magzine 12

12
12 1 FEBBRAIO 28 FEBBRAIO 2011 Periodico di approfondimento della Scuola di giornalismo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore www.magzine.it magzine Twitter journalism, la guerra in tempo reale Andrea Nicastro, l’inviato digitale Doc Gerry, l’ecoreporter che sfidava Manila Gestalten tv, da Berlino l’arte del video collage The Bold Italic, il meglio di San Francisco I N F O G R A P H I C S !

Upload: scuola-di-giornalismo-universita-cattolica

Post on 28-Mar-2016

256 views

Category:

Documents


2 download

DESCRIPTION

mag | zine - La free-press della Scuola di giornalismo dell'Università Cattolica

TRANSCRIPT

Page 1: magzine 12

121FEBBRAIO

28FEBBRAIO2011

Periodico di approfondimento della Scuola di giornalismo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

www.magzine.it

magzine

Twitter journalism,la guerra in tempo reale

Andrea Nicastro,l’inviato digitale

Doc Gerry, l’ecoreporterche sfidava Manila

Gestalten tv, da Berlinol’arte del video collage

The Bold Italic, il meglio di San Francisco

I N F O G R A P H I C S !

Page 2: magzine 12

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 20112

infodesign

di Giacomo Segantini e Francesca Sironi

D i a gra m m i ,database e gra fici possono ra c c o n t a re la re a l t àmeglio di un art i c o l o.Un lavo ro di illustrazione dei contenu t iche tra s f o rma i nu m e ri in immagini evo c a t ive e facilmenteaccessibili ai lettori .Elogio del giornalismo tutto da ve d e re

O M A N Y N E W S, S O L I T T L E T I M E: con il bombardamento di

informazioni cui siamo quotidianamente esposti, riusci-

re a trasmettere un messaggio con chiarezza è sempre

più difficile. E allora addio all’articolo di fondo di 15 mila

battute. La lettura approfondita, che richiede tempo, è

sostituita dalla pratica immediata del “guardare le figure”. Se que-

sto è il trend, gli specialisti dell’informazione si adeguano.

Nasce così l’infografica, l’arte di veicolare informazioni sot-

to forma di immagini. Dalla sua forma primigenia, la cartografia,

si è passati ai grafici di corredo sui giornali stampati, per arrivare

fino alle animazioni interattive sul. Nel 2008, per citare un esem-

pio, il New York Times ha pubblicato sul suo sito un grafico inte-

rattivo sui risultati delle elezioni presidenziali. Centinaia di

migliaia i click sulla pagina, decine le persone che vi hanno lavo-

rato. Ma il New York Times non è rimasto solo ad investire nel

mondo dell’information graphics: il Guardian, il National Geo-

graphic, El Mundo, il Sole24Ore, sono solo alcuni degli altri gran-

di nomi dell’informazione che credono nella forza di quello che

ormai viene definito “Visual Journalism”.

Ma se il giornalismo si trova, così, a fare i conti con la neces-

sità di parlare per immagini, anche i grafici devono ragionare in

termini di informatività e chiarezza. La grafica deve raccontare

una storia. Lo crede fermamente J o h n G r i m w a d e, Graphics

Director del gruppo editoriale Condé Nast e collaboratore di

Sports Illustrated e Popular Science. « Mi piacciono tutti i pro-

getti dove sento che sto aiutando le persone a capire qualcosa che

fino ad allora non avevano veramente compreso. Credo ferma-

mente che si possano comunicare idee in maniera molto efficace

usando le immagini». Per Grimwade la forza dell'infografica è

strettamente legata alla sua capacità informativa: «Viviamo nel-

l'età dell'informazione. Le infografiche avranno un grande ruolo

nel futuro. A livello giornalistico, tutti i dati a cui possiamo ora

accedere aprono inaspettate opportunità per creare nuovi tipi di

storie. La grafica ha un ruolo chiave: deve illuminare i fatti, farli

emergere nella loro complessità. Le migliori infografiche ci infor-

mano senza intimidirci».

Da ventitré anni Grimwade firma insieme ai suoi collabora-

tori le infografiche di Condé Nast, e inse-

gna alla Scuola di Arti Visuali di New

York. I suoi studenti imparano a dare

priorità all’informazione sull’arte: «Una

buona infografica deve avere chiarezza

nella visualizzazione. E questa si rag-

giunge con l'editing, la gerarchia dei con-

tenuti, la divisione in sequenze, il colore,

la tipografia e in generale un buon senso

del design». Per Grimwade un infografica deve rispondere a que-

ste domande: posso capirla facilmente? La sequenza è chiara?

L'informazione principale è preminente? Attrarrà l'attenzione

del lettore?

Sebbene Grimwade usi ancora carta e matite per fare chia-

rezza fra le idee, gli strumenti dell’infografica sono in grande evo-

luzione. E non solo sul lato software, dove rimangono intoccabi-

li i classici del design, Illustrator e Photoshop. La sfida si è sposta-

ta sulla visualizzazione: dai video interattivi all’adattabilità rispet-

to al supporto: «Il potere sta passando nelle mani delle informa-

zioni dinamiche. L'Interactive Design è il futuro dell'infografica.

Stratificare l'informazione, dare all'utente la possibilità di con-

trollare la sua esperienza ed esplorare il suo lavoro è davvero ecci-

tante. Un'altra tendenza importante è quella delle grafiche adat-

tabili al supporto (un cellulare, un tablet, un computer), che pos-

sano funzionare su schermi di diverso formato o risoluzione».

Non a caso, infatti, la grande novità di quest’anno del festi-

val internazionale dell’infografica, che avrà luogo a Pamplona dal

20 al 25 marzo, è la sessione tematica (accanto a quelle su stam-

pa e web) focalizzata sulle infografiche per iPhone, iPad e altri

portable devices. Nato negli anni 80, il Malofiej Infographics

World Summit è considerato il “Premio Pulitzer” del visual

journalism. Deve il suo nome ad Alejandro Malofiej, cartografo

argentino morto nel 1987 e pioniere della rappresentazione gra-

fica delle informazioni. Il suo motto, Show, don’t tell, “mostra,

non parlare”, cattura perfettamente lo spirito dei suoi partecipan-

ti: utilizzare le immagini al posto delle parole.

L’evento vede la partecipazione dei maggiori esperti di info-

La notiziaè da ve d e re

S

Page 3: magzine 12

grafica del mondo e l’assegnazione di premi in più di 100 catego-

rie, tra stampa e online, da parte di una giuria internazionale.

L’anno scorso a trionfare sono stati, tra gli altri, il giornale svede-

se Svenska Dagbladet per la sua infografica interattiva online

su come l’Europa, divisa tra blocco Est e Ovest, ha votato nell’ul-

timo Festival europeo della canzone (manifestazione canora sco-

nosciuta in Italia, ma seguitissima in altri paesi), la mappa del-

l’alta marea a Venezia disegnata dal National Geographic, e il

giornale tedesco Die Zeit per la sua illustrazione dei risultati del-

le elezioni del Bundestag nel 2009 con i colori della bandiera

tedesca. Tra gli italiani, si segnalano le grafiche curate da F r a n-

cesco Franchinel mensile del Sole 24 Ore Intelligence in Life-

s t y l e .

Quest’anno il parterre di esperti che faranno da giudici al

concorso e animeranno i workshop è veramente notevole: oltre

allo stesso Grimwade, saranno presenti Kat Downs d a l

Washington Post eHaika Hinze dal Die Zeit tedesco. Dall’Ita-

lia unico ospite è Paolo Ciuccarelli, direttore del Density

Design Lab; oltre a partecipare alla giuria, porterà un intervento

dal titolo L’estetica delle conversazioni, sulle informazioni estra-

polabili dalle discussioni in Internet e il modo per trasformarle

in conoscenza visiva. Non solo celebrazione, il Malofiej è quindi

anche un’occasione per i giovani di imparare dai migliori e inqua-

drare gli ultimi trend.

Un modo per riscoprire umiltà, inoltre, secondo A l b e r t o

C a i r o, responsabile multimedia della rivista brasiliana Época,

autore di Infografìa 2.0, e vincitore di numerosi premi, tra cui

svettano i lavori svolti presso El Mundo, in Spagna, sugli attac-

chi terroristici del 2004: «La redazione è come un bozzolo. Esse-

re isolati dal mondo esterno può farti credere che il tuo lavoro sia

superbo, ma al Malofiej capisci di essere solo uno tra i tanti di

talento». Tra i lavori degni di nota di quest’anno, secondo Cairo,

la grafica di Hannah Wallanderdel New York Times D r i v i n g

shifts into reverse, sulla relazione tra abitudini di guida degli

americani e il prezzo della benzina, alla luce dei vari rivolgimen-

ti storici dagli anni 50 a oggi. O le mappe pubblicate dal giornale

Estado de Sao Paulo sui risultati delle elezioni presidenziali del-

lo scorso anno.

Ma in che direzione va l’infografica, oggi? «Verso un approc-

cio più funzionale», dice Cairo. «Il designer deve pensare a come

il lettore fruirà dell’infografica, e adattarla di conseguenza». Que-

sto non significa non utilizzare forme grafiche nuove, ma farlo

sempre con un scopo preciso, «bilanciando innovazione con

chiarezza e funzionalità». E cita l’esempio del grafico “a bussola”

realizzato dal suo team, sempre in occasione delle elezioni: a col-

po d’occhio è possibile capire in quali stati, organizzati in base alla

posizione geografica, abbia trionfato la Roussef e in quali, inve-

ce, abbia preso più voti lo sfidante José Serra.

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 2011 3

Oggi la grafica ha un ruolo chiave: deve illuminare i fatti e farli emergerenella loro complessità. Le migliori infografiche informano senza intimidire

Page 4: magzine 12

A O L O CI U C C A R E L L I E I L S U O T E A M

di ricercatori lavorano come

una squadra di minatori. Ogni

giorno prendono pale e picconi,

salgono sul montacarichi e si

inabissano nelle viscere della terra. Nel buio

delle gallerie cercano una vena d’oro da sca-

vare e riportare in superficie. “Data mining”

e “information visualization” chiamano que-

sta attività speleologica, che costruisce per-

corsi di conoscenza visuale a partire da

numeri, statistiche, database, testi e docu-

menti di ogni tipo.

«È una tendenza che si sta affermando negli

ultimi anni e che aiuta, per esempio, a vede-

re fenomeni complessi come la povertà con

altri occhi», spiega il professor Ciuccarelli,

docente di Design della comunicazione al

Politecnico di Milano Bovisa e direttore

scientifico del laboratorio di ricerca D e n s i t y

D e s i g n. Spesso i temi più interessanti sono

anche quelli più ostici, o complessi, come

preferisce definirli Ciuccarelli: un labirinto

di dati e informazioni che normalmente ven-

gono comunicati attraverso tabelle e statisti-

che, che il “data visualization” trasforma in

splendide illustrazioni che rendono conto

dei numeri e delle loro relazioni.

Professor Ciuccarelli, come nasce

l’idea di mettere il design al servi -

zio del data-mining?

Volevo mettere alla prova le competenze e

gli strumenti tipici del design della comuni-

cazione per rendere fruibile la complessità

dei fenomeni. Troppo spesso tendenze

sociali complesse vengono rappresentate in

modo frammentario e distante dal pubblico

più ampio, con un grande dispiegamento di

numeri e grafici che confondono le idee. Noi

invece cerchiamo di rendere visibili le rela-

zioni tra i frammenti e ricreare quella che

viene definita la “big picture”, una rappre-

sentazione visuale che sappia spiegare ma

anche incuriosire chi guarda. Le nostre

immagini non semplificano i problemi, ma

esaltano la complessità delle relazioni e dei

punti di vista.

Come scegliete gli oggetti di ricer -

c a ?

Per la loro attualità o la rilevanza sociale e

per le sfide che ci permettono di affrontare.

L’anno scorso avevamo tematizzato il con-

cetto di povertà, un fenomeno decisamente

complesso, che viene spesso visualizzato

come una linea retta che divide la popola-

zione in base al reddito. Noi volevamo far

emergere la complessità, gli effetti e le

cause connessi al concetto di povertà.

Quest’anno, invece, abbiamo affrontato il

fenomeno dell’incertezza. Oltre a questi

temi abbiamo anche progetti commissio-

nati dall’esterno, come una mappa delle

scuole di diverse contee Usa per una ong

a m e r i c a n a .

Partner internazionali?

Lo Humanities Center di Stanford e

SciencePo a Parigi. Con Stanford stiamo

lavorando a un progetto sulla Repubblica

delle Lettere: l’idea è ricostruire la mappa

delle relazioni fra gli intellettuali nel periodo

fra il 1500 e il 1800. Con Parigi, invece, stia-

mo lavorando a un progetto per raccontare

visivamente lo sviluppo delle controversie,

ovvero le discussioni fra posizioni scientifi-

che radicalmente opposte, sulla rete come

nella realtà.

Quali strumenti di lavoro utiliz -

zate per le vostre creazioni?

Illustrator per la grafica. Per il design delle

interfacce e le applicazioni web principal-

mente Flash finora, anche se ci stiamo spo-

stando verso Javascript. HTML5 non è

ancora abbastanza potente.

Chi si avvicina al vostro lavoro?

C’è un interesse crescente per la visualizza-

zione dei dati e delle informazioni. È u n ’ a t-

trazione spinta soprattutto dai media, con le

infografiche o l’emergente data-journalism,

ma anche dagli studiosi di computer science,

che da anni si occupano di database e ora

sentono l’esigenza di restituirli anche a un

pubblico meno specialistico. Anche sociolo-

gi, politologi e artisti si stanno appassionan-

do alle modalità con cui la visualizzazione di

dati permette di mettere a fuoco un proble-

ma. La capacità di visione e di sintesi dell’in-

formation design può favorire nuovi livelli di

c o n o s c e n z a .

Dal numero all’immagineIl fascino discreto dei dati

Come una squadra di minatori espert i , i ri c e rc a t o ridel Density Design Lab di Milano analizzanoi flussi di dati complessi per ri c ava rne infogra fi c h eche raccontano emerg e n ze e tra s f o rmazioni sociali

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 20114

infodesign

di francesca sironi

P

Page 5: magzine 12

a una nuvola di capelli

scuri in testa e un visto-

so paio di occhiali neri.

Alto e magro, con un

sorriso accennato sul viso, sem-

bra sempre soddisfatto, anche

quando è agitato. A 27 anni,

Francesco Franchiè direttore

artistico di IL - Intelligence in

l i f e s t y l e, supplemento “maschi-

le” de Il Sole 24 Ore. Il suo lavoro

è probabilmente più apprezzato

all’estero: al Malofiej Infogra-

phics World Summit 2009, uno

dei più prestigiosi concorsi riser-

vati alla grafica editoriale, ha vin-

to cinque premi. La tesi con cui si

è laureato si intitola “Il Re-desi-

gner”. Vi si propone un nuovo

paradigma dell’informazione, in

cui le redazioni dei giornali sono

più simili a studi di design che a

fredde catene di assemblaggio.

Chi sono i tuoi autori di

riferimento e quali ope -

re ispirano la tua creati -

v i t à ?

Non ho autori di riferimento in

particolare. Ci sono piuttosto dei

personaggi che seguo come

Nicholas Feltron. Si è reinventato

la professione dell’infografico.

Lui tiene traccia ogni giorno di

cosa mangia, in quali posti è sta-

to, che musica ascolta, che film

ha visto. Alla fine dell’anno, li

rielabora in forma grafica e distri-

buisce un annual report.

Come trovi la grafica

dei giornali italiani

rispetto a quella dei

giornali stranieri?

La grafica italiana è più confusa.

C’è meno attenzione verso la gri-

glia, meno pulizia. Sono aspetti

che vengono considerati un po’

“fighetti” nei giornali italiani. Si -

pensa che popolare voglia dire

scontorni. In realtà ci sono gior-

nali britannici che sono popolari

eppure sono molto razionali.

Dipende molto dalla cultura.

Quando hai cominciato

a pensare che la tua

arte grafica potesse

essere utilizzata per

fare informazione?

Qual è stato il primo

lavoro in cui hai fuso

questi due aspetti?

Il primo progetto è stata una boz-

za di un quotidiano che avevamo

sviluppato all’interno di Leftloft

in cui si iniziava ad integrare l’in-

fografica nei progetti editoriali.

Spesso l’infografica viene conce-

pita come un apparato comple-

mentare al testo. Invece la diffe-

renza che cercavamo di sviluppa-

re è quella di sostituire il testo con

delle doppie pagine infografiche,

che erano una vera e propria

alternativa a un articolo di dieci-

mila battute.

Quali passaggi segui

nella creazione di un

g r a f i c o ?

Prima di tutto c’è l’idea del gior-

nalista, ciò che vuole comunica-

re. Il secondo passaggio è la fase

di ricerca, sia dal punto di vista

delle informazioni, sia dal punto

di vista visivo. Bisogna cercare

quale stile usare, se si vuole rea-

lizzare un’infografica più fredda,

come istogrammi e torte, oppure

una più illustrata. Poi si inizia a

lavorare ad una bozza a mano,

per prefigurarti la pagina e capire

come vuoi organizzare le infor-

mazioni. Dopo si trasferisce sul

computer e si decide con il gior-

nalista quali informazioni sele-

zionare. La parte finale è l’editing

del testo.

Qual è il valore aggiun -

to di un’ infografica

rispetto ad un normale

a r t i c o l o ?

Il valore aggiunto è la non lineari-

tà. Il lettore si approccia in

maniera diversa. Può scegliere le

informazioni che vuole, come in

una sorta di palinsesto, in cui può

scegliere il suo percorso all’inter-

no delle pagine.

Nel tuo libro R e - D e s i-

gner parli di un muta -

mento di paradigma,

da redesign a redesi -

g n e r .Quale sarebbe il

ruolo di questa nuova

figura professionale nel

mondo dell’informazio -

n e ?

Un designer in una redazione è

un plusvalore. Il giornale dovreb-

be nascere da una fusione di

conoscenze diverse, poste tutte

sullo stesso piano. Spesso nei

giornali, la realizzazione è verti-

cale e quindi non c’è molta libertà

di esprimersi, di partecipare al

processo creativo. La realizzazio-

ne di I L invece avviene in manie-

ra molto orizzontale, c’è una divi-

sione funzionale dove ognuno

condivide le sue idee e competen-

ze al massimo. È i m p o r t a n t e

capire che non si può concepire la

grafica come un pacchetto chiu-

so, che si consegna al giornale. I

giornali che funzionano fondono

il punto di vista grafico con quello

del contenuto sin dalle fasi di

progettazione. La grafica è conte-

nuto e il contenuto è design.

“IL” sperimentaun nuovo modo di trattare le notizie.La redazione? Più simile a unostudio di designche a una catenadi assemblaggiodelle news

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 2011 5

infodesign

hdi Denis Rizzo l i

Fo rm a ,pulizia e rigo reCosì il giornale si fa bello

Page 6: magzine 12

NF L U S S OC O N T I N U Odi informazio-

ni. Essenziali, veloci. Anzi, istan-

tanee. Le rivolte iraniane del

2009 hanno rivelato al mondo la

capacità di T w i t t e r, il social net-

work che permette di condividere brevi mes-

saggi (tweet) da 140 caratteri, di arrivare

dove i mezzi di informazione tradizionali non

riescono. Chiunque, digitando le parole chia-

ve giuste, può leggere tutti i tweet del mondo

su un argomento. I cittadini iraniani condi-

videvano on-line slogan e informazioni, e

usavano il social network per convocare le

m a n i f e s t a z i o n i .

Oggi A l - J a z e e r asembra essere riusci-

ta a domare questa tecnologia, creando una

lista Twitter (@AJEnglish/egyptprotests)

per seguire in maniera professionale, ordina-

ta e giornalisticamente attendibile la crisi egi-

ziana. Si tratta di un canale in cui vengono

raccolti i resoconti dal Cairo di cinque repor-

ter che seguono in prima linea le proteste. È

visualizzabile anche dal sito ufficiale del net-

work televisivo e la copertura degli eventi è

24 ore su 24. La brevità dei messaggi è com-

pensata dal fatto che ne vengono pubblicati

centinaia ogni giorno. Nei momenti di mag-

giore crisi, come nel caso degli scontri in piaz-

za Tahrir del 1 febbraio notte, la raffica di

informazioni si fa pressoché continua. Il

reporter Dan Nolan è persino riuscito a

comunicare il proprio arresto in tempo rea-

le. Fermato dall'esercito il 31 gennaio insie-

me ad altri cinque colleghi, è stato rilasciato

poche ore dopo, ma le loro telecamere, i loro

laptop ed i loro telefoni sono stati sequestra-

ti. La notizia è poi apparsa sui principali quo-

tidiani del mondo.

«Alcuni media statunitensi avevano già

sperimentato l'uso di queste liste in occasio-

ne di alcuni eventi, come ad esempio la stra-

ge di Fort Hood del 2009 – precisa C r a i g

K a n a l l e y, redattore dell'Huffington Post e d

esperto di twitter journalism –. Anche la C n n

e il New York Timeshanno validi reporter al

Cairo che pubblicano gli aggiornamenti su

Twitter. Ma Al -Jazeerasta facendo un gran-

dissimo lavoro. È probabilmente la prima

volta che un grande avvenimento internazio-

nale è seguito in modo così capillare. Per

situazioni di tale importanza, in cui le cose si

evolvono molto rapidamente, credo che la

loro lista sia un sistema estremamente effica-

ce per garantire l'informazione in tempo rea-

le. I giornali americani e di tutto il mondo in

questi giorni stanno seguendo i tweet di A l -

Jazeera con estrema attenzione. Mi aspetto

che questo format abbia sempre più succes-

so in futuro e che diverse testate on-line ini-

zino ad usarlo regolarmente».

La velocità ha anche i suoi aspetti nega-

tivi. Alcuni tweet si rivelano imprecisi, e mol-

ti riportano voci non ancora verificate. Per

Craig Kanalley, però, non è l'utilizzo del social

network il problema: «Qualunque informa-

zione trasmessa da contesti in rapido svilup-

po va presa con le pinze. È un limite con cui i

corrispondenti che lavorano in situazioni di

crisi si devono confrontare in ogni caso. È

l'insieme delle diverse informazioni a dare

un quadro complessivo attendibile. Sta ai

giornalisti distinguere nei loro tweet i fatti

certi dalle impressioni e dalle dicerie. In

generale però, è vero che esiste il rischio per i

reporter di rimanere intrappolati nella corsa

ad arrivare per primi sulle notizie e dimenti-

carsi del problema nel suo insieme, che per il

lettore è poi la cosa più importante».

La guerra in tempo realeRivoluzione via Twitter

Dalle rivolte iraniane del 2009 a piazza Ta h ri r,il twe e t - re p o rting sta re i nventando il modo dira c c o n t a re i confl i t t i . Un flusso di inform a z i o n iimmediate che però nasconde qualche insidia

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 20116

social network

Di Paolo Frediani

Per sap e rne di più

twitter.com/ajenglish/egyptprotests

U

Page 7: magzine 12

er Giuseppe Carlo

M a r i n o la globaliz-

zazione ha un doppio

volto: quello di atto

finale del capitalismo

e quello di un’economia globale

ma sommersa, alimentata e

gestita della criminalità. Una

vita spesa nella ricerca sulla

fenomenologia delle mafie,

Marino, storico all’università di

Palermo, torna a parlare di orga-

nizzazioni criminali in un libro,

Globalmafia. Manifesto per

un’internazionale antimafia,

che non si limita a costruire un

quadro interpretativo dei rap-

porti internazionali costruiti

dalle mafie, da quelle sudameri-

cane a quelle europee e asiati-

c h e .

Nel suo libro-manifesto Mari-

no vuole mettere in chiaro un

dato di fatto: non si può pensare

di vincere un fenomeno globale,

come ormai è la mafia, con isti-

tuzioni nazionali. Perché l’effet-

tivo valore delle politiche statali

di contrasto, nel quadro com-

plessivo, risulta irrilevante. Da

qui la necessità di una "Interna-

zionale antimafia”, un’unione di

Stati che garantisca una forza

equipollente a quella criminale.

Quanto c’è di utopistico

nell’idea di un’ “Inter -

nazionale antimafia”?

L’idea è in se stessa un’utopia,

ma questo non significa che non

debba rappresentare un impe-

gno e un traguardo da raggiun-

gere. L’utopia non è l’irrealizza-

bilità assoluta, ma la tensione

per realizzare gli ideali. Sono le

voci progressiste e utopistiche a

poter guidare un percorso che

porti a un’unificazione reale nel-

la lotta alla criminalità.

Quali poteri dovrebbe

avere un’Internaziona -

le antimafia per essere

e f f i c a c e ?

Prima di tutto dovrebbe poter

operare indagini supernazionali

tramite la fondazione, come ha

suggerito Antonio Ingroia, di

una procura internazionale. In

secondo luogo dovrebbe avere la

forza di mobilitare un’opinione

pubblica trasversale agli stati,

attraverso un’iniziativa comuni-

cativa permanente. C’è poi la

questione della tracciabilità dei

capitali e della trasparenza

finanziaria, ma da questo siamo

davvero troppo lontani.

Perché nell’appendice

del libro ha deciso di

pubblicare la D i c h i a r a-

zione universale dei

Diritti dell’Uomo?

Ho voluto inserire i riferimenti

normativi per indicare quello

che si è pensato e scritto ma non

ancora realizzato. La dichiara-

zione dei diritti umani sarebbe

la base di un’”Internazionale

antimafia”, perché un’autentica

lotta per la legalità internazio-

nale è una condizione impre-

scindibile per la giustizia sociale

tra i popoli. Combattere per la

legalità significa lottare per la

giustizia sociale. È d e l l ’ i n g i u s t i-

zia che le mafie si avvalgono per

far germinare dal basso la cri-

m i n a l i t à .

Ci sono delle responsa -

bilità italiane nella

proliferazione delle

mafie internazionali?

Credo ci sia una responsabilità

metodologica. È la tradizione ita-

liana che ha diffuso la cultura del-

la mafiosità. Una cultura che ha

poi assunto varie sfumature a

seconda dei territori. Oggi le

mafie intrattengono tra loro una

varietà di rapporti che spazia dal-

la collaborazione alla competizio-

ne, fino alla specializzazione set-

toriale, ma tutte sono unificate da

una metodologia dei comporta-

menti e delle scelte. Tutte le mafie

hanno in comune la pretesa di

esercitare un potere che non ha

bisogno di leggi perché sta al di

sopra di tutte le leggi possibili.

La guerra contro la mafiaè un affa re intern a z i o n a l e

mafie

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 2011 7

Per sap e rne di più

Francesco Forgione,

Mafia Export ( D a l a i ) ; G i u s e p p e

Carlo Marino, G l o b a l m a f i a

( B o m p i a n i )

di Cristina Lonigro

p

Page 8: magzine 12

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 20118

giornalismo

di giacomo segantini

R A Q, A F G H A N I S T A N e Haiti

sono solo alcune delle aree

di crisi raccontate dal

“veterano” Andrea Nica-

stro, inviato del C o r r i e r e

della Sera. È stato tra i primi a fir-

mare servizi che si appoggiano sui

video pubblicati sul sito, come

quello, nel 2003, dal nascondiglio

di Saddam, il famigerato “spider

hole”, o i tumulti scoppiati dopo la

rielezione di Ahmadinejad in Iran.

La sua prima volta è stata in Koso-

vo, a 31 anni: «Ho iniziato nel ’96 –

racconta - appena arrivato agli

esteri. Dato che non tutti vogliono

andare in aree di crisi, mi hanno

chiesto di tornarci in seguito e da lì

sono stato in tante altre parti del

globo».

Come si controlla la pau -

r a ?

Più acquisti esperienza, e più sei

consapevole dei rischi. All’inizio

non avevo la più pallida idea di

cosa fosse un fucile o una pallotto-

la. Mi ricordo un episodio, a inizio

carriera: stavo facendo

un’intervista in Koso-

vo, quando sono arri-

vati i carri armati serbi.

Eravamo su una collina, e

questo carro armato era un pun-

tino lontano che non mi incuteva

alcun timore. Vedendolo arrivare,

tutti sono scappati, e io sono rima-

sto lì, guadagnandomi, tra l’altro,

la fama dell’intrepido reporter.

Assolutamente inconsapevole,

però: giorni dopo, parlando con

un soldato Nato, scopro che il mar-

gine di errore di una mitragliatrice

pesante, da quella distanza, è di 3

o 4 dita. Potevano decidere se

prendermi in mezzo agli occhi o in

pieno petto. Non avevo la più pal-

lida idea del rischio che si corresse.

È stato facile comportarmi in quel

modo perché non conoscevo il

pericolo. Poi ho capito quali sono i

rischi che si corrono, tanto da

volerli evitare. Ma più “entri” nella

storia e più vuoi essere vicino a

quello che accade.

Che curriculum deve

avere il giornalista di

g u e r r a ?

Ci sono dei corsi organizzati dal-

l’esercito, dalla Rai e da alcune fon-

dazioni per gli inviati di guerra. Ma

le uniche persone che ho visto rea-

gire in modo professionale in un

conflitto armato sono i soldati del-

le forze speciali, vere e proprie

“macchine da crisi”. Non trovo

quindi credibile l’idea

che i giornalisti possano

imparare con un corso a

gestire la loro emotività

in una situazione di

rischio per la vita. Credo che

la soluzione sia quella dell’espe-

rienza sul campo, maturata attra-

verso la buona fede e la prudenza.

Lei è sposato, con 3 bam -

bini. Cosa ne pensa la

sua famiglia di quello

che fa?

Quello che penso io: è

un lavoro che qualcuno

deve fare perché è fon-

damentale per un’infor-

mazione libera e per la

dinamica democratica.

Senza fare gli eroi però:

c’è tutta una serie di

situazioni da evitare, in

cui ci si finisce dentro.

La mia famiglia ha un

atteggiamento respon-

sabile verso il mio lavoro: sa che mi

piace, e non mi chiede di non farlo.

Si fida della mia capacità di discer-

nere tra ciò che è possibile e ciò che

non lo è.

Prima di partire per

un’area di crisi, quali

sono i passaggi di prepa -

razione essenziali?

Sapere cosa si può trovare in ter-

mini logistici: alloggio, cibo e

comunicazione. Poi cercare di

essere autosufficiente dal punto di

vista alimentare, con strumenti

per potabilizzare l’acqua, formag-

gio grana sottovuoto, o anche

tubetti di latte condensato. Poi, se

è una zona pericolosa, munirsi di

giubbotto, elmetto e kit di pronto

soccorso.

Quali sono gli strumenti

di lavoro nello zaino di

un giornalista in zone di

c r i s i ?

Un pannello solare pieghevole,

per alimentare le batterie dei vari

sistemi elettronici, un modem e

un telefono satellitari, un paio di

cellulari, uno internazionale e uno

con la scheda locale, il Pc (con con-

sole di montaggio video), teleca-

mera, macchina fotografica e regi-

stratore digitale. Ma la mia espe-

rienza multimediale, fino ad oggi,

è stata un’esperienza volontaristi-

ca, perché il giornale non aveva e

non ha, ad oggi, uno strumento

per capitalizzare tramite pubblici-

tà il lavoro multimediale dei pochi

inviati che lo fanno. Il primo servi-

zio multimediale commissionato

e pagato è stato nella primavera

dell’anno scorso, il 2010, quando

ho fatto un reportage in tre punta-

te per il giornale dal Caucaso, e una

serie di cinque video per l’online,

in concomitanza con il lancio del

C o r r i e r e su iPad. Per dieci anni,

insomma, è stata la passione più

che il guadagno a spingermi in

questa direzione.

Quali sono i requisiti per

essere giornalisti multi -

m e d i a l i ?

L’ i nv i at od i g i t a l e

Da quindici anni A n d rea Nicastro racconta i confl i t t isulle pagine del C o rri e re della Sera.Del giorn a l emilanese è stato anche uno dei primi a pre n d e re in mano una telecamera per fi l m a re.Da autodidatta

I

Page 9: magzine 12

La cosa fondamentale è essere

veramente giornalisti. Non puoi

fare questo lavoro, anche se sei

bravissimo a girare e a montare,

se non capisci qual è la notizia e

non hai un senso etico che ti gui-

di nel leggere la realtà. La tecnica,

poi, è qualcosa che si acquisisce.

Ma è la testa che comanda la

mano che riprende o che scrive:

prima di tutto ci vogliono giorna-

listi intelligenti e liberi. A quel

punto, con gli strumenti che ci

sono oggi, non è neppure neces-

sario avere una macchina foto-

grafica. Ti basta una telecamera

ad alta risoluzione, e devi comin-

ciare a girare. Fondamentale,

poi, è montare: facendolo impari

a girare, perché capisci quali

immagini ti servono. Chi vuole

essere perfetto nelle riprese,

però, deve fare il cameraman,

non il giornalista. Ma l’industria

dell’informazione è capace di

reggere entrambe le figure per un

servizio? Se il servizio non è a

pagamento e non è emanazione

del potere politico, purtroppo la

risposta è no. Allora, cosa dob-

biamo fare, non fare informazio-

ne perché il mercato è ristretto?

No: è una funzione sociale che

dobbiamo svolgere.

All’estero invece il multi -

mediale è più valorizza -

t o ?

Il New York Times ci ha provato.

Hanno fornito ai loro inviati una

“valigetta multimediale”, che den-

tro ha già tutto pronto, un kit con

computer, telecamera Flip, satel-

litare, sfruttando però quella che è

la loro rete di uffici di cor-

rispondenza. Il N e w

York Times però è

anche una sorta di

“agenzia”, che vende

servizi a tutti i giornali anglofoni

del globo. Non lanci, ma articoli di

qualità. E quindi ha una struttura,

una capacità economica che è

diversa da qualunque altro gior-

nale del pianeta.

Come è avvenuto, nel

suo caso personale, il

passaggio a reporter

m u l t i m e d i a l e ?

Ero a Jabal Saraj, all’ingresso del-

la valle del Panjshir in Afghani-

stan, nell’ottobre 2001, prima del-

l’invasione. I giornalisti dormiva-

no tutti assieme in edifici semi-

diroccati assegnati loro dai muja-

heddin dell’ex-comandante Mas-

sud, tranne quelli di C n n e B b c,

che avevano edifici affittati per

conto loro. C’era un collega turco

di Cnn Türk,Irfan Sapmaz, che la

Cnn International non voleva nel

suo c o m p o u n d. Arrabbiatissimo

con i colleghi, si è vendicato dan-

dogli una serie di “buchi”, da solo,

che sono stati spettacolari. Non

aveva contatti, supporto tecnico,

l’autista, e nemmeno la scorta

armata, tutte cose che aveva la

C n n. Ma, essendo turco si fece

capire in farsi dai mujaheddin, e

con la sua camerina riuscì a fare

una serie di servizi che la grande

struttura C n n non riuscì a fare.

Andandogli appresso, capii l’op-

portunità di effetto che, in certe

situazioni, ha il mezzo espressivo

visivo rispetto a quello cartaceo. È

più bello fare un’analisi o

un’intervista scritta,

ma è più efficace

riprendere una trin-

cea, un carcere, un

ambiente per dare

e m o z i o n e .

Utilizzi social network e

blog come fonti?

Certo: sono indispensabili. Sono

un nuovo sistema per scovare

notizie. Prima si andava in un bar

a Pristina a sentire cosa dicevano i

vecchi, o nelle università a sentire

cosa dicevano i giovani, adesso

devi cercare luoghi di aggregazio-

ne virtuale per capire cosa pensa la

gente.

Il servizio di cui va più

fiero, se dovesse sce -

glierne uno?

Un inedito: l’ingresso a Kabul nel

2001 dei mujaheddin dell’allean-

za del Nord. Non è mai uscito per-

ché all’epoca non avevo gli stru-

menti per inviare i file e montarli,

ma comunque mi avevano presta-

to la telecamera, e quei 10 minuti

di girato, che sono un pezzo di sto-

ria perché eravamo pochi ad

entrare a Kabul, sono ancora nel

mio cassetto. Nessuno lo ha mai

visto: l’immagine entrata nella

storia è John Simpson della B b c

su un carro armato. Ma ci sono

anch’io, sul cofano di una vecchia

Lada sovietica guidata da un

mujaheddin che entra a Kabul.

Quello sarebbe stato un valore, un

qualcosa in più, ma non esisteva il

mezzo per valorizzare quel tipo di

prodotto. Oggi speriamo di sì.

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 2011 9

Non credo si diventi giornalista diguerra grazie a corsi che insegnanoa gestire l’emotività. L’unico modo è fare esperienza diretta sul campo

Page 10: magzine 12

libertà di stampa

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 201110

I N Aè una di quelle che

le storie le vanno a

cercare in strada, ma

soprattutto è una

blogger tunisina che la rivolta la

racconta da dentro. «I rischi ci

sono - spiega - ma fanno parte

delle regole del gioco. Ero in

mezzo agli scontri quando ho

scoperto che le milizie del parti-

to dell’ex presidente Ben Ali

offrivano soldi e alcol alla gente

perché aggredisse i manifestan-

ti. Ho rischiato di essere malme-

nata anch’io mentre me lo face-

vo raccontare».

Assistente di linguistica nel-

la facoltà di Scienze umane e

sociali dell’Università di Tunisi,

Lina Ben Mhenniha studiato

e insegnato anche negli Stati

Uniti .

Quella dei tentativi di corru-

zione dei controrivoluzionari è

solo una delle storie che la

27enne di Tunisi ha scritto sul

suo blog, A Tunisian Girl, onli-

ne dal 2007 ma censurato per

due anni, insieme a molti altri e a

Facebook. «Hanno revocato la

censura un giorno prima che

Ben Ali fosse destituito: un gesto

che mirava a placare in extremis

la rabbia del popolo virtuale, ma

non ha raggiunto il suo scopo»,

spiega. «Comunque - continua

Lina a nome della comunità dei

blogger - non ci siamo mai arre-

si. Diffondevamo via web i pro-

grammi per aggirarla. Purtrop-

po non tutti erano capaci a usar-

li». Guai a tirarsi indietro.

Lina ha scoperto di essere

stata censurata due settimane

dopo essere arrivata negli Stati

Uniti, dove teneva corsi di gior-

nalismo e sociologia. Era il

2008. «Le spiegazioni - raccon-

ta - non me le hanno mai date, a

me come agli altri blogger. Buio

e basta. Probabilmente pensano

che le mie idee siano pericolose.

Sarà per questo che non si sono

limitati a oscurarmi ma sono

entrati in casa dei miei genitori,

hanno perquisito la mia stanza e

mi hanno sequestrato il compu-

ter e i dvd».

All’inizio Lina scriveva di

arte, cultura, letteratura e

soprattutto questioni sociali. Nel

2008, quando iniziarono le

campagne contro la censura, e

iniziò a testimoniare le violazio-

ni dei diritti umani. Erano appe-

na scoppiate le proteste studen-

tesche organizzate nella General

Union of Student of Tunisia, e i

manifestanti erano picchiati e

arrestati con frequenza dalla

polizia. «Erano le avvisaglie del-

la rivoluzione che stiamo viven-

do ora», conclude Lina.

L

Il rep o rter ambientaleche sfidava Manila

Un postdalla rivolta,in prima filail blog di L i n a

a un anno girava con

la guardia del corpo,

ma non è bastato. La

mattina del 24 gen-

naio Marlon

Bechavez Recamata, un sicario

venuto dall'area metropolitana

di Manila, lo ha ucciso. Gli ha

sparato in pieno giorno, in un

mercato di Puerto Princesa,

capoluogo dell'isola di Palawan.

Gerardo Ortega in quella

città era un personaggio in vista.

Si faceva chiamare “Doc Gerry”

ed era il conduttore di

R a m a t a k, un programma di

informazione trasmesso sulla

filiale locale del network radio-

fonico R m n. Aveva dedicato la

sua vita alla difesa dell'ambien-

te, e dai microfoni della sua tra-

smissione non risparmiava

attacchi alle società minerarie

che operano nella regione.

Palawan è una delle isole

più belle e incontaminate del-

l'arcipelago delle Filippine e ha

un potenziale turistico enorme.

Il suo sottosuolo è ricco di nic-

kel, e questo ne ha fatto una

preda appetibile per le aziende

estrattive. Tra queste, l'inglese

Toledo Mining Corporation e la

MicroAsia di Lucio Tan, secon-

do uomo più ricco delle

F i l i p p i n e .

Gerardo Ortega da tempo

denunciava casi di corruzione e

devastazioni del territorio, e

aveva subito diverse minacce.

In Palawan ci sono molte aree

protette in cui non è possibile

l'attività estrattiva, ma questa

viene portata avanti abusiva-

m e n t e .

«Doc Gerry aveva diverse

frecce nel suo arco. Era project

manager di una campagna per

promuovere l'ecoturismo sul-

l'isola. Era anche presidente del-

l'associazione Klm, che si occu-

pa di denunciare casi di corru-

zione nell'industria del metano.

Aveva un sacco di documenti e

prove schiaccianti che avrebbe-

ro potuto rivelare casi di corru-

zione del governo», ha scritto

Redempto Anda sul quotidiano

Philippine Daily Inquirer.

Anche Anda, giornalista e amico

di Ortega, è stato vittima di

minacce, nel 2008.

«Ortega alla corruzione

non era semplicemente contra-

rio. Lo mandava su tutte le

furie», dice l'arcivescovo di

Palawan Pedro Arigo. Il prelato

è tra i sostenitori di una raccolta

firme per chiedere al governo di

fermare completamente le

estrazioni sull'isola. Ortega è

stato uno dei promotori della

campagna. Non si sa con certez-

za chi ci sia dietro il suo assassi-

nio. Si sa però che non doveva

essere l'unico a morire. Rodolfo

Edrad Jr, uno dei complici del

sicario che gli ha sparato, ha

rivelato che era in progetto

l'omicidio un'altra personalità

del mondo dei media, non

ancora identificata.

Gerardo Ortegadenunciava concoraggio da annile ecobarbariecommesse dalleindustrie e avevaprove schiacciantidella corruzionedel governo. Unsicario lo ha uccisoin pieno giorno

di Destefanis e Daina

di Paolo Frediani

d

Per sap e rne di più

www.gestalten.tv

Page 11: magzine 12

O N O T R E L E P A R O L E che riassumono

il progetto Gestalten tv: e x p l o r i n g

visual culture, esplorare la cultura

dell’immagine. Perché l’immagine

è sempre il frutto di un’elaborazio-

ne creativa e pratica, che i curatori del progetto

“made in Deutschland” seguono passo dopo

passo, documentando ogni sequenza del lavo-

ro. Gestalten è nata a Berlino nel 1995 come edi-

trice e da allora si è fatta conoscere per i 400 libri

che documentano e anticipano i trend di design,

illustrazione, architettura e tipografia, ma anche

arte urbana e contemporanea.

La rete di distribuzione è diventata il cana-

le per entrare in contatto con artisti e avanguar-

die di tutto il mondo. La web tv è arrivata in un

secondo momento, come un fuori programma,

racconta il direttore, Ole Wagner: «L’idea di

fondo alla quale ci siamo ispirati, nel 2007, è sta-

ta la continuazione dell’esperienza acquisita da

Gestalten negli anni di documentazione delle

avanguardie della cultura visiva».

Tra queste, Gestalten ha individuato Erwin

Wurm. L’artista austriaco è, secondo Wagner ,il

simbolo perfetto «dell’influenza dell’arte sulla

realtà attraverso il canale dell’umorismo e del-

l’ironia».

Gestalten è, allo stesso tempo, un think

tank al quale si rivolgono marchi globali, ed una

pagina bianca sulla quale si scrivono le storie

che coprono «tutto lo spettro del mondo dei

designer, dagli artisti in senso lato, agli architet-

ti, ai tipografi», continua Wagner. «Per noi –

aggiunge – la cultura visiva si genera dall’inter-

relazione tra design, arte, architettura, fotogra-

fia e altre discipline visive. E di queste ultime con

isole di creatività come la musica e la cultura

pop. Combinare influenze eterogenee sposta la

linea della frontiera dell’espressione creativa

contemporanea più in là».

Il “palinsesto” di Gestalten propone ogni

due settimane un nuovo mini-documentario.

Il ritratto degli artisti e il loro lavoro è assem-

blato sotto forma di videocollage. «Alcuni

esempi del nostro approccio – suggerisce

Wagner – sono “Studio on Fire”, un viaggio

nell’ossessione del processo di design, ed “Erik

Spiekermann”, racconto in prima persona di

un tipografo, graphic designer e uomo d’affari

che ha alle spalle 30 anni di lavori metafisici».

Il messaggio finale resta immutato: la realtà è

qualcosa che si può scomporre, analizzare,

assemblare nuovamente, fino a farla diventa-

r e i r r e a l e .

i chiama Q w i k i . c o m ed è una

nuova piattaforma multime-

dialeintenzionata a ribaltare il

modo con il quale interroghia-

mo il web. Presentata come un video

search engine, è in realtà un’enciclo-

pedia video. Una volta introdotto l’og-

getto della ricerca nella barra di navi-

gazione, parte una sorta di presenta-

zione multimediale che, avvalendosi

di immagini, video, grafiche e di una

voce narrante simile a quella delle

audioguide dei musei, sintetizzerà le

informazioni salienti riguardanti un

personaggio, un fatto storico, una cit-

tà, un tipo di tecnologia, un genere

musicale.

Dopo il rodaggio della versione

beta, il 24 gennaio il sito è diventato

open public; in poco tempo i lemmi

contenuti nel sistema sono già oltre 3

milioni. Gli argomenti spaziano dalla

geografia allo spettacolo, dalla storia

alla moda, dal cinema alla politica,

passando da cronaca e sport.

Facendo un breve test si scoprono

presentazioni molto accurate su Steve

Jobs come su Letizia Moratti, su

Michelangelo come sugli spaghetti alla

puttanesca. Mente e cassa del progetto

sono Eduardo Saverin (l’ex braccio

destro di Mark Zuckerberg) e Jawed

Karim, fondatore di YouTube; insieme

hanno iniettato nel progetto 8 milioni

di dollari con l’intenzione di «migliora-

re per sempre il modo in cui la gente

fruisce l’informazione».

Gestalten tv,l’arte del collage

Una web tv di Berlino remixa design, architetturae fotografia per documentare come si costruisceu n ’ o p e r a d’arte. Puntando gli occhi sul backstage

multimedia

Wikipedia add i o,il futuro è video

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 2011 11

di Luigi Serenelli

di Giuliana Grimaldi

Per sap e rne di più

www.gestalten.tv

s

S

Page 12: magzine 12

A L M I G L I O R B R U N C H i n

città a bizzarre gite

collettive in luoghi

sacri, dalla ricetta per

il limoncello messa a punto dal

catering più esclusivo ai segreti

della caccia ai granchi: un argo-

mento al giorno per raccontare

San Francisco, riunendo le voci

di commercianti e consumatori,

curiosità e tendenze. Tutto que-

sto è The Bold Italic (www.the -

b o l d i t a l i c . c o m ), sito web che da

due anni detta la linea delle ten-

denze cittadine grazie alla poten-

za dell’impianto grafico e della

squadra di scrittura, composta

da giovani cantastorie (i B o l d

L o c a l s) costantemente in giro

per la città. Una comunità nella

comunità, che mette le potenzia-

lità globali della rete al servizio

del locale, come spiega la produ-

cer, Nicole Grant.

Com’è nato The Bold

I t a l i c?

È un progetto della Gannett,

gruppo editoriale proprietario di

grandi testate, tra cui U s a

T o d a y. I lettori non credono più

nell’oggettività, per capire cosa

fare e dove andare vogliono

punti di vista autentici da parte

di persone del luogo. Amano i

negozi locali, cercano i consigli

degli organizzatori di professio-

ne, di chi vive attivamente la città

ed è in grado di creare aggrega-

zione. Per veicolare efficacemen-

te questi contenuti è necessario

un design pulito, lontano dalla

confusione di Facebook. Par-

tendo da questi presupposti T h e

Bold Italic ha riunito i B o l d

L o c a l s, persone comuni più che

scrittori di professione che

hanno accettato la scommessa di

uscire di casa per raccontare la

vita urbana e raccontare espe-

rienze originali. Tutte storie che

non trovano spazio su altri siti o

quotidiani locali.

Come vi finanziate?

Riceviamo denaro dalle attività

locali che hanno interesse a rag-

giungere il nostro pubblico.

Siamo i campioni dell’imprendi-

toria locale, perché gli abitanti di

San Francisco si identificano

molto con i negozi che sostengo-

no, dal caffè in cui vanno ogni

mattina al negozio di design che

visitano nel weekend. Pubbli-

chiamo una storia al giorno e

quasi tutte hanno al loro interno

un negozio locale.

Cosa c’è nel vostro futu -

ro? The Bold Italic s a r à

replicato in altre città?

San Francisco è piena di gente

creativa e questo la rende un ter-

reno fertile per simili esperimen-

ti. Penso però che ci siano perso-

ne che vivono esperienze uniche

in tutte le città americane e l’idea

di espanderci ci piace molto. Per

questo invitiamo i nostri lettori a

darci i loro feedback sul nostro

f o r u m .

Bold Italic è un labora t o rio virtuale di giovani aspira n t is c ri t t o ri che raccontano storie e tendenze della gentedi San Fra n c i s c o. Un viaggio dove gra fica e re p o rtage si fondono, a metà tra Kerouac e il gonzo journalism

Periodico realizzatodal Master in Giornalismodell’Università Cattolica - Almed© 2009 - Università Cattolicadel Sacro Cuore

d i r e t t o r eMatteo Scanni

c o o r d i n a t o r iLaura Silvia Battaglia, Ornella Sinigaglia

r e d a z i o n eFabrizio Aurilia, GiudittaAvellina, Chiara Avesani,Lorenzo Bagnoli, ValerioBassan, Matteo Battistella,Marco Billeci, Valeria CastellanoSalvo Catalano, MicheleD’Onofrio, Chiara Daina, GiuliaDedionigi, Giulia Destefanis,Fabio Forlano, Giacomo Galanti,Carlotta Garancini, GiulianaGrimaldi, Cosimo Lanzo,Andrea Legni, Cristina Lonigro,Paolo Massa, AlessandroMassini Innocenti, AntonioNasso, Ambra Notari, TancrediPalmeri, Simona Peverelli, RosaRicchiuti, Denis Rizzoli,Gregorio Romeo, GabrieleRusso, Stefania Saltalamacchia,Giacomo Segantini, BiancaSenatore, Luigi Serenelli,Francesca Sironi, Matteo Sivori,Alessandro Socini, EnricoTurcato, Gianluca Veneziani

a m m i n i s t r a z i o n eUniversità Cattolica del Sacro Cuorelargo Gemelli, 120123 - Milanotel. 0272342802fax 0272342881m a g z i n e m a g a z i n e @ g m a i l . c o m

progetto graficoMatteo Scanni

service providerw w w . u n i c a t t . i t

Autorizzazione del Tribunale

di Milano n. 81 del 20 febbraio

2 0 0 9

grafica

di Antonio Nasso

MAGZINE 12 | 1 febbraio - 28 febbraio 201112

N ews on the ro a d

D