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SANT’ANNA NEWS Newsletter dell’Associazione Ex-Allievi Scuola Superiore S. Anna – Pisa semestrale Numero 24 gennaio 2005 N on avevamo ancora ven- t’anni quando ci conoscem- mo. Ciascuno di noi veniva dal suo liceo, dalla sua provincia ed essere in quel collegio a Pisa, all’uni- versità, significava per Tiziano, per me e per gli altri superare i confini dentro i quali eravamo cresciuti, en- trare in un mondo più grande, scru- tarlo e cercarci quello che quei con- fini ci avevano negato. Si crearono, come sempre accade, amicizia più strette e si formarono piccoli gruppi, all’interno dei quali la ricerca avve- niva lungo gli stessi percorsi. Ed era- no percorsi i più diversi. Potevano essere infinite discussioni notturne sulla Montagna Incantata o trasgressi- ve esperienze di coppia, vissute nello stesso collegio contro le regole di al- lora, che vietavano in radice l’in- gresso di ragazze nelle nostre stanze. Giuliano e Diana, Romano ed Ele- na, Enrico ed Erna e poi Tiziano e Angela fecero da battistrada su que- sto percorso. E furono insieme anche su altri. Poi ciascuno prese la sua strada e continuò da solo (o meglio, solo con la sua compagna) la sua ri- cerca. E fu a quel punto, quando da poco tutti avevamo lasciato il colle- gio, che capii che la ricerca di Tizia- no mirava più lontano di quella de- gli altri. Come Romano e Carlo ave- va aderito alla richiesta di personale che allora la Olivetti indirizzava ai migliori delle università (il personale lo selezionava Paolo Volponi) e si era trovato a bussare alle porte per vendere macchine da scrivere. Lo sapeva che era un’esperienza tempo- ranea, che era la gavetta a cui tutti si dovevano assoggettare in vista di la- vori più gratificanti. Ma non la sop- portava e soprattutto non vedeva se stesso neppure in quei lavori più gra- tificanti. Mi telefonava sempre in- soddisfatto e mi diceva: “Ma io vo- glio fare il giornalista in Cina e ci riuscirò”. È già grossa detta oggi da un ragazzo di quell’età, ma allora era enorme. Allora in Cina non si en- trava neppure e io gli dicevo: “Tizia- no, sei completamente matto, pa- zienta qualche mese e vedrai che le cose cambiano”. Ma la sua testa non era nell’Olivetti, era in Oriente. Che ci fosse perché già Tiziano sapeva che cosa cercarvi e, soprat- tutto, che cosa ci avrebbe trovato nella stupenda stagione che ha vis- suto prima di “abbandonare il suo corpo”, io francamente non lo credo. Gli attribuirei di più di quanto già non avesse e lo farei essere quello che ancora non era. Ma è certo che la tenacia, la vera e propria ostina- zione con cui si mise a perseguire quel disegno, che io trovavo folle, qualcosa lo provano: almeno emoti- vamente sentiva che là per lui c’era qualcosa di tanto importante da es- sere irrinunciabile. E riuscì ad andar- ci. Cominciò a scrivere per un gior- nale italiano e queste sue prime cre- denziali gli consentirono, con l’aiuto credo di Angela e della sua famiglia, di arrivare a «Der Spiegel» e di dive- nire inviato dello stesso «Spiegel» non in Cina, ma ai bordi di questa (come tutti i giornalisti occidentali del tempo). Iniziò così un’avventura che di- venne una nuova vita, per lui e per la famiglia che si stava formando. E fu una vita segnata da cambiamenti profondi, da un inveramento pro- gressivo dell’animo di Tiziano, che oggi ci appare guidato da un filo si- curo, ma che sicuro certamente non fu. Gli costò anni di riflessione, mentre gli passavano sotto gli occhi vicende ora umanissime ora atroci; ed anni di meditazione solitaria con gli occhi puntati sulla montagna e la mente e il cuore a frugare ancora in quelle vicende. Quel filo, insomma, Tiziano se lo è trovato, lo ha distri- cato da chissà quanti altri e ha dato da ultimo un senso straordinario e profondo alla ricerca che aveva co- Editoriale Questo numero non poteva che es- sere dedicato a Tiziano Terzani. La sua scomparsa ci ha addolorato tut- ti, compagni di Corso e di Collegio che con lui hanno vissuto gli anni della giovinezza, ex allievi che l’hanno incontrato, già famoso, du- rante una delle visite alla Scuola, studenti di oggi che con lui si sono intrattenuti, affascinati dalle sue pa- role e dal modo in cui riusciva a tra- smettere la sua filosofia di vita. Quando la risonanza della notizia si è affievolita, abbiamo cercato di ri- cordarlo tra noi, più sommessamen- te, quasi in famiglia, attraverso le testimonianze di amici e di compa- gni del vecchio Collegio Medico Giuridico che hanno seguito con orgoglioso affetto la sua straordina- ria carriera e ora debbono rasse- gnarsi alla sua assenza aggrappando- si al filo del ricordo di un pezzo di vita trascorsa in comune. Tiziano Terzani rivive per tutti nei suoi libri e nei suoi articoli, per noi rivive in modo particolare grazie a queste te- stimonianze dirette. Il numero presenta altri fatti relativi alla Scuola e all’Associazione. Tra i molti segnalo l’interessante rasse- gna di Paolo Malanima sull’evolu- zione delle fonti di energia usate in Italia nell’arco di due secoli. Il Coordinatore propone il tema per il prossimo Convegno di autunno in- sieme ad una serie di considerazioni su eventi che riguardano l’Associa- zione e gli Allievi. Dalla Scuola, Nicola Bellini fa il punto sullo stato della formazione degli allievi. C’è poi un’intervista a sir Alfred Cu- schieri, il mago della chirurgia en- doscopica, ora professore al Sant’Anna. Infine, la consueta gal- leria degli allievi diplomati e dei nuovi Allievi insieme a una sintesi sulle motivazioni della loro scelta di concorrere al Sant’Anna. Di altri importanti eventi per la Scuola, co- me l’approvazione del nuovo Statu- to, abbiamo riservato una analisi più puntuale per il prossimo nume- ro. Insomma la vita continua e quella della nostra Associazione e della Scuola è tutt’altro che mono- tona, ed è per questo che seguita ad interessarci e a renderci partecipi, anche se abbiamo i capelli bianchi. (bg) Tiziano, una vita alla ricerca non solo di sé di Giuliano Amato (Continua a pag. 6) Foto ricordo in occasione del conferimento del Campano d’Oro a Tiziano Ter- zani, avvenuto nel giugno del 2000. Da sinistra: Gino Bartalena, Tiziano Ter- zani, Brunello Ghelarducci, Alberto Di Maio, Franco Mosca.

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SANT’ANNA NEWSNewsletter dell’Associazione Ex-Allievi Scuola Superiore S. Anna – Pisa

semestraleNumero 24 • gennaio 2005

Non avevamo ancora ven-t’anni quando ci conoscem-mo. Ciascuno di noi veniva

dal suo liceo, dalla sua provincia edessere in quel collegio a Pisa, all’uni-versità, significava per Tiziano, perme e per gli altri superare i confinidentro i quali eravamo cresciuti, en-trare in un mondo più grande, scru-tarlo e cercarci quello che quei con-fini ci avevano negato. Si crearono,come sempre accade, amicizia piùstrette e si formarono piccoli gruppi,all’interno dei quali la ricerca avve-niva lungo gli stessi percorsi. Ed era-no percorsi i più diversi. Potevanoessere infinite discussioni notturnesulla Montagna Incantata o trasgressi-ve esperienze di coppia, vissute nellostesso collegio contro le regole di al-lora, che vietavano in radice l’in-gresso di ragazze nelle nostre stanze.Giuliano e Diana, Romano ed Ele-na, Enrico ed Erna e poi Tiziano e

Angela fecero da battistrada su que-sto percorso. E furono insieme anchesu altri. Poi ciascuno prese la suastrada e continuò da solo (o meglio,solo con la sua compagna) la sua ri-cerca. E fu a quel punto, quando dapoco tutti avevamo lasciato il colle-gio, che capii che la ricerca di Tizia-no mirava più lontano di quella de-gli altri. Come Romano e Carlo ave-va aderito alla richiesta di personaleche allora la Olivetti indirizzava aimigliori delle università (il personalelo selezionava Paolo Volponi) e siera trovato a bussare alle porte pervendere macchine da scrivere. Losapeva che era un’esperienza tempo-ranea, che era la gavetta a cui tutti sidovevano assoggettare in vista di la-vori più gratificanti. Ma non la sop-portava e soprattutto non vedeva sestesso neppure in quei lavori più gra-tificanti. Mi telefonava sempre in-soddisfatto e mi diceva: “Ma io vo-

glio fare il giornalista in Cina e ciriuscirò”. È già grossa detta oggi daun ragazzo di quell’età, ma allora eraenorme. Allora in Cina non si en-trava neppure e io gli dicevo: “Tizia-no, sei completamente matto, pa-zienta qualche mese e vedrai che lecose cambiano”. Ma la sua testa nonera nell’Olivetti, era in Oriente.

Che ci fosse perché già Tizianosapeva che cosa cercarvi e, soprat-tutto, che cosa ci avrebbe trovatonella stupenda stagione che ha vis-suto prima di “abbandonare il suocorpo”, io francamente non lo credo.Gli attribuirei di più di quanto giànon avesse e lo farei essere quelloche ancora non era. Ma è certo chela tenacia, la vera e propria ostina-zione con cui si mise a perseguirequel disegno, che io trovavo folle,qualcosa lo provano: almeno emoti-vamente sentiva che là per lui c’eraqualcosa di tanto importante da es-sere irrinunciabile. E riuscì ad andar-ci. Cominciò a scrivere per un gior-nale italiano e queste sue prime cre-denziali gli consentirono, con l’aiutocredo di Angela e della sua famiglia,di arrivare a «Der Spiegel» e di dive-nire inviato dello stesso «Spiegel»non in Cina, ma ai bordi di questa(come tutti i giornalisti occidentalidel tempo).

Iniziò così un’avventura che di-venne una nuova vita, per lui e perla famiglia che si stava formando. Efu una vita segnata da cambiamentiprofondi, da un inveramento pro-gressivo dell’animo di Tiziano, cheoggi ci appare guidato da un filo si-curo, ma che sicuro certamente nonfu. Gli costò anni di riflessione,mentre gli passavano sotto gli occhivicende ora umanissime ora atroci;ed anni di meditazione solitaria congli occhi puntati sulla montagna e lamente e il cuore a frugare ancora inquelle vicende. Quel filo, insomma,Tiziano se lo è trovato, lo ha distri-cato da chissà quanti altri e ha datoda ultimo un senso straordinario eprofondo alla ricerca che aveva co-

EditorialeQuesto numero non poteva che es-sere dedicato a Tiziano Terzani. Lasua scomparsa ci ha addolorato tut-ti, compagni di Corso e di Collegioche con lui hanno vissuto gli annidella giovinezza, ex allievi chel’hanno incontrato, già famoso, du-rante una delle visite alla Scuola,studenti di oggi che con lui si sonointrattenuti, affascinati dalle sue pa-role e dal modo in cui riusciva a tra-smettere la sua filosofia di vita.Quando la risonanza della notizia siè affievolita, abbiamo cercato di ri-cordarlo tra noi, più sommessamen-te, quasi in famiglia, attraverso letestimonianze di amici e di compa-gni del vecchio Collegio MedicoGiuridico che hanno seguito conorgoglioso affetto la sua straordina-ria carriera e ora debbono rasse-gnarsi alla sua assenza aggrappando-si al filo del ricordo di un pezzo divita trascorsa in comune. TizianoTerzani rivive per tutti nei suoi librie nei suoi articoli, per noi rivive inmodo particolare grazie a queste te-stimonianze dirette.Il numero presenta altri fatti relativialla Scuola e all’Associazione. Tra imolti segnalo l’interessante rasse-gna di Paolo Malanima sull’evolu-zione delle fonti di energia usate inItalia nell’arco di due secoli. IlCoordinatore propone il tema per ilprossimo Convegno di autunno in-sieme ad una serie di considerazionisu eventi che riguardano l’Associa-zione e gli Allievi. Dalla Scuola,Nicola Bellini fa il punto sullo statodella formazione degli allievi. C’èpoi un’intervista a sir Alfred Cu-schieri, il mago della chirurgia en-doscopica, ora professore alSant’Anna. Infine, la consueta gal-leria degli allievi diplomati e deinuovi Allievi insieme a una sintesisulle motivazioni della loro scelta diconcorrere al Sant’Anna. Di altriimportanti eventi per la Scuola, co-me l’approvazione del nuovo Statu-to, abbiamo riservato una analisipiù puntuale per il prossimo nume-ro. Insomma la vita continua equella della nostra Associazione edella Scuola è tutt’altro che mono-tona, ed è per questo che seguita adinteressarci e a renderci partecipi,anche se abbiamo i capelli bianchi.(bg)

Tiziano, una vita alla ricercanon solo di sé

di Giuliano Amato

(Continua a pag. 6)

Foto ricordo in occasione del conferimento del Campano d’Oro a Tiziano Ter-zani, avvenuto nel giugno del 2000. Da sinistra: Gino Bartalena, Tiziano Ter-zani, Brunello Ghelarducci, Alberto Di Maio, Franco Mosca.

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Come individui, noi siamo ilprodotto di tre fattori prin-cipali: i geni trasmessi dai

genitori, l’ambiente di crescita, e levicende, le scelte, le esperienze per-sonali. Nel caso del nostro grandeamico Tiziano Terzani – e dico no-stro perché siamo moltissimi a pre-tendere di averlo avuto per amico –questi fattori cooperarono meravi-gliosamente, creando una persona-lità straordinaria.

Io non ebbi l’occasione di cono-scere bene i suoi genitori, ma daisuoi racconti mi risultavano personedi modeste condizioni economiche,il che dà ancora più valore alla sto-ria umana e professionale di Tizia-no. Le sue qualità, lui le coltivò inun mondo familiare molto semplice,entro un tessuto cittadino sanamen-te democratico, a cui era ancoraestraneo qualsiasi privilegio legatoalla posizione sociale; e successiva-mente le alimentò con la “pappafiorentina” e con il supplemento pi-sano di quell’ambiente eccezionaleche era il Collegio Medico-Giuridi-

co (ora Scuola Superiore Sant’An-na) annesso alla Scuola Normale.Fu su queste basi che Tiziano si co-struì una vita originale e spettacolo-sa, che potremmo definire un vero“capolavoro fiorentino”.

Firenze è una meravigliosa città,e chi nasce a Firenze è fortunato inpartenza. E sia ben chiaro che que-sto riconoscimento, quando vieneda un senese, vale almeno il doppio.(Gli amici fiorentini, però, evitinodi ringalluzzirsi troppo, perché daFirenze sono derivati anche ben al-tri accidenti!). Firenze è come unagenerosa balia che ti offre un nutri-mento ricchissimo, vero e proprionettare, appunto la “pappa fiorenti-na”, che è una miscela speciale fattadi chiassosità e d’intraprendenza po-polare, di arte e di storia, di bellezzaarchitettonica e di luoghi ameni; ètutta quella cultura che respirinell’aria fin da piccolo nelle strade enelle piazze o anche quando – unpo’ riluttante – vieni trascinato inchiesa o in museo, sicché, invece diannoiarti, impari a sognare a occhi

aperti, inseguendo le immagini of-ferte da pavimenti, pareti, soffitti.Se poi, come nel caso di Tiziano, siaggiunge una combinazione fortu-nata di geni e fattori che fornisconoforte carica vitale (che io chiamotoscanamente “grinta”), prestanzafisica, comunicatività, capacità im-prenditoriale, intelletto vivace e ri-flessivo, nonché generosità e spiritoetico, per forza che se ne ottiene unrisultato fenomenale.

Certo che nel “capolavoro” Ti-ziano si potevano trovare anchedelle imperfezioni, ma queste, comesuccede per tutti i capolavori, lorendevano più “vero” e ne aumen-tavano il fascino. Sia i notevoli pre-gi che i piccoli difetti erano benevidenti quando Tiziano arrivò incollegio nell’autunno del 1957. Il li-ceo e il resto della “pappa fiorenti-na” l’avevano stimolato socialmen-te e culturalmente e si capiva cheera avviato a una vivacissima e in-tensa vita intellettuale. Fra l’altro,aveva svolto attività teatrale ed eraappassionato di pittura. Era estre-

mamente interessato a popoli e co-stumi lontani (la sua vocazione aiviaggi ai confini del mondo) e ama-va lo studio delle lingue straniere,che imparava con rara facilità. Do-po i primi contatti, io (che ero al se-condo anno fra i “medici”) l’avevogià identificato come uno dei perso-naggi più notevoli fra i “legulei”.Starci assieme nelle combutte deldopocena era un’esperienza moltopiacevole e stimolante, che ti com-pensava ampiamente delle lungheore passate a studiare l’anatomia.Del resto, io sono sempre stato delparere che la convivenza di medicie giuristi fosse particolarmente feli-ce, perché dava ai medici una piùche opportuna spinta culturale incampo umanistico e ai giuristi uncontatto diretto con una realtàscientifica non estranea ai loro stu-di. Le nostre combutte non eranosempre fatte di dotte disquisizioni,anzi, spesso avevano un caratterescherzoso e goliardicamente vivace,ma alimentavano comunque undialogo continuo, in uno scambio

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Ricordo di Tiziano Terzanidi Enrico Mugnaini*

Enrico Mugnaini e Tiziano Terzani sotto la pioggia a Venezia

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incrociato di conoscenze, in unconfronto prezioso di esperienze e diinteressi. Ciò dava un contenutoparticolare a quest’esperienza uni-versitaria del Medico-Giuridico, al-la quale io ho sempre attribuito ungrandissimo valore, perché sono si-curo che ha contribuito a formare ead arricchire tutti noi “ex” al di làdella specifica preparazione accade-mica, così come sicuramente oggicontinua a formare gli allievi delSant’Anna.

Mi ricordo che in alcune di que-ste chiacchierate serali di tono piùserio Tiziano rivelò l’esistenza dellasua Angela, l’Angela Staude di fa-miglia tedesca trapiantata a Firenze,e ci fu presto chiaro che era lei ladonna alla quale lui aveva miratofin dagli anni del liceo, anche seinizialmente non pareva che il suointeresse venisse ricambiato. Poi,però, l’andar cercando fece breccia,direi nel giro di un anno o due, an-che se non ho mai verificato i tempicon Angela stessa. Questo legamemolto forte nato a vent’anni fu unfattore essenziale nella formazionedi Tiziano, oltre alla vita di colle-gio, e segnò positivamente tutta lasua vita, che molto si sarebbe ri-chiamata alla Germania, basta pen-sare al rapporto professionale conDer Spiegel, il settimanale per il qua-le lavorò come corrispondente davari Paesi dell’Asia.

Sulla scia di Romano Gabriele,un altro del Medico-Giuridico, chegli aprì le porte di Ivrea, venne poil’esperienza olivettiana, che Tizianofu pronto a utilizzare come “passa-porto internazionale” per lanciarsinel giornalismo al più alto livello,giornalismo d’inchiesta per raccon-tare i grandi eventi della storia con-temporanea e scoprire realtà scono-sciute. Una scelta quasi obbligataper uno come lui, dotato di un acu-to spirito di osservazione e animatoda forti curiosità intellettuali.

A differenza di molti che si ac-contentano di essere consumatori dicultura o anche solo d’informazio-ne, Tiziano fu presto preso dal desi-derio di diventare un produttored’informazione culturale sotto for-ma di reportages e di libri, nei qualinon c’erano soltanto fatti, ma an-che e soprattutto un’abbondanza difigure umane, le più varie e sorpren-denti, alcune delle quali sono rima-ste indimenticabili. Mi sembra cheTiziano avesse un interesse partico-lare per le persone in qualche modospeciali, o che cercano di andare alfondo delle cose, di capire aspettiparticolari della realtà e di docu-mentarli, come cercava di fare lui.Infiniti i suoi interessi, dall’arte allamedicina orientale, alla meditazio-ne, alla fotografia. Negli ultimi annisi era messo anche a fare pittura, e a

parer mio con ottimi risultati. Delresto, lui era intellettualmente do-tato a tal punto che sarebbe riuscitoin qualsiasi strada si fosse incammi-nato. Con la sua carica straordinariad’intelligenza e di grinta e la splen-dida collaborazione di Angela, Ti-ziano diventò una chiarissima di-mostrazione della duttilità del cer-vello umano, una proprietà pocosfruttata: mentre la stragrande mag-gioranza degli individui si ferma aun modello di vita ben stabilito, Ti-ziano continuò invece a trasformar-si, a rinnovarsi fino alla fine, en-trando in una sintonia oltremododinamica con eventi, situazioni, fi-gure e ambienti sempre diversi, inquella maniera sua speciale, razio-nale ed emotiva al tempo stesso,che gli rivelava anche gli anfrattipiù nascosti dell’umanità.

Nel suo girovagare professionale,lui si accorse prima di altri del gros-so spreco di potenziale umano checomportava l’assurdo e ingiusto re-gime di apartheid in Sud Africa,forse uno degli eventi più formatividella sua vita. Fu tra i primi a ren-dersi conto delle enormi crudeltàcommesse dalla classe politica diri-gente khmer-rossa che aveva malinterpretato e mal digerito le teorie

della sinistra parigina. Dalla primalinea di An Loc (Pelle di leopardo) ea Saigon (Giai Phong! La liberazionedi Saigon) vide tutto quello che ungiornalista ancora spericolato pote-va riuscire a vedere. Lesse i rapportidei colleghi sulla guerra che anchelui seguiva e capì che un giornalistapatriottico è come un segugio alguinzaglio e spesso pure con i pa-raocchi, ma fece anche presto a sco-prire i limiti che il reporter di guerradeve sapersi porre, perché per scri-vere il prossimo reportage bisognache rimanga in vita. Benché inizial-mente attratto dall’esperimento so-ciale ed egualitario della Cina, ungrande Paese martoriato per più diun secolo dal colonialismo, fu pron-to a riconoscere e raccontare leconseguenze tremendamente dan-nose, sia materialmente che umana-mente, e purtroppo irreversibili del-la rivoluzione culturale. Studiò lastoria e diventò sospettoso del pote-re, e pertanto apprezzò l’opera diEdward Said molto meglio di altrisuoi colleghi. Conobbe il valore deldubbio e capì che il bianco e il nerosono realtà minuscole rispetto algrigio, che è esteso enormemente edè in tante tonalità. Si accorse benedel mancato apprezzamento della

vita umana da parte di gruppi di po-tere guidati dal principio del “profit-to innanzitutto” (se non proprio aogni costo), e perciò riuscì a vedereche gli orrori di Bhopal sorpassava-no in grandezza l’orrore dell’attenta-to alle Torri Gemelle (e ancheadesso, aggiungo io, dopo tanti annidi attesa e il fresco paragone conl’11 settembre di New York, i dolla-ri di risarcimento ai disastrati diBophal sono così pochi da far scen-dere la gente in piazza a protestare.(vedi The International CampaignFor Justice In Bhopal - www.bho-pal.net/index.php; www.student-sforbhopal. org/). Seguì il travagliodelle ex repubbliche sovietiche, del-le quali sembrava predire il futuroscandagliando le ombre del presentee del passato, scrivendolo nell’effi-cacissimo libro-inchiesta dal vivoBuonanotte, Signor Lenin. Pur rile-vandone le insufficienze, guardòcon attenzione al buddismo perce-pendone il valore morale e spiritua-le di fronte agli effetti deleteri dellemultinazionali, alla trasformazionemal programmata del Terzo mondocon conseguenze nefaste sull’am-biente e sulla tradizione culturalelentamente maturata nei secoli, e difronte alle rivendicazioni che noidefiniamo semplicemente terrori-smo. E infine, sotto la spinta del suomale, scoprì prima i pregi e poi i li-miti della medicina moderna, e svi-luppò tecniche introspettive che loaiutarono negli ultimi tempi a sop-portare le sofferenze e a trovare unapace interiore con la quale soppor-tare meglio (non dico “combattere”,perché a Tiziano non piacevano leterminologie di guerra che si usanocosì frequentemente nella ricercascientifica e in medicina) il deterio-ramento fisico.

Io ebbi una gran paura che, allafine, sarebbe stato proprio il dolorea dirottare i suoi pensieri, e mi pro-curò una forte depressione il fatto dinon essergli stato vicino, sia pureper qualche ora, negli ultimi mesi divita. Invece Angela mi rassicuròche fu un distacco equilibrato, diuna calma nuova e insospettabileche segnava la tappa definitiva nelsuo processo di progressione interio-re; ed io penso che la sua grinta fu ilgancio che lo tenne attaccato finoall’ultimo alla serenità che lui avevaprogressivamente acquisito.

I miei figli Karin e Emiliano, chesi trovavano in Italia e ben sapeva-no dell’amicizia dei genitori con Ti-ziano e Angela, mi avvertirono del-la morte, ed Emiliano, venuto aChicago per una breve visita, miportò il numero di Repubblica del 30luglio con i tre pezzi di BernardoValli, Dario Pappalardo ed EugenioScalfari. Questi articoli rievocativisono come preziosi ritratti dal vivo

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Terzani col cappello e Mugnaini con il figlio Emiliano a Chicago

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di Tiziano, specialmente quello diValli, perché scritto da un collegache ha vissuto esperienze analoghealle sue e ha mantenuto con luicontatti frequenti, per ragioni pro-fessionali. Mentre noi ex collegialiabbiamo potuto rivedere Tizianotroppo brevemente e con rarità.

Ripenso appunto ai nostri incon-tri troppo occasionali nel tempo,dopo l’uscita dal Medico-Giuridico.Prima da solo, in avanscoperta, epoi con Angela, Tiziano ci raggiun-se inaspettatamente a Oslo in mis-sione Olivetti, alcuni mesi dopo laterribile alluvione di Firenze del ‘66,e in poco tempo familiarizzò con lacittà meglio di Erna e di me, cheeravamo lì già da tempo. Da Firenzesi era portato un libro di bellissime edrammatiche foto del disastrodell’Arno, che si cercò di piazzare invendita nei chioschi dei giornalinorvegesi, però senza successo.Qualche anno più tardi c’incon-trammo di nuovo a New York, dovelui e Angela vivevano in un appar-tamento anteguerra della ColumbiaUniversity, arredato semplicementecon un tavolo, qualche vecchia se-dia, un letto, e del quale mi ricordosopratutto le finestre grandi, i soffit-ti alti e il pavimento di legno. Tizia-no si preparava ad “osservare la Ci-na”, seguendo alla Columbia uncorso di giornalismo e affrontandoenergicamente la lingua cinese. Eanche lì bruciò le tappe, per poi an-darsene in Asia, un po’ allo sbara-glio e con la carica psicologica chenon lo abbandonerà mai più. Ed èqui, forse, il punto chiave della suavita con Angela, il punto in cui af-frontano assieme un’avventura pie-na di incognite. Ma Tiziano ce la fa,mentre altri si perdono. E Angela èla compagna ideale. Infine nel 1971venne il grosso incarico di Der Spie-gel e la sicurezza di una lunga per-

manenza nell’Oriente.Durante i soggiorni suoi e di An-

gela (e poi dei figli) a Singapore,Hong Kong, Pekino, Tokyo,Bangkok e Delhi comunicammo oc-casionalmente per lettera e telefo-no, e infine per posta elettronica,che lui poteva spedire anchedall’eremo dell’Himalaya, con l’aiu-to di un pannello solare, una batte-ria e un convertitore. Delle loroesperienze in Vietnam, in Cina e inGiappone Erna ed io apprendemmosoprattutto dagli articoli e dai libriche ci arrivavano puntualmente inomaggio. Un articolo di Tiziano sulCorriere della Sera o su un numero diDer Speigel trovato in aereo, nei no-stri ritorni a casa, portava puntual-mente a una chiamata telefonica:“Tiziano, ho letto il tuo articolo…”.Telefonata il più delle volte affidataa una segreteria per l’assenza del de-stinatario, in marcia chissà dove...

Tiziano e Angela si legavano for-temente ai posti dove risiedevano alungo. Erna ed io avremmo fattovolentieri una visita al loro “idilliothailandese”, la Turtle House, ma ciarrivammo troppo tardi, si erano giàtransferiti in India. Da alcuni anniTiziano ritornava spesso a Almara,forse anche per smaltire – con l’aiu-to della tangibile immensità dellanatura – un po’ delle scorie delmondo delle quali ne aveva vistauna buona parte. Alcuni anni fa, sa-pendo di una visita mia e di Erna anostra figlia Karin, che vive a HongKong con tre meravigliosi nipotinie un marito francese, Tiziano ci det-te l’indirizzo di un suo vecchio ami-co cinese a Hollywood Street.Quando dicemmo chi eravamo,fummo abbracciati all’istante conun entusiasmo commovente, chesubito, come un profumo, ci fece ri-cordare l’inconfondibile caloreumano di Tiziano. L’amico abban-

donò il suo negozio per portarci aprendere un tè e poterci scambiareserenamente i ricordi sul communeamico.

In seguito, ci fu un grande incon-tro organizzato da Elena Gabriele,moglie di Romano, a Venezia, chericordo come un sogno, perché can-cellò istantaneamente le distanze ditempi e di luoghi come se non fos-sero mai esistite. Infine, un breveincontro a New York al principiodelle aggressive terapie allo Sloan-Kettering, nella stanza che rivedocome fosse davanti agli occhi attra-verso la descrizione che ne fanell’ultimo libro. E infine una visitasul nostro “terreno” di Chicago do-po il successo, purtroppo tempora-neo, dei più avanzati interventi te-rapeutici. Erna ed io rimanemmocordialmente impressionati e stu-pendamente ammirati dalla vitalitàe dallo spirito che Tiziano ci mostròin quell’occasione. Non avevamoincontrato mai prima di allora unapersona che avesse affrontato contanta forza e capacità d’introspezio-ne il fatto di essere colpita da un tu-more poco conosciuto e probabil-mente già diffuso nel suo organi-smo. E poi continuò a sembrarci unmiracolo della medicina moderna,della quale anche Erna era una so-pravvissuta, quando per alcuni annile cose continuavano ad andar beneed arrivava da New York un annua-le messaggio ottimista.

Quindi ci furono ripetuti scambidi posta elettronica dopo l’attaccoalle Torri Gemelle e la lettera diOriana Fallaci, impregnata di unrabbioso risentimento (io, sbaglian-do, raccomandavo a Tiziano di nonscrivere subito la sua risposta a quel-la lettera, due posizioni contrappo-ste che poi si svilupparono in due li-bri best-seller). Ne seguirono ripe-tute raccomandazioni, sia da Tizia-

no sia da Angela, che era venutal’ora di lasciare l’America pervasada un’ondata di patriottismo un po’cieco e rientrare in Toscana. Lo sti-le delle ultime elezioni americaneha dimostrato che ci avevano vistogiusto, come al solito.

Infine perdemmo Tiziano pro-prio quando aveva fatto il passo chelo portava a diventare, da giornali-sta e analista politico, un produttoredi conoscenza.

Con le sue esperienze di lavoro edi vita e la sua grande energia emo-tiva, Tiziano aprì un enorme contonella banca della memoria, del qua-le avrebbe potuto incassare gli inte-ressi per tanti anni a venire e condi-viderli con amici e lettori. Fortuna-tamente, il conto Terzani è in co-mune con Angela e i loro figli Folcoe Saskia, per i quali costitutirà l’ere-dità piu preziosa che uno possa im-maginare. “Il gong del tempio si ètaciuto, ma il suono continua a ve-nire dai fiori”.

Tiziano, ti siamo grati dell’occa-sione di aver avuto una parte, sep-pur piccola, in questo capolavorofiorentino che è stata la tua vita. Esiamo grati anche al Medico-Giuri-dico che ci fece incontrare. Mi èspesso venuto da pensare che moltidi noi, se non fosse stato per l’espe-rienza collegiale, avrebbero proba-bilmente perso una buona dose delloro potenziale di capacità critichee intellettive. Mi ricordo bene delladiscussione con Tiziano a Chicago,quando concordammo nel dire chesi dovrebbero stanziare cospicui fon-di ministeriali per creare tanti colle-gi d’eccellenza come lo era il nostro,allo scopo di allargare il più possibleil grande privilegio di fare un’espe-rienza come la nostra.

Tiziano, forse gli anni al Medico-Giuridico prepararono il terreno al-la tua ricerca sul rapporto corpo-pensiero alla quale dà vita nel libro-testamento Un altro giro di giostra. Inquanto a noi amici, noi ti ricordere-mo fino a che ci sarà fisicamentepossible e porteremo con noi l’im-magine di te che scrivi uno dei tuoipenetranti reportages da un mondoin conflitto per poi andarti a rigene-rare, seduto a ginocchia incrociate“su un’alta roccia del crinale, senzapiù l’angoscia dello scorrere del tempo”là, di fronte alla casetta di pietra diAlmora, “dinanzi all’orizzonte traver-sato da catene e catene di montagnebianche e azzurre”, un posto dove atutti farebbe bene trascorrere diversimesi….

Enrico Mugnaini

*L’autore di questa rimembranza èfortemente grato all’amico Dino Sa-triano per il suo indispensabile e gene-roso aiuto editoriale.

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Tiziano Terzani in primo piano, dietro da sinistra: Erna Mugnaini, Piero Bertolucci, Romano Gabriele, Deborah Ga-briele, Angela Terzani, Elena Gabriele.

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Per ragioni anagrafiche io eTiziano Terzani non ci sia-mo mai incontrati nel Colle-

gio Medico Giuridico. Anche se,appena entrato, ho assorbito dallatradizione orale che in Collegio siè sempre attivata per gli allievinotevoli che vi sono transitati,tutto ciò che serviva per farsiun’idea del personaggio Terzanicolorita da numerosi aneddoti eravvivata dai suoi articoli che leg-gevo su riviste e giornali.

Più tardi, quando entrai nell’av-ventura del giornale, ebbi modo divederlo e di parlare con lui e dicondividere con Dino Satrianotutte le vicende che condussero aisuoi memorabili articoli comparsisul Sant’Anna News fino al 2000:dall’intervista a GiovanninoAgnelli, al racconto della surrealeesperienza dell’anno trascorso sen-za poter volare, fino alla delicatastoria dell’intervento di MadreTersa di Calcutta nelle vicendesentimentali del figlio Folco.

Desidero raccontare la storia diuno scambio di messaggi tra me eTiziano dove compare un leopar-do, leggero e gentile, dietro i lquale credo di intravedere l’ani-mo di Tiziano, altrettanto leggeroe gentile anche se oppresso dallaconsapevolezza di un destino ine-sorabile.

Il 20 maggio del 2001, dopoche Dino Satriano aveva lasciatola direzione del giornale, e io cer-cavo affannosamente ogni mezzoper portarlo avanti, scrissi a Ter-zani una e-mail per chiedergli unarticolo. Poco prima avevo parte-cipato ad un seminario sulla me-dicina tibetana che mi aveva fattoriconsiderare l’importanza dellamedicina non ufficiale nel rappor-to uomo-malattia e mi aveva col-pito per il ruolo che essa riservaagli stati emotivi nelle praticheterapeutiche. Mi ricordavo inoltredi una conversazione che avemmodurante una visita di Tiziano a Pi-sa in cui lui si mostrò molto inte-ressato alle mie ricerche sulla fi-siologia delle emozioni e sull’usodell’ipnosi medica per indurre sta-ti emotivi controllati nei soggettidurante gli esperimenti. In breve,gli chiesi di scrivere un pezzo conle sue considerazioni sulle medici-ne alternative orientali. Conclu-devo le mie argomentazioni perconvincerlo dicendo: “…chissàquante volte avrai avuto occasione ditoccare con mano questi aspetti dellacultura orientale… ti sarai fattoun’opinione…”. Aggiungendo contono sempre più suadente: “… ailettori del nostro giornale piacerebbemolto conoscerla e le tue considera-zioni avrebbero tutto il peso e l’im-

portanza portati da un vissuto cultu-rale da decenni legato all’oriente.”Concludevo il lungo preambolosparando la mia richiesta: “…sonoarrivato al dunque: ti chiedo se puoiscrivere un pezzo su questo argo-mento per il Sant’Anna News. Nonpongo scadenze, se me lo mandi do-mani verrà pubblicato nel prossimonumero di giugno, se me lo mandifra tre anni sarà un pezzo importan-te per il numero di allora.”.

Chiudevo la mia lettera, com-pletamente all’oscuro delle suecondizioni di salute: “… con gli au-guri per il tuo lavoro e un carissimosaluto.”

Circa un mese dopo mi arrivòla sua risposta che trascrivo inte-gralmente:

“Carissimo Brunello,solo ora leggo il tuo grido di ..aiu-

to, scendendo, solo per poco, a valledalle mie divine montagne Hymalaia-ne. Come ti dicevo l’anno scorso, vi-vo in una sorta di capanna senzaelettricità e bevendo l’acqua di unasorgente a cui si abbeverava anche ilcaro leopardo. Sono davvero “lonta-no”, anzi lontanissimo dal mondo esono certo che in fondo all’anima micapisci. Grazie per aver pensato a meed ora per scusarmi del mio silenzio...prima e dopo.

Un caro abbraccio t.t.Questa fu l’ultima lettera che

ricevetti da lui e sul momento ac-cettai il suo garbato rifiuto a scri-vere ma mi colpì moltissimo l’im-magine del caro leopardo.

Quasi esattamente tre anni piùtardi, quando mi trovai, insieme acentinaia di persone costernatecome me a Firenze per dare l’ulti-mo saluto a Tiziano Terzani inPalazzo Vecchio, questa immaginedel caro leopardo mi tornò in men-te e col pensiero rilessi la sua let-tera.

E allora, per la prima volta, pro-vai un senso di sconsolato rim-pianto per non aver capito subito,come lui era certo che facessi, ilvero significato di quel: …sonodavvero “lontano”, anzi lontanissimodal mondo…

Sento un nodo alla gola ognivolta che penso a queste sue paro-le e lo rivedo nei suoi panni bian-chi e sento la sua risata e avvertola sua prorompente vitalità. Dietrodi lui mi sembra anche di vedereun leopardo che beve alla sorgen-te, non è selvaggio né minaccioso,ma appare come un caro animale,gentile ed elegante, che senz’altroTiziano deve aver molto amato eammirato, forse perché espressionedi quella vitalità che a lui stavasfuggendo.

Brunello Ghelarducci

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“Ho visto un leopardo...”di Brunello Ghelarducci

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minciato molti anni prima. Per que-sto alla fine era sinceramente felice equando se ne è andato ci ha lasciato,non con il senso della morte, macon la felicità della vita.

L’Oriente che si trovò davantiquando vi giunse, e negli anni cheseguirono, fu quello del totalitarismodel comunismo cinese, della guerrain Viet Nam, dei massacri cambo-giani: arbitrii, uccisioni, autentichestragi, manomissioni della vita e del-la libertà umane in nome di spietateideologie. Non era imprevedibileche tutto questo facesse maturare ecrescere in Tiziano una ostilità sem-pre più forte nei confronti dellaguerra, la convinzione che essa possatrovare delle occasioni, mai delle ra-gioni. Meno prevedibile fu che que-sta ostilità arrivasse nel tempo ad as-sumere in lui le motivazioni e l’ispi-razione che portano il soldato giap-ponese Mizushima, il protagonistade “L’arpa birmana”, a farsi pretebuddista e a percorrere l’intera Bir-mania per trovare e seppellire i suoicompagni morti in guerra. Ma diquesto ci accorgemmo – e lui stesso

si accorse – molto più tardi.Ho avuto ripetuti contatti con

Tiziano nel corso degli anni. Nonabbiamo mai smesso di parlare dinoi, ogni volta che ci siamo visti; dinoi e dei nostri figli, che intanto era-no arrivati e cresciuti, e di quelloche stavano facendo e che un giornoavrebbero potuto fare insieme (al-meno i nostri figli maschi, entrambilegati al teatro). Ma parlavamo an-che del mondo e Tiziano, pur consa-pevole delle radici della violenzanello stesso oriente, le trovava inprimo luogo nel corrosivo individua-lismo e nella spietata competitivitàdella nostra civiltà occidentale. Lodiceva a me e non si peritava di dirloin posti come Cernobbio, dove lasua voce era, a dir poco, solitaria econtro-corrente.

Ma fin qui una voce del genere,per quanto inusitata a Cernobbio,appariva e veniva intesa come la vo-ce di uno dei tanti occidentali attira-ti dall’oriente e da quella civiltà ri-flessiva di cui l’India (dove infattiTiziano viveva sempre più a lungo)è una sorta di tempio. Io stesso – de-vo confessarlo – lo percepivo così,non avevo ancora capito che Tizia-no spiritualmente era ancora incammino, che non era un occiden-

tale pago di guardare criticamentel’occidente da oriente, ma continua-va a cercare, a cercare se stesso ed ilmondo. Lo avrei capito, e lo avrem-mo capito tutti, nella fase terminaledella sua vita, quando lui stesso capìche cosa stava cercando e finalmen-te lo trovò, guardando la montagna.Cercava, e trovò, la fondamentaleunicità del creato, l’essere tutti noipartecipi di un medesimo afflato,che è quello della vita, che passa dauna creatura all’altra e che così pre-serva il mondo, l’aria che respiriamo,l’acqua che beviamo, le bellezze chegodiamo. E quando ne fu pienamen-te consapevole, comunicò con gioiaai figli il suo eureka e in tutta sere-nità si accinse ad abbandonare il suocorpo.

Non solo sapeva a quel puntoperché sopravviviamo a noi stessi,ma sapeva perché non ha senso al-cuno la guerra, e lo sapeva perchévedeva finalmente l’errore di fondodello schema dialettico, quello checontrappone il mio io a ciò che è al-tro da me e che sorregge l’opzionefra la pace e la guerra, facendo dellascelta della pace una scelta (così cispiega il realismo) di basilare conve-nienza. Non c’è l’altro da me, questofu l’approdo di Tiziano. E su questo

approdo la pace non ha negazionepossibile.

Credo che sia qui, oltre che nelsuo straordinario fascino personale,la ragione dell’amore che lo circon-da e della quantità enorme, forseinaspettata, delle persone che conti-nuano a leggerlo, a parlare di lui, adadunarsi in ogni occasione in cui losi ricorda. In un mondo in cui anco-ra prevale la paura, e spesso è pauradell’altro da sé, è fortissimo il biso-gno di cancellarla questa paura ed èfortissimo perciò il desiderio di pace.Ma non faremmo un buon servizio aTiziano, né a quello che ci ha lascia-to, se ora trasformassimo lui in unsantone e Angela e i suoi figli inchierici addetti al suo altare. Se ilsuo approdo ha un senso, neppurelui è altro da noi ed è a noi che luistesso ha affidato la continuazionedella sua vita. Viviamola, questa vitasua e nostra, dentro noi stessi.

Quando seppi della sua mortevenni preso da un pianto irrefrenabi-le e mentre parlavo per telefono conAngela sentivo che la mia voce erarotta dai singhiozzi. Ora quel sensodi morte è scomparso. Perché la vitaè davanti a noi, la vita si vive, non sicommemora.

Giuliano Amato

Le due lettere che riportiamo dan-no un esempio dell’attenzione diTiziano Terzani ai casi umani e ri-velano il legame che lo ha sempreunito alla comunità degli ex allievidove ha ritrovato antichi compagnidi studio e di Collegio ma anchepersone non coetanee a cui potersirivolgere in tutta amicizia come inquesto caso, per chiedere un aiutoper un giovane medico pakistanoche egli conobbe durante la suapermanenza in Afganistan. Il senso

di appartenenza alla Scuola, indi-pendentemente dalla costituzionedell’Associazione degli Ex, era mol-to radicato in lui e ogni occasioneper visitarla, anche se non era piùil Collegio Medico Giuridico deisuoi tempi, costituiva sempre unevento gradito e felice.

August 2004

My heart trembles and so my fin-gers as I am attempting a tribute

to one of the splendid personality,Tiziano Terzani.War introduced him to me and I tohim. The common disgust for warmade us friends; a relation and ac-quaintance I esteem above everythingin my life. His uniqueness lies in thefact that his personality was notmoulded by the life he lived but viceversa. He alone gave to the world amessage and understanding of lifewhich has no match in the near pastand perhaps in the future.A message of non-violence, love andimmortality of soul; a message whichhe believed truly to alleviate the mis-ery of human kind from being plungedinto the quagmire of war and its fol-lies. His writings has beauty, faith,hope and love that will contribute tothe paradise image of life every human

being has so far dreamt and believed.When I came to Italy by his invitationthrough his dear and kind friend Prof.Mosca, I met him in his refuge in Flo-rence for last time. With a genuinebroad smile he told me a secret whichturned out a fact very soon to mygrief. “Saeed” told he “I had carried astomach cancer for more than fiveyears that will now kil l me in fewmonths”. I was stunned by the newsbut great and brave was he wholaughed at his death for he knew andbelieved in the immortality of his soul;the only way, he said, to conquerdeath is to accept it bravely and laugh-ingly. Later, he took his old car anddrove himself to the town, saying thatwas probably his last time to drive thatmachine in his life.He bought for me a cooking-steameras a present that broke permanentlythe evening I received the message ofhis death. I wept but briefly at thenews for I flashed upon his brightsmile when he had told me that newshimself four months ago. I hope thatthat great smile will also make mesmile at my own death one day and Iwould be sure then that I have under-stood and lived his message to theworld.

Dr. Saeed Khane-mail: [email protected]

Il Dottor Saeed Khan (nella foto),dopo aver trascorso due anninell’Unità Operativa di Chirurgiagenerale e dei Trapianti dell’Azien-da ospedaliera di Pisa, sta per ritor-nare dal Pakistan per completare lasua Specializzazione in ChirurgiaGenerale. L’appello lanciato da Ti-ziano dall’Himalaya indiana tre an-ni fa ha dato i suoi frutti. E grazie alui qualcuno è diventato migliore.

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Il ragazzo Pashtun che Terzaniaiutò a diventare un chirurgo

Tiziano...

(segue dalla prima)

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Dopo averne descritte tan-te, Tiziano Terzani era ar-rivato ad odiare le guerre

come negazione di tutti i valori incui credeva. Negli ultimi anni ha di-feso con passione questa posizionenei suoi articoli e libri, usando l’ar-ma della parola con efficacia e deter-minazione mentre, con altrettantadeterminazione, venivano sganciatetonnellate di bombe e migliaia diuomini morivano proprio in paesi,dell’Asia da cui lui aveva assorbitocultura e valori. Altri, usando comearma la loro professionalità e comeobbiettivo della loro azione l’assi-stenza medica a quelle stesse sventu-rate popolazioni asiatiche, stannocombattendo una guerra più aspra ecruenta, che esige un coraggio e unospirito di sacrificio maggiore ma chesi ispira agli stessi principi e perseguegli stessi fini della lotta intrapresa daTiziano. Ecco perché organizzazionicome Emergency e uomini come ilsuo fondatore Gino Strada e tutti ivolontari che vi aderiscono, sono inconsonanza e vedono nella filosofiadi Terzani uno strumento che ap-poggia e si affianca al lavoro chequotidianamente essi svolgono permodificare la tragica realtà di quellepopolazioni e per far sentire loro unsegnale di pace.

Abbiamo appreso dal numero diDicembre 2004 della rivista «Emer-gency», che il nuovo Centro Chirur-gico costruito dalla organizzazione aLashkar-Gah, nel sud dell’Afgani-stan, è stato intitolato proprio a Ti-ziano Terzani. Ci è sembrata una co-sa bellissima e molto giusta. Ci sia-mo permessi di ritrasmettere non so-lo la notizia ma anche qualche illu-strazione e il testo del discorso pro-nunciato per l’occasione, pubblicatisu “Emergency”, perché questo è uncommovente segno di stima per ilnostro amico scomparso e rappresen-ta il miglior modo per commemorar-lo oggi e per ricordarlo a tutti persempre, anche dal giornale dell’As-sociazione a cui egli apparteneva

Ecco il discorso che il rappresen-tante di Emergency ha pronunciatoinaugurando l’ospedale:

“Parlo un’altra lingua, ma ci capi-remo. Daremo prova a noi stessi chela comprensione è possibile, che èpossibile l’amicizia.

Parlo a nome di Emergency, dimolte persone che non sono qua.Senza di loro nemmeno noi sarem-mo qua. Senza di loro non esistereb-be questo ospedale.

Un anno fa, in Italia, pochissimepersone, forse nessuna conosceva ilnome della vostra città.

Esiste oggi in Italia, a Milano, unluogo – la sede di Emergency – dovesono divenuti familiari il nome diLashkar-Gah, i nomi dei vostri vil-laggi, delle località che si attraversa-no per raggiungerli.

Almeno 200.000 persone hannoletto e conosciuto questo nome, loriconoscono come il luogo in cuiEmergency ha costruito un ospedale.

In cui essi stessi hanno costruitoquesto ospedale.

A queste persone Emergency hachiesto non solo di essere generose.Ha chiesto di essere giuste.

Questa associazione italiana è na-ta dieci anni fa avendo un’idea sem-plice: che la sofferenza e le difficoltàdi un essere umano riguardano tuttigli esseri umani.

Con questo pensiero molti citta-dini soprattutto italiani hanno con-siderato loro dovere riconoscere chedalle vostre sofferenze, dalle vostredifficoltà nasce per loro un dovere,un obbligo.

Hanno rinunciato a qualcosa per-ché questo ospedale fosse possibile.

A qualcosa rinunceranno perchél’attività di questo ospedale possasvolgersi, svilupparsi. Continuare.

Ritengono questo un loro dovere,perché considerano vostro dirittoche siano rispettate le vostre soffe-renze, che i vostri problemi trovinosoluzione.

Moriva alcuni mesi fa TizianoTerzani, un amico di Emergency al

quale intitoliamo questo ospedale.Tiziano Terzani è stato un giorna-

lista italiano che ha percorso il mon-do per osservare le guerre, per rac-contarle.

Ma non ha accettato di essere unnarratore di avventure che i suoi let-tori occidentali potessero guardarecome vicende estranee, lontane.

Nel frequentare la guerra, TizianoTerzani si è trasformato in predica-tore di pace.

Al mondo dal quale proveniva, ilmondo del privilegio e della ricchez-za, ha detto quante colpe e quanteresponsabilità questo suo mondoportasse.

Sconfortato dall’indifferenza deisuoi concittadini occidentali, hascelto di abitare e vivere in questa

parte del mondo alla quale l’Afgani-stan appartiene.

Ha ritenuto che in questa partedel mondo fosse possibile la ricercadi umanità e di saggezza che l’occi-dente mostra di avere smarrito.

Questa ricerca di saggezza e diumanità ci suggerisce che sia unbambino ricoverato in questo ospe-dale a inaugurarlo, ad aprirne l’en-trata.

La sua condizione di bambino ri-coverato ne fa l’immagine della sof-ferenza e dell’ingiustizia.

Questa stessa sua condizione dibambino sofferente che deve guarirefa di lui un immagine del futuro edella speranza.

Grazie.”Brunello Ghelarducci

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Intitolato a Tiziano Terzani, predicatore di pace,un ospedale di Emergency in Afganistan

di Brunello Ghelarducci

L’iscrizione in inglese e in arabo dedicata a Terzani; sopra, un momentodell’inaugurazione dell’ospedale (fonte: Emergency)

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Apocalittici e integratiUniversità e pubblicità, i due

termini fanno rima, ma per alcunil’accostamento è ancora un’eresia.Fra i più accaniti critici del nuovocorso va annoverato Cesare de Setache nel 2002, in un articolo su “laRepubblica”, scriveva: “la pubbli-cità inoltre insuffla in un serviziopreposto alla cultura una logicamercantile che con la cultura e ilsapere nulla ha a che vedere”.Quindi aggiungeva, rincarando ladose, “vogliamo ulteriormente sput-tanare l’università in Italia? Benequella intrapresa è la strada giusta.”Accanto all’intervento di de Seta,sono comunque comparsi altri arti-coli “meno apocalittici” dove si di-fendeva la giusta necessità di infor-mare gli studenti e le famigliedell’offerta formativa dei vari ate-nei, visto che, con l’autonomia di-dattica, istituita dal decreto legge509/99, ogni università poteva crea-re corsi di studio diversi - e anchein questo caso non sono mancatediscussioni e polemiche più o menodivertite sulla bizzarria di alcuneproposte formative.

Un dilemma estivoInsomma, da un po’ di anni a

questa parte e in prossimitàdell’estate, quando si aprono le im-matricolazioni, si ripropone la stessadiscussione: pubblicità si o no? E sesi perché? Da questo punto di vistale dichiarazioni dei responsabili deivari atenei sono più o meno le stes-se: la pubblicità serve per informare,per attirare maggiori studenti, perconsolidare il proprio posizionamen-

to, per specificare le peculiarità delproprio ateneo e così via. Resta unpiccolo dubbio: se l’ateneo X graziealla promozione riuscisse ad aumen-tare in modo spropositato le iscrizio-ni, come potrebbe poi assicurare atutti i nuovi studenti la qualità distudio promessa? Sarà per questoche alcuni mega-atenei si guardanobene dal fare alcuna pubblicità?

Una promessa è una promessaLa pubblicità abbonda di promes-

se: il fulcro di tutto sono gli studen-ti. Nel 2004, ad esempio, Genovaesoridiva con lo slogan “Prenota iltuo futuro. Le opportunità di doma-ni nascono dalle scelte di oggi”,mentre l’Università di Brescia “cre-de nel futuro. Il tuo” e quella di Fi-renze “costruisce il tuo futuro.Oggi.”Il messaggio in questi casi si legachiaramente al clima di incertezzadiffusa nel mondo del lavoro e aquesto tema si possono riallacciareanche gli annunci della Cattolica edello IULM che promettono nonsolo una preparazione accademica,ma anche un’attenzione ai valori delmercato.

In altri casi c’è invece la promes-sa di andare a studiare in un luogo amisura di studente: Urbino è una“città campus” e Pavia “è un’isolafelice” nel mare delle università. Ingenerale, i messaggi pubblicitari del-le università si possono leggere at-traverso una mappa di posiziona-mento che contrapponga i valori fu-turo/tradizione e territorio/persona:se nel 2003 quasi tutte le universitàerano concentrate nel quadrante fu-turo - persona, quest’anno la distri-

buzione è stata più omogenea, ri-specchiando in parte la situazionedel 2002.

L’ultimo tabùSe i vari atenei sono prodighi di

promesse, va registrata invece lapermanenza dell’ultimo tabù: i soldiinvestiti. Leggendo i vari articoliche escono puntualmente sullastampa sono pochissimi gli ateneiche dichiarano la cifra spesa. Laquestione è curiosa, perché se è veroche la pubblicità ha “un’utilità so-ciale” e serve ad informare i giovanie le famiglie da dove viene questopudore?

In ogni caso, secondo la societàdi rilevazione Nielsen, l’investimen-to complessivo nel 2004 è stato piùo meno lo stesso dell’anno scorso,quasi 5 milioni di euro. Confermatianche i maggiori investitori: la Boc-coni, lo Iulm, il Politecnico di Mila-no, la Cattolica, la Luiss e l’Univer-

sità di Firenze. Da notare che sonotutte università del centro nord e ingran parte private.

I grandi assenti.Una considerazione finaleIn generale, le università fanno

pubblicità per parlare agli studenti.Quello che in fondo stupisce è lamancanza di ogni altro referente.Nessun ateneo infatti usa lo stru-mento pubblicitario per presentarsicome soggetto forte nel campo dellaricerca e della formazione rispetto almondo produttivo, istituzionale odelle imprese. Eppure, c’è da scom-metterci, la ricerca e la formazioneconto terzi non devono certo rap-presentare un piccolo introito per ibilanci degli atenei. Che sia un’ideaper qualche campagna futura? Lovedremo nei prossimi anni e, maga-ri, non necessariamente d’estate.

Marina Magnani

L’Ateneo fa spot.Notarelle e spunti su pubblicità e accademia

di Marina Magnani

La pubblicità è una norma (di legge)Sono più di vent’anni che il binomio pubblicità/pubblica amministra-

zione (e quindi anche università) è oggetto di normativa. Queste leggisono state variamente giudicate: secondo alcuni hanno rappresentatouna spinta innovatrice, sebbene siano nate con l’intento di sovvenziona-re alcuni settori, in particolare l’editoria tradizionale alla quale è desti-nata una percentuale fissa del budget pubblicitario. Secondo altri invecepongono dei paletti troppo rigidi, sacrificando la possibilità di fare unagiusta programmazione delle spese in relazione ai diversi destinatari eobiettivi. Ecco quindi un breve elenco cronologico delle principali nor-me in materia:

Legge 416/81Il 70% per cento del budget pubblicitario delle pubbliche ammini-

strazioni deve essere destinato alla stampa periodica e ai quotidiani.

Legge 67/87La quota di budget pubblicitario da destinare alla stampa periodica e

ai quotidiani è ridotta al 50%. La legge inoltre stabilisce l’istituzione diun unico capitolo di spesa per le spese pubblicitarie, l’obbligo di comuni-care annualmente al Garante delle Comunicazioni la cifra investita e,per alcuni enti, l’obbligo di pubblicare un estratto del proprio bilancio suquotidiani e periodici. La legge infine istituisce presso la Presidenza delConsiglio dei Ministri una Commissione, costituita dai vari rappresen-tanti delle categorie che operano nel settore dell’editoria, della stampa edella pubblicità, che ha il compito di esprimere pareri sui progetti pub-blicitari delle singole amministrazioni.

Legge 223/90 (la cosiddetta legge Mammì)Stabilisce che il 25% delle spese pubblicitarie delle pubbliche ammi-

nistrazione sia destinato alle emittenti locali.

Legge 150/2000Viene abrogata la quota del 25% alle emittenti locali. La legge preve-

de che le pubbliche ammnistrazioni, attraverso uno o più regolamenti,comunichino alla Presidenza del Consiglio dei Ministri le modalità e leforme delle proprie comunicazioni a carattere pubblicitario.

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A parte la pubblicità del Sant’Anna, che ovviamente è“fuori concorso”, presentiamo in questa pagina e nellaseguente un allegro bestiario delle pubblicità dei vari ate-nei italiani. A voi l’ardua sentenza!

L’articolo è stato scritto sulla base di uno studio sulla pubblicità degli atenei chela Scuola ha commissionato all’agenzia Horace Kidman, che ha realizzato levarie pubblicità della Scuola. Per vedere le varie campagne cliccare sulla sezione“pubblicità” alla pagina www.sssup.it/news.

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Il professor Adriano Fabris inse-gna Filosofia morale ed Eticadella comunicazione all’Univer-

sità di Pisa ed è anche direttore delMaster di II livello in comunicazio-ne pubblica e politica. Ha curatoun volume collettaneo dedicato altema delle etiche della comunica-zione edito dall’Ets (vedi scheda afianco).

Appena entrata nel suo studiogli ho mostrato la parata di pubbli-cità presente in queste pagine perregistrare “a caldo” la sua reazione:non c’è dubbio, il suo atteggiamen-to è inequivocabilmente “diverti-to”. In particolare è attratto dallapromozione della facoltà di veteri-naria dell’Università degli studi diTeramo. “I cuccioli, si sa, fannosempre questo effetto, anche se nonè chiaro” – dice Fabris – “perchédovrei mandare mio figlio a studiareproprio lì”. Sempre continuando suquesto tono scherzoso gli faccio no-tare che il “si trova di più” di Parmaè posizionato sopra una bella ragaz-za bionda e sorridente dalle formegenerose.

Potremmo andare avanti all’infi-nito, anche perché fare dell’ironiasui vari messaggi pubblicitari (diuniversità e non) è forse un giocosin troppo facile. C’è però da sotto-lineare – come suggerisce Fabris –“che molti dei messaggi pubblicitaridegli atenei appaiono a dir poco ar-tigianali – si veda il caso dell’Uni-versità delle 3T – sin quasi a scon-fessare il carattere proprio delle uni-versità, quali luoghi di cultura e sa-pere. E questo alla fine è contropro-ducente. Certamente sono solo po-chi anni che gli atenei fanno pub-blicità e questo significa che il di-scorso deve ancora evolversi e affi-narsi. In molti casi sembra di rive-dere le vecchie inserzioni del sapo-

ne degli anni Cinquanta – usa que-sta marca perché lava bene!”

Al di là del valore “estetico”delle singole pubblicità, è etico peruna ateneo fare promozione? E cisono dei limiti?

Con l’automia le università sonoentrate in un regime di reciprocaconcorrenza, questo elemento fa or-mai parte del quadro, è qualcosa discontato. Ciò richiede che le diver-se offerte formative delle universitàvengano non solo presentate neimodi consueti, ossia tramite unainformazione corretta, ma che deb-bano anche essere promosse. Suquesto non c’è da scandalizzarsi. Ilpunto è un altro: bisogna capire co-sa un ateneo può effettivamentepubblicizzare e come, perché la for-mazione non può essere trattata allastregua di salami o tortellini. Il sa-pere non si compra.

Che cosa può dunque promuo-vere una università?

Non certo la qualità complessivadel sapere offerto, perché mancanaodei criteri oggettivi per giudicarla.Si possono promuovere i servizi omagari la qualità della vita di certecittà universitarie e persino la pre-senza di docenti “eccellenti”. Il pro-blema sorge quando l’aggancio conelementi reali e verificabili vienemeno, quando cioè l’università sitrasforma in un brand. Il caso diMacerata è censurabile non per ilgesto dell’ombrello, ma perché si li-mita a collegare una università aqualcosa che colpisce l’attenzione,senza andare oltre. La pubblicità fadunque il suo mestiere: fa ricordareil nome dell’ateneo, ma contempo-raneamente svuota di significatociò che promuove. Tutto vienesemplificato e tutto finisce lì. Sce-

gliere dove andare a studiare non èuna decisione che di solito vienepresa d’impulso. È un genere di “ac-quisto” che una famiglia valuta at-tentamente e secondo criteri razio-nali, perché spesso comporta un no-tevole sforzo economico e soprat-tutto c’è in gioco il futuro dei figli.In questo senso non si può pubbli-cizzare il sapere come un bene dilargo consumo che trovo sui banchidei supermercati e scelgo magaricondizionato dal richiamo delbrand.

Insomma, l’università sta cor-rendo il rischio di “cepuizzarsi”?

Il modello Cepu è un modelloaggressivo e riuscito di pubblicitànel campo della formazione. Mal’università non può fare lo stesso,non può proporre la logica dellaprestazione, ossia promettere aglistudenti di poter superare gli esami.Oltretutto saremmo di fronte a unasorta di conflitto di interessi. Lapubblicità corretta ed efficace degliatenei è quella che riesce a far pas-sare l’idea che l’università è una co-munità del sapere in cui si fa ricercae didattica collegata alla ricerca.

Spesso però sembra che le pub-blicità, di fatto, servano per acca-parrarsi gli studenti...

Certo, se la logica è questa aspet-tiamoci dunque i più triviali effettispeciali. Ma il problema vero è chela pubblicità è una forma di comu-nicazione troppo semplice per farpassare una realtà complessa comequella universitaria. Può andare be-ne, ma deve essere comunque ac-compagnata da altri tipi di contattie interventi. Altrimenti risiamo aisalami.

Marina Magnani

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Informare, persuadere o mistificare?Quando l’accademia ‘fa l’americana’

intervista ad Adriano Fabris di Marina Magnani

Guida alle etichedella comunicazione.

Ricerche, documenti, codici

La guida intende offrire un orienta-mento preliminare sui comportamentida assumere nei contesti comunicati-vi oggi di maggiore interesse. Essaquindi propone, negli otto capitoli incui è articolata, specifici approfondi-menti sull’etica del giornalismo, dellatelevisione, di internet, dei linguaggipubblicitari, della comunicazionepubblica, della comunicazione bio-medica, della comunicazione inter-culturale e, da ultimo, sulla comuni-cazione della responsabilità socialed’impresa. Il tutto è collocato all’in-terno di una più ampia indagine sullecondizioni che consentono ai principimorali messi in luce di essere vera-mente adottati. Il volume è pensatoinsomma per venire incontro a un in-teresse sempre più urgente, anche nelnostro Paese, per le questioni di eticadella comunicazione: sia per quelleche riguardano gli operatori del setto-re, sia per quelle che coinvolgono ifruitori dei mass-media. È allegatoun CD-ROM con i documenti, i co-dici deontologici e le relative fonti di-scussi nei vari capitoli.

www.edizioniets.com/etichecomunicazione

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Nel consumo di energia,cambiamenti rilevanti av-verranno nel corso di

questo secolo. Tutti sanno che lefonti fossili, che si esauriranno,dovranno essere sostituite da fontidiverse. Quali siano queste fontidiverse non è ancora certo. Comesempre accade, anche questa tran-sizione avrà ripercussioni rilevantisulle economie; come avvennenella precedente transizione ener-getica, iniziata da fine Settecento,che pose le basi della crescita mo-derna delle economie occidentali.Di questa transizione del passatosono ben noti i caratteri essenzia-li: il passaggio a fonti fossili dienergia quali il carbone, il petro-lio e il gas naturale. Meno cono-sciute sono, invece, le fonti tradi-zionali a cui le fonti fossili si sosti-tuirono. Le serie relative ai consu-mi di energia dei paesi occidenta-li, elaborate dagli istituti naziona-li di statistica, ci informano, in-fatti, soltanto sulle fonti moderne.Per avere un quadro complessivo,da confrontare con le altre varia-bili macroeconomiche, dobbiamoincludere tutte le fonti primarieche hanno un valore economico.Una ricerca in corso su scala euro-pea sta cercando di colmare la la-cuna con l’elaborazione di nuoveserie statistiche per l’Ottocento eNovecento che includano anche

le fonti tradizionali di energia; al-meno per i maggiori paesi delcontinente. L’Italia è fra questipaesi. I risultati raggiunti, ancoranon definitivi, ci permettono divalutare alcuni cambiamenti es-senziali con sufficiente precisione.Due aspetti in particolare possonogià essere colti: le variazioni nellacomposizione dei consumi dienergia e il loro andamento neltempo.

All’epoca dell’Unità, l’econo-mia italiana sfruttava quasi esclu-sivamente le fonti di energia tra-dizionali. Il carbon fossile, impor-tato dall’Inghilterra, rappresenta-va, in termini di calorie, soltantoil sei-sette per cento del totale.Per il resto, tre erano le fonti eco-nomiche prevalenti: la legna, ilcibo per gli uomini e il cibo pergli animali da lavoro. La legna,insieme al carbone da legna, rap-presentava circa la metà del bi-lancio calorico degli Italiani. L’al-tra metà era costituita dal ciboconsumato dagli uomini e daquello consumato dagli animali dalavoro. In questi calcoli, uominied animali vengono consideraticome vere e proprie macchine, ilcui combustibile è i l cibo checonsumano e che trasformano inlavoro. Un modestissimo contri-buto al bilancio energetico prove-niva dalle cadute d’acqua per

azionare mulini, segherie e frantoie dal vento per le vele. Insieme,acqua e vento contribuivano perl’uno per cento al fabbisogno dienergia. Più del 90 per cento delconsumo dipendeva, dunque, dal-la produzione dei campi, dei pa-scoli e delle foreste. Come le eco-nomie agrarie a partire dal’epocadella rivoluzione del Neolitico,anche l’economia italiana all’epo-ca dell’Unità potrebbe essere defi-nita come un’“economia vegeta-le”. Le fonti non vegetali eranosolo l ’acqua, i l vento e i l pococarbon fossile d’importazione.Benchè di modesta importanza intermini quantitativi, queste fontiminoritarie erano, tuttavia, signi-ficative in quanto uniche fonti dienergia meccanica non animale inun’economia in cui il lavoro eraquasi interamente compiuto daorganismi viventi tramite il meta-bolismo del cibo.

Un sistema energetico vegetalenon può consentire una crescitacontinua del prodotto pro capiteanaloga a quella avvenuta nelleeconomie occidentali durantel’Otto e Novecento. La crescitacontinua esige una base energeti-ca in grado di espandersi anno do-po anno e di consentire il funzio-namento di un sistema complessoche, tramite l’uso sempre più am-pio di macchine, s ia capace di

cooperare col lavoro degli uominie di mettere a loro disposizionegrandi quantitativi di lavoro mec-canico. Quando la base energeticaera di tipo vegetale, tutto questonon era possibile. Dell’irradiazio-ne che raggiunge la superficie ter-restre, meno dell’uno per centoviene fissato nella biomassa trami-te la fotosintesi. Della biomassacomplessiva solo una parte mode-stissima era poi utilizzabile effetti-vamente da uomini e da animalida lavoro. Né era agevole accre-scere la quota disponibile. Occor-reva estendere gli arativi, amplia-re i pascoli per gli animali da la-voro, raccogliere più legna dai bo-schi. Tutte operazioni assai fatico-se, lente, e, per di più, in conflittol’una con l’altra. L’aumento deicampi significava meno boschi emeno pascoli. Ma dei boschi e deipascoli non si poteva fare a meno,perché erano altrettanto impor-tanti degli arativi. Certo si potevaaccrescere la produttività delleterre. Non oltre un certo limite,però, all’interno delle economievegetali del passato. Un balzo inavanti decisivo della produttivitàin agricoltura si è verificato solocoi moderni trattori e coi modernifertilizzanti; con macchine e pro-dotti, cioè, che vengono realizzatitramite l’uso dei combustibili fos-sili o che, come tanti concimi sin-tetici, derivano direttamente dafonti fossili di energia. Questemacchine e questi prodotti eranofuori della portata delle economievegetali. Anche in Italia, comealtrove in Europa, la crescita mo-derna cominciò con lo sfrutta-mento delle fonti fossili di energiae fu accompagnata dal loro au-mento. Nell’anno 1900, alle origi-ni dell’industrializzazione, le fontifossili già erano il 25 per cento delconsumo totale. Erano circa il 50per cento alla vigilia della II guer-ra mondiale e ben il 90 per centonel 1970. L’elettricità di origineidrica o geotermica, pur importan-te in Italia, non ha mai superato ildieci per cento del consumo tota-le (includendo le fonti tradiziona-li nel totale). Grandi cambiamen-ti nelle fonti e nelle tecniche peril loro sfruttamento avevano avu-to luogo nel frattempo. Si possonosolo ricordare l’avvento del petro-lio, accanto al carbon fossile, dafine Ottocento; in seguito quellodel gas naturale; e poi l’elettricitàcome forma secondaria di energia

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Le fonti di energia degli italiani dalla civiltà contadina ai giorni nostri

di Paolo Malanima*

Un vecchio mulino ad acqua e, nella pagina a fianco, a vento

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(derivante, cioè, dalla trasforma-zione di un’energia primaria).

Mentre le fonti nuove cresce-vano d’importanza, quelle tradi-zionali andavano scomparendo.Da più del 90 per cento nel 1861,erano passate a meno del 50 nel1940. Una caduta verticale si eb-be poi negli anni ‘50 e ‘60. Il ciboper gli uomini, per gli animali e lalegna costituivano il sette percento del totale nel 1970. Anchel’uso dell’acqua per i mulini e delvento per le vele era quasi del tut-to scomparso. Da economia vege-tale, qual era, l’economia italianasi era trasformata in economiafossile nel corso di un secolo. Eraavvenuto anche in Italia il radica-le cambiamento che aveva con-sentito la crescita del prodotto inmisura assai superiore a quellodella popolazione. Il prodotto procapite era potuto aumentare di12-13 volte: un risultato impensa-bile nel caso di un’economia ve-getale.

Insieme al cambiamento nel ti-po di fonti impiegate, una trasfor-mazione altrettanto significativaavvenne nel volume dei consumi.Nelle società vegetali, i consumipro capite al giorno non superava-no, di solito, le 5-10.000 kcal. Inuna società relativamente setten-trionale e dal clima temperato co-me quella europea, nella quale,

per giunta, l’uso di animali da la-voro in agricoltura era relativa-mente importante, i consumi po-tevano oscillare in media fra le10.000 e le 20.000 kcal al giorno.Erano ancora più alti nelle regionifredde del Nord Europa, dove ilconsumo di legna era considere-vole. L’Italia, all’epoca dell’Unità,era caratterizzata da consumi procapite bassi, rispetto alla mediaeuropea. Le temperature medie,più elevate che altrove, comporta-

vano un consumo modesto di le-gna. In tutto, ciascuno consumavaintorno alle 11-12.000 kcal. algiorno. L’introduzione delle fontifossili di energia fu accompagnatada un aumento dei consumi com-plessivi del paese. Dato che anchela popolazione cresceva, il consu-mo a persona aumentò assai lenta-mente. Negli anni ‘20 e ‘30 delNovecento si collocava fra le 14 ele 16.000 kcal al giorno. I consu-mi raddoppiarono negli anni ‘50 eraddoppiarono di nuovo negli an-ni ‘60. Nel 1970 si era sulle62.000 kcal. La crisi energeticadel 1973 segnò anche in Italia undeciso rallentamento nei consu-mi. Alla fine del passato millen-nio, il consumo pro capite al gior-no era di 85-90.000 kcal, inclu-dendo le energie tradizionali, or-mai assai modeste.

Nel trend dei consumi di ener-gia in Italia si possono, dunque,cogliere le tre grandi fasi che ca-ratterizzano l’andamento comples-sivo del continente. Una primafase di lenta crescita, quasi imper-cettibile in termini pro capite, eb-be luogo fino alla II guerra mon-diale. Seguì l’epoca delle vacchegrasse; l’epoca, cioè, del miracoloeconomico e della motorizzazionedi massa, dell’invasione delle cittàe delle strade da parte delle auto-mobili, dell’elettricità, con la ra-dio, la televisione e i frigoriferi,che entravano nelle case degliItaliani. Dal 1973 in poi, anche inItalia come altrove i consumi dienergia sono aumentati ancora,ma assai più lentamente di prima.

Ebbe a scrivere Carlo M. Ci-polla che l’Italia è ricca solo dimarmo. Col marmo si costruironole chiese, le statue e i palazzinell’età del Rinascimento.

All’epoca della Rivoluzione In-dustriale, c’era, invece, bisogno di

ferro e di fonti di energia per co-struire le macchine moderne e perfarle funzionare. Ma di ferro e dienergia l’Italia è sempre stata po-vera. Quando in Italia dominavaun’economia vegetale, il paese eraautosufficiente. Con l’avventodelle fonti moderne, gli Italianidovettero cominciare a importare:l’epoca dell’autosufficienza finì ecominciò quella della dipendenza.Alla fine dell’Ottocento il carbonfossile, tutto d’importazione, ave-va in Italia un prezzo 3-5 volte su-periore a quello dell’Inghilterra,del Belgio, della Germania. L’in-dustria italiana dovette, per forzadi cose, specializzarsi in settorileggeri, con uso ridotto di energia.L’industria dei metalli e, in parti-colare, la siderurgia, i settori checonsumano grandi quantitativi dienergia, hanno avuto sempre vitadifficile. Ricorrendo a fonti d’im-portazione, si è dovuto imparare arisparmiare. Ancora oggi il consu-mo di energia è più basso in Italiache in altri paesi avanzati. Il con-sumo pro capite al giorno, inclu-dendo le fonti tradizionali ancorain uso, è sulle 90.000 kcal. NegliUSA e Canada supera le 200.000kcal. Nei paesi avanzati di tuttaEuropa si è quasi sempre al di so-pra delle 150.000. Il consumo piùmodesto dell ’Italia dipende inparte dal clima. Per un’altra parteè la conseguenza di un lungo pro-cesso di sviluppo basato su com-bustibili di cui l’Italia è poverissi-ma. Si è dovuto sfruttare soprat-tutto quello che si aveva in ab-bondanza –il lavoro umano- e ri-sparmiare quello di cui si era e sicontinua ad essere assai poveri.

Paolo MalanimaDirettore dell’Istituto di Studi

sulle Società del Mediterraneo,ISSM-CNR di Napoli

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Consumi di energia in Italia dal 1861 al 2000 (kcal pro capite al giorno)

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Dal 18 al 22 Ottobre si è tenu-to il primo corso per Ufficialidi Polizia Penitenziaria orga-

nizzato dall’International TrainingProgramme for Peace Building andGood Governance for African CivilianPersonnel (ITPPGG).

Tale evento rientra nelle attività,previste per questo anno, dal proget-to che la Scuola Sant’Anna portaavanti ormai da due anni in collabo-razione con il Legon Centre for Inter-national Affairs (LECIA) dell’Uni-versità del Ghana ad Accra. Il corsosi prefiggeva di dotare venti ufficialidi polizia penitenziaria delle necessa-rie competenze professionali al finedi poter operare all’interno dellemissioni di supporto alla pace.

Ma perché concentrarsi su un tar-get ed un obiettivo così specifici? Aquesta domanda ha risposto il Pro-fessor Andrea de Guttry, direttoredell’ITPCM (International TrainingProgramme for Conflict Management),durante la cerimonia di apertura te-nutasi il 18 Ottobre al Campus Uni-versitario di Accra.

La scelta è stata dettata dallenuove sfide e dai nuovi trend che sistanno affermando in ambito inter-nazionale. Il moltiplicarsi di attori,oltre alle Nazioni Unite, che sullascena internazionale tendono ad oc-cuparsi delle missioni di supporto al-la pace, il sempre maggiore coinvol-gimento di civili in questo tipo dioperazioni, a fianco all’ormai tradi-zionale ruolo dei militari, il delinear-si di mandati sempre più estesi ecomplessi sono stati i principali mo-tivi che hanno spinto l’ITPPGG aprogettare e organizzare un corso de-

dicato specificatamente al ruolo de-gli ufficiali di polizia penitenziariaall’interno di una missione di pace.

A confermare la necessità el’estrema attualità di un corso che siconcentra su tali obiettivi sono pro-prio alcune delle più recenti missio-ni di peace keeping, basti guardareall’esempio della Liberia, nel cuimandato vengono previsti compitispecifici riservati agli ufficiali di poli-zia penitenziaria.

Sull’aspetto innovativo di questocorso si è soffermato il Primo Segre-tario dell’Ambasciata Italiana, ildott. Basilio Toth, sottolineando co-me iniziative analoghe a questa sia-no davvero auspicabili per la forma-zione di personale altamente compe-tente capace di operare in modo deltutto professionale nelle operazioniinternazionali di supporto alla pace.

Durante la cerimonia di aperturasono inoltre intervenuti il Vice Mi-nistro degli Interni del Ghana,l’Onorevole Thomas Broni ed il Pro-fessor Atsu Ayee Direttore della Fa-coltà di Scienze Sociali dell’Univer-sità del Ghana; quest’ultimo haespresso particolare apprezzamentoper il progetto che la Scuola Supe-riore Sant’Anna e il Legon Centre forInternational Affairs stanno condu-cendo da ormai due anni eviden-ziando come tali iniziative contribui-scano a far crescere le risorse e le ca-pacità dell’Africa.

Una buona rappresentanzadell’intero continente africano è sta-ta assicurata dalla presenza dei ventipartecipanti provenienti da ben set-te differenti Paesi: Senegal, Ghana,Liberia, Nigeria, Sierra Leone,

Kenya e Zimbabwe. Tra coloro chehanno preso parte al corso vi era an-che un musulmano che ha deciso divenire anche in periodo di rama-dam, questo ha comportato per luiqualche sacrificio in più dal momen-to che ha dovuto affrontare ognigiorno le lezioni potendo mangiaresolo prima dell’alba e dopo il tra-monto.

La settimana passata insieme aipartecipanti è trascorsa nel clima se-reno del campus universitario, i par-tecipanti hanno immediatamentesocializzato tra loro contribuendo inmodo notevole anche al buon esitodel corso grazie al proficuo scambiod’esperienze e d’interazione durantee fuori le ore di lezione, hanno costi-tuito un piacevole diversivo i mo-menti in cui alcuni dei partecipantisono stati coinvolti in una simula-zione, all’interno delle lezioni di ge-stione dei conflitti, durante la qualehanno dovuto giocare sia il ruolo de-gli ufficiali sia quello dei prigioniericercando di mediare interessi e biso-gni diversi, sperimentando così cosavoglia dire per qualche minuto“mettersi nei panni dell’altro”.

La settimana di lezioni è stata ca-ratterizzata da una rosa di relatori al-tamente qualificata che si è distintain modo particolare per l’aderenzadella propria esperienza personale eprofessionale alle tematiche del trai-ning. Il Professor Dankwa, docentedi Legge all’Università di Legon, inpassato ha ricoperto la carica diChairman della Commissione Afri-cana per i Diritti dell’Uomo ed è at-tualmente Special Rapporteur sullecondizioni delle prigioni in Africa

questi ha parlato dell’organizzazionedi un moderno sistema carcerario edella tutela dei diritti umani all’in-terno delle carceri. Il Dottor Masam-ba Sita, Direttore di UNAFRIUganda, si è occupato invece dellariabilitazione sociale dei prigionieri.Particolarmente importante è statala presenza del Dottor Kuuire che hatenuto la lezione centrale del corsosul ruolo degli ufficiali di polizia pe-nitenziaria all’interno delle missionidi supporto alla pace; egli è infattiattualmente impegnato come Con-sulente per il Dipartimento della Po-lizia Penitenziaria all’interno dellanella missione delle Nazioni Unitein Sudan, oltre ad essere DirettoreGenerale delle Prigioni in Ghana.Proprio l’estrema professionalità e ildiretto coinvolgimento on the fielddei docenti intervenuti è stato unodegli aspetti del corso più apprezzatidai partecipanti.

La presenza di tre persone impe-gnate nella missione UNMIL in Li-beria ha contribuito a rendere anco-ra più attuale il dibattito che si èsvolto durante le lezioni grazie ai lo-ro intereventi ed alle loro esperienzeprovenienti direttamente da unadelle attuali missioni delle NazioniUnite in Africa. Uno dei commentiespressi da uno dei partecipanti cheattualmente lavora ad UNMIL (Li-beria) è stato: “Avrei dovuto riceve-re questo tipo di training prima dipartire per la Liberia, credo infattiche una buona formazione sia real-mente indispensabile a noi peacekee-per al fine di poter garantire sia lanostra performance sia l’effettività el’efficacia della missione”.

Un’altra partecipante al corsoche si occupa della riabilitazionedei prigionieri nelle carceri haespresso particolare apprezzamentoper ciò che la Scuola Sant’Anna stafacendo attraverso questo progettodicendo: “questo tipi di corsi sonoproprio ciò di cui l’Africa ha biso-gno se vogliamo che l’Africa stessa,con le proprie forze, riesca a gestirein piena autonomia le crisi che al-cuni Stati del nostro Continentestanno affrontando in questo mo-mento” e poi ha aggiunto: “per que-sto corsi come quello a cui ho appe-na partecipato sono così importan-ti, perché sono un’importante con-tributo alla formazione delle risorseumane dell’Africa”.

Chiara Cuchel*Ex-allieva del Master

in Diritti Umanie ‘Gestione dei Conflitti’

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Alcuni buoni motivi per organizzare un corsosu Ufficiali di Polizia Penitenziaria

di Chiara Cuchel*

I partecipanti al corso di Accra

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Nei Paesi anglosassoni lachiamano “key-hole sur-gery”, letteralmente: la

chirurgia del buco della serratura.Si tratta della chirurgia laparosco-pica che si avvale di particolari tec-niche mini invasive che permetto-no la visualizzazione del campooperatorio e l’utilizzazione di stru-menti chirurgici mediante sondeendoscopiche inserite nel corpo delpaziente attraverso piccoli fori. Èuna chirurgia rivoluzionaria che ri-duce al minimo il trauma operato-rio e permette di abbreviare il pe-riodo di degenza a pochissimi gior-ni, anche per interventi molto im-pegnativi. Uno dei fondatori diquesta branca della chirurgia è unsimpatico signore di origine malte-se che ha svolto la sua carrieraall’Università di Dundee divenuta,grazie al suo lavoro, uno dei centridi riferimento mondiali per la chi-rurgia endoscopica. Si chiama SirAlfred Cuschieri, si perché nel1998, proprio per le sue innovativerealizzazioni nel campo della chi-rurgia laparoscopica, è stato fattoBaronetto dalla Regina Elisabettad’Inghilterra. Da circa due anni SirAlfred è professore nella classe diMedicina alla Scuola Sant’Anna, ein questa veste ha molto gentil-mente concesso un’intervista al no-stro giornale. Mi riceve nel suo studio che dà sulballatoio del chiostro della Scuolae dalla cui finestra si gode uno stu-pendo scorcio della Piazza SantaCaterina. Sir Alfred, a parte le sueorigini mediterranee, ha una lungaconsuetudine con l’Italia e parla unottimo italiano, per questo non cisono problemi di comprensione. Laprima domanda che gli pongo ri-guarda il motivo che l’ha portato asvolgere una parte della sua carrieracome Professore della ScuolaSant’Anna. Anche se la domandaè un po’ scontata, gli occhi di SirAlfred si illuminano e comincia arispondermi con un preambolomolto personale e molto simpatico:“la mia venuta alla Scuola è statal’evoluzione di un desiderio covato dalungo tempo poiché amo l’Italia e inparticolare la Toscana. Circa 20 annifa, ad un congresso sulla chirurgia en-doscopica, a quel tempo non moltopopolare, ho conosciuto un chirurgoitaliano, Franco Mosca, che ha mo-strato molto interesse al mio interven-to. Da qui è nata una collaborazionee un’amicizia che dura ancora oggi.Insieme al Prof. Mosca, e al Prof.

Dionigi, che ora è rettore a Pavia, or-ganizzammo una Associazione dei Di-partimenti di Chirurgia Accademici diEuropa che si interessavano alla chi-rurgia endoscopica (ADSE chiedereFranco la dizione esatta). Ad uno deinostri incontri, Franco Mosca mi pre-sentò un suo giovane allievo, AndreaPietrabissa, cui fu affidato l’incaricodi sviluppare la chirurgia endoscopicaa Pisa. Cominciò quindi una spola traPisa e la Scozia per eseguire interventipilota e per scambiare informazioni suquesta tecnica. Andrea divenne prestodi casa a Dundee e oggi lo considerouno dei migliori chirurghi endoscopicid’Italia. La professionalità che ho tro-vato nell’ambiente chirurgico pisano èeccellente e senz’altro di livello inter-nazionale per cui sono molto felice chein questo ambiente il lavoro che hofatto sia utilizzato in modo proficuo ele conoscenze legate alla mia esperien-za siano state molto felicemente disse-minate”. L’epilogo di questa collaborazione èstato la chiamata per chiara famadi sir Alfred quale Professore diChirurgia alla Scuola Sant’Anna.Ed è proprio in questa veste che glipongo alcune domande sulla suaesperienza ormai biennale allaScuola. In particolare vorrei saperese condivide pienamente l’organiz-zazione della formazione degli allie-vi adottata nella Scuola Sant’Annao pensa che qualcosa potrebbe es-sere migliorato. La sua rispostamette, con molta perspicacia, il di-to su una contraddizione che carat-terizza diverse istituzioni di élite:“senz’altro la situazione si potrebbemigliorare perché l’anomalia che os-servo è che mentre gli insegnamentispecifici impartiti agli allievi all’internodella Scuola sono, nel loro complesso,veramente eccellenti, il curriculumche debbono seguire per arrivare allalaurea mi sembra un po’ antiquato.”Osservo che il curriculum, in parti-colare per gli studi di Medicina, èsostanzialmente quello di tutte leUniversità italiane e si allinea conquello delle Università pubblichedella Comunità Europea. “Ciò cheintendo per anomalia è che l’educazio-ne al Sant’Anna mi sembra eccessiva-mente passiva. Essendo esposti ad in-segnamenti innovativi da parte di do-centi italiani e stranieri molto qualifi-cati, gli studenti dovrebbero avere unatteggiamento più interattivo. Nessu-no fa domande nei seminari, si do-vrebbe sapere meglio l’inglese in mododa accrescere la confidenza linguisticae permettere un miglior scambio di

informazioni. Si rischia in questo mo-do di sprecare risorse e di non riusciremai a svecchiare il sistema”. Insistosu questo punto, e chiedo a sir Al-fred se crede che nella Scuola sifaccia tutto il possibile per faremergere gli allievi eccellenti. Ri-flette qualche momento prima dirispondere. “Credo di sì. Già le Fa-coltà come Medicina sono impostateper selezionare e al Sant’Anna la sele-zione viene ulteriormente perfeziona-ta, anche se sono convinto che moltecose debbano cambiare in senso pro-positivo. Per esempio, in Gran Breta-gna viene usato il Portfolio come stru-mento che aiuta a far emergere lequalità personali di uno studente e neperfeziona la valutazione. Alla finedel corso, lo studente esibisce, in ag-giunta al curriculum stabilito, unaraccolta di tutto quello che ha prepa-rato, sulla base di scelte e motivazionipersonali. Da questo materiale è pos-sibile avere un quadro della persona-lità, dell’intelligenza e anche delle po-tenzialità di uno studente (Portfolioassessment) che forse si sarebbe con-fuso con tanti altri se valutato solo inbase al curriculum obbligatorio”.Questa mi sembra una considera-zione molto bella, e dico a sir Al-fred che finalmente anche da noi,con l’introduzione delle attività di-dattiche elettive, ci si sta avviando

in questa direzione. Approfittandodella benevola pazienza di Sir Al-fred chiedo come è il suo rapportocon gli allievi della Scuola. Fulmi-neo mi risponde: “ ottimo, pensi chesono tutor di ben sei allievi”. Mi inte-ressa anche una sua opinione sullostato della Medicina e sul suo svi-luppo futuro. Parto da una conside-razione: negli ultimi tempi i mediadanno particolare risalto e polariz-zano l’opinione pubblica su gliaspetti più tecnologici della Medi-cina. Le biotecnologie più avanza-te, la robotica, gli organi artificiali,le terapie sostitutive sono ormaientrate nell’immaginario popolare.Eppure nel mondo ancora muoionomigliaia di persone per mancanzadi prevenzione contro le malattiepiù comuni. Non le sembra, sir Al-fred, che ci sia una contraddizionein tutto ciò? “ Si, sono d’accordo ene attribuisco la responsabilità ai me-dia. Il loro impatto tende a stravolgereil giusto equilibrio tra progresso erealtà contingente. Naturalmente inquesto giuoca un ruolo notevole il li-vello culturale e la qualità dell’infor-mazione. In Gran Bretagna il Mini-stero della Sanità dà molta più impor-tanza alla prevenzione che alla curadelle malattie. E per farlo si inseriscenella pubblicità e adopera i media per

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Il Baronetto che ha inventato la chirurgia...intervista ad Alfred Cuschieri di Brunello Ghelarducci

Sir Alfred Cuschieri, nato aMalta nel 1938, ha dedicato

un eccezionale impegno alla ri-cerca scientifica nel settore dellachirurgia mininvasiva contri-buendo con il suo lavoro pionie-ristico ad accrescere nel mondola diffusione di queste tecnichecon incalcolabili benefici per ipazienti. Sotto questo profilo SirAlfred Cuschieri ha raggiunto una notorietà a livello internazionale già te-stimoniata da premi significativi come: il Queen’s award for higher andcontinued education nel 1999; l’Excel Award della Society of Laparoen-doscopic Surgeons “for outstanding contributions to laparoscopy, endo-scopy and minimally invasive surgery” nel 2000; il SAGES outstandingachievement award nel marzo 2001; il Nissen Prize della German Surgi-cal Association nel maggio 2001, per citare solo i più recenti. È statoinoltre insignito della prestigiosa onoreficenza di Cavaliere d’Inghilterra(Knight Bachelor award) dalla Regina Elisabetta II, comparendo nella “li-sta d’onore” dell’anno 1998. Sir Alfred Cuschieri è attualmente professore Ordinario di Chirurgia Ge-nerale presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, trasferito dall’Uni-versità di Dundee nel Regno Unito a quella Italiana con il meccanismodella chiamata per chiara fama. Collabora con il gruppo di bioingegneriadella Scuola coordinato dal Prof. Paolo Dario per ricerche di micro e nanotecnologie applicate alla medicina. Collabora inoltre con l’Unità Operati-va di Chirurgia Generale e Trapianti dell’Azienda Ospedaliero Universi-taria Pisana per attività cliniche, didattiche e di ricerca anche nell’ambitodel Centro di Eccellenza MIUR per la Computer Assisted Surgery deno-minato ENDOCAS.

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Il consolidamento delle nuovescuole superiori e la costituzionedi collegi e percorsi di eccellen-

za presso diverse università italianecostituiscono un ulteriore ricono-scimento della validità del “model-lo pisano”, ossia della utilità di pre-disporre percorsi formativi dedicatiagli studenti di talento. Al tempostesso ci troviamo di fronte ad unanuova e vera competizione, di cuisi colgono già ora i primi segnali.In molte di queste iniziative vedia-mo infatti un forte impiego di risor-se finanziarie ed umane, una qua-lità culturale ed un’attenzione isti-tuzionale, che non tarderanno adare i loro frutti. È solo questionedi tempo.

In questo contesto molto dina-mico, in cui vengono meno (senzarimpianti) le tradizionali rendite diposizione delle Scuole pisane,l’emergere di almeno tre sfide ci in-duce a chiederci se non sia necessa-rio un ripensamento profondo dellanatura e del funzionamento del no-stro collegio.

La prima riguarda la collocazio-ne del collegio all’interno dellamissione e della realtà attuale dellaScuola. La questione è già stata sol-levata, anche se in termini che sa-rei tentato di definire “conservato-ri”. Si esprime cioè il timore di unosnaturamento della Scuola, semprepiù caratterizzata e trainata dalleproprie attività di ricerca (il siste-ma dei laboratori) e dalla formazio-ne post-graduate (master, dottorati,alta formazione). Ovviamente il

problema non è quello di fare menomaster o meno ricerca, ma di comevalorizzare, al fine dei percorsi for-mativi dei nostri allievi interni (adesempio, con meno corsi di tipotradizionale e più stage nei labora-tori), la straordinaria opportunitàdi vivere nel bel mezzo di una dina-mica research university. Non si di-mentichi, d’altronde, che questa èoggi la principale caratteristica di-stintiva della nostra Scuola rispettoagli altri collegi di eccellenza.

La seconda sfida è certamentepiù seria e delicata e riguarda ilnocciolo stesso della vita collegia-le. Non funziona più l’antica ricet-ta (tanto per intenderci, quella cheha caratterizzato l’esperienza mia edi tanti altri ex allievi nei decennipassati). Allora la combinazione diuna vita comunitaria con un’espo-sizione costante a stimoli culturaliintensi e di alta qualità produceva(e selezionava) l’eccellenza. Eraquella una vera e propria comunitàeducante, retta da una specie dimano invisibile, che oggi non esi-ste più. La nostra “materia prima”continua ad essere di straordinariaqualità intellettuale, ma presentafragilità personali talora profonde.Come potremmo d’altra parte tenerfuori dalle nostre alte e diroccatemura conventuali le complessità ele tensioni del mondo contempora-neo? Le ultime generazioni di allie-vi ne sono uno spaccato e il lorotalento semmai accentua, nonsmorza quelle tensioni.

Non sono problematiche sem-

plici. Non è semplice, ad esempio,aiutare i nostri allievi a far convi-vere nel proprio quotidiano i valoridella competitività e dello sforzoindividuale con quelli (altrettantoutili nel mondo del lavoro!) dellacooperazione e del “fare squadra”.In molti vediamo crescere l’ansia el’incertezza nella ricerca e nel per-seguimento delle proprie vocazioniculturali. Ma cresce anche la tenta-zione del disimpegno a favore diuna concentrazione sulla carriera esulla “media del 30”, un po’ triste emolto sterile. Crescono le fragilitànelle relazioni interpersonali, men-tre divengono sempre più numerosii casi di interferenza da parte di fa-miglie protettive, che non rinun-ciano ad esserci ed a proiettare suifigli la loro visione del mondo, leloro ricette di successo e persinouna loro immagine patinata di co-me una scuola d’eccellenza dovreb-be essere od apparire. Non sorpren-da allora che la Scuola debba dedi-care risorse e attenzioni crescenti(eppure ancora parziali) al temadell’orientamento, ottenendo peraltro risposte molto positive e inco-raggianti.

La terza sfida discende dalla se-conda. Quando la mano invisibileera ancora all’opera, potevamo li-mitarci ad accertare quantità e qua-lità della cultura e delle competen-ze acquisite nei licei. Oggi ci ren-diamo conto che competenze ele-vate sono un requisito necessario,ma non sufficiente. Molti sono igiovani bravi (la nostra offerta è

ampiamente inferiore alla doman-da di formazione d’eccellenza), manon tutti hanno la disposizione in-tellettuale e personale per entrarein sintonia con le nostre specificitàe per trarre il massimo dei beneficidalla permanenza al Sant’Anna. Suimpulso lungimirante del prof. Va-raldo, già oggi la selezione dei nuo-vi allievi prevede una che una quo-ta del punteggio sia determinata inbase ad una valutazione scientifica-mente rigorosa del profilo persona-le e motivazionale.

Ma non è ancora compiuta lastrada che ci separa da modalità divalutazione meno “accademiche”(per altro già presenti alla Scuola,ad esempio per i Master) e che per-mettano di individuare, tra i moltie diversi talenti, quelli effettiva-mente “compatibili”.

A queste sfide dobbiamo innanzitutto rispondere noi docenti dellaScuola, nella nostra funzione dieducatori e di “tutori” dei talentiche ci sono affidati. Molti di noisentono che è giunto il momentoche si rinunci magari a qualche au-tocelebrazione di rito e si facciaqualche riflessione di più, aperta edonesta, su come la nobile missionedel collegio oggi possa essere re-in-ventata. V’è bisogno certamente distrumenti adeguati (sia in terminidi metodologie didattiche che dicontenuti formativi), ma ancor pri-ma v’è bisogno di una rinnovatacondivisione di obiettivi e di co-municarli ai nostri allievi, ai nostricollaboratori ed all’esterno. Vi èurgenza di affermare in modo espli-cito e seriamente argomentato chela Scuola crede in alcuni valoritutt’altro che generici, che la Scuo-la – in altri termini – crede e prati-ca l’eccellenza, ma non un’eccel-lenza qualsiasi.

Non si tratta di valori “moder-ni” o – come qualcuno sospetta –“aziendali”. Sono i valori che perdecenni abbiamo riconosciuto aimigliori di noi e dei nostri allievi:la curiosità e la generosità, l’onestàintellettuale e l’impegno sociale,l’amore per la cultura e la gioia deldivertimento, la responsabilità in-dividuale e lo spirito di gruppo. Eproprio perché sono valori chehanno radici profonde nella nostrastoria, anche su questo terreno èimportante che non manchi l’im-pulso critico e il contributo di ideedegli ex allievi.

Nicola BelliniDirettore Divisione

Formazione Universitaria

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Un collegio da reinventare?di Nicola Bellini*

Un’immagine della cena natalizia organizzata dagli studenti

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La giornata di studi del 4 no-vembre sul tema “Le “nuove”fonti del diritto comunitario”

è stata una prima occasione preziosasia per fare un bilancio sulla nuovaCostituzione europea sia sulle pro-spettive della sua recezione nel no-stro ordinamento. Al convegno, in-trodotto da una relazione generaledel prof. Enzo Cannizzaro dell’Uni-versità di Macerata, hanno presoparte docenti e giovani studiosi chesono intervenuti nell’arco dell’inte-ra giornata. Sono intervenuti i pro-fessori Marta Cartabia (Universitàdi Milano Bicocca), Luisa Azzena(Università di Pisa), SalvatoreVuoto (Università di Cagliari). Ladiscussione è stata arricchita da unatavola rotonda, nel corso della sonointervenuti i professori Paolo Ca-retti e Massimo Carli (Università diFirenze), il Dott. Luigi Gianniti peril Senato della Repubblica e il Dott.Daniele Cabras per la Camera deiDeputati. Le conclusioni sono stateaffidate al Prof. Paolo Carrozzadell’ateneo pisano. L’incontro, or-ganizzato dai professori EmanueleRossi, Elisabetta Catelani e Andreade Guttry, ha rappresentato l’ulti-mo atto di un progetto di ricercarealizzato presso la Scuola Sant’An-na e finanziato dal MIUR.

Il seminario ha costituito, secon-do l’unanime intenzione di relatoried organizzatori, un momento perinviare alle forze politiche del Paeseun messaggio chiaro: è necessariauna legge costituzionale per ratifi-care la Costituzione europea, e nonuna legge ordinaria secondo quelloche è l’orientamento attuale delGoverno italiano. I vantaggi dellascelta della legge costituzionale so-no evidenti. A fronte di un periodopiù lungo di approvazione, la Costi-tuzione europea verrebbe ad avere,nel sistema delle fonti interne, ilmedesimo rango della Costituzionenazionale. Inoltre, potrebbe svol-gersi, qualora non fosse raggiunta lamaggioranza dei due terzi, quel refe-rendum (previsto dall’art. 138 Co-st.) oggi tanto invocato da espo-nenti politici e dai vertici delle isti-tuzioni. Si tratta indubbiamente diuna strada non facile eppure neces-saria. In caso contrario, infatti,l’impatto sul sistema delle fonti in-terne della recezione mediante leg-ge ordinaria della Costituzione eu-ropea creerebbe non pochi proble-mi: basti pensare alle difficoltà incui si verrebbe a trovare il giudicecostituzionale che si trovi a doverrealizzare un bilanciamento fraprincipi di rango costituzionale e

principi della Costituzione europea,quest’ultimi sostanzialmente costi-tuzionali ma formalmente espressida fonti primarie. Anche dal puntodi vista simbolico, il ricorso alla leg-ge costituzionale sancirebbe defini-tivamente la natura della Costitu-zione europea come supreme law ofthe European Land.

Il convegno è stato suddiviso intre parti. Nella prima è stata affron-tata la questione delle fonti di ran-go costituzionale con una relazionedella Prof.sa Cartabia. La relatriceha sottolineato in particolare che lafase di redazione della Costituzionesia stata assai lontana dall’idea dipotere costituente come tradizio-nalmente concepito dalla dottrinagiuridica nel corso dei secoli. Sussi-ste, infatti, una evidente spropor-zione fra la forza giuridica assegnataalle norme della Costituzione (che– addirittura – grazie ad una supre-macy clause assai discussa prevalgo-no sul diritto degli Stati membri) ela debolezza del demos europeo (allaluce, anche, della scarsa partecipa-zione al processo di redazione dellaCostituzione).

Nella seconda parte, la relatrice,Prof.sa Azzena, ha affrontato laquestione delle fonti primarie. Larelazione ha affrontato un comples-so intreccio di problematiche con-cernenti le nuove leggi e leggi quadrodestinate a sostituire, rispettiva-mente, i regolamenti e le direttive at-tualmente previsti dai trattati. Inparticolare, i relatori si sono soffer-mati criticamente sul rapporto fra

fonti primarie ed ambiti materiali dicompetenza, sull’obbligo di motiva-zione e sulla struttura degli atti legi-slativi.

Nella terza parte, infine, il prof.Vuoto ha delineato il quadro dellefonti secondarie. In particolare, larelazione ha evidenziato l’estremadifficoltà di rinvenire nel Trattatocostituzionale parametri efficaci perricostruire una nozione esatta di se-condarietà. L’inadeguatezza della no-zione tradizionalmente accolta difonte secondaria emerge da più di-posizioni.

Considerando le disposizioni dicui agli art.35-I, 36-I, 37-I, emergetutta l’eterogeneità del genus dellefonti secondarie. In particolare, unadisposizione colpisce il lettore:l’art.36-I che stabilisce che “le leggie leggi quadro europee possono de-legare alla Commissione il potere diadottare regolamenti europei dele-gati che completano o modificanodeterminati elementi non essenzialidella legge o legge quadro”: è am-missibile, dal punto di vista dellacoerenza sistematica del sistemadelle fonti, che un regolamento(seppur delegato) modifichi unafonte primaria?

Dopo l’intervento del prof. Ca-retti sui riflessi del nuovo sistemadelle fonti comunitarie nell’ordina-mento interno, si è svolta una tavo-la rotonda che ha visto confrontarsidocenti universitari con “giuristipratici”, chiamati a risolvere quoti-dianamente i problemi del “rappor-to fra le fonti”, vale a dire i consi-

glieri parlamentari, nella loro vestedi “tecnici” a servizio della “politi-ca”. Le conclusioni della giornatasono state affidate al Prof. PaoloCarrozza. Un interrogativo ha ca-ratterizzato l’intervento: quale saràil destino delle costituzioni nazio-nali? Ovvero, quale rapporto fra lefonti di livello costituzionale euro-pee e nazionali? Il parallelo che èsorto spontaneo è stato con le Co-stituzioni dei singoli stati degliUSA, prototipo di Stato federale,che sono oramai oggetto di studioda parte dei soli studiosi di storiadel diritto. Un quesito “inquietan-te” che ha aperto una visuale anchesulla possibilità di realizzazione diun processo federale in Europa, contutti i problemi che comporta dalpunto di vista politico.

Il convegno ha rappresentato,nel nostro paese, uno dei primi mo-menti in cui la scienza giuridica hafatto il quadro del sistema delle fon-ti europee e, necessariamente, an-che di quelle nazionali. La dottrinagiuridica ha messo in luce, comesuo compito, le aporie del sistemacreato ed ha indicato le soluzioniper ricondurlo ad unità razionale.Uno sforzo importante che spetteràagli attori politici sulla scena italia-na ed europea recepire per conse-gnare ai posteri un ordinamento co-munitario in grado di far fronte allesfide del futuro.

Luca Gori*Allievo ordinario,

settore di Giurisprudenza

Le nuove fonti del diritto comunitariodi Luca Gori*

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La Regione Toscana ha dedi-cato negli ultimi anni gran-de attenzione al tema della

valutazione nel settore sanità, siarispetto alla qualità dei servizierogati ai cittadini, sia in riferi-mento alle modalità organizzativeadottate a livello di sistema regio-nale.

Nel 2001 la Regione Toscanaha affidato al gruppo di ricercadella Scuola Superiore Sant’Annal’incarico di predisporre un pro-getto di prefattibilità di un siste-ma di valutazione e valorizzazionedella performance delle aziende sa-nitarie toscane. Successivamente,nel 2003 ha affidato la realizzazio-ne del progetto alla ScuolaSant’Anna selezionando quattroaziende sanitarie in cui avviare lasperimentazione, ossia l’AziendaUSL 3 di Pistoia, l’Azienda USL 5di Pisa, l’Azienda USL 8 di Arez-zo e l’Azienda Ospedaliera Uni-versitaria Pisana. Ad Ottobre del2004 si è conclusa la fase di speri-mentazione ed ha preso avviol’implementazione in tutte e 16 leaziende toscane. Entro la prima-vera del 2005 si prevede di porta-re il sistema a regime.

Gli obiettivi del progetto sonostati definiti dal gruppo di ricercadella Scuola Superiore Sant’Annainsieme all’Assessore alla Salute,primo promotore del progetto, econdivisi successivamente con iDirettori Generali delle aziendecoinvolte nella sperimentazione.

Per progettare il sistema infatti,fin dalla fase di prefattibilità, ilgruppo di ricerca ha ritenuto fon-damentale l’ascolto e la condivi-sione della metodologia adottatacon le aziende, nonché la valoriz-zazione dei sistemi di misurazionedella performance già in atto.

La sperimentazione attivatanelle quattro aziende sanitarie pi-lota, inoltre, è stata impostata inmodo da garantire la replicabilitàsuccessiva del sistema nelle altrerealtà aziendali sanitarie toscane.

In termini di rappresentazionefinale dei risultati, nel sistema direporting, sono state individuatesei dimensioni di analisi, capaci dievidenziare gli aspetti fondamen-tali della performance in un siste-ma complesso quale quello sanita-rio, ossia:

- La valutazione dei livelli disalute della popolazione. Pur sa-pendo che questa tipologia di in-

dicatori quali la mortalità nel pri-mo anno di vita o la mortalità perdiverse patologie, si muove lenta-mente nel tempo e che un miglio-ramento registrato oggi spesso èdeterminato da scelte gestionalieffettuate nel passato, è stato rite-nuto opportuno mantenere nel si-stema almeno tre indicatori disintesi, anche per focalizzare l’at-tenzione dei manager sul fine ulti-mo di ogni sforzo fatto, ossia sulmiglioramento del livello di salutedella popolazione.

- La valutazione della capacitàdi perseguire gli orientamenti delsistema regionale. Le aziende sa-nitarie toscane rispondono nonsolo della loro capacità di esserestrutture efficienti ed efficaci co-me entità autonome ma anchecome soggetti costituenti il siste-ma sanitario regionale che opera-no in logica di squadra per valo-rizzare le sinergie e per garantireaccesso ed equità a tutti i cittadi-ni della regione. In questo senso èimportante che le aziende sianoattente e capaci di implementaregli orientamenti strategici regio-nali, ossia di applicare le delibereregionali nei tempi e nei modi in-dicati.

- La valutazione della perfor-mance economico-finanziaria. Sitratta di verif icare la capacitàaziendale di perseguire le tre con-dizioni di equilibrio della dinami-ca economico finanziaria, ossial’equilibrio reddituale, l’equilibriomonetario, finanziario e patrimo-niale. Questa valutazione prevedel’utilizzo di indicatori che segnali-no la situazione puntuale dell’an-no oggetto di indagine e la valuta-zione di trend, ovvero l’andamen-to rispetto all’anno precedente.

- La valutazione clinico sanita-ria. In questa dimensione sonocompresi i risultati di qualità, diappropriatezza, di efficienza e dicapacità di governo della doman-da e di risposta del sistema sanita-rio, sia per le attività dell’ospedaleche del territorio e della preven-zione.

- La valutazione esterna. Inquesta dimensione viene conside-rata la valutazione data dai citta-dini ai servizi offerti dalle aziende.È stato inoltre oggetto di indagineil livello di soddisfazione degliutenti dei percorsi assistenziali diparticolare rilevanza strategica(oncologico, emergenza e materno

infantile). Si considera in questadimensione anche l’efficacia deiprocessi di comunicazione esternadelle aziende sanitarie.

- La valutazione interna. Inquesta dimensione viene conside-rato il livello di soddisfazione delpersonale delle aziende sanitariein riferimento alle condizioni dilavoro, al management, nonchéagli strumenti gestionali adottati.

Per rappresentare adeguata-mente i r isultati conseguiti daogni azienda in ciascuna delle di-mensioni individuate è stato uti-

lizzato lo schema del “bersaglio”con cinque diverse fasce di valu-tazione. Più l’azienda è capace dicentrare gli obiettivi e di ottenererisultati positivi nelle diverse di-mensioni della performance e piùla misura degli indicatori risultavicina al centro del bersaglio.

Ogni azienda ha il proprio ber-saglio riassuntivo della performan-ce a sei dimensioni in cui vengonoriportati i valori di sintesi di 40indicatori selezionati complessiva-mente. Ciascuno di questi indica-tori in realtà, nella maggior parte

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Il sistema di valutazione e valorizzazionedella performance delle aziende sanitarie toscane

di Sabina Nuti*

Mentre il Ministero della Salute valuta i Direttori Generali solo in re-lazione alla loro capacità di mantenere i bilanci in pareggio, la Toscanaha scelto di imboccare una nuova strada: la valutazione delle aziende e,quindi, dei Direttori Generali, fondata sulla centralità del cittadino e deisuoi bisogni.

In un sistema sanitario come quello toscano, che punta più alla coope-razione tra gli attori del sistema che alla competizione, è stato importanteinfatti pianificare e sviluppare un sistema condiviso tra le aziende e traqueste e la Regione, che fosse trasparente e chiaro nel metodo e nelle fi-nalità, capace di monitorare non solo la capacità delle aziende a perma-nere in condizioni di equilibrio economico finanziario, ma anche di perse-guire gli obiettivi strategici definiti a livello di sistema sanitario regionale.A tal fine quindi è stato importante prevedere un sistema capace di consi-derare altre tipologie di risultati, significativi per perseguire gli obiettivi dimiglioramento dello stato di salute e di benessere dei cittadini. Il progettoquindi, fin dal suo primo avvio, è stato vissuto come una sfida per tutto ilsistema regionale, non come uno strumento per dare il “voto” al manage-ment e alle aziende, ma come un’opportunità per poter capire, crescereed apprendere, un mezzo a disposizione della Regione, ma anche del ma-nagement aziendale per valorizzare ciò che vale perché eccellente e permigliorare ciò che i numeri indicano come area di criticità e di debolezza.

La scelta di affidare ad una università la conduzione del progetto nonè casuale: per garantire l’affidabilità, il rigore e la trasparenza del sistemaè stato ritenuto fondamentale coinvolgere un istituto pubblico universita-rio che potesse condividere la finalità stessa del progetto e farne una mis-sione propria come servizio reso al territorio in cui opera. Inoltre la Scuo-la Superiore Sant’Anna, quale istituto universitario a statuto speciale,poteva garantire un approccio multidisciplinare, una consolidata compe-tenza nell’area del management sanitario, e una posizione esterna a tuttele aziende sanitarie toscane non essendo coinvolta, a differenza degli altriatenei toscani, nelle tre aziende universitarie ospedaliere di Pisa, Siena eFirenze. La finalità del progetto ha consistito nel fornire un quadro disintesi dell’ andamento della gestione delle aziende sanitarie, utile non so-lo alla valutazione della performance conseguita, ma soprattutto necessa-rio per la valorizzazione e comunicazione dei risultati ottenuti.

Il sistema progettato ed implementato nelle quattro realtà pilota hapermesso di capire inoltre che lo strumento poteva diventare un mezzofondamentale per supportare la funzione di governo soprattutto a livelloregionale. A tal fine infatti è apparso fondamentale poter disporre di un si-stema trasparente e condiviso capace di monitorare non solo i risultati intermini economico finanziari delle istituzioni sanitarie, ma anche le moda-lità con cui le istituzioni si organizzano e ottengono risultati nel processo dierogazione in termini di qualità clinica e soddisfazione dei cittadini.

Enrico Rossi Assessore al Diritto alla Salute Regione Toscana

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Sistema di Valutazionee Valorizzazione della

Performance delle AziendeSanitarie Toscane

Responsabile Scientificodel progettoRiccardo Varaldo

Coordinatore di progettoSabina Nuti

Gruppo di lavoroBellonzi Manuele, Boccac-cio Angelo, Bodega Dome-nico, Bonini Anna, Bram-bini Annalisa, CerasuoloDomenico, Cinquini Lino,Del Ciondolo Elisabetta,Furlan Manuela, GiulianoGabriella, Lovo Marco,Macchia Alessia, MarcacciLinda, Martinez Paolo, Ne-glia Danilo, Renzi Cristina,Tangolo Emanuela, VainieriMilena.

Comitato ScientificoAldo Ancona (Regione To-scana), Stefano Baraldi(Università Cattolica, Mi-lano), Domenico Bodega(Università Cattolica, Mi-lano), Fabrizio Braschi (Re-gione Toscana), AdalstainnD. Brown (University ofToronto), Fabrizio Bulckaen(Scuola Superiore Sant’An-na), Lino Cinquini (Uni-versità di Napoli "Parthe-nope"), Marco Marchi(Università di Firenze), Da-nilo Neglia (CNR Pisa),Paola Miolo Vitali (Univer-sità di Pisa), Maria France-sca Romano (Scuola Supe-riore Sant’Anna), GiuseppeTurchetti (Scuola SuperioreSant’Anna).

correggere e indirizzare l’opinionepubblica che spesso, come lei dice, èstravolta dalla innovazione spettacola-re”. Un ultima domanda a sir Al-fred riguarda il nostro Paese e la ri-sposta che mi dà è veramente inat-tesa e sorprendente: so che lei ap-prezza molti aspetti della vita ita-

liana. Tuttavia il nostro Paese nonva molto bene rispetto a molti altrinello scenario europeo e mondiale.Lei pensa che ci siano ancora dellequalità redimenti cui aggrapparsi inItalia?“Si ci sono, per esempio in Italia èpiù facile stabilire collaborazioni in-terdisciplinari che sono piuttosto rarenel RegnoUnito. Qui ho trovato unagrande disponibilità da parte di scien-ziati, come Paolo Dario – che reputo

uno dei bioingegneri più qualificati inItalia e in Europa, ad avere proficuecollaborazioni. Se, come credo, que-sta è una caratteristica del sistemaitaliano, allora la considero un’anco-ra di salvezza per il sistema e una ga-ranzia di svi luppo per i l futuro”.Non voglio togliere altro tempo alProfessor Cuschieri, anche se mipiacerebbe spostare l’intervista suaspetti meno professionali, come ilsuo amore per l ’Italia e le sue

città, come Volterra che lui consi-dera tra le più affascinanti, sui for-maggi, sui vini della terra di To-scana che lui conosce e apprezzacome i suoi paesaggi. Sarà perun’altra volta, per ora la ringrazio,sir Alfred, a nome dei lettori delSant’Anna News, per l’acume del-le sue risposte e soprattutto per ilsereno buon senso che traspare daesse.

Brunello Ghelarducci

Il Baronetto...

(segue da pag. 15)

CAPACITÀ DI OPERARE IN LINEACON LE STRATEGIE REGIONALI

LIVELLO DI SALUTE DELLA POPOLAZIONE

§ Sono state selezionate alcune scelte strategiche rilevanti per laregione:

§ la costituzione del Cord per il presidio ed il coordinamento delpercorso oncologico;

§ la costituzione del SUP per facilitare i processi di accesso ecomunicazione ai servizi della Prevenzione

§ la capacità di informazione sulle scelte relativealll’integrazione dei LEA , in particolare per l’odontoiatria

§ Tempi di attesa entro max 15 gg per 10 prestazioniambulatoriali di maggiore rilevanza

§ Attivazione dell’ambulatorio per codici bianchi ed azzurripresso i DEU

§ Alcuni indicatori sintetici di outcome:§ La mortalità entro il primo anno di vita§ La mortalità dovuta a malattie del sistema

circolatorio§ La mortalità dovuta a tumori

VALUTAZIONE ESTERNA VALUTAZIONE INTERNA

§ livello di soddisfazione della popolazione per la medicina dibase;

§ livello di soddisfazione della popolazione per i serviziambulatoriali

§ livello di soddisfazione della popolazione per i servizidiagnostici

§ livello di soddisfazione per gli utenti servizi di prevenzione§ livello di soddisfazione per gli utenti del pronto soccorso§ livello di soddisfazione per gli utenti del percorso oncologico

colon retto§ livello di conoscenza da parte della popolazione dell’esistenza

dell’URP§ livello di conoscenza da parte della popolazione del SUP

Prevenzione§ livello di soddisfazione utenti percorso materno infantile

§ Le variabili monitorate in questa sezione sono leseguenti:

§ tasso di assenteismo§ tasso di infortuni (n. infortuni / numero di

dipendenti)

§ Dall’indagine di clima organizzativo somministrato adirigenti e dipendenti:

§ livello di soddisfazione delle condizioni di lavoro§ livello di soddisfazione del lavoro di gruppo§ livello di soddisfazione del management§ livello di soddisfazione dei processi di comunicazione

e informazione§ livello di soddisfazione dei servizi interni§ livello di soddisfazione dei meccanismi gestionali

(budget, formazione,…)§ livello di soddisfazione complessiva aziendale

VALUTAZIONE SANITARIA VALUTAZIONE ECONOMICO FINANZIARIA

§ valutazione di appropriatezza§ valutazione di bisogno (capacità di governo della domanda)§ valutazione di efficienza (capacità di utilizzo efficiente

dell’offerta)§ valutazione di efficacia (qualità clinica)

§ condizioni di equilibrio economico valutazionepuntuale

§ condizioni di equilibrio economico valutazione intrend

§ condizioni di equilibrio patrimoniale valutazionepuntuale

§ condizioni di equilibrio patrimoniale valutazione intrend

§ condizioni di equilibrio finanziario valutazionepuntuale

§ condizioni di equilibrio finanziario valutazione intrend

dei casi, rappresenta un “albero”di indicatori che alimentano il ri-sultato di sintesi. Ciascun indica-tore selezionato può essere analiz-zato a confronto con i dati dellealtre aziende toscane, in modo daevidenziare best practice o aree dicriticità. A titolo di esempio si ri-porta per la dimensione della va-lutazione clinico sanitaria, l’albe-ro relativo alla capacità di operare

con appropriatezza e l’esemplifica-zione dei dati relativi ad uno degliindici selezionati, ossia il tasso deicesarei depurato (percentuale dicesarei su donne primipare, conevento parto non gemellare, posttrentottesima settimana, posizio-ne vertex).

Ancora a titolo di esempio,nell’ambito della dimensione del-la valutazione interna si riporta

l’indicatore relativo alla valuta-zione delle condizioni di lavoroche è dato dal grado di soddisfa-zione dei responsabili di strutturae dai dipendenti relativamente alproprio lavoro, alle condizioni dilavoro e al lavoro di gruppo.

Sabina Nuti*Scuola Superiore Sant’Anna,

coordinatore del progetto

Le sei dimensioni del sistema di valutazione

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Da alcuni anni l’Associazionee gli Allievi sentono l’esigen-za di realizzare un sistema

informatico che dia vita ad una reteon-line degli ex-allievi. Sotto questocappello stanno una serie di iniziati-ve che porteranno, a regime, ad unsito web multifunzionale: l’obiettivofinale è realizzare una piattaformache permetta di annullare la distanzafisica che, per forza di cose, separaciascun ex-Allievo dagli altri Asso-ciati e dagli Allievi.

Abbiamo ricevuto un forte im-pulso ad agire in tal senso dall’ultimaAssemblea dell’Associazione, dopola quale ci siamo riuniti, creando ungruppo di Allievi al fine di realizzareuno strumento utile al raggiungi-mento dell’ambizioso obiettivo sopraesposto.

Stato dell’arteLa prima esigenza cui doveva ri-

spondere il sito web era la possibilitàdi effettuare ricerche, all’internodell’elenco degli associati, in base acerti criteri (quali, ad esempio, datianagrafici, tipo di laurea, periodo dipermanenza a Scuola, etc). La ver-sione del sito che è possibile visualiz-zare all’indirizzo www.progrete.ss-sup.it permette la consultazione deidati relativi a ciascun ex-Allievoche ha aderito al progetto: è disponi-bile, previa autenticazione mediantepassword, un semplice motore di ri-cerca, che restituisce gli Associati ri-spondenti al criterio immesso. La vi-sualizzazione dei dati è, per como-dità, divisa in due fasi: mediante li-sta concisa e mediante lista espansa.La prima permette una sommaria vi-sualizzazione dei dati più rilevantidegli Associati rispondenti al crite-rio immesso, mentre la seconda con-sente la consultazione di tutti i datidisponibili sull’ex-Allievo in que-stione. Così, ad esempio, per ciascunassociato risulterà molto semplice ri-cercare i riferimenti dei coetanei,con cui ha condiviso l’esperienzacollegiale, così come per un Allievosarà possibile contattare facilmentel’ex-Allievo che ha dato la disponi-bilità ad offrire orientamento al la-voro o uno stage aziendale. È inoltrepossibile effettuare la stampa (conun format grafico dedicato) di tutti idati di un singolo ex-Allievo, cosìcome delle etichette da lettere, diuna rubrica, di un indirizzario, relati-vi ad un gruppo rispondente al crite-rio di ricerca (ad esempio tutti i lau-reati in Giurisprudenza, o gli Allievidi un certo periodo).

Risulta molto semplice anche laprocedura di inserimento dati di cia-

scun associato: abbiamo deciso disvincolarci da programmi di gestionedei database, ed abbiamo realizzato“in proprio” un’interfaccia web perrealizzare tale funzionalità. Ogni ex-Allievo può, indipendentemente dalsistema operativo o del browser chepredilige, inserire i propri dati, modi-ficarli, o eliminarli, permettendo in

questo modo una gestione “in temporeale” dei dati che, potenzialmente,possono rimanere sempre aggiornati.

Altra funzionalità di cui abbiamoritenuto fondamentale l’implemen-tazione è il forum degli aderenti alprogetto, che permette agli iscritti dilasciare commenti, riflessioni e do-cumenti relativi a varie tematiche(ad esempio relazioni di incontri ex-allievi-Allievi, materiale informati-vo,…).

Un po’ di storia recentedel progettoLa versione attuale del progetto e

quelli che saranno i suoi sviluppi fu-turi hanno alle spalle una complessafase organizzativa preliminare in cuiè stato necessario esaminare a livelloteorico il progetto nella sua comple-tezza. Il primo passo per la creazionedi una piattaforma funzionante efunzionale è stata infatti la creazionedi un database informatico, una sor-ta di scheletro su cui modellare inun secondo momento le varie mem-bra. Una volta creata una solidastruttura, gli strumenti informaticiutilizzati hanno permesso una distri-buzione modulare dei successivi pas-si. Per realizzare il database è statoquindi necessario tenere in conside-razione le specifiche esigenze delprogetto e prevedere quali sarebberostati i suoi sviluppi successivi. Solodopo aver posto in questo modo lebasi per l’intero progetto ed aver su-perato positivamente una prima fase

di testing con l’immissione di alcunidati di prova, è stato possibile inizia-re a migliorarne da un lato l’aspetto,dall’altro le funzionalità. Nelle setti-mane successive alla prima embrio-nale versione del progetto sono stateprogressivamente implementate fun-zioni quali l’interfaccia web per lavisualizzazione dei dati (ovvero il si-

to vero e proprio), l’ulteriore paginaper l’immissione dei dati stessi, il si-stema di autenticazione per garantirela sicurezza delle informazioni pre-senti, il forum e così via.

Sviluppi futuriAllo stato attuale il progetto su-

scita un crescente interesse all’inter-no della componente Allievi dellaScuola e sta ricevendo numerosi in-put, tutti con nuove proposte voltead ampliarne il campo di azione.Come in precedenza accennato, èinfatti possibile aggiungere funzionispecifiche senza una riprogettazionedell’intero sistema, e d’altronde so-no disponibili e stanno diventandosempre più diffusi strumenti infor-matici versatili, ideati per risponde-re ad esigenze simili a quelle propriedel progetto. Due sono attualmentele funzionalità per le quali nel me-dio termine è previsto lo sviluppo el’integrazione con quelle esistenti:una sezione “videoconferenza” eduna mappa geografica cliccabile. Laprima di esse, basata su un serviziodisponibile gratuitamente in rete, sicolloca nell’ottica di più ampio re-spiro riguardante la più proficua col-laborazione tra i membri dell’Asso-ciazione ed il corpo Allievi dellaScuola. Questo strumento renderàpossibile affiancare ai già presentiincontri con ex-allievi, che tornanofisicamente alla Scuola per raccon-tare la loro esperienza, degli ulterioriincontri “virtuali”. Si può facilmen-

te pensare in questo modo di orga-nizzare degli incontri informali cosìcome dei veri e propri seminari “on-line” su specifici temi, atti ad arric-chire la programmazione didatticadei diversi settori. Contatti in talsenso sono già stati presi ad esempiocon il Dott. Di Pietrantonio, il qua-le ha fornito utili suggerimenti perlo sviluppo del progetto e si è resodisponibile a prenderne parte atti-vamente. La mappa geografica clic-cabile, dall’altro lato, è invece unostrumento che aiuterà la ricercaall’interno del database, rendendopossibile una ricerca geografica inte-rattiva. Un lavoro preliminare è giàdisponibile ed è già stato presentatoper sommi capi in un numero prece-dente del Sant’Anna News (n. 22,gennaio 2004): è ora necessariocompletare ed integrare nel sistemaattuale il lavoro esistente.

È da segnalare che l’intero pro-getto ha preso vita e si sta evolvendograzie a collaborazioni spontanee de-gli Allievi; non sono tuttavia da di-menticare lo stimolo e il supportodel Prof. Mosca e la costante presen-za e aiuto dei Proff. Comandè e Tur-chetti, uniti alla regolare attenzioneprestata dalla Sig.ra Letta, che han-no visto il progetto nascere e svilup-parsi e sono sempre stati prodighi dipreziosi consigli. Recentemente so-no state raccolte e formalizzate inuna piccola relazione tecnica tutte leattività svolte finora nell’ambito delprogetto: tale relazione si è configu-rata come la prova finale di un corsointerno del settore di Ingegneria, du-rante il quale i membri del progettohanno acquisito gran parte dellecompetenze utili ai fini dello svilup-po del sito web. Sarebbe auspicabile,durante l’Anno Accademico in cor-so, prevedere uno specifico contribu-to al progetto nell’ambito delle col-laborazioni part-time studenti. In talmodo nascerebbe una figura specifi-ca preposta alla gestione ordinariadel progetto, alla cura delle attivitàdi manutenzione del sito e dei quoti-diani piccoli interventi atti a miglio-rarne l’aspetto.

Per informazioni, suggerimenti,critiche e per richiedere la passworddi accesso al sito, inviare un messag-gio di posta elettronica all’[email protected].

R. Bresciani, L. Foschini,A. Montagner, C. Oddo,

V. Pappalardo, A. Simone *allievi ordinari di ingegneria

M. Rizzone*allievo ordinario di economia

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Allievi ed ex-allievi sono ora più vicini!di R. Bresciani, L. Foschini, A. Montagner, C. Oddo, V. Pappalardo, A. Simone, M. Rizzone*

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Nella chiesa di Sant’An-na, venerdì 10 dicembre2004 si è tenuto un con-

certo nato da una collaborazione tragli Allievi e l’Associazione Ex-Al-lievi. Si è trattato di un’iniziativache ha voluto riproporre una serataanaloga a quella dello scorso 6 giu-gno, quando alcuni allievi ed ex-al-lievi si esibirono animati dall’inten-zione di unire il piacere di fare musi-ca all’impegno umanitario. Allora sivide una larga partecipazione dipubblico e l’entusiasmo per l’esitodecisamente positivo dell’evento haincoraggiato tutti a impegnarsi perla realizzazione di un nuovo concer-to. E come allora, anche questa vol-ta l’impegno di musicisti e organiz-zatori è stato compensato oltre leaspettative.

In questo secondo concerto si so-no cimentati come musicisti IvanLibero Nocera e Marco Mazzarella,allievi ordinari del secondo annodel Settore di Giurisprudenza, Giu-lia Ghiani e Flavio Tovani, allieviordinari del primo anno del Settoredi Scienze Politiche, Paolo Leoni,allievo del Settore di Ingegneria dal1997 al 2003; a costoro si è aggiun-ta, esterna alla Scuola SuperioreSant’Anna, Stefania Neri, giovanesoprano che segue lo studio del can-to presso l’Istituto Musicale Pareg-giato “Pietro Mascagni” di Livorno.Ivan Libero Nocera, Marco Mazza-

rella e Paolo Leoni stanno prepa-rando l’esame di Compimento Me-dio di pianoforte, mentre GiuliaGhiani e Flavio Tovani studianoper l’esame di Diploma. La serataha avuto inizio con Ivan LiberoNocera, che ha eseguito la Sonataop. 27 n. 2 “Al chiaro di luna” diLudwig van Beethoven; successiva-mente, Paolo Leoni ha suonato ilPreludio e Fuga n. 2 dal secondovolume di Das Wohltemperierte Kla-vier di Johann Sebastian Bach, haproseguito accompagnando Stefa-nia Neri in alcune arie d’opera conla parte strumentale trascritta perpianoforte (“Convien partir” da Lafiglia del reggimento di Gaetano Do-nizetti, “Voi che sapete” da Le noz-ze di Figaro di Wolfgang AmadeusMozart, “O mio babbino caro” daGianni Schicchi di Giacomo Pucci-ni) e ha concluso la prima partecon il Preludio op. 28 n. 24 di Fre-deric Chopin. A cominciare la se-conda parte è stato Flavio Tovanicon la Fantasia e Fuga di Bach tra-scritta da Franz Liszt e due Notturnidi Chopin; Marco Mazzarella ha poieseguito lo Scherzo op. 39 di Cho-pin e Giulia Ghiani ha conclusocon due Sonate di Domenico Scar-latti, la Sonata op. 2 n. 1 diBeethoven e la Rapsodia Unghere-se n. 12 di Liszt. Infine, il tutto èstato suggellato da un bis in cuiStefania Neri, accompagnata da

Paolo Leoni, ha cantato l’aria “Do-mine Deus” dal Gloria di AntonioVivaldi.

L’intento umanitario posto allabase della serata emerge dal titolo“Musica per la speranza” che è statodato all’iniziativa. Come nel con-certo del 6 giugno, sono state rac-colte libere offerte destinate intera-mente al progetto “Medici per i po-veri”, progetto patrocinato dalla Fa-coltà di Medicina e Chirurgiadell’Università di Pisa e dalla Fon-dazione Arpa che si propone di fi-nanziare la formazione medica digiovani di una delle zone più poveredelle Ande peruviane; la sommadelle offerte ha superato i 520 euro,cifra superiore a quella raccolta nelconcerto precedente e che ci solle-cita a esprimere al pubblico profon-da gratitudine per la generosità mo-strata.

I ringraziamenti per l’organizza-zione del concerto in ogni dettagliovanno all’allievo Baldassare Ferro ealla signora Anna Letta, segretariadell’Associazione Ex-Allievi; inol-tre, esprimo riconoscenza verso l’al-lieva Sara Costanzo, che nella sera-ta ha presentato concerto e musici-sti. Al Presidente della Scuola Su-periore Sant’Anna, prefessore Ric-cardo Varaldo, spettano sinceri rin-graziamenti per avere consentito larealizzazione dell’iniziativa all’inter-no della chiesa.

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Un sistemaper videoconferenze

tra allievied ex-allievi

Una volta usciti dalla Scuola, è inu-tile negalo, non è facile mantenersiin contatto, non come una volta in-tendo. La vita impone i suoi ritmi.Eppure, il forte sentimento di amici-zia che ci lega dagli anni dell’univer-sità è tale da far sì che le occasionid’incontro finiscano per presentarsispontaneamente.Stavo appunto riflettendo su questoaspetto e su quanto possa essere im-portante condividere tanti momentidi confronto con gli allievi di oggi,quando mi venne in mente una pro-posta, che ai più potrà sembrare biz-zarra ma spero, all’atto pratico, uti-le: un sistema permanente per vi-deoconferenze.Un’idea che, a mio avviso, verrebbead integrarsi con il progetto per met-tere in comunicazione allievi ed ex-allievi (permettendo agli allievi dimettersi in contatto anche con gli exattualmente all’estero) e che è stataaccolta con entusiasmo anche dalgruppo di lavoro che se ne sta occu-pando, a tal punto che le soluzionitecniche per una sua realizzazionesono già allo studio. Se tutto procederà come previsto, neuscirà uno strumento di facile e ve-loce utilizzo, poco dispendioso (siaper la Scuola che per gli utenti re-moti) che si avvarrà esclusivamentedella rete Internet, mediante la crea-zione di una Virtual Room perma-nente, alla quale sarà possibile colle-garsi, con password, da qualsiasicomputer (ed eventualmente parte-cipare attivamente con una sempliceWebcam). Volendo poi esagerare, ci sarebbeanche la soluzione più avveniristica(dal punto di vista organizzativo in-tendo), cioè l’ipotesi di recapitareall’ex-allievo, che abbia dato la pro-pria disponibilità e che ne sia sprov-visto, una piccola webcam, con tan-to di software che gli permetta dicollegarsi in pochi minuti, creando,così, con pochi sforzi, un punto dicontatto.Ovviamente, nulla potrà mai sosti-tuire un vero e proprio incontro, mase questo sistema verrà utilizzatoanche per una sola volta (magaricambiando positivamente le sorti dicoloro che ne faranno uso) vorrà di-re che sarà valso a qualcosa spende-re quei pochi minuti che sono statinecessari per concepirne l’idea.

Lorenzo Di PietrantonioEx Allievo di Economia

Da sinstra: Giulia Ghiani, Marco Mazzarella, Flavio Tovani, Ivan Libero Nocera, Stefania Neri, Paolo Leoni.

Musica per la speranza: allievi ed ex-allievisi esibiscono per “Medici per i poveri”

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La ricerca, la capacità di aprir-si all’innovazione, gli investi-menti, l’alleanza tra industria

e università: sono alcune delle pa-role d’ordine per costruire il futurodell’Italia. Sulla necessità di im-boccare questa strada si sono tro-vati d’accordo i presidenti di alcu-ne delle più significative realtà im-prenditoriali e universitarie del no-stro paese: da Marco TronchettiProvera di Telecom a Pier France-sco Guarguaglini di Finmeccanica,a Riccardo Varaldo della ScuolaSuperiore Sant’Anna di Pisa. Pro-prio la Scuola Superiore Sant’An-na ha ospitato il convegno intito-lato “Strutturazione della ricercahi – tech: come università e indu-stria possono fare sinergia”. Riccar-do Varaldo ha aperto il convegnoche ha anticipato e che ha seguitol’inaugurazione del Centro di ec-cellenza per le tecnologie e per lereti fotoniche, sorto nell’area di ri-cerca Cnr San Cataldo. Il Centrocostituisce un esempio di virtuosacollaborazione tra industria e uni-versità, al quale hanno contribuitola Scuola Superiore Sant’Anna, ilCnit (Consorzio interuniversitarioper l’ingegneria delle telecomuni-cazioni) e la Marconi Communica-tion di Genova. Nello stesso edifi-cio lavorano fianco a fianco i ricer-catori universitari e quelli diun’impresa privata. “La Scuola Su-periore Sant’Anna – ha detto Ric-cardo Varaldo - è nata come colle-gio di eccellenza a fianco e per me-rito della Scuola Normale Superio-

re. Negli anni recenti però ha as-sunto sempre di più i caratteri tipi-ci di una research university, dove sifanno educazione e formazione, macon una spinta propensione per laricerca. Questo modello di istitu-zione universitaria risponde per in-tero allo spirito e alle esigenze diun’economia basata sulla cono-scenza e sull’informazione. Nelnuovo contesto, l’interazione traistruzione e ricerca è fondamentalenon soltanto per l’università, maanche come modo per rapportarsi eper aprirsi con l’esterno, con ilmondo istituzionale, con la societàe con il mondo industriale”. Lasessione mattutina è stata modera-ta dal professor Giancarlo Prati, di-rettore della Divisione Ricerche edel Cnit; quella pomeridiana dalprofessor Luigi Donato, presidenteArea di ricerca Cnr San Cataldo.

La realtà italiana disegnata dairelatori appare come un quadro incui dominano le tinte fosche, ep-pure, gli strumenti per risalire lachina non mancano.

I principali sono costituiti dagliinvestimenti nella ricerca, dallacollaborazione tra università e im-presa e dalla proposta, lanciata daMarco Tronchetti Provera.“Apriamo – ha detto – un tavolodi discussione al quale far sederegoverno, imprese e università perdecidere le priorità e per focalizza-re le risorse. Dimentichiamo gliegoismi individuali e puntiamo afare sistema”. Al convegno nonhanno partecipato soltanto rappre-

sentanti del mondo imprenditoria-le. Un intervento è stato tenuto daClaudio Martini, presidente dellaGiunta regionale toscana, che si èsoffermato sulla funzione catalizza-trice della mano pubblica nel favo-rire il trasferimento tecnologico el’innovazione delle imprese. Lasessione mattutina ha visto anchela presenza di Carlo Bozotti, vice-presidente di Mgr STMicroelectro-nics, che ha ribadito l’importanzastrategica di una sinergia tra mon-do della ricerca e mondo impren-ditoriale e che ha sottolineato ilsuccesso del “modello Sant’Anna”,che può costituire un punto di rife-rimento nell’attivazione di un cir-colo virtuoso tra università e mon-do industriale e imprenditoriale.Mike Parton, Amministratore de-legato Marconi Corporation Plc,invece, ha spiegato che la multina-zionale che dirige ha scelto laScuola Superiore Sant’Anna conl’intento di farne uno dei suoi part-ner per attuare ai massimi livelli lasua strategia di ricerca e di innova-zione.

Di diversa natura gli stimoli allariflessione arrivati dal Presidente eAmministratore delegato di Fin-meccanica, Pier Francesco Guar-guaglini, il quale ha ribadito, che“in un Paese bisogna saper sacrifi-care le esigenze contingenti, per-ché le risorse non ci sono per tuttoe dobbiamo investire in ricerca esviluppo per costruirci un futuro”.Da questa considerazione è scaturi-to l’invito “per la scelta delle prio-

rità e dei soggetti che meritano ifinanziamenti, partendo dal datooggettivo delle scarse risorse dispo-nibili. Se non si individua la com-petitività delle aziende come fatto-re prioritario forse potranno esseresalvati il 2005 e il 2006, ma nel2010 l’Italia potrebbe aver persoterreno irrecuperabile dinanzi ainuovi competitori”.

Il sottosegretario al Ministerodelle attività produttive, MarioValducci, ha riassunto gli impegnidel Governo e i risultati per nonfar perdere terreno all’Italia nelsettore della competitività. Il con-vegno ha visto la partecipazione diVittorio Grilli, come Commissariodell’Istituto italiano di tecnologiadi Genova, ricordando come l’Ita-lia abbia titolo “per discutere siadelle punte di eccellenza, qui rap-presentate dalla Scuola SuperioreSant’Anna, che delle problemati-che connesse allo sviluppo delmondo della ricerca, poiché nonmancano segnali di allarme sui ri-tardi che essa ha accumulato e sul-le difficoltà nel creare meccanismifluidi di collegamento con l’indu-stria”. Anche per superare questogap, ha ricordato con chiarezzaVittorio Grilli, è stata fondataun’istituzione come l’Iit. È comun-que certo che il gap “non è soltan-to italiano, ma più in generale eu-ropeo. Sappiamo – ha proseguito –con quale anticipo Stati Uniti epaesi asiatici abbiano intrapreso lacorsa all’innovazione, conseguen-do risultati che appaiono in conti-nua evoluzione per l’approccio di-namico di questi mercati agli inve-stimenti in formazione, ricerca einnovazione industriale”. Se questaè la diagnosi, la cura indicata daVittorio Grilli passa attraverso al-cuni nodi da sciogliere: le risorsefinanziarie, che non possono essereassegnate a pioggia, ma secondocriteri meritocratici; la valorizza-zione delle risorse umane secondocriteri trasparenti in termini dicompetenze e di carriere; la crea-zione di un network dell’eccellen-za. Tetsuhiko Ikegami, Presidentedell’università di Aizu, ha invecespiegato quali siano i meccanismiche regolano i rapporti tra univer-sità e mondo imprenditoriale e in-dustriale in Giappone.

Francesco Ceccarelli*Ufficio stampa

Scuola Superiore Sant’Anna

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Università e impresa: inaugurato il Centrodi Eccellenza per le Tecnologie e Reti Fotoniche

di Francesco Ceccarelli*

Riccardo Varaldo, Paolo Ancilotti e Luigi Donato

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Oltre che dalla bellezza del-le linee architettonichedegli edifici che la com-

pongono, un visitatore dellaScuola Sant’Anna rimane stupitodalla vastità e dall’articolazionedegli spazi aperti, in parte lastrica-ti, in parte a verde, che l’alto mu-ro di cinta nasconde a chi attra-versa Piazza Santa Caterina. Pro-prio venendo dalla Piazza, appenavarcato il cancello dell’ingressoprincipale, l’occhio è attratto dal-la bella e dinamica scultura diAnna Chromy che raffigura il mi-to di Sisifo. La statua sembra qua-si animare lo spazio circostante eil verde del bronzo si raccorda conquello del prato e dei cespugli vi-cini. Tutti ricorderanno quando,nel corso dell’ultima Assembleadegli Ex Allievi, la statua fu collo-cata nel giardino con una bella esuggestiva cerimonia (cfr. N° 23,pag. 26). Con l’approssimarsi del-la scadenza del periodo di colloca-zione della statua alla Scuola,molti ex allievi, docenti e allievidella Scuola hanno espresso il de-siderio che l’opera possa restareper sempre dove si trova. Se siconsidera il significato della scul-tura che mostra Sisifo nell’atto diguidare la propria famiglia lungola strada della vita, talora imper-via e difficile, sperando di portarlain vetta alla montagna – non sa-pendo che riuscirà a compiere so-lo una tappa di questo infinitopercorso, e che dovrà passare il te-stimone al figlio che dal giocosopedalare si troverà presto a dovermuovere lo stesso amato fardello –questo richiama un po’ il signifi-cato del ruolo di consiglio e disupporto che, come Associazioneci prefiggiamo di svolgere neiconfronti degli allievi della Scuo-la confidando che essi lo svolganoper i loro colleghi futuri. La pro-posta di acquisire la statua di Si-sifo alla Scuola mi sembra quindimolto buona. Ma c’è di più, per-ché non pensare che questo sia uninizio per la creazione di un parcomuseale aperto al pubblico cheveda sparse negli spazi aperti dellaScuola, questa e altre opere d’artefigurativa, per esempio le sculturedel progetto “Sedili di Pietra”,sviluppato dalla Fondazione AR-PA con la collaborazione di artistidi fama internazionale come JoeTilson, Pietro Cascella, Giò Po-

modoro, Jean Paul Philippe e altriancora.

Da un punto di vista della fatti-bilità economica, l’iniziativa do-vrebbe sostenere solo il prezzo dicosto dei materiali e delle fusioni,come è stato per i l Sisi fo dellaChromy per il quale esiste già unimpegno all’acquisto. Di fatto ègià partita la sottoscrizione tra gliEx Allievi, gli amici degli ex allie-vi e, ci auguriamo che essa sidiffonda tra i docenti della Scuo-la, gli sponsor e tutte le altre per-sone di buona volontà e di sensi-bilità che gli Ex Allievi saprannotrovare e coinvolgere.

Curatore degli allestimenti edella adeguata collocazione delleopere negli spazi aperti sarà l’ExAllievo Francesco Tomassi, l’ar-chitetto a cui dobbiamo la delica-ta e impegnativa ristrutturazionedi tutti gl i edif ici storici dellaScuola.

Oltre all’abbellimento struttu-rale e all’arricchimento culturaledella nostra Scuola, una ricadutamolto importante di questa inizia-tiva consiste nel fatto che ogniqual volta che l’opera della Ch-romy, o di qualunque altro artistapresente nel parco museale, vieneesposta o compare su un catalogo,o sui siti web o in qualunque altraforma di pubblicizzazione, saràsempre associata al nome dellaAssociazione Ex Allievi e dellascuola Sant’Anna di Pisa. Già apartire dal maggio, giugno e luglio2005, il Sisifo sarà esposto, insie-me ad altre opere, nella personaledi Anna Chromy in Place Vendo-me a Parigi. Inoltre, perché nonimmaginare che queste opere pos-sano essere dedicate a persone anoi care.

Questa è l ’ idea a cui uniscol’invito a sottoscrivere un contri-buto per la sua realizzazione (incalce troverete le modalità per ef-fettuare la donazione). Se tutti sa-remo generosi, a novembre, in oc-casione dell’Assemblea degli ExAllievi – il cui tema, tra l’altro, èben consonante con questa inizia-tiva – potremo consegnare conuna bella cerimonia alla nostraScuola questo patrimonio cultura-le, frutto della nostra iniziativa edespressione dell’affetto che nutria-mo per essa.

Franco Mosca

Al via il progetto SisifoLa proposta per la costituzione di un parco museale con la scultura di Anna Chromy

e altre opere d’arte negli spazi aperti della Scuola

di Franco Mosca

Comunicazioni di serviziodel Coordinatore Locale dell’AssociazioneLe comunicazioni del coordinatore locale in questo numero del nostrogiornale sono particolarmente brevi perché il consueto aggiornamentoin merito alle iniziative realizzate o in corso di realizzazione viene pre-sentato dagli stessi Allievi che ai diversi progetti hanno fornito il pro-prio fattivo e prezioso contributo.L’impegno, la costanza e l’attitudine propositiva che in questo annogli Allievi hanno mostrato nelle iniziative promosse dall’Associazionecostituiscono un segnale importante di un rinnovato entusiasmo e diun crescente desiderio di lavorare e di stare insieme di Allievi, Associ-azione e Scuola.Un altro segnale particolarmente significativo in tale direzione è rapp-resentato dalla presenza, nel ruolo di facilitatori, di ex Allievi più gio-vani, appena usciti dalla Scuola, che stanno progressivamente affian-cando gli Allievi attuali per rendere forte, stabile, facile, appunto, ilraccordo tra Allievi ed ex Allievi da subito, prima che questi ultimivengano presi dai ritmi pressanti del lavoro. La necessità di definiremeccanismi di raccordo strutturati che consentano un contatto imme-diato tra chi ha ottenuto il diploma di licenza e chi è ancora a Scuolaè molto sentita sia dai primi, che forniscono idee per superare le diffi-coltà derivanti dalla lontananza fisica, che dai secondi, che dedicanoenergie e tempo per contribuire a creare gli strumenti che consentanoloro di ricercare contatti con gli ex Allievi durante gli studi e di nondistaccarsi dalla Scuola una volta conseguita la laurea.Gli articoli presentati in questo numero del giornale dagli Allievi Al-berto Montagner, Calogero Oddo, Valerio Pappalardo, Alessandro Si-mone, Marco Rizzone, che riportano sullo stato di avanzamento delProgetto Rete, e dall’ex Allievo Lorenzo di Pietrantonio, che proponeun nuovo meccanismo di comunicazione tra Allievi ed ex Allievi,sono una chiara dimostrazione di questo rinnovato sforzo di coordina-mento.Il significato della funzione del tutoraggio – da sempre svolta dagli Al-lievi più anziani verso le matricole –, l’evoluzione delle sue modalitàd’espletamento in seguito alle mutate esigenze della Scuola, della soci-età, del mondo del lavoro, la sua estensione durante i vari passaggi delpercorso universitario e in occasione della delicata scelta in merito allastrada da intraprendere dopo il conseguimento della laurea, l’emergeredel senso di appartenenza, sono proprio i temi scelti per il nostro con-vegno annuale, che si terrà verosimilmente in novembre, il cui titolopotrebbe pertanto essere: “Dalla matricola al tutoraggio continuo: losviluppo del senso di appartenenza”. Inviate suggerimenti e richieste dicoinvolgimento attivo! A presto rivederci, dunque numerosi, in occa-sione del convegno! Franco Mosca

Bonifico in Italia

- Intestazione contoVaraldo Riccardoe Mosca Franco - Prog. SISIFO

- N° Conto corrente: 200098- Banca - Filiale di Pisa -Abi: 3104- Cab: 14001- Cin: L

Bonifico dall’estero

- Intestazione conto:Varaldo Riccardoe Mosca Franco - Prog. SISIFO

- N° Conto corrente: 200098- Banca - Filiale di Pisa - Iban: IT63L0310414001000000200098- Swift: DEUTITM1318

Per le donazioni a favore del Progetto SISIFO potete contattare FrancoMosca (tel. casa: 050-870674; ufficio: 050-571299) oppure procedere di-rettamente tramite bonifico bancario. Riportiamo di seguito i dati:

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I nuovi allievi dell’a.a. 2004/2005

Ingegneria: in alto da sinistra, Ilaria Sacco, Luca Invernizzi, Dario Cazzaro,Marco Cempini, Stefano Marco Maria De Rossi, Michele Basile, Gianluca Pa-gano; in basso da sinistra, Carlo Piovesan, Riccardo Biasini, Gianni Tonioni.

Economia: in alto da sinistra, Andrea Vespignani, Fabio Di Cristina, GiordanoToffolon; in basso da sinistra, Cecilia Nardini, Paolo Zacchia, Ada Iovkova, Mi-chele Magistrelli.

Agraria: da sinistra, Giuseppe Genova, Pietro Goglio, Matteo Gnocato; in bas-so: Federico Dragoni.

Medicina: da sinistra, Carlo Maria Rosati, Giorgia Carlone, Gabriele Ricco,Riccardo Liga, Jean-Baptiste Toussaint, Pierluigi Ortenzio, Alice Sanna.

Scienze Politiche: da sinistra, Emanuele Pollio, Laura D Angelo, Damiano DeFelice, Antonella Angelini, Giulia Ghiani, Marco Mancini.

Giurisprudenza: in alto da sinistra, Marco Rocca, Giacomo Delledonne, FlavioTovani; in basso da sinistra, Leonardo Di Russo, Valeria Spinosa, Andrea DeBenetti, Margherita Cerizza.

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Ecco l’elenco dei nuoviperfezionati alla Scuola,

con il titolo della tesi

Dottorato in Economia e ManagementFrancesca Lotti, Three Essays in Empirical indu-

strial organizationMarzia Romanelli, Analysis of the redistributive

impacts of public policies. Metodology and appli-cations

Monica Gentile, Forecasting industrial productionindex inflation and asset return volatility by ge-neralized dynamic factor model

Alessio Moneta, Graphical causal models and var-based mocroeconometrics

Francesca Gino, The impact of information onbehavior and decision making: three essays

Alessandra Luzzi, Innovation Tecnology and firmstrategies: a study of the european small-mediumserial innovation

Roberto Gabriele, Four essasy on labour marketdynamics

Laura Magazzini, Innovation and dynamic compe-tition: lessons from the pharmaceutical industry

Olivia Ceccarini, Essays in applied microecono-mics

Mauro Sylos Labini, Three essays on the impor-tance of social networks in the labor market

Monica Merito, The emergence of standards thecost of treatmets in medical care: the case of hivtherapy

Franco Bevilacqua, Random Walks and determini-stic relationships in macroeconomic time series:a theoretical and statical appraisal

Settore di Scienze PoliticheFrancesca Veltri, La democrazia Imperfetta: il di-

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stemsPaolo Gai, Real time operatine system design for

multiprocessor system-on-a-chipAndrea Polini, Testing component-based software

system

I nuovi perfezionati

I nuovi allievi del biennio specialistico. In alto, da sinistra: Gianni Ciofani, Martina Landini, Vito Lombardo, Annalisa Tore, Giovanni Mattia Lazzerini,Francesca Biondi; in basso, da sinistra: Laudisi, Claudio Gangemi, Valentina Donzella, Nicola Vitiello, Filippo Fontanelli.

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Scoprire i segreti della plasticità del cervello e mettere a punto i primivaccini preventivi contro i tumori: sono queste alcune delle nuove sfidedella ricerca premiate il 12 novembre a Roma con uno dei riconosci-menti scientifici più importanti in Italia, il premio Feltrinelli assegnatodall’Accademia dei Lincei. Fra i premiati il neurofisiologo Giorgio Stratadell’Università di Torino, che dopo avere individuato la proteina coin-volta nei ricordi di paure e traumi, prosegue lungo questa strada allascoperta dei segreti della grandissima plasticità del cervello. SecondoStrata è molto importante capire i meccanismi molecolari con cui alvariare di un’attività o di un’esperienza esterna si modificano alcunecaratteristiche biochimiche del cervello. Capire questo scambio fra am-biente e fisiologia è la scommessa dei prossimi anni sia per studiare com-portamenti complessi, come memoria e apprendimento, sia la possibilitàdi utilizzare gli stessi meccanismi per riparare lesioni e danni provocatida malattie neurodegenerative.

Il Premio Feltrinellia Piergiorgio Strata

Ho scelto la Scuola perchéGli allievi ordinari appena entrati alla Scuola ci raccontano perché han-no scelto di venire a studiare al Sant’Anna. Fra le motivazioni più ricor-renti ci sono la qualità degli studi, anche in vista di un futuro inserimen-to nel mondo della ricerca o del lavoro, e la dimensione collegiale, la“comunità educante”. Ma lasciamo dunque la parola agli allievi:“Un distacco dalla famiglia e dalla città di origine può essere moltosalutare. Mi aspetto di avere una preparazione più ricca e completa diquella che potrebbe darmi la sola Università. Vorrei imparare bene lelingue straniere, viaggiare e trascorrere dei periodi anche piuttostolunghi all’estero” (allieva del settore di giursprudenza)“La scuola S. Anna rappresenta, per me, un luogo dove è possibile con-ciliare in un modo assai vantaggioso una preparazione di eccellenza e ilfar parte di una comunità attiva sotto svariati punti di vista. È un luogoche ti obbliga ad abbandonare abitudini acquisite durante un’intera vita,che ti fa fronteggiare situazioni nuove dandoti, anche, le capacità per su-perarle.” (allievo settore medicina)

Un nuovo Masterin donazioni e trapianti

Non occorrono soltanto ottimi medici per salvare la vita di un paziente,ma anche ottimi professionisti che gestiscano i programmi di reperi-mento/donazione e trapianto di organi sotto l’aspetto organizzativo emanageriale. Sinora la formazione di queste figure non era affidata a unpercorso di tipo accademico: alla mancanza supplisce il nuovo Masterinternazionale e universitario di secondo livello in Management deiprogrammi di reperimento/donazione e trapianto di organi, tessuti e cel-lule promosso dalla Scuola Superiore Sant’Anna. Il Master, che ha unadurata di 15 mesi ed è rivolto a 25 partecipanti, fornisce gli strumentiper individuare modelli organizzativi efficaci ed efficienti per gestireprocessi di reperimento/donazione e trapianto. Il settore dei trapianti èinfatti caratterizzato da mutamenti rapidi, dovuti ai progressi della ricer-ca medica, scientifica e tecnologica; alle considerazioni di natura etica,sottoposte a una continua rielaborazione; all’affermarsi di una sensibi-lità diversa nella cultura diffusa. Tali cambiamenti impongono elabora-zioni teoriche e di carattere multidisciplinare, che devono essere aggior-nate in maniera costante, anche per superare le differenze di organizza-zione e di gestione dei programmi di donazione e di trapianto che oggiesistono anche tra una regione italiana e l’altra..

Nuovo statuto e nuovi verticiDa agosto la Scuola ha un nuovo Statuto. L’innovazione più importante èstata l’introduzione della figura del Presidente accanto a quella del Diret-tore che ha ridisegnato l’intera struttura di vertice secondo schemi assolu-tamente inediti per un’istituzione universitaria pubblica. Se infatti al Di-rettore e al Senato accademico competono la politica di sviluppo dell’ec-cellenza nell’attività di ricerca e di formazione, al Consiglio di ammini-strazione e al Presidente competono la gestione economica e amministra-tiva, nonché la valorizzazione e il trasferimento dei prodotti di formazionee di ricerca all’esterno.Con l’introduzione del nuovo Statuto è partito anche il rinnovamentodelle cariche: in autunno il prof. Riccardo Varaldo è stato eletto Presi-dente e il prof. Paolo Ancilotti Direttore. Nuove elezioni anche per i Pre-sidi: il prof. Enrico Bonari è stato riconfermato per la Classe di Scienzesperimentali mentre il prof. Emanuele Rossi ha sostituito il prof. FabrizioBulckaen per la Classe di Scienze sociali.

RicordoL’Associazione ex allievi esprime il suo cordoglio per la scomparsa delprof. Fulvio Capparelli Ingegneria - Pisa - (1954-1958) e dell’ Avv. prof.Nicola Pinto Giurisprudenza - Firenze - (1934-1936).

Tra scienza e fantascienzaIl Quirinale ha coinvolto la Scuola nel “Progetto Giovani – Tra scienzae fantascienza”, una manifestazione che si è svolta a novembre nella te-nuta di Castelporziano. Alle due settimane di divulgazione scientifica,rivolte agli studenti delle scuole superiori, hanno partecipato i laborato-ri Arts e Crim che hanno allestito una mostra intitolata “Dal nano ro-bot al robot umanoide. Biorobot come strumento per la salute e il be-nessere degli esseri umani”.

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Il Polo a porte aperte

Per il secondo anno consecutivo, il 14 ottobre, giorno di San Faustino,patrono di Pontedera, il Polo Sant’Anna Valdera ha aperto le porte ai cit-tadini che hanno potuto così visitare il parco scientifico della Scuola Su-periore Sant’Anna e i suoi laboratori di robotica, ingegneria biomedica,micro e nanotecnologie, realtà virtuale, informatica e biotecnologie.L’iniziativa ha avuto il patrocinio del Comune di Pontedera e ha visto lapartecipazione di “Pont – Tech”.

La Scuola fra Cina e GiapponeContinuano e si rafforzano i rapporti fra la Scuola e i paesi asiatici, primifra tutti Cina e Giappone. Su questo fronte si segnala la visita in autunnodel Ministro Letizia Moratti a RoboCasa, il laboratorio congiunto di ro-botica umanoide della Scuola Superiore Sant’Anna e della Waseda Uni-versity di Tokyo. A dicembre invece, questa volta la notizia riguarda laCina, nell’ambito del viaggio del Presidente Ciampi, la Scuola ha siglatoun accordo con l’Università di Chongqing per favorire lo scambio diricercatori e docenti e l’avvio di progetti comuni nei settori dell’ingegner-ia, dell’economia, del management, delle scienze politiche e dellagiurisprudenza. Coinvolti nell’iniziativa anche la Piaggio & C. S.p.A. e ilgruppo industriale cinese Zongshen che coopereranno allo sviluppo diprogetti di ricerca e di formazione comuni.

Bravi! Fra le 25 matricole più brave di tutta Italia ci sono anche quattro nuoviallievi ordinari del Sant’Anna. Ad ottobre, il Presidente Carlo AzeglioCiampi li ha ricevuti tutti al Quirinale consegnando loro il premio “Al-fieri del Lavoro”. Complimenti dunque ad Antonella Angelini (Scienzepolitiche), da Locorotondo (Bari); a Federico Dragoni (Scienze Agrarie),da Sant’Angelo in Colle (Siena); a Michele Magistrelli (Scienze econo-miche), da Castelnuovo Garfagnana (Lucca); e a Pierluigi Ortenzio(Scienze mediche), da Ancona.

Spin-off sul podioEra Endoscopy, azienda spin off della Scuola, con sede a Pontedera (Pisa)che opera nel settore della strumentazione biomedicale, si è aggiudicata laseconda posizione al Premio Nazionale per l’Innovazione, che si è conclu-so il primo dicembre a Torino e a cui hanno partecipato cinquecento fraidee imprenditoriali e imprese provenienti da tutta Italia. Era Endoscopyha ricevuto 30 mila euro, offerti dall’Assessorato alla Pubblica Istruzione eCultura della Regione Piemonte. “Il premio – ha dichiarato l’ingegnerGorini, presidente della spin-off – servirà per lo start-up della società. En-tro due anni dovremmo essere presenti sul mercato”.

I concerti dell’Associazione

L’Associazione ex allievi della Scuola Superiore Sant’Anna, in collabo-razione con l’associazione culturale "La rondine", ha organizzato due ap-puntamenti musicali. Il 16 ottobre si è tenuto un concerto del chitarrista Joseph Bacon. Figliod’arte, il padre è appunto il compositore americano Ernst Bacon, Baconha studiato chitarra con maestri di grande fama come Segovia, ha tenu-to concerti in tutto il mondo, ed è considerato un’autorità della letter-atura musicale per liuto. Fra i brani eseguiti nella cornice della chiesa diSant’Anna, partiture di Bach, di Ernst Bacon e di Debussy.Il 27 gennaio, sempre nella chiesa di Sant’Anna, si è svolto il concertodi Bozena Steinerova (nella foto) che ha eseguito brani di Franz Liszt,Leos Janacek, Joannes Brahms, Sergei Prokofiev. La pianista, nata aPraga dove oggi insegna, ha tenuto concerti dall’Asia all’America, oltreche in diversi Paesi europei. Ha suonato con numerose e prestigiose or-chestre, fra le quali l’Orchestra Filarmonica Ceca e l’Orchestra Filar-monica di Tokyo. La sua attività didattica comprende anche masterclasses di tecnica e interpretazione.

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Luigi Luca Cavalli Sforza, L’evo-luzione della cultura. Proposteconcrete per studi futuri, Codiceedizioni, Torino, 2004.

***

L’innovazione è come una mu-tazione genetica. Esistono poi deimeccanismi di selezione che nedettano il successo, sia che si par-li di evoluzione biologica o cultu-rale. Alcuni ricercatori giappone-si hanno fatto un esperimentoprendendo di mira una colonia dimacachi che vive in una spiaggia.A questi macachi è stato dato delcibo, patate e chicchi di grano,che prima era stato bagnato e poirotolato nella sabbia così da ren-derlo sgradevole. Come fare permangiarlo? Fu una giovane fem-mina a trovare la soluzione/inno-vazione, sciacquando i l tuttonell ’acqua del mare. Ma la so-cietà dei macachi è molto gerar-chica e i giovani e le femmine go-dono di scarsa autorevolezza.Conclusione: “i macachi adultinon accettarono di apprendere lanuova tecnica”.

Questo è solo una delle storieche si trovano nel nuovo libro,L’evoluzione della cultura, di LuigiLuca Cavalli Sforza, genetista dirilievo internazionale che insegnaall’Università di Stanford. L’operaè composta da venti brevi capitoliche trattano temi diversi, ma tutticollegati a un’unica questione: ca-pire i meccanismi dell’evoluzioneculturale e spiegare come mai, adesempio, alcuni tratti sono stabilimentre altri invece cambiano ra-pidamente. Al centro dell’indagi-ne c’è l ’essere umano, animaleculturale per eccellenza, perché la

trasmissione culturale e l’appren-dimento hanno un’influenza mol-to più modesta tra gli altri animali(macachi compresi).

Lo studio dell’evoluzione cultu-rale – come ci r icorda CavalliSforza sin dalle prime pagine – èsolo agli inizi. Questa disciplinasembra infatti un po’ come la ge-netica ai tempi di Mendel, cheaveva capito come funzionava latrasmissione dei caratteri eredita-ri, senza però sapere nulla dei genie dei cromosomi. Nel casodell’evoluzione culturale il tassel-lo più elementare sono le idee.

“Le idee (anche se non sappia-mo esattamente cosa siano) sonooggetti materiali in quanto hannobisogno di corpi materiali e dicervelli, in cui essere prodotte perla prima volta e riprodotte nelprocesso di trasmissione: come ilDNA sono oggetti materiali, an-che se di natura profondamentediversa”.

Per spiegare i meccanismidell’evoluzione culturale, CavalliSforza recupera la versione, ormaiabbandonata dai genetisti ,dell’evoluzione di Lamarck. La-marck riteneva, al contrario diDarwin, che gli individui potesse-ro trasmettere le caratteristicheacquisite nel corso della vita eche ci fosse quindi una “volontàdi evolvere”. Traslato nel conte-sto dell’evoluzione culturale que-sto significa che le innovazionisono quasi sempre il frutto di unprocesso volontario, diretto a ri-solvere bisogni reali e contingen-ti, e non del caso, come avvieneinvece nelle mutazioni genetiche.

Il passo successivo è capire co-me avviene la diffusione delle in-novazioni o, in termini più gene-rali, che genere di rapporto ci siafra mutazione e continuità. Perspiegare il fenomeno i genetistiusano due categorie in continuadialettica fra loro: il drift, chetende a uniformare il patrimoniogenetico delle singole popolazio-ni, e la migrazione, che invece fa-vorisce il mescolamento dei genie introduce la diversità

Secondo Cavalli Sforza, anchenel caso dell’evoluzione culturaleagiscono delle forze simili: la tra-smissione verticale, che avvienead esempio all’interno della fami-glia, è conservatrice e lenta, men-tre la trasmissione orizzontale, incui il rapporto di parentela o etàha un’importanza molto limitata,può generare cambiamenti ancherepentini che possono diffondersicon la stessa rapidità di una ma-

lattia infettiva. “In pratica, la tra-smissione genetica è perfettamen-te conservatrice, ma mantienesempre un’alta variabilità (...); in-vece quella culturale è proteifor-me: può essere altamente conser-vatrice, ma può anche permetterevariazioni rapidissime”.

Il testo di Cavalli Sforza nondà comunque adito a facili sem-plificazioni. Lo scopo è semmaiopposto: mettere insieme tutti ifattori e mescolarli continuamen-te. L’evoluzione biologica e cultu-rale, ad esempio, non corrono sudue binari paralleli, ma si influen-zano reciprocamente. CavalliSforza riporta vari casi, uno deiquali ci interessa da vicino. “Pas-seggiando per il porticato sotto laGalleria degli Uffizi” – scrive Ca-valli Sforza – “mi sono accortoche esistono 22 o 23 statue fra cuivi sono tutti gli italiani più im-portanti nella storia dell’arte edelle scienze, quasi tutti nati a Fi-renze o nelle immediate vicinan-ze”. Dopo un’analisi più attentaemerge un altro fatto: quasi tuttiquesti grandi italiani sono natiprima del 1600. A cosa si devedunque questa concentrazione di“geni” nello spazio e nel tempo?In realtà – spiega poi l’autore –uomini potenzialmente genialinascono ovunque e continuamen-te, ma dal Duecento al Seicento,Firenze fu uno degli ambienti piùricchi e stimolanti del mondo, siaa livello economico che culturale.Coincidenza – ci avverte CavalliSforza – lo storico economicoCarlo M. Cipolla data il declinodell’Italia a partire dal 1620.

Marina Magnani

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SANT’ANNA NEWSnotiziario semestrale

Direttore responsabile: Brunello GhelarducciComitato redazionale: Amedeo Alpi, Nicola Bellini, Giovanni Co-mandè, Alga Foschi, Vincenzo Letta, Franco Mosca, Mauro Stam-pacchia, Giuseppe Turchetti.Segreteria di redazione: Marina MagnaniEditore: Associazione ex allievi Scuola Superiore di Studi Universitarie di Perfezionamento S. Anna, Pisa. Pubblicato con un contributodella Scuola Superiore Sant’Anna e della «Fondazione Spitali».Presidente: Giuliano AmatoCoordinatore: Franco MoscaSegreteria: Anna LettaSede: Piazza Martiri della Libertà, 33 – 56100 Pisa.

Tel. 050/88.32.26, fax 050/88.32.10

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Stampa: Edizioni ETS, piazza Carrara – 56126 Pisa, www.edizioniets.comISSN 1593-5442, Registrazione n. 9 del 1993 presso il Tribunale di Pisa.

Letti per voi

Edizioni ETSwww.edizioniets.com

AA.VV.Guida alle etichedella comunicazione.Ricerche, documenti, codiciCollana: Comunicazione e oltre [6]ADRIANO FABRIS [CUR.]2004, pp. 216

AA.VV.The Emerging European UnionIdentity, Citizenship, RightsB. HENRY, A. LORETONI [ED.]2004, pp. 252

AA.VV.Dopo la Shoah. Nuove identitàebraiche nella letteraturaCollana: Diagonali [1]2005, PP. 220

AA.VV.Epimeteo e il Golem.Riflessioni su uomo, naturae tecnica nell’età globaleDANIELA BELLITI [CUR.]Collana: filosofia [69]2004, pp. 312

CHIARA BOTTICI

Uomini e Stati.Percorsi di un’analogiaCollana: filosofia [72]2004, pp. 164

F. BARBERI, R. SANTACROCE,M. L. CARAPEZZA

Terra pericolosa.Terremoti, eruzioni vulcaniche,frane, alluvioni, tsunami.Perché avvengono e comepossiamo difenderci2004, pp. 196

ANNA VITTORIA MIGLIORINI

Lucca e la Santa Sede nel Settecento2004, pp. 148

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