non vedo l'ora

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NON VEDO L’ORA Un tranquillo pomeriggio di sole, è inverno, fa freddo, ma la casa col suo caldo abbraccio accoglie Silvia, Moira e Nora. Tre donne e tre generazioni a confronto: Silvia è una giovane sedicenne dai capelli dorati, occhi blu e corporatura fine, la pelle lattea e un abbigliamento caldo, ma, allo stesso tempo, provocante. Il suo corpo formoso spunta dalle pieghe del maglione bianco, di lana morbida e pelosa. I jeans la avvolgono come una seconda pelle, è rilassata, Silvia è figlia e nipote, Silvia è lo spirito della giovinezza; Moira è la madre, sulla cinquantina, ha capelli scuri e la pelle chiara della figlia, uno spirito combattivo e vestiti dimessi. Indossa una tuta e un maglione, non le importa che segua le forme del suo corpo, anzi le nasconde. I segni della vecchiaia iniziano a farsi strada sul suo viso, qualche ruga compare, ma non se ne cura; Nora è la nonna, fra le tre la più vecchia. Il suo corpo ha iniziato a cedere e non c’è traccia della donna che era. Un tempo aveva capelli biondi come la nipote, ora le sono rimasti grossi e profondi occhi blu. Nora indossa un vestito un po’ attempato, morbido lungo e calze di lana. Nora siede sulla sua sedia , sorride ai ricordi del passato, ma è grata di essere ancora presente. Le tre donne sorseggiano thè caldo, con pasticcini e dolcetti. Moira ha preparato biscottini deliziosi. All’esterno rivestiti da granelli di zucchero. “Sono i biscotti più adatti per un the,” dice Moira. “Lo zucchero esterno serve a dolcificare, tuffando i biscotti nel bi cchiere esso si scioglierà e dolcificherà la tazza.” “Ho avuto una buona allieva in cucina!” Dice Nora soddisfatta. La ricetta dei biscottini da thè era il suo orgoglio da giovane e più volte la aveva preparata alla figlia, Moira poi aveva saputo imitarla. A volte la felicità si insinua in piccoli particolari, piccoli gesti, piccoli risultati che sono poi prova di un amore più grande. La perizia con cui Moira aveva portato avanti le ricette e i piccoli riti di Nora erano prova di un profondo amore fra la madre e la figlia, che si estendeva anche al carattere e all’educazione. Silvia gusta i dolcetti con gioia e indifferenza, non le interessa il motivo per cui sono così, le piacciono e basta. Silvia non sa se un giorno sarà in grado di riprodurli, ma si gode il momento. Le generazioni mutano e i gusti cambiano. Silvia pensa soltanto che quel momento sia perfetto, niente lo può rovinare. Sta al calduccio, in compagnia della sua amata nonna e della sua cara mamma. Il sapore dolce dei biscotti e dello zucchero le si irradia sul palato. Gusta con gioia ogni minuto, assapora ogni secondo. Sorseggia il thè aromatico con voluttà. Annusa i profumi che invadono la casa. Silvia è serena.

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E' solo un modo di dire, sicuri?

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  • NON VEDO LORA

    Un tranquillo pomeriggio di sole, inverno, fa freddo, ma la casa col suo caldo abbraccio

    accoglie Silvia, Moira e Nora. Tre donne e tre generazioni a confronto: Silvia una giovane

    sedicenne dai capelli dorati, occhi blu e corporatura fine, la pelle lattea e un abbigliamento caldo,

    ma, allo stesso tempo, provocante. Il suo corpo formoso spunta dalle pieghe del maglione bianco,

    di lana morbida e pelosa. I jeans la avvolgono come una seconda pelle, rilassata, Silvia figlia e

    nipote, Silvia lo spirito della giovinezza; Moira la madre, sulla cinquantina, ha capelli scuri e la

    pelle chiara della figlia, uno spirito combattivo e vestiti dimessi. Indossa una tuta e un maglione,

    non le importa che segua le forme del suo corpo, anzi le nasconde. I segni della vecchiaia iniziano

    a farsi strada sul suo viso, qualche ruga compare, ma non se ne cura; Nora la nonna, fra le tre la

    pi vecchia. Il suo corpo ha iniziato a cedere e non c traccia della donna che era. Un tempo aveva

    capelli biondi come la nipote, ora le sono rimasti grossi e profondi occhi blu. Nora indossa un

    vestito un po attempato, morbido lungo e calze di lana. Nora siede sulla sua sedia, sorride ai

    ricordi del passato, ma grata di essere ancora presente.

    Le tre donne sorseggiano th caldo, con pasticcini e dolcetti. Moira ha preparato biscottini

    deliziosi. Allesterno rivestiti da granelli di zucchero. Sono i biscotti pi adatti per un the, dice

    Moira. Lo zucchero esterno serve a dolcificare, tuffando i biscotti nel bicchiere esso si scioglier e

    dolcificher la tazza.

    Ho avuto una buona allieva in cucina! Dice Nora soddisfatta. La ricetta dei biscottini da th

    era il suo orgoglio da giovane e pi volte la aveva preparata alla figlia, Moira poi aveva saputo

    imitarla.

    A volte la felicit si insinua in piccoli particolari, piccoli gesti, piccoli risultati che sono poi prova

    di un amore pi grande. La perizia con cui Moira aveva portato avanti le ricette e i piccoli riti di

    Nora erano prova di un profondo amore fra la madre e la figlia, che si estendeva anche al carattere

    e alleducazione.

    Silvia gusta i dolcetti con gioia e indifferenza, non le interessa il motivo per cui sono cos, le

    piacciono e basta. Silvia non sa se un giorno sar in grado di riprodurli, ma si gode il momento. Le

    generazioni mutano e i gusti cambiano. Silvia pensa soltanto che quel momento sia perfetto,

    niente lo pu rovinare. Sta al calduccio, in compagnia della sua amata nonna e della sua cara

    mamma. Il sapore dolce dei biscotti e dello zucchero le si irradia sul palato. Gusta con gioia ogni

    minuto, assapora ogni secondo. Sorseggia il th aromatico con volutt. Annusa i profumi che

    invadono la casa. Silvia serena.

  • Fra poco il tuo compleanno Silvia, non vedi lora? Fai diciassette Anni, non sono ancora tanti

    ma manca ancora uno ai diciotto.

    Non vedo lora, una frase figurata, esprime impazienza, ansia ed eccitazione per un evento

    imminente. Silvia lo sa e sa anche che sua madre ama le feste e i compleanni. Ama gli eventi e ama

    festeggiare, ma ancora di pi ama il futuro.

    Non vedi lora, queste parole scivolano stridule fra le orecchie si Silvia. Mamma ansiosa,

    ansiosa di cosa? Silvia pensa alle ore, ai minuti e al tempo. Qualcosa le scatta dentro, qualcosa di

    inspiegabile e spaventoso. Una lancetta rossa ticchetta imperterrita, avanza spietatamente nella

    sua testa. Un anno, due, decenni un secolo. Le cose cambieranno, non saranno pi le stesse. Silvia

    guarda la madre, vede i segni del tempo che lanno attaccata, toccher anche a lei. Silvia vede la

    nonna o il ricordo della donna che era, una bella donna, la pi bella del paese, ora invece gobba e

    rugosa. Anche questo capiter a Silvia e silvia se ne rende conto. Un mostro orribile sta

    fagocitando la sua giovinezza, la sua gioia di vivere e la sua forza: il tempo che scorre.

    Non vedo lora! La frase le risuona ancora nitida nelle orecchie. Il tempo tiranno, chi ha

    tempo non aspetti tempo, mille detti e proverbi le si affollano nelle orecchie. Il tempo ladro

    continua a rubarle attimi preziosi e spietatamente scandisce la morte con il loro ticchettio. Silvia

    non vuole che il tempo passi per lei, vuole essere cos in eterno. Vorrebbe congelare quel

    momento, tre donne serene e i loro th.

    Silvia sa che leternit non un obbiettivo possibile, sa che col tempo non ci sar pi la nonna,

    nemmeno la mamma e poi toccher a lei. Sa che col passare degli anni rimarr solo il ricordo della

    sua casa, della sua famiglia e poi nemmeno quello. Camminiamo su una terra di morti e non ci

    rendiamo conto di quante vite hanno vissuto prima di noi, di cosa hanno fatto, di quanto amore e

    quanti sogni e speranze si sono consumate.

    Sono le sei, il th terminato. Moira esce, Nora riposa. Silvia rimane sola, ma qualcosa

    cambiato da prima. Ora per la prima volta nella sua vita si resa conto del tempo e della sua

    importanza. Silvia non riesce a stare serena. Sente tutto con gran dolore, sente gli attimi scorrerle

    via dal corpo e sente le terribili voci degli orologi scandirle le ferite. Orologi analogici, ma anche

    digitali sono uno spietato count down alla sua morte.

    Silvia ha paura, sempre pi paura. Il cuore le batte, il respiro le si mozza. Si sente incapace, si

    sente vinta. E impotente sa che non ci pu fare niente. Lo sguardo vuoto, fisso su una finestra.

    Nora non capisce perch si ammutolita. I giovani doggi sono un po strani, pensa fra s e s.

  • Lo sguardo di Nora rivolto al passato, lontano, dalle tinte sbiadite, ma per lei pi bello e

    idealizzabile del presente.

    Moira non se ne curata, Silvia sempre stata strana e riflessiva, ma Moira non ha tempo di

    incantarsi. Il suo sguardo rivolto al futura, a quello che far a quello che potrebbe ancora

    succedere. E impaziente, ma gode dellattesa e della dolce e speranzosa aspettativa.

    Silvia guarda al presente, ma continua ad avere terrore che glielo portino via. Le lacrime le

    velano gli occhi e la paura le annebbia il giudizio.

    Non posso prendere il tempo, non posso contenerlo. pensa la ragazza. E come lacqua,

    lacqua cheta che rompe gli argini e si infila fra le pi piccole fessure. Lo sconforto la abbatte, la

    stringe, la paralizza.

    Forse qualcosa si pu fare! Dice Silvia trionfante. Basta non vedere, non vedere lora. Silvia,

    raminga si aggira per la grande casa. Cerca qualcosa che scandisca il tempo, vuole spengerlo vuole

    oscurarlo. Per prima cosa le compare lo schermo del suo computer, una scritta in basso a destra le

    indica lora e persino il giorno. Silvia spegne il computer. Il problema sparito. Sente ancora che

    il tempo le sfugge di mano. Si ricorda della sua infanzia. Si ricorda, quando, da bambina prendeva

    la sabbia e le scorreva fra le dita. Ancora non va, Silvia deve trattenere il tempo, congelarlo. Sul

    cellulare lora digitale la ridesta. Anche questo mi sono scordata dice spegnendo lo schermo.

    Posso vivere anche senza accendere un computer o un cellulare. Cerca di convincersi. E stare

    lontana da chi ha un computer e un cellulare acceso, in fondo mia nonna vissuta tanto tempo

    senza tecnologia.

    Tempo, la parola le ferisce la gola e il cuore, langoscia le risale in petto. C ancora tempo. S se

    ne rende conto, piccoli timer e orologi sono insiti ovunque: nel forno nella, lavastoviglie, nei

    cellulari altrui, nel telefono di casa. Silvia cerca di spegnere tutti questi apparecchi, ma qualcosa

    non va sente ancora ticchettare. Il nervoso le sale alla testa, la rabbia comincia a offuscarla. Il

    rumore viene da un grande orologio da muro, situato in cucina. Silvia prende lorologio e gli toglie

    la vita, lo smonta e si impadronisce delle pile. Sposta le sue lancette sulle cinque e lo attacca al

    muro. Ce la ha fatta, ancora pochi sforzi e il tempo congelato.

    Silvia si sente potente, ha bloccato il tempo, le mancano pochi sforzi. Sente ancora ticchettare,

    trova un orologio da polso in camera della madre. Guarda il sopravvissuto con sadismo e con

    sommo piacere e un martello, trafugato dalla cantina, lo fa in mille pezzi.

    Il ticchettio non finito, sente ancora langosciante suono. Torna in salotto, lorologio da muro

    ancora vivo, le lancette si sono spostate e la lancetta rossa pi vispa che mai.

  • Vuoi la guerra. Dice Silvia a denti stretti. Silvia distrugge lorologio, lo spacca e lo butta.

    Meglio non creare troppo caos, mia madre potrebbe farsi domande.

    Silvia distrugge, Silvia spacca tutto quello che incontra e le ricorda il tempo. Il padre di Silvia a

    lavoro, non vede nulla e non pu intervenire. Nora dorme e non pensa a nulla, sempre molto

    stanca, per lei il sonno prezioso, purch non sia eterno.

    Silvia persevera ma la lotta impari, lancette e numeri sono padroni della casa e del mondo,

    sembrano dotati di vita propria. La ragazza sente di nuovo un sinistro tic tac. Cerca ovunque non

    trova nulla. Un dubbio la assale. Torna in salotto, lo stesso orologio, pi grande e pi forte di prima

    le tic tacca davanti.

    Silvia terrorizzata, di che cosa si tratta? Di un trucco, di un mostro. E il tempo venuto a

    vendicarsi. Non riesce a reggere a quella vista. Lo tira nuovamente gi e lo ri spacca. Il ticchettare

    le urla di arrendersi, ma lei non lo far. Si sente violenta e sicura mentre distrugge lorologio. Gli

    ingranaggi e la plastica le saltano addosso, come il sangue schizzerebbe per un omicidio, ma la sua

    vittima malvagia, merita quella fine.

    Silvia sparge i pezzi per tutta la casa e cerca di calmarsi. Questa volta ha vinto. Non ci sono

    dubbi. Eppure sente ancora in lontananza uno strano suono. Il suono da flebile si fa sempre pi

    intenso, il ticchettio le invade le orecchie. Silvia si precipita in sala: sempre il solito orologio,

    sempre pi grande, con la voce ancora perentoria. Arrenditi impera alla spaventata Silvia.

    Silvia ride, ride di isteria, di paura e rassegnazione. Non ci riesce, in qualsiasi modo lei lora la

    vede, vede i minuti i secondi e gli istanti. Non vedo lora! le risuona la frase della mamma nella

    testolina. Una frase terribile e allo stesso tempo tanto saggia. Eccola la soluzione! Pensa Silvia,

    mentre lavanzare della lancetta rossa del grande orologio la sferza come una spada. Non vedere

    lora lunico modo. Ridendo Silvia si avvicina al cassetto di cucina, ne tira fuori un grosso coltello

    appuntito. Far male, far male a tutti. Pensa decisa.Ma necessario. E lunico modo.

    Silvia corre davanti allorologio immortale, brandisce il coltello e lo sfida. Far in modo che tu

    non potrai essere pi visto. Moira rientra, non sa cosa si sta consumando nel suo salotto, non sa il

    ruolo inconsapevole che ha avuto la sua frase e non sa, forse, che il suo nome assomiglia

    inquietantemente a quello delle Moire: Cloto, Lachesi e Atropo, giudici e fautrici della vita di ogni

    mortale: filano, tessono e recidono. Recidono come linnocente frase di Moira.

    Silvia mostra il largo coltello allorologio. Non sei tu che intendo distruggere! Dice in tono

    minaccioso e poi con una mossa fulminea impianta la lama nel suo occhio. Il dolore atroce, ma

  • per Silvia ne valsa la pena. Toglie la lama, il sangue le scorre a fiotti. Deve farsi forza, lora

    dellaltro occhio. Con dolori lancinanti distrugge anche laltro.

    Finalmente, finalmente non vede pi niente. Niente lancette rosse, niente numeri su display

    digitali, solo eterna e tranquilla oscurit.

    Moira trova la figlia riversa sul pavimento, imbrattata di sangue, pervasa di una strana e

    inquietante euforia.

    Hai visto mamma! Dice Silvia con le poche energie che ha. Nemmeno io vedo lora e

    ridendo si accascia per terra.

    Si risveglia in ospedale, ancora viva, non vede pi. Silvia sa perch, ma sa che ne valsa la

    pena, per vincere doveva farlo. Doveva sacrificare la vista per battere il suo potente nemico.

    Adesso pu godersi il trionfo.

    Moira e Nora piangono, non si spiegano il motivo di quel gesto. Nora pensa che ai suoi tempi

    certe tragedie non succedevano. Moira pensa al futuro, che far sua figlia, come potr continuare

    a vivere, come le star vicino. Sar troppo vecchia per avere unaltra figlia.

    Silvia pensa al presente, per lei solo quello conta, loscurit non le dispiace, lavvolge e

    labbraccia materna, la rassicura, ma la sua gioia presto finisce. Qualcosa la turba e un rumore

    riaffiora lontano. Un rumore famigliare, irritante e spaventoso. E un ticchettio, sempre pi forte e

    incalzante. E lorologio, quel mostro abominevole, che allorecchio le intima parole minacciose:

    Non hai vinto Silvia, non potrai vedermi, ma puoi sempre sentirmi.

    Silvia urla e cade svenuta per lo shok. Cade in un sonno profondo, un incubo, un delirio, un

    ticchettio e una lancetta rossa che le sferza sulla pelle con grande dolore.