dispense meccanica delle strutture
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Dispense del corso Meccanica delle Strutture della prof.ssa Forte, ingegneria dell'Energia PisaTRANSCRIPT
CAP.1 Concetti fondamentali e principi della meccanica Grandezze fondamentali Le grandezze fondamentali della meccanica sono spazio, tempo, massa e forza. Non possono essere completamente definite, ma accettate sulla base dell’intuito e dell’esperienza. concetto di spazio necessario per definire la posizione di un generico punto P in un sistema di
riferimento attraverso le sue coordinate (lunghezze in 3 direzioni). L’unità di misura è il m. Nella meccanica spesso si usa il mm.
concetto di tempo necessario per definire una sequenza di eventi. L’unità di misura è il sec. concetto di massa caratteristica dei corpi che misura la resistenza da questi offerta a variare il proprio
moto. L’unità di misura è il kg. concetto di forza azione di un corpo su un altro per contatto diretto o a distanza. Le prime tre grandezze sono primitive e tra loro indipendenti mentre la forza può essere definita a partire da esse. La forza x� definizione dinamica: agente fisico capace di alterare lo stato di quiete o di moto di un corpo (es. forza
peso). x� definizione statica: agente fisico capace di produrre una deformazione. Su tale definizione si basano i
dinamometri meccanici a molla, piezoelettrici, estensimetrici (celle di “carico”). Il dinamometro ideale è costituito da una molla senza massa, con dimensioni trascurabili e con allungamento proporzionale alla forza applicata.
Una forza è caratterizzata da un modulo, da una direzione e da un punto di applicazione. Può essere quindi rappresentata matematicamente da un vettore applicato.
L’unità di misura della forza nel sistema S.I. è il Newton. Il Newton è una grandezza derivata esprimibile come la forza necessaria ad imprimere ad una massa unitaria l’accelerazione di 1 m/s2. Nel presente corso verranno trattati principalmente corpi che sono immobili sotto le azioni delle varie forze applicate. In questo ambito la definizione statica di forza è più utile e significativa. I tre principi fondamentali della meccanica newtoniana Il più semplice corpo che può essere concepito è costituito da un punto geometrico dotato di massa (punto materiale). Analizzando il suo comportamento si può evidenziare che: 1) un punto materiale permane nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme se non agisce su di esso
una qualche causa esterna. 2) se la forza non è nulla, il punto materiale subirà un’accelerazione proporzionale alla forza stessa e
inversamente proporzionale alla massa oo
amF 3) principio di azione e reazione: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, cioè se il
corpo A esercita una forza F&
su B allora il corpo B esercita una forza – F&
su A e F&
AB e F&
BA giacciono sulla stessa retta. Esse sono dunque sempre presenti contemporaneamente ma agiscono su corpi diversi e quindi hanno effetti diversi. Si applica sia a forze agenti per contatto che a forze agenti a distanza. Come esempio si consideri il caso dell’attrazione gravitazionale:
1
TCCCT FgmF �� �
&&&
TCF �
&
CTF �
&
terra
corpo
0# � gmm
mF
T
C
T
TC
L’accelerazione prodotta sul corpo è molto maggiore dell’accelerazione della terra (trascurabile). Se il corpo in questione è però la luna, i suoi effetti diventano evidenti (maree). Nel caso di forze di contatto si consideri il seguente esempio:
Tavolo T
Scatola S
forze agenti sullascatola
gmP &&
STF �
&=Forza esercitata da T su S
L’evidenza sperimentale suggerisce, essendo la scatola in equilibrio, il seguente bilancio di forze:
&&(1° principio) 0 � �STFP (1) Per il 3° principio l’azione del tavolo sulla scatola e l’azione della scatola sul tavolo soddisfano alla:
&&0 � �� STTS FF (2)
TSF �
&=Forza esercitata da S su T
Si noti la differenza tra le equazioni (1) e (2); la (2) è sempre valida, mentre la (1) non vale più se il tavolo cede, cioè se la scatola accelera, in quanto bisogna tenere conto, nell’equilibrio, della forza d’inerzia. Si pensi alla misura del peso con una comune bilancia: la lettura si effettua quando lo strumento si è assestato (immobile). I problemi di statica vengono risolti mediante l’applicazione delle equazioni di equilibrio statico e l’utilizzo del 3° principio. Competenze matematiche necessarie Per poter affrontare i problemi di statica e di resistenza dei materiali lo studente dovrà conoscere le basi dell’algebra, della geometria, della trigonometria e del calcolo differenziale e integrale. Dovrà cioè essere in grado di effettuare semplici calcoli algebrici, applicare la legge dei seni e dei coseni, conoscere le tecniche per la discussione e risoluzione dei sistemi di equazioni lineari, calcolare derivate e integrali di funzioni semplici e elementari sviluppi in serie di Taylor.
2
Regole per calcoli numerici a) unità di misura: bisogna esprimere ogni termine nelle equazioni in unità di misura omogenee
(disattenzione a questo riguardo può comportare errori nei risultati di diversi ordini di grandezza) b) approssimazione: quando si effettuano calcoli necessariamente si usano numeri approssimati, quindi il
risultato non può essere espresso con un numero maggiore di cifre significative o di decimali superiore a quello dei dati di partenza; la maggior parte dei problemi pratici tollera un errore relativo del percento.
3
Richiami di algebra vettoriale La forza è una grandezza vettoriale caratterizzata da intensità, direzione, verso e punto di applicazione e viene indicata con la seguente notazione:
F&
Graficamente la forza si disegna come un segmento orientato, cioè una freccia avente lunghezza, rappresentata con una scala prefissata, proporzionale all’intensità , applicato ad un determinato punto. Utilità del formalismo algebrico dei vettori La rappresentazione cartesiana è comoda per operare con le grandezze fisiche caratterizzate da intensità, direzione e verso come ad esempio spostamento, velocità, accelerazione, forza, ecc. Nel presente corso il sistema di riferimento è sempre assunto come una terna cartesiana in cui:
1) gli assi sono ortogonali 2) le unità di misura sono uguali 3) gli orientamenti sono fissati mediante la regola della mano destra (pollice=asse X, indice=asse
Y, medio=asse Z)
Z (X3)
Y (X2)
X (X1)
Il verso di rotazione positivo è assunto antiorario. Un vettore si esprime allora con una sequenza ordinata delle sue componenti. Nel piano si avrà una coppia ordinata di componenti � �yx uuu
& e nello spazio una terna ordinata � �zyx uuu u& . Nella notazione i pedici possono essere x,y,z oppure 1,2,3. Il modulo di un vettore si calcola nel seguente modo:
222zyx uuuu ��
&
La direzione e verso di un vettore è espressa dal corrispondente vettore unitario, o versore, definito mediante un procedimento di normalizzazione,
¸¸¹
·¨¨©
§
uu
uu
uu
uuu zyx
&&&&
&ˆ
Quindi uuu ˆ&&
Le componenti di un versore sono per definizione i coseni direttori, cioè i coseni degli angoli che il versore forma con gli assi cartesiani.
E�D�
v2 vNel piano ad esempio, un generico versore ha per componenti:
EE
DD
coscosˆ
coscosˆ
2
1
vv
vv
v1
4
I versori degli assi cartesiani sono vettori di modulo unitario diretti come gli assi stessi. Nel caso spaziale essi sono espressi come:
¸¸¸
¹
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§
001
i ¸¸¸
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§
010
j¸¸¸
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·
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©
§
100
k
Il vettore generico può quindi essere espresso come somma vettoriale delle sue componenti kujuiuu zyxˆˆˆ ��
& Operazioni sui vettori 1) Somma. E’ differente rispetto alla somma degli scalari: infatti la regola del parallelogramma afferma che
graficamente la somma di due vettori è pari alla diagonale del parallelogramma con lati ottenuti con i vettori addendi. Nel caso di più vettori la risultante si ottiene con la poligonale, cioè una linea spezzata formata dai vettori disposti in sequenza.
u&
v& s&
u&
s&
v&
-a- -b-
Il vettore risultante può essere determinato, in modulo e direzione, mediante calcoli trigonometrici (applicazione del teorema di Carnot e dei seni). In componenti cartesiane la somma di due vettori si esprime semplicemente come:
¸¹
ᬩ
§��
¸¹
ᬩ
§
yy
xx
y
x
vuvu
ss
La somma vettoriale è commutativa e quindi è indifferente l’ordine con cui vengono sommati due o più vettori. 2) Differenza. Si riconduce al caso di somma con vettore opposto. Il vettore opposto di u è –u:
� �uvuvd &&&&&�� �
u&
v& uv &&�
u&�
v&uv &&
�uv &&
�
-b--a- Espressa in componenti risulta:
¸¹
ᬩ
§��
¸¹
ᬩ
§
yy
xx
y
x
uvuv
dd
5
3) Prodotto di uno scalare per un vettore. Il prodotto di un vettore u& per uno scalare a dà come risultato un vettore avente la stessa direzione di u& , modulo pari al prodotto del modulo di u& per a e verso concorde o discorde se a è positivo o negativo.
u&
ua&
¸¹
ᬩ
§ �
y
x
auau
ua &
4) Prodotto scalare tra due vettori. Si definisce prodotto scalare di due vettori uno scalare dato dal prodotto dei moduli dei due vettori per il coseno dell’angolo formato dai vettori stessi. Si può interpretare come il prodotto del modulo del primo vettore per la proiezione del secondo sul primo. Esso è positivo, nullo o negativo se l’angolo formato dai due vettori è rispettivamente acuto, retto o ottuso.
Dcosvuvu &&&& �
�u&u&
v&
Dcosv&D
� �¸¸¸
¹
·
¨¨¨
©
§
z
y
x
zyxzz
vvv
uuuv ,,�� yyxx uvuvuv&
Supponiamo di prendere un sistema cartesiano in modo che il piano XY sia quello su cui giacciono i due vettori e che l’asse X sia orientato come u& , è facile verificare che il prodotto scalare risulta xxvuvu �
&& Il prodotto scalare è commutativo e distributivo:
uvvu &&&&� � � � wuvuwvu &&&&&&&
��� ��
5) Prodotto vettoriale. Si definisce prodotto vettoriale w& di due vettori u& e v& , il vettore che ha come modulo il prodotto dei moduli per il seno dell’angolo compreso, come direzione quella normale al piano individuato dai due vettori e verso dato dalla regola della mano destra.
u&w&
v&
D�
vuw & &&
�
Dsinvuw &&&
Il vettore w& può essere ottenuto formalmente mediante il calcolo del seguente determinante:
6
� � � � � �yxyxxzxzzyzy
zyx
zyx uvvukuvvujuvvuivvvuuukji
����� ˆˆˆˆˆˆ
Supponiamo di prendere un sistema cartesiano in modo che il piano XY sia quello su cui giacciono i due vettori e che l’asse X sia orientato come u& , è facile verificare che
ksinvukvuvv
ukji
y
yx
&&&&&&D
000
ˆˆˆ
Il prodotto vettoriale è anticommutativo ed nul o nel caso di vettori paralleli. &è luvvu &&&
�� � &&&E’ distributivo � � wuvuwvu &&&&
��� �� Forze come vettori Consideriamo un corpo su cui agisce un insieme o sistema di forze. Si definisce risultante la somma vettoriale o poligonale delle forze: nFFFFR
&&&&&���� ...321
&
X
2F1F
3F&
&
nF&
P3 Pn
P2 P1
P
Q O
Z
Y
R&
1F&
2F& 3F
&4F&
nF&
Sia OP il vettore posizione del punto P, ad esempio il punto di applicazione della forza generica.
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§
o
p
p
p
zyx
OP ¸¸¸
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§
o
q
q
q
zyx
OQ¸¸¸
¹
·
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§
���
� ooo
qp
qp
qp
zzyyxx
OQOPQP
Consideriamo un punto Q qualunque dello spazio. Si definisce momento di una generica forza iF
& applicata nel punto Pi rispetto al polo
Q, o meglio rispetto all’asse per Q perpendicolare al piano contenente Q e la forza, il vettore
P
Q
braccio della forza = DsinQP
D�
F&
Asse del momento
iiiQ FQPM&&
� o
7
Il momento misura la tendenza della forza a far ruotare il corpo a cui è applicata intorno ad un punto o ad un asse, con
braccioFsinQPFM � o &&
D
Il braccio è la distanza tra la retta d’azione della forza e l’asse. Il verso del momento è dato dal pollice della mano destra quando le dita sono piegate nella direzione della rotazione prodotta dalla forza. Nel sistema S.I. [M] = [N] [m] o sottomultiplo [M] = [N] [mm]. L’unità Nm rappresenta il momento prodotto da una forza di 1 N con un braccio di 1 m.
&In generale iM dipende dalla scelta del polo, infatti rispetto ad un altro polo S è:
iiiS FSPM&&
� o
ooo
� ii QPSQSP
¸¹·
¨©§ �
oo
iSi QPSQM&
,
ii FQPFSQ
X
Pi
S
Q
O
Z Ma vale anche
� iF&
i &&
��� oo
QiSi SQMM
Y
iF&
�� o
,, &&
Si nota che il vettore momento è invariato se SQ è parallelo a iF
& perché il secondo termine è pari a zero.
Quindi il momento di una forza è lo stesso per tutti i punti di una retta parallela al vettore stesso. Lo spostamento quindi di una forza lungo la sua retta d’azione non modifica il suo momento rispetto a qualunque polo. Il principio di trasmissibilità afferma che forze equivalenti hanno stesso modulo, direzione, verso e retta d’azione anche su punti di applicazione diversi.
iF&
'iF&
"iF&
braccio
S S
Q
Dicesi momento risultante rispetto al polo Q la somma vettoriale dei momenti rispetto al medesimo polo,
¦
n
iQiQ MM
1,
&&
Teorema di Varignon Il momento di una forza rispetto ad un punto è uguale alla somma dei momenti delle componenti della forza rispetto allo stesso punto. La dimostrazione deriva dalla proprietà distributiva del prodotto vettoriale. Infatti data una forza applicata al punto P di componenti:
&&&21 FFF �
si ha che &
212121 )( QQQ MMFQPFQPFFQPFQPM&&&&&&&
� ��� �� � Questo concetto ha importanti applicazioni perché è spesso più semplice determinare i momenti delle componenti di una forza piuttosto che il momento della forza stessa. Nel caso piano, cioè sia QP che F
& appartengano al piano
8
ksinFQPFQPM Qˆ� �
oD
&&&
Fx
F&
F&
D�
Q P
Fy
'y 'x
Q P � �kyFxF
FFyx
kji
xy
yx
ˆ
00
ˆˆˆ
'�' ''
Lavoro di una forza Se il punto P su cui agisce una forza costante F
& subisce uno spostamento s& , si dice che F
& compie un
lavoro definito da: sFL &&� (grandezza scalare).
F&
s&P
Nel caso di forza variabile, si divide s& in sottointervalli in modo che su ognuno la F
& possa ritenersi
costante. Si ha in questo caso:
¦
'�#n
iii sFL
1
&&
Al limite la relazione esatta risulta:
³ � s
sdFL &&
A seconda che la forza formi con lo spostamento un angolo acuto, retto, ottuso il lavoro sarà rispettivamente positivo, nullo o negativo. Nel sistema S.I. si ha che [L] = [N] [m] = [J].
9
Es.1 Siano dati 2 versori e applicati all’origine degli assi: a è la trisettrice del primo ottante, b giace sul primo quadrante del piano XY e forma un angolo di 30° con l’asse X.
a b ˆ ˆ
Determinare: 1) le componenti cartesiane dei due versori; 2) la somma vettoriale dei due versori; 3) il loro prodotto scalare, il loro prodotto vettoriale e il modulo di quest’ultimo; 4) l’angolo formato dai due versori; 5) i due versori ad essi perpendicolari. 1) Si considera dapprima un vettore ausiliario diretto come (equidistante dai tre assi) a
a
O
b
Y
Z
&a1
1
1
1
)
+***,
.---
Se ne calcola il modulo:
&a12 2 21 1 1 � � 3
Si determina allora il versore corrispondente: X
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§#
¸¸¸
¹
·
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©
§
577.0577.0577.0
111
31ˆ
1
1
aa
a &
&
il cui modulo è appunto 1ˆ a . Per quanto riguarda il secondo versore, il problema è più semplice perché, noto l’angolo che forma con gli assi, si possono calcolare subito i coseni direttori.
� �� �
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§#
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¹
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000.0500.0866.0
030sen30cos
b
2) La somma dei due vettori, data dalla somma delle componenti, risulta:
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§#�
577.0077.1443.1
ˆˆ ba
3) Il prodotto scalare risulta: 789.0ˆˆ �� � zzyyxx babababa
Il prodotto vettoriale
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§
�
� �
211.0500.0289.0
000.0500.0866.0577.0577.0577.0
ˆˆˆˆˆ
kjiba
Il suo modulo 615.0ˆˆ � ba
4) Dalla definizione di prodotto vettoriale si può ricavare l’angolo D�formato dai due versori,
10
q �
38ˆˆ
ˆˆarcsen
ba
baD
Tale angolo può essere anche ricavato dalla definizione di prodotto scalare
q �
38ˆˆ
ˆˆcosarc
babaD
5) Dalla definizione di prodotto vettoriale, il cui risultato è un vettore perpendicolare ai due vettori di partenza, si ottiene il versore
¸¸¸
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·
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§
�
�
�
�
343.0813.0470.0
ˆˆ
ˆˆˆbabac
L’altro versore perpendicolare ai due versori è naturalmente c� , che ha verso opposto.
Es.2 In un sistema di riferimento cartesiano piano, sono date due forze 1F
& e 2F
& agenti rispettivamente nei punti
P e Q di coordinate (5 m, 2 m) e (6 m, 1 m). Le forze hanno rispettivamente intensità di 300 N e 400 N e formano con l’asse X angoli di 120° e 45°. Valutare:
&1) la risultante R delle forze ed il suo modulo;
& &2) i momenti M1 e 2M delle forze rispetto all’origine e il momento risultante M
&;
3) il momento risultante rispetto al polo O’ di coordinate (-1,1); 4) la posizione S in cui dovrebbe essere applicata una forza pari a R
& perché il prodotto vettoriale ROS
&u
sia uguale a M&
.
Y
120°
O
O’ Q
45° P
2F&1F
&
X
1) Noti gli angoli che le rette d’azione delle forze formano con gli assi, si possono calcolare i coseni direttori e quindi, noti i moduli, le componenti delle forze (in N)
&F1 300
120
120
0
150 0
259.8
0 0
q
q
)
+***
,
.---
�)
+***
,
.---
cos
sen
.
.
E JE J
) , ) ,E J&F1 400
45
45
0
282.8
282.8
0 0
q
q
+*** .
---
+*** .
---
cos
sen
.
E J
e quindi la loro risultante e il corrispondente modulo:
11
¸¸¸
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§ �
0.06.5428.132
21 FFR&&&
&6.558 R
2) I momenti delle due forze rispetto all’origine (in Nm), e il corrispondente momento risultante, risultano:
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¹
·
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§
�
� �
311
106.100
0.08.2590.150025
ˆˆˆ kjiFOPM O
&&
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¹
·
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§
� �
322
104.100
0.08.2828.282016
ˆˆˆ kjiFOQM O
&&
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§
� �
321
100.300
OOO MMM&&&
3) Il momento risultante rispetto al nuovo polo O’ è
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§
� ��
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§
� ��
����
33
21'
107.300
0.06.5428.132011
ˆˆˆ
100.300
'
''
kjiROOM
FOOFOOMM
O
OO
&&
&&&&
4) Imponendo l’uguaglianza al momento risultante rispetto ad O del prodotto vettoriale indicato, si ha:
OMROS&&
�
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·
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©
§
zyx
SS
MRRyx
kji00
0.00
ˆˆˆ
da cui si ricavano le coordinate incognite del punto S x R y R MS y S x z�
9.271.4 � xy Si ottiene l’equazione della retta di azione della risultante che ha rispetto al polo prescelto momento pari al momento risultante. Tale retta è il cosiddetto asse centrale dei vettori. Es.3 Due rimorchiatori A e B tirano una nave con delle funi che formano ognuna un angolo di 20° rispetto all’asse della nave stessa.
Y
AF&
BF&
s&
R&
E�20° 20°
O
1) Sapendo che la forza esercitata da A è 1.5 volte maggiore di quella di B, valutare la direzione in cui viene spinta la nave.
2) Se la nave subisce uno spostamento di 2 m verso sinistra e 10 m in avanti, quale lavoro compiono le due navi?
3) In quale direzione dovrebbe spingere B se si vuole che la risultante abbia la direzione dell’asse della nave? X
12
1) Considerando i moduli delle due forze, di cui si conosce il rapporto, come funzioni dell’incognita F &&
FA 15. F FFA 0.1
si possono scrivere i due vettori &F FA
q
q
)+*
,.-15
110
110.
cos
sen
E JE J F F
&B
q
q
)+*
,.-10
70
70.
cos
sen
E JE J
e quindi la risultante & & &R F F FA B �
�)+*
,.-
0171
2.349
.
il cui modulo è &R F 2.355
A questo punto è semplice determinare la dire n della risultante, individuata dall’angolo zio e
E )+**,.--
�)+*
,.- qarccos arccos
.R
Rx&
0171
2.35594
2) Dato lo spostamento &s
�)+*
,.-
2.0
10 0.
Il lavoro delle forze è subito calcolato: L F s FA A �
& & 151. & &L F s FB B � 8 7.
& &L L L R stot FA B � � 238. 3) Data invece la direzione della risultante come
E )+**,.-- qarccos
R
Rx& 90
ed esprimendo la componente come somma delle componenti delle due forze, si ha xRR F Fx B q �15 110 0. cos cos E J F KD
e quindi l’angolo che la forza BF&
forma con l’asse X risulta D B � q arccos . cos15 110 59qE JF K
Es.4 Due mezzi di soccorso C e D stanno effettuando la rimozione di una macchina B caduta in una scarpata. Nella figura sono rappresentate le posizioni dei due mezzi.
D
O A{
2 m
4 m 3 m B
Y
X
Z1) Nell’ipotesi che le forze esercitate dagli argani di sollevamento siano le stesse (6000 N), valutare la risultante applicata alla vettura B, l’angolo che questa forma con la verticale e il momento risultante rispetto al punto A.
C
2) Se all’inizio del sollevamento la macchina subisce uno spostamento di 5 cm sul piano orizzontale, perpendicolarmente al ciglio della scarpata CD, quale lavoro compiono le due forze?
3 m
3) Volendo che la risultante giaccia su un piano perpendicolare al ciglio, quale dovrebbe essere la forza esercitata da ciascuno dei due mezzi?
1) Si determinano innanzi tutto i vettori posizione, in m, per arrivare a definire le direzioni delle forze applicate, che sono dirette come BC e BD .
13
¸¸¸
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§
000
OA ¸¸¸
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§
300
OC ¸¸¸
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§
043
OB ¸¸¸
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§
360
OD
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�� 343
OCOBBC ¸¸¸
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§� ��
323
ODOBBD
Si calcolano i versori corrispondenti:
¸¸¸
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§��
514.0686.0514.0
ˆBC
BCc ¸¸¸
¹
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§�
640.0426.0640.0
ˆBD
BDd
Noto quindi il modulo delle forze, N, e le direzioni, definite dai versori, si può calcolare la risultante, in N,
6000 F
¸¸¸
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§
�����
¸¸¸
¹
·
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§��
� 3
3
3
10924.610560.110924.6
154.1260.0154.1
6000ˆˆ rFdFcFR &&
L’angolo che questa forma con la verticale è ricavabile dal coseno direttore corrispondente, cioè dalla componente verticale del versore r ,
q ¸¸¹
·¨¨©
§ 46arccos
rrz&D
Il momento risultante rispetto ad O è, in Nm,
¸¸¸
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·
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§
����
� 4
4
4
1030.21008.2
1077.2ROBM O
&*
2) Dato lo spostamento, in m,
&s
�)
+***
,
.---
0 05
0
0
.
il lavoro complessivo delle due forze è L R s R sto Jt x x � �
& & 346 2. 3) Se si vuole che la risultante giaccia su un piano parallelo a XZ, la sua componente deve essere nulla, quindi
yR
R F c F dy C y D y � 0 e
F
F
c
dD
C
y
y � 161.
14
CAP.2 Statica del punto materiale Si definisce punto materiale un corpo per il quale le dimensioni possono ritenersi trascurabili rispetto alle altre dimensioni del problema in esame e tutte le forze agenti possono assumersi aventi lo stesso punto di applicazione. E’ un concetto fisico astratto perché si associa ad un punto (privo di estensione) una massa finita che invece presuppone un corpo esteso. E’ importante soffermarsi sul fatto che le dimensioni assolute non sono importanti per cui uno stesso oggetto può essere considerato un punto materiale in certi contesti e un sistema più complesso in altri. Ad esempio la Terra può essere considerata sia come un punto nella sua orbita attorno al sole che come sistema di punti se considerata nella sua rotazione o se ci si riferisce a fenomeni geologici. Vediamo quali effetti producono più forze agenti su un punto materiale. Un esempio di come si potrebbe realizzare un’esperienza di questo tipo è rappresentato schematicamente in figura, con un corpo (puntiforme) collegato a vari cavi sostenuti da carrucole e mantenuti in trazione con dei pesi. Il cavo funge da elemento che permette la trasmissione della forza di trazione mantenendola inalterata mentre la puleggia ideale (senza attrito) è un elemento che consente di modificare esclusivamente la direzione del cavo e quindi del carico. Variando pesi e posizioni delle carrucole è possibile riprodurre l’effetto di svariati sistemi di forze sul corpo.
peso
puleggia
cavo
corpo
L’evidenza sperimentale suggerisce che se un sistema di forze ha 0 R
& il corpo si comporta come se su di
esso non agisse alcuna forza, cioè è in equilibrio. Si noti che è implicitamente anche 0 M&
per qualunque polo si scelga, essendo tutte le forze applicate allo stesso punto materiale. Il calcolo dei momenti è pertanto irrilevante nella valutazione dell’equilibrio dei punti materiali. Es.1 Un corpo avente massa di 0.5 kg è sostenuto tramite un sistema di due funi (rappresentato nello schema a fianco), collegate ad un anello, a cui è applicata una forza orizzontale di 150N. Le distanze riportate sono espresse in m.
X
0.5 kg
F3
Q
150 N
Y
O
A
51)Valutare la trazione delle funi. 2) Cosa si potrebbe dire se la massa da sostenere fosse di 30 kg?
3 B In questo caso è assegnata la configurazione, e bisogna determinare la forza per mantenere l’equilibrio. Partendo dal presupposto che l’anello sia un punto materiale, si ragiona così: 1) Si isola una parte significativa di struttura (nell’esempio l’anello, punto di applicazione del carico esterno) 2) Si definisce un sistema di riferimento
15
3) Si scompongono le forze (determinazione delle componenti) &
4) Il corpo è in equilibrio o 0 R 5) Si risolvono le equazioni di equilibrio Si considera l’equilibrio dell’anello sotto l’azione della forza orizzontale, del peso e delle reazioni incognite delle funi
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ᬩ
§�
� �8.95.0
0.150ˆˆ qQfF
Si individuano i versori delle forze di trazione delle funi
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§
857.0514.0ˆ
OAyOAx
fA
A
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§
707.0707.0
ˆ
OByOBx
qB
B
Si riscrive l’equazione di equilibrio in termini di componenti delle forze
¯®
��� ��
9.4707.085700.150707.0514.0
QFQF
Si risolve il sistema: F 1130. Q 130 0.
Cambiando il valore del carico esterno verticale, si ottiene
¸¹
ᬩ
§�
� �8.930
0.150ˆˆ qQfF
Ripetendo il calcolo si ottiene F 324 1. Q �23 4.
Si nota che il valore di Q ottenuto è inaccettabile perché negativo e la fune non può esercitare una forza di compressione. Quindi nelle condizioni indicate la struttura di sostegno non è in grado di mantenere l’equilibrio. Es.2 Con lo schema di carrucole riportato in figura si vuole sorreggere un corpo avente massa di 10 kg tramite un contrappeso avente massa di 25 kg. Data la posizione relativa di A e C (noti h e L), determinare la posizione della puleggia all’equilibrio (D e E, x e y) e la reazione del supporto sulla puleggia fissa. In questo caso sono assegnate le forze e bisogna determinare la configurazione di equilibrio. Partendo dal presupposto che si tratta di un punto materiale, si ragiona come sopra.
E�D�
B
A
10 kg
y
h
L-xx C
25 kg
Si considera l’equilibrio della puleggia mobile, isolandola dal resto, e si esaminano le forze che agiscono su di essa: la forza peso e la trazione nei due rami di fune. Scelto un sistema di riferimento comodo, si scrivono le equazioni di equilibrio alla traslazione:
16
TcosD� TcosE�
TsenD� TsenE�
T T
10g
Y
O
¯®
�� ��
010coscos0
gTTTsinTsin
EDED
da cui si ricava:
¯®
gT 10cos2 DED
X
gg
5010cos D D=E=78.5°
Quindi
¯®
� �
DD
tan)(tan
yhxLyx
da cui
°¯
°®
�
�
DD
D
tan2tan
2tan
hLy
hLx
Si considera ora l’equilibrio della puleggia fissa, isolandola dal resto e si esaminano le forze che agiscono su di essa: la trazione nei due rami di fune e la reazione del supporto (Rx, Ry). Scelto un sistema di riferimento comodo, si scrivono le equazioni di equilibrio alla traslazione:
Ry�
TcosE� Rx�
TsenE�
T
T=25g
Y
O
¯®
�
NTTRNTsinR
y
x
294cos240
DD
X
Es.3 Si vuole sospendere al soffitto un lampadario utilizzando tre ganci esistenti disposti su una circonferenza di diametro 0.4 m con l’angolazione indicata. Le funi di sospensione sono lunghe 90 cm. Dopo aver determinato la posizione dell’attacco del lampadario, valutare la tensione nelle tre funi sapendo che la massa del lampadario è di 8 kg. Si tratta di un problema di statica nello spazio per il quale è utile l’algebra vettoriale. Il procedimento è analogo a quello dei problemi precedenti, salvo alcuni accorgimenti. 1) Si calcolano i coseni direttori delle direzioni dei fili secondo un sistema di riferimento comodo; 2) si scompongono le forze di tensione e si risolve il sistema di equazioni di equilibrio avendo come
incognite i moduli delle tensioni T1, T2 e T3. Facendo riferimento alla figura riportata, per il calcolo dei coseni direttori, si determinano innanzi tutto le lunghezze dei cavi con il teorema di Pitagora.
h l r � 2 2 87.75cm I coseni direttori risultano quindi:
17
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·
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©
§
¸¸¸
¹
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§
975.0222.00
//0
1
lhlrt
h
8g
Y
Z
T3 T2
T1
80°
135°
3
2
1
X
Y
¸¸¸
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§�
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975.0039.0219.0
//)80cos(/)80sen(
2
lhlrlr
t
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§�
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975.0157.0
157.0
//)135cos(/)135sen(
3
lhlrlr
t
L’equazione di equilibrio del lampadario in forma vettoriale è:
ktTtTtT ˆ8.98ˆˆˆ 332211 � ��
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§
�
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§
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§�
�
8.9800
975.0975.0975.0157.0039.0222.0
157.0219.00
3
2
1
TTT
Risolvendo il sistema, si ottiene il vettore delle incognite T1, T2 e T3
¸¸¸
¹
·
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©
§
0.351.254.20
T
Es.4 Il sistema di carrucole mostrato in figura serve a sostenere un oggetto di massa pari a 100 kg. Se si vuole che l’inclinazione dei cavi a sinistra rispetto alla verticale sia di 25°, valutare l’angolo D e l’intensità della forza che deve essere esercitata sul ramo di destra.
Si tratta di un problema misto. Per l’assenza d’attrito nelle carrucole T1=T2=T3=T
25° D�
100g
T2 T1
T3
Per l’equilibrio alla traslazione della carrucola mobile:
¯®
�q� ��q
0sen)25sen(20100cos)25cos(2
DD
TTgTT
)25sen(2sen q D Quindi
q 58D NT 418
Da notare che si ha:
WWT21
coscos2#
�
DE
Come si potrebbe ridurre tale tensione? Aumentando gli avvolgimenti e riducendo D.
18
Statica del corpo rigido Il modello di punto materiale si dimostra talvolta inadeguato a descrivere il comportamento dei corpi ed è necessario introdurre modelli più complessi, come ad esempio il modello di corpo rigido (particolare insieme di punti materiali). Nell’analisi statica dei sistemi di punti materiali si è soliti distinguere le forze in interne ed esterne. Le prime che tengono in conto dell’azione di punti su altri punti del sistema non esistono nel caso di punto materiale; nell’ambito del corpo rigido esse tengono uniti i punti materiali che compongono il corpo. Le seconde sono la causa del comportamento esterno del corpo e sono esercitate dal contatto di altri corpi o da azioni a distanza (forze gravitazionali o elettromagnetiche). Differenza degli effetti statici tra forze interne ed esterne Si consideri un semplice sistema di due punti materiali: per il principio di azione-reazione BAAB FF
&&�
A BAF
&ABF&
B Tale sistema di forze ha risultante nulla e poiché le forze agiscono sulla medesima retta d’azione è anche nullo il momento risultante per qualunque polo Q. Le forze interne non alterano le caratteristiche statiche globali ( R
&e M
&) delle forze agenti su un sistema di punti materiali, ma questo non vuol dire che non
compiano lavoro. Si consideri l’esempio di due punti materiali collegati da una molla (sistema non rigido). In questo caso, deformandosi la molla, la distanza relativa dei due punti può variare e quindi le forze interne possono compiere lavoro. In un sistema rigido, per definizione, le mutue distanze tra coppie di punti sono costanti. Anche questo è un modello della realtà; in effetti non esistono corpi rigidi ma soltanto corpi per cui le variazioni di forma e deformazioni dovute dall’applicazione delle forze possono essere trascurate. Un sistema di punti con il vincolo di rigidezza è detto corpo rigido. Nell’ambito dei corpi rigidi le forze interne non compiono lavoro (spostamenti nulli). Equilibrio del corpo rigido L’evidenza sperimentale con i corpi rigidi dimostra che per avere equilibrio devono essere soddisfatte le seguenti equazioni cardinali (condizione necessaria e sufficiente per l’equilibrio):
& &0 R 0 QM
cioè che sia nulla la risultante ed il momento risultante delle forze. Si potrebbe obiettare che il momento risultante è una grandezza che dipende dal polo la cui scelta è arbitraria. Si può però dimostrare che se:
&0 R
0 �� o
RSQMM QS
&&&
cioè se la risultante è nulla e il momento risultante è nullo rispetto ad un polo arbitrario, esso è nullo rispetto a qualunque polo. Più in generale si può affermare che per un sistema a risultante nulla il momento risultante è indipendente dalla scelta del polo. Se si considerano due forze parallele che abbiano risultante nulla (coppia di forze), si verifica facilmente che il momento risultante ha direzione perpendicolare al piano individuato dalle rette di applicazione delle forze e intensità pari al prodotto del modulo di una di esse per la distanza tra le rette d’azione (braccio).
0 R
& 0zM
&
O
Q
P bP
bQ
b F&
F&
19
Infatti presi due poli arbitrari P e Q
� � bFbbFFbM PPP� ��
&
� � bFbbFFbM QQQ� ��
&
& &QM = PM
e quindi il momento risultante della coppia rispetto a qualsiasi polo coincide con quello calcolato rispetto ad un punto arbitrario O su una delle rette di applicazione:
&&bFMM O �
Se anche 0 M&
, le rette d’azione coincidono, il sistema è equilibrato e viene detto coppia di braccio nullo. Le forze interne sono, se considerate a due a due, coppie a braccio nullo. Le proprietà di equilibrio per un corpo rigido sono quindi riconducibili alle due caratteristiche globali del sistema di forze agenti: risultante e momento risultante. Si verifica infatti che due sistemi le cui forze risultanti e momenti risultanti soddisfino la seguente condizione:
'66 RR&&
'66 MM&&
producono sul corpo rigido i medesimi effetti. Per questo tali sistemi si dicono staticamente equivalenti. La possibilità di sostituire ad un sistema di forze un altro equivalente, senza alterare le condizioni di equilibrio del corpo stesso, è ampiamente impiegato per la soluzione dei problemi di statica. Sulla base di queste considerazioni è possibile risolvere problemi del tipo: assegnato un corpo rigido sollecitato mediante un generico insieme di forze 6 determinare le caratteristiche di un sistema di forze da applicare su un suo punto qualunque P per avere l’equilibrio. Tale sistema di forze dovrà evidentemente avere come risultante l’opposto della risultante di 6 e come momento risultante l’opposto del momento risultante di 6 valutato rispetto al punto P. Es.5 Una lamiera rettangolare di acciaio di spessore 80 mm, avente lati di 500 e 400 mm viene sostenuta da tre funi nel modo rappresentato in figura. Considerando una forza orizzontale pari a 0.3 kN agente sul lato inferiore, valutare la forza che le tre funi devono trasmettere per mantenere la lamiera in equilibrio.
Si calcola il peso della lamiera:
W V g kg dm dm m s � � � � � � U 7.8 5 4 0 8) 9.8 12243 3 2/ ( . /
O
45°
0.3 kN
400
T3 T2 T1
W
NSi impone l’equilibrio alla traslazione ed alla rotazione (rispetto al polo O):
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���
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§
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40030025012241224
300
005002/1112/100
3
2
1
TTT
T N1 372 500 T N3 424
NT 5522 Nota: Che succede se si cambia verso alla forza esterna? Es.6 L’elemento (rinvio) rappresentato in figura permette, tramite alcune pulegge che possono essere considerate senza attrito, di modificare la retta d’azione delle forze trasmesse dalle funi. 1) Valutare la forza che deve essere esercitata dalla fune A per mantenere l’elemento (considerato libero) in
equilibrio nella configurazione adottata.
20
2) Valutare la forza esercitata dalle funi sul perno 1 3) Supponendo di aver fissato tale elemento ad una struttura di supporto (ad esempio tramite una saldatura)
ed esercitando sulla fune A una forza doppia di quella che è stata precedentemente valutata, determinare l’azione globale che la saldatura dovrà esercitare sull’elemento.
1 m 1 m
2 m
3 m
A
T
T
2700 N
2700 N
1) Si vede innanzi tutto che l’equilibrio alla traslazione è assicurato. Per quanto riguarda invece l’equilibrio alla rotazione dovrà essere:
1 M N m T mz � � � 2700 2 3 0 e quindi T N 1800
2) Sul perno 1 insistono i due rami di entrambe le funi. Si trascurano le dimensioni della puleggia.
NNNTNRx 120023
318002700cos270022
�� � D
D� 2700 N
2700 NT
T
NNNTNRy 190023
2118002700)sen1(270022
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¹
·
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§
��� �� D
NR 2250
&
4) Nel caso di raddoppio della tensione sulla fune A, il momento risultante dall’azione delle due funi non è
più nullo M N m T m Nmz � � � �2700 2 2 3 5400
e deve essere equilibrato dalla reazione della saldatura (circonferenza tratteggiata). Da notare che la reazione della saldatura, essendo una coppia pura, non dipende dalla sua collocazione.
Carichi distribuiti Finora sono state considerate forze concentrate agenti su un corpo rigido, cioè forze agenti su aree di dimensioni trascurabili rispetto a quelle del corpo. Talvolta però il corpo può essere soggetto a carichi distribuiti (es. effetto del vento, di fluidi, del peso), definiti come una pressione e misurati in pascal (Pa=1N/m2). Tali carichi possono essere ridotti ad un sistema di forze staticamente equivalente, costituito da una singola forza con retta d’azione opportuna.
p(x,y) R&
),( yx
y
xO
Si consideri ad esempio una piastra appoggiata, caricata da una pressione p(x,y). Si può ridurre tale carico alla forza risultante data dall'integrale
³ A
dAyxpR ),(
21
cioè al volume sottostante la superficie p(x,y). Perché il sistema di forze sia equivalente a quello dato, la retta d'azione della risultante (perpendicolare alla superficie e passante per il punto yx, ), deve essere tale da produrre lo stesso momento risultante del carico distribuito rispetto al polo scelto. Per esempio, rispetto ad O, si ha
³ A
dAyxxpRx ),( ³ A
dAyxypRy ),(
e quindi ³
³
A
A
dAyxp
dAyxxpx
),(
),(
³
³
A
A
dAyxp
dAyxyp
),(
),( y
che corrispondono alle coordinate (x,y) del baricentro del volume sottostante la superficie p(x,y). Si considerano i due casi più semplici e più comuni di carico distribuito agente su una superficie rettangolare: a) distribuzione uniforme, b) andamento triangolare secondo un asse. In entrambi i casi, dato che il carico è uniforme secondo un asse, ci si può dapprima ridurre ad un carico equivalente distribuito su una lunghezza e agente sull'asse di simmetria, w(x)=p0a, misurato in N/m. Dopodiché la forza equivalente è data, nel primo caso, dall'area del rettangolo definito da w(x) e cioè R= p0aL e la sua retta d’azione passa dalla mezzeria, nel secondo caso è data dall'area del triangolo definito da w(x) e cioè R= p0aL/2 e la sua retta d’azione passa per il baricentro del triangolo, cioè a (1/3)L dalla base del triangolo. Altre distribuzioni, come quella trapezoidale, possono essere considerate come combinazione delle precedenti.
= =
aLpR 0 apxw 0)(
a/2a/2
0),( pyxp
L
a
L/2
L/2
= =
L/3
2L/3a/2
a/2
Lxpyxp 0),(
Lxapxw 0)(
2/0aLpR
L
ap00p
a
22
CAP.3 Gradi di libertà e vincoli Finora ci siamo occupati di stabilire le condizioni per cui punti materiali e corpi rigidi considerati liberi nello
spazio siano in equilibrio. Nella pratica però situazioni di questo genere sono piuttosto rare in quanto molto
più spesso si trovano problemi in cui i corpi non sono completamente liberi di muoversi nello spazio ma
risultano in qualche modo “vincolati”. Per definire in modo preciso il concetto di vincolo è opportuno
definire il concetto di grado di libertà. Se consideriamo un punto materiale P nello spazio, sappiamo che la
sua posizione è definita, in modo univoco, da 3 grandezze scalari (le sue coordinate). Si dice per questo che
il punto nello spazio ha 3 gradi di libertà in quanto, qualunque sistema di riferimento si consideri, anche non
cartesiano, la sua posizione è definita da tre coordinate indipendenti.
Q
Z
Y
Z
Y
X
O
P
(x(t),y(t),z(t))
X
O
P (x,y,z(x,y))
Z
Y
X
O
P (x,y,z)
t
Se il punto materiale è vincolato a stare su di una superficie (ad es. un piano), i gradi di libertà sono 2. In
questo caso la condizione di appartenenza alla superficie può essere interpretata come una costrizione dei
gradi di libertà del punto ed è esprimibile analiticamente da un’equazione che lega le coordinate del punto,
ad es. l’equazione del piano:
0 ��� dczbyax
Se il punto è vincolato a stare su di curva, ad es. una retta,
°¯
°®
� � �
33
22
11
qtnzqtnyqtnx
dove sono i coseni direttori della retta e le coordinate di un punto della retta stessa,
l’ascissa curvilinea t, che individua la posizione del punto, corrisponde all’unico grado di libertà.
321 ,, nnn ),,( 321 qqq
I vincoli sono quindi condizioni (spesso esprimibili con equazioni) che limitano i gradi di libertà dei punti.
Passando da un punto materiale ad un sistema di n punti materiali, i gradi di libertà risultano in generale pari
a 3n. Se però si tratta di un sistema rigido si ha una notevole riduzione degli effettivi gradi di libertà a causa
delle relazioni esistenti tra le coordinate dei vari punti, la cui distanza relativa è costante. Più semplicemente
per una valutazione dei gradi di libertà è opportuno considerare il sistema nella sua globalità. Si consideri
prima il problema nel piano. Per individuare la posizione del corpo rigido nel piano, basta considerare due
punti arbitrari distinti A e B.
23
A(xA,yA)
B
M%�
Z
X
Y
C MC
A (xA,yA,zA)
MTB
B
B
Y
X
Conoscendo le loro coordinate è possibile determinare le coordinate di qualsiasi altro punto del corpo.
Fissando A, cioè fissando le sue coordinate ( , il punto B è vincolato a muoversi su una
circonferenza attorno ad A. Quindi fissando inoltre la posizione angolare di B,
), AA yx
BM , si finisce per definire
completamente la posizione del corpo. Perciò si dice che il corpo rigido nel piano ha 3 gradi di libertà.
Ripetendo lo stesso ragionamento nello spazio bisogna considerare almeno 3 punti (A,B,C), non allineati,
per complessivamente 6 gradi di libertà. Fissando il punto A di coordinate , il punto B può
muoversi su di una sfera di centro A e raggio AB. Fissando le sue coordinate sferiche
),( AA zx,( B
,A y)B-M , il punto C
risulta potersi muovere su una circonferenza attorno ad una retta passante per A e B. Fissando infine la sua
coordinata angolare CM , la posizione del corpo risulta completamente determinata.
Se il corpo non è completamente vincolato si dice labile ed il suo moto sotto l’azione delle forze agenti è
oggetto del corso di Meccanica. Se i vincoli sono necessari e sufficienti a fissare i gradi di libertà si dice che
il corpo è isostatico. Se invece sono esuberanti, il corpo si dice iperstatico. Questi due ultimi casi saranno
oggetto di particolare trattazione nell’ambito di questo corso.
Caratterizzazione statica dei vincoli. Caso piano. I vincoli agiscono però non solo come limitazione cinematica ma anche come
agenti statici, cioè capaci di esercitare forze sul corpo. Supponiamo infatti di
avere un corpo isostatico ed esercitiamo su di esso delle forze arbitrarie. Dato
che il corpo rimane nella sua posizione di quiete, l’insieme delle forze è
equilibrato, cioè le azioni esercitate dai vincoli (reazioni vincolari)
controbilanciano esattamente le forze applicate. L’insieme dei vincoli esterni
viene comunemente indicato con il termine telaio, inteso come quell’elemento
esterno rigido e di resistenza infinita, capace di esercitare forze comunque
intense, uguali e contrarie a quelle esercitate dal corpo sui vincoli. Da notare
infine che il sistema di forze esterne ed il sistema di azioni sul telaio sono staticamente equivalenti. Pertanto i
vincoli possono essere interpretati come degli elementi attraverso i quali le forze applicate al corpo si
trasmettono al telaio.
Si vedano in Tab.1 i più comuni vincoli piani.
I problemi di statica consistono essenzialmente nel determinare, date le forze agenti sul corpo, le reazioni vincolari. Il procedimento di soluzione consiste in:
1) sostituzione dei vincoli con le rispettive reazioni vincolari, fissando arbitrariamente il verso (diagramma
del corpo libero)
2) imposizione delle condizioni di equilibrio (equazioni cardinali)
3) soluzione del sistema di equazioni
Nel caso piano le equazioni di equilibrio, per ogni corpo, si tradurranno in
0 xR (equilibrio alla traslazione lungo x)
0 yR (equilibrio alla traslazione lungo y)
0 zM (equilibrio alla rotazione attorno a z)
Da notare che essendo la risultante delle forze nulla, il momento risultante risulta indipendente dal polo.
Esempio Data la trave incernierata ad un estremo ed appoggiata all’altro e caricata come mostrato in figura, si procede
innanzi tutto alla sostituzione dei vincoli con le corrispondenti reazioni incognite, cioè al disegno del
cosiddetto diagramma del corpo libero.
S
T
30°
M
F
D�V
l/3
F 30°
l/2
M D�
Si noti che le incognite sono 3. Dopo di che si impongono le 3 equazioni di equilibrio:
24
3
Forza e momento incastro
appoggio liscio rulli Forza di direzione nota
Forza di direzione nota
Forza di direzione nota
cavo bielletta
guida asola
1
D�
Forza di direzione incognita cerniera appoggio ruvido
2
2
Forza di direzione nota
e momento
manicotto
manicotto
guida
SIMBOLO NUMERO
INCOGNITE REAZIONE VINCOLO
Tab.1 Vincoli nel piano
25
032
3cos
02
3cos
02
1sen
��
��
��
lFMVlM
FVSR
FVTR
VST
z
y
x
D
D
D
cioè in forma matriciale:
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��
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6
3
2
3
2
cos00
cos10
sen01
lFM
F
F
VST
l DDD
Detta A la matrice dei coefficienti e B la matrice composta da coefficienti e termini noti, si verificano diverse
situazioni, a seconda della caratteristica o rango delle matrici A e B, cioè dell’ordine massimo delle matrici
quadrate estraibili con determinante non nullo. Il teorema di Capelli dice che condizione necessaria e sufficiente per avere una soluzione è che il rango di A sia uguale al rango di B.
Se ISOSTATICO sistemasoluzione 130coscosdet oo ozo BA RRlA DD
Se 2/0cos SDD o
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6
32
32
000
010
101
lFM
F
F
VST
QuindiR A 2 mentre o oz�� 306
3BRlFM sistema impossibile IPOSTATICO, LABILE o
Se invece � o �� 206
3BA RRlFM numero incognite o 1f soluzionio sistema IPERSTATICO
Quindi in generale, date le equazioni di equilibrio nelle incognite reazioni vincolari, in forma matriciale:
bAx > @bAB
si hanno sistemi isostatici: RA=RB=numero incogniteouna soluzione
sistemi labili: RA<RB mancano vincoli osistemi iperstatici: RA=RB<numero incogniteo infinite soluzioni
Se poi per un sistema isostatico RA è pari al numero di gradi di libertà si dice che il sistema è intrinsecamente
isostatico, cioè ha una soluzione indipendentemente dal carico.
Un esempio di sistema isostatico ma non intrinsecamente isostatico è il seguente:
V1
PP
V2
Si può facilmente verificare che il sistema ha una soluzione, ottenibile imponendo l’equilibrio alla traslazione verticale e alla rotazione. RA=RB=2< numero di gradi di libertà (3). L’equilibrio dipende però
dalla condizione di carico. Infatti se alla trave è applicato un carico orizzontale, questo non può essere equilibrato dalle reazioni vincolari che non hanno componenti orizzontali. In tal caso il sistema sarebbe
labile.
26
Un esempio di sistema intrinsecamente isostatico è invece il seguente:
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x
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§
lA
00
110
001
V2 V1
H
La caratteristica della matrice A è 3, indipendentemente dal carico.
Seguono altri esempi, di cui si lascia allo studente lo studio dettagliato.
SD kzSD k SD k
Sistema isostatico se momento risultante applicato nullo,
labile altrimenti, in quanto non è impedita la rotazione attorno
al punto di convergenza delle rette d’azione delle reazioni
vincolari. Per renderlo intrinsecamente isostatico basterebbe
inclinare il vincolo diversamente da 45° o diversificare le
lunghezze dei due bracci.
a
��q�
a
Sistema intrinsecamente isostatico per , labile per
e carichi verticali applicati, iperstatico per
e carichi verticali nulli.
D�
Sistema labile per carichi orizzontali, iperstatico altrimenti.
Questo caso differisce dal precedente perché è interrotta la
continuità della trave. Il sistema è labile per carichi verticali
o momenti applicati alla primo tratto di trave, isostatico
altrimenti.
Sistema intrinsecamente isostatico
Sistema labile se trave soggetta a forza verticale o a momento,
isostatico se solo a forza orizzontale
In particolare si nota che il fatto che il numero di reazioni globali sia maggiore o uguale al numero di gradi di
libertà non implica necessariamente che il sistema sia iper- o iso-statico. Importante è la disposizione dei
vincoli. In generale si può dire che un corpo non è vincolato correttamente se le rette d’azione delle reazioni
vincolari sono parallele o concorrenti in un punto. L’equilibrio allora dipende dal carico esterno.
27
Cenni ai problemi di statica nello spazio La metodologia sviluppata per i problemi piani può essere direttamente estesa ai problemi spaziali. Dal punto
di vista pratico, nell’impostazione e soluzione di problemi spaziali sorgono in genere maggiori difficoltà
legate alla più difficile rappresentazione grafica dello schema e al fatto che il numero di gradi di libertà per
un corpo rigido nello spazio è il doppio di quello nel piano. Tutti i problemi reali sono di fatto
tridimensionali ma spesso la loro approssimazione piana può fornire indicazioni sufficienti per gli scopi
pratici. In alcuni casi invece non è lecito prescindere dalla tridimensionalità e, in tal caso si deve ricorrere a
tutte le condizioni di equilibrio che, in termini scalari sono per un generico corpo rigido 6: 3 equazioni per le
componenti della risultante delle forze (Rx=Ry=Rz=0) e 3 equazioni per le componenti del momento
risultante (Mx=My=Mz=0).
La casistica di vincoli nello spazio è ovviamente più ampia di quelli nel piano, in Tab.2 ne vengono riportati
i più importanti per le applicazioni.
Esempio È dato un portellone di massa pari a 30kg, di dimensioni 80cmx100cm, vincolato in basso da una cerniera
piana in O e da una cerniera sferica in O’, e sostenuto nello spigolo B da un cavo agganciato in A.
Determinare, nella posizione rappresentata, le reazioni vincolari, compresa la tensione del cavo.
B
P=294N
20 40 40
B
A
x z
y
O O’
G 100
30° y
G
A
Le incognite sono 6:
- le componenti X1 e Y1 della reazione della cerniera piana
- le componenti X2, Y2, Z2 della reazione della cerniera sferica
- la tensione del cavo T.
6 sono anche i gradi di libertà del portellone nello spazio che risultano pertanto vincolati. 6 sono quindi le
equazioni di equilibrio che possono essere scritte.
Prima di tutto occorre esprimere la tensione del cavo nelle sue componenti cartesiane,ossia tramite il
modulo (incognito) e i suoi coseni direttori (quelli del segmento AB ).
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xx
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866.0
500.0
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241.0
901.0
n&
Le equazioni di equilibrio alla traslazione risultano:
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°®
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036.0
294241.0
0901.0
2
21
21
TZTYY
TXX
28
Le equazioni di equilibrio alla rotazione possono essere scritte in forma vettoriale oppure direttamente in
termini di componenti cartesiane.
Nel primo caso si ha: &
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§
��
�����
0
0
0
360.0241.0901.0
0866.0500.0800.000
02940
400.0433.0250.0
0'
222
2
Tkji
ZYX
kjikjiTOBROOPOGMO
&&
che sviluppata dà le 3 equazioni scalari relative alle componenti cartesiane del momento risultante.
°¯
°®
�� �� ���
0901.05.73
018.08.0
0312.06.117
2
2
TMTXM
TYM
Oz
Oy
Ox
A questo punto si può risolvere il sistema complessivo di equazioni (per sostituzione):
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§
��
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5.73
0
6.117
0
294
0
901.000000
180.000800.000
312.001000
360.010000
241.001010
901.000101
2
2
2
1
1
TZYXYX
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�
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§
6.81
4.29
1.92
4.18
2.182
9.91
2
2
2
1
1
TZYXYX
29
30
NUM.
INCOGN. VINCOLO REAZIONE
cavo
1
sfera appoggio liscio
2
cuscinetto orientabile libero assialmente
rullo su sup. ruvida rullo su rotaia
3
cerniera sferica appoggio ruvido cuscinetto orientabile
bloccato assialmente
cerniera spaziale scorrevole (bronzina) 4
5
cerniera spaziale fissa (forcella con perno, bronzina con cuscinetto di spinta)
6
incastro
Tab.2 Vincoli nello spazio
CAP.4
Equilibrio di strutture E’ stato finora considerato l’equilibrio di corpi rigidi singoli soggetti a forze e momenti esterni. Si tratta ora di esaminare il caso di strutture, cioè di insiemi di più corpi rigidi collegati fra loro. In questo caso può essere richiesto di determinare non soltanto le forze esterne agenti sulla struttura ma anche le forze (interne) che si scambiano i vari componenti. E’ importante a questo proposito ricordare la terza legge di Newton (principio di azione-reazione) che dice che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria o nello specifico che le forze di azione e reazione fra corpi in contatto hanno lo stesso modulo, la stessa linea di azione e verso opposto.
Esempi di strutture
Le strutture presentano pertanto vincoli esterni che trasmettono i carichi della struttura al telaio e vincoli interni che consentono la trasmissione di carichi tra elementi stessi della struttura. L’esame del problema dal punto di vista statico comporta l’individuazione completa delle reazioni vincolari esterne ed interne e termina nella determinazione delle forze che agiscono sui singoli corpi rigidi costituenti la struttura. Le reazioni vincolari interne, ad esempio scambiate tra due corpi A e B vincolati reciprocamente, se viste come azioni esercitate sulla struttura globale sono riconducibili a coppie di braccio nullo per il principio di azione e reazione. In generale pertanto il numero di incognite (reazioni vincolari) è dato dal numero di vincoli (interni ed esterni) e dalla loro molteplicità. Per ognuno dei corpi rigidi costituenti la struttura è possibile (nel caso piano) scrivere tre condizioni di equilibrio indipendenti. Altre equazioni possono essere scritte considerando l’equilibrio dell’intera struttura o di parti di essa (anche comprendenti più corpi rigidi). Appare evidente che nelle equazioni di equilibrio globale della struttura le reazioni vincolari interne non compaiono. In generale le equazioni di equilibrio che possiamo scrivere non sono tutte indipendenti e alcune di esse sono linearmente dipendenti dalle altre. La determinazione delle reazioni vincolari, e quindi la soluzione del problema statico, è ricondotta quindi alla soluzione di un sistema di equazioni lineari in cui le componenti delle reazioni sono le incognite. E’ interessante a questo punto discutere il sistema ottenuto (come già fatto del resto per l’equilibrio del corpo singolo) richiamando le nozioni di algebra lineare note dai corsi di matematica. E’ noto infatti che possono darsi principalmente tre casi: a) il sistema è impossibile (numero di equazioni indipendenti superiore al numero di incognite), significa
fisicamente che vi sono meno vincoli di quanti necessari per l’equilibrio: il problema è labile. b) il sistema è determinato ed ammette un’unica soluzione (numero di incognite pari al numero di
equazioni indipendenti), dal punto di vista statico il corpo è vincolato in modo necessario e sufficiente per l’equilibrio: il problema è isostatico.
c) il sistema è indeterminato (numero di equazioni indipendenti inferiore al numero delle incognite), significa fisicamente che vi sono più vincoli di quanti necessari per l’equilibrio: il problema è iperstatico.
(c) (b) (a)
Esempio di problema (a)labile, (b) iso e (c) iperstatico
31
I problemi labili non hanno un grande significato in statica in quanto sono relativi a situazioni in cui la struttura, o parti di essa, possono muoversi sotto carico (sono meccanismi). Questi argomenti sono sviluppati nel corso do Meccanica. I problemi isostatici sono quelli per cui l’analisi delle forze può essere condotta sulla base di sole considerazioni di equilibrio e rappresentano un insieme piuttosto vasto di situazioni reali. Nei problemi iperstatici le sole condizioni di equilibrio indicano per le reazioni vincolari infinite soluzioni. Se indichiamo con m il numero di equazioni indipendenti e con n il numero di reazioni vincolari incognite (n>m), si avranno f(m-n) soluzioni o se vogliamo m reazioni vincolari potranno essere valutate solo assegnando arbitrariamente i valori alle rimanenti (n-m) reazioni. In questo caso le (n-m) incognite sono spesso chiamate reazioni iperstatiche e il problema si dice (n-m) volte iperstatico. Secondo che le reazioni iperstatiche siano tutte interne o tutte esterne il problema viene detto internamente o esternamente iperstatico.
Struttura iperstatica esternamente Struttura iperstatica internamente
Come avremo modo di vedere, non è possibile determinare completamente le reazioni vincolari nei problemi iperstatici se si mantiene l’ipotesi di rigidezza degli elementi che compongono la struttura. In altri termini si può dire che nei problemi iperstatici le reazioni vincolari dipendono dal modo con cui gli elementi che compongono la struttura si ‘deformano’ sotto l’azione dei carichi. Seguono esempi di soluzione di problemi isostatici piani. Es.1 Verificare l’isostaticità della struttura rappresentata in figura.
l/2F=pl
D
p
l
Ai fini del calcolo dell’equilibrio del corpo rigido, un carico distribuito può essere sostituito con una forza pari alla risultante e applicata nel baricentro della distribuzione, cioè con pari momento risultante. Si tracciano innanzi tutto i diagrammi del corpo libero per ciascun elemento, applicando il principio di azione-reazione per le forze che si scambiano i due elementi
F P R
S Si nota che si hanno 6 incognite e che si possono scrivere in tutto 6
equazioni di equilibrio (3 per ogni corpo). Q S
R T U
32
0
0
0
0
0
0
2/
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101000
00000
000101
001010
FlF
UTSRQP
ltgl
l
D Se zD 0, il rango della matrice dei coefficienti è 6, cioè pari al numero delle incognite ed è quindi soddisfatta la condizione necessaria e sufficiente per l’isostaticità e quindi esistenza e unicità della soluzione. Es.2 La trave orizzontale DE sorregge alla sua estremità una puleggia (priva di attrito) che devia la direzione di una fune di 90°. La trave DE è connessa attraverso la cerniera G alla trave verticale continua BC. Schema e quote sono riportate in figura (a=25 cm). Determinare le reazioni vincolari esterne e le forze che si scambiano i vari elementi della struttura.
HC
VC
H G
F
E
D
C
B
HB
H G
F
E
D
C
BA
P=30 kN 4a
4a
4a
2a
2a
R = a
P=30 kN
Per determinare le reazioni vincolari esterne si traccia il diagramma del corpo libero dell’intera struttura, sostituendo ai vincoli le corrispondenti reazioni incognite. In particolare si noti che l’elemento AB altro non è che un pendolo orizzontale e quindi può esercitare sulla struttura solo una forza orizzontale. Dato che le incognite sono 3 sono sufficienti le equazioni di equilibrio globale per determinarle.
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0510
0
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HH
B
C
CB
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C
B
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011
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§
PPP
VHH
C
C
B
2/
2/
Per determinare le azioni che i vari elementi si scambiano occorre smembrare la struttura e tracciare i relativi diagrammi del corpo libero, rispettando il principio di azione-reazione. Si noti che per l’equilibrio del cavo, la sua tensione sarà pari al carico esterno che verrà trasmesso all’attacco in F sulla colonna. L’elemento DH, essendo un’asta incernierata alle estremità e non
caricata internamente, per l’equilibrio alla rotazione, risulterà caricata solo assialmente.
HB B
C
F
G
H
HC
HG
VG SH
HF =T
H
D
SH
SD
SD
HEVE
HG
D
EG HE
VEVG
ET=P
P
VC
33
A questo punto si può passare alla determinazione delle forze, imponendo l’equilibrio dei singoli elementi. Partendo dalla carrucola, dall’equilibrio orizzontale e verticale risulta:
¯®
PVPH
E
E
Imponendo l’equilibrio della trave orizzontale si ha:
°¯
°®
�� �
aPaSPVSPHS
H
GH
GH
42
22
22
°¯
°®
�
PVPH
PS
G
G
H
3
22
Tutte le incognite sono così determinate. Cenni ai problemi di statica nello spazio La metodologia sviluppata per i problemi piani può essere direttamente estesa ai problemi spaziali, ricordando che il numero di gradi di libertà per un corpo rigido nello spazio è il doppio di quello nel piano. Segue un esempio di una semplice struttura statica spaziale. Es.3 In figura è schematizzato un pedale di un azionamento a cavo. Il cavo è agganciato ad un perno a sbalzo sulla leva. Si suppone che perno e alberino siano incastrati nella leva del pedale, mentre i due cuscinetti A e B siano assimilabili uno ad una cerniera sferica, l’altro ad una cerniera piana. Si chiede di determinare la forza P da esercitare sul pedale per produrre una tensione nel cavo di 400N, le reazioni ai cuscinetti e forze e momenti che si scambiano pedale e alberino all’incastro.
O
perno
leva
alberino
B
A
z
x
y30°120
60
100
100
200
P
Tcavo=400N
La forza P da esercitare è facilmente determinata imponendo l’equilibrio alla rotazione attorno all’asse x dell’intero gruppo pedale, soggetto alle forze P, T e alle reazioni vincolari esterne in A e B. Tenendo presente che reazioni dei cuscinetti consistono in due forze incognite con braccio nullo rispetto all’asse x si ha:
0)30cos(120200 q���� TPM Ox P 207.8N Le componenti cartesiane delle reazioni dei cuscinetti (3 per A, 2 per B) possono essere determinate tramite le restanti equazioni di equilibrio. Assumendole dirette nel verso positivo degli assi, si ha
°°°
¯
°°°
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���� �����
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0100100
060100100
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0
0
BAOz
BAOy
BA
BA
A
YYMTZZM
TPZZYY
X
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¯
°°°
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NZY
NZYX
B
B
A
A
A
9.423
0
9.183
0
0
Per determinare le reazioni all’incastro in O (azioni interne al gruppo pedale), si può alternativamente considerare l’equilibrio dell’alberino o della leva. Si traccia il diagramma del corpo libero dell’alberino, soggetto alle reazioni dei cuscinetti (note) e alle reazioni all’incastro (incognite).
34
P
ZB
ZA
T Si vede facilmente che le reazioni d’incastro si riducono ad una componente verticale e ad una coppia attorno a y.
°°®
���� � ��
NmmmZmmZMNZZZ
BAOy
BAO
24100100
8.607
35
CAP.5 Caratteristiche di sollecitazione Principali elementi strutturali Come già visto trattando il concetto di punto materiale, la soluzione di problemi tecnici comporta necessariamente la definizione di un modello semplificato della realtà che possa rappresentare però in modo sufficientemente accurato e semplice i fenomeni che si devono prevedere. In molti casi l'efficacia del modello adottato non è facilmente valutabile a priori e solo la conferma sperimentale delle sue previsioni ne costituisce l'effettiva garanzia di applicabilità. Nell'analisi del comportamento delle strutture è necessario definire modelli che consentano di rappresentare in modo semplice anche le caratteristiche geometriche (forma) dei corpi. In linea di principio ogni corpo può essere considerato un solido tridimensionale ma spesso descrivere completamente tutti i suoi dettagli geometrici risulta eccessivamente complesso e non produttivo. Per questo motivo si definiscono delle tipologie strutturali (o modelli di forme strutturali) alle quali si cerca di ricondurre i corpi reali per semplicità di calcolo. Oltre al concetto di punto materiale che, essendo privo di dimensioni, poco si presta a rappresentare le caratteristiche geometriche di un oggetto reale, l'elemento strutturale più semplice è la trave. L'elemento trave è un solido con una dimensione, la lunghezza, predominante rispetto alle altre e quindi può essere, con buona approssimazione essere considerato un corpo monodimensionale. Si può pensare di ottenere geometricamente una trave traslando una superficie piana (sezione della trave) lungo una linea (asse della trave) che punto per punto è normale al piano della sezione.
sezione baricentro
asse
Si avranno travi rettilinee, curvilinee, piane, spaziali, secondo la forma dell'asse. Si potranno poi avere travi a sezione costante o variabile. Sono esempi di travi gli elementi che costituiscono un traliccio, gli elementi della struttura in acciaio di un edificio, gli alberi di trasmissione del moto, etc. Nella realtà poi sono considerati travi anche elementi che altrimenti non verrebbero calcolati.
Gli elementi cosiddetti bidimensionali, a differenza della trave hanno due dimensioni predominanti rispetto allo spessore. Si chiamano lastre o piastre se sono elementi piani. Nel primo caso sono caricate nel loro stesso piano, nel secondo anche da forze fuori dal piano (es. solai). Si chiamano gusci gli elementi bidimensionali non piani (es. carrozzerie di automobili, recipienti in pressione, alcune coperture di edifici).
36
F
Fguscio piastra lastra
Infine ci sono gli elementi tridimensionali che non hanno dimensioni predominanti e che quindi non sono riconducibili agli elementi precedenti (es. pistone, testa del motore, etc.). Caratteristiche di sollecitazione per le travi Consideriamo una struttura isostatica, composta di travi variamente collegate tra loro e al telaio, caricate da un sistema di forze. Supponiamo di aver valutato le reazioni vincolari esterne ed interne. Isoliamo una singola trave con tutte le forze agenti su di essa che costituiranno un sistema equilibrato. Ci si domanda che sollecitazioni vengono trasmesse dalle fibre del materiale che costituisce la trave permettendo alle forze agenti di scaricarsi sui vincoli e che giustificano l'impiego della trave come elemento strutturale. Per rispondere a questa domanda facciamo un taglio ideale perpendicolare all'asse della trave, individuando in tal modo una generica sezione. Ciò facendo cioè eliminiamo un vincolo di incastro interno alla trave e, per mantenere i due spezzoni di trave in equilibrio, lo sostituiamo con le reazioni corrispondenti. Naturalmente per il principio di azione reazione sui due spezzoni tali reazioni saranno uguali in modulo e direzione ma in verso opposto. E' evidente che nella trave integra è il materiale stesso della sezione ad esercitare delle forze equivalenti staticamente ai carichi agenti sulla trave.
E' opportuno scegliere un sistema di riferimento locale con le seguenti caratteristiche: 1) l'origine coincidente con il baricentro della sezione G 2) l'asse z tangente all'asse della trave (coincidente con quest'ultimo se rettilineo) 3) l'asse y sul piano della sezione diretto verso il basso e l'asse x conseguente alla regola della mano destra.
monte
x G
z valle y
Si calcolano le componenti della risultante e del momento risultante del sistema di forze a valle della sezione e rispetto al punto G. Tali grandezze si chiamano caratteristiche di sollecitazione, rappresentano quantitativamente l’intensità delle azioni trasmesse attraverso la generica sezione e sono strettamente connesse con il livello di sollecitazione del materiale. In particolare la componente della risultante secondo z è detta forza normale ed è indicata con la lettera N, le componenti secondo x e y sono dette forze di taglio e indicate con Tx e Ty, la componente del momento
secondo z è detta momento torcente ed indicata con Mz e infine le due componenti del momento secondo x e y sono detti momenti flettenti ed indicati con Mx e My.
Se cambiate di segno possono essere interpretate come una reazione interna d'incastro. Se invece del sistema di forze a valle della sezione, si considera il sistema di forze a monte della sezione, per l'equilibrio dell'intera trave, si ottengono componenti della risultante e del momento risultante uguali in valore assoluto ma opposti in segno a quelli precedentemente calcolati. Quindi le caratteristiche di sollecitazione possono essere indifferentemente calcolate considerando i carichi esterni agenti sulla porzione di trave a valle o a monte della sezione come torna più comodo, con l'accorgimento di cambiare il segno delle componenti calcolate a monte, dato che convenzionalmente si adottano i segni delle grandezze calcolate a valle. Per quanto riguarda la convenzione dei segni delle caratteristiche di sollecitazione quindi si considerano positive le forze a valle della sezione dirette come gli assi x,y,z e positivi i momenti con verso antiorario rispetto agli assi. Nel piano il problema è più semplice perché le caratteristiche di sollecitazione si riducono a tre: lo sforzo assiale, un momento flettente (relativo all'asse perpendicolare al piano della struttura), e uno sforzo di taglio.
37
Inoltre esiste una convenzione che permette di fissare il segno delle caratteristiche di sollecitazione (regola del concio). Si considera una porzione di trave tra due sezioni molto vicine (concio di trave). L’asse z è orientato da sinistra verso destra. Nella figura riportata è rappresentato il concio e sono indicate le componenti della risultante e il momento risultante delle forze che la trave a destra esercita sulla sezione e le corrispondenti che la trave a sinistra esercita sulla sezione, ovviamente di verso opposto per l'equilibrio del concio. Sono considerati positivi i versi indicati in figura.
Le caratteristiche di sollecitazione generalmente cambiano da sezione a sezione lungo l'asse della trave ed è possibile associare ad ogni sezione un valore per ognuna delle caratteristiche di sollecitazione. Tali valori possono quindi essere rappresentati graficamente utilizzando come asse delle ascisse l’asse della trave stessa, ottenendo i cosiddetti diagrammi delle caratteristiche che permettono di individuare le sezioni più sollecitate della trave. Nella rappresentazione del diagramma dei momenti flettenti è usuale seguire una convenzione in base alla quale il grafico viene riportato dalla parte della trave caratterizzata dalle fibre tese, (cioè dalla parte dell’estradosso della curva che l’asse della trave tende a descrivere per effetto del momento flettente). Facendo riferimento al concio di trave, le fibre tese sono in basso se il momento è positivo, in alto se negativo. Relazione tra il momento flettente e lo sforzo di taglio Si consideri un elemento di trave lungo dz, in equilibrio sotto l'azione di forze di taglio e momenti flettenti.
Considerando l'equilibrio a momento si ottiene:
M N N M
T
T concio di trave
M
T+dT
T p
M+dM
dz
Trascurando gli infinitesimi di ordine superiore si ricava:
0)()(2
������ dMMdzdTTdzpdzM
dzdMT
cioè il taglio è la derivata del momento. Ciò significa che: x� se il momento flettente è costante, il taglio è nullo; x� se il momento flettente ha un andamento lineare, il taglio è costante; x� a una discontinuità nella pendenza del momento flettente corrisponde una discontinuità (salto) nel
diagramma del taglio. Quindi il diagramma del taglio è deducibile da quello del momento con un'operazione di derivazione, mentre il momento è ricavabile dal taglio con un'operazione di integrazione a meno di una costante. Perciò, discontinuità nel diagramma del momento flettente dovute a coppie concentrate non sono deducibili dal diagramma del taglio.
38
Es.1
Q L L
2PL-QL/3
PQ
Q
P P L/3
Schema del corpo libero Data la trave incastrata rappresentata sopra, caricata dalle forze esterne P e Q, si procede a disegnare lo schema del corpo libero calcolando facilmente le reazioni vincolari. Considerando il sistema di riferimento convenzionale o adottando la regola del concio per i segni, si tracciano i diagrammi delle caratteristiche di sollecitazione lungo l’asse della trave.
Q
2PL-QL/3 z
P
N
Mx
Mx
Ty
Q2L- z
P N
Ty
N Ty Mx
)ˆ2( zLP ��-PL
- -
� � 3/ˆ2 QLzLP ���
+
Q
+
-(2PL-QL/3) P Es.2 F
a b
H
babV�
V
H
baaV�
Schema del corpo libero Data la trave incernierata e appoggiata rappresentata sopra, caricata dalla forza esterne F (di componenti H e V), si procede a disegnare lo schema del corpo libero calcolando facilmente le reazioni vincolari. Considerando il sistema di riferimento convenzionale o adottando la regola del concio per i segni, si tracciano i diagrammi delle caratteristiche di sollecitazione lungo l’asse della trave.
Mx
Ty
baaV�
H
V
zba ˆ��Ty
babV� z
H N
Mx N
N Ty Mx
baaV�
�
babV�
+
zba
bV ˆ�
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)ˆ( zbaba
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+
-H
baabV�
39
Es.3 Data la trave incastrata rappresentata sopra, soggetta al carico distribuito p, si procede a disegnare lo schema del corpo libero calcolando facilmente le reazioni vincolari. Considerando il sistema di riferimento convenzionale o adottando la regola del concio per i segni, si tracciano i diagrammi delle caratteristiche di sollecitazione lungo l’asse della trave. Es.4
La trave ABC è vincolata alla parete in A con una cerniera spaziale mentre è vincolata alla rotazione dal cavo CD. Un peso P è applicato nella mezzeria del tratto BC. AB e BC misurano rispettivamente 2a e a. Si richiedono i diagrammi delle caratteristiche di sollecitazione della trave. Adottato un sistema di riferimento
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2
3
-
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Mx
+
N Ty
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pL
zL ˆ2 �Mx
TyN
2
23 pL
Mx pL
z
N
p
Ty
L L
p p
2
23 pL
Schema del corpo libero
pL
p
Pa/2
yP
z
x
P
Pa/2 P
y
z x
D
P
X
B
cavo
Y
Z
��q�
C
A
cerniera spaziale
P
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globale (es.XYZ), si traccia innanzi tutto lo schema del corpo libero per la trave e si determinano le reazioni vincolari con le equazioni di equilibrio (si lascia allo studente l’esercizio di verificare i risultati riportati). Considerando il sistema di riferimento locale indicato (notare che segue l’asse della trave) per stabilire i segni delle caratteristiche di sollecitazione, si tracciano i diagrammi.
+ P
Ty
N Tx
-
-
-P
-P
Pa/2
+
Mz
Mx My
Pa/2+
+
Pa +
Strutture reticolari Le strutture reticolari sono un insieme di travi incernierate e caricate solo agli estremi (nodi). Si considerano cerniere anche quelle giunzioni saldate o rivettate i cui assi concorrono in un punto (l’effetto dei momenti è in questo caso trascurabile).
P Q
Si prenda ora in esame l'equilibrio di una singola trave incernierata e caricata solo nei nodi. Attraverso le cerniere (che non trasmettono momenti) la trave sarà caricata da due forze. Imponendo l'equilibrio alla traslazione tali forze saranno uguali e contrarie, mentre dall'equilibrio alla rotazione esse dovranno costituire una coppia a braccio nullo, cioè avranno la stessa retta d'azione, coincidente con l'asse della trave. Si può dire quindi che la trave trasmette una forza diretta come il proprio asse ed è quindi soggetta a forza normale. Comunemente la trave in queste condizioni prende il nome di asta e in particolare di puntone se soggetta a forza normale di compressione, tirante se di trazione. Tutto ciò vale se la trave è rettilinea.
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puntone tirante
Calcolo semplificato di travature reticolari Partendo dalla considerazione che si conosce la direzione delle forze agenti sulle aste si possono adottare due metodi per risolvere l'equilibrio della struttura: 1) il metodo dei nodi che si basa sull'equilibrio della cerniera, 2) il metodo delle sezioni o di Ritter che si basa sull'equilibrio della struttura a sinistra o a destra della sezione. Considerando strutture isostatiche, che possono quindi essere risolte con le equazioni cardinali, il numero delle incognite è pari al numero di forze trasmesse dalle aste, cioè al numero di aste, m, più le reazioni dei supporti esterni (=3 se la struttura è rigida e nel piano, 6 nello spazio). D'altra parte se n è il numero dei nodi, 2n sono le reazioni vincolari nel piano (3n nello spazio) e quindi 2n le equazioni di equilibrio dei nodi (3n nello spazio). Un controllo dell'isostaticità della struttura può essere quindi fatta con la condizione necessaria ma non sufficiente che il numero delle incognite sia uguale al numero delle equazioni.
A B
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
HA
VB VA
P Q
Metodo dei nodi Nel piano: 1) si calcolano se possibile le reazioni vincolari esterne considerando l'equilibrio globale della struttura; 2) partendo da un nodo su cui agisce un carico esterno e con al massimo due aste incidenti (es. nodo A su cui agiscono le forze note HA ,VA), si impone l'equilibrio del nodo (Rx=0, Ry=0); si assegna inizialmente un verso arbitrario alle forze agenti sul nodo, considerandolo positivo se uscente dal nodo (equivale ad avere l'asta in trazione);
HA
VA
N1 N2
P N4
N3 N1
N1
N1
3) si muovono le forze ottenute lungo la retta di applicazione, cambiandone il verso, fino ad altro nodo con al massimo due forze incognite (es. nodo su cui agiscono P e N1, forze note) e si ritorna al punto 2). La singola forza ottenuta, se di segno positivo indicherà che l'asta esercita una trazione sul nodo, o viceversa che il nodo esercita su di essa una forza di trazione (principio di azione-reazione) e quindi l'asta è tesa o funge da tirante. Al contrario se la forza risulterà di segno negativo, cioè opposta al verso inizialmente scelto, vorrà dire che l'asta tende a comprimere il nodo ed è essa stessa compressa, cioè funge da puntone. Nello spazio cambia soltanto il numero delle incognite che possono essere determinate dall’equilibrio di ogni nodo (da 2 a 3). Metodo delle sezioni E' un metodo più rapido in quanto sfrutta anche l'equazione di equilibrio alla rotazione oltre a quelle di equilibrio alla traslazione. Non c'è bisogno di procedere da nodo a nodo per determinare la singola forza incognita che può essere calcolata direttamente.
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Nel piano: 1) si calcolano se possibile le reazioni vincolari esterne considerando l'equilibrio globale della struttura; 2) si sceglie opportunamente una sezione in modo da tagliare al massimo 3 aste, tra cui quella desiderata, e, considerando la struttura a destra o a sinistra della sezione e, assegnando inizialmente il verso positivo alle forze di trazione sulle aste sezionate, si impone l'equilibrio alla traslazione e alla rotazione della porzione di struttura considerata, tramite le tre equazioni cardinali; si determinano così le tre forze normali incognite sulle aste.
A B
11
10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
HA
VB VA
P Q
N6
N9
N8
VB
Q
Nello spazio cambia soltanto il numero delle incognite che possono essere determinate dall’equilibrio per ogni sezione (da 3 a 6).
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