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  • LALLEVAMENTODEL SUINO ALLAPERTO

    Regione Veneto

    Centro Informazione Permanente

    OsservatorioInnovazione

    C PGal n. 6Altopiano di Asiago 7 ComunidallAstico al Brenta

  • 2Pubblicazione realizzata dal Settore Sperimentazione Agraria ed Ittica di VenetoAgricoltura, con il contributo del progetto comunitario Leader II (Gal 6 Asiago - 7 Comuni, dallAstico al Brenta e Gal 10 - 11 Patavino) e della Regione Veneto(Programma Interregionale Agricoltura e Qualit).

    Autori: dr. Valerio Bondesan - Dipartimento di Scienze Zootecniche, Universit di Padovadr. Alberto Carazzolo - Veneto Agricoltura - Sezione Ricerca e Sperimentazione

    Foto: A. Carazzolo, M. Baruchello

    Pubblicazione edita daVENETO AGRICOLTURAAzienda Regionale per i settoriAgricolo Forestale e Agro-alimentareAgripolis - S.S. Romea, 16 - 35020 Legnaro (Pd)Tel. 049 8293711 - Fax 049 8293722e-mail: [email protected]

    Realizzazione tecnicaVENETO AGRICOLTURASettore Divulgazione Tecnica e Formazione Professionale Tel. 049 8293920 - Fax 049 8293909e-mail: [email protected]

    Editing e coordinamento editorialeIlaria De Maria, Isabella Lavezzo, Alessandra Tadiotto

    consentita la riproduzione di testi, tabelle, grafici, etc. previa autorizzazione da parte di Veneto Agricoltura, citando gli estremi della pubblicazione.

    Finito di stampare nel mese di Agosto 2001presso Studio Publiemme.

  • 3pag.

    Presentazioni 2

    INTRODUZIONE 9

    PERCH ALLEVARE I SUINI ALLAPERTO? 11

    PROGETTAZIONE DELLALLEVAMENTO 13Scelta e preparazione del terreno 13Suddivisione delle aree di allevamento e recinzioni 16Ricoveri per i riproduttori, i lattoni e lingrasso 20Attrezzature per lalimentazione e labbeveraggio 27Scelta del tipo genetico 32

    GESTIONE DELLA RIPRODUZIONE 37

    ALLATTAMENTO E SVEZZAMENTO 43

    ACCRESCIMENTO E INGRASSO 46

    GESTIONE SANITARIA 48Malattie infettive di natura batterica 49Malattie infettive di natura virale 51Parassitosi 53

    QUALIT DEI PRODOTTI 56

    ALLEVAMENTO CON METODO BIOLOGICO 60

    PER APPROFONDIRE 67Ringraziamenti 70

    INDICE

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  • 5PRESENTAZIONE DI VENETO AGRICOLTURA

    Le attuali tecniche di allevamento tendono a privilegiare i fattori produttivirispetto a quelli di contesto ambientale. Il risultato di questa impostazione unaprogressiva competizione tra mondo agricolo ed urbano, tanto per gli spaziquanto per la vicinanza degli allevamenti ai centri abitati con una sempre mag-giore necessit di ammortizzare gli alti costi di investimento delle strutture adibi-te allallevamento che impongono di concentrare sempre di pi il numero di ani-mali per spazio disponibile. A parziale trasformazione di questa impostazione sista imponendo in numerose realt europee lallevamento dei suini allo stato semi-brado. Questa modalit di allevamento costituisce una delle nuove frontiere della moder-na zootecnia, sensibile tanto alle esigenze ambientali quanto a quelle di benes-sere animale, pur salvaguardando la redditivit delloperazione imprenditorialeche deve sempre di pi soddisfare la richiesta dei consumatori alla ricerca di pro-dotti alternativi e di qualit. Nellambito del progetto comunitario Leader II, VenetoAgricoltura ha condotto due azioni nella pedemontana vicentina e nella bassapadovana (rispettivamente nelle aree target del Gal 6 Asiago 7 Comuni -dallAstico al Brenta e del Gal 10-11 Patavino) al fine di testare la possibilit disviluppo di questo sistema di allevamento in realt diverse della Regione, perpromuovere e incentivare una produzione di qualit per i consumatori e per svi-luppare nuove nicchie di mercato per i prodotti tipici regionali. Questo quadernotecnico vuol essere uno strumento di lavoro per gli operatori del settore e perquanti volessero cogliere ogni nuova opportunit di reddito, diversificando la pro-pria attivit aziendale.

    LAMMINISTRATORE UNICODI VENETO AGRICOLTURA

    Giorgio Carollo

  • 6PRESENTAZIONE GAL 6

    Uno degli obiettivi del programma Comunitario Leader II era quello di pro-muovere azioni che rappresentassero modelli di riferimento per le realt produt-tive del comparto interessato, e che potessero essere a queste trasferite, inne-stando processi economici rinnovabili nel tempo.

    Il progetto relativo alla valutazione dellallevamento del suino allo statobrado si inserisce a pieno titolo in questottica: un plauso va perci allo stafftecnico-scientifico di Veneto Agricoltura, che, anche attraverso il presentemanuale, ha saputo fornire interessanti spunti di riflessione e utili indicazionioperative agli operatori del settore.

    IL PRESIDENTE DEL GAL N. 6ALTOPIANO DI ASIAGO 7 COMUNI

    DALLASTICO AL BRENTAAgostino Bonomo

  • 7PRESENTAZIONE GAL 10-11

    Il programma Leader II dellunione Europea, gestito dal Gruppo di AzioneLocale Gal Patavino, aveva fra gli obiettivi quello di promuovere azioni innovativeda poter riproporre e trasferire ad altri contesti.

    Lesperienza del progetto sperimentale per lallevamento del suino allo statobrado sicuramente tra queste e si inserisce nel grande quadro di riferimentodellagricoltura sostenibile, del diverso rapporto con lambiente e dei prodotti diqualit.

    Un ringraziamento va quindi a Veneto Agricoltura, che ha promosso e segui-to la sperimentazione e alle quattro aziende pilota che hanno saputo creare attor-no a questa iniziativa un alone di simpatia, oltre che riconoscere in questa espe-rienza una reale opportunit di integrazione del reddito aziendale. Proprio que-stultimo aspetto quello che garantir il proseguimento dellazione oltre la vitadel Gal, cos come nelle aspettative per tutti i progetti Leader.

    Il coinvolgimento della filiera a valle della produzione, nella fattispecie deiprosciuttifici, una conferma della validit dellallevamento del suino allaperto ebiologico.

    Spetta ora al territorio, alle aziende raccogliere lesperienza e farla propria: soloin questo modo potremo affermare che il contributo Leader diventato un investi-mento per tutti. In questo senso, un aiuto potr venire sicuramente da questomanuale tecnico, che riporta in modo preciso lesperienza, consentendone cos lareplicabilit.

    Laugurio che presto, viaggiando per le aziende agricole del nostro territorioed in particolare per gli agriturismi, si possano vedere allevamenti di suini allo statobrado che, oltre ad essere garanzia della provenienza dei prodotti, costituirannosicuramente unattrattiva per tutti noi.

    IL PRESIDENTE DELGRUPPO DI AZIONE LOCALE PATAVINO

    Alessandro Ghiro

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  • 9INTRODUZIONE

    Da oltre ventanni, lallevamento allaperto del suino, basato su criteri intensivi osemi intensivi, rappresenta in alcuni Paesi del Centro-Nord Europa (Francia, GranBretagna, e Svezia), una quota non trascurabile della totale produzione suinicola. Si stimato che circa il 20% degli allevamenti suini della Gran Bretagna, e poco meno del10% di quelli francesi, utilizzano il sistema allaperto.

    Le condizioni climatiche tipiche di questi Paesi, dove gli inverni sono rigidi e la pio-vosit elevata durante tutto lanno, non sembrano aver ostacolato il diffondersi diquesto sistema di allevamento. In pratica, considerata lesperienza acquisita da que-sti allevatori, sembra che gli effetti negativi legati al clima possano essere limitati gra-zie a semplici accorgimenti tecnici e di gestione dellallevamento.

    Le ragioni che hanno condotto alla rapida diffusione dellallevamento allaperto inquesti Paesi sono molteplici. In primo luogo, questa forma di allevamento consente unridotto impegno di capitali rispetto al tipo tradizionale, in cui i costi finanziari e gliammortamenti delle strutture possono penalizzare fortemente la redditivit dellimpre-sa. Un ruolo positivo ha avuto anche l'abbondante disponibilit di terreni agricoli carat-terizzati da una fertilit medio-bassa, quindi con un basso costo duso, dove questoallevamento rappresenta unottima alternativa alla coltivazione di cereali (grano e orzo)o al set aside, imposto dalla Unione Europea. In secondo luogo, i consumatori delNord Europa hanno sviluppato da tempo unelevata sensibilit nei confronti del benes-sere degli animali allevati: gi a met degli anni 60 in Gran Bretagna esistevano codi-ci di comportamento per gli allevatori di suini e norme di protezione per gli animali,mentre verso la fine degli anni 80 - quindi con molto anticipo sulle Direttive comunita-rie di settore - in Svezia stato introdotto il divieto di utilizzare gabbie singole di con-tenimento per le scrofe in gestazione e allattamento.

    Infine, non va dimenticato il ruolo della grande distribuzione organizzata nel con-dizionare i sistemi di produzione degli alimenti. Nel caso particolare delle carni suine,la necessit di differenziare nuovi prodotti e marchi (ad esempio carni suine green andlean, ossia magre ed ecologiche) ha portato a importanti azioni di marketing, rivoltea supportare limmagine di un prodotto di maggior qualit proveniente da allevamentiallaperto free range-outdoor.

    Per quanto riguarda invece i Paesi dell'area mediterranea, lallevamento brado oallaperto del suino conosciuto fin dallantichit, soprattutto grazie alla possibilit disfruttamento degli ambienti di sottobosco - come i querceti e gli oliveti - e allanota adattabilit alimentare di questi animali.

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    Bisogna per notare come in Italia, nonostante le favorevoli condizioni clima-tiche, lallevamento del suino allaperto sia quasi inesistente, fatta eccezione peralcune recenti esperienze (in Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria,Calabria e Sicilia) in parte collegate allaffermarsi di produzioni tipiche di nicchiae allattivit di agriturismo. questo il caso del recupero di razze rustiche tradi-zionali - come ad esempio la Cinta Senese, la Mora Romagnola e il suino nerodelle Madonie e di Calabria, mai considerate dallallevamento intensivo.

    Tra le esperienze pi interessanti e continuative si ricorda quella condotta daVeneto Agricoltura da oltre 5 anni, in diversi terreni della pianura e collina vene-ta, grazie anche al supporto ricevuto dal progetto comunitario Leader II (Gal 6Asiago - 7 Comuni, dallAstico al Brenta e Gal 10 - 11 Patavino) e dalla RegioneVeneto (Programma Interregionale Agricoltura e Qualit).

    La sperimentazione ha certamente superato lo stadio di semplice studio difattibilit e adattamento allo specifico ambiente pedoclimatico, e ora guarda alladiffusione di questo sistema di allevamento, anche in considerazione della cre-sciuta attenzione degli allevatori e dei consumatori per le produzioni animali conmetodo biologico.

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    PERCH ALLEVARE I SUINI ALLAPERTO?

    Lallevamento intensivo dei suini in Italia, sia esso a ciclo chiuso - riproduzione eingrasso - o limitato alle sole fasi di accrescimento e ingrasso, viene praticato in struttu-re porcilaie la cui tipologia si sempre pi standardizzata nel corso degli ultimi ventianni. Nelle varie fasi dellallevamento gli animali sono alloggiati in gabbie o box (singo-le o di gruppo) su pavimenti pieni o fessurati, senza uso di lettiera. Le deiezioni-liquamisono raccolte in apposite vasche di stoccaggio per un periodo di maturazione, primadellutilizzo come fertilizzante organico sui terreni.

    La concentrazione di animali per unit di superficie e cubatura delledificio moltoelevata e ci comporta il ricorso a sistemi meccanici (ventilatori, aspiratori ecc.) per laventilazione e il controllo termico, soprattutto nelle sale parto e svezzamento. Inoltre, siassiste ad una maggiore incidenza delle patologie infettive, soprattutto quelle respira-torie e quelle legate allapparato genitale delle scrofe, e conseguenti interventi terapeu-tici di massa, dovute sia all'elevata concentrazione di gas e polveri, sia alla presenzacontinua di deiezioni sui pavimenti.

    Il costo di costruzione del singolo posto stalla/capo risulta sempre molto elevato esolo parzialmente compensato dalla possibilit di abbattere, grazie alle alte densit diallevamento, i costi di ammortamento della struttura.

    Da queste considerazioni nata la necessit di unanalisi critica del sistema, che asua volta ha dato il via a sperimentazioni volte a verificare la possibilit di ridurre questevoci di costo. Positive, ma limitate, risultano le esperienze di gestione in gruppi dinami-ci su lettiera delle scrofe gestanti e dei suinetti in post-svezzamento, mentre nella fasedi ingrasso la lettiera trova scarsa applicazione per gli elevati costi di gestione. Lanecessit di reimpostare pi o meno drasticamente il modello di allevamento dei suinisi fatta inoltre pi urgente sotto la spinta dell'opinione pubblica e del legislatore inmateria di impatto ambientale (spargimento dei liquami, odori ecc.), di benessere deglianimali in allevamento e di qualit dei prodotti di origine zootecnica. In questottica, l'al-levamento dei suini all'aperto pu rispondere positivamente alle problematiche sopraricordate, anche se il primo ostacolo che lallevatore deve superare nellaffrontare que-sta nuova modalit di allevamento, senza dubbio di ordine culturale.

    Lallevamento allaperto dei suini pu rappresentare una valida opportunit di inte-grazione al reddito aziendale sia per coloro che non hanno alcuna esperienza nel set-tore sia per quanti conducono gi un piccolo allevamento e sono intenzionati adampliarlo, avendo a disposizione terreni nelle vicinanze del centro aziendale, ma senzavoler affrontare ingenti investimenti di capitali.

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    Uno degli aspetti che portano a considerare favorevolmente questa forma diallevamento infatti il modesto impegno economico, legato allesiguit dellestrutture richieste per il ricovero degli animali e alla possibilit di eseguire in pro-prio i pochi lavori necessari, utilizzando anche materiali di recupero a bassocosto.

    Un secondo punto da considerare nella progettazione di un allevamentoallaperto, riguarda la possibilit di utilizzare terreni marginali caratterizzati da fer-tilit ridotta, perch sabbiosi o ricchi di scheletro (ghiaiosi, ridotto franco di colti-vazione).

    Vale la pena sottolineare, inoltre, laspetto della qualit dei prodotti ovvero ilvalore aggiunto che questa tipologia di allevamento conferisce alle produzioni.

    Abbiamo gi ricordato come anche nella realt italiana negli ultimi anni si fatta pi forte lattenzione rivolta agli aspetti connessi con il benessere degli ani-mali in allevamento, il ridotto utilizzo di medicinali e la qualit dei mangimi impie-gati. Ovviamente questo aspetto non viene apprezzato sempre in misura costan-te dal mercato per cui bene, prima di iniziare lallevamento, avere ben chiaroqual il consumatore al quale ci si rivolge, anche per calibrare correttamentelentit della produzione complessiva mensile di animali che possibile inviare almacello.

    Di norma la produzione di piccoli allevamenti (10-15 scrofe) viene facilmenteassorbita dal circuito locale (privati, agriturismi, macellerie), ma per allevamentisuperiori, 40-50 scrofe, indispensabile verificare la consistenza della domandao la possibilit di immettere il prodotto nel mercato tradizionale del suino pesan-te per prosciutti DOP. In questultimo caso, per, non garantito che al prodottovenga riconosciuto uno specifico valore aggiunto collegato al sistema di alleva-mento allaperto, salvo accordi preliminari con il trasformatore (salumificio o pro-sciuttificio) o linserimento in una filiera di prodotto.

    Una considerazione a parte va riservata agli allevatori che intendono produr-re suini secondo il metodo biologico. Nei relativi riferimenti di legge, per i quali sirimanda al capitolo Allevamento con metodo biologico, espressamente vietatoluso di gabbie per le scrofe e i suinetti, mentre prevista la possibilit di utiliz-zare aree di pascolo esterne ai ricoveri (con deroga per gli ultimi mesi di ingras-so). Ne deriva che un allevamento allaperto - sia esso a ciclo chiuso o limitatoalla sola fase di riproduzione - risponde perfettamente ai requisiti previsti dalsistema biologico, per quanto riguarda lalloggiamento e il benessere degli ani-mali.

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    PROGETTAZIONE DELLALLEVAMENTO

    Una approfondita fase progettuale dovrebbe sempre precedere linizio di una atti-vit di allevamento, soprattutto quando non si possiede una adeguata esperienza rela-tivamente ai comportamenti e alle esigenze degli animali. Poich gli eventuali errori infase di impostazione della struttura possono compromettere anche pesantemente laredditivit dellallevamento, si consiglia di visitare lAzienda Pilota e Dimostrativa Sas-se-Rami (Ceregnano, Ro) di Veneto Agricoltura o di incontrare altri allevatori che giutilizzino questo sistema. Se non si possiede alcuna esperienza di allevamento deisuini, inoltre, consigliabile iniziare con un gruppo di 10-15 scrofe, in modo da espor-si con un modesto impiego di capitali.

    SCELTA E PREPARAZIONE DEL TERRENO

    Le caratteristiche del terreno su cui si prevede di sviluppare lallevamento deisuini allaperto possono influenzare direttamente le performance degli animali.

    Innanzitutto necessario valutare il grado di permeabilit del suolo, caratteristi-ca che dipende direttamente sia dalla granulometria sia dalla struttura e profonditdel franco di lavorazione. I terreni permeabili ricchi di scheletro delle aree collinari epedemontane assicurano unottima permeabilit e un adeguato drenaggio delleacque piovane. Una leggera pendenza, inoltre, favorisce un pi veloce scolo delleacque. Nelle zone di pianura, i terreni di origine alluvionale si presentano pi spes-so ricchi di limo e argilla e in alcuni casi di sabbia. Questi tipi di terreno, anche inpresenza di piccole quantit dacqua, si compattano facilmente e impediscono lapercolazione, mentre ci non avviene nei terreni misti o prevalentemente sabbiosi.

    Prelevando un campione di terreno appena bagnato, possibile valutarne le caratteristiche granulometriche sulla base del grado di compattazione. Stringendo leggermente un pugno di terreno, questo si compatter lasciando unasensazione di appiccicoso se prevalente la frazione limo-argillosa o si disgregherfacilmente se ricco di sabbia. Se comunque si decide di utilizzare terreni argilloso-limosi per lallevamento, importante che questi siano ben baulati per evitare fenomeni di ristagno, e che siano sottoposti a ripuntatura. sempre consigliato undrenaggio temporaneo con un ripuntatore a palla o cono e, nei casi pi difficili, unsistema di drenaggio permanente costituito da appositi dreni in PVC interrati.

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    I terreni sabbiosi - dotati di maggiore permeabilit - si prestano quindi meglio allal-levamento, anche se possono provocare col tempo, negli animali pi vecchi, abrasio-ni alle unghie. Anche un terreno eccessivamente ricco di scheletro pu provocaredelle lesioni traumatiche ai piedi dei riproduttori pi vecchi, sulle quali si sviluppano poiinfezioni secondarie. In questi casi bisogner prevedere delle vasche di disinfezione,contenenti soluzioni di acqua e formalina al 10% o solfato di rame al 5% (trattando 3volte al giorno per 7-10 giorni) poste lungo i corridoi di movimentazione degli animali.

    I terreni destinati allallevamento devono comunque entrare in un sistema di rota-zione poich, per ragioni sanitarie - insorgenza di parassitosi - non consigliabilemantenere ininterrottamente gli animali sulla stessa area per pi di 2 anni. Il brancodovrebbe quindi essere dimensionato in base alla disponibilit di terreno per la rota-zione, iniziando lattivit su un prato al secondo anno di produzione: la presenza delcotico erboso si presta infatti meglio al calpestamento e pascolamento degli animali,rispetto a un terreno arato di recente, oltre a permettere un migliore utilizzo degli ele-menti fertilizzanti presenti nelle deiezioni, evitandone il dilavamento.

    Nella pianificazione delle rotazioni, considerata la fertilit residua dovuta alle deie-zioni animali, sicuramente da preferire la coltivazione di cereali, seguita da un pratopolifita per la ricostituzione del cotico erboso, nellobiettivo di un ritorno dei suini lan-no successivo.

    Indipendentemente dalla rotazione scelta occorre sempre ricordare che: preferibile effettuare le semine con la tecnica delle minime lavorazioni (estirpatura

    o fresatura del terreno) o semina diretta su sodo; si consigliano ripuntature profonde per aumentare il drenaggio dei terreni ricchi di

    argilla; in presenza di prati polifiti permanenti, bene adeguare il carico di suini in modo da

    non danneggiare il cotico erboso ed eventualmente spostare gli animali anche pivolte nello stesso anno.

    Se nelle aree destinate allallevamento sono presenti prati polifiti o vegetazione spontanea, necessario verificare lesistenza di specie tossiche per i suini.

    Sebbene il livello di tossicit sia variabile e dipenda dallo stato vegetativo dellapianta, dalla quantit ingerita e dallo stato fisiologico degli animali (i suinetti e le scro-fe gestanti risultano i pi sensibili), tra le piante pi pericolose - quando presenti in ele-vata quantit - si ricordano le felci, la veccia (Vecia spp.), la cicerchia (Lathyrus sati-vus L.), il ramolaccio (Raphanus raphanistrum niger), il senecio o senecione(Senecio vulgaris L.), il lupino giallo (Lupinus luteus) e lelleboro (Helleborusniger L.). Per quanto riguarda il carico di animali per unit di superficie, si devetener conto dei limiti imposti dalla legislazione nazionale e regionale in materia

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    grano, mais o prato

    Tabella 1 Alcuni esempi di rotazioni

    Anni Rotazione A Rotazione B Rotazione C

    prato polifita (terreno ripuntato e

    semina su sodo)

    orzo + prato polifita in

    semina primaverile

    orzo + prato polifita

    (semina primaverile)

    secondo suinisuini

    suini (da aprile a ottobre, accresc.-ingrasso)

    prato (nov.-apr.)

    suinisuiniterzo

    suini dopo 1sfalcio del prato

    (da aprile a ottobre, accresc.-ingrasso),

    prato (nov.-apr.)

    quarto mais/frumentoorzo +

    prato polifita (semina primaverile)

    suini dopo 1sfalcio del prato

    (da aprile a ottobre, accresc.-ingrasso)

    quinto

    prato (semina autunnale)

    suini dopo il 1sfalcio primaverile

    suini

    primo

    Figura 1 Lapposizione dellanello nella cartilagine del setto nasale riduce laprofondit di grufolamento

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    di deiezioni organiche e difesa delle falde (informazioni possono essere assuntepresso gli uffici regionali dellARPA - Agenzia Regionale per la ProtezionedellAmbiente - o degli Ispettorati dell'Agricoltura) oltre che della tenuta del terrenoe della sua permeabilit nei mesi di maggiore piovosit. In Veneto la DGR 3782/93- Piano Regionale per il Risanamento delle Acque - indica nellallegato D il carico

    massimo di peso vivo di suini allevabili - q/ha di superficie - per le zone a diversavulnerabilit ambientale.

    Per le zone C e D, dove ricade la maggior parte dei terreni agricoli, si pu arri-vare a un carico di suini rispettivamente di 24 e 35 q di peso vivo/ha. Ci equivalea circa 12 e 17 scrofe/ha con la loro nidiata, mentre per le fasi di accrescimento eingrasso si dovr tener conto della durata del ciclo e del peso medio presente.

    Si tratta di un carico di suini accettabile per lallevamento allaperto, tenutoconto delle principali tipologie dei terreni e delle elevate precipitazioni in alcuniperiodi dellanno. In ogni caso, lallevamento dei suini allaperto anche con carichisuperiori, quando le condizioni pedologiche lo consentono, non rappresenterebbeun rischio di inquinamento per le falde acquifere sotterranee. La quantit di deie-zioni che giornalmente viene lasciata sul terreno dagli animali non certo parago-nabile a quella distribuita in 1-2 interventi annuali con i liquami, nel sistema tradi-zionale. Risulta comunque sempre utile mantenere una buona copertura erbosa delterreno, meglio se con graminacee, ed evitare il ruscellamento superficiale nei ter-reni collinari in seguito alle precipitazioni.

    In caso di allevamento biologico, invece, il carico massimo di animali per etta-ro calibrato sulla base delle deiezioni prodotte dalle diverse categorie di suini alle-vati e comunque concordato con lOrganismo di Controllo prescelto.

    SUDDIVISIONE DELLE AREE DI ALLEVAMENTO E RECINZIONI

    Una volta individuata larea da destinare allallevamento e accertato che le carat-teristiche del terreno siano idonee allo scopo, necessario tracciare i recinti e le areeda destinare alle diverse fasi del ciclo produttivo.

    Questo aspetto assume particolare importanza soprattutto se si intende sviluppa-re lintero ciclo - riproduzione e ingrasso - mentre risulter pi semplice se si punta soloalla fase di ingrasso.

    La suddivisione delle aree in un allevamento a ciclo chiuso pu seguire due diver-se tipologie: a settori squadrati e a raggiera. La scelta dipende essenzialmente dalladisponibilit di terreno, dal sistema di rotazione adottato, dalla viabilit interna alla-zienda, nonch dalla distanza dal centro aziendale, in cui vengono stoccati gli ali-

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    menti, le attrezzature e sono localizzati gli edifici per la fase di ingrasso (porcilaietradizionali o tettoie semiaperte).

    Il sistema a settori squadrati-rettangolari si presta bene per corpi aziendali ebranchi di piccole dimensioni. In ogni caso dovr essere assicurata, attraverso lapresenza di adeguati corridoi di movimentazione, una buona viabilit per lo spo-stamento degli animali e tutte le operazioni gestionali.

    Figura 2 Schema di suddivisione delle aree per un allevamento di circa 50scrofe e lattonzoli, con il sistema dei settori squadrati.

    parto-allattamento controlloscrofette

    corsie di servizio

    inseminazione inseminazione

    corsie di servizio

    post-svezzamento

    verri

    verri

    gestazionegestazione gestazione

    abbeveratoi

    parto-allattamento

    recinzioni interne

    recinzione esterna

    Il sistema a raggiera risulta molto funzionale per la gestione della riproduzione,ma crea qualche problema per la coltivazione delle superfici a riposo (ideale inrotazione con prato polifita), oltre a richiedere un corpo di terreno di dimensionicertamente elevate anche per la costituzione di una unit produttiva di mediedimensioni (per un gruppo di 45-50 scrofe, lattoni e accrescimento sono neces-sari circa 5-6 ha per un allevamento convenzionale e almeno 10-12 ha per quel-lo biologico (figura 4).

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    Nonostante queste caratteristiche, grazie alla sua funzionalit, questo siste-ma molto diffuso nella realt inglese, in centri aziendali di dimensioni medio-grandi (18-20 ha), ma caratterizzati da terreni di scarsa fertilit, dove sono staticreati allevamenti di 200-250 scrofe (solo riproduzione e post svezzamento)gestiti con manodopera familiare (circa 2 unit lavorative).

    Indipendentemente dalla tipologia di allevamento adottata, bene prevedere: 1-2 aree di controllo e addestramento dei giovani animali alla recinzione elettrica (fili

    ben visibili intervallati da nastri colorati, o fili elettrici posti internamente e opportuna-mente distanziati da una recinzione di rete metallica);

    due o pi aree di stimolazione, individuazione dei calori e copertura; almeno 3-4 aree per la gestazione; alcuni parchetti per i verri a riposo; diverse aree di parto in base al numero di scrofe, in modo da formare gruppi parto di

    almeno 6-8 scrofe; un'area separata dove sistemare i cassoni-hangar o le capannine con relativi par-

    chetti, per i lattoni nella fase di post svezzamento.Il contenimento degli animali allinterno delle aree di allevamento avviene tramite

    perimetrazione delle stesse con paletti e fili metallici che conducono elettricit a bassovoltaggio derivata da una batteria o un trasformatore connesso alla rete aziendale.

    Figura 3 Particolare delle aree di parto in un allevamento a settori squadrati

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    Figura 4 Suddivisione delle aree di allevamento nel sistema a raggiera (trattoda: Le naissage des porcelets en plein air, I.T.P.)

    Area per le capanninedi post-svezzamento

    Corridoi di accesso

    Area per le capannine

    di post-svezzamento

    Recinti di inseminazione (4 capannine )

    Recinti digestazione(30 capannine)

    Recinti perladdestramento e ilcontrollo delle scrofette e verri a riposo(4 capannine )

    Recintipartoallattamento (60 capanni-ne)

    Abbeveratoi

    Area di servizioe movimentazione

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    Per rendere pi sicura la recinzione, si consiglia di utilizzare almeno due fili (3 sesono presenti i suinetti in aree di parto - allattamento) posti a 30 e 60-70 cm da terra, passanti attraverso appositi anelli isolanti infissi in paletti di 1-1,4 m di altezza.

    Pu inoltre risultare necessaria una recinzione fissa in rete metallica per protegge-re il centro servizi (capannina con alimenti, attrezzature, ecc.) o larea destinata alla quarantena dei riproduttori acquistati da altre aziende (collocata a distanza di sicurez-za dalle aree in produzione e dotata di attrezzature e alimenti proprie).

    La recinzione perimetrale particolarmente importante per limitare lintrusione dianimali selvatici (soprattutto in aree limitrofe a boschi, corsi dacqua ecc.) o domestici,potenziali vettori di patologie per i suini allevati.

    RICOVERI PER I RIPRODUTTORI, I LATTONI E L INGRASSO

    possibile distinguere tre tipi di strutture: ricoveri per la fase di parto-allattamento (per una sola scrofa con nidiata); ricoveri per le scrofe gestanti (strutturalmente simili a quelli utilizzabili per il ricovero

    dei suini allo stato brado nelle fasi di accrescimento-ingrasso); ricoveri per i lattoni (di norma dallo svezzamento fino ai 35 kg).

    Queste strutture possono essere acquistate presso ditte specializzate o costruitein azienda utilizzando anche materiali di recupero. In questultimo caso, si ricorre spesso alla vetroresina, alla lamiera zincata, a traversi e tavole in legno (rispettiva-mente per la struttura portante e i tamponamenti laterali) e a lastre ondulate di fibro-cemento o materiali simili per la copertura. Si consiglia limpiego di lastre di coper-

    Figura 5 Particolare dei paletti e dei fili di recinzione

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    Figura 6 Schema e dimensioni di una capannina per parto-allattamento (trattoda: Le naissage des porcelets en plein air, I.T.P.)

    Figura 7 Capannina per parto allattamento con barriere esterne per impedireluscita dei suinetti nei primi giorni post parto (modello prodotto da dittedel settore)

    tura coibentata, soprattutto per le capannine da parto, al fine di limitare leffettodellirraggiamento solare estivo o la perdita di calore nella stagione fredda.

    Le capannine per il parto-allattamento sono dimensionate in modo da ospi-tare una sola scrofa, libera di muoversi allinterno nei momenti di preparazione alparto e di formazione del nido nella lettiera. Indicativamente si pu prevedereuna superficie/scrofa di circa 4,5-5 m2 (3 m di larghezza, 1,4-1,6 m di lunghezzae unaltezza di circa 1-1,3 m).

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    Figura 8 Capannina per parto-allattamento costruita dall'allevatore

    Internamente queste capannine possono presentare, lungo il perimetro o solo sualcuni lati, unasse di legno posto a 25-30 cm di altezza e a 30-40 cm dalla parete,inmodo da creare una zona in cui i piccoli suinetti possono trovare riparo dagli schiac-ciamenti, molto frequenti nei primi giorni post parto (figura 9). In questo periodo, infat-ti, i piccoli, alla ricerca di calore attraverso il contatto con il corpo materno, rischianodi venire schiacciati nel momento in cui la scrofa si corica di lato per allattare.

    Lutilizzo delle assi anti-schiacciamento deve per essere attentamente ponde-rato per evitare il rischio che la scrofa, infilandoci sotto le zampe una volta distesa,possa provocarsi poi delle lesioni quando tenta di rialzarsi.

    Nella parte posteriore della capannina o lungo il fianco, nella zona pi protettarispetto allentrata, pu eventualmente essere inserito un nido esterno, di altezza infe-riore a quella della capannina (50-60 cm), per creare un migliore microclima per i pic-coli e consentire alloperatore unagile ispezione, sollevandone il coperchio dalle-sterno.

    Lentrata della capannina, larga non pi di 75-80 cm, viene collocata di norma suun lato, per evitare di esporre i suinetti a correnti dirette di aria fredda. La porta di entra-ta pu essere protetta durante la stagione fredda con un foglio di plastica PVC traspa-rente, di spessore 8-10 mm, fissato solo nella parte alta, in modo da consentire il pas-

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    saggio della scrofa e limitare nel contempo l'entrata di correnti fredde (figura 10). Tutte le capanne devono essere orientate in modo che lentrata si trovi sottovento

    rispetto alla direzione dei venti dominanti. Una piccola barriera a forma di ferro di caval-lo, alta 30-35 cm e lunga 1,1-1,2 m, posta di fronte allentrata della capannina, perimpedire lallontanamento dei piccoli suinetti.

    Le capannine non hanno pavimentazione e di norma sono appoggiate direttamen-te sul terreno, sul quale viene steso uno strato di lettiera (almeno 25-30 cm) di paglia,segatura o altri residui vegetali.

    buona norma prevedere lancoraggio delle capannine al terreno mediante pic-chetti removibili di 40-50 cm. Senza questo accorgimento, infatti, le capanne possonoessere spostate dalle scrofe, col grugno quando non presente lanello al naso, che quindi consigliabile apporre (salvo specifico divieto dell'Organismo di Controllo in casodi allevamento secondo il metodo biologico).

    Figura 9Particolare delle barre anti-schiac-ciamento, poste allinterno di unacapannina parto allattamento

    Figura 10Particolare dell'entrata di una capannina

    parto allattamento con i fogli di PVC posti aprotezione dei suinetti dalle correnti d'aria

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    Nei mesi di maggior piovosit e in presenza di terreni con scarsa permeabi-lit, pu risultare utile sollevare le capannine dal terreno appoggiandole su sup-porti di vario tipo (pali, traversine di legno, ecc.). Tutte le capannine devono inol-tre presentare 1 o 2 punti di aggancio nella parte superiore, in modo da poterlefacilmente sollevare e spostare utilizzando il braccio di sollevamento del trattore.

    Le capanne di ricovero per le scrofe in gestazione necessitano di minoriaccorgimenti tecnici rispetto a quelle destinate al parto. Normalmente hannoforma a mezzaluna o hangar, con dimensioni variabili da 10 a 16 m2 o pi, inmodo da poter accogliere da 4 a 6 scrofe gestanti (almeno 2,5 m2/scrofa).Laltezza pu variare da 1,2 a 1,7 m, a seconda della tipologia costruttiva, pre-vedendo sempre 1-2 aperture - prese daria - sulla tamponatura opposta allentra-ta, per facilitare il ricambio d'aria nella stagione calda.

    Figura 11 Diversi tipi di capanne per gestazione

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    Figura 12 Hangar per lattoni in post svezzamento

    Al termine dello svezzamento - in genere dopo i primi 30-40 giorni di vita, aseconda dell'organizzazione aziendale - i suinetti sono raggruppati in gruppi di 20-25 animali, il pi possibile omogenei per et e peso, e vengono alloggiati in casso-ni-hangar di accrescimento, fino al raggiungimento dei 35 kg.

    Queste capanne normalmente presentano una struttura ad hangar, con unazona di riposo su lettiera, un parchetto esterno, una zona di alimentazione copertae una di defecazione. La superficie richiesta per suinetto varia in funzione del peso,delle condizioni climatiche (temperatura e piovosit) e delle condizioni del terreno(permeabilit). Normalmente la superficie/capo di circa 0,4-0,6 m2 di lettiera e di0,5-0,6 m2 di parchetto esterno, per ogni suinetto alloggiato nella struttura.

    Una superficie maggiore per il parchetto - circa 1 m2/ suinetto - consigliabilequando il terreno non presenta una buona capacit drenante e comunque nei perio-di pi piovosi.

    Raggiunto il peso di 30-35 kg, i suinetti possono essere suddivisi in gruppi omo-genei di circa 20 animali per laccrescimento e lingrasso. Queste ultime due fasi delciclo possono avvenire all'aperto o in ambienti semi chiusi (tettoie con parchettiesterni, come consigliato ad esempio dal metodo di produzione biologico) con usodi lettiera nella zona di riposo.

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    Figura 13 Particolare dell'area esterna di un hangar di post-svezzamento

    Figura 14 Area e capanna di ricovero per suini in accrescimento

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    ATTREZZATURE PER LALIMENTAZIONE E LABBEVERAGGIO

    Quando lallevamento allaperto viene praticato su terreni che entrano in unsistema di rotazione con le colture agrarie, gli impianti necessari per lalimentazionee labbeveraggio degli animali devono essere facilmente spostabili per permetterela coltivazione dellarea. possibile comunque prevedere impianti fissi localizzan-doli lungo il perimetro dei recinti e, per i suini allingrasso, in strutture semiaperte (tet-toie con annessi recinti).

    Nellallevamento allaperto, il mangime pellettato pu essere distribuito alle scro-fe in gestazione e in allattamento sia a terra che in truogoli-mangiatoie. Il primo siste-ma indubbiamente pi semplice, ma necessita di alcuni accorgimenti per evitare eccessive perdite di mangime: si possono utilizzare pellets standard di 3-4 mm di diametro e circa 10 mm di lun-

    ghezza, ma i risultati migliori si ottengono con pellet-wafers di 1,6-2 x 2,5 cm (que-sti infatti, sebbene non siano sempre facilmente reperibili sul mercato, riducono alminimo le perdite di prodotto anche su terreni pesanti);

    per evitare la formazione di aree fangose durante la stagione piovosa a causa del-leccessivo calpestamento da parte degli animali e le conseguenti perdite di ali-mento, opportuno cambiare di frequente la zona di distribuzione del mangime;

    Figura 15 Area di pascolo per suini in accrescimento-ingrasso, ricavata in unpioppeto

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    per evitare che i residui di mangime sul terreno possano richiamare gli uccel-li, veicolo di potenziali patologie per i suini, consigliabile proteggere lareadi alimentazione con reti ombreggianti o teli impermeabili.

    Figura 16 Distribuzione a terra del mangime alle scrofe in gestazione

    La distribuzione di pellet di piccole dimensioni o frantumati necessario avven-ga in truogoli o mangiatoie. Questi possono essere costituiti da tubi in plastica, manu-fatti in cemento, di legno o da materiali di recupero (ad esempio, grossi copertoni -da trattore o da camion - sezionati a met).

    La distribuzione del mangime pu rappresentare un momento di forte stress pergli animali a causa dellinsufficiente spazio mangiatoia e del regime di alimentazionerazionata, con scontri, aumento dellaggressivit e morsicature. Nei gruppi di scrofein gestazione, non di rado quelle dominanti si sovralimentano a danno di quelle pigiovani e leggere. Creare almeno due punti di alimentazione nellarea, assicurare unospazio al truogolo di 50-60 cm per scrofa, formare gruppi omogenei di peso, sonosemplici accorgimenti che aiutano a risolvere il problema. Come nel caso della distri-buzione a terra, i truogoli dovranno essere spostati di tanto in tanto allinterno della-rea di allevamento, soprattutto durante la stagione pi piovosa. In questo stessoperiodo, pu risultare utile la protezione delle mangiatoie dalla pioggia, mediante la

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    copertura dell'area di alimentazione con una struttura ad archi (possono essereutilizzati gli archi da serre) e lastre ondulate di materiale plastico o teli imper-meabili.

    Cassette porta mangime per lalimentazione a volont possono esserenecessarie per i suinetti sottoscrofa negli allattamenti prolungati (oltre i 25-30giorni), mentre sono comunemente utilizzate per i lattoni in post svezzamento. Icontenitori porta mangime si fissano sulla parete della capannina, in modo daessere facilmente caricati dall'esterno sollevando una porta-coperchio (figura 18).

    Il trasporto e la distribuzione del mangime ai riproduttori avviene mediantel'uso di semplici secchi (di cui si precedentemente valutata la capacit) e ditrattorini con annesso rimorchio; questi ultimi risultano molto utili negli allevamen-ti di medio-grandi dimensioni, anche per il traino delle gabbie di trasferimentodegli animali.

    Per quanto riguarda la distribuzione dellacqua, la rete idrica di normacostituita da tubi in materiale plastico: presenta una condotta centrale e una seriedi linee secondarie, dirette verso i diversi recinti e abbeveratoi. Questi possonoessere costituiti da vasche o bidoni (ricavati da materiali di recupero) con livellocostante dellacqua, oppure da vaschette o succhiotti fissati su supporti (pali inlegno o colonnine di cemento).

    Figura 17 Truogolo di alimentazione ricavato da materiale di recupero aziendale

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    Nei recinti sempre consigliabile predisporre almeno due punti di abbeve-raggio, per evitare che la scrofa dominante possa allontanare le altre rimanendonelle prossimit dellunico abbeveratoio. In ogni caso, le tubature devono esseretenute fuori della portata degli animali che potrebbero danneggiarle con morsi-cature, e deve essere evitata leccessiva perdita di acqua in prossimit degliabbeveratoi, che creerebbe unarea di permanente pantano.

    Quando si utilizzano delle cisterne per alimentare gli abbeveratoi dei recinti pi lontani dal centro aziendale, bisogna prevedere un consumo di almeno 8-10 litrid'acqua/giorno per le scrofe in gravidanza (copertura e verri) e almeno 15-20litri/capo/giorno per l'allattamento. Un elevato quantitativo di acqua richiesto,inoltre, nel periodo estivo per il raffrescamento degli animali mediante docce oper creare delle aree fangose-pozze d'acqua.

    Nel periodo invernale, con temperature vicine al punto di congelamento,risulta utile la distribuzione di acqua calda contenente un integratore salino insoluzione, soprattutto negli abbeveratoi delle scrofe in lattazione, che necessita-no di abbondanti quantit dacqua, pena una riduzione della produzione di latte.

    Figura 18Particolare della cassetta porta man-gime, con carico dall'esterno, nellacapanna di post-svezzamento

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    Figura 19 Truogolo per labbeveraggio

    Figura 20 Abbeveraggio con succhiotti fissati su pali in cemento

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    SCELTA DEL TIPO GENETICO

    Quasi tutte le razze di suini allevate attualmente in Italia e in Europa sonostate selezionate negli ultimi 20-30 anni per conseguire le migliori performanceriproduttive e produttive in allevamenti intensivi e in edifici chiusi.

    Solo recentemente, sulla spinta del crescente interesse in alcuni Paesi nordeuropei per lallevamento dei suini allaperto, alcune aziende di selezione e pro-duzione di ibridi hanno iniziato a rivolgere la propria attenzione verso tipi geneti-ci adatti a questa forma di allevamento.

    Sebbene le razze utilizzate per la costituzione di questi nuovi ibridi - scrofet-te F1 e verri - siano le classiche e pi diffuse Large White, Landrance, Duroc equalche volta Hampshire, lopera di selezione predilige limpiego di linee chepresentano caratteristiche specifiche. I riproduttori per lallevamento allapertodevono infatti presentare i seguenti tratti: scrofette con arti pi robusti e taglia leggermente pi alta dei normali suini ibri-

    di da allevamento intensivo, in modo che la deambulazione risulti facilitata suterreno pesante;

    scrofe con maggiore capacit di ingestione durante lallattamento e spiccataattitudine materna nelle prime ore post parto;

    verri dotati di ottima libido, leggeri, non eccessivamente muscolosi, e conrobusti arti posteriori, per una monta migliore anche su terreni pesanti;

    cute dei riproduttori leggermente pigmentata, per ridurre il rischio di scottatu-re da sole.

    Questo ultimo punto deve essere attentamente considerato in quanto i suinipresentano generalmente un sistema di termoregolazione critico, scarsa protezio-ne del mantello e mancanza di sudorazione.

    Per questi motivi le classiche razze a cute bianca, Large White e Landrance,si scottano facilmente (eritemi solari) soprattutto sulla schiena, dietro le orecchie esulle mammelle.

    L'aumento della temperatura corporea - ipertermia - nelle scrofe gravide puprovocare aborti spontanei, mentre i verri non montano (ridotta libido) e la loro fer-tilit si riduce drasticamente. Da qui la necessit di proteggere gli animali dal soleattraverso docce e pozze d'acqua che permettono agli animali di coprirsi di fango,oppure, dove queste siano controindicate per il rischio sanitario, con reti ombreg-gianti.

    In linea generale, sono preferiti gli incroci con linee di razze pi rustiche (Durocamericana, inglese o danese), evitando quelle pi muscolose come la Pietrain, la

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    Figura 21 Pozza dacqua per il raffrescamento estivo

    Figura 22 Area ombreggiata realizzata con materiali di recupero aziendale

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    Landrance Belga o Tedesca. Per quanto riguarda le scrofette F1, si sono rivelatiinteressanti gli incroci Landrance x Duroc e Large White x Duroc, successiva-mente accoppiate con: un verro terminale Large White per ottenere un suino pesante (160-170 kg) per

    prodotti tipici DOP; oppure con un verro terminale Landrance o Hampshire per ottenere un suino

    medio-leggero (120-130 kg) per carne fresca e salumeria a breve stagionatura.Allo stato attuale non sono disponibili sufficienti informazioni sulle performan-

    ce dei diversi tipi genetici nella realt di allevamento all'aperto nel nostro Paese. L'esperienza di tecnici del settore e le informazioni reperibili nei Paesi del

    Nord Europa rappresentano unutile guida per questa scelta. sempre sconsi-gliato utilizzare pi tipi genetici contemporaneamente o sostituirli di continuo, perle difficolt gestionali che questo comporta, con la probabile riduzione delleperformance di allevamento.

    Ulteriori elementi da considerare nella scelta di un ibrido commerciale riguardano: la conoscenza delle linee e razze di costituzione, delle performance medie e

    di qualit della carcassa; la specificit per il sistema di allevamento all'aperto, anche se in ambienti del

    Nord Europa; la presenza di un allevamento di moltiplicazione con elevato standard sanita-

    rio per il reperimento dei riproduttori a seconda della necessit; la qualit dell'assistenza tecnica fornita all'allevatore.

    Una volta scelto il tipo genetico, in funzione della sue specifiche caratteristi-che, l'allevatore dove imparare a conoscere il pi approfonditamente possibile ipunti deboli dei propri animali, in modo da adottare le migliori soluzioni corretti-ve.

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    Figura 23 Scrofa Landrance x Large White

    Figura 24 Scrofetta Landrance x Duroc

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    Figura 25 Verro Large White

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    GESTIONE DELLA RIPRODUZIONE

    Nellallevamento di suini allaperto a ciclo chiuso una buona gestione della ripro-duzione rappresenta un elemento fondamentale per la redditivit dellimpresa.

    Allarrivo in azienda i riproduttori devono essere sottoposti ad un periodo di qua-rantena in un ambiente il pi possibile lontano dagli altri animali allevati. sempre sug-geribile acquistare dei riproduttori gi adattati allallevamento allaperto, per evitarecomportamenti anomali al momento dellintroduzione nei recinti. Quando questo nonrisulta possibile, i riproduttori vanno seguiti molto attentamente durante la prime setti-mane di adattamento in uno specifico recito allaperto, per abituarsi alla presenza deicavi con corrente elettrica.

    In questo momento verranno formati i gruppi di scrofette di numerosit variabile aseconda dell'organizzazione dell'allevamento, in modo da mantenerli stabili durante lacarriera riproduttiva. Qualora sia prevista la monta libera naturale con un gruppo di 2-3 verri imbrancati con le scrofe dopo lo svezzamento, i verretti dovranno essere alle-vati fin da giovani in gruppo, e lo stesso verr mantenuto per tutta la carriera riprodut-tiva. Risulta infatti assai problematico e rischioso formare gruppi di monta con verriadulti estranei tra loro.

    Di norma, tutti gli animali vengono identificati tramite una marca auricolare di pla-stica a paletta riportante il numero dellanimale o da un bottone con microchip per lalettura elettronica, che permette allallevatore di identificare lanimale a distanza attra-verso un apposito lettore (questa alternativa pi costosa, ma molto utile negli alleva-menti allaperto). Anche le capannine situate nellarea di parto dovrebbero essereidentificabili, per meglio seguire le fasi produttive e facilitare la registrazione dei dati.

    Una particolare attenzione deve essere rivolta ai giovani animali al momento del-linizio della loro attivit riproduttiva. Per i verretti va valutato il grado di libido in pre-senza di scrofe e la capacit alla monta: questa bene avvenga, inizialmente, su scro-fe al 2-3 parto e non su scrofette, le quali risultano generalmente pi irrequiete.

    Le scrofette, mantenute in gruppi di 5-6 animali, vanno stimolate almeno una voltaal giorno con un verro adulto portato nel loro recinto fino alla comparsa dei calori e allaconseguente inseminazione (all'et di 7 mesi, al 2-3 calore utile).

    Lindividuazione dei calori e linseminazione pu avvenire liberamente nei recinti osotto controllo di un operatore in unarea protetta (area di servizio).

    Nel primo caso le scrofe, al termine dello svezzamento, vengono imbrancate nel-larea di monta insieme ai verri: la stimolazione, lindividuazione delle scrofe in caloree gli accoppiamenti - che di norma avvengono entro una settimana dallo svezza-mento - sono spontanei. Mantenendo un rapporto di 2-3 femmine per verro adulto,

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    Figura 26 Accoppiamento in monta naturale

    possibile formare gruppi di 7-8 scrofe e 3 verri nello stesso recinto (o 5 scrofe e 2verri). comunque consigliata la rotazione, ogni secondo giorno, del gruppo di verri,con altro gruppo; questa tecnica previene un eccessivo sfruttamento e assicura unapi alta portata al parto.

    Questo sistema necessita di un basso impegno da parte dellallevatore ma, oltrea richiede un alto numero di verri, non permette di conoscere la paternit delle nidia-te, poich una scrofa pu essere coperta pi volte durante il calore da verri diversi.

    Anche lo spazio disponibile per gli animali deve essere attentamente valutato e igruppi dovrebbero risultare il pi possibile omogenei per peso ed et, al fine di ridur-re al massimo laggressivit e le lotte. Queste comunque si verificano frequentemen-te, nel momento in cui gli animali vengono imbrancati per gli accoppiamenti: la pre-senza di 2-3 capanne facilita la suddivisione degli animali e linstaurarsi delle gerar-chie di gruppo, ma sempre bene assicurare una sufficiente area o via di fuga per glianimali non dominanti.

    Durante la prima gestazione, le giovani scrofette dovrebbero costituire un gruppoa s. Negli accoppiamenti guidati, invece, i gruppi di scrofe vengono imbrancate in unrecinto e stimolate almeno 2 volte al giorno con la presenza di un verro. Una volta indi-viduato il riflesso di immobilit della scrofa al verro (la scrofa si lascia cavalcare), che indice della presenza del calore, si pu procedere allinseminazione con montanaturale (portando la scrofa nel box di un verro) oppure artificiale. In ogni caso si rac-

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    comanda una seconda inseminazione, a distanza di 8-10 ore dalla prima. Questosistema consente di conoscere sempre la paternit della nidiata e di mantenere unrapporto tra scrofe e verri pi alto (8-10 a 1), poich i maschi possono essere sfrut-tati correttamente, ma richiede allallevatore un impegno di tempo maggiore. Nelcaso si ricorra allinseminazione artificiale, il numero di verri pu essere ulteriormen-te ridotto, sia effettuando il prelievo e la diluizione del seme in azienda, che acqui-stando le dosi di seme fresco o congelato presso un centro autorizzato.

    Trascorse 2 settimane dallo svezzamento, le scrofe si presumono ingravidatenel sistema in monta libera, cos come nella monta controllata; rimangono comun-que imbrancate con un verro per le coperture degli eventuali ritorni in calore.

    La diagnosi di gravidanza con accertamento ecografico tra i 30-40 giorni dopo l'inseminazione, permette di individuare le scrofe gravide e di provvedere al loro trasferimento nellarea di gestazione, dove rimarranno fino a 2 settimane dal parto.Una seconda diagnosi di gravidanza pu essere effettuata a distanza di 20-25 gior-ni dalla prima, per evitare che alcune scrofe, non pi gravide in seguito ad abortinon rilevati, continuino ad essere ritenute tali.

    Nell'intervallo svezzamento-copertura (circa 2 settimane) le scrofe riceverannocirca 3,5-4 kg di mangime, in una unica o 2 somministrazioni giornaliere. Questoquantitativo permette agli animali di recuperare ulteriore peso e ha dimostrato unbenefico effetto sul tasso di ovulazione e di concepimento. Dalla terza settimana edurante la gestazione, le scrofe possono essere alimentate una sola volta al giorno,con circa 2,5-3 kg di mangime per capo (tabella 2), tenendo comunque conto delletemperature esterne e quindi della quota di alimento persa per la termoregolazionee il movimento. Sebbene sia necessario evitare che le scrofe arrivino troppo grassea fine gravidanza - condizione che potrebbe rendere difficoltoso il parto - nell'ultimasettimana conviene aumentare gradatamente la razione giornaliera di circa 500 g al giorno, passando da una a due distribuzioni; ci aiuter la scrofa ad adattarsi velo-cemente alle maggiori razioni distribuite durante lallattamento.

    Circa 10-12 giorni prima della data presunta del parto, le scrofe gravide vengo-no spostate in unarea specifica, dove sono presenti tante capannine quanti sono glianimali del gruppo. Per ragioni sanitarie, questi ricoveri devono essere spostati suunarea diversa dopo ogni parto; vanno quindi pulite, lasciate ad asciugare capo-volte e disinfettate con una soluzione di calce viva e acqua. Dopodich si distri-buisce un abbondante strato di paglia lunga e trinciata o, se disponibile, sega-tura (25-30 kg/capannina). Per una maggiore tranquillit degli animali, si sugge-risce una distanza di almeno 20 m tra una capannina e laltra.

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    Tabella 2 Fabbisogni alimentari indicativi delle scrofe in gestazione e allattamento

    Gestazione AllattamentoRequisiti indicativi del mangime(% sul tal quale)Energia metabolizzabile EM(kcal/kg di alimento)

    Proteine grezzeEstratto etereoFibra grezzaLisinaMetionina + CistinaCalcioFosforoQuantit somministrata (kg/capo/giorno)Post svezzamento-copertura (razionato)Gestazione (razionato)

    Allattamento (a volont)

    2900-3000

    14-155-64-5

    0,5-0,60,9-1

    0,65-0,7

    3,5-42,5-3

    3050-3100

    15-164-5

    4-4,5

    0,5-0,61-1,1

    0,7-0,75

    6-7

    0,7-0,8 0,7-0,8

    Tabella 3 Alimenti normalmente utilizzati nella formulazione dei mangimi perscrofe (quantit indicative non sommabili)

    Gestazione AllattamentoAlimenti energetici (%)Mais, farinaOrzo, farina

    Alimenti proteici (%)Soia, farina di estrazioneSoia, farina integrale tostataPisello zootecnico

    Altri (%)Crusca e cruschelliErba medica disidratataPolpa di bietole disidratataIntegratori minerali e vitaminici (%)Carbonato di calcioFosfato monocalcico

    Cloruro di sodioIntegratore polivitaminico mineraleLieviti

    20-3020-30

    7-150-50-5

    17-253-50-3

    1,8-20,3-0,4

    0,40,40,5

    30-4020-30

    10-155-100-5

    15-203-50-2

    1,9-20,3-0,4

    0,40,4

    0,5-0,6

    Durante le ore che precedono il parto (che nella maggior parte dei casi avvienedi notte), le scrofe sono intensamente impegnate nel rimescolamento della lettieracon il grugno, e in genere sospendono lassunzione di alimento. La scrofa si coricae si rialza varie volte fino al momento in cui iniziano le contrazioni: lanimale quindi sipone su un fianco e consente luscita del primo suinetto, ancora parzialmente avvol-to negli invogli fetali e con il cordone ombelicale intatto. La nascita dei successivi sui-

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    netti avviene normalmente nelle successive 4-5 ore, a intervalli di circa 15-20 minuti(la frequenza si riduce per gli ultimi nati).

    Le prime 48 ore che seguono linizio del parto sono molto importanti per i suinettie la scrofa poich in questi momenti che si instaurano i ritmi delle poppate e delleattivit (riposo, alimentazione, allattamento, rivoltamento della lettiera); quindi cosi-gliabile limitare al minimo le visite alla capannina in questo periodo e rimandare il con-trollo dei suinetti nati, morti o schiacciati, e laggiunta di ulteriore lettiera.

    Il numero dei nati morti, e dei suinetti deceduti nelle prime 48 ore post parto, molto variabile e dipende principalmente dall'attitudine materna della scrofa, dallatemperatura interna alla capannina e quindi dalle condizioni climatiche stagionali. Idati delle sperimentazioni effettuate nel Nord Europa e di quelle, seppur limitate, ita-liane, mostrano lesistenza di una grande variabilit di questo parametro: si va infattida un 10% di suinetti persi per nidiata - valori ritenuti fisiologici anche negli alleva-menti tradizionali (gabbia parto in porcilaie chiuse) - fino a livelli superiori al 30% inallevamenti all'aperto durante la stagione fredda. Una grande attenzione deve esse-re quindi posta alla professionalit degli operatori, all'eliminazione delle scrofe conscarsa attitudine materna e all'adozione di tutti i possibili accorgimenti che permet-tono di ridurre la mortalit nei primi giorni di vita.

    In tabella 4 sono riportati alcuni dati relativi alle esperienze di allevamento alla-perto di scrofe di un comune ibrido commerciale di costituzione inglese, condottepresso lazienda Vallevecchia di Caorle (Ve) di Veneto Agricoltura, dal 1997 al 1999.Anche se si riferiscono a un numero modesto di animali e a un periodo sperimenta-le ridotto, i dati sono sufficientemente confortanti, e dimostrano la fattibilit tecni-ca di questo sistema di allevamento.

    Tabella 4 Performance riproduttive di scrofe allevate allaperto nel periodo 1997-99, presso lazienda agricola Vallevecchia

    Scrofe mediamente presenti, n.Totale parti nel periodo considerato, n.Interparto medio, giorniIntervallo parto-svezzamento, giorni

    Intervallo svezzamento-concepimento, giorniParti/scrofa/anno, n.Suinetti nati/parto, n.Morti/nidiata, n.Suinetti svezzati/parto, n.Suinetti svezzati/scrofa/anno, n.

    245162

    16,42,25

    11,4

    9,621,110,2

    63

    32

    1,5

    Peso medio dei suinetti svezzati, kg

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    1: Le Denmat et al., 1995; 2: MLC Pig Yearbook, 1994; 3: Mortensen et al., 1994

    Francia1 Regno Unito2Allevamenti controllati, n.Totale scrofe nel campione, n.Interparto, giorni

    Parti/scrofa/anno, n.Suinetti nati/parto, n.Suinetti svezzati/parto, n.

    Suinetti svezzati/scrofa/anno, n.

    Peso medio degli svezzati, kg

    39423460

    2,3411,49,1

    7,7

    Tabella 5 Performance riproduttive ottenute negli allevamenti allaperto in alcu-ni Paesi del Nord Europa

    6325704

    2,2011,69,5

    6,3

    91206

    2,3211,79,6

    7,0

    Danimarca3

    155,9 165,9 157,3

    21,4 21,1 22,3Et allo svezzamento, giorni 26,9 24 26,4

  • 43

    ALLATTAMENTO E SVEZZAMENTO

    Nei primi due giorni dopo il parto, importante rilevare se le scrofe si alimenta-no normalmente: a questo scopo risulta utile unire al mangime, nei giorni che pre-cedono il parto, un sale purgativo (un cucchiaio di solfato di magnesio/capo/giorno)e/o garantire la presenza di erba o fieno, in modo da evitare pericolose costipazioniintestinali post parto.

    Durante lallattamento le scrofe necessitano di una elevata quantit di mangime(tabella 2) - circa 6-7 kg/capo/giorno: questo, oltre ad assicurare una buona produ-zione di latte, evita un eccessivo dimagrimento dellanimale, che comunque risultafisiologico durante le prime 2 settimane post-parto. Alcune scrofe, soprattutto se pri-mipare, perdono una quantit eccessiva di peso durante lallattamento e questoinfluenza negativamente il successivo ritorno in calore: in questi casi, si consiglia diprolungare di 1-2 settimane il normale periodo di svezzamento, allontanando i sui-netti pi sviluppati e lasciando i 3-4 pi leggeri.

    Ci consentir alla scrofa di recuperare peso e ai suinetti leggeri di avvantag-giarsi grazie ad un allattamento prolungato.

    Ovviamente anche lacqua non deve mai mancare, per cui molto importanteche la scrofa durante lallattamento abbia sempre libero accesso ad un abbevera-toio. In generale, il caldo estivo, soprattutto durante il giorno, deprime lappetito degli

    animali e, in particolare, rende nervose le scrofe in prossimit del parto e duran-te lallattamento. Limbiancatura del tetto delle capannine con una pasta di calce e

    Figura 27 Scrofa in allattamento

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    acqua, lutilizzo di tetti coibentati o la copertura con reti ombreggianti possono limi-tare linnalzamento delle temperature interne, riducendo lo stress cui sono sottopostigli animali. La presenza di unarea ombreggiata comunque sempre opportuna intutti i recinti e non solo in quello per il parto.

    L'utilizzo di pozze d'acqua, nelle quali gli animali possono bagnarsi (diminuiscela temperatura superficiale e il fango protegge dalle scottature), deve per essereben valutato, in considerazione del danneggiamento arrecato al terreno (lavori di risi-stemazione necessari per la successiva messa a coltura dello stesso) e del rischiodi diffusione di microrganismi patogeni (leptospire e coccidi).

    Nellallevamento allaperto, lo svezzamento pu iniziare a 25-28 giorni - comeaccade negli allevamenti chiusi convenzionali - oppure essere posticipato di 1-2 set-timane. Un allattamento prolungato, a 5 o 6 settimane come nel metodo di produ-zione biologica (minimo di 40 giorni), permette di ottenere suinetti pi vitali e scrofeche recuperano pi peso, ma ovviamente determina un interparto pi lungo e quin-di una diminuzione del numero di parti/scrofa/anno, importante indice di produttivitdellallevamento.

    Gi dalla terza settimana di vita pu essere messo a disposizione dei suinetti, inapposite mangiatoie non accessibili alle scrofe, un mangime specifico per il periododi allattamento. Si tratta di un mangime prestarter, normalmente sotto forma di pic-coli pellets sbriciolati, con un elevato contenuto energetico e proteico (circa 3300-3400 kcal di energia metabolizzabile per kg di mangime e un contenuto di proteinegrezze pari al 20-21%). Le materie prime utilizzate nella formulazione devono avereuna elevata digeribilit (cereali fioccati o estrusi), devono essere ricchi di energia (olivegetali) e di proteine con elevato valore biologico (farine di latte magro o di siero).

    A causa dell'elevato costo e della difficolt di assicurare l'utilizzo esclusivo ai sui-netti, limpiego di questi prodotti deve essere ponderato anche in funzione delledimensioni della nidiata, dello stato nutrizionale dei piccoli e della durata previstadell'allattamento.

    Per quanto riguarda le altre pratiche da effettuare nei primi giorni di vita - in gene-re nellarco della prima settimana - si ricorda la castrazione, il taglio della coda e laspuntatura dei denti: questi ultimi due interventi (scoraggiati nel metodo di produ-zione biologico) dovrebbero essere eseguiti solo se necessari per il benessere dellascrofa e per limitare il cannibalismo, fenomeno che si manifesta raramente negli alle-vamenti allaperto, quando la densit degli animali mantenuta a livelli ottimali.

    Diversamente da quanto avviene per i suinetti in gabbia parto, nell'allevamentoall'aperto, di norma, non si effettua l'iniezione di ferro nei primi giorni di vita.

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    Questa dovrebbe essere prevista (circa 200 mg di ferro destrano, o altre formu-lazioni) solo quando i terreni di allevamento risultino particolarmente carenti di ferro,o si abbia l'evidenza di stati anemici nelle prime settimane di vita.

    Al termine dello svezzamento, i lattoni vengono raggruppati, in base allomoge-neit del peso, in gruppi di 20-25 animali e inseriti in piccoli recinti ai quali annes-sa una capanna di riparo, con zona di riposo su abbondante lettiera. In questa fase,agli animali che si alimentano ad libitum, viene somministrato un mangime sbricio-lato (tabella 6), posto in contenitori a caduta, normalmente utilizzati negli allevamen-ti convenzionali. Succhiotti di abbeveraggio, almeno due per gruppo, sono posizio-nati nellarea esterna o nel truogolo del mangime (mangia e bevi).

    I lattoni rimangono in questarea per un periodo di 45-55 giorni e comunque finoal raggiungimento del peso di 30-35 kg, momento in cui vengono trasferiti nei recin-ti o nelle porcilaie di ingrasso.

    Figura 28 La presenza di abbondante lettiera nella capannina isola termica-mente gli animali dal terreno, li mantiene puliti e, in generale, nemigliora il benessere

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    ACCRESCIMENTO E INGRASSO

    Per le fasi di accrescimento e ingrasso, possono essere utilizzati recinti alla-perto, porcilaie tradizionali o altre soluzioni con ricoveri completamente o parzial-mente aperti. Il sistema di ingrasso adottato dipender poi dalla destinazione finaledel prodotto (per prodotti tipici DOP, per consumo fresco in macellerie locali, oppu-re metodo biologico), dalla disponibilit di edifici (porcilaie tradizionali, vecchie stal-le per bovini da ristrutturare, tettoie, ecc.) e di terreno per i recinti.

    In linea di massima bisogna sempre prevedere: la distinzione dellarea di allevamento in zone specifiche (riposo su lettiera, ali-

    mentazione, movimentazione e defecazione); la formazione di gruppi di circa 20 animali di peso uniforme; la presenza di adeguati impianti per l'alimentazione e l'abbeveraggio; uno spazio complessivo minimo per capo variabile da 1,5-2 m2 fino a 3,5 m2, a

    seconda del peso e del sistema di produzione adottato (tradizionale o biologico).In termini di performance (accrescimento medio/capo/giorno e indice di con-

    versione: kg di mangime/1 kg di accrescimento), va ricordato che una bassa den-sit di allevamento migliora il benessere degli animali e riduce lincidenza di alcunepatologie condizionate o infettive. Per contro, la maggiore attivit motoria e la neces-sit di produrre una maggiore quantit di calore in caso di basse temperature ester-ne, aumentano la quantit di energia - e quindi di alimento - non utilizzata per l'ac-crescimento. La valutazione delle performance produttive pu quindi risultare moltovariabile a seconda della realt di riferimento: in generale, possibile per afferma-re che i possibili minori accrescimenti e il maggiore consumo di alimento che pos-sono verificarsi in allevamenti allaperto durante la fase di ingrasso, vengono nor-malmente compensati da una pi bassa incidenza dei costi di ammortamento sulcosto di produzione e da un pi elevato prezzo di mercato degli animali.

    Dal punto di vista nutrizionale, in presenza di una prolungata fase produttiva (da35 a 160 kg), necessario prevedere la somministrazione di 2 o 3 tipi diversi dimiscele, distribuite in quantit variabile a seconda del momento di crescita in cui sitrova lanimale (tabella 6). A partire dai 60-70 kg, al fine di evitare un eccessivo etroppo rapido ingrassamento degli animali, inoltre buona norma passare dalladistribuzione ad libitum a quella razionata, cosa che per pu indurre una maggio-re aggressivit tra gli animali al momento della distribuzione dellalimento, a lotte edifformit di crescita nel gruppo. quindi necessario prevedere almeno due distri-buzioni giornaliere e truogoli sufficientemente dimensionati per laccesso con-temporaneo di tutti i suini.

  • 47

    Post svezzamento(fino a 35-40 kg)

    Accrescimentomagronaggio(40 -100 kg)

    Requisiti indicativi del mangime(% sul tal quale)

    Energia metabolizzabile EM(kcal/kg di alimento)Proteine grezzeEstratto etereoFibra grezzaLisinaMetionina + CistinaCalcioFosforoModalit di somministrazione

    3200-3300

    18-196-7< 3

    0,65-0,70,70,6

    a volont

    3000-3050

    15-164-53-4

    0,55-0,60,5-0,60,45-0,5

    1,1-1,2 0,8-0,9

    Tabella 6 Caratteristiche indicative dei mangimi per suini utilizzati nelle fasi di postsvezzamento, accrescimento-magronaggio e ingrasso-finissaggio

    Ingrassofinissaggio(100-160 kg)

    a volont e/orazionata

    3050-3100

    13-144-53-4

    0,45-0,50,450,4

    0,7-0,8

    razionata

    Tabella 7 Alimenti normalmente utilizzati nella formulazione dei mangimi persuini (quantit indicative non sommabili )

    Post svezzamento(fino a 35-40 kg)

    Accrescimentomagronaggio(40 -100 kg)

    Alimenti energetici (%)

    Mais, farinaMais, fiocchi

    Alimenti proteici (%)Soia, farina di estrazioneSoia, farina integrale tostataPisello zootecnico

    Altri (%)Crusca e cruschelliErba medica disidratataPolpa di bietole disidratata

    Integratori minerali e vitaminici (%)Carbonato di calcioFosfato monocalcico

    Cloruro di sodioIntegratore polivitaminico mineraleLieviti

    5-10

    Ingrassofinissaggio(100-160 kg)

    10-20

    15-200-5

    8-12

    0-30

    30-40

    1,3-1,5

    0-30-50

    0,4-0,5

    1-1,20,1-0,15

    0

    0,8-1

    0-510-15

    25-300

    15-20

    5-100-5

    30-35

    00

    0-3

    0-2

    0,5-0,6

    1,6-1,7

    0,4

    0,6-0,70,4

    010-13

    25-300

    10-15

    5-100-5

    30-35

    1,6-1,7

    00

    0-2

    0,4

    0,4-0,50,4

    0-2

    0,5-0,6

    Orzo, farina

    Glutine di mais

    Farina di aringheSiero di latte acido

    Orzo decorticato, fiocchi 0-5 0 0

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    GESTIONE SANITARIA

    In tutte le tipologie di allevamento la gestione sanitaria rappresenta un impor-tante aspetto produttivo in grado di condizionare pesantemente la qualit del pro-dotto e la redditivit dellimpresa. A questo scopo sempre consigliabile affidarsi adun veterinario con una specifica esperienza nella gestione sanitaria dellallevamentosuino, e con sufficienti conoscenze nelluso di prodotti fitoterapici e omeopatici, qua-lora si scelga di produrre secondo il metodo biologico.

    Se da un lato il sistema di allevamento allaperto aumenta la resistenza degli ani-mali verso alcune forme patologiche croniche, in particolare per quelle respiratorie eriproduttive condizionate, tra laltro, dallalta densit degli animali per unit di super-ficie nelle porcillaie tradizionali, dallaltro il potenziale contatto con agenti portatori diinfezioni (roditori, uccelli, animali selvatici, e non ultimo luomo) rappresenta un ele-mento di rischio per la gestione sanitaria di questi allevamenti.

    Ne consegue che il primo livello di difesa passiva deve essere incentrato sullariduzione di questo rischio, anche se di non facile realizzazione negli allevamentiallaperto.

    Alcuni virus altamente patogeni per il suino possono essere trasportati per viaaerea anche a distanze di qualche chilometro: ne consegue che sempre sconsi-gliata la presenza di allevamenti allaperto in prossimit di allevamenti chiusi di gran-di dimensioni. In alcuni casi pu inoltre risultare necessario predisporre una recin-zione dellintera area di allevamento con rete metallica per evitare lintrusione di ani-mali selvatici che rappresentano un pericoloso veicolo di infezioni. Nei casi in cui talerischio minore, risulta sufficiente una recinzione elettrica perimetrale a 3 fili, dove ilprimo viene posto a 10-15 cm dal suolo; necessario per tenere ben pulita lareasottostante per evitare dispersioni di corrente a terra.

    Interventi programmati di derattizzazione sono sempre consigliati, sia nei depo-siti di mangime sia lungo il perimetro delle aree pi a rischio, come quella di parto-allattamento e post svezzamento.

    Un altro veicolo potenziale di infezioni rappresentato dagli uccelli che vengo-no attratti dai residui di mangime lasciati dai maiali a terra o nei truogoli; coprire learee di alimentazione, anche con reti ombreggianti, ed evitare, ove possibile, lali-mentazione a terra, sono le normali precauzioni consigliate, ma quando non suffi-cienti possono essere impiegati dei segnalatori acustici a tempo o sagome di rapa-ci opportunamente disposte nellarea di allevamento.

    Anche luomo, stato detto, rappresenta un pericoloso veicolo di infezioni; biso-gna quindi limitare il pi possibile il contatto degli animali con estranei, soprattutto se

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    questi frequentano abitualmente altri allevamenti di suini, e in ogni caso, utilizzaresempre, per le visite, calzari e indumenti monouso.

    Per aumentare lo standard di protezione, si consiglia inoltre di far effettuare gliscarichi dei mangimi e il carico dei suini (lattoni o grassi per la macellazione) inunarea periferica dellallevamento, e non in prossimit dei recinti con gli animali.

    Una cura particolare deve essere riservata anche alla quarantena dei ripro-duttori provenienti da allevamenti di moltiplicazione e selezione. Poich non sempre facile disporre di una specifica area completamente isolata dove farsostare i riproduttori per 4-6 settimane, la zona di quarantena deve essere posi-zionata in modo da non permettere contatti tra gli animali in allevamento e quellisottoposti a controllo. Lutilizzo di animali spia - 1-2 suini dellallevamento imbran-cati con il gruppo di riproduttori in quarantena - consente di verificare linsor-genza di segnali clinici di patologie durante il periodo di osservazione; in ognicaso, il veterinario responsabile della sanit dellallevamento potr dare ulteriorisuggerimenti operativi, oltre a valutare lo stato sanitario dellallevamento di pro-venienza e verificare che le indagini sierologiche sui riproduttori siano sufficientie correttamente eseguite.

    Le principali malattie infettive, virali e batteriche, che interessano la salute delsuino nellallevamento allaperto sono sostanzialmente le stesse pericolose nel-lallevamento tradizionale, pur con qualche differenza. Le strategie di controllopossono essere di vario tipo, e non possibile consigliare piani vaccinali o medi-cazioni metafilattiche valide per tutti gli allevamenti, ma sar compito del veteri-nario che segue lazienda definirne tempi e modalit.

    Di seguito sono riportate alcune note sulle principali malattie infettive e infe-stive (parassitosi) che possono interessare lallevamento outdoor, con particola-re riferimento alla sfera riproduttiva.

    MALATTIE INFETTIVE DI NATURA BATTERICA

    LeptospirosiLe principali leptospire patogene per il suino sono la L. bratislava, L. pomona e

    L. icterohemorrhagiae. Negli allevamenti allaperto, merita di essere segnalata anchela presenza della L. hardjo, tipica dei bovini.

    Questi batteri, diffusi soprattutto dalle urine di suini portatori o di altri animali-ser-batoio (soprattutto ratti e ricci), sopravvivono male nellambiente esterno, tranne chein zone umide e a temperature miti, meglio se al riparo dei raggi solari. Le pozzan-ghere dellallevamento allaperto potrebbero quindi rappresentare luoghi ideali perperpetuare il ciclo infettivo di questi patogeni, soprattutto durante la stagione estiva.

  • 50

    Questa infezione si manifesta in modo variabile: le forme croniche si pre-sentano con scarsi sintomi clinici, mentre quelle acute possono indurre la-borto nelle scrofe entro due-tre settimane dallinfezione. Poich la placenta pi permeabile alle leptospire verso fine gestazione, proprio questo il perio-do pi a rischio per gli aborti.

    La strategia di lotta si basa sia sulla vaccinazione (vaccini polivalenti,che contengono i sierotipi pi frequenti) che sulla medicazione di massa.Dovendo proteggere la fase di gestazione, viene effettuata una vaccinazio-ne di base nelle scrofette con un doppio intervento prima dellentrata in pro-duzione, seguita da richiami costanti durante la carriera riproduttiva, ese-guiti di solito due volte allanno nel periodo di lattazione-svezzamento.Poich limmunit che si instaura non molto solida, in allevamenti a rischiosi rende a volte necessario affiancare trattamenti periodici a base di tetra-cicline nellalimento, soprattutto nel periodo estivo, pi favorevole allasopravvivenza di questi batteri nellambiente. La leptospirosi un infezione particolarmente pericolosa per la sua trasmissibi-lit alluomo (zoonosi).

    Mal rossoMalattia causata dallErysipelothrix rhusiopathiae, diffuso praticamente in

    tutte le popolazioni suine. Normalmente il suino resta infetto per tutta la vita, comeportatore sano a livello di tonsille e altri distretti linfatici. Si ammala solo in parti-colari situazioni, generalmente legate ad un abbassamento delle difese immuni-tarie (parto, trasporto, ecc.) o a bruschi cambiamenti climatici (gli allevatori dico-no che dopo i temporali, il cavallo manifesta la colica ed il suino il mal rosso!).

    Nel quadro della malattia si distinguono forme iperacute (morte in poche ore per setticemia), forme acute (classiche lesioni arrossate e sopraelevate di forma geo-metrica sulla pelle e febbre elevata) e forme croniche (causano lesioni alle val-vole cardiache e alle articolazioni, e sono responsabili della riforma dei riprodut-tori, particolarmente nei verri).

    Il controllo della malattia affidato alla vaccinazione, da eseguire - come nelcaso della leptospirosi - con doppio intervento distanziato di tre settimane sullescrofette prima della fecondazione, seguita da richiami circa due volte/anno, nelperiodo di lattazione/svezzamento. possibile anche vaccinare a tappeto il bran-co scrofe (e i verri) 2 o 3 volte/anno, secondo le indicazioni del medico veterina-rio che segue lallevamento. I casi singoli di mal rosso in forma acuta rispondo-no bene alla terapia antibiotica con penicilline e derivati.

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    interessante notare che laborto da mal rosso, non dovuto allinfezione deifeti, ma semplicemente alla febbre molto elevata (fino a 42 C), per cui un inter-vento terapeutico precoce spesso scongiura la perdita della gravidanza.

    Anche il mal rosso pu essere trasmesso alluomo (zoonosi).

    Complesso cistite-pielonefrite-endometriteCon questo termine si indicano le infezioni delle vie urinarie della scrofa, che

    possono trasmettersi alle vie genitali, con la comparsa di scoli vulvari muco-puru-lenti. una patologia rara nellallevamento allaperto, dove lanimale non sog-getto a tutta una serie di fattori di rischio presenti invece nelle porcilaie tradizio-nali, primi tra tutti la pavimentazione inadeguata ed il ristagno di materiale uro-fecale. Limportante che non scarseggi lacqua di abbeverata, che svolge unruolo di lavaggio fisiologico delle vie urinarie.

    Essendo forme sostenute da germi ubiquitari non esistono vaccini specifici,e nei soggetti colpiti si ricorre a trattamenti terapeutici con antibiotici.

    ClostridiosiLe spore dei clostridi possono sopravvivere per anni nel terreno e infettare gli

    animali in presenza di ferite. In particolare il Cl. perfringens, sierotipi B e C, causaenterite emorragica necrotizzante neonatale iperacuta nei suinetti, mentre il sie-rotipo A provoca solo una leggera enterite, in genere dopo la prima settimana divita. Mentre in caso di necessit per i sierotipi B e C possibile vaccinare le scro-fe (immunit indiretta ai suinetti), per il sierotipo A non esistono vaccini, e quindiandranno aumentate le precauzioni igieniche nelle capanne di parto-allattamen-to.

    MALATTIE INFETTIVE DI NATURA VIRALE

    ParvovirosiAnche il Parvovirus molto diffuso nella popolazione suina: la continua circola-

    zione del virus tra le scrofe, soprattutto se c contatto oro-fecale, per bilanciatada una sorta di auto-vaccinazione che protegge gli animali dalla malattia.

    Il pericolo di avere uninfezione uterina in animali gravidi non ancora immuni, conconseguente morte degli embrioni-feti, a carico soprattutto delle scrofette alla primagestazione. Queste devono quindi essere protette mediante una doppia vaccinazio-ne da eseguire intorno al 7 mese di vita, poco prima dellinseminazione, facendoattenzione a non vaccinare troppo presto per linterferenza con limmunit passivamaterna molto duratura. Se il virus raggiunge lutero nelle prime settimane di

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    gestazione, avremo morte e riassorbimento embrionale con ritorni di calore fuoriciclo; se invece linfezione insorge dopo lossificazione fetale (a partire dal 35giorno), si avr morte e mummificazione fetale in tempi piuttosto lunghi, con lacaratteristica comparsa di feti mummificati in scala.

    Malattia di Aujeszky (pseudorabbia)Questa patologia ben conosciuta dagli allevatori di suini in quanto sogget-

    ta da alcuni anni al Piano nazionale di eradicazione che, come gi successo inaltri stati membri della UE, porter alla scomparsa del virus dalla popolazionesuina, con conseguente sospensione delle vaccinazioni.

    Sostenuta da un herpesvirus, nelle scrofe gravide non immuni pu provoca-re aborto in qualsiasi stadio della gestazione, mentre nei suinetti si manifestaprincipalmente nella forma meningitica.

    Il piano vaccinale contro questa patologia obbligatorio per legge, con tre inter-venti/anno a tappeto sul branco scrofe e verri, utilizzando vaccini spenti deleti (gEnegativi).

    Solo nei lattoni e allingrasso consentito luso di vaccini vivi attenuati, sem-pre deleti, in grado quindi di conferire unimmunit protettiva senza interferire conla ricerca degli anticorpi verso il virus "selvaggio". Le scrofette gi vaccinate dalattoni con il doppio intervento previsto per legge, se gi selezionate per la car-riera riproduttiva, andranno sottoposte a vaccinazione di richiamo (terzo inter-vento) con vaccino spento entro il 6 mese di vita.

    InfluenzaIl virus influenzale un nemico pericoloso e ben noto sia per luomo che per

    i suini negli allevamenti tradizionali, ad ogni stagione fredda. In entrambi, provo-ca febbre, affezioni alle vie respiratorie e si diffonde molto rapidamente, anche inperiodi non invernali.

    A differenza dei virus che colpiscono luomo, quello del suino non cambia neces-sariamente ogni anno, cos che limmunit acquisita rimane protettiva nel tempo.

    Per questo motivo i vaccini non devono essere modificati ogni anno, ma ven-gono aggiornati solo in caso di necessit.

    La vaccinazione del branco scrofe pu essere eseguita, se il medico veteri-nario lo ritiene necessario, con due interventi distanziati di tre settimane, a tap-peto sia nelle scrofette prima della fecondazione, sia nelle scrofe dellintero bran-co, indipendentemente dal loro stato fisiologico. Gli eventuali richiami vanno ese-guiti ad ogni gravidanza, 3-4 settimane prima del parto, per conferire ancheunimmunit passiva alle figliate, via colostro materno.

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    Nonostante le ridotte esperienze di allevamento allaperto in Italia, sulla basedi quanto avviene nei Paesi nord europei, si ritiene che gli animali in questo tipodi allevamento sviluppino una maggiore resistenza verso questa patologia.

    PRRS (Porcine Reproductive and Respiratory Syndrome - Sindrome Riproduttivae Respiratoria dei Suini)

    Si tratta di una malattia piuttosto recente, che ha fatto la sua comparsa inEuropa ed in Italia nei primi anni 90. Il virus che la provoca (PRRSv) molto dif-fuso nelle popolazioni suine, nonostante siano presenti anche allevamenti inden-ni, soprattutto di moltiplicazione per la produzione di riproduttori.

    Alcuni meccanismi dinfezione non sono ancora completamente conosciuti: per noto che non necessariamente si trasforma in malattia conclamata, grazieallimmunit naturale protettiva.

    Nella sua forma acuta, cio al suo arrivo in un branco scrofe totalmenteindenne, pu provocare aborti in qualsiasi momento della gestazione, masoprattutto nelle ultime settimane, con parti anticipati, natimortalit e mortalitneonatale anche elevata.

    Al momento attuale sono registrati in Italia per i riproduttori due vaccini inat-tivati, utilizzabili nelle scrofette con due interventi vaccinali distanziati di 3-4 set-timane da eseguire prima dellaccoppiamento. Nel branco scrofe bene proce-dere con una generale vaccinazione (2 interventi distanziati di 3-4 settimane) esuccessivi richiami allinizio del terzo mese di gravidanza, mentre per i lattoni, senecessario, possibile utilizzare un vaccino vivo attenuato.

    PARASSITOSI

    I suini allevati allaperto sono maggiormente soggetti a contrarre infestazioniparassitarie esterne e interne, che normalmente peggiorano le performance diallevamento e nei casi pi gravi comportano la distruzione della carcassa almacello, in quanto insalubre per lalimentazione umana.

    Le indicazioni di profilassi devono essere scrupolosamente osservate, siaruotando le aree destinate allallevamento e osservando periodi di riposo, siaspostando le capannine dopo ogni parto. I trattamenti antiparassitari con prodottiallopatici e/o fitoterapici sono comunque sempre necessari, e vengono effettuatiin base alle indicazioni del veterinario.

  • 54

    EndoparassitosiTra i Nematodi, gli Ascaridi rappresentano il gruppo di vermi di maggiore

    pericolosit per i suini allevati allaperto.LAscaris suum pu sopravvivere per anni nel terreno, passando da suino a suino

    attraverso le uova presenti nelle feci e infestando rapidamente il branco. Gli animaliinfestati manifestano perdita di peso, inappetenza, e al macello presentano gravilesioni del fegato e dei polmoni (entrambe sottoposti a sequestro e distruzione).

    Figura 29 Spostare le capannine dopo ogni parto, lavarle e disinfettarlelasciandole asciugare, capovolte al sole per alcuni giorni, riduce le-ventuale insorgenza di patologie

    EctoparassitosiSono infestazioni sostenute da Artropodi Aracnidi (acari) come il Sarcoptes

    scabiei var. suis principale responsabile della rogna dei suini, o Esapodi(pidocchi) come lHaematopinus suis.

    Gli acari scavano piccole gallerie sottocutanee nella regione della testa,orecchie, collo e spalle, causando infiammazioni cutanee anche estese; gli ani-mali sono nervosi e si grattano in continuazione.

    I pidocchi si localizzano nelle pieghe del collo, sulla faccia interna degli artiposteriori, oltre che sulladdome; causano prurito e gli animali tendono a grattarsi finoa ferirsi.

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    Pericolosa anche linfestazione da strongili (Hyostrongylus rubidus,Strongyloides ransomi, Oesophagostomum spp.) che possono provocare velocidimagrimenti e diarree nei lattoni, oppure tosse e difficolt respiratorie con infe-stazioni di vermi polmonari da Metastrongylus spp.

    Altre gravi infestazioni sostenute da Cestodi (tenie) e Nematodi (trichinelle)comportano il sequestro in fase di macellazione e la distruzione dellintera car-cassa.

    Negli allevamenti allaperto pu assumere una certa importanza anche lacoccidiosi (Isospora suis) dei suinetti sottoscrofa (diarrea maionese, per laconsistenza e il colore caratteristici, tipica della seconda settimana di alleva-mento), i quali si infestano facilmente in quanto le oocisti si trovano spessoadese alle mammelle delle scrofe.

    Eliminare le pozzanghere dacqua nellarea di allattamento, e interventi far-macologici mirati, risolvono facilmente il problema.

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    QUALIT DEI PRODOTTI

    Le esperienze disponibili sullallevamento allaperto dei suini (fasi di accrescimento- ingrasso) nel nostro Paese sono ancora troppo limitate per fornire indicazioni chiarerelativamente agli effetti prodotti sulle caratteristiche qualitative della carcassa e dellacarne, sia per il consumo fresco che per la trasformazione in prodotti tipici (prosciutticrudi e salami).

    Se, limitatamente alla fase riproduttiva in allevamenti outdoor, le esperienze ultradecennali dei Paesi del Nord Europa possono essere utilizzate come confronto con lanascente realt italiana, per quanto riguarda le performance in fase di ingrasso e lecaratteristiche della carcassa dobbiamo fare obbligatoriamente riferimento alle soleesperienza nazionali. Infatti, nei Paesi stranieri il peso finale degli animali al macello notevolmente inferiore (da 90 kg di Gran Bretagna e Svezia, ai 110 kg della Francia)mentre la destinazione dei tagli risulta differente (principalmente carne fresca e prosciutticotti), e quindi non comparabile con quanto accade in Italia.

    In generale, nelle fasi di accrescimento e ingrasso dei suini in allevamenti outdoor, bene ricordare che: necessario dimensionare correttamente il gruppo in funzione dello spazio disponi-

    bile; truogoli e abbeveratoi devono essere dimensionati in base alla numerosit del grup-

    po e ben posizionati nel recinto; gli accrescimenti ponderali giornalieri possono essere inferiori a quelli degli alleva-

    menti convenzionali (questo anche in relazione al livello di razionamento adottato,ovvero kg di mangime/capo/giorno);

    normalmente peggiora lindice di conversione degli alimenti (kg mangime/1 kg diaccrescimento) in quanto maggiore la quantit di energia che gli animali impieganoper il movimento e la termoregolazione;

    con programmi di alimentazione razionata possibile che i suini allevati allapertodepositino men


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