musica domani indice · 2019. 7. 7. · musica domani - n. 110 - marzo 1999 ricerche e problemi...

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Ricerche e problemi 03 Piers Spencers, L’esperienza musicale fra oralità e scrittura 11 Mario Piatti, Un punto di vista sull’educazione musicale Strumenti e tecniche 17 Dina Poch De Grätzer, Far musica a tre anni con mamma e papà 22 Maurizio Disoteo, Un laboratorio musicale per le scuole italiane 23 Documento ministeriale, Per la diffusione della musica come fattore educativo nel sistema scolastico italiano Pratiche educative 28 Annibale Rebaudengo, Giochi di Kurtág in conservatorio Confronti e dibattiti Le motivazioni dell’imparare la musica 32 Franca Mazzoli, La condivisione è la motivazione più efficace 34 Renato Rovetta, Descolarizzare la musica con nuove risorse formative 36 Franca Ferrari, Dare senso alle esperienze musicali Biblioteca 40 Enrico Strobino, Musica, educazione e intercultura [su Maurizio Disoteo, Didattica interculturale della musica, EMI] 41 Schede (a cura di Beatrice Pallone) 42 Maria Videsott, Viaggio nella memoria attraverso il canto [su Francesco Delicati, Il canto fa venire fuori il paese più in fretta, PCC] 43 Da non perdere (a cura di Luca Marconi) 44 Stefania Lucchetti, Musica e scuola nel mondo: siamo tutti nella stessa barca? [su Sam Leong (a cura di), Music in Schools and Teacher Education: A Global Perspective, ISME and CIRCME] 45 Rassegna pedagogica (a cura di Roberto Albarea) Rubriche 8 Ascolti da scoprire, di Angela Cattelan 10 Parole Chiave: Prima vista, di Francesco Bellomi 14 Bemolli, di Cidrolin 16 Musica in bit: La città dei bambini, di Amedeo Gaggiolo 21 Taccuino di animazione: Finalità, di Maurizio Vitali 38 Questioni di metodo, di Donatella Bartolini 46 Notizie 48 Fuoricampo, di Rinconete Cortadiglio Trimestrale di cultura e pedagogia musicale Organo della SIEM Società Italiana per l’Educazione Musicale Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 411 del 23.12.1974 - ISSN 0391-4380 Anno XXIX, numero 110 marzo 1999 Direttore responsabile Rosalba Deriu Redattori Franca Mazzoli Davide Zambelli (Vice-direttore) Segretaria di redazione Simonetta Bettio Comitato di redazione Mario Baroni, Maurizio Della Casa, Giovanni Piazza Segreteria di redazione Vicoletto cieco San Carlo, 2 37129 Verona Tel. e Fax 045/8346104 E-mail: [email protected] Grafica copertina Raffaello Repossi Preparazione pellicole Cierre Grafica Caselle di Sommacampagna - Verona Tel. 045/8580900 - Fax 045/8580907 Stampa Nuova Arti Grafiche Ricordi S.r.l. Editore CASA RICORDI - BMG RICORDI S.p.A. Amministrazione, promozione, pubblicità Via Berchet, 2 - 20121 Milano Tel. 02/8881.2204 - Fax 02/8881.2212 E-mail: [email protected] Indirizzo Internet: www.ricordi.it Un fascicolo L. 8.000 Abbonamenti annuali Italia £ 30.000 - Estero £ 35.000, comprensivo di quattro fascicoli della rivista. Gli abbonamenti pos- sono essere effettuati tramite assegno intestato a BMG Ricordi S.p.A., Via Berchet 2, 20121 Milano, oppure a mezzo vaglia postale, sempre intestato alla BMG Ricordi S.p.A., con l’indicazione «Musica Domani». La Rivista è inviata gratuitamente ai Soci SIEM in regola con l’iscrizione. Quote associative SIEM Soci ordinari £ 50.000 - Studenti £ 35.000 - Soci sostenitori £ 100.000 - Biblioteche £ 40.000. Le quote associative si ricevono sul c.c.p. 19005404, intestato a Società Italiana per l’Educazione Musica- le e vanno spedite a: SIEM - Via Guerrazzi, 20 - 40125 Bologna. Le comunicazioni dei soci vanno spedite allo stesso indirizzo. Iscrizione all’ISME International Society for Music Education Socio individuale 75$ - Istituzioni 150$. Organizza- zioni 150$ - Biblioteche 75$, per il biennio 1998- 99. Le quote possono essere versate con carte di cre- dito Visa, American Express, Master Card o cheque bancaria a: ISME, University of Reading, Bulmer- she Court - Reading RG61HY Gran Bretagna. Indice MUSICA DOMANI La redazione di Musica Domani ha una nuova casella di posta elettronica: [email protected]

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Ricerche e problemi

03 Piers Spencers, L’esperienza musicale fra oralità e scrittura11 Mario Piatti, Un punto di vista sull’educazione musicale

Strumenti e tecniche

17 Dina Poch De Grätzer, Far musica a tre anni con mamma epapà

22 Maurizio Disoteo, Un laboratorio musicale per le scuole italiane23 Documento ministeriale, Per la diffusione della musica come

fattore educativo nel sistema scolastico italiano

Pratiche educative

28 Annibale Rebaudengo, Giochi di Kurtág in conservatorio

Confronti e dibattiti

Le motivazioni dell’imparare la musica32 Franca Mazzoli, La condivisione è la motivazione più efficace34 Renato Rovetta, Descolarizzare la musica con nuove risorse

formative36 Franca Ferrari, Dare senso alle esperienze musicali

Biblioteca

40 Enrico Strobino, Musica, educazione e intercultura[su Maurizio Disoteo, Didattica interculturale della musica, EMI]

41 Schede (a cura di Beatrice Pallone)42 Maria Videsott, Viaggio nella memoria attraverso il canto

[su Francesco Delicati, Il canto fa venire fuori il paese più infretta, PCC]

43 Da non perdere (a cura di Luca Marconi)44 Stefania Lucchetti, Musica e scuola nel mondo: siamo tutti nella

stessa barca? [su Sam Leong (a cura di), Music in Schools andTeacher Education: A Global Perspective, ISME and CIRCME]

45 Rassegna pedagogica (a cura di Roberto Albarea)

Rubriche

8 Ascolti da scoprire, di Angela Cattelan10 Parole Chiave: Prima vista, di Francesco Bellomi14 Bemolli, di Cidrolin16 Musica in bit: La città dei bambini, di Amedeo Gaggiolo21 Taccuino di animazione: Finalità, di Maurizio Vitali38 Questioni di metodo, di Donatella Bartolini46 Notizie48 Fuoricampo, di Rinconete Cortadiglio

Trimestrale di cultura e pedagogia musicaleOrgano della SIEM

Società Italiana per l’Educazione Musicale

Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 411del 23.12.1974 - ISSN 0391-4380

Anno XXIX, numero 110marzo 1999

Direttore responsabileRosalba Deriu

RedattoriFranca Mazzoli

Davide Zambelli (Vice-direttore)

Segretaria di redazioneSimonetta Bettio

Comitato di redazioneMario Baroni, Maurizio Della Casa,

Giovanni Piazza

Segreteria di redazioneVicoletto cieco San Carlo, 2

37129 VeronaTel. e Fax 045/8346104

E-mail: [email protected]

Grafica copertinaRaffaello Repossi

Preparazione pellicoleCierre Grafica

Caselle di Sommacampagna - VeronaTel. 045/8580900 - Fax 045/8580907

StampaNuova Arti Grafiche Ricordi S.r.l.

EditoreCASA RICORDI - BMG RICORDI S.p.A.

Amministrazione, promozione, pubblicitàVia Berchet, 2 - 20121 Milano

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Indirizzo Internet: www.ricordi.it

Un fascicoloL. 8.000

Abbonamenti annualiItalia £ 30.000 - Estero £ 35.000, comprensivo diquattro fascicoli della rivista. Gli abbonamenti pos-sono essere effettuati tramite assegno intestato aBMG Ricordi S.p.A., Via Berchet 2, 20121 Milano,oppure a mezzo vaglia postale, sempre intestato allaBMG Ricordi S.p.A., con l’indicazione «MusicaDomani». La Rivista è inviata gratuitamente ai SociSIEM in regola con l’iscrizione.

Quote associative SIEMSoci ordinari £ 50.000 - Studenti £ 35.000 - Socisostenitori £ 100.000 - Biblioteche £ 40.000. Lequote associative si ricevono sul c.c.p. 19005404,intestato a Società Italiana per l’Educazione Musica-le e vanno spedite a: SIEM - Via Guerrazzi, 20 -40125 Bologna. Le comunicazioni dei soci vannospedite allo stesso indirizzo.

Iscrizione all’ISMEInternational Society for Music Education

Socio individuale 75$ - Istituzioni 150$. Organizza-zioni 150$ - Biblioteche 75$, per il biennio 1998-99. Le quote possono essere versate con carte di cre-dito Visa, American Express, Master Card o chequebancaria a: ISME, University of Reading, Bulmer-she Court - Reading RG61HY Gran Bretagna.

Indice

MUSICA DOMANI

La redazione di Musica Domani ha una nuova casella di posta elettronica:[email protected]

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Hanno collaborato a questo numero:

Roberto Albarea docente all’Università di UdineDonatella Bartolini operatrice musicale a FirenzeFrancesco Bellomi docente di Elementi di composizione per didattica al Conservatorio di Milano

Angela Cattelan docente di Pedagogia musicale al Conservatorio di Fermo - PSRinconete Cortadiglio libero pensatore

Maurizio Disoteo tecnico scientifico IRRSAE LombardiaFranca Ferrari docente di Pedagogia musicale al Conservatorio di Frosinone

Amedeo Gaggiolo collaboratore IRRSAE LiguriaStefania Lucchetti operatri musicale a Mestre - VE

Luca Marconi docente di Pedagogia musicale al Conservatorio di Reggio CalabriaFranca Mazzoli pedagogista a Bologna

Beatrice Pallone operatrice musicale a MantovaMario Piatti docente di Pedagogia musicale al Conservatorio di La Spezia

Dina Poch de Grätzer pedagogista a Buenos AiresAnnibale Rebaudengo docente di Pianoforte al Conservatorio di Milano

Renato Rovetta docente di educazione musicale e formatore di MilanoPiers Spencers docente di Didattica della musica all’Università di Exeter, G.B.

e direttore del British Journal for Music EducationEnrico Strobino docente di scuola media a BiellaMaria Videsott insegnante di istituto comprensivo a Vigolo Vattaro - TNMaurizio Vitali animatore musicale a CRAMS di Lecco

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Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999

Ricerche e problemi

L’esperienza musicalefra oralità e scrittura

Imparare la musica attraverso il suono, ridare centralitàall’ascolto senza lasciarsi sopraffare dalla notazione e, più ingenerale, da elementi visivi.Troppo spesso, purtroppo, le istituzioni musicali e molticompositori contemporanei si sono dimenticati che la scrittura èun mezzo e non un fine e che tutti gli aspetti della musica chenon coinvolgono direttamente l’ascolto rischiano di portareconfusione e ambiguità.

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«La musica di Wagner è migliore di comesuona». Il detto di Mark Twain contiene unvero enigma epistemologico: la musica è

qualcosa di più del suo suono? Se è così, qual è la rela-zione tra il suono della musica e quegli altri aspetti chenon coinvolgono direttamente l’ascolto? Mentre ci avvi-ciniamo alla fine del millennio, diventa sempre più chia-ro che lo studio e la pratica della musica sono in diffi-coltà. La musica occidentale si è suddivisa in molti stili epratiche esecutive apparentemente incompatibili: classi-ca, jazz, pop, folk ecc. La diffusione della musica classi-ca, che nel mondo industrializzato gode del massimoprestigio e del più alto finanziamento pubblico, dipendepiù dal repertorio passato che non dagli esperimenti delpresente. Nonostante la sua popolarità al di fuori dell’e-ducazione formale, il ruolo della musica all’interno delleistituzioni del sapere rimane problematico. Rifiutatadagli alunni nelle scuole, considerata nelle universitàsolo come uno studio astratto e accademico, la musicaoggi vive una situazione preoccupante. La mancanza diattenzione alla musica in quanto suono ha contribuito aquest’impasse. Questa trascuratezza è di antica data, ma irecenti sviluppi, sia degli studi musicali che di certiaspetti del linguaggio della musica del XX secolo, nonsono riusciti a migliorare la situazione.

L’abbandono dell’ascolto

La cultura musicale negli ultimi due secoli si è svi-luppata in un contesto acustico sempre più inquinato.L’ambiente sonoro infatti è stato soffocato dai rumoripropri della civiltà industrializzata e l’orecchio umano,inconsapevolmente, vi si è adattato. Non ci rendiamoconto di quanto rumoroso sia ormai il paesaggio sonoro:

l’ascolto, al giorno d’oggi, non ricopre più una funzionecosì centrale nell’esistenza dell’uomo. La continua ege-monia del senso visivo (incrementata dallo sviluppodella cinematografia e dal diffondersi del mezzo televisi-vo) ha indebolito il potenziale della musica come contri-buto espressivo alla realizzazione umana. Invece di riaf-fermare l’importanza e l’indipendenza del senso uditivo,musicisti, compositori e accademici sembrano averaccettato, e in alcuni casi abbracciato, la predominanzadel visivo. L’occhio, a discapito dell’orecchio, è il sensodominante anche nello studio della musica. Questasituazione sembra soddisfare i colleghi e le scuole, chetutto sommato considerano il suono un mezzo quasiscomodo per la trasmissione della cultura musicale. Inse-gnanti e studenti si trovano quindi a operare in unambito culturale che considera l’ascoltare meno validodel vedere. In qualunque scuola primaria britannica sipossono trovare esposti esempi di scrittura e arte. Risultacosì evidente che i bambini, nel corso del loro apprendi-mento quotidiano, utilizzano ed esercitano il loro sensovisivo in modo costante e proficuo. Nonostante ciò, ècomunque difficile dimostrare che i bambini, nel loroprocesso evolutivo di sviluppo, utilizzino l’orecchio perascoltare, se non in occasioni speciali quali ad esempiol’assistere a un concerto.

Leggere o parlare di musica non è semplice: le perso-ne coinvolte in una discussione musicale si basano nonsu un oggetto reale, ma solamente sui loro ricordi, chesono soggettivi e ingannevoli. Non stupisce quindi chela tendenza generale, anche delle istituzioni deputate allaformazione musicale, sia quella di centrare l’attenzioneprevalentemente sulla musica scritta, sulla notazione,trascurando l’ascolto. La partitura rende la musica per-manente e facile “da studiare”, nel senso in cui general-mente intendiamo questo termine. La partitura è anche

PIERS SPENCERS

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un efficace mezzo per l’apprendimento della “forma” diinteri brani. Vedremo più avanti come l’analisi della“forma” sulla partitura, non necessariamente corrispon-da alla struttura musicale che si può percepire durantel’ascolto.

Nella natura intangibile del suono vi è un carattere diinsicurezza e di instabilità che effettivamente non con-sente di confrontare o paragonare differenti oggetti, mapiuttosto di ricordare esperienze. Ne è un esempio il “ritodi passaggio” degli adolescenti, in cui adulti e bambini siscontrano in merito ai gusti individuali. Se in famigliaquesti piccoli conflitti sono solitamente gestiti e sdram-matizzati senza conseguenze, la situazione appare menosemplice quando il confronto si svolge in ambito scolasti-co fra docenti di musica e allievi, soprattutto nell’ambitodi circoli musicali accademici e professionali. Basta sfo-gliare il piacevolissimo Lexicon of Musical Invective(1953) di Slonimsky per sorprendersi di quanto malu-more viene manifestato dai critici quando si accostano aqualcosa che non è loro familiare. Nel 1899 il criticotedesco Eduard Hanslick sollevò obiezioni in merito altempo 5/4 dello Scherzo della Sesta Sinfonia di Cajkov-skij. Hanslick sembrava incapace di cogliere, al di là dellametrica musicale, l’eleganza naturale e il fluire dellamelodia... Egli scrisse: «Questo metro sgradevole...potrebbe essere trasformato senza inconvenienti neltempo 6/8». Solo una cultura che privilegia la notazionescritta rispetto all’ascolto può aver originato una simileaffermazione. Nel XX secolo la mancanza di familiaritàper ciò che udiamo, rispetto a ciò che vediamo, ha gene-rato una sorta di impasse che ha frustrato lo sviluppomusicale dei compositori e minacciato seriamente la rela-zione tra concertisti e pubblico.

L’integrazione dei sensinell’esperienza musicale

Quanto detto non significa negare l’importanza dellanotazione come mezzo, più che come fine. Tantomenointendo negare che nell’esperienza musicale siano impli-cati altri sensi oltre all’udito: la cinestesia presente nelladanza, il gesto del direttore d’orchestra, il canto e ilsuono dei vari strumenti hanno infatti un’importanzafondamentale nell’esperienza musicale. L’immaginazionepuò anche fornire strutture culturali e concettuali nonudibili di per sé, ma che aiutano a stabilire regole e per-corsi all’interno dei quali agisce il linguaggio musicale.Un’esecuzione è uno degli esempi più evidenti di comesensi e immaginazione si integrino con la realtà fisica delsuono. Stravinskij affida l’apertura della Sagra della Pri-mavera alle note acute del fagotto. L’ascoltatore che cono-sce la difficoltà di esecuzione di questo passaggio loapprezzerà in modo diverso rispetto a chi lo ignora esaprà reagire più intensamente all’atmosfera di tensioneche Stravinskij ha voluto creare. Tale consapevolezzarinforza e arricchisce la reazione dell’ascoltatore. John

Blacking (1976, p.19) dimostra come un ascoltatoredella tradizione europea possa fruire dell’ascolto di unbrano strumentale africano diversamente dall’esecutore.Egli cita l’esempio di un brano suonato dal flauto nandein cui momenti di tensione e di rilassamento, così rico-nosciuti dai criteri dell’armonia musicale europea, sem-brano essere percepiti dal musicista africano, mentre ilsuo respiro e le dita articolano le note, con una sensazio-ne esattamente opposta. Il jazz offre un altro esempio delmodo in cui una struttura concettuale può modificare lapercezione dell’ascolto. Nessuno, attraverso il sempliceascolto, è in grado di capire che il musicista sta improvvi-sando: è questa una supposizione che si basa sulla cono-scenza dei pattern culturali e delle pratiche esecutive cheoperano all’interno di un genere. Se possediamo taleconoscenza, si crea in noi un insieme di aspettative e dimodelli mediante i quali valutiamo ciò che sentiamo.Questo ascolto non può essere considerato soltanto un’e-sperienza passiva: è una vera e propria interpretazione.

Negli esempi appena citati esiste una relazione pro-duttiva tra ciò che un musicista offre all’ascoltatore e ilcontesto all’interno del quale si trova il pubblico. Tutta-via, in una cultura come quella occidentale in cui ese-guire, comporre e ascoltare sono momenti separati e spe-cialistici, sorge un problema: gli aspetti della musica chenon coinvolgono direttamente l’ascolto portano confu-sione e ambiguità, invece di supportare e accrescere l’e-sperienza musicale. Due aree della recente pratica occi-dentale sono particolarmente problematiche: l’analisimusicale praticata in istituzioni ad alto livello e la com-posizione seriale. Entrambe derivano dall’invenzione edallo sviluppo della notazione e hanno condotto musici-sti e studiosi a combinare vista e udito senza integrarlidal punto di vista estetico. Entrambe le pratiche, nono-stante si affermi siano basate sull’esperienza orale,mostrano poca attenzione verso ciò che le persone sento-no durante l’ascolto. Sfortunatamente tale attitudine haun’eredità antica e onorata.

Musica come metafora

Il disprezzo e la diffidenza verso l’ascolto puro hannouna lunga storia. Per la sua natura intangibile, la musicaha spesso bisogno di essere descritta attraverso metafore,visuali o concettuali: la notazione ne è il più quotidianoesempio. Inoltre la musica stessa è considerata unametafora. Per migliaia di anni, la funzione metaforicadella musica è stata considerata più importante del suosuono. I greci e i romani consideravano la presenza fisicadella musica come la sua caratteristica meno importante.Erano interessati invece alla capacità della musica di for-nire un’analogia con i moti dell’animo e un modello peril funzionamento dell’universo. Certamente la riflessioneastratta sulla musica separata dal suono fu consideratacome una delle più alte sfere dell’attività intellettuale.

Non solo la musica, tuttavia, fu vista come una

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metafora. Anche i suoni hanno dovuto essere descrittitramite metafore, generalmente visive. In occidente, lamusica si è evoluta parallelamente alla notazione, che èstata il suo unico mezzo di permanenza fino allo svilup-po delle tecnologie di registrazione. Così come i simbolimatematici possono rivelare strutture e modelli di largascala, i compositori iniziarono a credere che la notazionemusicale potesse facilitare le strategie del pensiero. Lanotazione acquisì una sua propria vita e creò forme conuna limitata realtà percettiva. È facile vedere un passag-gio di canto gregoriano usato come cantus firmus in unmanoscritto medioevale. Non sempre però si riesce asentirlo, esteso in lunghe note all’interno di una densatessitura polifonica. Fino all’arrivo della registrazione deisuoni, quando è stato finalmente possibile separare ciòche si ascolta da ciò che si vede, nella trasmissione dellacultura musicale l’aspetto visivo ha dominato quelloorale. Inteso originariamente solo come una metafora, lametafora si è confusa con la realtà. Lo spazio visuale si èconfuso con il tempo acustico, con conseguenze danno-se.

La notazione inoltre conferisce legittimità. La parti-tura dà più affidamento del suono. Solo recentemente laricerca accademica ha prestato attenzione alla musica diculture che si basano sulla trasmissione orale. Raramentela letteratura sul jazz e sulla musica popolare contienequei lunghi e dettagliati commenti che vengono rivolti abrani classici. Spesso si ha la sensazione che ciò che vera-mente conta nel mondo degli studiosi non sia il suono,ma la pagina scritta.

Vorrei invece sostenere che la notazione può addirit-tura impedire all’orecchio di interpretare e interiorizzareciò che si vede. Questo è particolarmente evidente neilibri che trattano di musica. Mentre le parole ci suonanoin testa facilmente mentre leggiamo, i segni grafici cherappresentano le note non possono creare una rappre-sentazione uditiva con la stessa immediatezza della paro-la scritta. Quando esempi di notazione pretendono dispiegare la struttura, si verifica perciò una situazioneparadossale. Che cosa riesce a sentire un individuo nelmomento in cui si trova davanti un diagramma chemostra il profilo strutturale dell’armonia o un moduloseriale? Recentemente psicologi, musicisti e studiosihanno iniziato a chiedersi che cosa si percepisce quandosi ascolta. Ciò che si sente ha qualche relazione con ciòche i compositori o gli esecutori pensano di comunicare,o con ciò che i critici e gli analisti pensano di spiegare?

Quali aspetti percepiamodella struttura musicale?

L’invenzione della notazione ha generato la nozionedi “partiture” o “opere”. Un loro accurato esame visivorivela facilmente un’ampia gamma di strutture, la “archi-tettura musicale”. Nelle pagine dell’Arietta che concludel’ultima sonata per pianoforte di Beethoven l’intensità

ritmica e strutturale aumenta gradualmente. L’occhiopuò vedere la cura con cui Beethoven crea l’impressionedi crescita organica, unendo accuratamente ciascunavariazione alla successiva. Questa architettura così chia-ramente visibile sembrerebbe essere una parte essenzialedel suo impatto estetico. Certamente l’ordine delle varia-zioni ha un’importanza fondamentale. Se ci fosse unamanomissione non crollerebbe la struttura? Tuttavia, glipsicologi hanno trovato poche prove per supportarequesta o altre affermazioni simili.

In una serie di esperimenti, svolta durante gli anni ’80,si presentarono a degli ascoltatori alcune versioni di braniclassici, in cui l’ordine dei movimenti e persino parti deimovimenti erano stati mescolati. I soggetti di questi espe-rimenti non manifestarono alcuna diminuzione dell’im-patto espressivo. Così due degli sperimentatori osservaro-no con un po’ di stupore: «Se un giorno uno scioccodirettore decidesse di eseguire un brano musicale riordi-nando alcune piccole parti con lo stesso sistema che noiabbiamo utilizzato, quante tra le persone che regolarmen-te frequentano concerti di musica classica noterebbero chequalcosa è sbagliato?» (Tillman & Bigand, 1996, p. 15).

Gli scritti accademici danno per scontato che unaconclusione tonale di ampie dimensioni sia percettibile eabbia un senso estetico per l’ascoltatore colto. Il fatto cheuna sinfonia sia in fa è assai significativo nella culturaoccidentale. Tuttavia, recenti ricerche considerano discu-tibile anche questa convinzione finora piuttosto diffusa.Nel 1987, Nicholas Cook fece ascoltare ad alcuni stu-denti un certo numero di brevi brani per pianoforte indue differenti versioni, alterando l’originale nella secondaversione per concludere in una tonalità diversa. Il risulta-to fu che il numero di preferenze per la versione alteratanon fu inferiore a quelle per l’originale. Da questa ricercaCook concluse che «per l’ascoltatore la chiusura tonale haun senso a livello psicologico solo quando la durata èmolto breve - molto più piccola che nella maggior partedelle composizioni tonali.» La sua più grande significati-vità tende ad essere fortemente simbolica, quasi mitica.La notazione rappresenta spazialmente la forma musicale,ma non necessariamente ne consegue che si possanoudire strutture musicali di ampie dimensioni nello stessomodo in cui si possono vedere modelli visivi di ampiedimensioni. Inoltre, quest’apparente mancanza di consa-pevolezza strutturale non sembra far diminuire l’impattoestetico. Come dice Cook in Guide to Musical Analysis:«Ciò che è realmente affascinante della musica non è l’ef-fetto immediato che ha, persino sull’ascoltatore menocolto?» (Cook, 1987b, p. 55)

La marginalità del suononella pratica musicale contemporanea

Quanto detto fin qui indica che, mentre la maggiorparte degli ascoltatori non riesce a comprendere lestrutture di grandi dimensioni nella musica classica, rie-

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sce a percepire i piccoli pattern creati dal linguaggiodella tonalità. Tuttavia cosa avviene quando i composi-tori, pensando che la tonalità abbia esaurito le suepotenzialità, la sostituiscono con un sistema artificiale?Ovviamente mi riferisco al serialismo, la tecnica che hadominato il pensiero di compositori influenti in questosecolo, tanto quanto ha alienato gli ascoltatori. La tec-nica seriale mira a controllare e a dare coerenza allestrutture di dimensioni sia grandi che piccole. Schoen-berg disse: «Una composizione che utilizza 12 note nonmira ad altro che alla comprensibilità» (Schoenberg,1941, p.215). Tuttavia ripetute ricerche psicologichehanno mostrato che persino le piccole relazioni delserialismo non sono percepibili dagli ascoltatori(Francès, 1958; Dowling, 1972; Pedersen, 1975; Ler-dahl, 1988; Sergeant, 1994).

Molta musica “difficile” può essere affrontata solo sel’ascoltatore dedica tempo e sforzo ad ascolti ripetuti.Durante il XIX secolo le opere di Beethoven, Brahms,Wagner e Debussy erano inizialmente ascoltate con dif-ficoltà. Tuttavia la familiarità, unita a un clima culturaleche stava mutando, conquistarono a queste opere unloro posto nei repertori concertistici. Nel giro di pochidecenni gli ascoltatori impararono a conoscere e adamare la musica. Ascolti ripetuti determinano un pro-cesso di apprendimento in cui l’orecchio e la memoriacreano un numero sempre maggiore di connessioni traeventi che inizialmente non sembravano avere coerenza.Purtroppo non sembra che il tempo stia portando lamusica seriale a quell’apprezzamento che certamenteSchoenberg avrebbe voluto. Gli ascoltatori di fine secolostanno perdendo la pazienza. È estremamente difficilememorizzare musica seriale non tonale. Il problema nonè tanto nei suoni, ma nella capacità mentale di classifica-re e relazionare i suoni tra di loro.

Nella sua recente serie di trasmissioni televisive daltitolo Leaving Home (Hall, 1996), il famoso conduttoreinglese Simon Rattle ha cercato di spiegare il serialismocome un sistema più “democratico” di organizzare lealtezze. Egli riteneva che la tonalità riflettesse l’antiquatasocietà gerarchica dell’Europa dell’inizio del XX secolo econsiderava la serie di 12 note come uno specchio dellerivoluzioni sociali del XX secolo, che miravano all’ugua-glianza. Ma acusticamente e psicologicamente, e pertan-to anche musicalmente, l’analogia non ha senso. Rattleha fatto ciò che gli intellettuali usano fare parlando eteorizzando sulla musica: si è permesso di abbracciareun’elegante teoria che non ha fondamenti né nella fisicadel suono né nella psicologia dell’ascolto. Affermare cheuna serie di 12 note esprime “democrazia” o “eguaglian-za sociale” non è più vero che dichiarare che la relazionedelle altezze della serie armonica esprime l’armonia delmovimento dei pianeti.

L’idea del serialismo difficilmente sarebbe nata senon ci fosse stata la notazione. Il moto retrogrado, l’in-versione e il retrogrado invertito sono idee essenzial-mente visive, non acustiche. Schoenberg una volta

disse: «L’intelligenza di un musicista sta nel suo orec-chio». Non c’è psicologo, compositore o analista musi-cale che abbia saputo spiegare in modo convincentecome la musica seriale diventi comprensibile agli ascolta-tori.

Il serialismo ha sviluppato le sue manifestazioni piùestreme durante gli anni ‘50; questo sviluppo è coincisocon la crescita della musica elettronica, in cui i composi-tori potevano concentrarsi esclusivamente sul suono,separato dalla notazione o dall’atto fisico dell’esecuzione.Questi compositori rivendicarono le loro credenziali siaacustiche che scientifiche. Tuttavia, l’antropologo ingleseGeorgina Born osservò che la pratica quotidiana dell’a-vanguardia era separata dall’ascolto, così come lo eranole supposizioni degli studiosi antichi e medioevali. Nelsuo interessante studio etnografico sull’IRCAM, il presti-gioso centro parigino di musica elettronica, Born scoprìche: «Praticamente, nel lavoro quotidiano dell’istituto lamusica era sorprendentemente assente e non udibile.Girando per l’IRCAM durante il giorno era raro sentiredella musica... chi si aspettava che l’IRCAM fosse unambiente musicale, provava invece un senso di depriva-zione musicale... Paragonata alla forte enfasi data all’ap-prendimento dei fondamenti teorici della computermusic, la musica e il suono erano trattati con minorimportanza, cosa che agli studenti risultava faticosa»(Born, 1995, p. 164). Sembra che il serialismo e altrepratiche musicali contemporanee siano diventati la ver-sione del XX secolo de “La Musica delle Sfere”. Alienanosemplicemente l’ascoltatore, invece di integrarlo nell’e-sperienza musicale.

Le conseguenze educative

La cultura classica occidentale utilizza due distintimodi di trasmissione: orale e visivo. Il visivo dominamediante la notazione, soprattutto in quelle istituzionieducative che ritengono il senso visivo più comodo del-l’udito. Tuttavia la notazione è solo una struttura razio-nale per la pratica musicale. Dovrebbe servire, nondominare. Citando ancora Nicholas Cook: «L’impossibi-lità di distinguere tra ciò che una data cultura razionaliz-za e ciò che nelle sue produzioni è musicalmente signifi-cativo conduce necessariamente a un equivoco fonda-mentale riguardo alla natura dell’esperienza musicale.»(Cook, 1990, p. 238). Il problema è che la natura dell’e-sperienza musciale è frequentemente equivocata. Indagi-ni ripetute hanno rivelato che la musica nelle scuole è indifficoltà come materia curricolare. Una causa rilevante,come ho precedentemente affermato, sta nella tendenzadelle scuole a far entrare a malincuore il suono nelle lorostrutture istituzionali e curricolari. Al contrario, il suc-cesso della musica in ambito extra-curricolare sta pro-prio nel fatto che si trovi al di fuori del curricolo! Ilrumore di questa musica non interferirà con il normalesvolgimento della “educazione”. Il giudizio diffuso è che

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i bambini imparano a “parlare e ascoltare” a casa, mentrea scuola imparano a “leggere e scrivere”. Questo giudi-zio, semplicistico se applicato allo sviluppo del linguag-gio, sembra sia stato adottato nella concezione del curri-colo musicale. Come risultato, il fare e l’ascoltare musi-ca, il sensibile impegno dell’orecchio e della mente conle qualità estetiche dei suoni e la capacità di manipolare isuoni nei vari contesti non si sviluppano nemmenodopo che gli studenti hanno imparato a leggere e scrive-re la notazione. Leggere la notazione spesso sostituisceun ascolto veramente percettivo.

La tradizione occidentale è una tradizione orale tantoquanto ogni altra cultura musicale, nonostante l’appa-rente ruolo centrale della notazione. Lo strumento prin-cipale dell’apprendimento musicale è l’ascolto. Soloattraverso l’ascolto gli strumentisti e i cantanti possonoindividuare quegli aspetti esecutivi che le note sulla cartanon possono rappresentare, come il rubato ritmico o iminuscoli aggiustamenti di intonazione dei cantanti edei violinisti. Ed è in questo sottile allontanarsi dallapartitura che sta l’essenza estetica dell’interpretazioneesecutiva.

Alcune speranze per il futuro

Tuttavia, nonostante viviamo in un inquinamentoacustico senza precedenti, ci sono segnali di incoraggia-mento; stanno finendo i secoli in cui il suono musicaleè stato trascurato. Il modernismo in musica e lo svilup-po delle tecniche di registrazione sono fenomeni del XXsecolo. Mentre il modernismo ha ampiamente alienatogli ascoltatori e ha portato a dissertazioni sulla musicache non tenevano conto dei suoni, lo sviluppo delle tec-niche di registrazione ha avuto invece un impatto piùpositivo. Ha permesso che le musiche basate sulla tra-smissione orale siano conservate anche senza la notazio-ne. Il risultato è che la musica classica ha perso il suomonopolio e il prestigio che la permanenza porta. Staormai perdendo credito la convinzione che musichepopolari come il jazz dovessero uscire di moda e che lamusica classica inizialmente “difficile” potesse superareil test del tempo. Registrazioni di jazz degli anni ’20sono sopravvissute più a lungo e con più successo dimolte opere classiche di modernisti. Anche le registra-zioni di rock, a partire dagli anni ‘50 in poi, hanno tro-vato un proprio posto nel “canone musicale”. Un altrobeneficio dovuto alle registrazioni dei suoni è che lamusica classica stessa è diventata qualcosa di più di unacultura orale. Tuttavia nella cultura della musica classicaè sempre esistita una relazione ambigua, tuttora mante-nuta, tra ciò che si vede e ciò che si sente. Sembra che ilsuono debba rappresentare qualcos’altro o essere visiva-mente rappresentato da qualcos’altro. Di contro, le cul-ture musicali di trasmissione esclusivamente oralehanno sempre valorizzato la musica per il suo suono:l’unico modo per accertarne il valore è perciò l’ascolto.

Tali culture non hanno mai perso tempo in discussioniriguardanti la notazione tali da distogliere dall’imme-diatezza e dal piacere del suono. Inoltre la trasmissioneorale della musica inibisce la creatività in modo minore.Una canzone folk o pop non è un testo consacrato chenon si possa cambiare, e questo offre maggiori opportu-nità di interpretazione. Imparare la musica attraverso ilsuo suono dà la sensazione, a chi sta imparando, di“possedere” i suoni e questo possesso conduce sia allafamiliarità sia alla curiosità e alla sperimentazione. Ciòche inizia come pura imitazione, presto conduce all’im-provvisazione.

Per la prima volta nella storia della musica il suonopuò ora condurre alla trasmissione e alla conservazionedella cultura musicale. Le implicazioni per l’educazionepotranno essere di larga portata, solo se musicisti, stu-diosi e insegnanti riusciranno a essere flessibili e se lescuole di ogni livello saranno preparate a esaltare ilsuono, invece di tollerarlo semplicemente. Sebbene alcu-ne università abbiano reagito con ritardo al germogliaredelle culture orali, il recente sviluppo del CurricoloNazionale Britannico (1993) accentua la supremazia delsuono. In esso gli obiettivi sono Comporre ed Eseguire eAscolto e Valutazione. Sebbene il termine “valutazione”risulti strano in un contesto musicale, ciò che implica èinteressante: attraverso l’esperienza pratica si vuole svi-luppare nei bambini la sensibilità verso i suoni e la com-prensione delle relazioni tra di essi. Questo richiede chegli insegnanti siano maggiormente disposti a compren-dere i prodotti musicali dei bambini nel lavoro ordinarioin classe, specialmente nel campo dell’improvvisazione edella composizione. Nella gerarchia degli obiettivi delCurricolo Nazionale, la notazione è solo un mezzo, nonun fine in se stesso. Questo sviluppo è benvenuto; cisono segnali che, dopo anni di scarsa diffusione nellescuole, la musica nel Regno Unito stia iniziando a fareprogressi come materia creativa e attività curricolare.

La conservazione e la diffusione della cultura musicalenon sono più argomenti di cui si parla poco come loerano un secolo fa. La diffusione della registrazione delsuono ha fatto sì che le culture musicali orali dominasse-ro la musica nel mondo come mai era avvenuto prece-dentemente nella storia. È vero che l’altoparlante ha con-tribuito a creare l’inquinamento acustico globale, marappresenta anche una potenziale forza positiva. La prati-ca e lo studio della musica classica dovrebbero avere unposto tra la ricchezza e l’originalità delle culture orali.Essa non dovrebbe assumere un ruolo secondario, in basealla considerazione irrilevante che le sue strutture sonoper l’occhio, ma non per l’orecchio. Nel corso della storiaci sono state opinioni altamente considerate nella loroepoca. Tuttavia, un attento esame ha rivelato che moltedi esse sono musicalmente false, non avendo basi né nellapercezione o nella gratificazione estetica, né nella promo-zione della comprensione musicale. Non sempre è solo ilsuono che rende musicale la musica. Il modo in cui lacultura musicale occidentale separa, invece di integrare,

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Le figurine di Susy Bellucci è undisco di canzoni, filastrocchee favolette sonore per bam-

bini nato con l’intento di offrireanche ai più piccoli, attraversol’ausilio della narrazione, un’occa-sione di ascolto musicale vario,divertente ma anche intelligente eben curato, lontano dai tanti pro-dotti per l’infanzia legati a usicommerciali.

«Cerco di seguire un immagi-nario fantastico di ampio respiro –spiega l’autrice nel materiale illu-strativo diffuso dalla casa disco-grafica – accompagnato da musicache attinge a vari generi, dal popo-lare al classico, dal blues al rap, evia dicendo, coinvolgendo ottimimusicisti, partendo dalle forme piùsemplici per arrivare a cose piùcomplesse nella convinzione che ibambini sono in grado di recepirequalsiasi forma musicale fin dallatenera età».

Le ‘figurine’ sono i tanti perso-naggi che animano le tredici sto-rielle-canzoni del disco, alcuni pre-sentati in veste tradizionale comeGallo Cristallo e Petruzzo e il cavo-luzzo, altri rivisitati La donnina pic-cina picciò, alcuni inediti come Pic-colo elefante, L’orco in città, Le moglidel sultano Birimbò, Ninna nanna delmaial ino. Ma anche i paesaggisonori che appaiono in alcunibrani sono figurine: le notti orien-tali di Carovana, i rumori dellacampagna prima dell’alba in Buon-giorno tutt’intorno, i fondali marininei quali vive Il pesce cantante; figu-rine sono infine le belle immaginidei protagonisti dei tredici brani,realizzate da altrettanti illustratoriche arricchiscono la veste graficadell’album.

La dimensione narrativa che dàorigine a un indovinato intrecciodi recitazione, canto, sonorizzazio-ni e musica, fa di questo disco un

materiale particolarmente adattocome spunto per attività di dram-matizzazione o di ascolto dram-matizzato che le insegnanti (quan-do i bambini sono molto piccoli) oi bambini stessi potranno realizza-re con tecniche teatrali diverse.

La duttile voce di Susy Belluccidà vita a gran parte dei personag-gi, offrendoci semplici ed efficaciesempi per giochi di interpretazio-ne vocale parlata e cantata: vocidi animali starnazzanti, cinguettan-ti, mugghianti, ululanti; voci di og-getti parlanti cristalline, scoppiet-tanti, aspre, evanescenti; timbri eregistri vocali caricaturalmenteenfatizzati, associati a tipologieumane differenti (come per le duemogli del sultano così diverse peraspetto e abitudini alimentari).

Da sottolineare, infine, l’altaqualità della registrazione audiodigitale che valorizza a pieno lascelta di utilizzare una grandevarietà di strumenti acustici (vio-loncello, basso tuba, sax, fisarmo-nica, chitarre acustiche, percussio-ni e batteria) accanto a tastiere,campionatori, chitarre e bassoelettrico.

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l’udibile dal non udibile, ha danneggiato la relazione tramusicisti specialisti e società. I musicisti, gli studiosi e gliinsegnanti dovrebbero chiarire la differenza tra la realtàacustica e le ipotesi astratte, senza confondere l’una conl’altra, come frequentemente fanno.

(traduzione di Letizia Mercusa)

Referenze bibliografiche

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Susy Bellucci, Le figur ine , M.P.Records, 1998, MPRCD 021

ANGELA CATTELAN

RUBRICHE

Ascoltida scoprire

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Per la maggior parte delle persone alfabetizzatela lettura “a prima vista” del giornale o di unqualsiasi altro testo verbale è una pratica pres-

soché quotidiana. Leggere un testo ad alta voce difronte ai compagni di classe è una attività che proba-bilmente ha impegnato ciascuno di noi. Sappiamoanche per esperienza che il docente universitariolegge a “prima vista” più speditamente e con più sicu-rezza dell’alunno di prima elementare. Inoltre sappia-mo che nella lettura si possono commettere deilapsus e degli errori. Ad esempio, un classico erroredella lettura a prima vista è sbagliare completamentel’intonazione vocale di una domanda perché si sco-pre solo alla fine che c’è il punto di domanda. Unaltro errore tipico è il cosiddetto “errore del corret-tore di bozze”: in questo caso si legge la parola giustaanche se effettivamente c’è qualcosa di sbagliatonella grafia che però non viene colto. Tutto questovale anche per la lettura a prima vista della musica.Chi ha conseguito la licenza di teoria e solfeggio sabene a quale grado di sadica raffinatezza ritmica puòarrivare un solfeggio parlato in chiave di sol da legge-re “a prima vista”.

Ma, al di fuori di quei curiosi rituali rappresentatida certi esami di conservatorio, leggere a prima vistaè soprattutto un grande piacere per chi fa musica.Un piacere che doveva essere ben noto nei secolipassati tanto che la lettura a prima vista è statasostanzialmente la prassi esecutiva prevalente perdiversi secoli.

Nel periodo rinascimentale e nel primo baroccola locuzione “cantar o sonar a libro” indica esatta-mente un cantare o suonare leggendo a prima vistala parte. In molti casi la stessa disposizione graficamostra chiaramente di assecondare i bisogni dellaprima lettura: gli Essercizi per gravicembalo di Dome-nico Scarlatti sono impaginati nell’edizione originalein modo tale da non obbligare mai l’esecutore a vol-tare pagina nel bel mezzo della lettura (i volta paginesono un’invenzione più tarda) ma la voltata è semprealla conclusione della prima parte e alla fine dellasonata. La stessa cosa succede nei Trattenimenti armo-nici a violino, violone e cembalo, opera sesta di Tomma-so Albinoni, e in numerosissime altre pubblicazioni.

Eseguire pubblicamente un brano leggendolo aprima vista era assolutamente normale anche all’epo-ca di Mozart e di Haydn, come testimonia un passodi una lettera di Haydn spedita, insieme con la parti-tura, all’orchestra londinese destinataria delle sue

sinfonie dette appunto “londinesi” nel quale racco-manda di fare “almeno una prova” prima dell’esecu-zione in pubblico. La prassi corrente era evidente-mente: metti sul leggio e suona!

I bravi lettori a prima vista sono sostanzialmentequelli che, oltre ad altre abilità, sanno correre moltoavanti con l’occhio rispetto a quello che stanno suo-nando. John Sloboda in un capitolo de La mente musi-cale ci illustra con grande efficacia le ricerche speri-mentali condotte sulle abilità connesse alla lettura aprima vista: dai movimenti e dalle fissazioni oculariagli errori di lettura che fanno suonare giusto anchedove la scrittura è sbagliata, alla capacità di andareavanti suonando qualche battuta anche quando lapagina viene fatta improvvisamente scomparire(capacità di previsione) e di come quest’ultima abilitàabbia delle variazioni considerevoli a seconda che lamusica utilizzata sia tradizionale (maggiori capacità diprevisione) o atonale e seriale (l’esecutore si fermaquasi immediatamente).

Uno dei lapsus di lettura più frequenti lo com-mettono gli studenti di solfeggio (sempre loro pove-racci!) quando cominciano a leggere in tutte le chiavidel setticlavio. Generalmente quando sbagliano nellalettura, in chiave di tenore ad esempio, il nome di unanota e non se ne accorgono, quel nome non è sceltoa caso dal cervello ma è il nome della stessa nota inchiave di violino, cioè nella chiave che generalmenteconoscono meglio.

Suonare a prima vista in modo espressivo e“bene” dipende anche dalla capacità di “bluffare”. Unmusicista di fronte a una pagina molto difficile da leg-gere ha due strade possibili: cercare disperatamentedi leggere tutto quello che c’è scritto annaspando efacendo percepire chiaramente le sue difficoltà,oppure capire le intenzioni di massima del composi-tore ed eseguire con accuratezza solo i tratti strut-turalmente ed espressivamente più rilevanti, suonan-do un po’ a caso tutto il resto.

Innumerevoli aneddoti illustrano come la secondastrategia sia quella vincente sia nella musica contem-poranea che in tanta musica del passato. Valga pertutti l’episodio nel quale Charles Mingus, dopo averscritto accuratamente la parte del solo del sax, nonsoddisfatto della registrazione propone al sassofoni-sta di reincidere il passo. Al secondo tentativo tuttofunziona benissimo e Mingus chiede al sassofonistacome abbia fatto. «È semplice - risponde il solista -non ho neanche guardato quello che c’era scritto».

PRIMA VISTA

FRANCESCO BELLOMI

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L’ampio dibattito che in questi ultimi tempi si èattivato intorno ai saperi, alle conoscenzeindispensabili, alla gerarchizzazione delle disci-

pline e quindi alla riorganizzazione dei curricoli, harimesso in gioco non solo i contenuti dell’insegnamen-to musicale, ma anche la nostra visione di scuola, lanostra epistemologia, le metodologie dell’insegnamen-to, la nostra funzione e il nostro ruolo di educa-tori/educatrici e di insegnanti.

Tra le iniziative di gruppi, associazioni, enti chestanno cercando di sostenere e alimentare la riflessione,la discussione, il dialogo sui temi accennati, credo utilesegnalare in questa sede quelle del Movimento di Coo-perazione Educativa, non solo e non tanto perché talemovimento ha rappresentato e rappresenta una dellepunte di forza del rinnovamento della scuola di base inItalia (in analogia a quanto avviene con i movimentiche, in ogni parte del mondo, si ispirano a CélestinFreinet, alla sua pedagogia e alle sue tecniche1), maanche e soprattutto perché in questi ultimi anni il MCE

ha elaborato numerosi materiali legati alla formazionee alla ricerca in campo educativo proprio sui temi dellarelazione educativa, della globalità dell’esperienza for-mativa, della interazione dei saperi, dell’autonomia2.

Il MCE ha collaborato in diverse occasioni con ilCentro Educazione Permanente della Sezione Musicadella Pro Civitate Christiana di Assisi, e da queste fre-quentazioni sono nate intese e scambi proficui anchecol gruppo che ha dato vita, negli anni 1992-1996, alleiniziative del ‘Progetto Uomo-Musica’.

Quando nel 1996 ha termine l’esperienza di ‘Pro-getto Uomo-Musica’, per alcuni componenti del grup-po è stato quasi naturale trovare nel MCE il referentepiù adeguato per portare avanti un certo tipo di rifles-sione e di ricerca nel campo specifico dell’educazione

musicale. È così che nel 1997 nasce il Gruppo MusicaMCE che pone subito al centro della propria riflessioneil problema dell’educazione musicale nella scuola dibase, sollecitato da un lato dalle prospettive di riformadei cicli e dell’innalzamento dell’obbligo, dall’altro daquanto si sta discutendo anche in ambito ministerialein merito ai nuovi saperi e alla ristrutturazione dei cur-ricoli3.

Di fronte alle esigenze che la realtà contemporaneapone agli insegnanti (e quindi anche a quelli di musi-ca), il Gruppo Musica MCE ha delineato alcuni oriz-zonti in grado di dare un senso forte e unitario al pro-prio operare, elaborando il documento L’educazionemusicale nella scuola di base. Il documento costituisce ilpunto di riferimento e di orientamento per le attivitàche i singoli componenti, pur nella diversità di stileoperativo, di contenuti didattici, di situazione formati-ve, svolgono nel campo della formazione, dell’aggior-namento, della ricerca educativa4.

Orizzonti

Nel documento del Gruppo Musica MCE si pensainnanzitutto alla scuola «come a uno spazio-tempo diricerca, di avventura e di gioco, di esplorazione e di speri-mentazione del possibile, luogo dell’immaginazione edel come se, occasione di dialogo, di messa in campo dirisorse, di realizzazione di progetti e desideri».

Non si pone quindi al centro, o alla base, l’appren-dimento di contenuti disciplinari codificati. La nostraconcezione di educazione musicale ci porta a vederne ilsenso non primariamente nell’imparare la musica, per-ché «l’orizzonte, il campo, l’area del nostro interventonon è la musica ma l’esperienza umana e sociale della

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Un punto di vistasull’educazione musicale

Da sempre attento alla dimensione relazionaledell’insegnamento, il Movimento di Cooperazione Educativa nesottolinea l’importanza anche in ambito musicale.L’autore propone una riflessione sui presupposti dell’educazionecon/alla musica delineati in un recente documento del GruppoMusica del MCE.

MARIO PIATTI

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musica: ciò significa fissare il nostro interesse sulla rela-zione uomo/donna-musica, considerando la nostra azio-ne educativa come opportunità di formazione dellepersone, in funzione dei significati che la relazione colsuono-musica assume per loro. Poniamo quindi il valo-re dell’educazione con la musica a un livello superioreall’educazione alla musica, non escludendo però que-st’ultima semplicisticamente, bensì inglobandone ilsenso e coordinandola operativamente in funzione deiprogetti umano-sociali e del contesto educativo».

Si evidenzia quindi un interesse privilegiato a«incontrare progetti, motivazioni, comportamenti,valori, musicali e non, creando campi energetici in cui,attraverso la musica, le persone (insegnanti, ragazzi eragazze, bambini e bambine) entrino in relazione e siconfrontino; campi energetici in cui le diversità - traruoli, età, sessi, musiche, culture - non vengano celatema, al contrario, mettano in moto processi di dialogo,di contaminazione, di trasformazione reciproca, creati-va e non violenta. (…) Pensiamo quindi al presente, allesue passioni, ai suoi desideri, alle sue musiche, in cuiconfluisce il passato, con le sue storie, le sue memorie, isuoi percorsi. Nel contempo guardiamo al futuro comeal luogo della progettazione, dell’anticipazione, dellaprevisione, dell’immaginazione, della trasformazione, piùche a quello del prepararsi per... dell’essere pronti a... deltransito verso... Solo la compresenza equilibrata di que-ste due dimensioni può consentire di vivere la scuolacome un’occasione effettivamente formativa, comeviaggio che consenta di stringere rapporti, di incontra-re affetti, di condividere esperienze ed emozioni, diacquisire competenze».

Desideri

Una scuola centrata sui vissuti e le identità dei sog-getti5 pone al centro della propria progettualità edu-cativa “la dinamica del desiderio”, il che significa «essereaperti e disponibili verso l’imprevisto e il quotidiano,verso le identità personali e di gruppo, verso le culturelocali e di massa, seguendo un percorso circolare cheunisce le persone, i loro sogni e progetti, le loro risorse, iloro bisogni, le loro esperienze e competenze, con i saperidisciplinari».

La scuola diventa allora innanzitutto «luogo chericonosce, accetta e valorizza i vissuti personali, la mol-teplicità e la compresenza di punti di vista, progetti,culture e competenze musicali diverse» superando quelmonoculturalismo tanto caro a chi ci vuol far credereche, nella scuola, privato equivale a pubblico.

Inoltre, porre l’accento sul desiderio che ragazzi eragazze hanno per la costruzione delle proprie identità,significa favorire «una pratica educativa attiva, espressi-va e creativa, che trae insegnamento dall’au-toriflessione. In questa direzione poniamo al centrodell’intervento educativo esperienze, motivazioni e modi

di appropriazione che tendano a realizzare progetticon/sulla musica: progetti di piacere, socializzazione,relazione, animazione, ricerca», facendo della scuola un«ambiente ecologico, in cui lo star bene è il valore fonda-mentale che, partendo dalla consapevolezza della faticae della sofferenza legate alla crescita, si esplica attraver-so una visione unitaria di corpo e mente, verso unadimensione plurisensoriale della cultura e della musi-ca».

Appare evidente come «l’accento posto su risorse,desideri e identità quali parametri fondamentali del-l’educazione propone un punto di vista che a una rigi-da programmazione per contenuti disciplinari, preferiscela progettualità in situazione. La prima direzione centrala propria operatività sul sapere disciplinare, senzatener conto di desideri, risorse e valori personali, locali,quotidiani; non ama la casualità, l’imponderabilità,l’imprevisto; è poco incline all’ordine del dubbio men-tre si basa su - e mira a - una competenza basata su cer-tezze, con contorni netti e ben delineati. La secondanon pone in secondo piano i contenuti, ma tenta diaprirli (e quindi trasformarli, ripensarli, riconvertirli,condizionarli) alle relazioni, tenta di farli interagire conrisorse e identità reali (culture, comportamenti, puntidi vista, idee, pensieri...)».

È per questo che, in sintesi, il Gruppo Musica MCE

si riconosce in una «concezione educativa che, accantoalla centralità dell’individuo, si propone come finalitàprimaria quella dell’evoluzione/trasformazione, perso-nale e politica: un’ottica dell’andare oltre che, partendoda interessi e motivazioni, sappia immaginare, progetta-re, sperimentare nuovi paesaggi culturali, caratterizzatida pensieri, azioni, valori, comportamenti individuali edi gruppo che si ispirano ai valori della cooperazione,dell’interculturalità, della solidarietà, dell’accoglienza,della cultura della pace. Pensiamo quindi ai contesti dieducazione/formazione/istruzione come a occasioni incui, partendo dalle risorse e dai vissuti personali e digruppo, ci si muova verso un arricchimento di emozio-ni, di consapevolezza politica e culturale, di pensierocritico e progettuale-creativo».

Metodi

Uno dei punti cardine della riflessione pedagogica edidattica è quello sui metodi. Spesso, nell’ambito del-l’educazione musicale, tale aspetto viene centrato sucome insegnare e far apprendere prima e meglio certicontenuti (dai parametri del suono al nome delle note)o ad acquisire alcune capacità operative (dall’intonazio-ne di intervalli alla scansione isocrona di determinatimetri). Si pone cioè maggior attenzione alla metodolo-gia didattica che non al come creare contesti che ren-dano significativo l’apprendimento. Si parcellizzano ipercorsi del fare, dimenticando la globalità del perché6.

Ora, se l’educazione musicale è una delle compo-

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nenti fondamentali del fare artistico, per il GruppoMusica MCE diventa essenziale «porre al centro il fareesperienze estetiche», o, in altri termini, prendere inconsiderazione la dimensione estetica dell’esperienza,intesa primariamente, per dirla con Matteo Lorenzetti,come «quella condizione particolare dell’essere, delrelazionarsi e del conoscere che possiamo sperimentarea partire da una messa in forma delle emozioni e deisentimenti»7. In questa prospettiva «ogni esperienza diapprendimento dovrebbe avvenire all’interno di unciclo emozionale, che pone in relazione un desiderio(attesa, tensione, motivazione), che scuote, che smuovedallo stato di quiete, di indifferenza, di routine; unincontro (con una persona, un sapere, un’azione); unostupore, come esperienza che incuriosisce, meraviglia,sorprende; una riflessione, una fase cioè più razionale eanalitica8. Questo percorso ciclico, circolare, può esserepensato come un modello elastico, adattabile a diversemisure di tempo, dall’incontro singolo (un’attività,un’ora di lezione) al lungo periodo (un’unità didattica,uno stage, un anno scolastico)».

Per il fare artistico, il modello operativo che si ritie-ne più adeguato è allora quello del laboratorio, dove siintrecciano costantemente il momento dell’esplorazio-ne, quello della individuazione di regole e sistemi dicodificazione, quello della creazione di nuove esperien-ze; un laboratorio «in cui la musica sia fatta, vissuta,incontrata, concretamente. La nostra scuola (ma ildiscorso potrebbe essere allargato alla società) ha pro-

gressivamente ridotto gli spazi/occasioni del fare: l’ap-prendimento non avviene più tramite gesti quotidianidi cui di volta in volta si valuta l’efficacia, ma quasiesclusivamente tramite riflessioni, attività di pensieroastratto, di parola. Un panorama in cui tutto è fruito enulla agito, in cui gli spazi (inter)attivi sono sempresituati comunque all’interno di paesaggi virtuali, di fic-tion, dove è sempre possibile resettare (rifare, ripete-re..)».

Appare quindi logico come, in questa prospettiva, ilGruppo Musica MCE ritenga «inadeguata la rigida eirreale divisione tra metodi trasmissivi, attivi, non diret-tivi. I metodi attivi e non direttivi sono oggettivamentei più adatti a un intervento che si ponga come momen-to educativo-preventivo, ma devono superare, unavolta per tutte, l’ipotesi di uguaglianza tra animatore eanimato, educatore e educato. Pensiamo invece cheogni ruolo debba assumere propri compiti e responsa-bilità in ordine agli obiettivi del progetto educativo eche in tale direzione vadano usati vari metodi (anima-zione musicale, cooperazione, ricerca-azione, interdi-sciplinarità, didattica dell’occasionalità)».

Insegnanti

Ogni discorso sull’educazione musicale non puòfare a meno di prendere in esame le problematicheconnesse con la figura dell’insegnante. Il tema oggi èparticolarmente sentito, dal momento che con l’annoaccademico 1998-99 sono iniziati alcuni corsi di laureaper la formazione dei maestri di scuola dell’infanzia edelementare, e che dal prossimo anno dovrebbero parti-re le scuole di specializzazione post laurea per chi vorràinsegnare musica nelle scuole secondarie.

Ma un’attenzione particolare va ugualmente portataa chi già lavora nella scuola. Più che chiosare i singolipunti del documento che stiamo esaminando, credoutile riportare per intero il paragrafo dedicato agli inse-gnanti: le indicazioni proposte cercano di evidenziare,coerentemente con la visione espressa pre-cedentemente, le coordinate essenziali per la progetta-zione di percorsi di formazione in servizio e di aggior-namento.

«Presupposto fondamentale è l’esigenza di ricerca,di soddisfare curiosità proprie, il piacere di speri-mentare strumenti operativi, osservativi, animativi, distudiare studiandosi, di imparare educando, e così via.

La direzione è quella che cerca di far entrare nellavoro di ogni giorno, nei contenuti istituzionali, pro-grammatici, disciplinari, il mondo reale, con la com-plessità di nodi e intrecci umani e musicali che presen-ta, cercando in questa fatica il senso educativo, maanche il gusto e il piacere, del nostro ruolo.

Tale prospettiva necessita che i percorsi formativi edi aggiornamento per gli insegnanti potenzino e va-lorizzino:

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Ricerche e problemi

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Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999

Ricerche e problemi

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• le capacità di osservazione/gestione relazionale;• il saper fare scuola in stretto collegamento con il

sociale e, in generale, con tutto ciò che dalla scuolasta fuori (musiche, enti, persone, occasioni...);

• i propri interessi oltre la musica (animazione socio-culturale, pedagogia, antropologia, psicologia, se-miologia ecc...);

• le proprie capacità tecnico-pratiche in senso oriz-zontale (polistrumentismo, altri linguaggi espressivi,tecnologie informatiche e multimediali);

• la propria identità di ricercatore nel campo pedago-gico e musicale;

• i percorsi e le esperienze di connessione tra il farepedagogico e il fare artistico-estetico;

• le esperienze autoformative».Nel percorso di formazione e aggiornamento per-

manente degli insegnanti occupa un posto rilevante laconoscenza del proprio ambiente, in modo da rendereefficace e propositivo il rapporto tra scuola e territorio,superando la dicotomia tra «un tempo serio di appren-dimento-insegnamento, identificato nel tempo-spaziodella scuola, e un tempo di svago poco impegnato, iden-tificato in tutto ciò che la scuola non è. (…) Ciò che ciinteressa invece è lavorare in vista di un tempo unico dieducazione-autoeducazione, non riservato a un periodospecifico della vita ma permanente e ricorrente, in cuile persone vivano armoniosamente lo scambio diambienti formativi, in una dimensione che valorizziesperienze culturali, emotive e affettive. Per la musicapensiamo quindi a progetti territoriali che mettano inrelazione scuole di base, scuole di musica, bande, cori,centri sociali, gruppi e musicisti; accompagnati da pro-getti extraterritoriali che propongano relazioni con imezzi di comunicazione di massa e con le altre cultu-re».

In questa prospettiva nuovi orizzonti si apronoanche per la pratica di una nuova animazione musicale,particolarmente attenta ai bisogni dei vari gruppisociali.

Se l’educazione musicale di base saprà dialogare eattivare scambi e interazioni con questa nuova anima-zione musicale e con altre pratiche di intervento nelsociale, potrà avvenire sicuramente una opportuna fe-condazione tra scuola e società, perché, come ha ricor-dato Freinet, «l’educazione non è una formula scolasti-ca, ma una opera di vita».

Note

1 In occasione del centenario della nascita di Freinet, una molte-plicità di insegnanti che si sono ispirati alla sua pedagogia hannodato vita a un interessante dialogo. Cfr. MCE, Freinet: dialoghi adistanza, La Nuova Italia, Scandicci, 1997.

2 Informazioni e pubblicazioni possono essere richieste alla Segrete-ria nazionale MCE, Via dei Piceni 16, 00185 Roma, e-mail:[email protected]

3 Il Gruppo Musica MCE è nato su sollecitazione di persone che si

occupano abitualmente e professionalmente di educazione musicale,tra le quali: Maurizio Disoteo, Pierpaolo Marini, Diana Penso, MarioPiatti, Renato Rovetta, Maurizio Spaccazocchi, Enrico Strobino, Mau-rizio Vitali. Il gruppo sta operando in stretto contatto anche con ilCentro Studi Musicali e Sociali ‘Maurizio Di Benedetto’ di Lecco.

4 Il testo completo è stato pubblicato su Cooperazione Educativa,n. 1/98, trimestrale del Movimento di Cooperazione Educativa,edito da La Nuova Italia. Va riconosciuto il contributo determinantedi Enrico Strobino per la stesura definitiva del documento.

5 Sul tema delle identità musicali, oltre al n. 5 di Progetto Uomo-Musica, cfr. anche gli atti del convegno di Assisi “Io-tu-noi in musi-ca: identità e diversità”, Edizioni PCC, Assisi 1995.

6 Una sollecitazione a prendere maggiormente in considerazionela filosofia del progettare, più che non quella del programmare è nelmio Progettare l’educazione musicale, Cappelli, Bologna 1993. Cfr.anche F. Mazzoli (a cura di), Musica per gioco. Educazione musicale eprogetto, Siem-EdT, Torino 1997.

7 Cfr. L. M. Lorenzetti (a cura di), La dimensione estetica dell’espe-rienza, F. Angeli, Milano 1995.

8 Sul ciclo emozionale cfr. D. Demetrio, «Insegnare con le emo-zioni», in RES. Cose d’oggi a scuola, n.10, ottobre 1995.

I l Conservatorio è una istituzione scolastica chetrova il suo fondamento giuridico e istituzionale inuna legge del 1912 e i cui programmi di studio

risalgono al 1930. È facile immaginare che in questasorta di dinosauro dell’istruzione pubblicasopravvivano alcune specie di docenti e studenticompletamente estinte nel resto del mondo scolasticocome i protagonisti di questa storia, rigorosamentevera.

Prima lezione del periodo quaresimale. Facce tristi.L’alunno Little Horse suona il Solo di Tuba di De LaNux davanti al suo collerico maestro, il MaestroSyempre.Appena concluso il brano, il Maestro Syempreinsinua con una vocina di zanzara: “Per caso,durante il carnevale, non sarai andato in giro asuonare con le altre bande.Vero?”“No, no, sono rimasto a casa a studiare.” rispondeLittle Horse e capovolge lo strumento perappoggiarlo al pavimento.Ed ecco, dalla campana di ottone, scende lieve unapioggia di coriandoli di tutti i colori.Little Horse: corridoio di 80 m. in 8” e 58centesimi.Maestro Syempre: corridoio di 80 m. in 8” e 57centesimi con una scarpa nella mano destra.Questa storia insegna che prima di girare il tuba èutile guardare che scarpe porta l’insegnante.

bemolli Cidrolin

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Gatteo a Mare (Forlì)Prima Settimana: 5/10 luglio

DIDATTICA DELL’EDUCAZIONE MUSICALE

Giocare con i suoni, giocare con le storiedocente Michele Guerra (docente di Propedeutica della musi-ca - Ravenna)docente Arianna Sedioli (esperta in didattica e pedagogiamusicale, atelierista - Ravenna)

Ascoltare per cresceredocente Gabriella Baldi (esperta di didattica musicale nellaprima infanzia - Novara)

Bambini in musica: la voce, il corpo, gli strumentidocente Stefania Lucchetti (docente di Pedagogia musicale -Conservatorio di Alessandria)

Tecnica F. M. Alexanderdocente Ferdinando Suvini (insegnante Tecnica Alexander,musicista, musicoterapeuta - Firenze)

Essere il suono: l’esperienza creativa in musicadocente Mauro Carboni (pedagogista e musicoterapeuta - Con-servatorio di Salerno)

Il corpo e l’improvvisazionedocente Carla Alma Siciliotti (danzatrice, danzaterapeuta -metodo M. Fux - Perugia)

Le basi della ricerca per l’educazione musicaledocenti: Mario Baroni (Università di Bologna)Michel Imberty (Università di Parigi-Nanterre)Giuseppe Porzionato (Università di Padova)Johannella Tafuri (Conservatorio di Bologna)

Seconda Settimana: 12/17 luglioDIDATTICA DELL’EDUCAZIONE MUSICALE

Lo sviluppo della creatività musicaledocente Anna Lucia Frega (Università nazionale diRosario - Argentina)

Il gioco del teatrodocente Marco Bricco (attore ed esperto di attività musicali -Compagnia Teatrale Stilema - Torino)

Le danze del mondodocente Federica Calvino Prina (etnocoreologa, esperta didanza rinascimentale e barocca - Milano)

Musica/cinema/televisionedocente Marco Buccolo (musicista e musicologo, specialista dilinguaggi musicali per i Media - Alba)

A scuola con il jazzdocente Paolo Damiani (musicista, docente di jazz presso ilConservatorio di L’Aquila)

Didattica del pianofortedocente Donatella Bartolini (docente Istituto Musicale pareg-giato “Boccherini” - Lucca)

Training per il lavoro di gruppo docente Domenico Decimo (esperto metodologo, formatoreO.P.P.I., trainer di PNL - Milano)

Terza Settimana: 19/24 luglioDIDATTICA STRUMENTALE

Didattica del pianoforte: l’improvvisazionedocente Emilio Molina (docente di improvvisazione -Madrid)

Didattica della chitarradocente Gianni Nuti (concertista, docente di chitarra - Aosta)

Didattica del flauto traversodocenti: Francesca Pagnini (docente di flauto - Conservatoriodi Bologna)Marcella Ferraresi (docente di flauto - Conservatorio di Novara)

Didattica del violinodocenti: Mariateresa Lietti (docente di violino - Como) Elisabetta Rossi (docente di violino - Genova)

Didattica degli strumenti ad ancia: il clarinettodocente Luciano Pasquero (insegnante nella scuola media adindirizzo musicale - Alba)

Didattica della musica d’insieme: repertori etnicidocente Claudio Dina (etnomusicologo, polistrumentista -Torino)

Didattica della musica d’insieme: la trascrizionedocente Antonio Giacometti (compositore, esperto di didatti-ca musicale - Brescia)

Marinella di Selinunte (Trapani)22/28 agosto

Corso di danze popolaridocente Mario Meini (esperto di danze popolari - Milano)

Musica e computerdocente Paolo Valle (sviluppatore multimediale, polistrumen-tista - Vicenza)

Lo spazio fantasticodocente Daniela Fisichella (docente di Educazione musicale -esperta di teatro - Catania)

La pratica corale nella scuola dell’obbligodocente Giorgio Mazzucato (esperto in didattica corale e pra-tica vocale - Rovigo)

Suoni, segni, giochidocente Paola Faccidomo (esperta di didattica dell’educazionemusicale - Marsala)

Ritmica Jaques-Dalcrozedocente Sabine Oetterli (docente di Ritmica Dalcroze -Roma)

La chitarra “percossa”docente Titimio Amicone (docente di Educazione musicale -Milano)

Didattica del pianofortedocente Annibale Rebaudengo (docente di pianoforte presso ilConservatorio di Milano)

Corsi estivi Siem 1999

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La Città dei bambini è uno spazio ludico-didattico-educativo nato a Genova nel 1995 sul modellode La Cité des Enfants di Parigi; è sita nei Magazzi-

ni del Cotone del Porto Antico su una superficie di2.800 metri quadrati.

Si tratta di un gigantesco edutainment, costituito dauna grande struttura architettonica informatizzata(ideata da un’équipe di studiosi dell’Università diGenova), all’interno della quale è possibile giocare eapprendere interagendo con meccanismi di vario tipo(specchi che deformano la realtà, telecamere permanipolare immagini, computer, strumenti musicali vir-tuali ecc.).

Al primo impatto la Città dei bambini appare comeuna sorta di paese delle meraviglie molto colorato, dovele tecnologie informatiche si sposano sapientemente congiochi e materiali naturali e tradizionali come acqua,macchinine, cubi per costruzione tipo lego ecc.

Le esperienze che il bambino, da solo o con lacomplicità di altri bambini e adulti, può compiere sca-turiscono da un’impostazione metodologica di tipoeuristico; il bambino non si trova mai in condizione difruire passivamente la realtà, ma è sempre l’arteficeche costruisce e apprende a partire dai suoi interessi ecuriosità. Il coinvolgimento del bambino sul piano sen-soriale è globale: infatti è stimolato a osservare, adascoltare, a toccare, addirittura ad annusare alcunioggetti che incontra.

Anche dal punto di vista musicale la Città dei bambi-ni si rivela particolarmente interessante; infatti esisto-no alcuni spazi dove è possibile manipolare strutturesonore, effettuare collegamenti fra suoni e immagini esuonare strumenti virtuali. Ad esempio grazie all’azio-ne di sensori capacitivi (che registrano la percentualedi acqua nel corpo umano) è possibile muoversi inambienti sonori che mutano al nostro passaggio, con-sentendo al bambino di condurre esplorazioni sonorecreative proprio muovendosi e interagendo nello spa-zio con il proprio corpo.

In sintesi tra i vari giochi musicali abbiamo:• Note da rumore: avvicinando l’orecchio a tubi

di diversa lunghezza si captano, filtrati dal rumore difondo dell’esposizione, dei suoni mutevoli; tendere l’o-recchio per ascoltare è in sintonia con altre esperien-ze sensoriali come mettere l’occhio in fori per guarda-re all’interno, annusare oggetti, infilare le mani in fessu-re per palpare strutture;

• Gira e fai suono: azionando una manovella simette in rotazione un disco posto di fronte a un soffio

di aria compressa; la presenza sul disco di una sequen-za ordinata di suoni genera altri suoni che variano infunzione della velocità della manovella;

• Laboratorio musicale: si tratta di uno spazioarticolato in più sezioni e dotato di sensori che regi-strano i movimenti dei ragazzi, generando eventi sono-ri sempre diversi:

a) danza e crea musica/direttore d’orchestra: il movi-mento di un gruppo di partecipanti crea, controlla, modi-fica o disattiva le parti di un brano musicale o le compo-nenti di un paesaggio sonoro (la foresta, il mare...);

b) la pedana musicale: un pavimento sonoro suonaquando i piedi sfiorano le mattonelle colorate;

c) il labirinto invisibile: si deve uscire da un labirintoformato da cento mattonelle sonore, facendo atten-zione ai suoni che indicano l’uscita;

d) strumenti musicali virtuali: è possibile suonare edesplorare il timbro di vari tamburi reali e virtuali;

e) armonia del movimento: il gioco consiste nel suo-nare un brano a cinque voci. Ogni voce è rappresenta-ta sullo schermo da un pesciolino di colore diversoche si controlla muovendosi da soli e successivamentein gruppo. Ogni pesce, che rappresenta una voce delbrano, è controllabile con le piastrelle sensorizzate delcolore corrispondente.

La Città dei bambini rappresenta inoltre un interes-sante strumento di studio e approfondimento per igenitori che possono giocare, ma anche osservarecome i loro figli si rapportano con il gioco e con situa-zioni creativamente nuove; per gli studiosi che posso-no trovare in questi spazi occasioni di riflessione eapprofondimento su quelle che sono le strategie e letecnologie didattiche attualmente più efficaci e attuali;e per gli insegnanti che possono trovare spunti didat-tici da sviluppare successivamente in classe.

Molto interessante inoltre è la guida didattica cheviene fornita ai visitatori adulti; si tratta di un opuscoloben strutturato che, oltre a fornire un quadro sinteti-co dei vari percorsi possibili, per ogni attività specifical’obiettivo didattico che si intende perseguire e le scel-te metodologiche con riferimento ai programmi dellascuola elementare e media.

La Città dei bambini si rivolge ai bambini dai 3 ai 14anni attraverso due percorsi ideali, uno per i piccoli da3 a 5 anni e l’altro per quelli compresi tra 6 e 14 anni.

Il costo del biglietto d’ingresso è di lire 8.000, masono previste riduzioni e abbonamenti per le scuole.La Città dei Bambini è aperta tutti i giorni dalle 10 alle18 tranne il lunedì.

LA CITTÁ DEI BAMBINI

AMEDEO GAGGIOLO

RUBRICHE

Musica in bit

Musica Domani - n. 110 - Marzo 199916

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Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999

Si è molto studiato e scritto sul ruolo dell’adultonella socializzazione del bambino e sui beneficidi una esperienza musicale precoce vissuta con i

genitori. È noto che la musica ha una funzione moltoimportante nello sviluppo del bambino fra i tre e i seianni. A questa età, infatti, incomincia a esprimersi inmaniera originale e creativa; perché si sviluppino lecapacità musicali è necessario però che l’adulto loaiuti e gli accordi fiducia. Se l’unico adulto con ilquale il bambino sperimenta le proprie potenzialitàmusicali è l’insegnante, l’attività musicale non puòessere continuata a casa, specialmente se i genitorinon sono sufficientemente a conoscenza del materialeche viene utilizzato in classe.

Attualmente a Buenos Aires i genitori cantanopoco ai loro figli, forse perché hanno una conoscenzalimitata del repertorio tradizionale delle canzoniinfantili, che in questi ultimi decenni non vengonopiù tanto utilizzate nella scuola, o perché sono con-vinti di non avere capacità canore, convinzione scia-guratamente corroborata dalla loro esperienza scola-stica, quando lo “stonato” veniva castigato con l’e-sclusione dal coro, o forse perché è più facile e piùcomodo offrire ai piccoli quella musica in scatola chespesso, essendo di moda, è diffusa dai mezzi dicomunicazione di massa e viene richiesta dagli stessibambini.

È anche da considerare che i genitori trascorronopoco tempo con i loro figli e, sempre più frequente-mente, hanno una pazienza assai limitata: la difficilesituazione economica del paese costringe entrambi igenitori a lavorare per vivere una vita dignitosa e,quindi, ad allontanarsi per molte ore dalla famiglia.Insomma sono questi i motivi che contribuiscono aostacolare la comunicazione quotidiana nel gruppofamiliare e, ancor di più, quella comunicazione cosìpregnante che è caratteristica speciale della musica e,

in particolare, del canto.È per questi motivi che il Collegium Musicum di

Buenos Aires, istituzione privata che da più di cin-quant’anni si dedica alla formazione musicale dibambini, giovani e adulti, ha pensato che un’attivitàrealizzata con genitori e figli avrebbe potuto colmarealcune di queste carenze. Così, nel 1990 si è proget-tata e realizzata per la prima volta in Argentina un’at-tività musicale per bambini di tre anni, cui è statodato il titolo Far musica con mamma e papà, con loscopo di offrire al bambino e all’adulto l’opportunitàdi scoprire e vivere insieme la gioia e il piacere diun’esperienza musicale che potesse favorire l’integra-zione della musica con la vita quotidiana del bambi-no e della sua famiglia.

Durante l’esperienza abbiamo verificato come inquesto spazio i genitori abbiano trovato nuove moda-lità per rapportarsi ai loro figli. La relazione genitori-figli infatti ha assunto un ruolo centrale e si è trasfor-mata in un obiettivo principale dell’attività, anche senon sempre in modo esplicito.

L’attività

Nel 1990 si apre un corso pilota della durata diquattro mesi, con incontri di un’ora la settimana, cuipartecipano otto bambini e otto adulti, tenuti adassistere a tutte le lezioni. Eccezionalmente qualchenonna accompagna il nipotino; in genere si tratta dinonne che si occupano dei bambini perché i lorogenitori lavorano tutto il giorno o per qualche altravalida ragione che giustifica l’eccezione.

Oggi rimane la struttura di un corso di otto adultie otto bambini per un’ora di lezione settimanale; ladurata del corso è invece annuale. L’attività è andataprogressivamente ampliandosi: da un solo corso con

Strumenti e tecniche

Far musica a tre annicon mamma e papà

L’originale esperienza qui raccontata proviene dall’Argentina.Dei bambini di tre anni partecipano insieme ai loro genitori aincontri musicali il cui scopo è duplice: da una parte favorire losviluppo della sensibilità musicale sia nei bambini sia negliadulti e dall’altra facilitare la comunicazione fra genitori e figlie migliorare la loro relazione.

DINA POCH DE GRÄTZER

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Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999

un solo insegnante del 1990 siamo passati agli attualidieci corsi con sei insegnanti di classe e quattro inse-gnanti tirocinanti.

Le attività vengono realizzate sia in forma colletti-va sia in forma individuale; quest’ultima viene realiz-zata alternando bambini e genitori o per coppie.Questa modalità permette molte varianti: nelladomanda e risposta (ritmica e melodica) il bambinopropone e il genitore risponde o viceversa; così nelriconoscimento strumentale, nell’imitazione vocale estrumentale ecc. Anche l’insegnante propone esempida imitare o da completare; in questo caso la propo-sta viene differenziata: facile per i bambini e piùimpegnativa per i genitori.

Negli incontri si lavora principalmente sull’esplo-razione degli strumenti e delle possibilità della voce,sul riconoscimento di timbri, ritmi e melodie. Unruolo importante viene assegnato al corpo come“strumento” da esplorare, da “suonare” e da usare pervivere la musica attraverso il movimento (suono-silenzio, lento-veloce, piano-forte, suoni alti-suonibassi ecc.).

La verifica del lavoro

Nel 1992, prima della conclusione delle lezioni èstato distribuito un questionario ai genitori presentinei quattro gruppi di lavoro con lo scopo di valutarel’attività ed evidenziare i cambiamenti avvenuti nelbambino e negli stessi genitori. Ai 31 questionaridistribuiti hanno risposto, in forma anonima, 25persone; l’esame delle risposte aperte ha fornitoinformazioni impreviste e significative sulle conse-guenze e sulle implicazioni di questa attività sull’a-dulto, sia sul piano personale sia sul rapporto affetti-vo con il figlio. Ciò ha consolidato l’ipotesi, già pre-sente nel progetto originario del corso, che una atti-vità musicale condivisa tra genitore e figlio favorisce lacomunicazione e contribuisce al rafforzamento dellerelazioni fra di loro e ha suggerito l’introduzione dicambiamenti nell’orientamento e nell’impostazionedel corso appositamente mirati a ciò.

Nel 1995, per verificare le nostre convinzioniabbiamo distribuito ancora lo stesso questionario aigenitori; anche quest’anno il questionario è statoproposto ai 45 genitori presenti nei sette gruppi atti-vati, che lo hanno tutti compilato, in forma anoni-ma, e riconsegnato.

I risultati e la loro interpretazione

L’analisi dei questionari è stata condotta parallela-mente ad altre forme di verifica dei risultati dell’atti-vità; in particolare sono state effettuate delle intervi-ste individuali con i genitori, delle riunioni con i

genitori di ogni gruppo, delle riunioni con i docenti.Inoltre sono state analizzate le videoregistrazionidelle lezioni.

L’ascolto e il canto

Lo spoglio dei questionari, i cui dati sono sintetiz-zati nella tabella, ha permesso di compiere alcuneinteressanti osservazioni. Vediamo le principali.

L’ascolto della musica a casa si era rivelato nel1992 uno dei punti deboli dell’esperienza; in seguitosi è dunque fatto uno sforzo per incentivare l’attivitàfornendo ai genitori degli orientamenti e affidandoloro la conduzione dell’attività anche in classe. Anchese tale strategia sembra dare buoni risultati, tuttaviaessa non si è rivelata sufficientemente produttiva.

Si è invece incrementata la percentuale del canto acasa, non solo perché i genitori imparano insieme aifigli le canzoni, ma anche perché nelle lezioni si sot-tolinea il valore del canto realizzato in casa con tuttala famiglia.

I progressi musicali dei bambini

Per quanto riguarda i progressi dei bambini èstato importante che il 100% dei questionari distri-buito nel 1995 abbia dato risposta affermativa, maancora più importante è che in entrambi i questiona-ri gli stessi genitori abbiano valutato con obiettività eprecisione i propri figli, con espressioni come queste:«Mio figlio distingue il grave dall’acuto, l’alto e ilbasso, il forte e il piano, il lento e il veloce, i diversiritmi e il silenzio», «Presta attenzione ai suoni del-l’ambiente», «Ripete sequenze di suoni», «È più libe-ro nell’usare la voce», «Ha aumentato la memoriamelodica e ritmica», «Riconosce gli strumenti in unascolto», «È capace di improvvisare con la voce e congli strumenti che abbiamo in casa», «Esprime il ritmocon il corpo» ecc.

Lavorare nel gruppo

Si deduce fin dal primo questionario che le diffi-coltà di integrazione del bambino nel gruppo posso-no essere fatte risalire, almeno in parte, agli stessigenitori che faticano a collaborare mostrando essistessi delle difficoltà di adattamento. L’uso di nuovestrategie, dirette principalmente a facilitare una rapi-da integrazione dell’adulto nel gruppo ha abbassatola percentuale di tale difficoltà sia negli adulti sia neibambini.

I cambiamenti nel comportamento del bambinoattribuibili a questa attività sono stati dichiarati neiquestionari di entrambi gli anni con affermazioni

Strumenti e tecniche

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Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999

Strumenti e tecniche

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come queste: «Ha migliorato la propria coordinazio-ne motoria», «Ha migliorato la propria disponibilitàa condividere e ad aspettare», «Ha smesso di guardarela televisione per propria scelta e preferisce ascoltaremusica», «Memorizza con più facilità», «Quando ècontenta si esprime con il canto» ecc.

Per quanto riguarda la partecipazione dei genitorisi potrebbe dedurre che il cambiamento delle percen-tuali tra i questionari dei due anni sia attribuibile allascelta di favorire una partecipazione sempre più atti-va dei genitori al lavoro di gruppo. I genitori, daparte loro, apprezzano il tempo e lo spazio loro con-cesso durante la lezione. L’analisi delle risposte a que-ste domande: Ha potuto scoprire e vivere con piacerel’esperienza musicale? Ha raggiunto le sue aspettative?domande alle quali il genitore poteva rispondere sì ono, sommata ai dati forniti dai docenti, ci permettedi affermare che i genitori traggono vantaggio dalleattività tanto quanto i figli e a volte forse di più:imparano a cantare, suonare, improvvisare, a muo-versi con scioltezza e ad ascoltare musica. Sannocome arricchire un’idea iniziale, generalmente propo-sta dall’insegnante, e molte volte trovano soluzionialle difficoltà che si presentano nel gruppo.

Oltre l’esperienza musicale

Nel primo questionario era inserita una soladomanda il cui scopo era capire se questa esperienzapotesse dare dei risultati oltre l’ambito puramentemusicale. In realtà dalle risposte è emerso un contri-buto inaspettato che avrebbe determinato il futuroorientamento dell’attività. Il 71% delle risposte posi-tive nel 1992 e l’88% di quelle del 1995 eranoaccompagnate da commenti come questi: «Il nostrodialogo ora è più fluido», «Siamo più in armonia»,«Ho imparato a giocare con mio figlio a casa», «Hoimparato a vivere meglio il mio ruolo di padre», «Hotrovato diversi modi per comunicare con mio figlio eper sintonizzarmi con lui».

È stato ancora più sorprendente constatare che ladomanda volta alla valutazione dei risultati musicaliraggiunti dall’adulto ha focalizzato aspetti estranei aquelli musicale. Queste alcune risposte: «Un granderisultato per me è stato scoprire in ogni lezione miofiglio», «Un grande risultato è stato per me riuscire avalutare le mie idee e i piccoli progressi fatti da me eda mio figlio», «Lavorare con mio figlio mi ha miglio-rato sia sotto il profilo personale sia sotto il profilomusicale», «Io sono riuscito a inserirmi nel mondo delbambino», «Questa esperienza mi ha messo in modonaturale e sereno in rapporto non solo con mio figlioma anche con altri genitori e altri bambini», «Il potercondividere con mia figlia un’attività così bella è statoper me un grande vantaggio».

Nel questionario del 1995, l’80% delle 95 rispo-

ste fornite valorizzano il raggiungimento di aspettiextramusicali con risposte simili a quelle del questio-nario del 1992. Entrambi i questionari affermanol’esigenza di continuare l’attività a casa con leseguenti affermazioni: «Mio figlio cerca di coinvol-gere tutta la famiglia nei suoi giochi musicali inse-gnando e inventando canzoni», «A casa ripetiamocon tutta la famiglia quello che si fa in classe», «Lacostruzione di strumenti, la ricerca dei mezzi neces-sari, mi sembra una soluzione molto adatta per inte-grare la famiglia e renderla partecipe», «Giocare conil papà aiuta il bambino nelle difficoltà musicali»,«Svolgere i compiti a casa mi è sembrata un’ideaeccezionale che ha entusiasmato tutti a partecipare aquesta esperienza» ecc.

Conclusione

I dati forniti dal primo questionario hanno evi-denziato che questa attività non era rivolta al bambi-no accompagnato da mamma o papà, ma, e conmaggiori vantaggi, a mamme e papà che accompa-gnano il proprio figlio. L’adulto, in questa esperienza,gode di opportunità speciali e diverse che lo aiutanonon solo a legarsi affettivamente alla musica, maanche a stabilire con i propri figli rapporti che vanno

IL CONVEGNO INTERNAZIONALE DELLA SIEM NEL 2000

La SIEM invita a presentare lavori di ricerca al convegnointernazionale La ricerca per la didattica musicaleche si terrà a Bologna dal 24 al 27 febbraio del 2000.Obiettivi del Convegno sono:• Promuovere la ricerca per la didattica musicale, in parti-

colare nei paesi di lingua neolatina.• Individuare i principali problemi della didattica musicale.• Favorire lo scambio di esperienze didattiche verificate

attraverso lavori di ricerca.• Promuovere a livello internazionale la diffusione di risul-

tati utili alla didattica.• Promuovere la comunicazione tra paesi diversi favoren-

do ricerche condotte da gruppi internazionali.Le aree tematiche per la ricerca sono:• Ricerca musicale di base e applicazioni didattiche• Sviluppo delle capacità musicali e modalità di apprendi-

mento• Didattica musicale per la formazione dei musicisti • Didattica dell’educazione musicale nella formazione

generale • Didattica delle attività musicali extrascolastiche • Scelta dei repertori per l’insegnamento• Multimedialità e didattica.Le ricerche devono pervenire entro il 20 Agosto1999 a: Convegno Internazionale Bologna 2000 - SIEM,ViaGuerrazzi, 20, 40125 BOLOGNA (Italia).Per informazioni sulle modalità di redazione delle ricercherivolgersi alla SIEM, Fax: +39 011 9364761; e-mail: [email protected]

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Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999

al di là dell’ambito schiettamente musicale. Pur non trascurando l’aspetto musicale o il bambi-

no o il gruppo nella sua totalità, è stato necessariocentrare l’attenzione sull’adulto, elemento fondamen-tale di questa attività, perché non si può non tenerconto che il genitore, oltre a soddisfare il legittimodesiderio di condividere questa esperienza con ilfiglio, deve superare inibizioni e barriere che ostacola-no l’espressione di sé durante l’esperienza musicale.

Pur non avendo precise statistiche a riguardo, i seidocenti dei 42 gruppi che hanno funzionato in que-sti anni, condividono l’impressione che i padri (iquali costituiscono la maggioranza dei genitori cheaccompagnano i figli alle lezioni) non solo hannominori difficoltà di inserimento e pregiudizi, ma par-tecipano alle lezioni in modo generalmente più spon-taneo, dinamico e vario di quello di molte madri.

Partecipare a questa attività significa per l’adultosvolgere il ruolo di genitore e nello stesso tempoaffrontare difficoltà e insicurezze di fronte al propriofiglio e agli altri genitori.

In particolare queste sono le principali difficoltàcon le quali egli deve confrontarsi:• imparare a delegare la propria autorità al docente

e accettare lo schema di lavoro e le regole di com-portamento suggerite dal normale svolgimentodell’attività;

• abbandonare il pregiudizio del che cosa diranno gli

altri? e la paura di essere giudicato come genitore;• riconoscere e accettare le differenze individuali e i

problemi di comportamento che possono ostaco-lare il normale svolgimento dell’attività;

• accettare i ritmi del proprio figlio, i suoi tempi diadattamento, di integrazione, di partecipazione edi apprendimento;

• riconoscere e accettare i limiti del figlio e i proprisenza che ciò si trasformi in inibizioni alla parteci-pazione alle attività;

• accettare le critiche dei bambini;• accettare che in qualche gioco il proprio figlio lo

posponga ad altri genitori;• superare ostacoli che limitano l’uso creativo del

proprio corpo.In sintesi il genitore deve imparare a concedersi di

giocare.Superare queste difficoltà permette al genitore

non solo di accompagnare il proprio figlio nel pro-cesso di sviluppo, ma anche di trarre vantaggi sia per-sonali sia relazionali e, di conseguenza, di consolidareil suo ruolo nel gruppo dei genitori e dei bambini.

Si può dunque dedurre dai risultati ottenuti cheun’attività musicale condivisa favorisce la comunica-zione tra il padre o la madre e il figlio e, per estensio-ne, nel gruppo familiare.

(traduzione di Giovanna Napoli)

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I risultati dei questionariPercentuali

1992 1995Ascoltano musica a casa più di prima:

bambini da soli 35 67insieme genitori e figli 35 62

Cantano a casa più di prima:bambini da soli 47 57insieme genitori e figli 59 84

Bambino:progressi nello sviluppo musicale 88 100difficoltà di integrazione 53 21cambiamenti nel comportamento dovuti all’attività 59 57

Mamma o papà:difficoltà di integrazione 40 22progressi 70 95sono state soddisfatte le aspettative 100 100

Partecipazione in classe:sono soddisfatti 53 71desiderano partecipare di più 35 14notano cambiamenti nel rapporto con il figlio 71 88continuano a casa 88 86

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Se ci muoviamo nel campo dell’animazione musi-cale è importante avere chiaro il quadro chemotiva il nostro intervento. Interrogarsi sul per-

ché dell’animazione musicale è un’operazione essen-ziale e ricorsiva, che si sviluppa a partire dalla propriaesperienza, dalla capacità di analizzarla e di svolgereuna riflessione sui valori e sui significati che esprime.Prima di intervenire nelle diverse situazioni, prima diapprontare qualsivoglia progettazione c’è sempre unadomanda da porsi che riguarda il senso del propriolavoro.

Per orientarsi nelle risposte possibili può essereutile assumere due prospettive di riferimento. Laprima indaga la musicalità individuale, quella dimensio-ne del musicale che appartiene alla specie umana, cheè potenziale di ogni persona. Questa estensioneantropologica, biologica e psichica, già definita dell’ho-mo musicus, permette di assumere come un primosfondo per l’intervento di animazione musicale l’ideadi una relazione persona-musica.

La seconda direzione è quella che interessa inveceil significato sociale dell’esperienza della musica: lamusica come evento sociale, culturale, politico ingrado di contribuire alla costruzione di identità collet-tive, ed essa stessa espressione di tali identità. Questaidea della musica come fenomeno sociale, sviluppa larelazione persona-musica all’interno del più ampiorapporto musica-comunità.

Se questi sono gli sfondi dell’animazione musicale,la finalità può allora diventare quella di promuovereesperienze musicali in grado di sviluppare i potenzialidi espressione, relazione e comunicazione delle perso-ne appartenenti a un gruppo e di favorire un migliora-mento nella qualità delle relazioni persona-musica emusica-comunità.

Il gruppo diventa così l’ambito privilegiato dell’in-tervento di animazione musicale: né così ampio daassumere le connotazioni del pubblico e della massa,né, all’opposto, ridotto alla relazione duale, ma un con-testo adeguato, nel quale le persone possano essererisorse l’una per l’altra.

Per esplicitare ulteriormente il fine dell’animazionemusicale ci possono venire in aiuto alcune parole-chiave.

La prima è “crescita”.Con l’animazione musicale intendiamo promuovere

la crescita di persone e gruppi, ovvero favorire uncambiamento evolutivo e positivo che, a partire dallavalorizzazione dei potenziali individuali, si sviluppiattraverso il rafforzamento del tessuto connettivosociale. Questo processo richiede che tra le persone

si instaurino delle relazioni, nel nostro caso delle rela-zioni musicali, che sappiano esprimere reciprocità econdivisione nell’esperienza.

“Relazione”, “reciprocità”, “condivisione”: eccodunque altri termini fondamentali dell’animazionemusicale, se intendiamo il cambiamento come un pro-cesso da realizzare insieme agli altri, come un dialogoche, sviluppandosi nella chiara differenza di ruolo,riguarda tanto chi è animato/a quanto chi è animato-re/trice.

Abbiamo fin qui delineato un’idea di animazionemusicale che ricalca in molti aspetti l’impianto dell’ani-mazione socio-culturale; si tratta ora di saper trasfor-mare queste intenzionalità e consapevolezze in pro-getti di partecipazione, di promozione, di prevenzionecon la musica.

Progettare significa etimologicamente “gettare-per”, quindi lanciare idee prevedendone le traiettorie,costruire ipotesi per il futuro; significa ideare e perse-guire dei valori. Suoi elementi essenziali sono, con ivalori e le finalità, la ricerca di soluzioni a problemiindividuati attraverso la formulazione di obiettivi.

Attraverso la progettazione, l’animatore stimolasoggetti e comunità a interrogarsi, a riconoscere i pro-pri bisogni, a reperire risorse, a scegliere, mettendo aloro disposizione i propri strumenti e le proprie tecni-che specifiche.

In un progetto di animazione musicale, la promo-zione delle relazioni persona-musica e musica-comu-nità è resa possibile dallo sviluppo della “creatività”,del “piacere” e del “desiderio estetico”. L’animazionemusicale ha a che fare col gioco e col divertimento,anche con l’evasione nel momento in cui questa rap-presenta un’effettiva prospettiva di crescita per le per-sone. Avere il piacere come riferimento del propriooperare non significa però ricondurre l’intero proces-so animativo a una dinamica puramente edonistica.Senza rinunciare alle difficoltà e alle sofferenze chequalsiasi processo di crescita comporta, il lavoro dianimazione centra la propria attenzione sui processiludici, creativi e sulla ricerca di una qualità esteticadesiderabile. Il cambiamento che intendiamo promuo-vere si nutre del potenziale estetico e simbolicoespresso dall’attività musicale. La rappresentazionesimbolica, la produzione estetica, il vivace mercato disegni a cui dà vita l’esperienza di animazione musicale,altro non sono che la trasposizione e la manifestazio-ne nell’esperienza collettiva del suono, di bisogni, desi-deri, capacità e qualità delle persone, condivisi dalgruppo e orientati dalle finalità di un progetto.

FINALITÁ

MAURIZIO VITALI

RUBRICHE

Taccuino di animazione

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Alla fine di settembre dello scorso anno, l’Ufficio delConsigliere Ministeriale per l’Autonomia ha diffu-so due documenti redatti da un gruppo di lavoro

costituito presso il Ministero della Pubblica Istruzione conil compito di individuare spazi operativi per offrire adegua-to rilievo alla «musica come fattore educativo all’internodel sistema scolastico».

Coordinato da Antonio Portolano, ispettore tecnico delministero della pubblica istruzione, il gruppo è compostoda Paolo Damiani, docente di conservatorio e presidentedell’Associazione Italiana Jazz, già facente parte del Comi-tato dei Saggi; Giovanni Piazza, docente di conservatorio;Annibale Rebaudengo, docente di conservatorio e presi-dente della Siem; Ciro Visco, docente di conservatorio edirettore del coro dell’Accademia S. Cecilia; AngiolinaPonziano e Pierpaolo Rosati, ispettori tecnici del ministerodella pubblica istruzione; Lida Branchesi, docente coman-data presso il CEDE e coordinatrice del progetto MUSE;Maria Marino, docente di scuola media a indirizzo musi-cale; Laura Notari Borghese, esperta ministeriale.

Questi due documenti, importanti per chi si occupa dieducazione musicale, si collocano nello scenario della rifor-ma della scuola e dell’elevamento dell’obbligo scolastico;per questo Musica Domani ha deciso di pubblicarli inte-gralmente. Sul piano dei contenuti, contengono diverseriflessioni interessanti. Anzitutto, dal testo emerge unavisione operativa dell’educazione musicale che offre ade-guato spazio alle attività integrate e multimediali e allacreatività; l’idea stessa di laboratorio musicale sembraorientata a fare piazza pulita delle “didattiche povere” e deinoiosi bigini di ascolto-storia della musica.

È inoltre interessante il riferimento alla non riducibilitàdell’esperienza musicale giovanile ai limiti di una disciplinascolastica. La musica infatti, nella vita dei preadolescenti edegli adolescenti d’oggi, rappresenta sicuramente uno spa-zio di relazioni, di vissuti simbolici e di pratiche musicali esociali che solo in parte possono essere rinchiusi nel curri-colo formativo scolastico. A questo proposito, è significati-vo che i laboratori musicali previsti dai documenti mini-steriali siano intesi come spazi in cui gli studenti possano

incontrarsi anche al di fuori degli orari curricolari. L’occa-sione di ritrovarsi all’interno della scuola per “vivere lamusica”, sia ascoltata che prodotta, suggerisce una possibi-lità di riappropriazione positiva dello spazio scolastico,attraverso attività gratificanti dal punto di vista della cresci-ta culturale e sociale. Quest’ultima indicazione, tra l’altro,pone indirettamente la questione del rapporto scuola-terri-torio, che ha nell’attività musicale un terreno privilegiatodi costruzione. Chiunque lavori nella scuola è peraltroconsapevole di come l’esperienza musicale sia vissuta daigiovani in modo più complesso (e spesso estraneo) diquanto sia proposto dal quotidiano musicale scolastico.

Nella prospettiva dell’estensione dell’obbligo scolastico,è interessante il riferimento al soddisfacimento di bisogniformativi che superino il livello primario; nel ciclo superio-re la scuola deve offrire opportunità di incontro con lamusica, anche sul piano della produzione musicale, ade-guate all’età degli studenti.

Il 5 novembre scorso, il ministro Berlinguer ha illustra-to ufficialmente i documenti qui pubblicati alla presenzadi un gruppo di rappresentanti di rilievo di varie aree delmondo della musica (Salvatore Accardo, Paolo Arcà,Mario Baroni, Azio Corghi, Ivano Fossati, Giorgio Gaslinie Bruno Tommaso) e dell’imprenditoria musicale, oltreche di alcuni giornalisti e del gruppo di lavoro. Gli attestatiunanimemente positivi nei confronti dell’iniziativa, hannoconfermato il Ministro nell’intenzione di avviare, a partiredal prossimo anno e per un quadriennio, un finanziamen-to sistematico e congruo per la costituzione del laboratoriodi musica in ogni ordine e grado di scuola.

Chi darà corpo alle iniziative del Ministero?

Affinché tali postulati trovino effettiva realizzazione, ènecessario che si definisca una riforma della scuola checonsenta la messa in opera di percorsi formativi diversifica-ti, flessibili e articolati in modo tale da consentire risposte

Un laboratorio musicaleper le scuole italiane

Due recenti documenti del Ministero rilanciano il ruolo dellamusica nella scuola italiana.Il laboratorio, cioè uno spazio appositamente attrezzato perconsentire l’attività musicale, e la figura del coordinatorerappresentano i cardini dell’iniziativa ministeriale.

MAURIZIO DISOTEO

Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999

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Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999

utili alla molteplicità delle richieste relative alla musica.Pensiamo in particolare, ma non solo, al ciclo secondariosuperiore dove è necessaria la presenza della musica nonsolo negli ipotizzati indirizzi sperimentali musicali maanche nei programmi dei vari indirizzi ordinari, non esclu-dendo, infine, in alcune situazioni, la possibilità di spaziopzionali o extracurricolari.

Ci sembra anche importante che un’impostazione dav-vero flessibile e attenta allo sviluppo delle diverse identitàmusicali debba tenere conto della grande varietà di generi,repertori e culture che sono parte della vita musicale deigiovani, evitando di limitare progetti e offerte al terrenodella musica colta europea.

Anche nel caso dei documenti che stiamo commentan-do, alle proposte culturali non ha fatto seguito purtroppoun adeguato impegno sul piano organizzativo ed economi-co. Risultato di tale situazione è la partenza limitata e ral-lentata, rispetto all’ipotesi iniziale, della prima sperimenta-zione dei laboratori musicali, prevista per l’anno scolastico1998/99 in 120 istituzioni scolastiche di tutti gli ordini egradi. Anche se sarebbe ingiusto attribuire tutte le respon-sabilità al Ministero, è vero che la mancanza di un finan-ziamento ad hoc per i laboratori musicali, che ricalcassealmeno in parte il percorso seguito per il progetto sullenuove tecnologie, ha limitato fortemente le potenzialitàdella sperimentazione.

Per la sperimentazione del laboratorio musicale le scuo-le hanno dovuto infatti attingere ai fondi a disposizionedei Provveditorati per i progetti di autonomia. L’effettivapossibilità di realizzare i laboratori è stata così affidata allasensibilità dei singoli Provveditorati, con il risultato che lesperimentazioni avviate sono state 80, molte meno diquelle previste, e si sono trovate a disporre, in genere, difinanziamenti non sufficienti a dotarsi di attrezzature parial livello indicato nei documenti del Ministero.

Inoltre, molte scuole hanno ricevuto la comunicazionesui laboratori troppo tardi per poter presentare un proget-to: molti istituti che avrebbero avuto idee e risorse umaneadeguate sono così stati esclusi dalla sperimentazione. Adaumentare le difficoltà hanno contribuito anche alcuniProvveditorati che hanno inteso la proposta come riservataalle scuole a indirizzo musicale. Infine, diversi Provvedito-rati non hanno voluto operare scelte decise, offrendo ade-

guati finanziamenti ai progetti più significativi, preferendosalomonicamente distribuire a pioggia (quindi in gocce) inon certo poderosi mezzi finanziari.

In questo quadro, è dunque difficile valutare le speri-mentazioni partite; ancora più difficile è garantire scambi ecomunicazioni efficaci tra le scuole che attuano le speri-mentazioni, evitando la dispersione del lavoro svolto. Nonè certo agevole stabilire una comunicazione efficace tra unascuola elementare e un liceo, posti magari a qualche decinadi chilometri di distanza, che tuttavia sono, per caso dellasorte, le uniche due scuole di una regione ad attuare la spe-rimentazione. Pensiamo a questo proposito che si debbanoindividuare soggetti istituzionali, che dispongano di risorseumane e di esperienza nel monitoraggio, nella documenta-zione e nella formazione e che possano collaborare con ilministero per “guidare” la sperimentazione. Un ruolosignificativo potrebbe essere giocato dagli IRRSAE, diffusi sututto il territorio nazionale e deputati a promuovere eseguire iniziative di sperimentazione, aggiornamento e for-mazione in servizio.

Questo possibile lavoro di “messa in rete” delle espe-rienze sarà sempre più necessario se, come auspicato, l’ini-ziativa avrà una rapida diffusione nei prossimi anni, coin-volgendo un crescente numero di scuole. Ultimo proble-ma, ma non certo per importanza, è quello dell’aggiorna-mento e formazione dei docenti. I documenti del ministe-ro infatti ipotizzano l’istituzione della nuova figura del“coordinatore del laboratorio musicale”. È dunque neces-sario delineare rapidamente il profilo professionale di que-sto operatore e il relativo percorso formativo. Tale coordi-natore dovrebbe avere tre diversi tipi di competenza: musi-cale (in specifico sulla musica d’insieme e sui generi musi-cali giovanili), pedagogica e organizzativo-progettuale, conparticolare riferimento alla costruzione di rapporti trascuola e territorio e alla progettazione sociale. Anche inquesto caso è auspicabile una collaborazione tra ministeroe istituzioni che operano nel territorio per la realizzazionedi percorsi formativi adeguati ed efficaci per una figuraprofessionale così complessa.

Riportiamo di seguito la comunicazione di servizioprot. n. 158/segr. del 25/9/1998 Per la diffusione dellamusica come fattore educativo nel sistema scolastico italiano el’allegato Documento operativo.

Strumenti e tecniche

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Tre premesse1. Per quanto attiene alla for-

mazione musicale, la Camera deiDeputati, nel licenziare il provvedi-

mento di riforma delle accademie edei conservatori, ha rinviato la disci-plina di tale formazione nelle fascedell’istruzione secondaria alla legge

di riordino dei cicli scolastici. 2. Si impone intanto l’esigen-

za di intervenire nel settore per assi-curare una formazione ed educazio-ne musicale, che da una parte con-corra alla definizione e realizzazionedel progetto educativo e metodolo-gico-didattico complessivo del seg-mento di istruzione nel quale è col-locata, ma dall’altra abbia ancheuna valenza funzionale e prodromi-

Per la diffusione della musicacome fattore educativonel sistema scolastico italiano.

Documento di riflessione preliminare

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ca agli studi musicali e coreutici dilivello superiore.

3. Le attività musicali comefattore educativo non possono nonessere diffusamente presenti nelsistema scolastico italiano a tutti ilivelli ed in tutti i settori.

Cinque considerazioni generali1. Allo stato attuale dell’orga-

nizzazione complessiva del sistemascolastico italiano, le attività specifi-camente musicali sono presenticome fattore educativo nella scuolamaterna, nella scuola elementare enella scuola media, con dei pro-grammi sostanzialmente bene arti-colati e non così rigidi da impedireuna sufficiente flessibilità di adegua-mento alla continua evoluzione deimetodi e delle pratiche. Ciò chemanca talora agli insegnanti, anchea quelli in possesso di studi musicaliconservatoriali, è invece una forma-zione didattica aggiornata ed omo-genea. Altro è saper suonare beneuno strumento o essere espertocompositore, altro e saper “far fare”musica ad un gruppo di bambini oragazzi, coordinando le loro capacitàesecutive e creative espresse attraver-so lo strumento “voce” o attraversostrumenti musicali adatti allo scopoe all’età. Altro ancora è saper moti-vare questa attività in modo tale dacondurre il gruppo alla scoperta, allacomprensione ed alla progressivarazionalizzazione di tutto ciò chel’esperienza musicale suscita in ter-mini di emozioni e riflessioni, anchenella prospettiva dell’arricchimentodel bagaglio comunicativo con rife-rimento alla pluralità dei linguaggiche ovviamente comprende anchequello musicale.

2. Per quanto si riferisce alcomplesso panorama degli indirizziscolastici della secondaria superiore,si può dire che in esso la musicacome disciplina quasi non esiste,poiché allo stato l’unica presenzaistituzionale, quella degli IstitutiMagistrali e delle Scuole Magistraliè scomparsa, a seguito del D.I.10.03.97 che ha eliminato il valoreabilitante dei titoli rilasciati da que-ste ultime istituzioni e le ha di fatto

eliminate dal sistema scolastico. 3. Questa assenza, che investe

tutta la fascia della Secondaria, ivicompreso il biennio che si avvia adiventare obbligatorio, comportanon solo una indebita sostituzionedi formazione culturale alle esigen-ze e richieste degli adolescenti, maanche una ingiustificata interruzio-ne dell’attività comunque avviatain quest’ambito nel settore scolasti-co precedente. Va subito osservatoche la necessaria continuità devenecessariamente prevedere attivitàmusicali adeguate all’età e stretta-mente collegate ad un approfondi-to lavoro di ascolto, analisi eriscontro storico. A tal fine restanocomunque disponibili le attivitàcomplementari e integrative di cuial D.567 del 10.10.96, con i relati-vi stanziamenti.

4. Principio generale da riaf-fermare definitivamente è che non sipuò considerare “educazione musi-cale” una disciplina scolastica che sirisolva in termini di puro apprendi-mento passivo. L’ambito dell’educa-zione musicale dovrà sempre com-prendere una parte fondamentale diattività creativa. Inoltre essa dovràcontribuire ad una formazionegenerale della persona. Componentiineludibili di un’attività musicaleglobale sono l’attività gestuale, lapratica vocale, la pratica strumenta-le, la musica d’insieme, la dramma-tizzazione, i procedimenti diimprovvisazione e composizione,con tutte le conseguenti implicazio-ni di acquisizione, conoscenza,competenza e razionalizzazione. Lamusica, ponendosi in tal modocome mezzo oltre e prima ancorache come scopo, dovrà vedere valo-rizzate nel suo ambito tutte quellecomponenti formative individuali esociali che costituiscono parte essen-ziale della sua natura.

5. L’attività musicale dovràavere importanza primaria comemotore di sviluppo del senso disicurezza individuale e delle capacitàdi integrarsi con gli altri e in sensopiù generale come mezzo per pro-muovere e sviluppare negli alunni lacapacità di “star bene insieme” a

scuola, fuori della scuola, dopo lascuola.

Tre esigenze ineludibili1. L’esigenza di dotare la scuo-

la, in particolare quella dell’infanziae quella elementare, di insegnantirealmente in grado di svolgere icompiti decisivi in tema di educa-zione musicale, che allo stato vengo-no loro attribuiti.

2. L’esigenza di provvedere ainterventi che risultino coerenti conl’estensione dell’obbligo scolastico asedici anni, in via di approvazionein sede parlamentare. Il che implicache occorre pensare a bisogni for-mativi inerenti all’ambito musicaleche superino il livello primario epropedeutico al quale si limitano le“didattiche storiche” alle quali sipuò fare riferimento per l’educazio-ne musicale di base. Occorre nel-l’ambito di quest’esigenza sviluppareda una parte una diversa attivazionedell’educazione musicale nella scuo-la media, dove oggi essa viene mor-tificata nella pratica piccolo-poveradel “flautino” e dall’altra proporre esviluppare una “pedagogia musicale”per l’ultimo biennio dell’obbligo,dimensione sconosciuta al nostrosistema scolastico, nella prospettivatrasversale di una presenza in tuttigli indirizzi di quel biennio.

3. L’esigenza conseguente diindividuare, per tutti gli studenticoinvolti dall’estensione dell’obbli-go, un nuovo settore di studi musi-cali, orientabile sia nel senso dell’a-nalisi musicale, che nasca da unapotenziata “didattica dell’ascoltoattivo e partecipativo”, sia nel sensodell’acquisizione di una pratica stru-mentale di propria elezione, a fininon necessariamente professionaliz-zanti, avviata nel segmento scolasti-co precedente ed opportunamentefatta proseguire nella fascia dellasecondaria superiore. In tale pro-spettiva, dovrà essere opportuna-mente valorizzata l’esperienza dellamusica d’insieme, finalizzata anchead un uso creativo del linguaggiomusicale, senza esclusione di generi,stili e prassi.

Strumenti e tecniche

Musica Domani - n. 110 - Marzo 199924

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Cinque obiettivi a medio termine1. Potenziamento delle attività

di aggiornamento per docenti dieducazione musicale operanti a tuttii livelli nel sistema scolastico.

2. Istituzionalizzazione degliattuali corsi sperimentali ad indiriz-zo musicale nella scuola media.

3. Promozione della creazionedi indirizzi sperimentali musicalinella scuola secondaria superiore.

4. Istituzione di un numeroprogrammato di Indirizzi musicaliall’interno del sistema scolasticosecondario attuale ed ovviamenteanche all’interno del sistema riordi-nato.

5. Attuazione dell’insegna-mento di discipline musicali in indi-rizzi non specialistici almeno nel-l’ambito disciplinare dei “linguagginon verbali e multimediali” ecomunque in riferimento a tutti gliambiti scolastici.

Un obiettivo a breve termineProposta di un piano triennale di

finanziamento:a. per la creazione di specifiche

figure di sistema;b. per la definizione, identificazio-

ne e creazione di appositi spazifisici strutturati e attrezzati perla didattica della musica;

c. per l’avvio sperimentale dispecifiche esperienze di edu-cazione all’ascolto e di praticastrumentale.

Due proposte operative all’internodell’obiettivo a breve termine

1. Costituzione del “Laborato-rio musicale” in tutte le istituzioniscolastiche.

Il laboratorio musicale è unluogo fisico, un’aula attrezzata edotata di tutte le strumentazioninecessarie per produrre e riprodurresuono, che viene messo a disposizio-ne dell’intera struttura scolastica,eventualmente, in caso di assolutanecessità, anche sfruttando il siste-ma dei “poli” scolastici, in sensoorizzontale o verticale.

2. Creazione della figura disistema del “Coordinatore didatticodel laboratorio musicale”.

Il coordinatore didattico del

laboratorio musicale deve avere ele-vate competenze musicali e didatti-co-pedagogico-musicali, per gestiredirettamente il laboratorio, ovemanchino insegnanti competenti,oppure per assistere e coordinare gliinsegnanti in possesso di requisitialmeno iniziali di competenza. Ilcoordinatore, inoltre, gestisce inprima persona o promuove attivitàdi ulteriore aggiornamento per gliinsegnanti della propria scuola,coinvolgendo temporaneamenteanche altri esperti o gruppi apporta-tori di nuove proposte e/o esperien-ze sia didattiche che artistiche. Ilcoordinatore supporta tutte le ini-ziative didattiche che nell’ambitodell’educazione musicale sianoassunte dagli organi competenti,centrali e periferici.

Per la programmazione, speri-mentazione e assunzione a regime diquesta figura di sistema un soccorsoprezioso potrebbe venire dalle speri-mentazioni previste nell’ambito del-l’attuazione dell’autonomia organiz-zativa e didattica di cui alla L.59/97, art. 21.

Strumenti e tecniche

Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999 25

Premessa

Nella situazione nella qualeattualmente vive la realtà del siste-ma scolastico italiano, a livello ordi-namentale, sperimentale e innovati-vo, il gruppo di studio ha ritenutoche una maggiore diffusione dellamusica come fattore educativoall’interno di detto sistema scolasti-co potesse essere più agevolmenterealizzata sviluppando procedureoperative che non investissero diret-tamente le strutture ordinamentali.

È apparso, infatti, necessario

tener presente che, sia a livello cul-turale sia a livello normativo, sonoin atto processi certamente com-plessi e di non rapidissimo sviluppo,ma rispetto ai quali sarebbe fuor-viante l’occasionale innesco di ulte-riore procedure innovative, ancor-ché rese meno vincolanti dal carat-tere sperimentale.

Si è ritenuto quindi di muoversinell’ambito delle zone innovativeidentificate dall’autonomia organiz-zativa e didattica, di cui alla L.59/97, art. 21, ulteriormente defini-te e precisate attraverso la ricca ed

articolata normazione ulteriore.Si è giunti, procedendo in tale

direzione di ricerca, alla proposta diun obiettivo a breve termine, chepur nella ricchezza della sua valenzaformativa, si articola in termini talida essere pienamente conseguibilesenza invadere ambiti decisionaliche solo ulteriori passi normativipotranno rendere agevolmente pra-ticabili.

Tale obiettivo è stato identificatonella creazione presso tutte le istitu-zioni scolastiche di un Laboratoriomusicale, sotto la responsabilità diuna nuova figura di sistema, quellaappunto del Coordinatore del labo-ratorio musicale.

Per il conseguimento di taleobiettivo su larga scala in tutto ilsistema scolastico occorrerà articola-re un piano operativo che, a partire

Documento operativo

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dall’anno scolastico 1999/2000, for-nirà, con una progressione che nel-l’arco di un quadriennio raggiungatutte le istituzioni scolastiche, diogni ordine e grado, operanti sulterritorio nazionale, i fondi necessarie sufficienti per la creazione delLaboratorio musicale.

Nel corso dell’anno scolastico1998/99 si avvierà una sperimenta-zione guidata, che promuova lacreazione di 120 laboratori musicalipresso istituzioni scolastiche, rap-presentative di tutti gli ordini, gradie indirizzi, la quale, rientrando nel-l’ambito della progettazione speri-mentale resa possibile dalla normati-va sull’autonomia, consenta unaprima verifica della funzionalità delmodello ipotizzato e proposto, invista della sua progressiva estensionenel sistema scolastico.

Motivazioni di fondo

Il proposito di introdurre nelnostro sistema scolastico, con parti-colare riferimento a quei segmentidello stesso nei quali la valenza for-mativa della musica è di fatto assen-te, perché manca qualsiasi riferimen-to esplicito alla problematica dell’in-segnamento/apprendimento mu-sicale, una componente quale lamusica, intesa prevalentemente neisuoi aspetti e nelle sue prospettiveformative generali, esige la definizio-ne e la creazione di una specificacondizione didattica, opportuna-mente e appositamente predisposta.

In una realtà scolastica, nellaquale gli insegnamenti curricolaririsultano già troppo numerosi, èopportuno pensare piuttosto ad unaattività espressiva, partecipata ecreativa, che si svolga in spazi opera-tivi non convenzionali, per evitarequalsiasi rischio di ricaduta in formedi didattica fortunatamente supera-te. Tali spazi vanno specificamenteattrezzati in modo da consentiremodalità di insegnamento e soprat-tutto di apprendimento che nonsiano o almeno non siano soltanto ein qualche caso prevalentementequelle della comunicazione trasmis-

siva, che vede l’alunno in una situa-zione di improduttiva passività, oaddirittura della trattazione teorica elibresca.

Lo spazio operativo per l’inse-gnamento/apprendimento dellamusica con finalità formative preva-lenti se pure addirittura non esclusi-ve rispetto a quelle cognitive fine ase stesse, è quello al quale noi pen-siamo quando parliamo di Labora-torio musicale, luogo fisico all’inter-no del quale è possibile reperire gli“attrezzi” della musica, che non acaso si produce con “strumenti”, enello stesso tempo è possibileinstaurare un rapporto apprenditivodi tipo concreto, attivo, produttivo,diretto.

Solo in questo modo si riuscirà -probabilmente - a realizzare quella“laboratorialità” che rappresenta ilrequisito indispensabile di qualsiasididattica attiva e che la scuola italia-na dovrà saper giocare come cartavincente se e quando si vorrà avviareil processo di trasformazione delsistema scolastico italiano da scuoladei programmi a scuola degli obiet-tivi, da scuola degli esercizi a scuoladei problemi.

In pratica il laboratorio musicaledovrà realizzare una forma diretta diesperienza musicale, praticata sianell’ascolto che nel fare musica, uti-lizzando materiali che consentano difar riferimento al vissuto esperien-ziale dello studente anche in relazio-ne alla musica.

Va subito chiarito che questoriferimento al vissuto musicale dellostudente non deve essere considera-to mero e riduttivo espediente distrategia didattica, finalizzato cioè,soltanto alla realizzazione di un pro-cesso motivazionale. Se la prospetti-va è quella di lavorare in senso ed indirezione prevalentemente educati-va, occorrerà sviluppare procedureche facciano crescere attitudini, ten-denze, vocazioni, potenzialità, masoprattutto occorrerà che si rispon-da a bisogni ed esigenze dell’utenzastudentesca.

La proposta del Laboratoriomusicale come obiettivo primario eprioritario consente anche di

segnalare e soddisfare la necessitàche si faccia, attraverso di esso, ilprimo ineludibile passo verso unapproccio alla musica che privilegila forme della pratica: la riprodu-zione, l’improvvisazione, la compo-sizione, l’interazione tra suono emovimento.

La valenza educativa della musi-ca, attraverso il laboratorio, si espli-cita in un sistema di relazioni tra chiinsegna e chi apprende, sistemabasato sul fare, ascoltare, analizzaree conoscere musica.

L’obiettivo generale è creare insie-me all’interno di un vasto campo diesperienze non circoscrivibile neilimiti di una disciplina ma ricondu-cibile semmai a un processo incostante divenire fatto di vocalità,uso di strumenti, attività gestuali emotorie.

Obiettivi trasversali, sottesi aidiversi cicli scolastici, possono essereidentificati come segue:

A. Sviluppo delle capacità difar musica, in modi e con scopi dif-ferenziati;

B. Acquisizione della capacitàdi ascoltare e di esprimersi attraver-so il movimento del corpo;

C. Acquisizione della capacitàdi ascoltare e comprendere le operemusicali, nella varietà dei generi,stili, forme e funzioni;

D. Sviluppo della capacità dioperare e riflettere con e sul linguag-gio musicale, tramite l’acquisizionedi un lessico essenziale e calibrato;

E. Maturazione delle capacitàdi orientarsi nella sovrabbondanteofferta musicale della civiltà con-temporanea e controllo delle pro-prie strategie fruitive in relazionealle diverse situazioni.

In questo spazio sarà anche pos-sibile recuperare una pratica che nelnostro orizzonte didattico è margi-nale o addirittura assente, quellacorale per lettura, con l’obiettivo dicostruire nello studente quel voca-bolario musicale di base necessarioda una parte alla sua crescita cultu-rale e dall’altra al suo personale pro-cesso di costruzione della persona-lità.

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Strumenti e tecniche

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Il che giustifica una definizionedel laboratorio musicale intesocome luogo fisico dotato di precisecaratteristiche architettoniche e acu-stiche e attrezzato con strumentazio-ni atte a produrre e riprodurresuono.

Caratteristica essenziale dellospazio deve essere quella della gran-de flessibilità e mobilità degli arredie della strumentazione, per consen-tire l’utilizzazione dello spazio stessoper la proposta di molteplici lin-guaggi artistici.

Per quanto attiene all’acusticadello spazio destinato a laboratoriomusicale, pur riconoscendosi che illivello ottimale, peraltro non indi-spensabile e non diffuso in qualchecaso neanche a livelli conservatoria-li, è quello dell’insonorizzazione del-l’ambiente, si segnala la possibilitàdi una serie di interventi di assai piùfacile realizzazione.

Risultati accettabili da questopunto di vista si raggiungono:a) con una pavimentazione in lino-

leum;b) con panneggi di stoffa lungo le

pareti che non presentino aper-ture;

c) tendendo corde, dello spessoredi due/tre centimetri nei duesensi della pianta, presumibil-mente rettangolare, dell’am-biente, alla distanza di circam.3,50 dal suolo;

d) coprendo pareti e soffitto conpannelli di cartone, che attuti-scano i suoni esterni.Le dimensioni ipotizzabili per

questo “luogo della musica” si aggi-rano intorno ai m.8 x 10. Va dettoperò che è opportuno far prevalerela qualità dell’acustica, nel senso cheè più opportuno lavorare inambienti piccoli ma dotati di buonaacustica, che in un ambiente gran-de, come talune palestre nelle qualirisulta difficile anche soltanto lacomunicazione verbale.

Elementi essenzialidell’arredo

Si indica qui di seguito un arre-

do di base per il laboratorio musica-le, rispetto al quale va subito chiari-ta la possibilità che esso sia realizza-to in progress, nel senso che l’ordinenel quale i materiali sono indicatirappresenta anche la serie delleopportune priorità, in relazione allaprogettazione specifica:1. Strumentario Orff2. Pianoforte3. Impianto di amplificazione per

voci e strumenti (microfoni, aste,monitor)

4. Eventuali altri strumenti (chitar-re, percussioni, ecc.)

5. Amplificazione per chitarre ebassi.

6. Impianto hi- fi con lettore CD

7. Televisore8. Videoregistratore9. Telecamera10.Tastiera11.PC multimediale con software

finalizzato ad attività musicali12.Mediateca (CD, CD-rom, video-

cassette, audiocassette, libri)13.Lavagna pentagrammata14.Lavagna luminosa.15.Un essenziale parco luci.

Il coordinatoredel laboratorio musicale

Questa nuova figura di sistema èindispensabile per promuovere, pro-gettare e coordinare sia a livello disingolo istituto, sia tra più istituti, leattività musicali, con riferimento aquelle rivolte agli alunni ma anche aquelle finalizzate all’aggiornamen-to/formazione di docenti da impe-gnare nell’articolazione ulteriore deiprogetti.

Per quanto attiene al rapportotra più istituti si segnala che il com-plesso della normativa relativaall’autonomia organizzativa e didat-tica in più contesti privilegia le atti-vità, sperimentali e non, delle istitu-zioni scolastiche che si consorzinoin rete.

Tale privilegiamento non è sol-tanto da riferirsi alle ovvie ricadutepositive in ambito economico, maanche al senso culturale della rete discuole. È appena il caso di sottoli-

neare che l’autonomia, per il fattostesso che rappresenta un riferimen-to quasi sinonimico alla realtà delterritorio, non può non realizzarsiattraverso la presa di coscienza dellarealtà territoriale in tutta la sua arti-colata e specifica identità e autenti-cità.

Requisiti indispensabili per l’i-dentificazione del profilo di questafigura di sistema sono, da una parte,adeguate competenze musicali e dal-l’altra capacità pedagogiche di coor-dinamento.

Tali requisiti dovranno essereverificati con riferimento a titoli distudio e diplomi ma anche e soprat-tutto in relazione a sicure e certifica-te esperienze pregresse nell’ambitodelle specifiche attività che la fun-zione prevede.

Qualora, come assai spesso acca-drà, tali requisiti non siano riscon-trabili in personale appartenenteall’organico dell’istituzione scolasti-ca, si provvederà all’assunzionemediante contratto d’opera.

Conclusione

Se nella scuola secondaria supe-riore in particolare non è pensabileche, almeno per ora, la praticamusicale possa rientrare nei pro-grammi curricolari, questo nonsignifica che le attività esecutive eproduttive debbano risultare assentinel repertorio delle offerte formativeche nel suo complesso il sistemascolastico si sforza di proporre allasua utenza.

Il laboratorio musicale appareuna soluzione sensata e praticabileper gli spazi opzionali ed extracur-ricolari. Attraverso di esso si con-sente agli studenti di esplorare ter-ritori ulteriori e di soddisfare esi-genze della loro identità che nontrovano risposte nello spazio curri-colare.

Il laboratorio musicale potràdiventare anche il luogo nel quale sirapportano preziosamente fra diloro quei saperi che la scuola, nellasua visione disciplinare, ha spessoscisso pericolosamente.

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Strumenti e tecniche

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Giochi di Kurtágin conservatorio

La musica contemporanea è al centro dell’esperienza didatticaqui raccontata: gli alunni di un corso di pianoforte sicimentano con un repertorio inusuale che permette loro disperimentare le possibilità timbriche dello strumento, di attuarele più varie scelte interpretative, di improvvisare e inventare lapropria musica sulla base dell’osservazione dei brani eseguiti.Durante il percorso ciascuno segna su un diario le annotazionirelative all’esperienza condotta, rendendo espliciti e consapevolii processi dell’apprendimento.

ANNIBALE REBAUDENGO

Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999

All’inizio di gennaio 1998 Carlo Delfrati mi pro-pose di partecipare a un ciclo di tre incontri sulladidattica musicale ungherese imperniati su Bar-

tok, Kodaly e Kurtág. Gli incontri si sarebbero tenutinel mese di maggio al Conservatorio di Milano e sareb-bero serviti da prologo al Festival dedicato a Kurtág,organizzato dall’Associazione Milano Musica e dal Teatroalla Scala per l’autunno seguente.

Accettai chiedendo di poter intervenire su Kurtág,di cui avevo analizzato il primo dei sei volumi dei Gio-chi (volume per principianti ricco di suggestioni musi-cali e gestuali); avrei così colto l’occasione perapprofondire la magia e gli aspetti didattici anche dialtri volumi.

Decisi di lavorare seguendo cinque direttrici di mas-sima: Estetica/emozionale, Gestuale, Cognitiva, Lezionein forma di laboratorio (lezione collettiva), Controllodel processo di apprendimento tramite un diario cheogni allievo e io avremmo dovuto tenere nel corso ditutta l’esperienza didattica (dal 15 gennaio al 16 maggio1998).

Nella realizzazione di questo diario multiplo coin-volsi i quattro allievi più giovani della classe: AriannaJovino (10 anni), Letizia Magni (13 anni), Silvia Catta-neo (14 anni), Giovanni Grazioli (14 anni). Ognuno diloro avrebbe dovuto annotare, passo passo, cosa impara-va, come lo imparava, qualsiasi commento e osservazio-ne sul lavoro fino ad allora svolto, compresi quelli deifamiliari.

Nelle pagine seguenti non sono riportati i diari nellaloro interezza, ma solo quei passi che ritenemmo piùsignificativi al fine della performance al conservatorio,che a questo punto si stava delineando come un inter-vento collettivo.

L’esperienza didattica

Iniziai il percorso su Kurtág facendo familiarizzare imiei allievi con suoni, gesti e scrittura nuovi: glissandi,cluster e suoni armonici. Di fronte alla novità trasparvesubito un certo stupore: «Finalmente qualcosa dinuovo», «Che bello», «Andranno via tutti» furono iprimi commenti a caldo degli allievi.

Superata questa prima fase, suddivisi fra loro i primiquattro volumi dei Giochi.

Verso la fine di gennaio assistette al nostro laborato-rio Claudia Antonangelo (15 anni). Rimase sorpresa edivertita all’ascolto, perciò decisi di coinvolgerla nelnostro percorso.

I primi commenti estratti dai diari degli allievi sonodatati 28 gennaio. Li riporto di seguito.

I glissandi mi fanno pensare a un bambino che corre avanti eindietro per le scale di casa, mentre i cluster con il palmo dellamano a una palla che rimbalza. (Arianna)

Ho iniziato da circa una settimana a suonare Kurtág. Sebbeneabbia appena incominciato, lo trovo molto interessante e bello,perché è la prima volta che suono pezzi del genere, e ne sonoentusiasta. In queste lezioni ho imparato a eseguire i glissandi ei cluster. I primi, se suonati con un po’ di pedale e piano, mifanno pensare a qualcosa di magico. I secondi, invece, nonhanno suscitato in me molto interesse, infatti i suoni che se nericavano sono piuttosto sgradevoli! A casa, per questo, qualchevolta vengo rimproverata dai miei fratelli che cercano di stu-diare. Ci sono alcuni cluster che però, anche se non sembra,sono abbastanza difficili da realizzare nel modo giusto. Quellida suonare con l’avambraccio, vanno eseguiti con molta morbi-dezza e abbassando tutti i tasti contemporaneamente. (Letizia)

Oggi ho provato il pezzo a quattro mani di Kurtág. Lo trovo

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interessante per l’atmosfera e il suono che riesce a creare. Tutt’al-tro ne hanno pensato mio fratello, che sosteneva che stessi spac-cando il pianoforte, e mia sorella vittima di un mal di testa.(Giovanni)

Ho iniziato da poco a conoscere il linguaggio musicale diKurtág: lo trovo interessante e coinvolgente, anche se non possonegare che è molto strano. (Claudia)

Dopo questo primo approccio con il nuovo mondosonoro, incominciai a farli improvvisare alla maniera diKurtág, con poche consegne: la scelta del materialesonoro da utilizzare, di un titolo evocativo a cui ispirarsi(per esempio: Acquario, La notte di San Lorenzo) o diuna forma da rispettare (per esempio forma ad arco infe-riore, ABA).

In seguito, suggerii loro di comporre, se volevano equando volevano, dei brevi brani. Tutti, prima o poi, mihanno portato, anche ripetutamente, le loro composi-zioni. Oltre a stimolare la loro creatività estemporanea omeditata, liberandoli da convenzioni e proibizioni, miha sempre sorpreso, sia nelle improvvisazioni che nellecomposizioni scritte, il loro senso della forma.

Giovanni, prendendo spunto da Fog-Canon, primopezzo del quarto volume dei Giochi che suonava con Sil-via, realizzò una sua composizione a quattro mani, macon contaminazioni di musica tradizionale. Così annotòcriticamente nel suo diario (30 gennaio):

Dopo la scuola ho suonato a quattro mani con Silvia il miopezzo e quello di Kurtág: vengono bene. Il pezzo l’ho compostoieri. Unisce musica moderna, cluster, glissandi e un valzer. Poi,quando sono tornato a casa, ho sfogliato i due libri di Kurtág;la scrittura, confrontata con quella degli autori classici, sembrafatta quasi di disegni. (Giovanni)

Una madre interviene nel progetto

Il 7 febbraio la grinta milanese di una madre irruppenel mio progetto arricchendolo di un prezioso contribu-to.

La mamma di Arianna chiede di assistere al “LaboratorioKurtág” per seguire meglio la figlia a casa. Gli allievi e ioacconsentiamo. Al termine della lezione chiedo alla mammaspettatrice di puntare sull’autonomia della figlia, di non inter-venire mentre la bambina suona, ma di crearle intorno unambiente affettivo favorevole. (Diario mio)

A casa riflettei sull’intervento in classe della madre diArianna, e decisi di chiederle di partecipare al progettocon un diario che commentasse l’ascolto della figlia. Lasignora accettò l’invito e mi assicurò la consegna di unacopia del suo diario alla fine della nostra avventura.

A quel punto eravamo in sette a sperimentare e com-mentare l’approccio alla musica contemporanea: un pro-fessore, cinque allievi e una mamma.

La signora Jovino, che da ragazza aveva studiato pia-

noforte, si dedicò da subito all’impegno preso.

Quando ho ascoltato per la prima volta l’esecuzione di un eser-cizio di Kurtág, sono rimasta sinceramente perplessa. Abituataall’ascolto di musiche eseguite con tecniche piuttosto rigorose, miè riuscito difficile apprezzare questo insieme di note casuali,non inserite in un preciso contesto musicale. Ma oggi ho potutoassistere a una lezione del “Laboratorio Kurtág” nel corso dellaquale i vari esercizi sono stati presentati fornendo indicazioni efinalità degli stessi. Impressione del metodo: coinvolgente edemozionante.Se non vi avessi partecipato, probabilmente non sarei mai riusci-ta ad apprezzare questa iniziativa cui ora mi avvicino con vivointeresse e desiderio di approfondimento. Adesso comprendoanche i motivi che mi hanno indotta a un’errata valutazione ini-ziale, con conseguente poco entusiasmo per il metodo in generale:mi ero accostata a questa nuova esperienza senza avere la mini-ma preparazione e quindi cercando una correlazione con leespressioni musicali a me note. (Mamma di Arianna)

Intanto Arianna trasferiva nel suo mondo simbolicola musica che mano a mano studiava.

Fra il 2 e il 14 febbraio annotava titoli e commentisui brevi pezzi del primo volume dei Giochi.

Con il palmo (1) mi fa pensare a una pioggia che scende lenta-mente e poi sempre più forte; Con il palmo (2) sembra un ani-male che corre nella foresta; Sbagliare è permesso (1) mi fapensare al passo di un gatto in agguato; Sbagliare è permesso(2) sembra il sottofondo di un film di paura. (Arianna)

Apprendimento e consapevolezza

Non ebbi motivo di correggere i diari dei partecipan-ti al progetto, sia per correttezza e rispetto di quello chespontaneamente furono le loro riflessioni, sia per pro-prietà di linguaggio degli scriventi.

Fu per me sorprendente e, devo dire, anche di grandesoddisfazione, verificare come la metacognizione (consa-pevolezza dell’apprendimento) possa essere presente neigiovani allievi. Se non avessero formalizzato in un diarioi loro commenti, non mi sarei mai reso conto di comeessi siano in grado di rielaborare l’apprendimento inmaniera così consapevole.

Fra i primi di febbraio e la fine di aprile così com-mentarono il loro percorso.

Oggi pomeriggio c’è stato il “Laboratorio Kurtág”. Abbiamosuonato diversi brani, imparato alcune scritture, e mi è piaciu-to molto. Ho imparato a prendere confidenza con il pedale,abbassandolo più o meno profondamente. Ho notato una gran-de differenza di suono a seconda di quanto lo si abbassi: se lo simette giù interamente, il suono rimane per molto tempo; se sene mette giù solo metà, il suono svanisce prima; infine, se lo sisfiora soltanto, il suono rimane appena accennato. Questo eser-cizio è molto utile e, una volta che avrò imparato, potrò trasfe-rire questa abilità nel suonare ad altri brani di diversi autori.Mi hanno anche incuriosito molto gli armonici. Abbassandoalcuni tasti senza suonare e, in seguito, suonando altre note, i

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tasti abbassati producono vibrazioni che sembra non finiscanomai. Gli armonici hanno incuriosito anche mia sorella che,quando mi ha sentito suonarli a casa, ha voluto provare anchelei. (Letizia)

Oggi ho studiato il pezzo Omaggio a Papp Laci. È davveroimpressionate come da note suonate dando pugni verticali sullatastiera venga fuori una melodia! È divertente, una volta ognitanto, suonare senza rischio di sbagliare!Oggi in classe ho fatto un’altra improvvisazione con Arianna,questa volta a “domino”. La cosa mi ha molto coinvolta edivertita ma, ancora più importante, ho imparato ad ascoltaree a essere più morbida nei gesti. Alla fine della lezione ho ripe-tuto l’esperienza con Letizia.Oggi ho fatto Gioco del mondo e Irritato; è stato interessanterendermi conto che anche piccoli brani apparentemente sempli-ci come questi richiedano in realtà una proprietà di gesti e diinterpretazione non da poco.Oggi a casa ho letto un nuovo pezzo: Valzer. È molto difficilema allo stesso tempo molto interessante riuscire a tirare fuori daun insieme di cluster un ritmo di valzer, occorre soprattuttoascoltarsi ed essere consapevoli del risultato cui si vuole arrivare.(Claudia)

Alla fine di febbraio tirai le prime somme.

Gli studenti imparano ad ascoltarsi e si divertono. Parlo diquesta mia esperienza a diversi colleghi che so interessati alladidattica strumentale. In viaggio con il compositore MaurizioPisati, alla sua domanda su cosa mi ha colpito di più facendolezione con la musica di Kurtág, rispondo: il senso di liberazio-ne da parte degli allievi, la possibilità d’improvvisare e compor-re con poche consegne e nessun divieto, lo stupore e il senso dimagia che suscita questa musica, la scrittura non dissimiledalla musica contemporanea per pianisti esperti e quindi utilealla familiarizzazione con repertori futuri più difficili. (Diariomio)

In due momenti a cavallo tra febbraio e marzo lamamma di Arianna commenta nel suo diario, con perti-nenti osservazioni, il processo disinibitorio di questoapproccio creativo alla musica.

Nelle varie esecuzioni Arianna rivela una maggiore persona-lità, grazie alla possibilità di poter esprimere la propria fanta-sia con improvvisazioni, contro ogni forma di costrizione, soli-tamente dettata dallo spartito. Questa libertà di espressionegarantisce, a chi l’ascolta, emozioni uniche, non condivisibiliperché assolutamente soggettive. (Mamma di Arianna)

Ascoltando Arianna ho avuto la conferma di quanto liberatorioe stimolante possa essere questo metodo. Ho notato, infatti, chedurante l’esecuzione di un esercizio la sua fantasia viene tal-mente stimolata che prende il sopravvento sull’esercizio stesso.Affiorano e si inseguono così una sequenza di note e pause chenulla hanno a che vedere con lo spartito e che rendono l’inter-prete fautrice di una musica del tutto personale, quella piùintima, senza regole né confini. È l’espressione in musica dellasua interiorità. (Mamma di Arianna)

Non so chi, al di fuori di una madre milanese, com-mercialista, avrebbe potuto stupirmi di più nel com-

mentare al meglio una bambina di dieci anni che suonai Giochi di Kurtág. Peraltro, dai diari degli allievi è emer-so con frequenza non solo il ruolo della famiglia comecorresponsabile delle motivazioni dei giovani musicisti,ma anche quanto la musica contemporanea possa essere,anche per loro, evocativa di immagini o sensazioni. Lamusica del nostro tempo, quando è significativa artisti-camente e strumentalmente, come nel caso dei Giochi diKurtág, può diventare un contenuto didattico utile egratificante sia per gli allievi che per l’insegnante.

Il 10 e il 17 marzo:

Che bella lezione quella di oggi! Gran parte del merito è anda-to al pezzo Stop and go di Kurtág che il mio maestro definisceil mio cavallo di battaglia. Ormai credo di essermi definitiva-mente abituata alla musica di Kurtág e alle soddisfazioni chepuò dare. Questa esperienza mi diverte molto, anche se la trovopiuttosto insolita.Oggi mi è stato assegnato un altro pezzo di Kurtág dal titoloPlay with infinity. In effetti dà proprio l’idea di una melodiaspaziale. (Silvia)

Gioco con gli armonici sembra un ladro che cerca di rubaredi nascosto, mentre quando suono Fiori noi siamo mi sembradi trovarmi nello spazio. (Arianna)

Interpretare e inventare

Sul rapporto musica e titoli lavorammo sia cercandodi realizzare le indicazioni date dall’autore, sia modifi-cando i titoli o come consegna o come commento allacreatività compositiva.

Il 17 marzo:

Per la lezione di oggi ho dovuto dare al brano Gioco delmondo titoli diversi cambiando le esecuzioni. Ho dato i titoli:Farfalle del mondo, nel quale suonavo molto leggera e veloce;Magie del mondo, nel quale suonavo forte mettendo il pedalee dando l’impressione di qualcosa di sospeso; Arcobaleno delmondo, in cui cercavo di dare una forma ad arco suonando dapiano a forte e diminuendo; Albe del mondo, che eseguivo cre-scendo dal piano fino al forte; e infine Tramonti del mondo,che invece ho eseguito con un diminuendo. Tutti questi branihanno richiesto molta attenzione perché era molto difficile farcapire la differenza tra le varie esecuzioni e riuscire a trasmette-re le sensazioni volute! Anche a casa ho provato più volte, manon sempre i miei genitori capivano cosa volessi comunicare.(Letizia)

Il 21 marzo:

Al “Laboratorio Kurtág” ho suonato la mia composizione inti-tolata Luci e ombre. Un titolo, a mio parere, piuttosto azzec-cato, perché rispecchia i giochi che possono creare questi due ele-menti. (Silvia)

La commistione di stili è una caratteristica esteticadel nostro tempo, e non ci fu bisogno di proporla. Il vis-

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suto musicale, anche didattico, degli allievi emerse spon-taneamente.

Il 24 febbraio:

Oggi, a lezione, ho portato due brani inventati da me, a sche-ma d’arco. Il primo è ad arco inferiore: forte, diminuendo e dinuovo forte. Il secondo è ad arco superiore: piano, forte e piano.In questo è presente anche qualche accenno di una invenzionedi Bach che ho studiato recentemente. (Letizia)

E il 31 marzo:

Ho inventato un piccolo brano in cui sono presenti degli accen-ni di un Ländler di Schubert. Il mio maestro e io lo abbiamointitolato Uovo di Pasqua perché fa pensare a un involucro incui è contenuta una sorpresa. (Letizia)

Circa a metà del percorso didattico chiesi agli allievidi controllare i loro diari: volevo capire se le consegneerano state rispettate (cosa e come stavano imparando,osservazioni e commenti loro e dei familiari) e come siera trasformato, nella loro riflessione, quanto avevospiegato. Che l’esperienza li stesse coinvolgendo, l’avevopercepito dai risultati positivi e dai loro divertiti com-menti durante le lezioni. Comunque, avrei potutorimodulare i miei interventi d’insegnante. La verificami fece notare i differenti stili linguistici d’ognuno, ilmondo incantato di Arianna e il rispetto delle conse-gne. Continuai, e portai a termine il progetto con cre-scente convinzione.

Il primo aprile:

Vado a sentire, alla Palazzina Liberty di Milano, la musicologaLidia Bramani che propone all’ascolto, e commenta, le composi-zioni di György Kurtág. Segno anche alcuni dati biografici: lasua nascita nel 1926 a Lugoj, città ungherese di frontiera conla Romania che ha dato i natali anche a Ligeti; gli studi aTimisoara (Romania), a Budapest (dove poi insegnerà musicada camera) e a Parigi. (Diario mio)

Presi nota anche di alcune parole chiave, che condivi-si immediatamente.

Cultura musicale di frontiera fra Occidente e Oriente, esteticadel frammento, musica con gesti teatrali, onomatopea, giochi,dediche, ambiguità, ironia, opera aperta (intesa come invito ainserirvisi), allusioni, riferimenti ambigui. (Diario mio)

Chi legge questa mia esperienza ora può comprende-re quanto io sia stato facilitato, grazie alle musiche cheavevo disposizione, nell’inserirmi in quest’opera perorganizzare ogni volta in modo diverso le attività musi-cali proposte agli allievi.

Altre due esperienze significative del nostro laborato-rio furono la lettura a prima vista e l’improvvisazionecollettiva. Ne riporto di seguito alcune impressioni.

Il 3 marzo:

Oggi ho fatto anche dei pezzi di Kurtág a prima vista, alcuni

molto carini. Prima di iniziare studiavo mentalmente i puntipiù difficili e poi eseguivo il brano. (Letizia)

E il 21 marzo:

Oggi ci siamo ritrovati tutti per suonare insieme. Ognuno hasuonato i suoi pezzi e ci siamo dati dei consigli; poi abbiamosuonato le nostre invenzioni e infine abbiamo fatto delleimprovvisazioni. Questa è la parte più bella, e la più diverten-te. Abbiamo fatto varie improvvisazioni tra cui il “dialogo” e il“domino”. Suonavano tutti a quattro mani alzandoci uno dopol’altro, cercando di non lasciare pause, e alla fine risultavanodei brani molto particolari. (Letizia)

L’esibizione finale

Tra aprile e la prima metà di maggio rinforzammotutti gli aspetti esecutivi e creativi sopra descritti.

Il 16 maggio arrivò il momento dell’esibizione: lanostra performance al Conservatorio milanese si svolsedavanti a un folto pubblico di parenti, esperti e curiosi.Fu preceduta da una breve ma coinvolgente relazionedi Donata Paderni, traduttrice e curatrice dell’edizioneitaliana (Ricordi) dei primi due volumi dei Giochi (ivolumi finora editi dalla Editio Musica di Budapest,con il titolo di Játékok, sono sei, di cui il quarto è inte-ramente dedicato a composizioni a quattro mani e duepianoforti, mentre il settimo e l’ottavo sono in prepa-razione).

Quando venne il nostro turno, a commento delleesecuzioni delle composizioni dell’autore ungherese,delle improvvisazioni e delle composizioni degli allievi,alternammo la lettura dei nostri diari, concludendo conuna improvvisazione collettiva alla maniera di Kurtág.

Ecco il resoconto di un’allieva:

Oggi pomeriggio c’è stata la conferenza su Kurtág che tantoavevamo aspettato. Hanno partecipato il maestro, io, Silvia,Claudia, Arianna e la sua mamma, Giovanni e la traduttricedel libro.C’erano molte persone ad ascoltarci, per la maggior parte inse-gnanti di musica.Alla fine tutti ci hanno fatto i complimenti. Alcuni ci hannoposto delle domande, altri, invece, hanno voluto sfogliare i testida cui leggevamo perché erano curiosi di vedere come si scrivequesta musica tanto insolita quanto divertente.È stata un’esperienza bellissima: mi sono divertita molto a stu-diare questi pezzi, a improvvisare e a fare i laboratori.Spero si ripresenti un’altra occasione come questa, in cui possadivertirmi così tanto con la musica. (Letizia)

Così si concluse il nostro viaggio musicale che ciarricchì di repertori inconsueti, d’immaginazionesonora, di nuovi gesti strumentali e di esperienza esi-stenziale.

Raggiungemmo tutti la consapevolezza – professore,allievi e familiari – che per essere creativi c’è bisognodella conoscenza di un ambito linguistico, di qualcheconsegna, ma non di divieti.

Pratiche educative

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Confronti e dibattiti

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1.Occupandomi dell’educazio-ne dei più piccoli, posso con-statare in molte occasioni che

la tendenza a rendere più veloce leattività, riducendo i tempi per poterdisporre di una maggiore gamma dipossibilità operative, appartiene piùagli adulti che non ai bambini.

Sono gli adulti a chiedere aibambini di andare più in fretta, alimitare il tempo a disposizione perle singole attività, a sostituire rapi-damente le proposte in funzione diun teorizzato bisogno di novità deibambini che invece, quando posso-no, apprezzano la lentezza e la ripe-

tizione come elementi importantidel gioco, della scoperta e dell’ap-prendimento.

Ma è vero che, nel tempo, unmodello educativo orientato allavelocità, le caratteristiche dei giocat-toli e degli strumenti tecnologici chesono sempre più presenti nelle nostrecase (un po’ meno nelle nostre scuo-le!), abituano i bambini a considerarenaturale la possibilità di otteneresempre risultati soddisfacenti eimmediati, anche quando invecedevono affrontare attività che impli-cano un addestramento continuativoe prolungato nel tempo.

Immersi nei suoni fin dalla nascita e circondati da mille opzioni di conoscenza, ibambini e i ragazzi di oggi sono davvero allievi difficilmente motivabili? o èsoltanto più difficile individuare e rispettare le motivazioni personali che deter-

minano le loro particolari modalità di apprendimento, anche in campo musicale?Abbiamo voluto raccogliere punti di vista diversi sul legame che oggi può esistere tra

motivazione e apprendimento musicale, coinvolgendo nel nostro dibattito Franca Maz-zoli, pedagogista e formatrice, Renato Rovetta, docente di educazione musicale e forma-tore e Franca Ferrari, docente di Pedagogia musicale. Queste le domande a loro poste:1. La voglia di imparare rischia di essere soffocata da una cultura di mercato che rende tec-

nicamente accessibili, pur semplificate, molte prestazioni musicali che invece richiedonotempi di elaborazione più lunghi, quando vengono acquisite all’interno di un apprendi-mento scolastico. In che modo l’insegnante di musica può contrastare questa tendenzaalla velocità, che di solito produce apprendimenti poco durevoli, mantenendo la tensionepositiva a imparare anche all’interno di tempi più lunghi di apprendimento?

2. La necessità di ripetizione insita in ogni apprendimento (e in particolare di quello musi-cale) risulta spesso in apparente conflitto con il bisogno di sempre nuovi stimoli che posso-no rilanciare l’interesse negli allievi: in che modo è possibile conciliare queste due compo-nenti nell’insegnamento musicale?

3. Oltre alla motivazione individuale, interna al processo di apprendimento di ciascunallievo, non è di minor importanza quella sociale, che permette a chi studia di collocarsinel proprio ambiente culturale, costruendo, anche attraverso lo studio musicale, un’iden-tità socialmente riconosciuta. In che modo l’insegnante di musica può considerare questedue componenti motivazionali nella progettazione del proprio piano di lavoro?

Le motivazionidell’imparare la musica

La condivisioneè la motivazione più efficaceFRANCA MAZZOLI

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E quindi è sempre più vero chela richiesta di dedicare tempo (efatica) a un’attività specifica è desti-nata a incontrare una sostanzialeincapacità di risposta immediata neibambini, o per lo meno una certainsofferenza, che io tendo a leggerecome un mancato riconoscimentodell’importanza del tempo necessa-rio all’elaborazione. In questa logicacredo che sia sempre più urgenterecuperare, anche a scuola, i tempidell’applicazione, dell’esercizio, dellaripetizione, un po’ troppo compressinella corsa alle prestazioni.

Agli insegnanti che vogliono ral-lentare questa corsa, garantendo aibambini e ai ragazzi uno spazio diapprendimento più orientato all’ela-borazione individuale e all’interio-rizzazione delle conoscenze, spettadunque il difficile compito di orga-nizzare e sostenere anche a scuolaprocessi di apprendimento tramitescoperta (che implicano ripetizione,prove ed errori), e di applicazione,difendendo gli allievi dall’imperanteassillo dei risultati immediati, alquale devono invece sostituirsi capa-cità di attesa e adeguato supportotecnico da parte degli adulti.

Credo che in questa logica illavoro a progetto possa essere parti-colarmente adeguato per l’insegna-mento musicale nella scuola del-l’obbligo quando esso è rivolto agruppi fortemente disomogenei permotivazioni e competenze, perchéoffre agli allievi opportunità di sco-perta e approfondimento differen-ziate, collegate da un obiettivocomune.

Assegnare compiti diversi e ade-guati alle effettive capacità indivi-duali, e destinare una parte deltempo scolastico alla loro elabora-zione (facendo scoprire il piacere distudiare, che più difficilmente puòemergere nella solitudine casalinga),possono risultare criteri metodolo-gici strategici per restituire al temposcolastico una dimensione diapprendimento individuale e discambio collettivo oggi forse un po’troppo soffocate in un modelloeducativo sostanzialmente competi-tivo.

2.Non sono troppo convintadella positività assoluta degli

stimoli come input immessi dall’in-segnante nella situazione di appren-dimento, come in parte ho già affer-mato nella risposta precedente.

Credo invece che sia moltoimportante per ogni bambino impa-rare a ricavare autonomamente,all’interno del proprio contesto diapprendimento, anche grazie allamediazione dell’insegnante, stimolinuovi che possono rilanciare l’inte-resse e sostenere lo sforzo cognitivorichiesto.

In questa logica mi piace consi-derare come stimoli efficaci per ognitipo di apprendimento le motivazio-ni individuali, che devono potersicontinuamente rinnovare, ma chenon possono, evidentemente, esseregeneralizzate a tutte le attività didat-tiche che vengono proposte.

Quando leggiamo il comporta-mento dei nostri interlocutori utiliz-zando soprattutto i criteri inerentialla nostra disciplina di riferimentoo addirittura le richieste didattichespecifiche che gli abbiamo rivolto,forse dimentichiamo che, così comeper noi suono e musica sono ele-menti importanti (e gratificanti)nella nostra esperienza, possonoinvece esserlo molto meno per alcu-ni allievi. Ognuno di loro ha infatticanali comunicativi privilegiati e unpatrimonio culturale proprio che loportano ad apprezzare maggiormen-te alcuni ambiti del sapere piuttostoche altri, e quindi a sviluppareambiti cognitivi differenti e partico-lari. Dunque è quasi fisiologico chein un gruppo ci siano bambini inte-ressati all’attività musicale e altriinvece meno coinvolti, perché laloro attenzione è rivolta ad altri lin-guaggi. E gli insegnanti sanno benela differenza che esiste nella realizza-zione di un compito da parte diragazzi motivati e di chi invece nonlo è: il bisogno di ripetizione, l’in-dugiare sui particolari, il desideriodi continuare a migliorare l’esecu-zione o di trovare soluzioni origina-li, appartengono soltanto allo stu-dente motivato che trova, nella rea-lizzazione del compito, un’occasione

per realizzare la propria identità.Quando esiste una reale motivazio-ne, la ripetizione è avvertita anchecome esigenza personale, dunqueintegrata in un modello di appren-dimento in cui il ragazzo si identifi-ca, e accettata in funzione dei risul-tati che si desidera ottenere, anchequando risulta faticosa. Ma questa èuna condizione che si verifica piùfrequentemente nell’insegnamen-to/apprendimento di strumento, disolito individualizzato. Nella scuoladell’obbligo, al contrario, è più faci-le che l’insegnante si trovi a lavorarecon gruppi in cui motivazioni edisponibilità all’impegno sono for-temente differenziate, fino a risulta-re del tutto assenti in alcuni allievi.In questo caso, credo che sia moltoimportante costruire percorsi diapprendimento rivolti al gruppo, edunque a più interpretazioni possi-bili, nei quali tutti i ragazzi possanoin qualche modo trovare stimoliadeguati che di volta in volta l’inse-gnante potrà sottolineare alla loroattenzione.

Sono quindi portata a credereche ancora una volta l’atteggiamen-to dell’insegnante e la sua capacitàdi ascolto e sostegno risultino deter-minanti rispetto al successo delleproposte didattiche, perché la cono-scenza delle modalità particolari diapprendimento dei singoli bambinie dei loro interessi personali consen-te di sottolineare gli aspetti più sti-molanti del compito, mediare le dif-ficoltà, scandire tempi adeguati perl’esplorazione e la scoperta, in unclima di attesa positiva.

3.Tutti noi attribuiamo allenostre attività significati e

valori che ricaviamo non soltantodalla nostra storia personale, maanche dalla cultura in cui si inscrivequesta storia personale.

Quando suono e musica sonocomponenti importanti del sistemaabitativo e comunicativo, fin daiprimi giorni di vita viene offerta aibambini la possibilità di esplorare levarie componenti dell’ambiente cheli circonda, all’interno di un conte-sto di relazione che non solo valoriz-

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1.Non mi risulta chiaro aquali prestazioni musicali cisi riferisca, nella premessa

alla domanda, e, quindi, quali sianoi dispositivi tecnologici offerti dallacultura di mercato che le rendonotanto rapidamente accessibili dasoffocare la voglia di imparare, cheparrebbe propria (!?) dell’apprendi-mento scolastico.

Mi scuso quindi se le considera-zioni che seguono non colgono ilmerito della questione posta dall’in-terrogativo anche perché, di primoacchito, mi verrebbe da rilevare chesolitamente sono proprio i tempi più

lunghi di elaborazione imposti dal-l’apprendimento scolastico, o dauna certa tradizione di apprendi-mento scolastico, a correre il rischiodi soffocare la voglia di imparare.

Aggiungo, poi, che sono semprepiuttosto perplesso e preoccupatoquando viene proposta l’immaginedi un insegnante che deve contrasta-re qualcosa (tendenze naturali o arti-ficiali, culture negative, influenzeesterne o interne deplorevoli) piut-tosto che accoglierne l’evidenzacome un dato, prescindendo da ungiudizio di valore, ed elaborarne ilpotenziale educativo e l’implicito

valore di risorsa formativa. Alla lucedi ciò, allora, perché mai la tendenzaalla velocità dovrebbe essere contra-stata? È proprio vero che produceapprendimenti poco durevoli? A qualemodello, implicito, di apprendi-mento si fa riferimento nelladomanda? Se è possibile accedere aprestazioni musicali più rapidamen-te, perché mai l’apprendimento sco-lastico dovrebbe imporre tempi dielaborazione più lunghi?

Sullo sfondo delle questioniposte dalla domanda (sempre che lainterpreti correttamente) mi sembrache si agitino problemi importanti,in chiave generale, e particolarmen-te rilevanti per quanto attiene lamusica e il suo insegnamento nellascuola: semplificando, per ragioni dispazio, si pone evidentemente laquestione della differenza/distanzatra la esperienza musicale e la musi-ca come disciplina scolastica, tra ivissuti musicali extrascolastici (con

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Descolarizzare la musicacon nuove risorse formative

RENATO ROVETTA

za, ma dà anche significato alle sin-gole esperienze, fino a dare vita a unvero e proprio codice linguistico nelquale non solo il bambino può rico-noscersi, ma anche essere ricono-sciuto dai suoi interlocutori. Lavo-rando soprattutto nell’educazionedei bambini piccoli, sono portata adare grande importanza alle motiva-zioni sociali come fattore determi-nante nello sviluppo delle compe-tenze musicali: perché quasi sempre,accanto a un bambino interessato algioco musicale, si trovano adultiinteressati a condividere queste sueesperienze e a seguire i loro possibilisviluppi. Credo che nei piccoli, piùattenti al rispecchiamento operatodagli adulti che non a quello prove-niente dai coetanei, l’evoluzione dellinguaggio musicale sia inequivoca-bilmente legata alla possibilità di unsuo utilizzo comunicativo nella rela-zione con le figure di riferimentoadulte significative.

La capacità di utilizzare i suoni

per affermare la propria identità,sperimentata da tutti i bambini chelanciano richiami vocali o prodottidagli oggetti, si può trasformare inpercorso di ricerca musicale piùarticolato e complesso solo quandole risposte ottenute non solomostrano interesse agli stati emotivio alle richieste di attenzione espres-se, ma anche alle peculiarità musica-li di ciascun messaggi.

Al contrario, quando i vocalizzivengono inesorabilmente tradotti inparole, o i ritmi non evolvono in gio-chi di dialogo e scambio, i bambini apoco a poco rivolgono i loro interessiad ambiti linguistici più gratificantiperché condivisibili con gli adulti.

Forse al nido e alla scuola mater-na si possono osservare dinamichedi identificazione attraverso la musi-ca così diverse da quelle che poicontrassegneranno l’età adolescen-ziale, da trarre in inganno gli adultisull’importanza della motivazionesociale nei confronti dell’esperienza

musicale. Ma io sono portata a credere che

questa differenza sia comunquelegata allo stesso bisogno di identifi-cazione, legato nella primissimainfanzia al riconoscimento da partedegli adulti, e nell’adolescenza, alcontrario, da parte del gruppo deicoetanei.

In ogni età, mi sembra, restauguale il bisogno di trovare nel pro-prio interlocutore privilegiato unrispecchiamento e una condivisionedelle proprie modalità di espressio-ne musicale, come rinforzo dellapropria identità in formazione, maanche come termine di confrontoimportante per individuarne il suc-cessivo sviluppo. È superfluo ricor-dare in chiusura che, comunque,l’attività musicale deve essere consi-derata sempre uno dei tanti ambitidi sviluppo dell’identità dell’allievoe non la sua unica possibilità di rea-lizzazione (anche quando è musical-mente “molto dotato”)?

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la loro fenomenologia propria, velo-cità inclusa) e i vissuti musicali sco-lastici (con la loro fenomenologiapropria, lentezza inclusa), tra ilsapere musicale informale (ma vivo,emotivamente caldo, esistenzial-mente significativo) e il saperemusicale formale (spesso più lonta-no, emotivamente freddo, esisten-zialmente meno significativo e inci-dente). In linea generale, e semprein massima sintesi, ritengo personal-mente necessario che la musica inte-sa come disciplina scolastica (e isaperi e le pratiche che la connota-no) debba costantemente guardareall’evoluzione dei saperi e delle pra-tiche dell’esperienza musicale quoti-diana dei soggetti cui si rivolge(bambini, ragazzi, adolescenti oadulti che siano) se pretende, corret-tamente, di far leva sul complesso dimotivazioni all’apprendimento che,fortunatamente, sempre accompa-gnano l’interesse e la passione per ilfare/usare/ascoltare musica fuoridella scuola.

Nel momento in cui si venisse averificare, come la domanda sembrasuggerire, una discrasia tra i dueuniversi esperienziali (fuori e dentrola scuola, per semplicità), allorapiuttosto che sollecitare una strate-gia di contrasto di ciò che evolvenell’esperienza musicale fuori dellascuola (la velocità, la cultura dimercato, la semplificazione banaliz-zante, la tecnologia ecc.) personal-mente preferirei collocarmi all’in-terno di una strategia di contrastodi ciò che non-evolve nell’esperien-za musicale dentro la scuola (dallematerne ai conservatori). A questecondizioni, sinteticamente e provo-catoriamente, piuttosto che unirmial coro dei tanti che, almeno aparole, sembrano oggi lanciati versola prospettiva strategica di “musica-lizzare la scuola” preferisco quindirilanciare l’ipotesi programmaticadi “descolarizzare la musica”, resti-tuendola ai contesti esperienziali ealle pratiche sociali in cui si verificaun apprendimento reale e motivato(anche se veloce) e nei quali lamusica agisce come reale vettoreformativo.

Quanto detto, per chiarezza neiconfronti di chi legge, deriva soprat-tutto dall’esperienza di ricerca con-dotta all’interno di “laboratori auto-biografici musicali”; in essi spesso ipartecipanti verbalizzano, nel narra-re la propria storia di formazionemusicale, l’estraneità delle esperien-ze educative musicali formali, scola-stiche, al proprio percorso di forma-zione personale e, talvolta, una lorovalenza contro-formativa, soprattut-to in relazione allo sviluppo di unpositivo rapporto con il mondo delsonoro.

2.Anche questa domanda con-tiene, nella premessa, un’affer-

mazione che mi sento quanto menodi problematizzare: che la ripetizio-ne sia una procedura necessaria inogni apprendimento (e che lo siaparticolarmente in quello musicale)è piuttosto discutibile; per gli psico-logi che si occupano di memoria laripetizione è una procedura che per-mette il mantenimento di pocheinformazioni nella memoria a brevetermine, ma non il loro passaggio inquella a lungo termine; la ripetizio-ne non produce, quindi, un appren-dimento durevole.

Mi pare invece certo (e ciascunopuò facilmente trovare confermenella propria storia di formazione)che la ripetizione sia in conflitto,tutt’altro che apparente, con il biso-gno di sempre nuovi stimoli che possa-no rilanciare l’interesse degli allievi.

Mi domando, allora, a quale pra-tica didattica ed educativa musicaletale affermazione intende riferirsi:forse (ma è una supposizione) ci siriferisce alla pratica della ripetizione,propria della didattica strumentaletradizionale, che ogni musicista for-mato in conservatorio ha conosciutonegli spazi di esercitazione quotidia-na orientati ad affinare la tecnica eche sono poi diventati la sua pale-stra quotidiana? Oppure, che è poilo stesso dal punto di vista dei pro-cessi cognitivi, alla pratica collettivadella prova d’assieme, fatta di suc-cessive e ossessive ripetizioni dellostesso brano (ripetiamo nuovamen-te, che verrà meglio!) in vista del

concerto o del saggio di fine anno? È possibile che tali pratiche risul-

tino stimolanti e suscitino l’interessedegli allievi?

Al fondo di simili interrogativi siagita, ancora una volta, la questionedella motivazione all’apprendimen-to e all’apprendimento musicale inparticolare che, ancora una volta,appare però ricondotta all’interno diun’idea di apprendimento formale,scolastico e (ma forse mi sbaglio) diun didatticismo scolastico di tipotradizionale.

L’apprendimento musicale sigiova, certo, anche della ripetizione,ma all’interno di un contesto espe-rienziale quotidiano in cui la moti-vazione nasce dal piacere del fare edel rifare, che è poi la strutturacognitiva essenziale del gioco. Miafiglia undicenne ha recentementevissuto una fase intensa di ascolto eriascolto, apparentemente ossessivo,di uno stesso brano musicale (SpiceGirls, mica Mozart); questa formadi ripetizione, mossa da chissà qualimotivazioni interne ed evidente-mente connotata emotivamente dipiacevolezza, è parte di un processoche non esito ad affermare essere diapprendimento. Ovviamente è ingioco una concezione di apprendi-mento più ampia che non il sempli-ce imparare una cosa o a fare qual-cosa e che riguarda la valenza forma-tiva di un’esperienza che forma nelsenso che lascia una traccia, chesegna, anche nella memoria, il corsodi una vita, producendo un cambia-mento, grande o piccolo che sia.

Lavorando con e sui ricordiautobiografici connessi alle espe-rienze musicali appare in tutta evi-denza come, alla ricerca di Quellavolta che ho imparato (per citare iltitolo di un recente volume di L.Formenti - I. Gamelli, Cortina Edi-tore), si ricostruiscono spesso nellamemoria esperienze connotate dapassione e da relazione. Non la ripe-tizione meccanica, ma il tasso diemozioni in gioco e la qualità dellarelazione educativa segnano, nellamemoria, il valore di un’esperienzadi apprendimento e, anche, la suapregnanza cognitiva. Emozione e

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relazione sono i principali cardini sucui si gioca la partita della motiva-zione all’apprendere.

È del tutto evidente come l’espe-rienza musicale, che può mettere ingioco temperature emotive elevate edinamiche relazionali intense, siconfigura come un ambito poten-zialmente privilegiato sul qualeinnestare un positivo processo diinsegnamento/apprendimento, pur-ché si prescinda anche solo momen-taneamente dall’oggetto musicale(l’esecuzione, l’apprendimento tec-nico) per guardare ai soggetti coin-volti nella loro complessità.

3.Se si considera quella che quiviene chiamata motivazione

sociale come la naturale tendenza,propria soprattutto dell’adolescente,a facilitare il processo di costruzionee stabilizzazione della propria iden-tità personale attraverso dinamichedi identificazione con il gruppo deipari, allora anch’essa appare come

un aspetto della motivazione indivi-duale.

Nelle storie di formazione musi-cale che ho incontrato nei laborato-ri autobiografici non sempre, però,lo studio musicale appare come unelemento di integrazione sociale;spesso, anzi, esso rappresenta il ter-reno in cui si consuma il conflittotra il progetto di vita dei genitori equello, in faticosa costruzione, delfiglio adolescente, tra le ambizioniculturali dei primi e il desiderio diautonomia dei secondi che si tradu-ce, spesso, in una prospettiva diomologazione nei confronti deicoetanei.

Così, ad esempio, lo studio diuno strumento, scelto/imposto daigenitori durante l’infanzia, viene aessere investito da quella tensionetra dipendenza e autonomia propriadell’adolescente tanto da divenire,volta a volta, oggetto di mediazione,scontro, sottomissione, rifiuto;intorno a esso, inoltre, si gioca spes-

so il conflitto tra il desiderio di esse-re “come mi vogliono i miei genito-ri” e quello di essere “come sono imiei coetanei”.

Come deve considerare l’inse-gnante di musica queste compo-nenti motivazionali e/o de-motiva-zionali nei confronti dello studiomusicale? Ritengo che debba innan-zitutto tenerne conto, nel senso diessere consapevole delle dinamichepsicologiche e relazionali coinvolteintorno allo studio musicale edessere, preliminarmente, in grado diindividuarle e leggerne le influenze.

Inevitabilmente tutto ciò chiamain causa il profilo di competenzeprofessionali dell’insegnante dimusica, a qualsiasi livello scolasticoesso operi, che non possono esseresolo di tipo tecnico e didattico e,preliminarmente, la sua capacità dielaborare i propri vissuti in relazionealla propria storia di formazionemusicale.

1.La prima domanda mi harichiamato alla mente un’in-tervista che ottenni alcuni

anni or sono da Luciano Corradini,a quel tempo vicepresidente delConsiglio Nazionale della PubblicaIstruzione, ideatore ministeriale einstancabile animatore dei ProgettiGiovani (il testo dell’intervista èriportato sul n. 6 di PUM - Quader-ni del Progetto Uomo Musica, Assisi,PCC).

Proprio in una delle circolarirelative al Progetto Giovani, la n.362, si sostiene che ogni oggetto diapprendimento deve essere coltonon come destinato al futuro, bensìcome immediatamente dotato di

senso, capace di arricchire e gratifi-care. Poiché però, diceva Corradini,in ogni studio ci sono dei momentidi aridità e sofferenza, in cui occorreavere delle motivazioni capaci di dif-ferire le gratificazioni attese, la forzadi un insegnante sta proprio nellacapacità di non lasciar perdere ciòche appartiene a un possibile futurodei suoi studenti e di aiutarli a trova-re un senso anche provvisorio, inte-grativo, che consenta loro di viverela rinuncia. In altre parole, l’efficaciadi uno stile educativo sta nella capa-cità di equilibrare la gratificazioneimmediata, che rinforza l’allievonella fiducia sulle sue possibilità, conla motivazione differita, che fornisce

un senso all’impegno e al lavoroprolungati nel tempo.

Non posso non pensare al desi-derio di risultati rapidi e, viceversa,alle ore di fatica e, spesso, di frustra-zione che ho vissuto o visto accom-pagnare sia l’apprendimento chel’insegnamento di uno strumentomusicale. La tendenza alla velocità è,per l’appunto, una risposta allapaura della fatica e della frustrazio-ne; quasi tutti gli studenti musical-mente dotati tendono a rifugiarvisi,tanto che la facilità di lettura sembraquasi impedire, a volte, uno studio euna ricerca del suono concentrati eapprofonditi.

Come la si contrasta? Credofacendo toccare con mano che ognicompito assegnato, sia esso l’esecu-zione di una scala, di uno studio, odi un pezzo di repertorio, ha unsenso musicale, anzi, ha parecchisignificati musicali possibili, che èdivertente e creativo cercare i sensidi una musica e che ogni esecuzione

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Dare sensoalle esperienze musicaliFRANCA FERRARI

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degna di questo nome, da chiunquesia effettuata, deve farne emergerealmeno uno.

E qui veniamo alla secondadomanda.

2.C’è un obiettivo che, comunea tutti gli educatori che hanno

a che fare con l’età evolutiva, misembra debba riguardare anche gliinsegnanti di strumento: soprattut-to, ovviamente, quelli che operanonel contesto della scuola di base, manon solo. È l’obiettivo dell’orienta-mento, che si può intendere comeun aiutare a dare senso alle esperienzeche si fanno.

Translando immediatamente l’i-dea al nostro campo, possiamo direche eseguire i compiti assegnati dal-l’insegnante di violino, o di chitarra,esercita le capacità di orientamentodell’allievo (lo aiuta a capire lamusica, ma, prima ancora, lo aiuta asopravvivere) se e solo se l’insegnanteè riuscito a indicare una serie discelte che consentano di dare sensoa quel che si suona, facendo esplora-re diverse condotte strumentali pos-sibili.

Voglio fare l’esempio limite diun esercizio di tecnica, quello che,per un chitarrista, potrebbero esse-re gli arpeggi di Giuliani. Cometrovarvi dei sensi musicali che nemotivino l’esecuzione più e piùvolte? L’insegnante dovrebbe forseassegnarli con diverse consegne(differenziare le consegne è sempreutile: tornare su uno stesso passag-gio più volte serve solo se ognivolta la mente e il corpo vi si accin-gono con un’attenzione rinnovata),che sollecitino la ricerca di una gra-

tificazione esecutiva a diversi livelli.Ci può essere il gusto del giocosenso motorio (“Eseguire l’arpeggio8 volte di seguito con un effetto cali-brato di accellerando: dalla marciafunebre a Speedy Gonzales”), maanche quello del gioco di regole (gliarpeggi di Giuliani ricordano lo stilee la pratica del “basso albertino”: sco-prili in questa chiave accompagnan-do la canzone degli Aristogatti - devicantare tu mentalmente - o, a velo-cità più sostenuta, la canzonetta “Oquant’è bella l’uva fogarina”) o delgioco simbolico (“Suona questoarpeggio cercando con cura, verso ilponticello, sulla buca o verso latastiera, un timbro che possa farlopassare: a) per una musichetta dacarillon, b) per la lira di Apollo, c)per l’esercitazione di un chitarristaandaluso”).

Si dà più senso a una musicaquante più possibilità plausibili digioco si trovano nella sua esecuzione.

3.Dedicarsi a uno strumentomusicale non può non servire a

definire la propria identità sociale.Questa esigenza diventa crucialequando l’insegnante di strumento èalle prese con allievi adolescenti,quelli che tentano faticosamente,con prove ed errori, di capire edesprimere la propria identità fonda-mentalmente attraverso i feedbackche ricevono dai coetanei.

Gli adolescenti cercano, come epiù di ogni altro essere umano,apprezzamento e ammirazione perquello che fanno; hanno, come e piùdi tutti, bisogno di essere qualcuno..

Se fino agli otto - nove anni chie-devano questa approvazione ai geni-

tori, o a qualche figura adulta di rife-rimento, ora la cercano nei compa-gni di classe, negli amici del gruppo,rispetto ai quali le ore dedicate alviolino, o al pianoforte, devono esse-re, in qualche modo, giustificate.

È importante che l’insegnante distrumento tenga conto di questo, senon vuole vedersi scappar via tuttigli allievi all’infuori, forse, dei piùdeterminati e “tignosi” (che nonsempre, però, sono anche i piùmusicali). Forse dovrà preoccuparsidi verificare periodicamente che cia-scuno mantenga qualche pezzo direpertorio pronto (non il più diffici-le tra quelli studiati, ma quello incui quel dato allievo si sente di piùchitarrista, o clarinettista, o quel chesia...) da suonare quando gli amicilo invitano a farlo, o forse dovrà aiu-tarlo a usare lo strumento per cerca-re a orecchio le musiche che risulta-no significative nei momenti ritualie d’incontro delle comunità e deigruppi che egli frequenta, da quellodei parenti a quello degli amici delpallone. Già interrogarli e interro-garsi su quali musiche siano social-mente significative per i proprialunni è fare un primo passo perrisolvere il quesito posto. In genera-le, credo che il problema sia ancoraquello di non stancarsi nello stimo-lare ogni studente a cercare, per sé eper gli altri, il senso (o i sensi) dellamusica che suona, esplorando rela-zioni plausibili tra il pezzo studiatoe le regole di un gioco, di un ballo,di una società, di un’epoca.

Da questa ricerca scaturiscono, inmodo diverso per ciascuno, anche isensi e le giustificazioni sociali dellostudiare musica.

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La carenza più significativa che affligge la didatticastrumentale nasce dalla mancanza di ogni capa-cità di seduzione. La fase iniziale, considerata

terribilmente noiosa da molti docenti, è ancorata amateriali sgraziati e ripetitivi.Troppo spesso si dimenti-ca che niente è formativo e stimolante quanto subire ilfascino di un contatto profondo con la musica.

Ci sono però autori che si muovono in tutt’altradirezione. Uno di questi è Snorri Sigfus Birgisson, gio-vane compositore islandese, autore di una raccolta dipiccoli pezzi per principianti.

Birgisson mira ad avvicinare il bambino al pianofor-te utilizzando materiali decisamente suggestivi. Evitan-do di ricorrere a mezzi extra musicali (disegni, colo-ri,...), l’autore affianca alla musica solo sporadiche edesili didascalie che hanno l’unico intento di convogliarel’attenzione dell’allievo verso il senso e il fascino delsuono. Anche la grafia utilizzata tende a sostenere iltessuto musicale e a stimolare una sensibilità attenta ericettiva. Per le durate l’autore adotta la notazioneproporzionale. Questa, oltre a facilitare la lettura, svin-cola il flusso musicale dall’ambito di una pulsazioneregolare e la percezione del tempo viene così a collo-carsi al di fuori di ogni scansione o suddivisione rego-lare delle durate e la scrittura si presta ad accogliereogni minima differenza attraverso il passaggio daldiscreto al continuo.

Per favorire la lettura dell’altezza l’autore utilizza

poche note intorno al do centrale. Questa soluzione,comune alla quasi totalità dei metodi pianistici, gene-ralmente produce materiali insipidi e privi di ogniattrattiva. Birgisson, invece, riesce a coinvolgere il bam-bino attraverso trame sonore di grande interesse,come in Raimbow.

Nella raccolta di Birgisson la dinamica occupa, findall’inizio, un ruolo integrante e insostituibile. Eccocome viene articolata nel brano + and -.

Il pezzo è tutto giocato sul contrasto: contrastodinamico tra ff e mf e contrasto tra durate diverse. Èuna contrapposizione tra ciò che tende all’espansionee ciò che interrompe, taglia e genera fratture.

DONATELLA BARTOLINI

RUBRICHE

Questioni di metodo

Musica Domani - n. 110 - Marzo 199938

Rainbow è un brano a 4 mani darealizzarsi insieme all’insegnante,oppure con due allievi. L’allievosuona solo una serie di do, tuttinel registro centrale. Gliinterventi del secondo esecutoresulla cordiera modificano iltimbro della nota suonata dalprimo. Nel frammento quiriportato l’insegnante scorre conun dito direttamente sulla cordadel do suonato dall’allievo: dalpunto dove si trovano glismorzatori verso i piroli dellecorde. Lo spettro variacontinuamente creando un giocoin cangiante mutamento:l’arcobaleno!Le due parti, allievo e insegnante,sono strettamente connesse eper entrambi è necessario unascolto attentissimo e unacoordinazione degli interventi: inquesta musica non basta contare.

+ and -. Una nota lunga mfsi scontra e vieneinterrotta da un’altra,fortissima e breve. Dalcontrasto nasce il tessutomusicale.Tecnicamentesemplicissimo, il brano noncomporta difficoltà dilettura; richiede peròall’allievo di interiorizzarein maniera espressiva ilsenso musicale.

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La dinamica viene indagata fino a esplorare il limitetra suono e silenzio: è il caso di Hiddenfolk.

L’attenzione si protende all’ascolto dei minimisegnali che ci vengono dal pentagramma. Qui la musicacattura l’attenzione e ferma l’ascoltatore in un’attesapiena di sospensioni. È lo stupore la base di questopezzo. Stupore come mezzo per scrollarsi di dossoquella crosta di razionale superficialità che disperde lenostre azioni educative in mille piccoli obiettivi insigni-ficanti. Stupore che ci orienta verso una conoscenza inperenne mutamento: una conoscenza che si lascia sor-prendere.

On earth racconta le fasi lunari e i loro effetti sullaterra. La melodia, giocata su quinte e ottave, è fatta dirisonanze che evocano grandi spazi. Nel corso del pezzola melodia si ripete, si gonfia, giunge a un culmine accom-pagnata da clusters nel registro acuto del pianoforte, epoi ritorna all’impercettibile sonorità dell’inizio.

La stessa melodia ritorna in un altro pezzo: Martian.Ma la caratteristica più innovativa introdotta da

Birgisson è certamente l’utilizzazione di movimentirapidi fin dall’inizio del contatto con lo strumento.

La didattica tradizionale è fondata sul concetto digradualità. Ma in che senso viene inteso questo termine?L’approccio strumentale avviene a partire da elementiminimi (un suono singolo, una durata fissa ripetuta ecc.),elementi considerati quasi “oggetti puri della conoscen-za”. Questi, sommati e combinati insieme, forniscono imateriali per lo studio. Così, nell’intento di facilitare l’ap-proccio allo strumento si procede per accumulazione.

Una forma significativa, però, non è mai il frutto diun accostamento di elementi. L’insieme è sempre qual-cosa di più della somma delle sue parti. Ciò vale anche

a livello motorio. È impossibile, ad esempio, pensareche la somma di quattro note (quindi la somma diquattro gesti distinti) conduca all’esecuzione fluida diuna quartina veloce. Il movimento veloce è possibilesolo unificando il gesto: un solo gesto per una solaunità. Niente di più facile, anche per un principiante,che lasciar scorrere poche note in velocità. I bambinilo fanno con scioltezza e senza complessi.

Birgisson propone dunque un mutamento radicaledell’impostazione gestuale (tecnica) dello studio stru-mentale: una nuova gradualità che prenda l’avvio daquelle unità motorie - che sono anche unità di senso,musicali ed espressive - impossibili da ricondurre a unasomma di elementi contigui ma slegati. Questo materia-le è in grado di svolgere un’azione trainante, può solleci-tare l’allievo a un gesto più fluido, e restituire, a chi siappresta allo studio strumentale, il piacere di un movi-mento armonico.

Musica Domani - n. 110 - Marzo 1999 39

Snorri Sigfus Birgisson, Piano Pieces for beginners, voll. 4,Steinabaer, 1984.Per ordinare questa raccolta occorre scrivere a: IcelandMusic Information Centre, Sidumuli 34, 108 Reykjavik,Iceland, E-mail: [email protected]. Oppure inviare un faxallo stesso indirizzo: 00 354 1 683124

Martian. L’autore racconta che i marziani hanno tre orecchie,quindi anche un ottimo udito. Basta eseguire la parte I (suonimuti) e la parte II perché la melodia appaia da sola. Infatti, lalinea melodica principale non è suonata direttamente, ma èprodotta attraverso gli armonici. Il pentagramma aggiunto,contrassegnato da una M (Marziano), funziona come una guidaper orientare l’ascolto degli armonici. Attenzione sensibile,ricettività, ascolto proteso.

Hiddenfolk. Hiddenfolk sono delle piccole magiche fate che,come tutte le fate, non si lasciano osservare con tanta facilità. Ilpezzo è costruito da grandi silenzi. L’autore scrive che in questopezzo il silenzio è importante quanto il suono. Pochissime note,pp, si perdono nel vuoto. C’è un’unica breve frase melodica piùarticolata, caratterizzata anche da un maggior rilievo dinamico.Ma sfugge via rapida.

On earth

Composition

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Ci sono alcune parole noma-di che vagano e attraversa-no i pensieri e le pratiche

di un buon numero di insegnanti,anche di educazione musicale; ideeche coinvolgono varie aree di que-sta professione, dalla riflessione sulsuo ruolo sociale e politico, giù giùfino alla progettazione di concreteattività didattiche.

Concetti come quello di molte-plicità, di complessità, di cooperazio-ne, interi campi semantici (e poli-tici) come quello di cultura dellapace trovano un buon terreno disintesi nell’idea di educazione inter-culturale.

Il libro di Maurizio Disoteo,Didattica interculturale della musica,si offre come un utile strumento perorientare questo concetto, articolan-dolo in una serie di riferimenti,tracce, indicazioni, percorsi, al finedi evitare di considerarlo come untratto aggiuntivo, esclusivamentecontenutistico e quindi inessenzialeal processo educativo ma, al contra-rio, proponendolo come nucleocostitutivo e quindi metodologico delfare scuola.

L’educazione interculturale èvista prima di tutto come percorsodi formazione verso un certo tipodi atteggiamento mentale . Ciòimplica la progettazione di propo-ste didattiche che assumano tra leproprie finalità fondamentali ladisponibilità ad affrontare situazio-ni, pensieri, comportamenti, og-getti culturali nuovi e diversi ,mossi dal gusto per la curiosità, perlo sconosciuto, per le diversità, sti-moli di conoscenza e di emozione:«l’emozione di un incontro con ladiversità può essere diff ici le eimbarazzante oppure piacevole e

affascinante ma contiene sempre insé l’emozione della scoperta di unacultura altra». O ancora la capacitàdi affrontare i l confronto e lavarietà dei punti di vista sottoforma di rispetto e di dialogo: «l’in-contro con la musica degli altri ini-zia quindi ogni giorno, in formeconcrete, dentro l’aula scolastica,sia nel caso in cui siano presentibambini o ragazzi stranieri, sia […]tra compagni che, pur avendo lastessa nazionalità, hanno tendenze,preferenze, gusti diversi».

L’accento cade allora non tantosull’accumulo di informazioniriguardanti una serie più o menovasta di musiche eterogenee, quan-to sull’interiorizzazione di cono-scenze e capacità metodologicheche facciano vivere l’intelligenzadel confronto, abituando a cercareconnessioni e differenze, relazionitra punti di vista, motivazioni, con-dotte e pratiche musicali. Se da unlato quindi l’azione educativa deveessere ancorata a motivazioni, espe-rienze, fatti e oggetti quotidiani,dall’altro la musica può attivareorizzonti di discorso più ampi, chetoccano i problemi della diversità,dell’incontro tra culture, delladominanza di alcune culture sualtre e così via. In questo modo l’e-ducazione musicale può diventareun’occasione in cui la musica si fa,si ascolta, si discute, ma anche con-duce, stimola, rimanda ad altri pen-sieri, ad altri discorsi, in un insie-me complesso di informazioni, opi-nioni, interessi, tra cui individuareitinerari possibili.

Il tutto in una prospettiva chevede l’educazione musicale comeuna delle aree di apprendimentofunzionale alla formazione degli

individui, in dialogo aperto ecostruttivo con le altre aree di stu-dio.

Educazione interculturale quin-di come educazione alla comples-sità, dove complesso non significacomplicato ma ricco, articolato,molteplice, non riconducibile alogiche elementari del tipo giu-sto/sbagliato, vero/falso, bel-lo/brutto.

In questa prospettiva i riferi-menti teorici proposti da Disoteosono vari e occupano i primi quat-tro capitoli del libro.

La l inea di ricerca di JohnBlacking trova nella musicalitàumana una serie di tratti mentali emotivazionali comuni che dannopoi origine a diverse forme musica-li concrete, grazie all’incontro diquesti processi psicofisiologici con ivari ambienti culturali. Di qui unadoppia articolazione per l’educazio-ne interculturale: mettere in lucequanto c’è di comune al fare musi-ca in tutti gli uomini, ma anche lagrande diversità di linguaggi dovu-ta ai modi in cui il senso in musicasi forma e si negozia nei vari conte-sti culturali. «La musica non è unlinguaggio universale – ci ricordasubito Disoteo – come si senteancora troppo spesso affermare inambiti autorevoli e importanti».

La pedagogia narrativa e tutto ildibattito sul concetto di identitàmusicale, da Duccio Demetrio aMario Piatti, propongono la narra-zione come fulcro di un’azioneeducativa concepita come incon-tro/confronto di vissuti, esperienze,gusti, percorsi, valori, desideri.

Dal versante musicologico,Michel Imberty propone la musicacome scrittura del tempo, ovverocome specifica rappresentazionesimbolica del tempo all’interno diciascuna cultura, mentre la teoriadelle condotte musicali di FrançoisDelalande applica all’attività musi-cale umana il modello piagetianodel gioco: entrambe questeprospettive possono fornire stimo-lanti chiavi di lettura per porre aconfronto musiche e culture.

La rivisitazione personale dei

Musica Domani - n. 110 - Marzo 199940

Musica, educazionee intercultura

ENRICO STROBINO

Biblioteca

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Biblioteca

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principi costruttivi elementariintrodotti nella pratica didattica daBoris Porena, unita alla teoria dellefunzioni linguistiche e dei contestiapplicate alla musica, da RomanJakobson a Gino Stefani, proponepoi un modello metodologico dipercorso utile a comprendere comeavvenga la costruzione di sensoattraverso la musica nelle diversesocietà.

La seconda parte del libro apreil discorso verso concrete aree cul-turali: il mondo arabo, l’Africa, variesempi di musiche meticce, perarrivare a rapidi sguardi alla musicaafricana moderna e al la worldmusic. La proposta consiste nel leg-gere il mondo a partire dalla musicae dalle relazioni che essa crea conaltre forme culturali: il punto divista è quindi quello che coniugal’educazione alla musica e l’educa-zione con la musica, in una praticadialettica e aperta a un’ampia visio-ne culturale della disciplina.

Concludono i l percorso uncapitolo dedicato agli strumentimusicali, visti come segni tipicidella cultura che li produce, e unglossario che è al tempo stesso unindice analitico.

In ultimo va segnalato che illibro di Disoteo si inserisce all’in-terno di una collana ampia e alta-mente meritoria, che conta almomento ben otto pubblicazioni(didattica interculturale della sto-ria, della lingua, della geografiaecc). Vediamo bene una lettura dellibro qui presentato all’interno diun itinerario polifonico, che saltelliqua e là, magari anche un po’disordinatamente, fra i “Quadernidell’interculturalità”, curati per laEMI dal Centro Educazione allaMondialità di Brescia: alla ricercadi ponti, itinerari, rinforzi, contat-ti, contaminazioni.

Kookaburra è il nome di una nuova casa editrice di Parma nata con il pro-posito di avvicinare alla musica contemporanea anche l’allievo più gio-vane, attraverso libri “aperti” allo studio e all’invenzione creativa. Ogni

partitura è affiancata da spiegazioni (in italiano e in inglese) riguardanti i nuovisegni e il fraseggio consigliato, che sono come un filo d’Arianna che accompa-gna l’esecutore nell’apparente labirinto della nuova musica. Un glossario spiega itermini tecnici difficili o le parole straniere inserite nel libro, mentre i giochi-esercizi consentono la rielaborazione individuale.

Di recente pubblicazione nella collana I Giocolieri tre testi interessanti. Lastella polare, otto pezzi per pianoforte e pianoforte a quattro mani è una raccolta dipezzi di difficoltà media e destinati ad allievi dai 12 anni in su. I brani sono pen-sati come un’avventura su tutta la tastiera del pianoforte, in cui il do centralediventa il punto di riferimento rassicurante, la stella polare de1 navigante. Farmusica con la chitarra è un metodo per principianti dai 7 ai 10 anni d’età e pre-senta suoni, canzoni, percussioni, indovinelli che fanno giocare di fantasia allie-vo e insegnante insieme. La chitarra, nelle mani del principiante, diventa ogget-to di esplorazione e di progressiva confidenza per la coordinazione, la manualitàe il senso ritmico. Un testo da cantare è presente in quasi tutti i brani: il canto,liberatorio e ludico, è elemento base per la buona formazione del musicista, chein questo modo acquisisce educazione dell’orecchio e percezione esatta dellafrase musicale. Blue-notes, otto pezzi per quartetto e duo di chitarre è una raccoltail cui obiettivo è il far musica insieme, fin dai primi anni di studio, all’interno diun codice musicale non tradizionale. Di media difficoltà, è per allievi dai 13anni in su.

I l libro sulla formazione di base raccoglie i contributi di una ricerca pro-mossa dall'Osservatorio sulla didattica, organismo costituito con ilpatrocinio del Dipartimento di scienze filologiche e storiche dell’Univer-

sità di Trento. Vi figurano scritti di Franco Bertoldi, Aldo Nardi, ElianaDolmetta, Marco Dallari, Maria Grazia Castelli, Gabriella Gilmozzi, Salva-tore Marà. Fabrizio Dorsi, autore del capitolo relativo all’educazione msucia-le, ripercorre velocemente le tappe della riflessione pedagogica in Italia,offrendo al lettore alcune considerazioni generali senz'altro condivisibili edelineando contemporaneamente un quadro sintetico, ma chiaro, dei princi-pali temi della riflessione pedagogico-musicale dibattuti in Italia in questiultimi anni.

Il libro, pur con notevoli differenze qualitative e quantitative fra saggio esaggio risulta decisamente interessante nel suo complesso. (F. B.)

SCHEDEBEATRICE PALLONE

C. De Carlo, S. Delitala, M. Montaguti, S. Parenti, La stella polare, ottopezzi per pianoforre e pianoforte a quattro mani (£ 28.000); M. Durigo, Farmusica con la chitarra, livello 1, volume I (£ 29.000); D. Faraotti, T. Manca,M. Mastropasqua, M Pezzuto, Blue-notes, otto pezzi per quartetto e duo dichitarre (£ 28.000); Per ulteriori informazioni: Kookaburra, via Barilli 5,43100 Parma, fax 0521/268156.

Maurizio Disoteo, Didattica inter-culturale della musica, Quadernidell’interculturalità n. 7, EMI,Bologna, 1998, £. 12.000

Aldo Nardi (a cura di), La base di formazione, tra ciò che non è più e ciò chenon è ancora, Milano, Franco Angeli, 1997, pp. 255, £ 36.000.

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Una ricerca di FrancescoDelicati inaugura la nuovacollana di testi tratti dalle

tesi finali del Corso quadriennaledi musicoterapia di Assisi. La colla-na, affidata alla cura di un comita-to di esperti (Nora Cervi, AlbertoConrado, Maria Elena Garcia,Franca Ferrari, Giovanni MariaRossi, Mauro Scardovelli) coordi-nato da Pierluigi Postacchini,intende pubblicare i più significati-vi lavori di ricerca svolti dai parte-cipanti al corso di musicoterapia epresentati dai docenti stessi.

Questo primo testo, introdottoda Mario Piatti, è «la storia di un’e-sperienza vissuta assieme agli anzia-ni di una casa-albergo, prevalente-mente sui settanta-ottanta anni. Èla narrazione di un viaggio nelleterre dei ricordi e della memoria,seguendo le vie dei canti, una sortadi viaggio rituale nel quale il canto,stimolo per la rievocazione di altricanti e di ricordi a essi collegati,non ha mai rappresentato un finein sé, ma un mezzo per entrare incontatto con il proprio mondointerno, valorizzando l’elementocomunicativo e simbolico, e l’inter-scambio nel gruppo».

L’esperienza di musicoterapiache qui viene presentata consisteessenzialmente in un itinerario vis-suto assieme agli anziani in cui iprotagonisti vengono invitati anarrare la propria storia, la storia disé, della propria gente, del propriopaese, facendola riemergere nonsolo attraverso i ricordi personali,ma anche e soprattutto attraverso ilcanto. L’ipotesi di lavoro musicote-rapico si sviluppa quindi nella rela-zione tra canto e narrazione. Ilcanto è qui «considerato nella suadimensione simbolica e semantica… come linguaggio degli affetti,

delle emozioni e della memoria,come stimolo per veicolare ricordioffuscati e come mezzo che puòcreare la motivazione al narrare,secondo un gioco di richiami tra ilsonoro-musicale e le esperienze e ivissuti personali e collettivi». Ilcanto svolge un ruolo fondamenta-le nel recupero della memoria,rinforzando e dilatando il ruolo deipensieri, delle parole e delle imma-gini. Attraverso il canto emergenon solo la memoria personale, maanche quella collettiva, e il lororeciproco intreccio: «… l’interven-to ha messo a fuoco il paesaggiosonoro degli anziani, curando inparticolare la valorizzazione e ilrecupero del patrimonio personalee collettivo delle canzoni del passa-to, per una rielaborazione sonoradella propria storia personale».

Il ricordare e raccontare attra-verso il canto è, secondo Delicati,un mezzo per consentire alle perso-ne di raccontarsi e di far luce sullapropria vita passata, presente efutura. La narrazione è una «moda-lità di comunicazione e di intera-zione che consente a ciascuno divalorizzare le proprie esperienze eche permette un contatto e unadinamica di relazione che coinvol-ge i partecipanti all’esperienzaattraverso un gioco di specchi e diidentificazioni». In ciò la narrazio-ne, se condotta all’interno di un’e-sperienza guidata, può rivelare ilsuo valore terapeutico.

Quali sono le fonti ispiratrici diquesto lavoro? L’autore riprendel’espressione “le vie dei canti” dalromanzo omonimo di BruceChatwin che rappresenta, accantoalle molte fonti teoriche, una dellepiù significative fonti letterarie diispirazione della ricerca. Ripren-dendo l’opera di Chatwin, Delicati

è stimolato a fare un accostamentotra la situazione dell’aborigenoaustraliano descritta nel romanzo el’anziano. Tra gli aborigeni austra-liani regnava la convinzione che ilmondo fosse stato creato dagliantenati tramite il canto: cantandoessi avrebbero tracciato sulla terradelle piste di suoni e di musiche, levie dei canti, che sarebbero poirimaste come vie di comunicazionefra le tribù. Attraverso i canti, tra-mandati dagli antenati, ogni abori-geno può spostarsi nel territorio eleggere e cantare il paese come unospartito musicale, scoprendo la sto-ria di quelli che sono passati di lì:«i l canto funziona come unamappa o un indicatore e dà infor-mazioni sul luogo in cui chi cantasi trova a passare». Per l’aborigenoil territorio per poter vivere ed esi-stere deve essere cantato, evocato.Così, secondo la bella suggestionedi Delicati, avviene anche per l’an-ziano, che può muoversi solo neiterritori del suo spazio interiore, eche, per mezzo dei canti, puòripercorrere una specie di viaggioattraverso il paese delle sue memo-rie: di qui il titolo del libro Il cantofa venire fuori il paese più in fretta.

Non è solo la forza evocativa del-l’opera letteraria di Chatwin ad averispirato le premesse teoriche di que-sta ricerca: oltre ai riferimenti lette-rari (non solo Chatwin, ma ancheProust) un ruolo fondamentale èsvolto dai lavori di Béla Bartòk nelcampo dell’etnomusicologia; diErving Polster nell’ambito della psi-cologia della Gestalt e della valoriz-zazione terapeutica del raccontarsi;della musicoterapia in ambito geria-trico con le esperienze di HelenOdell, Juliette Alvin, Ruth Bright,Susan Munro, Silke Jochims. Suquesti riferimenti e in generale sullericerche relative ai temi della vec-chiaia e dell’invecchiamento, dellapsicogeriatria, della depressione enostalgia, della musicoterapia congli anziani, dell’importanza dellamemoria e della narrazione, dell’a-nimazione e della comunicazione iltesto offre anche una ricca e appro-fondita bibliografia.

Biblioteca

Viaggio nella memoriaattraverso il cantoMARIA VIDESOTT

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«Per spiegare perché in un dato contesto storico-culturale gli esseriumani pensano, rispondono e scelgono in un certo modo, ènecessario distinguere quegli aspetti del comportamento umano

che sono appresi e variabili da quelli che sono innati e universali». È da que-sto presupposto che hanno preso le mosse le riflessioni del grande musicolo-go statunitense Leonard B. Meyer fin da Emotion and Meaning in Music, unadelle pietre miliari della musicologia della nostra epoca, da noi pubblicatodall’editore Il Mulino col titolo Emozione e significato nella musica. Dopoquarant’anni di studi, Meyer ha sintetizzato nell’articolo “A Universe of Uni-versals” le sue ipotesi su quali universali bio-psicologici del mondo umanovengano messi in atto nei comportamenti musicali, proponendo così la suarisposta alla domanda come è musicale l’uomo?

La prima parte del saggio si concentra sulla relazione con la musica diuna serie di universali bio-psicologici innati, legati ai limiti e alle potenzialitàdella mente umana, alla sua capacità di percepire, segmentare, classificare egerarchizzare. La seconda parte considera invece l’incidenza sulle attivitàmusicali delle caratteristiche universali dei processi attraverso i quali un esse-re umano apprende tutto ciò che non è già innato in lui, soffermandosi inparticolare sul fatto che in ciascuno di tali processi entrano in azione moltielementi: i limiti imposti dalla cultura d’appartenenza, le capacità di preve-dere le conseguenze rispetto alle scelte disponibili, la possibilità di vivere unarelazione di empatia reciproca con i soggetti con i quali si interagisce.

L’applicazione alla musica dello studio degli universali viene affrontataanche da alcuni saggi presenti nel volume Les Universaux en musique, cheraccoglie gli atti del IV Convegno Internazionale sulla Significazione inMusica, tenutosi a Parigi dal 9 al 13 ottobre 1994. Tra gli altri, François-Ber-nard Mâche, compositore francese docente di musicologia alla Ecole desHautes Etudes en Sciences Sociales di Parigi, sottolinea quanto sia opportu-no, nella nostra epoca caratterizzata dal multiculturalismo, cercare quegliarchetipi profondi che possono essere individuati in fenomeni musicali appa-rentemente molto differenti tra loro; secondo l’etnomusicologo AlfonsoPadilla, nell’affrontare tale ricerca, bisogna comunque tenere presente il fattoche, se in ogni cultura umana possono essere rilevati dei fenomeni musicali,viene invece a mutare da cultura a cultura il sistema concettuale attraverso ilquale tali fenomeni vengono vissuti e confrontati con le altre pratiche sociali.

La rivista The Journal of Musicology è consultabile nella biblioteca delDipartimento di musica e spettacolo dell’Università di Bologna; è reperibileinoltre nella biblioteca della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università diFerrara e nella biblioteca della facoltà di Giurisprudenza e Lettere e filosofiadell’Università di Milano. (L. M.)

DA NON PERDEREANNARITA ADDESSI – LUCA MARCONI

Leonard B. Meyer, “A Universe of Universals”, The Journal of MusicologyVolume XVI, n. 1, Winter 1998, pp. 3-25.François-Bernard Mâche, “Eclectisme et synthèse: les conditions d’une nou-velle musicologie générale”, in Les Universaux en Musique, Actes du quatriemecongrès international sur la signification musicale, a cura di Costin Miereanu eXavier Hascher, Paris, Publications de la Sorbonne, 1998, pp. 137-154.Alfonso Padilla, “Les universaux en musique et la définition de la musique”, inLes Universaux en Musique, Actes du quatrieme congrès international sur la signi-fication musicale, a cura di Costin Miereanu e Xavier Hascher, Paris, Publica-tions de la Sorbonne, 1998, pp. 219-230.

Biblioteca

Delicati ci presenta la sua espe-rienza offrendoci un quadro sinot-tico con una suggestiva e coloritaarticolazione del lavoro svolto:suggestiva per la ricchezza deirimandi alle storie personali, emo-zionante per il calore delle battutedegli anziani inframmezzate neltesto. Dopo alcuni cenni al proces-so di invecchiamento, alla situazio-ne psicologica in età senile e alleproblematiche che insorgono nel-l’anziano istituzionalizzato e dopouna presentazione della casa-alber-go in cui ha condotto l’esperienzadi musicoterapia, l’autore illustrain modo chiaro la sua proposta diintervento musicoterapico con glianziani ospiti della casa, che vuolecollocarsi per alcuni aspetti in unambito preventivo-riabilitativo, mache svela ed esplicita il potenzialecurativo del raccontarsi con laparola ed il canto.

Queste le attività svolte con lamusica: dall’ascolto di canzonifamose alla rievocazione e registra-zione di canti personali deglianziani, alla creazione individualee collettiva di nuovi canti. Unintero capitolo è poi dedicato alProcesso di reminiscenza. Attraversoil ricordo più o meno frammentatodi musiche e parole affiorano imomenti della propria vita a essoassociati.

Ricordare non sempre risultafacile e immediato: è un processolento e dinamico che è stato soste-nuto con profonda umanità e con-sapevolezza del fatto che dietro aicanti c’era il ritrovamento di untassello della propria storia, di unaspetto della propria identità.Anche per Delicati e per gli anzia-ni della casa albergo le canzonisono sentite come “chiavi sonore”(Spaccazocchi) che riaprono leporte dei propri momenti di vita.E nel processo di reminiscenza,conseguente alle canzoni, le storiedegli anziani della casa albergovengono ascoltate, valorizzate,condivise in un gruppo, elaboratee restituite in una veste più vitale.«Ciò che era stato precedentemen-te soffocato, nascosto o rigettato

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Alcune relazioni presentatenel corso degli incontri pro-mossi dalla Commissione

Musica nella Scuola e Formazionedegli insegnanti dell’ISME (Interna-tional Society for Music Education)sono state recentemente raccolte inun ponderoso volume. Ricordiamoqui per inciso che l’ISME, organoUNESCO, raccoglie i propri iscritti trapiù di 60 paesi: la stessa Siem èmembro di tale Associazione.

Diversa la provenienza e la natu-ra degli scritti: i lavori più recenti(Amsterdam, luglio 1996) affronta-no la collocazione della musica neidiversi assetti istituzionali, illustran-do la situazione di 24 nazioni, distri-buite su 5 continenti. Un altro cor-pus di articoli (Joensuu, Finlandia,luglio 1996) affronta le relazioni traesperienza musicale, interdisciplina-rità e tecniche di apprendimento.Gli scritti restanti sono invece frutto

della selezione di lavori presentati inoccasione dei seminari tenuti aSeoul (Agosto 1992: Condivisionedelle musiche del mondo), Atlanta(Luglio 1994: Tradizione e cambia-mento nelle arti) e Tampa (Florida,Luglio 1994: Implicazioni musicali:tradizione e cambiamento). Tale moledi materiale rischia inevitabilmentedi disorientare il lettore, anche se icontributi lo proiettano in un unico,seppur estremamente variegato, oriz-zonte, affetto da obiettivi (o utopie?)e problemi comuni.

Innanzitutto, musica a scuola:come, con quali obiettivi e contenu-ti, con che distribuzione oraria, inquali ordini scolastici? Il testo forni-sce una tabella comparativa, integra-ta da relazioni, da cui emergononotevoli differenze: talvolta prevalel’orientamento sulla disciplina, tal-volta (più frequentemente) prevalel’attenzione alla formazione della

personalità dell’allievo. Per incisonotiamo come in molti paesi(Australia, Canada, Norvegia ecc) sisia già operato in direzione dell’inse-rimento della musica in un corpusomogeneo di discipline (Educazionealle arti, comprendente arti visive,danza e recitazione): tale scelta èstata valutata in modo positivo (perla possibilità data agli insegnanti disperimentare progetti espressivi inte-grati) o negativo (in quanto la man-cata padronanza da parte dei docentidi diretta esperienza col linguaggiomusicale si concretizza per lo più inun limitato spazio dato alla musica,talvolta addirittura ignorata nellaprogrammazione didattica). Un’ana-loga riflessione dovrà essere fatta inItalia per valutare l’impatto che larecente riformulazione dell’assettodisciplinare della musica presentenella Relazione dei Saggi (Maraglia-no e altri, 1998) potrebbe avere nelmedio periodo anche sulla nostrascuola. Molti sono i paesi che richie-dono la presenza di esperti, magariin veste di coordinatori di attività oconsulenti più o meno permanentiper l’aggiornamento dei docenti.Questo ruolo in alcuni paesi vienesvolto dall’università (come dovreb-be accadere presto anche in Italia),

nel passato, rinasce, può uscire emanifestarsi e questo finalmentelibera la persona dal vivere nel pas-sato morto. Il canto e il raccontoda esso suscitato aiutano l’anzianoa metacomunicare sulla situazionedel passato, a definire e organizzarecon maggior chiarezza una serie dieventi altrimenti sfuggenti, ordi-nandoli e collegandoli tra di loro».

A livello metodologico il lavorosi distingue per chiarezza ed effica-cia; offre un’utile traccia per chiun-que voglia proporre attività di ani-mazione musicale in case di riposo esoprattutto per chi si accinge adavviare interventi musicoterapici.Tenendo conto che la documenta-zione in merito è assai limitata econsiderando l’importanza che nel

presente e nel futuro avranno questogenere di interventi, si può coglierela positività di questa ricerca.

Conclude il volume il capitolodedicato alla verifica e alle valutazio-ni. Al lettore attento non possonosfuggire gli esiti positivi dell’inter-vento, gli obiettivi raggiunti, sinteti-camente ripresi in questa parte deltesto, la ricchezza del patrimoniomusicale riportato in vita in ognipersona partecipante al gruppo, ilrivivere attraverso il canto e i ricordile emozioni vissute in gioventù, ildesiderio di ritrovare fiducia in sestessi attraverso la valorizzazionedelle proprie capacità canore e stru-mentali, il clima di fiducia reciprocae di condivisione.

Francesco Delicati, con la voce e

la chitarra e con il suo modo direlazionarsi è riuscito a vincere unascommessa: a «creare una possibi-lità di attivazione vitale per ungruppo di persone e, attraverso lamusica, attraverso il canto e il rac-conto, restituire loro il desiderio divivere». O, in qualche caso, a ren-dere loro più dolce il momento dellasciare.

Musica Domani - n. 110 - Marzo 199944

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Francesco Delicati, Il canto fa veni-re fuori il paese più in fretta. Esperienza di musicoterapia con glianziani di una casa-albergo,(Collana di Musicoterapia. Testidel Corso Quadriennale di Assisi,n. 1), Pro Civitate Christiana,Assisi, 1997, pp. 133, £ 20.000.

Musica e scuola nel mondo:siamo tutti nella stessa barca?STEFANIA LUCCHETTI

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ma dobbiamo ricordare che si trattadi istituzioni a carattere molto piùpragmatico delle nostre, tradizional-mente dedite a una musicologia dimatrice storica.

Quanto sopra introduce il secon-do filone di lettura del saggio, relati-vo ai problemi legati alla formazionedei docenti e al loro aggiornamentoin servizio. Ricordiamo tra gli altri illavoro di Dierdre Russel-Bowie, chestudia in modo sistematico il rapidomiglioramento nei livelli di auto-stima degli insegnanti rispetto allapropria competenza musicale aseguito di brevi ma intensi program-mi di aggiornamento. Ma un muta-mento così repentino non è detto sistabilizzi nel lungo periodo, aggiun-go io.

Sto pensando agli esiti del pro-getto di formazione per insegnantidella scuola elementare realizzatonel 95/97 in Italia (si veda il con-tributo di Tiziana Rossi riportatonel volume in questione), grazie allasinergia attivata tra ministero, dire-zioni didattiche e corsi di didatticadel conservatorio. Un progettoambizioso, accurato nella fase diindividuazione di contenuti e meto-dologie ma vago nelle modalità direalizzazione della fase più innovati-va, che finalmente - per la primavolta, a quanto mi risulta- prevedevasituazioni concrete di insegnamen-to, da realizzarsi in classi della scuo-la elementare a cura degli studentidel corso di didattica, coordinati daldocente di Pedagogia musicale. Iostessa ho partecipato alla realizzazio-ne del progetto in questione per laprovincia di Venezia, ricavandoneun’intensa esperienza vivificata dalrapporto con le insegnanti che con-tinuano a interpellarmi per consu-lenze su materiali e attività. Ma qualè stata la ricaduta nazionale di que-sta esperienza? Quali sono stati ipercorsi realizzati nella concretapressi didattica? Il ministero non siè preoccupato di dare un futuro aquesto progetto: c’è quasi da chie-dersi se esso stesso non sia statofrutto di una distrazione, o dellanecessità di liquidare fondi già stan-ziati per l’aggiornamento. Tanto è

vero che non si è voluto fare tesorodi tale esperienza e la collaborazionecon il conservatorio è rientrata nelnulla. Forse perché la formazionedovrà essere di esclusivo appannag-gio dell’università? Sarebbe statointeressante non solo confrontare lediverse esperienze e valutarne l’im-

patto sulla scuola, ma anche collega-re questo progetto alla nuova inizia-tiva del ministro, che si appresta afornire di laboratori musicali ade-guati un centinaio di scuole-pilota.Ma nuovamente mi sconcerta lacasualità con la quale queste iniziati-ve si susseguono in modo non coor-

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Èun testo di cui si sentiva l’esigenza. Infatti quale contributo può dareall’educazione e quale ruolo ha nella riflessione pedagogica la psicoana-lisi dopo Freud, in tutte le sue ramificazioni?

L’intento degli autori è chiaro ed esposto nella introduzione al volume: lapsicoanalisi ha contribuito a comprendere il disagio giovanile connesso alletrasformazioni dovute soprattutto a cause economiche e sociali; ha aiutatol’adolescenza e la stessa infanzia a svolgere pienamente il loro ruolo naturale;ha sensibilizzato il genitore e ha spinto la stessa società a regredire a un livel-lo psichico inferiore per poter recuperare attraverso l’empatia un sentimentoperduto; ha sollecitato l’indulgenza per certi eccessi. Ma ha pure dato l’avvioa una riabilitazione dei diritti dell’Es, prevaricando spesso quelli dell’Io,complice un certo cedimento del Super-io. «La psicoanalisi può ancora dareun contributo - che non sia soltanto distaccamente interpretativo - alla for-mazione dell’uomo sociale? Con una educazione freudiana in gran partedatata e sconquassata dai guasti reichiani e dai terremoti dei conflitti mon-diali, e con quella britannica relegata nella nursery, quali apporti teorici eoperativi, sul piano educativo e sociale, ci provengono dalla psicoanalisi ame-ricana? E qual è lo scenario educativo di oggi?» (p. IX).

Con questi assunti il testo si sviluppa, a nostro parere, lungo tre dimen-sioni: la prima è rappresentata da una rigorosa e serrata analisi degli sviluppidella psicoanalisi di Freud e del dopo Freud, passando in rassegna quellefigure che hanno segnato importanti svolte nella “classica” impostazione delmedico viennese. La seconda è relativa alle implicazioni pedagogiche e alleconseguenze educative che questi recenti orientamenti hanno evidenziato,non trascurando di vederli inseriti in un contesto, quello attuale, segnato dalparadigma della complessità e caratterizzato sempre più fortemente dal pote-re economico e dal condizionamento consumistico. La terza, a dir la verità lameno consistente ma altamente significativa, è data dai riferimenti storico-culturali e letterari (a Canetti, Zweig, Fowles, Musil, Vené, Hayden) che, daun lato, sono una testimonianza dell’ambiente culturale in cui sorse e si svi-luppò la psicoanalisi, dall’altro sottolineano e chiariscono temi e problemi diun particolare periodo storico dei cui riflessi ancor oggi avvertiamo la pre-senza (e questo a riprova che la pedagogia si alimenta di apporti provenientida differenti orizzonti di pensiero).

Se la psicoanalisi di Freud è considerata essenzialmente una psicologia orga-nicistica (che ha le sue radici nell’evoluzionismo darwiniano), d’altra parteoccorre riconoscere una certa “modernità” di Freud per quel suo intento divalorizzare al massimo l’individualismo nel contesto sociale rinforzando l’Io,riscattandolo dall’Es e rendendolo il più possibile indipendente dal Super-io,anche se il processo educativo grazie al quale il soggetto entrava a far parte dellasocietà (di quella cui apparteneva Freud), doveva avvenire a spese delle pulsioniistintuali («il pavimento della civiltà è lastricato dalle nevrosi» p. 21). Ma il

RASSEGNA PEDAGOGICAROBERTO ALBAREA

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L’ISME del 2000: Seminario e Congresso internazionale

La Commissione di Ricerca della Inter-national Society for Music Education(ISME) invita:• a presentare ricerche recenti per l’edu-cazione musicale al 17° Seminario Inter-nazionale che si terrà dall’8 al 14 luglio2000 a Salt Lake City, Utah, USA, e • a presentare dei poster su ricerche alXXIV Congresso Internazionale dell’I-SME che si terrà dal 17 al 22 luglio2000 a Edmonton, Canada.L’obiettivo di questi incontri è quello dioffrire uno spazio per la diffusione e ladiscussione dei risultati e delle implica-zioni di ricerche recenti e dei relativimetodi. Verranno scelte relazioni relativea progetti di ricerca di vario tipo: speri-mentale, osservativo, descrittivo, etno-grafico, filosofico o storico. Le ricerchedovranno focalizzare chiaramente unproblema o l’ipotesi di ricerca ed essererealizzate con un metodo appropriato.I temi per il Congresso Internazionale inCanada sono:I. L’impatto della tecnologia sullo svilup-po culturale;2. La sopravvivenza delle tradizioni cul-turali in un mondo in evoluzione.

Tali temi non sono vincolanti, ma gliinteressati a proporre ricerche e postersono comunque invitati a tenerne contonella scelta dei lavori da sottoporre allaCommissione.Tra quelle pervenute saranno scelte 25relazioni e i rispettivi autori sarannoinvitati a partecipare al Seminario comeospiti (vitto e alloggio per la durata delSeminario). Saranno inoltre scelte anchele ricerche da presentare come poster alXXIV Congresso Internazionale dell’I-SME a Edmonton, all’interno degli spazidella Commissione di Ricerca. Gli autoridei poster avranno a loro carico le spesedi vitto e alloggio.Ciascun lavoro deve essere inviato, entroil 1 novembre 1999, a uno dei membridella Commissione di Ricerca secondo larappresentatività geografica.

I lavori europei devono essere inviati a:Prof.ssa Johannella TafuriVia S. Margherita 1640123 Bologna - ItaliaE-mail: [email protected]

Per ulteriori informazioni contattare ilCoordinatore della CommissioneDr. Robert WalkerSchool of Music and Music EducationUniversity of New South WalesSydney, NSWAustralia 2052

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nucleo del discorso, alla luce dei tradizionali e più recenti apporti della teoriapsicoanalitica, sta alla fin fine in una lucida critica della società del benessere, laquale ha prodotto un indebolimento del Super-io e il suo asservimento al con-sumismo introducendo una grave crisi nel sistema di adattamento dell’Io. Ilconsumismo, forzando scelte e preferenze e appellandosi non alla coscienza eall’esperienza critica ma enfatizzando le richieste dell’Es, favorisce permissivi-smo, psicologismo e un ipocrito democraticismo in educazione. Ma ciò che èpiù grave, configura una immagine falsa del bambino che, grazie al continuoincremento indotto di beni, viene precocemente adultizzato e nello stessotempo infantilizzato, rendendolo ancora più dipendente e insicuro, così comeavviene anche per l’adulto, il cui Io fragile disperde il suo eros nei prodotti delconsumo: «... la società dell’attuale fine secolo, ... ha preso in considerazione l’e-terno bisogno di eros, reificandolo e inserendolo nel consumismo, allo stessomodo in cui il bisogno di sicurezza è stato convogliato nel gregarismo e nellaricerca di gratificazione» (p. 217).

I modelli proposti dalla psicanalisi possono perciò svolgere un importanteruolo di demistificazione e di coscientizzazione e ridefinire la qualità della rela-zione che fonda il processo educativo stesso, svolgendo una funzione ermeneu-tica di come si configura e si evolve il rapporto interumano in educazione.

L. Trisciuzzi, C. Fratini, M. A. Galanti, Dimenticare Freud? L’educazionenella società complessa, La Nuova Italia, Firenze, 1998, pp. 227, £. 24.000.

dinato. Ed eccoci all’ultimo temaospitato nel saggio (a mio parere ilpiù interessante): interculturalità eworld music a scuola. È stato perme stimolante leggere come vengaaffrontato l’argomento in paesi diper sé caratterizzati dall’incrocio didiverse etnie (Sudafrica, Singapore,Canada ecc). Il confronto si spostainevitabilmente sui sistemi di valoreche reggono i distinti sistemi cultu-rali: ha senso paragonare la conce-zione di musica del mondo occi-dentale (estremamente specializza-ta) con quella espressa dal concettodi Ngoma, proprio della culturaafricana che prevede la fusione dimusica, danza ed esecuzione stru-mentale? Si tratta evidentemente diuna domanda retorica, che MinetteMans (Namibia) si pone per sottoli-neare come le differenze culturalinon possano essere ridotte a super-ficiali differenze di stile. Altrimentirischiamo di travisare più o menoconsapevolmente i prodotti cultura-li che manipoliamo: eclatanti sonogli esempi portati da Shinobu Okucirca il fraintendimento delle musi-che “altre” presente in buona partedei testi scolastici. Cita l’esistenzain Giappone di un vero e propriogenere (Sakura) costituito da arran-giamenti di canti tradizionali, tra-scritti all’occidentale in modo da ri-spettare quegli stilemi riconosciuticome “tipicamente giapponesi”, matali da snaturare l’estetica del canto,riducendolo a semplice materialeper lo sviluppo di una tecnica. Suc-cede così che un brano originaria-mente apprezzato soprattutto per laricercata linea melodica e la prezio-sità dell’intonazione vocale, vengautilizzato come esercizio per lo svi-luppo della coordinazione ritmica.La cosa triste è che questo saccheg-gio del materiale tradizionale siaavallato dagli stessi programmiministeriali, dove tra i brani obbli-gatori da insegnare nei diversi anniscolastici (ebbene sì) troviamoaffiancati al Sakura autori comeBach, Schubert, Saint Saens ecc.

Interessanti i progetti intercultu-rali promossi in Canada (Toronto) eNorvegia, dove la riflessione educa-

NOTIZIE

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tiva si è avvalsa del contributo dimusicisti di diversa collocazioneetnica. Stimolanti, tra gli altri, leriflessioni di Jonathan Stephens, cheanalizza le nostre modalità diapproccio ad altre culture o a diversiambiti espressivi (danza, pittura ecc):da un lato la tendenza all’integrazio-ne, alla ricerca di identità comuni(nei valori, nei linguaggi), dall’altrola pulsione all’interazione, al ricono-scimento delle differenze. Un atteg-giamento, quest’ultimo, più vicino aquello esibito nel processo creativo,teso a cogliere assonanze e legaminon esplicitati. A sua volta tale atteg-giamento estetico (costitutivo del-l’atto creativo) appare simile allostesso processo di apprendimento,caratterizzato dalla capacità di isti-tuire collegamenti tra conoscenze ecampi esperienziali, nonché dallacapacità di adattarsi in modo flessi-bile a una realtà in continua trasfor-mazione. Osservazioni interessanti,che hanno fatto scattare in me unsubitaneo riferimento al bel libro diSerena Facci Flauti, capre e re (EDT,1997). Ovvero: come concretizzaredelle profonde intuizioni teoriche inquotidiane prassi didattiche? Conumiltà, determinazione e sana coc-ciutaggine.

Per concludere: siamo davanti aun saggio composito, che ricopreonorevolmente il proprio ruolo diraccolta di Atti. È una utile fonte didocumentazione, ma non possiedeun proprio progetto espositivo: nonè un libro da leggere, ma semmai daconsultare. Devo dire che leggendo-lo speravo di ricevere una ventatad’aria fresca che mi permettesse diuscire dalle anguste strettoie in cui sidibatte la stanca situazione scolasticaitaliana. Così non è stato; piuttostodevo rilevare, con un po’ di amarez-za, che siamo tutti sulla stessa barca.

CONVEGNO NAZIONALE SIEMMusica - Educazione - Nuove Tecnologie

5 e 6 Marzo 1999Jolly Hotel - Via XX Settembre, 2 - 19124 La Spezia

PROGRAMMAVenerdì 5 marzo

ore 9.30 Apertura dei lavori e saluti delle autoritàPresidente nazionale della Siem - Annibale Rebaudengo Presidente IRRSAE Liguria - Alessandro Dal Lago

ore 10.30 La trasformazione dei linguaggi nella società tecnologicaGiorgio Olimpo (Istituto tecnologie didattiche CNR, Genova)“Educazione e nuove tecnologie”

ore 11.00 -11.15 Coffee BreakDina Riccò (Politecnico di Milano)“Il progetto della comunicazione nell’ipermedia”Roberto Maragliano (Università di Roma)“Multimedialità e spazi sonori”

ore 12.40 Dibattito ore 13.00 Sospensione lavoriore 15.00 Scuola, Musica, Multimedia: esperienze didattiche

Gianluca Cavallini (giornalista, La Spezia) “Tipologia dei software musicali”Paolo Valle (Scuola Media,Vicenza) “Lezione multimediale nella scuola media”Alberto Conrado (Centro Ricerca e Didattica Musicale, Piossasco) “Oggetti multimediali”

ore 16.30 - 16.45 Coffee breakore 16.45 - 18.15 Sessione Poster - Demoore 21.00 Concerto multimediale a cura del Dipartimento Informatica Musicale

di Genova

Sabato 6 marzo

ore 9.30 Le nuove tecnologie per la formazione professionale(Insegnanti, Musicisti, Operatori)Lida Branchesi (Centro Europeo dell’Educazione, Frascati)Franca Ferrari (Conservatorio di Frosinone)“Il Progetto MUSE: aggiornare con gli ipertesti.Risultati della sperimentazione nazionale”

ore 10.30 -10.45 Coffee Breakore 11.00 Giovanni Cospito (Conservatorio di Como)

“Nuove professionalità e risorse tecnologiche”Andrea Primiani (Siem - Torino)“Internet per la formazione musicale”Amedeo Gaggiolo (Laboratorio Multimediale - CNR, Genova)“Aspetti metodologici nell’uso del calcolatoreper l’educazione musicale”

ore 12.40 Dibattitoore 13.00 Sospensione lavoriore 15.00 Tavola rotonda

Il Linguaggio musicale tra corpo strumento e macchinaintervengono:Maurizio Della Casa (Pedagogista, Mantova)Claudio Dina (Etnomusicologo,Torino)Goffredo Haus (Compositore, Milano)Mario Piatti (Conservatorio di La Spezia)Maddalena Ronconi (IRRSAE Liguria)Moderatore: Annibale Rebaudengo (Presidente nazionale Siem)

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Sam Leong (a cura di), Music inSchools and Teacher Education: AGlobal Perspective, ISME and CIRC-ME, 1997, Nedlands, WA 6970,Australia. Disponibile presso CIRC-ME: fax 0061-8-93801124; e-mail:[email protected]

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Forse sono in pochi ancora adavvertirlo. Perché l’attenzionedi gran parte dei cittadini è

distratta, presa nelle spire avvolgen-ti delle conversazioni al cellulare,ammaliata dal miraggio del supere-nalotto, stordita dalle sirene pubbli-citarie della TV commerciale. E tut-tavia, chi abbia mantenuto un po’ dilucidità e di cuore avverte un gridodi dolore che sta salendo dallacoscienza più sensibile del paese. Sista preparando, denuncia quelgrido, un attacco obliquo e perver-so alla cultura, sotto la mascheradel risanamento finanziario, deldisboscamento degli enti inutili,della razionalizzazione degli inter-venti di sostegno a gruppi, società,parasocietà, congreghe, sodalizi,fogli e foglietti che nessuno, forse,legge ma che fanno comunquetanto bene a chi li redige. Già sisente lo stridore della cote che affi-la la lama della scure, e si indovina-no le mosse dei nostri uomini digoverno (o almeno di alcuni diloro) che si preparano a vibrarcolpi. Se si pensa alle conseguenze avenire, c’è da restare sgomenti.Associazioni encomiabili come laLega per la diffusione dell’ocarina,l’Unione dei poeti albini, il Centrostudi su Gianfrancesco Cornetta(emerito ma purtroppo ancorasconosciuto compositore di Cerne-ta Maggiore, autore dell’inno “Oh,alba radiosa!” composto in occasio-ne del passaggio di Umberto I nelsuo paese natale) si troveranno, daun giorno all’altro, senza elargizioni,costretti a sopravvivere di purovolontariato o - che è più probabile- a cessare l’attività. Poeti e musici-sti locali, abituati a vedersi stamparea spese del contribuente, grazie allamunificenza di amministrazioni pro-vinciali, comunali e regionali sempresensibili all’arte e disposte alladistribuzione del pubblico denaro,

sontuose monografie in carta pati-nata, si vedranno privare all’improv-viso di una meritata e gratuita pro-mozione che li ha sin qui sottrattiall’oblio e alla incomprensione dellamassa incolta. Per non dire dellespiacevoli ripercussioni per i redat-tori di riviste come questa, chedovranno assumere costumi piùcastigati, rinunciando al maligno pia-cere di cestinare plichi che vengo-no a depositarsi sui loro tavoli, insussiegosa attesa di un atto di defe-renza.

Anche nell’ambito della scuola siintravvedono i primi segni di questomoralismo contabile. E proprio dalmondo della istruzione musicale cigiunge una notizia (ma altre ne arri-veranno ben presto!) che confermale nostre apprensioni. Nel conserva-torio Xxx della città di Yyy esisteva,da anni, la cattedra di “strumenta-zione per banda”. Meno frequentata,certo, dei corsi di pianoforte o dicanto, ma tuttavia circondata dirispetto e aureolata di nobile tradi-zione. Forse che la banda non hasvolto, in passato, un compito pre-zioso di divulgazione popolare dellamusica? E forse che negli ultimidecenni non è andata acquisendo,almeno in alcuni contesti, unadignità artistica crescente? Questedovrebbero essere ragioni sufficientiper garantire la permanenza di unacattedra ad hoc, anche se gli aspi-ranti strumentatori si riducono alledita di una mano: ma che dico, anchese il corso non dovesse contarenessun iscritto. Le quattro richiestegiunte quest’anno alla segreteria delnostro Conservatorio apparivanodunque più che rassicuranti. Tantopiù che la media dei partecipanti alcorso, negli ultimi sette decenni,risulta decisamente inferiore (comeci informa una nota dei docenti) e lacattedra ha sempre prosperato indi-sturbata anche se le classi erano

popolate di fantasmi.Ci credereste? Il ministero della

pubblica istruzione, con un cinicocolpo di penna, ha soppresso ilcorso, con la miserabile giustifica-zione che non raggiungerebbe ilnumero minimo di iscritti chepossa giustificarne, a termini dilegge, la spesa. In tempi di euro e dicupo rigore ciampiano, pare di capi-re, si vuol mettere il basto anchealla scuola (la scuola artistica, poi!),e ricordarle che vi sono regole concui fare i conti. Ma è mai possibileridurre al piatto e vile rigore deinumeri ciò che per natura gli èestraneo e irriducibile, come è ilmondo tutto libertà e fantasia degliistituti di formazione musicale? Soloamministratori e politici gretti (e,c’è da giurarlo, stonati) potevanopensare una cosa simile. E giusta-mente il collegio dei docenti delconservatorio Xxx, solidale colprofessore perdente cattedra, hascritto una solenne e accoratamozione di protesta. Senza spinger-si a suggerire (ma forse l’ha pensa-to) che ai tempi felici di CirinoPomicino la cattedra sarebbe stataraddoppiata.

MORALISMI

RINCONETE

CORTADIGLIO

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Fuoricampo

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