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S Edizioni Lettere e Filosofia - La Sapienza Sara Centili Stefano Asperti F ondamenti di Filologia e Linguistica romanza testi romanzi commentati 1 corsi di laurea in Letteratura musica spettacolo – Lettere Moderne-Studi italiani Lettere classiche – Lingue e culture del mondo moderno anno accademico 2010-2011

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S

Edizioni Lettere e Filosofia - La Sapienza

Sara Centili Stefano Asperti

F ondamenti di Filologia e Linguistica romanza

testi romanzi commentati 1

corsi di laurea in

Letteratura musica spettacolo – Lettere Moderne-Studi italiani Lettere classiche – Lingue e culture del mondo moderno

anno accademico 2010-2011

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INDICE

Presentazione : le lingue romanze 3 1. Lingue romanze ufficiali dell’Europa moderna. 1. Vangelo

di Giovanni 3, 16 11 1.1 Lessico 13 1.2 Morfosintassi 14 1.3 Fonetica 16

2. Lingue romanze ufficiali dell’Europa moderna. 2 Trattato

di Roma – 25 marzo 1957 18 2.1 Morfosintassi 20 2.2 Lessico 21 2.3 Fonetica 23

3. Lingue romanze ufficiali e varietà romanze formalizzate nel mondo moderno: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (10 dicembre 1948) 26 4. Varietà linguistiche nella Romània, nello spazio e nel tempo.

Il Padre Nostro 37 Commento 44

3.1 Grafia 45 3.2 Fonetica 46

5. L’ Appendix Probi 48

Le sezioni 1-4 sono state curate da Sara Centili, la Premessa e la sezione 5 da Stefano Asperti.

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Voiceless

Voiced

Aspirated

More rounded

Less rounded

Advanced

Retracted

Centralized

Mid-centralized

Syllabic

Non-syllabic

Rhoticity

Breathy voiced

Creaky voiced

Linguolabial

Labialized

Palatalized

Velarized

Pharyngealized

Velarized or pharyngealized

Raised

Lowered

Advanced Tongue Root

Retracted Tongue Root

No audible release

Lateral release

Nasal release

Nasalized

Laminal

Apical

Dental

Diacritics may be placed above a symbol with a descender, e.g. DIACRITICS

ʰ˒˓˖˗

˟ˌ

˞

ˠʲʷ

stʰ

ɔɔui eeɹeɚ

bbttʷ dʷtʲ dʲtˠtˤ dˤ

daa

ɫ= voiced alveolar fricative)(e ɹ= voiced bilabial approximant)(e β

ee

n t dt dt d

edn

dˡd

n

ˡ

ŋ

td

ˈˌːˑ˘.ǀǁ

ˌfoʊnəˈtɪʃəneː

eéeˑ

eɹi.ækt

eee

eêeee

Primary stressExtrahigh

Extralow

High

Mid

or

LEVELTONES & WORD ACCENTS

CONTOUR

Low

Downstep

Upstep

Global rise

Global fall

Rising

etc.Rising-falling

Falling

High rising

Low rising

Secondary stress

Long

Half-long

Extra-short

Syllable break

Minor (foot) group

Major (intonation) group

Linking (absence of a break)

SUPRASEGMENTALS

OTHER SYMBOLSVoiceless labial-velar fricative

Voiced labial-velar approximant

Voiced labial-palatal approximant

Voiceless epiglottal fricative

Voiced epiglottal fricative

Alveolo-palatal fricatives

Alveolar lateral flap

Simulataneous ʃ and xAffricates and double articula-tions can be represented by twosymbols joined by a tie barif necessary Epiglottal plosive

ʍwɥʜʢʡ

ɕ ʑɺɧ

tskp

yi

e ø

ɛ œæ

a ɶ ɑ ɒɐ

ɜ ɞ ʌ ɔ

o

uɪ ʏ

ɨ ʉ

ɘ ɵə

ɤʊ

ɯ

VOWELS

Close

Front

Where symbols appear in pairs, the one to the rightrepresents a rounded vowel

Central Back

Close-mid

Open-mid

Open

CONSONANTS (NON-PULMONIC)Clicks Voiced implosives Ejectives

Bilabial

Dental

(Post)alveolar

Palatoalveolar

Alveolar lateral

ʘǀǃǂǁ

Bilabial

Dental/alveolar

Palatal

Velar

Uvular

ɓɗʄɠʛ

as in:

Bilabial

Dental/alveolar

Velar

Alveolar fricative

ʼpʼtʼkʼsʼ

Plosive

Nasal

Trill

Tap or Flap

Fricative

Lateralfricative

Approximant

Where symbols appear in pairs, the one to the right represents a voiced consonant. Shaded areas denote articulations judged impossible.

Lateralapproximant

Bilabial Labiodental Dental Alveolar Postalveolar Retroflex Palatal Velar Uvular Pharyngeal Glottal

CONSONANTS (PULMONIC)

p b

ɸ β f v θ ð s zɬ ɮ

ʋ ɹ ɻ j

ʃ ʒ ʂ ʐ ç ʝ x ɣ χ ʁ ħ ʕ h ɦ

t d ʈ ɖ c ɟ k ɡ q ɢ ʔ

m n ɳ

ɾ ɽ

ɲ ŋ ɴɱ

ʙ r ʀ

ɰ

l ɭ ʎ ʟ

THE INTERNATIONAL PHONETIC ALPHABET (revised to 1993)

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Presentazione : le lingue romanze

Si definiscono lingue romanze, o neolatine, le lingue che si sono storicamente sviluppate dal latino. In Europa, senza entrare nei dettagli e trascurando molte minoranze linguistiche, spesso localizzate nelle regioni di confine (per lo più parlate germaniche e slave), sono romanze le varietà (lingue nazionali e dialetti) che si parlano nella penisola iberica e in Francia (fatta eccezione per l’area basca e l’area bretone), in Italia (fatta eccezione per l’Alto Adige), nella metà francofona (vallone) del Belgio, in alcuni cantoni svizzeri (francese o meglio in buona parte francoprovenzale, italiano e romancio), in Romania e in Moldavia (rumeno).

Ciò che definisce la famiglia delle lingue romanze è dunque un criterio genetico, verificabile grazie alla comparazione diacronica delle lingue tra loro: attraverso fasi linguistiche antiche in parte attestate ed in parte ricostruite, è possibile risalire dalle differenti lingue moderne fino ad uno stato di lingua comune, che è il latino. Il latino alla base delle lingue romanze non è però quello attestato dalla letteratura classica, altamente stilizzata e improntata a modelli retorici di estrema raffinatezza, bensì una varietà di latino diastraticamente più bassa, quella che si suppone venisse parlata nell’impero romano dalle persone comuni, fuori da intenti retorici e da costrizioni normative scolastiche. Questa varietà linguistica del latino parlato che si ipotizza come base comune da cui in seguito si sviluppò individualmente ciascuna lingua romanza viene chiamata latino volgare o proto-romanzo. E’ da intendersi che, così considerata, quella di proto-romanzo (o latino volgare) non è una realtà oggettiva, bensì piuttosto una categoria funzionale che raggruppa varietà e parlate probabilmente anche molto differenziate tra loro (in diatopia, diacronica e diastratia); difficilmente infatti il latino parlato nella Dacia del III secolo (da cui si è probabilmente sviluppato il rumeno: la Dacia cessò di essere provincia romana nel 275 d.C.) e quello parlato nella penisola iberica del V secolo, alla caduta dell’impero romano, potevano essere uguali. Ciononostante accanto a tratti particolari o areali (sicuramente numericamente preponderanti) è possibile riconoscere alcuni tratti di fondo comuni a tutte le lingue romanze, cosicché - pur nelle diversità - è pienamente riconoscibile una “famiglia romanza”. I materiali raccolti in questo fascicolo intendono proporsi come documentazione ad un tempo dell’unità ora descritta e delle diversificazioni prodottesi nello spazio e nel corso del tempo, sulle quali verificare in concreto le nozioni generali illustrate nel manuale adottato.

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Avvertenze circa la simbologia utilizzata e le grafie nazionali

Quale premessa all’esame di testi che documentano le varietà romanze

attraverso lo scritto, è opportuno presentare una serie di avvertenze circa simboli e convenzioni correntemente in uso, richiamare gli aspetti essenziali del sistema fonologico, attraverso una schematizzazione sintetica che ricorre alle convenzioni IPA, e introdurre alcune indicazioni esplicative e cautelative circa l’alfabeto e sulle convenzioni ortografiche, precisatesi come vere e proprie norme nelle lingue moderne ufficiali.

Convenzioni e simboli utilizzati * = indica che la parola che segue non è quella normalmente attestata,

ma una forma ricostruita per via induttiva. Si applica soprattutto al latino (per le forme cosiddette latino-volgari), ma anche alle lingue romanze (per forme non attestate ma foneticamente plausibili)

> = si traduce con “passa a” < = si traduce con “deriva da” /z/ = indica un fonema secondo lo standard dell’Alfabeto Fonetico

Internazionale, nella fattispecie una sibilante sonora. <z> = indica un grafema, nella fattispecie la lettera Z. Un grafema può

anche essere composto da due lettere ed essere dunque un digramma, come in italiano <ch>.

[pja:no] = indica la trascrizione fonetica di una parola. Inoltre mentre le parole latine sono scritte d’abitudine in MAIUSCOLETTO (lat. PATREM), quelle in lingua volgare sono scritte in corsivo, precedute dalla sigla della lingua di riferimento (it. padre, fr. père); la sigla a. sta per “antico” (per cui a.fr. = antico francese).

Alfabeto fonetico e sistemi romanzi A seguito si inserisce una schematizzazione sintetica e semplificata dei

sistemi fonologici romanzi, che insiste prevalentemente sui tratti comuni a più lingue. Per indicazioni più complete, oltre alla tabella IPA ufficiale (versione 2005) acclusa nelle pagine precedenti, vedi anche le informazioni presenti in buoni manuali universitari (come quello di F. Albano Leoni – F. Maturi, Manuale di fonetica, Roma, Carocci ed., 20023) e la documentazione acquisibile in linea e di buona qualità quale quelle di alcune voci di Wikipedia; innanzitutto:

http://en.wikipedia.org/wiki/International_Phonetic_Alphabet

e quindi, in italiano e con specifica attenzione all’area linguistica italiana, utile di per sé e come base di confronto per le altre lingue;

http://it.wikipedia.org/wiki/Alfabeto_fonetico_internazionale http://it.wikipedia.org/wiki/Italiano_in_IPA

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le consonanti romanze (sistema semplificato) luogo ARTICOLAZIONE

tipo

bilabiali

- +

labiodentali

- +

(dentali) alveolari

- +

dentali o interdentali

- +

palatali

- +

velari

- +

uvulari

- +

plosive o occlusive

p b it. pane, it. babbo

papà

t d it. tavolo, sete it. dado

k g it. cane it. gatto

fricative β sp. caballo

f v it. fame it. vento, deve

s z it. sale, chiuso it. rosa

� j sp. ciento sp. amado

ing. thing ing. that

ʃ � it. scena fr. jardin

x Ÿ sp. rojo sp. lago

approssimanti j it. ieri, Vajont

affricate ts dz it. danza, zio, it. pranzo

pezzo

ʧ � it. luce it. gente

nasali m it. mese, lume

n it. naso, pane

Ÿ

it. segno

laterali l it. lupo, mela

[ it. meglio

vibranti r it. rosso

R fr. rouge

i segni “-“ e “+” indicano il grado di sonorità e rispettivamente la sorda e la sonora

j semivocale anteriore / approssimante palatale w semivocale posteriore / approssimante velare labiale sonora kw gruppo labiovelare sordo gw gruppo labiovelare sonoro

le vocali romanze (sistema semplificato) i it. filo ‹ fr. le, nap. buone (“e centrale”) e it. nero, cane y fr. lune, mur, ted. für i y u ε it. sette e o a it. casa ə Q it. cosa, orto

εεεε o it. coda, lupo a u it. pugno

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Questione tutt’altro che semplice è quella della rappresentazione nello scritto delle realizzazioni foniche, orali, e quindi della rappresentazione del sistema fonologico e fonetico di ciascuna lingua o parlata attraverso un opportuno insieme di grafemi (o simboli grafici), eventualmente complessi, formati cioè attraverso l’unione di più segni o l’alterazione di un segno-base attraverso l’inserimento di diacritici: oltre agli accenti grave e acuto, in uso anche in italiano, occorre menzionare quantomeno la dieresi e l’accento circonflesso e segni quale la tilde dello spagnolo e la cediglia dello spagnolo e del francese.

Le lingue romanze si scrivono correntemente in alfabeto latino, benché siano state usate in passato convenzioni diverse, in particolare attraverso l’adozione dell’alfabeto greco (italia meridionale), di quello cirillico (Romania), di quello ebraico (varie comunità ebraiche sparse in Occidente, con presenza significative soprattutto nella Penisola Iberica e in Italia: cfr. Varvaro cap. 21, da cui non si può prescindere per un più corretto inquadramento di tutto ciò che qui segue).

Fatte salve queste eccezioni, significative ma nel complesso isolate, la rappresentazione scritta delle lingue romanze si è confrontata con la tradizione ortografica latina e quindi con l’alfabeto latino; non diversamente è accaduto nel resto dell’Europa occidentale, con l’eccezione della tradizione runica nordica. E’ stato cioè adottato un sistema convenzionale di segni scritti che riprende quello sviluppato nell’antichità, adattandolo in molti casi a fronte a speciali esigenze, proprie per ciascuna lingua, ossia, fondamentalmente, adattandolo.

Questo sistema di segni, così come oggi in uso, conta un minimo di 21 caratteri in italiano, cui se ne aggiungono altri nelle lingue romanze e in quelle germaniche e slave; per esempio, tra i più noti e correnti, j, k, y, w, ma anche la ñ dello spagnolo o la “esse doppia alta” del tedesco, ß. Si sta sempre parlando di segni, ossia di entità grafiche, non di suoni; la corrispondenza può variare nel tempo. Inoltre, se oggi i sistemi di ciascuna lingua sono consolidati ed hanno valore di norma, può senz’altro capitare di incontrare in epoche entro una tradizione ortografica segni poi abbandonati e invece altrove vitali; per esempio, i due segni ñ

e ß cui ora si è fatto cenno, erano di uso corrente nell’arte tipografica italiana del Cinquecento per indicare rispettivamente la doppia n e la doppia s, in legatura .

Ritorniamo al problema dei segni in rapporto alle realtà fonetiche e fonologiche. Gli adattamenti introdotti rispetto al sistema latino concernono in particolare, ma non solo, ovviamente, la necessità di rappresentare suone e fonemi inesistenti nella norma classica. Il risultato è stato conseguito specializzando e/o adattando, con nuove convenzioni, singoli segni dell’alfabeto latino, ma anche introducendo segni (o grafemi) doppi o tripli (così avviene ad esempio in italiano con i gruppi grafici ch o gli), o complessi (simboli oggi avvertiti come unità che però evolvono da antichi gruppi grafici), come in francese w o ç ovvero in spagnolo ñ. Va ricordato che tali gruppi grafici doppi o complessi non esistono in latino classico, dal momento che l’alfabeto latino antico ha carattere tipicamente fonetico; esso prevede cioè la corrispondenza univoca, o pressoché univoca (una minima eccezione è quella del segno V) tra suono e segno. In particolare in latino: � non esistono fonemi palatali (nasali, laterali, fricative) e non esistono le

affricate (gruppi consonantici anch’essi con componente palatale); di conseguenza, tra l’altro,

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� ciò che nello scritto si rappresenta con i segni C e G ha sempre valore di consonante velare, rispettivamente sorda e sonora, quindi /k/ e /g/, anche nei gruppi GN e GL; per esempio, MAGNUM si pronunciava /'magnum/.

L’evoluzione fonetica e fonologica ha portato all’affermazione di nuovi suoni e quindi di nuovi fonemi, in particolare precisamente le palatali (nasali, laterali, fricative) e le affricate (dentali / alveolari e palatali / prepalatali). Il processo ha comportato il manifestarsi di uno squilibrio tra un sistema innovativo (la lingua parlata con i suoi suoni e fonemi) e uno conservativo (l’alfabeto, con tutto quanto lo legava alla cultura scritta), ossia tra fonia e grafia; ciò ha richiesto la definizione di nuovi assetti e la ricostruzione di un nuovo sistema di equivalenze, o meglio di nuovi sistemi, considerate le divegenti soluzioni adottate nei vari ambiti linguistico-culturali nazionali. Di fatto a una stabilizzazione, differenziata regione per regione, non si giunse che nell’età moderna, tra l’altro in conseguenza dell’affermazione della stampa; il processo di assestamento progressivo ha come risultati i moderni alfabeti delle varie lingue ufficiali nazionali e gli insiemi di convenzioni speciali proprie a ciascuna di esse. Come anticipato, nell’evoluzione verso i moderni sistemi romanzi si sono in particolare introdotti nuovi segni ovvero si sono modificate le valenze di alcuni già esistenti come conseguenza dello sviluppo di nuovi suoni, inesistenti in latino e per i quali pertanto l’alfabeto latino e la tradizione ortografica latino-classica non prevedevano nulla: ripeto ciò concerne soprattutto i nuovi suoni (le consonanti palatali, le affricate) e le conseguenze di queste evoluzioni, come l’indicazione del valore di velare, sorda e sonora, davanti alle vocali anteriori. I nuovi segni sono stati costruiti combinando o modificando segni preesistenti.

Ecco una minima casistica, centrata sulle lingue moderne e ristretta a italiano, francese e spagnolo (supponendo siano quelle più facilmente conosciute, magari anche solo superficialmente), valida appunto come esemplificazione, tutt’altro che esausitiva: simb. fonet. it. fr. sp.

laterale palatale [ gli ill [ant.: ll]

nasale palatale Ÿ gn gn

[ant.: ign]

ñ

affricata alveolare sorda ts z -

[ant.: c]

-

[ant.: c, ç]

affricata alveolare sonora dz z - -

fricativa (inter)dentale sorda Θ - - c / z

fricativa (inter)dentale sonora

(intervocalica)

j - - d

fricativa postalveolare

(o pre-palatale) sorda

l sc (+/e/, /i/)

sci (+ /a/, /o/, /u/)

ch -

fricativa postalveolare

(o pre-palatale) sonora

µ - g (+/e/, /i/)

j (+ /a/, /o/, /u/)

-

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affricata postalveolare

(o pre-palatale) sorda

— c (+/e/, /i/)

ci (+ /a/, /o/, /u/)

tch ch

affricata postalveolare

(o pre-palatale) sonora

q g (+/e/, /i/)

gi (+ /a/, /o/, /u/)

dj -

occlusiva velare sorda + e / i k ch qu qu

occlusiva velare sonora + e / i g gh qu qu

gruppo labiovelare sordo

- + a / o

- + e / i

kw

qu

qu

-

qu

cu

gruppo labiovelare sonoro

- + a / o

- + e / i

gw gu gu

-

gu gü

NOTE

In spagnolo l’effettiva pronuncia associata alla grafia ll varia in maniera considerevole tra i gradi di laterale palatale [[], simile a quella italiana (varie regioni entro la penisola iberica), di fricativa palatale sonora [µ] (Andalusia, America latina) e di semiconsonante “ieizzante” [j], ancora in altre regioni dell’America latina, come il Messico.

Sempre in spagnolo il gruppo labiovelare sordo può anche corrispondere alla grafia cu in cultismi come ecuación (ma non solo: Segretario generale dell’ONU negli anni ’90 era il peruviano Pérez de Cuéllar, pron. ['Kwe.λar]).

In francese le grafie tch e dj per le affricate postalveolari rispettivamente sorde e sonora sono tipicamente utilizzate per la resa di nomi stranieri (la coppia di fonemi manca in francese standard). E’ inoltre rimasta incerta o meglio non provvista di strumenti specifici distinti la notazione della fricativa dentale, che è solo sorda in latino e che è presente anche come sonora in molte aree romanze. Questa fricativa è stata infatti soggetta a lenizione in posizione intervocalica nelle regioni che presentano il fenomeno, salvo poi riassordarsi in castigliano moderno (che manca difatti oggi dell’opposizione sorda / sonora per questa consonante). In generale è stato mantenuto il segno ereditario s, ma non sono mancate eccezioni: in provenzale antico, ad esempio, è ben diffusa la grafia z per la sonora (/z/).

Nelle fasi antiche, ossia prima dell’affermazione delle norme moderne, è lecito attendersi tradizioni ortografiche differenziate nelle varie aree linguistiche e spesso in singole regioni di queste.

Un’annotazione ulteriore circa i segni diacritici, che concerne alla fine soprattutto le vocali e i simboli che le accompagnano, in special modo gli accenti.

In latino antico e di conseguenza nel latino classico le vocali si opponevano in lunghe e brevi, ma la grafia non le disngueva mai: i diacritici che le contraddistinguono (trattino soprascitto per le lunghe, arco di cerchio soprascitto per le brevi) sono del resto presenti nell’uso moderno solo nella trattatistica linguistica, grammaticale e metrica, mentre non sono mai utilizzati nella pubblicazione normale di testi latini. Va ricordato che è scorretto designare tali segni come accenti, dal momento che la lunghezza della vocale non ha una corrispondenza né precisa e né univoca con la posizione tonica.

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Per quanto riguarda le vocali romanze e i segni distintivi che talora le accompagnano, che sono invece spesso veri e propri accenti grafici, occorre avere ben chiara la distinzione basilare tra accentuazione della parola, così come pronunciata, e modalità di trascrizione secondo le convenzioni ortografiche di volta in volta vigenti. In generale, occorre distinguere tra l’accento fonico, realtà fonetica legata alle caratteristiche ritmico-prosodiche della lingua, e la notazione grafica di accenti nello scritto, comunque dipendente dagli assetti dell’oralità. In questo ordine d’idee, è da un lato innanzitutto scontata – in quanto obbligatoria – la presenza di un accento (o se vogliamo di almeno un accento principale) in ogni parola, con l’ovvia eccezione di monosillabi deboli, quali clitici, congiunzioni e preposizioni, ecc.; ogni parola ha dunque una vocale (e sillaba) tonica (o accentuata o portatrice d’accento che dir si voglia). La presenza di un accento grafico deve essere messa in relazione con le convenzioni di ciascuna lingua. Vendendo ad esempi pratici: - l’italiano indica l’accento solo sulle parole ossitone (o tronche: perché, libertà,

virtù, ecc.) ovvero là dove sia necessario disambiguare scrizioni che risulterebbero invece incerte (la art. vs là avv., da prep. vs dà pred. verb.), ma la presenza di accento grafico non è affatto obbligatoria in monosillabi ‘forti’, ed è è anzi vietata dalla norma in parole come va, fa, mentre è tollerata in dò (forma per la quale si registra un’apprezzabile presenza della soluzione accentuata nell’uso oggi corrente); in tutti gli altri casi di possibile impiego, sempre legati a soluzioni di incertezze e omografie, l’utilizzazione è lasciata di fatto a discrezione dello scrivente: così, per esempio, non è obbligatorio distinguere àmbito da ambìto, prìncipi da principi (che potrebbe tutt’al più essere scritto principî), ecc.

- in spagnolo l’accento è sempre usato obbligatoriamente, in tre casi:

- nelle parole ossitone (o tronche, dette in sp. agudas) che terminano in vocali o con le consonanti n e s, ad es. marcó (pass. rem.), quizá, ocasión, también, Cortés;

- nelle parole piane che terminano per consonante diversa da n o s oppure con iato (freuqnete quello ia); es. Almodóvar, Cortázar, Díaz, poesía;

- nelle parole proparossitone (sdrucciole): es. filólogo, lingüística, románica

- occasionalmente con valore distintivo: es. avverbi sólo, más. -

- in francese moderno la grafia è condizionata da una regola prosodica ‘profonda’ della lingua attuale, ossia l’obbligo di accentuazione dell’ultima vocale pronunciata, che convive però con il residuo ‘storico’ costituito dalla presenza della cosiddetta e muta finale, scritta ma non più pronunciata correntemente; è dunque inutile in francese la notazione grafica del luogo ove cade l’accento intensivo della parola, se non nel caso, che potrebbe generare confusione, di parola terminante nella scrittura in -e / -es (per es. liberté). L’accento risulta così disponibile per altre utilizzazioni, prima fra tutte, accanto a più rari casi di disambiguamento tra omografi (là avv. vs la art. e pron., ça avv. vs ça pron.), l’indicazione della qualità di determinate vocali e in particolare della e, anche in posizioni atone o tutt’al più portatrici di accento secondario; così per es. nella parola bière viene marcata con accento grave la pronuncia aperta, in répertoire (e poésie, extrémité, médiévale, ecc.) si distingue

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graficamente con l’accento acuto la pronuncia della prima vocale, una e chiusa ([e]), da quella della seconda, una vocale neutra ([‹]). Ma nell’agg. médiévale, per restare agli esempi ora indiati, la vocale tonica è la [a], in poésie la [i], cioè, ripetiamo, sempre l’ultima pronunciata, seguita o meno da una consonante.

In estrema sintesi, una conseguenza importante di tutto ciò è la seguente: a

differenza di quanto accade in spagnolo e in italiano, dove gli accenti grafici individuano, effettivamente la vocale tonica della parola, contrassegnandola, in francese accade sovente che siano posti accenti, in particolare l’accento acuto sulla e (é), che non identificano una reale accentuazione intensiva per la posizione interessata.

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1. Lingue romanze ufficiali dell’Europa moderna Vangelo di Giovanni 3, 16

Affiancando il breve passo latino tratto dal Vangelo di Giovanni alle sue

traduzioni nelle diverse lingue romanze moderne, si nota immediatamente che la fisionomia linguistica di tutti i testi presenta fortissime affinità. Il brano latino è tratto dalla Vulgata di San Girolamo (circa 400 d.C.), esempio illustre di quello che si suole definifre “latino cristiano”, ancora ampiamente fedele, soprattutto in questo caso, alla norma grammaticale, ma programmaticamente più vicino al linguaggio quotidiano che alla tradizione retorica classica, dunque certamente più prossimo al cosiddetto “latino volgare”, che costituisce la base dell’evoluzione fonetica e linguistica delle diverse lingue romanze.

Le traduzioni moderne, proposte in ordine geografico da Occidente ad Oriente, sono quelle delle cinque lingue nazionali ufficiali appartenenti al gruppo neolatino (portoghese, spagnolo, francese, italiano, rumeno) e del catalano, che ha oggi uno statuto relativamente stabile come lingua ufficiale dello Stato spagnolo e possiede, tra le lingue cosiddette ‘minori’, la tradizione come lingua di cultura di gran lunga più consolidata nel tempo e oggi vivissima. Latino [16] Sic enim dilexit Deus mundum ut Filium suum unigenitum daret ut omnis qui credit in eum non pereat sed habeat vitam aeternam. [17] Non enim misit Deus Filium suum in mundum ut iudicet mundum, sed ut salvetur mundus per ipsum. [18] Qui credit in eum non iudicatur, qui autem non credit iam iudicatus est , qui non credidit in nomine unigeniti Filii Dei. [19] Hoc est autem iudicium, quia lux venit in mundum et dilexerunt homines magis tenebras quam lucem: erant enim eorum mala opera. [20] Omnis enim qui mala agit odit lucem et non venit ad lucem, ut non arguantur opera eius; [21] qui autem facit veritatem venit ad lucem, ut manifestentur eius opera quia in Deo sunt facta. Portoghese [16] Porque Deus amou o mundo de tal maneira, que deu o seu Filho unigênito, para que todo aquele que le crê não pereça, mas tenha a vida eterna. [17] Porque Deus enviou o seu Filho ao mundo, não para que julgasse o mundo, mas para que o mundo fosse salvo por ele. [18] Quem crê nele não é julgado; mas quem não crê, já está julgado; porquanto não crê no nome do unigênito Filho de Deus. [19] E o julgamento é este: A luz veio ao mundo, e os homens amaram antes as trevas que a luz, porque as suas obras eram más. [20] Porque todo aquele que faz o mal aborrece a luz, e não vem para a luz, para que as suas obras não sejam reprovadas. [21] Mas quem pratica a verdade vem para a luz, a fim de que seja manifesto que as suas obras são feitas em Deus. Spagnolo [16] Porque de tal manera amó Dios al mundo, que ha dado a su Hijo unigénito, para que todo aquel que en él cree, no se pierda, mas tenga vida eterna. [17] Porque no envió Dios a su Hijo al mundo para condenar al mundo, sino para que el mundo sea salvo por él. [18] El que en él cree, no es condenado; pero el que no cree, ya ha sido condenado, porque no ha creído en el nombre del unigénito Hijo de Dios. [19] Y esta es la condenación: que la luz vino al mundo, y los hombres amaron más las tinieblas que la luz, porque sus obras eran malas. [20] Porque todo aquel que hace lo malo, aborrece la luz y no viene a la luz, para que sus obras no sean reprendidas. [21] Mas el que practica la verdad viene a la luz, para que sea manifiesto que sus obras son hechas en Dios.

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Catalano [16] Perquè tant va estimar Déu el món, que va donar el seu Fill unigènit, perqué tot el qui creu en ell no es perdi, sinó que tingui la vida eterna. [17] Que Déu no va enviar pas el seu Fill al món perquè condemni el món, sinó perquè el món sigui salvat per mitjà d’ell. [18] Qui creu en ell no és condemnat. Qui no hi creu, ja és condemnat, perquè no ha cregut en el nom de l’unigènit Fill de Déu. [19] La condemna consisteix en això: que la llum va venir al món, i els homes es van estimar més les tenebres que la llum, perquè les seves obres eren dolentes. [20] Tot el qui fa el mal avorreix la llum, i no va a la llum, perquè no siguin reprovades les seves obres; [21] però qui practica la veritat va a la llum, perquè es manifestin les seves obres, ja que són fetes segons Déu. Francese [16] Car Dieu a tant aimé le monde qu’il a donné son Fils unique, afin que quiconque croit en lui ne périsse point, mais qu’il ait la vie éternelle. [17] Dieu, en effet, n'a pas envoyé son Fils dans le monde pour qu'il juge le monde, mais pour que le monde soit sauvé par lui. [18] Celui qui croit en lui n'est point jugé; mais celui qui ne croit pas est déjà jugé, parce qu'il n'a pas cru au nom du Fils unique de Dieu. [19] Et ce jugement c'est que, la lumière étant venue dans le monde, les hommes ont préféré les ténèbres à la lumière, parce que leurs oeuvres étaient mauvaises. [20] Car quiconque fait le mal hait la lumière, et ne vient point à la lumière, de peur que ses oeuvres ne soient dévoilées; [21] mais celui qui agit selon la vérité vient à la lumière, afin que ses oeuvres soient manifestées, parce qu'elles sont faites en Dieu. Italiano 1 [16] Perché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. [17] Dio infatti non ha mandato il proprio Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per mezzo di lui. [18] Chi crede in lui non è condannato ma chi non crede è già condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. [19] Ora il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre piú che la luce, perché le loro opere erano malvagie. [20] Infatti chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano riprovate; [21] ma chi pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio. Italiano 2 [16] Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia vita eterna. [17] Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. [18] Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è gia stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio. [19] E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. [20] Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. [21] Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

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Rumeno [16] Atât de mult a iubit Dumnezeu lumea, încât Şi-a dat singurul Fiu, pentru ca oricine crede în El să nu piară, ci să aibă viaţă veşnică. [17] Dumnezeu L-a trimis pe Fiul Său în lume nu ca să condamne lumea, ci ca să salveze lumea prin El. [18] Cine crede în El nu este condamnat, însă cine nu crede a şi fost deja condamnat, pentru că nu a crezut în Numele singurului Fiu al lui Dumnezeu, [19] iar baza pentru condamnarea lor este aceasta: lumina a venit în lume, însă oamenii au iubit mai mult întunericul decât lumina, pentru că faptele lor erau rele - [20] şi oricine face rău urăşte lumina şi nu vine la lumină, pentru ca faptele lui să nu fie aduse la lumină; [21] însă cine face ceea ce este adevărat vine la lumină, pentru ca faptele lui să fie văzute clar, fiindcă sunt făcute cu Dumnezeu. 1.1 LESSICO

Il lessico è l’ambito linguistico di evoluzione più rapida, il più facilmente variabile nel tempo e nello spazio, il più aperto alle innovazioni e dunque il più permeabile agli influssi linguistici esterni. Già nella nostra esperienza quotidiana possiamo notare la facilità con cui neologismi, tecnicismi, barbarismi (ossia parole provenienti da altre lingue) entrano nell’uso. Ciononostante l’omogeneità lessicale è il carattere più evidente che accomuna latino e lingue romanze, come si può vedere già nell’esempio del Vangelo di Giovanni.

In effetti le lingue romanze si sono sviluppate nei secoli all’interno di una fortissima solidarietà tra paesi dell’Europa occidentale, in un contesto culturale dominato dal latino, cosicché la massima parte dei neologismi via via accolti in ciascuna lingua ha comunque un’origine più o meno remotamente latina. Questo spiega anche come mai il rumeno già a prima vista appaia ben più distante dalle altre lingue della famiglia. L’area rumena è infatti rimasta esclusa da questo fenomeno di convergenza culturale, sviluppandosi isolatamente dalle altre lingue romanze in un contesto geografico e culturale orientato verso l’Europa balcanica di lingua slava e di religione greco-ortodossa. Molte parole di origine latina, per lo più di significato generale, si sono conservate così in rumeno attraverso i secoli, come nel nostro esempio mult, Dumnezeu, a dat, Fiu, crede în El, viaţă, ecc., ma le innovazioni lessicali sono per o più di origine alloglotta; l’influenza dello slavo è stata così profonda che ha perfino toccato parole di uso molto comune come il verbo ‘amare’, qui attestato in forme del passato prossimo, a / au iubit.

I cambiamenti nella composizione del vocabolario di una lingua sono, per il loro carattere poco sistematico, difficili da ridurre a norma; è però possibile notare alcune tendenze generali già a partire dal nostro esempio: - Le forme romanze rimaste vive senza soluzione di continuità nell’uso dei

parlanti (o: “forme patrimoniali”) spesso non proseguono forme classiche di esiguo corpo fonico o di flessione irregolare, preferendo loro riformazioni più lunghe e regolari, oppure sinonimi. Per questo probabilmente il verbo latino DARE (paradigma : do, das, dedi, datum, dare) è stato sostituito in francese e catalano dal più regolare DONARE > cat. donar, fr. donner. Analogamente il verbo difettivo ODI, ODISSE (di cui esiste soltanto il perfetto) è stato sostituito in italiano dalla riformazione regolare odiare, in francese da un prestito germanico (haïr < germ. hatjan), nelle lingue iberiche dai continuatori del sinonimo latino ABHORRERE.

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- La distribuzione diatopica del lessico è uno dei campi in cui è più facile osservare i principi della geografia linguistica, secondo cui le innovazioni partono da un centro di irradiazione e si diffondono per cerchi concentrici, non sempre raggiungendo l’intero territorio. La solidarietà linguistica all’interno dell’area iberica è così particolarmente notevole, come si nota dall’uso comune dei continuatori del verbo (SE) PERDERE, il già notato ABHORRERE e l’uso particolare del verbo ‘tenere’ (port. tenha, sp. tenga, cat. tingui) al posto di ‘avere’. Più interessante è il caso della formulazione del comparativo di maggioranza, che mostra la conservatività delle aree periferiche: il latino MAGIS è continuato ad occidente e ad oriente: qui sp. más, cat. més, rum. mai, mentre nelle aree centrali è sostituito dai continuatori di PLUS: it. più, fr. plus (anche se l’esempio francese adotta una diversa formulazione).

- I prestiti seriori dal latino sfuggono alle norme sopra descritte e mostrano

spesso una caratterizzazione diafasica diversa dalle parole derivate dal latino per trafila popolare; per questo è possibile notare nei testi romanzi del Vangelo di Giovanni una certa oscillazione lessicale legata a due differenti scelte di traduzione: la fedeltà alla lettera dell’originale (che dà spesso al risultato un gusto leggermente arcaizzante), o la fedeltà allo spirito dell’originale (che porta all’adozione di una lingua quotidiana); le due tendenze sono facilmente visibili nei due esempi italiani, il primo di registro più sostenuto e più aderente al latino, il secondo più colloquiale (si veda per esempio perisca rispetto a muoia, siano manifestate rispetto ad appaia chiaramente, ecc.); anche la traduzione francese conserva spesso le parole dell’originale all’interno di un testo di registro piuttosto alto (ne périsse point, soient manifestées), al contrario di quella catalana e di quella spagnola.

1.2 MORFOSINTASSI

Il testo della Vulgata presenta già degli aspetti di non convenzionalità rispetto alla sintassi e allo stile retorico tradizionale: si notino l’ordine delle parole (con i verbi, per esempio, al principio o al centro della frase piuttosto che alla fine), la costruzione della finale negatica con ut... non piuttosto che con ne, l’uso molto ‘moderno’ di omnis. Ciononostante la distanza del latino dall’insieme delle lingue romanze moderne è evidente; se infatti il lessico costituisce sicuramente un fattore di continuità, le strutture morfosintattiche distinguono in maniera abbastanza netta le lingue romanze moderne dal loro comune antenato: la compattezza dei comportamenti linguistici romanzi in opposizione alla norma latina classica indica che questi derivano da una differenziazione già presente (per lo meno in nuce) nel proto-romanzo.

In generale si può notare, già dal nostro esempio, che il latino è più sintetico: dalle sette righe e mezzo del testo latino si passa alle otto e mezzo o nove dei testi romanzi. Le lingue romanze sono infatti più analitiche e tendono ad esprimere con formazioni perifrastiche alcune determinazioni espresse in latino da morfemi desinenziali specifici.

Nella morfologia nominale è soprattutto notevole in questo senso l’abbandono del sistema casuale della declinazione latina, di cui oggi non rimangono che relitti nel sistema pronominale delle lingue romanze occidentali (si pensi all’italiano io,

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me), mente il solo rumeno conserva parzialmente una declinazione tricasuale. Una prima conseguenza dell’abbandono del sistema declinazionale latino è la tendenza ad una certa fissità nell’ordine delle parole rispetto alla grande libertà del latino; nella fattispecie le lingue romanze moderne tendono a porre il soggetto prima del verbo per distinguerlo dal complemento oggetto, che normalmente segue il verbo: si confronti lat. filium suum unigenitum daret (complemento oggetto + verbo) con it. ha dato il suo figlio unigenito, fr. a donné son fils unique, port. deu o seu filho

unigênito, ecc. (verbo + complemento oggetto), rum. Şi-a dat singurul fiu. Una seconda conseguenza è l’aumento delle preposizioni, come è evidente osservando le traduzioni di sintagmi come in nomine unigeniti filii; normalmente le preposizioni servono ad esprimere i casi obliqui (genitivo, dativo, ablativo), ma lo spagnolo conosce anche l’uso della preposizione a per introdurre il complemento oggetto, specialmente laddove questo sia animato (e rischia dunque a maggior ragione di essere confuso col soggetto della frase): amó Dios al mundo, ha dado a

su Hijo unigénito. Correlato alla decadenza del sistema declinazionale è anche l’insorgere in tutte le lingue romanze dell’articolo determinativo, che non esiste in latino; l’articolo nasce dall’indebolimento semantico del pronome dimostrativo ILLU(M), ILLA(M), o IPSU(M), IPSA(M) come in sardo o in varietà dialettali catalane. Al contrario che nelle lingue occidentali, in rumeno l’articolo determinativo è posposto ed agglutinato al sostantivo, cosicché collabora alla costruzione del sistema casuale (in singurul Fiu, per esempio, la consonante laterale finale dell’aggettivo rappresenta l’articolo). Una certa resistenza all’introduzione degli articoli in alcune delle traduzioni (it abbia vita eterna) è dovuta probabilmente alla volontà di rispettare quanto possibile il dettato del testo originale.

La struttura desinenziale della morfologia verbale, che distingue sei persone nella coniugazione, è invece rimasto immutata in quasi tutte le lingue romanze; la sola eccezione è costituita dal francese moderno, in cui l’identica pronuncia nella maggior parte dei modi e dei tempi delle tre persone singolari (benché la grafia mostri invece uno stato della lingua più antico, con distinzione di tutte le persone) ha comportato l’obbligatorietà dell’esplicitazione del soggetto: si confrontino il lat. ut filium suum unigenitum daret, sp. que ha dado a su hijo unigénito, it. che ha

dato il suo unigenito figlio, ecc. col fr. qu’il a donné son fils unique. Anche nel sistema verbale però le lingue romanze mostrano maggiore analiticità del latino, per esempio nell’espressione della diatesi passiva. A forme come lat. salvetur, arguantur si oppongono infatti in tutte le lingue romanze formulazioni perifrastiche con l’uso dell’ausiliare ‘essere’: port. fosse salvo, sejan reprovadas, cat. sigui salvat, siguin reprovades, fr. soit salvé, soient devoilées, rum. fie văzute

clar (con ausiliario derivato da FIT latino, mentre salveze corrisponde alla forma riflessiva italiana ‘si salvi’). Anche il latino conosce forme passive perifrastiche, come qui IUDICATUS EST, ma si tratta di perfetti e non di presenti; già in questo esempio si può capire però come i perfetti passivi latini siano diventati dei presenti osservando il verbo FACTA SUNT, in cui è già molto debole la valenza temporale di passato: quasi tutti i testi romanzi lo traducono infatti con un presente.

Nella direzione della semplificazione e non dell’analiticità va la scomparsa di alcune categorie nominali e verbali già non più produttive nel latino tardo. Nella morfologia nominale va segnalata in primo luogo la decadenza del neutro; i neutri della seconda declinazione sono generalmente diventati maschili, come qui IUDICIUM > it. giudizio (mentre le altre lingue preferiscono forme suffissali), mentre quelli della terza declinazione hanno subito sorti diverse. Un esito possibile per alcuni neutri a significato collettivo è quello visibile nel nostro esempio per il

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neutro plurale OPERA (singolare: OPUS), che è diventato in tutte le lingue romanze occidentali un femminile singolare, di cui il port. e sp. obras, il cat. obres, l’it. opere, il fr. oeuvres sono i regolari plurali. Relitti del neutro si trovano però nelle lingue romanze orientali, italiano e rumeno, per una serie di sostantivi ambigeneri, maschili al singolare e femminili al plurale, come uovo / uova o braccio / braccia; poco numerosi in italiano (benché vivissimi invece in alcuni dialetti dell’Italia centro-meridionale), questi “neutri” sono invece più frequenti in rumeno. Nel sistema verbale sono analogamente scomparsi i verbi deponenti: il verbo muoia dell’italiano, per sempio, non deriva direttamente dal deponenente classico MORIATUR, ma da una forma attiva MORIAT.

Il sistema di modi e tempi verbali ha poi subito nelle lingue romanze una riorganizzazione globale, con l’insorgere di nuovi modi (come il condizionale) e tempi. Nell’indicativo si sono sviluppate così diverse forme di passato: alcune (come il passato remoto italiano) direttamente derivate dal perfetto latino (qui port. amou e deu, sp. amó), altre perifrastiche (qui sp. ha dado, cat. va estimar e va

donar, fr. a aimé e a donné, it. ha amato e ha dato, rum. a iubit e a dat); la valenza delle forme perifrastiche varia secondo il particolare sistema verbale di ogni lingua: il cat. a donat per esempio corrisponde piuttosto al fr. vient de donner, ossia ‘ha (appena) dato’, mentre la distinzione tra il passato remoto organico donà e quello perifrastico va donar risiede più che altro nel registro, colloquiale o letterario.

1.3 FONETICA

La fonetica è ciò che maggiormente distingue ciascuna lingua romanza: si tratta infatti dell’aspetto linguistico più variabile e meno soggetto ad influenze esterne o a processi di omogeneizzazione e standardizzazione, come è evidente pensando alle forti diversità di pronuncia tra persone provenienti da regioni diverse, non solo quando si esprimono in dialetto, ma anche in italiano. Solo alcuni fenomeni fonetici sono così comuni all’intero territorio romanzo, legati evidentemente ad evoluzioni intervenute nella pronuncia già in data molto alta (per esempio la caduta delle -M finali latine, o la riduzione a -S- dei nessi intervocalici -NS-, fenomeni di pronuncia collocabili già in epoca classica), mentre numerosissimi sono i tratti locali, anche su scala molto ridotta. E’ comunque possibile identificare un buon numero di fenomeni fonetici di ampia portata, anche solo nel breve passaggio esemplificato. - Perdita delle vocali finali diverse da -A, da cui un andamento tendenzialmente

ossitono, tipica del francese e del catalano, ma anche del provenzale e dei dialetti dell’Italia del Nord (i cosiddetti dialetti gallo-italici): si veda il fr. tant, fils; cat. tant, fill, tot. Le uscite latine in - U(M) hanno dato luogo invece ad uscite in -o in port. sp. e it. (port. sp. mundo, it. mondo); nel fr. monde la vocale finale è invece inattesa, dal momento che il nesso consonantico di nasale + dentale non richiedeva neppure anticamente la presenza di una vocale finale di appoggio. E’ solo del francese invece il passaggio ad -e delle -A finali latine (port. sp. cat. vida, it. vita, di contro al fr. vie), ma il francese moderno ha esteso l’ossitonia anche a queste parole, poiché la -e finale è diventata muta (anche se nelle varietà regionali del Mezzogiorno questa stessa -e resta pronunciata come vocale indistinta). In francese il fenomeno di ‘erosione’ della sezione finale della parola latina è evidente in participi passati come fr. aimé < AMATUM e donné < DONATUM (it. dato, sp. dado).

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- Tendenza alla caduta delle vocali postoniche interne, deboli per natura,

soprattutto in posizione ulteriormente critica, fra un’occlusiva e una liquida, in questo caso una vibrante: OPERA > port. sp. cat. obra, fr. oeuvre, ma it. opera

(benché nell’italiano antico, e di conseguenza nella tradizione letteraria sino al XIX secolo, sia comune anche l’allotropo opra).

- Tendenza alla lenizione (indebolimento) delle consonanti occlusive

intervocaliche nelle lingue romanze occidentali: VITA > it. vita (con conservazione), di contro a VITA > sp. cat. port. vida (con sonorizzazione), > fr. vie (con dileguo, attraverso un passaggio intermedio di spirantizzazione: [δ]); il fenomeno della sonorizzazione delle occlusive intervocaliche non è del tutto sconosciuto nemmeno all’italiano (si trova per esempio in STRATAM > strada), ma al contrario che nelle lingue romanze occidentali è solo sporadico.

- Tendenza al dileguo delle occlusive sonore intervocaliche nelle lingue romanze

occidentali: CREDET > port. crê, sp. cree, fr. croit, di contro a it. crede; il cat. creu deriva dalla vocalizzazione della dentale sonora in seguito alla caduta della vocale finale.

- Palatalizzazione dei nessi latini di consonante laterale + semivocale: FILIUM >

it. figlio, sp. hijo (con successiva spirantizzazione), port. filho, cat. fill, mentre nel fr. fils [fis] la continuazione di un caso soggetto dal nominativo lat. FILIUS, con –s finale conservata, ha provocato l’assorbimento della palatale (ma la palatalizzazione è altrimenti regolare: FILIAM > fille, MELIOREM > meilleur).

Si possono notare poi alcuni fenomeni specifici di ciascuna lingua : - tra gli aspetti tipici del portoghese si segnalano la presenza di una vocale

nasalizzata, não (< NON), e l’evoluzione in senso palatale di TENEAT > tenha (di contro a it. tenga, cat. tingui); inoltre il dittongamento di -E- in –ei-, condizionato dalla presenza di un elemento palatale adiacente, in questo caso il gruppo -RI- con -I- semivolcale: MANERIA > maneira;

- in castigliano il dittongamento di -E- breve in posizione tonica, benché in

posizione impedita (sillaba chiusa), condizione che impedirebbe il dittongamento in francese e in italiano: pierda < PERDAT (di contro al cat. perdi, it. perda, fr. pert); inoltre l’aspirazione di F- iniziale latina: FILIUM > hijo;

- in francese l’evoluzione di -A- tonica in sillaba libera a -é-: donné < DONATUM e quella sempre di -A- seguita da consonante nasale: AMATUM > aimé; il dileguo delle occlusive sonore intervocaliche, attraverso una fase di spirantizzazione [δ], interessa anche le consonanti risultate dalla sonorizzazione delle occlusive intervocaliche sorde: non solo CREDET > croit, ma anche VITA(M) > *vida > vie; dittongamento di -E- lunga latina, passata ad -e- chiusa [e], in dévoilées < DE + VELATAS e croit < CREDET, dove è conservata la grafia -oi- che rispecchia la pronuncia del tardo sec. XII [o:i], e non ne riflette lo sviluppo odierno, giunto attraverso vari passaggi sino a [ua:] (solo dal XVIII-XIX secolo e non in tutti i patois).

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2 . Lingue romanze ufficiali dell’Europa moderna Trattato di Roma – 25 marzo 1957

Documento costitutivo dell’Unione Europea

Versione oggi vigente (ottobre 2002)

Si pongono a confronto i primi due articoli del documento costitutivo dell’Unione Europea del 25 marzo 1957 (Trattato di Roma), così come visibili sul sito multilingue della UE stessa e nella versione oggi corrente (“consolidata”, secondo la terminologia ufficiale, ossia con l’integrazione di variazioni introdotte nel corso degli anni in occasioni di revisioni del trattato stesso, anche a seguito del progressivo aumento dei Paesi aderenti), nelle versioni delle lingue ufficiali romanze dell’UE – spagnolo, portoghese, francese, italiano – nonché in due lingue non romanze assunte a termini di confronto, inglese e tedesco: la prima per individuare la sua partecipazione al sistema linguistico romanzo sul versante del lessico, la seconda per determinare in maniera tangibile a livello testaule il confine linguistico (isoglossa) con un sistema decisamente non-romanzo (analogamente avrebbe potuto essere prescelta una lingua slava, ad esempio lo sloveno o il croato che confinano con l’italiano). Tra le lingue romanze manca in questo caso il rumeno, per il quale questo documento, per altro fondamentale, non è (ancora) disponibile (si è cercato di ovviare all’assenza proponendo un testo in parte simile presente, sempre come preambolo, in un successivo documento dell’UE).

Come nel frammento del Vangelo di Giovanni, anche in questo caso sono evidenti nei quattro testi romanzi i forti tratti comuni entro l’assetto piuttosto rigido e formale della prosa burocratico-amministrativo di tono e livello elevato, che anzi accentua l’uniformità entro un assetto d’ispirazione latamente latina, proprio della tradizione giuridica. E’ parimenti evidente che l’alta stabilità del dettato tra le redazioni delle diverse lingue dipende dalla volontà di mantenere chiara l’impronta comune e di garantire la confrontabilità delle formulazioni, esigenza basilare in un trattato internazionale.

OS PRINCÍPIOS (port.)

Artigo 1.o (ex-artigo 1.o) Pelo presente Tratado, as ALTAS PARTES CONTRATANTES instituem entre si uma COMUNIDADE EUROPEIA.

Artigo 2.o (ex-artigo 2.o) A Comunidade tem como missão, através da criação de um mercado comum e de uma união económica e monetária e da aplicação das políticas ou acções comuns a que se referem os artigos 3.o e 4.o, promover, em toda a Comunidade, o desenvolvimento harmonioso, equilibrado e sustentável das actividades económicas, um elevado nível de emprego e de protecção social, a igualdade entre homens e mulheres, um crescimento sustentável e não inflacionista, um alto grau de competitividade e de convergência dos comportamentos das economias, um elevado nível de protecção e de melhoria da qualidade do ambiente, o aumento do nível e da qualidade de vida, a coesão económica e social e a solidariedade entre os Estados-Membros.

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PRINCIPIOS (sp.)

Artículo 1 (antiguo artículo 1) Por el presente Tratado, las ALTAS PARTES CONTRATANTES constituyen entre sí una COMUNIDAD EUROPEA.

Artículo 2 (antiguo artículo 2) La Comunidad tendrá por misión promover, mediante el establecimiento de un mercado común y de una unión económica y monetaria y mediante la realización de las políticas o acciones comunes contempladas en los artículos 3 y 4, un desarrollo armonioso, equilibrado y sostenible de las actividades económicas en el conjunto de la Comunidad, un alto nivel de empleo y de protección social, la igualdad entre el hombre y la mujer, un crecimiento sostenible y no inflacionista, un alto grado de competitividad y de convergencia de los resultados económicos, un alto nivel de protección y de mejora de la calidad del medio ambiente, la elevación del nivel y de la calidad de vida, la cohesión económica y social y la solidaridad entre los Estados miembros.

LES PRINCIPES (fr.)

Article premier (ex-article premier) Par le présent traité, les HAUTES PARTIES CONTRACTANTES instituent entre Elles une COMMUNAUTÉ EUROPÉENNE.

Article 2 (ex-article 2) La Communauté a pour mission, par l’établissement d’un marché commun, d’une Union économique et monétaire et par la mise en œuvre des politiques ou des actions communes visées aux articles 3 et 4, de promouvoir dans l’ensemble de la Communauté un développement harmonieux, équilibré et durable des activités économiques, un niveau d’emploi et de protection sociale élevé, l’égalité entre les hommes et les femmes, une croissance durable et non inflationniste, un haut degré de compétitivité et de convergence des performances économiques, un niveau élevé de protection et d’amélioration de la qualité de l’environnement, le relèvement du niveau et de la qualité de vie, la cohésion économique et sociale et la solidarité entre les États membres.

PRINCIPI (it.)

Articolo 1 (ex articolo 1) Con il presente trattato, le ALTE PARTI CONTRAENTI istituiscono tra loro una COMUNITÀ EUROPEA.

Articolo 2 (ex articolo 2) La Comunità ha il compito di promuovere nell’insieme della Comunità, mediante l’instaurazione di un mercato comune e di un’unione economica e monetaria e mediante l’attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 4, uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, la parità tra uomini e donne, una crescita sostenibile e non inflazionistica, un alto grado di competitività e di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri.

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[TESTO IN RUMENO Uniunea îşi propune următoarele obiective: − promovarea unui progres economic şi social echilibrat şi durabil, în

special prin crearea unui spaţiu fără frontiere interne, prin întărirea coeziunii economice şi sociale şi prin stabilirea unei uniuni economice şi monetare incluzând, în perspectivă, o monedă unică, în conformitate cu dispoziţiile prezentului tratat;

− afirmarea identităţii sale pe scena internaţională, în special prin punerea în aplicare a unei politici externe şi de securitate comune, inclusiv prin stabilirea, în perspectivă, a unei politici de apărare comune, care ar putea conduce, la momentul potrivit, la o apărare comună;

− întărirea protecţiei drepturilor şi intereselor resortisanţilor statelor membre prin instituirea unei cetăţenii a Uniunii;

− dezvoltarea unei cooperări strânse în domeniul justiţiei şi afacerilor interne;

menţinerea integrală a acquis-ului comunitar şi dezvoltarea acestuia cu scopul de a examina, în conformitate cu procedura stabilită în articolul N alineatul (2), în ce măsură politicile şi formele de cooperare instituite prin prezentul tratat ar trebui revizuite, în vederea asigurării eficacităţii mecanismelor şi instituţiilor comunitare.]

PRINCIPLES (ingl.)

Article 1 (ex Article 1) By this Treaty, the HIGH CONTRACTING PARTIES establish among themselves a EUROPEAN COMMUNITY.

Article 2 (ex Article 2) The Community shall have as its task, by establishing a common market and an economic and monetary union and by implementing common policies or activities referred to in Articles 3 and 4, to promote throughout the Community a harmonious, balanced and sustainable development of economic activities, a high level of employment and of social protection, equality between men and women, sustainable and non-inflationary growth, a high degree of competitiveness and convergence of economic performance, a high level of protection and improvement of the quality of the among environment, the raising of the standard of living and quality of life, and economic and social cohesion and solidarity among Member States.

GRUNDSÄTZE (ted.)

Artikel 1 (ex-Artikel 1) Durch diesen Vertrag gründen die HOHEN VERTRAGSPARTEIEN untereinander eine EUROPÄISCHE GEMEINSCHAFT.

Artikel 2 (ex-Artikel 2) Aufgabe der Gemeinschaft ist es, durch die Errichtung eines Gemeinsamen Marktes und einer Wirtschafts- und Währungsunion sowie durch die Durchführung der in den Artikeln 3 und 4 genannten gemeinsamen Politiken und Maßnahmen in der ganzen Gemeinschaft eine harmonische, ausgewogene und nachhaltige Entwicklung des Wirtschaftslebens, ein hohes Beschäftigungsniveau und ein hohes Maß an sozialem Schutz, die Gleichstellung von Männern und Frauen, ein beständiges, nichtinflationäres Wachstum, einen hohen Grad von

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Wettbewerbsfähigkeit und Konvergenz der Wirtschaftsleistungen, ein hohes Maß an Umweltschutz und Verbesserung der Umweltqualität, die Hebung der Lebenshaltung und der Lebensqualität, den wirtschaftlichen und sozialen Zusammenhalt und die Solidarität zwischen den Mitgliedstaaten zu fördern. 2.1 MORFOSINTASSI

Se si possono individuare affinità strutturali tra tedesco e lingue romanze, queste sono dovute essenzialmente al comune ceppo indoeuropeo, da cui derivarono tanto il latino quanto il germanico. In effetti tanto il germanico quanto il latino conoscevano tre generi, maschile, femminile e neutro, conservati in tedesco, ma ridotti a due soli nelle lingue romanze occidentali (il rumeno infatti conserva anche il neutro); essi possedevano una declinazione nominale, conservata in tedesco, ma non nelle lingue romanze occidentali (se non, come abbiamo visto, nei pronomi personali); avevano infine una coniugazione verbale su sei persone, mantenuta tanto in tedesco quanto nelle lingue romanze.

Anche l’inglese è una lingua germanica, ma al suo stato attuale la sua grammatica si è tanto semplificata che gli elementi appena citati sono andati del tutto perduti: non esiste più alcuna distinzione di generi (se non nei pronomi personali he, she, it) e la declinazione nominale (come per altro nelle lingue romanze occidentali) è ridotta ad alcune opposizioni tra caso retto e caso obliquo nei pronomi personali (I / me, he / him ecc.), nonché al cosiddetto genitivo sassone (avvertito come diastraticamente basso, quindi evitato in questo testo ufficiale); la coniugazione infine, ridotta a cinque persone per la fusione della seconda persona singolare e plurale, presenta marche desinenziali specifiche soltanto nella prima e nella terza persona del verbo essere (I am, he is di contro a you, we, they are; I, he

was di contro a you, we, they were) e nella sola terza persona del presente indicativo negli altri verbi. Mentre però in latino, come in tutte le lingue romanze ad eccezione del francese, il soggetto della frase può essere implicito, in inglese e in tedesco - dove il soggetto è già definito dalla desinenza verbale - il soggetto deve essere espresso.

Un punto di contatto, per sviluppi del tutto indipendenti delle due famiglie di lingue, è nella formazione di origine perifrastica del futuro; il cosiddetto ‘latino volgare’ aveva infatti abbandonato il futuro organico classico a favore di forme composte dall’infinito + HABEO, all’origine di tutte le forme di futuro delle lingue romanze occidentali (negli esempi del Trattato di Roma si incontra lo sp. tendrá < TENERE *AT), o, per il solo rumeno, da VOLO + infinito; analogamente il futuro germanico si compone di un verbo modale seguito dall’infinito (will o shall in inglese, come qui shall have, werden in tedesco).

All’interno dei testi romanzi, oltre ad un’altissima omogeneità di dettato e di soluzioni linguistiche e lessicali, dovuta sicuramente in parte al carattere ufficiale del documento, si possono notare alcune affinità strutturali macroscopiche. Benchè nel passaggio dal latino alle lingue volgari molti sostantivi abbiano cambiato genere, quelli presenti nel testo appartengono al medesimo genere in tutte le lingue romanze, anche in opposizione col latino classico: dal sost. masch. UNIONE(M) si ha così port. (uma) união, sp. (una) unión, fr. (une) union, it. (una) unione. L’unica differenza qui riscontrabile, dovuta al variare della composizione suffissale da lingua a lingua, risiede nella serie port. melhoria (f.), sp. mejoria (f.), fr. amélioration (f.), it. miglioramento (m.). Sempre a livello morfologico è

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interessante notare che le lingue occidentali, al contrario dell’italiano, individuano il plurale attraverso una marca desinenziale in -s: port. acções comuns, sp. acciones

comunes, fr. actions communes, di contro all’it. azioni comuni; la ragione di questa differenza di trattamento del plurale risiede in ragioni di ordine di fonetica storica: l’italiano infatti è l’unica lingua romanza che ha perduto nella sua evoluzione tutte le consonanti finali del latino. In italiano la -s finale originaria ha però prodotto sulla vocale precedente un’azione palatalizzante (DOMINAS > donne, ACTIONES > azioni), cosicché fra singolare e plurale è rimasta comunque un’opposizione funzionale. 2.2 LESSICO

Il latino ha continuato a svolgere il ruolo di lingua di superstrato culturale sulle lingue europee fino a tutta l’età moderna; la prosa scientifica, filosofica, giuridica, oltre a quella teologica ed ecclesiastica, ha infatti continuato ad adottare il latino come lingua sovranazionale ben oltre l’epoca in cui i diversi volgari assursero a lingue nazionali. Tutte le lingue europee hanno subito questo influsso, sia quelle romanze che quelle di altri ceppi, soprattutto determinante nell’ambito del lessico.

In tedesco esistono così latinismi come Solidarität e Qualität (qui Umwelt- e Lebensqualität e lo stesso suffisso femminile -ität < -ITATEM per i sostantivi astratti è di origine latina), ma anche Artikel, Markt, (Währungs)union, Politik, harmonisch, Maß, sozial, (nicht)inflationär (come tutte le formazioni suffissali in -ation e in -är < -ARIUM), Konvergenz, (Mitglied)staat. Per quanto non esigui di numero, questi appartengono quasi escusivamente alla categoria dei tecnicismi giuridico-amministrativi: per il resto è facile osservare che il lessico tedesco, tanto quello comune quanto quello specifico, è qui quasi completamente di origine germanica.

Al contrario, la ben diversa collocazione dell’inglese e la caratteristica del suo lessico è dichiarata sin dall’intolazione della sezione, Principles: in realtà tutto il lessico specifico, di tradizione colta – giuridico-politico-filosofica – è romanzo, ma numerosi sono anche i termini di natura più generica; la lista complessiva è particolarmente lunga: article, Community, common, market, economic, union, policies, activities, promote, balanced ecc., cui vanno aggiunti i suffissi in -tion (protection), in -ment (improvement), in -ity (quality), in -ary (monetary), in -ous (harmonious). Per lo più le parole di origine latina di uso più comune accolte in inglese non sono veri e propri latinismi, poiché esse sono state mutuate dal francese, come è chiaro osservando coppie di termini come l’ing. establishing, environment, degree, development in rapporto al fr. établissement (e sp. establecimiento), environnement, degré, développement, cui va aggiunto performance, accolto oggi come anglismo in italiano, ma in realtà entrato in inglese come prestito dal francese. Al contrario nel testo tedesco è possibile individuare un solo gallicismo, nel composto (Beschäftigungs)niveau.

La composizione lessicale odierna dell’inglese potrebbe essere in qualche modo paragonata a quella del rumeno: entrambe si sono sviluppate in un contesto geografico e culturale completamente alloglotto ed hanno così mutuato da lingue radicalmente differenti una quantità ingente di parole. Il paragone non è però del tutto calzante, perché si considera che il territorio balcanico di lingua latina sia rimasto isolato dal resto della Romània già nel II-III secolo d.C., cosicché gli elementi slavi sono potuti penetrare profondamente nel tessuto lessicale del rumeno; al contrario la Gran Bretagna è entrata nell’orbita neolatina soltanto

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nell’XI secolo, a seguito della conquista normanna, e la penetrazione di elementi romanzi in inglese è così limitata per lo più ad un certo tipo di lessico specifico, o di elementi suffissali per la composizione di astratti; si noti per esempio che restano germanici i connettivi grammaticali (come le prep. by, throughout, of, between, among, le cong. and e or) e termini di uso generale come task ‘compito, missione’, growth ‘crescita, sviluppo’, l’agg. high ‘alto’, il verbo (in –ing form) raising ‘innalzare’.

Il latino ha svolto il ruolo di lingua di superstrato anche sulle lingue romanze, che hanno già dal Medio Evo attinto al ricco vocabolario latino per ricavare non solo tecnicismi, ma anche un gran numero di sostantivi astratti di cui le lingue romanze, sviluppatesi oralmente nell’alto medioevo, erano piuttosto povere. Sono cultismi (o voci dotte) per esempio in italiano instaurazione, attuazione, sostenibile come tutti i sostantivi in -azione / -izione e gli aggettivi in -abile / -ibile. I vocaboli latini accolti per recupero dotto si riconoscono perché al contrario di quelli rimasti vivi nell’uso dei parlanti senza soluzione di continuità, non hanno subito l’evoluzione fonetica naturale di ciascuna lingua; inoltre mentre le parole passate in volgare per trafila popolare subiscono spesso una sensibile variazione di significato, i cultismi hanno in genere un significato più esattamente corrispondente a quello latino; particolarmente significativo a questo proposito è il confonto degli allotropi, ossia delle forme di identica origine che presentano però diverso esito fonetico, spesso riflesso di due diversi modi di accesso alla lingua, per trafila popolare o per recupero dotto: due esempi - benché non dei migliori - si incontrano nel testo italiano: compito (< COMPUTO), che conosce gli allotropi conto e computo, e impiego deverbale di impiegare < (IN+PLECARE < IMPLICARE), col suo allotropo colto implicare.

Oggi l’inglese ricopre per molti versi il ruolo che è stato per secoli del latino, con forte influenza soprattutto nel lessico delle nuove tecnologie, dell’economia, della gestione imprenditoriale (vale a dire del management). Benché un numero sempre più alto di anglismi sia ammesso in tutte le lingue, con maggiore o minor resistenza, è interessante notare che in questi articoli del Trattato di Roma sono stati accuratamente evitati prestiti alloglotti recenti: l’inglese, che è verosimilmente la lingua in cui è stato dapprima redatto il Trattato, utilizza per lo meno due termini ormai entrati nell’uso internazionale: il sostantivo standard e il verbo to implement (adattato nel tecnicismo amministrativo implementare). In entrambi i casi i redattori dei testi in lingua neolatina hanno preferito sostituirvi parole più schiettamente romanze: port. nível, sp. nivel, fr. niveau, it. tenore e port. aplicação, sp. realización, fr. mise en œuvre, it. attuazione.

A proposito dei processi di slittamento e specializzazione di significato delle parole, può essere forse interessante notare la contrapposizione fra port. mulher e sp. mujer (< MULIER ‘donna’), col doppio significato di ‘donna’ (quello adottato qui) e di ‘moglie’, fr. femme (< FOEMINA ‘femmina, creatura di sesso femminile’), ancora nel duplice significato di ‘donna’ e di ‘moglie’, it. donna (< DOMINA ‘signora’). 2.3 FONETICA Numerosi sono i fenomeni fonetici riscontrabili nei primi articoli del Trattato di Roma, soprattutto interessanti in questo tipo di testo, ricco di vocaboli di registro

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specifico e tono elevato, per quanto riguarda le opposizioni tra esiti popolari e trafile dotte o semidotte (ossia con adattamenti più o meno marcati alla fonetica di ciascuna lingua). - Tendenza alla caduta delle postoniche in posizione ‘debole’ fra un’occlusiva

(specialmente dentale o velare) e una laterale. Questo fenomeno è comune a tutte le lingue romanze ed è già ampiamente attestato nell’Appendix Probi; tra i primi dettami dell’Appendix (nn. 3-11 e poi nn. 53-54, 111, 130, 142, 167, 200, 201: cf. oltre) si trova proprio una serie di parole proparossitone (o sdrucciole) rese parossitone (o piane) dalla sincope della vocale postonica isolata tra un’occlusiva e una laterale. Il n. 8 recita in particolare: articulus non articlus; nei testi del Trattato di Roma si trovano così il port. artigo e il fr. article; al contrario la conservazione della postonica nello sp. artículo e nell’it. articolo, tradisce l’origine dotta di queste parole. La tendenza alla caduta delle postoniche in differente contesto consonantico è meno marcata e soprattutto l’italiano si distingue per una più alta conservatività: si veda HOMINES > sp. hombres (con sviluppo, caratteristico dello spagnolo, di un gruppo consonantico intermedio costituito da labiale + vibrante come evoluzione di un nesso secondario MN; ma il testo mostra il singolare hombre), fr. hommes (con assimilazione progressiva) di contro al port. homens e all’it. uomini (ma anche qui il testo porta il singolare uomo). E’ interessante però notare che il fenomeno non è del tutto assente neanche in italiano: se il corradicale del fr. femme (< FOEMINAM) è l’it. femmina (e non *fenna), il suo equivalente semantico è donna (< DOMINAM) e non *dommina.

- Tendenza alla caduta delle vocali atone di sillaba interna immediatamente

precedenti alla sillaba tonica (o “controfinali”), soprattutto in posizione ‘debole’ tra un’occlusiva e una laterale. Anche questo fenomeno di riduzione sillabica è più sporadico in italiano che nelle lingue romanze occidentali, anche se i testi non permettono raffronti precisi; si veda comunque il port. igualdade, sp. igualdad < EQUALITATE(M), rispetto all’esito del fr. égalité che si configura come cultismo: la caduta della controfinale è infatti regolare in francese come si desume da COMMUNALITATE(M) > communauté (con successiva vocalizzazione della laterale seguita da occlusiva).

- Inserimento di una e- prostetica di fronte a sibilante complicata (o ‘s impura’).

Questo fenomeno differenzia le lingue romanze occidentali dall’italiano, che conosce l’inserimento di una vocale prostetica i- soltanto per evitare, nella fonetica sintattica, nessi consonantici complessi, uso per altro quasi del tutto decaduto nella lingua odierna (es. per iscritto). Si confrontino port. e sp. estados, fr. états (con successiva caduta della sibilante seguita da consonante), di contro all’it. stati.

- Palatalizzazione della laterale seguita da jod. Anche questo è un fenomeno

comune a tutte le lingue romanze. I gruppi vocalici il cui primo elemento è una vocale palatale (ossia i o e), che in latino classico sono sempre iati, diventano abbastanza presto dittonghi ascendenti, ossia gruppi composti da una semivocale ed una vocale (si vedano gli articoli dell’Appendix Probi n. 63, 65-68, 72: cavea non cavia, ecc.). La semivocale palatale jod svolge un’azione palatalizzante sulla consonante precedente; i derivati del lat. MELIUS, MELIORE(M) sono così port. melhoria, sp. mejora (con successiva

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spirantizzazione della laterale palatale), it. miglioramento; la mancata palatalizzazione del fr. amélioration denota ancora una volta l’origine dotta della parola.

Si notino poi alcune diversità nell’esito dei nessi consonantici: - TRACTATUM > port. e sp. tratado (con riduzione semidotta del nesso di

occlusiva velare + occlusiva dentale al solo elemento dentale; l’esito popolare del nesso consonantico -CT- è invece il suono palatalizzato [t1], ossia un’affricata alveolare sorda), fr. traité (con palatalizzazione dell’occlusiva velare fino alla vocalizzazione in jod, che costituendo insieme alla vocale precedente un dittongo, ha portato alla pronuncia moderna [trete:]), it. trattato (con passaggio della velare a dentale per assimilazione regressiva);

- *IMPLECO > port. empreo (con evoluzione a vibrante della laterale preceduta da

occlusiva labiale), sp. empleo e fr. emploi (con conservazione del nesso originario), it. impiego (con passaggio a jod della laterale).

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3. Lingue romanze ufficiali e varietà romanze formalizzate nel mondo moderno:

la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (10 dicembre 1948)

FONTE : ONU (http://www.unhchr.ch/udhr/navigate/alpha.htm : pagina web con le traduzioni del testo nelle lingue del mondo riconosciute o accreditate presso l’organizzazione) Il testo è destinato alla più larga circolazione. Pertanto alle versioni in lingue ufficiali di Stati, redatte per lo più da enti o istituzioni ufficiali, emanazione più o meno diretta delle amministrazioni, si affiancano anche versioni in lingue non uffiiciali o schiettamente in dialetti, allestite da altri soggetti, principalmente dall’organizzazione non-governativa Diffusion Multilingue des Droits de l'Homme, ma anche da singoli cittadini (l’elenco delle fonti è indicato e ciascuna lingua è corredata di una scheda descrittiva sintetica). Possono essere presenti più versioni del testo in una stessa modalità linguistica, in particolare laddove la standardizzazione è meno sicura (così nel caso della lingua degli zingari e, tra la documentazione qui acclusa, il creolo di Haiti : intressante il confronto con il Pidgin delle Salomone, a base inglese). La maggior parte delle versioni è datata 1998. LATINO 1

PUBLICUS NATIONUM COETUS HANC DECLARATIONEM HOMINIS IURIUM UNIVERSAM PROMULGANT Omnibus civibus et gentibus speciem perfectam et communem adipiscendam, ut omnes homines et omnes societatis partes, memoriam Declarationis tenentes, et docendo et instituendo, eorundem iurium et libertatum observantiam reverentiamque augeri conentur, atque, patriis consiliis et externis in dies progredientibus, communem omnium et certam probationem rationemque esse tuta, cum Sociarum Civitatum civium tum civium, quorum fines in iurisdictionis earundem potestate sint et dicione. I Omnes homines dignitate et iure liberi et pares nascuntur, rationis et conscientiae participes sunt, quibus inter se concordiae studio est agendum. II Omnium hominum propria sunt quae iura et libertates in hac DECLARATIONE enuntiantur: generis,vultus, sexus, linguae, religionis, opinionis civilis, nullo discrimine atque sine natione divitiis loco discretis. Praeterea nullum discrimen statuetur civitatis forma et iuris aut gentium, regionis aut territorii cuius quidam est, sive ea regio aut territorium sui iuris est vel in administrationis fiduciariae dicione vel non liberum vel in cuiuslibet imperii modi potestate.

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LATINO 2

Communis Conventus jurum hominis praesentem universalem Declarationem pronuntiat ut communis perfectus qui petatur ab omnibus populis et omnibus nationibus, ut societatis singuli homines et omnes partes, habentes hanc declarationem constanter in mente, institutione et educatione conantur ut horum jurum libertatumque respectus evolvatur, et firmentur ordinis nationalis et internationalis consiliorum incessu gratia et universalis veraque admotio tam in ipsarum sociarum civitatum populationibus quam in finium populationibus quae eorum jurisdictioni subactae sunt. Universalis de hominis juribus declaratio I Omnes homines liberi aequique dignitate atque juribus nascuntur. Ratione conscientiaque praediti sunt et alii erga alios cum fraternitate se gerere debent. II Quisque potest sibi assumere libertates omnes omnesque jures in hac declaratione pronuntiatos, sine ulla distinctione gentis, coloris, sexus, linguae, religionis, politicae sententiae aut omnis generis sententiae, nationis originis aut civitatis, divitiarum aut ortus aut omnis generis situs. Praeterea fietur nulla distinctio condita in civili decreto, juridico aut internationali gentis aut finium cujus est aliquis, sive gens aut fines liberi sunt, sive sub tutella, sive non suae potestatis sive subacti termino aliquo sui imperii.

FRANCESE

L'Assemblée générale Proclame la présente Déclaration universelle des droits de l'homme comme l'idéal commun à atteindre par tous les peuples et toutes les nations afin que tous les individus et tous les organes de la société, ayant cette Déclaration constamment à l'esprit, s'efforcent, par l'enseignement et l'éducation, de développer le respect de ces droits et libertés et d'en assurer, par des mesures progressives d'ordre national et international, la reconnaissance et l'application universelles et effectives, tant parmi les populations des Etats Membres eux-mêmes que parmi celles des territoires placés sous leur juridiction. Article premier Tous les êtres humains naissent libres et égaux en dignité et en droits. Ils sont doués de raison et de conscience et doivent agir les uns envers les autres dans un esprit de fraternité. Article 2 Chacun peut se prévaloir de tous les droits et de toutes les libertés proclamés dans la présente Déclaration, sans distinction aucune, notamment de race, de couleur, de sexe, de langue, de religion, d'opinion politique ou de toute autre opinion, d'origine nationale ou sociale, de fortune, de naissance ou de toute autre situation.

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De plus, il ne sera fait aucune distinction fondée sur le statut politique, juridique ou international du pays ou du territoire dont une personne est ressortissante, que ce pays ou territoire soit indépendant, sous tutelle, non autonome ou soumis à une limitation quelconque de souveraineté.

CREOLO HAITIANO (FORMALE)

Asamble Jeneral Nasyon Zini pwoclame Deklarasyon Inivèsel Dwa de Lom sa-a Se anbisyon pou la vi miyò demen, pou tout pèp ak tout nasyon mete nan tèt yo, pou yon jou tout moun, ansanm avek tout vwa la sosyete, ak Deklarasyon sa-a nan lespri yo toutan, yo fè yon jèfò, avek kom baz anseyman ak edikasyon, pou yo devlope respè dwa ak libète sa a yo epi pou yo fè de kwa, avek aksyon nasyonal ak entènasyonal, yap pran ofi amèzi, pou yo rekonèt dwa sa yo epi pou yo aplike yo nan le mond antye, tout bon, nan mitan popilasyon peyi ki manm Nasyon Zini-yo, ak nan mitan tout teritwa ki anba jiridiksyon yo. ArtikAtik 1 Tout moun fèt lib, egal ego pou diyite kou wè dwa. Nou gen la rezon ak la konsyans epi nou fèt pou nou aji youn ak lot ak yon lespri fwatènite. ArtikAtik 2 Chak moun kapab itilize dwa ak tout libète pki pwoklame nan Deklarasyon sa-a, san yo pa fè okenn diferans ant you moun ak you lot, kelt ki lan swa ras li, koulè li, sex li, lang li pale-a, relijyon li, opinyon politik o swa nen pot ki lot opinyon li ka genyen, kit li soti nan orijin nasyonal o gen reapò ak la sosyete, lajan, kotel sòoti o swa nenpot ki lot sitiasyon. Epi, yo pap fè oken diferans kel ke swa lL wa sou politik, jistis o swa Lwa entèénasyonal peyi ou byen tenritwa kote moun nan sòti, ke pèéyi o swa tenritwa sa-a li endepandan, ou byen sou lobedians yon lot, kel pa sa anji pou kol o enkeò kel gen kek règleman ki limite libète peyi-a.

PICCARDO

li jènèrale Assimble°ye prôclame cisse Dèclaråcion dès dreûts d' l'ome come riprézintant lès comeunès valeûrs di l'ûmånité qui tos lès peûpes èt totes lès nåcions d'vront sayî d' tote leû fwèce dè mète èn-oûve afîs' qui totes lèes djins èt totes lès sôciètés, tot-z-avant tofér cisse Dèclaråcion èl tièsse si fwèrcihesse, avou lès mwèyins d' l'ansègnemint èt d' l'éducåcion, dè fèé crèhe li rèspèt d' cès dreûts èt lîbèrtés èt d'ènn' assûrer, gråce a dès-adjincenèdjes todi pus nèts å lève° nacionål èt internacionål, li rik'nohance èt l'aplicåcion è monde ètîr èt d'ine rèyéle manîre, ot'tant è-mé lès populåcions dès-Etats mambes qu' è-mé lès cisses dès tères qui sont d'zos leû k'dûhance. prumî årtike Tos lès-omes vinèt å monde lîbes èt égåls po çou qu'èst d' leû dignité èt d' leûs dreûts. Leû re°zon èt leû consyince elzî fe°t on d'vwér di s'kidûre inte di zèle come dès frès årt II.. Chaskeun' pout prétinde a tos lès dreûts èt a totes lès lîbèrtés qui sont chal prôclamés, sins qu'on prinse astème, par ègzimpe, a s' race, a s' coleûr, a s'

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nateûre d'ome ou d'feume, a s' lingadje, a sès crwèyinces, a sès-îdèyes so l' politique ou so tot l'minme cwè, al contre°ye ou al famile di wice qu' i provint, a s' fôrtune, a s' lignèdje, brèf a cwè qui ç' seûye. E d' pus', nouk ni deût påti d' çou qu'on pout pinser dè gouvèrnémint di s' patrèye, di si-administråcion, di s' condicion rapôrt as-ôtes payis, qu'èle seûye souvèrinne ou soumîse d'ine manîre ou d' l'ôte.

VALLONE

L'ASSIMBLÊYE GÉNÉRÅLE proclame li prézinte DÉCLARÅCION UNIVERSÈLE DÈS DREÛTS D'L'OME come èstant lès valeûrs qui tos lès peûpes èt totes lès nåtions divrît mète èn-ouve. Qui lès cis qui t'nèt l'vièrna dès sôciétés tot comme chaskeun' å rès, avou djoûrmay cisse Dèclaråcion è l'tiesse, sayèsse dè mète èn-avant li rèspèt d'cès dreûts èt lîbertés-chal, divins lès scoles èt l'éducåcion po nn'ariver, pitchote a midjote, gråce a dès mèzeûres nacionåles èt internacionåles, a 'ne rik'nohance di cès dreûts èt d'cès lîbertés-la, po qu'i sèyèsse mètous èn-alèdje po d'bon tot avå l'monde, ot'tant po lès populåcions dès-Etats Mambes zèls minmes qui po lès cisses dès téres qui sont d'zos leû k'dûhance. Artike prumî (1) Tos lès-omes vinèt-st-å monde lîbes, èt so-l'minme pîd po çou qu'ènn'èst d'leu dignité èt d'leus dreûts. I n'sont nin foû rêzon èt-z-ont-i leû consyince po zèls, çou qu'èlzès deût miner a s'kidûre onk' po l'ôte tot come dès frés. Artike deûzinme (2) Chaskeun', seûy-t-i ome ou feume, pout fé valeûr tos lès dreûts èt totes lès lîbèrtés qui nous sont rachou d'vins l'prézinte Dèclaråcion, èt n'pôrèt-on prinde nouk' po mons qu'i n'èst a cåse di s'race, dè-l'coleûr di s'pè, di s'lingadje, di çou qu'i creût, di sès-îdèyes so-l'politique ou so tot ôte tchwès, di qué payis qu'i provint, di s'condicion d'ritche ou d'pôve, dè-l'contrêye wice qu'il a vèyou l'djou ou bin d'tot minme qwè qui ç'seûye. Di pus' nolu n'deût påti dè-l'condicion di s'patrèye rapôrt ås-ôtes payis, qui l'contrêye ou l'payis di d'wice qu'i provint seyèsse indépandants, nin mêsses di zèls po d'bon ou bin rastrindou d'vins leûs dreûts, èt mågré tot çou qu'on pôreût tûzer di leû gouvèrnumint.

OCCITANICO ALVERNIATE

e Nonsiamen prizent deù dret deù z-omei pà là tarà tenteirà eideiadà de quemun dezâ pà tà leù publei moé ta la nasieù; pà que tà leù partïtüler moé ta leù z-alachou de là seusieto, en vî queu Nonsiamen tejou dïn l'eime, se fanon d'ensenhâ, d'endücâ, de deivourpâ le raspê de queù dret; de nen feurtï l'arcouneissensà moé l'aplecazou ente que sio mai pà de vrei, pà le biaé de dïsizieù segada nasiunera moé entrenasiunera, to entremeî leù publei deù z-Eitâ parsouner mo entremeî queù de la z-eirada rejentada pà ilh. Artïclhe vun (1) Ta la proussouna neisson lieura moé parira pà dïnessà mai dret. Son charjada de razou moé de cousiensà mai lhu fau arjî entremeî lha bei n'eime de freiressà.

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Artïclhe dou (2) Chatün se puod privaleî de tà leù dret moé lïbiartâ feurtïda dïn sai, sen pavun deiparsiamen, nieu be de rassà, coulou, teirà, lïngà, arlejieu, d'eivï peuletïque v-ou eutremai, d'eurejinà pà nasieu v-ou clhassà, de rechessà, de neissensà v-ou sitiazou de ta sorta. De mai, soularon pavun deïparsiamen bei là sitiazou peuletïcà, juredeirà, entrenasiuneirà deu paï v-ou de là countradà partenenser, siache queu paï v-ou countradà sio endeipendent, sio tütelàd, sen dreit sieu v-ou seumetüd bei cau que sio devïza de soubranessà.

OCCITANICO LINGUADOCIANO

l'Assemblada Generala proclama la presenta Declaracion Universala dels Dreches de l'òme coma l'ideal comun que totes los pòbles e las Nacions devon cercar a aténher, per tal que totes los individús e totas las institucions, en gardant de contunh aicesta Declaracion presenta a l'esperit s'efòrcen, per l'ensenhament e l'educacion, de desvolopar lo respècte d'aqueles dreches e libertats e d'assegurar, per de mesuras progressivas d'òrdre nacional e internacional, la reconeissença e l'aplicacion universalas e efectivas, tant demest los pòbles dels Estats Membres coma demest los dels territòris plaçats jos lor jurisdiccion. Article 1 Totes los èssers umans naisson liures e egals en dignitat e en dreches. Son dotats de rason e de consciéncia e se devon comportar los unes amb los autres dins un esperit de fraternitat. Article 2 Tota persona se pòt prevaler de totes los dreches e de totas las libertats proclamada dins la presenta Declaracion, sense cap de distincion de raça, de color, de sèxe, de lenga, de religion, d'opinion politica o d'autra mena, d'origina nacionala o sociala, de fortuna, de naissença o de quina autra situacion que siá. Se farà pas tanpauc cap de distincion fondada sus l'estatut politic, administratiu e internacional de país o territòri que la persona ne depend juridicament, qu'aquel país o territòri siá independent, jos tutèla, non-autonòme o somés a quina limitacion de sobeiranetat que siá.

CATALANO L'Assemblea General Proclama aquesta Declaració Universal de Drets Humans com l'ideal comú a assolir per a tots els pobles i nacions amb el fi que cada persona i cada institució, inspirant-se constantment en aquesta Declaració, promoguin, mitjançant I'ensenyament i l'educació, el respecte a aquests drets i llibertats i assegurin, amb mesures progressives nacionals i internacionals, el seu reconeixement i aplicació universals i efectius, tant entre els pobles dels Estats membres com entre els dels territoris sota llur jurisdicció. Article 1 Tots els éssers humans neixen lliures i iguals en dignitat i en drets. Són dotats de raó i de consciència, i han de comportar-se fraternalment els uns amb els altres.

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Article 2 Tothom té tots els drets i llibertats proclamats en aquesta Declaració, sense cap distinció de raça, color, sexe, llengua, religió, opinió política o de qualsevol altra mena, origen nacional o social, fortuna, naixement o altra condició. A més, no es farà cap distinció basada en l'estatut polític, jurídic o internacional del país o del territori al qual pertanyi una persona, tant si és independent com si està sota administració fiduciària, si no és autònom, o està sota qualsevol altra limitació de sobirania.

SPAGNOLO La Asamblea General Proclama la presente Declaración Universal de Derechos Humanos como ideal común por el que todos los pueblos y naciones deben esforzarse, a fin de que tanto los individuos como las instituciones, inspirándose constantemente en ella, promuevan, mediante la enseñanza y la educación, el respeto a estos derechos y libertades, y aseguren, por medidas progresivas de carácter nacional e internacional, su reconocimiento y aplicación universales y efectivos, tanto entre los pueblos de los Estados Miembros como entre los de los territorios colocados bajo su jurisdicción. Artículo 1 Todos los seres humanos nacen libres e iguales en dignidad y derechos y, dotados como están de razón y conciencia, deben comportarse fraternalmente los unos con los otros. Artículo 2 Toda persona tiene los derechos y libertades proclamados en esta Declaración, sin distinción alguna de raza, color, sexo, idioma, religión, opinión política o de cualquier otra índole, origen nacional o social, posición económica, nacimiento o cualquier otra condición. Además, no se hará distinción alguna fundada en la condición política, jurídica o internacional del país o territorio de cuya jurisdicción dependa una persona, tanto si se trata de un país independiente, como de un territorio bajo administración fiduciaria, no autónomo o sometido a cualquier otra limitación de soberanía.

ASTURIANO

EL CONCEYU XENERAL Proclama ESTA DECLARACIÓN UNIVERSAL DE LOS DRECHOS HUMANOS comu ideal común pol qu'han puxar tolos pueblos y naciones, al envís de que, lo mesmo los individuos que les instituciones, inspirándose de contino nella, promueva, por aciu de la enseñanza y la educación, el respetu a estos drechos y llibertaes, y afite, con midíes progresives de calter nacional y internacional, la so reconocencia y aplicación universales y efeutives, tanto ente los pueblos de los Estaos Miembros comu ente los de los territorios allugaos baxo la so xurisdicción.

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Artículu 1 Tolos seres humanos nacen llibres y iguales en dignidá y drechos y, pola mor de la razón y la conciencia de so, han comportase hermaniblemente los unos colos otros. Artículu 2 Toa persona goza de tolos drechos y llibertaes afitaes nesta Declaración, ensin estremamientu nengún de raza, de color, de sexu, de llingua, de relixón, d'opinión política o de cualesquier otra mena, d'orixe nacional o social, de posición económica, de nacencia o de cualesquier otra condición. D'otra miente, tampocu nun se fadrá estremamientu nengún basáu na condición política, xurídica o internacional del país o territoriu de la xurisdicción de la que dependa una persona, lo mesmo seya país independiente o territoriu baxo tutela alministrativa, non autónomu o sometíu a cualesquier llende na so soberanía.

GALEGO

A Asemblea Xeral proclama a presente Declaración Universal dos Dereitos da Persoa como ideal común polo que tódolos pobos e nacións se deben esforzar, para que tanto os individuos coma as institucións, inspirándose constantemente nela, promovan, mediante o ensino e a educación, o respecto a estes dereitos e liberdades, e aseguren, por medidas progresivas de carácter nacional e internacional, o seu recoñecemento e aplicación universais e efectivos, tanto entre os pobos dos estados membros coma entre os dos territorios colocados baixo a súa xurisdicción. Artigo 1ª. Tódolos seres humanos nacen libres e iguais en dignidade e dereitos e, dotados como están de razón e conciencia, díbense comportar fraternalmente uns cos outros. Artigo 2ª. Toda persoa ten os dereitos e liberdades proclamados nesta Declaración, sen distinción ningunha de raza, cor, sexo, idioma, relixión, opinión política ou de calquera outra índole, orixe nacional ou social, posición económica, nacemento ou calquera outra condición. Ademais, non se fará ningunha distinción baseado na condición política, xurídica ou internacional do país ou territoiro da xurisdicción do cal dependa unha persoa, tanto se se trata dun país independente coma dun territorio baixo administración fiduciaria, non autónomo ou sometido a calquera outra limitación de soberanía.

PORTOGHESE

A Assembléia Geral proclama a presente Declaração Universal dos Direitos Humanos como ideal comum a atingir por todos os povos e todas as nações, a fim de que todos os indivíduos e todos os orgãos da sociedade, tendo-a constantemente no espírito, se esforcem, pelo ensino e pela educação, por desenvolver o respeito desses direitos e liberdades e por promover, por medidas progressivas de ordem nacional e internacional, o seu reconhecimento e a sua aplicação universais e efectivos tanto entre as

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populações dos próprios Estados membros como entre as dos territórios colocados sob a sua jurisdição. Artigo 1° Todos os seres humanos nascem livres e iguais em dignidade e em direitos. Dotados de razão e de consciência, devem agir uns para com os outros em espírito de fraternidade. Artigo 2° Todos os seres humanos podem invocar os direitos e as liberdades proclamados na presente Declaração, sem distinção alguma, nomeadamente de raça, de cor, de sexo, de língua, de religião, de opinião política ou outra, de origem nacional ou social, de fortuna, de nascimento ou de qualquer outra situação. Além disso, não será feita nenhuma distinção fundada no estatuto político, jurídico ou internacional do país ou do território da naturalidade da pessoa, seja esse país ou território independente, sob tutela, autônomo ou sujeito a alguma limitação de soberania.

ROMANCIO

proclama l'Assemblea Generala la preschainta Decleranza universala dals drets da l'uman sco l'ideal cumünaivel dad obtgnair per tuot ils pövels e tuot las naziuns, per cha mincha singul e tuot ils organs da la vita publica hajan adüna adimmaint quista Decleranza ed as sfadajan da promouver il respet da quists drets e da quistas libertats tras l'instrucziun e l'educaziun e dad asgürar tras masüras progressivas i'l ram naziunal ed internaziunal lur arcugnuschentscha ed applicaziun effectiva ed universala, tant pro la populaziun da lur stadis sco eir pro quella da territoris chi suottastan a lur giurisdicziun. Artichel ün. (1) Tuots umans naschan libers ed eguals in dignità e drets. Els sun dotats cun intellet e conscienza e dessan agir tanter per in uin spiert da fraternità. Artichel duos. (2) Mincha uman no far valair ils drets e las libertats proclamats in quista Decleranza, sainza ingüna differenza, ne da razza, da culur, da sex, da lingua, da religiun, d'opiniun politica o d'üna otra opiniun, d'origin naziunal o social, da proprietà, da naschentscha ne da qualunque otra circunstanza. Plünavant nu poja gnir fat ingüna differenza in basa a la situaziun politica, giuridica o internaziunala dal pajais o dal territori, al qual üna persuna appartegna, cha quist pajais o territori saja independent, suot tutela, na autonom ch'el saja suottamiss a qualunque otra limitaziun da sia libertà.

FRIULANO la Samblee Gjenerâl des Nazions Unidis e proclame cheste Declarazion Universâl dai Derits dal Om come ideâl comugnâl ch’a an di rivâ a vêlu ducj i popui e dutis lis Nazions par che ogni individui e ogni strument de societât, tignint cont simpri di cheste Declarazion, a cirin di promovi, cu la instruzion e la educazion, il rispiet di chescj derits e di chestis libertâts e di garantîur, midiant proviodiments progressîfs di stamp nazionâl e internazionâl, il ricognossiment universâl e

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efetîf e il rispiet tant de bande dai popui dai Stâts membris, che de bande dai popui dai teritoris ch’a son sot de lôr jurisdizion. Articul 1 Ducj i oms a nassin libars e compagns come dignitât e derits. A an sintiment e cussience e bisugne che si tratin un culaltri come fradis. Articul 2 A ogni individui i spietin ducj i derits e dutis lis libertâts proclamâts in cheste Declarazion, cence nissune distinzion par vie di gjernazie, colôr, mascjo o femine, lenghe, religjon, di impinion politiche o alcaltri, di zoc nazionâl o sociâl, di ricjece, di nassite o altre condizion. E no sarà fate nissune distinzion nancje par vie dal Statût politic, juridic o internazionâl dal paîs o de tiare che une persone i parten, tant se chê tiare e je indipendent che s’e je sot ministrazion fiduciarie o no autonime o sot cualchi altri limit di sovranitât.

SANMARINESE

L'ASEMBLEA GENERELA la proclama la presènta dichiarazioun universèla di dirét umèn cumè ideél comun da cunquistè da tot i popli e da tot al Nazioun,s'u scop che ogni individui e ogni urganismi dla società, tnénd sempra presènta stà Dichiarazioun, u s'impègna a lavurè, s'l'insegnamènt e s'l'educazioun, prì u rispèt at stì dirét e at stlì libertà e ad garantin, miténd in àt iniziativi sempri piò numerousi at caratri naziunèl e internaziunèl, l'universèl e concrét riconoscimènt e rispèt, tent tra i popli di stés Stèd mémbri, quant tra quéi di teritòri che i è sotopost mla su giurisdizioun. ARTICOLO 1 (Artécli 1) Tot j essèri umèn i nàs lébri e cumpagn in dignità e dirét. Lou i è dutid ad rasoun e ad cuscinza e i à da operè, ognun ti cunfrunt at ch'j ilt, sa sentimint ad fratelènza. ARTICOLO 2 Ogni persouna la à da beneficié at tot i dirét e at toti al libertà proclamid tla presènta Dichiarazioun, sènza alcuna distinzioun prì rasoun ad raza, ad culour, ad sesso, ad lèngua, ad religioun, ad idea pulética e upinioun divèrsi, ad nazionalità o suciéla, ad richèza, ad nascita o ad qualsiasi élta cundizioun. Nisuna distinzioun la sarà stabilida tnénd count du stèd pulétich, giurédich o internaziunèl de paiois o del teritorii me quale una persouna l'aapartèn, c'u sia quest indipendènt, o c'l'èpa una aministrazioun fiducèria, o c'un sia autonomo, o c'u sia sugét ma qualsiasi tip ad limitazioun ad sovranità.

ITALIANO

L'ASSEMBLEA GENERALE proclama la presente dichiarazione universale dei diritti umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo ed ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l'insegnamento e l'educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne,

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mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l'universale ed effettivo riconoscimento e rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione. Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Articolo 2 Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità.

CORSO

Sta Dichjarazioni Univirsali di i Diritti di l'Omu cum'è fini cumunu da ricircà da tutti i populi è tutti i nazioni, par ch'elli provinu tutti l'individui è tutti l'urganisazioni di a sucità, cù u insignamentu è l'educazioni, à sviluppà u rispettu d'issi diritti, è, pigliendu à pocu à pocu i misuri naziunali è internaziunali, à impona ni ignalocu a ricunniscenza è a prattica vera, sia ind'è i populi di i Stati membri stesi, sia ind'è quilli di i tarritorii ad elli cunfidati. Articulu Prima Nascinu tutti l'omi libari è pari di dignità è di diritti. Pussedinu a raghjoni è a cuscenza è li tocca ad agiscia trà elli di modu fraternu. Articulu 2 Di tutti i diritti è i libertà scritti in issa dichjarazioni, si ni pò ghjuvà ugnunu, senza sfarenza varuna di razza, di culori, di sessu, di lingua, di rilighjoni, d'upinioni, pulitica o altra ch'ella sia, d'urighjini naziunali o suciali, di ricchezza, di nascita o di qualunqua altra situazioni. Mancu si farà nisuna sfarenza partendu da u statutu puliticu, ghjuridicu o internaziunali di u paesi o u tarritoriu duva ella campa a parsona, ch'ellu sia indipindenti issu paesi o tarritoriu, o puri cunfidatu ad una antra nazioni, privu d'autunumia o cù un puteri limitatu in calchì modu.

SARDO

s'Assemblea Zenerale proclamat custa decraratzione universale de sos deretos de s'òmine comente s'ideale comunu chi totu sos pòpulos e totu sas natziones depent sighire pro fagher a manera chi totu sos indivìduos e totu sos òrganos de sa sotziedade, tenende semper in coro custa Decraratzione, s'isfortzent, cun s'amaestramentu e s'educatzione, pro isvilupare su respetu de custos deretos e libertades e pro nd'assegurare, cun mesuras progressivas de òrdine natzionale e internatzionale, su reconnoschimentu e s'aplicatzione universales e efetivas, siat in mesu de sas populatziones de sos Istados

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Membros etotu, siat in mesu de cussas de sos territòrios postos suta de sa zurisditzione issoro. Artìculu 1 Totu sos èsseres umanos naschint lìberos e eguales in dinnidade e in deretos. Issos tenent sa resone e sa cussèntzia e depent operare s'unu cun s'àteru cun ispìritu de fraternidade. Artìculu 2 Onzi unu podet fagher baler totu sos deretos e totu sas libertades proclamadas in sa Decraratzione presente, sena distintzione peruna, mescamente de ratza, de colore, de sessu, de limba, de relizione, de opinione polìtica o de onzi àtera opinione, de orìzine natzionale o sotziale, de cunditzione, de nàschida o de onzi àtera cunditzione. In prus, no at a esser fata peruna distintzione fundada supra s'istatutu polìticu, zurìdicu o internatzionale de su paìsu o de su territoriu dae ue una pessone podet benner, chi custu paìsu o territoriu siat indipendente, suta tutela, no autònomu o assuzetadu a una limitatzione cale si siat de soveranidade.

ROMENO

ADUNEAREA GENERALA proclamă prezenta DECLARAŢIE UNIVERSALĂ A DREPTURILOR OMULUI, ca ideal comun spre care trebuie să tindă toate popoarele şi toate naţiunile, pentru ca toate persoanele şi toate organele societăţii să se străduiască, avînd această Declaraţie permanent în minte, ca prin învăţătură şi educaţie să dezvolte respectul pentru aceste drepturi şi liberţăţi şi să asigure prin măsuri progresive, de ordin naţional şi internaţional, recunoaşterea şi aplicarea lor universală şi efectivă, atît în sînul popoarelor statelor membre, cît şi al celor din teritoriile aflate sub jurisdicţia lor. Articolul 1 Toate fiinţele umane se nasc libere şi egale în demnitate şi în drepturi. Ele înzestraţe cu raţiune şi conştiinţă şi trebuie să se comporte unii faţă de altele în spiritul fraternităţii. Articolul 2 Fiecare om se poate prevala de toate drepturile şi libertăţile proclamate în prezenta Declaraţie fără nici un fel de deosebire ca, de pildă, deosebirea de rasă, culoare, sex, limbă, religie, opinie politică sau orice altă opinie, de origine naţională sau socială, avere, naştere sau orice alte împrejurări. În afară de aceasta, nu se va face nici o deosebire după statutul politic, juridic sau internaţional al ţării sau al teritoriului de care ţine o persoană, fie că această ţară sau teritoriu sînt independente, sub tutelă, neautonome sau supuse vreunei alte limitări a suveranităte.

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4. Varietà linguistiche nella Romània, nello spazio e nel tempo.

Il Padre Nostro Il Padre Nostro è una delle preghiere fondanti della fede cristiana, stabilita a partire dal testo evangelico di Matteo 6, 9-13, cui corrisponde da presso Luca 11, 2-4. La variante sostanziale al vers. 11 tra supersubstantialem e cotidianum (o cottidianum) è della tradizione già antica del testo sacro: nella traduzione di San Gerolamo, nota come Vulgata, s’incontra supersubstantialem nella versione di Matteo, cottidianum invece in Luca, mentre la redazione precedente nota come Vetus latina reca cottidianum in entrambi i luoghi. La dossologia Quia tuum est

regnum et potentia et gloria in secula seculorum, presente già in versioni antiche (cfr. ess. 2 e 3), ma assente dalla Vulgata, venne reintrodotta nel testo di Matteo da Erasmo già dalla sua prima edizione bilingue del Nuovo Testamento greco e latino (Basilea 1515). Questa formula finale fu poi caratteristica delle traduzioni cinquecentesche di orientamento riformato, a partire da quella di Lutero; cfr. qui le versioni spagnola di Juan de Valdés, francese dell’Olivetano (la prima ad adottare da Erasmo l’innovazione), romancia di Jachian Bifrun, sarda nel testo di Sebastian Munster (37) e occitanica moderna, nonché quella rumena moderna che deriva peraltro direttamente dal testo greco. La presentazione segue un andamento tendenzialmente da Occidente verso Oriente: gli esempi delle lingue ufficiali o normative moderne precedono quelle dell’area geo-linguistica cui appartengono e si trovano ai nn. 5 (spagnolo), 12 (portoghese), 14 (francese), 24 (catalano), 31 (italiano), 41 (rumeno). Le trascrizioni dei testi antichi seguono le convenzioni ortografiche stabilite nell’editoria scientifica per le diverse aree; si noterà in particolare il ridottissimo numero di diacritici, specialmente di accenti, in uso nelle trascrizioni di testi antico-francesi e antico-occitanici. Il punto in alto «·» indica un fenomeno di appoggio sintattico o fonosintattico di un elemento a ciò che precede; esso è così utilizzato nell’edizione di testi francesi, provenzali e catalani per segnalare l’enclisi asillabica, cioè con perdita della componente vocalica, di pronomi e aggettivi (qui no·ns nel testo catalano 24) e nell’edizione di testi italiani antichi e moderni per indicare il raddoppiamento fonosintattico (qui per es. che ·sse’ nel testo 31 e a

·nnoi nel 32). Opere di riferimento: S. Heinimann, Oratio dominica romanice. Das

Vaterunser in der romanischen Sprachen von den Anfängen bis ins 16.

Jahrhundert, Tübingen, Niemeyer, 1988 (Beihefte ZrPh, Band 219) e Il

paternostro in volgare francese. Tradizione scritta e tradizione orale, in Miscellanea di studi in onore di Aurelio Roncaglia a cinquant’anni dalla sua

laurea, Modena, Mucchi, 1989, 2: 663-672. (Heinimann 1988 e 1989); K. Heger, Die Bibel in der Romania : Matthäus 6,5-13, Tübingen, Niemeyer, 1967. Un precedente antico è quello di Hieronymus Megiser, Specimen quadraginta

diversarum atque inter se differentium linguarum et dialectorum, Frankfurt, Johann Spiess (con documentazione allargata poi in una successiva edizione del 1603 a cinquanta – ma in realtà poi solo 47 - esempi: Specimen quinquaginta diversarum

atque inter se differentium linguarum et dialectorum).

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1) Latino: Vetus latina (Itala) – Pater noster qui es in caelis, sanctificetur nomen tuum. Adveniat regnum tuum. Fiat voluntas tua in caelo et in terra. Panem nostrum cottidianum da nobis hodie. Et dimitte nobis debita nostra, sicut et nos dimittimus debitoribus nostris. Et ne nos inducas in temptationem, sed libera nos a malo [quoniam tuum est regnum et virtus et gloria in saecula. Amen. var. mss. f(g1)q]. [Heinimann 1988: 75, integrato con Jülicher 1938: 31] 2) Latino: Afra – Pater noster qui [hic er.] in caelis, sanctificetur nomen tuum. Veniad regnum tuum. Fiat voluntas tua in caelo et in terra. Panem nostrum cottidianum da nobis hodie. Et remitte nobis debita nostra, sicut et nos remittimus debitoribus nostris. Et ne passus fueris induci nos in temptationem, set libera nos a malo, quoniam est tibi virtus in saecula saeculorum. [Jülicher 1938: 31] 3) Latino: Vulgata – Pater noster qui es in caelis, sanctificetur nomen tuum. Adveniat regnum tuum. Fiat voluntas tua sicut in caelo et in terra. Panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie. Et dimitte nobis debita nostra, sicut et nos dimittimus debitoribus nostris. Et ne inducas nos in temtationem, sed libera nos a malo. [Heinimann 1988: 78]

Come pure ausilio didattico, si fa seguire un’ipotesi di riformulazione del testo

della Vulgata in latino parlato corrente di età (tardo) imperiale, in due varianti,

la seconda delle quale prevede la conservazione della declinazione bicasuale,

così come avviene in area gallo-romanza. Per evidenziare la differenza con

l’area sarda (e col siciliano) si è supposta avvenuta l’evoluzione di Ŭ finale in

/o/. Sono segnalate con la sottolineatura le principali divergenze

morfosintattiche rispetto all’assetto grammaticale tradizionale; tra parentesi

tonde sono indicate delle alternative possibili, tra parentesi quadre possibili

integrazioni. Considerata la natura del testo (e le versioni volgari anche

antiche), l’ordine dele parole nella frase è stato lasciato in sostanza inalterato

(v. sopr.: Panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie, con

l’anteposizione del complemento oggetto).

*Patre nostro qui es in illos (/ ipsos) celos (/ celum), sanctificato sit [illo / ipso] nomine (nome) tuo. Adveniat [illo / ipso] regno tuo. Facta sit [illa] tua voluntate, [acco / en acco] sic in [illo / ipso] celo et in [illa / ipsa] terra. [Illo / ipso] pane nostro cottidiano donat ad nos hodie. Et dimitte ad nos [illos / ipsos] debitos nostros (/ debitas nostras), sic quomodo [tanto bene] nos dimittimos ad [illos / ipsos] nostros debitores. Et non (nonne) [passum / mica] inducere nos in tentatione, magis libera nos de ab [illo / ipso] male.*

*Pater noster qui es in illos (ipsos) celos (celum), sanctificatos sit [ille / ipse] nomine (nome) tuos. Adveniat [ille / ipse] regnos tuos. Facta sit [illa] voluntates tua, [acco / en acco] sic in [illo / ipso] celo et in [illa / ipsa] terra. [Illo / ipso] pane nostro cottidiano donat ad nos hodie. Et dimitte ad nos [illos / ipsos] debitos nostros (debitas nostras), sic quomodo nos dimittimos ad [illos / ipsos] nostros debitores. Et non (nonne) [passum / mica] inducere nos in tentatione, magis libera nos de ab [illo / ipso] male.*

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4) Latino: Erasmo (1522) – Pater noster qui es in coelis, sanctificetur nomen tuum. Veniat regnum tuum. Fiat voluntas tua quemadmodum in coelo sic etiam in terra. Panem nostrum quotidianum da nobis hodie. Et remitte nobis debita nostra, sicut et nos remittimus debitoribus nostris. Et ne inducas nos in tentationem, sed libera nos a malo. Quia tuum est regnum et potentia et gloria in secula seculorum. Amen. [Heinimann 1988: 87] 5) Spagnolo mod. (Castigliano) – Padre nuestro que estás en los cielos, santificado sea tu nombre. Venga tu Reino. Sea hecha tu voluntad, como en el cielo así también en la tierra. Danos hoy nuestro pan de cada día, y perdónanos nuestras deudas, como también nosotros perdonamos a nuestros deudores. Y no nos metas en tentación, más líbranos del mal. Amen. 6) Spagnolo 13 s. – Nuestro Padre que eres en los cielos, santiguado sea el to nombre. Venga el to regno. Sea tu voluntat assí en tierra cuemo es en el cielo. Nuestro pan cutidiano nos da oy. E perdona a nos nuestros debdos, assí cuemo nos perdonamos a nuestros debdores. E no nos trayas a temptación, mas libra nos de mal. [Heinimann 1988: 212 – ms. Escorial I-j-6: Bibblia en romance] 7) Spagnolo 16 s. – Padre nuestro que estás en los cielos, santificado sea el tu nombre. Venga el tu reyno. Cúmplase tu voluntad en la tierra assí como se cumple en el cielo. Nuestro pan el de cada día dánosle oy. Y perdónanos nuestros pecados, assí como también nosotros perdonamos a los que nos ofenden. Y no permitas que seamos derribados y vencidos en la tentación, pero líbranos del mal. Porque tuyo es el reyno y el poderío y la gloria en los siglos de los siglos. Amén. [Heinimann 1988: 217 – Juan de Valdés, Diálogo de doctrina cristiana, Alcalá 1529] 8) Asturiano – Padre nuestru, q’estás en ’os cielos, santificáu sia ’l to nome. Vénia ’l to reinu. Fágase to voluntá, como nel cielu ansina tamien en ’a tierra. El pan nuestro de cáa día, dámoslu hoy, y perdónanos nuestras deudas, ansina como nosotros perdonamos á nuestros deudores. Y no mos dexes cayer na tientacion, mas llíbranos de mal. Amen. [Heger 1967: versione della metà del sec. XIX] 9) Portoghese mod. – Pai nosso que estás no céu, santificado seja o Vosso nome, venha a nos o Vosso Reino, seja feita a Vossa vontade, assim na terra, como no céu. O pão nosso de cada dia nos dá hoje. Perdoa-nos as nossas ofensas, assim como nós perdoamos a quem nos tem ofendidos, e não nos dexais cair em tentação, mas livra-nos do Mal. Amém. (e in standard brasiliano: Pai Nosso que estais no céu, santificado seja o vosso nome, vem a nós o vosso reino, seja feita a vossa vontade assim na terra como no céu. O pão nosso de cada dia nos daí hoje, perdoai-nos as nossas ofensas, assim como nós perdoamos a quem nos tem ofendido, não nos deixei cair em tentação mas livrai-nos do mal. Amém.) 10) Portoghese 15 s. – Padre nosso que es nos ceeos, ... sanctificado seja o teu nome ... demandamos que venha o sseu reino ... Seja feita a tua voontade assy na terra como nos ceeos ... Pam nosso de cada dia nos da oje ... Quytanos nossas divydas, como nos quytamos a nos devedores ... Que nom sejamos derribados na

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temptaçom, mas que nos livres de mal. [Heinimann 1988: 170 – Don Duarte, Leal

Conselheiro (1437-38), 364,22-347,25, estratti] 11) Francese mod. – Notre Père, qui es aux cieux, que ton nom soit sanctifié, que ton règne vienne, que ta volonté soit faite sur la terre comme au ciel. Donne-nous aujourd’hui notre pain de ce jour. Pardonne-nous nos offenses comme nous pardonnons aussi à ceux qui nous ont offensés. Et ne nous soumets pas à la tentation, mais délivre-nous du mal, car c’est à toi qu’appartiennent le règne, la puissance et la gloire, aux siècles des siècles. Amen. 12) Francese ant. s. 13 – Nostre Pere qui es el ciel, ton non soit saintefiés. Ton regne viegne. Ta volentés soit fete en terre come ele est el ciel. Sire, done nos hui nostre vivre de chascun jor. Et nos pardone noz pechiez, comme nos pardonons a cels qui nos meffont. Et ne nos maine mie en temptacion, ce est a dire Ne sueffre

mie que nos soions mené en temptacion, mes delivre nos de mal. Amen. Amen vaut

autant ci endroit come Ce soit fet. [Heinimann 1988: 97, da un ms. della Bible

française du XIIIe siècle, Paris, BNF, fr. 899 – un’altra red., con varianti minime e senza la glossa esplicativa, qui indicata in corsivo, in Heinimann 1989: 667] 13) Anglonormanno s.12 metà – Li nostre Perre, ki ies es ciels, seit seintefiez li tuns nuns. Avienget le tuens regnes. Seit feite la tue volentez si cum en ciel e en la terra. Nostre pein chaskejurnel dune nus hoi. E pardune a nus les noz detes, si cume nus pardununs a noz deturs. E ne nus meines en tenteisun, meis delivre nus de mal. Issi seit. [Heinimann 1988: 91 e 1989: 665 – ms. 987 (R 17.1) del Trinity College di Cambridge, prob. originario del monastero di Christ-Church a Canterbury] 14) Anglonormanno s.12 metà – Li nostre Pere, qui ies es ciels, saintefiez seit li tuens nums; avienget li tuns regnes. Seit faite la tue voluntet, sicum en ciel e en la terre. Nostre pain cotidian dun a nus oi. E pardune a nus les noz detes, eissi cume nus pardunums a noz deturs. E ne nus mener en temtatiun, mais delivre nus de mal. Amen. [Heinimann 1989 – ms. British Library, Cotton Nero C IV]. 15) Piccardo 14 s. – Peres nostres qui es es chiuls, tes nons soit saintefiés. Tes regnes aviegne. Ta volentés soit faite si comme en ciel et en terre. Done nous hui no pain soursustantial. Et laisse a nous nos detes, ensement si comme nous laissons a nos deteurs. Et ne nous maines en temptation, mais delivre nous de mal. [Heinimann 1988: 107 – ms. Venezia, Bib. Marciana, 1745, sec. 14, prima metà] 16) Francese s.16 (1535) – Nostre Pere qui es és cieulx, ton nom soit sanctifié. Ton royaume advienne. Ta volunté soit faicte ainsi en la terre comme au ciel. Donne nous aujourd’huy nostre pain quotidien. Et nous quicte noz debtes, comme aussi nous quictons à ceulx qui nous doibvent. Et ne nous induitz point en tentation, mais delivre nous du mauvais. Car à toy est le royaume et la puissance et la gloire à tousjours mais. Amen. [Heinimann 1988: 118 – Pierre Robert Olivetan, Bible, Neuchâtel 1535] 17) Provenzale ant. s.13 – Le nostre Paire qui es els cels, sanctificatz sia lo teus noms. Avenga lo teus regnes. E sia faita la tua volontatz, si co el cel e ela terra. E dona a nos oi lo nostre pa qui es sobre tota cauza. E perdona a nos les nostres deutes, aisi co nos perdonam als nostres deutors. E no nos amenes en tantatio, mais

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deliura nos de mal. [ms. Lyon, Bib. Municipale, ms. 36, f.5ra – Heinimann 1988: 1781] 18) Provenzale alpino, s.16 – O tu, lo nostre Payre lo cal sies en li cel, lo tio nom sia sanctifica. Lo tio regne vegna. La toa volonta sia fayta, enaysi coma ilh es fayta al cel sia fayta en la terra. Dona nos encoy lo notre pan cotidian. E perdona a nos li nostre peca, enaysi coma nos perdonen a quilh que an peca de nos. E non nos menar en temptacion, mas deyliora nos de mal. Amen. [Heinimann 1988: 180 – redazione valdese del Padre Nostro, conservata in un gruppo di mss. del sec. 16, ma probabilmente anteriore] 19) Catalano mod. – Pare nostre del cel, sigui santificat el teu nom; vingui el teu Regne; faci’s la teva voluntat, com al cel, així també a la terra. Dóna’ns avui el nostre pa de cada dia; i perdona’ns les nostres ofenses, com també nosaltres hem perdonat els qui ens ofenen; i no deixis que caiguem en la temptació, ans deslliura’ns del Maligne. Amèn. 20) Catalano s.14 – Pare nostro celestial, lo teu nom sia beneyt e loat qui és sant. Vengam al teu regna. La tua voluntat sia feta al cel e en la terra. Dóna a nós huy lo pa del sostanimén de la nostra vida. E perdona a nós, axí com nos perdonam. E no·ns amens a temptacion, ans nos guarda de mal. [Heinimann 1988: 158 – ms. Paris, BNF, esp.486]. 21) Piemontese s.12-13 – O tu, car ser Pare, qui es in cel ... Per nos est sanctificà, per bones ovres e per bona vita ... Veigna lo to governament e lo to regement a color qui te sanctifient per bona voluntè e per bones ovres. Aisì sea la tua voluntà en noi, qui sem terra, cum ela est en cel, zo est en li angeli, qui te aoren e serven continuament. Aquel pan te demandem dun la nostra vita carnal se susten en quest terren sevol ... E si nos perdona nostre devie, zo son li pecai que noi avem fait envers ti, aisí cum nos perdonem a nostres debitor, zo est a cels qui nos an offendù e peccà envers nos ... Or preiem Deu qu’el ne nos lais cair en temptaciun ... zo est a dir Mas delivra nos de tot mal ... [Heinimann 1988: 124 – Torino, BN, D.VI.10, collezione dei Sermoni subalpini] 22) Lombardo occ. (Milan.) – Pader noster che te see in ciel, che sia santificaa el tò nòmm, che vegna el tò regno, che sia pur faa quell che te voeut tì, tant in ciel, come in tera. Dann incoeu el noster pan tant de stà in pee. E perdonem i nòster debit, istess come nun ghe perdonem a quij tai, che ne dev quajcoss. E metten minga in brusa de fà peccaa. Ma tegnen a la larga del maa. Amen. [Heger 1967: versione della metà del sec. XIX] 23) Veneziano 14 s. – O Pare nostro de cielo, lo to nome sia santifichado, a ço che io vegna en lo to regno. La toa volontade sia fata en terra sì como ella è fata in cielo. Misier, dona a nuy da viver de die in dy. Et a noy perdona ly nostri pechadi, sì como noy perdonemo a coloro che n’à offeso. E no menar nuy in tentacion, ço è

a dir che Dio ne debia conportar che nuy siamo menadi in temptacione, ma

1 Questa traduzione del Nuovo testamento, di proveninenza linguadociana e del sec. XIII, è

certamente da ricondurre ad un ambiente eretico cataro (albigese) ed è seguita nel manoscritto che la conserva da un Rituale cataro.

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delivrane del male. Amen. [Heinemann 1988: 140 – Venezia, Bib. Marciana, Marc. 4889 (già It.3), dat. 1369] 24) Veneziano – Pare Nostro, che ti xe in cielo, sia el to nome santificà, vegna el to Regno, la to volontà se fazza come in cielo, cussì anca in tera. Dane anca ancuo el pan de ogni zorno per nostro sustentamento. E perdonine i nostri debiti, che anca nualtri ghe li perdonemo. E no lasser che caschemo in pericoli, ma scampine dal mal. Amen. [Heger 1967: versione della metà del sec. XIX] 25) Italiano mod. stand. (Toscano) – Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen. 26) Toscano s.13 – Padre nostro che ·sse’ in cielo, lo tuo nome sia santificato. Avegna il tuo regno. Sia fatta la tua volontade, sì come ella è in cielo così in terra. Dà a noi oggi nostro pane cotidiano. E perdon’ a noi i nostri peccati, sì come noi perdoniamo a coloro che ànno peccato in noi. Et non inducere noi in tentatione, ma libera noi del male. Amen. [Heinimann 1988: 127, con una minima correzione (perdon’a) – Firenze, BN, Magl. XL.41, 121 v.] 27) Toscano s.14 – Padre nostro lo quale se’ in celo. Santificato sia il nome tuo. Vegnano noi nel regno tuo. Sia facta la volontade tua sì come in celo et in terra. Lo pane nostro cotidiano dà a ·nnoi oggi. E perdona a ·nnoi li peccati nostri, siccome noi perdoniamo ad ogni huomo il quale sia nostro debitore. Et non ci lasciare cadere nella tentatione, ma libera noi dal male. [Heinimann 1988: 130 – ms. Firenze, Bib. Riccardiana, Ricc. 1252]

ulteriore versione toscana del s.14 Padre nostro lo quale se’ in cielo, sia santificato il nome tuo. Pervenga il regno tuo. Sia fatta la volontà tua sì come in cielo e in terra. Pane nostro cotidiano dà a noi oggi. Et perdona a ·nnoi i debiti nostri, sì come noi lasciamo a’ nostri debitori. E no ·llasciare cadere noi nelle tentationi, ma libera noi dal male. [Heinimann 1988: 131 – ms. Firenze, Bib. Riccardiana, Ricc. 1250]

28) Toscano s. 15 – Patre nostro el qual sei in cielo, sia sanctificato el nome tuo. Fa ch’io venga al tuo regno. Sia facta la volontà tua come in cielo et in terra. A noi dà hogi el pane nostro soprasubstantiale. Et perdonaci li nostri debiti, come etiam noi perdoniamo a’ debitori nostri. Et non ce inducere ne la tentatione, ma liberace dal male. Amen. [Heinimann 1988:147 – Niccolò Malermi, Biblia, Venezia 1 agosto 1471]. 29) Napoletano – Patre nuosto che staje ncielo, sia beneditto lo nomme tujo. Venga lo regno tujo. Sia fatta la volontà ttoja, comme ncielo, accossi nterra. Dance ogge lo ppane nuosto ch’è dde gran sustanzia. E pperdona a nnuje li diebbete nuoste, comme nuje perdonammo a li debbeture nuoste. E nnon ce fà piglià de la tentazzione. Ma sarvance da lo mmale. Amen. [Heger 1967: versione della metà del sec. XIX, con concessioni evidenti all’italiano letterario]

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30) Siciliano – Patri nostru chi stai in celu, sia santificatu lu to nomu; vegna a nui lo to regnu, sia fatta la to volontà, comu ’n celu accussì ’n terra. Danni oggi lu nostru pani quotidianu, e rimetti a nui li nostri debiti, comu nui li rimettemu a li nostri debituri, e nun nni fari cadiri in tentazioni ma liberanni d’ogni mali. Amen. [Heger 1967: versione della metà del sec. XIX, anche qui con influssi di italiano letterario] 31) Sardo s.16 – Babu nostru su ghale ses in sos chelus, santu siada su nomine tuo. Bengiad su rennu tuo. Faciadsi sa voluntade tua comenti in chelo et in sa terra. Su pane nostru d’ognie die dona a nosateros hoae. Et lassa a nosateros is debitus nostrus, comente e nosateros lassaos a is debitores nostrus. E no nos portis in sa tentatione, impero libera nos da su male. Poiteo tuo esti su rennu, sa gloria e su imperiu in sos seculos de sos seculos. Amen. [Heinimann 1988: 203 – Sebastian Münster, Cosmographia universalis, Basel 1550 – dialetto sardo meridionale] 32) Sardo s.16 – Babu nostru qui istas in su quelu, santificadu siat su nomen tou. Benzat a nois su rennu tou. Fata siat sa voluntade tua gasi in sa terra comente a in su quelu. Su pane nostru de donni die da nos lu hoe. E perdonanos sos depidos nostros, gasi comente noisateros perdonamus a sos depidores nostros. E no nos lesses ruer in sa tentacione, sinò liberanos de donni male. Amen. [Heinimann 1988: 205 – Antonio Cordeses, Catechismo o Summa de la religión christiana, Cagliari 1566 – dialetto logudorese] 33) Sardo (Logudorese) – Babbu nostru qui ses in sos Chelos, santificadu siat su nomen tou, benzat a nois su regnu tou, facta siat sa voluntade tua, comente in su Chelu, et in sa terra. Su pane nostru de ogni die danoslu hoe, et perdonanos sos peccados nostros, comente et nois perdonamus ad sos inimigos nostros. Et non nos lexaes a ruere in tentatione, ma lìberanos dai male. Amen. [Heger 1967: versione della metà del sec. XIX] 34) Retoromanzo 16 s. – Bab nos quel chi ist in schil, santifichio saia l’g tes num. L’g tieu ariginam vigna tiers nus. La tia voeglia dvainta in terra sco ella fo in schil. Dò à nus nos paun huotz en in münchia di. Parduna à nus nos dbits, sco er nus pardunain à nos debitaduors. Et nuns mnêr in appruvamaint, dimpersemaing spendra nus dalg mêl. Per che tieu es l’g ariginam et la pusaunza et la gloergia saimper et saimper mê. Amen [Heinimann 1988: 191 – Jachian Bifrun, L’g Nuof

Sainct Testamaint, s.l. 1560] 35) Rumeno mod. – Tatăl nostru, Care eşti în ceruri, sfinţească-se numele Tău; Vie împărăţia Ta; facă-se voia Ta, precum în cer asa şi pe pămînt. Pîinea noastră cea spre fiinţă dă-ne-o nouă astăzi; Şi ne iartă nouă greşelile noastre, precum şi noi iertăm greşiţilor noştri; Şi nu ne duce pe noi în ispită, ci ne izbăveşte de cel rău. Că a Ta este împărăţia şi slava în veci. Amin! [Biblia, cur. Justinian, Patriarhul Bisericii Ortodoxe Române, Bucareşti, 1968] 36) Rumeno 16 s. – Parintele nostru ce iesti in ceriu, swinçaskese numele teu. Se vie inpereçia ta. Se fie voia ta komu ie in ceru assa ssi pre pemintu. Penia noastre seçioase de noai astedei. Ssi iarte noae detoriile noastre, cum ssi noi lesem detorniczilor nostri. Ssi nu aducze pre noi in ispite, ce ne mentuiaste de fitlanul. Ke ie a ta inpereçia ssi putara ssi cinstia in veczij vecilor. Amen. [Heinimann 1988: 199 – stampa di Varsavia, 1594]

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Commento

Dalla lettura di questi testi molto diversi per epoca e localizzazione emerge in primo luogo una forte omogeneità di fondo per quanto riguarda lessico e assetto della frase, almeno per quanto riguarda le lingue romanze occidentali. Ciò ovviamente non stupisce, trattandosi di una preghiera fondamentetale nella tradizione cristiana, insegnata secondo le Scritture da Cristo stesso ai suoi discepoli. Il punto di riferimento comune è in questo caso ancor più saldo che in quello del Vangelo di Giovanni.

A livello morfosintattico si possono notare delle oscillazioni, per esempio nell’espressione dell’imperativo negativo, che ammette nelle diverse lingue le tre forme negazione + congiuntivo (come nell’area iberica o in sardo), negazione + imperativo (come in francese o in rumeno), negazione + infinito (come in italiano o in retoromanzo). Queste forme sono state spesso concorrenti nelle fasi linguistiche più antiche, come si nota negli esempi medievali di area francese, in cui a fronte dell’imperativo sempre identico delivre si possono incontrare le forme negative ne

meines / ne maines (costruzione col congiuntivo, ess. 13 e 15), ne mener (con l’infinito, es. 14), ne maine (con l’imperativo, es. 12). Ugualmente variabile, soprattutto negli esempi antichi, la posizione dei pronomi rispetto all’infinito, che possono precedere o seguire il verbo come si nota nelle diverse soluzioni per tradurre il latino DA NOBIS. Ancora le lingue romanze possono ammettere l’articolo di fronte a aggettivo possessivo (come nella maggior parte degli esempi) o non ammetterlo (come in francese e in spagnolo moderno). Fatta eccezione per questi elementi e per le inevitabili variazioni legate a singole scelte di traduzione, la struttura morfosintattica dei vari esempi è fortemente stabile. Ciò che invece varia grandemente è la loro veste fonetica e grafica. 3.1 GRAFIA

Tutte le lingue romanze adottano oggi un alfabeto basato su quello latino, con la sola eccezione del giudeo-spagnolo, la varietà romanza usata dai discendenti delle comunità ebraiche espulse dalla Spagna nel 1492, scritto ancora ai giorni nostri con l’alfabeto ebraico. Le differenze tra gli alfabeti romanzi sono minime, ridotte sostanzialmente ad una manciata di segni diacritici, eppure ciascuna lingua ha un suo proprio sistema fonematico e la corrispondenza tra grafemi e fonemi è variabile da lingua a lingua. Per esempio il pronome relativo può essere scritto que (in spagnolo, portoghese, catalano, ecc.), qui (in francese), oppure che (italiano e varietà dialettali italiane), ma benché le grafie siano differenti (ed una ulteriore, ki, è nel testo anglonormanno n. 13) la consonante iniziale si realizza sempre come occlusiva velare. Inversamente la consonante iniziale dei corrispondenti dell’italiano cielo è sempre la lettera C, ma essa è pronunciata come fricativa dentale /θ/ in spagnolo, come fricativa alveolare (o sibilante) /s/ in portoghese e francese moderno, come affricata palatale /tl/ in italiano e in rumeno, in ogni caso sempre una sorda, in accordo con la qualità della consonante latina cui la lettera corrisponde.

L’ortografia odierna è, almeno per le lingue nazionali, standardizzata dai vocabolari, ma questa standardizzazione è un fatto recente, legato alle politiche

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nazionali di normalizzazione linguistica: la maggior parte delle varietà dialettali (ma anche il retoromanzo e il sardo) e tutte le lingue antiche sono al contrario altamente oscillanti nella scrittura; ciò vuol dire che gli esempi qui presentati hanno valori diversi: quelli delle lingue nazionali hanno ortograficamente valore assoluto (ciascuna parola non può essere scritta in altro modo), mentre quelli delle lingue antiche e dei dialetti hanno valore relativo (altre soluzioni grafiche potrebbero essere comunque accettabili); la disomogeneità dei sistemi grafici in uso all’alba delle tradizioni scrittorie volgari può essere verificata osservando due testi di simile origine geografica e cronologica, quelli anglonormanni del XII secolo (ess. 13 e 14), con doppioni - sicuramente corrispondenti ad identica pronuncia - quali qui /

ki, nuns / nums, feite / faite, pein / pain.

In generale due sono i fattori che influenzano la grafia: la tradizione storica, per cui una parola si continua a scrivere nello stesso modo anche se ne cambia la pronuncia, e il criterio fonologico, per cui si cerca di adeguare la scrittura alle diverse realizzazioni fonetiche; l’ortografia corrente di tutte le lingue romanze è strutturata - in misura variabile da lingua a lingua - su entrambi i criteri: in nessuna esiste corrispondenza biunivoca tra fonemi e grafemi.

La tradizione ortografica può conservare grafie di uno stato più antico della lingua - come per esempio nel francese soumets, in cui le consonanti finali non sono più pronunciate mentre lo erano in francese antico -, oppure grafie di un’altra lingua con tradizione scrittoria più affermata ed autorevole. In gran parte della sua storia l’ortografia delle lingue romanze occidentali (perché il rumeno è stato scritto fino alla fine del XVIII secolo in cirillico) si è confrontata col latino, avvicinandosi ed allontanandosi a fasi alterne dal suo modello ortografico fino alla definitiva fissazione di ciascuna lingua nazionale in una norma.

Si può osservare ad esempio la diversa grafia utilizzata per ‘oggi’, dal latino HODIE. La lettera H era diventata muta già in epoca romana e non è mai stata pronunciata in alcuna lingua romanza (con l’eccezione forse di alcune parole di origine germanica in francese), per cui la sua conservazione nell’ortografia romanza può essere soltanto dovuta all’influenza del modello latino. Lo spagnolo moderno conosce la forma etimologica hoy < HODIE, mentre i testi antichi preferiscono nei nostri esempi la forma fonologica oy; anche l’asturiano impiega tra l’altro hoy. Lo stesso discorso vale per il portoghese (forma antica oje di contro alla moderna hoje) e per il francese, nei cui esempi antichi alternano grafie etimologiche (hui), ma anche fonologiche (anglonormanno oi), mentre il francese moderno ha adottato stabilmente quella del primo tipo nel composto aujourdhui. Al contrario il catalano e l’italiano moderno hanno adottato forme grafiche non etimologiche, pur avendole conosciute in passato: cat. mod. avui di contro a cat. ant. huy, it. mod. oggi di contro a it. ant. oggi (ess. 26 e 27) o hogi (es. 28).

Analogamente si possono analizzare le realizzazioni grafiche dei continuatori del latino TEMPTATIONE(M), anch’esse oscillanti tra forme più vicine alla pronuncia (p. es. l’anglonormanno tenteisun) e forme più legate alla tradizione grafica latina (it. ant. temptatione).

In generale i testi più antichi sono quelli che presentano un numero minore di latinismi grafici: si veda per esempio il testo italiano del XIII secolo (n. 26), che nota il raddoppiamento fonosintattico, oppure il testo anglonormanno del XII secolo (n. 13), che utilizza la lettera K quasi sconosciuta al latino. Ma in effetti alcuni latinismi grafici si trovano anche a questa altezza cronologica, basti osservare nell’esempio anglonormanno una grafia come la terra (mentre in tutto il dominio francese la -A finale si affievolisce in -E) o in quello italiano la

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congiunzione et. Bisogna infatti considerare che fino alla fine del Medio Evo l’istruzione avveniva per lo più in latino, su testi latini, cosicché le abitudini grafiche latine potevano influenzare, in certa misura anche inconsapevolmente, la pratica scrittoria volgare. Al contrario del tutto consapevoli e in qualche modo “programmatici” sono i latinismi grafici di testi di epoca umanistica e rinascimentale, come quello toscano del XV secolo (n. 28) e quello francese del XV (n. 16): in italiano s’incontra patre, sanctificato, facta, hogi; in francese cieulx,

quicte, debtes, doibvent (con inserimento di una B per altro anetimologica, visto che l’originale occlusiva labiale di DEBENT si è spirantizzata in -v-).

Le stesse dinamiche di adesione (più o meno inconsapevole) o di rifiuto (per affermazione di specificità linguistica) rispetto al modello ortografico costituito dalla tradizione scrittoria più consolidata e normalizzata si ritrovano nel rapporto tra scrittura dialettale e sistema grafico della lingua standard. Inevitabilmente alcune caratteristiche grafematiche delle lingue nazionali penetrano nelle scritture dialettali (per esempio l’uso del digramma <ch> per esprimere l’occlusiva velare nei dialetti italiani), ma sono frequenti anche altre concessioni allo standard. Tra gli esempi italiani si può per lo meno notare la presenza di consonanti geminate in milanese (n. 22) in metten e peccaa, mentre le varietà al Nord della linea Rimini-La Spezia conoscono come è noto solo consonanti scempie; il testo napoletano nota la stessa vocale indistinta finale come E quando corrisponde ad una I italiana, ma altrimenti come O in ossequio alla grafia italiana. Per altri versi però l’alterità linguistica si esprime anche attraverso un’alterità grafica, come - sempre rimanendo sugli stessi esempi - nell’uso della doppia A per notare una vocale lunga in milanese, o in quello della doppia consonante iniziale in napoletano (entrambe le grafie non esistono in italiano). 3.2 FONETICA

Come si è già accennato la fonetica è il campo linguistico in cui soprattutto sono numerose le differenze tra varietà linguistiche. Soprattutto mostrano caratteri molto peculiari le lingue che si sono sviluppate in aree isolate e periferiche, come è evidente osservando gli esempi del rumeno, del retoromanzo e del sardo. Per il resto è facile notare che gli esempi dialettali mostrano caratteri intermedi tra le lingue, delineando un continuum linguistico che si estende su tutto il territorio della Romània. Si possono comunque anche qui indicare alcune isoglosse.

- Caduta delle vocali finali: interessa in massima parte il francese (che conosce

allo stato odierno solo parole ossitone), in secondo luogo occitanico, catalano, retoromanzo e dialetti dell’Italia settentrionale (per le vocali diverse da A), ma non il veneziano. La massima conservazione delle vocali finali si incontra invece nelle varietà italiane e nel sardo.

- Caduta delle vocali postoniche interne, nei continuatori di LIBERA e DEBITA:

interessa lo spagnolo (libra, deudas) e l’asturiano (llibra, deudas), il francese (délivre, dettes), l’occitanico (deliura, deutes)+, mentre il portoghese ant. mantiene divydas e devedores, prob. come cultismo; la sincope della vocale postonica in posizione particolarmente, fra occlusiva e vibrante, interessa un’area più ampia, che comprende oltre che il portoghese (livra, ant. livres),

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anche i dialetti dell’Italia settentrionale (delivra). Le parlate dell’Italia centro-meridionale e il sardo tendono al contrario ad evitare la sincope.

- Le varietà linguistiche italiane (ma non il sardo) e il rumeno si distinguono per

la caduta delle sibilanti finali, cosicché il morfema desinenziale del plurale non è costituito, come nelle altre lingue romanze, da una <-s>.

- Di contro alla tendenza allo scempiamento delle consonanti geminate, piuttosto

generalizzata ancorché a volte mascherata da grafie storiche (come nel francese, che non contempla alcuna consonante intensa), le varietà dialettali dell’Italia centro meridionale tendono invece ad aumentare le doppie, all’interno delle parole o al principio per fonetica sintattica (questi utlimi casi non sempre notati dalla grafia): si vedano per esempio il port. ofensas, sp. metas, cat. ofenses, lombardo tera, rispetto all’italiano dacci, napoletano diebbete, siciliano liberanni.

- fenomeni speciali di singole lingue: - CT - TR in provenzale che passa a ir

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5. L’ Appendix Probi I filologi classici indicano col nome di Appendix Probi (“Appendice a Probo” [o alla lettera: “di Probo”]) un complesso di cinque – o sette, perché sono possibili delle sotto-partizioni – scritti grammaticali latini, conservato da un solo ms. oggi a Napoli (Biblioteca Nazionale, lat. 1, ex Vindobonensis 17) e proveniente dall’abbazia di Bobbio, una fondazione monastica di origine irlandese nella valle del Trebbia, nell’Appennino piacentino (il solo capitolo sulle Differentiae

verborum si legge anche in un ms. del sec. IX, ora a Montpellier, Bib. Fac. Méd. 306). I cinque scritti grammaticali sono disposti a seguito di un trattato assai più ampio, gli Instituta grammaticae, attribuiti al grammatico Valerio Probo, vissuto nel I sec. d.C., e dal quale traggono appunto il nome di Appendix. Gli Instituta sono però da assegnare non a questo conosciuto Valerio Probo ma ad un altro grammatico posteriore, un anonimo ovvero un secondo Probo – talora denominato come Pseudo-Probo o Probo II – sensibilmente più tardo e probabilmente operante nel sec. V: un’ipotesi recente suggerisce di riconoscere nell’estensore del trattato il grammatico Palladio. L’Appendix a sua volta non ha nessuna relazione diretta né con Valerio Probo né con l’autore degli Instituta e anzi la sua origine è stata – e probabilmente sarà ancora – oggetto di discussione. L’unico dato certo è il termine ante quem, stabilito dalla trascrizione. All’inizio del sec. VIII, a Bobbio, delle pergamene contenenti una redazione antica e non più corrente della Bibbia, la Vetus latina pregeronimiana, vergata in scrittura onciale di grande formato, vennero erase e riutilizzate per copiarvi gli Instituta dello Pseudo-Probo, evidentemente in uso nella scuola monastica, con le cinque appendici grammaticali. L’unica mano che copia i trattati grammaticali è tipicamente bobbiese e dell’inizio del sec. VIII, con la caratteristica intrusione nella corsiva precarolina di elementi grafici derivati dalle scritture insulari, importate dai monaci cui si dovette la fondazione dell’abbazia. Il terzo di questi complementi agli Instituta grammaticae è quello che qui interessa e che viene spesso direttamente designato da romanisti e studiosi di latino tardo o volgare come ‘la’ Appendix Probi, indicazione con la quale si conferisce al documento un’autonomia o indipendenza dagli altri trattatelli che è invece ingannevole: se non è detto che l’origine sia la stessa per tutti, essi sono però stati trascritti in un medesimo momento e presentano una loro coerenza. Comunque sia, la sezione dell’Appendix Probi qui esaminata si presenta come un elenco di 227 parole seguite dalla forma erronea (in realtà 226 perché almeno una coppia sembra replicata per svista). La trascrizione presenta diversi errori di copia e questo garantisce che l’elenco non ci è pervenuto in originale e che, di conseguenza, questo deve essere anteriore a tale data. Ma la sua collocazione nello spazio e nel tempo è stata stabilita in maniera assai diversa dagli studiosi che hanno affrontato il problema, variando tra l’Africa, l’Italia - e Roma stessa - e l’area insulare cui Bobbio è fortemente legata in un arco cronologico che va dal secolo III sino al tardo VII secolo, ossia ad un’epoca posteriore alla venuta in Italia dei Longobardi e immediatamente precedente alla trascrizione. Le valutazioni più recente, formulate da P. Flobert sull’Appendix stessa (La date de l’ “Appendix

Probi”, in Filologia e forme letterarie. Studi offerti a Francesco della Corte, IV, Urbino 1987: 299-320) e indirettamente da Schmidt attraverso l’attribuzione dell’Institutio al grammatico Palladio, della fine del V secolo e confermate dall’analisi ora in corso del gruppo di materiali grammaticali, induce a ritenere che l’Appendix Probi sia stata compilata in Italia e quasi certamente a Roma tra la fine

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del sec. V e l’inzio del VI e molto probabilmente da o per africani, anche sulla base di qualche materiale preesistente.

Ecco a titolo d’esempio l’inizio dell’Appendix: l’edizione, in buona parte coincidente con quella di Foerster 1897, si basa su un nuovo esame diretto del manoscritto (Passalacqua e Asperti, Napoli novembre 2003 – giugno 2007: il simbolo � replica uno speciale segno di commento e revisione apposto dal copista accanto a forme che richiedevano un controllo o una riflessione; i corsivi equivalgono ad abbreviazioni sciolte). [f. 50rd] Porphireticum marmur non purpureticum marmur tolonium non toloneum speculum non speclum masculus non masclus 5 uetulus non ueclus uitulus non uiclus uernaculus non uernaclus articulus non articlus baculus non uaclus � 10 angulus non anglus iugulus non iuglus calcostegis non calcosteis septizonium non septidonium2 uacua non uaqua 15 uacui non uaqui 3 cultellum non cuntellum marsias non marsuas � cannelam non canianus hercules non herculens [f. 50re] 20 columna non colomna pecten non pectinis aquaeductus non aquiductus cithara non citera crista non crysta 25 formica non furmica musiuum non museum exequae non execiae Gyrus � non gyrus � Rinunciando a distinzioni più sottili e al momento anche problematiche, si può dire con sicurezza che le forme erronee elencate in questa sezione dell’Appendix probi

sono molto spesso coerenti con fenomeni caratteristici dell’evoluzione dal latino verso le lingue romanze. Si elencano qui i principali e più evidenti:

2 13 su: sespizonium non sespidonium; entrambe le forme sono state corrette con

espunzione delle s e inserzione rispettivamente di t e di ti. 3 15 uaqui con a aperta con lungo tratto conclusivo verso dx; nell’elaborazione

dell’immagine appare una traccia che non è che un affioramento di scrittura.

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1. sincope di vocali postoniche: 3 speculum non speclum 4 masculus non masclus 7 uernaculus non uernaclus 8 articulus non articlus 53 calida non calda 111 oculus non oclus 130 tabula non tabla 201 uiridis non uirdis eventualmente con conseguente modificazione nel gruppo consonantico secondario (v. poi 14.3): 5 uetulus non ueclus 6 uitulus non uiclus Rispetto alla voce 8 («articulus non articlus»), va rilevato che l’it. articolo, sp. artícolo, che conservano la vocale postonica, si palesano come cultismi (e identicamente i vari derivati romanzi di VERNACULUM; cfr. invece qui 7 vernaclus); diversamente il fr. article, che pure è certamente anch’essa forma di tradizione erudita, presenta la sincope in obbedienza all’andamento prosodico complessivo della lingua, che non può ammettere dei proparossitoni. 2. evoluzione delle vocali anteriori anticamente brevi a semiconsonanti quando precedono un’altra vocale; il fenomeno è attestato in particolare per E breve (Ĕ) ed è confermato in alcuni casi dalla correzione di grafie ipercorrette e per i, prodotto di reazione all’evoluzione in atto: 55 uinea non uinia 63 cauea non cauia in un caso con sovrapposizione all’evoluzione della velare /k/ davanti a vocale anteriore: 72 lancea non lancia e all’inverso 61 ostium non osteum 3. evoluzione di Ŭ in /o/, ovvero confusione tra Ŭ e Ō 20 columna non colomna 177 coluber non colober e all’inverso (casi che denotano appunto confusione tra le due articolazioni vocaliche, ossia l’indifferenza nella notazione, ovvero che possono essere ritenuti in alternativa degli ipercorrettismi): 25 formica non furmica

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187 robigo non rubigo 4. perdita di –M finale 143 triclinium non triclinu 219 numquam non numqua 223 pridem non pride 224 olim non oli 226 idem non ide 5. riduzione del nesso -NS- a semplice sibilante 76 ansa non asa 152 [t]ensa non tesa e all’inverso presenza di ipercorrettismi: 19 hercules non herculens 75 formosus non formunsus 123 occasio non occansio 6. assimilazione nel gruppo -ND- 214 grundio non grunnio 7. tendenza all’indebolimento dell’occlusiva bilabiale sonora dichiarato attraverso una serie di grafie ipercorrette, che presentano consonanti rafforzate: 44 brauium non brabium 179 sibilus non sifilus 181 plebs non pleps 8. perdita della U consonantica davanti a vocale posteriore, per assimilazione 29 auus non aus 62 flauus non flaus 174 riuus non rius 9. incertezza tra consonanti semplici e geminate 110 draco non dracco 112 aqua non acqua 124 caligo non calligo 182 garrulus non garulus 199 basilica non bassilica 10. metatesi di declinazione 41 acre non acrum 56 tristis non tristus 138 teter non tetrus

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169 nurus non nura 170 socrus non socra

femminili della 4a declinazione con uscita in –us (identica a quella che diveniva caratteristica del maschile) regolarizzati con uscita in –a e immessi nella 1a declinazione

e, all’inverso 31 sobrius non suber 36 barbarus non barbar 213 adon non adonius 11. tendenza a regolarizzazioni analogiche 21 pecten non pectinis si tratta di un sostantivo della terza declinazione, del gruppo degli imparisillabi, i quali hanno al nominativo una forma più corta e spesso, non in questo caso, con accento ritratto rispetto alle altre; queste forme vengono regolarizzate come parisillabi: pertanto non (marco gli accenti della pronuncia) pècten, pèctinis, pectinem, ma pèctinis, pèctinis, pectinem. In tale maniera la desinenza del nominativo, che finisce con l’essere identica a quella del genitivo, acquisisce anche una –s normalmente assente. 139 aper non aprus maschile della 2a declinazione con uscita ‘irregolare’ in –er (parte di un gruppo minoritario ma relativamente consistente), regolarizzato con uscita in -us 12. livellamento in –is della desinenza della terza declianazione 90 cautes non cautis 91 pleues non pleuis 92 uates non uatis 93 tabes non tauis 108 sedes non sedis caso simile al precedente, ma con livellamento operato entro sostantivi parisillabi della terza declinazione 13. estensione nell’uso di suffissi 194 mergus non mergulus e all’inverso 32 figulus non figel 33 masculus non mascel

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14. presento infine alcune forme nelle quali rileviamo la compresenza di più fenomeni In questi casi, i vari fenomeni vanno, per chiarezza, individuati separatamente, osservando però le interrelazioni reciproche. Ad esempio: 14.1 54 frigida non fricda sincope della vocale postonica e uso del segno c per evidenziare forse un incipiente raddoppiamento della consonante, paraltro rappresentato anche graficamente in 140 amycdala non amiddola Quest’ultimo esito corrisponde nella sostanza a quello poi italiano, mentre il mantenimento in <fricda>del gruppo grafico <cd>, che potrebbe mantenere ancora almeno in parte il valore di velare + dentale lascia aperte le evoluzioni nelle lingue romanze occidentali, che presentano lo sviluppo di un elemento palatale. 14.2 167 capitulum non capiclum sincope della vocale postonica e uso del segno c per un nesso di nuova formazione, poi rivelatosi per lo più instabile; capitulum è già in origine una forma derivata, in quanto diminutivo costruito su caput con l’aggiunta del suffisso diminutivo –ICULUM, di larghissimo uso. Fenomeni simili, avvengono nelle forme seguenti, che attestano l’impiego sempre della medesima costruzione suffissale suffisso, con la duplice funzione di elemento di espansione del corpo fonico e di elemento morfologicamente regolarizzante quanto al genere: 14.3 83 auris non oricla 171 neptis non nepticla 172 anus non anucla dove si presenta sempre la sincope già avvenuta della vocale postonica del suffisso proparossitono originario. Il risultato è rappresentato dal nesso secondario <cl> (si ricorda che viene definito ‘secondario’ un prodotto dell’evoluzione, ‘primario’ invece un dato già costitutivo del latino); in questo caso, a differenza del nesso primario /kl/ = <CL>, destinato ad evolversi nella maggioranza delle varietà romanze, ma stabile in area gallo-romanza, il nesso secondario /k’l/, prodotto da una sincope, è instabile ovunque.

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L’esistenza di varianti alternative nel lessico può essere simboleggiata da: 165 hirundo non harundo a fronte di esiti romanzi come it. rondine (< HIRUNDINEM) e, per es., a.prov. arondeta (che presenta un suffisso diminutivo, non diversamente dal fr. hirondelle). Ciò vale anche per i casi elencati sub 1, del tipo VETULUS.