lettera aperta alla nostra confederazione · la propria busta paga, ... buste paga delle aziende...

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Periodico di approfondimento, aggiornamento e confronto tematico della ANNO 5 - N.44 NOVEMBRE 2009 Sommario LETTERA APERTA ALLA NOSTRA CONFEDERAZIONE 1 TIMBRATURE ELETTRONICHE: MANIPOLABILITà ED EVANESCENZA DELLINFORMAZIONE 3 I TERMINI DEL PREAVVISO 5 CONTRIBUTI DAI LETTORI 8 CARO ANGELETTI, DEVO DIRTI DUE COSE, ALMENO PER ORA... 10 ROSY BINDI, BERLUSCONI E LA REALTà. 11 REDAZIONALE 12 ...continua in seconda pagina Lettera aperta alla nostra Confederazione alla cortese attenzione di Guglielmo Loy Responsabile Dipartimento Politiche Migratorie Caro Guglielmo, abbiamo preso atto con profondo dispiacere della mancata partecipazione della UIL alla Manifestazione Nazionale del 17 Ottobre contro il razzismo. Purtroppo non è un caso isolato, sia a livello nazionale che milanese e lombardo. Ma la lotta contro il razzismo e l’intolleranza meritava e merita a nostro parere una consapevolezza tale da indurre ad accantonare i pur legittimi distinguo. Ed è sulla base di questo presupposto che invece noi abbiamo aderito, con la convinzione di chi pensa di fare il bene del proprio paese e non solo di rispondere a imperativi categorici di carattere morale. Ciò senza nulla togliere alla necessità di governare (non strumentalizzare) il complesso fenomeno dell’immigrazione. Il bene del paese perché l’Italia ha bisogno (il termine dovrebbe far riflettere) degli immigrati come confermano gli studi sulla popolazione dei demografi che, nella loro oggettività, dovrebbero costituire un punto di riferimento primario per tutti. Siamo di fronte cioè a un processo ineluttabile che richiede cultura di governo, politiche di integrazione, rispetto dei diritti della persona e dei bambini, senso del limite, esclusione della crudeltà gratuita. Il resto appartiene all’irresponsabile convenienza di qualche forza politica di generare paura anziché combatterla effettivamente attraverso misure credibili contro la criminalità che non richiedono strumentali distinzioni. La violenza è violenza, il crimine e i criminali vanno combattuti senza tentennamenti ed eccessivi garantismi, che

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Periodico di approfondimento,

aggiornamento e confronto tematico della

Anno 5 - n.44novembre 2009

SommarioLetterA ApertA ALLA nostrA ConfederAzione 1timbrAture eLettroniChe: mAnipoLAbiLità ed evAnesCenzA deLL’informAzione 3i termini deL preAvviso 5Contributi dAi Lettori 8CAro AngeLetti, devo dirti due Cose, ALmeno per orA... 10rosy bindi, berLusConi e LA reALtà. 11redAzionALe 12

...continua in seconda pagina

Lettera aperta alla nostra Confederazione

alla cortese attenzione di Guglielmo Loy

Responsabile Dipartimento Politiche Migratorie

Caro Guglielmo, abbiamo preso atto con profondo dispiacere della mancata partecipazione della UIL alla Manifestazione Nazionale del 17 Ottobre contro il razzismo.

Purtroppo non è un caso isolato, sia a livello nazionale che milanese e lombardo.

Ma la lotta contro il razzismo e l’intolleranza meritava e merita a nostro parere una consapevolezza tale da indurre ad accantonare i pur legittimi distinguo.

Ed è sulla base di questo presupposto che invece noi abbiamo aderito, con la convinzione di chi pensa di fare il bene del proprio paese e non solo di rispondere a imperativi categorici di carattere morale.

Ciò senza nulla togliere alla necessità di governare (non strumentalizzare) il complesso fenomeno dell’immigrazione.

Il bene del paese perché l’Italia ha bisogno (il termine dovrebbe far riflettere) degli immigrati come confermano gli studi sulla popolazione dei demografi che, nella loro oggettività, dovrebbero costituire un punto di riferimento primario per tutti.

Siamo di fronte cioè a un processo ineluttabile che richiede cultura di governo, politiche di integrazione, rispetto dei diritti della persona e dei bambini, senso del limite, esclusione della crudeltà gratuita. Il resto appartiene all’irresponsabile convenienza di qualche forza politica di generare paura anziché combatterla effettivamente attraverso misure credibili contro la criminalità che non richiedono strumentali distinzioni.

La violenza è violenza, il crimine e i criminali vanno combattuti senza tentennamenti ed eccessivi garantismi, che

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purtroppo fanno scandalo quando riguardano i poveracci e gli immigrati, ma vengono rivendicati quando coinvolgono coloro che dovrebbero dare l’esempio.

“La legge è uguale per tutti” dovrebbe essere la via maestra di un paese civile che non ha bisogno di leggi speciali che fan-no diventare delinquenti persone che non hanno fatto nulla di male, nel momento in cui si trovano in stato di estremo bisogno.

La nostra contestazione va rivolta a chi ha fatto del male gratuitamente a queste Persone. Anche sul piano pragmatico non ci vuole tanto a capire che gli immigrati sono i futuri fi-danzati e mariti, mogli e compagne di vita dei nostri figli e dei nostri nipoti come avvenne ai meridionali (e non solo) che nel secolo scorso si trasferirono al nord e agli italiani che migrarono in America del nord e del sud, in Australia e in Canada.

Le motivazioni del “perché la UIL non ha aderito” since-ramente non ci convincono.

Ci sembra di capire che tutte le volte che c’è di mezzo il governo si assumano posizioni che tendono ad attenuare la gravità di certi provvedimenti o a deresponsabilizzarlo. “l’annosa incapacità dello Stato di governare i processi e le contraddizioni” in realtà riguarda il governo che ha scelto di far scegliere alla Lega.

Strano che i tanti Craxiani che militano all’interno della UIL abbiano dimenticato l’”acido bossico” di cui parlò l’ultimo leader del Partito Socialista Italiano quando si cominciava a capire a che cosa puntava la Lega e quali strumenti utilizzava contro (allora) i meridionali (i consigli comunali dovevano autorizzare/deliberare la richiesta di residenza di chi proveniva dal sud Italia) e Roma ladrona che nel tempo, evidentemente, ha trovato fin troppo accogliente.

Poi hanno scoperto gli immigrati e in particolare quelli clandestini provenienti dal nord Africa via mare che mettono in evidenza la crudeltà e l’amoralità di questa forza politica e di chi per interesse l’ha assurdamente resa forza di governo che detta le condizioni. Sicurezza? E perché il Consiglio dei mini-stri non ha sciolto e commissariato il Consiglio Comunale di Fondi, in odore di Mafia, come richiesto dal Prefetto di quella Provincia, consentendo agli stessi amministratori dimissionari (stratagemma) di ricanditarsi?

Su che cosa si deve misurare in primo luogo l’autonomia del sindacato e tanto cara alla UIL se non sulle misure e le leggi volute dal governo e dalla lega in particolare? Non ci esponiamo perché siamo amici di Tremonti che è amico di Bossi che è il principale alleato di Berlusconi?

La tolleranza verso l’intolleranza e i pseudo moderati e riformisti che danno copertura agli intolleranti, in realtà ali-menta l’assuefazione e tende ad assorbire le misure più odiose facendole passare come legittime sul piano formale e sostanziale quando in realtà è noto a tutti che sono in contrasto con il di-ritto e le convenzioni internazionali tanto quanto lo sono con la Costituzione e i valori della nostra e delle altre confederazioni.

D’altra parte ci sembrerebbe strano che sul razzismo le confederazione debbano avere posizioni contrastanti piuttosto che comuni. Inventarsi una identità per differenza ci sembra autentica fobia.

La UILTuCS di Milano e Lombardia prende atto che la Confederazione “avvierà proprie iniziative di confronto e di approfondimento per la difesa dei diritti di tutti i cittadini”, e chiede di essere messa in calendario per un confronto costrut-tivo, di approfondimento e possibilmente chiarimento rispetto a un problema che non ammette margini di ambiguità.

Fin da adesso però vogliamo chiarire che il documento ci appare contraddittorio e tendenzioso come tutti i documenti che tendono ad affermare e negare. “Estendere la regolarizza-zione a tutti quelli che lavorano onestamente” non significa altro che trattare queste persone come cittadini di serie B nella misura in cui tutti, italiani o stranieri che siano, in mancanza di prove contrarie hanno il diritto di essere considerati cittadini onesti e quelli che lavorano in nero, perlopiù, sono vittime della illegalità diretta e indiretta di imprenditori italiani e non viceversa.

Chi e in che modo dovrebbe accertare la condizione di persona onesta?

“L’annosa incapacità dell’Italia di comprendere la comples-sità del fenomeno migratorio è una affermazione generica in quanto il problema principale, “qui e ora”, consiste nel trovarsi di fronte una ben precisa interpretazione del fenomeno da parte della lega (e del Governo per accettazione) che adotta le misure conseguenti. È inutile che ci giriamo attorno dando un colpo

al cerchio e uno alla botte.

Se è pur vero che l’Italia è un paese intossicato, bisogna chiedersi che cosa fare e con chi bonifi-carlo anziché inseguire i continui distinguo dagli “alleati naturali” che rischiano di farci apparire vicine a quelle forze che hanno intossicato il paese.

Noi della UILTuCS di Milano e Lombardia la pensiamo così ma come sempre siamo aperti al confronto argomentato e costruttivo.

Fraterni saluti.

La Segreteria della UILTuCS UIL di Milano e della Lombardia

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Questioni di ConCretezzA QuotidiAnA

Timbrature elettroniche: manipolabilità ed evanescenza dell’informazione

È innegabile: quando un lavoratore, a fine mese, ritira la propria busta paga, il suo sguardo viene irresistibilmente attratto da un invisibile campo di forza il cui centro di gravità permanente è collocato nell’angolo in basso a destra del proprio documento retributivo: nel punto esatto ove risulta stampato l’importo netto della sua retribuzione.

L’effetto secondario di questa forza di attrazione è nor-malmente un’onda depressiva che investe il lavoratore nello spazio di pochi centesimi di secondo, tempo durante il quale la percezione dell’insufficienza di quella cifra, testé letta, produce un mix di stati d’ansia, malumori ed interrogativi, collegati alla corrispondenza tra quell’importo e la fatica, il tempo dedicato ed i mille rospi ingoiati durante il mese di collaborazione con la propria azienda.

È a questo punto che il ventre ed il cuore dovrebbero lasciar spazio al cervello, affinché una lucida perlustrazione delle diverse voci della busta paga possa soppiantare lo stato di breve confusione emotiva, generando le risposte destinate ad argomentare una sacrosanta protesta o a generare una triste rassegnazione .

Per l’argomento di questo articolo, diamo per vero che le buste paga delle aziende italiane siano di semplice lettura e che siano ricche dei dettagli necessari a comprendere il senso del risultato finale (in realtà questa condizione non è quasi mai vera, ma avremo modo di occuparci di questo tema in un articolo prossimo futuro).

La busta paga racconta un mese sciatto: pochi straordi-nari, qualche ritardo, un giorno di assenza non retribuita... una realtà che non coincide perfettamente con la memoria del lavoratore che invece racconta una storia diversa, fatta di diverse giornate di prolungamento d’orario, di un permesso retribuito concordato per quel martedì di assenza per la visita del bambino, di un riposo saltato...

Dissolvere ogni dubbio dovrebbe essere molto semplice: le attività lavorative del dipendente, nella misura della loro quantità, sono normalmente soggette a registrazione.

Il lavoratore è infatti tenuto a registrare tanto l’ingresso al lavoro quanto il momento del termine del proprio turno e, in alcune aziende, anche l’inizio e la fine dell’eventuale pausa compresa all’interno del proprio turno di lavoro.

Un patrimonio di informazioni personali quotidiane che le aziende ricevono dai propri dipendenti e che costituisce la base dati di riferimento per l’elaborazione delle retribuzioni di tutto il personale.

Siamo nel terzo millennio e quello che una volta si chiamava cartellino e che era costituito da una semplice scheda cartacea mensile, su cui l’”orologio marcatempo” apponeva fisicamente le timbrature inchiostrate delle entrate e delle uscite quotidiane, è divenuto l’ormai diffusissimo “badge”, una pla-

stificata “card” con banda magnetica o, meglio ancora, con chip elettronico, quando non addirittura dotata di tag RFID, che registra i ritmi delle presenze al lavoro del personale delle aziende di tutto il mondo, non più attraverso una fisica, palpa-bile e, volte, rumorosa inchiostratura, ma con una istantanea, invisibile, silenziosa trasmissione elettronica di informazioni.

Perfetta, senza rischi di sbavature, pulita, inequivocabile.

Ma inconsistente, manipolabile, illeggibile senza un ade-guato dispositivo elettronico.

I lavoratori del terzo millennio consegnano così alle loro aziende il dato che riguarda le loro presenze quotidiane, in una condizione di totale assenza di riscontro, senza nessuna garanzia di verifica.

Certo, la maggior parte dei sistemi di registrazione elet-tronica consente un controllo “a video” delle “timbrature” precedenti... raramente questa possibilità di verifica prevede il rilascio di una qualsiasi forma di stampatura cartacea e quindi l’informazione resta ancora affidata alla buona memoria del lavoratore.

Il possesso dell’informazione, di un’informazione personale del lavoratore, è ormai irreversibilmente aziendale. È un pos-sesso totale: la disponibilità non è infatti condivisa con alcuno e la facoltà di manipolazione è quindi senza limitazioni.

Quale speranza ha di prevalere, infatti, quel lavoratore che ricorda lucidissimamente di aver “timbrato” alle ore 07.59, se il sistema, interrogato a distanza di qualche giorno, sentenzia elettronicamente un ingresso alle ore 08.06 e cioè un minuto dopo i cinque minuti di tolleranza previsti?

Non potendo produrre alcun documento di riconosciuta validità a sostegno della sua versione, come può mettere in di-scussione il verdetto della macchina da svariate migliaia di euro?

Non vorrà mica insinuare che qualcuno ha manipolato la sua registrazione?

E come potrà mai provarlo?

Sarà per queste ele-mentari ragioni e per questi prudenziali ti-mori, che, negli anni

‘80, i primi inserimenti dei sistemi di registrazione

elettronica delle presenze del personale nelle aziende ove

era presente una rappre-sentanza sindacale, erano normalmente accom-pagnati da accordi che garantivano il personale da questa evidentissima asimmetria nella dispo-

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nibilità dell’informazione e che tutelavano i dipendenti riser-vando loro il diritto di ottenere, su richiesta, stampate cartacee delle registrazioni delle loro presenze.

Alcuni di essi si sono poi evoluti nell’automatismo della stampa delle registrazioni delle presenze consegnata in abbi-namento alla busta paga (talvolta stampata proprio sul retro del cedolino paga).

Il problema è che una grande quota di aziende non ha maturato questa evoluzione e tantomeno ha ritenuto di ri-conoscere strutturalmente il diritto dei propri dipendenti di disporre di una documentazione attestante le registrazione delle presenze.

E non stiamo parlando di piccole imprese familiari o di dittarelle individuali. Pensiamo ad aziende come SMA, Auto-grill ed altri nomi significativi del mondo della grande impresa

Le motivazioni dichiarate di questa posizione sono varie e tutte futili... alcune al confine del ridicolo.

Vi sono aziende che non negano formalmente il diritto, se richiesto dal lavoratore, ma che poi, all’atto pratico, rendono l’ottenimento della stampa di un periodo di registrazione delle presenze, un percorso senza fine e dall’esito incerto attraverso una giungla di dichiarati malfunzionamenti e disservizi am-ministrativi che scoraggerebbero chiunque.

Ve ne sono altre che accampano inverosimili limiti del sistema informatico: particolarmente patetiche quelle aziende dotate di sistemi di registrazione da “multinazionale” che so-stengono l’impossibilità del software gestionale di procedere alla stampa cartacea delle timbrature... come dire... una Ferrari che non ha in dotazione le gomme!

Altre, più baldanzosamente, ricordano che non vi sarebbe nessuna previsione normativa o contrattuale che le obblighi a consegnare al lavoratore copia delle registrazioni e che quindi, semplicemente, non sono tenute.

Certamente non conforta l’attuale posizione del Ministero del Lavoro che, perdendo l’occasione per un’opera di civiltà,

nel Vademecum sul Libro Unico del Lavoro, al quesito speci-fico risponde escludendo l’obbligo di consegna delle presenze anche a fronte della richiesta del lavoratore, salvo, ovviamente, l’esistenza di diritti contrattualmente previsti in tal senso.

Si tratta di una posizione inconciliabile con un senso di attenzione equilibrata verso l’insieme del sistema lavoro e del-le esigenze di entrambe le parti coinvolte ed eccessivamente orientata ad ossequiare i desideri di mano libera di una sola di esse: l’impresa.

Perchè non esiste nemmeno una credibile logica organiz-zativa o economica o anche solo amministrativa che possa giustificare una tale posizione di ostacolo ad una fin troppo ovvia necessità di disponibilità, da parte dei lavoratori, dell’in-formazione centrale del rapporto di lavoro.

E, in assenza di legittime motivazioni, vi si può leggere solo un orientamento, molto meno legittimo, ad incrementare il potere dell’impresa nel suo rapporto con il proprio personale depotenziando quelli che sono i naturali contrappesi del potere datoriale: le garanzie, i diritti ed il dovere di informazione.

Sta accadendo anche su altri tavoli: per esempio sul terreno della sicurezza del lavoro, dove la manovra che ha modificato il diritto relativo alla consegna fisica del “Documento di Valuta-zione dei Rischi” all’RLS, riducendolo alla mera disponibilità a prenderne visione (magari attraverso un monitor aziendale), non può non avere lo stesso obiettivo e cioè l’indebolimento del potere di gestione dell’informazione da parte dei lavoratori e di chi li rappresenta.

La musica di accompagnamento è sempre la stessa: liberare le imprese dai lacci e lacciuoli della burocrazia e lasciarle libere di manovrare affinché possano produrre sviluppo e benessere per la collettività.

Peccato che il benessere solitamente vada a totale beneficio di quella parte della collettività che dice di produrlo e che il dichiarato venir meno dei lacci e lacciuoli, sia in realtà un impoverimento dei diritti e della garanzie per quella parte della collettività che meno godrà del benessere che ha concre-

tamente prodotto.

È probabilmente quello che migliaia di dipendenti pen-sano quando si sentono privati di quello ritengono (e come si fa a dar loro torto?) un diritto naturale: la disponibilità di una informazione che li riguarda.

Quando capiscono che difficilmente riusciranno a poter efficacemente verificare la correttezza della loro retribuzione mensile.

Quando non capiscono perché questo diritto non sia ancora stato sancito dai loro contratti nazionali.

Sergio Del Zotto

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Contributi dai Lettori

Dibattito congressuale

Vorrei dare, SE RIESCO, un contributo alla discussione che si dovrebbe aprire con il nostro congresso regionale su come il sindacato in generale e nello specifico i rappresentanti sindacali presenti nel nostro territorio dovrebbero vivere questo momento di confronto e su come si potrebbe aumentare la partecipazione dei delegati sindacali alla vita e alle scelte della nostra organizzazione.

Comincerei con delle domande semplice e chiare:

1)che cosa ci si era detti e cosa si è scritto sulla partecipazio-ne dei delegati e sulla democrazia interna nell’ultimo congresso?

2) erano stati previsti dei momenti di verifica e oggi, prima del prossimo congresso, di analisi sulla effettiva partecipazione?

3) la segreteria attuale è a conoscenza di eventuali problemi di convivenza tra delegati/organismi regionali aziendali e le strutture/segretari incaricati di seguire particolari comparti e/o aziende?

4) fa parte dei diritti/doveri dei componenti la segreteria conoscere come e se l’azione e il comportamento di ogni funzionario/segretario è conforme ai principi e ai valori della nostra organizzazione?

5)è prevista una procedura nella quale, formalmente, un qualsiasi delegato possa denunciare azioni, comportamenti, decisioni ritenute autoritarie, immorali o illegittime di chic-

Il Governo c’è?

Mentre da spettatori passivi assistiamo alle quotidiane diatribe che contrappongono il nostro presidente del consiglio, ad alcuni giornali, ad alcune trasmissioni televisive, alla stampa estera, alla magistratura, alla corte costituzionale e persino al presidente della repubblica, noi “piccoli” italiani viviamo, an-che in prima persona, una serie di gravi problematiche legate all’economia ed al mondo del lavoro.

Da una parte languono i disoccupati, i cassintegrati, i pensionati al minimo, coloro che sono “stritolati” dal debito vitalizio del mutuo casa, magari anche con un assegno di mantenimento da erogare ad ogni fine mese. Insomma da una parte vi sono i “Nuovi poveri”.

Dall’altra, in perfetta beatitudine, il piccolo popolo degli evasori fiscali piuttosto che la quota di privilegiati ( sia a livello lavorativo che a livello pensionistico), i quali godono di rendite di posizione nonché di protezioni a vari livelli.

In mezzo invece, esiste il grande e numeroso popolo dei lavoratori e degli imprenditori, la maggior parte dei quali, credo, giorno per giorno, lavora, si sacrifica con impegno e dedizione, anche investendo cospicue somme di denaro, non solo per mantenersi o mantenere la famiglia, oppure per ricavarne un profitto, ma anche per passione e, così facendo, conferisce al nostro paese quelle potenzialità economiche, fiscali e di immagine che lo rendono ancora annoverabile fra i primi otto grandi del mondo.

A favore dei primi, coloro che vi sono coinvolti in prima persona, ma anche tutte le persone sensibili alle problematiche sociali o appartenenti ad associazioni di solidarietà e/o sinda-cali, immagino possano auspicare una grande svolta politica atta a sostenerli.

( ammortizzatori sociali moderni ed efficienti, benefit stra-ordinari per incrementare stipendi/pensioni spesso da “fame”, mutui agevolati, case a costi equi etc).

Per i secondi ci si augura che la nuova ventata d’oltreoceano fornita dal presidente Obama costituisca esempio edificante al quale richiamarsi e dal quale, credo, sia possibile, anche minimamente, far partire un’onda moralizzatrice della nostra società. D’altra parte, in un periodo di crisi come quello attuale, risorse straordinarie sono indispensabili e le fonti dalle quali attingerle non sono poi così numerose.

Per coloro che stanno in mezzo, il vero auspicio, quan-tomeno a livello personale, è quello che, da una parte vi sia uno sgravio della pressione fiscale accompagnato da veri incentivi alla produzione nell’ambito del territorio italiano, mentre dall’altra oltre ad un efficace e moderno sistema di ammortizzatori sociali anche nel medio - lungo termine ( varati caso per caso) accompagnato da un sistema di più facile e flessibile riconvertibilità dei lavoratori anche ad età avanzate, mediante corsi professionali organizzati dalle regioni e finaliz-zati al reinserimento specifico. Si può prevedere, in aggiunta a tutto questo, un sistema che consenta maggiori facilitazioni

ergonomiche per i lavoratori ( in caso di trasferte ricorrenti, trasferimento in altra sede per mobilità e lavoro a turnazione quotidiana e notturna per es.), unitamente ad un escamotage, nel senso buono ovviamente, che permetta, tramite accordi bilaterali, di incentivare la professionalità e la dedizione dei dipendenti, eventualmente con l’istituzione di una parte di salario addizionale, variabile, mensile.

Da non dimenticare la necessaria e doverosa lotta al “lavoro nero”, che purtroppo, in diversi casi, ha favorito e favorisce l’incremento di incidenti fatali durante lo svolgimento di alcune attività.

Poi c’è il grande nodo della pubblica amministrazione, in merito al quale, è opportuna una riforma molto profonda, ma nel varare la quale occorre molta attenzione.

Mi chiedo e vi chiedo: di queste istanze e sicuramente di molte altre per la cui individuazione occorre la competenza necessaria in materia di diritto, di economia, e di politica, il nostro stato, e parlo di stato in quanto ogni governo presente e futuro, di qualunque colore, lo rappresenterà, se ne prenderà finalmente carico? E se sì in quale misura?

Claudio Corrà

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Area Sindacale N.44 - Novembre 2009

chessia all’interno della nostra organizzazione?

6) è patrimonio comune quello del principio che non c’è democrazia senza regole?

7)l’autonomia e l’indipendenza dalla controparte (compre-so le Coop) sono solo principi/valori/comportamenti dichiarati o con un sistema di governance effettivo la nostra organizzazio-ne si impegna a verificarne il rispetto con l’ausilio di organismi preposti che abbiano la possibilità di fare le verifiche opportune e di denunciare al direttivo le eventuali infrazioni?

8) è patrimonio comune quello del principio che non c’è organizzazione democratica senza regole?

Penso che oggi sia il tempo di porci queste domande perché potrebbero far emergere le vere ragioni del disinteresse e dell’apatia generale che circola da qualche tempo tra noi delegati di Coop ma credo anche tra quelli delle altre catene della Gdo e non solo.

Un delegato serio e motivato di solito entra nel sindacato perché è stanco di delegare ad altri quello che pensa di poter fare con le proprie forze e con la propria intelligenza, sapendo che la propria organizzazione lo sosterrà nelle proprie riven-dicazioni (quelle dei Lavoratori che rappresenta) all’interno di un confronto democratico sulle strategie e nella definizione degli obiettivi collettivi. Se questo circuito cessa di esistere e ad esempio iniziano a non comprendersi le strategie e gli obiettivi come conseguenza della mancanza di partecipazione/confronto democratico si entra in un corto circuito e i delegati si disaffezionano quando va bene (godendosi i privilegi da delegato) e delegando tutto ai ‘professionisti’ del sindacato o si incazzano quando va male (scontrandosi prima con i propri segretari/funzionari e poi allontanandosi definitivamente dalla vita sindacale).

Negli ultimi direttivi ho sentito continuamente ripetere negli interventi dei segretari e dei funzionari che i delegati

Contributi dai Lettoripresenti (pochi e sempre meno a dir la verità!!) avrebbero do-vuto prendere la parola dando il loro contribuo alla discussione ecc. ecc. augurandosi magari che questo potesse cambiare di una sola virgola quello che era già stato deciso in altre sedi; ma qualcuno della nostra organizzazione pensa veramente che questo sia possibile? i delegati lo escludono a priori perché co-noscono il sindacato e sanno benissimo che gli spazi di manovra non si creano in quelle assemblee ufficiali ma sollecitando il proprio funzionario/segretario che a sua volta porta le istanze del singolo delegato o del gruppo di delegati in segreteria/presidenza per ottenere qualcosa o per esempio fare pressioni politiche verso l’azienda di rifermento.

QUESTA E’ LA REALTA’ O MI SBAGLIO? e se alcuni funzionari/segretari sono diventati professionisti di questo meccanismo come si potrà mai pretendere che il DELEGA-TO SINDACALE torni ad argomentare le proprie ragioni e a fare le proprie rivendicazioni in un assemblea facendo il suo bell’interventino?

Termino dicendo che qualsiasi critica e protesta contro la ‘cretinizzazione’ della figura del rappresentante sindacale, della democrazia interna o di qualsivoglia atto autoritario all’interno della nostra organizzazione possa servire a farla migliorare solo se il dibattito diventa pubblico e solo se coloro che detengono le informazione e hanno le responsabilità daranno delle risposte nel merito. Ha proprio ragione il nostro presidente “chi crede in determinati valori deve spendersi, partecipare, rendersi visibile. È il futuro dell’Italia ad averne bisogno.”.

Mi permetto solo di sottolineare che anche la nostra orga-nizzazione ne ha assoluto bisogno. Ritengo che per il momento questa mia prima riflessione possa bastare, inoltre ho bisogno di avere delle risposte alle mie domande per poter contribuire ulteriormente alla discussione sul congresso.

Enzo D’Ambrosio ( RSU Sede Coop Lombardia )

I nuovi numeri telefonici della UILTuCS di Milano

in queste settimane stiamo riorganizzando l’impostazione telefonica delle nostre sedi, adottando una numerazione unica che permetta di raggiungere tutti i nostri uffici.

Nelle sedi di Via Salvini e di Corso Buenos Aires è già funzionante ed a breve sarà effettiva per l’intera nostra rete di uffici, che sarà possibile contattare telefonicamente con la seguente numerazione unica:

02.760679seguita da:

1 - per parlare con il centralino

1 + le due cifre dell’interno - per parlare con gli uffici di Via Campanini

2 + le due cifre dell’interno - per parlare con gli uffici di C.so Buenos Aires

3 + le due cifre dell’interno - per parlare con gli uffici di Via Salvini

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Area Sindacale N.44 - Novembre 2009

verso iL Congresso deLLA uiL

Caro Angeletti, devo dirti due cose, almeno per ora...

Voglio dire al Segretario generale della UIL, della nostra Confederazione, che non condivido alcune sue recenti prese di posizione e che ritengo opinabile una certa linea che sta imprimendo al nostro Sindacato.

Chi conosce le mie opinioni e ha seguito i miei interventi nelle discussioni “ufficiali” sa che sono spesso stato critico riguardo alla gestione della politica della UIL portata avanti dal Segretario sia nei confronti dei modi (troppe dichiarazioni a mezzo stampa e poca analisi e dibattito intersindacale) sia della sostanza (troppi affidamenti e poche rivendicazioni, e l’ostentazione con orgoglio del coraggio di firmare).

In questa fase però ci sono due circostanze su cui non riesco a tacere, due questioni che ritengo le più gravi tra quelle di stretta attualità.

La prima, la mancata adesione alla manifestazione indetta dal FNSI (il Sindacato dei Giornalisti) sulla libertà di stampa . Sappiamo, penso tutti, che è stata una manifestazione lanciata al grido del “il cittadino non informato o informato male è meno libero” oppure “la legittimazione del voto popolare non autorizza nessuno a colonizzare lo Stato e a spalmare il Paese di un pensiero unico senza diritto di replica” ma anche “di fronte ai problemi (e il lavoro, oggi, di problemi ne ha…) oggi è sempre più difficile far conoscere la verità”.

Mi lasciano perplesso, oltre al fatto in sé, i motivi per cui non abbiamo aderito, così come CISL, ma diversamente da CGIL. Perché, dice il Segretario Generale Confederale in so-stanza, “non ci è stato dato modo di contribuire alla costruzione dell’evento… visto che l’impianto era già deciso”.

Mi sembra sinceramente un atteggiamento di chi non accetta un invito a una festa solo perché non gradisce il modo in cui è stato fatto il biglietto di invito, celando in realtà una non condivisione dei motivi della festa.

Così veniamo poi a sapere che “rispetto alla CGIL abbiamo opinioni diverse su vicende che hanno una forte coloritura politica, e questo non aiuta a lavorare per l’unità sindacale”; perchè “i sindacati dovrebbero sforzarsi di non farsi coinvolgere più di tanto” e “distinguere il merito dalla parte e dalla fazione”.

A giudizio di Angeletti, poi, “questa iniziativa è condi-zionata fortemente dallo scontro in atto nel Paese tra gruppi editoriali”, che “sono più interessati alla politica o agli affari che all’informazione” e “questo condiziona molto la vita dei giornalisti.

Se ci fossero editori interessati a fare soldi vendendo giornali ci sarebbero più giornali, più copie, più giornalisti e la libertà di stampa ne guadagnerebbe”.

Mi domando come mai, a dispetto delle parole non si veda il merito della questione, e non ne senta la importanza. Io, e sono certo anche molti della nostra Organizzazione, mi sento minacciato da una informazione servile rispetto ai grandi

gruppi di potere, certo non solo uno, ma uno più degli altri.

Mi sento offeso dal costante oscuramento della verità sulle vicende economiche e sociali di tante imprese italiane. Al Se-gretario offro questa critica: decidere sempre e solo sulla base del “neutralismo politico” giocato in forte contrapposizione allo “schierarsi della CGIL” nutre il mio timore che il neutralismo sia venato di indifferenza alle questioni o di interesse a costruirsi una legittimazione per via indiretta rispetto al potere.

Per non parlare dell’assioma per cui bastano più giornali per avere più libertà…

Nel merito, mi pare una sciocchezza.

Una seconda circostanza mi vede in questi giorni in antitesi con le posizioni espresse da Angeletti, è la questione della legge sullo scudo fiscale.

Leggere e sentire le posizioni del massimo esponente della UIL mi fa sorgere un fiume di stupore e interrogazioni, a cui non so dare una risposta, non cogliendo obiettivi e finalità di tali posizioni.

Affermazioni come: “lo scudo fiscale è utile alla ripresa”; “il fattore più importante è che il rimpatrio di capitali in Italia significa nuove opportunità di investimento; insomma un vo-lano per l’economia”; “tra lasciare i capitali all’estero sperando che in un ipotetico futuro ciò non sia possibile e riportarli in Italia facendo pagare meno tasse del dovuto è evidente che la seconda ipotesi, anche se fa irritare, si presenta più utile per il Paese”; “sanare il falso in bilancio è necessario per le imprese che accedono allo scudo”. “i parlamentari sono i rappresen-tanti del popolo e insultarli come mafiosi e criminali equivale a dire che abbiamo votato dei criminali e quindi siamo cretini o complici”.

Questi ragionamenti mi paiono di un linguaggio eccessiva-mente pragmatico e privi di una riflessione di ampio respiro, e francamente troppo affini all’uniformismo filo-governativo, da cui persino la Banca d’Italia nell’occasione ha preso le distanze.

Il dubbio è che in realtà si prenda posizione per finalità distanti, troppo distanti, dalle esigenze di merito che dovreb-bero interessare chi fa il nostro mestiere.

Come trascurare uno dei valori fondanti l’azione sindacale, la lotta per la legalità economica e il rispetto delle regole?

Come non dire che ogni condono riduce la fiducia nella credibilità dei bilanci aziendali?

Come non ritenere prioritaria l’esigenza di correttezza dei bilanci e la lotta alle frodi fiscali nel momento in cui ci si occupa di crisi e ristrutturazioni nelle aziende, e di risorse per lo stato sociale?

Come non pensare, da sindacalisti, che nella prospettiva di rilanciare le contrattazioni aziendali è massimo il bisogno di

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Area Sindacale N.44 - Novembre 2009

trasparenza circa le situazioni finanziarie delle aziende?

Come non ritenere precipuo l’interesse dei lavoratori a un mercato pulito e trasparente, libero da aziende truffaldine?

Come giudicare sommariamente una legge senza conside-rarne taluni dettagli (la aliquota irrisoria del 5% e la garanzia di anonimato per dire i due più significativi)?

Il punto centrale, politico sindacale, resta quello del cogliere la contraddizione tra il bisogno di fiducia nelle controparti, nel sistema, e l’approvazione di una sanatoria. Così come sentire le minacce alla democrazia un pericolo per i lavoratori in quanto tali e per il Sindacato quale soggetto debole delle relazioni sociali.

Sarà, ma ho l’impressione che la sensibilità (cultura?) della nostra Confederazione si stia allontanando da questi punti, valori e programmi, idee e proposte.

Ed è per la paura che ciò avvenga che lancio le mie personali “decise contestazioni”.

Perché in piena coscienza reputo opportuno che nessuno possa dire di me di non aver saputo tenere la schiena diritta e voluto metterci la faccia.

Perché voglio adempiere al dovere morale di non restare indifferente, di non tacere, di non prendere posizione.

Per esigenze di brevità e per la complessità dei temi non mi dilungo su altri temi di polemica: la democrazia e gli accordi separati, referendum scioperi e contratti, la non partecipazione alle manifestazioni locali, il fiancheggiamento alle battaglie demagogiche sui Tremonti bond…

Solo per dirne alcuni.

Ci sarà modo di parlarne, di discuterne, di valutare e scegliere? Speriamo!

A proposito… Buon Congresso a tutti…

Roberto Pennati

donne e pregiudizi

Rosy Bindi, Berlusconi e la realtà.Recentemente Berlusconi ha apostrofato Rosy Bindi con

l’affermazione: «Ravviso che lei è sempre più bella che intel-ligente».

Sono seguite critiche e commenti a questa frase. Molte le iniziative pubbliche e simboliche, per protestare contro l’idea che Berlusconi ha della donna.

Onestamente non mi sono sentita colpita dalle sue parole e neanche offesa.

Ciò mi ha preoccupata perché grave.

Riflettendoci mi spiego però il motivo dell’assenza di reazione.

Non riesco ad aggiungere ulteriori pesi alla mia indigna-zione contro questa società.

Berlusconi ribadisce pubblicamente ciò che molti uomini pensano più o meno silenziosamente.

Ciò mi ricorda quello che quotidianamente dobbiamo sopportare per essere riconosciute con un ruolo specifico all’interno della società. Per essere riconosciute come singole entità, con una propria dignità e personalità.

Penso che qualsiasi donna possa capire cosa si provi.

Allora proverò a spiegarlo agli uomini. Chiedo loro di provare ad immedesimarsi.

Chiunque si approccerà a voi prenderà come metro di mi-sura della vostra personalità il vostro aspetto fisico ed il vostro modo di impostare le relazioni interpersonali. Peseranno ogni vostro singolo sguardo e singola parola, cercando di dare un significato a tutto questo.

Mentre parlerete la persona che avete davanti cercherà di capire come mai ricoprite quel ruolo. Facendo così, molte vostre parole saranno perse oppure scarsamente valutate ma

la curiosità sarà tutta orientata ad altro. A capire se siete lì per merito (raramente) o perché qualcuno ha intercesso per voi.

Parlando di donne, si penserà con chi siete state o a chi l’avete promessa. Forse troppo diretta!?! Purtroppo è così.

Se penso ai primissimi tempi in cui sono entrata come funzionaria le reazioni descritte in precedenza erano pratica-mente quotidiane. Ciò che fa più male e pensare che gli uomini facciano certe domande con la purezza e la tranquillità di un bambino, senza minimamente pensare di sembrare offensivi o inopportuni.

Alcune domande che mi furono rivolte erano su questo tenore:

“Mmmm. Così giovane. Ma con chi sei stata per entrare?”;

“Di chi sei figlia?”.

Questo atteggiamento è terribilmente distruttivo in quanto toglie alla donna ogni possibilità di risultare seriamente cre-dibile agli occhi altrui. La tua persona sarà filtrata attraverso questi commenti e l’intelligenza, l’arguzia o la preparazione saranno elementi di analisi secondaria.

Perciò le tue frasi saranno analizzate in maniera più attenta rispetto a quelle di un uomo e le incertezze gonfiate, per di-mostrare che comunque sei una donna.

Essere donna rimanda a pochi e semplici concetti: debo-lezza, timidezza, scarso vigore, volubilità, frivolezza.

Tutto questo non sarà solo nelle menti degli uomini ma purtroppo anche delle donne che sono cresciute in ambienti selvaggiamente competitivi e dubbiosi verso le altre donne.

Se nelle lotte femministe di alcuni anni fa la solidarietà era costruita ed incoraggiata ora dilaga una spietata guerra alla divisione.

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Area Sindacale N.44 - Novembre 2009

Direttore Responsabile: Guido Baroni

Direzione Editoriale: Sergio Del Zotto

Impaginazione : Sergio Del Zotto

Illustrazioni: Asso srl

Per contributi e suggerimenti scrivete a:

“Area Sindacale”

Via Salvini, 420122 Milanoe-mail: [email protected]. 02-7606791

Anno 5° - N.ro 44 - Novembre 2009 - periodicità mensile

Editrice: Asso srl

Via Salvini, 4 - 20122 Milano

Immagini: Asso srl

In Redazione: Roberto Ciccarelli, Gabriella Dearca, Sergio Del Zotto

Gli articoli di questo numero sono di: Claudio Corrà, Enzo D’Ambrosio, Gabriella Dearca, Sergio Del Zotto, Guido Zuppiroli e Roberto Pennati.

La tiratura di questo numero è di: 10.000 copie

Pubblicazione Registrata con il numero 852 del 16/11/2005 presso il Registro Stampe del Tribunale di Milano

Penso in fondo che Berlusconi si possa permettere di pronunciare determinate frasi perché ha la certezza che la maggioranza di chi lo ascolta approva ciò che dice e condivide l’immagine che quest’uomo ha della donna.

Perciò il nostro tentativo deve essere quello di cambiare questo immaginario comune, partendo dalla nostra realtà e partendo da noi stessi, dalla nostra organizzazione che in merito al tema delle pari opportunità deve fare ancora passi da gigante, così come il mondo sindacale in generale.

Gabriella Dearca

RedazionaleQuesto mese usciamo con qualche giorno di ritardo.

Era parecchio che non ci capitava... eravamo riusciti a prendere un buon ritmo ed una buona abitudine, eppure è successo...

Vorremmo poter dare la colpa all’influenza suina, all’ele-zione di Bersani, al maltempo, alla svolta comunista di Fini (beh... forse non proprio), alle folgorazioni di Tremonti (che ha finalmente visto la luce ed ha capito l’importanza del posto fisso), ai giudici di sinistra che perseguitano Berlusconi (ma perchè non si occupa ogni tanto anche di lavoro, questa ma-gistratura rossa?), e, perchè no?, agli immigrati.

Insomma... vorremmo poter trovare un capro espiatorio, ma ma non ce n’era più uno libero ed allora...

Resta solo la vecchia, sana, onesta, assunzione di respon-sabilità...

E quindi ce la assumiamo tutta e ve ne chiediamo venia ripromettendo (come ai vecchi tempi) un maggior rispetto dei tempi per le uscite prossime venture...

Ed ora, come sempre, passiamo a presentare o nostri con-tenuti del mese.

Si avvicina rapidamente il nostro VII Congresso Regionale ed il nostro mensile comincia ad ospitare i primi contributi che lo riguardano.

Ma abbiamo anche deciso di pubblicare, nel paginone centrale, il manifesto ufficiale del nostro Congresso, in modo che, chi volesse pubblicizzarlo, possa staccarlo dal giornale ed appenderlo nelle bacheche sindacali del proprio luogo di lavoro.

In prima pagina, come avete avuto modo di vedere, abbia-mo deciso di pubblicare la lettera aperta che la nostra Segreteria di categoria ha deciso di scrivere alla Confederazione per ma-nifestare il nostro modo di vedere le cose su un tema, per noi così importante, come quello dell’Immigrazione e dei rischi di razzismo che la nostra società sta correndo, precisando la nostra diversità di pensiero e sperando che venga accolta come un arricchimento del patrimonio di idee della UIL.

L’uscita del presidente del Consiglio sull’intelligenza e la bellezza dell’onorevole Rosy Bindi, ha offerto lo spunto per una riflessione su come venga ancora percepita, nella nostra società, la figura della donna.

I contributi dei lettori ed un articolo sul diritto ad avere copia cartacea delle registrazioni delle proprie presenze al lavo-ro, completano la proposta di Area Sindacale di questo mese.

Non ci resta che salutarVi augurandoVi:

Buona Lettura!

la Redazione