercherà di evitare il ricorso alla forza e, in ogni caso, sarà restio ad un impiego sproporzionato o di-scriminatorio della forza. Questa riflessione non entrerà neces-sariamente nella considerazione delle altre forze dell’ordine, che normalmente non lavorano all’interno dell’istituto penitenziario ed entrano unicamente per me�ere fine ad un incidente violento. Per prevenire un uso smisurato della forza in tali circostanze, si consiglia alle autorità penitenziarie di concludere un protocollo permanente con la direzione degli altri servizi che potrebbero essere chiamati ad intervenire in appoggio in caso di incidente violento. Il contenuto di tale protocollo dovrebbe essere portato a

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conoscenza di tu�o il personale susce�ibile di partecipare a simili operazioni, prima di entrare all’interno dell’ istituto.

Mezzi di contenzione

Regola 68

Questa Regola è quasi identica alla Regola 39 delle precedenti Regole. Dalla pubblicazione delle Regole penitenziarie europee nel 1987, il ricorso ai mezzi di contenzione, in varie situazioni, è andato aumentando in parecchi Stati. Nel fra�empo, tu�avia, i principi applicabili all’impiego dei mezzi di contenzione non si sono modificati. Merita qui di essere riprodo�o il paragrafo del commento delle Regole del 1987: “l’impiego di un tale materiale per contenere i detenuti è moralmente contrario ad un compor-tamento civile. Bisogna quindi regolamentarne rigorosamente l’uso e, se possibile, evitarne l’impiego. Ci sono però dei casi in cui è necessario ricorrere al contenimento fisico mediante l’uso di apparecchi o strumenti specialmente concepiti per impedire ai detenuti o al personale di subire dei pregiudizi corporali e per premunirsi contro le evasioni o danni inammissibili. Le presenti regole tendono a fissare i limiti all’interno dei quali questi mezzi di contenzione possono essere utilizzati ragionevolmente.”

L’utilizzo sistematico dei mezzi di contenzione (per esempio per condurre un detenuto in un istituto) non è acce�abile.

La vecchia Regola 39.b che autorizzava i mezzi di contenzio-

ne per ragioni mediche, su indicazione e so�o la sorveglianza del medico, è stata soppressa. Le situazioni considerate dalla nuova Regola 68.2.b (ex Regola 39.c) perme�ono sempre di utilizzare, eccezionalmente, i mezzi di contenzione basandosi sulla necessi-tà di proteggere il detenuto o altre persone.

La Regola 68.4 stabilisce che l’impiego dei mezzi di conten-zione deve essere determinato dalla legge o dai regolamenti e non deve essere lasciato alla discrezione dell’amministrazione penitenziaria.

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Armi

Regola 69

Questa Regola disciplina il ricorso alle armi all’interno e nelle vicinanze dell’istituto. Il personale a dire�o conta�o con i detenuti può portare armi, quali per esempio il manganello, per la sua propria difesa. Una buona prassi impone che queste armi non siano portate in modo ostentato o intimidatorio, pur restan-do facilmente accessibili. I manganelli lunghi non devono abi-tualmente essere portati, ma devono essere depositati in luoghi strategici in modo da essere facilmente accessibili in casi urgenti. A parte situazioni di forza maggiore immediate, non è buona prassi perme�ere al personale che lavora a dire�o conta�o con i detenuti di portare armi da fuoco o armi similari che rischiano di essere utilizzate senza discernimento, oppure di cadere nelle mani dei detenuti. Anche il CPT ha affrontato tale argomento nei suoi Rapporti sul Portogallo (CPT/Inf(96) 31 paragrafo 149) e sul-la Slovenia (CPT/Inf 2002 (36), paragrafi 13 e 14)

In taluni sistemi penitenziari, il personale incaricato della sorveglianza esterna dell’istituto porta armi da fuoco. Questo personale dovrebbe disporre di dire�ive chiare sulle circostanze in cui può utilizzare le armi, cioè unicamente nel caso in cui la vita di un agente o di ogni altra persona è minacciata dire�amen-te. Un detenuto in fuga può essere fermato con un arma da fuoco se questi costituisce una minaccia dire�a per la vita di un’altra persona oppure se non può essere fermato con altri mezzi. I Prin-cipi di base delle Nazioni unite sul ricorso alla forza e l’utilizzo delle armi da fuoco da parte dei responsabili dell’applicazione delle leggi, sono molto espliciti su questo punto: “in ogni caso, non ricorreranno intenzionalmente all’impiego omicida di armi da fuoco se ciò non è assolutamente inevitabile per proteggere delle vite umane” (Principio 9).

Le amministrazioni penitenziarie dovrebbero stabilire dei principi dire�ivi e delle procedure chiare per l’uso delle armi da fuoco, parallelamente ad un programma di formazione del

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personale autorizzato ad utilizzare queste armi. Tali procedure dovrebbero comportare dei meccanismi formali per condurre inchieste su tu�i i fa�i che hanno implicato l’impiego di armi da fuoco.

Richieste e reclami

Regola 70

Questa Regola opera una ne�a distinzione tra la presenta-zione di una richiesta e quella di un reclamo. I detenuti devono avere sufficienti possibilità di presentare richieste e reclami sia all’interno che all’esterno del sistema penitenziario. Le autorità penitenziarie non devono ostacolare la formulazione di richieste o reclami (e nemmeno punire i detenuti che utilizzano questa procedura) ma facilitare l’esercizio effe�ivo dei diri�i enuncia-ti nella presente Regola. Ciò non impedisce di predisporre dei meccanismi giuridici che perme�ono di tra�are sommariamente delle questioni minori.

Le richieste dei detenuti riguardano la concessione di favori o di servizi che non sono loro dovuti per diri�o, ma che l’ammi-nistrazione penitenziaria o l’autorità competente possono conce-dere. Per esempio, in taluni sistemi penitenziari, sono possibili delle visite supplementari, ma i detenuti non ne hanno diri�o. Similmente, un detenuto può formulare una richiesta per o�ene-re un permesso di uscita per assistere al funerale di un parente prossimo, o per o�enere un trasferimento in un determinato isti-tuto, o una determinata sezione di un istituto. Spesso, il dire�ore è competente per prendere una decisione, ma in taluni sistemi, le richieste specifiche devono essere tra�ate dalle autorità giudizia-rie o a livello di ministero.

I reclami sono contestazioni formali delle decisioni, delle azioni o della mancanza di azioni dell’amministrazione peniten-ziaria o di altre autorità competenti. In certi sistemi, si parla di “contestazioni” o di “ricorsi”. Tu�avia, nella presente Regola, il termine “ricorso” designa unicamente l’azione in giustizia dire�a

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contro il rige�o di una richiesta o di un reclamo.

Per di più, possono essere previste delle procedure di re-clamo specifiche. Idealmente, il diri�o interno dovrebbe anche perme�ere ai detenuti di indirizzare dei reclami alle istanze disci-plinari nazionali in materia sanitaria, concernenti una decisione, un’azione o un’omissione del personale medico.

La presente Regola non impone di presentare le richieste o i reclami in forma scri�a. Tenuto conto dell’analfabetismo di mol-ti detenuti, il detenuto dovrebbe poter chiedere di incontrare il funzionario o l’organo competente al fine di trasme�ere ad esso la richiesta o il reclamo verbalmente (CPT/Inf (96) 18 – Visita in Slovenia nel 1995); spe�erà poi a tali autorità me�erli in forma scri�a.

Le autorità competenti dovrebbero esaminare le richieste e i reclami rapidamente, e rispondervi in maniera motivata, indican-do chiaramente se saranno ado�ate delle misure e se sì, quali. Ciò vale anche per le richieste e i reclami formulati dalla famiglia di un detenuto o dalle organizzazioni menzionate alla Regola 70.6.

Poiché i reclami possono condurre le parti interessate ad assumere a�eggiamenti ostili che possono nuocere alle relazioni tra i detenuti e il personale, appare saggio tentare dapprima di risolvere la vertenza a�raverso una mediazione. Ciò presuppone l’introduzione di un meccanismo di mediazione nella legisla-zione penitenziaria. La funzione di mediatori potrebbe essere affidata, per esempio, ad un membro della commissione locale di sorveglianza o ad un’autorità giudiziaria. Il detenuto conserva il diri�o di inoltrare un reclamo formale se il confli�o non viene risolto con la mediazione. Il diri�o nazionale può prevedere che i reclami che concernono questioni minori siano irricevibili.

Le richieste sono so�oposte all’amministrazione penitenziaria o ad un’altra autorità competente a pronunciarsi sulla questione. I detenuti devono poter indirizzare reclami ad ogni autorità inca-

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ricata dell’ispezione o della supervisione degli istituti, qualunque siano i reclami inoltrati precedentemente o contemporaneamen-te. Se questa autorità non è abilitata a tra�are il reclamo, lo deve trasme�ere all’istanza competente.

I reclamanti devono essere autorizzati a comunicare in modo confidenziale con le autorità indipendenti incaricate di esamina-re i reclami e i ricorsi e le decisioni prese da tali autorità devono essere accessibili ai detenuti.

Le richieste e i reclami dovrebbero essere registrati nell’inte-resse della stessa amministrazione penitenziaria e per gli orga-nismi di ispezione che visitano gli istituti penitenziari. (CPT/Inf (2002) 1 – Visita in Bulgaria nel 1999 e CPT/Inf (2001) 20 – Visita nel-l’ex-Repubblica jugoslava di Macedonia nel 1998). L’analisi del conte-nuto delle richieste e dei reclami può contribuire a migliorare le gestione dell’istituto.

Il diri�o di presentare richieste e reclami è, di regola, accor-dato ai detenuti, ma il diri�o interno può autorizzare una terza persona ad agire in nome del detenuto, segnatamente quando il suo stato mentale o fisico gli impedisce di farlo o se il detenuto non è rappresentato da un avvocato. La famiglia del detenuto è abilitata ad inoltrare un reclamo denunciando presunte violazio-ni dei diri�i del detenuto; mentre le organizzazioni di difesa degli interessi della popolazione penitenziaria possono esservi autoriz-zate dal dire�ore dell’istituto. La Regola 70.6 prevede tu�avia che il detenuto si può opporre a ciò.

Se, dopo che il suo ricorso interno è stato respinto, un recla-mante vince la causa davanti ad un’autorità indipendente ester-na, deve avere la garanzia che la decisione di questa autorità sarà eseguita rapidamente ed in modo completo da parte dell’ammi-nistrazione penitenziaria.

Per garantire l’esercizio effe�ivo del diri�o di ricorso do-vrebbero essere forniti ai detenuti i formulari per i reclami, il

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materiale di cancelleria e, se del caso, i francobolli. I formulari per i reclami dovrebbero essere messi a disposizione dei detenuti in luoghi appropriati (per esempio la biblioteca) evitando loro una specifica richiesta. Bisogna me�ere a punto un sistema di trasmissione che eviti al detenuto di dover consegnare la busta con materiale riservato al personale penitenziario. (CPT/Inf (91) 15 – Visita al Regno-Unito : Inghilterra e Galles 1990).

E’ fondamentale che il detenuto possa comunicare in modo confidenziale con gli organismi nazionali ed internazionali abilitati a ricevere i reclami. La Regola non impone un model-lo unico di procedura per esaminare i reclami, ma enuncia le condizioni esenziali che de�e procedure devono soddisfare af-finché siano considerate dei ricorsi effe�ivi ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione (vedi il caso Van der Ven c. Paesi-Bassi, richiesta n° 50901/99 – 04/02/2003). Ciò che conta, è che la proce-dura di reclamo giunga ad una decisione definitiva, a cara�ere obbligatorio, presa da un’autorità indipendente. Gli Stati membri hanno ampi margini decisionali per designare l’autorità indipen-dente incaricata di esaminare i reclami. Può essere un mediatore o un giudice (giudice dell’applicazione delle pene o giudice del-l’esecuzione delle pene o giudice supervisore), un procuratore di sorveglianza, un tribunale o un avvocato d’ufficio (CPT/Inf (2002) 14 – Visita in Georgia nel 2001).

Le autorità incaricate di esaminare i reclami dovrebbero scambiare regolarmente i loro punti di vista e le loro esperienze, con lo scopo di armonizzare, nella misura del possibile, la loro prassi (CPT/Inf (96) 9 – Visita in Spagna nel 1991).

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Parte V

Direzione e personale

Il carcere quale servizio pubblico

Regola 71

Questa Regola stabilisce che gli istituti penitenziari devono essere posti so�o la responsabilità di autorità pubbliche ed es-sere separate dall’esercito, dalla polizia e dai servizi di indagine penale. Gli istituti penitenziari devono essere posti so�o il con-trollo del potere civile. La detenzione fa parte delle procedure della giustizia repressiva e nelle società democratiche le decisioni di detenzione sono prese da giudici indipendenti. Gli istituti penitenziari non dovrebbero essere amministrati dire�amente dall’esercito né da nessun altro potere militare. In alcuni paesi la direzione dell’amministrazione penitenziaria è assicurata da un membro delle forze armate in servizio a�ivo, distaccato o asse-gnato temporaneamente a questo incarico. In questi casi, questa responsabilità deve essere assunta a titolo civile.

È importante effe�uare una separazione organizzativa chiara tra polizia e amministrazione penitenziaria. Nella maggior parte degli Stati europei, la polizia dipende dal Ministero dell’interno, mentre l’amministrazione penitenziaria dal Ministero della giu-stizia. Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha indi-cato che “deve essere fa�a una ne�a distinzione tra il ruolo della polizia e quello del sistema giudiziario, del pubblico ministero e del sistema penitenziario” (Raccomandazione (2001) 10, Codice europeo di etica della polizia).

Regola 72

Questa Regola so�olinea l’aspe�o etico dell’amministrazione penitenziaria. In assenza di un’etica forte, una situazione in cui un gruppo si vede concedere un sostanziale potere su un altro

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può facilmente scivolare verso una situazione di abuso. Il rispe�o dell’etica non deve cara�erizzare solamente il comportamento in-dividuale del personale penitenziario nei confronti dei detenuti.

I responsabili degli istituti penitenziari e dei sistemi peniten-ziari devono dar prova di un grande discernimento e di una forte determinazione per assicurare, nel rispe�o delle più alte norme etiche, il difficile lavoro della gestione degli istituti penitenziari.

Lavorare in un istituto penitenziario esige dunque una com-binazione di talento personale e di competenze professionali. Il personale penitenziario deve fare appello alle sue qualità umane quando tra�a con i detenuti, al fine di agire con imparzialità, umanità e giustizia.

Regola 73

Questa Regola me�e l’accento sul dovere delle autorità pe-nitenziarie di assicurare il rispe�o delle Regole stabilite per il personale.

Regola 74

Questa Regola disciplina i rapporti tra il personale a dire�o conta�o con i detenuti e questi ultimi. Tale personale deve essere ogge�o di una particolare a�enzione a causa della dimensione umana del conta�o con i detenuti.

Regola 75

Questa Regola ha per ogge�o il comportamento dei membri del personale durante l’esercizio delle loro funzioni. Essi devono tra�are i detenuti in modo conveniente, umano e giusto, garan-tire la loro sicurezza, prevenire le evasioni, mantenere l’ordine e offrire ai detenuti la possibilità di fare buon uso del loro periodo di detenzione per favorire il loro reinserimento sociale. Questi compiti esigono competenza e integrità e coloro che li assumono devono sforzarsi di conquistare il rispe�o dei detenuti. Bisogna fare affidamento su alte norme etiche e professionali di tu�o il

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personale penitenziario, in particolare di coloro il cui lavoro, qualunque esso sia, li porta ad entrare in conta�o dire�o con i detenuti.

Selezione del personale penitenziario

Regola 76

Questa Regola si riferisce alla selezione, alla formazione e alle condizioni di assunzione del personale penitenziario. La questio-ne dell’assunzione riveste un’importanza particolare. Le autorità penitenziarie dovrebbero ado�are una politica chiara per inco-raggiare le candidature di persone che soddisfano i requisiti ri-chiesti e che sono informate delle regole etiche richieste.

Numerose autorità penitenziarie incontrano gravi difficoltà ad assumere personale di qualità, a causa, in particolare, dei sala-ri bassi, della poca valorizzazione di tale lavoro da parte della so-cietà, della concorrenza di altre forze dell’ordine, come la polizia. Le autorità penitenziarie dovranno intraprendere una politica a�iva di assunzione.

Regola 77

Questa Regola si riferisce ai criteri di selezione del personale penitenziario. L’amministrazione penitenziaria deve me�ere in a�o una procedura chiara che perme�a di valutare le qualità umane e l’integrità dei candidati, la loro probabile reazione di fronte a situazioni difficili e fare in modo che solo i candidati ada�i siano effe�ivamente selezionati.

Regola 78

Questa Regola deriva dalla Regola 71. Se si vuole che il per-sonale sia legato stabilmente al suo lavoro, occorre garantirgli la sicurezza dell’impiego. Nei paesi in cui gli istituti penitenziari sono gestiti da imprenditori privati, i membri del personale penitenziario impiegato dovrebbero avere l’approvazione da parte delle autorità penitenziarie pubbliche prima di lavorare

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dire�amente con i detenuti e dovrebbero essere impiegati a titolo permanente.

Regola 79

Questa Regola so�olinea la necessità di garantire al personale penitenziario una remunerazione e delle condizioni di lavoro al-le�anti. La valorizzazione di una professione dipende in grande misura dalla remunerazione. Bisogna che i governi riconoscano il diri�o del personale penitenziario ad una remunerazione appro-priata e in relazione con il cara�ere di servizio pubblico del loro lavoro in un istituto penitenziario, ed anche la natura complessa e talvolta pericolosa di tale lavoro, tenendo conto del fa�o che un livello di remunerazione insufficiente può aprire la strada alla corruzione.

In numerosi paesi, gli istituti penitenziari sono costruiti in luoghi isolati, privando così il personale penitenziario e le relati-ve famiglie di un agevole accesso alle scuole, ai centri medici, agli spazi commerciali e ad altri luoghi di a�ività sociali. Inoltre, il personale penitenziario è talvolta obbligato ad acce�are regolari trasferimenti in istituti che possono essere molto lontani, provo-cando ogni volta lo sradicamento della famiglia. In certi Stati il personale penitenziario desidera restare alle dipendenze del Ministero dell’interno per beneficiare di uno status con maggiori tutele (la gratuità delle cure mediche, dell’educazione, dell’ap-partamento, dei trasporti e ferie pagate) In queste circostanze, i vantaggi accordati all’assunzione sono altre�anto importanti del livello di remunerazione offerto, e dovrebbero essere ogge�o di un a�ento esame.

Regola 80

Questa Regola concerne l’impiego di personale a tempo par-ziale. Nei piccoli istituti penitenziari, potrebbe essere necessario assumere personale a tempo parziale, in particolare per i lavori specialistici. Queste persone dovrebbero beneficiare delle stesse condizioni di impiego, proporzionalmente al loro tempo di lavo-

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ro, dei loro colleghi a tempo pieno.

Formazione del personale penitenziario

Regola 81

Questa Regola enuncia le condizioni della formazione di base dei candidati neoassunti. Tale formazione deve essere adeguata e deve sensibilizzarli alla dimensione etica del lavoro.

Il personale deve ricevere la formazione tecnica necessaria ed essere cosciente delle esigenze in materia di sicurezza. Bisogna inoltre insegnare quali informazioni occorre trasme�ere nella forma scri�a e come redigerle.

La formazione opportuna del personale è un’esigenza che inizia fin dall’assunzione e che prosegue fino alla pensione. Qua-lunque sia la loro età ed il loro livello, i membri del personale dovrebbero accedere ad un regolare aggiornamento.

La formazione dovrebbe comprendere anche lo studio delle numerose norme internazionali e regionali dei diri�i dell’uomo sulla privazione di libertà. (norme prodo�e dalla Corte europea del Diri�i dell’Uomo, e dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT))

Sistema di gestione dell’istituto penitenziario

Regola 82

Questa Regola ricorda che è proibita ogni discriminazione in materia di assunzione del personale penitenziario. Le donne do-vrebbero avere le stesse opportunità di lavoro degli uomini e be-neficiare degli stessi salari, della stessa formazione e delle stesse possibilità di carriera e di assegnazione a funzioni che richiedono a�itudini specifiche. I medesimi principi devono essere applicati al personale che appartiene a minoranze razziali, culturali, reli-giose o sessuali. In alcuni istituti, una importante percentuale di

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detenuti proviene da tali minoranze e le autorità penitenziarie dovrebbero pertanto sforzarsi di assumere, in proporzioni suffi-cienti, personale appartenente alle stesse minoranze.

Regola 83

Questa Regola richiede che gli Stati membri si assicurino che gli istituti penitenziari siano gestiti secondo norme conformi agli strumenti internazionali dei diri�i dell’uomo. Un modo per raggiungere questo scopo è quello di instaurare un sistema di controllo interno e di ispezione che perme�a di verificare che il diri�o interno sia effe�ivamente applicato a livello locale. Questo sistema di controllo interno deve essere distinto e complementare a quello della commissione di sorveglianza indipendente men-zionata nella Parte VI delle Regole.

La disposizione 83.b si riferisce alla necessità di stabilire una buona comunicazione tra istituti penitenziari e all’interno di essi. Considerata la complessità sempre maggiore del funzionamento quotidiano degli istituti penitenziari e del regolamento peniten-ziario, il personale dire�ivo deve facilitare e incoraggiare una modalità di lavoro che perme�a lo scambio di informazioni e di esperienze tra i membri del personale, per poter farne beneficiare i detenuti che sono so�o la loro sorveglianza.

Regola 84

Questa Regola riguarda i dire�ori di istituto. Considerato il contenuto delle precedenti Regole sulla necessità per il dire�ore di definire un obie�ivo, di possedere l’a�itudine al comando e di difendere una certa idea dell’uomo, ogni istituto dovrebbe esse-re dotato di un dire�ore accuratamente selezionato in funzione delle sue a�itudini a svolgere un compito tra i più difficili del servizio pubblico.

Regola 85

Si ritiene che l’equilibrio tra uomini e donne a livello del per-

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sonale penitenziario abbia un effe�o positivo e contribuisca alla normalizzazione della vita in istituto. Questo equilibrio dovrebbe anche servire a ridurre i rischi di aggressione sessuale o di mal-tra�amento dei detenuti.

Regola 86

Questa Regola concerne la necessità di organizzare delle con-sultazioni sulle condizioni di lavoro tra i responsabili ed il per-sonale. Il fa�o che il sistema penitenziario sia un’organizzazione gerarchica non giustifica in nessun modo che il personale sia trat-tato ingiustamente oppure senza rispe�o per le sue funzioni. Nel-la maggior parte dei paesi il personale è autorizzato ad aderire ad un sindacato. In assenza del sindacato, il personale dovrebbe almeno me�ere in a�o un meccanismo di negoziato riconosciuto dalle autorità penitenziarie. I capi dei sindacati ed altri rappre-sentanti del personale non dovrebbero essere penalizzati per le loro a�ività di portavoce dei loro colleghi.

Regola 87

Gli istituti penitenziari sono istituzioni dove il fa�ore umano è prioritario e dove le relazioni interpersonali sono primordiali. La Regola 87 so�olinea che il loro funzionamento si basa su una buona comunicazione.

Nella maggioranza degli istituti, gli stranieri costituiscono un parte non trascurabile della popolazione penitenziaria e molti fra questi non parlano la lingua del paese. Il dire�ore e buona parte del personale dovrebbe parlare la lingua della maggioranza dei detenuti. Tu�avia, anche i bisogni degli altri detenuti devono essere presi in considerazione e una certa proporzione del per-sonale dovrebbe parlare la lingua delle minoranze presenti in grande numero negli istituti penitenziari. Quando è necessario, si dovrebbe poter ricorrere ai servizi di un interprete così come previsto dalla disposizione 37.4.

Regola 88In un numero ristre�o di Stati membri, alcuni istituti peni-

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tenziari sono a�ualmente gestiti da imprese private. La Regola 88 so�olinea che tu�e le regole penitenziarie europee, senza eccezio-ne, si applicano anche a questi istituti penitenziari.

Personale specializzato

Regola 89

Questa regola stabilisce la necessità che, per il bene dei de-tenuti, l’istituto penitenziario si doti di un numero sufficiente di specialisti in diversi campi. La salute è un aspe�o importante negli istituti penitenziari e i detenuti hanno diri�o a cure medi-che soddisfacenti. La Parte III delle Regole tra�a questo punto in modo più de�agliato. Un modo per garantire ai detenuti cure me-diche soddisfacenti è quello di fare in modo che un medico con le qualifiche richieste sia sempre disponibile in caso di urgenza medica.

Se gli istituti penitenziari devono svolgere la loro funzione e favorire il reinserimento dei detenuti, devono dotarsi di per-sonale specializzato in proporzione sufficiente. Questi specialisti dovrebbero lavorare in modo complementare e a fianco del per-sonale incaricato della sorveglianza dei detenuti. Dato che quasi tu�i i detenuti un giorno si reinseriranno nella colle�ività locale, bisogna incoraggiare dei volontari di questa comunità locale a partecipare alle a�ività proposte ai detenuti.

Sensibilizzazione del pubblico

Regola 90

Questa Regola so�olinea l’importanza di sensibilizzare il pubblico e i media ai principi etici che orientano la gestione degli istituti penitenziari. L’Amministrazione penitenziaria dovrebbe intra�enere buoni rapporti con il pubblico e i media locali ed informarli regolarmente sulla realtà quotidiana dell’universo penitenziario. Le amministrazioni penitenziarie dovrebbero in-coraggiare i dire�ori degli istituti penitenziari ad incontrare re-

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golarmente gli organismi e le associazioni della società civile, in particolare le organizzazioni non governative, invitandole a visi-tare gli istituti se lo ritengono opportuno. Anche i rappresentanti dei mezzi di comunicazione e delle colle�ività locali dovrebbero essere invitati a visitare gli istituti penitenziari, pur ado�ando le misure necessarie per proteggere la vita privata dei detenuti.

Ricerche e valutazioni

Regola 91

Le presenti Regole rappresentano la terza versione dell’in-sieme conosciuto dal 1973 con il nome “Regole penitenziarie europee”. Queste Regole saranno probabilmente ulteriormente aggiornate in funzione dell’evoluzione della società civile, del-l’aumento della giurisprudenza della CEDU e dei rapporti del Comitato per la prevenzione della tortura e delle pene o trat-tamenti inumani o degradanti. La Regola 91 riconosce questo incoraggiando lo sviluppo di un programma di ricerca e di va-lutazione che verta sullo scopo della detenzione, sul suo ruolo in una società democratica e sul grado in cui il sistema penitenziario raggiunge la sua missione.

Parte VI

Ispezione e sorveglianza

Regole 92 e 93

Queste Regole tendono a stabilire una chiara distinzione tra l’ispezione degli istituti penitenziari da parte di organismi gover-nativi responsabili dell’utilizzazione effe�iva e pertinente del bu-dget stanziato, e il controllo delle condizioni di detenzione e del tra�amento dei detenuti da parte di un organismo indipendente.

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I rapporti delle ONG nazionali ed internazionali, gli abusi messi in evidenza dal CPT e un certo numero di decisioni della CEDU dimostrano che anche nei paesi dove i sistemi penitenziari sono meglio sviluppati e relativamente trasparenti, la sorveglian-za indipendente delle condizioni di detenzione e del tra�amento dei detenuti è essenziale per la prevenzione dei tra�amenti inu-mani e ingiusti e per il miglioramento della qualità di vita e della gestione degli istituti penitenziari. La creazione di commissioni nazionali e indipendenti di sorveglianza, che si aggiungono ai di-spositivi di ispezione governativi, non dovrebbe essere conside-rata come l’espressione di una sfiducia nei confronti della qualità del controllo governativo, ma come un mezzo supplementare ed efficace per evitare che i detenuti siano vi�ime di maltra�amen-ti.

Queste Regole sono conformi alle esigenze del protocollo facoltativo alla Convenzione contro la tortura e altre pene o tra�amenti crudeli inumani o degradanti (riferimento UN-CAT : GA res A/RES/57/199, ado�ato il 18 dicembre 2002), riguardante la creazione e il funzionamento di meccanismi nazionali di pre-venzione, denominati in queste Regole “istanze indipendenti di sorveglianza”.

Le Regole penitenziarie europee perme�ono a queste com-missioni di sorveglianza di assumere diverse forme. Alcuni paesi optano per un mediatore penitenziario, altri per una commissio-ne nazionale di supervisione. Le Regole non proibiscono la crea-zione di altri tipi di istanze, a condizione che siano indipendenti ed in grado di svolgere la propria funzione.

Ispezione da parte del governo

Regola 92

Questa Regola usa l’espressione “organismo governativo” che è neutra. Questi organismi possono essere annessi a un mi-nistero, per esempio al Ministero della Giustizia e dell’Interno, o a più ministeri. L’essenziale è che ogni organismo di questo tipo o ogni ispe�orato sia creato dalla più alta autorità e dipenda da quest’ultima.

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Le modalità di funzionamento degli organismi governativi di ispezione vanno dalla semplice verifica della tenuta dei registri alle visite minuziose e puntuali sul posto, includendo tu�i gli aspe�i della gestione degli istituti e del tra�amento dei detenuti. Bisogna che le conclusioni di queste ispezioni siano comunicate tempestivamente alle autorità competenti e messe a disposizione delle altri parti interessate.

Le presenti Regole non definiscono l’organizzazione dei mec-canismi di sorveglianza e la pianificazione delle ispezioni, poiché questi compiti spe�ano alle autorità governative.

Controllo indipendente

Regola 93

Negli Stati membri del Consiglio d’Europa, la sorveglianza indipendente delle condizioni di detenzione può assumere di-verse forme. In alcuni paesi, è un mediatore che detiene il potere necessario per svolgere questo compito; in altri, questa missione è affidata alle autorità giudiziarie che hanno, inoltre, la competen-za di ricevere ed evadere i ricorsi dei detenuti. Questa Regola non ha lo scopo di descrivere una sola forma di sorveglianza, ma pone l’accento sulla necessità che questa sorveglianza indipendente sia di grande qualità. Ciò presuppone che queste istanze nazionali di sorveglianza possano contare su un personale qualificato e far ricorso ad esperti indipendenti.

Bisogna che le conclusioni di queste istanze, come pure le eventuali osservazioni formulate dalla direzione dell’istituto interessato, siano portate a conoscenza del pubblico. I rapporti delle istanze di sorveglianza possono contenere proposte e osser-vazioni relative alla legislazione in vigore o a proge�i di legge.

Gli organismi indipendenti di sorveglianza dovrebbero esse-re incoraggiati a trasme�ere copie dei loro rapporti, come pure le risposte dei governi interessati, agli organismi internazionali

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competenti ad osservare la situazione penitenziaria o ad ispe-zionare gli istituti, come il Comitato europeo per la prevenzione della tortura. Queste informazioni possono aiutare gli organismi internazionali a pianificare le loro visite e perme�ono loro di avere regolarmente il polso dei sistemi penitenziari nazionali. Considerate le limitate risorse finanziarie e il numero crescente di Stati da visitare, gli organismi internazionali devono basarsi sempre più sui conta�i con gli organismi nazionali di sorveglian-za indipendenti.

In molti sistemi penitenziari, gli istituti sono ispezionati, in un modo o nell’altro, da commissioni di visitatori, costituite da volontari (professionisti) reclutati nella comunità locale. La mag-gior parte delle volte, i membri di queste commissioni effe�uano a turno delle visite negli istituti penitenziari, consigliano i dete-nuti in merito alle loro preoccupazioni e alle loro lagnanze e agi-scono, nella maggior parte dei casi, come mediatori nei confronti dei responsabili penitenziari per trovare delle soluzioni.

Benché sembri evidente che l’esistenza di commissioni locali garantisca una sorveglianza più intensa e completa, la presa in carico della sorveglianza indipendente da parte di un’istanza nazionale potrebbe risultare sufficiente nei piccoli stati con pochi istituti e una popolazione penitenziaria rido�a.

Parte VII

Detenuti non condannati (imputati)

Status degli imputati

Regola 94

Questa Regola è innanzitu�o una definizione. Essa comporta che un detenuto condannato in via definitiva ad una pena deten-tiva per un reato, ma in a�esa di una decisione per un altro reato, dovrebbe essere considerato come condannato.

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Approccio applicabile agli imputati

Regola 95

Questa Regola descrive in termini positivi l’approccio fonda-mentale applicabile agli imputati. Essa so�olinea il loro diri�o ad un tra�amento corre�o poiché i loro diri�i non possono essere ristre�i in quanto non sono stati riconosciuti colpevoli di nessun reato. La CEDU ha so�olineato che questa presunzione si appli-ca anche allo status giuridico che regola i diri�i dei detenuti ed il loro tra�amento da parte dei sorveglianti (Iwanczuk c. Polonia (caso 25196/94) paragrafo 5). Devono beneficiare della protezione dello Stato

Tu�i i detenuti non condannati hanno il diri�o alla presun-zione di innocenza. La disposizione 95.2 enuncia quindi le garan-zie supplementari per essi.

La disposizione 95.3 so�olinea che gli imputati hanno il di-ri�o di beneficiare di tu�e le protezioni elencate nella Parte II e di partecipare alle a�ività quali lavoro, a�ività fisiche e a�ività ricreative menzionate. La Parte VII ha genericamente lo scopo di aiutare i detenuti non condannati a meglio conoscere ed a esigere le garanzie supplementari cui il loro status dà diri�o.

Locali di detenzione

Regola 96

Questa Regola riafferma la fondatezza della detenzione in cella individuale (cfr. disposizione 18.5) per quanto a�iene ai detenuti non condannati. Dato che il loro periodo di detenzione é spesso abbastanza breve, dovrebbero disporre di celle singole. Nella misura in cui i detenuti non condannati trascorrono spesso molto più tempo in cella degli altri detenuti, queste celle devono essere di dimensioni sufficienti.

Bisogna assicurarsi che anche le persone detenute per poco

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tempo possano partecipare alle a�ività fisiche, alle a�ività ricrea-tive e alle a�ività in comune, così come richiesto nella Parte II, in modo da evitare che la sistemazione in cella individuale non si trasformi in un isolamento.

Vestiti

Regola 97

Questa Regola deve essere le�a nel contesto della Regola 20. Essa so�olinea che i detenuti non condannati hanno il diri�o di indossare i loro abiti. Se non possiedono vestiti adeguati, le autorità penitenziarie devono fornire loro vestiti o uniformi che perme�ano di distinguerli dai detenuti condannati.

Assistenza legale

Regola 98

Questa Regola ricorda che le autorità penitenziarie devono sforzarsi di prestare assistenza ai detenuti accusati di un reato. Deve essere le�a alla luce della Regola 23.

Conta�i con l’esterno

Regola 99

Questa Regola so�olinea che le restrizioni concernenti i con-ta�i con l’esterno devono essere meno rigide possibile nel caso dei detenuti non condannati. Questa Regola deve essere le�a nel contesto della Regola 24.

Lavoro

Regola 100

Il diri�o al lavoro è un diri�o spesso trascurato per quanto riguarda i detenuti non condannati, anche se il lavoro non do-vrebbe in nessun caso essere obbligatorio. La sola eccezione, in

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conformità alle regole di igiene elencate nella disposizione 19.5, riguarda la possibilità di imporre ai detenuti di curare la pulizia della loro persona, dei vestiti e del loro alloggio. La Regola 100 so�olinea l’importanza di fornire anche ai detenuti non condan-nati la possibilità di lavorare e insiste sulla necessità di garantire un tra�amento corre�o e di concedere una remunerazione equa.

Accesso al regime dei condannati

Regola 101

Questa Regola riconosce la possibilità, per i detenuti non condannati che lo desiderino, di accedere, prima della decisione del tribunale, allo stesso regime di tra�amento e di formazione dei condannati, per esempio nel caso di reati legati alla tossicodi-pendenza, all’alcolismo o di natura sessuale. Bisogna informare i detenuti non condannati in merito ai tra�amenti e le formazioni di cui possono beneficiare durante il periodo della loro detenzio-ne, affinché ne possano fare richiesta.

Parte VIII

Obie�ivi del regime dei condannati

Regola 102

Questa Regola elenca gli obie�ivi del regime applicabile ai detenuti in termini semplici e positivi. Essa me�e l’accento sul-l’elaborazione di misure e di programmi per i condannati basati più sullo sviluppo del senso di responsabilità che sulla stre�a prevenzione della recidiva.

Questa nuova Regola è conforme alle esigenze degli stru-menti internazionali quali l’articolo 10(3) del Pa�o internazionale sui diri�i civili e politici (PIDCP), che stabilisce che « il regime

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penitenziario comporta un tra�amento dei condannati il cui fine essenziale è il loro ravvedimento e la loro riabilitazione sociale. » Tu�avia, a differenza del PIDCP, la formulazione utilizzata dalla Regola 102 evita di proposito l’impiego del termine “ravvedimen-to”, che potrebbe conferire al tra�amento un cara�ere moralizza-tore. Al contrario, essa pone l’accento sull’importanza di dare ai condannati, spesso provenienti da ambienti svantaggiati, il gusto e i mezzi per condurre una vita responsabile e nella legalità.

A tale proposito la Regola 102 offre lo stesso approccio della Regola 58 delle Regole minime delle Nazioni Unite per il tra�a-mento dei detenuti. Si tra�a di una Regola che favorisce l’applica-zione delle regole che seguono. Questa nuova Regola sostituisce le a�uali regole 64 e 65, i cui principi generali applicabili a tu�i i detenuti sono contenuti nella Parte I e II delle nuove Regole.

Applicazione del regime dei condannati

Regola 103

Questa Regola si discosta dagli obie�ivi abituali dei regimi penitenziari per quanto riguarda i detenuti condannati. Insiste sulla necessità di prevedere il loro tra�amento e la loro forma-zione sufficientemente presto affinché possano partecipare alla pianificazione del loro periodo di detenzione approfi�ando così al massimo dei programmi e delle agevolazioni offerte. La pia-nificazione della pena vi si iscrive come un elemento cruciale; tu�avia, si amme�e che tali piani debbano essere elaborati per i detenuti che scontano una pena di breve durata. E’ importante che tale pianificazione si basi su informazioni pertinenti, prove-nienti da fonti degne di fede e diversificate. Essa deve tener conto delle valutazioni fa�e dai servizi dell’esecuzione penale esterna o da altri organismi, se queste valutazioni sono disponibili.

La Regola 103 dà anche un’idea delle diverse strategie possi-bili per un regime di questo tipo. I programmi (lavoro, istruzione e altre a�ività) sono menzionati allo stesso modo che nelle altre regole di questa Parte, ma non costituiscono l’unica strategia di-

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sponibile. La disposizione 103.5 insiste sull’importanza di preve-dere, se necessario, l’intervento di medici, psicologi e di operatori sociali, a complemento di questi programmi.

La disposizione 103.7 precisa che una pianificazione sistema-tica di regolari permessi penitenziari deve far parte integrante del tra�amento generale dei detenuti. La possibilità di benefi-ciare di congedi dovrebbe essere presa in considerazione nella pianificazione dell’esecuzione della pena per i condannati, non appena divengono definitivi. Questa disposizione si ispira alla Raccomandazione 82(16) del Comitato dei Ministri sui permessi penitenziari, più de�agliata, in particolare al riconoscimento del permesso penitenziario quale fa�ore importante di reintegrazio-ne sociale.

La disposizione 103.8 prende a�o del fa�o che i programmi di giustizia riparativa sono vieppiù riconosciuti come mezzi di riparazione dire�a o indire�a dell’infrazione commessa, per quei detenuti che desiderano parteciparvi. È importante che questa partecipazione resti volontaria e non costituisca una forma indi-re�a di punizione che si aggiunge alla pena. Questa disposizio-ne fa riferimento alle norme enunciate dalla Raccomandazione 87(21) sull’aiuto alle vi�ime e la prevenzione della vi�imizzazio-ne e dalla Raccomandazione (99)19 sulla mediazione in materia penale.

La disposizione 103.9 so�olinea l’importanza della Racco-mandazione (2003)23 del Comitato dei Ministri relativa alla ge-stione da parte delle amministrazioni penitenziarie dei condan-nati a vita e di altri condannati a pene di lunga durata.

Aspe�i organizzativi della reclusione dei condannati

Regola 104

Questa Regola esige che la reclusione dei condannati sia or-ganizzata in modo da facilitare la gestione del loro regime: essi devono essere collocati e ripartiti di conseguenza. La Regola in-

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dica come me�ere in a�o i programmi previsti. Bisogna definire le fasi pratiche e l’eventuale revisione del regime inizialmente deciso per ogni detenuto.

Devono essere tenuti in considerazione gli impa�i possibili del trasferimento dei detenuti sui proge�i individuali. Al mo-mento dell’arrivo dei detenuti nell’istituto dove sono stati trasfe-riti, il loro proge�o individuale deve essere modificato al fine di prendere in considerazione ogni necessario cambiamento.

Lavoro dei condannati

Regola 105

Questa Regola tra�a del lavoro solamente dei condannati. Deve essere le�a nel contesto della Regola 26, che regola il lavoro dei detenuti in generale. La Regola 105 rifle�e l’importanza del lavoro nel regime penitenziario dei condannati, ma so�olinea anche che in nessun caso il lavoro deve costituire una forma di punizione supplementare. Tu�e le garanzie enunciate nella Re-gola 26 valgono anche per i detenuti condannati.

Benché le autorità penitenziarie abbiano ancora il diri�o di rendere il lavoro obbligatorio, questo diri�o è so�oposto a restri-zioni, in particolare le condizioni di lavoro devono essere confor-mi a tu�e le norme e a tu�i i controlli applicati all’esterno.

La disposizione 105.4 richiede che tu�i i condannati che si offrono volontari per lavorare abbiano diri�o ad una remunera-zione. Il riconoscimento di questo principio contribuirà a garan-tire che la possibilità di lavorare non costituisca un pretesto per tra�amenti di favore nella distribuzione del lavoro. Incoraggerà inoltre i condannati a offrirsi volontari sia per il lavoro che, per esempio, per la partecipazione ai programmi educativi.

La disposizione 105.5 relativa alla deduzione di una parte della remunerazione dei detenuti per la riparazione offre la pos-sibilità di applicare al regime dei condannati i metodi di giustizia

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riparativa indicati alla Regola 103.7.Istruzione dei condannati

Regola 106

Questa Regola tra�a dell’educazione unicamente dei condan-nati. Deve essere le�a nel contesto della Regola 283 che enuncia le disposizioni generali relative all’istruzione dei detenuti. La Re-gola 106 so�olinea il ruolo centrale dell’istruzione e della forma-zione professionale nel regime dei condannati e insiste sul dovere delle autorità penitenziarie di stabilire dei programmi educativi adeguati e di incoraggiare i detenuti a parteciparvi.

Liberazione dei condannati

Regola 107

La Regola 107.1 completa, per i condannati, le disposizioni della Regola 33 relative alla liberazione dei detenuti in generale. La Regola 107 dovrebbe essere messa in parallelo con la Racco-mandazione (2003)22 del Comitato dei Ministri concernente la liberazione condizionale. Come esige quella Raccomandazione, bisogna aiutare i condannati a reinserirsi nella società, nel ri-spe�o delle leggi. I programmi di preparazione alla liberazione dovrebbero focalizzarsi su questo obie�ivo e stabilire un legame con la comunità come indicato dalla Regola 107 e, in modo più de�agliato, dalla Raccomandazione (2003)22.

Gli “organismi” menzionati nella disposizione 107.4 com-prendono in particolare i servizi di probation, poiché se un dete-nuto è scarcerato in liberazione condizionale, è importante che le autorità penitenziarie cooperino con l’organismo incaricato della

3 Correzione apportata dal Tradu�ore.

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supervisione della liberazione condizionale.Parte IX

Aggiornamento delle Regole

Regola 108

Le conoscenze relative alle migliori prassi penitenziarie evol-vono continuamente, ed è fondamentale che le Regole peniten-ziarie europee tengano conto di tale evoluzione. Bisogna quindi creare un meccanismo che perme�a di aggiornare regolarmente le Regole. Questi aggiornamenti si basano sulla ricerca scientifi-ca e su di un esame minuzioso della relazione tra le Regole e gli altri strumenti, norme e raccomandazioni applicabili in materia penitenziaria. La necessità di un aggiornamento delle Regole penitenziarie europee à stata posta dalla Risoluzione 4 della 26a Conferenza dei Ministri europei della Giustizia (MJU-26 (2005) Risoluzione 4 definitiva, paragrafo 11).

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TAVOLE DI RAFFRONTOtra gli articoli dell’Ordinamento penitenziario italiano e gli

articoli delle Regole penitenziarie europee che riguardano gli stessi argomenti oppure materie omogenee.

ORDINAMENTO PENITENZIARIOITALIANO

Legge 26-7-1975 n. 354Norme sull’ordinamento penitenziario e sul-l’esecuzione delle misure privative e limitati-ve della libertà.

REGOLE PENITENZIARIE EUROPEE

Allegato alla Racc. (2006) 2 ado�ata dal Consiglio d’Eu-ropa – Comitato dei Ministri l’11 gennaio 2006.

TITOLO ITRATTAMENTO PENITENZIARIO

Parte I - Principi fondamen-tali,Parte II - Condizioni di de-tenzioneParte III - SaluteParte IV - OrdineParte VII - Detenuti impu-tatiParte VIII - Detenuti con-dannati

Capo IPrincìpi dire�ivi

1. Tra�amento e rieducazione.Da 1 a 9, 13, 51, 52, 56, 72, 95, 101, 102, 103

2. Spese per l’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza detentive.

3. Parità di condizioni fra i detenuti e gli internati.

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4. Esercizio dei diri�i dei detenuti e degli internati.

2, 23, 98

4-bis. Divieto di concessione dei benefìci e accertamento della pericolosità sociale dei condannati per taluni deli�i.

53

Capo IICondizioni generali

5. Cara�eristiche degli edifici penitenziari. 17

6. Locali di soggiorno e di perno�amento. 18, 96

7. Vestiario e corredo. 20, 21, 97

8. Igiene personale. 19

9. Alimentazione. 22

10. Permanenza all’aperto. 27-comma 1

11. Servizio sanitario.12,16a, 34-co2 e 3, 36, da 39 a 48, 89

12. A�rezzature per a�ività di lavoro di istruzione e di ricreazione.

27, 28-co 5 e 6, 99

Capo IIIModalità del tra�amento

13. Individualizzazione del tra�amento.16, 25, 37, 38, 101, 102, 103, 104

14. Assegnazione, raggruppamento e categorie dei detenuti e degli internati.

10-co2, 17, 18

14-bis. Regime di sorveglianza particolare. 53

14-ter. Reclamo. 53-co.7, 70

14-quater. Contenuti del regime di sorveglianza particolare.

51, 53

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15. Elementi del tra�amento. Da 24 a 29, 105, 106

16. Regolamento dell’istituto. 30

17. Partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa.

7, 24, 29, 90, 91, 99, 107

18. Colloqui, corrispondenza e informazione. 24, 99

18-bis. Colloqui a fini investigativi. 24-co3

18-ter. Limitazioni e controlli della corrispondenza.

53, 70, 99

19. Istruzione. 28, 106

20. Lavoro. 26, 100, 103, 105

20-bis. Modalità di organizzazione del lavoro. 26, 100, 105

21. Lavoro all’esterno. 26-co.9, 105

21-bis. Assistenza all’esterno dei figli minori. 34, 36

22. Determinazione delle mercedi. 26

23. Remunerazione e assegni familiari. 26-co. 13, 100, 105

24. Pignorabilità e sequestrabilità della remunerazione.

26, 105-co.5

25. Peculio. 26-co.11 e 12 , 31-co.5

25-bis. Commissioni regionali per il lavoro penitenziario.

26-co.17

26. Religione e pratiche di culto. 29

27. A�ività culturali, ricreative e sportive. 27

28. Rapporti con la famiglia. 24, 17-co.1

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29. Comunicazioni dello stato di detenzione, dei trasferimenti, delle mala�ie e dei decessi.

15, 24-co.6, 8 e 9

30. Permessi. 24-co.7

30-bis. Provvedimenti e reclami in materia di permessi.

70

30-ter. Permessi premio. 103-co.6

30-quater. Concessione dei permessi premio ai recidivi.

103-co.6

31. Costituzione delle rappresentanze dei detenuti e degli internati.

52-co. 3, 103-co.3

Capo IVRegime penitenziario

32. Norme di condo�a dei detenuti e degli internati. Obbligo di risarcimento del danno.

15, 25, 30, 49, 50, 59, 62, 105-co.5

33. Isolamento. 43, 60-co.5

34. Perquisizione personale. 54

35. Diri�o di reclamo. 61, 70

36. Regime disciplinare. Da 56 a 63, 70-co.4, da 71 a 75

37. Ricompense. 5

38. Infrazioni disciplinari. 57-co.2a

39. Sanzioni disciplinari. 57-co.2c, 60

40. Autorità competente a deliberare le sanzioni.

57-co.2d

41. Impiego della forza fisica e uso dei mezzi di coercizione.

da 64 a 69

41-bis. Situazioni di emergenza. 53, 70

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42. Trasferimenti. 17, 24-co.8 e 9, 32, 46

42-bis. Traduzioni. 32, 46

43. Dimissione. 33, 107

44. Nascite, matrimoni, decessi. 24-co.9

Capo VAssistenza

45. Assistenza alle famiglie. 24-co. 5

46. Assistenza post-penitenziaria. 33, 107

Capo VIMisure alternative alla detenzione e remis-sione del debito. (Articoli da 47 a 58-quater)

TITOLO IIDISPOSIZIONI RELATIVE ALLA ORGA-NIZZAZIONE PENITENZIARIA(Articoli da 59 a 91)

Parte V - Direzione e perso-nale (Articoli da 71 a 91)Parte VI - Ispezioni e con-trolli (Articoli 92 e 93)

Capo IIstituti penitenziari

59. Istituti per adulti. 10, 11, 14, 35, 36, 55

60. Istituti di custodia preventiva. 10-co.2

61. Istituti per l’esecuzione delle pene. 10-co.2

62. Istituti per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive.

10, 12, 47

63. Centri di osservazione. 48, 91

64. Differenziazione degli istituti per l’esecuzione delle pene e delle misure di sicurezza.

17-co.2

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65. Istituti per infermi e minorati. 46, 47

66. Costituzione, trasformazione e soppressione degli istituti.

71

67. Visite agli istituti. 92, 93

Capo IIGiudici di sorveglianza (Ar�. da 68 a 70-ter)

Capo II-bisProcedimento di sorveglianza (Ar�. da 71 a 71-sexies)

Capo IIIEsecuzione penale esterna ed assistenza (Articoli da 72 a 78)

Capo IVDisposizioni finali e transitorie (Ar�. da 79 a 91 fra cui l’art. 80 sul personale dell’ammi-nistrazione penitenziaria).

Parte IX - L’aggiornamento delle Regole (Art. 108).

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Bibliografia

Paola Comucci e Adonella Presu�i (a cura di), Le Regole pe-nitenziarie europee, Giuffrè Editore, Milano 1989.

Guy De Vel, Discorso di apertura in occasione della Conferenza ad hoc dei Dire�ori di Amministrazione Penitenziaria e dei Servizi per le misure alternative. Roma, 25-27 novembre 2004.

Giovanni Tamburino, Presidente del Tribunale di Sorve-glianza di Venezia, “Le nuove Regole penitenziarie europee: il contri-buto italiano”, (documento presentato nel corso della Conferenza ad hoc dei Dire�ori di Amministrazione Penitenziaria e dei Servi-zi per le misure alternative. Roma, 25-27 novembre 2004)

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