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PROGETTO PROMETEO IL PROCESSO DELL'INTERNAZIONALIZZAZIONE Il percorso delle Piccole e Medie Imprese verso l'apertura di nuovi mercati L’esperienza di Promofirenze INDICE 1. Il concetto di Internazionalizzazione ................................................................ 3 Le ragioni per diventare internazionale.................................................................................. 4 2. Le principali aree geo economiche mondiali in rapporto con le PMI toscane ........... 5 Le principali aree geo-economiche mondiali in rapporto con le PMI toscane .Errore. Il segnalibro non è definito. Il panorama internazionale ....................................................................................................... 8 NUOVI PAESI UE (Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca,.......... 8 Slovacchia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania). ........................................... 8 PAESI DEL RESTO EUROPA (Russia, Turchia, Croazia, Albania, Ucraina). ............. 9 PAESI DEL NORD AFRICA E MEDIO ORIENTE (Libano, Israele, Egitto, Tunisia, Libia, Marocco, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Iran, Algeria).............................. 9 NORD AMERICA (Stati Uniti e Canada)......................................................... 10 AMERICA LATINA (Messico, Brasile, Argentina, Cile, Colombia, Venezuela, Perù). ............................................................................................................. 11 PAESI DELL’ASIA (Cina, India, Giappone) ..................................................... 12 PAESI DELL’OCEANIA E SUD AFRICA (Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa) ..... 12 Le PMI in Toscana...................................................................................................................... 13 3. Gli attori e gli strumenti ............................................................................... 15 L'ICE.............................................................................................................................................. 15 4. LE FORME DI INTERNAZIONALIZZAZIONE ...................................................... 17 1 A. ........................................................................... L’ESPANSIONE PRODUTTIVA ALL’ESTERO

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PROGETTO PROMETEO

IL PROCESSO DELL'INTERNAZIONALIZZAZIONE

Il percorso delle Piccole e Medie Imprese verso l'apertura di nuovi mercati

L’esperienza di Promofirenze

INDICE

1. Il concetto di Internazionalizzazione ................................................................3 Le ragioni per diventare internazionale..................................................................................4

2. Le principali aree geo economiche mondiali in rapporto con le PMI toscane ...........5 Le principali aree geo-economiche mondiali in rapporto con le PMI toscane .Errore. Il segnalibro non è definito. Il panorama internazionale .......................................................................................................8

NUOVI PAESI UE (Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca,..........8 Slovacchia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania). ...........................................8 PAESI DEL RESTO EUROPA (Russia, Turchia, Croazia, Albania, Ucraina). .............9 PAESI DEL NORD AFRICA E MEDIO ORIENTE (Libano, Israele, Egitto, Tunisia, Libia, Marocco, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Iran, Algeria)..............................9 NORD AMERICA (Stati Uniti e Canada).........................................................10 AMERICA LATINA (Messico, Brasile, Argentina, Cile, Colombia, Venezuela, Perù)..............................................................................................................11 PAESI DELL’ASIA (Cina, India, Giappone) .....................................................12 PAESI DELL’OCEANIA E SUD AFRICA (Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa) .....12

Le PMI in Toscana......................................................................................................................13 3. Gli attori e gli strumenti...............................................................................15

L'ICE..............................................................................................................................................15 4. LE FORME DI INTERNAZIONALIZZAZIONE......................................................17

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A. ........................................................................... L’ESPANSIONE PRODUTTIVA ALL’ESTERO

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.......................................................................................................................................................17 B. ..................................................................................LA DELOCALIZZAZIONE PRODUTTIVA.......................................................................................................................................................18 C. .................................................................................................................LE JOINT VENTURES.......................................................................................................................................................19

a. Cos'è una joint venture .......................................................................20 b. Gli elementi da valutare.......................................................................21 c. Joint venture contrattuale o societaria ...................................................22 d. Le verifiche preliminari ........................................................................22 e. Dallo studio di fattibilità alla costituzione................................................23

1. L'analisi preliminare ..................................................................................25 2. La costruzione della strategia e la realizzazione del programma.......................29 3. La Finanza di supporto ..............................................................................31

LA SIMEST ...................................................................................................................................31 I PROGRAMMI DI SIMEST, LA L.394 .....................................................................................34 I PROGRAMMI DI SIMEST, LA L. 100/90..............................................................................39 I PROGRAMMI DELLA SIMEST ................................................................................................42

4. Case histories & Success stories .................................................................45 CASO 1 – Azienda del settore agroalimentare verso il mercato egiziano....................46 CASO 2 – Ricerca operatori commerciali in Russia ...........................................................49

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Parte Prima - Il quadro generale

1. Il concetto di Internazionalizzazione

Con "globalizzazione" si indicano una serie di fenomeni e processi (di natura economica, politica, sociale, etc.) che portano sia verso una maggiore interdipendenza tra diversi paesi del mondo, che alla creazione di una più fitta rete di relazioni internazionali.

Questo fenomeno, caratterizzato da una costante crescita di relazioni e scambi, di natura fisica o informativa, a diversi livelli e con implicazioni in molti campi, è stato osservato in modo organico a partire dalla fine del ventesimo secolo. In via orientativa, possiamo indicare gli anni ottanta come il periodo in cui, grazie ai forti sviluppi delle comunicazioni e dei mezzi di trasporto, nascono i presupposti, per un sempre più rapido, sviluppo di un mondo orientato all'ampliamento delle interazioni su scala planetaria.

Siamo particolarmente interessati al significato e alle implicazioni della globalizzazione in campo economico, soffermiamoci quindi sulle implicazioni che la crescente integrazione e interdipendenza dei paesi ha in vari settori del commercio e della nostra realtà industriale.

A questo proposito iniziamo col sottolineare come il concetto di globalizzazione indichi un sistema di comunicazione a due vie, un sistema di interscambio secondo una logica di sviluppo delle opportunità e non un sistema atto a sfruttare o minacciare determinate realtà economiche e sociali.

In particolare, alcuni studi hanno sottolineato come lo sviluppo delle relazioni con paesi esteri sia una molla per lo sviluppo delle reti infrastrutturali e dei sistemi economici interni, fenomeni in grado di bilanciare i contraccolpi negativi legati alle diversità legislative e alle disparità legate ai prezzi di produzione dei concorrenti esteri.

Per considerare le opportunità legate al fenomeno della globalizzazione è importante introdurre un concetto affine alla globalizzazione ovvero l'internazionalizzazione.

La relazione che lega il concetto dell'internazionalizzazione a quello della globalizzazione è da ricercarsi nella natura stessa dei due processi, difatti anche quando si parla di internazionalizzare un'attività si fa riferimento allo sviluppo di un sistema in grado di favorire gli scambi con l'estero cercando nuovi sbocchi per le attività di tipo commerciale, economiche e produttive.

Ci si riferisce, con maggiore precisione, all'insieme di attività, dalla realizzazione dei sistemi di programmazione ai piani di investimento, necessarie per acquisire o sviluppare quelle risorse e quelle capacità che rendono concreta la possibilità di operare sui mercati internazionali.

Per considerare le opportunità legate al fenomeno della globalizzazione è importante introdurre un concetto affine alla globalizzazione ovvero l'internazionalizzazione.

La relazione che lega il concetto dell'internazionalizzazione a quello della globalizzazione è da ricercarsi nella natura stessa dei due processi, difatti anche quando si parla di internazionalizzare un'attività si fa riferimento allo sviluppo di un sistema in grado di favorire gli scambi con l'estero cercando nuovi sbocchi per le attività di tipo commerciale, economiche e produttive.

Ci si riferisce, con maggiore precisione, all'insieme di attività, dalla realizzazione dei sistemi di programmazione ai piani di investimento, necessarie per acquisire o

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sviluppare quelle risorse e quelle capacità che rendono concreta la possibilità di operare sui mercati internazionali.

Il concetto di internazionalizzazione non deve necessariamente essere inteso come la possibilità di svolgere all'estero un'attività produttiva, ma più semplicemente come la possibilità di attivare, o incrementare, il flusso di reddito che proviene daimercati esteri, derivante dalla vendita dei propri prodotti o servizi. Allo scopo può quindi essere utile non solo attivare forme di collaborazione con imprese operanti in Paesi esteri (join venture produttive o jv commerciali), ma anche di avviare individualmente attività volte all'aumento delle proprie vendite, mediante la realizzazione di programmi promozionali o l'apertura di uffici commerciali all'estero. E' utile sottolineare che l'incremento di reddito per un impresa che si internazionalizza può provenire, e di fatto speso proviene, non solo dalla vendita dei propri prodotti, ma anche dai possibili risparmi dal lato degli acquisti. Così com è possibile allargare il bacino dei propri clienti, così è parimenti possibile ampliare quello dei propri fornitori, spesso e volentieri con un risparmio nell'approviggionamento delle materie prime e dei semilavorati.

Nell'ideazione di un programma volto all'internazionalizzazione le PMI si differenziano profondamente dalle imprese di maggiori dimensioni. Mentre le medie e grandi imprese possono normalmente contare su di un'autonomia patrimoniale in grado di affrontare determinati programmi d'inestimento, le PMI si trovano in una situazione di doppio svantaggio: a. non possiedono elevate disponibilità finanziarie da investire in programmi di sviluppo all'estero e b. non hanno conoscenze del mercato estero che hanno individuato come loro obiettivo.

Tali problematiche, a cui il sistema pubblico ha provato a dare risposta con una serie di strumenti ed un sistema di soggetti tecnici di supporto (che vedremo più avanti in dettaglio), spinge le PMI a “lanciarsi” letteralmente su operazioni di internazionalizzazione spesso improvvisate, programmate in maniera sommaria, e, come specificato prima, senza la dovuta copertura finanziaria. Le conseguenze di tali operazioni avventate possono essere anche molto pesanti, sia in termini di mancato risultato commerciale che di più ampie problematiche sempre legate al mercato fissato come obiettivo: stiamo parlando di problemi doganali, di pagamenti, contrattuali, di trasporto, di assicurazione, di diritto del lavoro, ecc..

Anticipiamo quindi immediatamente che scopo del presente lavoro è fornire alle PMI, attraverso la rete di soggetti che partecipano al presente progetto, uno strumento che le spinga ad avviare un processo di programmazione e business planning estremamente analitico, per consentire alla stessa di comprendere con chiarezza se ed in quale misura sia in grado di muoversi sui mercati esteri, nonché di rimanerci con successo.

Le ragioni per diventare internazionale La prima ragione che spinge una Pmi italiana all’internazionalizzazione è quella di vendere in un nuovo mercato. Si pensa normalmente a paesi con elevato tenore di vita, ma anche a paesi emergenti, come India, Cina, ecc. Ma le potenzialità non sempre si possono cogliere facilmente. In Cina, ad esempio, si tendeva in passato a semplificare l’approccio, ritenendo che la popolazione numerosa sarebbe stata sufficiente di per sé per garantire il successo. L’esperienza invece sta insegnando che vanno pianificate sia la reale capacità di spesa e sia l’effettiva propensione alla spesa. Ci si internazionalizza però anche per andare in paesi con disponibilità tecnologiche più elevate o per cercare manodopera a basso costo. Quest’ultima è una delle principali motivazioni per molte aziende italiane, anche di dimensioni medio-piccole, che hanno scelto la via della delocalizzazione produttiva. Una prospettiva rischiosa, se

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basata unicamente sulla prospettiva di risparmio. Anche in questo ultimo caso si deve evitare di ragionare in termini di riduzione della spesa senza calcolare i costi aggiuntivi indotti, portando ad esempio il caso di un’impresa che, facendo correttamente i conti, aveva rinunciato alla delocalizzazione avendo verificato che la produzione sarebbe alla fine costata di più in un paese a basso costo di manodopera rispetto all’Italia. Senza calcolare problemi che per alcuni prodotti possono essere rilevanti, come il time-to-market, visto che non si tratta di trasferire le informazioni da un ufficio all’altro, ma fra sedi che si trovano in parti diverse del mondo. Un ulteriore impulso per l’internazionalizzazione delle imprese italiane deriva dalla necessità di seguire un grande cliente che si sposta o aprire nuove sedi. In questo caso è molto basso il rischio di mercato; non manca tuttavia quello connesso al rischio di produzione e gestione di persone con culture differenti, capacità che sembra le imprese italiane possiedano a differenza di quelle di paesi che hanno un’identità nazionale più definita. 2. Il contesto locale, nazionale ed europeo Le piccole e Medie Imprese sono state importanti protagoniste del processo di sviluppo industriale in Europa e più in generale nell'intero Occidente. I principali punti di forza che hanno decretato il loro successo nel mercato internazionale, sono rappresentati dalla capacità di adeguarsi rapidamente alla domanda e dalla prontezza nell'adattarsi alla trasformazione dei contesti competitivi. Proprio queste caratteristiche, paradossalmente, rappresentano oggi uno dei vincoli maggiori all'attuazione dei processi di internazionalizzazione, in quanto privilegiano una modalità di approccio al mercato internazionale di tipo occasionale con investimenti minimi in risorse e priva di qualsiasi strategia finalizzata a garantire uno stabile inserimento oltre confine. Viceversa per poter continuare a competere con successo, le PMI sono chiamate, dal mercato e dal confronto con le imprese degli altri paesi, ad adottare un comportamento innovativo, basato sull'ottimizzazione di abilità e risorse che già possiedono: efficienza e duttilità, specializzazione, flessibilità organizzativa, rapidità decisionale. L'importanza delle PMI in campo estero viene ancora di più evidenziato se andiamo a visualizzarne il peso nelle esportazioni del nostro Paese. 2. Le principali aree geo-economiche mondiali in rapporto con le PMI toscane Anche in Toscana, il 2008 si era aperto in un clima positivo, grazie ai risultati ottenuti nell’anno precedente dalle PMI, reduci da una crescita di circa l’11% (in linea con il trend nazionale) nel panorama delle esportazioni. Gli studi di settore indicavano nei compartimenti dell’agroalimentare, della meccanica, della carta, della gomma e dei prodotti chimici le maggiori aspettative, mentre si era portati a credere in una leggera flessione dei prodotti del Sistema Moda. La realtà è stata ben differente. A causa della crisi finanziaria americana legata ai mutui subprime si è innescato un processo di recessione economica su vasta scala che ha coinvolto l’intero panorama internazionale, andando a capovolgere una situazione economica mondiale che a fine anno 2007 si presentava decisamente positiva (+7,2% del commercio mondiale). Tra le situazioni che hanno contribuito ad ampliare la crisi economica internazionale, e che inevitabilmente hanno coinvolto quindi anche il panorama toscano, sono risultate determinanti il rallentamento di economie quali quella americana e quella cinese (deficit USA e surplus Cina, debolezza del dollaro e sottovalutazione dello yuan), l’incremento dei prezzi degli idrocarburi e delle materie prime in generale,

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l’apprezzamento dell’euro sul dollaro ed una flessione della domanda interna di diversi Paesi UE, imputabile alle politiche di bilancio più restrittive che sono state adottate per il rientro nei parametri di Maastricht. Il risultato di questi fattori combinati ha determinato una drastica riduzione nella crescita dell’export a partire dal 2008, scostandosi pesantemente da quanto fatto registrare nel 2006-2007, i cui dati erano in parte derivati anche da un effetto “rimbalzo” dovuto alle cadute degli anni precedenti, e vanificando le rosee previsioni ipotizzate. Già nel dicembre del 2007 si è registrato un calo del 3% nelle esportazioni, facendo presagire un’inversione di tendenza, tanto che rispetto allo stesso mese del 2006, le esportazioni verso i paesi UE erano diminuite del 4,9% e le importazioni del 6 %, facendo risultare negativo il saldo commerciale per 853 milioni di euro. Secondo le stime dell’UE per l’Italia, che nel 2008 hanno visto il Pil assestarsi su un bilancio negativo del -0,6%, si prevede un -2% a fine 2009 e solo per il 2010 il segno tornerà positivo con un +0,3%. In un’intervista al Sottosegretario allo Sviluppo Economico, Adolfo Urso spiega che “la crisi economica è grave, un vero e proprio tsunami finanziario e per le nostre imprese il 2009 sarà un anno difficilissimo, di resistenza”. La paura maggiore in questo quadro, per un’economia di trasformazione come quella italiana, riguarda il “protezionismo” che alcuni mercati potrebbero erigere a difesa della produzione locale, simile a quello istituito da Brasile nel 2001 (“Urso, export 2009 tutto in salita” 13-02-2009, ItaliaOggi). Il 2009, secondo Urso, ha una "prospettiva difficile: e' un anno terribile per il commercio internazionale perche' il mercato mondiale e' in flessione. Come dimostrano i dati del 2008, l'Italia sta resistendo meglio di altri Paesi esportatori ma dobbiamo attrezzare le nostre imprese a resistere meglio, cogliendo anche le opportunità offerte dai mercati emergenti, soprattutto da quelli che si affacciano sulla sponda Sud del Mediterraneo e dal mondo arabo dove la crisi si sta sentendo meno". Secondo Urso, ci saranno settori che "soffriranno di più, come auto e filiera della casa, e altri anticiclici, come l'alimentare, che andranno avanti". Il rapporto Ice-Prometeia, pur considerando uno scenario mondiale in deterioramento, stimano che il triennio 2008-2010 "potrebbe chiudersi con una crescita degli scambi internazionali di manufatti attorno al 3,5%". La recessione che attanaglia i principali paesi "non dovrebbe tradursi in un crollo del commercio mondiale di manufatti - si sottolinea nel rapporto - principalmente per il permanere di contributi positivi da parte della domanda proveniente dai paesi emergenti". (Commercio estero: Ice-Prometeia, in 2008 export +4,2%, in 2009 +2,8% Urso,2009 mi auguro finisca in parità, anno della resistenza (Il Sole 24 Ore Radiocor) - Roma, 09 febbraio) Una conferma in tale direzione è giunta anche dal presidente dell’ICE, Umberto Vattani che, in occasione della presentazione del Rapporto “Italia Multinazionale”( una ricerca che studia l’internazionalizzazione delle imprese attraverso l’analisi degli investimenti diretti esteri in entrata e in uscita dal nostro paese), afferma come l’Italia “negli ultimi anni abbia compiuto notevoli passi in avanti in numerosi settori e in diverse aree geografiche”. L’indicazione alle imprese italiane, in un contesto difficile quale è quello attuale, è di prepararsi a cogliere le opportunità che si presenteranno nella prossima fase espansiva del ciclo economico, grazie all’elevato grado di internazionalizzazione raggiunto, pari alla metà di quello registrato in tutta l’Unione Europea. In particolare, dal Rapporto “Italia Multinazionale” emerge che le imprese italiane si sono espanse soprattutto nell’Unione Europea e nel Mediterraneo, con qualche allargamento verso i Balcani e le aree russa e africana. Dal 2007, in particolare è aumentata la quota di mercato detenuta dall’Italia in alcune aree

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emergenti: America centrale e meridionale (soprattutto in Brasile), Medio Oriente e Asia (India in testa).(Internazionalizzazione, Italia in ripresa ma l’Europa è lontana, 13-02-2009, Finanza & Mercati). A mitigare la situazione di crisi economica sul versante dell’export è intervenuto Gaetano Fausto Esposito, Segretario Generale di Assocamerestero, il quale ha recentemente rilevato che “l’andamento congiunturale dell’export italiano sui mercati extra-europei evidenzia un aspetto incoraggiante, il complesso contesto internazionale in cui si inserisce induce comunque a mantenere una certa cautela. Alcune economie, come Russia e Stati Uniti, che tradizionalmente hanno sostenuto le nostre esportazioni – è il commento di Assocamerestero – e insieme nel 2008 rappresentano poco meno di un quarto delle vendite nei Paesi extra-UE (22%), segnano un indebolimento congiunturale (pari rispettivamente al -6,4% e al -2,2%). Inoltre, gli stessi dati valutati in prospettiva annuale mostrano per gli Stati Uniti un’ulteriore contrazione, con un calo del 5,5% del 2008 rispetto al -1,2% dell’anno precedente"."Buone, invece, le performance nei Paesi dell’Area Mercosur, per i quali nel 2008 – prosegue l’Associazione delle Camere di Commercio italiane all’estero – si registra una crescita dell’export del 18,5% su base annuale e del 11,4% sul dato mensile"."È positivo evidenziare, inoltre, che il "nuovo" made in Italy, rappresentato dalla meccanica, dall’elettronica e dai prodotti in metallo, continua a mantenere le sue posizioni al di fuori dei confini europei – prosegue Esposito – questi comparti, a dicembre 2008, registrano infatti un incremento medio del 13%, con punte di quasi il 17% per la sola industria meccanica, aumenti questi che portano, in ragione d’anno, ad un incremento del loro saldo complessivo di 5,5 miliardi di euro, passato da 19,7 a 25,2 miliardi". (Assocamerestero: incoraggianti i dati sull'export nei paesi extra UE martedì 27 gennaio 2009) Emergono quindi segnali di sensibile ottimismo, dai dati sul commercio estero di fine 2008, nonostante il perdurare delle difficoltà del panorama economico internazionale. I numeri di dicembre sono positivi (+2,1%) e nel complesso del 2008 l’export extra-europeo è aumentato del 6,1%, anche se la bilancia commerciale nazionale resta negativa a causa del caro petrolio della prima parte dell’anno, che ha imposto un aumento dei costi delle materie prime e degli idrocarburi. Export, spiragli di luce sull’economia italiana. (02-02-2009 Istat Il Foglio Quotidiano) L'export italiano archivia quindi il 2008 con una crescita del 4,2%, mentre nel 2009 la crisi imprimerà un rallentamento alle esportazioni che, secondo una stima del rapporto Ice-Prometeia sul commercio estero, chiuderanno l'anno a +2,8% Nel Rapporto Ice-Prometeia si evidenzia uno scenario economico difficile, in cui gli scambi internazionali sono particolarmente penalizzati. Infatti basti pensare che se nel 2004 il valore degli scambi mondiali di manufatti era cresciuto quasi al 10% in media, da contrapporre ad una crescita degli scambi globali stimata intorno al 3% nel 2010. In questo problematico contesto, l’Italia riporta alla voce export 2008 un segno positivo,soprattutto per mezzi di trasporto per l'industria, agricoltura, elettronica, farmaceutica e meccanica strumentale mentre "in negativo spiccano" i risultati degli intermedi di costruzioni e sistema casa, "beni per l'edilizia penalizzati dalle crisi immobiliari che hanno colpito alcuni tra i maggiori mercati di sbocco", come Stati Uniti e Spagna. In particolare merita di essere citato in questo clima un caso esemplare di eccellenza del made in Italy per i beni strumentali, quello delle macchine e accessori per la lavorazione del vetro che tra gennaio e ottobre 2008 ha segnato una forte crescita delle esportazioni (+22% rispetto allo stesso periodo del 2007), secondo quanto riferito da Gimav, la principale associazione di produttori del settore. Decisamente un

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risultato importante, considerato che il settore specifico destina oltre il 72% della propria produzione all’estero. Importante segnalare però che il settore dei beni strumentali, grazie a una componente di crescita e innovazione molto elevata, riesce a resistere alla crisi, mantenendo buone prospettive di crescita. Export, in forte crescita macchine e accessori per lavorazione vetro 20-02-2009 Istat FONTE: Finanza & Mercati Il 2009 soffrirà quindi ancora del ripercuotersi della crisi finanziaria in atto già da più di un anno, ma si guarda con ottimismo al 2010, in considerazione anche di alcune misure che sono state prontamente poste in essere ed iniziano a dare i loro frutti: la stabilità raggiunta dal prezzo del petrolio che sta tutt’ora portando ad una diminuzione dell’inflazione (1,2% in Italia contro l’1% dell’Ue), il provvedimento della Bce che in pochi mesi ha ridotto i tassi di interesse per quattro volte (-225 punti da ottobre 2008), il massiccio intervento dei principali Paesi per il salvataggio del sistema bancario e il rilancio dell’economia e, non ultima, una ripresa dell’economia americana. In riferimento a quest’ultima in particolare, sono state disposte delle linee guida del nuovo piano per la stabilizzazione del sistema finanziario statunitense (Financial Stability Plan, FSA) che dovrebbero scongiurare possibili nuove crisi finanziarie: una serie di valutazioni per stabilire esattamente la necessità di capitali addizionali per ogni entità finanziaria, criteri stringenti in termini di distribuzione dei dividendi, riacquisti di azioni proprie e acquisizioni, gestione dei titoli tossici mediante una partnership tra fondi privati e fondi pubblici1. Il panorama internazionale Alle soglie del 2008 la situazione internazionale indicava una stabilità economica, fatta eccezione per le avvisaglie statunitensi legate ai mutui subprime, tale da indurre all’ottimismo, incoraggiando il commercio internazionale e gli investimenti all’estero. NUOVI PAESI UE (Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Estonia, Lettonia, Lituania). La crescita economica dei paesi dell’Est Europa entrati solo di recente (2004) nell’Unione Europea è proseguita senza incertezze, assestandosi intorno al 6% alla fine del 2007, in linea con il trend positivo dell’anno precedente. Il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Paolo De Castro a proposito dei dati sul commercio estero verso i Paesi Ue diffusi dall'Istat sottolineava, ad inizio 2008, come si continuasse "a guardare al mercato estero con ottimismo e a sostenere le aziende che scelgono di affrontare nuove sfide. I dati positivi, con quasi 24 miliardi di euro di volume d'affari, dimostrano che il coraggio imprenditoriale - supportato da specifiche politiche di Governo - è premiato. Ma nel 2008 è possibile andare oltre, anche grazie al nuovo strumento degli aiuti di Stato approvati dalla Commissione europea. Lo stanziamento - 105 milioni di euro per due anni - riguarda le campagne pubblicitarie di prodotti di qualità sui mercati esteri, sia degli Stati membri che di Paesi terzi"2. Negli ultimi anni, si sono distinti in positivo gli stati Baltici, la Polonia e la Slovacchia confermando uno sviluppo concreto della propria economia interna, mentre la sola 1 “Previsioni Ue: nel 2009 tutti in difficoltà”, Newsmercati, Enrico Forzato. 2 Articolo “Export Italia, verso la Ue +9,1%” del 19 febbraio 2008, tratto dal sito www.agricolturaitalianaonline.gov.it

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Ungheria fa eccezione registrando un rallentamento dovuto ad una scelta in materia di politica fiscale relativamente ad investimenti e consumi. Nonostante questo andamento tangibile, la sola Slovacchia stava rispettando i parametri richiesti da Maastricht per aderire all’UEM già dal 2009 e poter così introdurre l’euro come moneta ufficiale. Per gli altri Paesi invece le previsioni indicano un raggiungimento dei requisiti nel 2010-2012, a causa di non trascurabili difficoltà sul fronte dell’inflazione e dei conti pubblici. PAESI DEL RESTO EUROPA (Russia, Turchia, Croazia, Albania, Ucraina). In base ai risultati emersi a fine 2007 si registra una costante crescita dei mercati extra UE con un incremento generale del Pil pari al 6,5%, analogo ai valori dei due anni precedenti. Tra i Paesi in questione è importante tuttavia operare alcune precisazioni. La Russia ha registrato un aumento del 20% negli investimenti grazie all’ottimo stato di salute delle imprese locali e all’afflusso di capitali esteri. Particolarmente significativa è stata anche la forte domanda interna dovuta all’innalzamento dei consumi privati che ha determinato l’incremento dei ritmi produttivi, con un consequenziale miglioramento dell’occupazione e dei salari. A livello interno i settori maggiormente floridi risultano essere quelli legati al commercio e alle costruzioni (in virtù della forte domanda interna), mentre la produzione manifatturiera risente in parte dell’apprezzamento del rublo. In merito agli altri Paesi è importante segnalare in Ucraina una forte domanda interna e alla costante richiesta di acciaio, il cui costo a livello internazionale mantiene costi elevati. Da segnalare come aspetto comune a tutti i Paesi dell’Area, la forte domanda di beni di consumo contrapposta ad un innalzamento dei prezzi delle materie prime, in primis le agricole, che ha contribuito ad accelerare il tasso di inflazione. In Russia l’aumento dei prezzi dei beni di consumo ha fatto registrare un inflazione del 10%, così come in Croazia ed Ucraina (addirittura il 14%), mentre in Turchia già dalla fine del 2006 sono in atto misure per ridurne la portata. In quest’ultima, la riduzione di tassi d’interesse porterà prossimamente alla ripresa dei consumi e degli investimenti interni, oltre che delle esportazioni dei prodotti di punta. Diversi fattori nell’area indicano una costante tendenza ad una crescita sostenuta, seppur in rallentamento a causa della situazione internazionale critica. In Russia ad esempio alcuni fattori sono stati determinanti: l’elevato costo del petrolio e delle altre materie prime, insieme ad un’espansiva politica fiscale hanno permesso di sostenere i consumi privati e gli investimenti (specie nelle infrastrutture) grazie anche al fondo di “Stabilizzazione” istituito a suo tempo grazie alle riserve internazionali. Si crede tuttavia che l’economia locale non sia ancora così solida da sostenere adeguatamente la richiesta interna e pertanto si renderanno ancora necessari contributi fortemente negativi derivati dalle esportazioni reali nette, che in prospettiva si rifletteranno in una contrazione del surplus della bilancia dei pagamenti. In Ucraina ed in Croazia, invece, al fine di contrastare l’inflazione e ridurre il debito estero, si sono avviate linee restrittive nelle politiche economiche. PAESI DEL NORD AFRICA E MEDIO ORIENTE (Libano, Israele, Egitto, Tunisia, Libia, Marocco, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Iran, Algeria). L’area costituita della economie del Nord Africa e Medio Oriente si è presentata alle soglie del 2008 con una vivace crescita economica nell’ordine del 5%, derivata in gran parte dall’elevato valore internazionale assunto del greggio sul mercato. Molti Paesi hanno tuttavia già da qualche anno iniziato un processo di diversificazione

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produttiva e, grazie a questa scelta, stanno realizzando un forte sviluppo anche in altri comparti produttivi, generando posti di lavoro, afflussi di investimenti esteri ed una notevole espansione del credito. Una politica economica fondata su solidi prodotti interni ha permesso di destinare parte delle entrate derivanti dalle esportazioni petrolifere al reintegro del debito estero, mantenendo tuttavia un orientamento espansivo delle politiche di bilancio e realizzando surplus elevati di finanza pubblica. NORD AMERICA (Stati Uniti e Canada) Durante il primo semestre 2008, l’Italia ha esportato sul mercato statunitense circa 18,5 miliardi di dollari di beni rispetto ai 16,7 miliardi registrati nel primo semestre del 2007. Ad una crescita delle esportazioni italiane in USA dell’11,17%, solo leggermente inferiore rispetto al tasso di crescita delle importazioni statunitensi dal resto del mondo (12,74%), è corrisposto un leggero peggioramento della nostra quota di mercato, passata dall’1,78% nel 2007 all’1,75% nel 2008. Le PMI toscane, nella maggior parte dei settori che andremo ad elencare successivamente, hanno ancora una volta contribuito in misura rilevante a queste importanti relazioni economico-commerciali con il mercato nord americano. Il confronto dell’interscambio commerciale con i principali concorrenti a livello europeo rivela comunque d’altra parte un trend negativo che è certamente in parte ascrivibile alla svalutazione della moneta americana rispetto all’euro, ed in parte alla relativa debolezza dell’Italia nei settori più dinamici delle importazioni americane. Nonostante ciò l’andamento dell’export italiano in USA è stato leggermente migliore rispetto a quello dei Paesi piu’ diretti concorrenti. Da sottolineare, ancora una volta, come la Cina, con una crescita del 6,5% sia il Paese che ha tratto il maggior vantaggio dalla perdita registrata da parte degli altri Paesi esportatori. L’import di merci italiane in USA nel primo semestre 2008 si è concentrato, in ordine di importanza, tra gli altri, nei seguenti comparti: meccanica (21%), moda (16,2%), petrolchimica (16,1%), agroalimentare e vini ( 9%), casa/arredo (6%). La meccanica si conferma essere, anche nel primo semestre 2008, la voce principale dell’export italiano negli Stati Uniti con quasi 4 miliardi di dollari di macchinari venduti nel periodo in esame. Un trend estremamente positivo che si registra ormai da qualche anno e che conferma la posizione italiana di leadership in questo settore. La moda, con 3 miliardi di dollari di export nel periodo di riferimento, ha registrato un tasso di crescita negativo rispetto al primo semestre 2007 (1,47%) che riflette la crisi economica statunitense e la svalutazione del dollaro con un conseguente calo del potere d’acquisto. Andando ad analizzare i sottosettori che compongono il comparto della moda, e’ da notare come a causare questo dato negativo abbia influito la gioielleria-oreficeria, crollata di quasi il 13% dal primo semestre 2007 al primo semestre 2008. L’export di calzature, nonostante non abbia mostrato un segno negativo, e’ tuttavia cresciuto solo dello 0,8%, rispetto ad una diminuzione di import di calzature in USA dell’1,5%. Si conferma, invece, per il primo semestre 2008 la crescita dell’import di prodotti agroalimentari e di vini italiani negli Stati Uniti nel corso del quale sono stati importati generi alimentari di origine italiana per 1,7 miliardi di dollari, con un incremento del 14% rispetto al semestre 2007. Nonostante i dati positivi, i margini di crescita dell’agroalimentare sono ancora molto elevati. Il settore casa/arredo (che comprende i mobili, i marmi e le piastrelle, la rubinetteria, i prodotti per l’illuminazione e gli infissi) registra purtroppo ancora una significativa diminuzione (8,9%).

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Si tratta dei riflessi negativi che la crisi del settore immobiliare e finanziaria ha portato in questo comparto, direttamente influenzato dall’andamento delle nuove costruzioni e degli acquisti di case. Il resto delle categorie con circa il 19,7% sul totale dell’import italiano in USA nel primo semestre 2008, sono ricompresi, tra gli altri, i prodotti farmaceutici, i veicoli terrestri, i motocicli e le biciclette, i prodotti della nautica. Significativa, nel corso del primo semestre 2008, la crescita dell’export italiano di prodotti farmaceutici, pari al 45,7% rispetto al primo semestre del 2008 e che hanno raggiunto il valore di un miliardo di dollari. È interessante riportare, poi, qualche dato sui prodotti italiani che hanno registrato più alte percentuali di crescita all’export rispetto a quelli con tassi di crescita negativi. In questa categoria troviamo i macchinari per il trattamento di materiali a diverse temperature (+133%), gli apparecchi elettrici per la telefonia (+73%), i circuiti integrati e microassemblaggi elettronici (+73%). In diminuzione, invece, risultano essere state le piastrelle in ceramica (-21%), l’occhialeria (-13%), le macchine utensili per la lavorazione del legno (-11,8%). Infine è importante menzionare i dati relativi all’interscambio commerciale tra Stati Uniti e Italia per i Prodotti a Tecnologia Avanzata (ATP – Advanced Technology Products) quali le biotecnologie, l’aerospaziale, l’ICT e l’elettronica, settori non tradizionali del Made in Italy, che sempre di più stanno assumendo rilevanza strategica e per i quali l’Italia può guadagnare quote di mercato importanti: crescita del 6% nel periodo di riferimento pari al 15,57 sul totale delle importazioni USA del settore. In conclusione, si evidenzia come i settori tradizionali delle PMI toscane come moda, design, arredamento e alimentare, abbiano saputo reagire alla crisi ed alla più agguerrita concorrenza internazionale dando maggiore enfasi al valore ed alla qualità dei prodotti che non alle quantità vendute. Dal 2000 al 2006 le esportazioni italiane sono diminuite infatti per quantità ma sono aumentate in valore dimostrando così come questa sia la strategia vincente per le aziende italiane che vogliono affrontare i mercati internazionali. AMERICA LATINA (Messico, Brasile, Argentina, Cile, Colombia, Venezuela, Perù). Grazie all’elevata richiesta di materie prime sul mercato internazionale, l’America Latina si sta dimostrando una delle aree economiche più interessanti, mantenendo un processo di espansione in ciascuno dei suoi Paesi. Il rafforzamento di alcune economie interne ha portato ad una maggiore domanda nei mercati locali assestando la crescita del Pil intorno al 6%, dimostrando così una continua crescita. Sebbene molti dei mercati centro-sudamericani siano storicamente legati all’economia americana e perciò si è temuto potessero risentire della crisi, così non è stato. La stabilità macroeconomica raggiunta dai principali paesi, grazie ai surplus della bilancia corrente, alla maggiore disponibilità di riserve valutarie e alla riduzione del debito estero ha permesso loro di non risentirne eccessivamente. E’ previsto tuttavia un logico raffreddamento da parte delle richieste del mercato statunitense (uno dei principali clienti di quello latino americano) e di quello internazionale, in conseguenza della crisi. Altro fattore che permetterà di attenuare gli effetti della crisi sarà dato dai frutti di un processo di diversificazione di mercati di sbocco, intrapreso già da tempo verso l’Asia (ed in particolare la Cina). Il Brasile ha confermato il trend dell’area, assestandosi intorno ad un aumento del 5% del proprio Pil, confermando così una netta ripresa interna, forte della protezione assicurata dai dazi doganali instituiti che hanno consentito, negli ultimi anni, di far

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crescere e rafforzare il proprio tessuto imprenditoriale. Anche la politica di bilancio, orientata a supportare gli investimenti locali in infrastrutture e a ridurre il carico fiscale in alcuni settori, contribuirà a mantenere elevato il livello di espansione. Altrettanto degno di interesse il quadro del Venezuela che ha beneficiato in misura elevata dei prezzi degli idrocarburi sulla scena mondiale, accompagnata da un forte aumento della spesa pubblica, in un contesto di crescente controllo statale dell’economia. Tuttavia si ritiene che anche per il Venezuela, così come per l’Argentina, si registrerà un ridimensionamento rispetto ai risultati degli ultimi anni in considerazione di una diminuzione degli afflussi di investimenti dall’estero e da la creazione di nuovi vincoli alla capacità produttiva. PAESI DELL’ASIA (Cina, India, Giappone) Alle soglie del 2008, India e Cina si presentavano come punte di diamante della realtà asiatica con una crescita del prodotto interno lordo, rispettivamente del 9 e 12%. La Cina ha dovuto fronteggiare una situazione di surplus interno causato da un’eccessiva produzione nazionale alla quale non ha risposto un’adeguata richiesta estera, mentre per l’India si sono registrati difficoltà di ordine politico che hanno compromesso la stabilità interna del paese condizionandone gli investimenti esteri. Il Giappone invece presentava già prima del 2008 un profilo più contenuto con un aumento del Pil pari al 2%, confermando le tendenze degli ultimi anni. L’India presenta un interessante filiera manifatturiera, accompagnata da un’eccellenza nei servizi, aspetto questo che le consente una crescita economica a ritmi elevati. Accanto a questi si distinguono interessanti evoluzioni negli investimenti (oltre il 30% del Pil, la loro quota), nella creazione di domanda ed in quella relativa alla costruzione di base produttiva e infrastrutture. Il quadro prospettico sembra difficilmente intaccabile dalla congiuntura internazionale, sebbene vada scontata una maggiore variabilità della sua crescita legata all’ancora elevata quota di Pil prodotto dal volatile settore agricolo. Per dare un’idea dell’ingerenza italiana sul mercato indiano, nel 2004, l’export made in Italy in India aveva valori simili a quelli registrati nel mercato brasiliano (circa 37 milioni di euro). Dal 2004 ad oggi, mentre l’export verso il Brasile si è “solo” triplicato, le esportazioni in India sono aumentate di ben sei volte: meccanica (+60%), mobili (+51%) e moda (+25%) sono i settori trainanti. (India, nuova frontiera dell’export,13-02-2009, Unioncamere, Corriere Economia) Il mercato giapponese invece, contraddistinto da un andamento altalenante, presenta ancora grossi limiti dovuti ad una fase deflazionistica dalla quale fatica ad uscire. In questi anni in particolare si è rafforzato il ruolo da protagonista della Cina come paese centrale nello sviluppo dell’area. Tale effetto è da imputare soprattutto alle dimensioni che la sua economia propone sul mercato, anche se pare opportuno ricordare che alcune restrizioni delle politiche economiche adottate potranno condurre ad una riduzione dei tassi di crescita del Pil. PAESI DELL’OCEANIA E SUD AFRICA (Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa) Lo sviluppo economico dell’area alla fine del 2007 sottolineava un trend di crescita soprattutto in Sud Africa (+4%), dove a fronte di una diminuzione dei consumi di beni e degli investimenti in macchinari e attrezzature, si contrapponeva efficacemente un interessante aumento del valore aggiunto dei servizi immobiliari e finanziari. Per contro l’Australia denunciava un rallentamento dovuto dal del peggioramento del comparto agricolo per la stagione estremamente siccitosa, oltre che del continuo

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peggioramento del saldo commerciale. Le PMI in Toscana A partire dal 2008, in considerazione di questa situazione generale di crisi internazionale, la Toscana ha dovuto fronteggiare anche un altro importante aspetto intrinseco in quello che è il suo tessuto imprenditoriale. Si deve infatti riflettere in merito alla tipologia di beni che vanno a comporre il “paniere” dell’export toscano e alla loro volatilità rispetto al quadro nazionale. Il tessuto produttivo regionale delle PMI infatti propone una presenza sul territorio di beni di consumo, piuttosto che strumentali, superiore rispetto a quello diffuso italiano, esponendolo per questo maggiormente a fattori di rischio quali quelli che si sono realizzati sulla scena mondiale nel corso del 2008. A tale proposito l´assessore regionale all´economia, Ambrogio Brenna, che si riteneva soddisfatto della «tenuta» del 2007, sostenendo che «le vendite all´estero di beni prodotti dalle imprese toscane fossero cresciute ( chimica e gomma + 10,3%, metallurgia + 14,5%, il settore delle macchine e apparecchi meccanici + 15,1%) anche se meno del 2006” e che quindi mantenevano “un risultato in linea con le economie mondiali», guarda al 2008 con particolare attenzione, in considerazione della crisi Usa. A tale proposito l’Assessore ha presentato tra i programmi regionali una precisa linea di condotta, «continueremo a puntare sulle quattro A, chiavi del made in Italy nel mondo: abbigliamento-moda, automazione-meccanica, arredo-casa, agroalimentare”, evidenziando a tale proposito come siano state predisposte “ben 193 attività di promozione all’estero per le aziende toscane, sostenute con oltre 12 milioni di euro». (L´export toscano rallenta e nel 2008 sarà in frenata, Ilaria Ciuti Rif. 73805 mercoledì 30/04/2008 Il commercio estero della Regione nei dati dell´Irpet) Proprio in quest’ottica, sono state indicate delle strade da percorrere, tenendo in considerazione sia le priorità geografiche e le peculiarità dei mercati target per le imprese toscane, sia le potenzialità a medio e lungo termine della penetrazione e della presenza italiana e toscana in termini di interscambio commerciale e di investimenti. Secondo questi accorgimenti si è evidenziata la necessità di mantenere viva la propria immagine nei mercati “forti”, cioè in quei paesi che assorbono una quota rilevante delle esportazioni, monitorandone le esigenze e le aspettative. Si deve anche registrare che sono aumentati gli interessi da parte delle PMI toscane verso i Paesi dell’area danubiano balcanica, quelli dell’Europa Orientale e l’Africa Mediterranea. Realtà particolarmente accessibili che possono contare sul supporto di numerosi programmi UE, anche a sostegno di joint ventures e di localizzazioni produttive prossime ai mercati di destinazione (spicca su tutte la Turchia). L’ultima nota di commento ai dati ISTAT sull'andamento del commercio con l'estero della Toscana e delle sue province dall'Ufficio Studi di Unioncamere Toscana, nell'ambito delle attività svolte per l'Osservatorio Internazionalizzazione, registra che nel terzo trimestre dell'anno 2008 le esportazioni toscane continuano a vivere “una fase fortemente negativa, con una variazione del -5,5%, leggermente migliorativa, ma in linea con l'andamento del trimestre precedente. Il dato nazionale, se pure segnato da un certo rallentamento, mostra ancora segnali di crescita (+3,3%), e le principali regioni esportatrici, pur registrando marcati rallentamenti, rimangono tutte in terreno positivo (Piemonte +4,2%, Veneto +2,6%, Emilia Romagna +1,4%, Lombardia +0,7). I dati riferiti al periodo complessivo dei primi tre trimestri del 2008 (periodo gennaio-settembre), mostrano una contrazione dell'export in valore pari al 3,0% ed una crescita dell'import pari al +5,9%: entrambi gli andamenti sono fortemente

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condizionati dalle contrazioni registrate negli ultimi due trimestri dell'anno”3. 3 Unioncamere Toscana, Ufficio stampa, e-mail: [email protected] Fonte: Unioncamere Toscana

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3. Gli attori e gli strumenti

A livello europeo sono molteplici gli organi e che si impegnano a sviluppare una crescita organica dell'internazionalizzazione, in particolare l'Unione Europea mette a disposizione forme di finanziamento molto interessanti.

Sul fronte nazionale gli strumenti che lo stato mette a disposizione sono molteplici e fortemente differenziati sia per la natura e l'entità dell'agevolazione, sia per la natura dell'attività da agevolare. Ci sono ad esempio strumenti per:

• Finanziamento di programmi di penetrazione commerciale volti a costituire insediamenti all'estero;

• Finanziamento per le spese di partecipazione a gare internazionali; • Finanziamento agevolato delle spese per la realizzazione di studi fattibilità per

commesse in paesi esterni all' UE; • Agevolazioni per la realizzazione di studi di fattibilità connessi a esportazioni o

investimenti all'estero; • Finanziamento agevolato dei crediti all'esportazione; • Fondi relativi a particolari aree geografiche (Balcani, Iraq, Africa, Cina, etc.)

Tra le leggi di maggiore interesse ricordiamo:

• legge 1.7.1970, n. 518 che disciplina il settore delle Camere di Commercio italiane all'estero e permette di utilizzare contributi finalizzati ad incentivare lo svolgimento di attività promozionali di rilievo nazionale e la realizzazione di progetti volti a favorire, in particolare, l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese,

• legge 21.2.1989, n. 83 per la concessione di contributi finanziari ai consorzi tra piccole e medie imprese, che consente di erogare contributi finanziari legati alle spese sostenute dai consorzi aventi come scopi esclusivi, "l'esportazione dei prodotti delle imprese consorziate e l'attività promozionale necessaria per realizzarla",

• Il progetto mediterraneo per la prestazione di consulenze tecnico-economiche finalizzate ad identificare progetti di infrastrutturazione nei paesi esteri (Albania, Algeria, Bosnia e Erzegovina, Croazia, Egitto, etc.),

• fondo unico per operazioni di venture capital: che dopo la legge finanziaria 26/12/2006 n. 296, raccoglie in un unico fondo l'importo complessivo di 228 milioni di Euro,

• D.Lgs 143/1998 per l'agevolazione dei crediti all'esportazione, in pratica si tratta di un contributo al pagamento degli interessi su finanziamenti concessi da banche italiane o estere riferiti a beni strumentali o servizi.

Gli strumenti che l'Unione Europea e lo Stato mettono a disposizione degli imprenditori costituiscono, quindi, una delle fonti più ricche ed interessanti per chi decide di intrapendere la via della internazionalizzazione, ma bisogna tener presente che gli interventi sono di natura molto diversa.

L'ICE

Tra i principali soggetti che in Italia possono offrire servizi e supporti alle imprese che lavorano sui mercato esteri c'è l'ICE. L'ICE, Istituto nazionale per il Commercio Estero, è l'Ente pubblico che ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti. A tal fine l'ICE, in stretta collaborazione con il Ministero dello Sviluppo Economico elabora il Programma

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delle Attività promozionali, assumendo le necessarie iniziative e curandone direttamente la realizzazione.

L'ICE ha la propria sede Centrale in Roma e dispone di una rete composta da 16 Uffici in Italia e da 115 Uffici in 84 Paesi del mondo.

L'Ordinamento dell'ICE è regolato dalla legge n. 68 del 25.03.97 entrata in vigore l'11 Aprile 1997. L’Istituto realizza inoltre un’intensa attività di formazione destinata ai manager italiani e stranieri che operano sui mercati internazionali a favore della promozione del “Made in Italy”.

La gamma dei servizi dell'Istituto è molto ampia e spazia su alcune categorie principali:

SERVIZI INFORMATIVI DI BASE: Informazioni generali e di primo orientamento, guide al mercato, schede prodotto, statistiche di prima informazione, commercio estero news (notiziario telematico quotidiano con informazioni economiche e commerciali), gare internazionali, finanziamenti internazionali (la “banca dati finanziamenti” fornisce informazioni sintetiche sui progetti di finanziamento dei principali organismi internazionali suddivisi per paese beneficiario e per settore, per seguire il “ciclo di vita” e gli stadi di avanzamento di ciascun progetto), ricerca professionisti locali.

ELABORAZIONI STATISTICHE E INDAGINI DI MERCATO:

Statistiche personalizzate o di fonte estera, indagini di mercato, pubblicazioni settoriali, ricerche di mercato personalizzate, informazioni legali e tecniche, informazioni doganali, fiscali, e tecniche, informazioni contrattuali, disciplina del lavoro e degli investimenti

SERVIZI PER ENTRARE NEI MERCATI ESTERI Nominativi di operatori economici esteri, ricerca clienti e partner esteri, opportunità commerciali, organizzazione incontri d’affari, informazioni riservate su imprese estere, servizi per promuovere i prodotti.

EVENTI PROMOZIONALI E DI COMUNICAZIONE Eventi promozionali, partecipazione a fiere e mostre autonome, distribuzione materiale informativo in occasione di eventi promozionali, organizzazione di convegni, organizzazione di presentazioni aziendali, organizzazione di conferenze stampa, missioni in italia di operatori e giornalisti esteri, azioni promozionali presso i punti vendita, organizzazione di seminari, degustazione di vini e di prodotti, alimentari per operatori, giornalisti e opinion leader, organizzazione di sfilate di moda.

SERVIZI PER SVILUPPARE I RAPPORTI CON L’ESTERO Sono servizi caratterizzati da un elevato grado di personalizzazione e da un contenuto di natura consulenziale. L’elenco che segue va considerato a titolo esemplificativo: per esigenze diverse saranno proposti servizi appositi. Gli Uffici della Rete estera possono avvalersi anche di specialisti esterni.

SERVIZI DI ASSISTENZA ALL’INVESTITORE Per l’inserimento nel mercato, dalla selezione iniziale del paese fino alla realizzazione

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dell’investimento. i servizi sono fruibili singolarmente o in pacchetti calibrati. assistenza per la partecipazione a gare, espletamento procedure richieste da norme locali, ricerca di personale in loco, assistenza per la soluzione di controversie, monitoraggio e sviluppo canali distributivi.

4. LE FORME DI INTERNAZIONALIZZAZIONE

L’internazionalizzazione diventa, da quanto detto precedentemente , un fattore rilevante nell’impostazione delle strategie dell’impresa moderna. Questa naturalmente non deve rappresentare un episodio per l’impresa, bensì deve essere parte di un costante processo di tensione verso l’esterno, volto a cogliere le opportunità e le minacce che provengono dall’ambiente circostante, per adottare le politiche ritenute più idonee.

In altre parole l’internazionalizzazione deve entrare nel concetto stesso di gestione dell’impresa, poiché nel moderno contesto economico non ha più senso parlare di imprese operanti su di un unico, circoscritto mercato nazionale. Questo discorso va interpretato, inoltre, in un’ottica di lungo periodo, poiché in un futuro neanche tanto lontano sarà lecito attendersi l’ingresso di imprese straniere sul mercato nazionale, che potranno trovare terreno tanto più fertile quanto più le nostre imprese non avranno saputo approntare un’idonea risposta.

I principali indicatori dimostrano inoltre come le imprese esportatrici risultano più efficienti in termini di costi, organizzazione e tecnologia, di quelle non esportatrici, in quanto le sfide dei mercati internazionali impongono di contenere al massimo le spese, inducendo le imprese ad apportare innovazioni e a ridurre in genere i costi al fine di contenerli ed essere così più competitive. Uno degli aspetti più evidenti collegati all’aspetto dell’incremento di competitività è connesso ai benefici derivanti dalla possibilità di diversificazione del rischio derivante dalle fluttuazioni della domanda interna, soprattutto in caso di cicli commerciali non completamente sincronizzati tra i diversi paesi.

Il termine “internazionalizzazione” si riferisce quindi a quella molteplicità di azioni che le imprese possono intraprendere per incrementare il fatturato derivante dai contatti con l’estero. Internazionalizzarsi non significa quindi necessariamente de localizzare parte o l’intera struttura produttiva all’estero, bensì avviare attività che possano contribuire a far incrementare il fatturato che l’impresa realizza fuori dai confini nazionali.

In sintesi le forme principali con si è soliti identificare i processi di internazionalizzazione di un impresa sono i seguenti: l’espansione produttiva all’estero, la delocalizzazione produttiva, la joint venture (produttiva o commerciale), la penetrazione commerciale pura.

A. L’ESPANSIONE PRODUTTIVA ALL’ESTERO

Questa prima forma di internazionalizzazione è tipica delle aziende che non rincorrono necessariamente le opportunità di riduzione dei costi (che vedremo in particolare nella

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successiva voce) ma che vedono come una opportunità quella di replicare la propria attività produttiva in un’altra area mondiale. L’aspetto principale di questa forma di internazionalizzazione risiede quindi nel fatto di non chiudere alcuna struttura produttiva nel paese di partenza bensì di ampliarne le capacità avviando nuovi impianti in paesi esteri. Le motivazioni che spingono un’azienda a percorrere questa strada possono essere molteplici, ma sostanzialmente possono riassumersi nella necessità di essere più prossimi al mercato in cui i propri prodotti dovranno essere venduti. Pensiamo al caso di un’azienda in cui il trasporto ha una forte incidenza sul prezzo del prodotto finito. In questo caso collocarsi produttivamente sul mercato di destinazione consente di proporre al cliente finale un prodotto con un prezzo maggiormente attrattivo e con la conseguenza finale di un incremento di fatturato. Naturalmente, come è facile intuire, i costi ed i rischi per questo genere di operazione possono anche essere consistenti. Quanto più l’operazione è complessa e strutturata, tanto più sarà necessario analizzare e pianificare approfonditamente un business plan valido.

B. LA DELOCALIZZAZIONE PRODUTTIVA

Questa forma di internazionalizzazione rappresenta sicuramente la forma più radicale che può affrontare l’impresa che guarda ai mercati esteri. L’obiettivo sicuramente è quello di incrementare il livello di competitività complessiva dell’azienda, principalmente dal lato dei costi fissi, sfruttando le opportunità che provengono dal trasferire le attività produttive in un paese che offre livelli di costi inferiori.

Le motivazioni che spingono un imprenditore a decidere di chiudere i propri impianti produttivi nel paese di partenza, con inevitabili – spesso drammatiche – conseguenza per i lavoratori impiegati in azienda, sono legate alla prospettiva di poter rispondere alle richieste del mercato, in termini di vendita di prodotti, potendo contare su un risparmio dal lato dei costi di produzione.

Molti paesi, principalmente Paesi in via di sviluppo, come è facile intuire, offrono costi del lavoro radicalmente più bassi, spesso anche del 70%. Questo aspetto è spesso quello principale che spinge l’imprenditore a valutare la possibilità di trasferire la produzione all’estero, ma non è il solo.

I processi di delocalizzazione produttiva sono come è facile intuire sono molto ben visti da parte delle autorità degli stessi paesi che spesso hanno ancora forti difficoltà economiche e sociali: la possibilità di ricevere veri e propri flussi di investimenti da parte di imprese di paesi industrializzati, con l’apporto di capitali, opportunità di impiego per la manodopera locale, trasferimento di tecnologie e conoscenze rappresenta un’attrattiva a cui è difficile non rispondere. Ecco che allora si è potuto assistere negli anni ad una vera e propria gara tra i Paesi che possono essere considerati interessanti per la delocalizzazione da paesi ad industrializzazione matura, con la creazione di “zone franche” in cui si possono avere fortissimi benefici fiscali, o la creazione di parchi industriali dove è possibile abbattere ulteriormente costi fissi e di logistica.

Gli aspetti che generalmente vengono presi in considerazione per costruire il proprio programma di delocalizzazione industriale sono:

- I costi di energia: problema ben noto del sistema industriale italiano, dove la produzione energetica e quasi completamente dipendente dagli approvvigionamenti dall’estero e quindi costantemente esposta alle

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fluttuazioni del prezzo.

- Costi di trasporto: il nostro paese, sia per le problematiche di conformazione geografiche, che per la qualità delle vie di comunicazione, che per le consuetudini tipiche del nostro paese di aver sviluppato maggiormente il trasporto su gomme piuttosto che attraverso altri sistemi (rotaia, nave, ecc.). Molti paesi, seppur in via i sviluppo, possono offrire sistemi di comunicazione e vie di collegamento molto efficienti e a costi più accessibili. Basti pensare a molti paesi dell’est Europa che possono contare sul fatto di essere baricentrici rispetto ai principali mercati di sbocco europei (Germania, Francia, ecc.)

- Costi di struttura: nei paesi che generalmente vengono presi in considerazione per i processi di delocalizzazione produttiva i costi per affittare o acquistare le strutture produttive sono spesso molto interessanti. Soprattutto se paragonate ad alcune aree del nostro paese che hanno raggiunto costi proibitivi. Spesso, peraltro, le autorità dei paesi che sono oggetto di delocalizzazione produttiva, offrono, come dianzi accennato, sgravi fiscali e facilitazioni burocratiche per la creazione di nuove unità produttive nei propri paesi.

D’altra parte questo fenomeno ha in sé alcune incognite che possono tramutarsi in vere e proprie problematiche che possono ridurre o, in alcuni casi, eliminare in toto i vantaggi di tutto il processo di delocalizzazione. Il primo aspetto che è necessario considerare è proprio quello di poter contare su un supporto di carattere burocratico e amministrativo: nonostante le autorità locali tendano a sostenere l’afflusso di capitali esteri, gli ostacoli burocratici di paesi ancora in ritardo di sviluppo sono ancora consistenti. Ancora una volta la programmazione e l’accortezza di dotarsi di un valido consulente sul Paese è la soluzione per questo genere di criticità.

Altra area di potenziale problematica è proprio sul lato della manodopera. Su questo aspetto la programmazione può essere meno importante che su altri aspetti perché solo l’esperienza può aiutare nel comprendere quali sono le consuetudini, le caratteristiche tipiche dei lavoratori locali. Il rischio concreto è che un forte abbattimento dei costi di manodopera si accompagni ad un calo di produttività perché la qualità della manodopera specializzata non è al livello di quella nazionale o perché “l’intensità” o la motivazione del lavoratore è diversa da quella a cui è abituato l’imprenditore nel proprio paese. Una possibile soluzione è di prevedere un affiancamento costante di personale nazionale che guidi i lavoratori del paese estero nell’acquisire le competenze necessarie a raggiungere livelli di produttività adeguati.

C. LE JOINT VENTURES

Una joint venture è un accordo di collaborazione tra due o più imprese , la quale unione definisce un nuovo soggetto giuridicamente indipendente dalle imprese co-venturer. Le imprese che decidono di collaborare si pongono l'obiettivo di realizzare un progetto di natura industriale o commerciale e che vede l'utilizzo sinergico delle risorse portate dalle singole imprese partecipanti ma anche un'equa suddivisione dei rischi legati all'investimento. In una joint venture possono esserci due tipi di accordi: contrattuale e societario. Il primo non fa sorgere una società comune ma solo un accordo fra le parti per gestire un'iniziativa comune per poi dividerne successivamente gli utili. Il secondo è un contratto che si caratterizza per la disciplina dell'attività della società mista, del rapporto fra i soci e della ripartizione degli utili.

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Nel caso di fallimento, le società che partecipano alla joint venture sono responsabili esclusivamente per il capitale sociale versato nella società mista e non rispondono ai creditori col loro patrimonio sul quale non può essere esercitato diritto di rivalsa e il pignoramento. Questa limitazione di responsabilità è dal punto giuridico fondamentale, ma nel mondo degli affari esite il concetto di patronage (un gruppo industriale o finanziario non abbandona una consociata in cui ha avuto una posizione dominante o paritaria). La partecipazione delle società co-venturers può essere di due tipi: orizzontale o verticale, in relazione all'oggetto della prestazione e all'attività prestata per raggiungerlo. Si parla di integrazione o partecipazione verticale quando l'oggetto della prestazione richiede la coordinazione di attività disomogenee, diverse tra loro, seppur dirette al raggiungimento di uno scopo comune. Si parla di integrazione o partecipazione orizzontale quando l'oggetto della prestazione viene perseguito da più imprese che svolgono attività simili, riguardanti la stessa fase della produzione, e che collaborano perché le dimensioni dell'oggetto eccedono quantitativamente la capacità della singola impresa. (ad esempio la realizzazione per tratti di un'autostrada o di un oleodotto). Molto spesso operare all'estero comporta la necessità di ricercare partner stranieri con cui condividere capacità e risorse. In questi casi risulta molto utile lo strumento della joint venture. Bisogna fare attenzione: il termine joint venture non indica una specifica e ben delimitata fattispecie giuridica, ma un insieme di ipotesi di collaborazione strategica tra imprese nelle quali due o più società si accordano per costituire una nuova società oppure per svolgere in comune una attività imprenditoriale.

a. Cos'è una joint venture I requisiti per creare una joint venture sono:

• la partecipazione di due o più società, chiamate venturer o partner

• l'esistenza di complementarietà tre le risorse messe a disposizione dai singoli partecipanti

• l'esistenza di un obiettivo industriale o commerciale comune

• l'accordo sulla ripartizione dei costi, dei rischi e dei guadagni

• la capacità di gestione condivisa delle attività della joint venture, sulla base delle regole pattuite

Nella pratica la scelta della struttura della joint venture è influenzata da diversi fattori quali gli obiettivi commerciali che le parti intendono perseguire, le considerazioni di carattere fiscale, organizzativo e strettamente giuridico. In generale è possibile identificare una serie di tipologie che più spesso ricorrono nella prassi delle joint venture:

• joint venture a breve termine, ad esempio quelle in cui due o più aziende si uniscono per realizzare un determinato progetto oppure per sviluppare un nuovo prodotto

• joint venture parziali, ad esempio quelle in cui due o più società si accordano per realizzare un sito produttivo specifico per un solo mercato o per sviluppare una collaborazione commerciale in un ben delimitato ambito territoriale

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• joint venture totali, ovvero quello in cui i partecipanti costruiscono una nuova azienda destinata a sfruttare in maniera indipendente una determinata tecnologia o un particolare mercato geografico per conto delle società azioniste

• fusioni, dove i partner abbandonano definitivamente la titolarità del mercato o del prodotto oggetto della fusione affidando il proseguimento delle attività in tale settore al nuovo soggetto giuridico risultante.

b. Gli elementi da valutare

Le motivazioni per costituire una joint venture possono essere diverse. La principale (quando l'apertura di una joint venture non sia imposta per legge, come ad esempio in Cina per alcuni settori) è la ricerca che le imprese fanno nel ridurre i costi e i rischi, facendo affidamento alle conoscenze del partner locale per entrare nei nuovi mercati. Bisogna però fare molta attenzione: anche se i vantaggi di una joint venture (riduzione costi, compartecipazione dei rischi, accesso a nuove tecnologie e a nuovi mercati) sono evidenti non è però detto che si realizzino sempre. Anzi l'esperienza dimostra che una gran parte delle joint venture non sopravvive alle difficoltà della vita reale. Le ragioni dei fallimenti sono numerose e possono dipendere da un diverso andamento del mercato, ma anche da errori nell'impostazione della struttura o della collaborazione tra le imprese partecipanti. Nel pianificare una joint venture è quindi appropriato considerare fin dall'inizio problemi e situazioni che, al di là degli iniziali entusiasmi e senza pregiudicare la validità della strategia commerciale sottostante, potrebbero compromettere il futuro di una joint venture. Gli elementi da valutare sono:

• la necessità di una gestione comune: da quando una società decide di partecipare ad una joint venture essa accetta di limitare la propria autonomia imprenditoriale. Anche se può sembrare una considerazione banale, troppo spesso viene sottovalutata. Non è casuale che joint venture che hanno maggior successo siano quelle paritarie, dove ogni socio ha il 50% e nelle quali, mancando un partner dominante, l'accordo va definito per tempo e trovato per forza

• obblighi di non concorrenza: Molto spesso una joint venture impone obblighi di non concorrenza. Nel tempo questi obblighi (che spesso impongono l'impossibilità per ognuno dei partner di sfruttare opportunità di business che possano danneggiare le attività della joint venture o dell'altro partner) finiscono a volte per controbilanciare e addirittura annullare i vantaggi derivanti dalla partecipazione alla joint venture

• le differenze culturali e di stile manageriale: per fare riuscire una joint venture è necessario che i singoli partner si integrino in modo ottimale, in modo che ognuno possa offrire il migliore apporto alla join venture. Spesso, però, questa integrazione è resa difficile dai diversi stili di management e delle differenze culturali dei partner. È utile, allora, avviare un piano di integrazione che tenga conto che all'interno delle aziende lavorano persone, ognuna con un suo vissuto, un suo contenuto professionale e una sua radice culturale e che queste persone devono essere messe nella condizione migliore di operare nel nuovo contesto. In generale maggiore è la complementarietà e la diversità delle attività apportate dai singoli partner, maggiori sono le probabilità di successo della joint venture, venendo a mancare una immediata contrapposizione tra gli stili manageriali e gli approcci culturali dei due partner

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c. Joint venture contrattuale o societaria

La costituzione di una joint venture nasce dalla identificazione di un insieme di obiettivi industriali o commerciali condivisi da entrambi i partner. Una volta identificati diventa necessario scegliere la struttura più adatta a perseguire gli scopi della joint venture. Le strutture operative, sebbene possano esistere differenze tra le diverse formulazioni, sono essenzialmente le joint venture contrattuali (contractual joint venture) e le joint venture societarie (equity joint venture). In entrambe le tipologie la partecipazione dei singoli partner non è necessariamente paritetica, in quanto quel che veramente conta è la complementarietà degli apporti che ognuna delle parti è in grado di dare e non il perfetto bilanciamento dei reciproci apporti. Tale necessaria complementarietà fa sì che i poteri dei singoli partner non siano direttamente collegati al peso della loro partecipazione alla joint venture, quanto piuttosto alla essenzialità del contributo che fornisce per il buon esito della joint venture. Nelle JV contrattuali la collaborazione tra le parti viene disciplinata da un rapporto contrattuale che identifica il ruolo dei partecipanti e detta le regole necessarie al coordinamento delle attività per il raggiungimento dell'obiettivo condiviso. In genere si scelgono le joint venture contrattuali quando la joint venture è solo uno strumento per ripartire costi e spese di progetto. Inoltre offrono assenza di formalità e rapidità nella costituzione della joint venture e una più facile via di uscita qualora i partner si trovassero nella necessità di risolvere anticipatamente la loro collaborazione. Sono questi alcuni dei motivi per cui usualmente le joint venture contrattuali vengono utilizzate per costituire delle collaborazioni di breve durata, caratterizzate da uno scopo ben definito (l'esecuzione di un particolare progetto di ricerca, la partecipazione ad una gara di appalto internazionale) e da una durata a tempo determinato. Nella JV societaria la collaborazione tra le parti si realizza attraverso una nuova società, partecipata dai partner, alla quale vengono fornite le risorse necessarie per perseguire gli scopi della collaborazione. La decisione di ricorrere ad un veicolo societario è utile in quanto colloca in una realtà separata dalla propria azienda i rischi della nuova "avventura", ma comporta maggiori complessità in fase di impostazione, in quanto presuppone una attenta valutazione dell'impatto fiscale della joint venture e una più approfondita considerazione delle modalità di un possibile divorzio tra le parti, che in presenza di una nuova società compartecipata è sicuramente più complesso rispetto al caso delle joint venture contrattuali.

d. Le verifiche preliminari

La realizzazione di una joint venture non è una attività semplice. Occorre scegliere con attenzione il partner, studiare le normative locali ed effettuare una corretta pianificazione fiscale. Solo in questo modo è possibile ipotizzare un buon livello di successo della joint venture. Il partner con cui costruire la joint venture deve innanzitutto condividere gli obiettivi strategici della propria società e deve essere in grado di apportare alla joint venture un contributo efficace, in termini di know-how tecnico e/o commerciale o di mezzi finanziari e risorse professionali. Nella scelta del partner occorre verificare la sua solidità finanziaria e accertare la consistenza e l'adeguatezza delle strutture produttive e commerciali di cui dispone e il modo con cui potrebbero essere messe a disposizione della joint venture. È importante inoltre comprendere la "cultura manageriale" del partner in modo da essere in grado di lavorare bene insieme. In una joint venture internazionale è importante l'analisi di tutte quelle normative e

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prassi in vigore nella nazione ove la joint venture verrà costituita ed opererà. In particolar modo in alcuni paesi (soprattutto nei paesi in via si sviluppo) è assai frequente l'esistenza di specifiche normative destinate a disciplinare e regolamentare gli investimenti di partner stranieri. Sebbene ufficialmente queste normative siano destinate a favorire gli investimenti dall'estero, nella pratica hanno spesso la finalità di proteggere il socio locale, dettando una serie di norme imperative che non possono essere superate. La pianificazione fiscale assume un'importanza rilevante soprattutto in relazione alla costituzione di joint venture societarie, che molto spesso vengono capitalizzate attraverso il conferimento di beni materiali e immateriali da parte dei partner, e che presuppongono la creazione di un soggetto giuridico autonomo e distinto rispetto ai partner. Le leve che i partner hanno a disposizione sono notevoli e vanno dalla localizzazione della società comune, alla struttura societaria della joint venture, al rapporto tra capitalizzazione della società comune ed indebitamento della stessa verso i partner, all'enfasi posta sulle royalty che la joint venture andrà a pagare piuttosto che sulle modalità con cui essa distribuirà i dividendi e molte altre ancora, per le quali è indispensabile il supporto di un esperto in fiscalità internazionale. Gli obiettivi di una corretta pianificazione fiscale sono molteplici:

• minimizzare gli oneri fiscali connessi con la costituzione della società comune

• rendere fiscalmente rilevanti in Italia le eventuali perdite sopportate dalla joint venture all'estero

• minimizzare gli oneri connessi con il ritorno dell'investimento

• ottimizzare i costi connessi con la messa a disposizione della joint venture dei mezzi necessari per lo "start-up" delle attività

• evitare la doppia imposizione, in Italia e all'estero, ove ha sede la joint venture company, dello stesso cespite

e. Dallo studio di fattibilità alla costituzione

La costituzione di una joint venture internazionale non è semplice e, spesso, nemmeno di breve durata. Se nelle joint venture contrattuali la fase negoziale si esaurisce spesso nella stesura di un accordo di cooperazione (cooperation agreement), le trattative per la costituzione di una joint venture societaria si presentano in genere molto più complesse. Il processo di creazione di una joint venture societaria si può schematizzare in quattro fasi:

• fattibilità: in questa fase si individuano i potenziali partner che si intende coinvolgere nella collaborazione, la possibile struttura da utilizzare ed i contributi che le parti possono apportare ad una eventuale società comune. Si stipula un accordo di confidenzialità (Non Disclosure Agreement) e sulla base delle informazioni raccolte si realizza un progetto di fattibilità (economica, finanziaria e commerciale) dell'operazione

• negoziazione: in questa fase, condivisi i risultati dello studio di fattibilità, si definisce la definitiva struttura organizzativa della società comune e le sue regole di gestione. Si verificano inoltre le eventuali attività burocratiche necessarie (approvazioni di soggetti terzi, autorità governative, autorità antitrust) che devono essere preventivamente ottenute per costituire la joint venture. Al termine i partner predispongono, negoziano e sottoscrivono il

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contratto principale e concordano il contenuto degli eventuali contratti operativi che dovranno essere successivamente sottoscritti tra la joint venture company e i singoli partner

• autorizzazione: in questa fase, raggiunto l'accordo sulla realizzazione della joint venture, si presenta il contratto principale e gli accordi operativi agli Enti governativi che devono eventualmente autorizzare la costituzione della joint venture e/o a notificare il joint venture agreement alle autorità antitrust competenti, affinché ne accertino la compatibilità con le norme poste a tutela della concorrenza, apportando, se necessario, le modifiche al contratto principale e agli accordi operativi

• costituzione: dopo aver ottenuto tutte le autorizzazioni eventualmente necessarie, i partner provvedono alla costituzione della joint venture, nominando gli organi sociali della società comune e approvando le delibere societarie necessarie per dar corso ai conferimenti da parte dei partner

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Parte Seconda – Il Processo

1. L'analisi preliminare Aspetto fondamentale nella gestione di una operazione di penetrazione di un mercato estero o, caso ancora più delicato, di delocalizzazione in un Paese estero da parte di un'azienda è proprio la progettazione e la programmazione iniziale. Nella quotidiana attività di assistenza alle imprese, soprattutto, come è facile immaginare, alle piccole e medie è estremamente facile riscontrare operazioni su mercati esteri mal programmate, spesso addirittura improvvisate. Le ragioni di questa mancata programmazione risiedono in alcune motivazioni che è facile intuire ma è utile ricordare: − mancanza di risorse umane: le aziende, soprattutto se piccole o addirittura micro,

non hanno una figura dedicata alla gestione delle operazioni sui mercati esteri, il cosidetto export manager. Ciò è spesso dovuto, soprattutto nel caso toscano, al fatto che le aziende sono controllate dall'imprenditore che accentra tutte le responsabilità e le competenze su se stesso. Spesso senza averne la necessaria preparazione, quasi sempre senza conoscere il mercato obiettivo o le principali lingue (anche solo l'inglese, per esempio).

− mancanza di tempo: il suddetto imprenditore, avendo concentrato su di sé tutte le responsabilità aziendali si trova contemporaneamente a gestire problematiche attinenti alla produzione, all'amministrazione, al marketing, ai rapporti con i fornitori, ai rapporti col personale. La gestione corretta di un operazione su di un mercato estero necessiterebbe, come vedremo, di notevole disponibilità di tempo, cosa che giustifica la previsione di una figura apposita.

− mancanza di risorse economiche: la programmazione costa. La raccolta di informazioni, di dati statistici, di informazioni di mercato di interesse specifico per la propria azienda spesso hanno un costo, e spesso non indifferente. Riuscire veramente a capire se un mercato rappresenti realmente un'opportunità per l'azienda è spesso un investimento che costa denaro (oltre che tempo, come abbiamo visto precedentemente). Tale investimento è perrò di fondamentale importanza, come vedremo tra breve.

Uno degli aspetti su cui chi fornisce servizi specialistici finalizzati alla penetrazione sui mercati esteri delle PMI è quello di insistere su una corretta programmazione di una operazione di penetrazione commerciale. Questo percorso di programmazione passa attraverso una fase di auto-analisi che l'imprenditore, meglio se supportato da una struttura di consulenza specializzata pone in essere. La nostra esperienza ci ha portato a proporre all'impresa che è interessata ad avviare un processo di internazionalizzazione un vero e proprio EXPORT CHECK UP. Cronologicamente, il primo aspetto da approfondire è se l'azienda ha la capacità di stare sui mercati esteri, ossia se l'azienda ha le capacità finanziarie e le risorse umane per stare stabilmente e con profitto in un mercato che non sia quello italiano. Capacità finanziarie perchè i profitti che l'azienda ricaverà dall'operazione di penetrazione commerciale saranno sicuramente, anzi inevitabilmente, successivi ai costi che l'azienda dovrà sopportare per farsi conoscere – ed apprezzare - nel mercato-bersaglio. Senza considerare che i costi da sostenere preliminarmente sono, soprattutto per alcune tipologie aziende, molto impegnativi: basti pensare alle aziende che hanno prodotti che necessitano di depositi e magazzini ricambio, di servizi di assistenza post-vendita, di servizi di ingegnerizzazione per l'istallazione o il funzionamento, ecc. Sotto questo aspetto l'azienda dovrà necessariamente sostenere carichi finanziari preliminarmente alla possibilità di poter contare su ritorni reddituali. Va da sé che la disponibilità di risorse umane specializzate e dedicate sono un

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altro aspetto chiave e strettamente correlate alle disponibilità finanziarie. È di tutta evidenza che un consulente serio e responsabile si possa trovare, dopo aver verificato l'assenza di questi due elementi chiave nell'azienda che sta supportando nelproprio processo di internazionalizzazione, a sconsigliare all'azienda di assumersi il rischio ed il costo di un'operazione su di un mercato estero. Un secondo aspetto da considerare attentamente è lo spazio, l'interesse e l'appeal che la propria produzione può registrare sul mercato bersaglio. È quindi fondamentale comprendere se il proprio prodotto (manifatturiero, industriale o servizio, che sia) è richiesto dal mercato di interesse: è quindi necessario approfondire se esistono prodotti similari, a quali prezzi vengono venduti e assorbiti dal mercato. Proseguendo sull'analisi prodotto è ancora fondamentale comprendere se il design, il packaging è quello che il mercato richiede e apprezza. Naturalmente il reperimento di queste informazioni specifiche sui prodotti è spesso quella più complessa: le infomazioni di questo genere sono spesso custodite gelosamente da pochi operatori di settore (agenti e distributori, per esempio) e l'unica maniera per riuscire ad entrare in possesso di questi dati sono vere e proprie “ricerche di mercato” che sono spesso condotte attraverso interviste a cosnumatori e operatori di settore. Tali ricerche, torniamo così alla problematica iniziale, hanno spesso costi altissimi e sono difatto inaccessibili per la piccola impresa. Esistono naturalmente strade alternative alla pur utile, ma costosa, ricerca personalizzata sulla capacità del proprio prodotto di stare sul mercato target. La prima di queste sono le fiere specializzate, a cui è possibile partecipare anche solo come visitatore. Qui entra in gioco la fondamentale capacità dell'imprenditore di comprendere con un rapido colpo d'occhio cosa piace sul mercato, quali sono i prodotti che interessano maggiormente, come devono essere confezionati o presentati, quali sono i prezzi che i consumatori locali sono disposti a spendere. La seconda strada è quella di partecipare a missioni commerciali che periodicamente sono proposte oltre che dalle strutture similari alla nostra, anche da strutture che afferiscono al sistema delle associazioni di categoria o a strutture di carattere territoriale o, ancora di carattere consortile. Seppure anche in questo caso si stia diffondendo, correttamente, la tendenza di effettuare “analisi preliminari” sul prodotto dell'azienda interessata a partecipare alla missione, l'imprenditore riesce, partecipando a dette iniziative, a realizzare una vero e proprio test sul mercato che lo interessa sostendo costi assolutamente accettabili. In due o tre giornate di incontri di affari la struttura di supporto locale infatti costruisce agende personalizzate con operatori in target con le richieste dell'azienda, consentendo all'imprenditore di venire in contatto non solo con chi può fornirgli informazioni dirette e aggiornate su mercato di interesse, ma che può aprirgli direttamente le porte del commercio verso quel paese. Sotto questo aspetto è fondamentale organizzare correttamente queste iniziative, soprattutto attraverso la redazione di una SCHEDA PROFILO che raccoglie in un unico file tutte le informazioni più importanti per incrociare correttamente il profilo – appunto – dell'azienda italiana con quello dell'operatore locale. I datiche devono essere contenuti in questa Scheda sono, oltre quelli anagrafici, quelli economici di base (fatturato, fatturato estero, dipendenti, ecc.), quelli sulla produzione (settore, codice doganale, quantità prodotta, livello qualitativo, capacità produttiva inespressa, ecc.), quelli generali sull'azienda (storia dell'azienda, informazioni sul posizionamento rispetto alla concorrenza, informazioni sulla rete di vendita, ecc.). Oltre alla Scheda Profilo è fondamentale predisporre anche materiale illustrativo che possa fornire una immagine corretta, oltre che accattivante, del prodotto e dell'azienda. È di tutta evidenza che l'utilizzo della lingua del paese che si intende penetrare, o anche della sola lingua inglese, è il minimo che si possa richiedere per la documentazione che deve rappresentare il biglietto da visita dell'azienda. La fase di programmazione deve quindi concludersi con una fase che riassuma tutte le

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informazioni raccolte in un unico documento che consenta all'azienda di avere sotto occhio la rappresentazione chiara di quali sono le opportunità che può offire il paese che interessa, qual'è la dimensione del mercato, quali sono gli operatori concorrenti, qual'è il prezzo a cui è possibile proporre con successo il proprio prodotto (anche in considerazione del costo di trasporto e dell'eventuale dazio doganale), come deve essere confezionato, ecc. Solo dall'analisi di tutti questi aspetti l'imprenditore può comprendere se avrà convenienza ad investire risorse economiche e umane nel processo di internazionalizzazione. Qui di seguito inseriamo il modello di Scheda Profilo che viene normalmente utilizzato per raccogliere le informazioni da parte delle aziende che sono necessarie per poter erogare i servizi che sono richiesti dalle stesse:

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2. La costruzione della strategia e la realizzazione del programma

Naturalmente la fase successiva a quella della raccolta e dell'ottimizzazione delle informazioni (spesso sovrabbondanti ma non mirate), deve essere quella della programmazione. L'impresa, o l'eventuale struttura di supporto, dovrà costruire un programma ben definito che illustri tutto il processo di internazionalizzazione. Le fasi, che dovranno essere puntualmente dettagliate anche su base temporale (fase 1 – data n, fase 2 – data n+1, fase 3 – data n+2, ecc.), dovranno prevedere diversi step: − Fase 1: raccolta della documentazione (eventuali dazi doganali, certificazioni

necessarie per entrare nel paese, analisi di mercato, ecc.) − Fase 2: contatto con gli operatori attraverso la partecipazione a missioni

commerciali o fiere specialistiche − Fase 3: follow up contatto con gli operatori: è assolutamente fondamentale

mantenere i contatti avviati e “coltivarli” verificando periodicamente l'interesse degli operatori contattati verso i propri prodotti, rinnovando offerte, inviando cataloghi e listini, ecc. In relazione a questo aspetto uno degli errori fondamentali che è bene evitare è proprio quello di proporre listini prezzi aumentati in relazione ai notevoli costi dell'azienda spesso deve sostenere per essere presente sul mercato in oggetto (trasporto, dazio doganale, costi accessori, ecc.). E' bene evidenziare che il miglior investimento “promozionale” possibile è spesso quello di proporre i propri prodotti a prezzi interessanti: questo aspetto attrae gli operatori (che spesso sono tutt'altro che sprovveduti, anzi), consolida la presenza dei prodotti sul mercato e sugli scaffali dei punti vendita. Sicuramente la decisione di non ritoccare verso l'alto i listini per il semplice fatto di essere sul mercato estero, produrrà per alcuni periodi rientri limitati o addirittura perdite a la contropartita sarà una presenza più solida sul mercato bersaglio.

− Fase 4: chiusura accordi con controparti locali. Aspetto fondamentale è quello di riuscire ad individuare un operatore che risponda esattamente alla tipologia di partner commerciale che si sta cercando. Ciò dipende dalla tipologia di prodotto o di servizio che si propone, dalla proposta commerciale che avanza la potenziale controparte. Questi infatti potrebbero essere buyer, agenti, distributori, dettaglianti o altre figure ancora. Fermo restando che il suggerimento generalizzato è quello di addivenire sempre ad un contratto scritto con la controparte (aprendo però altre problematiche attinenti principalmente il diritto internazionale).

− Fase 5: verifica degli accordi e della soddisfazione dell'operato delle controparti individuate sul paese bersaglio. In questa fase è importante tirare le fila delle operazioni commerciali già avviate e concluse. Sarà fondamentale calcolare in maniera analitica costi e benefici delle suddette operazioni e riprogrammare le prossime operazioni commerciali.

− Fase 6: ampliamento della presenza sul mercato. In caso di riscontro positivo in termini di volumi di fatturato e di utili realizzati sul mercato, oltre che di rapporti consolidati con la clientela, è possibile programmare estensioni della propria presenza sul territorio attraverso l'apertura di filiali commerciali, con strutture commerciali proprietarie, con risorse umane dedicate. Su questa fase è possibile prevedere l'assistenza di diversi soggetti pubblici, quali SIMEST e SACE che analizzeremo in altra parte di questa analisi.

− Fase 7: valutazione di altre opportunità di mercati esteri. La diversificazione e la conseguente diminuzione del rischio di impresa è una delle prime motivazioni che

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spingono le aziende a muoversi su mercati esteri. Se il mercato interno diminuisce è infatti fondamentale poter contare su un altro mercato che possa coprire il mancato assorbimento da parte di quello interno. Il processo naturale è quindi quello di ampliare la presenza sui mercati mondiali, diversificando le macro aree proprio per poter garantire alla propria azienda di avere costantemente sbocchi commerciali che possano supplire ad eventuali cedimenti del mercato principale o di alcuni mercati esteri.

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3. La Finanza di supporto

LA SIMEST

In Italia, ad esempio, con una legge del 1990 è stata istituita una società per azioni (SIMEST) come finanziaria di sviluppo e promozione delle imprese italiane all'estero.

La SIMEST, nata per promuovere il processo di internazionalizzazione ed assistere gli imprenditori nelle attività all'estero, è controllata dal Governo Italiano (con il 76% del pacchetto azionario), è partecipata da banche, associazioni imprenditoriali e di categoria e offre servizi e finanziamenti per chi vuole investire all'estero.

Il soggetto principale in tema di supporto finanziario all'internazionalizzazione è sicuramente la SIMEST: la finanziaria di sviluppo e promozione delle imprese italiane all'estero. La SIMEST è stata istituita come società per azioni nel 1990 (Legge n° 100 del 24.4.1990). È controllata dal Governo Italiano che detiene il 76% del pacchetto azionario, ed è partecipata da banche, associazioni imprenditoriali e di categoria. Il pacchetto azionario è il seguente:

Azionista Istituzionale:

Ministero dello Sviluppo Economico (76%)

Istituti ed Aziende di Credito:

• SANPAOLO - IMI S.p.A. • UniCredito Italiano S.p.A. • Banca Popolare di Vicenza Soc. Coop. a r.l. • Banca Popolare di Sondrio Scoc. Coop. per az. a r.l. • Banche Popolari Unite Soc. Coop. a r. l. • Banca Intesa S.p.A. • Capitalia S.p.A. • Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. • BNL Partecipazioni S.p.A. • ISVEIMER S.p.A. Istituto Nazionale per lo Sviluppo

Economico dell'Italia Meridionale • EFIBANCA S.p.A. Ente Finanziario Interbancario • ICCREA Banca S.p.A. • Istituto Centrale delle Banche di Credito Cooperativo

Grandi aziende e Cooperazione:

• ENI S.p.A. • Associazione I.R.S.I. Imprese Realizzatrici Schemi Idrici • CONFCOOPER • Consorzio Nazionale fra Enti Cooperativi Soc. Coop. a r.l. • Consorzio Cooperativo Finanziario per lo Sviluppo Sc. a r.l.

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Associazioni imprenditoriali territoriali:

• Associazione degli Industriali della Provincia di Bologna • Unione Industriale della Provincia di Torino • Unione degli Industriali di Roma • Associazione Industriale Bresciana • Associazione degli Industriali della Provincia di Trento • Federazione Regionale degli Industriali del Veneto • Federazione Regionale degli Ind.li Friuli Venezia Giulia • Unione degli Industriali della Provincia di Avellino • Associazione degli Industriali di Firenze • Associazione degli Industriali della Provincia di Pistoia • Associazione fra gli Industriali della Provincia di Belluno • Unione Industriali Modena • Assoimprenditori Alto Adige • Unione degli Industriali della Provincia di Bergamo

Associazioni Imprenditoriali:

• Confederazione Generale dell'Industria Italiana CONFINDUSTRIA • Associazione Nazionale Costruttori Edili - ANCE • FEDEREXPORT

Federazione Italiana fra i Consorzi per l'Esportazione • Unione Nazionale Industria Conciaria • ANIE - Federazione Nazionale delle Imprese Elettrotecniche ed Elettroniche • FEDERTESSILE Federazione fra le Associazioni delle Industrie Tessili e

Abbigliamento • UCIMU - Sistemi per produrre

La Simest è stata creata per promuovere il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane ed assistere gli imprenditori nelle loro attività all’estero e pertanto: per gli investimenti all’estero

• sottoscrive fino al 25% del capitale delle società estere partecipate da imprese italiane;

• agevola il finanziamento di quote sottoscritte dal partner italiano in società o imprese all’estero;

• gestisce fondi di Venture Capital;

per gli scambi commerciali

• agevola crediti all’esportazione; • finanzia studi di prefattibilità, fattibilità e programmi di assistenza tecnica; • finanzia programmi di penetrazione commerciale.

Simest inoltre fornisce servizi di assistenza e consulenza per tutte le fasi dell’avvio e della realizzazione di investimenti all’estero.

Simest è membro dell’INTERACT-EDFI, l’associazione europea delle finanziarie di sviluppo, ed è in grado di attivare una fitta rete di relazioni e informazioni in Italia, nel mondo e presso le istituzioni internazionali (in particolare, con l’UE), da mettere a

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disposizione delle imprese italiane per le loro attività all’estero.

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I PROGRAMMI DI SIMEST, LA L.394

FINANZIAMENTI AGEVOLATI DI PROGRAMMI DI PENETRAZIONE COMMERCIALE VOLTI A COSTITUIRE INSEDIAMENTI DUREVOLI ALL'ESTERO

LEGGE 29.7.1981, n. 394 - art. 2

1 Che cos'è E' la legge che prevede il finanziamento a tasso agevolato delle spese sostenute nella realizzazione di programmi volti a costituire insediamenti durevoli in Paesi non membri dell'Unione europea.

2 Beneficiari Imprese esportatrici di beni e servizi. Hanno priorità sui fondi: le PMI, i loro consorzi e raggruppamenti, societa' a prevalente capitale pubblico che operano per la commercializzazione all'estero dei prodotti delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno. Ai fini della classificazione delle PMI, sono adottati i parametri definiti dal Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18.4.2005 di adeguamento dei criteri di individuazione delle PMI alla disciplina comunitaria (Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE).

3 Paesi di destinazione

Il programma può essere realizzato in un solo Paese non appartenente all'Unione Europea. Possono essere ammesse spese da sostenere in Paesi di proiezione, cioè paesi appartenenti alla stessa area geoeconomica a quello in cui viene realizzato il programma.

4 Tipo di agevolazione

Finanziamento a tasso agevolato, pari al 40% del tasso di riferimento. Il tasso di riferimento è fisso ed è quello vigente alla data di stipula del contratto di finanziamento. Esso viene fissato mensilmente ed è rilevabile nel sito INTERNET dell’ABI della SIMEST SpA.

5 Caratteristiche del programma oggetto del finanziamento e modalità di realizzazione del programma

I programmi devono avere come obiettivo la realizzazione di un insediamento durevole, cioè la costituzione di una presenza stabile e qualificata dell'impresa nel Paese di destinazione del programma. I programmi possono essere realizzati mediante:

• gestione diretta, tramite la costituzione all'estero o il potenziamento di insediamenti durevoli, gestiti direttamente con l'impiego di proprio personale;

• una società partecipata di diritto locale; • collaborazione con importatori, distributori,

rappresentanti o altri tipi di imprese di diritto locale (in questo caso l'impresa darà specifiche informazioni riguardo all'operatore locale, all'utilizzo di locali dell'operatore stesso e di personale stabile in loco).

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6 Spese finanziabili

Non sono finanziabili i programmi posti in essere da imprese appartenenti ai settori di cui all’art. 1, comma 1, lettere a), b), c), ed f) del Regolamento CE 1998/2006 “de minimis”. Sono ammissibili al finanziamento le spese sostenute nel periodo di realizzazione, che decorre dalla data di approvazione del programma e termina due anni dopo la stipula del contratto. Le spese ammissibili devono risultare coerenti con:

• i programmi: a titolo indicativo, si ritengono coerenti le spese volte a favorire una presenza stabile e qualificata, attraverso la costituzione di un ufficio, show room, magazzino e un solo negozio, e quelle destinate a studi di mercato, promozione, dimostrazione, pubblicità;

• le capacità organizzative, economiche e finanziarie del soggetto richiedente.

Nel caso in cui il programma sia volto al potenziamento di strutture già operanti all'estero, la spesa è ammissibile a condizione che risultino chiaramente le spese straordinarie ed aggiuntive rispetto alla normale attività commerciale e promozionale, derivanti dall'ampliamento delle strutture permanenti e/o del personale in loco. Il DM 467/99 (art.3) fornisce ulteriori specificazioni riguardo alle spese ammissibili e ai relativi poteri del Comitato.

7 Massimali del finanziamento

Il finanziamento può coprire fino all'85% dell'importo delle spese complessivamente previste dal programma approvato. Ciascun finanziamento può essere concesso per un importo non superiore a 2.065.000,00 euro, fatte salve eventuali riduzioni di importo determinate dall’applicazione dell’art. 2, comma 2, del Regolamento CE “de minimis” che fissa in 200.000,00 euro nell’arco di tre esercizi finanziari l’importo complessivo degli aiuti “de minimis” concessi al richiedente. Il limite di 2.065.000,00 euro si applica anche quale importo complessivo a favore di imprese facenti parte di un gruppo. L’importo è ridotto a 100.000,00 euro qualora il beneficiario sia un’impresa attiva nel settore del trasporto su strada.

8 Richiesta di finanziamento

La domanda di concessione del finanziamento deve essere redatta su apposito modulo nel quale è indicata la documentazione da allegare, tra cui necessariamente l'illustrazione del programma e l'indicazione analitica delle singole voci di spesa previste. I moduli sono disponibili presso la SIMEST SpA, le Camere di Commercio e gli uffici dell'ICE. Inoltre il modulo può essere scaricato dal sito Internet della SIMEST SpA. La domanda è presentata solo alla SIMEST SpA, che la registra in ordine cronologico, secondo la data di arrivo e comunica all'impresa, entro cinque giorni, la data di ricevimento ed il numero di posizione ad essa attribuito. Ciascuna impresa può presentare domanda di finanziamento per un solo programma. Una nuova domanda può essere presentata dopo l'invio della relazione finale relativa al

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precedente. La domanda può essere sottoposta all'esame del Comitato dopo il consolidamento del precedente finanziamento.

9 Istruttoria L'istruttoria è effettuata seguendo l'ordine cronologico di ricevimento delle domande. La SIMEST SpA può richiedere:

• informazioni al Ministero per quanto riguarda la coerenza promozionale e commerciale dei programmi (ed eventuali variazioni)

• documentazione integrativa e chiarimenti all'impresa, che dovranno essere forniti entro 30 gg dalla richiesta

Entro 3 mesi dalla data di arrivo della domanda, la SIMEST SpA sottopone alla deliberazione del Comitato la proposta in merito al finanziamento e ne comunica l'esito all'impresa entro 15 gg dalla relativa decisione.

10 Stipula del contratto di finanziamento

Entro 3 mesi dalla data di ricezione della comunicazione relativa al provvedimento di concessione di finanziamento, il beneficiario presenta alla SIMEST SpA, a pena di decadenza, la documentazione necessaria per la stipula del contratto di finanziamento. Entro 1 mese dal ricevimento della documentazione viene stipulato il contratto.

11 Erogazione del finanziamento

In via generale, la SIMEST SpA eroga il finanziamento a fronte di idonea documentazione delle spese inserite nel programma approvato. Le erogazioni possono essere ottenute anche mediante ricorso all'autocertificazione delle spese. A talfine, la distinta analitica delle spese è firmata dal legale rappresentante dell’impresa e dal presidente del Collegio sindacale, ove esistente. Le richieste di erogazione e relativa documentazione devono essere presentate dall'impresa alla SIMEST SpA entro il periodo di utilizzo del finanziamento, che corrisponde al biennio decorrente dalla data di stipula del contratto più due mesi. La richiesta della prima erogazione deve essere presentata entro il termine di 2 mesi dalla data di stipula del contratto di finanziamento, salvo motivata proroga di altri due mesi. La mancata richiesta nei termini può comportare la revoca del finanziamento.

12 Anticipo Qualora richiesto nella domanda di finanziamento, il Comitato può concedere un anticipo pari al massimo al 10% dell'importo del finanziamento approvato.

13 Garanzie Per garantire il rimborso del capitale, dei relativi interessi e di altri oneri accessori, l'impresa beneficiaria del finanziamento, a copertura dei singoli importi da erogare, deve prestare alla SIMEST SpA una o più delle seguenti tipologie di garanzia, da sottoporre, unitamente alla richiesta di finanziamento, all'approvazione del comitato: fideiussione bancaria, assicurativa, pegno su titoli, o fideiussione dei consorzi di garanzia collettiva fidi, convenzionati con la SIMEST SpA.

14 Riduzione garanzia

Possono accedervi, nella misura massima deliberata dal Comitato Agevolazioni, le PMI che superino i criteri valutativi

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individuati dal Comitato stesso (disponibili sul sito Internet www.simest.it) a condizione: 1. che l’importo della riduzione di garanzia non superi il patrimonio netto dell’impresa; 2. che l’impresa sia operativa da almeno tre anni, dove l’operatività deve riguardare l’attività caratteristica rispetto alla quale è richiesto l’intervento e fare riferimento a tre esercizi completi con bilancio depositato.

15 Durata Il periodo di realizzazione del programma decorre dalla data di approvazione del programma e termina 2 anni dopo la stipula del contratto. Il periodo di utilizzo del finanziamento corrisponde al biennio decorrente dalla data di stipula del contratto più 2 mesi. I finanziamenti sono concessi per una durata non superiore a sette anni, di cui due di preammortamento e cinque di ammortamento.

16 Relazioni a carico dell'impresa

L'impresa deve presentare alla SIMEST SpA: Relazione intermedia: da inviare entro i 2 mesi successivi al primo anno dalla stipula del finanziamento, pena la sospensione delle erogazioni. La relazione deve contenere il resoconto dell'attività svolta, segnalando eventuali scostamenti dal preventivo approvato. Relazione finale: da inviare entro i 2 mesi successivi alla scadenza del periodo di utilizzo del finanziamento, pena la revoca del finanziamento. La relazione deve illustrare l'attività svolta nell'ambito del programma approvato, nonché i risultati commerciali e promozionali conseguiti. Deve, inoltre, contenere il rendicontodettagliato delle spese sostenute ed i dati relativi al fatturato interno ed estero realizzato negli ultimi tre anni con particolare riferimento ai Paesi oggetto del programma finanziato.

17 Controlli della realizzazione dei programmi

Il Ministero, anche mediante ispezioni in loco, accerta la realizzazione dei programmi e verifica il loro stato di attuazione, avvalendosi della collaborazione dell'ICE. L'esito dei controlli è determinante per la conferma o meno delle agevolazioni. La SIMEST SpA verifica la corrispondenza delle spese risultanti dall'autocertificazione con quelle preventivate; effettua, altresì, controlli a campione richiedendo alle imprese la necessaria documentazione in originale o copia conforme e segnala al Comitato ogni eventuale anomalia connessa alla veridicità delle spese documentate.

18 Revoca Il finanziamento può essere revocato, previa apposita contestazione comunicata all'interessato almeno 15 gg prima del provvedimento, qualora si verifichi uno dei seguenti casi:

• la richiesta di erogazione non avvenga nei termini; • l'impresa non trasmetta nei termini la relazione finale; • non risulti realizzato l'insediamento durevole

preventivato ovvero lo stesso venga chiuso prima della fine del periodo di realizzazione, senza darne preventiva e motivata comunicazione alla SIMEST SpA.

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19 Realizzazione del programma e consolidamento del finanziamento

Si ha consolidamento quando il Comitato delibera di confermare il rimborso dell'importo erogato a tasso agevolato e secondo i tempi di ammortamento stabiliti. Il consolidamento è riconosciuto se il programma è stato realizzato secondo i termini approvati. In caso contrario, il Comitato può disporre tempi e modalità diverse di rimborso dell'importo erogato e dei relativi interessi.

20 Rimborso Il finanziamento ha una durata non superiore a sette anni, di cui 2 di preammortamento durante il quale sono pagati solo gli interessi e 5 di ammortamento. Il rimborso è effettuato entro i cinque anni successivi al termine del periodo di utilizzo (su richiesta dell'impresa, il Comitato può ridurre il periodo di rimborso del finanziamento)in rate semestrali posticipate a quote costanti di capitale più gli interessi sul debito residuo da corrispondere al tasso di interesse deciso dal Comitato in sede di consolidamento. Dalla data dell'erogazione e fino alla data del consolidamento, gli interessi sono calcolati e corrisposti provvisoriamente al tasso agevolato.

21 Cumulabilità dei benefici

Le agevolazioni della Legge 394/81 - art. 2 - sono alternative ad ogni altro beneficio che abbia ad oggetto le medesime voci di spesa incluse nel programma approvato dal Comitato. E' escluso dal divieto di cumulabilità il beneficio relativo alla garanzia assicurativa pubblica.

23 Riferimenti

normativi • D.L. 28 maggio 1981, n. 251, convertito con

modificazioni nella legge 29 luglio 1981, n. 394 (G.U. 30 maggio 1981, n. 147 e 29 luglio 1981 n. 206)

• D.M. 22 settembre 1999, n. 467 del Ministro del Commercio con l'estero di concerto con il Ministro del Tesoro (G. U. 14 dicembre 1999 n. 292)

• Decreto del Ministero delle Attività Produttive del 18.4.2005 di adeguamento dei criteri di individuazione delle PMI alla disciplina comunitaria (Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE).

• Regolamento (CE) N. 1998/2006 della Commissione del15 dicembre 2006 relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato agli aiuti d’importanza minore.

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I PROGRAMMI DI SIMEST, LA L. 100/90

SOCIETA’ ALL’ESTERO - SIMEST SpA

LEGGE 24.4.1990, n. 100

1 Che cos’è E’ la legge istitutiva della SIMEST S.p.A., finanziaria di sviluppo a partecipazione pubblica e privata, creata per incentivare la formazione di società o imprese all’estero. Dopo l’emanazione del Decreto n. 113 del 1° marzo 2000 (G.U. del 10 maggio 2000, n. 107) la legge può essere definita come lo strumento di sostegno degli investimenti italiani all’estero. La SIMEST S.p.a. è controllata dal Ministero del Commercio Internazionale. Ad essa è affidata la gestione degli strumenti per l’internazionalizzazione.

2 Beneficiari Imprese italiane - ovvero imprese aventi stabile organizzazione in uno Stato dell’Unione Europea, controllate da imprese italiane - con preferenza per quelle di piccole e medie dimensioni, anche in forma cooperativa, comprese quelle commerciali, artigiane e turistiche - interessate a costituire una società estera o sottoscrivere un aumento di capitale sociale o acquisire quote di partecipazione in una impresa estera già costituita.

3 Paesi di destinazione

Tutti, esclusa l’Unione Europea.

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4 Tipo di intervento

PROMOZIONE: SIMEST • indirizza gli operatori verso iniziative e partecipazioni in

paesi esteri, promuovendo società locali ed individuando opportunità di investimento.

CONSULENZA: SIMEST • assiste le imprese fornendo servizi personalizzati di

carattere tecnico, finanziario, amministrativo, organizzativo, anche in relazione al possibile accesso ai programmi internazionali di finanziamento delle joint-ventures, quali JOP/PHARE, TACIS, ECIP della Comunità europea.

FINANZIAMENTO: SIMEST • partecipa al capitale di società estere con quote di

minoranza (max 25%) e per un periodo massimo di 8 anni. Entro questo termine SIMEST dovrà procedere alla cessione delle sue quote ai valori di mercato;

• a fronte di finanziamenti concessi dal sistema bancario alle imprese per la loro partecipazione al capitale di rischio della società estera, la SIMEST SpA concede contributi agli interessi nei limiti del 90% della quota complessiva italiana di partecipazione entro il 51% del capitale della società estera partecipata;

• concede finanziamenti alle imprese estere partecipate, anche nell’ambito di operazioni di cofinanziamento con istituti internazionali (BERS, BEI, I.F.C.), ovvero altri enti sovranazionali, sempre entro la misura massima del 25% dell’impegno finanziario previsto dal programma economico della impresa o società estera;

• partecipa a società, italiane o estere, aventi finalità strumentali correlate al perseguimento degli obiettivi di promozione e sviluppo da parte di imprese italiane di iniziative di investimento e collaborazione commerciale ed industriale all’estero, quali società finanziarie, assicurative, di leasing e di factoring.

Inoltre, SIMEST, quale gestore unico di fondi pubblici, corrisponde, direttamente alle imprese italiane, contributi agli interessi (nella misura massima del 50% del tasso di riferimento) a fronte di finanziamenti concessi da banche, italiane o estere, della quota di capitale di rischio nelle società estere partecipate dalla stessa SIMEST. All’intervento diretto di SIMEST si aggiunge, quindi, la possibilità di accedere ai finanziamenti agevolati concessi dalle citate banche, nel rispetto comunque dei parametri stabiliti dall’U.E. in materia di intensità di aiuto pubblico alle imprese. Oltre alla suddetta agevolazione creditizia, le imprese italiane possono ricorrere alla garanzia assicurativa di SACE per la copertura dei rischi politici e commerciali derivanti dal mancato trasferimento dei fondi a loro spettanti, nei limiti della quota sottoscritta nella società estera partecipata da SIMEST, in base alle modalità operative e condizioni di polizza stabilite dalla stessa SACE.

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5 Importo dell’intervento

• SIMEST per l’assunzione di partecipazione nel capitale dell’impresa o società estera: in misura non superiore al 25%;

• BANCHE (italiane o estere) per la concessione del finanziamento agevolato: non superiore al 90% della quota di partecipazione dell’impresa italiana nella società estera, fino al 51% del capitale di quest’ultima.

Detti finanziamenti sono ammissibili entro l’importo massimo di: • 40.000.000,00 di euro, per impresa e per anno solare; • 80.000.000,00 di euro, per gruppo economico (insieme di

imprese i cui bilanci rientrano in uno stesso bilancio consolidato) e per anno solare.

6 Cosa fare per ottenerei benefici

L’operatore proponente presenta direttamente a SIMEST il progetto di società estera corredata da documentazione e da informazioni di carattere tecnico, industriale, economico, finanziario riguardanti sia l’impresa italiana sia, nel caso di joint venture, il partner estero. Per richiedere il contributo agli interessi, l’operatore presenta alla SIMEST SpA la richiesta di agevolazione completa della documentazione indicata nel modulo di domanda.

7 Procedura e tempi

I tempi medi per la conclusione dell’istruttoria e per un riscontro ufficiale con la valutazione di SIMEST sulle proposte di partecipazione sono contenuti in circa tre mesi. Non oltre tre mesi dalla data della delibera di partecipazione SIMEST, l’operatore può richiedere l’intervento agevolato della stessa SIMEST, utilizzando un apposito modulo, reperibile presso quest’ultima. Il finanziamento è deliberato entro 6 mesi dalla presentazione della domanda da parte dell’operatore.

9 Riferimenti normativi

• Legge 24 aprile 1990, n. 100 (G.U. 3.5.1990 n. 101), normativa vigente, comprensiva delle modifiche successivamente intervenute

• D.M. 1° marzo 2000, n. 113 (G.U. 10.5.2000, n. 107)

10 Funzioni del Ministero del Commercio Internazionale

Il Ministro del Commercio Internazionale è azionista di maggioranza della SIMEST Spa, formula le linee direttrici di intervento e relaziona annualmente al Parlamento sull’attività di SIMEST.

11 Commenti Le agevolazioni di SIMEST sono cumulabili con quelle di organismi comunitari ed internazionali.

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I PROGRAMMI DELLA SIMEST

STUDI DI FATTIBILITÀ E PREFATTIBILITÀ E PROGRAMMI DI ASSISTENZA TECNICA

Studi di perfettibilità e fattibilità connessi all'aggiudicazione di commesse

A cosa serve Lo scopo è di finanziare le spese relative a studi di prefattibilità e di fattibilità connessi all’aggiudicazione di commesse in Paesi non appartenenti all’Unione Europea, in cui il corrispettivo è costituito, in tutto o in parte, dal diritto di gestire l’opera. Il finanziamento copre al massimo il 50% del totale complessivo delle spese in preventivo con un importo non superiore a Euro 361.000,00, fatte salve eventuali riduzioni di importo determinate dall'applicazione dell'art. 2.comma 2. del Regolamento CE "de minimis" che fissa in 200.000,00 euro nell'arco di 3 esercizi finanziari l'importo complessivo degli aiuti "de minimis" concessi al richiedente. L'importo è ridotto a 100.000 euro qualora il beneficiario sia un'impresa attiva nel settore del trasporto su strada. La durata massima è di 3 anni e 6 mesi, compreso un periodo di preammortamento di 6 mesi in cui sono corrisposti solo gli interessi. Quale è la finalità Sostenere con finanziamenti agevolati le imprese italiane, loro consorzi o associazioni, che predispongono studi di prefattibilità e di fattibilità connessi all’aggiudicazione di commesse in Paesi non appartenenti all’Unione Europea, in cui il corrispettivo è costituito, in tutto o in parte, dal diritto di gestire l’opera. Iniziative finanziabili Spese relative a studi di prefattibilità e fattibilità connessi all’aggiudicazione di commesse, in cui il corrispettivo è costituito in tutto o in parte dal diritto di gestire l’opera. Sono ammissibili le spese sostenute nell’arco dei sei mesi che decorrono dalla delibera di concessione del finanziamento. In quali paesi Paesi non appartenenti all’Unione Europea. Forma di intervento Finanziamenti a tasso agevolato a valere su un Fondo a carattere rotativo. Spese finanziabili Tutte le spese inserite nel preventivo a firma del legale rappresentante. In particolare, salari, emolumenti dovuti a consulenti o ad esperti, viaggi, studi di supporto, test, altre spese di natura tecnica che risultino strettamente collegate allo studio da effettuare. Importo finanziabile 50% delle spese globali inserite nel preventivo di spesa per un importo comunque non superiore a Euro 361.000,00; Limiti Per la stessa commessa, complessivamente, possono essere finanziati studi di prefattibilità e di fattibilità per un importo totale non superiore a Euro 1.032.000,00. Qualora le richieste di finanziamento di più studi di prefattibilità e di fattibilità, relativi alla stessa commessa, comportino un impegno finanziario maggiore, si procede a riduzioni proporzionali.

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Durata del finanziamento La durata complessiva del finanziamento non può essere superiore a 3 anni e sei mesi, a partire dalla data di stipula del contratto, comprensivi di un periodo di preammortamento di 6 mesi in cui sono corrisposti solo gli interessi. Le rate sono semestrali, posticipate, a quote costanti di capitale più gli interessi sul debito residuo. Tasso di interesse Fisso per tutta la durata del finanziamento e pari al 25% del tasso di riferimento applicabile alle operazioni di credito all’esportazione effettuate con raccolta all’interno a tassi variabili, vigente alla data di stipula del contratto di finanziamento. Garanzie Le erogazioni del finanziamento sono subordinate alla presentazione delle garanzie deliberate dal Comitato tra le seguenti:

• fideiussione bancaria redatta secondo lo schema predisposto dalla SIMEST e rilasciata da banche di gradimento della SIMEST medesima;

• fideiussione assicurativa redatta secondo lo schema predisposto dalla SIMEST e rilasciata da compagnie assicurative di gradimento della SIMEST medesima;

• fideiussione di Consorzi di Garanzia Collettiva Fidi (Confidi) appositamente convenzionati con la SIMEST; (garanzia parziale)

• fideiussione di Intermediari Finanziari appositamente convenzionati con la SIMEST; (garanzia parziale)

• pegno su titoli. A fronte di una parte del finanziamento può essere concessa una riduzione di garanzia nella misura massima deliberata dal Comitato Agevolazioni per le imprese sufficientemente affidabili. Tale riduzione di garanzia è riservata alle PMI che presentino un adeguato valore di scoring (sistema di scoring disponibile sul sito Internet di SIMEST) a condizione:

che l'importo della riduzione di garanzia non superi il patrimonio netto dell'impresa;

che l'impresa sia operativa da almeno tre anni, dove l'operatività deve riguardare l'attività caratteristica rispetto alla quale è richiesto l'intervento e fare riferimento a tre esercizi completi con bilancio depositato.

Procedura L'impresa presenta la richiesta di finanziamento alla SIMEST, allegando al modulo di domanda la documentazione in esso indicata. Il modulo di domanda prevede che l’impresa fornisca una serie di informazioni, alcuni dati e documenti, i bilanci degli ultimi tre esercizi disponibili, una relazione illustrativa dell’operazione, il preventivo delle spese da sostenere e le informazioni relative a eventuali soggetti esterni (agenzia specializzata, operatore locale o altri soggetti) che devono effettuare lo studio. Nel valutare la richiesta la SIMEST accerta la capacità economica e finanziaria dell'impresa in relazione al programma presentato e verifica la finanziabilità delle spese preventivate, nonché la validità economico-commerciale dello studio di prefattibilità o fattibilità. In merito alla validità economica e commerciale dell’attività per la quale è richiesto il finanziamento e alla situazione dei mercati esteri di destinazione, la SIMEST SPA può richiedere informazioni al Ministero del Commercio Internazionale. La richiesta di finanziamento è sottoposta al Comitato sulla base di un criterio strettamente cronologico entro 90 giorni dalla data di presentazione della domanda. Il Comitato delibera in merito alla concessione del finanziamento e alla relativa garanzia. A seguito della delibera, la SIMEST provvede alla stipula del contratto di finanziamento, all’assunzione delle garanzie (entro due mesi dalla stipula del

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contratto) e all’erogazione del finanziamento (entro il mese successivo) in un’unica soluzione.

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4. Case histories & Success stories

Promofirenze, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Firenze, per rispondere alle esigenze sempre più specifiche delle aziende del territorio ha creato un servizio personalizzato di assistenza specialistica che può consentire alle PMI di affrontare i mercati esteri in maniera più efficiente ed efficace.

Dalla fine del 2001 ad oggi sono ormai più di 600 le aziende che, attraverso l’intervento di Promofirenze, grazie alla realizzazione di progetti tailor made, hanno incrementato la loro presenza sui più diversi mercati internazionali. Abbigliamento e confezioni, accessori ed articoli da regalo, meccanica, arredamento e complemento, industria chimica, agro-alimentare, elettronica e servizi, sono solo alcuni dei principali settori su cui ci siamo focalizzati, venendo così incontro alle esigenze delle aziende in paesi come Russia, Repubbliche Baltiche, Polonia, Ukraina, Romania, Bulgaria, Stati Uniti, Canada, Cina, Brasile, Messico, Perù, Giappone, India ed altri dove ci possiamo comunque attivare su specifica richiesta.

Promofirenze ha creato una propria rete di esperti del marketing e dei servizi con la finalità di sostenere le iniziative delle aziende e fornire ogni genere di assistenza qualificata su attività commerciali, sia dove la presenza può essere garantita da uffici operativi (Promofirenze ha attivato propri desk a Mosca, Pechino, Tokyo, Città del Messico Lima, S.Paolo del Brasile, Buenos Aires, Mumbai e Abu Dhabi), sia sulle restanti aree, attraverso contatti consolidati nel tempo.

I servizi richiesti con maggior frequenza dalle aziende sono:

Ricerca e selezione di clienti/agenti/distributori o concessionari; Individuazione, su un determinato mercato, di uno o più partner selezionati

per avviare produzioni congiunte o per programmare eventuali investimenti in società miste;

Valutazioni di mercato e di posizionamento del prodotto con raccolta di notizie ed informazioni in materia doganale e fiscale, sui sistemi distributivi, sugli incentivi finanziari nazionali e specificamente di fonte comunitaria;

Ricerche di mercato ed indagini sui prodotti (materie prime o semilavorati) da importare/esportare;

Programmazione di fiere e attività di marketing all’estero e organizzazione logistica attraverso inviti ad operatori e mailing mirate;

Col tempo e con il consolidamento dell’esperienza la struttura è arrivata ad essere in grado di rispondere a qualsiasi altro tipo di esigenza relativa ai progetti di espansione sui mercati esteri. In particolare si è ampliata la rosa di servizi andando incontro alle esigenze registrate nel corso delle oltre 250 visite aziendali condotte:

Servizio di Export Check-up: per accrescere il livello di consapevolezza delle imprese nella gestione della loro attività di export, attraverso strumenti oggettivi di analisi delle funzioni aziendali in rapporto con le caratteristiche richieste da tale attività, con l’obiettivo di giungere ad una pianificazione assistita degli interventi sui mercati esteri;

Servizio di Incubatore Per l’Internazionalizzazione (SIPI): per dare seguito all’azione di screening e selezione di potenziali operatori in un mercato di riferimento, Promofirenze, su specifico mandato dell’azienda, si impegna a sviluppare tale mercato, rappresentando quest’ultima nelle varie trattative

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commerciali ed amministrative fino ad arrivare alla gestione degli ordini dei partner esteri.

Presentiamo qui di seguito due case histories che rappresentano due esempi di servizi che con esiti positivi per le aziende che hanno lavorato con nostra struttura. CASO 1 – Azienda del settore agroalimentare verso il mercato egiziano Nel 2007 una primaria azienda del settore della produzione di caffè si è rivolta a noi per valutare la possibilità di estendere la propria rete di franchising, già operativa sul mercato nazionale ed europeo, verso altre aree. Riportiamo qui una offerta tecnica mirata a proporre al cliente la fornitura del servizio specialistico di ricerca di potenziali partner commerciali in Egitto finalizzato all’apertura di nuovi punti vendita in franchising sul Paese in oggetto. L’esito è stato positivo dato che nel 2008 si è aperto il primo negozio in Franchising al Cairo. Pag.1 Come si può vedere la proposta tecnica parte inquadrando la tipologia di mercato, il profilo dell’azienda interessata e fornendo alcune informazioni preliminari sul mercato target.

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Pag. 2 In questa seconda pagina si descrive l’obiettivo che si intende raggiungere con il servizio in questione e la metodologia operativa. Naturalmente è fondamentale identificare correttamente il target di riferimento, in termini di operatori da contattare.

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Pag. 3 In questa parte della proposta viene evidenziato in dettaglio la modalità operativa, ed in particolare come saranno organizzati e realizzati gli incontri come da preventiva richiesta dell’utente. Si evidenzia inoltre quali elementi sono considerati necessari da parte dell’azienda, per poter garantire il buon esito del progetto.

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CASO 2 – Ricerca operatori commerciali in Russia In questo particolare caso un’azienda ha richiesto i nostri servizi per sviluppare contatti in Russia con operatori del settore arredamento allo scopo di avviare rapporti commerciali. Anche in questo è stato importante “profilare” correttamente l’azienda italiana allo scopo di presentarla in maniera efficace sul mercato russo.

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Pag. 2 In questa pagina prosegue la descrizione della modalità di erogazione del servizio, dettagliando la modalità di ricerca dei profili di cooperazione, la modalità di contatto con gli stessi, di promozione della produzione dell’azienda italiana. Una fase successiva del servizio (“FASE 2”) è finalizzata alla realizzazione degli incontri bilaterali, anche in questo caso assistiti da personale specializzato.

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Pag. 3 Questa pagina della nostra offerta contiene gli aspetti residuali della proposta, seppure di una certa importanza. Uno degli aspetti che vogliamo qui sottolineare è, ad esempio, l’indicazione chiara della durata di validità dell’offerta, nonché i nominativi (ed i riferimenti) degli esperti che seguiranno in prima persona l’erogazione del servizio.

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L’azienda decide di internazionalizzarsi

Azienda SENZA esperienza di internazionalizzazione

Azienda CON esperienza

ampliamemer

Fase di EXPORT CHECK UP dell’azienda per verificare la reale possibilità per l’impresa di muoversi sui mercati esteri

Verifica capacità strutturali e finanziarie

Verifica della capacità del prodotto di penetrare il mercato (design, qualità,

prezzo, assistenza, ecc.)

Report sintetico sull’EXPORT CHECK UP e preparazione proposta Servizio di

Assistenza Specialistica

PROGETTO PROALL’INTERNAZIO

di inte nto e ccati esi

METNALI

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rnazionalizzazione

onsolidamento dei stenti

Preparazione proposta Servizio di Assistenza Specialistica, completa di: ‐ Descrizione proposta; ‐ tempi; ‐ modalità operative; ‐ costi; ‐ obiettivi

Contatti costanti con l’azienda per

aggiornamenti e informazioni aggiuntive

Accettazione e avvio Servizio personalizzato di Assistenza

Specialistica

Analisi della soddisfazione dell’azienda e contatto dopo 3

6 mesie

Conclusione attività operativa sul mercato estero e REPORT

completo all’azienda sull’esito del servizio

EO: FLUSSO DI PROCESSO RELATIVO

ZZAZIONE DELLE PMI E PROCESSO

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Individuazionefabbisogni

Progettazioneservizio

Gestione servizioassistenza

Follow-up

OBIETTIVIOBIETTIVI

• Check-up aziendale • definizione offerta di intervento

• individuzione fonte finanziaria per l’investimento

• azioni programmate

• esecuzione intervento

• verifiche

Individuazionefabbisogni

Progettazioneservizio

Gestione servizioassistenza

Follow-up

OBIETTIVIOBIETTIVI

• Check-up aziendale • definizione offerta di intervento

• individuzione fonte finanziaria per l’investimento

• azioni programmate

• esecuzione intervento

• verifiche

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