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1 dalla gravità, a differenza del momento angolare “classico” come quello posseduto da una trottola. Se sottoposti all’effetto di un campo magnetico statico (CMS), i nuclei sono quindi caratterizzati da un moto di precessione del proprio asse di ro- tazione intorno alla direzione del CMS (fig. 1.1). La frequenza di precessione dell’asse di rotazio- ne di una trottola è determinata dalla sua massa e forma, oltre che dalla forza gravitazionale, mentre la frequenza di precessione dell’asse di rotazione di un nucleo (ω) è determinata dall’intensità (I) CAPITOLO INTRODUZIONE In questo capitolo vengono trattati i principi fisici della risonanza magnetica (RM), oltre ai pa- rametri fondamentali che influenzano il segnale e come questi parametri sono in grado di determi- nare un differente contrasto tra i tessuti biologici. Per produrre immagini biomediche la RM sfrut- ta le proprietà magnetiche dei nuclei atomici e l’elettromagnetismo con cui i nuclei sono mani- polati e che sono alla base del “fenomeno della risonanza magnetica nucleare”. PROPRIETà MAGNETICHE DEI NUCLEI ATOMICI I nuclei atomici sono costituiti da protoni con carica positiva e da neutroni con carica nulla. Queste particelle nucleari sono caratterizzate da specifiche proprietà intrinseche, come massa e carica elettrica. Alla base del fenomeno della ri- sonanza magnetica nucleare vi è una proprietà denominata spin, prettamente quantistica e priva di corrispettivi macroscopici della fisica classica, che può essere rappresentata come un moto di rotazione delle particelle attorno al proprio asse. Per descrivere questo moto si usa spesso l’esem- pio della trottola: quando questa è in equilibrio perfetto ma non in rotazione è priva di momento angolare e – se toccata – cade immediatamente. Quando invece la trottola è in rotazione attorno al proprio asse, se toccata o disturbata non cade immediatamente, ma entra in un movimento di rotazione del proprio asse rotazionale intorno alla direzione del campo gravitazionale terrestre, detto movimento di precessione. I nuclei atomici possiedono intrinsecamente questa proprietà, come se fossero in perenne ro- tazione, ma il loro momento angolare intrinseco o di spin è influenzato dai campi magnetici e non Principi fisici e formazione del segnale in risonanza magnetica F. Balducci, G. Aringhieri, I. Del Seppia, S. Meli 1 precessione rotazione B 0 Fig. 1.1 Moto di precessione dell’asse di rotazione di un nucleo atomico. I nuclei, in presenza di un CMS, oltre al moto rotazionale dovuto allo spin, acquisiscono anche un moto di precessione del proprio asse intorno al CMS. Dal Pozzo Cap 01 3a bozza.indd 1 14/09/18 13:50

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1. PrinciPi fisici e formazione del segnale in risonanza magnetica

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dalla gravità, a differenza del momento angolare “classico” come quello posseduto da una trottola.

Se sottoposti all’effetto di un campo magnetico statico (CMS), i nuclei sono quindi caratterizzati da un moto di precessione del proprio asse di ro-tazione intorno alla direzione del CMS (fig. 1.1).

La frequenza di precessione dell’asse di rotazio-ne di una trottola è determinata dalla sua massa e forma, oltre che dalla forza gravitazionale, mentre la frequenza di precessione dell’asse di rotazione di un nucleo (ω) è determinata dall’intensità (I)

Capitolo

IntroduzIone

In questo capitolo vengono trattati i principi fisici della risonanza magnetica (RM), oltre ai pa-rametri fondamentali che influenzano il segnale e come questi parametri sono in grado di determi-nare un differente contrasto tra i tessuti biologici.

Per produrre immagini biomediche la RM sfrut-ta le proprietà magnetiche dei nuclei atomici e l’elettromagnetismo con cui i nuclei sono mani-polati e che sono alla base del “fenomeno della risonanza magnetica nucleare”.

ProPrIetà magnetIche deI nucleI atomIcI

I nuclei atomici sono costituiti da protoni con carica positiva e da neutroni con carica nulla. Queste particelle nucleari sono caratterizzate da specifiche proprietà intrinseche, come massa e carica elettrica. Alla base del fenomeno della ri-sonanza magnetica nucleare vi è una proprietà denominata spin, prettamente quantistica e priva di corrispettivi macroscopici della fisica classica, che può essere rappresentata come un moto di rotazione delle particelle attorno al proprio asse. Per descrivere questo moto si usa spesso l’esem-pio della trottola: quando questa è in equilibrio perfetto ma non in rotazione è priva di momento angolare e – se toccata – cade immediatamente. Quando invece la trottola è in rotazione attorno al proprio asse, se toccata o disturbata non cade immediatamente, ma entra in un movimento di rotazione del proprio asse rotazionale intorno alla direzione del campo gravitazionale terrestre, detto movimento di precessione.

I nuclei atomici possiedono intrinsecamente questa proprietà, come se fossero in perenne ro-tazione, ma il loro momento angolare intrinseco o di spin è influenzato dai campi magnetici e non

Principi fisici e formazione del segnale in risonanza magnetica

F. Balducci, G. aringhieri, i. Del Seppia, S. Meli

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precessione

rotazione

B0

Fig. 1.1 Moto di precessione dell’asse di rotazione di un nucleo atomico. I nuclei, in presenza di un CMS, oltre al moto rotazionale dovuto allo spin, acquisiscono anche un moto di precessione del proprio asse intorno al CMS.

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Elettromagnetismo

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del CMS e da una costante (caratteristica di ogni nucleo), denominata rapporto giromagnetico (γ), secondo l’equazione di Larmor:

ω = γI

Nel caso dei nuclei di idrogeno il "rapporto gi-romagnetico" è pari a circa 42,6 MHz/T, che in un campo magnetico di 1,5 T equivale a una frequen-za di risonanza di 63,9 MHz.

Lo spin è associato a un momento di dipolo ma-gnetico, ovvero a una proprietà che rende i nuclei assimilabili a microscopici magneti con i propri poli nord e sud (fig. 1.2). Come tali, i nuclei:a) risentono di campi magnetici esterni, secondo i

quali si orientano preferenzialmente, come l’a-go di una bussola rispetto al campo magnetico terrestre;

b) sono fonti di piccoli campi magnetici, in gra-do di influenzare il comportamento di nuclei vicini.

Il contributo magnetico di ogni singolo protone può essere descritto con un vettore che ne esprime direzione, verso e intensità.

Lo spin è quantizzato, ovvero non può assume-re valori continui ma solo discreti. Limitandoci ai costituenti nucleari, i protoni e i neutroni possono assumere solo due valori di spin: +1/2 e –1/2.

Questi due stati possono essere ricondotti a due differenti versi di rotazione (orario e antiorario) intorno al proprio asse e versi opposti del campo magnetico associato al nucleo. Questi stati non sono permanenti: protoni e neutroni possono oscillare fra lo stato up e lo stato down in base al contesto atomico e magnetico in cui si trovano.

Complessivamente, un nucleo ha un valore di spin totale che dipende dalla composizione quan-tistica degli spin dei suoi costituenti (protoni e

neutroni). In generale, la RM è possibile solo per nuclei con spin non nullo, ovvero nuclei per i qua-li sia i protoni sia i neutroni non sono in numero pari.

Per la formazione di immagini biomediche vie-ne usato il nucleo di idrogeno H+ (costituito da un singolo protone), che per abbondanza ed elevata costante giromagnetica è ideale per produrre e re-stituire la maggior quantità di segnale.

Negli esami RM la quasi totalità del segnale vie-ne dai nuclei di idrogeno delle molecole di H2O e da quelli nei gruppi metilenici (-CH2-) delle catene di acidi grassi. Il segnale prodotto dagli altri pro-toni presenti nel corpo umano o decade troppo velocemente per essere misurato o è troppo basso per poter essere registrato e utilizzato per la crea-zione di immagini (ma può essere sfruttato nella spettroscopia con RM).

In RM ad uso clinico, i termini nucleo, protone e spin si riferiscono sempre ai nuclei di idrogeno H+.

elettromagnetIsmo

Il magnetismo è un fenomeno naturale ma-croscopico che osserviamo e sperimentiamo fre-quentemente, come ad esempio la forza attratti-va o repulsiva che una comune calamita genera su alcuni materiali. Inoltre si può osservare che tale forza ha una “polarità”, ovvero un proprio verso: due calamite avvicinate per i poli opposti si attraggono mentre se avvicinate per poli iden-tici si respingono. Queste proprietà magnetiche sono quindi caratterizzate da direzione, verso e intensità e possono essere rappresentate come vettori.

Un altro aspetto di comune osservazione è che le calamite attraggono solo certi tipi di materiali,

N

S

Fig. 1.2 Nucleo atomico in ro-tazione intorno al proprio asse ro-tazionale. Il protone, a causa del proprio momento di dipolo ma-gnetico, è assimilabile a un micro-scopico magnete con i propri poli nord e sud.

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1. PrinciPi fisici e formazione del segnale in risonanza magnetica

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come il ferro: la “suscettività o suscettibilità ma-gnetica” (χ) indica come un materiale reagisce a un campo magnetico esterno e come e quanto il materiale si magnetizza in presenza di un campo esterno.

Sono denominati ferromagnetici quei materiali con elevata χ, come il ferro e il nickel, che genera-no un forte campo additivo a quello esterno, pro-ducendo una forza di attrazione o repulsione che possiamo sperimentare con qualsiasi calamita.

Sono denominati paramagnetici (con χ poco maggiore di 0, come il gadolinio, elemento usato nei mezzi di contrasto per esami RM) o superpa-ramagnetici (con χ molto maggiore di 0, ma mi-nore rispetto ai materiali ferromagnetici, come ad esempio la ferritina o l’emosiderina, i derivati della emoglobina) quei materiali che generano un campo magnetico additivo di intensità inter-media, minore di quello dei materiali ferroma-gnetici.

Sono denominati diamagnetici la maggior parte dei tessuti biologici, caratterizzati da una χ minore di 0, i quali generano un campo magnetico molto basso che si oppone a quello esterno, effetto non percepibile macroscopicamente.

La suscettività o suscettibilità magnetica di un ma-teriale o di una sostanza dipende principalmente dalla configurazione degli elettroni degli atomi corrispondenti e non contribuisce in maniera di-retta alla generazione del segnale che si registra in RM, ma può alterare il campo magnetico locale modificando il segnale proveniente dai nuclei ato-mici circostanti.

Per quanto riguarda la stretta relazione che lega la forza elettrica con quella magnetica, oggi sap-piamo che si tratta di due espressioni di un unico fenomeno chiamato elettromagnetismo.

In RM interessa principalmente la componente magnetica dell’elettromagnetismo, mentre la for-za elettrica viene sfruttata per generare campi ma-gnetici statici e variabili atti a manipolare i nuclei dei tessuti e per misurarne lo specifico segnale di risposta.

In dettaglio, se fra le estremità o capi di un circuito chiuso si fa passare una corrente di una determinata intensità, il movimento di cariche lungo il circuito genera un campo magnetico all’interno del circuito stesso. Inoltre con una cor-rente di intensità costante si ottiene un CMS; se invece la corrente utilizzata è di intensità variabi-le, si ottiene un campo magnetico oscillante alla frequenza di variazione della corrente elettrica che l’ha generato. Questi fenomeni ci permettono di “interrogare” le proprietà magnetiche dei nuclei presenti nei tessuti.

Viceversa, le variazioni del campo magnetico generano alle due estremità di un circuito chiu-so una variazione della forza elettromotrice (cioè una corrente misurabile), fenomeno che prende il

nome di induzione elettromagnetica rappresentata dalla legge di Faraday; questo fenomeno è utilizza-to dalle bobine riceventi che possono misurare in termini elettrici la risposta magnetica del sistema dopo eccitazione dei nuclei.

Il Fenomeno della rIsonanza

In RM la risposta di un sistema oscillante è mas-sima quando lo stimolo è applicato a una specifica frequenza di risonanza che dipende dalle caratte-ristiche del sistema.

Per spiegare meglio questo fenomeno, un classi-co esempio è quello di un bambino su un’altalena.

La risposta del sistema bambino-altalena è mas-sima (in termini di ampiezza dell’oscillazione) quando lo stimolo della spinta è applicato alla specifica frequenza determinata dalle caratteristi-che del sistema, in questo caso rappresentate dal peso del bambino e dalla lunghezza della corda dell’altalena. Se applicassimo una stimolazione a frequenza diversa, per esempio provando a spin-gere più volte l’altalena nel corso di una singola oscillazione, otterremmo una risposta minore.

FormazIone del segnale rm

Per la formazione del segnale RM sono neces-sari: – campo magnetico statico (detto B0 o CMS)

a elevata intensità (solitamente di 0,5-1,5 T nell’attività clinico-diagnostica). Questo campo magnetico è allineato in genere parallelamente all’asse maggiore del paziente (definito per con-venzione asse z o longitudinale). Il piano ad esso perpendicolare, ovvero il piano assiale del pa-ziente, viene denominato asse xy o trasversale;

– nuclei atomici dei tessuti biologici in esame; – bobine a radiofrequenza (RF) in grado di riceve-

re e produrre onde elettromagnetiche.

Nella formazione del segnale, si possono con-siderare vari passaggi, descrivibili sia a livello microscopico dei singoli protoni sia a livello ma-croscopico, come somma dei loro effetti. In parti-colare consideriamo i seguenti:1) nuclei in assenza di CMS;2) nuclei in presenza di CMS;3) nuclei in presenza di CMS e di onde di RF.

1. nuclei in assenza di campo magnetico statico

In assenza di CMS, i protoni sono orientati ca-sualmente in tutte le direzioni dello spazio, senza nessuna direzione preferenziale (fig. 1.3) e senza alcuna magnetizzazione risultante.

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Formazione del segnale RM

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2. nuclei in presenza di campo magnetico statico

L’inserimento dei protoni o nuclei di idrogeno in un CMS di elevata intensità determina i se-guenti fenomeni: – i protoni si comportano come piccoli magneti

allineandosi nella direzione del CMS così come l’ago di una bussola orienta la propria direzione secondo il campo magnetico terrestre;

– i protoni possono assumere uno stato down (mo-mento magnetico di dipolo parallelo al CMS) e uno stato up (momento magnetico di dipolo an-tiparallelo al CMS).

I protoni nello stato up hanno un maggior con-tenuto energetico rispetto a quelli nello stato down: fra i due stati esiste una differenza di energia ΔE.

All’interno del CMS i protoni hanno una mag-giore tendenza ad assumere un orientamento pa-

rallelo al CMS stesso (stato di minore energia). Alla temperatura di zero assoluto, in assenza di altre forme di energia, praticamente tutti i protoni hanno un momento magnetico di dipolo paralle-lo al CMS (stato down). All’aumentare della tem-peratura, l’energia termica del sistema comporta la presenza di un numero crescente di protoni con momento magnetico di dipolo antiparallelo al CMS (stato up). Un’analogia può essere quella di un insieme di bussole poste in una lavatrice. Quando la lavatrice è spenta (situazione equiva-lente allo stato a temperatura di zero assoluto) tutte le bussole puntano a nord. A lavatrice acce-sa, le forze di rotazione del cestello (equivalenti all’energia di agitazione termica) sono molto mag-giori dell’attrazione magnetica sull’ago, ma rima-ne comunque una tendenza a puntare verso nord rispetto alla direzione opposta.

A temperatura ambiente, in un CMS di in-tensità pari ad 1 T, vi è una minima differenza

Orientamento degli spin nucleari Vettori di magnetizzazione microscopica

Schema con spin riuniti per permettere la somma vettoriale

Magnetizzazione macroscopica risultante

In assenza di CMS

In presenza di CMS

In presenza di CMS dopo impulso

RF a 90°

In presenza di CMS dopo impulso

RF a 180°

Nessuna MM: i vettori, disposti

casualmente, si annullano

Fig. 1.3 Orientamento degli spin nucleari e della loro risultante vettoriale macroscopica dall’alto in basso: in assenza di CMS, in presenza di CMS, dopo impulso RF a 90° e dopo impulso RF a 180°.

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1. PrinciPi fisici e formazione del segnale in risonanza magnetica

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di numero dei protoni nei due stati up e down, con valori così bassi che viene misurata in “par-ti per milione” (ppm): nel citosol (componen-te liquida e non strutturata del citoplasma) per ogni 1.000.000 di spin con momento magneti-co di dipolo antiparallelo al CMS ci sono cir-ca 1.000.007 spin con momento magnetico di dipolo parallelo. Sebbene questa differenza di popolazione fra gli stati down e up sia di piccola entità, la stessa è alla base della formazione del segnale RM. Inoltre, la differenza di popolazio-ne fra gli stati down e up aumenta contestual-mente all’aumentare di ΔE e dell’intensità del CMS e quindi vi è una maggiore differenza di protoni up e down; ne consegue un aumento del segnale RM.

I protoni sotto l’effetto del CMS entrano in un moto di precessione del proprio asse di rota-zione attorno all’asse z definito da B0, a causa del proprio momento angolare intrinseco di spin. Il vettore di magnetizzazione di ogni protone non è quindi perfettamente allineato al CMS ma descri-ve un ideale “cono di rotazione” attorno all’asse z. Di conseguenza, non tutto il contributo magne-tico del nucleo è sull’asse z ma esiste una compo-nente trasversa della magnetizzazione di ciascun protone che giace sul piano xy (fig. 1.4).

Supponendo che il CMS sia perfettamente omogeneo, tutti i protoni precedono alla stessa frequenza (in accordo con l’equazione di Larmor) ma con fase differente. Un’analogia può essere fat-ta con due orologi, sincronizzati uno con l’ora di Roma, l’altro con l’ora di New York. Entrambi im-piegano 12 ore a completare una rotazione (stessa frequenza) ma – a causa della differenza di fuso orario di 6 ore – sono agli opposti del quadro (di-versa fase).

Macroscopicamente, in condizioni di equilibrio la somma dei piccoli campi magnetici generati dei singoli protoni può essere rappresentata da un unico vettore detto di magnetizzazione macroscopi-ca (MM) avente come direzione/verso quello del CMS e intensità proporzionale alla differenza di popolazione fra gli stati down e up. Dato che la direzione di questa MM giace sull’asse z ed è pa-rallela al CMS, essa è solitamente chiamata MM longitudinale (MML) o Mz.

La differenza nel numero di protoni apparte-nenti agli stati down e up aumenta con l’intensità del CMS, risultando sempre meno probabile l’o-rientazione antiparallela del momento magnetico di dipolo di un protone rispetto al CMS. Pertan-to, all’aumentare dell’intensità del CMS aumenta anche quella del vettore MML, con conseguente incremento del segnale utile alla formazione delle immagini RM.

Un altro fattore che influenza l’intensità della MML è la cosiddetta densità protonica (DP) per cui, a parità di tutti gli altri parametri, i tessuti con maggior quantità di protoni generano più segnale.

Per quanto “macroscopica”, questa magnetizza-zione netta è di vari ordini di grandezza più pic-cola del CMS che l’ha generata, rispetto al quale risulta parallela per cui non è direttamente quan-tificabile. Per poter misurare questa MM e quin-di ottenere il segnale RM, è necessario ribaltarla dall’asse z, dove è sovrastata dal CMS, al piano ad esso perpendicolare xy, in cui non sono presenti campi magnetici netti e dove è quindi possibile misurarla. È da notare che, mentre i singoli proto-ni vanno incontro alla precessione attorno all’asse z, la MML, somma dei loro effetti, rimane alline-ata al CMS. Questo accade perché il movimento di precessione dei singoli nuclei, sebbene generi una componente di magnetizzazione trasversale sul piano xy, avviene con differente fase. Essendo quindi casuale la posizione dei vari nuclei lungo l’orbita precessionale per l’assenza di coerenza di fase, i contributi trasversali dei singoli protoni si annullano a vicenda, con magnetizzazione tra-sversale totale uguale a zero.

Per ottenere una magnetizzazione netta sul piano xy e per rendere evidente a livello macro-scopico il movimento di precessione è necessario sincronizzare (ovvero porre in fase) i movimen-ti di precessione dei protoni. Per questo vengono utilizzate onde elettromagnetiche polarizzate cir-colarmente nel piano ortogonale al CMS, che per la loro particolare frequenza vengono denomina-te onde di radiofrequenza o impulsi RF in quanto la

90°

45° componente trasversa

up

down

orbita precessionale

orbita precessionale

B0

Fig. 1.4 Orientamento del vettore di magnetizzazione microscopica. Le componenti longitudinali sull’asse z e tra-sversali sull’asse xy possono essere ottenute scomponendo il vettore di magnetizzazione dei singoli protoni.

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Free induction decay

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lunghezza d’onda corrispondente alla frequenza di precessione dei protoni cade nel campo delle onde radio.

3. nuclei in presenza di campo magnetico statico e di onde di radiofrequenza

Per poter ribaltare la MM sul piano trasversa-le xy e ottenere quindi un segnale, è necessario disturbare l’equilibrio raggiunto dal sistema pro-tonico all’interno del CMS. Se inviamo un’onda elettromagnetica polarizzata nel piano ortogonale al CMS (polarizzazione circolare) e con frequenza pari a quella di Larmor (frequenza di risonanza), il sistema entra in risonanza e produce un passag-gio di energia dall’onda elettromagnetica al siste-ma protonico, con la conseguente eccitazione di quest’ultimo. L’energia erogata è tanto maggiore quanto più lunga è la durata dell’impulso RF e maggiore la sua intensità.

Microscopicamente possiamo notare due feno-meni: – i nuclei orientati nel verso parallelo, più nu-

merosi, ma appartenenti al livello energetico minore, grazie all’energia fornita dall’impulso RF sono in grado di colmare la differenza di energia ΔE tra i due versi disponendosi in modo antiparallelo. Ne deriva l’annullamento della differenza tra le popolazioni up e down e di con-seguenza della MML;

– l’impulso RF induce anche una progressiva sin-cronizzazione di fase fra i moti di precessione degli spin. Così si ottiene anche la sincroniz-zazione della componente trasversale della ma-gnetizzazione prodotta dai singoli protoni. Il risultato è la creazione di una magnetizzazio-ne netta che giace sul piano trasversale xy, sul quale ruota con frequenza pari alla frequenza di Larmor.

L’impulso RF capace di produrre le condizioni limite sopra descritte (bilanciamento numerico e sincronia di fase) prende il nome di impulso RF a 90°.

Macroscopicamente, durante l’applicazione dell’impulso RF a 90° si osservano due fenomeni: – progressiva perdita di MML data dall’annulla-

mento delle differenze di popolazione fra stati up e down;

– progressiva creazione di una magnetizzazione sul piano trasversale xy dovuta al sincronizzarsi dei moti precessionali degli spin (e dei loro vet-tori magnetici).

Dal momento che questi due fenomeni avven-gono contemporaneamente, possiamo complessi-vamente immaginare che il vettore MML, in pre-senza di un impulso RF a 90°, inizi ad allargare il raggio della propria orbita precessionale fino a

porsi in rotazione sul piano trasversale, compien-do così un moto a spirale (fig. 1.5). La MM ribal-tata sul piano trasversale (perpendicolare a quello del CMS) viene definita MM trasversale (MMT) o Mxy.

Se la durata dell’impulso RF si protrae, il sistema protonico riceve ancora più energia fino ad arriva-re a un altro caso limite, detto impulso RF a 180°.

Microscopicamente la popolazione protonica, dopo l’impulso a 90°, acquisisce gradualmente ulteriore energia generando un aumento del nu-mero spin nello stato up fino a invertire a favore di quest’ultimo lo squilibrio presente nella con-dizione di equilibrio iniziale; inoltre la coerenza di fase acquisita con l’impulso a 90° viene perdu-ta al crescere della durata del tempo di applica-zione dell’onda RF ricreando così il defasamento iniziale.

Macroscopicamente invece, si può immaginare che il vettore di magnetizzazione macroscopica prosegua il proprio moto spiroide fino a invertire il verso di quello iniziale (fig. 1.6); si può quin-di affermare che l’impulso RF a 180° determina un’opposizione del verso del vettore di MML (MML→-MML).

È da notare che gli impulsi a 90° e 180° costitu-iscono situazioni limite per cui si verificano i due fenomeni descritti. Nel caso dell’impulso a 90°, la MMT sul piano xy subito dopo l’impulso è uguale alla MML iniziale: un impulso a 90° ribalta quin-di tutta la MML sul piano trasversale. Nel caso dell’impulso a 180°, la MMT sul piano xy subito dopo l’impulso è zero mentre la MML è l’inverso della MML pre-impulso: l’impulso a 180° inverte quindi la MML sull’asse z (MML→-MML).

Il vettore MML può tuttavia essere deflesso per un numero di gradi arbitrario (detto flip angle, o α), diverso da questi casi limite, modificando durata e intensità dell’impulso RF. Microscopicamente, in questo caso non viene raggiunto il pareggiamento delle popolazioni up e down e la sincronia di fase tra le due popolazioni protoniche diminuisce tan-to più il flip angle è diverso da 90°. Macroscopica-mente, impulsi con flip angle diverso da 90° ribal-tano sul piano xy solo parte della MML iniziale, cioè pre-impulso RF, che non viene quindi total-mente annullata dallo stimolo RF. La quantità di magnetizzazione che troviamo sui due piani dopo l’impulso RF può essere calcolata scomponendo il vettore della MM. Ad esempio, dopo un impulso a 45°, troviamo sul piano trasversale xy l’equiva-lente del 50% della MML originaria, che risulta quindi ridotta del 50%.

Free InductIon decay

Al cessare dell’impulso RF (nel caso esemplifica-to, dell’impulso a 90°) la MM è ribaltata sul piano trasversale sul quale precede con la specifica fre-

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1. PrinciPi fisici e formazione del segnale in risonanza magnetica

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MMTy

MML

zB0

x

Z

MML

y

– MML

x

Fig. 1.5 Transizione energeti-ca dei nuclei “eccitati”: impulso RF a 90° (modello macroscopi-co). Con l’impulso RF a 90°, il vettore MML inizia ad allargare la propria orbita precessionale, compiendo un moto a spirale, fino a porsi in rotazione sul piano trasversale.

Fig. 1.6 Transizione energetica dei nuclei “eccitati”: impulso RF a 180° (modello macroscopico). Con l’impulso RF a 180°, il vet-tore MML prosegue il moto spi-roide oltre i 90°, fino a disporsi antiparallelamente rispetto allo stato iniziale.

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Rilassamento protonico

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quenza dettata dalla legge di Larmor, generando quindi sul piano xy un campo magnetico oscil-lante nel tempo.

Se disponiamo di un’antenna di radiofrequenza (costituita da un circuito chiuso) posta trasversal-mente rispetto alla MML, la variazione del campo magnetico generata dalla precessione della MMT all’interno dell’antenna stessa genera una forza elettromotrice indotta (cioè, un segnale elettrico misurabile) secondo la legge di Faraday. Questa forza elettromotrice costituisce il segnale RM e prende il nome di “free induction decay” (FID) ed è l’espressione del ritorno energetico dei protoni alle condizioni iniziali (fig. 1.7).

Il segnale FID è caratterizzato da: – andamento sinusoidale, in quanto secondo la leg-

ge di Faraday l’intensità della corrente generata è proporzionale alla variazione del campo ma-gnetico all’interno della bobina. La variazione in questo caso è data dal fatto che la bobina è fisicamente ferma sul piano xy sul quale la MMT sta precedendo alla frequenza di Larmor. Il periodico avvicinarsi e allontanarsi del vetto-re della magnetizzazione trasversale è responsa-bile dell’andamento sinusoidale della corrente generata per induzione;

– intensità massima determinata dall’intensità della MMT; una maggiore MMT causa infatti una maggiore corrente indotta nella bobina. I fattori che aumentano la MMT sono rappre-sentati dall’intensità iniziale della MML e dal-la percentuale di questa che viene ribaltata sul piano xy tramite l’impulso RF con un determi-nato flip angle;

– decadimento esponenziale dell’intensità dato dalla progressiva riduzione della MMT che per i fe-nomeni di rilassamento è gradualmente meno intensa dopo ogni rotazione fino a esaurirsi.

In ambito clinico, i protoni in grado di generare segnale RM possono essere di 3 tipi: – protoni delle molecole di H2O “libera”, i cui

legami sono solo di tipo transitorio con altre molecole di H2O. Questo compartimento com-prende sia il liquor sia le molecole di acqua del citosol (componente liquida e non strutturata del citoplasma) e dell’interstizio extracellulare;

– protoni delle molecole dell’H2O “legata” a ma-cromolecole proteiche (bound water), con le quali i protoni dell’H2O stabiliscono legami a idrogeno che ne limitano la possibilità di mo-vimento;

– protoni delle molecole delle catene di acidi grassi all’interno delle molecole lipidiche.

Il segnale complessivo di un tessuto o di un organo può essere considerato dipendente dalla combinazione di questi protoni che presi singolar-mente, pur essendo identici tra loro, restituiscono un segnale diverso a causa del diverso contesto molecolare in cui si trovano.

rIlassamento ProtonIco

L’impulso RF porta il sistema protonico in una situazione di disequilibrio dovuta alla quantità di energia assorbita e al conseguente aumento dell’e-nergia potenziale che genera instabilità e tenden-za al ripristino delle condizioni di equilibrio ini-ziale. All’eccitazione protonica segue quindi una fase durante la quale gli spin tendono a liberarsi dell’energia in eccesso fino a tornare alla condizio-ne iniziale di equilibrio, con il progressivo deca-dimento della MMT e il recupero della MML. Ciò viene denominato rilassamento protonico.

I fenomeni fisici alla base del rilassamento pro-tonico sono molteplici.

Nelle sequenze standard usate in ambito clini-co, il meccanismo dominante è quello delle “inte-razioni dipolo-dipolo”. I protoni, a causa del loro momento di dipolo magnetico, sono assimilabili a piccoli magneti. Come tali, interagiscono attraen-dosi e respingendosi reciprocamente con i campi magnetici prodotti da altri protoni appartenenti alla stessa molecola (come il secondo protone di una molecola di H2O, interazioni dette intramo-lecolari, quantitativamente più importanti), op-pure da protoni di altre molecole (interazioni in-termolecolari, meno importanti) o più raramente da elettroni spaiati (come nel caso dei mezzi di contrasto paramagnetici, vedi oltre).

L’efficacia delle interazioni dipolo-dipolo (e quindi del processo di rilassamento) dipende da vari fattori tissutali, il più importante dei quali è il moto relativo fra i due dipoli. A causa dell’agita-zione termica le molecole sono infatti sottoposte a complessi movimenti di rotazione, vibrazione e traslazione. Semplificando, questi possono essere

durata

ampiezza

Fig. 1.7 Segnale RM o FID (Free Induction Decay). Il se-gnale RM di ritorno, dopo l’impulso RF, è caratterizzato da un’ampiezza massima, da un andamento sinusoidale e da un decadimento esponenziale.

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1. PrinciPi fisici e formazione del segnale in risonanza magnetica

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Prin

cip

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enti

riassunti in una “velocità di movimento” com-plessiva del protone determinata dalla struttura della molecola cui appartiene che influenza l’effi-cacia delle interazioni dipolo-dipolo.

Tornando al modello a tre compartimenti sopra introdotto: – i protoni delle molecole di acqua libera hanno

la più alta velocità di movimento relativo; – i protoni delle molecole di acqua legata sono in-

vece limitati dai legami con le macromolecole e hanno basse velocità di movimento;

– i protoni degli acidi grassi hanno velocità di movimento intermedia.

Queste caratteristiche tissutali influenzano in modo specifico il segnale RM.

Il fenomeno del rilassamento è scomponibile in due aspetti che iniziano contemporaneamente al cessare dello stimolo RF: la perdita della MMT sul piano xy e il recupero della MML sull’asse z.

recuPero della magnetIzzazIone longItudInale e temPo dI rIlassamento t1

Al termine della stimolazione RF il sistema pro-tonico si trova in una situazione di eccesso ener-getico che ha permesso il riequilibrarsi delle popo-lazioni “up” e “down”. Il recupero della situazione di equilibrio dei rapporti fra i protoni con verso parallelo e antiparallelo e la conseguente ricostitu-zione della MML avviene in un processo detto di rilassamento longitudinale o “spin-reticolo”, nel quale il sistema protonico cede all’ambiente circo-stante (il “reticolo”) l’energia in eccesso.

Microscopicamente i protoni che hanno ac-quisito energia portandosi dallo stato parallelo a quello antiparallelo si trovano in una situazione di instabilità, in cui la naturale tendenza è quel-la al ritorno alle condizioni di equilibrio pre-RF. Questo processo, per quanto energeticamente fa-vorevole, avviene molto raramente in modo spon-taneo. Così come l’eccitazione dallo stato parallelo a quello antiparallelo avviene solo se la frequenza della stimolazione RF è uguale alla frequenza di precessione (fenomeno della risonanza), anche il rilassamento da antiparallelo a parallelo, e quindi il trasferimento di ritorno dell’energia assorbita, avviene solo in presenza di un campo magnetico oscillante alla frequenza di Larmor, proveniente in questo caso non dall’impulso RF ma dal movi-mento di nuclei vicini. Possiamo immaginare que-sto fenomeno come una “risonanza al contrario”, in cui sono i protoni a cedere energia al sistema. Questo trasferimento è massimo quando la veloci-tà di movimento dei protoni del tessuto (e quindi del campo magnetico da essi generato a causa del loro momento di dipolo magnetico) è uguale alla velocità di precessione dei protoni eccitati.

In particolare: – i protoni dell’acqua libera, privi di legami,

hanno una velocità di movimento molecolare molto maggiore di quella di precessione dei nu-clei di idrogeno eccitati. Ne conseguono quin-di scambi poco efficaci per il trasferimento di energia;

– i protoni dell’acqua legata, al contrario, hanno una velocità minore di quella di precessione, risultando anch’essi poco efficaci nel trasferi-mento di energia;

– i protoni delle molecole di acidi grassi hanno invece una velocità di movimento paragonabile a quella di precessione e sono quindi i più ef-ficaci nel ricevere energia dai protoni eccitati.

Queste diverse capacità di indurre rilassamento spin-reticolo si riflettono a livello macroscopico nella velocità di recupero della MML: più simile è la velocità di movimento delle molecole di un determinato tessuto rispetto alla velocità di pre-cessione, maggiore è la velocità di recupero della MML del tessuto stesso.

Macroscopicamente il recupero della MML av-viene in maniera esponenziale con costante di tempo T1 secondo la formula:

Mz(t)=M0(1-e-t/T1)

La costante di tempo T1 rappresenta quindi il tempo in cui uno specifico tessuto recupera il 67% della MML originaria.

A parità di tempo dopo la stimolazione RF, tes-suti con T1 più breve recuperano una maggiore quantità di MML, in particolare: – il tessuto adiposo ha il T1 più breve (300 msec

a 1,5 T); – il liquor costituito da acqua libera ha il T1 più

lungo (3000 msec a 1,5 T); – la sostanza grigia cerebrale, nella quale è pre-

sente una combinazione di acqua libera e acqua legata, ha un T1 intermedio (950 msec a 1,5 T).

Durante una sequenza RM il sistema di spin in un determinato volume viene eccitato più volte per ottenere un’immagine: il tempo di ripetizione (TR) è il tempo fra un’eccitazione RF e la succes-siva.

Se il TR è breve, i tessuti non hanno tempo di recuperare tutta la MML e la percentuale di MML recuperata è tanto maggiore quanto più breve è il T1 del tessuto. Considerando quindi due com-ponenti biologiche con diverso T1 come grasso e liquor, il tessuto con T1 più breve (il grasso) recu-pera una maggiore quantità di MML fra un impul-so RF e il successivo con maggiore quantità di MM che viene ribaltata sul piano xy a ogni impulso RF a 90° e conseguente maggiore intensità di segnale.

Se il TR è lungo, vi è abbastanza tempo per grasso e liquor di recuperare tutta la MML fra uno stimo-

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Decadimento della magnetizzazione trasversale – Tempo di rilassamento T2 e tempo di echo TE

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lo RF e il successivo, annullando questa differenza di segnale. Per ottenere una differenza di segnale dipendente dal diverso T1 di due tessuti (immagi-ne pesata in T1) è quindi necessario utilizzare un TR sufficientemente breve (fig. 1.8A).

decadImento della magnetIzzazIone trasversale – temPo dI rIlassamento t2 e temPo dI echo te

Al termine della stimolazione RF il sistema pro-tonico, nel caso di una stimolazione a 90°, si trova in coerenza di fase. Dopo la rimozione dell’impul-so a 90°, questo ordine viene progressivamente perso, con la conseguente perdita della MMT. Tale processo prende il nome di rilassamento “spin-spin”, in cui – a differenza del rilassamento spin-reticolo – non vi è perdita di energia ma solo di coerenza di fase.

Microscopicamente l’onda a RF porta i moti di precessione dei protoni in coerenza di fase, come un insieme di orologi che vengono sincronizzati, generando così una MMT misurabile sul piano xy. Terminato l’impulso, se i protoni precedessero alla

stessa identica frequenza, questa coerenza si man-terrebbe indefinitamente. Ciò non accade perché, in accordo con l’equazione di Larmor, la frequen-za di precessione di ogni singolo spin è determi-nata dal campo magnetico locale che questo spin sperimenta. Oltre al CMS esistono infatti molte-plici fattori, endogeni ed esogeni, che alterano leg-germente il campo magnetico locale: protoni che sperimentano un campo locale maggiore hanno una frequenza di precessione leggermente più alta del previsto, protoni che sperimentano un campo locale minore hanno una frequenza leggermente più bassa. Questa diversa velocità di precessione causa quindi una perdita di coerenza di fase fra i protoni, con conseguente decadimento della MMT e del segnale da essa generato. Maggiore è la differenza di campo magnetico locale fra spin e spin, maggiore è la differenza di velocità di pre-cessione, più rapido è il decadimento della MMT.

Tra i fattori che alterano il campo magnetico locale, il più importante è il rilassamento “spin-spin”. I singoli protoni sono infatti fonte di piccoli campi magnetici in grado di influenzare il campo magnetico locale. Il grado di influenza magnetica che uno spin subisce a causa di spin vicini è fun-zione della struttura molecolare e del movimento

Fig. 1.8 Tempi di rilassamento T1 e T2. I grafici mostrano l’andamento esponen-ziale dei tempi di rilassamento per il T1 crescente nel tempo (A) e per il T2 de-crescente (B). Si può notare che il totale recupero della MML avviene a circa tre volte il tempo di rilassamento T1, mentre il totale abbattimento della MMT si ha a circa tre volte il tempo di rilassamento T2.

1009586

63

incr

emen

to M

ML

(%)

01T1 2T1 3T1

T1: andamento crescente nel tempo (ripristino della MML)tempo

1T2 2T2 3T2

0

decr

emen

to M

MT

(%)

1009586

63

T2: andamento decrescente nel tempo (annullamento della MMT)tempo

z

xy

a

b

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1. PrinciPi fisici e formazione del segnale in risonanza magnetica

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relativo. Nel modello a tre compartimenti notia-mo che: – i protoni dell’acqua libera, con la più alta ve-

locità di movimento, si muovono troppo rapi-damente per avere tempo di essere influenzati dal campo magnetico prodotto dagli spin dei protoni con cui interagiscono;

– i protoni dell’acqua legata hanno, al contrario, una bassa velocità di movimento che permette ai protoni vicini di influenzarne significativa-mente il campo magnetico locale;

– i protoni degli acidi grassi hanno una velocità media di movimento e quindi un livello di in-fluenza intermedio da parte degli spin vicini.

Al contrario del rilassamento T1, in cui esiste una velocità “giusta” per ottenere la massima ef-ficacia nel processo di rilassamento spin-reticolo, per il rilassamento T2 esiste una relazione lineare con la velocità di movimento dei singoli protoni: maggiore è la velocità, minore è l’efficacia dell’in-terazione spin-spin, minore è la tendenza alla per-dita di coerenza di fase e maggiori quindi sono il T2 e la durata della MMT e del segnale da essa generato. Le macromolecole proteiche a cui è lega-ta la bound water non producono segnale perché a causa della loro struttura rigida e della bassa ve-locità di movimento hanno un rilassamento tra-sversale così efficiente che la MMT decade troppo velocemente per essere misurata.

Importante è sottolineare che queste interazio-ni spin-spin, essendo conseguenza di movimenti molecolari, sono totalmente casuali, non prevedi-bili né riproducibili. Come vedremo successiva-mente, questo le differenzia da altri fenomeni che alterano il campo magnetico locale in maniera riproducibile.

Macroscopicamente il decadimento della MMT avviene in maniera esponenziale con costante di tempo T2 secondo la formula:

Mxy(t)=M0 e-t/T2

La costante di tempo T2 è il tempo in cui la MMT di uno specifico tessuto decade del 67%. A parità di tempo dopo la stimolazione RF, tessuti con un T2 più lungo hanno una maggiore quanti-tà di MMT residua.

In funzione della dipendenza della costante T2 dalla velocità dei moti molecolari tissutali e tor-nando agli esempi precedenti si rileva che: – il T2 del liquor è più lungo (2000 msec a 1,5 T); – il T2 della sostanza grigia è più breve (100 msec

a 1,5 T); – il T2 del tessuto adiposo è più breve (80 msec

a 1,5 T).

Non deve stupire che il valore di T2 della so-stanza grigia sia del tutto simile a quello del gras-so puro. Infatti i tessuti umani non lipidici sono

costituiti in varie proporzioni di acqua libera e acqua legata. Il T2 complessivo di un tessuto è molto sensibile alla quantità di H2O libera: pro-cessi patologici (come l’edema) che aumentano la percentuale di H2O libera sul totale, allungano il T2 del tessuto, la cui MMT decade quindi più lentamente generando dunque più elevato segnale nelle sequenze pesate in T2 rispetto alla situazione tissutale fisiologica.

Il Tempo di Echo (TE) è un parametro tecnico di acquisizione, che indica dopo quanto tempo dal termine della stimolazione RF viene acquisito il segnale.

A parità di quantità di magnetizzazione ribal-tata sul piano trasversale, a un determinato TE, tessuti con T2 maggiore hanno perso una minore quantità di MMT e producono quindi più elevato segnale. Questo effetto è amplificato aumentando il TE. Al contrario, con TE troppo brevi i due tes-suti non hanno abbastanza tempo per creare una differenza apprezzabile di decadimento, e quindi di segnale.

Quindi, per ottenere una differenza di segnale dipendente dal diverso T2 dei tessuti (immagine pesata in T2) è necessario utilizzare un TE lungo (fig. 1.8B).

dIsomogeneItà dI camPo e temPo dI rIlassamento t2*

Nel paragrafo precedente abbiamo definito T2 come la costante di decadimento della MMT e abbiamo individuato nelle interazioni casuali spin-spin il fenomeno che determina tale decadi-mento. In realtà la MMT e quindi il FID decadono più velocemente di quanto atteso dal defasamento indotto dalle sole interazioni spin-spin.

La perdita di coerenza di fase e il conseguente decadere della MMT sono infatti, come abbiamo detto parlando del decadimento T2, conseguenza di alterazioni del campo magnetico locale speri-mentato dai singoli protoni e della conseguente variazione di frequenza di precessione. Nel deter-minare questo effetto, il rilassamento spin-spin è, per quanto importante, solo uno dei fenomeni coinvolti. Esistono altri fattori che determinano alterazione del campo magnetico locale, fra cui le disomogeneità del CMS e la presenza di sostanze endogene o esogene con diversa suscettività o su-scettibilità magnetica.

Tutti questi effetti si sommano alle interazioni spin-spin nell’indurre defasamento dei protoni e nel determinare quindi un decadimento più rapi-do della MMT.

La costante di tempo di decadimento della MMT che tiene conto sia delle interazioni spin-spin sia di questi effetti aggiuntivi prende il nome di T2* (T2 star = T2 asteriscato) ed è quindi sempre più breve del T2.

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Disomogeneità di campo e tempo di rilassamento T2*

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Nel determinare la perdita di coerenza di fase degli spin che generano la MMT esistono quindi una quota di defasamento indotta dalle interazio-ni spin-spin e una quota di defasamento indotta da altri effetti in grado di determinare variazioni di campo magnetico locale. La differenza fonda-mentale che permette di distinguerle come due contributi diversi è data dal fatto che la quota di defasamento indotta dalle interazioni spin-spin è frutto di interazioni molecolari casuali non ri-producibili ed è quindi definita “irreversibile”. Al contrario, la quota di defasamento aggiuntiva è indotta da effetti costanti, come la presenza di una sostanza ad alta suscettività magnetica, ed è quindi potenzialmente reversibile utilizzando un “impulso di rifocalizzazione”, ovvero un secondo impulso RF (solitamente a 180°) che segue il pri-mo impulso a 90°. Consideriamo ad esempio un tessuto con accumulo focale di emosiderina cau-sato da una precedente emorragia. Dopo un primo impulso RF a 90°, avendo l’emosiderina un’elevata suscettività magnetica il campo magnetico locale è leggermente più elevato rispetto al resto del tes-suto e i protoni nelle vicinanze precedono a una frequenza maggiore, accumulando una differenza di fase positiva (“in anticipo”). Se inviamo un se-condo impulso a 180° questo fa ruotare gli spin sul piano xy invertendo le fasi dei protoni. I proto-ni nelle vicinanze dell’emosiderina continuano a precedere più velocemente, ma a causa dell’impul-so a 180° hanno ora una differenza di fase nega-tiva (“in ritardo”). Ad un tempo uguale al doppio della distanza fra il primo impulso a 90° e quello a 180° gli spin si risincronizzano compensando la perdita di fase data dalla disomogeneità di campo. Questo è quello che avviene nelle sequenze dette Spin Echo (SE) che permettono di osservare il de-cadimento trasversale come se fosse causato solo dalle interazioni spin-spin al netto di tutte le altre influenze (annullate dall’impulso di rifasamento a

180°). Al contrario, nelle sequenze prive di impul-so di rifocalizzazione, come le Gradient Echo (GRE o GE), il segnale ottenuto è quello dato dal decadi-mento naturale del FID con costante di tempo T2*.

Riassumendo quindi, per uno specifico tessuto: – T2 può essere considerata la costante di tempo

del rilassamento trasversale intrinseco, come se questo fosse determinato dalle sole interazioni spin-spin, ed esprime quanto un tessuto è effica-ce soltanto per le proprie caratteristiche intrin-seche nell’indurre il rilassamento trasversale;

– T2* può essere considerata la costante di tem-po del rilassamento trasversale effettivo con cui decade il FID ed esprime se e in che misura sono presenti fattori aggiuntivi che contribui-scono al rilassamento trasversale.

Le alterazioni del segnale date dagli effetti T2* possono rappresentare una causa indesiderata di artefatti da suscettività magnetica nelle sequenze GRE ma possono essere anche la base del contra-sto nelle immagini (Susceptibility Weighted Ima-ging, SWI) ed essere sfruttate in varie applicazioni cliniche. Sequenze GRE pesate in T2* (basso valo-re di α e TR lungo per minimizzare gli effetti T1, TE lungo per massimizzare il defasamento) per-mettono, per esempio, di evidenziare accumuli di sostanze paramagnetiche e superparamagneti-che endogene (come l’emosiderina) che appaiono come un vuoto di segnale a causa della perdita di coerenza di fase non bilanciata da un impulso di rifocalizzazione (fig. 1.9).

Un’altra possibile applicazione è la Risonanza Magnetica Funzionale (fMRI) basata sull'effetto blood oxygen level dependent (BOLD). Il presupposto teorico è che la deossiemoglobina ha una suscet-tività magnetica superiore all’ossiemoglobina ed è quindi associata a un T2* diverso. La stimolazione di un’area cerebrale in risposta a vari test (moto-ri e non) causa un aumento del flusso di sangue

Fig. 1.9 Sequenza Gradient Echo T2*-dipendente (B) versus sequenza Spin-Echo T2-dipendente in angio-ma cavernoso profondo. Con la sequenza Gradient-Echo T2*-dipen-dente (B) si enfatizzano, rispetto alla sequenza Spin-Echo (A), le disomo-geneità di campo magnetico locale, secondarie a depositi, nel contesto dell’angioma, di emosiderina, so-stanza ad alta suscettività magne-tica.a b

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