Flute XXI

RobeRto FabbRIcIanI

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℗ 2020Tactus s.a.s. di Gian Enzo Rossi & C.

www.tactus.it

In copertina / Cover:Vania Galli, Quando credevamo nei cieli rinchiusi, 1999

www.vaniagalli.com

Quarta di Copertina / Back Cover:Roberto Fabbriciani, Photo © Andrea Barghi.

k

English Translation: Marta InnocentiL’editore è a disposizione degli aventi diritto

tactusTermine latino con il quale, in epoca rinascimentale,

si indicava quella che oggi è detta «battuta».The Renaissance Latin term for what

is now called a measure.

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Cadenza (1988) di Ennio Morricone pone l’accento sulla prerogativa più caratteristica e più forte della musica: il suo effimero posarsi sull’orecchio umano suscitando una eterogenea e larga quantità di sensazioni, di emozioni e di immagini. Cadenza per flauto e nastro magnetico è parte del Secondo Concerto per flauto, violoncello ed orchestra, nasce ed è costruita su una cellula generatrice tratta da Frescobaldi – La Sib Dob Mi – che il flauto propone in una grande quantità e varietà ritmica. Il flauto sviluppa un fraseggio che, nella risultante sonora, ricorda un contrappunto fiammingo in stile imitativo. Concludono le note della cellula generatrice con ritmo dilatato in un morendo espressivo. La presente esecuzione, ripresa live da Melbourne, è stata effettuata nel 2014.

Cadenze d’inganno (2010) di Paolo Castaldi, per flauto o flauto in sol con pianoforte ad libitum o altro strumento, come il vibrafono, qui suonato da Roberto Fabbriciani. Il brano include due eventi o happenings: …“porte/finestre, chiaramente, percepibilmente assurdo cioè totalmente immo-tivato”… come scrive l’Autore. Si aggiungono altri suoni, come l’ultima nota suonata da uno strumento differente quale la tuba. Il brano è stato registrato dal vivo a Firenze nel 2016.

Hòros (2012) di Paolo Cavallone è concerto per flauto ed ensemble. “Koros”, “spazio”: nel caso di questo brano, mutevole percezione dello spazio e della distanza fra noi e l’oggetto interiore e musicale. Il confronto, la collisione e, talvolta, il contrasto con il reale generano un continuo ridefinirsi di confini e distanze; sia su un piano metafisico di dinamica del percepito, sia nel concretizzarsi materiale di tali moti e movimenti. Le reali ragioni di tutto ciò sono per lo più ignote e accessibili parzialmente all’ambito del consapevole soltanto attraverso l’esperienza effettuale; l’atto del comporre risulta, dunque, un tentativo di organizzazione interiore degli eventi descritti nello spazio e porta di accesso ai più diversi “ambiti” compositivi. Dal suono al suono, nelle possibili configurazioni del gesto musicale. Il pretesto imminente (o immanente nelle sue dinamiche) è Chopin: specificamente il Preludio n. 4 in mi minore. Hòros si presenta come una sua variazione; sia in senso tradizionale come serie di variazioni, sia in termini di una cangiante prospettiva (da cui si inquadra l’oggetto) di spazio (distanza) negli ambiti delle pos-sibili realizzazioni/configurazioni. L’esecuzione di Hòros è preceduta da un nastro contenente la recitazione di alcuni versi dell’autore su un estratto del preludio di Chopin. Al termine del nastro, che verrà suonato a stanza buia, si accenderanno le luci ed inizierà immediatamente il pezzo. Questo brano è stato commissionato dalla Siemens Foundation ed è dedicato a Roberto Fabbriciani. La presente esecuzione è avvenuta a Wellington, Ilott Theatre nell’ottobre 2012. Dick Tracy and story of the sad young men (2005) di Berislav Šipuš è centrato sulla cantabilità

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espressa dalla parte iniziale. Essa possiede intervalli piuttosto ampi arricchiti di glissandi che gli conferiscono un carattere misterioso. Segue una parte eminentemente ritmica, staccati e slap che arricchiscono il tessuto sonoro. Si inseriscono, nel gioco dei ritmi, anche dei multifonici, una sorta di armonizzazione spettrale che raggiunge l’apice prima del finale ove si ripresenta il ritorno della melodia che, come all’inizio, possiede ampi e lirici intervalli. Il brano, dotato di modernità sia per gli effetti speciali che percussivi, recupera anche il senso di quella melodia per cui tanto si era battuto Maderna e che rappresenta lo stato primordiale e istintivo dell’in-venzione creatrice. In questo brano, il compositore narra la storia di Dick Tracy, famoso per-sonaggio dei fumetti creato dal Charles Gould nella Chicago degli anni 30. La musica appare subito in linea col personaggio che incarna un poliziotto e descrive scene di violenza cittadina. Dopo un inizio “noir”, con note lunghe e glissandi, prosegue una parte decisamente ritmica di sapore jazzistico, fatta di slap e soffi che si alternano a figurazioni brevi con nota puntata. Lun-gi dall’essere una musica descrittiva, pur nella fantasia che descrive un personaggio di pura invenzione, il brano ritorna, dopo questo episodio, ad esprimere sonorità calme avviandosi verso un’altra atmosfera di carattere decisamente percussivo, densa di effetti e sonorità moder-ne che quasi evocano quel mondo pericoloso e i suoni della città che lo avvolgevano. Il finale si ricollega ciclicamente alla parte iniziale. La presente esecuzione ripresa live in Melbourne è stata effettuata nel 2014.

Morgana (1983) per flauto solo di Salvatore Sciarrino venne composta per Roberto Fabbriciani parafrasando la celebre Brazil. Brano che richiede grande virtuosismo, fu eseguito la prima volta da Roberto Fabbriciani il 28 settembre 1984 a Chicago. La registrazione live di questo folgorante brano è avvenuta il 28 aprile 2009 a Londra.

Baci sul vento per flauto solo (2012) di Stephan Prock prende spunto dalla affermazione Baci, anche per l’aria, sono belli della regista Drew Barrymore. Di tutte le relazioni fisiche tra gli esecu-tori e gli strumenti, quella tra flautista e flauto più si avvicina al bacio. La stessa forma dell’im-boccatura, le labbra arrotondate in forma di “O”, l’esecutore pronto per compiere il lavoro, talvolta anche erotico, ma sempre con un punto di vista sonoro evocativo. L’uso della lingua nella musica contemporanea per flauto divenne così l’ispirazione iniziale per la composizione di questo lavoro. L’uso della “lingua ariete” nella sezione “French Kiss”, per esempio, parla da sé, mentre i pizzicati labbro e il triplo colpo di lingua in “Vampire Kiss” sono più astratti nel suggerire i morsi d’amore di quelle creature della notte con i loro piccoli canini affilati. Ma, naturalmente, i baci possono anche essere semplicemente appassionati, come in “Air Kiss”

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e “Peck”, o giocosi, come in “Butterfly Kiss”, dove il frullato di lingua imita il solletico del-le ciglia su una guancia. I baci possono anche essere completamente casti, anche santi, come suggeriscono i tranquilli e mormoranti tremoli di “Kiss of Peace”. L’idea del bacio ricorda la musica nella flessibilità caleidoscopica del suo significato e, come anche il più semplice dei baci o composizioni, potrebbe evocare la vastità dell’esperienza umana. Come ha detto una volta Jimi Hendrix, si può anche baciare il cielo. La presente esecuzione, ripresa live in Melbourne, è stata effettuata nel 2014.

A Roberto: la chiarezza deserta«Roberto Fabbriciani pose la rara cualidad de la excelencia musical, siendo, además, creador de universos sonoros siempre nuevos. Con su sonido y su saber ha iluminado en los últimos 15 años mi propia música. Roberto, claridad desierta, un pequeño regalo para su 60 cumpleaños con profunda amistad y admiración». (Mauricio Sotelo)A Roberto: la chiarezza deserta (2009) è stato composto e dedicato a Roberto Fabbriciani in occasione del suo 60° compleanno. La prima esecuzione avvenne il 26 aprile 2009 al festival XXV Biennale Musica di Zagabria. Il brano, ispirato al linguaggio musicale del Canto Jondo e del Flamenco, presenta un notevole interesse alla ricerca sonora con la quale Sotelo si è confrontato fin dagli anni di studio a Vienna. Il brano racchiude questo duplice interesse del compositore per il linguaggio sonoro della sua infanzia e della sua cultura di origine e il linguaggio sonoro di elezione, da lui scelto quale principio estetico e poetico della sua opera. Registrazione live in occasione della Biennale di Zagreb il 26 aprile 2009 (1° esecuzione assoluta).

Carceri d’invenzione II (1985) per flauto e orchestra, fu eseguito in prima assoluta da Roberto Fabbriciani, al quale è dedicata l’opera, nel febbraio del 1985 con l’Orchestra della RAI di Mila-no diretta da Marcello Panni. Il brano è parte del ciclo Carceri d’invenzione di Brian Ferneyhough in prima esecuzione al festival di Donaueschingen nel 1986. II ciclo completo è ispirato alle omonime stampe di Piranesi il quale, in maniera assolutamente avveniristica, immaginò tra 1745 e 1750 uno spazio architettonico inusuale e di pura invenzione in un ambiente tetro come quello di un carcere. La serie delle stampe comprende 16 opere che influenzarono la letteratura fantastica e il surrealismo. L’ispirazione ben si attaglia al lavoro del compositore inglese in cui colori e forme tendono ad una sperimentazione che spazia tra architettura formale e immagi-nazione sonora. La scrittura, come sempre densa e di difficilissima esecuzione, tende a ricercare una apparente comunicazione grazie alla ripetizione continua di microstrutture flautistiche che si intrecciano con il tessuto orchestrale. I cambiamenti ritmici e l’elaborata effettistica rendono

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questo brano un lavoro di eccelso virtuosismo. Numerosi gli elementi tecnici utilizzati come whistle tones, multifonici, microtonalità che, insieme alla velocità e alla suddivisione ritmica, conducono il solista a svolgere un lavoro al limite dell’eseguibilità. Un aspetto quasi utopico come le architetture immaginarie che sono alla base dell’ispirazione del compositore inglese. Registrazione live, Milano 1985 (1a esecuzione assoluta).

Ibi, bone fabbricator! (2009) per flauto solo di Alessandro Solbiati è dedicato a Roberto Fabbri-ciani quale speciale regalo di compleanno. Così recita la dedica di Solbiati: «Caro Roberto, sono particolarmente felice di dedicarti un pezzo in occasione di un tuo compleanno così importante. E sai, di fatto, quando è nato questo pezzo? È nato nella mattina di gennaio in cui ho preso il treno per venire da te a Firenze, con la testa che frullava di spunti ed idee, e poi sul divano di casa tua, mentre ti chiedevo tutto ciò che mi passava per la mente sul flauto, e tu rispondevi facendomi sentire quello e tante altre belle cose inattese, inattese anche per me che in fondo ho scritto tanto, per flauto, e poi ancora nella tua cucina, davanti alla stupenda chianina al sangue cucinata da Luisella, con un ottimo vino rosso, e conversando con voi... Vederti portare il flauto a venti centimetri dalla bocca e da lì farlo risuonare misteriosamente: potevo non iniziare così il pezzo? Verificare che si può tenere un suono e nel contempo contrappuntarlo ritmicamente con colpi di chiave che non lo intaccano, e che si può far risuonare una dolce melodia con suono morbido in regione sovracuta mediante soffi ad imboccatura particolare: potevo non coinvolgere queste possibilità timbrico-articolative per me nuove, nel corso del mio pezzo? Cercare insieme tutti i bicordi possibili sul tuo strumento, domandandoti però di pulsarli in modo isocrono senza che se ne rompa il suono, rendendoli il passo di un viandante: potevo non finire così, con una sorta di “cammino” polifonico? Perché questo è il mio augurio, oltre che il mio anagramma: continua a cercare nuovi percorsi, caro inventore di suoni! Ibi, bone fabbricator! (Vai, buon creatore!)».

Alessandro Sbordoni L’inaugurazione dell’eco per flauto basso (2009).«“L’inaugurazione dell’eco“, per flauto basso, è stato scritto nel 2009 ed è dedicato a Roberto Fabbriciani per i suoi sessant’anni. Fa parte di una “Sonata” per flauto basso, che prevede altri due pezzi per questo meraviglioso strumento, costituendone il tempo lento, una sorta di “adagio”. L’essenza della composizio-ne consiste in intonazioni, richiami e rimandi, impalpabili ed evanescenti espressioni di una sonorità ai limiti di una lontananza spazio-temporale. Di qui il titolo, quasi che si volesse cogliere l’eco nell’istante iniziale, il suono nel momento stesso del suo formarsi». (Alessandro Sbordoni, 16.2.2009)

Restless White per flauto solo (2012) di Giorgio Colombo Taccani, come si può intuire dal titolo è un brano caratterizzato da un incedere costantemente ansioso e inquieto; assente qualsiasi

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tendenza melodico-cantabile, il percorso è guidato da minimi gesti spesso iterati con regolarità quasi maniacale ed in questa prospettiva fortemente espressiva vengono utilizzate con deci-sione le risorse timbriche - tradizionali o di recente acquisizione - che il flauto può presentare. La traiettoria narrativa non segue quindi un percorso rettilineo, pur trovando attorno alla fine il suo climax, quanto piuttosto un andamento a spirale, nell’ambito del quale gli elementi tor-nano senza una reale evoluzione del discorso. In un piano più profondo, a rendere coerente il tutto, rimane la caleidoscopica presenza di un breve frammento di sette suoni, elemento gene-ratore dell’intero lavoro.

Eyeless Dark per flauto basso solo (2012/13) di Giorgio Colombo Taccani segue a distanza di un anno circa Restless White, anch’esso scritto e dedicato a Roberto Fabbriciani e con il prece-dente lavoro crea relazioni di simmetria e di complementarità. All’immediato contrasto fornito dal timbro profondo del flauto basso si aggiunge un clima tendenzialmente statico e risonante, assai lontano dalla mobilità inquieta del brano gemello. Pochi suoni si alternano, appena incre-spati da piccole fluttuazioni e solo raramente incisi da brevissimi momenti di isolata tensione. Solo nel finale il percorso trova un episodio di violenta assertività, caratterizzato dalla conqui-sta del registro acuto dello strumento da parte di un gesto ripetuto con maniacale energia. Si tratta tuttavia di una parentesi presto richiusa, terminando il brano, nelle poche battute succes-sive, con un rapido e definitivo ritorno alla fissità iniziale.

Michele Dall’Ongaro, Traccia (2005) per flauto solo. Il brano apre con una melodia rapsodica inframezzata da tremoli ed effetti speciali. Il discorso musicale prosegue ponendola in primo piano. Brillante, espressivo e mai meramente lirico. Il brano si interrompe senza un ritorno en-tropico e presenta all’ascolto elementi arcaici tipici dell’aulos frammisti a tecniche compositive contemporanee.

Geghard III (2015) per flauto solo di Gabriele Cosmi possiede il nome di un monastero situato in Armenia nella provincia di Kotayk. Parte del complesso è stato realizzato scavando e scol-pendo la roccia del monte adiacente al monastero. Il rapporto ossimorico fra la componente materica della roccia e la componente spirituale del monastero ha da sempre attirato l’attenzio-ne del compositore. Da eventi sonori massivi, densi, materici per l’appunto, derivano filamenti sonori trasparenti che galleggiano nello spazio, quasi senza peso. Geghard III fa parte di un ciclo di composizioni dedicate al flauto; Geghard I, per flauto ed elettronica, Gehard II, concerto per flauto ed ensemble, Geghard III, per flauto solo, Geghard IV, concerto per flauto ed orchestra.

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Solo (2012) di Andrea Mannucci per flauto solo è dedicato a Roberto Fabbriciani ed è tratto dal sesto episodio del melologo “Homunculus” per recitante e quintetto a fiato su testo di Marco Ongaro. È un pezzo intenso ed evocativo che può essere eseguito da “solo” oppure accom-pagnando la lettura del testo. In questa composizione la scrittura musicale si lega e si ispira all’opera poetica utilizzando i versi come spunto e lasciando che la suggestione letteraria eser-citi la sua influenza sulla musica. È un brano che rifugge la tecnica flautistica fine a se stessa, al contrario approfondisce e rilancia la natura narrativa ed espressiva dello strumento. Il testo viene utilizzato per rappresentare una doppia drammaturgia, musicale e scenica, attraverso l’architettura della parola che genera suoni, campi armonici, agglomerati ritmici e timbrici. La Musica è l’anima delle parole, la parola rivela il prodigio musicale. Il Verbo soffia negli stru-menti e gli strumenti, dopo esserne stati il mezzo, ne diventano il fine.

Stephen Davismoon I… mist / II… branches against a white sky (2004). “I composed the two companion pieces for piccolo “mist/…branches against a white sky” during 2004 – started in the early late Winter and early Spring in Kedainiai (Lithuania), then Glasgow and finished them during an idyllic summer of work in Tuscany. The overriding metaphor for these two movements is witnessing the gradual emanation and movement of life – from the harsh icy mists of a Lithuanian winter slowly inevitably giv-ing way to gentle tendrils of life. By 2003 I had come to know the pioneering flute work of Roberto Fabbri-ciani very well – in fact by this time I was lucky enough to be able to count on him as a close friend. I was honoured by his invitation to compose a new work for solo piccolo. Many of these work’s colourations: intonated and tremolo breath, whistle tones, harmonics, lip bend, changing distance of lips to mouthpiece etc. recall the many colourations that Roberto has gifted to us all through countless musical adventures. I am delighted that these works are at last being released to hopefully reach a broader audience. They are dedicated with great affection to Roberto and Luisella.” (Stephen Davismoon)

Blu cobalto (2011), di Cesare Valentini. «È il primo di una serie brani per strumento solo progettato utilizzando un’idea fondamentale: musica che parte da un unico suono. Non si tratta di una sola nota ma di un “multifonico”, una tecnica particolare che, in base a delle posizioni alternative, permette ad uno strumento prettamente monodico come il flauto di suonare un accordo che è dato dalla somma dei parziali (armonici) generati da una fondamentale, nel caso specifico un fa monesis (eccedente di un quar-to di tono). L’intero brano è stato scritto su questa unica posizione malgrado all’ascolto si percepiscano chiaramente armonie, ritmi, colori e persino una melodia di carattere lirico. Vi è infatti all’interno anche una sezione in 5/4 con la dicitura “con sentimento” che è un ricordo onirico della tradizione italiana del melodramma ed in particolare dell’opera di Puccini. Le note che vengono emesse non fanno parte della

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scala temperata poiché sono armonici e risultano misteriose e sfumate in quanto possiedono l’“alone” degli altri parziali e della fondamentale. In partitura, pur specificando la posizione che deve rimanere immutata durante l’intero brano, sono stati scritti solo i parziali da mettere di volta in volta in evidenza. Si tratta di un lavoro di estremo virtuosismo determinato non dalla velocità o da un insieme di difficili tecniche strumentali ma da un attento lavoro di pressione e di labbro che, con una accorta emissione, fa sì che l’esecutore “vada a cercare” i suoni scritti dall’autore. Ciò richiede estrema concentrazione insieme ad una raffinata arte strumentale ed un ruolo “attivo” da parte dell’esecutore. Il brano è stato commis-sionato da Roberto Fabbriciani ed a lui dedicato. Durante la prima esecuzione, avvenuta il 4 giugno 2011, l’impressione del pubblico fu di stupore e incredulità nel sentire il flautista emettere una grande moltitudine di suoni ed effetti coloristici vedendo nel contempo le sue mani ferme, come “incollate” nella stessa posizione, dall’inizio alla fine».

An Musil per flauto contrabbasso in do o sol (2009) di Fabrizio Fanticini è dedicato all’ami-co Roberto Fabbriciani per il suo sessantesimo compleanno. Sebbene questa composizione richieda all’interprete grande abilità virtuosistica, essa non deve assolutamente essere letta come un “brano virtuosistico”. Al contrario si deve ricercare una trasfigurata “cantabilità” nei possibili rapporti che si generano dai contrappunti dei tre livelli acustici, dai respiri, da lunghi ed immo-bili ad affannosi, dai contrasti tra i livelli dinamici. È quindi nella agilità, evidenza e apparente semplicità dei cambiamenti radicali di suono, e conseguentemente di impostazione strumen-tale, che va espresso tutto il virtuosismo dell’esecutore. Si invita ad interpretare i silenzi con la stessa cura dei suoni, non come “assenza di suono” ma come “suono celato”. L’agogica deve intendersi la più plastica possibile. Pur nel rispetto degli intenti musicali espressi dalla parti-tura, le durate di suoni e silenzi debbono risentire delle condizioni peculiari ad ogni singola esecuzione, adattandosi ed interagendo con esse. Questa composizione è stata pensata per il flauto contrabbasso in do o in sol - qui registrata - ma non si esclude a priori l’esecuzione su altri flauti di taglio più acuto.

Lux (2014) per flauto solo di Juan Campoverde continua, come descrive l’autore, l’esplorazio-ne delle forze che contribuiscono alla formazione della nostra soggettività. Come compositore latino americano, Campoverde cerca di far intuire i legami che uniscono la sua visione musi-cale con gli sviluppi della musica occidentale europea. Riconosce anche altre fonti, con radici altrettanto profonde, che contribuiscono a dare corpo alle sue aspirazioni creative all’interno di specifiche coordinate storiche e sociali. Lux illumina alcuni aspetti di questa confluenza: una forma di ricerca spirituale che, senza offrire certezze, aiuta comunque ad orientare i suoi passi.

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Lux è stato composto e dedicato con affetto a Roberto Fabbriciani, che è stato interprete alla premiere in Messico nella città di Morelia.

Omaggio a Gesualdo per flauto e nastro magnetico (2009) di Luigi Sammarchi nasce in occasio-ne di una ricorrenza del grande compositore. L’autore ha pensato di strutturare la forma come a una sorta di “madrigale rovesciato” visto dall’interno, come immagine al negativo, paradossale dimensione psichico-entropica estroflessa. Tutto il materiale su nastro é ricavato dal V libro dei madrigali gesualdiani, in particolare da “Brama il mio desire”, compresi i frammenti di testo recitati da Roberto Fabbriciani. Le linee melodiche di Gesualdo, disgregate in atomi in un moto circolare perpetuo, riemergono e si riaggregano evanescenti nel flusso della reminiscenza.

luIsella botteon

Cadenza (1988), by Ennio Morricone, emphasises the most distinctive, strong quality of music: the fact that its transition in the human ear is fleeting but arouses a great amount of mixed sensations, emotions and images. Cadenza, for flute and magnetic tape, is a part of the Secondo Concerto for flute, cello and orchestra, and was originated and constructed on the basis of a generating cell drawn from Frescobaldi – A Bb Cb E – that the flute states many times and in many different rhythms. The instrument develops a phrasing whose result is a sound that is reminiscent of a Flemish counterpoint in imitative style. The notes of the generating cell close the piece with a rhythm that slows down in an expressive morendo. This performance was recorded live in Melbourne in 2014.

Cadenze d’inganno (“Deceit cadenzas”) (2010), by Paolo Castaldi, is a piece for flute or flute in G with piano ad libitum or another instrument, such as a vibraphone, played here by Roberto Fabbriciani. The piece includes two events or happenings: …“doors/windows, clearly, perceptibly nonsensical, that is utterly groundless”… as the composer wrote. Other sounds are added: the last note, for instance, is played by a different instrument, a tuba. This piece was recorded live in Florence in 2016.

Hòros (2012), by Paolo Cavallone, is a concerto for flute and ensemble. “Koros”, “space”: in this piece, it is a changing perception of space and of the distance between us and the inward musi-

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cal object. The confrontation, collision and sometimes contrast with reality generate a constant redefinition of boundaries and distances, both on the metaphysical level of the dynamics of what is perceived and on the physical level of the realisation of these motions and movements. The real reasons of all this are largely unknown and partly accessible in the sphere of aware-ness only through actual experience; so the act of composing turns out to be an attempt at an inward organisation of the events described in space and a gateway to all sorts of “spheres” of composition. From sound to sound, in the possible configurations of the musical gesture. The pretext that is imminent (or immanent in its dynamics) is Chopin: precisely Prelude no. 4 in E minor. Hòros appears to be a variation of it; not only in the traditional sense, as a series of variations, but also in terms of a changing perspective (from which the object is pictured) on space (distance) within the possible types of realisation/configuration. The performance of Hòros is preceded by a tape containing the reading of some lines by the composer on an excerpt of Chopin’s prelude. At the end of the tape, which will be played with the room in darkness, the lights will be turned on again and the piece will begin at once. This work was commis-sioned by the Siemens Foundation and is dedicated to Roberto Fabbriciani. The performance recorded here took place in Wellington, at the Ilott Theatre, in October of 2012.

Dick Tracy and story of the sad young men (2005), by Berislav Šipuš, hinges around the canta-bile quality of the initial part. It contains rather broad intervals enriched with glissandos that lend it a mysterious character. The subsequent part is chiefly rhythmic, with staccatos and slaps that enrich the musical texture. In the interplay of the rhythms, multiphonics intervene as well, with a sort of ghostly harmonisation that climaxes before the final part: here the melo-dy returns, as before, with broad, lyrical intervals. The piece, which is modern both in its spe-cial effects and in its percussive ones, also retrieves the meaning of melody for which Maderna had fought so hard and which represents the primordial, instinctive state of creative invention. In this piece, the composer relates the story of Dick Tracy, a famous comic-strip character created by Charles Gould in nineteen-thirties Chicago. From the start, the music matches the protagonist, a policeman, and describes scenes of violence in the city. After a “noir” beginning, with long notes and glissandos, the subsequent part is decidedly rhythmic, has a jazz-like tone and is rich in slaps and puffs that alternate with short figurations containing dotted notes. Far from being descriptive music, although it is creative in its description of a purely imaginary character, the piece returns, after this episode, to calm sounds that introduce another deci-dedly percussive atmosphere, which is rich in modern effects and sounds that almost evoke that dangerous world and the city noises that surround it. The finale is cyclically linked to the

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initial part. This performance was recorded live in Melbourne in 2014.

Morgana (1983), for solo flute, by Salvatore Sciarrino, was composed for Roberto Fabbriciani, paraphrasing the well-known Brazil. This dazzling piece, which requires a great virtuosity, was premiered by Roberto Fabbriciani on 28 September 1984 in Chicago. Its live recording took place on 28 April 2009 in London.

Baci sul vento (“Kisses on the wind”), for solo flute (2012), by Stephan Prock, is inspired by a sentence of the director Drew Barrymore: “Kisses, even for the air, are beautiful”. Among all the physical relationships between performers and their instruments, that between a flutist and his flute is the one that most resembles a kiss: the shape of the mouthpiece, the rounded lips that form an “O” shape, the performer ready to do his job, sometimes even an erotic one, but always from an evocative musical point of view. Thus the use of the tongue in contemporary flute music became the initial inspiration for the composition of this work. For instance, the use of the tongue as a “battering ram” in the “French Kiss” section is self-evident, while the lip pizzicatos and triple tongue stroke in “Vampire Kiss” are more abstract in hinting at the love bites of those nocturnal creatures with their small, sharp canine teeth. But kisses of course may simply be passionate, as in “Air Kiss” and “Peck”, or playful, as in “Butterfly Kiss”, where the fluttering tongue imitates the tickling of eyelashes on a cheek. Kisses may also be completely chaste, even holy, as suggested by the quiet, murmuring tremolos of “Kiss of Peace”. The idea of a kiss reminds us of music in the kaleidoscopic flexibility of its meaning, and, like even the simplest of kisses or compositions, may evoke the vastness of human experience. As Jimi Hendrix said once, you can even kiss the sky. This performance, recorded live in Melbourne, took place in 2014.

To Roberto: the desert clarity“Roberto Fabbriciani pose la rara cualidad de la excelencia musical, siendo, además, creador de universos sonoros siempre nuevos. Con su sonido y su saber ha iluminado en los últimos 15 años mi propia música. Roberto, claridad desierta, un pequeño regalo para su 60 cumpleaños con profunda amistad y admiración”. (Mauricio Sotelo)A Roberto: la chiarezza deserta (2009) was composed for Roberto Fabbriciani and dedicated to him on the occasion of his sixtieth birthday. Its premiere took place on 26 April 2009 at the fe-stival XXV Biennale Musica of Zagreb. This piece, which is inspired by the musical language of Canto Jondo and Flamenco, is quite interesting in relation to the musical research to which Sotelo

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devoted himself since his years as a student in Vienna. It combines the composer’s interest on the one hand in the musical language of his childhood and his native culture, and on the other hand in the musical language chosen by him as the aesthetic and poetic basis of his work. The piece was recorded live during the Biennale Musica of Zagreb on 26 April 2009 (worldwide premiere).

Carceri d’invenzione II (“Invented prisons II”) (1985), for flute and orchestra, was premiered in February of 1985 by Roberto Fabbriciani, to whom it is dedicated, with the Orchestra della RAI of Milan under the baton of Marcello Panni. The piece is a part of the cycle Carceri d’invenzione, by Brian Ferneyhough, premiered at the festival of Donaueschingen in 1986. The complete cycle is inspired by the prints of the same title by Piranesi, who, in an absolutely prophetic way, ima-gined, between 1745 and 1750, a weird, unreal architectural space in a gloomy environment like that of a prison. The series of prints includes 16 works that influenced fantasy literature and sur-realism. This inspiration suits the work of the English composer, whose colours and forms lean towards an experimentation that swings between formal architecture and musical inspiration. The writing, as usual, is thick and extremely exacting for the performer, and tends to pursue an ostensible communication through the constant repetition of flute microstructures that interwea-ve with the orchestra’s texture. Because of its changes in rhythm and elaborate system of effects, this piece is suitable for a really outstanding virtuoso. A great number of technical elements are used, such as whistle tones, multiphonics and microtonalities, which, in addition to the speed and rhythmic subdivision, charge the flutist with a task that borders on infeasibility: a quasi-utopian aspect, like the imaginary architectures that have inspired the English composer. Live recording, Milan 1985 (world premiere).

Ibi, bone fabbricator! (2009), for solo flute, by Alessandro Solbiati, is dedicated to Roberto Fab-briciani as a special birthday present. Here is Solbiati’s dedication: «Dear Roberto, I’m particularly happy to dedicate a piece to you on the occasion of such an important birthday of yours. Would you like to know when this piece was actually born? It was born during that January morning in which I took a train to come to you in Florence, with my head whirling with ideas and suggestions, and later, on the sofa at your house, while I plying you with questions about the flute, and you replied by letting me hear what I had asked for and many other beautiful unexpected things, unexpected even for me though after all I have written so much for the flute, and later in your kitchen, too, over the wonderful rare-broiled steak prepared for us by Luisella, with an excellent red wine, chatting with both of you... I saw you place the flute twenty centimetres from your mouth and from there make it resound mysteriously: could I not begin the piece this way? To find out that it is possible to hold a sound and at the same time achieve a rhythmic counterpoint to

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it by means of key strokes that do not change it, and that it is possible to obtain a gentle melody with a soft sound in the highest register of the instrument by blowing with a particular embouchure: could I not in-volve in my piece these possibilities of timbre and expression that were new to me? Looking together for all possible bichords on your instrument, but asking you to make them pulse isochronously without breaking their sound, like the steps of a wayfarer: could I not conclude the piece this way, with a sort of polyphonic “walk”? Because this is my wish for you today, and also my anagram: go on looking for new paths, dear inventor of sounds! Ibi, bone fabbricator! (Go, good creator!)».

Alessandro Sbordoni, L’inaugurazione dell’eco (The inauguration of the echo), for bass flute (2009).“L’inaugurazione dell’eco”, for bass flute, was composed in 2009 and dedicated to Roberto Fabbriciani for his sixtieth birthday. It is a part of a bass flute “Sonata” that includes other two pieces for this wonderful instrument, and constitutes its slow movement, a sort of “adagio”. The essence of the composition consists of intonations, calls and references: subtle, evanescent expressions of a sound that hovers on the edge of spatial and temporal remoteness. Hence the title, as if our goal were to catch the echo in its initial instant, the sound in the very moment in which it forms.” (Alessandro Sbordoni, 16 February 2009)

Restless White, for solo flute (2012), by Giorgio Colombo Taccani, as the title suggests, is cha-racterised by a constantly anxious, agitated pace; there is no melodic or cantabile tendency; the progress of the music is led by minimum gestures that are often repeated with an almost obsessive regularity. In this highly expressive ambience the timbre resources that are available to the flute – both the traditional and the recently acquired ones – are used resolutely. So the narrative path does not proceed in a straight line (although it climaxes towards the end), but in a spiral, within which the elements return without a real evolution of the story. On a deeper level, what lends consistency to the whole is the kaleidoscopic presence of a short fragment made of seven sounds: this is the element that generates the entire piece.

Eyeless Dark, for solo bass flute (2012/13), by Giorgio Colombo Taccani, was composed about a year after Restless White; this work too was composed for Roberto Fabbriciani and dedicated to him, and it creates relations of symmetry and complementarity with the previous work. The immediate contrast determined by the deep timbre of the bass flute is reinforced by the essentially static, resonant atmosphere of this piece, which is quite distant from the mobility of the earlier one. There is an alternation of a small number of sounds that are barely ruffled by little waves and only occasionally slit by short instants of isolated tension. Only in the finale

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does there appear an episode of violent assertiveness, characterised by the conquest of the high register of the instrument through a gesture that is repeated with obsessive energy. This interlude, however, is soon concluded, and the piece comes to an end in the few subsequent bars, with a quick, final return to the initial fixity.

Michele Dall’Ongaro, Traccia (2005), for solo flute. This piece begins with a rhapsodic melody interspersed with tremolos and special effects. The musical discourse proceeds placing that melody in the forefront. Brilliant, expressive and never merely lyrical. The music is cut short without an entropic return. The listener can catch in it some archaic elements that are typical of the aulos, mixed with contemporary composition techniques.

Geghard III (2015), for solo flute, by Gabriele Cosmi, has been given the name of a monastery in Armenia, in the province of Kotayk. Part of the complex was made by carving into the rock of the contiguous mountain. The oxymoronic relationship between the physical component of the rock and the spiritual component of the monastery has always intrigued the composer. Sound events that are massive, dense, physical, issue transparent filaments of sound that float in space almost weightlessly. Geghard III is a part of a cycle of flute compositions: Geghard I, for flute and electronic equipment, Gehard II, concerto for flute and ensemble, Geghard III, for solo flute, and Geghard IV, concerto for flute and orchestra.

Solo (2012), for solo flute, by Andrea Mannucci, is dedicated to Roberto Fabbriciani and is drawn from the sixth episode of the melologue Homunculus, for speaker and wind instrument quintet, on a text by Marco Ongaro. It is an intense, evocative piece that can be performed “solo” or accompanying the reading of the text. In this composition the musical writing is linked to the poetic work, and inspired by it, by using the lines as a cue and allowing the liter-ary allure to influence the music. The piece shuns a flute technique that is an end in itself: on the contrary, it revives and emphasises the narrative, expressive nature of the instrument. The text is used to stage a double dramaturgy, both musical and scenic, through the architecture of words, which generates sounds, harmonic fields, and agglomerations of rhythms and timbres. Music is the soul of words, words reveal the musical prodigy. The Word blows into the instru-ments, and the instruments, after having been its means, become its end.

Stephen Davismoon I… mist / II… branches against a white sky (2004). “I composed the two companion pieces for piccolo ‘mist/…branches against a white sky’ during 2004 – started in the early

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late Winter and early Spring in Kedainiai (Lithuania), then Glasgow and finished them during an idyllic summer of work in Tuscany. The overriding metaphor for these two movements is witnessing the gradual emanation and movement of life – from the harsh icy mists of a Lithuanian winter slowly inevitably giving way to gentle tendrils of life. By 2003 I had come to know the pioneering flute work of Roberto Fabbriciani very well – in fact by this time I was lucky enough to be able to count on him as a close friend. I was honoured by his invitation to compose a new work for solo piccolo. Many of these wor-ks’ colourations: intonated and tremolo breath, whistle tones, harmonics, lip bend, changing distance of lips to mouthpiece etc. recall the many colourations that Roberto has gifted to us all through countless musical adventures. I am delighted that these works are at last being released to hopefully reach a broa-der audience. They are dedicated with great affection to Roberto and Luisella.” (Stephen Davismoon)

Blu cobalto (2011) (“Cobalt blue”), by Cesare Valentini. “It is the first of a series of pieces for solo instrument conceived on the basis of a fundamental idea: music that starts from a single sound. It is not a single note, but a ‘multiphonic’, a particular technique that, through alternative positions, enables a purely monodic instrument such as the flute to emit a chord that is the result of the addition of the partials (harmonics) generated by a fundamental, in this specific case an F monesis (higher by one quarter of a tone). The entire piece was composed on this single position, in spite of the fact that the listener can clearly perceive harmonies, rhythms, colours and even an operatic tune: there is a sec-tion in 5/4 with the direction ‘con sentimento’ that is a dreamlike memory of the Italian tradition of the opera, in particular of Puccini’s operas. The notes that are emitted do not belong to the tempered scale, because they are harmonics; they sound mysterious and hazy, because they possess the ‘aura’ of the other partials and of the fundamental. In the score, although there is the indication of the position, which must remain unchanged throughout the piece, only the partials to be successively highlighted are indicated. It is a work that is extremely exacting for the performer, not because of its speed or of a series of difficult instrumental techniques, but because it requires a careful work of pressure and of the lips that, with a shrewd emission, enables the performer to ‘seek’ the sounds written by the composer. This requires extreme concentration, in addition to a sophisticated instrumental art and an ‘active’ role in the performer. The piece was commissioned by Roberto Fabbriciani and dedicated to him. During its premiere, on 1 June 2011, the audience was amazed and incredulous on hearing the flutist emit a great number of sounds and colour effects while his hands did not move and were practically ‘locked’ in the same position from beginning to end.”

An Musil, for double bass flute in C or G (2009), by Fabrizio Fanticini, is dedicated “all’amico Roberto Fabbriciani per il suo sessantesimo compleanno”. Although this composition requires a

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great virtuosity in the performer, it should absolutely not be regarded as a “bravura piece”. On the contrary, the listener should try to find a transfigured “cantabile” quality in the pos-sible relationships that are generated by the counterpoints of the three acoustic levels, by the breathing, which ranges from prolonged and still to breathless, and by the contrasts between the dynamic levels. So the performer’s virtuosity must be expressed by the agility, vividness and seeming simplicity of the radical changes in the sound, therefore in the instrumental ap-proach. The performer is urged to interpret the silences with the same care as the sounds, not as an “absence of sounds”, but as a “hidden sound”, and to regard the agogics as utterly plastic. While respecting the musical intentions expressed by the score, the performer must ensure that the duration of the sounds and silences are influenced by the specific conditions of each performance, are adapted to them and interact with them. This composition has been conceived for a double bass flute in C or G, and has been recorded here on this instrument; but a performance on other higher-range flutes is not excluded a priori.

Lux (2014), for solo flute, by Juan Campoverde, carries on, as the composer reports, the ex-ploration of the forces that contribute to the development of our subjective condition. As a Latin-American composer, Campoverde endeavours to give an insight into the bonds that link his musical outlook to the development of European Western music. He also acknowledges other sources, with equally deep roots, that contribute to the embodiment of his creative aspi-rations within specific historical and social contexts. Lux sheds light on some aspects of this convergence: a form of spiritual quest that, without providing any certainty, in any case helps him direct his route. Lux was composed for Roberto Fabbriciani and affectionately dedicated to him; he premiered it in Mexico, in the city of Morelia.

Omaggio a Gesualdo, for flute and magnetic tape (2009), by Luigi Sammarchi, originated on the occasion of an anniversary of the great composer. Sammarchi had the idea of organising the form of this piece as a sort of “inside-out madrigal”, viewed from the inside, like a negative image, like a paradoxical, everted psychic and entropic dimension. All the material on tape is drawn from the Fifth Book of Gesualdo’s madrigals, particularly from “Brama il mio desire”, including the text excerpts recited by Roberto Fabbriciani. Gesualdo’s melodic lines, broken up into atoms in a perpetual circular motion, re-emerge and are re-combined in the flow of reminiscence.

luIsella botteon

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CD I (Live)

1. Ennio Morricone (1928) Cadenza per flauto e nastro magnetico 16:06 Live recording, Melbourne, 2014

2. Paolo Castaldi (1930) Cadenze d’inganno per flauto con pianoforte ad libitum o altro strumento 8:57 Live recording, Firenze, 2016

3. Paolo Cavallone (1975) Hóros per flauto ed ensemble 14:14Wellington, Ilott Theatre. Stroma Ensemble diret-to da Hamish McKeich,voce recitante Donato Ange-losante, produttore Michael Parsons, ingegnere del suono Graham Kennedy. Live recording, Radio New Zealand Concert, 11 ottobre 2012 (World Premiere).

4. Berislav Šipuš (1956) Dick Tracy and story of the sad young men per flauto solo 5:00 Live recording, Melbourne, 2014

5. Salvatore Sciarrino (1947) Morgana per flauto solo 1:49 Live recording, London, 28 aprile 2009

6. Stephan Prock (1961) Baci sul vento per flauto solo 7:22 Live recording, Melbourne, 2014

7. Mauricio Sotelo (1961) A Roberto: la chiarezza deserta per flauto solo 8:58 Live recording, Zagreb Biennale 26 aprile 2009 (World Premiere)

8. Brian Ferneyhough (1943) Carceri d’invenzione II per flauto e orchestra 13:20 Live recording, Orchestra Sinfonica della RAI di Milano diretta da Marcello Panni; Milano, 1985 (World Premiere).

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CD II

1. Alessandro Solbiati (1956) Ibi, bone fabricator per flauto solo 10:09

2. Alessandro Sbordoni (1948) L’inaugurazione dell’eco II per flauto basso solo 3:47

3. Giorgio Colombo Taccani (1961) Restless White per flauto solo 5:39

4. Giorgio Colombo Taccani (1961) Eyeless Dark per flauto basso solo 4:49

5. Michele Dall’Ongaro (1957) Traccia per flauto solo 3:57

6. Gabriele Cosmi (1988) Geghard III per flauto solo 8:58

7. Andrea Mannucci (1960) Solo per flauto solo 3:36

8. Steve Davismoon (1964) I… mist per ottavino solo 5:03

9. Steve Davismoon (1964) II… branches against a withe sky per ottavino solo 4:32

10. Cesare Valentini (1967) Blu cobalto per flauto solo 6:20

11. Fabrizio Fanticini (1955) An Musil per flauto contrabbasso solo 8:55

12. Juan Campoverde (1964) Lux per flauto solo 6:21

13. Luigi Sammarchi (1962) Omaggio a Gesualdo per flauto e nastro magnetico 6:46

alvIse vIdolIn, live electronics e regia del suono;registrazione effettuata nel 2014 presso lo Studio Neri di Montevarchi (Arezzo, Italia).

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DDDTC 980090℗ 2020

Made in Italy

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