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MIGRANTI ACQUARO/TOGLIE UN FESTONE E PRECIPITA. OPERAIO EXTRACOMUNITARIO IN FIN DI VITA ACQUARIO – Un operaio algerino, Karim Geluad, di 26 anni, è precipitato ieri sera da un'altezza di circa 15 metri schiantandosi nel greto semiasciutto del fiume Amello. L'impatto è stato terrificante, anche in virtù della scarsa portata d'acqua che il fiume ha in questo periodo. Drammatico il bilancio: gravissimo trauma cranico con perdita di sostanza cerebrale. È questo il referto stilato dai sanitari del pronto soccorso di Soriano Calabro dove lo sfortunato giovane operaio è giunto, in condizioni disperate, trasportato su un'ambulanza del “118”. La sua vita resta appesa a un filo. La corsa, comunque, per strapparlo alla morte, continua. Karim è stato infatti trasferito, a tarda notte, al reparto di Neurochirurgia dell'ospedale Piemonte di Catanzaro. Tutto è accaduto ieri, intorno alle ore 19 e 30. Karim, che stava effettuando per conto di una ditta del Vibonese i lavori di dismissione dei festoni nella villa comunale, impiantati giorni prima con altri operai anche lungo le vie principali, in occasione proprio dei festeggiamenti in onore di S. Rocco, ha percorso i pioli dell'alta scala fino in cima, ignaro di ciò che stava per accadergli. Per cause in via di accertamento, infatti, gli archi e uno dei pali in legno, che li sorregge, hanno ceduto improvvisamente. L'operaio algerino è precipitato per 15 metri. La scena è stata vista da circa un centinaio di persone, che sostavano in piazza Municipio, la piazza principale di Acquaro. Tutti i presenti hanno potuto assistere, così, al dimenarsi drammatico del giovane algerino in lotta contro il vuoto prima prima di schiantarsi contro il greto del fiume. Grida d'allarme, di disperazione. Una corsa generale, quasi una gara di solidarietà. I primi ad arrivare lo hanno tirato fuori dall'acqua, con il sangue che gli veniva fuori dalla testa fracassata e dall'orecchio destro. I primi soccorsi sono stati immediati, grazie al tempestivo attivarsi dei medici locali, del farmacista, di qualche infermiere, della gente comune. Ma le sue condizioni sono gravissime, anzi disperate. La Gazzetta del Sud 25 Agosto 1998 23 gennaio 1999 Pesaro, operaio albanese di 30 anni muore schiacciato da una pinza meccanica. (Fonte: Ambiente e Lavoro Onlus - Sezione Toscana) 9 marzo 1999 Milano, operaio egiziano di un'impresa di pulizie muore a 37 anni per la caduta da un camion. (Fonte: Ambiente e Lavoro Onlus - Sezione Toscana)

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MIGRANTI

ACQUARO/TOGLIE UN FESTONE E PRECIPITA. OPERAIO EXTRACOMUNITARIO IN FIN DI VITA

ACQUARIO – Un operaio algerino, Karim Geluad, di 26 anni, è precipitato ieri sera da un'altezza di circa 15 metri schiantandosi nel greto semiasciutto del fiume Amello. L'impatto è stato terrificante, anche in virtù della scarsa portata d'acqua che il fiume ha in questo periodo. Drammatico il bilancio: gravissimo trauma cranico con perdita di sostanza cerebrale. È questo il referto stilato dai sanitari del pronto soccorso di Soriano Calabro dove lo sfortunato giovane operaio è giunto, in condizioni disperate, trasportato su un'ambulanza del “118”. La sua vita resta appesa a un filo. La corsa,comunque, per strapparlo alla morte, continua. Karim è stato infatti trasferito, a tarda notte, al reparto di Neurochirurgia dell'ospedale Piemonte di Catanzaro. Tutto è accaduto ieri, intorno alle ore 19 e 30. Karim, che stava effettuando per conto di una ditta del Vibonese i lavori di dismissione dei festoni nella villa comunale, impiantati giorni prima con altri operai anche lungo le vie principali, in occasione proprio dei festeggiamenti in onore di S. Rocco, ha percorso i pioli dell'alta scala fino in cima, ignaro di ciò che stava per accadergli. Per cause in via di accertamento, infatti, gli archi e uno dei pali in legno, che li sorregge, hanno ceduto improvvisamente. L'operaio algerino è precipitato per 15 metri. La scena è stata vista da circa un centinaio di persone, che sostavano in piazza Municipio, la piazza principale di Acquaro. Tutti i presenti hanno potuto assistere, così, al dimenarsi drammatico del giovane algerino in lotta contro il vuoto prima prima di schiantarsi contro il greto del fiume. Grida d'allarme, di disperazione. Una corsa generale, quasi una gara di solidarietà. I primi ad arrivare lo hanno tirato fuori dall'acqua, con il sangue che gli veniva fuori dalla testa fracassata e dall'orecchio destro. I primi soccorsi sono stati immediati, grazie al tempestivo attivarsi dei medici locali, del farmacista, di qualche infermiere, della gente comune. Ma le sue condizioni sono gravissime, anzi disperate.

La Gazzetta del Sud 25 Agosto 1998

23 gennaio 1999Pesaro, operaio albanese di 30 anni muore schiacciato da una pinza meccanica. (Fonte: Ambiente e Lavoro Onlus - Sezione Toscana)

9 marzo 1999Milano, operaio egiziano di un'impresa di pulizie muore a 37 anni per la caduta da un camion. (Fonte: Ambiente e Lavoro Onlus - Sezione Toscana)

25 marzo 1999Agliana (PZ), operaio albanese di 26 anni muore travolto da uno scavatore guidato da un suo amico. (Fonte: Ambiente e Lavoro Onlus - Sezione Toscana)

21 luglio 1999Trieste, operaio croato di 25 anni di Fiume, muore avvolto dal rogo sviluppatosi nella petroliera "Agip Liguria", della Snam (Eni), agli ormeggi nell'Arsenale san Marco, mentre lavorava con un saldatore in una cisterna. (Fonte: Ambiente e Lavoro Onlus - Sezione Toscana)

13 agosto 1999Perugia, lavoratore extracomunitario di 31 anni, rimane fulminato da una scarica elettrica mentre era intento a tagliare dei rami con un decespugliatore. (Fonte: Ambiente e Lavoro Onlus - Sezione Toscana)

UN MORTO SUL LAVORO A LIVORNOAncora incidenti sul lavoro: a Livorno un operaio è morto e un altro è rimasto ferito; solo un ferito invece a Milano, dove però il crollo di una gru avrebbe potuto causare una strage. Gli operai di Livorno sono stati colpiti da un'elica mentre stavano lavorando ad una nave gasiera – la «Four

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Lakes» di Palermo – in riparazione ormeggiata alla banchina di allestimento del cantiere navale Orlando. Sarà l' autopsia a stabilire con esattezza quali sono state le cause della morte di Oreste Bernardini, 43 anni, livornese, l'operaio della ditta appaltatrice Carlo Perelli falciato dall'elica, Dall'esame esterno del cadavere sembra che a determinare la morte dell'uomo sia stata la profonda lesione al cranio e al volto procurata da una delle pale. Restano gravi, forse perderà un braccio, le condizioni di Skamo Ferid, 35 anni, bosniaco.

La Gazzetta del Sud 18 Dic 1999

Alla Sometec di Pianezza, vittima un giovane lavoratore tunisino. Indagini sulla sicurezza Tragedia in cantiere, muore operaio Schiacciato da un macchinano

Grazia Ungo PIANEZZA . La prima città italiana che lo ha ospitato lui, tunisino in regola con il permesso di soggiorno è stata Vittoria, in provincia di Ragusa. Un nome che si preannuncia carico di fortuna. Non per Ajimi Ridha, però. Da un anno a Torino, è morto ieri pomeriggio, a 28 anni, mentre lavorarava all'ampliamento di un capannone della «Somecat» srl, in via Druento 15 a Pianezza. Con una pompa a pressione stava iniettando del calcestruzzo nelle fondamenta, ma per motivi ancora da accertale lo strumento gli è rimbalzato sullo sterno. «Sfondamento della cassa toracica» è il primo referto del medico legale accorso sul posto. L'autopsia fornirà ulteriori chiarimenti. I carabinieri di Pianezza e il personale del settore infortuni dell'Asl 6 stanno, inoltre, raccogliendo tutti gli elementi utili a ricostruire l'incidente sul lavoro. «E' la prassi di routine spiega il maresciallo Giovanni Orgiu -, deve essere accertato che la ditta fosse in regola con le norme antinfortunistiche». L'impresa per cui lavorava il tunisino è la «Musso palificazioni» srl di Chieri. «Non riusciamo a capire come sia potuto accadere una disgrazia del genere. E dire che Ajmi era pure un operaio molto attento e preciso» commenta la titolare. E Giuseppe Brizio, l'architetto che dirige i lavori dell'ampliamento, aggiunge: «Evidentemente la pressione ha fatto scattare l'iniettore di cemento contro l'uomo. Eppure si tratta di uno strumento che solitamente non crea problemi». L'infortunio è avvenuto alle 16.40: l'allarme al 118 è imme diato, sul posto arriva subito �un'ambulanza. Più tardi, invece, parte l'avviso ai carabinieri, contattati alle 17.30. L'equipe medica ha fatto tutto il possibile per cercare di salvare il giovane. Le sue condizioni sono subito apparse gravissime e per un'ora i medici hanno tentato di rianimarlo. Ma, purtroppo, ogni sforzo s'è rivelato inutile. Il cuore di Ajimi ha cessato di battere alle 17.45. «Un ragazzo sfortunato raccontanto alcuni colleghi s'era sposato appena otto mesi fa, a giugno, ed era molto contento di avere questo lavoro. Il suo paese gli mancava, è vero, ma si era adattato abbastanza bene anche qui da noi. S'era sistemato in un appartamento a Torino, in via Sant'Agostino 1 e spesso dava ospitalità ad alcuni suoi connazionali che non avevano ancora trovato una casa». Ha parole d'affetto anche la proprietaria dell'impresa dove lavorava. «Era da noi da appena sei mesi dice -, ma si era fatto apprezzare per la sua volontà e il suo impegno».

La Stampa - 02.02.2000

Operaio di 24 anni muore folgorato in cantiere Il braccio di una gru sfiora i fili dell'alta tensione e la scarica uccide il dipendente della Lombardini

L'incidente mortale a Camerana, vittima un etiope residente a Cairo Lucia Barlocco GAMERANA Ha perso la vita, folgorato da un cavo dell'alta tensione. La vittima è Ermias Tekola Kelkai, 24 anni, di origine etiope, ma da qualche tempo residente in via Solferino, a Cairo Montenotte. La tragedia si è consumata ieri pomeriggio, in località Chiappino, a Camerana. Il ragazzo, dipendente della ditta «Lombardini», insieme ai suoi colleghi, stava lavorando alla realizzazione di un ponte sulla strada statale che collega il paese a Saliceto. Erano circa le 15, quando Ermias, con un altro operaio, era intento a tenere fermo con le mani del materiale che la gru stava provvedendo a trasferire all'interno del cantiere, quando il braccio del mezzo meccanico ha toccato i cavi dell'alta tensione. Tutto si è svolto in pochissimi istanti. Il giovane si è accasciato. Inutili, purtroppo, i disperati tentativi dei colleghi di lavoro di rianimarlo. Ermias è morto sul colpo. Immediato anche l'intervento dei carabinieri di Saliceto, che stavano effettuando controlli a poca distanza dalla zonayi cui si è verificarto il dramma; e dei volontari della pubblica assistenza. Il corpo è stato poi

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trasferito nell'obitorio del cimitero di Camerana, a disposizione dell'autorià giudiziaria che dovrà disporre l'autopsia. Del caso si sta occupando la magistratura di Mondovì. Ermias Tekola Kelkai, originario di Addis Abeba, era arrivato a Cairo Montenotte circa due anni fa, al seguito della sorella che alcuni anni prima si era trasferita in Italia. E proprio a Cairo, Ermias risiedeva nella casa di via Solferino insieme con la sorella, il cognato e un nipotino che frequenta la prima elementare. Aveva subito trovato lavoro presso la ditta '(Lombardini», e nel tempo libero, come tanti ragazzi della sua età, era solito giocare a calcio a livello amatoriale. Una passione, quella per il pallone, che nutriva sin da bambino. E poi, le serate con gli amici. Insomma, Ermias si era ben integrato nel tessuto sociale della Val Bormida. Per lui tanti sogni, tante speranze. Avrebbe compiuto 25 anni il prossimo novembre. Ma, ieri pomeriggio, la tragedia, sotto gli occhi dei suoi colleghi di lavoro che, in preda alla disperazione, hanno tentato con ogni mezzo di strapparlo alla morte. Ma per lui non vi è stato nulla da fare. E ora non rimane che il dolore dei familiari e dei tanti amici con i Quali Ermias era riuscita a stabilire profondi e autentici legami. Un dramma che segnerà per sempre l'esistenza di quanti lo hanno conosciuto e amato. La data dei funerali, sino a ieri sera, non era ancora stata fissata.

La Stampa - 25.02.2000

INFORTUNI, MORTO OPERAIO ALBANESE

ARESE (MILANO), 31 MAGGIO - Un operaio di origine albanese, Alfred Mesiti, 27 anni, residente ad Adrara San Martino (Bergamo), è morto all'ospedale di Niguarda per le ferite riportate ieri in un incidente sul lavoro in un cantiere edile ad Arese. Il giovane, insieme con altri operai, stava completando la costruzione di alcune palazzine in via Vismara, quando un sollevatore telescopico in manovra lo avrebbe urtato senza che il conducente se ne accorgesse. Trasportato all'ospedale di Niguarda è stato ricoverato in prognosi riservata per gravissime lesioni da schiacciamento. I carabinieri di Arese e i tecnicidell' Asl Milano 1 hanno aperto un' inchiesta.

Il Giorno 31 Maggio 2000

30 luglio 2000Impastatrice stritola fornaio. Si chiamava Mohamed Abdel Raouf Mahmoud, ma tutti lo chiamavano Mimmo. Egiziano, 37 anni, in Italia da 16 gestiva da un anno e mezzo con la moglie una panetteria a Scauri di Minturno, un paese in provincia di Latina. Aveva ricevuto in prestito una vecchia impastatrice al posto di quella nuova, portata in riparazione. Durante la pulizia della macchina, che ha al centro un corpo fisso d'acciaio a forma di spirale, vi è stato risucchiato. (Fonte Ambiente e Lavoro Onlus - Sezione Toscana)

LAVORO, ANCORA UNA STRAGE Un operaio tunisino, infine, ha perso la vita in un infortunio sul lavoro avvenuto questa mattina sull' autostrada Torino-Piacenza, ad un chilometro dal casello di Alessandria Ovest in Piemonte. Amman Ben Boujemha Bouafia, 48 anni, abitante a Novara, è precipitato dal cavalcavia sulla linea ferroviaria Alessandria-Arona. Nel volo, di una decina di metri, ha riportato ferite gravissime e sono risultati inutili i tentativi di salvarlo dei medici del 118. L’uomo, dipendente della Mgs di Mortara, stava eseguendo con alcuni compagni lavori di manutenzione sotto il ponte. Con un collega, tolta una grata, era salito nello spartitraffico centrale del cavalcavia; mentre stava posizionando del nastro fettucciato è caduto nel buco. Tra le ipotesi della disgrazia un improvviso malore o lo spostamento d’aria provocato dal transito di un mezzo pesante. Le indagini sono effettuate dalla polizia stradale di San Michele. Fabio Sebastiani

Liberazione 3 Ott 2000

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MORTE IN FERRIERA. Giallo sul cadavere di un operaio kosovaro

MATTEO MODER - TRIESTE . Era scomparso nel nulla il 31 ottobre scorso. Aveva timbrato il cartellino alla Ferriera di Servola di Trieste (Gruppo Lucchini) dove lavorava per una ditta che si occupa della manutenzione e della pulizia dei macchinari, aveva raggiunto la sala dove si trovano i nastri che trasportano il coke all'altoforno e... Il suo corpo straziato è stato trovato ieri mattina, otto giorni dopo la denuncia della sua scomparsa, nel pozzetto del nastro trasportatore che avrebbe dovuto ripulire dai pezzi di coke e dalla polvere nera del carbone. Così se ne è andato Lirim Nevzati, un giovane kosovaro di 25 anni, che due anni fa aveva raggiunto clandestinamente Trieste per sottrarsi alla pulizia etnica delle bande paramilitari serbe nel suo villaggio. Aveva chiesto asilo politico, gli era stato concesso, e grazie al Consorzio Italiano di Solidarietà aveva deciso di rimanere, prima lavorando al nero e, da un anno, da regolare nella ditta dell'indotto alla Ferriera. Aveva affittato un appartamento che divideva con un amico, kosovaro pure lui, e si era tranquillamente integrato. Ogni tanto partiva, uno due giorni, per andare a trovare degli amici in Germania. Così, il 31 ottobre, quando si è volatilizzato senza timbrare il cartellino d'uscita, qualcuno si è ricordato di queste sue partenze improvvise e si è messo l'anima in pace. Colleghi di lavoro e polizia lo hanno cercato nello stabilimento per qualche ora, poi si sono fidati delle voci che lo davano lontano. L'amico sapeva che Lirim non si allontanava senza avvertire, senza prendere il passaporto, i soldi, un vestito pulito. Ma le sue preoccupazioni non sono state fatte proprie da chi di dovere. Solo alcuni giorni fa la ditta e la polizia hanno fatto un altro sopralluogo nello stabilimento: ancora niente. Ma ieri mattina un odore acre ha richiamato l'attenzione di alcuni lavoratori sul nastro trasportatore che non ha mai smesso di girare. Un pacchetto di sigarette, un accendino, un pezzo di tuta bianca tra il carbone e la polvere nel pozzetto. L'integrazione di Lirim era là disintegrata dal nastro. I sindacati hanno proclamato 2 ore di sciopero.

Il Manifesto 8 Novembre 2000

Trieste: storia di un emigrato “scomparso” sul lavoroSOTTO UNA LASTRA DI ACCIAIO IL CORPO DI LIRIM

Lirim Neuzati lavorava nella Ferriera alla manutenzione degli impianti, e gli impianti lo hanno mangiato. Perché gli impianti sono fatiscenti, perché non ci sono segnali d’allarme, perché gli operai sono messi a lavorare senza una preparazione adeguata, non c’è formazione, e perché sono soli. Otto giorni ci sono voluti per trovarlo: fosse stato un triestino, anche se operaio, ci avrebbero messo meno, ma era kosovaro e i kosovari, gli extracomunitari, si sa, sono inaffidabili, non si sa cosa pensino, oggi ti dicono una cosa, domani ne fanno un’altra. Così devono aver pensato alla polizia, che non s’è data molto da fare per cercarlo. E’ prevalsa la tesi che fosse scappato, chissà dove, in Australia, in cerca d’avventura; passano le navi per la Ferriera, si son detti, si sarà imbarcato. Ma di un dirigente della Ferriera che sparisce, nessuno pensa che si sia imbarcato su una nave per l’Australia, vanno a vedere a casa, tra gli amici, cercano, si sforzano di capire che tipo era. Con Lirim è stato il contrario, erano i suoi amici che cercavano la polizia e stavano ore in attesa d’esser ricevuti per spiegare che lui non era il tipo da sparire, che era solo casa e lavoro, che aveva solo un paio di scarpe, oltre a quelle di lavoro, e che bastava andare a casa sua per veder se c’erano, che non poteva essere “scappato”, che manteneva la famiglia, giù in Kosovo, mamma, papà e 4 fratelli, che era l’unico sostentamento per loro. Nessuno l’aveva mai visto in bar, a giocare a freccette, metteva via i soldi che non mandava a casa, perché voleva farsi la patente, aveva pochi amici e tutti del paese suo. Ma la polizia non aveva i cani per cercare le persone, non poteva, ci voleva l’ordine del magistrato. L’ha trovato un altro kosovaro, per caso, ha visto prima il pacchetto delle sigarette, dimezzato, ha urlato, ha chiamato, ma non gli credevano, poi ha trovato il braccio, allora gli hanno creduto. Tirarlo fuori è stato difficile, non si poteva tirar su facilmente la lastra d’acciaio che lo copriva, ci volevano dei volontari ed i volontari si sono fatti avanti, kosovari, ma la polizia non voleva che vedessero lo scempio. Gli amici che hanno raccolto i resti di Lirim hanno chiesto una perizia, l’autopsia, volevano capire perché è caduto nel nastro trasportatore. Megi Pepu

Liberazione 10/12/2000

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MARITTIMO SPAGNOLO S'INFORTUNA A BORDO DELLA MOTONAVE SALERNO

GIOIA TAURO – Un marittimo di nazionalità spagnola, Josè Manuele Alonzo Plata, nato 50 anni fa a Barcellona, imbarcato come macchinista sulla motonave Salerno è rimasto ieri mattina vittima di un incidente in conseguenza del quale s'è reso necessario il suo ricovero in ospedale. La Salerno è in porto a Gioia da lunedì ed è attraccata nella parte sud della banchina di levante. In atto sono anche in corso dei lavori di manutenzione per i quali presta la sua opera anche il marittimo spagnolo. Questi ieri mattina, poco dopo le ore nove è precipitato dallo scalandrone ovvero dalla passerella che consente di accedere a bordo dal piazzale del molo. Aveva con sè dei pezzi di ricambio destinati alla sala macchina e inavvertitamente, forse per una distrazione, ha messo un piede in fallo facendo un volo di alcuni metri. La Capitaneria di porto subito informata della cosa ha fatto intervenire un'autoambulanza a mezzo della quale Jose Manuel Alonzo Platas è stato trasferito in ospedale. Le condizioni non destano preoccupazioni anche se i sanitari non hanno escluso, a parte le contusioni, la eventualità di qualche frattura che dovrà essere confermata tuttavia dagli esami radiografici ai quali il marittimo sarà sottoposto. (g.s.)

La Gazzetta del Sud 11 Gennaio 2001

Infortunio a VillafrancaOPERAIO E' COLPITO DALLE TRAVI SGANCIATE DALLA GRU

VILLAFRANCA. Un extracomunitario, Zluvati Lofti, 32 anni, residente a Piacenza, è stato colpito da un carico sospeso che si è improvvisamente sganciato da una gru. L’incidente si è verificato ieri mattina, nel cortile della cascina Santa Maria di Pierino Rubiano, a Villafranca in frazione San Luca, dove la ditta Paver di Piacenza stava consegnando alcuni travi in materiale prefabbricato destinati alla costruzione di una stalla. Sul luogo sono subito giunti i carabinieri e un elicottero del 118, con il quale è stato trasportato all’ospedale di Pinerolo l’infortunato. Nell’incidente il manovale ha riportato lesioni guaribili in 30 giorni.

La Stampa 19 Gennaio 2001

Feriti due dipendenti. L’esplosione è avvenuta in un reparto non destinato allaproduzione. IN FABBRICA UNO SCOPPIO, POI LE FIAMME

Franco Piras . Occhieppo Superiore Dieci giorni fa l’esplosione, le fiamme e i feriti alla Pettinatura di Vigliano, ieri l’esplosione, le fiamme e i feriti alla Finelvo di Occhieppo Superiore. Le analogie tra i due episodi sono molte e tanta è l’impressione per l’accaduto: non è stata trovata ancora la causa dello scoppio di Vigliano ed ecco che investigatori e magistrati sono alle prese con un nuovo rebus. L’allarme è scattato ieri mattina, poco prima delle 6, alla Finelvo di via Opifici, azienda altamente specializzata nella produzione di filati per fodere e rivestimenti d’auto, leader europeo del settore e di cui amministratore unico è Giovanni Rossetti, di 63 anni. Come detto, anche in questo caso si è trattato di una forte esplosione che ha provocato un violento incendio nel reparto «filo floccato»: le fiamme hanno investito due dei 12 operai presenti in quel momento. Si tratta di fratelli originari del Marocco, Rachin Shimi, 27 anni, residente a Piedicavallo (in un primo momento i medici avevano valutato l’opportunità di trasferirlo a Torino) e Youssef Shimi, 33 anni, di Biella. Solo lambiti dalle fiamme altri due operai, che hanno rifiutato il ricovero. A dare l’allarme sono stati gli operai dello stabilimento che, dopo aver chiesto l’intervento di carabinieri e vigili del fuoco, hanno trasportato in ospedale i due colleghi feriti. L’incendio è stato domato dalle squadre dei pompieri in circa due ore di lavoro, quindi in fabbrica sono arrivati il procuratore capo Adinolti e i sostituti Soffio (che già coordina le indagini per la Pettinatura di Vigliano) e Tondin; i tre magistrati sono stati affiancati dai comandanti dei reparti provinciali dei carabinieri, dal Questore con gli uonmini della scientifica ed alcuni artificieri e dagli ispettori del servizio prevenzione infortuni dell’Asl. Di prima mattina è giunta ad Occhieppo Superiore anche una delegazione delle organizzazioni sindacali. Investigatori e magistrati, dopo un sopralluogo sul luogo dell’incidente, si sono chiusi in riunione e il riserbo è pressochè assoluto: il momento è delicato e, con un’indagine

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ancora aperta (quella della Pettinatura, appunto), nessuno azzarda ipotesi. Il reparto, e non poteva essere altimenti, è stato posto sotto sequestro. Reazioni ufficiali da parte dello stabilimento non ci sono state, ma in paese i timori per le eventuali ricadute negative sull’occupazione sono palpabili. Anche nel caso della Finelvo, dove non si sono mai verificati incidenti, esiste un indotto che potrebbe subire contraccolpi.

La Stampa - cronaca di Biella 20 Gennaio 2001

Accuse dei sindacati degli edili dopo l’infortunio sul lavoro a Villadossola«NON C'ERANO MISURE DI SICUREZZA»

VILLADOSSOLA Restano gravi le condizioni di Vladimir Radovanovic, l’operaio caduto, venerdì mattina, dal tetto di una casa in via Barbierato a Villadossola. Il giovane macedone, 25 anni, è ricoverato nel reparto di terapia intensiva delle Molinette a Torino. Ha riportato diverse fratture, un trauma cranico: i medici si sono riservati la prognosi. Intanto i carabinieri di Villadossola e i responsabili della medicina del lavoro dell’Asl 14 stanno ricostruendo la dinamica dell’incidente. L’operaio, che lavorava per la ditta del connazionale Nebojsa Milosevic, si trovava sul tetto dell’edificio quando è scivolato cadendo oltre l’impalcatura: un volo di circa 8 metri. Venerdì, poco dopo l’incidente, sono accorsi sul posto anche Giovanni Bivi (Fillea Cgil) e Dario Galizzi (Feneal Uil). I due sindacalisti hanno denuciato la carenza delle condizioni di sicurezza nel cantiere. «Da questo primo sopralluogo -hanno detto - è chiaro il mancato rispetto delle misure di sicurezza in cui si trovavano ad operare i lavoratori. Basta alzare lo sguardo verso le impalcature per rendersene conto». Il cantiere non è stato sequestrato. [re. ba.]

La Stampa - cronaca di Novara 18 Febbraio 2001

Operaio di 24 anni muore folgorato in cantiere Il braccio di una gru sfiora i fili dell'alta tensione e la scarica uccide il dipendente della Lombardini

L'incidente mortale a Camerana, vittima un etiope residente a Cairo Lucia Barlocco GAMERANA Ha perso la vita, folgorato da un cavo dell'alta tensione. La vittima è Ermias Tekola Kelkai, 24 anni, di origine etiope, ma da qualche tempo residente in via Solferino, a Cairo Montenotte. La tragedia si è consumata ieri pomeriggio, in località Chiappino, a Camerana. Il ragazzo, dipendente della ditta «Lombardini», insieme ai suoi colleghi, stava lavorando alla realizzazione di un ponte sulla strada statale che collega il paese a Saliceto. Erano circa le 15, quando Ermias, con un altro operaio, era intento a tenere fermo con le mani del materiale che la gru stava provvedendo a trasferire all'interno del cantiere, quando il braccio del mezzo meccanico ha toccato i cavi dell'alta tensione. Tutto si è svolto in pochissimi istanti. Il giovane si è accasciato. Inutili, purtroppo, i disperati tentativi dei colleghi di lavoro di rianimarlo. Ermias è morto sul colpo. Immediato anche l'intervento dei carabinieri di Saliceto, che stavano effettuando controlli a poca distanza dalla zonayi cui si è verificarto il dramma; e dei volontari della pubblica assistenza. Il corpo è stato poi trasferito nell'obitorio del cimitero di Camerana, a disposizione dell'autorià giudiziaria che dovrà disporre l'autopsia. Del caso si sta occupando la magistratura di Mondovì. Ermias Tekola Kelkai, originario di Addis Abeba, era arrivato a Cairo Montenotte circa due anni fa, al seguito della sorella che alcuni anni prima si era trasferita in Italia. E proprio a Cairo, Ermias risiedeva nella casa di via Solferino insieme con la sorella, il cognato e un nipotino che frequenta la prima elementare. Aveva subito trovato lavoro presso la ditta '(Lombardini», e nel tempo libero, come tanti ragazzi della sua età, era solito giocare a calcio a livello amatoriale. Una passione, quella per il pallone, che nutriva sin da bambino. E poi, le serate con gli amici. Insomma, Ermias si era ben integrato nel tessuto sociale della Val Bormida. Per lui tanti sogni, tante speranze. Avrebbe compiuto 25 anni il prossimo novembre. Ma, ieri pomeriggio, la tragedia, sotto gli occhi dei suoi colleghi di lavoro che, in preda alla disperazione, hanno tentato con ogni mezzo di strapparlo alla morte. Ma per lui non vi è stato nulla da fare. E ora non rimane che il dolore dei familiari e dei tanti amici con i Quali Ermias era riuscita a stabilire profondi e autentici legami. Un dramma che segnerà per sempre l'esistenza di quanti lo hanno conosciuto e amato. La data dei funerali, sino a ieri sera, non era ancora stata fissata.

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La Stampa - 25.02.2000

L'etiope morto sul lavoro a Cairo aveva tanti amiciSincera commozione per la fine del giovane operaio

Lucia Barlocco CAIRO M. Non è ancora stata fìssata la data dei funerali di Ermias Tekola Kelkai, il venticmattrenne di origine etiope, ma da alcuni anni residente a Cairo, morto folgorato da un cavo dell'alta tensione mentre stava lavorando in un cantiere edile a Camerana. La magistratura di Mondovì, che si occupa del caso, non ha disposto l'autopsia. Non vi sono dubbi, infatti, sulle cause della tragedia che si è consumata l'altro ieri pomeriggio in località Chiappino. Il ragazzo era intento a tenere fermo con le mani del materiale ferroso che la gru stava provvedendo a trasferire all'interno del cantiere, quando il braccio del mezzo meccanico ha toccato i cavi dell'alta tensione. Questione di attimi, e la scarica elettrica ha ucciso Ermias. Il giovane è morto sul colpo, nonostante i tentativi dei colleghi di lavoro di rianimarlo. A nulla sono servite le tempestive operazioni di soccorso da parte dei carabinieri di Saliceto e dei militi della pubblica assistenza. Per l'operaio non vi è stato più nulla da fare. Il corpo è stato trasferito all'obitorio del cimitero del paese. E, almeno sino a ieri, non era ancora stata stabilita da data dei funerali. Non si sa con certezza neppure se il rito funebre verrà celebrato a Cairo o se invece la salma verrà trasportala direttamente ad Addis Abeba, città natale del ragazzo. Ermias Tekola Kelkai era arrivato in Val Bormida circa due anni fa. Ad attenderlo c'erano la sorella, il cognato e il nipotino che risiedono a Cairo già da anni. Era riuscito a trovare lavoro presso la ditta «Lombardini» e il tempo libero lo trascorreva insieme con gli amici, spesso giocando a calcio. Insomma, una vita divisa tra il lavoro, la famiglia Ernias abitava con la sorella in via Solferino e gli amici. Poi, l'altro ieri, la fine. Il ragazzo stava lavorando nel cantiere per la realizzazione di un ponte lungo la strada statale che collega Camerana a Saliceto, quando la scarica elettrica lo ha colpito senza dargli scampo, sotto lo sguardo atterrito dei colleghi. Una tragedia che ha gettato nella disperazione quanti lo hanno conosciuto. «Una fine atroce, assurda», dicono a Cairo, dove Ermias era riuscito ad integrarsi completamente. Una dramma che, ancora una volta, ripropone il problema della sicurezza sul lavoro. Una questiono che, soprattutto, in passato ora stata oggetto di incontri e richieste da parte del sindacato. Ermias Tekola Kelkai, aveva 24 anni.

La Stampa - 26.02.2000

Cornel, morte di un clandestino. OPERAIO ROMENO STRITOLATO IN UNA CAVA DI TRAVERTINO DALLA RUOTA DI UN ARGANO

Di Gianvito Lavinia. Villalba, il titolare indagato per omicidio. Al Prenestino uomo travolto da un muletto: e' grave Cornel, morte di un clandestino Operaio romeno stritolato in una cava di travertino dalla ruota di un argano Aveva 25 anni, lavorava in un laboratorio ditravertino. Alle 14.40 di ieri la ruota dentata di un argano gli ha spezzato la vita. L' ingranaggio ha tagliato il corpo di Cornel Moni Drilea all' altezza dell' addome: tre squadre dei vigili del fuoco hanno lavorato tre ore e mezzo per recuperare le spoglie. Sotto il cielo livido, piu' forte del rumore della fiamma ossidrica, le grida disperate e le lacrime dello zio dell' operaio. Anche lui romeno, come il nipote morto, con il quale condivideva un appartamento in affitto a Collefiorito, vic ino Guidonia. Era tutta li' , la famiglia del giovane immigrato, che aveva affrontato il viaggio della speranza in Italia un anno fa. Per finire, da clandestino, a fare il manovale in nero. Il laboratorio dell' incidente appartiene alla "Sogeco ' 93 srl" e si trova a Villalba di Guidonia, in via Lombardia, all' interno del centro abitato. Palazzi attorno. Due capannoni sono tutto quello che si vede dalla strada e dalle finestre dei condomini, ma sono talmente malmessi che sembrano abbando nati da anni. Danno l' impressione di stare li' li' per crollare. "Mai vista una cosa del genere - hanno commentato gli ispettori della Asl -. Qui niente e' a norma". Come Cornel sia finito nell' ingranaggio non e' ancora chiaro. Si sa che stava usan do l' argano per caricare su un carrello un blocco di travertino. Deve essere successo tutto in una manciata di secondi: quello che e' sicuro, e' che la ruota dentata ha fatto subito scempio del corpo del giovane immigrato. "C' eravamo soltant o io e lui", ha spiegato l' amministratore unico della societa' , Mario Garofoli, 68 anni. Ma non ha convinto

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gli agenti del commissariato di Tivoli, che sospettano che nello stabilimento ci fossero altri operai romeni clandestini e in nero, fuggiti dopo aver capito che per Cornel non c' era nulla da fare. Cosi' come la polizia dubita di un' altra dichiarazione dell' amministratore: "Quel ragazzo e' venuto ieri (giovedi' per i lettori, ndr). Voleva lavorare, voleva lavorare per forza. Stava face ndo una prova". Garofoli e' stato iscritto sul registro degli indagati della procura della Repubblica per omicidio colposo e violazione della legge sul lavoro agli stranieri, il laboratorio e' stato sequestrato assieme a tutti i documenti dell' azien da, conservati negli studi di due commercialisti. E un altro incidente sul lavoro c' e' stato a Roma, al Prenestino, un' ora prima della morte di Cornel. La vittima, in prognosi riservata, e' Fernando Turchetti, 79 anni. L' anziano e' proprietario di una fonderia al civico 26 di via Carlo Balestrari, dove stava lavorando con un operaio. Il manovale era su un muletto quando il pensionato, erano le 13.35, si e' messo a cavalcioni dall' altro lato. Voleva fare da contrappreso, ma il muletto si e' r ovesciato e Turchetti e' caduto a terra, sbattendo la testa. Fortissimo il trauma cranico. L' operaio ha chiamato l' ambulanza, che ha trasportato l' anziano a Villa Irma. Li' i medici, considerate le gravi condizioni del ferito, ne hanno deciso il t rasferimento al San Giovanni. Lavinia Di Gianvito Gli incidenti mortali dall' inizio dell' anno TIVOLI Meno di due settimane fa, il 20 febbraio, un esperto vetraio di Tivoli, Davide Scarabattieri, 48 anni, precipita dal lucernaio di un palazzo LATINA Un operaio della Plasmon, Stefano Berto, 31 anni, il 10 gennaio viene schiacciato da un macchinario usato per sigillare gli omogeneizzati POMEZIA Il 9 gennaio lo scoppio della valvola di una cisterna uccide un autista polacco, Eiben Frantisek, 37 an ni S.PALOMBA Una lastra in cemento, l' 8 gennaio, piomba su un operaio di 40 anni, Paolo Franco Rufo

Corriere della Sera 3 Marzo 2001

CAVE DI TRAVERTINO, UN'ORA DI SILENZIO CONTRO GLI INCIDENTI SUL LAVORO

Cave di travertino, un' ora di silenzio contro gli incidenti sul lavoro Fermi per un' ora, senza lavorare, gli operai delle cave di travertino e delle segherie dell' area tiburtina osserveranno oggi un' ora di silenzio per ricordare e manifestare sol idarieta' aCornel Moni Drilea, l' operaio rumeno di 25 anni morto venerdi' scorso a Villalba di Guidonia in una segheria, in seguito ad un incidente sul lavoro. Sempre per oggi, i sindacalisti della Fillea Cgil hanno organizzato una manifestazione d i protesta nei pressidell' azienda, chiusa dalla polizia, dove il giovane rumeno lavorava in nero da un anno. Fra oggi e domani, invece, presso l' Istituto di medicina legale sara' eseguita l' autopsia dell' operaio, rimasto stritolato in un macchin ario. I funerali invece, si svolgeranno nei prossimi giorni in Romania, dove il corpo e' atteso dai genitori e dal fratello. Intanto, alcuni familiari di Cornel Drilea, che vivono nel Lazio e nel Nord, stanno facendo una colletta per pagare le spese del trasporto della salma. "Qui nessuno e' venuto nemmeno a chiederci scusa", ha detto lo zio paterno, che ha fatto il riconoscimento nella segheria, dove - secondo gli investigatori - niente era in regola. Il titolare dell' azienda e' stato denuncia to per omicidio colposo e sfruttamento di manodopera. La segheria, probabilmente, non sara' piu' riaperta. Era inagibile, con i capannoni fatiscenti, i macchinari vecchi e arrugginiti. Drilea veniva pagato 60.000 lire al giorno.

Corriere della Sera 5 Marzo 2001

Alla «Pulinet» di Boca incendio uccise un operaio e ne ferì un altroINFORTUNIO MORTALE. PATTEGGIA

NOVARA Dopo una serie di esplosioni a catena, si sviluppò un violento incendio. Era il pomeriggio del 28 giugno di tre anni fa. Alla «Pulinet», l’azienda che tratta rifiuti al Piano Rosa di Boca, si temette un disastro ambientale. Una densa colonna di fumo, la pioggia battente e un odore acre che si diffuse per chilometri lungo la statale 142 fra Borgomanero e Romagnano, fecero temere davvero un disastro di proporzioni imprevedibili. La mancanza di informazioni contribuì ad accrescere la paura fra gli abitanti della zona già critici nei confronti di quell’impianto a ridosso delle case. Nell’incendio rimase ferito un operaio di Invorio, Giovanni Sala di 46 anni, padre di tre figli che era alla guida di una pala meccanica. Riportò ustioni di terzo grado su tutto il corpo. Morì

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cinque giorni dopo al Centro grandi ustionati di Torino. Gravi problemi anche per un operaio marocchino Said Bakraoui 33 anni residente a Crevacuore. Rimase ricoverato all’ospedale di Niguarda a Milano per mesi: ha una menomazione permanente alla gambe con difficoltà a camminare. L’amministratore delegato di «Pulinet», Franco Maioni, 60 anni, di Soriso e la figlia Simona, 32 anni, responsabile della sicurezza nello stabilimento di Boca sono comparsi davanti al Tribunale per rispondere di concorso in incendio e omicidio colposo e lesioni gravi. Franco Maioni, che ha ceduto la «Pulinet», ha patteggiato una condanna complessiva a 6 mesi e 20 giorni. La figlia invece è stata prosciolta per non aver commesso il fatto come aveva chiesto il pm Marina Caroselli. I Maioni, padre e figlia, erano difesi dall’avvocato Roberto Macchia di Torino. Il processo aveva subito un paio di rinvii per consentire la definizione del risarcimento danni alla parte civile che è stata liquidata. In relazione alla dinamica dell’incidente i periti hanno individuato due possibili cause. Sala stava alla guida di una pala meccanica che non possedeva i requisiti di resistenza e idoneità per movimentare i rifiuti in fase di selezione. In queste operazioni era couadiuvato dal Bakraoui. Secondo i periti, due sono le cause che possono aver provocato l’incendio. Il Sala dopo aver riposto alcune bombolette nella pala meccanica operava senza accorgersi che da qualche bomboletta usciva del gas. Così era sufficiente l’accesione di una sigaretta per provocare inavvertitamente l’innesco. L’incendio poteva anche essere originato dal cedimento del circuito dell’olio del cambio della pala. L’olio fuoriuscito si nebulizzava trovando innesco nelle parti calde del mezzo.[r. amb.]

La Stampa - Cronaca di Novara 29 Marzo 2001

Morte sul lavoro camuffata da incidente stradaleLa vittima è un immigrato dell' Ecuador senza permesso di soggiornoIl muratore era «in nero». I carabinieri di Vimercate scoprono la verità e denunciano due imprese Morte sul lavoro camuffata da incidente stradale

Codecasa Leila. VIMERCATE - Lavorava come muratore «in nero» e senza permesso di soggiorno, per un' impresa edile di Ci nisello Balsamo. Così venerdì pomeriggio, quando è caduto da un' impalcatura di due metri ad Oreno, frazione di Vimercate, i suoi colleghi lo hanno portato al pronto soccorso e hanno raccontato ai medici che era stato vittima di un incidente stradale .Trauma cranico, fratture alle gambe e alle braccia, l' uomo, un ecuadoregno di 38 anni, è stato trasportato d' urgenza al Fatebenefratelli a Milano. Inutili tutti i tentativi di salvarlo: l' immigrato è morto domenica notte. I carabinieri di Vimercateavevano già aperto un' inchiesta per chiarire i troppi lati oscuri della vicenda e avevano allertato il posto di polizia del Fatebenefratelli affinché si effettuassero controlli su chi fosse andato a visitare lo straniero. Sabato due uomini si so no presentati al capezzale del sudamericano: gli agenti li hanno fermati e i due hanno ammesso che l' uomo era stato vittima di un infortunio sul lavoro. I carabinieri di Vimercate hanno poi rintracciato l' impresa che aveva in subappalto i lavori e quella titolare dell' appalto:le hanno denunciate entrambe per mancato rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Sono stati inoltre informati l' ispettorato del lavoro e l' Asl, c he effettueranno ulteriori indagini. Proprio ieri mattina Cgil, Cisl e Uil di Monza hanno rivelato che dall' inizio dell' anno sono stati già nove i morti in incidenti sul lavoro in Brianza, cinque dei quali proprio nel settore dell' edilizia. E hann o attaccato l' Asl di Monza che, secondo i sindacati, avrebbe a disposizione 6 miliardi per interventi sulla prevenzione degli infortuni, ma non attiverebbe progetti mirati.

Corriere della Sera 24 aprile 2001

BRESCIA, INFORTUNIO SUL LAVORO: MUORE OPERAIO GHANESE

BRESCIA, 17 MAGGIO 2001 - Ennesimo incidente mortale sul lavoro. Hicham Adli, operaio extracomunitario di 24 anni, originario del Ghana, è morto stamani in un cantiere a Gombio di Polaveno, nel Bresciano.Il giovane stava svolgendo lavori di ampliamento della struttura quando è caduto dall'impalcatura

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da un'altezza di una decina di metri, morendo sul colpo. Sul posto sono intervenuti i soccorsi, allertati dal 118, con un'ambulanza della Croce Rossa di Gardone Val Trompia. L'infortunio mortale è avvenuto alla Simonelli Trafilerie Metalli, un'azienda metallurgica a Ponte Zanano, in Val Trompia. Secondo i carabinieri, l'immigrato, dipendente di una ditta edile esterna con sede a Montichiari, lavorava sul tetto di un capannone quando un pannello di eternit ha ceduto. "La ditta da cui dipendeva Adli - rende noto la Fillea Cgil di Brescia - è la Rova Costruzioni, che stava ristrutturando i tetti dell'impresa metalmeccanica. Una lastra di vetroresina posta sul tetto in sostituzione dell'eternit e resa invisibile dall'uniformità che il tempo ha impresso al colore, ha ceduto sotto il peso dell'operaio".

Il Giorno 17 maggio 2001

Operaio strangolato in fabbrica dal montacarichi. La vittima, un albanese, è stata intrappolata dalla piattaforma messa in moto per errore

OSSAGO LODIGIANO - Un nuovo incidente mortale sul lavoro si è verificato ieri, poco dopo le 16.30, nel cortile d el caseificio «Stella Bianca» di Ossago. Mirtag Harrun, un operaio albanese di 24 anni, dipendente di una cooperativa di facchinaggio, stava accatastando alcuni bancali di legno con un carrello elevatore. Aveva già iniziato a sollevarne alcuni, quand o si è interrotto per controllare come procedeva l' operazione. Per farlo ha sporto la testa dalla cabina del muletto, ma ha premuto innavvertitamente il pulsante che aziona l' elevatore. La piattaforma del carrello si è così messa in moto verso l' a lto, ha colpito violentemente l' operaio e gli ha spezzato il collo. I colleghi sono intervenuti immediatamente, ma per l' immigrato non c'era ormai più niente da fare. Harrun, in possesso di regolare permesso di soggiorno, in Italia da un paio di a nni, abitava a Crema e lavorava per una cooperativa di servizi di Palazzo Pignano, in provincia di Cremona. Quello di Ossago Lodigiano allunga la lista degli infortuni sul lavoro in Lombardia. Sempre ieri un operaio di Olginate (Lecco), Marco Citteri o, 38 anni, èmorto schiacciato da un muletto, mentre un operaio di Dubino (Sondrio) è rimasto folgorato mentre lavorava attorno a un traliccio dell' energia elettrica. Nei giorni scorsi altri due lavoratori avevano perso la vita per incidenti avvenu ti in due aziende chimiche. L' 11 giugno all' ospedale di Genova era morto Floro Sergi, 50 anni, di San Giuliano Milanese, uno dei tre tecnici rimasti colpiti dall' esplosione verificatasi il 22 maggio alla Uquifa di Agrate Brianza. Venerdì, invece, era deceduto Massimiliano Lamberti, 32 anni, di Legnano per ustioni riportate in un incidente nella fabbrica Clarint di Origgio (Varese).

Corriere della Sera 19 giugno 2001

Schiacciato da un macchinario

Un urlo tremendo, poi più nulla. E' morto in un attimo ieri mattina un operaio di 47 anni, Vangjel Kaxhastra, albanese che viveva a Santarcangelo, col collo e la spalla schiacciati da un grosso macchinario al quale lavorava. Il tremendo infortunio è accaduto ieri mattina poco prima delle 9 alla Fornace Calce Brigliadori di via Cellette dell'Olio. L'operaio, che ha moglie e una figlia che vivono in Albania, lavorava alla linea dove viene insaccata la calce e poi impilata su bancali (pallet). Stava lavorando con un operaio macedone quando è finito in un punto dove non avrebbe dovuto assolutamente stare. La macchina, che tecnicamente si chiama palletizzatore, è recintata e quando ci si avvicina troppo emette dei segnali acustici per avvisare del pericolo. Tutto si è svolto in un attimo. La pressa ha schiacciato Vangjel. Chi era vicino all'operaio probabilmente ha capito che non c'era più nulla da fare, tuttavia è stato immediatamente allertato il 118 e sul posto sono accorsi anche i vigili del fuoco. E' toccato a loro liberare il corpo senza più vita del lavoratore, mentre il medico non ha potuto far altro che stilare il certificato di morte. Il macchinario è stato posto sotto sequestro dai carabinieri di Santarcangelo per ordine della Procura in attesa che si chiariscano i fatti, mentre sul posto, oltre ai militari dell'Arma, sono intervenuti anche i tecnici della Medicina del Lavoro dell'Ausl.

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L'albanese viveva da anni a Santarcangelo in via Serrano 781, e anche diversi membri della sua famiglia si sono stabiliti in Romagna.

Il Resto del Carlino 22/07/01

INFORTUNIO SUL LAVORO

ALESSANDRIA Giudizio abbreviato (4 giugno) per Daniele Aldonca, un argentino di 48 anni abitante a Villalvernia, e non luogo a procedere per Paolo Locatelli di 37 e Renato Bonfandini, 43 anni, bergamaschi, indagati per concorso in omicidio colposo in seguito della morte per infortunio sul lavoro di un operaio egiziano di 36 anni. E´ Nicolas Noeman George Saad, morto il 28 novembre ´98 in ospedale dove era stato ricoverato il 27 maggio con prognosi riservata. Mentre lavorava in un capannone sulla statale 35 bis dei Giovi vicino alla ditta «Gambarotta» venne travolto dal crollo di un muretto. Aldonca progettista e direttore dei lavori, Locatelli capocantiere, Bonfandini caposquadra furono denunciati per aver colposamente causato il decesso dell´operaio per violazione delle norme sulla prevenzione infortuni e per aver omesso di controllare se la costruzione del manufatto avveniva in conformità alle indicazioni del progetto. Dell´accusa deve rispondere il solo Aldonca. e. c.

La Stampa – Cronaca di Alessandria 5/02/02

Giovedì 21 marzo, in un cantiere dell'Università di Bologna, in via Ranzani, muore sepolto vivo, durante lavori di scavo, Rauf Islamj, un operaio albanese di 29 anni. Non era mai stato assunto: lavorava in nero per un appalto pubblico.

Mongolfiera – 28/03/02

L´INCIDENTE IN UNA DITTA DI STAMPAGGIO DI BUSANO. SALVO PER MIRACOLO UN COMPAGNO DI LAVORO Schiacciato dal portellone in ferro Vittima dell´infortunio un operaio marocchino

BUSANO. «Era uno dei nostri operai migliori, davvero, ci creda, lavorava qui da alcuni anni. Non lo diciamo perchè non c'è più, perchè è successo tutto questo: era un ragazzo fantastico. Si era sposato l'estate scorsa, gli avevamo concesso un mese e mezzo di permesso, se lo meritava, è incredibile che sia finito tutto così». I responsabili della Hot Roll di Busano, azienda di stampaggio leader mondiale nella produzione di anelli in acciaio, quando parlano di M' Hamed Hounifi, operaio marocchino di 29 anni, che abitava a Favria, in una piccola casetta che si era ristrutturato vicino al municipio, hanno gli occhi lucidi. Lui è morto la scorsa notte, mentre lavorava, schiacciato da un portellone pesante 400 chilogrammi. I volontari del 118 che sono arrivati pochi istanti dopo nello stabilimento di via Rolando Perino insieme ai Vigili del Fuoco, non hanno più potuto fare nulla. Molto probabilmente l'operaio è morto a causa dello sfondamento della cassa toracica e di altre fratture alla testa. Si è invece salvato per miracolo Livio Villa, 37 anni, di Feletto, che è riuscito a scansarsi in tempo prima di venire travolto da quintali di ferro che gli hanno solo fratturato una mano. La tragedia è avvenuta intorno alle 3, nel reparto di collaudo e finitura della Hot Roll, azienda che impiega 105 dipendenti. A quell'ora Hounifi e Villa stanno faticando alla sgranigliatrice, un macchinario che serve a ripulire gli stampi di metallo dagli scarti della lavorazione. Improvvisamente, forse a causa della rottura di un perno di sostegno, si stacca un portellone che centra in pieno il giovane marocchino. Un incidente inspiegabile anche per i tecnici visto che la sgranigliatrice, installata lo scorso agosto, è praticamente nuova. Ma la dinamica e le cause esatte che hanno provocato l'ennesimo infortunio mortale in una fabbrica di stampaggio dovranno cercare di stabilirle i tecnici del settore Prevenzione e Salvaguardia dell'Asl 9 che per tutta la giornata di ieri, insieme ai carabinieri di Rivara, hanno interrogato i compagni di lavoro di M'Hamed Hounifi , i vertici della Hot Roll ed effettuato lunghi sopralluoghi dove è avvenuto l'incidente. In pratica si sta cercando di capire se qualcuno ha delle responsabilità e se in quel capannone sono state rispettate tutte le norme previste dalla legge 626. In questa direzione i Carabinieri hanno messo i sigilli alla sgranigliatrice. Adesso si sta organizzando il trasporto della

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salma di M'Hamed Hounifi, a Rabat, in Marocco, il paese dove vive la sua famiglia e da dove lui anni fa era partito con molto coraggio alla volta di Torino per cercare fortuna, una vita migliore, quella che, poco alla volta, con grandi sacrifici, stava cominciando a costruirsi insieme alla moglie. Gianni Giacomino

La Stampa – Sezione di Torino 24/03/02

Monterotondo/Ennesimo infortunio in un cantiere: operaio in rianimazione. Precipita da un ponteggio . FABIO MARRICCHI

Un operaio di 36 anni è rimasto gravemente ferito in un incidente accaduto ieri a Monterotondo, nella zona industriale allo Scalo. L'incidente è avvenuto intorno alle 9,30 in un cantiere edile per la costruzione di un capannone industriale. Secondo le prime, frammentarie ricostruzioni, Mihai Tosca, rumeno, si sarebbe appoggiato ad un sostegno del ponteggio e questo avrebbe ceduto, facendolo precipitare nel vuoto. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Monterotondo, la Asl e l'Ispettorato del lavoro. L'operaio è stato soccorso da un'autoambulanza ed è stato portato prima al Pronto Soccorso dell'ospedale di Monterotondo, poi al Policlinico Gemelli di Roma dove è tuttora ricoverato in rianimazione. L'uomo lavora per una ditta edile di Alatri, che insieme ad un'altra società di costruzioni di Monterotondo ha l'appalto per la realizzazione del capannone. L'operaio sarebbe in possesso del permesso di soggiorno, ma, secondo il sindacato Filca Cisl, non sarebbe stato iscritto, come avrebbe dovuto, alla Cassa edile di Roma. Dura la dichiarazione del sindacato Filca Cisl sull'ennesimo grave infortunio sul lavoro: «Siamo stufi - ha detto Paolo Rigucci - ogni volta che accade un incidente, di celebrare i soliti riti del dispiacere e della ricerca delle responsabilità. Sicurezza e regolarità vanno di pari passo: nella stragrande maggioranza dei casi, infatti, la sicurezza dei cantieri si accompagna ad un rapporto di lavoro regolare. La sicurezza del lavoratore è per il sindacato una priorità assoluta, sia in termini contrattuali che di dignità, sulla quale non è possibile mediare con nessuno». La Cisl inoltre ha invitato Asl e Ispettorato del Lavoro a «fare la propria parte nella prevenzione e nella repressione delle irregolarità nei luoghi di lavoro, tenendo conto che il Lazio è una delle regioni che continuano a registrare un tasso preoccupante di infortuni». Proprio di recente i carabinieri avevano intensificato i controlli nei cantieri: in molti casi gli imprenditori sono stati denunciati per aver assunto manodopera in modo irregolare.

Il Messaggero – Frosinone 3/04/02

ESPLOSIONE FABBRICA FUOCHI ARTIFICIO: 2 MORTI; CINQUE FERITI, ALCUNI SONO GRAVI

NAPOLI - Si aggrava il bilancio dell'esplosione della fabbrica di fuochi d'artificio avvenuta oggi a Terzigno, nel Napoletano. Secondo quanto riferito dai carabinieri i morti sono due: un 30enne, probabilmente ucraino, deceduto nell'ospedale di Torre Annunziata, ed un 60enne, del posto, spirato nel 'Cardarelli' di Napoli. Rimangono molto gravi le condizioni di alcuni dei 5 feriti.

ANSA 2/05/02

Incidente sul lavoro a un indiano di 19 anni in un cantiere di Croce ValanidiMuore schiacciato da una lastra di marmo

Stava lavorando in un cantiere e una grossa lastra di marmo l'ha travolto. Così è morto Lakhwinder Singh, clandestino cingalese arrivato da poco in città. Aveva soltanto 19 anni. Il pesante blocco di marmo gli ha sfondato il cranio e schiacciato la cassa toracica. Gli operai che erano sul posto l'hanno soccorso immediatamente ed hanno chiamato il “118”, ma la corsa contro la morte del giovane immigrato non è neanche cominciata, perchè il decesso è avvenuto immediatamente. Lakhwinder Singh è stato trasportato al pronto soccorso degli Ospedali Riuniti dove in questi giorni sarà effettuata l'autopsia sul cadavere per accertare le cause della morte. Sull'incidente sono state

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avviate le indagini della polizia, che sembra abbia accertato che il ragazzo indiano non aveva un permesso di soggiorno e si trovava in città da poche settimane. Probabilmente era uno dei tanti immigrati sbarcati con qualcuna delle navi-carretta negli ultimi mesi sulla costa jonica reggina. Il cantiere, che si trova nel rione Croce Valanidi lungo la strada per San Gregorio, è stato sequestrato dagli investigatori. Il proprietario è Francesco Spinella. Gli inquirenti in particolare si stanno occupando della ricostruzione della dinamica dell'incidente sul lavoro e della situazione personale del giovane immigrato che risulterebbe clandestino.

La Gazzetta del Sud 6/06/02

CASTEL DI LAMA . Crolla il muro, grave muratore macedoneL’uomo, che ha riportato lesioni sul viso e un trauma cranico, è in prognosi riservata a Torrette

CASTEL DI LAMA — Versa in condizioni disperate un giovane muratore rimasto vittima di un incidente sul lavoro accaduto nella mattinata di ieri a Castel di Lama. Si tratta di Memet Sinani, 39 anni, macedone. L’uomo è ricoverato in prognosi riservata nel reparto di Neurochirurgia dell’ospedale «Torrette» di Ancona. Nella caduta ha subito delle gravi lesioni facciali, un profondo trauma cranico ed altre ferite. Secondo una prima ricostruzione fatta dagli inquirenti, sembra che al momento dell’incidente Memet Sinani, dipendente della ditta «F1», si trovava sulla sommità di un muretto in costruzione, al di sopra del tetto di uno stabile in ristrutturazione. Improvvisamente il muratore ha perso l’equilibrio ed è caduto sulla condotta di scarico. Sfortuna ha voluto che nella caduta, Memet Sinani si trascinasse appresso anche il muro in costruzione. I mattoni e tutto il materiale appena edificato gli sono finiti addosso. Sono stati i suoi compagni di lavoro a prestargli soccorso. I colleghi di lavoro dapprima lo hanno adagiato sul tetto dell’edificio e quindi, senza attendere il medico del 118, con la massima precauzione, lo hanno trasportato a braccia in strada in attesa che giungesse l’ambulanza del “118". Trasferito al pronto soccorso dell’ospedale Mazzoni, dopo la “tac" e le prime cure del caso, i sanitari hanno deciso di trasferirlo, sempre in ambulanza, all’ospedale regionale di Torrette. Sul luogo dell’infortunio sono intervenuti i carabinieri della stazione di Castel di Lama per i rilievi del caso, unitamente ai responsabili del servizio di Prevenzione e sorveglianza ambienti di lavoro dell’Asl 13 di Ascoli. I militari dell’Arma hanno voluto sentire la versione del titolare dell’impresa edile «F1» e dei colleghi di lavoro dello sfortunato muratore. E.Man.

Il Messaggero – Cronaca Marche 10/10/02

Operaio egiziano perde una gamba sotto una lastra di cemento

Giornata nera ieri nel mondo del lavoro per due infortuni avvenuti in Bergamasca, nei quali sono rimasti feriti altrettanti lavoratori L'incidente più grave è avvenuto a Calvenzano, dove un operaio di origini egiziane, dipendente di una cooperativa e in servizio presso una ditta di Calvenzano che si occupa di prefabbricati, ha perso una gamba sotto una lastra di cemento.Ricoverato all'ospedale di Treviglio, è stato sottoposto a intervento chirurgico.Se la caverà, invece, con 40 giorni di prognosi per la frattura di un polso ed escoriazioni multiple un camionista di Ascoli, 61 anni, caduto dal camion mentre scaricava del materiale in una ditta tessile di Cene

L’Eco di Bergamo 16/10/02

Incidente sul lavoro, muore senegalese dipendente di un'impresa bergamasca

Un operaio senegalese, Dame Kebe, 42 anni, abitante a Peralbuino in provincia di Brescia, dipendente di un'impresa bergamasca - la general Montaggi spa di Gorle - è morto mentre stava lavorando su un ponte in ferro lungo la strada che da Gavi porta a San Cristoforo nell'Alessandrino.

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L'operaio è stato trovato privo di vita dai compagni di lavoro. Non si esclude che sia caduto a causa del forte vento, che soffiava sulla zona, oppure dopo essere stato colto da un malore.

L’Eco di Bergamo 18/10/02

Amaro primo giorno di lavoro per un giovane peruviano

L'extracomunitario si è infortunato in cantiere, colpito dalla benna di un miniescavatore: 25 giorni di prognosi . Infortunio sul lavoro questa mattina alle 9,30 a San Paolo d'Argon. L'incidente è avvenuto in un cantiere edile per la realizzazione di un giardino in via Vittorio Veneto. L'infortunato è un giovane peruviano al suo primo giorno di lavoro. E' stato investito dalla benna di un miniescavatore, che si è ribaltato, scivolando sul terreno bagnato. Prontamente soccorso, l'extracomunitario, che non ha mai perso conoscenza, è stato ricoverato agli ospedali Riuniti di Bergamo con prognosi di 25 giorni.Sul posto sono intervenuti la locale Polizia Consorzio dei Colli, i Carabinieri di Trescore e l'Asl per accertare le cause e le modalità che hanno provocato l'incidente.

L’Eco di Bergamo 22/10/02

Tragedia al Bpa, ma lo spettacolo continua: ieri al teatro Rossini e stasera al PalasLa morte prima del concerto. Operaio schiacciato dal muletto mentre prepara il palco per Ligabue

PESARO—Ci sarà un’ombra questa sera ad offuscare le luci del concerto di Ligabue e dei suoi 9.000 fans, l’ombra dell’operaio morto ieri mattina schiacciato dal muletto mentre quel concerto stava preparando. Si chiamava Adel Messau, Adel per tutti quelli che gravitano attorno alla rotta dell’astronave Bpa Palas. Adel era un algerino di 34 anni, ma pesarese d’adozione. Con tenacia aveva superato l’ “imprinting" dell’ immigrato. C’erano voluti 11 anni, ma Adel sapeva ora di essere parte della città. Si sarebbe sposato con una studentessa di Pesaro e appena il giorno prima della disgrazia si era comprato un’auto.

Il Messaggero – Cronaca di Pesaro 30/11/02

Le testimonianze dei compagni che stavano lavorando insieme al giovane nordafricano ieri mattina al Bpa. «Il rumore dell’acciaio che cadeva e Adel senza vita»

di FRANCO CRESCENTINI. «Ho sentito un gran fracasso, un rumore metallico molto forte. Mi sono girato ed ho visto Adel con la testa sotto il muletto. Istintivamente abbiamo cercato di sollevare in due il mezzo ma era troppo pesante per noi. Poi sono arrivati altri ragazzi e dopo pochi istanti abbiamo estratto il corpo ormai esamine dello sfortunato alegerino». Queste le prime testimonianze raccolte sul luogo dell’incidente. Sono in pochi ad avere voglia di parlare, perchè tutti sono lì a preparare un evento che evoca festa e divertimento. Invece sono bastati pochi attimi per trasformare una tranquilla mattina di lavoro in tragedia. Alle otto c’erano ancora pochi operai al Bpa Palas. Adel, un algerino di 34 anni laureato in architettura, era da 11 in Italia, ormai perfettaemente integrato nella realtà pesarese insieme al fratello. Abitava in un appartamento in via della Calligarie, il giorno prima della tragedia era felice perchè aveva ordinato l’auto nuova. E fra poco si sarebbe sposato con una studentessa pesarese. Una relazione solida che sarebbe sfociata nei fiori d’arancio. «Una persona bravissima, davvero» spiegano con toni mozzi e sconvolti alla Service & Co. di via Cardinal Massaia, la ditta di facchinaggio precco cui Adel lavorava e che spesso collabora con Romagna Concerti e la stessa Forumnet. Ieri mattina Adel, operaio esperto, era impegnato nel portare all’interno dell’area carichi i carelli elevatori forniti dalla ditta Gianotti Carelli: dopo aver condotto il primo all’interno del Palas, Adel stava percorrendo con il secondo muletto il piano inclinato che porta all’interno del palasport quando per cause ancora al vaglio degli inquirenti perdeva il controllo del mezzo. Nel selciato ci sono ancora i segni di una frenata e del punto in cui il carello si è capovolto sbalzando Adel dal posto di guida. Tutto si è svolto in un attimo e senza che nessuno potesse intervenire per evitare la disgrazia.

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Il Messaggero – Cronaca di Pesaro 30/11/02

OPERAIO MORTO AL BPA PALAS, DURO ATTACCO DEL SEGRETARIO DELLA CGIL . «Dopo la tragedia concerto da rinviare»

di THOMAS DELBIANCO. "The show must go on". Mai occasione come la tragedia sul lavoro del Bpa Palas, fu più azzeccata per questa massima. Ma contro la decisione dell'organizzazione di far andare in scena Ligabue e la sua band si scaglia la Cgil. Il sindacato scende in campo e polemizza contro il mancato stop al doppio spettacolo di ieri e venerdì, nonostante la morte di un operaio avvenuta proprio mentre era in fase di allestimento il concerto del Palas . Sugli scudi è salito Giuliano Giampaoli, segretario provinciale della Cgil che tuona: «Si sarebbe dovuto fermare tutto, nel rispetto di quanto è accaduto. Quella di andare avanti nella scaletta come se non fosse successo niente è stata senza dubbio una scelta "stupida". Il lavoro di quel ragazzo era un elemento importante, come tanti altri, della riuscita dell'esibizione, ed essendo venuto a mancare, avrebbe dovuto mancare anche il resto. La morte dell’operaio, come quella di tante altre persone, vittime dei luoghi di lavoro è dovuta ad una "flessibilità selvaggia». Affermazioni secche e nette che per Giampaoli non ammettono repliche: questione di dignità, di coscienza e di coerenza. «E se proprio un gesto deve essere fatto - aggiunge - , meglio un segno tangibile di cordoglio per l’ennesima vittima di un infortunio. Anzichè tante parole o discorsi, sarebbe opportuno aiutare economicamente la famiglia dello sfortunato giovane. I suoi parenti ora si troveranno certamente in condizioni difficili e allora spero che l’organizzazione per cui Adel lavorava venga incontro alle loro necessità con un risarcimento. Questo non potrà servire a far ritornare a casa l'algerino, ma almeno sarà un modo per rendere onore alla sua figura, visto che l'altra maniera per commemorarlo, cioè bloccando l'esibizione, non è stata presa in considerazione». Anche il parlamentare dell’Ulivo, Pietro Gasparoni, ha deciso di intervenire sull’ennesima sciagiura sul luogo di lavoro ed ha annunciato che presenterà una interrogazione parlamentare. Gasperoni ha definito la tragedia «agghiacciante» ed ha espresso tutta la sua solidarietà e cordoglio ai familiari della vittima. Intanto, nella casa dove Adel viveva, in via Galligarie 39, in pieno centro storico, i suoi compagni di appartamento continuano ad essere increduli davanti a quello che è capitato al loro amico. I tre che con lui condividevano l'abitazione, non hanno molta voglia di parlare, arrivano a casa verso le 12.30 dopo una mattinata di lavoro, il loro volto è visibilmente segnato, ma il ricordo del loro compagnò è di quelli indelebili: «Era un ragazzo solare, ultimamente stava vivendo un bel momento, si era trovato ormai da qualche tempo un'occupazione che lo soddisfava, ed anche la relazione con la sua fidanzata pesarese andava bene, tanto che tra poco avrebbe dovuto sposarla».«Lavorava molto, ore su ore - continuano - sacrificando il tempo libero. Era infaticabile».

Il Messaggero – Cronaca di Pesaro 1/12/02

RICOVERATO AL CTO Mappano, operaio cade nella tromba dell´ascensore

MAPPANO. Infortunio sul lavoro ieri mattina in via Palazzetto, nella frazione Mappano di Borgaro. Erano le 10.30 circa quando un operaio di origine albanese, Xhemal Ahmati, 32 anni, residente a Balangero in strada Lanzo 94, è caduto da un'altezza di alcuni metri. L'uomo, che lavora per l'impresa Finato di Nole, che si sta occupando della realizzazione del capannone della Nuova Blandino, probabilmente ha perso l'equilibrio finendo nella tromba dell'ascensore. Sono intervenuti i vigili del fuoco di Torino e Caselle che hanno estratto lo sfortunato operaio, l'elisoccorso e la Croce Rossa di Leinì. Il giovane che ha riportato numerose fratture, ma non è in pericolo di vita, è poi stato elitrasportato al Cto di Torino dove è attualmente ricoverato. E´ poi intervenuta l'Asl e in supporto la Polizia municipale di Mappano per i rilievi.

La Stampa – Torino cronaca 10/12/02

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Sirolo/La vittima è un muratore macedone, ferito il collega di Loro PicenoSeppellito dalla parete di un antico convento

SIROLO — Un muratore è morto, un altro è rimasto ferito in un grave incidente sul lavoro in un convento in ristrutturazione di Sirolo. La causa più probabile: non aver puntellato le mura perimetrali esterne dell’antico edificio. Poco dopo le 10 una porzione del muro, in pesante pietra bianca del Conero, è crollata travolgendo e uccidendo sul colpo l’operaio macedone di 33 anni, Aliji Nazmi, immigrato regolare. Ferito il collega, Fabrizio Tarulli, di 37 anni, lorese. L'infortunio avrebbe potuto avere conseguenze ancora più drammatiche: Nazmi e Tarulli infatti lavoravano insieme ad altri due muratori, che in quel momento si trovavano all'esterno dell'abitazione, un ex convento completamente sventrato per i restauri e il consolidamento delle fondamenta, ma del quale la Soprintendenza aveva vincolato proprio le mura perimetrali, intervallate da arcate e da una vecchia iscrizione del diciannovesimo secolo. Non solo il cantiere era privo di puntelli, ma attorno al perimetro esterno della costruzione era stato scavato un fossato che potrebbe averne compromesso ulteriormente la stabilità, anche se soltanto una perizia tecnica potrà stabilire eventuali responsabilità. Il cantiere è stato sequestrato. L'extracomunitario e l'italiano vivevano a Loro Piceno e lavoravano per un'impresa di San Ginesio, la Edilcrostruzioni e restauri di Angelo Carducci, che, interpellato, non ha voluto fare dichiarazioni. Saranno gli accertamenti dei carabinieri, dell'Inail e della Asl a chiarire gli aspetti relativi alla posizione lavorativa dei due muratori e alle condizioni di operatività del cantiere. A tirar fuori Nazmi dalle pietre (il cedimento ha interessato un angolo di parete per circa cinque metri di altezza e tre di larghezza) sono stati i vigili del fuoco, che hanno scavato con le mani, indirizzati dagli altri operai. Dal pietrisco spuntava ancora il cavo elettrico del martello demolitore imbracciato dal macedone. Poco prima era stato salvato il muratore originario di Sant'Angelo in Pontano, che ora si trova ricoverato a Torrette con lesioni al bacino e alle gambe e una prognosi di 60 giorni. L'uomo non ha mai perso conoscenza, e anzi ha aiutato i pompieri a individuare il punto dove era sepolto l'amico.

Il Messaggero 3/1/03

Incidente alla Scala

Un operaio marocchino impegnato nei lavori di ristrutturazione del teatro Scala di Milano è rimasto ferito durante un'operazione di consolidamento. La gamba del lavoratore, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe rimasta incastrata da una macchina perforatrice che serve a immettere i pali nel muro. L'uomo è stato immediatamente trasportato all'ospedale Fatebenefratelli. Ma il vice sindaco Riccardo De Corato, invece di esprimere solidarietà con il lavoratore ha immediatamente replicato :«Non stava lavorando, si è fatto male da solo mentre faceva manutenzione alla trivellatrice». «Si tratta di un immigrato regolare a tutti gli effetti» ha aggiunto, annunciando per fine mese una visita per la stampa al cantiere.

Il Manifesto 15/1/03

Vicenza, ucciso dall'alta tensioneStavano spostando una sbarra metallica lunga 5 metri, senza accorgersi che questa stava per toccare un cavo dell'alta tensione, e sono rimasti folgorati in un cantiere a San Tomio di Malo (Vicenza) . Mohamed Kadiri, 33 anni, è morto mentre F. C. (33), nipote del titolare della ditta edile, è stato sbalzato all'indietro dalla forte scossa, riportando ferite e ustioni.

Liberazione 15/1/03

Milano, ferito dalla trivellatriceSi è fratturato una tibia durante il lavoro per la trivellazione dei pali di fondamenta della nuova torre scenica nel cantiere della Scala. Vittima dell'incidente, un operaio marocchino.

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Liberazione 15/1/03

Rinviato il processo per l'esplosione alla FinelvoOcchieppo. È stato rinviato al prossimo 3 marzo alle 09.30 il processo per l’esplosione alla ditta Finelvo. Giudice dell’udienza preliminare sarà Ruggero Mauro Crupi. Il processo vede imputati i titolari dell’azienda Giovanni e Roberto Rossetti, difesi dall’avvocato Bonino ed il responsabile della sicurezza Renzo Gattoni, consulente esterno della ditta di Occhieppo, difeso dall’avvocato Giorgio Triban. I tre imputati sono accusati di lesioni colpose plurime e una serie di violazioni alle norme anti-infortunistiche.La prima udienza preliminare venne rinviata per consentire la soluzione della pratica burocratica relativa al risarcimento del danno alla parte civile.Ieri mattina, invece, presso il tribunale di Biella l’avvocato Bonino ha chiesto per Roberto Rossetti il rito abbreviato condizionato dall’assunzione di alcune testimonianze fondamentali per la difesa.Per Giovanni Rossetti invece tutto verrà deciso il 3 marzo.Gattoni affronterà il rinvio a giudizio e andrà al processo col rito ordinario.L’esplosione della Finelvo risale al 19 gennaio del 2001. Nell’incidente rimasero feriti due operai extra comunitari. Youssef Shimi, con ustioni su circa il 15% di tutto il corpo, ed il fratello Rashid che trascorse parecchi giorni in rianimazione.Tra le cause indicate ci sono quelle di guasto tecnico, elevata temperatura, presenza massiccia di polveri, o un’errata progettazione del processo produttivo.

Biella Online 16/01/03

ALTO VICENTINO Inchiesta sulla tragica fine dell’operaio a San Tomio di Malo. I sindacati: «Non è stata una fatalità» Morte nel cantiere, due indagati Il titolare dell’azienda, rimasto ferito, e il responsabile della sicurezza. Ipotesi di reato, omicidio colposo

Alto Vicentino . Oltre ai seri guai fisici ora anche l'indagine della magistratura: Franco Carli, 31 anni, ricoverato all'ospedale di Vicenza, dovrà rispondere anche dell'omicidio colposo del suo dipendente Mohamed Kadir, 33 anni. Avrà, quindi, serie ripercussioni l'incidente, verificatosi due giorni fa intorno alle 13.30 nel cantiere in via Divisione Julia. Nell'infortuni o, è morto l'immigrato, residente a Debba vicino a Vicenza, ed è rimasto seriamente ferito proprio il titolare della società che ora si trova nel reparto di chirurgia plastica. Ieri, infatti, gli ispettori dello Spisal hanno sequestrato il cantiere nel quale si stava costruendo la palazzina a due piani. I lavori riprenderanno presumibilimente solo tra un paio di settimane quando i tecnici dell'Enel sposteranno i cavi dell'alta tensione da quella cabina di derivazione. E proprio su questo punto ruota l'inchiesta già aperta dalla magistratura. Gli inquirenti dello Spisal, infatti, avrebbero rilevato che sarebbe stata compiuta una grave irregolarità. Gli operai del cantiere stavano lavorando ad una distanza inferiore ai 5 metri rispetto ai cavi dell'alta tensione, violando così la legge. Non solo. Secondo indiscrezioni, il responsabile della sicurezza, una volta nominato dall'impresa edile, non avrebbe mai svolto la valutazione, prescritta dalla normativa. E così anche l'esperto (di cui, però, non sono state fornite le generalità) ora dovrà rispondere alla magistratura di questa violazione. In pratica, rivelano gli investigatori, i lavori di costruzione dovevano interrompersi al primo piano della palazzina proprio per evitare di arrivare così vicini ai cavi dell'alta tensione. Non c'è, invece, alcuna responsabilità da parte del Comune di Schio che, rivelano dallo Spisal, non ha alcun obbligo relativamente alla sicurezza dei cantieri. «L'amministrazione - hanno aggiunto dalla sede di Zugliano - ha solo il potere di sottoscrivere la concessione ma non di "interloquire" sui lavori». Nessuna responsabilità, invece, è ascrivibile ad Angelo Carli perchè avrebbe consegnato in subappalto i lavori di costruzione della palazzina alla società del nipote Franco.Intanto, sull'incidente, arriva una nota da Cgil, Cisl e Uil. «Il primo pensiero va alle vittime e ai loro familiari, ai quali ci sentiamo vicini e ai quali diamo tutta la disponibilità e l'assistenza che saranno necessarie. Un infortuni o sul lavoro non è mai una tragica fatalità. In questo caso, poi, sorgono alcuni interrogativi. Erano state adottate tutte le misure di sicurezza? Erano rispettate le distanze dal traliccio e dai cavi dell'alta tensione? Erano stati schermati i cavi? E, aggiungiamo, anche qualora le distanze corrispondessero alle norme di legge, non è necessario adottare accorgimenti che permettano di evitare infortuni ? I lavoratori erano a

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conoscenza delle modalità di svolgimento del loro lavoro? Erano stati informati per operare nei pressi dei cavi dell'alta tensione? Gli interrogativi appaiono retorici, ma non sono campati in aria, visto che molto spesso ci si richiama alla tragica fatalità. In queste settimane stiamo trattando con gli industriali per rinnovare il contratto provinciale e uno dei punti prioritari della nostra piattaforma riguarda l'attuazione e il miglioramento delle condizioni di sicurezza attraverso la corretta applicazione delle leggi».

Il Gazzettino 16/1/03

BRUSEGANA Un serio trauma cranico e numerose fratture su tutto il corpo per lo straniero Cade nel vano ascensore Grave un operaio che stava lavorando all’interno della canonica

A tarda sera era ancora sotto i ferri per una difficile operazione, al reparto di Neurochirurgia dell'ospedale. È ora in prognosi riservata per una grave frattura cranica e numerosi traumi in varie parti del corpo, e non si sa ancora se riuscirà a cavarsela. Poche ore prima, attorno alle 18, era caduto nella tromba dell'ascensore mentre stava lavorando alla ristrutturazione interna della canonica della parrocchia di Brusegana, in via dei Colli. L'incidente si è invece verificato nella retrostante via Vendevolo.Si tratta di un operaio di origine rumena o moldava, stando al nome, Costantin Pirva, che è uno dei pochi dati di cui il personale intervenuto fosse a conoscenza ancora in tarda serata. L'uomo ha perso l'equilibrio ed è caduto nel vano ascensore, forse da un'adiacente impalcatura. La dinamica è ancora tutta da ricostruire. Sul luogo dell'incidente erano subito intervenuti sia il personale del "118" che i vigili del fuoco, oltre ad un equipaggio dei carabinieri. Saranno però gli ispettori dello Spisal di Padova, l'ente preposto ai controlli nel caso di infortuni sul lavoro, a dover stabilire con precisione le cause del drammatico volo. Ma anche se nel cantiere aperto siano state rispettate tutte le norme di sicurezza e se il lavoratore fosse in regola, più che con il permesso di soggiorno, con tutta la documentazione previdenziale ed assistenziale, e se il datore di lavoro lo avesse assunto secondo tutti i crismi.

Il Gazzettino 22/01/03

A CA’ ROSSA L’uomo, di Brugine nel Padovano, stava lavorando nella discarica quando è stato risucchiato dal meccanismo e scaraventato a terra. Operaio ucciso dal giunto di un trattore

Chioggia . Come ogni giorno stava lavorando all'interno della discarica di Ca'Rossa, ma questa volta per Mohammed Elorch, 34enne manovale marocchino, qualcosa è andato storto. Una disattenzione, o una semplice sfortunata coincidenza gli è costata la vita. L'operaio, intorno alle 15, stava lavorando in una zona d'acqua all'interno della discarica. La stava prosciugando servendosi di una pompa collegata ad un trattore. Probabilmente Mohammed stava cercando di chiudere la pompa quando è rimasto imprigionato in un giunto cardanico. Risucchiato all'interno del meccanismo il giovane marocchino ha compiuto una rotazione completa prima di rovinare pesantemente a terra. Per l'operaio non c'è stato nulla da fare. Il trauma vertebrale subito è stato troppo forte ed è morto sul colpo. Mohammed stava lavorando da solo e solo qualche minuto dopo i suoi colleghi si sono accorti di quanto è successo dando immediatamente l'allarme. L'arrivo dell'ambulanza è stato però inutile e i medici hanno potuto solamente constatare il decesso dell'operaio. Mohammed Elorch lavorava da qualche tempo per la ditta Paolo Salvagnin, subappaltatrice della Ditta Pivato che ha in appalto i lavori di gestione della discarica Cà Rossa. Un ottimo operaio, con grande esperienza, che aveva sempre svolto con ottimi risultati il proprio lavoro. Sul posto sono intervenuti immediatamente, oltre ai soccorsi, anche una volante della Polizia di Chioggia e i Vigili del fuoco. Gli agenti hanno effettuato i rilievi del caso, che confermerebbero l'incidente. La zona della discarica è rimasta blindata per diverse ore, il tempo necessario per accertare con esattezza come fossero avvenuti realmente i fatti. La salma dello sfortunato operaio è poi stata ricomposta e trasportata all'ospedale di Chioggia. Stimato sul lavoro, Mohammed Elorch, regolarmente in Italia da diversi anni, abitava a Brugine nel Padovano, in via Fiumicello 10, era sposato e padre di una bambina.

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L'Asp in un comunicato ha espresso tutto il proprio cordoglio e la propria solidarietà verso la famiglia del giovane operaio marocchino. Rientrato in fretta e furia da una trasferta di lavoro, il presidente dell'azienda, Maurizio Salvagno s'è immediatamente ercato sul luogo della tragedia. È giunto alla discarica verso sera, col buio, accompagnato da alcuni tecnici: "Non ho parole, dinanzi a questa disgrazia. Posso solo esprimere tutto il mio cordoglio alla famiglia Erloch. Penso al dolore immenso che ha colpito le persone vicine al giovane immigrato che, stando a quanto mi è stato riferito, lavorava da parecchio tempo alle dipendenze di un'azienda privata cui l'Asp aveva appaltato le movimentazioni ed altri lavori. Premesso che l'Asp offrirà la massima collaborazione agli inquirenti, possiamo solo attendere l'esito dell'inchiesta disposta dalla magistratura". Nelle prossime ore, Salvagno provvederà a tutte le verifiche previste dalla legge, chiarendo ogni circostanza coi titolari dell'azienda appaltatrice. "L'Asp - sottolinea il dirigente - ha sempre imposto rigorosi protocolli operativi, tendenti a prevenire gli infortuni sul lavoro".

Il Gazzettino – Edizione di Venezia 29/01/03

Ustionato mentre usa la fiamma ossidrica

E' in gravi condizioni un immigrato polacco di 40 anni, rimasta vittima di un infortunio sul lavoro ieri pomeriggio a Torrevecchia. L'uomo era alle prese con la fiamma ossidrica: stava lavorando da solo alla pavimentazione del terrazzo di un appartamento di via Cairo Montenotte quando all'improvviso del liquido infiammabile è venuto a contatto con l'attrezzo usato dal manovale provocando così l'incendio. La tuta che indossava la vittima, S. T. - classe 1962 da tempo in Italia con regolare permesso - ha preso fuoco, l'operaio con urla strazianti ha cominciato a chiedere aiuto. Poco dopo un'ambulanza del 118 lo ha trasportato al Policlinico Gemelli e di qui vista la gravità delle condizioni i sanitari hanno disposto il trasferimento al Centro grandi ustioni del Sant'Eugenio dove adesso S.T. è ricoverato in prognosi riservata. Gli agenti del commissariato Primavalle intervenuti sul posto hanno ascoltato il titolare dell'impresa edile per cui lavora il cittadino polacco e il proprietario dell'abitazione al terzo piano dove intorno alle 16 di ieri S.T. si trovava. Secondo quel che si è appreso, l'operaio era sul piccolo terrazzo dell'appartamento da ristrutturare e con un cannello collegato alla bombola del gas stava saldando delle guaine: d'un tratto il barattolo contenente il liquido utilizzato per la saldatura si è rovesciato sulla fiamma ossidrica sviluppando l'incendio. Giu. Mar.

Il Messaggero 30/01/03

POZZUOLO Viveva con la famiglia a Terenzano, sabato i funerali. Il sindacato denuncia l’aumento degli incidenti legati all’impiego delle ditte esterne Operaio muore a una settimana dall'infortunio Il croato Kojo Uzelac era precipitato durante lavori edilizi alla Faber di Cividale. Lascia la moglie e due figlie

Dopo quasi una settimana dall'incidente occorsogli sul posto di lavoro, e nonostante le cure intensive dei medici dell'ospedale di Udine, Kojo Uzelac, operaio croato di 54 anni residente in Friuli, non ce l'ha fatta ed è morto martedì. L'infortuni o si era verificato il 22 gennaio all'interno dello stabilimento della Faber di Cividale, dove Uzelac era impegnato per conto di una ditta esterna in lavori edilizi. Lascia una moglie, Ruzica di cinquant'anni, e due figlie, Jasmina di 22 e Jelena di 20, con le quali viveva in un'abitazione della frazione di Terenzano, in via Roma 50, da quando nel 2000 si era trasferito in Italia in cerca di lavoro. Di lui in paese rimane il ricordo di una persona disponibile e soprattutto gran lavoratore. Proprio il suo lavoro di carpentiere lo ha portato nel cantiere del cividalese dove è successa la tragedia. L'uomo era impegnato su una scala nell'installazione di un portone, presso i nuovi capannoni attualmente in fase di costruzione alla Faber Industrie Spa, quando all'improvviso è caduto da un'altezza di appena un metro e mezzo. L'urto è stato fatale, ma all'origine sembra essere stato un malore che gli ha fatto perdere l'equilibrio. Sulla vicenda stanno indagando gli ispettori dell'Azienda sanitaria, e anche il sindacato ha richiamato a una maggiore prevenzione degli infortuni sul lavoro. «La Faber è un'azienda che ha

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sempre dimostratto la massima attenzione sulla sicurezza - dichiara Sergio Dressig della Fim-Cisl - i problemi sempre più spesso si verificano però con queste ditte esterne. Non vogliamo che per risparmiare sui costi venga messa in discussione l'incolumità dei lavoratori. Purtroppo è un fenomeno difficile da controllare e per questo chiediamo alle aziende committenti di istruire e vigilare sugli operai che entrano nei propri stabilimenti». Dopo il nullaosta del magistrato, la salma di Uzelac sarà seppellita nel cimitero di Terenzano. I funerali sono previsti per sabato alle 14 nella chiesa parrocchiale di Terenzano

Il Gazzettino – Edizione Friuli 31/01/03

Due infortuni sul lavoro in cantieri edili

Due infortuni sul lavoro a Milano in cantieri edili. Del più grave è rimasto vittima Gaetano B., 41 anni. E' accaduto alle 18:30 di ieri sera in via Candoglia 10 dove sono in corso dei lavori per montare due ascensori. L'operaio è caduto da un ponteggio dall'altezza di un paio di metri e, nella caduta, si è ferito urtando un ferro sporgente. Ora l'uomo è ricoverato con prognosi riservata all'ospedale di Niguarda. Il secondo incidente è avvenuto in via Pirelli 1 ieri mattina poco dopo le 8. Vittima un peruviano, Louois Alberto S.C., di 25 anni. L'uomo è rimasto schiacciato dal ribaltamento di un bancale, sbilanciatosi per un'errata manovra. Guarirà in un mese per una frattura alla gamba sinistra. (red)

Gazzetta di Mantova 1/02/03

L´ARTO GLI E´ STATO RIATTACCATO, A CAUSARE LA DISGRAZIA UNA DISTRAZIONE Ha una mano amputata dal tornio Infortunio sul lavoro a Giaveno, grave un operaio romeno

GIAVENO . Sarebbe stata una banale distrazione la causa di un grave infortunio sul lavoro accaduto in un'officina meccanica di Giaveno. Un operaio romeno di 41 anni ha avuto la mano destra amputata mentre stava lavorando al tornio. Giorgio Petraru vive con la moglie a Coazze, e da qualche anno lavora presso la ditta Autocostruzioni di Giaveno, un'azienda specializzata nella costruzione di parti di ricambio per auto d'epoca. E' un operaio con una certa esperienza, sicuro nel suo lavoro, ma forse proprio per quella sua sicurezza ha causato l'incidente. Stava tornendo un albero motore, e forse mentre toglieva i trucioli di lavorazione ha avuto il braccio destro avvinghiato nel pezzo. Il maglione ha agganciato l'albero e in un soffio si è trovato con la mano penzolante. Fortunatamente la macchina sotto sforzo ha innescato il sistema di sicurezza, bloccandosi prima che fosse stritolato tutto il braccio. Alle urla di dolore dell'uomo, è accorso subito il titolare, Sergio Allais e la figlia Maria che hanno cercato di prestare i primi soccorsi. Un'ambulanza del 118 ha trasportato Petraru all'ospedale di Rivoli, ma vista la gravità della ferita è stato disposto l'immediato trasporto al Cto di Torino, dove un'equipe di medici lo stava attendendo per una delicata operazione di microchirurgia. La mano è stata riattaccata e al momento è stata stilata una prognosi di sessanta giorni, salvo complicazioni, ma in ogni caso se l'evolversi dell'intervento sarà positivo, l'operaio dovrà essere sottoposto ad una lunga terapia riabilitativa. L'amputazione è stata quasi netta, al livello del polso, e la mano destra è rimasta appesa al moncone, da un piccolo lembo di pelle. Sul posto sono giunti gli esperti dell'ispettorato del lavoro dell'Asl5, e saranno proprio loro ad indagare sul come è successa la disgrazia. La manica del maglione è stata presa nell'albero motore, posizionato sui mandrini, e i trucioli del pezzo, in rotazione, taglienti come rasoi hanno lacerato la carne penetrando in profondità. Nonostante le insistenze dei titolari dell'azienda, pare che l'operaio non volesse indossare l'apposita tuta. Gli dava fastidio e non poteva agire liberamente nei movimenti. Purtroppo quell'inosservanza delle disposizioni gli è costato molto caro e forse prima che l'arto inizi a funzionare regolarmente possono passare mesi.

La Stampa – Cronaca di Torino 1/02/03

Morti bianche

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E' morto dopo una settimana di agonia Damiano Giovanni, giovane carpentiere campano impegnato nei lavori dell'alta velocità ferroviaria, colpito da un getto a pressione di calcestruzzo all'interno della galleria Vaglia in Mugello. Dalle prime ricostruzioni l'operaio di Cavet stava cercando di far ripartire la macchina del calcestruzzo che si era inceppata, e che ha ripreso improvvisamente a funzionare mentre il carpentiere era ancora davanti alla bocca del macchinario. E' il secondo incidente mortale in Toscana nell'ultima settimana: un immigrato kosovaro di trent'anni, H.R., era morto mercoledi pomeriggio cadendo dal tetto di una azienda di laterizi nei pressi della stazione di Castelnuovo scalo, a pochi chilometri da Siena.

Il Manifesto 2/02/03

SICUREZZA Altri due incidenti sul lavoro in città Cgil: «Un´ecatombe»

Ancora due incidenti sul lavoro. Un operaio è in prognosi riservata all´ospedale Niguarda, un altro se l´è cavata con una brutta frattura alla gamba sinistra e contusioni in varie parti del corpo. Due distinti episodi, avvenuti nella giornata di ieri, che ripropongono ancora una volta il problema della sicurezza sul posto di lavoro. Per cui, il 13 febbraio, è prevista un´assemblea dei sindacati che poi manifesteranno fuori dalla Prefettura. Dove poco più di due settimane fa si era tenuto un vertice sulla necessità di rispettare le norme e di incrementare i controlli nei cantieri edili più a rischio di altri luoghi di lavoro. E il primo infortunio, infatti, è avvenuto nel tardo pomeriggio in via privata Candoglia nel cantiere edile della ditta «Euro Company». Gaetano B., 41 anni, aveva appena finito di occuparsi insieme a un collega di una gettata di cemento all´interno del vano di un ascensore. All´improvviso una tavola di legno ha ceduto e l´uomo è caduto all´interno del vano. Nonostante fosse ferito gravemente al basso ventre l´uomo si è rialzato ed è salito al piano rialzato chiedendo aiuto al collega che poco prima aveva sentito solo un tonfo. È scattato subito l´allarme e sul posto è intervenuta un´ambulanza, l´operaio è stato accompagnato d´urgenza al Niguarda dove è stato ricoverato nel reparto di urologia in prognosi riservata. Il secondo episodio è avvenuto in mattinata in via Pirelli nel cantiere di un´agenzia bancaria in ristrutturazione. Tre operai erano al lavoro al terzo piano dello stabile quando un bancale depositato da una gru si è sganciato ribaltandosi. Il bancale è finito sulla gamba dell´uomo, un cittadino peruviano di 26 anni, e gli ha fratturato la gamba. Luis Alberto S. C., è stato portato al Multimedica di Sesto San Giovanni. Le sue condizioni non sono gravi. Solo nella prima settimana del mese di gennaio i morti sul lavoro sono stati cinque in Lombardia di cui tre in città, oltre otto i feriti gravi. Tanto da spingere la Cgil a parlare di ecatombe. Anche se l´incidente più grave e doloroso è avvenuto qualche giorno prima di Natale, il 18 dicembre, quando Pietro Migale, 53 anni, e Stefano Furlan 37, sono rimasti schiacciati nella pressa per ii rifiuti nella ditta di via Rubattino. g.t.

La Stampa 2/02/03

SETTIMO, INFORTUNIO.

Grave infortunio sul lavoro la scorsa notte presso lo stabilimento Pirelli di Settimo Torinese. Intorno a mezzanotte e mezzo Abibou Sylla, 40 anni, operaio senegalese residente a Torino, ha avuto quattro dita della mano destra recise da un macchinario per la lavorazione della gomma.

La Stampa 7/02/03

Smonta il tendone del circo:precipita per 8 metri, è grave

SAN SEVERINO — Si trovava alla sommità del tendone del circo per la fase di smontaggio quando è scivolato rovinando a terra dopo un terrificante “volo" di circa otto metri. In seguito al forte impatto con il terreno il trentaquattrenne bulgaro L.I.L. ha riportato numerose, gravi lesioni. E’ stato ricoverato all'ospedale Torrette di Ancona. La prognosi è riservata. Risale alle 9 di ieri mattina questo ennesimo infortunio sul lavoro, nel piazzale Varsavia, vicino all’ospedale settempedano. Si stava smontando il circo che domenica sera aveva dato l'ultimo spettacolo. Il bulgaro, operaio alle dipendenze del gruppo circense, era in cima al tendone quando

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è scivolato a terra ai piedi di alcuni suoi colleghi. Colleghi che hanno immediatamente chiamato i soccorsi. Le condizioni dell’operaio si sono subito rivelate molto gravi. Giunta l'autoambulanza, il medico ha ritenuto opportuno, viste le condizioni del ferito, di far trasferire l’uomo direttamente all'ospedale di Ancona in eliambulanza. Nel frattempo, ieri mattina, sono proseguite le operazioni di smontaggio del tendone del circo. Poche ore dopo la carovana è partita alla volta di un'altra città lasciandosi il brutto incidente si San Severino.

Il Messaggero – Edizione Marche 11/02/03

INFORTUNIO SUL LAVORO IN UNA FONDERIA DI TRANA Operaio ha una mano stritolata dalla pressa

TRANA . Un grave infortunio sul lavoro è accaduto nel primo pomeriggio di ieri nelle «Fonderie di Trana», in via Sangano 52 a Trana. L'addetto ad una pressa ha avuto una mano stritolata dalla massa battente. La disgrazia è accaduta poco dopo l'inizio del lavoro pomeridiano. L'operaio, Brahin Btina, 37 anni, di origine marocchina, sposato con figli, da anni residente a Giaveno, stava comprimendo con una grossa pressa la terra da forno, formando dei cubi, da utilizzare nella lavorazione di fusione del ferro. Inspiegabilmente, mentre la massa battente scendeva sul prodotto da comprimere una mano gli è rimasta intrappolata tra il materiale e lo stampo. L'uomo ha avuto l'arto quasi tranciato. Alle urla di dolore sono accorsi i colleghi di lavoro che con una certa difficoltà sono riusciti a prestare i primi soccorsi, anche perché non sapevano come aiutare l'infortunato. Uno degli addetti ha recuperato la mano tranciata per consegnarla ai dottori. Contemporaneamente è stato avvisato il 118, sul posto è giunta un'ambulanza del soccorso avanzato e vista la gravità dell'infortunio, l'elisoccorso. All'operaio sono state prestate le prime cure dal personale medico e con l'elicottero trasportato al Cto di Torino, dove lo stava attendendo una équipe di medici, per tentare di salvargli la mano con un delicato intervento di microchirurgia. Nello schiacciamento dell'arto l'uomo ha perso molto sangue e le sue condizioni sarebbero gravi. L'addetto alla pressa aveva una certa esperienza, lavorava nella fonderia dal 1999 e sapeva far bene il suo lavoro. I carabinieri di Avigliana hanno posto sotto sequestro il macchinario. L'ispettorato del lavoro, dell'Asl5 di Orbassano, ha iniziato i controlli per stabilire le cause dell'incidente e le eventuali responsabilità. Alla fine di novembre dello scorso anno si era verificato un altro infortunio, uno dei titolari dell'azienda aveva avuto il braccio destro avvinghiato tra i rulli di un nastro trasportatore delle terre da forno. In quel momento stava facendo manutenzione all'impianto che improvvisamente si sarebbe avviato trascinandogli l'arto nel macchinario. g. mar.

La Stampa- Sezione di Torino 11/02/03

Un immigrato indiano è stato travolto dal furgone della propria ditta centrato da un camion che non si era accorto dei lavori sulla corsia di emergenza. Altri tre dipendenti sono stati sfiorati dai mezzi coinvolti nell’incidente. È rimasto ferito anche il conducente dell’autocarro condotto dal collega del giovane orientale orribilmente schiacciato. Carambola mortale sulla A4 Operaio vittima di un tamponamento mentre puliva l’argine

Gambellara. (i.t.) Una fine orribile sulla carreggiata nord della Padova-Brescia. L’atroce carambola che si trasforma in trappola avviene sotto gli occhi atterriti dei colleghi della vittima. Loro si salvano miracolosamente, lui viene maciullato. Il già tragico bilancio poteva essere molto più pesante. L’operaio indiano Tarun Nakra viene travolto e schiacciato dal mezzo della manutenzione autostradale, dal quale era smontato pochi minuti prima, tamponato da un camion che incredibilmente non si accorge della presenza sulla corsia di emergenza. L’ennesima disgrazia sulla "A4" durante i lavori di pulizia della scarpata autostradale avviene poco dopo le 10.30 nel comune di Gambellara, mentre alcuni dipendenti della ditta mantovana "Cuoghi" sono impegnati nei periodici lavori di riassetto. Tra i quattro operai che stanno pulendo la scarpata della carreggiata nord c’è anche lo sfortunato Nakra, 27 anni, residente in provincia di Mantova, che da una decina di giorni con i colleghi è in servizio sul tratto della Vicenza-Verona. La circostanza incredibile, come sottolineano i colleghi del defunto, è che il Fiat 300 che trasporta

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la grossa freccia bianca in campo blu per segnalare agli automobilisti i lavori in corso, non viene praticamente visto dal camionista Marco Mirri, 28 anni, bergamasco di Seriate, il quale con la parte anteriore del proprio "Iveco Star" colpisce il furgone. Sul mezzo della ditta Cuoghi c’è al volante Giancarlo Radiosi, 43 anni, di Mantova, che percorre la corsia di emergenza praticamente a passo d’uomo. Ha il compito di segnalare ai camion e alle auto in transito che ci sono i lavori in corso e, inoltre, trasporta materiale per la manutenzione. «È stato tutto così improvviso - racconta pochi minuti dopo la disgrazia Francesco Sgarbanti, uno degli operai che lavorava con Nakra - che non ci siamo resi conto di quello che accadeva. Tarun si trovava a pochi metri da me e purtroppo è stato investito dal nostro mezzo». Mirri alla guida del camion furgonato piomba contro il cassone del furgone condotto da Radiosi. I due mezzi in seguito al tamponamento finiscono nella scarpata. Il furgone travolge Nakra, il quale non si rende neppure conto di quello che sta avvenendo. L’allarme dato al 118 fa muovere l’ambulanza di Arzignano e l’elisoccorso di Verona emergenza. Intervengono anche gli agenti della polstrada di Verona Sud con il sostituto commissario Di Ruzza.

Al medico rianimatore del Suem dell’ospedale "Cazzavillan" non rimane che scrivere il certificato di morte per Nakra per i numerosi traumi subiti. A Radiosi va decisamente meglio, perchè viene accompagnato all’ospedale di San Bonifacio dove viene giudicato guaribile in un paio di settimane.

In seguito all’incidente ci sono rallentamenti sulla A4, anche se a causa dei lavori il traffico era già predisposto per le due corsie più veloci. Restano gli interrogativi per l’ennesimo incidente in autostrada che uccide un operaio al lavoro. «Sappiamo che il nostro è un lavoro pericoloso - conclude Sgarbanti - ma le misure di sicurezza in questo caso erano ben visibili. Non capiamo come possa essere successo».

Il Giornale di Vicenza 12/02/03

Edili, due feriti per esplosione

Un residuato bellico che era abbandonato nel sottotetto di uno stabile in ristrutturazione, è esploso ieri provocando il ferimento di due operai, uno italiano e uno turco. Entrambi sono ricoverati all'ospedale con ferite non gravi. Gli operai stavano lavorando nello stabile in ristrutturazione quando inavvertitamente, nel sottotetto, uno di loro ha urtato l'ordigno, una piccola bomba a mano, provocandone l'esplosione.

Liberazione 12/02/03

L’infortunio in zona industriale. Vola da 7 metri Grave operaio Illeso compagno

Un volo da più di 7 metri. L’operaio rumeno Adrian Mitrofian è ricoverato in gravi condizioni in prognosi riservata al San Bortolo. Il compagno Massimo De Franceschi, 31 anni, di Torri di Quartesolo, è rimasto miracolosamente illeso aggrappandosi al carroponte. È rimasto sotto choc per lo scampato pericolo ed è stato trasportato al pronto soccorso. L’incidente è avvenuto alle ore 11 di ieri. Due operai della ditta "Controsoffitti Vicari S.a.s." stavano eseguendo dei lavori di posa di pannelli in cartongesso sulle pareti del capannone della ditta "Bdf" in via dell’Edilizia e operavano stando sopra ad una piattaforma autosollevante ad una altezza di circa 7,5 m. Un carroponte manovrato da un lavoratore che stava a terra e utilizzato per altre lavorazioni urtava accidentalmente la piattaforma determinandone il ribaltamento. Uno dei due lavoratori, De Franceschi, riusciva ad aggrapparsi alla struttura del carroponte e ad evitare la caduta. L’altro, il cittadino rumeno, rimasto all’interno della piattaforma precipitava assieme alla struttura. Sono stati soccorsi dal Suem e trasportati all’ospedale. Entrambi i lavoratori sono ricoverati e per uno di loro la prognosi è riservata. Sul luogo sono intervenuti i vigili del fuoco e gli agenti della sezione volanti della questura unitamente al personale del Servizio di prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro (Spisal).

Il Giornale di Vicenza 14/02/03

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Omicidio bianco

Nuova vittima del lavoro nel settore edile toscano. Un immigrato albanese di 27 anni, Angelo Shiquieri, è morto in un cantiere nei pressi di San Marcello Pistoiese dopo essere caduto fra gli ingranaggi di una macchina che produce pietrisco. In regola con il permesso di soggiorno e regolarmente assunto dall'azienda per cui lavorava, Shiquieri era l'addetto alla movimentazione del macchinario che prelevava sassi dal torrente Lima, li triturava e li caricava sui camion in partenza per i cantieri. Sposato, con la moglie in attesa di un figlio, Shiquieri è il secondo immigrato albanese morto sul lavoro negli ultimi mesi nella zona.

Il Manifesto 15/02/2003

INFORTUNIO A CASASCO Cade dal tetto alto otto metri e si salva

CASASCO. Un operaio romeno è precipitato dal tetto di un´abitazione, da un´altezza di otto metri, mentre stava eseguendo lavori di ristrutturazione, ma è salvo. Si è rotto un polso ed un malleolo ed è stato giudicato guaribile in 30 giorni. E´ Maricel Ursu, 35 anni, residente in paese. L´infortunio è avvenuto ieri mattina, in via Roma, vicino al municipio. L´operaio, dipendente della ditta Carlo Fiorucci, di Casasco, per cause in corso di accertamento da parte dei carabinieri di Garbagna e del personale dell´Asl addetto all´infortunistica, è caduto compiendo un volo di otto metri. Soccorso da alcuni compagni di lavoro, che hanno dato l´allarme, con l´elicottero del 118 è stato trasportato all´ospedale di Tortona. m. t. m.

La Stampa – Sezione di Alessandria 25/02/03

SOTTOPOSTI AL DIFFICILE INTERVENTO DUE RAGAZZI E UN UOMO CON GLI ARTI AMPUTATI IN TRE INFORTUNI SUL LAVORO Ricostruite due braccia e una mano Maratona in sala operatoria per i microchirurghi del Cto

Maratona in camera operatoria al Cto per ricostruire due braccia e una mano amputata. Il Gruppo Interdivisionale di Microchirurgia coordinato dal professor Paolo Gallinaro è stato chiamato d´urgenza per tre notti, per reimpiantare una mano a Ivan Versino, 24 anni, di Susa, e un braccio ad Alfonso Desiderato, 20 anni, di Torino, e a un uomo di 35 anni, Seferovic Ficret, trasferito al Traumatologico di via Zuretti dall´ospedale di Alessandria. Si tratta di «vittime» di infortuni sul lavoro: Ivan Versino, titolare di una ditta che vende materiali per l'edilizia a Villarfocchiardo, in Val Susa, è stato investito il 14 febbraio scorso da una lastra che gli ha tranciato l´avambraccio destro. Desiderato è rimasto intrappolato con la mano sinistra sotto una termopressa in un´azienda di Leinì che produce vaschette per gelati. Seferovic ha subìto l´amputazione del braccio sinistro, poco sotto il gomito, tagliato di netto da una lama per metalli. I tre interventi, durati dalle 8 alle 10 ore, si sono conclusi senza complicazioni, anche se i medici sono cauti. I pazienti, risvegliatisi dall´anestesia, hanno iniziato immediatamente le terapie per scongiurare il pericolo di complicazioni: saranno sottoposti a una ventina di sedute anti-infezioni in camera iperbarica e dovranno combattere con i farmaci la minaccia dei trombi fluidificando il sangue. Presto cominceranno con i primi leggeri esercizi di fisioterapia per riprendere prima possibile il movimento delle dita. Interventi delicatissimi, che hanno fatto in questi anni del Gim l´équipe di riferimento non solo piemontese per i grandi traumi. Al Cto vengono trasferiti ormai i casi più complessi, come gli ultimi tre infortuni sul lavoro, e come Davide, 22 anni, di Trento, trasportato a Torino dall´Alto Adige nel 1998 con un braccio sinistro tranciato sotto la spalla e quello destro all´altezza del gomito da una «frustata» di un cavo di teleferica strappato. Per Davide lavorarono contemporaneamente in sala operatoria quattro chirurghi: i medici gli hanno salvato entrambe le braccia e hanno dovuto anche ridurre una frattura alla mandibola. Recentemente, il Gruppo Interdivisionale di Microchirurgia ha reimpiantato la gamba sinistra a un bimbo di 3 anni travolto da una betoniera nel cortile di casa, a Montafia d'Asti: mentre il padre costruiva un muretto in cemento, Daniele Borsato s´è avvicinato al macchinario, che all´improvviso si è messo in moto, si è ribaltato e lo ha travolto. I medici del Traumatologico hanno meditato se fare o no quell´operazione, «l´alternativa era l´amputazione -

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ricorda il dottor Armand Sard, uno dei medici del Gim -. Vista l´età del bimbo e pensando a quale sarebbe stato il suo futuro senza una gamba abbiamo deciso di tentare la ricostruzione». L´operazione è riuscita e il piccolo Daniele Borsato è stato dimesso dopo oltre un mese d´ospedale. Spiegano i medici del Gruppo: «Trovarsi di fronte a lesioni di questo genere significa dover ricostruire tutto: lo scheletro, i muscoli e i tendini, i nervi, le arterie e le vene». Lesioni profonde con ferite quasi mai lineari. «Molto è cambiato da quando, dieci anni fa, abbiamo iniziato. Soprattutto le modalità di soccorso: oggi, chi interviene in aiuto di una persona che ha subìto un´amputazione sa che cosa deve fare: ha imparato a recuperare la parte amputata e a conservarla in condizioni ottimali durante il trasporto verso l´ospedale più vicino o direttamente verso un centro specializzato come il nostro». Ogni volta è una lotta contro il tempo. «Anche nel caso di Ivan Versino, Alfonso Desiderato e Seferovic Ficret è stato determinante il tempismo». Marco Accossato.

La Stampa – Cronaca di Torino 26/02/03

Un morto per esplosione

E' di un morto e sei feriti il bilancio di un'esplosione avvenuta nel pomeriggio di ieri a a Cernusco sul Naviglio nel milanese. A saltare per aria una cisterna della ditta Defilu a causa, a quanto sembra, di una scintilla sprigionatasi durante la pulizia del serbatoio che conteneva gasolio. L'operaio morto, del quale non è stato diffuso il nome, era probabilmente un immigrato romeno di circa 40 anni.

Il Manifesto 14/03/03

Lucchini, operaio ustionato

Un operaio della Lucchini, Rade Bozinov, di 33 anni, si trova in gravissime condizioni a causa di un infortunio sul lavoro. E' stato investito da acqua bollente e riporta ustioni sull'80% del corpo. La federazione del Prc di Piombino si associa alla rabbia e al dolore dei compagni di lavoro e dei famigliari.

Liberazione 15/03/03

INFORTUNIO SUL LAVORO .Imprenditore a giudizio

TORTORETO - Lesioni personali colpose, questa è l’accusa per la quale il sostituto procuratore della Repubblica Valentina D’Agostino ha emesso il decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti del 62 enne Guido Di Paolo, in qualità di delegato alla sicurezza della ditta "Di Paolo Prefabbricati". Il provvedimento giudiziario è riconducibile ad un infortunio sul lavoro che, nel luglio dello scorso anno, ad un operaio macedone, Erfan Amruli di 25 anni, domiciliato a Cesenà di Campli, costò l’amputazione della falange del dito indice della mano destra. L’incidente si verificò mentre l’operaio era intento a lavorare alla "centralina oleodinamica per il funzionamento di lance di tiro automatiche per trefoli pretesi". Nel compiere le operazioni di recupero di una boccola, in mancanza del dispositivo di protezione della lancia di tiro, il lavoratore rimaneva incastrato con il dito nella feritoia, subendo l’amputazione della falange. Per l’accusa l’incidente si verificò in assenza del dispositivo di sicurezza e a causa dell’inosservanza delle norme sulla prevenzione. Per questa vicenda Guido Di Paolo comparirà davanti al giudice monocratico di Giulianova. F.D.I.

Il Messaggero – Abruzzo 23/03/03

Infortunio sul lavoro. Una mano sotto la pressa, operaia rischia due dita

CASTELFIDARDO - Stava lavorando alla Acem di Castelfidardo davanti ad un macchinario ad aria predisposto per l'assemblaggio dei trasformatori elettrici quando per cause ancora in corso di accertamento da parte del Multizonale della Ausl 7, la sua mano destra è rimasta pressata sotto la

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macchina. Ora rischia di perdere la funzionalità di 2 dita Nevia Mestrovirch, 40enne residente ad Osimo. L'operaia della ditta fidardense si trova ricoverata all'ospedale di Torrette con una prognosi di 20 giorni per trauma da schiacciamento. L'infortunio si è verificato ieri mattina intorno alle 10.50 e i soccorsi per salvarle le dita schiacciate sono stati tempestivi grazie alla prontezza di riflessi dei colleghi di lavoro e della squadra dei vigili del fuoco del distaccamento osimano, che in tempi record è riuscita a mettere in sicurezza il macchinario.

Il Messaggero – Ancona 3/04/03

Bottanuco, infortunio sul lavoro: operaio in prognosi riservata

Infortunio sul lavoro ieri mattina alle 10 a Bottanuco, in un capannone della Coprem Spa, che produce tubi di cemento. Un operaio albanese di 32 anni, residente a Suisio con la moglie, stava muovendo una gru a ponte quando è stato travolto da una sbarra di ferro. Subito soccorso dai colleghi, ha riportato la frattura del bacino e alcune lesioni interne, rilevate all'ospedale Bolognini, dove è stato trasportato con l'elisoccorso. Visto l'aggravarsi delle sue condizioni è stato successivamente trasportato ai Riuniti, dove è attualmente in terapia intensiva: la prognosi è riservata, ma l'uomo non sembra fortunatamente in pericolo di vita. In azienda sono intervenuti per i rilevamenti i carabinieri di Capriate San Gervasio e il servizio Asl di prevenzione infortuni di Bonate Sotto.

L’Eco di Bergamo 13/04/03

INFORTUNIO SUL LAVORO. Tre operai feriti a Busano Uno è grave

BUSANO. Tre uomini hanno rischiato di morire schiacciati da un'impalcatura, sepolti da quintali di pali e di assi in legno. L'infortunio è avvenuto ieri pomeriggio in un cortile di Busano dove degli operai erano impegnati nei lavori di ristrutturazione di una casa. Il più grave, Luciano Mantovan, muratore di 59 anni, di Busano, via Circonvallazione, è ricoverato in gravi condizioni alle Molinette. Franco Galea, 61 anni, anche lui di Busano e Abdeljabbar Buzrhouna, manovale marocchino di 27 anni, residente a Rivarolo in via Montenero, sono finiti all'ospedale di Cuorgnè. «Ho urtato l'impalcatura con il camion, non me ne sono accorto, sono sceso per dire agli altri due di levarsi da sotto ma non ho fatto in tempo» si disperava ieri Galea, che è anche il titolare dell'impresa che ha aperto il cantiere in via Dante Alighieri dove sta rimettendo a nuovo lo stabile di Alfredo Lavorato, mentre i sanitari del 118 lo stavano medicando.

La Stampa – Torino Cronaca 15/04/03

L’incidente sul lavoro nella "Di Paolo Prefabbricati" a Tortoreto costò la vita ad un operaio. Omicidio colposo, otto accusatiCoinvolta società a capitale libico fornitrice del carroponte

di FRANCO D’IGNAZIO. Otto persone, accusate di concorso in omicidio colposo, su richiesta del pubblico ministero Laura Colica, sono state rinviate a giudizio dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Teramo, Giovanni Cirillo. L’inchiesta giudiziaria, relativa all’infortunio sul lavoro che nell’ottobre di tre anni fa, a Tortoreto, costò la vita all’operaio albanese, Luka Zani, sposato e padre di un figlio, coinvolge in qualità di imputati a vario titolo: Guido Di Paolo, teramano di 62 anni; Giuseppe Di Paolo, 39 enne nativo di Giulianova; la belga Marie Odile Van Der Dooren di 58 anni, i perugini Maurizio Tommasi e Giampaolo Montineri, rispettivamente di 47 e 48 anni, i teramani Alfredo e Pasquale Monti di 51 e 50 anni; e Agostino Basile di 33 anni, originario di Benevento e residente ad Alba Adriatica. Per tutti, chiamati a comparire davanti al giudice monocratico di Giulianova, v’è l’accusa di concorso in omicidio colposo in quanto, con condotte preesistenti e simultanee, consistenti in negligenza, imprudenza, imperizia e in violazione di norme di legge, avrebbero cagionato il

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decesso dell’operaio, ausiliario del gruista manovratore del carroponte marca "Officine Piccini", società all’epoca controllata finanziariamente da capitali libici. Il carroponte, che trasportava un pannello in cemento armato, veniva manovrato dal gruista, privo di idonea qualifica, nell’effettuare una manovra a forma di "S", il pannello prendeva velocità collidendo, poi, contro un ostacolo rigido. A causa dell’urto del conseguente sfilacciamento della fune dalla presa dei morsetti, il pannello cadde, investendo mortalmente l’operaio. Per l’incidente vennero indagati Guido e Giuseppe Di Paolo, quali titolari della ditta di Prefabbricati di Tortoreto; Marie Odile Van den Dooren, Giampaolo Montineri e Maurio Tommasi, rispettivamente nelle vesti di legale rappresentante della Officine Piccini, di direttore tecnico e di progettista del carroponte; Alfredo e Pasquale Monti adddetti alla manutenzione del carroponte, e Agostino Basile manovratore del carroponte al momento della disgrazia.

Il Messaggero – Abruzzo 26/04/03

Marocchino si taglia con la fresatrice

Un operaio algerino, il venticinquenne Mohamed Lamine Maaziz, si è invece procurato una profonda ferita al braccio lavorando alla fresatrice in un'azienda di Manzano, la "Compensati curvi srl".

Il Gazzettino 9/05/03

QUASSOLO, INFORTUNIO.

Incidente sul lavoro ieri alla ditta «Conrero» in regione Grange a Quassolo. Un operaio senegalese di 30 anni, Faly Toure, è rimasto incastrato con la mano nel rullo di un macchinario che stava pulendo. Sul posto sono intervenuti carabinieri, vigili del fuoco e medici del 118. Il giovane è stato portato all'ospedale di Ivrea: le sue condizioni non sono gravi.

La Stampa – Cronaca di Torino 13/05/03

Fiamme in centro: due ustionati

RIMINI - Piazzetta San Gregorio, ore 11. I tavoli sono pieni di gente circondata da tanta altra che passeggia: è giorno di mercato. C’è chi fa colazione, chi mangia una brioche e chi sorseggia una bibita fresca per trovare un po’ di sollievo dal grande caldo. Poi, all’improvviso, un urlo e un grande fumo. Una ragazza esce dalla porta vicino “La Creperia” e chiede aiuto “chiamate i Vigili del fuoco, c’è un incendio, c’è un incendio”. La gente inizia a preoccuparsi anche perchè il fumo aumenta d’intensità “in casa ci sono due ragazzi, stanno male, sono feriti”. I giovani sono due ragazzi albanesi - probabilmente fratelli - Ritlan e Taoulant Vezi, di 21 e 28 anni, investiti dalla fiammata sprigionatasi mentre ‘armati’ di un vecchio spruzzatore, solitamente utilizzato in campagna per cospargere di verderame le foglie delle viti, stavano eseguendo un trattamento contro muffa e umidità in un angusto vano di uno stabile di corso d’Augusto 125. Cosa abbia provocato la fiammata, non è stato ancora accertato né da Vigili del fuoco, né dalla Medicina del lavoro subito intervenuta. L’ipotesi, ancora tutta da verificare, e che qualcuno, inavvertitamente, abbia gettato nel ‘posto luce’ un mozzicone di sigaretta. Non i feriti: nessuno dei due è infatti fumatore. Di sicuro entrambi sono stati trasportati al centro grandi ustionati del Bufalini per ustioni alle mani ed al volto: il più giovane è tutt’ora ricoverato: non corre comunque nessun pericolo; l’altro nel primo pomeriggio è stato dimesso. Tornando all’incidente, alcuni tizzoni ardenti sono caduti, attraverso una grata di aerazione, in un laboratorio di oreficeria sottostante: il principio di incendio è stato domato con tempestività dagli stessi orafi, evitando conseguenze più gravi: per il loro lavoro, infatti, sono dotati di una grossa bombola di acetilene usata per fondere e saldare l’oro. Tutto questo mentre in mezzo a migliaia di persone iniziano ad arrivare, con non poca fatica, le ambulanze del 118 ed i mezzi dei Vigili del fuoco che per poter lavorare senza creare problemi alla cittadinanza e tenere a distanza i curiosi - che ovviamente sono tanti - transennano parte di corso d’Augusto. Lì resteranno fino alle 13 per verificare l’agibilità dei locali

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interessati dalla ‘fiammata’. Sul posto anche volanti del 113 e il poliziotto di quartiere e, come detto, anche la medicina del lavoro che per tutta la giornata ha lavorato per ricostruire l’accaduto ma, soprattutto, capire se i due operai ustionati lavoravano nel rispetto delle normative in materia di infortuni sul lavoro. Non è ancora ben chiaro se i ragazzi siano dipendenti o meno di qualche impresa o siano lavoratori autonomi.“E’ accaduto tutto in un momento - spiega il proprietario della creperia - stavo servendo un cliente quando una ragazza ha chiesto aiuto. Ho contattato i pompieri e poi sono uscito per vedere se c’era bisogno d’aiuto. Ho visto del gran fumo ma fortunatamente sono arrivati subito i soccorsi. Da quanto ho saputo i due ragazzi che stavano lavorando non hanno avuto grossi problemi”.Tra i clienti che si stavano godendo la colazione anche Federico Carelli, il centrocampista riminese in forza al Fano: “Stavo prendendo un cappuccino quando ho sentito questa ragazza chiedere aiuto e ho visto il fumo uscire dal palazzo. Ho chiesto se c’era bisogno d’aiuto ma mi hanno detto di allontanarmi”. Enrico ChiavegattiFrancesco Barone

Il Corriere Romagna – Cronaca di Rimini 14/05/03

Morto di lavoro, nero

Si chiamava Durnea Gabril, 25 anni, rumeno clandestino residente a Brescia trovato morto in un cantiere edile a Sarezzo, in Val Trompia, dove lavorava come operaio. Il suo corpo è stato ritrovato sul fondo di un vano in cui doveva essere montato un ascensore. L'uomo dovrebbe essere precipitato da un'altezza di circa tre piani. Si stanno effettuando delle verifiche per cercare di ricostruire la vicenda che merita attenzione «soprattutto dal punto di vista dell'intermediazione della manodopera e dello sfruttamento di clandestini in questo settore», ha affermato il pm Conte.

Il Manifesto 15/05/03

Albino, verifiche dell'Asl nel cantiere della frana

L'Asl ha verificato se fossero stati predisposti i lavori per la messa in sicurezza dello scavo. L'azienda ha risposto confermando che erano in corso ieri proprio i lavori di armatura per la messa in sicurezza. È trascorsa così la giornata di ieri ad Albino dove un operaio edile di origini albanesi è morto soffocato dalla terra che è franata mentre stava lavorando alla realizzazione di alcune abitazioni. L'incidente era avvenuto intorno alle 13.30: Frederik Prenga, la vittima di questa tragedia sul lavoro, aveva 37 anni. Insieme ad un altro muratore, si stava occupando della costruzione di alcuni garage ai piedi di una collinetta. Le verifiche non si fermano, e ora si attende il responso ufficiale dei tecnici dell'Asl

L’Eco di Bergamo 22/05/03

A CARMAGNOLA . E’ investita da un carrello elevatore

CARMAGNOLA. Due ore di sciopero ieri negli stabilimenti Teksid di Carmagnola in seguito ad un infortunio sul lavoro avvenuto poco dopo le 7 nel reparto alluminio. Un'operaia di origine ceca, Kuetuse Duskova, 55 anni, residente a Sommariva Bosco, in provincia di Cuneo, è stata travolta da un carrello elevatore. La donna, che ha riportato lo schiacciamento di una gamba, è stata trasportata in elisoccorso al Cto. Per protesta i lavoratori dello stabilimento di via Umberto 3/5 hanno incrociato le braccia e si sono riuniti in assemblea. «Da tempo la rappresentanza sindacale - informa una nota della Fiom-Cgil - denuncia problemi di sicurezza relativi ai mezzi, alla segnaletica e al sistema interno di viabilità: per esempio corridoi usati come magazzini. Allo stesso tempo sono state denunciate le condizioni in cui sono costretti ad operare i lavoratori addetti alla movimentazione dei materiali». Al termine dello sciopero si è tenuto un incontro tra le Rsu e la direzione aziendale.

La Stampa – Torino Cronaca 24/05/03

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«Basta morti nei cantieri» Gli edili in corteo a Milano, è la prima manifestazione per la sicurezza da 18 anni. Ventisei morti da gennaio, il doppio rispetto al 2002. I sindacati chiedono un intervento di imprese e Regione, e preannunciano gli scioperi

MANUELA CARTOSIO. MILANO. «Dikyy, 33 anni, è morto il 3 giugno 2003 mentre stava riparando un tetto a Fizzonasco». Ventisei cartelli come questo, uno per ogni edile morto sul lavoro in Lombardia dall'inizio dell'anno (cinque erano immigrati), punteggiavano il corteo e ne spiegavano la ragione. Contro gli omicidi bianchi e per la sicurezza gli edili lombardi hanno manifestato prima sotto la Regione, poi all'Ispettorato del lavoro….

Il Manifesto 3/07/03

NICHELINO, INFORTUNIO.

Un manovale di origine romena, Daniel Diciu, 36 anni, è precipitato l’altro ieri da una scala mentre stava lavorando in un cantiere edile di via Ariosto 17, a Nichelino. L’uomo è precipitato da un’altezza di circa 3 metri: è stato ricoverato in prognosi riservata all’ospedale Santa Croce di Moncalieri.

La Stampa – Sezione Torino 04/07/03

Incidente sul lavoro a Filago. ferito operaio cinese: se la caverà L'infortunio ieri notte alla Diesse Rubber Hoses, specializzata in raccordi flessibili per alta tensione. I sindacati hanno subito proclamato otto ore di sciopero .

Incidente sul lavoro ieri notte nell'azienda Diesse Rubber Hoses di Filago, specializzata in raccordi flessibili per alta pressione. Attorno alle 3,30, un lavoratore cinese, W.Zhu, conosciuto con il nome di Marco, 32 anni, residente a Trezzo d'Adda, è stato colpito da un cancelletto di protezione di una macchina avvolgitrice. L'uomo, rimasto imprigionato dal macchinario, è stato subito soccorso dagli altri compagni di lavoro, e poi dal 118 che lo ha trasportato ai Riuniti Bergamo, dove si trova ricoverato in terapia intensiva per le fratture alla cassa toracica: resta in prognosi riservata ma è fuori pericolo.Sul posto, per i rilevamenti e per chiarire la dinamica dell'incidente, si sono recati i carabinieri di Treviglio e l'Unità di prevenzione infortuni dell'Asl di Bonate Sotto. Ieri mattina i sindacati, a seguito della vicenda, hanno proclamato in fabbrica uno sciopero di 8 ore per ogni turno di lavoro.

L'Eco di Bergamo dell'11/07/03

Infortuni sul lavoro, tre feriti in pochi giorni

Aumentano vertiginosamente gli incidenti sul lavoro soprattutto nell’edilizia. Tre infortuni sono accaduti a Fermo tra ieri e l’altro ieri. Il più grave è avvenuto in un cantiere edile di viale Trento. Mentre si trovava su un ponteggio, il titolare di una ditta di edilizia, C.H, trentuno anni, albanese, cadeva da un'altezza di circa tre metri riportando diversi traumi. Trasportato al Pronto Soccorso del Murri veniva giudicato guaribile in una ventina di giorni. E' caduto, invece, da una scala, G.T., un cinquantanovenne fermano mentre stava lavorando su un pilastro. Anche per lui la prognosi è di 20 giorni. Infine sarebbe scivolato procurandosi diverse fratture non gravi, un altro edile, L.G. sangiorgese di 40 anni stava operando in un cantiere di Capodarco di Fermo.

Il Messaggero – Cronaca Marche 23/07/03

Rimini. Crolla soffitto in negozio, ferito commesso

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E' crollato questa mattina, verso le 11, parte del controsoffitto di un negozio in via Roma a Rimini. Il commesso, un giovane bengalese, è rimasto ferito. Nel negozio di oggettistica, gestito da alcuni bengalesi, c'era il commesso, Rahaman Migiunu, 27 anni, Alban Kraja, albanese, presidente del consiglio degli immigrati della provincia di Rimini e l'algerino Ben Alì Nouceur, presidente del forum dell'associazione degli immigrati. All'improvviso si è staccata parte del controsoffitto, composto da canna, legno e gesso. Accortisi di quanto stava succedendo Alban Kraja e Ben Alì hanno cercato di spingere via il giovane bengalese, e subito dopo hanno cercato di reggere il grosso frammento piovuto dall'alto. Il commesso ha comunque riportato ferire alla testa e ad una spalla. Ora è ricoverato all'ospedale Infermi di Rimini. Per gli altri, soltanto qualche graffio. Il negozio, di proprietà di una agenzia immobiliare, è ospitato in un vecchio palazzo, ora in fase di ristrutturazione. (cor)

La Gazzetta di Modena – News Online 31/07/03

Lavorava in un cantiere in via Friuli ed è precipitato per sei metri. Se l’è cavata con delle fratture. Muratore di 21 anni cade dall’impalcatura: salvato dal fico

Giovane operaio cade da un'impalcatura, salvo e fuori pericolo per miracolo grazie ad una pianta di fico e ad alcuni fili per stendere i panni. Poteva finire in maniera diversa l'infortunio sul lavoro accaduto ieri pomeriggio attorno alle 15,45 in via Friuli. Machgoul Hassene Ben Fraj, questo è il nome dell'operaio, 21 anni, domiciliato ad Ancona ma originario del Marocco, se l'è davvero vista brutta. La sua prognosi, al contrario delle immediate previsioni, dovrebbe aggirarsi attorno ai 30 giorni. Ben Fraj si trovava sopra un'impalcatura dove stava effettuando delle lavorazioni all'edificio di via Friuli al civico 6. La dinamica non è ancora stata chiarita, ma sembra che la carucola che stava utilizzando si è rotta e questo potrebbe avergli fatto perdere l'equilibrio. Il marocchino si trovava ad un'altezza di circa 6-7 metri dal suolo, forse qualcosa di più. Istintivamente cadendo Ben Fraj ha cercato di proteggersi protendendo in avanti le braccia, riportando una frattura scomposta. Sembra, tuttavia, che a limitare i danni sia stata una pianta di fico che si trovava proprio sotto il punto in cui l'operaio è caduto. Un testimone ha raccontato di aver visto il giovane volare e cadere sulla pianta, ma anche alcuni fili utilizzati per stendere i panni potrebbero aver giocato un ruolo importante. I primi soccorritori lo hanno trovato a terra e vicino al suo corpo un pezzo della carucola difettosa. Il ventunenne è stato immediatamente soccorso dall'equipaggio del 118 di Ancona Centro, immobilizzato e portato all'ospedale di Torrette per essere sottoposto ad una serie di esami. I primi avrebbero scongiurato qualsiasi pericolo per la sua vita ed evidenziato un trauma toracico comunque piuttosto serio e tutto da valutare, oltre ad una brutta frattura di un polso. Nel tardo pomeriggio Ben Fraj è stato ricoverato in reparto. P.Cu.

Il Messaggero 9/08/03

Todi Morire sul lavoro: inchiesta con tre ipotesi

di LUIGI FOGLIETTI . TODI - Aperta una inchiesta sulla morte di Tantami Boucchaib, il marocchino di 26 anni, che martedì sera, intorno alle 21, è stato travolto da un autotreno. Il giovane, che era nato a Casablanca, era intento a predisporre la segnaletica orizzontale sulla E-45 con una macchina tracciatrice, in un cantiere stradale posto al chilometro 19, corsia nord, nelle vicinanze dello svincolo per Casigliano - Collevalenza. Ad interessarsi del caso è adesso il Comando della Compagnia Carabinieri di Todi, retta attualmente dal luogotenente Giancarlo Pisani, e personale della USL 2 del Servizio per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro. Trattandosi di un caso particolare, a cavallo tra un infortunio sul lavoro ed un incidente stradale, sono diversi i rami in cui si dividono le indagini. Si cerca di far luce su vari aspetti. Si lavora su tre ipotesi come cause dell’incidente mortale: se tutte le norme relative al settore antinfortunistico riguardanti i cantieri erano rispettate, se erano state attuate tutte le dovute misure, sia di messa in sicurezza, sia di

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segnalazione, che necessitano per i cantieri stradali, e se era eccessiva la velocità del mezzo investitore ed il suo comportamento su quel tratto di strada. Al momento sono in corso indagini serrate ed impegnative per chi è chiamato a dare delle risposte. Ma ad un primo sommario esame delle modalità in cui è avvenuto il mortale incidente, tutto lascerebbe presumere un susseguirsi di mancati rispetti di alcune norme che regolano sia l'antinfortunistica sul lavoro, sia la cantieristica stradale.

Il Messaggero – Cronaca Umbria 15/08/03

L’INCIDENTE IN CORSO FERRUCCI ANGOLO VIA BIXIO. AUMENTANO GLI INFORTUNI CON PROGNOSI OLTRE I QUARANTA GIORNI Resta schiacciato da una macchina per le pulizie Sono gravi le condizioni di un operaio di 32 anni originario dello Sri Lanka

Nella città in ferie c’è chi muore o finisce in ospedale in prognosi riservata in seguito a un incidente sul lavoro. Due i casi e in entrambi le vittime sono operai extracomunitari. Ieri, un trentanduenne dello Sri Lanka è rimasto schiacciato da una macchina per le pulizie in corso Ferrucci angolo via Bixio, isolato di palazzoni nuovi di zecca. Il 13 agosto, invece, un romeno di 46 anni è volato dal tetto di un capannone industriale di Beinasco su cui stava lavorando ed è morto in ospedale, per le gravi ferite riportate. In questi giorni si stanno elaborando i dati sugli incidenti del lavoro dell’anno passato e allarma che quelli gravi (con prognosi superiore ai 40 giorni) siano decisamente aumentati nel 2002 (122 nella sola Torino) rispetto agli anni precedenti (83 nel 1999; 79 nel 2000; 94 nel 2001). In serata erano ancora considerate «gravi e stazionarie» le condizioni di Thushara Appuhamilage Ganegoda, trasportato nella tarda mattinata al Cto, dove gli è stato riscontrato lo schiacciamento del bacino, di una gamba e del torace: dipendente di una cooperativa di pulizie, il pover’uomo stava spingendo la macchina (con grandi spazzole rotanti) su un piano inclinato quando il mezzo ha ceduto e lo ha travolto. Il rapporto degli ispettori dell’Asl 1 sarà sulla scrivania del pm Francesca Traverso in giornata, ma dai primi rilievi è emerso che quel genere di apparecchio non è abilitato per «essere spostato» in salita. Viorel Barne Dumitrescu, residente a Scalenghe con la famiglia, lavorava per l’Electric Mas di Collegno, ma il 13 si trovava sul tetto del capannone (scoperchiato da una tromba d’aria) della Csa di strada comunale dei Boschi 10, a Beinasco, per un’altra impresa: la Grd Impianti, il cui titolare Gerard Iapicca ha dichiarato, a incidente avvenuto «Non so neanche il suo nome». Dumitrescu stava aiutando Iapicca a riposizionare le lastre in Eternit spostate dal maltempo quando è caduto travolgendo un pannello di illuminazione fra i tanti sistemati sul tetto per dare più luce all’interno del capannone. L’operaio stava lavorando senza alcuna misura di sicurezza. Resta da capire se quel giorno fosse stato «prestato» alla Grd dal suo datore di lavoro o se era stato lui ad offrirsi per portare a casa qualche euro in più. L’inchiesta del pm Nicoletta Quaglino è stata aperta per omicidio colposo. Che la situazione nei cantieri edili, in particolare, richiami maggiori attenzione e sensibilità è confermata non solo dalle statistiche, ma anche da singoli episodi a dir poco sbalorditivi: i pm Quaglino e Traverso hanno appena rinviato a giudizio per «rimozione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro» i fratelli Maurizio e Antonio Pilla, titolari della Oblò snc perché, nell’arco di un mese (fra il giugno e il luglio 2001), in un loro cantiere di via Onorato Vigliani due operai - prima un albanese, poi un maghrebino - erano volati dalle impalcature senza parapetti. In seguito al primo incidente, il pm Traverso aveva sequestrato e poi dissequestrato il cantiere a condizione che l’impresa titolare dei lavori provvedesse ad ottemperare le prescrizioni in materia di sicurezza stabilite dall’Asl di zona. Così non fu e 12 luglio Ahmed Said Abdelbaki cadde a terra dall’altezza di nove metri, restando paralizzato. al. ga.

La Stampa Sezione Torino 20/08/03

Morto sul lavoro, il permesso era falsoAveva un permesso di soggiorno con un nome falso il peruviano 33enne che è morto l’altro ieri all’interno della Iro di Odolo, precipitando da un’altezza di circa 20 metri. Icarabinieri di Sabbio Chiese hanno scoperto che il suo vero nome non corrispondeva a quello sul documento timbrato dalla questura di Milano, risultato falso: si chiamava

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infatti Carlos Victor Sandoval e non Carlos Victor Guerera. Documento che secondo gli accertamenti dei carabinieri il peruviano aveva pagato duemila euro.

Liberazione 28/08/03

BRESCIA . Sciopero per strage.Cinque morti sul lavoro in due mesi. L'ultima vittima è un «sans papier» peruviano I metalmeccanici: «Gli infortuni non sono una fatalità, la colpa è delle aziende non in regola». Nella provincia di Brescia pronti a incrociare le braccia per quattro ore venerdì 5 settembre.

OSVALDO SQUASSINA (*) I metalmeccanici della provincia di Brescia scenderanno in sciopero generale di 4 ore venerdì 5 settembre, per fermare la strage provocata dagli infortuni nei luoghi di lavoro. Carlos Victor Sandoval Garibay di 33 anni, immigrato dal Perù e in Italia da tre mesi, è il lavoratore deceduto in seguito all'infortunio mortale accaduto alla Iro di Odolo (Brescia)il 26 agosto 2003, è la quinta vittima negli ultimi due mesi in aziende metalmeccaniche della provincia di Brescia. Ma Garibay è una doppia vittima, della fabbrica e delle leggi sull'immigrazione. Aveva infatti un permesso di soggiorno falso, pagato duemila euro per aggirare la Bossi-Fini, lavorare e morire lavorando………..

(*) Segretario generale Fiom Brescia

Il Manifesto 29/08/03

L’Usl 8 risolve il problema delle liste di attesa creando una speciale struttura dedicata agli stranieri Ambulatorio multietnico entro l'anno Sarà gestito dai medici di base con i mediatori culturali. Ginecologia e ostetricia più vicine alle immigrate

Montebelluna . L'ambulatorio multietnico è quasi realtà. Mentre a livello politico infuriano, in provincia e non solo, le polemiche sull'utilizzo da parte degli immigrati delle strutture sanitarie, i tecnici dell'usl 8 stanno portando avanti un vasto progetto volto a garantire un'opera di integrazione. L'operazione più innovativa è rappresentata dalla creazione di un ambulatorio multietnico: si tratta di una struttura che, con l'aiuto dei mediatori culturali, dovrebbe diventare un importante punto di riferimento per gli extra comunitari che vi si rivolgerebbero in determinati orari e giorni; qui avrebbero a disposizione, oltre ad un medico, un mediatore in grado di capire la loro lingua ed i loro costumi…Intanto filtrano ufficiosamente anche delle indicazioni sui dati che la Regione starebbe raccogliendo a proposito dell'utilizzo, da parte degli immigrati, del Pronto soccorso… più di un quarto delle presenze sarebbe connesso ad infortuni sul lavoro.

Il Gazzettino 30/08/03

MORTI & FERITI PER NON LAVORO

Albanese 21 anni, senza lavoro si butta dalla gru

In attesa del permesso si è buttato dalla gru ed è morto. Era disperato, senza lavoro e senza permesso di soggiorno. Per questo un immigrato albanese di 21 anni si è ucciso nel centro di Como buttandosi da una gru alta 25 metri, davanti a decine di persone. Ha smesso di respirare poco dopo il ricovero in ospedale.

Liberazione 9/08/03

Infortunio a Piombino

E' rimasto gravemente ferito dopo una caduta di quasi quindici metri, provocata dallo sfondamento

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del tetto del capannone su cui stava lavorando all'interno della Lucchini siderurgica. Omar Edik, 31 anni, immigrato marocchino, è ora ricoverato in prognosi riservata all'ospedale Villa Marina di Piombino, con un grave trauma cranico e facciale e la frattura di entrambi i polsi. L'operaio, dipendente dell'azienda Pulital ma ufficialmente «prestato» ad un'altra azienda di proprietà del titolare della Pulital, stava lavorando alla riparazione della copertura di un magazzino della Lucchini. Dalla prima ricostruzione della Asl, a far precipitare Edik non è stato il cedimento del tetto in lamiera del capannone, ma la copertura in onduline di lana di vetro che fungeva da lucernario. Per domani Fiom, Fim e Uilm hanno deciso un'ora di sciopero, appena la scorsa settimana la Rsu della Lucchini aveva chiesto un incontro urgente all'Asl denunciando un calo di tensione nella prevenzione degli infortuni sul lavoro, l'ultimo dei quali era costato a metà agosto la frattura delle braccia e di una gamba ad un altro operaio precipitato da un'altezza di quattro metri.

Il Manifesto 2/09/03

CECCHINA. Il braccio lo schiaccia: operaio muore Il romeno stava lavorando in un cantiere, la tragedia sotto gli occhi del fratello

di DANIELA CATALDO . Era immigrato in Italia solamente un mese fa dalla Romania. Aveva portato con sé con una valigia piena di sogni e tante speranze di costruirsi un'esistenza migliore nel nostro Paese. Invece l’ennesimo tragico incidente sul lavoro ha messo fine alla sua vita. Alle 15 di ieri Marian Rosala, un operaio romeno di 30 anni, stava lavorando in un cantiere a Cecchina, a via Colle Nasone, dove l’impresa Edilzeta sta costruendo una palazzina. Si trovava sul solaio del terzo piano con suo fratello Marius, 32 anni, anch’egli operaio nella stessa ditta e altri quattro colleghi. Stavano procedendo alla gettata di cemento quando il braccio della pompa del calcestruzzo si è spezzato, cadendo sul solaio e travolgendo lo sfortunato operaio. «Abbiamo sentito un forte rumore metallico – ha raccontato Marius Rosala – poi un tonfo che ha fatto traballare tutta la struttura. Ho cercato con gli occhi mio fratello e l’ho visto sotto il braccio. Mi sono precipitato da lui, ho tentato di chiamarlo, ma Marian non rispondeva più. Quella maledetta macchina lo aveva ucciso». Il giovane, appunto, è stato investito in pieno dal braccio metallico, che lo ha colpito sulla spalla destra. Si è accovacciato per il peso, poi il suo corpo è sprofondato, in parte, nel solaio. Praticamente è morto sul colpo. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della stazione di Cecchina, coordinati dal maresciallo Enrico Cortese, i vigili del fuoco di Marino e la Asl, che hanno posto sotto sequestro il macchinario e stanno verificando la documentazione relativa alla sua manutenzione per capire i motivi del guasto ma, soprattutto, se ci siano delle negligenze da parte dell’impresa. «Quella macchina – ha dichiarato Claudio Giuliani, che al momento dell’incidente stava manovrando la betoniera – aveva passato la revisione solo un mese fa. L’urto ha provocato una sorta di onda sismica che ha scosso perfino la betoniera. Poi ho sentito delle urla provenire dal solaio e a quel punto mi sono reso conto che era successa una disgrazia». Nell’incidente è rimasto ferito anche un alto operaio della ditta: Sandro Proietti, di 60 anni. L’uomo è ricoverato, fortunatamente in condizioni non gravi, all’ospedale De Sanctis di Genzano. La pompa appartiene alla ditta Betonfeba Srl, che stava effettuando la gettata di cemento per contro della Edilzeta. Gli operai del cantiere sono tutti sotto shock. Conoscevano poco Marian, perché era venuto il Italia solo un mese fa e da poco lavorava nella ditta edile con il fratello ed il cognato. Non aveva moglie né figli e viveva ad Ardea con i fratelli e la madre. I primi a raggiungere l’Italia erano stati il fratello maggiore Marius e il cognato. Lavorando duramente avevano gettato le basi affinché il resto della famiglia potesse raggiungerli e vivere così, tutti insieme, dignitosamente. Invece, al posto di un futuro migliore Marian ha trovato la morte.

Il Messaggero – Cronaca di Roma 3/09/03

Fim, Fiom e Uilm bresciane: un attestato e appalti regolamentati. Sciopero contro le morti sul lavoro

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MANUELA CARTOSIO. BRESCIA . Ventisei morti sul lavoro dall'inizio dell'anno, 10 nelle fabbriche metalmeccaniche, gli ultimi due in una manciata di giorni a fine agosto, perché gli infortuni non vanno in ferie. Per questo ieri i metalmeccanici bresciani hanno scioperato quattro ore. ……. Il sindacato affronta il problema, quando lo affronta, una volta ogni quattro anni. «Non va bene perché nelle fabbriche, tra appalti e esternalizzazioni, cambia tutto da un giorno all'altro. E' un continuo via vai di gente. Si ammala un operaio? Prendono il primo che passa e lo mettono al suo posto». Gente che non ha mai messo piede in una fabbrica messa a fare pericolosi lavori di manutenzione. Come Carlos, il peruviano appena arrivato in Italia, morto alla Iro, precipitato da venti metri d'altezza mentre puliva l'impianto per l'abbattimento dei fumi.

Il Manifesto 6/09/03

Caserta. Un operaio ucraino di 44 anni, Bogdan Kokuch, ha perso la vita precipitando da un impalcatura mentre lavorava alla ristrutturazione di un edificio nella frazione Cancello Scalo di San Felice a Cancello.

www.filleacgil.it 10/09/03

Immigrati ustionati

Un senegalese, un mauritano, un ivoriano. Attorno al forno esploso ieri alla Omr di Garbagnate Monastero (Lecco) c'era un riassunto d'Africa. La deflagrazione ha ustionato i tre operai e le condizioni del senegalese (35 anni) sono gravi. L'accaduto conferma una tendenza ormai acclarata dai tabulati dell'Inail: l'incidenza degli infortuni sul lavoro è più alta tra gli immigrati che tra gli italiani. Facile capire perché. Gli immigrati fanno i lavori più rischiosi (edilizia, fonderie, cave, concerie), quasi sempre senza un minimo di formazione e, complici le difficoltà linguistiche, persino d'informazione. E poi Bossi dice che gli immigrati «non ci servono».

Il Manifesto 13/09/03

Un infortunio sul lavoro si è verificato ieri

Un infortunio sul lavoro si è verificato ieri sera, poco dopo le 21, all’interno dell’azienda General Service di Castelplanio. L’allarme è stato dato da alcuni compagni di lavoro di un ragazzo, probabilmente di nazionalità straniera, quando si sono accorti che il collega era stato travolto da un muletto. In pochi minuti sul posto è arrivata un’ambulanza inviata dal 118. Trasportato in gravi condizioni, il lavoratore è stato sottoposto a una lunga serie di accertamenti al pronto soccorso di Jesi per capire se i brutti trauma subiti abbiano messo a repentaglio le funzioni vitali dell’operaio.

Il Messaggero – Cronaca di Ancona 18/09/03

Un operaio albanese di 28 anni, Bardhyl Oosja, è rimasto folgorato da una scarica ad alta tensione mentre lavorava in un cantiere edile di via Tobagi a Tavazzano (MI). Nell'incidente è rimasto ferito anche un collega italiano di 58 anni. La scarica elettrica da 132 mila volt si è propagata attraverso il braccio di una betonpompa, il macchinario che serve per trasferire il calcestruzzo dalle betoniere alle gettate.

www.filleacgil.it 23/09/03

Infortunio sul lavoro a Trescore. Marocchino si frattura la mano destra

Vigili del fuoco in azione in tarda mattinata di ieri a Trescore Balneario per portare soccorso a un uomo la cui mano era rimasta incastrata in un macchinario. L'incidente sul lavoro è avvenuto in un frantoio di via Gambirasio dove un marocchino di 23 anni, residente in paese, stava lavorando ad un macchinario utilizzato per rompere i sassi.

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Improvvisamente la mano destra gli è rimasta incastrata nell'utensile e i vigili del fuoco hanno dovuto tagliare il rullo per liberarlo. Il giovane è stato ricoverato alla clinica Gavazzeni: se la caverà con una frattura alla mano.

L’Eco di Bergamo 30/09/03

Due operai edili, Giovanni Laffranchi di 53 anni e Ognian Choutov di 52 anni, hanno perso la vita mentre stavano viaggiando per lavoro in uno scontro tra 2 furgoni, lungo l'asse interurbano di Bergamo tra Seriate e Orio al Serio. Nell' incidente sono rimasti feriti altri quattro lavoratori.

www.filleacgil.it 30/09/03

BORGARO, INFORTUNIO . Operaio ha la mano schiacciata da una pressa

BORGARO. Grave infortunio sul lavoro giovedì sera alla Stampal di via Lombardia 6 a Borgaro. Mustaphà Ait Habbane, 48 anni, di nazionalità marocchina, ma residente a Torino e regolarmente assunto dalla ditta borgarese, mentre era intento al suo lavoro si è accorto di un malfunzionamento di una pressa. L'uomo ha incautamente infilato la mano nell'apertura per cercare di capire cosa fosse accaduto quando il macchinario, per cause ancora in via di accertamento da parte dei responsabili del settore prevenzione degli infortuni e medicina del lavoro dell'Asl 6 e della Polizia municipale di Borgaro, si è rimesso in funzione, lesionandogli gravemente una mano. Immediato l'intervento dei colleghi che gli hanno liberato l'arto e dell'équipe medica del 118 che dopo i primi soccorsi lo hanno trasportato in elicottero al Cto di Torino. Per il macchinario che ha causato l'incidente, come da prassi, è stato posto sotto sequestro

La Stampa – Torino Cronaca 4/10/03

Un operaio edile tunisino di 25 anni ha perso la vita ed un altro, marocchino di 29 anni, è rimasto ferito in un infortunio sul lavoro accaduto in un’azienda agricola di Sermide. I due lavoratori dipendenti di un’impresa edile ed in regola con il permesso di soggiorno, sono precipitati da un’impalcatura mentre stavano riparando un essiccatoio.

www.filleacgil.it 8/10/03

Incidente sul lavoro, morto un operaio

Incidente sul lavoro dell'impresa Arturo Zanetti di Mapello (Bergamo), Un operaio immigrato è stato travolto da un muletto che si è ribaltato, mentre stava spostando del materiale. Inutili i soccorsi dei colleghi e del 118. (red)

Gazzetta di Mantova – News online 15/10/03

Sassari. Alfons Puce, operaio albanese di 35 anni, è rimasto schiacciato da una ruspa guidata da un collega che eseguiva una manovra, in una cava di Alà dei Sardi. L'uomo è stato soccorso dai colleghi ma ha perso la vita prima di arrivare in ospedale.

www.filleacgil.it 17/10/03

CATTIVE NOTIZIE Tra i motivi per il rilascio di permessi nel 2002, il lavoro influisce per il 35,8%, il ricongiungimento famigliare per il 29,1%. Ma complessivamente nel 2002 si è scesi al di sotto di 100 mila nuovi permessi annui per lavoro e famiglia. Nel 2000 i permessi per lavoro subordinato registravano una variazione percentuale dell'8,2%, nel 2002 sono scesi al 7%, e per di più quasi esclusivamente per lavoro stagionale, cioè non stabile. Negli ultimi due anni si rileva un rallentamento delle domande

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di cittadinanza (+2,5%), il 91,4% l'acquisisce tramite matrimonio. Per quanto riguarda la carta di soggiorno, su 750 mila aventi diritto, solo 150 mila persone sono riuscite ad ottenerla. Se nel 2001 gli immigrati incidevano sulla forza lavoro per il 3,4% a loro tocca il 9,1% degli infortuni. I provvedimenti di allontanamento nel 2002 sono stati in totale 149.783, le persone effettivamente allontanate dal territorio dello stato sono state 88.500: nonostante la regolarizzazione, purtroppo permangono sacche di irregolarità.

Il Manifesto 29/10/03 Una squadra stava lavorando all'edificio in ristrutturazione E' venuto giù il solaio che stavano disarmando. Quattro feriti. Genova, crolla palazzo al Porto. Operaio muore sotto le macerie. La procura di Genova apre un'inchiesta. Il sindacato di categoria proclama uno sciopero di otto ore per lunedì: "Poca sicurezza" GENOVA - Crolla un solaio di uno dei palazzi del Museo del mare e della navigazione di Genova. Sotto ci sono sette operai che stanno lavorando. Prima, avvertono uno scricchiolio, poi viene giù di tutto. Sei operai si salvano, il settimo rimane sotto le macerie. Le squadre di soccorso lavorano tutto il giorno sotto la pioggia per tirarlo fuori vivo. In serata le unità cinofile dei vigili del fuoco individuano il corpo. Un medico si cala nel foro praticato tra le macerie, per vedere se Albert Kolgjegja, 30 anni, operaio albanese, venuto in Italia per lavorare, è ancora vivo. Una speranza flebile. L'uomo non risponde al cellulare né ai richiami. E' incastrato sotto due solette di cemento armato. Una è stata rimossa, per l'altra ci vorranno altre ore. "E' presumibile che sia morto", spiegano in serata i vigili del fuoco. Alle 3, la conferma: l'uomo viene estratto dalle macerie senza vita. E' ormai notte a Genova. I soccorritori scavano alla luce delle fotoelettriche, sotto la pioggia. E' da questa mattina che scavano. Dalle 8,30 quando si è verificato il crollo. Gli operai, albanesi e siciliani, lavorano per una ditta di subappalto, vanno in cantiere anche di sabato, per "alzare" un po' di soldi. Devono disarmare una soletta di cemento armato di un vecchio palazzo in ristrutturazione. Ma la soletta crolla, travolge quelle sottostanti. Viene giù l'impalcatura d'acciaio che sorregge parte della costruzione. "Hanno ceduto le solette di cemento, trascinando tutto dietro", ha dichiarato il comandante provinciale dei vigili del fuoco, Davide Meta. La procura di Genova apre un'inchiesta per crollo colposo e lesioni grave colpose. "Un atto dovuto", ha spiegato nel tardo pomeriggio il sindaco Giuseppe Pericu in conferenza stampa congiunta con Renato Picco, presidente della Porto Antico spa, società committente dei lavori nell'ambito dell'appuntamento 2004, Genova capitale europea della cultura. Il sindaco di Genova e le società che hanno appaltato il lavoro spiegano che è tutto regolare. Ma qualcosa non ha funzionato come doveva. Prima di tutto, non tutti gli operai erano regolari. Uno di loro si fa medicare all'ospedale e sparisce nel nulla. Poi qualcuno sostiene che il cemento non era pronto per essere liberato dalle gabbie di acciaio, che i lavori erano in ritardo e che, proprio per questo, le solette sarebbero state liberate prima. La risposta del sindacato è netta: lunedì, a Genova, il lavoro si ferma otto ore, per denunciare che nell'edilizia aumenta il rischio di morire. Parole dure, quelle pronunciate dai sindacalisti davanti alle macerie dell'ala est del costruendo Museo del mare e della navigazione. La prima imputata, in questa tragedia è, secondo i sindacalisti, la fretta: sono i tempi stretti della consegna dei lavori, sono gli operai che lavorano senza le protezioni necessarie, sono i turni massacranti. Oggi è sabato, e in genere nell'edilizia non si lavora. Eppure di quella squadra di sette operai tutti erano presenti. Perché il lavoro andava fatto, perchè il Museo doveva esser pronto per Genova 2004, l'anno in cui il capoluogo ligure sarà capitale europea della cultura. Il sindacato ripete che sarà sciopero perché "la sicurezza non deve essere un optional nei cantieri edili". E tutti gli operai che lavorano nei cantieri del porto di Genova lunedì incroceranno le braccia. Ci vuole riflessione, ci vuole iniziativa, soprattutto ci vogliono i tempi giusti: "il tempo per lavorare. Perché anche una eventuale accelerazione dei lavori - dicono i sindacati di categoria - non deve voler dire che si può anche morire". Gli attimi prima del crollo li ricostruisce Nicolò Flagiello, 32 anni, di Bagheria (Palermo), in forza al cantiere da aprile, il ferito più grave. Ricorda: "Mentre stavamo disarmando il solaio, ho sentito un boato e poi tutto ci è caduto addosso. E' allora che ho pensato di morire e di non vedere più mia madre, i miei familiari. Bisogna chiedere agli ingegneri i motivi di questo disastro - aggiunge - perché noi eseguivamo i lavori secondo i disegni e i tempi programmati". L'altro ferito ancora in ospedale è Skenger Ndoy, 42 anni, albanese, che ha riportato gravi fratture ad una mano. Prima di entrare in sala operatoria, in un italiano stentato,

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riesce soltanto a spiegare: "Abbiamo sentito un forte rumore e siamo scappati. Io sono fuggito subito e ho anche cercato di stendermi a terra. Eravamo sei, sette persone". Gli altri due operai salvati sono Giovanni Calvo, 41 anni, di Pozzallo (Ragusa), medicato e già dimesso dall'ospedale con 15 giorni di prognosi e un albanese, le cui generalità non sono ancora note, a sua volta dimesso. Dei cinque operai rimasti sotto le macerie tre sono albanesi. Uno, non ce la farà. Albert Kolgjegja, 30 anni, originario di Lura, da tre anni a Genova. Il suo corpo senza vita viene recuperato a tarda notte. Aveva una fidanzata, racconta il cugino Albert, era venuto in Italia per lavorare. Era inserito in una azienda? Era a cottimo? Era al nero? Albert non risponde, piange e dice "lasciatemi stare". C' è qualcuno che dice che gli albanesi guadagnano solo 6 euro al giorno. Ma nessuno conferma, nessuno smentisce. La Repubblica 8/11/03

La Procura indaga, Maroni ordina un'inchiesta sul gravissimo incidente al Museo del Mare. Ottomila edili "in nero" Non succede solo a Genova. Cantiere con appalto pubblico e contratti irregolari GENOVA - Sono almeno ottomila, secondo la Fillea-Cgil, gli operai edili che lavorano in nero a Genova. E' l'agghiacciante dato reso pubblico il giorno dopo il gravissimo incidente al Museo del Mare, in cui ha perso la vita il trentenne Albert Kolgjegja, albanese che lavorava in nero in uno dei cantieri più importanti della città. "Gli operai coinvolti nel crollo - afferma il segretario provinciale della Cgil, Venanzio Maurici - non avevano sicuramente un contratto in regola con le norme del settore. Succede a Genova come in altre città". Il ministro del Welfare, Roberto Maroni, ha ordinato un'inchiesta sull'accaduto: "Un fatto orribile, a maggior ragione perché si tratta di un appalto pubblico". Mentre va avanti l'inchiesta della Procura (l'intera area è stata posta sotto sequestro), il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini chiede che le cause di questa tragedia "vengano celermente chiarite". E scoppia la polemica politica. Il sindaco della città Giuseppe Pericu, che si dichiara solidale con lo sciopero indetto per domani dalle associazioni sindacali, viene attaccato dal vicepresidente della Regione, Gianni Plinio. Che afferma: "Sono gravissime le responsabilità del Comune di Genova, almeno in termini di omessa vigilanza". In quel cantiere si operava in carenza di regole per la sicurezza". Commosso il progettista, l'architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra. "Non so davvero come sia potuto succedere". La Repubblica 8/11/03

Si è scavato per più di undici ore sotto l'acciaio. Si è scavato per più di undici ore sotto l'acciaio. Doveva essere il nuovo museo del mare di Genova, capitale della cultura, ed è venuto giù - dicono - come un mazzo di carte, con un fragore assordante. Poi il dramma. Sotto le macerie resta intrappolato un operaio, altri quattro sono feriti. E' l'ultimo bilancio dell'ennesima tragedia "in cantiere". L'ultima storia di emarginazione e precarietà. Al lavoro, in una giornata di riposo, c'era una squadra di una decina di operai, tutti "migranti". Come i cinque rimasti coinvolti nel dramma: Nicolò Flagiello di Bagheria (Palermo), il più grave, ora al San Martino di Genova con lesioni da schiacciamento o Skender Ndoy, 42 anni, albanese, con 30 giorni di prognosi; o ancora Giovanni Calvo, 51 anni, di Pozzallo (Ragusa) e un altro giovane albanese entrambi dimessi. Infine, come Albert Kolgyegya 30 anni, albanese, di cui solo nella notte viene individuato il luogo in cui è sepolto, sotto le macerie, ma non si sa ancora, mentre si va in stampa, se vivo o morto, anche se la speranza si fa sempre più flebile. «Abbiamo sentito un rumore e siamo scappati», dice nel suo italiano stentato Skender dal suo lettino d'ospedale. «Io ho anche cercato di stendermi a terra. Siamo scappati, ma siamo rimasti sotto tutti insieme. Eravamo sei, sette persone». Non si conoscono ancora le cause del cedimento ma secondo le prime ricostruzioni gli operai stavano disarmando una soletta e per farlo avevano smontato alcuni puntelli. La soletta avrebbe ceduto, trascinandosi dietro la pesante impalcatura. La procura di Genova ha aperto un'inchiesta per crollo colposo e lesioni colpose. Restano da accertare le cause di un «cedimento inspiegabile» come lo definisce Sandro Biasiotti, presidente della Regione Liguria. Sotto accusa la gestione e la tempistica dei lavori commissionati dalla Porto Antico spa alla società "Vecchia Darsena" spa per il museo che doveva essere inaugurato a marzo. Ma l'urgenza non giustifica nulla. Certamente non il motivo per cui quegli operai erano sotto la pioggia battente a togliere i puntelli in una giornata di riposo. «Nello specifico questo cantiere non era nemmeno tanto regolare - denuncia Venanzio Maurici, responsabile della Fillea Cgil -.

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Quando siamo arrivati abbiamo assistito ad un fuggi fuggi generale che fa capire molto del modo con cui sono stati gestiti i lavori». Con un regime di appalti e sub-appalti incrociati, «tanto che alcune imprese del cantiere fino a qualche giorno fa non erano nemmeno note alla Cassa edile», accusa Franco Martini, segretario della Fillea Cgil. E si riaccendono i riflettori sulla mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro. Su quelle morti bianche che ormai - dicono gli edili - sono una «vera mattanza». Nel 2003 sono già 185 gli operai morti. Una vera ecatombe che si registra annualmente. Negli ultimi cinque anni - ancora dati Fillea Cgil - gli incidenti verificatisi hanno provocato 450mila invalidi, di cui 25mila permanenti e 1.600 morti. «Attendiamo il responso delle indagini per capire meglio la dinamica di questa ennesima grave tragedia sul lavoro nei cantieri, ma è difficile - sottolinea ancora Martini - non attribuire anche in questo caso pesanti responsabilità alla prassi del ricorso incontrollato al subappalto, che è diventata la principale forma di attività imprenditoriale nel settore». «Questa è la conseguenza - prosegue - di una deregolamentazione spregiudicatamente perseguita nel settore degli appalti alla quale si aggiungono gli effetti di quella libertà ad organizzare unilateralmente il cantiere, tanto rivendicata dagli imprenditori, che porta alla negazione dei più elementari diritti dei lavoratori, a partire da quelli alla sicurezza. La tragedia di Genova sembra chiamare in causa anche responsabilità progettuali o di gestione del cantiere». Per questi motivi domani Genova si ferma. La risposta di Cgil, Cisl e Uil è il fermo di otto ore proclamato nella zona del porto. Sotto la pioggia si è scavato per un'intera giornata tra le lacrime e la speranza. Appesi al suono di un cellulare, quello di Albert che si faceva squillare senza ottenere risposta. I compagni intorno al cantiere piangono. Albert, dicono, ha una fidanzata ed era venuto in Italia per lavorare. Qualcuno fa circolare la notizia che gli albanesi nei cantieri guadagnano solo 6 euro al giorno. Ma nessuno conferma, né smentisce. «La grave sciagura di Genova - afferma il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani - oltre a ferire la coscienza civile per un ennesimo incidente sul lavoro, esige che si dia risposta alla seguente domanda: come è possibile, in una città come Genova, in un luogo come il porto, che si siano lavoratori in nero, all'opera in un cantiere per Genova 2004? Questa domanda - conclude - è rivolta a tutti, all'amministrazione, alle imprese e al sindacato». Qualcuno risponderà? Castalda Musacchio Liberazione 9/11/03

E' il momento di affrontare la questione sociale. A quei lavoratori non era concesso neppure il lusso della lotta Non spetta a noi stabilire le responsabilità dirette di quanto è accaduto a Genova, sarà la magistratura a dover svolgere tale ruolo nei prossimi giorni. Mentre scriviamo si sta ancora scavando fra le macerie, con la speranza flebile di ritrovare in vita un giovane operaio albanese di ventotto anni. Ma conosciamo bene il contesto che ha determinato tale tragedia. Nei cantieri per Genova 2004 capitale della cultura, si lavora sempre. Entro i primi mesi del prossimo anno i lavori dovranno essere ultimati, per lasciare spazio al grande evento. Grazie ad una speciale deroga, spesso non ci si ferma neanche il sabato e la domenica, e non si fanno scioperi. Il 24 ottobre, giorno dello sciopero generale, mentre sfilavano a Genova settantamila persone, in quei cantieri si lavorava. Il grande corteo, composto dai lavoratori delle fabbriche del ponente, dagli edili, dai portuali, dai lavoratori dei centri commerciali, dagli studenti e dal movimento dei movimenti, che non a caso aveva scelto di caratterizzare la sua presenza in piazza sul tema della precarietà, scorreva davanti a quel cantiere, invitando inutilmente i lavoratori ad unirsi a quella marea multicolore. Ma per loro non vi era tempo di scendere in piazza per i diritti, i termini della consegna erano troppo ravvicinati. Ai lavoratori non era concesso il lusso della lotta, e forse vedersi decurtato il già misero salario, non sarebbe stato comunque sopportabile. Probabilmente per ragioni simili, nonostante il freddo e la pioggia, venerdì e sabato si è continuato a lavorare, ed è possibile che la fretta abbia prevalso sulle norme e sulla ragione, anche quando si è scelto di togliere i puntelli alla struttura. Non lo possiamo ancora sapere. Sappiamo però con certezza quali sono le condizioni di lavoro in tanta parte dell'edilizia. Conosciamo bene il metodo degli appalti e degli infiniti subappalti, che rendono il tutto incontrollabile. Il sindaco Pericu, anche in quanto massimo rappresentante dell'ente appaltatore, ha giustamente detto che si impegnerà a verificare ogni dettaglio sull'accaduto. Ne siamo lieti. Ma crediamo che ciò non basti, e che sia giunta l'ora di mettere complessivamente mano al sistema, imponendo regole su tutti gli appalti, che esigano il rispetto delle condizioni di lavoro, ed oltre ad includere compatibilità di bilancio, siano compatibili con la dignità, la salute e la vita delle persone.

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In una città come Genova, in cui la povertà cresce, non è più possibile derubricare il tema del lavoro e quindi della precarietà. Vi è poi una particolare condizione di sfruttamento e disagio, che emerge da questo tragico evento, quella degli immigrati, considerati nei fatti uomini e donne di categoria inferiore, privi di voce e diritti. Soltanto due giorni fa abbiamo assistito ad una maxi-retata proprio di fronte al luogo del crollo. Come sempre rileviamo che si è solerti nella repressione, ma ciechi e sordi quanto si tratta di tutelare. Non basta nemmeno la proposta, pur importantissima, del voto amministrativo ai migranti. Qui come altrove, è giunta l'ora di affrontare l'enorme questione sociale, figlia delle politiche liberiste. Anche di questo parlava il corteo del 24 a cui quei lavoratori non hanno potuto partecipare. Simone Leoncini Liberazione 9/11/03

«Con gli appalti le imprese si muovono senza controllo» La denuncia di Angelo Sottanis, segretario della Fillea Cgil della Regione Liguria «La sicurezza sui luoghi di lavoro, purtroppo, riemerge solo quando si verificano tragedie come queste». A Genova si è scavato per undici ore sotto le macerie di quello che sarebbe dovuto essere il nuovo museo del mare. Per tutta la giornata si è cercato l'ultimo operaio rimasto intrappolato. Solo nella notte si è individuato il luogo dove era sepolto sotto un cumulo di detriti; ma mentre si scrive, non si sa ancora se sia vivo o morto. E potrebbe esserci anche un altro disperso. La notizia viene confermata anche da Angelo Sottanis, segretario regionale della Fillea Cgil. «Sotto accusa - afferma - ci sono le modalità di produzione delle nuove imprese che mirano, come sempre, a ridurre i costi a scapito della qualità. E, naturalmente, a pagarne il tributo maggiore sono sempre i lavoratori». Anche per questo domani Genova si ferma con uno sciopero generale unitario di otto ore. L'ennesima tragedia in un cantiere edile. Anche in questo caso, sotto accusa, la mancanza di sicurezza sui luoghi di lavoro. Le imprese continuano a muoversi senza alcun controllo... La tensione scatta sempre dopo la tragedia. In Liguria siamo a sei morti sui luoghi di lavoro dall'inizio dell'anno. Ma, sicuramente, anche quel che è accaduto a Genova dipende da quel meccanismo distorto che utilizzano le imprese per diminuire i costi: si lavora con appalti e subappalti attraverso i quali si riducono gli organici, ci si sottrae ai controlli, per scoprire poi che si utilizzano squadre di cottimisti se non addirittura di caporali. Il che significa che si lavora "in nero" con operai che non hanno alcuna garanzia. Anche gli operai coinvolti nell'ultimo crollo erano irregolari? Stiamo accertando la regolarità dei lavori. Quel che è certo è che sappiamo che l'Impreval, una delle imprese che gestiva il cantiere, non ha mai fatto un versamento nella cassa edile. Hanno sempre dichiarato che l'appalto era di un'entità tale che non erano obbligati ad alcun versamento. Questo però significa che non c'è alcuna tutela per i lavoratori: ferie, tredicesima e tutti gli istituti contrattuali non sono applicati. Inoltre, è altrettanto certo che gli operai coinvolti nella tragedia non stavano comunque lavorando in sicurezza. Avete avuto modo di fare altre verifiche? A Genova piove a dirotto da 48 ore. Gli operai stavano lavorando sotto la pioggia e non al riparo. Inoltre, c'è anche da accertare l'urgenza dei lavori. Oggi (ieri per chi legge, ndr) è sabato. Un giorno dove solo per motivi straordinari gli operai dovrebbero prestare la loro attività lavorativa e, inoltre, i sindacati ne dovrebbero sempre essere informati. Stiamo accertando tutte queste responsabilità. Sulle cause dell'incidente le ipotesi sulle quali stiamo indagando sono tre: o si è verificato un errore di progettazione o di esecuzione rispetto alla progettazione; oppure si è disarmata la soletta non lasciando il tempo necessario al cemento di compiere la sua reazione chimica. Se c'è un errore di progettazione lo verificheremo. Così come se ci sono stati errori sulla tempistica. Per domani, insieme con Cisl e Uil, avete proclamato uno sciopero di otto ore. Servirà per riflettere su quanto è accaduto e che poteva non accadere? Servirà a riaccendere i riflettori sul problema della sicurezza che coinvolge migliaia di lavoratori su cui persino lo Stato lancia messaggi sbagliati. Questo governo continua a privilegiare il punto di vista delle imprese, e a morire continuano ad essere gli operai. CM Liberazione 9/11/03

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Crollo al Museo, travolti cinque operai .Cinque operai travolti nel crollo di un'ala del museo del Mare, nel porto a Genova. Quattro di loro sono stati tratti in salvo nelle ore successive. Il corpo del quinto, un cittadino albanese, è stato recuperato ormai senza vita dai soccorritori durante la notte. Duro giudizio di Epifani AUGUSTO BOSCHI. GENOVA . «Fine lavori: Novembre 2003». E' la data che si trova sul cartello che indica cosa si sta facendo nel cantiere, i suoi responsabili e il termine stabilito dei lavori. «Una scadenza indicativa - dice un operaio stringendosi le spalle - la data di consegna vera doveva essere a febbraio». Già, perché a marzo, il 18, il presidente Ciampi sarebbe venuto a inaugurare il nuovo Museo del Mare e della Navigazione, una delle opere previste nel programma di «Genova 2004 capitale della cultura europea». Tempi stretti, troppo forse. E forse è proprio nella fretta di concludere presto i lavori che si possono trovare le cause di quanto accaduto ieri mattina, nel cantiere Darsena a Genova. Alle 8.00, dopo un venerdì notte di pioggia, un paio di squadre dell'azienda aostana Impreval salgono sull'edificio che ospiterà il museo: una delle vecchie costruzioni in ristrutturazione che si affacciano sulla Darsena e che - una volta ultimate - termineranno l'opera di recupero del porto antico genovese. In un'altra parte dell'edificio, ai piani bassi, lavorano altre squadre occupate a sistemare la parte già consegnata del nuovo Museo del Mare. Le testimonianze di quanto succede alle 8.30 sono discordi: «Non abbiamo sentito nulla, è accaduto all'improvviso», dice uno degli scampati, un operaio con la barba. «C'è stato come un rumore di terremoto», dice invece Kaci Zaim, anch'egli al lavoro sulle impalcature. Di fatto c'è che la soletta su cui stavano lavorando gli edili della Impreval crolla insieme alle impalcature: sotto i detriti restano in cinque, altri quattro riescono a scappare prima di essere travolti. Subito i vigili del fuoco riescono a estrarre tre uomini dalle macerie; in tarda mattinata anche il quarto viene tirato fuori dall'ammasso di metallo e cemento. Intervistati dal Tg3, alcuni degli operai coinvolti nel crollo hanno dichiarato di essere impiegati in nero. Dei quattro salvati il più grave, ma non in pericolo di vita, è Nicolò Flagiello, 32 anni, originario di Bagheria (Palermo). Gli altri feriti sono Skender Ndoy, 42 anni, albanese, ricoverato con prognosi di 30 giorni; Giovanni Calvo, 51 anni, di Pozzallo (Ragusa), e un giovane albanese, che non ha fornito le sue generalità, entrambi già dimessi dopo essere stati medicati. Sotto le macerie resta ancora Albert Kolgjegja, 30 anni, albanese da tre anni a Genova. I vigili del fuoco lo cercano anche con i cani addestrati, tagliano con il flessibile le strutture di metallo, scavano con le mani nel fango ma via via che la mattinata se ne va, se ne vanno anche le speranze di poterlo trovare in vita. Il sindaco Giuseppe Pericu - il comune di Genova è il committente dei lavori per Genova 2004 - si precipita sul luogo dove arrivano anche il prefetto Antonio Russo e il presidente della Regione Sandro Biasotti. «Un incidente inspiegabile, molto strano» - dice Biasotti - Qui dovremo rivedere tutto. Ci saranno dei ritardi, ma questo non è importante, l'importante è che non si verifichino più queste tragedie». «Certo che vogliamo che tutto sia pronto per le date stabilite - fa eco il sindaco - ma nel rispetto delle regole della sicurezza». Intanto il procuratore capo Francesco Lalla, che si è recato al cantiere insieme al pm di turno Sergio Merlo, ha aperto un fascicolo per crollo colposo e lesioni gravi colpose e ha disposto il sequestro degli atti e della parte di edificio crollata. Il cantiere è appalto del consorzio formato da Carena e Cemenedil, che a sua volta ha subappaltato alcuni lavori ad altre aziende, tra cui la Impreval di Aosta. In attesa che la magistratura ricostruisca responsabilità e dinamica dell'incidente, sulle cause del crollo si possono fare solo delle supposizioni. Il comandante dei vigili del fuoco di Genova, Davide Meta, ha detto che probabilmente a cedere sono state «le solette di cemento che si sono trascinate tutto dietro» e ha parlato genericamente di collasso strutturale. Il che significa solo che il crollo non è stato provocato da cause esterne, ma non spiega come sia stato possibile che una struttura nuova sia venuta giù come un castello di carte. Di collasso strutturale parla anche Venanzio Maurici, segretario provinciale di Fillea-Cgil che però aggiunge: «Secondo quanto hanno riferito i compagni feriti, gli operai stavano smontando i puntelli dell'impalcatura, disarmando l'ultima soletta. Un'operazione che si fa quando si ha la sicurezza che tutta la struttura sia consolidata. Ma se c'è fretta, se hanno accelerato il procedimento allora...». In Liguria gli incidenti sul lavoro nel 2003 sono stati 16.667 con un aumento dell'1.3% (dati Inail). Gli edili di Cgil, Cisl e Uil, hanno annunciato che, dopo l'incidente di Genova, osserveranno otto ore di sciopero nei cantieri del Porto antico. Nel pomeriggio, il segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha duramente stigmatizzato l'episodio: «La grave sciagura di Genova di oggi, oltre a ferire la coscienza civile per un ennesimo incidente sul lavoro, esige però che si dia risposta alla seguente domanda: come è possibile, in una città come Genova, in un luogo come il porto, che si

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siano lavoratori in nero, all'opera in un cantiere per Genova 2004? Questa domanda ovviamente è rivolta a tutti, all'amministrazione, alle imprese e al sindacato». Il Manifesto 9/11/03

«Le nuove regole sugli appalti moltiplicano i rischi» Intervista a Franco Martini, segretario della Fillea Cgil. «Fondi tagliati agli enti locali e i controlli saltano» FRANCESCO PICCIONI. Il crollo di Genova segue di pochi giorni quello di Guidonia Montecelio (Roma), simile per dimensioni e conseguenze. A Genova, però, l'ambito dell'appalto è «pubblico»; e questo aggrava il sospetto (praticamente una certezza) che la sicurezza dei lavoratori nei cantieri sia l'ultimo dei problemi per le ditte che si aggiudicano gli appalti. Senza che la pubblica amministrazione si curi troppo di controllare il rispetto di regole e leggi. Ne abbiamo parlato perciò con Franco Martini, segretario generale della Fillea Cgil. E' esatta l'impressione che gli infortuni mortali nell'edilizia siano in crescita? Ci sono dati ufficiali fuorvianti, basati su rilevazioni parziali, che minimizzano molto. Noi abbiamo invece sottoposto il fenomeno a monitoraggio quotidiano, e constatiamo una repentina inversione di tendenza. C'è uno scarto crescente tra dati ufficiali e tendenze reali. Da cosa dipende questo peggioramento? I cambiamenti introdotti da questo governo nella legislazione sugli appalti favoriscono la destrutturazione delle imprese. Apportati per «velocizzare»le grandi opere e cose simili hanno portato a un solo risultato concreto: la convinzione per chi opera nel mercato degli appalti di poter agire in un quadro di regole sostanzialmente allentato. Che favorisce la tendenza delle imprese a «galleggiare» ricorrendo a manodopera in nero e a modalità organizzative nei cantieri fortemente rischiose. Non si fanno più i controlli? Il sistema dei controlli è stato fortemente indebolito. Gli enti locali hanno subito drastici tagli nei finanziamenti e mancano spesso le risorse umane e operative per un controllo e un monitoraggio effettivo. Noi chiediamo sistemi sinergici (tra Asl, Inail, ecc), ma è una continua rincorsa a cantieri che sorgono come funghi in condizioni spesso di aperta illegalità. Il morto di Genova è di nazionalità albanese. Quanto pesa la manodopera straniera nell'edilizia? E' in crescita esponenziale, a livelli preoccupanti. In aree di forte sviluppo - con progetti importanti, come Genova, Torino, i cantieri dell'alta velocità - il ricorso a manodopera straniera sopperisce a una minore disponibilità di quella italiana. Ci sono anche i giovani disposti a entrare in cantiere, ma ne escono prestissimo. In alcune zone del paese il bisogno di forza-lavoro è superiore a quello che possono assicurare i flussi programmati. Per questo, come si visto anche oggi (ieri, ndr) a Genova, dopo un incidente mortale c'è un fuggi fuggi generale all'arrivo di ambulanze, polizia, controlli. Un episodio che la dice lunga sulla reale volontà degli appaltanti pubblici di controllare tutto il processo. E questo allontana da cantiere le «responsabilità in solido» dell'impresa che ha avuto l'appalto ma che non controlla affatto il processo lavorativo reale. Il Manifesto 9/11/03

Morti sul lavoro: 184 da gennaio, 25 erano stranieri . Il leader della associazione costruttori De Albertis: infortuni legati alle irregolarità L' Inail: nei primi sei mesi di quest' anno registrato un calo rilevante degli incidenti IL PROBLEMA SICUREZZA / Nell' edilizia gli extracomunitari in regola sono il 15 per cento degli occupati. Ma il sommerso dilaga Rizzo Sergio. ROMA - Nel sito Internet della Fillea, il sindacato degli edili Cgil, c' è un numero che scorre, inesorabile. E' il macabro «pallottoliere», come lo chiama il segretario Franco Martini, dei morti sul lavoro. Lo hanno messo lì perché nessuno dimentichi la mattanza. Alla fine dello scorso mese di ottobre era arrivato al 184. Il numero 1, cioè il primo morto del 2003, era un macedone di 33 anni, schiacciato da un muro perimetrale che gli era crollato addosso, in un cantiere privo di misure di sicurezza, a Sirolo, in provincia di Ancona. Il numero 184, vale a dire l' ultimo, era invece un muratore tunisino di 47 anni, ucciso da una trave caduta da una ruspa, che gli ha fracassato la testa. EXTRACOMUNITARI - Non è una semplice coincidenza. Albanesi, romeni, kossovari, nordafricani, ucraini: nella lista ci sono davvero tutti. Le cifre ufficiali dicono che i lavoratori extracomunitari «legali», quelli iscritti alle casse edili, sono ormai circa il 15% del totale. Ma siccome la maggior parte è sommersa, sono certamente molti di più dei 160 mila che questa percentuale indicherebbe. La dimostrazione sta nel fatto che nelle zone dove è maggiore il tasso di

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legalità gli extracomunitari che figurano in regola con i contributi previdenziali superano di gran lunga la media nazionale. Martini fa il caso di Firenze, «dove sono il 40%». Così le statistiche sulle morti bianche finiscono forse per perdere di significato. Anche se fanno impressione. Quel «pallottoliere» informa che dal primo gennaio al 31 ottobre di quest' anno nei cantieri italiani sono morti 25 operai stranieri. La maggioranza, una decina, albanesi. Ma ci sono anche cinque romeni, tre magrebini, due macedoni. Poi un kossovaro, un turco, uno sloveno, un ucraino e un sudamericano. IL SOMMERSO - Il caso di Genova non poteva quindi che far riaccendere le polemiche sulla piaga del lavoro nero. Con il durissimo affondo del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani. Ma pure Claudio De Albertis, il presidente dell' Ance, l' associazione dei costruttori, punta il dito sul sommerso. «Il problema degli infortuni sul lavoro, per una parte consistente, è correlato al lavoro irregolare. E nel nostro settore il peso di questa componente è decisamente più rilevante», ammette. Aggiunge che gli organismi bilaterali messi in piedi con i sindacati, come le cosiddette «scuole edili», si stanno ponendo «il problema della formazione dei lavoratori extracomunitari ai fini della sicurezza». Ma De Albertis precisa che «i dati mettono in evidenza una diminuzione degli incidenti prossima al 10%». Un trend «che continua ormai da cinque anni». Nei primi sei mesi di quest' anno l' Inail, istituto per l' assicurazione contro gli infortuni, ne ha registrati per il settore delle costruzioni 47.208, a fronte di 51.517 un anno prima. I morti sarebbero diminuiti da 154 a 133, con una flessione del 13,2%, contro il -7,2% dell' industria manifatturiera. Un progresso statisticamente apprezzabile. L' EDILIZIA - Ma il numero 133 significa in ogni caso una vittima ogni 13 mila occupati, frequenza quasi tripla rispetto al rapporto di un morto ogni 33.600 lavoratori che si riscontra nel resto dell' industria manifatturiera. E non può consolare la considerazione che il lavoro in cantiere sia «oggettivamente» più pericoloso di quello in fabbrica. Per giunta, non manca chi mette in dubbio l' attendibilità dei dati ufficiali. Il segretario della Fillea, per esempio, non esita a giudicare «una cosa demenziale l' inversione di tendenza negli infortuni nell' edilizia». MORTI DI NESSUNO - Tanto più, suggeriscono al sindacato, se si leggono in controluce proprio le statistiche dell' Inail. Mentre nell' edilizia si registra infatti un calo di circa 4 mila incidenti, il numero degli infortuni definiti dall' istituto «non determinati» aumenta invece di quasi 38 mila unità, superando il 31% di tutti gli infortuni sul lavoro (449.840) denunciati nel primo semestre del 2003. E se le vittime ufficiali nelle costruzioni scendono da 154 a 133, quelle «non determinate», cioè che non sono classificabili in nessun settore specifico, salgono da 56 a 130, con un aumento del 132 per cento. Passando così, fra i primi sei mesi del 2002 e il periodo gennaio-giugno di quest' anno, dall' 8,5% a ben il 20,1% di tutte le 644 morti bianche censite in Italia. E' forse uno di questi anche Gabril Durnea, clandestino romeno di 25 anni? Il 14 maggio scorso l' hanno trovato cadavere in un vano scala di una palazzina in costruzione a Sarezzo, nella provincia di Brescia. Forse precipitato da un' impalcatura. Sergio Rizzo 184 LE VITTIME sul lavoro calcolate sul sito della Fillea, il sindacato edili Cgil, dal 1° gennaio a fine ottobre 47.208 GLI INFORTUNI registrati nei primi sei mesi di quest' anno dall' Inail, a fronte dei 51.517 del 2002 133 I MORTI sul lavoro nei primi sei mesi di quest' anno nel settore delle costruzioni: il 13,2% in meno del 2002 449.840 TUTTI GLI INFORTUNI sul lavoro denunciati nei primi sei mesi del 2003 in ogni settore professionale Corriere della Sera 9/11/03

Solo numeri GALAPAGOS. Le morti nei cantieri interessano poco i media: sono giudicate la norma in un mestiere - l'edile - vecchio come il mondo e da tutti giudicato naturalmente pericoloso. Solo eccezionalmente gli «omicidi bianchi» conquistano le prime pagine. Quest'anno è accaduto due volte: quando un operaio è precipitato sul sagrato di piazza San Pietro e quando, un paio di settimane fa, due operai sono morti durante i lavori di una clinica a Guidonia, vicino Roma. Quei due morti attirarono l'attenzione solo perché nei giardini di quella stessa clinica qualche mese prima un gruppo di cani avevano aggredito alcune persone. La conferma che quei morti erano solo numeri si è avuta osservando lo spazio che stampa, radio e tv hanno dedicato allo sciopero di protesta e alle ragioni dei lavoratori e delle loro organizzazioni che chiedevano non salario, ma diritto alla vita. Oggi la stampa sicuramente darà grande risalto al crollo di Genova. Ma non lo farà per scrivere che in quell'incidente sono stati coinvolti Kaci Zaim. Skender Ndoy e Albert Kolgjegja, l'ultimo sotto le macerie. La notizia «vera» è che con il crollo sparisce l'edificio che doveva ospitare il nuovo museo del mare che Carlo Azeglio Ciampi avrebbe dovuto inaugurare il 18 marzo del

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prossimo anno. Tempi stretti. E allora, via di corsa con i lavori: non si può far attendere il presidente. Incidente improvviso e non previsto, è stato il solito commento. Cedimento strutturale, hanno aggiunto i bene informati. Per favore, lasciamo perdere la fatalità: negli infortuni sul lavoro, in particolare in edilizia, il fato proprio non c'entra. Come per gli incidenti automobilistici la prima causa è la velocità: le otto ore di lavoro debbono essere piene e la produttività altissima. E per risparmiare si ricorre agli straordinari, spesso in nero, allungando l'orario a 10-12 ore. che diventano 15-16 considerando il tempi dei trasporti casa/cantiere/casa. E quando l'orario si allunga, le braccia e le gambe diventano molli, gli occhi si socchiudono, l'attenzione si allenta, così come il rispetto delle norme di sicurezza (salvo l'immancabile caschetto giallo, quasi sempre inutile) a volte trascurate dagli stessi lavoratori, incalzati dai tempi e bisognosi di conquistarsi la fama di bravi operai, senza, però, che il capomastro o il capocantiere trovi nulla da ridire. Anzi. Le cifre di questi omicidi bianchi dovrebbero suscitare sdegno. Invece sembra non interessare che tra il '98 e il 2002 sono stati 1.487 gli ammazzati nei cantieri. Quasi uno al giorno. E nel 2003 non è andata meglio: i morti sono già 185. Per «buon peso» si può aggiungere che tra il '98 e il 2002 gli incidenti hanno creato 25 mila nuovi invalidi permanenti. Persone non più in grado di lavorare, di arrampicarsi sulle impalcature, un lavoro che non gli era stato affidato dal fato. Non a caso l'attività edilizia è sempre più «appannaggio» degli immigrati: non hanno diritto al voto e a una casa, ma sono addetti a costruire le nostre case, a ristrutturale. A lavorare di notte se la casa che stanno costruendo è abusiva. Tanto per gli abusivi c'è sempre un condono, mentre per gli immigrati scoperti c'è il foglio di via. E se protestano per essere regolarizzati corrono il rischio che il padrone di turno gli getti una tanica di benzina addosso e poi accenda un cerino. Il Manifesto 9/11/03

TRAGEDIA IN UN CANTIERE, DURANTE LA RISTRUTTURAZIONE DI UN EDIFICIO STORICO . Crolla il Museo del mare, angoscia a Genova GENOVA . Albert Kolgjegja, 30 anni, era originario di un minuscolo centro delle montagne dell’Albania vicino a Scutari, a Genova faceva l’operaio edile: è morto ieri alle 8,30, schiacciato da una soletta di cemento sotto le macerie di un’ala dello storico edificio cinquecentesco di Galata. Il palazzo è crollato in pochi secondi mentre erano in corso i lavori di allestimento del Museo del Mare e della Navigazione, biglietto da visita di Genova che nel 2004 sarà Capitale europea della cultura. Dopo molte ore di ricerche il punto dove si trovava il corpo è stato individuato, con l’aiuto dei cani dei vigili del fuoco. Un medico ha anche cercato di calarsi in un pozzo scavato tra le macerie, invano. In tarda serata le operazioni sono state sospese e riprenderanno all’alba. Quattro compagni di Kolgjegja se la sono cavata con ferite, più o meno gravi: nessuno è in pericolo di vita. Genova ha vissuto ieri uno dei giorni più neri: una tragedia che sembra arrestare lo slancio della città al cambiamento e alla trasformazione, in corso da vent’anni, del suo imponente centro storico, uno dei maggiori d’Europa, e del Porto antico, ormai inadatto alle moderne tecnologie navali. Molti hanno ricordato che i morti nei cantieri del 1992, quando ci furono le Colombiadi, furono sei, due dei quali allo stadio Luigi Ferraris. Ieri mattina tre solette esterne di cemento armato dell’edificio, quelle aggiunte in un secondo momento alla struttura storica sul lato di levante che «guarda» l’Acquario e la Città dei Bambini, hanno ceduto di colpo. Tra grida, urla di allarme e invocazioni di aiuto, per alcuni minuti la scena è stata avvolta da un fitto polverone: quando s’è diradato, in via Gramsci si udivano le sirene dei vigili del fuoco. È stato bloccato il traffico nella strada parallela al porto storico e sulla Sopraelevata che s’affaccia sul Galata, mentre sulla città imperversava un temporale. Hanno lavorato per tutto il giorno centinaia di soccorritori, impiegando ruspe e cani per la ricerca. Tre operai sono stati subito salvati e portati all’ospedale Galliera (uno è stato dimesso poco dopo); un quarto, verso le 11,30, è stato estratto dai detriti di pietra, legno e cemento. Era malconcio, ma non in pericolo di vita. Poi è cominciata la ricerca di Kolgjegja, rimuovendo le macerie anche con le mani, alla luce dei riflettori, cercando per quanto possibile di evitare l’impiego di mezzi pesanti che potevano causare nuovi crolli. Mentre le ricerche erano ancora in corso è iniziata l’inchiesta. Il sindaco di Genova, visibilmente scosso ha tenuto una breve conferenza stampa a Palazzo Tursi, sede del Comune, dopo aver passato tutta la giornata nel cantiere con i soccorritori. «Il nostro appalto - ha detto - è in perfetta regola, agiamo su terreno comunale per conto della società Porto Antico. Questa a sua volta ha assegnato l’appalto alla Società Vecchia Darsena che opera con i suoi soci, la Carena e la Cemedile». Si tratta di imprese di livello nazionale che lavorano a Genova dal dopoguerra. Il sindaco ha precisato che, sia pure nei limiti di

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legge, sono previsti i subappalti (come in questo caso) ma ha escluso, salvo atti dolosi o false dichiarazioni, che operassero lavoratori in stato di «illegalità» o retribuiti in nero. Ha aggiunto che, accanto all’inchiesta della magistratura aperta in mattinata (tra i primi ad arrivare sul luogo del sinistro il procuratore Francesco Lalla), ci sarà un’inchiesta amministrativa del Comune. «Sono d’accordo - ha concluso - anche sullo sciopero di 8 ore indetto dai sindacati per lunedì in difesa della sicurezza sul lavoro». Il presidente della Porto Antico (la società che è il braccio operativo del Comune in porto), Renato Picco, ha sottolineato che «i lavori erano realizzati nei tempi previsti, anzi con lievi anticipi»: quindi nessun recupero affannoso per i tagli di nastri previsti per il marzo 2004, alla presenza di Ciampi. Il Galata (nome del quartiere genovese di Costantinopoli) era destinato a diventare il Museo del Mare e a ospitare la copia della galea seicentesca realizzata in Olanda, il cui scafo è giunto a Genova nei giorni scorsi. Il progetto era stato affidato all’architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra, che alla notizia del crollo s’è messo immediatamente in viaggio per il capoluogo ligure. L’intero edificio è stato transennato e posto sotto sequestro dalla magistratura: i tempi dell’inaugurazione slitteranno. E da oggi comincerà la lunga battaglia dei periti per capire chi, in buona o in malafede, ha sbagliato. La Stampa - Sezione Cronache italiane 9/11/03

IL SINDACO: LE PROCEDURE ERANO CONTROLLATE E A NORMA. I troppi misteri di un «collasso strutturale». Tre ipotesi: errori di progettazione, cattiva esecuzione dei lavori, materiali inadatti GENOVA . «Pensiamo che il costoso, forse impossibile recupero di questa struttura in cemento armato costituirebbe una stravaganza, una mancanza di fiducia nella capacità dell’architettura contemporanea di dotare di una nuova e suggestiva immagine l’edificio rinnovato». Su Internet suona beffarda, e sinistramente ironica, l’introduzione all’ambizioso progetto di recupero dell’edificio Galata del Porto Antico, destinato ad ospitare il Museo del Mare e della Navigazione nell’ambito di Genova 2004. Beffarda perché sono state proprio le nuove strutture, arditamente progettate dall’architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra, a cedere ieri mattina con un drammatico «effetto domino» travolgendo quattro operai. Mentre le strutture storiche, che del Galata sono il cuore antico, sono ancora lì, da secoli. Ieri il sindaco Giuseppe Pericu non ha voluto nemmeno rispondere a chi gli chiedeva anticipazioni sul futuro del progetto, del Museo, sull’inaugurazione - già fissata al 18 marzo alla presenza del Capo dello Stato. «In queste ore il nostro pensiero è rivolto ai feriti, alla persona ancora prigioniera tra le macerie. C’è un’inchiesta, vogliamo capire cos’è successo, perchè un edificio nuovo, realizzato con tecnologie moderne e quasi ultimato, è potuto crollare. Il resto si vedrà. «Collasso strutturale»:, per il comandante provinciale dei vigili del fuoco di Genova, Davide Meta, è questa la possibile spiegazione per l’improvviso cedimento delle solette di cemento. Una tesi che trova concordi i responsabili sindacali. Si affacciano ora tre ipotesi, tutte inquietanti: errori di progettazione, errori di esecuzione dei lavori, l’impiego di materiali inadatti o insufficienti. Errori che, spesso, costano vite umane. Per Angelo Sottanis, segretario regionale ligure della federazione edili della Cgil, il bilancio del 2003 in Liguria conta già sei vittime. E la tragedia di ieri aggrava questo bilancio. Domani tutti i cantieri edili della Liguria si fermeranno, ci saranno incontri con le aziende e le istituzioni. «Per riflettere sui problemi della sicurezza, sui meccanismi che regolano gli appalti e i subappalti nelle grandi opere, per evitare altri disastri e altri lutti». Si associa Francesco Marabottini, segretario generale Feneal-Uil: «Un episodio gravissimo, che deve far riflettere». Un cantiere, quello del «Galata» per il quale il sindaco Pericu, l’assessore Claudio Montaldo e il presidente della «Porto Antico Spa», Renato Picco, preferiscono non usare il termine «modello», anche se qui come negli altri interventi - «sono state garantite procedure corrette nella trafila dei subappalti e nel rispetto delle leggi, e una particolare attenzione sulle questioni della sicurezza, anche rafforzando i servizi di vigilanza». Anche il sindacato si occupa di verifiche nei cantieri, e spesso i risultati non sono incoraggianti. Marino Tricarico, funzionario Fillea-Cgil, al «Galata» ci andava quasi ogni giorno. «Spesso non riuscivo neppure a entrare, l’atteggiamento non era di grande collaborazione. Gli operai siciliani li avevo già visti. Degli albanesi, che spesso si spostano da un cantiere all’altro, ho informazioni frammentarie. Ieri mattina, davanti al disastro, alcuni operai mi hanno confidato che facevano parte di una ’squadra’’, agli ordini di un ‘’caporale’’. Tutte cose da verificare, ma la normativa non ci aiuta». Appalti, subappalti, obblighi di denuncia alla Cassa edile che scattano solo dopo certi importi e quando il lavoro si protrae per più mesi. E’ ancora Sottanis a denunciare: «Nel cantiere

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del Galata avevamo avuto un paio di questioni: con una ditta che per un certo periodo non aveva pagato i suoi dipendenti e con un’altra che, sostenendo di avere un subappalto inferiore al limite di legge dei 150 mila euro, si rifiutava di versare i contributi alla cassa edile. Grazie a quei contributi avremmo potuto sapere con esattezza chi, quando, dove e come gli operai erano impiegati dalla ditta di appartenenza. E verificare l’esistenza di cottimisti, di lavoratori in nero». La Stampa - Sezione Cronache italiane 9/11/03

IL RACCONTO DI COLLEGHI E PARENTI DELLA VITTIMA «Una vita di miseria per finire come topi» «Avevamo il permesso, ma nessuno ci affittava un alloggio Abbiamo dormito sotto i ponti, all’aperto: maledetto lavoro» GENOVA . AVEVA lasciato le povere campagne d’Albania per la sicurezza del lavoro in Italia. Aveva dormito sotto i ponti quando nessuno gli voleva dare una casa, accettando di sgobbare per 10 ore al giorno a 7 euro l’ora, tutti i giorni della settimana senza feste né riposi, fantasma in mezzo agli altri fantasmi clandestini, manipoli agli ordini dei caporali, prima di conquistare una regolare assunzione e il permesso di soggiorno. Per finire, a trent’anni, giovane allegro, generoso e innamorato (la fidanzata lo aspettava a Scutari), tra le macerie di un «gioiello architettonico» di Genova 2004, schiacciato sotto tonnellate di un cemento armato traditore, forse crollato per il peso di una fretta criminale. Albert Kolgjegia era nato a Diber, figlio di contadini. Aveva studiato agraria, grazie al fratello maggiore Ilja che era partito per l’Italia e da qui aveva mantenuto la famiglia facendo il cottimista. Albert voleva sposarsi, ma la terra non bastava per garantirgli il futuro. Così tre anni fa è partito anche lui per raggiungere a Genova il fratello, il cugino, lo zio, l’amico d’infanzia Peka, l’altro amico Kaci. Tutti di Diber, a formare un compatto clan in grado di garantire la prima accoglienza e un lavoro, grazie a «conoscenze», come dice Peka. Albert abitava con il fratello e gli altri familiari in via Belvedere, a Sampierdarena, il quartiere del Ponente dove la comunità albanese è particolarmente numerosa. I parenti e gli amici erano lì, ieri, dalla mattina fino a notte, dietro il nastro bianco e rosso che delimita la zona del crollo del Galata, nella Darsena accanto al Porto Antico: i visi impietriti dal gelo e dal dolore, le mani nelle tasche dei giubbotti di pelle, i jeans consumati, i berretti di lana calati sulla fronte. In silenzio, spiavano il movimento delle benne, il lavoro dei vigili del fuoco che scavavano a mani nude nel terreno sconvolto dai detriti, i tentativi del rotweiller Barbara di localizzare il muratore disperso. Ilja è arrivato alle 22, avvertito da una drammatica telefonata che lo ha raggiunto in Grecia, dove si trovava per motivi di famiglia. Anch’egli muto, le parole raggelate dal dolore, il viso tumefatto dal pianto, gli occhi fissi sulle scintille della grossa sega circolare che aggrediva il cemento sopra suo fratello. «Maledetto lavoro» è il grido trattenuto di Kaci Zaim. Kaci ce l’ha fatta. Ieri mattina alle 8,30 ha sentito tremare il suolo sotto i piedi e l’istinto di sopravvivenza lo ha fatto saltare di sotto, giù dall’altezza di un secondo piano. Ha rischiato la vita per guadagnare dagli 800 ai 1000 euro al mese. Trentasette anni, una moglie e due figli in Albania che non può far arrivare in Italia perchè non riesce a trovare una casa, Kaci zoppica per il salto, il dolore gli attanaglia la schiena, ma non abbastanza da fargli abbandonare il cantiere dov’è rimasto il suo amico Albert. All’ospedale si è fatto medicare e poi è scappato di nuovo in Darsena. «Sono arrivato in Italia quattro anni fa, ho il permesso di soggiorno, ho un lavoro ma nessuno vuole darmi un alloggio in affitto. Le agenzie mi dicono che sono straniero e non possono far nulla. Per un anno ho dormito sotto un ponte, all’aperto, finchè un amico non mi ha dato un letto in casa sua». «Stavamo disarmando le solette, quando tutto ha cominciato a tremare, sembrava il terremoto» racconta. «Quelle solette erano una trappola» dice Peka, che lavora in un altro cantiere nel centro storico. «Ho visto fare le gettate all’ultimo piano giovedì» dice. Non può essere vero: ci vogliono 28 giorni prima di poter disarmare, cioè togliere i supporti al cemento armato. «Abbiamo tolto una decina di puntelli ed è venuto giù tutto» conferma Kaci. Skender Ndoy è più vecchio, ha 42 anni ed è ricoverato in ortopedia, con prognosi di un mese. «Abbiamo sentito un boato e siamo scappati, ci siamo buttati a terra, tutti insieme, ma Albert non c’era». Quattro albanesi e due italiani: così era composta la squadra che ieri mattina, sotto il nubifragio, doveva liberare tre solette di cemento armato, avveniristiche terrazze protese verso il mare. Giovanni Calvo, 51 anni, originario di Ragusa, è rimasto ferito in modo lieve ed è stato subito dimesso dall’ospedale. Nicolò Flagiello, 32 anni, palermitano, ha passato tre ore e mezzo sotto le macerie, guidando i soccorritori con il cellulare. Ora è ricoverato in chirurgia, ma non è in pericolo di vita. «E’ stato un incubo» può dire con un filo di voce, il collare che gli immobilizza la testa. Anche Albert aveva il cellulare. Lo hanno chiamato per tutto il giorno, senza ottenere

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risposta. Le speranze di trovare il giovane muratore ancora in vita si sgretolano alle 19,30, quando è stato visto il corpo, immoto e irraggiungibile. La sega speciale per il cemento, portata da una ditta di Alba, ha continuato per ore a tagliare rabbiosamente le rovine, illuminate dalle fotoelettriche, la benna pronta a rimuovere i detriti. Gli amici di Albert sono rimasti, nel gelo della notte. «Come faremo a dirlo a casa, ai genitori, alla fidanzata?» si chiedeva il cugino sottovoce, perchè Ilja non sentisse. La Stampa - Sezione Cronache italiane 9/11/03

Un operaio valdostano dopo il disastro denuncia l'azienda per la quale lavorava "Io, irregolare in quel cantiere". E spuntano tre feriti nascosti . Alcuni non sanno neppure da quale azienda dipendono. "Per essere pagati litighiamo con uno di Bergamo" di GIUSEPPE FILETTO. GENOVA - "Anch'io ho lavorato in quel cantiere, ma in tre mesi ho visto solo 200 euro - dice Giuliano Sarteur, muratore di Verres, in Val d'Aosta - così, con il mio collega siamo andati via il 18 settembre, e dopo abbiamo scoperto che non ci avevano versato neppure un centesimo di contributi". La denuncia arriva subito dopo il crollo dei magazzini "Galata" che dovranno diventare museo nel 2004, anno per Genova Capitale Europea della Cultura. Sabato pomeriggio Sarteur, appena saputo della disgrazia, si è precipitato nel capoluogo ligure all'ospedale San Martino, per avere notizie degli ex compagni. Operai in nero, cottimisti clandestini, immigrati irregolari, trasfertisti senza un domicilio a Genova. Si dice questo ed altro all'indomani del disastro che ha provocato 4 feriti e un morto, Albert Kolgjegja, albanese di 30 anni. Sono i numeri ufficiali, ma la mattina di sabato scorso nel cantiere c'era altra gente. Giovanni Calvo, il capo squadra originario di Pozzallo (Ragusa), all'arrivo al pronto soccorso dell'ospedale Galliera sembra abbia detto ai medici "Sotto le tre solette crollate ci sono sei neri". Lui lavorava al secondo piano, con Albert e Nicola Flagiello, di Bagheria: stavano togliendo i puntelli. Al piano terra c'erano gli altri, quelli che sarebbero rimasti contusi, poi scomparsi, ufficialmente non inclusi nella lista. La mattina del crollo, i militi della Croce Verde di Ponte Parodi hanno caricato sull'ambulanza un altro ferito: un giovane di colore. "All'arrivo al pronto soccorso i medici gli hanno detto di attendere in sala, poiché aveva ferite alle mani - precisa il direttore, Paolo Cremonesi - prima di lui avrebbero medicato Calvo, il più grave, ma quando lo hanno cercato, era sparito". Perché? La sera, mentre si scavava per recuperare il corpo del disperso, un altro manovale ha dovuto ricorrere alle cure ospedaliere. "È venuto da noi, qui, nella sede della pubblica assistenza - ricorda Stefano Rizzo, responsabile della Croce Verde - ci ha detto che aveva male alla schiena, aveva una gamba nera, lo abbiamo portato al Galliera". Alle 21, all'ospedale è stato registrato come Ardian Veizi, 32 anni, anche lui albanese, ha detto di essersi fatto male in un cantiere di via Gramsci, alle 8,30 del mattino, la stessa ora del crollo. Sul referto i medici hanno scritto "contusione alla gamba, alla colonna vertebrale ed escoriazioni multiple". Dimesso, non risulta tra i feriti ufficiali. Sarteur e gli altri confessano di non sapere esattamente con quale ditta hanno lavorato, se con l'Impreval con sede a Torino, oppure con la Carena, la Galata o la Cemedil di Genova: "Noi abbiamo sempre trattato con uno di Bergamo. Non so quante telefonate gli abbiamo fatto per poter essere pagati". La Repubblica 10/11/03

Tutto in regola niente a posto . L'operaio albanese morto a Genova e i suoi compagni erano assunti regolarmente, dice la procura. Non c'è traccia dell'esistenza lavorativa di Albert e degli altri edili, contesta la Cgil. Giovedì lo sciopero sarà generale MANUELA CARTOSIO. Procura della repubblica di Genova, primo pomeriggio. «Gli operai coinvolti nel crollo, compreso l'albanese morto, erano tutti assunti con regolare contratto», dice ai giornalisti il capo della procura Francesco Lalla. Mattina, Porto antico, manifestazione di protesta degli edili. «A Genova non c'è traccia dell'esistenza lavoratoriva di Albert Kolgjegja. L'operaio non risulta né sui documenti dell'Inps, né su quelli dell'Inail, né su quelli della Cassa edile», dichiara Angelo Sottanis, segretario regionale della Fillea Cgil. Come possono stare insieme due versioni così discordanti? L'unica ipotesi plausibile è che otto operai al lavoro a Palazzo Galata al momento del crollo siano stati «dichiarati» in un'altra città. Probabilmente a Bergamo dove ha sede la Impreval, una delle ditte che operano in subappalto alla costruzione del Museo del mare. E' buona regola registrare gli edili dove c'è il cantiere in cui lavorano. Che non sia stato fatto deve essere sembrato agli inquirenti un'infrazione lieve. Secondo la procura, oltre agli otto dell'Impreval c'era un

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nono operaio quando sabato mattina ha ceduto la soletta. E' dipendente di una ditta di Genova Voltri e pure lui è munito di regolare contratto di lavoro. E il fuggi fuggi che, secondo più di un testimone oculare, si sarebbe verificato subito dopo il crollo? Il capo della procura non ne fa cenno. E gli edili che sabato si sono fatti medicare «in incognito» negli ospedali genovesi? Secondo la polizia guidiziaria, sarebbero state medicazioni «strumentali» (sic), non collegate «all'evento» nel Porto Antico. Se abbiamo capito bene: gli edili che a Genova sabato si sono infortunati, avrebbero colto l'occasione del crollo a Palazzo Galata per presentarsi a un pronto soccorso. Piuttosto incredibile. Questa versione tranquillizzante cozza con quanto ieri mattina raccontavano gli amici e i compagni di lavoro di Albert Kolgjegja al presidio al Porto vecchio. «Lavoramo senza sicurezza e in nero, a sei euro l'ora, ci chiedevano solo la fotocopia del permesso di soggiorno. Se ce l'avevi, potevi lavorare, non ti chiedevano altro». «Volevano accorciare il tempi, abbiamo disarmato la soletta troppo presto, il cemento era ancora fresco». «Albert era là, l'ho visto sprofondare», dice Zaim Kaci, uno degli scampati alla macerie. Qualcuno ha portato una bandiera albanese, qualcuno ha lanciato fiori oltre le transenne, uno ha lasciato un biglietto con su scritto «nessuno più al mondo deve essere sfruttato». Dopo lo sciopero di ieri degli edili, la protesta contro le morti bianche e il lavoro nero proseguirà giovedì. Cgil, Cisl e Uil genovesi hanno proclamato due ore di sciopero per tutta l'industria, otto per l'edilizia. Al vertice che si terrà giovedì in prefettura i sindacati chiederanno nuove regole per gli appalti e i subappalti pubblici che inchiodino alle loro responsabilità le aziende madri. Oggi la procura dovrebbe scrivere una decina di nomi nel registro degli indagati, nomi di progettisti ed esecutori, non di funzionari comunali. Maroni ha disposto una commissione d'inchiesta del ministero del welfare e annuncia l'istituzione di commissario straordimario per la lotta al sommerso. Quattro ispettori ieri hanno fatto un sopralluogo a palazzo Galata. Hanno interrogato il capocantiere e alcuni dipendenti dell'Impreval; i titolari della ditta non si sono fatti trovare e il sottosegretario Sacconi spera che «si presentino spontaneamente con la documentazione richiesta». Oggi torna in Albania la salma di Albert Kolgjegja, non ci sarà bisogno di autopsia. Rientrato ieri da un viaggio all'estero, il cardinale Tarcisio Bertone ha espresso il dolore della chiesa genovese: «La fretta è sempre cattiva consigliera, bisogna tutelare meglio i lavoratori, soprattutto quelli stranieri che rischiano d'avere meno diritti». La tragedia al Porto antico è un'occassione ghiotta per il centro destra per andare all'attacco del sindaco Pericu. Il vicepresidente della giunta regionale Gianni Plinio ne chiede la dimissioni. «Sciacallaggio politico», replica il primo cittadino. Rilancia il gruppo di An in consiglio comunale: «Il sindaco ha omesso verifiche e controlli, deve dimettersi». Il Manifesto 11/11/03

ANCHE IL MINISTRO MARONI ORDINA UNA INDAGINE . Il museo crollato: tre inchieste e avvisi di garanzia . La tragedia di Genova causata dal cedimento di una soletta appena ultimata GENOVA . L’ultima fiammella di speranza si è spenta, nella gelida notte del Porto Antico di Genova, intorno alle due di notte, sotto la luce impietosa delle fotoelettriche. Soltanto quando l’ultimo diaframma di cemento armato ha ceduto, rivelando il corpo senza vita di Albert Kolgjegja, trentenne operaio albanese, si è potuto dire ad alta voce quello che tutti, tra le macerie, sapevano da ore: che nessun essere umano avrebbe potuto uscire vivo da quell’inferno. Forse, ed è pietoso crederlo, l’operaio, travolto da tonnellate di cemento e metallo, è morto all’istante senza rendersi conto di che cosa stesse accadendo. I vigili del fuoco, che con la loro esperienza avevano capito prima degli altri che non c’era più speranza, da ore lavoravano senza sosta concentrati sull’obiettivo di ritrovare Albert, di restituire ai suoi cari almeno il corpo. Momenti di fatica, di coraggio, di grande commozione. A Genova, ma non soltanto, il dolore e la rabbia si sono fusi con lo stupore per una tragedia che sembrava impossibile, e per la «scoperta» di un fenomeno - il lavoro nero nell’edilizia - di cui ci si augurava che fossero immuni almeno i grandi cantieri pubblici, quelli sotto gli occhi di tutti. E così l’indignazione espressa sabato dal segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, ha trovato immediato riscontro nel ministro del Welfare, Roberto Maroni, che ha annunciato di aver ordinato un'inchiesta per verificare «chi doveva controllare e non ha controllato, perchè quello che è accaduto è tanto più orribile se pensiamo che si trattava di un appalto pubblico». Ieri sono stati eseguiti alcuni prelievi di materiale e sono stati ascoltati alcuni testimoni del crollo. Per oggi sono attese le iscrizioni nel registro degli indagati, un atto dovuto. Ma che cosa è successo, esattamente, in quella maledetta manciata di secondi che sabato mattina,

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alle 8,30, hanno trasformato un cantiere «facile», per usare le parole del sindaco Giuseppe Pericu, in una trappola mortale? Le inchieste giudiziarie e le perizie daranno una risposta sulle cause, nel frattempo può essere utile ricostruire la dinamica dell’accaduto grazie a Davide Meta, comandante provinciale dei vigili del fuoco di Genova, che è stato tra i primi ad accorrere sul luogo del disastro e che per tutta la giornata ha coordinato i difficili e pericolosi interventi di soccorso. «Attorno alla struttura antica del Galata sono state realizzate solette in cemento armato ancorate in parte alla facciata, in parte a putrelle verticali di sostegno. Delle quattro solette previste, più la quinta con funzioni di copertura, fino a ieri ne erano state ultimate tre. Gli operai stavano procedendo al ‘’disarmo’’ della soletta del secondo piano. Durante le operazioni di rimozione dei puntelli, la soletta ha ceduto provocando due ulteriori crolli: precipitando verso il basso ha travolto con il suo peso la soletta del primo piano, e al tempo stesso ha fatto mancare il sostegno a quella del terzo, la più recente, ancora ‘’fresca’’ e puntellata». Albert Kolgjegja, la vittima, stava lavorando al primo piano, ed è stato quindi travolto da due strati sovrapposti di cemento armato: la soletta crollata alla rimozione dei puntelli e quella ancora superiore. Sulla facciata lato Sopraelevata si vedono sporgere, tranciati di netto, i tondini di ferro che collegavano la soletta alla parte antica del palazzo, mentre alcune putrelle verticali sono state piegate come fuscelli, e in un paio di casi proiettate a distanza di metri, distruggendo auto e furgoni. Il disastro apre molti interrogativi: si è trattato di un errore di progettazione, che non ha tenuto conto dei problemi di stabilità e di peso delle solette? Oppure di errori di esecuzione del progetto stesso, oppure ancora l’impiego di materiali non idonei o insufficienti? Nessuno, ieri, ha accettato di sbilanciarsi. Renato Picco, presidente della società committente «Porto Antico Spa», ha smentito le voci secondo le quali le operazioni di «disarmo» della struttura sarebbero state compiute in anticipo rispetto ai canonici 28 giorni necessari per ottenere il consolidamento standard delle strutture. Così almeno - precisa Picco - mi è stato riferito dall’impresa che sta eseguendo i lavori». Turbato il progettista, l’architetto spagnolo Guillermo Vazquez Consuegra che ha appreso della tragedia sabato dalla tv, nella sua casa di Siviglia, e si è precipitato a Genova: «In tanti anni di professione è la prima volta che una mia creatura si comporta così». La Stampa – Sezione Cronache italiane 10/11/03

La Procura invia oggi gli avvisi di garanzia: c'è anche il progettista spagnolo. Crollo di Genova, dieci indagati. Maroni convoca un vertice sul "sommerso" nell'edilizia Ispezione del ministero, si autodenunciano gli operai "in nero" di MASSIMO CALANDRI e GIUSEPPE FILETTO. GENOVA - Sono dieci gli indagati per "disastro, omicidio ed incidente colposo". Sono i diversi protagonisti del futuro Museo del mare e della navigazione, quello che doveva essere il fiore all'occhiello di Genova 2004. Sono, dice il procuratore Francesco Lalla, "tutti quelli che hanno avuto un rilievo causale nella tragedia di sabato: dal progettista al capo cantiere, fino al capo della squadra che l'altra mattina dirigeva gli operai". Il magistrato non fa nomi, ma inevitabilmente stamani riceverà un avviso di garanzia anche l'architetto spagnolo Giullermo Vasquez Consegra, che dell'edificio sul porto è titolare del progetto strutturale, architettonico, della progettazione e direzione artistica. E che viene tirato in ballo pure dal consorzio Galata, appaltatore dei lavori: "L'architetto ha firmato anche il progetto esecutivo e strutturale, dovrebbe sapere come hanno fatto i calcoli". Le indagini della Procura sono due, spiega Lalla, mentre un terzo filone (quello della regolarità nell'assegnazione di appalti e subappalti) sarà affrontato nei prossimi giorni: "La prima sul crollo, i motivi e le responsabilità. La seconda sull'eventuale presenza di lavoratori in "nero". Ma vorrei sottolineare che i nove operai presenti al momento del disastro, lo abbiamo accertato, erano in possesso di un regolare contratto edile". Non sa ancora, il procuratore, che altri due manovali - e c'è chi giura che nelle stesse condizioni fossero almeno in venti, tutti extracomunitari - si sono appena autodenunciati: "Noi albanesi eravamo tutti in nero, compreso il nostro amico morto - giura Zaim Kaci - Non abbiamo mai visto una lira ed un contratto, eppure lavoravamo dal 4 ottobre. Ci hanno chiesto solo il permesso di soggiorno". Davanti ai cancelli sigillati dall'autorità giudiziaria, si ascoltano storie di operai irregolari, di caporalato: "Ci presentavamo la mattina alle 7", prosegue Zaim in uno stentato italiano, aiutato da Roland Aiazi, nipote di Albert Kolgjegja, l'operaio morto. "Ai cancelli c'era Domenico, il capo, il siciliano, era lui che ci diceva se c'era lavoro, era lui che faceva le squadre di lavoro. Sei euro all'ora. Domenico non so per chi lavora, ma ho il numero del suo telefonino". Domenico Zocco, dipendente della Impreval, respinge tutto: "Nessuno è in nero, dateci il tempo di

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preparare la documentazione e vi dimostriamo che tutti erano in regola". La Impreval è finita nel mirino degli ispettori mandati da Roberto Maroni, ministro del Welfare: "Abbiano interrogato solo il capo-cantiere della ditta e alcuni dipendenti, non siamo invece riusciti a parlare con i responsabili dell'impresa. Abbiamo chiesto anche ad altri ispettorati di fare queste ricerche, per ora vane. A questo punto speriamo che decidano di presentarsi spontaneamente con la documentazione". Maroni, che vuole entro pochi giorni "una relazione non tanto sui calcoli del cemento armato, ma sull'attività di controllo dei servizi ispettivi del ministero", ha convocato per oggi tutte le organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori che sottoscrivono il contratto nazionale del settore edile, i responsabili dei servizi ispettivi di Inps e Inail e dello stesso ministero. E mentre un gruppo di senatori Ds gli presenta un'interrogazione chiedendo "quali iniziative intenda adottare il governo per contrastare il lavoro sommerso nel settore dell'edilizia", parla l'Arcivescovo di Genova, Tarcisio Bertone: "Bisogna tutelare meglio i lavoratori, soprattutto quelli stranieri che rischiano di avere meno diritti. La fretta è sempre una cattiva consigliera". La Repubblica 11/03/03

Niente libro paga né matricola. Ancora irreperibili i dirigenti della ditta che aveva in gestione i lavori al Museo del mare. Crollo di Genova, per gli ispettori nel cantiere "gravi irregolarità" . Anche Cgil, Cisl e Uil all'attacco: "Alcuni operai non risultano". GENOVA - Gravi irregolarità, libri paga e matricola non presenti nel cantiere, e amministratori della ditta incaricata dei lavori ancora "latitanti": sono questi i primi risultati dei controlli svolti dai quattro ispettori della Direzione provinciale del lavoro dopo il crollo al Museo del mare di Genova, che sabato scorso ha provocato la morte di un operaio e il ferimento di altri quattro. Gli ispettori stanno lavorando su mandato del ministro del Welfare, Roberto Maroni, e da oggi anche della Procura, e ancora non hanno potuto mettersi in contatto con i dirigenti dell'Impreval, società con sede ad Aosta e sede operativa in provincia di Bergamo, che sembrano essersi volatilizzati nel nulla. Amministratore unico della società, da quanto risulta alla Camera di Commercio della Valle d' Aosta, è Giulivo Fenaroli, 46 anni, originario di Adrara San Rocco (Bergamo). "Finora però - spiegano gli ispettori - i nostri colleghi di Aosta hanno trovato in ditta solo una segretaria, che ha fornito alcuni documenti, arrivati oggi via fax". Come detto, l'ispezione ha già accertato gravi irregolarità nella gestione dei lavori e della manodopera. Non sono stati trovati nel cantiere i libri "matricola" e "paga", dove vengono registrati i lavoratori, le ore di lavoro fatte e la paga corrisposta; secondo le prime testimonianze rese dal geometra e dal capo cantiere della Impreval, ciascun lavoratore avrebbe lavorato 30-40 ore alla settimana, mentre dalle dichiarazioni di alcuni operai, molti avrebbero invece lavorato "in nero" molte più ore settimanali, compreso il sabato, e con una paga di 6 euro all' ora. E mentre il dirigente dell' ispettorato del Lavoro di Genova, Carlo Alberto Legittimo, è in viaggio verso Roma, dove è stato convocato dal ministero per conoscere i primi risultati delle indagini, arriva anche un corposo dossier dei sindacati. Quello degli edili di Cgil, Cisl e Uil è un duro atto di accusa. "Alla Darsena - dicono - ci sono ditte subappaltatrici, che contro ogni legge, hanno subappaltato a loro volta ad altre imprese, per ridurre i costi; ed emergono anche irregolarità nell'iscrizione dei lavoratori alla cassa edile e nel pagamento dei contributi Inail ed Inps". A parlare sono i segretari Venanzio Maurici per la Filca-Cgil, Salvatore Sorace per la Fillea-Cisl e Silvio Errico per Feneal-Uil, tutti segretari generali provinciali, hanno detto: "più che lavoro in nero, abbiamo riscontrato gravi irregolarità nell'applicazione del contratto e nel lavoro sub-sub appaltato, vietato dalla legge". E poi i sindacati denunciano che Impreval ha pagato i contributi solo a tre degli otto lavoratori che risultavano sul cantiere sabato, e non lo ha fatto alla Cassa edile genovese, ma a quella di Bergamo, contravvenendo a un protocollo d'intesa in proposito. "Le imprese hanno sempre omesso l'informativa ai sindacati stessi sui subappalti - denuncia Maurici - contravvenendo anche all'articolo 15 del contratto nazionale del lavoro". Quanto ai sub-subappalti, vietati dalla legge, "per ora ci risulta solo una ditta di Voltri, per cui lavorava uno degli operai presenti sabato nel cantiere ufficialmente gestito da Impreval - dicono i sindacati - ma non escludiamo che vengano fuori altri lavoratori autonomi o addirittura artigiani". Secondo Cgil, Cisl e Uil, ci sono ancora altre gravi irregolarità. Degli otto lavoratori, risultano oggi in regola solo tre e non risulta l'operaio albanese morto: "nessuno dei lavoratori era iscritto alla cassa edile genovese, come prevede il protocollo e solo tre risultano iscritti a ottobre alla cassa edile di Bergamo". Non c'è dunque traccia degli altri cinque, "ai quali quindi al momento non risulta sia stato pagato nessun contributo". In relazione a ciò, i sindacati fanno rilevare che l'inscrizione

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all'Inail, per legge, deve avvenire il giorno stesso dell'inizio della prestazione d'opera del lavoratore o al massimo il giorno successivo. Inoltre i singoli lavoratori devono essere registrati anche nel libro matricola tenuto dall'impresa. La Repubblica 11/11/03

Roma, tra gli operai che costruiscono venti palazzi a Tor Vergata: "Paghe basse e la sicurezza..." Viaggio nei cantieri senza regole "Solo uno su tre ha il contratto" di RICCARDO DE GENNARO. ROMA - "La metà un corno: per ogni lavoratore in regola, ce ne sono due in nero, anche tre", sussurra un operaio sgattaiolando via da uno dei cantieri edili di Tor Vergata, dove stanno tirando su una ventina di palazzi. "Lavoro nero? Ce n'è tanto, tanto, tanto", conferma un suo collega più anziano. Lui si ferma. Si chiama Francesco Anello, 62 anni, una vita intera nei cantieri. Racconta di un'edilizia che non c'è più: "Sono 6-7 anni che il settore è caduto sotto la tazza del cesso. Qualità del lavoro e paga fanno schifo". Dice che "oggi i padroni non guardano più l'esperienza, non ti chiedono cosa sai fare, conta solo se sei giovane, robusto e se te ne freghi di salire lassù senza protezioni". Perché la sicurezza costa: "Pesa per il 60 per cento ed è la prima cosa che tagliano. Poi c'è che non tutti gli immigrati sono all'altezza", aggiunge Anello. Ma bisogna capirli. Basta ascoltare George Golie, berrettino giallo in testa con la scritta "Lavorare in sicurezza", oppure Ovidio, tutt'e due rumeni che in patria facevano un altro mestiere. Il primo in dogana, confine con la Moldavia, poi in una cantina sociale, il secondo poliziotto. "Faccio questo lavoro perché è tutto quello che ho trovato", dice Ovidio, 31 anni, in Italia da quattro. "Poi succede che il padrone non ti paghi per due mesi e per avere quello che ti spetta devi minacciarlo di brutto, o denunciarlo", racconta. Ma la maggior parte accetta sfruttamento e ricatto. Le loro storie fanno impallidire i muratori di Riff raff, il film di Ken Loach. Viktor è albanese, proviene dallo stesso villaggio di Albert, l'operaio edile rimasto ucciso a Genova: "Lo conoscevo, conosco la sua famiglia, era partito prima di me. Il problema è che controlli non ce ne sono, gli ispettori vengono qui e non chiedono nulla, parlano con il principale, si fermano ai cancelli, a noi non chiedono neppure i documenti". Prima di "strappare" un permesso di soggiorno, Golie viveva come tutti gli edili extracomunitari in nero: "Paga di 25 euro al giorno per 9-10 ore di lavoro, 17 euro i miei figli. Lavoravamo la calce senza guanti e mascherine, il padrone ci faceva dormire in un cascinale senza acqua, vietato accendere la luce, vietato uscire, per non farsi scoprire dai carabinieri". Poi gli ha detto: "O mi regolarizzi e mi dai almeno 50 euro, o ti denuncio". A fine luglio ce l'ha fatta: "Ma mi sono pagato io la Bossi-Fini, 320 euro più 40 di spese". Prima di andarsene Golie mostra il contenuto del sacchetto di plastica: una mozzarella, un po' di funghi trifolati, una pagnotta, una birra. Il suo pranzo. Ha 45 anni, ma ne dimostra 60. La vita da schiavi dei manovali rumeni comincia sui marciapiedi di viale Tor di Quinto. Di qua loro, dall'altro lato i moldavi. Stessa scena in via dell'Acqua Cetosa, o in via Togliatti. Sono i tre grandi punti di raccolta della manodopera clandestina. Arrivano all'alba, quando se ne sono andate le prostitute. Sembra prostituzione anche la loro: una macchina accosta, il guidatore propone una cifra, tipo 2-3 euro all'ora, l'operaio sale e viene portato in cantiere. Tutto in silenzio, tutto in nero. Guai a protestare. Marian Fleica l'ha fatto, il padrone l'ha gettato giù da una scala. È rimasto due settimane in rianimazione al S. Camillo, tre costole rotte. Per venire in Italia e fare questa bella vita i rumeni pagano al caporalato internazionale 600 euro, i moldavi - che sono più lontani - 2000-2.500. Sono entrati di nascosto, non si sa come, probabilmente nascosti dentro scatoloni con un foro per l'aria, trattati come bestiame. "Mi hanno detto che la scorsa settimana, un certo Aldo di Foggia - racconta uno di loro - ne ha fatti venire dodici dalla Romania, grazie a un contatto con una donna rumena". Mostra un bigliettino, c'è scritto un nome: Valeria S. I suoi 12 connazionali ora lavorano nei campi, a cottimo. Sono scomparsi dalla Romania, non esistono in Italia. Fantasmi. I sindacalisti della Fillea-Cgil del Lazio si sono messi in testa di fotografarli. Nel frattempo, non mollano sulla sicurezza: "Vogliamo un'agenzia regionale che si occupi solo di questo", dice il segretario Sandro Grugnetti, che contesta i dati sugli infortuni. "Non è vero che diminuiscono - dice - non vengono denunciati. Com'è che qui, nei primi 10 mesi del 2003, abbiamo avuto 12 morti, contro i due dell'anno scorso?". È che i morti non si possono nascondere. La Repubblica 11/11/03

Crollo Museo del mare: tre avvisi di garanzia Il pubblico ministero Sergio Merlo ha inviato tre avvisi di garanzia per il crollo del Museo del mare,

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nella Vecchia darsena a Genova, avvenuto sabato e costato la vita ad un operaio albanese. I destinatari sono i responsabili dei lavori in relazione al cemento armato. "L'accertamento sul cemento - ha spiegato Merlo - è urgente e irripetibile. La priorità consiste nel fatto che il cemento è la parte soggetta a modificazione e non si può perdere tempo". L'ipotesi è che il cemento abbia ceduto perchè l'armatura è stata tolta precocemente. Domani, intanto, i consulenti nominati dal pm, gli ingegneri genovesi Lamberto Panfoli e Giorgio Ermanno Maggiorelli inizieranno a lavorare; in particolare dovranno accertare con urgenza la maturazione del cemento e la sua lavorazione. Secondo i primi risultati dei sopralluoghi effettuati dagli ispettori della direzione provinciale del lavoro e avviate dopo il crollo ci sono state gravi irregolarità con libri paga e matricola non presenti nel cantiere. Inoltre mancano ancora all'appello gli amministratori della ditta Impreval di Aosta. Indagini sono ora in corso per verificare se la ditta facesse lavorare operai anche in nero, come hanno denunciato alcuni lavoratori presenti nel cantiere. (red) La Repubblica – News Online 11/11/03

Rischiano la vita tutti i giorni lavorando in nero «per una paga di sei euro l'ora». I colleghi di Albert Rischiano la vita tutti i giorni lavorando in nero «per una paga di sei euro l'ora». I colleghi di Albert Kolgjegja, l'operaio albanese di 30 anni morto sabato scorso a Genova sotto le macerie del futuro Museo del mare e della navigazione, stringono i pugni con rabbia davanti al cantiere sotto sequestro. Si sentono come carne da macello, non hanno paura di raccontare la verità: è giunta l'ora che tutti sappiano le cose come stanno. Uno di loro fa persino il nome del "caporale" che li ha reclutati. Appare subito chiaro che è da queste testimonianze che bisogna partire se si vuole fare luce su questa nuova tragedia del lavoro, fatta di sfruttamento e di mancato rispetto delle regole. Del resto, i numeri forniti dalla Fillea Cgil sono fin troppo eloquenti: dal 1997 al 2002, gli incidenti nei cantieri edili hanno provocato 450mila invalidi e mille e 400 morti. Una vera e propria "mattanza", alla quale non ci si può e non ci si deve rassegnare. Ieri mattina c'erano 200 persone, tra lavoratori e gente comune, al presidio deciso dai sindacati Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil in concomitanza con lo sciopero di otto ore degli edili genovesi per sensibilizzare l'opinione pubblica sui problemi della sicurezza e del lavoro nero. Alle 13 i rappresentanti dei manifestanti si sono incontrati con Claudio Montaldo, assessore comunale ai Lavori pubblici. Quindi alle 17, con il prefetto Giuseppe Romano. Tra le bandiere delle organizzazioni sindacali, spiccava anche quella dell'Albania, a ricordare la nazionalità dell'operaio scomparso e di molti suoi compagni di lavoro. Sulle reti che circondano il cantiere sono stati deposti dei mazzi di fiori, uno dei quali accompagnato da un biglietto con scritto: "Nessuno al mondo deve essere sfruttato". La denuncia dei sindacati viene appoggiata da Rifondazione comunista. Secondo l'assessore al Lavoro del comune di Roma, Luigi Nieri, per evitare il ripetersi di queste tragedie «occorre prima di tutto intensificare l'attività ispettiva». Sulla vicenda intervengono anche i senatori Ds, che hanno presentato una interrogazione al ministro Maroni nella quale chiedono «quali iniziative il governo intenda adottare al fine di contrastare in modo efficace il lavoro sommerso nel settore dell'edilizia». Intanto sono partite le indagini della magistratura. Sono già finite sotto inchiesta una decina di persone, dal progettista al capocantiere, dal caposquadra ai fornitori di materiale, che riceveranno l'avviso di garanzia, presumibilmente oggi. Ieri il procuratore capo Francesco Lalla ha inserito tra le possibili ipotesi sul crollo della palazzina alla vecchia darsena quella di difetti progettuali, l'errore umano o l'anticipata rimozione dell'armamento che sosteneva le tre solette collassate. Alla domanda se il progetto dell'architetto Guillermo Vasquez Consuegra è da archiviare, il magistrato ha risposto: «Saranno i nostri consulenti a dirlo. Il cantiere resta sotto sequestro, chiederemo ai due professionisti rapidità nell'accertamento per consentirne lo sgombro». A questo proposito Lalla ha precisato che si è provveduto al sequestro di materiali e di una macchina fotografica digitale con le foto dello stato di avanzamento dei lavori nei giorni precedenti il crollo. Le ipotesi di reato sono crollo colposo, omicidio colposo, lesioni colpose plurime. Il procuratore ha anche voluto precisare che «gli operai coinvolti nel crollo, compreso l'albanese morto, erano tutti assunti con un regolare contratto». Secondo le prime informazioni la notizia sarebbe stata verificata dalla polizia. Eppure dopo due giorni di controlli a Genova non c'è traccia dell'esistenza lavorativa di Albert Kolgjegja. «L'operaio non risulta iscritto né alla Cassa Edile, né all'Inail né all'Inps da parte di Impreval di Bergamo, la ditta che si occupava della costruzione delle solette in cemento armato poi crollate», afferma il segretario regionale della Fillea Cgil Angelo Sottanis, presente alla manifestazione. Da quanto si è potuto apprendere, l'operaio albanese lavorava nel cantiere

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dell'incidente dal 4 ottobre scorso: un tempo troppo breve perché si possa essere certi della irregolarità della sua posizione. Roberto Farneti Liberazione 11/11/03

Crollo, procuratore: contratto vittima depositato dopo morte Il contratto di lavoro di Albert Kolgjegja, l'operaio albanese deceduto sabato nel crollo al Museo del Mare, a Genova, è stato depositato due giorni dopo la sua morte al centro dell'impiego di Grumello del Monte (Bergamo), dove c'è la sede operativa della ditta Impreval. E' quanto ha detto il procuratore Francesco Lalla confermando quanto pubblicato questa mattina dal quotidiano la Repubblica. L'operaio albanese è stato assunto il 17 ottobre ma l'Impreval lo ha comunicato al centro dell'impiego di Grumello del Monte solo il 10 novembre: due giorni dopo la sua morte. Lalla ha poi spiegato che la stessa prassi è stata seguita per altri tre operai interessati dal crollo. (red) La Repubblica – News Online 12/11/03

10 indagati per Genova . Gli ispettori del lavoro scoprono gravi irregolarità FR. PI. Dopo il crollo nel porto antico di Genova - un operaio albanese morto, quattro feriti - la polizia si era affrettata a «smentire» che nel cantiere ci fossero lavoratori «in nero». Da una prima, sommaria, indagine dei quattro ispettori del lavoro incaricati dal ministero emerge invece un quadro semplicemente abnorme: i dirigenti della Impreval (società valdostana con sede in provincia di Bergamo) risultano «latitanti» o comunque irreperibili. Nel cantiere, perdipiù, erano assenti sia i libri paga e quelli matricoli; impossibile insomma sapere quanti operai fossero al lavoro, per quante ore, con quale paga e quanti contributi versati. Irregolarità macroscopiche, che sarebbero dovute saltare agli occhi anche di un investigatore alle prime armi che non si fosse voluto fidare della parola degli operai. Due operai albanesi si sono autodenunciati, dichiarando poi a Repubblica: «noi albanesi - dice Zaim Kaci - eravamo tutti in nero, compreso il nostro amico morto. Non abbiamo mai visto una lira e un contratto. Ci hanno chiesto solo il permesso di soggiorno. Ci presentavamo ai cancelli la mattina alle sette; il capo era Domenico, un siciliano, che faceva le squadre di lavoro, a sei euro l'ora. Non so per chi lavora, ma ho il numero del suo telefonino». Anche i sindacati edili genovesi aderenti a Cgil, Cisl e Uil hanno presentato un dossier di denuncia sulle molte irregolarità. Più che sulle assunzioni al nero, però - in assenza dei libri contabili - hanno preferito puntare il dito sul altre violazioni, come le aziende in subappalto che a loro volta subappaltavano ad altre società (prassi espressamente vietata dalla legge). Altra irregolarità manifesta è il mancato o parziale pagamento dei contributi Inps e Inail, o le analoghe carenze nell'iscrizione dei lavoratori alla cassa edile. Tutte pratiche «usuali» nei cantieri edili per ridurre al minimo il costo del lavoro e che incidono in vario modo sul non rispetto delle regole, ovvero sulle «abitudini» che favoriscono il moltiplicarsi degli infortuni. La Impreval, per esempio, avrebbe pagato i contributi solo per tre degli otto operai coinvolti nell'incidente mortale di sabato. Gli stessi tre, probabilmente, che risultano in regola. Tra loro non c'era Albert Kolgjegja, rimasto ucciso nel crollo. La procura di Genova - che considera invece «in regola» i nove coinvolti nel crollo - ha iscritto al registro degli indagati dieci persone. «Tutti quelli - ha dichiarato il procuratore Francesco Lalla - che hanno avuto un ruolo di rilievo causale nella tragedia: dal progettista al capocantiere, fino al capo della squadra che l'altra mattina dirigeva gli operai». Il provvedimento raggiungerà anche l'architetto spagnolo Guillermo Vasquez Consegra, titolare della progettazione della direzione artistica. Il sindaco di Genova, Giuseppe Pericu, ha annunciato che il Comune si costituirà nel processo come parte offesa. Il Manifesto 12/11/03

INFORTUNIO A SAN RAFFAELE, VITTIMA UN ROMENO. Giovane operaio muore precipitando dal tetto SAN RAFFAELE CIMENA . Infortunio mortale sul lavoro ieri pomeriggio nella zona industriale di San Raffaele Cimena. La vittima è un romeno con regolare permesso di soggiorno, Ionel Hrehorciuc, di 21 anni; abitava a Torino in via Avet Giacinto 2. La disgrazia è avvenuta intorno alle 16. Il giovane operaio, dipendente dell'impresa edile Maurizio Amico, di Gassino Torinese, con un collega si trovava sul tetto di un capannone di via Chivasso 39, della ditta Pietro Cornaglia, 59 anni, di Settimo Torinese, utilizzato come deposito di materiale e macchinari per l'edilizia. Dovevano provvedere alla sostituzione di alcune onduline rotte della copertura del capannone.

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Una di queste ha ceduta e il giovane operaio romeno è precipitato dentro al capannone da una altezza di oltre sei metri. L'impatto del corpo del giovane extracomunitario con il pavimento della struttura è stato violentissimo. In soccorso di Ionel Hrehorciuc è prontamente accorso il compagno di lavoro che ha richiesto l'intervento del 118. Ma le condizioni dell'infortunato sono subito apparse disperate. In poco tempo sul posto dalla base di Torino è arrivata l'equipe medica dell'Elisoccorso del 118 che ha sottoposto il giovane ad un lungo massaggio cardiaco, ma purtroppo il cuore non ha più ripreso a battere. Il referto medico parla di decesso per politrauma. Sul posto sono intervenuti i carabinieri di Castiglione Torinese guidati dal comandante, maresciallo capo Giuseppe Fazzino, ed i tecnici dello Spresal dell'Asl 7 di Chivasso. La zona interessata alla tragedia è stata posta sotto sequestro al fine delle indagini disposte dalla magistratura torinese. Espletate le prime formalità da parte degli inquirenti, il cadavere di Ionel Hrehorciuc è stato recuperato dai necrofori e composto presso l'obitorio dell'Ospedale di Chivasso. La Stampa – Torino Cronaca 18/11/03

INFORTUNI SUL LAVORO . Aperta inchiesta per l’incidente nel cantiere della nuova Fiera È stata avviata un’inchiesta dalla Procura per la morte di Umberto Tani, il 63enne precipitato mercoledì mattina da un corridoio esterno di uno dei padiglioni in costruzione nel nuovo polo fieristico Rho-Pero. …. È ancora ricoverato nell’ospedale di Rho il secondo operaio, un cittadino romeno di 35 anni, ferito mercoledì sempre all’interno del cantiere della nuova fiera per la caduta di un pannello di calcestruzzo. Ne avrà per trenta giorni per la frattura del perone. La Stampa – Vivere Milano 28/11/03

Vicenza Un operaio algerino di 32 anni è morto, dopo 24 ore di coma, cadendo da una altezza di 10 metri mentre stava lavorando sul tetto di un capannone. www.filleacgil.it/infortuni_mortali.htm 5/11/2003

Crollo di Genova, prime verità sul lavoro nero nei cantieri . Gravi irregolarità, libri paga e matricola non presenti nel cantiere. I responsabili della ditta incaricata sembrano spariti nel nulla Gravi irregolarità, libri paga e matricola non presenti nel cantiere, e amministratori della ditta incaricata dei lavori che sembrano spariti nel nulla. Intanto, alla decina di indagati di due giorni fa se ne aggiungono altri tre. Quest'ultimi, almeno, hanno mandato i loro legali in procura. Cambia bruscamente lo scenario del crollo al Museo del mare di Genova in cui ha perso la vita un edile albanese e altri cinque lavoratori sono rimasti feriti. Dai primi risultati dei controlli svolti dai quattro ispettori della Direzione provinciale del lavoro, e dalle denunce dei sindacati, emerge una realtà completamente diversa da quella tratteggiata dai magistrati "a caldo". Intanto, il capogruppo del Prc alla Camera, Franco Giordano invita il ministro Maroni a venire a discutere in aula sui gravi fatti di Genova. «Credo - aggiunge Giordano - che questo Parlamento e tutte le forze politiche dovrebbero discutere in ordine a tali drammatiche condizioni di vita, frenando il processo di precarizzazione del rapporto di lavoro». Amministratore unico dell'Impreval, società con sede ad Aosta e sede operativa in provincia di Bergamo, da quanto risulta alla Camera di Commercio è Giulivo Fenaroli, 46 anni, originario di Adrara San Rocco (Bergamo). Sui nomi effettivi degli indagati, però, c'è il più stretto riserbo. «Finora però - spiegano gli ispettori spediti a Genova da Maroni - i nostri colleghi di Aosta hanno trovato in ditta solo una segretaria, che ha fornito alcuni documenti, arrivati oggi via fax». L'ispezione ha già accertato gravi irregolarità nella gestione dei lavori e della manodopera. Non sono stati trovati nel cantiere i libri matricola e paga, dove vengono registrati i lavoratori, le ore di lavoro fatte e la paga corrisposta; secondo le prime testimonianze rese dal geometra e dal capo cantiere della Impreval, ciascun lavoratore avrebbe lavorato 30-40 ore alla settimana, mentre dalle dichiarazioni di alcuni operai, molti avrebbero invece lavorato "in nero" molte più ore settimanali, compreso il sabato, e con una paga di 6 euro all'ora. Più o meno simili le conclusioni contenute nella denuncia dei sindacati. Quello degli edili di Cgil, Cisl e Uil è un duro atto di accusa. «Alla Darsena - dicono - ci sono ditte subappaltatrici, che contro ogni legge, hanno subappaltato a loro volta ad altre imprese, per ridurre i costi; ed emergono anche irregolarità nell'iscrizione dei lavoratori alla cassa edile e nel pagamento dei contributi Inail ed Inps». I tre sindacati di categoria di Cgil, Cisl e Uil denunciano senza problemi che Impreval ha

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pagato i contributi solo a tre degli otto lavoratori che risultavano sul cantiere sabato, e non lo ha fatto alla Cassa edile genovese, ma a quella di Bergamo, contravvenendo a un protocollo d'intesa in proposito. Secondo Cgil, Cisl e Uil, ci sono ancora altre gravi irregolarità. Degli otto lavoratori, risultano oggi in regola solo tre e non risulta l'operaio albanese morto. Ugo Boghetta responsabile del lavoro del Prc, commenta così: «La precarizzazione, ed ora l'elevamento dell'età pensionabile, non faranno che aumentare il fenomeno degli incidenti sul lavoro. L'occasione per invertire la tendenza può essere il passaggio di tale legge alle Regioni che, per impedirne l'applicazione va anche stravolta; ad esempio imponendo nuovi, sistematici e più frequenti controlli. Ciò potrebbe avvenire attivando, come già si sta sperimentando in alcuni comuni, l'utilizzo dei vigili; magari a partire dai cantieri edili che sono il punti più grave e delicato». Fabio Sebastiani Liberazione 12/11/03

Un’involontaria manovra di una gru la probabile causa della tragedia. La magistratura indaga. MUORE IN UN CANTIERE DELLA FIERA. Cosmin Stoian, lavoratore rumeno di 28 anni, è precipitato da 10 metri di altezza. Inutili i soccorsi per l giovane che non indossava il casco Di Gianluca Rotondi. Un giovane rumeno di 28 anni, Cosmin Stopia, è morto ieri mattina intorno alle 11, precipitando dal primo piano del nuovo padiglione di due piani in costruzione presso il quartiere fieristico di Bologna. L’operaio, impiegato nel cantiere da una quindicina di giorni, stava lavorando in squadra con due connazionali per la realizzazione dei pannelli esterni del padiglione, quando la pedana prefabbricata su cui poggiava ha ceduto di colpo, facendolo sprofondare da un’altezza di circa 10 metri. Il giovane, che al momento dell’incidente non indossava scarpe e casco protettivo, ha sbattuto la testa ed è moto sul colpo.. Inutili i soccorsi del 118 che hanno potuto solo trasportare il corpo del giovane operaio alla medicina legale per la probabile autopsia che verrà conferita domani dal magistrato titolare dell’inchiesta. Sul luogo dell’incidente, non molto distante dal centro della città, sono intervenute tre volanti della polizia oltre al personale di servizio di sicurezza della USL di Bologna. Uno dei due ragazzi testimoni dell’incidente siè subito allontanato dal cantiere, mentre il secondo è stato portatoin questura per ricostruire l’accaduto perché aveva bisogno di un interprete per rendere la propria testimonianza. Secondo i primi accertamenti, la pesante pedana metallica sarebbe stata urtata inavvertitamente da una gru che stava trasportando un gran numero di tondini di acciaio. Il passaggio del braccio meccanico avrebbe così spostato la pedana dalla sua sede naturale determinando il fatale incidente. L’operaio che già da qualche ora stava camminando su quella pedana, non poteva immaginare che a quel punto la base su cui poggiava i piedi non fosse più stabile. Una volta tornato sopra la pedana è infatti caduto irrimediabilmente nel vuoto. In attesa dei rilievi definitivi della USL, l’area dove è avvenuto l’incidente è stata posta sotto sequestro giudiziario e la relazione del servizio di sicurezza verrà inviata al PM Lucia Musti che, come vuole la prassi, aprirà un fascicolo per omicidio colposo per ora a carico di ignoti. Il magistrato è, infatti, ancora inattesa di conoscere ruoli e responsabilità all’interno del cantiere ed eventuali procedure di subappalto. Secondo fonti vicine al consorzio che esegue i lavori, su committenza di Bologna Fiere, l’operaio era in regola, anche se questo aspetto potranno definitivamente chiarirlo solo gli accertamenti coordinati dal Pm Lucia Musti. Potrebbe essere eseguita lunedì l’autopsia sul corpo del giovane.In serata Bologna Fiere ha espresso il proprio cordoglio alla famiglia di Soian: “Pur sottolineando la propria estraneità ad ogni responsabilità – ha scritto in una nota – Bologna Fiere sente il dovere di esprimere il proprio stato d’animo perché il giovane era impegnato nella realizzazione del futuro padiglione che la Fiera acquisterà come utilizzatore al termine dei lavori”. Il Domani - Cronaca di Bologna 15/11/03

Chivasso (TO) Ionel Hrehorciuc, un rumeno di 22 anni è morto per un infortunio sul lavoro a San Raffaele Cinema (Torino). Il giovane è precipitato dal tetto di un capannone industriale. La magistratura ha aperto un’inchiesta. www.filleacgil.it/infortuni_mortali.htm 17/11/2003

CROLLO GENOVA: 12 AVVISI DI GARANZIA

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Sono complessivamente 12 gli avvisi di garanzia inviati dal pm Sergio Merlo nell' ambito dell' inchiesta sul crollo al Museo del Mare, nel quale e' morto l' operaio albanese Albert Kongjegja e altri quattro sono rimasti feriti. L' invio degli avvisi consentira' di compiere la consulenza tecnica per stabilire cosa e' accaduto. Si e' anche appreso che uno studio legale di Barcellona ha assunto la difesa del progettista spagnolo Jimenez Canas al quale sabato scorso era stato mandato l' avviso di garanzia internazionale perche' non aveva eletto domicilio in Italia. Canas, che ha studio a Madrid ma insegna all' universita' di Barcellona, dovra' poi nominare un corrispondente a Genova per consentire il domicilio del suo cliente. www.rassegna.it 17/11/03

CROLLO GENOVA: ISPETTORI IN PROCURA Sono sei gli ispettori romani inviati a Genova dal ministro del Welfare Roberto Maroni, ricevuti stamani dal Procuratore capo Francesco Lalla per confrontarsi sullo stato delle indagini sul crollo dell' ala nuova del Museo del Mare in Darsena. Oltre alla delegazione romana, con a capo una ispettrice, era presente all' incontro in Procura anche il dirigente della Direzione Provinciale dell' Ispettorato del Lavoro di Genova. ''Il crollo di Genova - ha commentato il Procuratore Lalla - e' stato l' occasione per ridiscutere e introdurre eventuali modifiche alla normativa sul lavoro che si sta discutendo in questi giorni anche a livello nazionale''. Gli Ispettori, nel corso dell' incontro, hanno chiesto alla Procura di Genova collaborazione per le indagini e accesso ai primi atti non coperti da segretezza che sono gia' stati svolti dagli inquirenti genovesi. Nel corso dell' incontro Francesco Lalla ha gia' suggerito agli Ispettori alcune modifiche alla normativa sul lavoro soprattutto nel settore edile. www.rassegna.it 17/11/03

Bologna. Operaio morto in cantiere, sette indagati Sette persone sono state iscritte nel registro degli indagati per la morte di un operaio romeno avvenuta venerdì scorso in un cantiere edile all'interno del quartiere fieristico di Bologna. Fra i sette, secondo quanto si è appreso, ci sono il direttore tecnico del cantiere, i coordinatori della sicurezza i legali rappresentanti della ditta per la quale lavorava il giovane. (red) La Gazzetta di Modena – News Online - 18/11/03

Bologna. Incidenti sul lavoro, grave operaio edile E' in prognosi riservata all'ospedale Sant'Orsola di Bologna, l'operaio albanese di 26 anni che questa mattina, verso le 10, è rimasto vittima di un infortunio sul lavoro in un cantiere edile di Medicina. Il ragazzo, residente a Villa di Briano in provincia di Caserta, stava sistemando dei portoni basculanti per garage quando gli sono cadute addosso le altre porte che erano accatastate da una parte, procurandogli gravi lesioni. Sul posto è arrivata anche la medicina del lavoro dell'Ausl Bologna Nord, per verificare che il cantiere sia in regola con le leggi sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. (cor) La Gazzetta di Modena – News Online - 19/11/03

INCIDENTI LAVORO: LECCE, MUORE OPERAIO SENEGALESE E' morto dopo essere caduto da un' impalcatura, da un' altezza di circa cinque metri. La vittima è un extracomunitario di circa 30 anni, di nazionalità senegalese. L'incidente è accaduto in un cantiere edile in via De Mura, alla periferia di Lecce. Indagini sono state avviate dall'Ispettorato provinciale del lavoro per chiarire la dinamica dell' incidente. Il magistrato di turno, il pm Patrizia Ciccarese, ha aperto un' inchiesta. www.rassegna.it 20/11/03

Albano, migliora l'operaio caduto in cantiere Il muratore albanese era volato per 4 metri dalla tromba delle scale in costruzione Migliorano le condizioni dell'operaio albanese che era rimasto vittima ieri poco dopo le 17 di un infortunio sul lavoro ad Albano Sant'Alessandro. Teatro dell'incidente un cantiere (nella foto Bedolis) edile di via San Francesco d'Assisi, una laterale della provinciale che porta a Pedrengo e Scanzorosciate. Fejzj Shkelqim, 33 anni, era precipitato dalla tromba delle scale all'interno di un fabbricato che fa parte di un complesso residenziale in costruzione su di un'area di nuova lottizzazione tra Albano e

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Torre de' Roveri. I carabinieri di Seriate, che sono al lavoro al fianco dell'Asl, oggi hanno effettuato un nuovo sopralluogo, dopo quello di ieri a tarda ora, per cercare di capire bene cosa sia accaduto. L'infortunio era avvenuto quando gli operai avevano appena concluso la giornata di lavoro e stavano salendo sul pulmino per rientrare a casa. L’Eco di Bergamo 21/11/03

Pistoia Un muratore albanese di 51 anni, P.L. regolarmente impiegato, ha perso la vita dopo essere caduto da un terrazzo su cui stava effettuando lavori di muratura, nella zona industriale di Sant’Agostino. www.filleacgil.it/infortuni_mortali.htm 30/11/2003

INFORTUNIO IN CANTIERE, DOLFO PATTEGGIA

PORDENONE -(r.v.) L'imprenditore edile cordenonese Francesco Dolfo, 57 anni, ha patteggiato davanti al giudice del Tribunale di Pordenone Alberto Rossi la pena a un anno 10 giorni di reclusione convertiti in 1.520 euro di multa, per l'ipotesi di reato di lesioni personali colpose. Secondo il pubblico ministero Annita Sorti, l'uomo, in qualità si socio amministratore della "Dolfo Snc", per negligenza, imprudenza e imperizia, nonchè in violazione delle norme di prevenzione degli infortuni , è responsabile dell'incidente sul lavoro accorso a un suo operaio, il cittadino rumeno Maties Neculai, 47 anni, residente a Cordenons, che nel maggio del 2001 è caduto da un'altezza di circa quattro metri mentre stava lavorando in un cantiere edile di San Martino. Da quanto è stato riscontrato dai sanitari, l'operaio aveva riportato nella caduta la frattura di alcune costole.

Il Gazzettino – Cronaca di Pordenone 11/12/03

Il terreno ha ceduto e ha trascinato un escavatore: travolto un romeno di 37 anni che stava scavando una buca Incidente al cimitero, muore un operaio Prima Porta, tragedia in un cantiere per la costruzione di una tomba di famiglia di GIUSEPPE MARTINA . Cede il terreno soprastante insieme all'escavatore parcheggiato sul ciglio del fosso e l'operaio che sta lavorando alla costruzione di una tomba di famiglia, in una buca profonda quattro metri, resta travolto e ucciso. Sul colpo. L'ennesima tragedia sul lavoro si è verificata, ieri mattina, all'interno del cimitero di Prima Porta: la vittima, George Tirtau, 37 anni, romeno, sposato e padre di due figli ancora piccoli, si trovava con un altro manovale nell'area di cantiere allestita da qualche giorno nel riquadro 205, all'altezza dell'ultimo ingresso pubblico, in via Flaminia. In quel settore la ditta ”Mangone Marmi”, con sede alla Giustiniana, aveva ottenuto la concessione per la costruzione di una cappella privata. Dovevano essere ancora ultimate le fondamenta della struttura: le piogge dei giorni scorsi avevano infatti reso necessario un puntellamento del terreno perimetrale ritardando il completamento dei lavori. Perciò ieri mattina George Tirtau e il collega, italiano, - entrambi dipendenti a quanto pare di un'altra società che aveva avuto il subappalto dei lavori - erano ridiscesi con una scaletta all'interno della buca, fra le quattro "pareti" rivestite di un triplo strato di foratini, intonaco e rete metallica elettrosaldata. I due avrebbero dovuto ripulire e "rafforzare" quei tramezzi, prima della prevista colata di cemento. All'improvviso, erano le 11 circa, per cause ancora da accertare il terreno soprastante ha ceduto, una massa di terra e laterizi è venuta allora giù seppellendo in pratica l'immigrato. Anche la pala meccanica che era stata lasciata in sosta sul ciglio della buca, è scivolata dentro dando forse il colpo di grazia alla vittima. L'altro operaio, nel frattempo, era riuscito a scappare e a mettersi in salvo. Scattato l'allarme, sul posto sono arrivati polizia e vigili del fuoco che hanno impiegato oltre un'ora per riportare in superficie il cadavere. Sull'episodio sono state aperte due inchieste. Il sostituto procuratore di turno, Carlo Lasperanza ha compiuto un sopralluogo sul cantiere e nel pomeriggio ha interrogato il titolare della "Mangone Marmi". «Si prospettano già diverse responsabilità, in capo a differenti soggetti» è ciò che filtra dagli investigatori. Indagano anche gli Ispettori del lavoro presso la Procura per verificare il rispetto

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della normativa anti infortunistica. Si sta accertando anche la posizione contributiva della vittima e se lavorasse o meno in nero, e se fosse o no in regola col permesso di soggiorno. Il Messaggero 16/12/03Roma Oancea Son, rumeno di 35 anni, operaio e titolare di un impresa non registrata alla Cassa Edile, ha perso la vita precipitando da un ponteggio alto 12 metri, all’interno del policlinico di Tor vergata. L’uomo, che indossava l’imbracatura non assicurata a nessun gancio, è morto dopo qualche ora dall’incidente, nel reparto di rianimazione dell’ospedale. Oancean era papà da 15 giorni.www. filleacgil.it 16/12/03

Di notte

GABRIELE POLO. Ieri il manifesto non è arrivato nelle edicole di mezzo Piemonte. Capita: un ritardo in redazione, una rotativa che si inceppa, un motore di furgone che si fonde. Ma stavolta non è andata così. I nostri amici di Torino e dintorni non hanno potuto leggerci per uno schianto in autostrada. L'autista è grave in ospedale, sua moglie è morta, la loro bambina è illesa per miracolo. Avremmo preferito una rotativa rotta. Un incidente stradale è un fatto di routine, se non è troppo disastroso vale due righe su un giornale. Ma dietro a ogni notizia c'è sempre una storia. Quella dell'ecuadoregno che l'altra notte portava i pacchi del manifesto dalla tipografia di Treviglio al centro di smistamento di Monza è la storia degli invisibili. Di lui non sappiamo nemmeno il nome, sappiamo che di notte guida furgoni un po' scassati di proprietà altrui. Che è uno «straniero» come tutti gli autotrasportatori di giornali, che - per un migliaio di euro al mese - strappa un lavoro al sistema di appalti e subappalti che governa la distribuzione dei giornali. Che di giorno insegue altri impieghi precari per arrotondare il suo reddito e che lunedì notte ha portato con sé la famiglia. Forse lo faceva sempre e le «regole» dicono che non va fatto. Ma in un simile mondo ha ancora un senso la parola «regole»?Non è la prima volta che un autista di giornali si schianta su una strada e magari ci lascia la vita: i tempi stretti, le condizioni meteo, gli imprevisti del traffico sono sempre stati nemici terribili degli autisti. Negli ultimi anni si sono però aggiunti altri avversari, gli stessi comuni a tutto il mondo del lavoro. Un tempo era una vita dura ma ben pagata, oggi è durissima e pagata male; un tempo ci si associava in cooperative o si era dipendenti a tempo pieno di un'impresa con tutte le tutele sindacali del caso, oggi si lavora in appalto e senza diritti. Anche l'origine degli autisti è cambiata, pochissimi italiani, quasi solo immigrati dal mondo povero. Che si presentano al centro di distribuzione sperando di guadagnare un viaggio in più, su strade che spesso non conoscono, in orari difficili. Un vero mercato delle braccia che avviene ogni notte, un lavoro «a chiamata», simile a quello dei braccianti, che serve ad abbassare i costi. E a far morire gli invisibili.Quando, al mattino, una persona va all'edicola per comperare il suo giornale a tutto questo non pensa, forse nemmeno lo sa. Ci pensiamo poco anche noi, che pure spesso scriviamo di come degrada il lavoro: non ci viene nemmeno in mente che a ogni ritardo di «chiusura» in redazione corrisponde un invisibile «chiamato» a fare quella corsa in più per porre rimedio alla nostra imperizia, recuperando il tempo perduto per portare il manifesto ai suoi lettori. Ma un giornale è il frutto di chi lo pensa, lo scrive, lo stampa e lo trasporta. Come tutte le merci «dietro» c'è tanto lavoro, ci sono tanti lavori. Più o meno belli, più o meno faticosi e pericolosi. Come quello del nostro invisibile amico ecuadoriano.

Il Manifesto 31/12/03

Pesaro E’ morto il lavoratore egiziano, abdellatif khalaf di 52 anni, che il giorno 27 dicembre era caduto da un impalcatura, da una altezza di 10 metri, nel cantiere edile del depuratore di montecchio.dopo tre giorni di agonia è deceduto lasciando moglie e due figli.

www. filleacgil.it 30/12/2003

MONTECCHIO Morto l’operaio precipitato nel cantiere del depuratore, lascia due figli piccoli

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MONTECCHIO. Da una tragedia affiora un altro dramma. E’ morto all’inizio della settimana al reparto di rianimazione di torrette l’operaio egiziano precipitato mentre lavorava al cantiere del depuratore di Montecchio. L’operaio, di 52 anni, della provincia di Macerata, è infatti padre di due bambini che vivono con lui e per cui la polizia municipale di Pian del Bruscolo, che sta compiendo indagini sull’infortunio sul lavoro, ha già inviato segnalazione al tribunale dei minori per l’assistenza. Quanto al cantiere è stato posto sotto sequestro. Al momento dell’incidente c’è stato un fuggi-fuggi e quando è arrivata la polizia non ha trovato praticamente nessuno. Il Messaggero – Cronaca di Pesaro 1/01/04Paura a Porto Torres. Morti due marittimi. Chiuso lo scalo Inferno sulla nave carica di benzene

Un'esplosione, poi un'altra e un'altra ancora, si apre uno squarcio nella fiancata e le fiamme divampano. L'inferno sulla nave cisterna si è scatenato poco prima di mezzogiorno di ieri. Ormeggiata nel porto industriale di Porto Torres, in provincia di Sassari, a un passo dalla tropicale spiaggia di Stintino, la Panam Serena, battente bandiera di Nassau, era carica di benzene, solvente utilizzato per la lavorazione degli idrocarburi, seimila tonnellate destinate al polo industriale dell'Enichem. Due membri dell'equipaggio (diciotto in tutto) risultano dispersi e per lo loro si è temuto il peggio fin da subito. Sergei Cubajeuskis, di 40 anni, ucraino, e Jaroslaus Petruhis, di 24, lettone, erano infatti di servizio alla stazione di pompaggio della cisterna esplosa, andata letteralmente polverizzata dalla violentissima deflagrazione prodottasi durante le operazioni di scarico del solvente, materiale per sua natura altamente infiammabile. Sul posto sono intervenuti in forze vigili del fuoco, polizia, carabinieri, due motovedette della capitaneria di porto e le ambulanze del 118. Dopo circa due ore e mezza di lavoro la situazione è stata definita «sotto controllo» anche se sulla nave e nei pressi del pontile del porto le fiamme non sono state del tutto spente. L'esplosione ha gettato nel panico sia Porto Torres che il vicino capoluogo, Sassari (le due città sono distanti diciassette chilometri) dove il boato si è sentito distintamente, così come si è vista la colonna di fumo nero sprigionata dalle fiamme alte dieci metri. La protezione civile ha fatto scattare il piano di emergenza, auto con altoparlanti hanno subito invitato i cittadini a non uscire di casa, in attesa di accertare la tossicità della nube. La protezione civile ha diramato bollettini di allarme ai comuni della zona (tra cui molte località turistiche), perché si teme per la tossicità del materiale trasportato dalla nave e per gli effetti della nube. Molto gravi i danni al porto, che nella sezione industriale serve il vicino stabilimento petrolchimico, ma che è anche il punto di approdo principale dei traghetti che collegano il Nord della Sardegna al continente. Le navi Grimaldi e Tirrenia in partenza da Porto Torres sono state dirottate a Olbia. Per chi non potrà raggiungere il porto della costa orientale in auto è stato istituito un servizio di collegamento con bus. Le autorità hanno disposto la chiusura del porto passeggeri per almeno due giorni, ma si teme che le ripercussioni sul traffico marittimo possano essere molto più gravi.Tutta la zona del porto è stata evacuata. Sul posto sono giunti anche il prefetto e il questore di Sassari. Secondo la Capitaneria di porto non vi sarebbe rischio per l'ambiente in quanto la nave garantisce una certa sicurezza: «Non abbiamo riscontrato rischi di inquinamento. La nave ha un doppio scafo ed è piuttosto sicura». I soccorritori non escludono però l'affondamento del cargo, ma aggiungono che stanno lavorando per evitarlo: «E' inclinata su un lato e vi è il rischio che possa affondare. La nave è nuova ma è fortemente sbandata, stiamo però cercando di rimetterla in assetto». In attesa di indagini e riscontri di sicuro c'è che Sergei Cubajeuskis e Jaroslaus Petruhis aprono la lista 2004 dei morti sul lavoro. Sabrina Deligia deligia@liberazione. it Liberazione 2/01/04PROGNOSI RISERVATA Infortunio sul lavoro: operaio è gravissimo Due infortuni, uno sul lavoro e l'altro domestico, quasi alla stessa ora, verso le 14.30 di ieri a pochi chilometri di distanza l'uno dall'altro. Il più grave si è verificato nello stabilimento della Pumac srl che produce fondi per calzature in contrada Fiastra di Ripe San Ginesio. Un cinquantaduenne senegalese che risiede a Macerata, Masseye Dipop, si è infortunato mentre svolgeva le proprie mansioni in fabbrica riportando lesioni alla milza. Soccorso, l'extracomunitario è stato trasportato in

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ambulanza all'ospedale di Macerata dove è stato immediatamente sottoposto ad un intervento chirurgico. La prognosi è riservata. Sul luogo dell'incidente sul lavoro, per i sopralluoghi di rito, sono giunti i carabinieri di Loro Piceno i quali adesso dovranno accertare le circostanze in cui si è verificato il fatto e se vi sono riscontrabili responsabilità. … C. Pass. Il Messaggero – Cronaca Marche 8/01/04Torino

Dopo 24 giorni le indagini dei Carabinieri di Torino hanno portato alla luce un infortunio mortale accaduto a Torino il 10 gennaio ad un lavoratore romeno di 43 anni, Iacob Ferent. L’uomo era precipitato dal tetto di un capannone su cui stava lavorando. L’infortunio non era  stato denunciato e all’inizio gli investigatori avevano pensato ad un omicidio.www. filleacgil.it 10/01/04Porto Torres. Nell’esplosione della gasiera erano rimasti uccisi due marinai Recuperata l’ultima vittima Il corpo era adagiato sul fondale sotto il relittoLo hanno trovato ieri mattina, poco dopo le nove, nell’unico tratto ancora non scandagliato, laddove operavano i rimorchiatori. Ed è stato proprio l’equipaggio del rimorchiatore Vincente ad avvertire la Capitaneria del riaffioramento del cadavere del secondo marittimo deceduto.Il corpo di Jaroslavs Petruhins, 24 anni, lettone, viene imbragato dai sommozzatori dei vigili del fuoco e issato su una motovedetta. L’altra vittima dell’esplosione sulla gasiera Panam Serena, l’ucraino Sergeys Cubajevskis, 40 anni, era stato ripescato dodici ore dopo la tragedia. Niente viene ritrovato addosso al corpo del marinaio lettone. Il magistrato Gianni Caria ha disposto l’autopsia, così come per l’altra vittima.Il lavoro instancabile dei vigili del fuoco, insieme alla capitaneria di porto, hanno restituito ogni tassello utile per il lavoro del magistrato, consentendogli il sequestro di pontile e relitto e il relativo dissequestro in tempi brevissimi.Dopo la tragedia, col suo costo in vite umane, quello del pontile fermo e delle tubature di idrocarburi compromesse rischia infatti di essere il prezzo altissimo da pagare in termini di economia, e quindi di sopravvivenza, per un territorio già disastrato.Mentre da una parte la macchina politico-amministrativa cerca di salvare il salvabile, quella giudiziaria si concentra invece sulle cause dell’incidente, su cui ancora resta buio pesto. Recuperato il cadavere della seconda vittima, il relitto della Panam Serena verrà messo in sicurezza con l’ausilio di un pontone attrezzato, proveniente dalla Penisola, forse già da oggi. Soltanto dopo sarà possibile spostare la gasiera battente bandiera di Nassau e riparare il pontile dello stabilimento petrolchimico, rimasto seriamente danneggiato in seguito all’esplosione.Per oggi è previsto un nuovo sopralluogo del magistrato, insieme ai tecnici dello stabilimento.È il primo gennaio quando la Panam Serena salta in aria. L’esplosione è violentissima. La coperta è divelta, la nave si inclina e comincia a imbarcare acqua, a bordo divampa un incendio: fiamme alte 30 mentri, la colonna di fumo è visibile da mezza provincia. L’incendio verrà spento solo dopo 3 giorni. Dodici marinai e il comandante si tuffano dalla nave e riescono a mettersi in salvo. All’appello mancano due marinai, l’ucraino Sergeys Cubajevskis, 40 anni, e Jaroslavs Petruhins, 24 anni, lettone. Il primo ad essere recuperato indossa la cintura di uno spallaccio, trovato a fianco al cadavere coi lembi bruciacchiati. Finisce sotto sequestro: l’autoprotettore , con bombola di gas annessa, di solito viene usato nelle esercitazioni o nelle fughe di gas. Niente di tutto questo, dicono i superstiti, che invece parlano di una maschera antigas, usata di norma dalla Compagnia durante le operazioni di carico e scarico del benzene. Due strumenti di lavoro diversi: per la maschera lo spallaccio non è necessario. Una differenza non da poco che consentirebbe di ipotizzare la causa dell’incidente.E le conseguenze dell’esplosione consegneranno mesi non facili, nella più rosea delle previsioni: in quel pontile incendiato arrivano ogni anno 700 navi, che caricano materie prime e prodotti. Ci sono una quarantina di linee, dietro cui ci sono gli uomini: solo negli impianti delle tre società del petrolchimico lavorano in 1200. Altri 600 operai si muovono nelle imprese esterne, in simbiosi con l’Enichem. Poi viene l’indotto: decine di piccole imprese che sopravvivono grazie al petrolchimico.

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Infine i trasporti: 7800 mezzi gommati ogni anno, quasi tutti sono trasportatori locali: in tutto quattromila famiglie.L’Unione Sarda 12/01/04Guerra del lavoro, ieri due morti

Due morti e un ferito: questo il bilancio di tre incidenti sul lavoro avvenuti ieri. Giovanni Marino Petrantoni, 53 anni, edile, è caduto dal tetto di un'abitazione che stava ristrutturando nel comune di Onzo, nell'entroterra albenganese. L'uomo è morto sul colpo. Stessa tragica sorte per Juana Mengoni Zulma, operaia di 45 anni di origine argentina, schiacciata da una macchina per l'imballaggio dei pacchi allo stabilimento Galbani di Corte Olona (Pavia). La donna era sposata e madre di tre figli. Rischia invece di perdere un braccio Luigi Zucchelli, operaio di 50 anni, presso la FungOrobica di Cenate Sotto. Il tappeto del rullo di un macchinario si è inceppato e l'operaio ha tentato di risolvere il guasto senza spegnere la macchina, ma la sua mano destra è rimasta impigliata nel macchinario che gli ha mozzato l'avambraccio. Secondo i dati diffusi ieri dalla Cgil, nel 2003 gli incidenti sul lavoro sono aumentati del 4, 5%.

Liberazione 16/01/04

MONCALIERI, INFORTUNIO.

Un operaio è precipitato ieri mattina dal tetto di un capannone di strada Curriel, a Moncalieri, mentra stava lavorando alla sostituzione di alcuni pannelli. L'uomo, Ior Bucur, 42 anni, è stato ricoverato al Cto, ma le sue condizioni non sono gravi.

La Stampa- Sezione Torino 21/01/04

La sicurezza non è clandestina

Una ricerca condotta dall’Istituto italiano di medicina sociale e dalla Caritas, presentata ieri, dice che gli immigrati sono vittime di infortuni sul lavoro due volte e mezzo più degli italiani. Tra gli italiani avviene un incidente ogni 25 lavoratori, tra gli stranieri extracomunitari uno ogni 10. E un caso ogni 500 è mortale, un dato che la dice lunga sulla situazione. Nella graduatoria delle regioni a più alta percentuale di infortuni c’è la Lombardia con oltre 13 mila, il Piemonte è al quarto posto con 3658. Il Sud, che pur accoglie una significativa quota di immigrazione (13% nel 2002) non compare. Per i ricercatori, il rischio più alto è dovuto al fatto che gli stranieri sono addetti alle lavorazioni più pericolose. Poi, è scarsa l’informazione sia sulla sicurezza che sui diritti. A Torino, nei mesi scorsi, è approdato un giovane immigrato irregolare dell’Est. Che di informazione sulla sicurezza e sui propri diritti non ne ha avuta proprio. Un caso esemplare. Un ragazzo di vent’anni che, arrivato in Italia, era finito a lavorare in agricoltura in una regione del Sud. Laggiù è rimasto vittima di un grave infortunio dovuto a condizioni totalmente prive di sicurezza. Subito dopo l’incidente, privo di conoscenza e in pericolo di vita era stato abbandonato davanti all’ospedale della città vicina (una città con diverse centinaia di migliaia di abitanti). All’ospedale, nonostante l’evidenza delle cause dell’amputazione, nessuno si è premurato di capire, di denunciare, di insistere perché lui, la vittima, potesse rendersi conto della gravità di una storia del genere per le leggi italiane. Clandestino o no, non c’è differenza. La salvezza - fisica e, chissà, anche dei suoi diritti di lavoratore (se le denunce presentate contro l’ospedale del Sud e contro l’imprenditore agricolo avranno esito positivo) - è arrivata qui. Da un ospedale torinese, dai familiari del ragazzo, ma anche da una rete di solidarietà .

La Stampa- Sezione Torino 21/01/04La strage silenziosa dei migranti Il progetto di ricerca presentato ieri a Roma, curato dall'Istituto Italiano di Medicina Sociale e dal "Dossier statistico immigrazione" della Caritas, fotografa, seppur in maniera ancora sfocata il fenomeno del rischio infortunistico nei luoghi di lavoro dei cittadini migranti. I curatori, tanto nella prefazione del rapporto, relativo al 2001, quanto nella presentazione, hanno sottolineato alcuni elementi di carenza informativa che hanno portato a raccogliere per difetto i dati utilizzati. Tanti,

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troppi sono i lavoratori stranieri che, o perché assunti al nero, o per timore di perdere comunque il posto, evitano di denunciare gli infortuni o, fanno passare gli incidenti occorsi per semplici malattie. Basandosi poi sui dati forniti dall'Inail, mancano i riferimenti ai lavoratori interinali - all'epoca almeno 100.000 - né delle collaborazioni continuate continuative (Co co co). Ciononostante gli oltre 641 mila infortuni indennizzati nel 2001 confermano due fatti inequivocabili: i lavoratori nati all'estero sono addetti alle lavorazioni a più alto rischio e, nell'ambito di queste lavorazioni essi vanno incontro ad un tasso di infortuni più elevato. In pratica mentre fra i lavoratori italiani avviene un infortunio ogni 25 persone al lavoro, fra quelli nati all'estero, il rapporto sale a uno ogni 10, oltre il doppio. Il rapporto privilegia una analisi quantitativa dei dati disaggregati sul territorio, per paesi di provenienza e per i diversi settori di impiego nel tessuto produttivo. Ne emerge un quadro in parte scontato: più frequenti sono le denunce di infortuni in quelle aree geografiche in cui ad un mercato del lavoro che offre opportunità in attività rischiose si contrappone un sistema minimo di tutela sindacale effettivo. Le denunce calano vertiginosamente in quelle zone, soprattutto del meridione, in cui ampie fasce di lavoratori sono privi di reali tutele. Altro elemento che la ricerca non manca di cogliere è la crescita, tanto in valore assoluto che in percentuale, che nel quinquennio 1997/2001 ha caratterizzato l'infortunistica sul lavoro. Più complessa una analisi significativa per aree o paesi di provenienza dei lavoratori; questo perché nel corso degli anni le nicchie economiche occupate prevalentemente da alcune comunità, tendono a mutare così come muta in continuazione la composizione quantitativa di cittadini e cittadine migranti in base ai paesi di provenienza. I settori in cui più alto è il tasso di infortuni e più netta è la differenza fra lavoratori nati all'estero e lavoratori italiani, sono quelli dell'edilizia e della lavorazione dei metalli, basti pensare che per quest'ultimo mentre per i lavoratori stranieri il tasso di incidenza è del 14,3% per gli autoctoni scende al 6,4%. Ma al di là dei freddi dati statistici ci sono elementi ancora più drammatici su cui è necessario proseguire nella ricerca. Mancano i dati che definiscono in maniera più precisa la tipologia di infortuni per cui si richiede l'indennizzo. L'incidenza altissima del tasso di mortalità (uno ogni 500 infortuni indennizzati) parla da se. Allarmante la scarsità di informazioni in merito ai diritti sul lavoro a cui si oppone un processo in crescita costante di sindacalizzazione. Molte delle persone intervistate per una ricerca condotta sul territorio romano lamentano carenze che dovrebbero far riflettere. Complessità dei sistemi d'accesso al sistema sanitario, tempi d'attesa - questioni che colpiscono ogni lavoratore - si somma alla precarietà del diritto alla regolarità del soggiorno, ai problemi comunicativi e culturali nella relazione col personale medico, ad una strutturale inadeguatezza dell'informazione. Stefano Galieni 

Liberazione 21/01/04

Operaio senegalese muore sul lavoro. E’ approdata in Consiglio Regionale delle Marche, a seguito di un’interrogazione del capo gruppo dei Verdi Marco Moruzzi, la tragedia che ha portato al decesso dell’operaio di origine senegalese Masseye Diop, morto l’altro ieri dopo un incidente occorsogli nello stabilimento calzaturiero Pumac di Ripe S.Ginesio (MC). Moruzzi chiede che oltre al procedimento giudiziario avviato d’ufficio dalla Magistratura, la Regione Marche promuova immediatamente un’inchiesta amministrativa che riguardi sia l’applicazione delle misure di prevenzione degli infortuni nei luoghi di lavoro, sia i tempi e le modalità di soccorso. E’ necessario fare chiarezza sulla prontezza ed efficienza delle imprese private e del servizio pubblico di pronto intervento “118”. La vicenda gravissima nelle conseguenze e nei suoi risvolti è stata immediatamente minimizzata, forse perché si tratta di un lavoratore di origine africana? O forse perché nella nuova organizzazione del lavoro è pratica comune in troppe piccole imprese del tanto decantato “ modello marchigiano” considerare solo un peso le necessarie norme di sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro. Le statistiche evidenziano che le Marche sono tre le prime in Italia per morti bianche. Le aziende cercano di rimuovere e nascondere il preoccupante aumento del numero degli infortuni sul lavoro. Spesso le principali vittime degli incidenti sono i lavoratori preposti alle mansioni più nocive e rischiose, tra questi molti extracomunitari. Quest’ultimi oltre al ricatto occupazionale subiscono quello relativo al permesso di soggiorno che con le nuove normative non viene rinnovato in mancanza di un contratto di lavoro e ciò impedisce l’esercizio completo dei diritti sindacali. Inquietanti le circostanze di tutta la vicenda: intorno alle 13.30 Masseye Diop viene schiacciato da un pesante macchinario all’interno della

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Pumac, tale macchinario sarebbe stato riparato da poco tempo. Nonostante la gravità dell’incidente non sarebbe stato richiesto l’intervento del “118”, ma questo sarebbe avvenuto solo dopo diverso tempo. Non solo, Moruzzi chiede di accertare perché invece del 118 sia stato chiamato sul posto un medico locale e solo successivamente al suo arrivo è scattata l’emergenza, con il risultato che l’operaio ferito sarebbe giunto in ospedale solo tre ore dopo l’incidente. La gravità delle condizioni del signor Diop è testimoniata dal fatto che giunto nel nosocomio maceratese alle 16.00 è stato sottoposto a intervento chirurgico che non è valso a salvargli la vita. Tra le troppe e continue circostanze che hanno portato ingiustificati ritardi e perdite di tempo c’è anche quella di un cambio d’ambulanza effettuato lungo il percorso, in località Sforzacosta, dove l’infortunato è stato trasbordato da un’autoambulanza ad un’altra riuscendo finalmente a raggiungere il Pronto Soccorso dell’ospedale di Macerata. Masseye Diop, 53 anni, viveva a Macerata, lascia una moglie e quattro figli che vivevano del suo lavoro.

Interrogazione di Marco Moruzzi capogruppo Verdi delle Marche - 14/01/2004

Rassegna stampa sugli infortuni sul lavoro, febbraio-marzo a cura di Alessandra Cecchi 21/04/04 Quella che segue è una selezione delle notizie apparse sui quotidiani che riguardano immigrati coinvolti negli incidenti sul lavoro. Non è, con ogni evidenza, un’informazione esaustiva sul tema: sui quotidiani appare infatti solo un'esigua minoranza degli infortuni che accadono; inoltre non tutti i quotidiani hanno archivi su Internet accessibili o facilmente consultabili

IL 5 GENNAIO SCORSO UN DIPENDENTE ALGERINO ERA PRECIPITATO DAL TETTO. Imprenditore indagato per omicidio. Finse un furto per coprire un infortunio mortale nella sua ditta

E’ accusato di aver depistato le indagini della polizia per coprire un infortunio mortale avvenuto all’interno della sua azienda. Pasquale Sicilia, titolare di una ditta di serramenti e carpenteria metallica di via Reiss Romoli, ora è indagato dalla Procura per omicidio colposo e frode processuale. Secondo l’accusa, sostenuta dal pm Francesca Traverso, Sicilia avrebbe inscenato un falso furto facendo credere che un extracomunitario fosse caduto dal tetto mentre tentava di introdursi all’interno dello stabilimento. Invece si trattava di un dipendente irregolare, precipitato mentre stava effettuando alcuni lavori di copertura. L’episodio risale al 5 gennaio scorso, ma è stato scoperto soltanto alcuni giorni più tardi proprio a causa del depistaggio messo in atto da Sicilia e da un altro suo dipendente, adesso indagato per favoreggiamento. Yacouf Zabbar, questo il nome dell’algerino di 28 anni, privo di permesso di soggiorno, era stato ricoverato in gravi condizioni all’ospedale San Giovanni Bosco . La Stampa Torino 4/02/04

Infortunio sul lavoro. Operaio morto la difesa attacca

Pordenone. (Ro) Ennesimo colpo di scena nel procedimento penale nel quale si ipotizza l'accusa di omicidio colposo nei confronti di professionisti e imprenditori che - secondo quanto ricostruito dal pubblico ministero Antonella Dragotto - non avrebbero adottato tutte le misure di prevenzione e di sicurezza per impedire la morte dell'operaio edile rumeno Viorel Sorin Bacaita, di 29 anni. Il giudice Piera Binotto, dopo aver accolto un'istanza presentata dall'avvocato Antonio Malattia che chiedeva di non ammettere la costituzione a parte civile della madre della vittima per una serie di errori formali, ha rinviato il processo ad aprile per valutare la fondatezza di tale istanza. Secondo l'avvocato Malattia non sarebbe valida la procura che la madre della vittima avrebbe fatto giungere all'avvocato romano Sitzia perché si costituisse parte civile. Tale procura sarebbe stato autenticata da un notaio rumeno, ma non avrebbe il visto del Consolato e pertanto sarebbe nulla. Dopo il patteggiamento di Tonu Ilie, davanti al gip, il processo vede sul banco degli imputati i soci contitolari della ditta Gem (aveva dato in subappalto a Ilie l'esecuzione dei lavori in un cantiere edile di Sacile) Eros Uliana, 41 anni, e Massimo Polentes, 40 anni, entrambi di Vittorio Veneto; il progettista e direttore dei lavori Renato Posocco, 40 anni, di Caneva; e Franco Costoli, 55 anni, di Gaiarine, quale committente dell'appalto del capannone alla ditta Zanette che poi li affidò alla Gem

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Il Gazzettino – Cronaca di Udine 5/02/04

Morte da clandestini nell'alta marea

18 giovani immigrati cinesi intrappolati dalla sabbia e travolti dalle acque gelide innalzatesi mentre raccoglievano molluschi a Morecambe Bay, nel nord ovest dell'Inghilterra ORSOLA CASAGRANDE LONDRA Dev'essere stata una morte orribile. La marea che si alza improvvisamente, il mare gelido che in pochi secondi riconquista metri di spiaggia, inghiottendo tutto ciò che incontra sulla sua strada. Le sabbie mobili, sconvolte dalle acque, che bloccano senza speranza chi fino a pochi minuti prima camminava chino raccogliendo molluschi. Diciotto i corpi senza vita recuperati dalla guardia costiera, ma le ricerche continuano. Sedici uomini e due donne, tutti di nazionalità cinese, dice la polizia. Quattordici i sopravvissuti, scioccati, semi assiderati. Tutti giovani, teenagers o poco più che ventenni. Molti dei corpi erano semi nudi, segno che i giovani si erano tolti i vestiti nel disperato tentativo di rendere più facile il nuoto. Ma le acque gelide e le sabbie mobili hanno impedito loro qualunque movimento. Il gruppo, più di una trentina di persone, giovedì pomeriggio verso le tre si era recato sulla spiaggia della Morecambe Bay (nel Lancashire, nord ovest dell'Inghilterra) per raccogliere i preziosi molluschi (canestrelli in particolare). Preziosi per chi aveva ingaggiato quegli uomini e quelle donne, che non parlavano con ogni probabilità nemmeno una parola d'inglese. Molluschi che valgono oro per le bande senza scrupoli che da qualche tempo «assumono» cittadini stranieri (meglio se senza permesso di soggiorno) e li mandano senza alcuna misura di sicurezza a raccogliere le vongole pregiate delle spiagge del nord. La polizia ieri ha confermato di trattare l'incidente come «sospetto»: quelle morti potrebbero cioè avere dei responsabili. «Con ogni probabilità - ha detto la portavoce della polizia - si trattava di immigrati clandestini, forse ingaggiati da bande organizzate. Al momento - ha aggiunto - non possiamo escludere nulla. Io credo che chi sfrutta queste persone è qualificabile solo come criminale della peggior specie. E' gente pronta a sfruttare i più deboli nella nostra comunità». I quattordici sopravvissuti sono stati portati in ospedale dove con l'aiuto di un interprete la polizia sta cercando di ricostruire cosa è accaduto e soprattutto chi li ha mandati su quella spiaggia senza protezione. Perchè i cartelli di pericolo campeggiano su tutto il litorale. Ma sono ovviamente scritti in inglese. La Morecambe Bay è famosa per i molluschi ma anche per le maree improvvise, per quel mare che in pochi secondi inghiottisce la spiaggia d'oro, come viene definita. Il giro di affari legato alla raccolta di molluschi è sui sei milioni di sterline. Chi raccoglie i frutti di mare professionalmente (cioè chi è regolarmente impiegato per farlo) può guadagnare anche 500 sterline al giorno (circa 750 euro). Ma certamente gli uomini e le donne cinesi che si sono avventurati sulla spiaggia giovedì guadagnavano molto di meno. In genere la manodopera straniera viene pagata una sterlina e mezza all'ora (poco più di 2 euro) per turni di 12-16 ore. Da un anno a questa parte si è notato un aumento nell'utilizzo, da parte di bande organizzate (che funzionano da agenzie interinali illegali per cittadini stranieri senza permesso o che non possono lavorare per legge, come nel caso di chi chiede asilo politico) di manodopera a basso costo. Per evitare controlli, masse di lavoratori vengono spostate in giro per il paese: così trascorrono due mesi a raccogliere patate, un mese a raccogliere narcisi e un mese a raccogliere molluschi. La polizia era stata allertata dalla stessa comunità cinese: i capi locali avevano confermato che molti cinesi si stavano spostando verso Morecambe da altre zone. La raccolta di molluschi è cominciata a dicembre, ma come dicono molti pescatori locali, c'è bisogno di regolamentare la raccolta. La deputata laburista per il collegio che comprendere Morecambe, Geraldine Smith ha spiegato alla Bbc che «una riunione locale era stata organizzata per fine febbraio. La raccolta dei molluschi - ha aggiunto - è diventata una questione assai controversa, specialmente da quando abbiamo la conferma che il business ha attratto delle bande senza scrupoli che vedono nella raccolta dei bivalve la possibilità di alti guadagni». Smith ha confermato che «nella raccolta vengono impiegati sempre di più cittadini stranieri senza permesso». Quindi facilmente ricattabili e soprattutto difficilmente identificabili, anche nel caso di incidenti drammatici come quello di ieri. In agosto la polizia aveva arrestato proprio a Morecambe trentasette cittadini cinesi, tutti privi di permesso di soggiorno e che, secondo le autorità, si apprestavano a lavorare come raccoglitori di molluschi sulle spiagge della zona. In un altro raid

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erano state fermate quattrocento persone. E in Scozia un altro gruppo di cittadini stranieri era stato fermato mentre raccoglieva molluschi in una zona off limits perchè contaminata. Lo sfruttamento della manodopera illegale non è l'eccezione nell'Inghilterra della disoccupazione ai minimi storici. E' la norma. Il Manifesto 7/02/04

10/02/ 2004 Molfetta – Bari

Un giovane operaio di 30 anni, Alfredo Volza, ha perso la vita in un infortunio sul lavoro a Molfetta, mentre era impegnato nel montaggio di alcuni pannelli sul tetto di un capannone in costruzione. Il tetto ha ceduto e l’uomo, insieme ad un collega albanese che è rimasto ferito, è precipitato al suolo. <>www.filleacgil.it 10/02/ 2004

IN STAZIONE A FONDOTOCE . Operaio albanese ferito dal carrello ferroviario: è grave

VERBANIA. Grave infortunio sul lavoro, alla stazione di Fondotoce. F.P., operaio albanese di 28 anni, è rimasto incastrato con le gambe tra un carrello ferroviario e la motrice, riportando traumi di grande entità all’addome, agli arti inferiori e la sempiamputazione di un piede. Da mesi a Fondotoce si sta lavorando al rinnovamento dei binari. Secondo una prima ricostruzione il giovane sarebbe rimasto intrappolato tra le ruote in seguito ad un movimento improvviso. Saranno comunque i carabinieri, intervenuti con gli ispettori dello Spresal, il servizio di medicina del lavoro dell’Asl, a ricostruire la dinamica dei fatti. Dai primi accertamenti medici eseguiti dal 118 sarebbero state riscontrate fratture multiple su entrambi i femori e lo schiacciamento di un piede. Per la gravità delle ferite l’operaio è stato subito trasportato in elicottero al Cto di Torino e sottoposto ad una delicata operazione per riattaccare il piede. f. ru. La Stampa 11/02/04 Novara

CASTAGNOLE, INFORTUNIO.

Un giovane rumeno, Mihai Alexandru Ionita, di 15 anni, abitante a Castagnole Piemonte, via Marconi 6, è rimasto ferito in un incidente avvenuto l’altra sera nel mangimificio Capac Zoo, azienda che si occupa della vendita di sementi e dello stoccaggio del mais. Un estrusore per sementi gli ha deturpato il volto. Soccorso da un elicottero del 118, è stato portato la Cto dove è stato sottoposto a un delicato intervento chirurgico. La Stampa 12/02/04

Padenghe. Incidente sul lavoro, muore muratore

Un muratore romeno di 29 anni è morto in un incidente sul lavoro accaduto oggi pomeriggio a Padenghe (Brescia). L'uomo, secondo quanto è emerso dai primi accertamenti, è stato travolto durante dei lavori di scavo, da una massicciata crollata improvvisamente. La morte del muratore è stata constatata dai sanitari del 118 giunti poco dopo sul luogo dell'infortunio. Indagano i carabinieri della stazione di Manerba. La Gazzetta di Mantova – News Online 25/02/04

IMPRENDITORE DI ROBBIO. Sott’accusa per la morte dell’operaio

ALESSANDRIA . Stefano Manzino, 42 anni, di Robbio (Pavia), legale rappresentante della ditta di costruzioni «Mgs» di Mortara che aveva in subappalto lavori di manutenzione stradale, per l'accusa è responsabile della morte, in seguito a infortunio, del tunisino Ben Boujema Boufaia, 48 anni, abitante a Novara. Il gip lo ha incriminato per omicidio colposo accusandolo di aver violato le norme di sicurezza del lavoro. L'extracomunitario il 2 ottobre 2000 nel sobborgo San Michele precipitò dal cavalcavia sulla linea ferroviaria Alessandria-Arona e morì dopo un volo di dieci metri. Con un collega aveva tolto una grata ed era salito sul ponte passando da un'apertura che dà sullo spartitraffico centrale. Precipitò mentre sistemava il nastro fettucciato di sicurezza che doveva

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indicare la posizione del foro. L’operaio, che indossava la cintura di sicurezza, non l'aveva ancorata al guard rail, ma per l'accusa Manzino doveva vigilare affinché la utilizzasse. e. c. La Stampa – Sezione Alessandria 27/02/04

Marittimo cade da nave e muore

Un giovane marittimo di nazionalità cinese è morto dopo essere caduto in mare dalla nave su cui lavorava, davanti al porto di Ravenna. Secondo quanto ricostruito dal comando operativo zona marittima della Guardia Costiera di Ravenna, la caduta in mare del marinaio, che lavorava sulla nave Stargold Trader, è avvenuta mentre il giovane stava ritirando una scaletta, che solitamente serve per far salire o scendere da bordo il pilota, dalla murata della nave. Liberazione 2/03/04

Milano. Operaio muore cadendo da un'impalcatura

Un giovane di 33 anni, di cittadinanza albanese, è morto a Milano cadendo da un'impalcatura mentre stava effettuando dei lavori di ristrutturazione. L'incidente è avvenuto in via Negri intorno alle 13,30. L'uomo, alle dipendenze della ditta 'Promoter', è scivolato dall'impalcatura. Subito soccorso è deceduto durante il trasporto all'ospedale Fatebenefratelli. La Gazzetta di Mantova –News Online 3/03/04

Olbia, edile muore giù dalla gru

Incidente mortale a San Teodoro, vicino a Olbia. Un operaio di 34 anni è caduto da una gru mentre stava lavorando in un cantiere per la realizzazione di un viadotto dell'ultimo tratto della strada statale 131 Dcn che collega San Teodoro alla città gallurese. Si chiamava Hikmet Huseini, macedone residente a Potenza, e si è schiantato al suolo dopo un volo di 15 metri. Vano il tentativo dei medici del 118 di rianimarlo. Liberazione 16/03/04

DRUENTO. IL BOATO, DURANTE I LAVORI DI ASFALTATURA, PROVOCATO DA UN DIFETTO DELL’IMPIANTO A GAS . Esplode una botte di catrame, ustionati due operai

Stavano asfaltando la strada quando la botte che contiene il catrame liquido è esplosa. Matteo Trotta, 52 anni e Filip Aurelian, un rumeno di 28 anni, entrambi di Torino, sono stati investiti dalle fiamme. Il primo è ricoverato al Cto con qualche frattura e delle lievi ustioni, mentre il secondo, raggiunto al volto dal fuoco, è stato dimesso in giornata. L'infortunio è avvenuto ieri intorno alle 8.30 in via Medici del Vascello, dove la ditta Cumino di Rivarolo sta effettuando dei lavori di bitumatura del manto stradale per conto dell'amministrazione comunale. Un boato improvviso ha attirato l'attenzione di una pattuglia della polizia municipale di Druento che si era in zona. Gli agenti in un amen hanno raggiunto il cantiere di via Medici del Vascello e si sono trovati davanti i due operai feriti. Matteo Trotta, che al momento dell'esplosione era ai comandi del macchinario, era stato scaraventato ad una decina di metri ed era accasciato sulla strada. Il giovane rumeno, che stava lavorando affianco al mezzo, è rimasto investito da una potente fiammata. In pochi minuti sul posto sono arrivate le ambulanze del 118. I sanitari hanno medicato i feriti cercando di lenire il bruciore causato dalle ustioni e poi Trotta, che lamentava un forte dolore alla schiena, è stato trasportato al pronto soccorso del Cto. L'esplosione, secondo i primi accertamenti effettuati dai civich del Comune di Druento e dai tecnici del 115, sarebbe stata innescata dal cattivo funzionamento dell'impianto a gas dell'asfaltatrice. In poche parole, ad un certo punto e per motivi ancora da chiarire, si sarebbe spenta la fiamma che scalda il catrame e lo rende pronto per l'asfaltatura, ma il gas avrebbe continuato ad esser erogato all'interno della botte. Così, quando i due operai hanno cercato di riaccendere la fiamma, è saltato tutto in aria. Adesso la polizia municipale di Druento, coordinata da Francesco Ferrara, ha sequestrato l'asfaltatrice. Nei prossimi giorni gli inquirenti dovranno stabilire se i due addetti lavoravano nel rispetto delle norme previste dalla legge 626 che cercano di contrastare gli infortuni e anche se qualcuno possa avere delle responsabilità per il guasto che poteva costare la vita agli operai. g. gia.

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La Stampa – Sezione Torino 19/03/04

Bergamo. Incidente in un cantiere, muore un operaio

Incidente sul lavoro in un cantiere bergamasco. E come è successo sempre negli ultimi casi, anche stavolta la vittima è un immigrato, un muratore che, secondo le prime ricostruzioni, intorno alle 8:30, stava lavorando al pianterreno di uno stabile in ristrutturazione in via Rubbi a Sorisole quando ad un tratto è stato travolto da alcune travi. Immediatamente sono scattati i soccorsi. Sul posto si sono precipitati un'ambulanza del 118 e l'elisoccorso, ma per l'extracomunitario non c'è stato nulla da fare: era già morto sul colpo. (A) La Gazzetta di Mantova – News Online 23/03/04

Operaio si ustiona nell'acqua bollente

Un operaio, originario del Ghana, di 39 anni, è ricoverato in coma presso il centro grandi ustionati dell'ospedale Sant'Eugenio di Roma dopo essere precipitato in una vasca per macellazione di animali al cui interno si trovava acqua bollente. L'episodio è avvenuto nell'Industria Alimentari Carni di via Cervara, nella zona di Tor Sapienza a Roma. Liberazione 25/03/04

Sul lavoro una strage di romeni

Roma. E’ morto Daniel Petreche operaio romeno di 36 anni. Una strage di romeni sul lavoro in Italia con questo giovane morto a Roma sono 28 i romeni morti in Italia solo sui luoghi di lavoro. I romeni sono oltre il 46% di tutti gli stranieri morti in Italia. E’ una tragica realtà che dovrebbe far riflettere tutti gli italiani onesti che dovrebbero onorare e rispettare questi nostri “cugini” che stanno pagando un prezzo altissimo per il nostro benessere. Petreca è morto in un cantiere stradale a Ponte Galeria. La tragedia nel primo pomeriggio. Petreca è rimasto schiacciato da una pesante paratia di metallo, caduta accidentalmente. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della stazione di Ponte Galeria e personale dell’Asl. Anche in questo caso ancora da chiarire la dinamica dell’accadutoTrapani E’ morto Salvatore Amoroso un agricoltore di 76 anni. Amoroso è morto nelle campagne di Trapani schiacciato dal suo trattore mentre stava raccogliendo le olive. ed è deceduto poco dopo il trasporto in ospedale. Indagini sono in corso da parte dei carabinieri per ricostruire la dinamica dell’accaduto.Massa Carrara, 16 novembre 2011 -E’ morto Enrico Mauceri fulminato un cavatore di marmo di 32 anni. La tragedia in cui sono stati rimasti gravemente feriti anche due suoi colleghi in una cava del bacino marmifero di Torano, presso Carrara.sembra che i tre lavoratori erano nei pressi di una cabina elettrica quando sono stati investiti da una scarica elettrica per cause ancora da chiarire. I due feriti sono invece statitrasportati in elicottero in ospedale a Carrara. Sul posto la polizia e personale della Asl.Ma per il povero giovane non c’era più niente da farePalermo. E’ morto Antonio Cinquemani, 47 anni, di Partinico. Cinquemani operaio dell’Amap, azienda acquedotti di Palermo, è morto dopo essere stato colpito da un getto d’acqua uscito con una violentissima pressione da un grosso tubo. Cinquemani era impegnato con altri colleghi nell’individuare una perdita segnalata sulla condotta idrica di grande portata che lo ha scaraventato a diversi metri di distanza I medici del 118 hanno potuto solo constatare il decesso. I carabinieri stanno indagando sulla tragediaA3 Salerno-Reggio Calabria E’ morto Fabio Bruno un operaio di 27 anni, dipendente di una ditta subappaltatrice impegnata in un cantiere per l’ammodernamento dell’autostrada tra Campotenese e Morano. Il povero giovane è morto in seguito al ribaltamento di un carrello elevatore utilizzato per sollevare e trasportare materiale. Bruno era alla guida del mezzo che, per cause da accertare, si è ribaltato. L’ANAS ha nominato una commissione d’inchiesta interna per verificare la dinamica e le cause dell’incidente. Zuccolini Roberto

Il Mezzogiorno - 17 novembre 2011

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