gombrich- il gusto dei primitivi

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Gombrich- Il Gusto Dei PrimitiviArt History

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  • ERNST H. GOMBRICH

    Il gusto dei primitiviLe radici della ribellione

    Nella sede dellIstitutocopertina

  • Napoli 2005

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  • ISTITUTO ITALIANO PER GLI STUDI FILOSOFICI

    QUADERNI DEL TRENTENNALE1975-2005

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  • ERNST H. GOMBRICH

    Il gusto dei primitiviLe radici della ribellione

    Nella sede dellIstitutoNapoli 2005

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  • INDICE

    VITTORIO HSLE, Arte e filosofia 7

    ERNST H. GOMBRICH, Il gusto dei primitivi.Le radici della ribellione 9

    Serie di Seminari di Storia dellArte 35

    Serie di Seminari di Architettura 51

    Giornate di studio di Storia dellArte, di Architetturae di Urbanistica 57

    5

  • 6

  • A cura di Antonio Gargano, Segretario generale dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici

    Istituto Italiano per gli Studi FilosoficiPalazzo Serra di CassanoNapoli - Via Monte di Dio, 14

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  • ARTE E FILOSOFIA

    palesemente una illusione credere che i gravi problemi chedeve affrontare il mondo moderno possano essere risolti solo conargomenti, con una educazione alla razionalit, con lo spirito. Manon meno ingenuo, e anzi molto pi pericoloso, quel diffusoantintellettualismo che attacca la cosiddetta torre davorio dellateoria e esorta allattivismo, un attivismo che, se non guidatodalla teoria, pu solo portare a ulteriori catastrofi e a un gravepeggioramento della situazione. Giustamente, Giovanni PuglieseCarratelli, direttore dellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici, inun suo scritto ha ricordato che la sapienza politica non pu esseredisgiunta da un impegno intellettuale, come stato chiarito daTucidide, la cui opera d testimonianza che la politica ateniese fuvalida ed efficace finch trasse ispirazione da quellalto ideale dicultura che segn let periclea, e che Atene non pi stata scuo-la dellEllade quando quellispirazione venuta meno.

    E, del resto, non avrebbe potuto verificarsi levento rivoluzionariodella formazione dello Stato unitario italiano senza limmenso sforzointellettuale del Risorgimento italiano e in particolare del grandeprogramma filosofico e politico di Bertrando e Silvio Spaventa esenza limpegno morale di una minoranza di uomini di cultura che sistrinse intorno ad essi per realizzare quella rivoluzione che GoloMann ha definito come leco pi possente che la Rivoluzione fran-cese abbia mai avuto, come qualcosa di pi decisivo e di pi for-tunato della grande rivoluzione [...] perch lItalia era un concettodel tutto nuovo, mentre la Francia gi esisteva da lungo tempo.

    Non ha senso perci lamentare che si dia troppa attenzione al

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  • mondo della teoria mentre sono in atto stridenti contrasti storici. Diquesti contrasti si deve cercare una soluzione; ma perch questa siavalida, necessario in primo luogo promuovere lo sviluppo teoreticodello spirito umano, sviluppo che non pu avere il suo pi alto puntodi riferimento se non nella filosofia. In una filosofia per che, proprioperch non fine a se stessa e mira ad una duratura trasformazionedella realt, ad un suo adeguamento al razionale attraverso un nuovospirito civile, non ignora il mondo reale, ma recepisce i contributi chealtre attivit dello spirito possono prestare alla conoscenza delluni-verso. Un contributo decisivo a questa conoscenza viene sicuramentedalle scienze, ed impressionante, anzi singolare in Europa, con qualeenergia e tensione morale e spirituale lIstituto Italiano per gli StudiFilosofici organizza seminari e convegni sui pi diversi campi dellescienze fisica, biologia, psicologia, scienze sociali e con i maggioriesperti. Ma non meno che dalle scienze una filosofia seria pu e deveimparare dallarte, in quanto questa ha, tra laltro, anche e propria-mente una funzione conoscitiva; molto spesso essa ha intravisto inmaniera s intuitiva, ma tuttavia pi profonda di quella delle scienzeesatte, e ancor prima di esse, i problemi centrali del proprio tempo.In pi larte in grado di dare qualcosa che alle pure scienze empiri-co-descrittive rimane estraneo: essa in grado di generare valori e didare senso alla vita. perci da ammirare il fatto che lincessante sfor-zo culturale che lIstituto fondato da Gerardo Marotta compie inNapoli non solo tende a rifondare la scuola secondo un disegnoampio e lungimirante per preparare le nuove generazioni e quindi arifondare lo Stato ma guarda con pari attenzione anche allarte.

    Infatti larte la conoscenza intuitiva dellideale e la scienza la conoscenza razionale del reale sono i momenti necessari della

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    * Testo della conferenza tenuta il 19 settembre 1984 nella sede dellIstituto Italiano pergli Studi Filosofici, pubblicata nella traduzione di Sara Benaim dalla casa editrice Bibliopolis(Napoli, 1985) nella collana Memorie dell'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.

  • filosofia in quanto conoscenza razionale dellideale, e solo una filo-sofia che integra questi due momenti in una sintesi merita vera-mente questo nome.

    VITTORIO HSLE

    IL GUSTO DEI PRIMITIVI

    LE RADICI DELLA RIBELLIONE *

    Non aspettatevi, per favore, che io cominci con una mia defini-zione di primitivo, dato che questo un termine sempre relativo.Possiamo giudicare una cosa pi o meno primitiva se partiamo oda un modello o da un determinato grado di sviluppo. Possiamoparlare di una capanna primitiva perch abbiamo visto capanne ditipo pi elaborato, oppure possiamo dire che il pallottoliere unaforma primitiva di calcolatore. Da quando stata accettata la teo-ria dellevoluzione, possiamo dire che larchaeopteryx (o era) unuccello primitivo, oppure domandarci se i virus sono veramenteorganismi primitivi.

    In ogni caso una parola il cui uso implica il paragone con unaalternativa meno primitiva, pi sviluppata, pi progredita o inqualsiasi altro modo la si voglia definire.

    Ne consegue che preferire la forma pi primitiva di qualsiasi cosasignifica anche negare valore o realt al progresso. Non esiste civil-t in cui tali dubbi sulla validit del progresso non siano mai stati

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    1 ARTHUR O. LOVEJOY, GEORGE BOAS, Primitivism and Related Ideas in Antiquity,Baltimore, 1935.

  • nutriti. La civilt, come sapeva bene Freud, ci impone un onere alquale aneliamo sfuggire, o per lo meno sognamo di sfuggire. Nellaloro monumentale opera sul primitivismo nellantichit, pubblicatanel 19361, i grandi storici del pensiero Arthur Lovejoy e GeorgeBoas hanno analizzato e classificato le categorie fondamentali diquesti sentimenti e hanno stabilito una distinzione fra quello chechiamano primitivismo cronologico e il primitivismo culturale. Ilcronologico sostiene, naturalmente, che le cose andavano moltomeglio nel passato: questo , per cos dire, il bagaglio professionaledel laudator temporis acti che si ostina a credere che il mondo stiaprecipitando verso la rovina gi da molto, moltissimo tempo.

    Non ho bisogno di rammentarvi il mito dellet delloro e il fata-le declino del mondo fino allet presente, che fu designato dagliantichi come et del ferro. Qualcuno di noi potrebbe dire cheoggi, nellet del plutonio, le cose stanno ancora peggio. In quelloche i due autori hanno definito primitivismo culturale il passaredel tempo meno importante del contrasto fra due tipi di vita:quella del cittadino, sempre insoddisfatto del lusso che gli offre lacivilt, e le presunte gioie della vita semplice, lesistenza serenadegli isolani dei mari del Sud o di qualsiasi altro buon selvaggio.Questi paragoni, come vedete, sono basati sulla consapevolezza,reale o presunta, di una alternativa; lepoca o il paese dei primitivivengono messi a confronto con la nostra esistenza.

    Ma esiste un genere di sviluppo o progresso che riconosciamosenza doverci riflettere molto, e dovunque ci troviamo, voglio direlevoluzione dallinfanzia alla maturit e infine alla vecchiaia e allamorte. Questa esperienza universale poteva offrire e infatti ha offer-to una facile metafora per giustificare una preferenza per altre formedi vita. La nostalgia per la propria infanzia e per la propria giovi-

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    2 LIONELLO VENTURI, Il gusto dei primitivi, Torino, 1926.3 GIOVANNI PREVITALI, La fortuna dei primitivi, Torino, 1964.

  • nezza si fonde facilmente nella mente delluomo con il desiderio diritrovare unepoca passata o terre lontane: pi primitive eppure pispensierate, pi innocenti della nostra condizione presente.

    Furono ancora Arthur Lovejoy e George Boas ad attirare lanostra attenzione sulle componenti contraddittorie di questi desi-deri. Con la loro spiritosa distinzione fra primitivismo duro e pri-mitivismo morbido ci hanno ricordato che gli stadi primitivi del-lumanit possono essere idealizzati come il tempo dellinnocenzao degli spensierati pastori e pastorelle celebrati dalla poesia arca-dica, e nello stesso tempo come gli anni rudi degli eroi e dei gigan-ti, dei cercatori di avventure e degli uccisori di draghi.

    Ho voluto rievocare brevemente questo ampio sfondo cultura-le e psicologico per assegnare un posto preciso al movimento alquale alludo nel mio titolo, cio il movimento descritto e difeso daLionello Venturi nel suo famoso libro Il gusto dei primitivi, pub-blicato nel 19262. Chi conosce questa sfida lanciata al gusto acca-demico ricorder che lautore usa il termine primitivo nel sensostrettamente limitato che gli venne attribuito nellOttocento. Alpari di Giovanni Previtali nel suo importante libro, molto poste-riore, La fortuna dei primitivi3, Venturi si riferisce ai maestri delTrecento e del Quattrocento. Se questo vi sembra strano, vorreiricordarvi quello che ho detto sullidea di paragone che la parolaprimitivo implica sempre; in questo caso si tratta del paragone trauno stadio precedente e uno successivo dellarte, cos come fuvisto dal Vasari.

    Fu il Vasari che si impose il cmpito di descrivere il progressodelle arti dalla loro rinascita ad opera dei pionieri della seconda edella terza maniera fino al loro trionfo nel secolo del Vasari stesso,il Cinquecento. Che il suo giudizio positivo di quel progresso siastato messo in discussione dal gusto per i primitivi non deve farci

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    4 GIORGIO VASARI, Le Vite, ed. Milanesi, I, Firenze, 1873, p. 243.

  • dimenticare che, in questi critici, perfino la terminologia deriva dalquadro della storia dellarte delineato dal Vasari. Non insisto suquesto punto per dimostrare polemicamente linconsapevoledipendenza del Venturi e dei suoi precursori da quello stesso siste-ma che condannavano. Quel che, ora, minteressa dimostrare cheogni critico che usa la parola primitivo, sia in senso positivo sia insenso negativo, accetta tale dipendenza anche se non se ne rendeconto. Dunque lespressione il gusto dei primitivi, nel senso usatoda Lionello Venturi, non cos totalmente emancipata dal concet-to vasariano come potrebbe sembrare a prima vista. vero chemolti critici hanno messo in questione la fede del Vasari nel valoredella maestria nellimitazione della natura, ma in generale in modomeno inequivocabile hanno respinto laltra interpretazione delle-voluzione dellarte, anche propugnata dal Vasari. Mi riferisco alli-dea formulata nelle sue memorabili parole, cio che le arti come icorpi umani, hanno il nascere, il crescere, lo invecchiare ed il mori-re4. Osservate che questa interpretazione introduce quella inclina-zione spontanea gi menzionata. Possiamo ammirare la maturitma, come ho detto, amiamo di pi la giovinezza. Inoltre tutti sap-piamo che la maturit volge inevitabilmente verso il declino e lamorte, e non mai facile cogliere listante fatidico nel quale ci che maturo diventa troppo maturo e subentra la decomposizione.

    Chiunque legga scritti passati o recenti sulla storia delle artiavr constatato quanto queste metafore abbiano inciso profonda-mente sulle prospettive e sui giudizi di critici che non sempre sirendevano conto del fatto che non erano altro che metafore.

    Lassociazione di idee tra giovent e primavera sorge quasi ine-vitabilmente nella mente degli storici che celebrano il periodo

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    5 ARISTOTELE, Poetica, IV, 15.6 ERNST H. GOMBRICH, Vasaris Lives and Ciceros Brutus, Journal of the Warburg and

    Courtauld Institutes, XXIII, 1960, pp. 309-311.

  • caratterizzato dal gusto dei primitivi e che traggon diletto tantodal vigore eroico quanto dalla supposta ingenuit di quelle opere.Per di pi queste associazioni di idee erano imposte, per cos dire,dalle caratteristiche visive delle immagini. Le graziose visioni delBotticelli si fondevano cos facilmente nellimmaginazione di chiguardava con la casta innocenza della giovent. Al contrario la ma-tura sensualit delle Veneri di Tiziano sembrava raffigurare unospirito completamente diverso. Il nostro gusto non pu mai essereseparato da questo genere di associazioni conscie o inconscie chedeterminano la nostra reazione.

    Ma se vogliamo continuare la nostra analisi delle radici di quel-la ribellione che alla fine and molto pi in l della glorificazionedel Quattrocento, dobbiamo ricercare le fonti storiografiche delVasari. Dopo tutto non gli sarebbe mai venuta in mente la meta-fora organica se non avesse scoperto che levoluzione delle arti cheintendeva descrivere aveva modelli analoghi nellantichit classica.Il pi famoso tra questi modelli era senzaltro la Poetica diAristotele o piuttosto quella pagina dove il filosofo ci racconta losviluppo dellarte della tragedia dal primitivo ditirambo: Poi len-tamente si accrebbe aiutando i poeti a sviluppare tutti quei suoigermi che si venivano man mano rivelando; e dopo che fu passataattraverso molti mutamenti ed ebbe raggiunta la sua propria formanaturale, allora [la tragedia] si arrest5. la famosa linea daEschilo a Sofocle e poi ad Euripide, lultimo essendo forse menoperfetto dellEdipo di Sofocle.

    Sappiamo che pressa poco nello stesso tempo un altro autore,Duride di Samo, scrisse anche la prima storia delle arti figurative:non ci pervenuta, ma conosciamo i suoi riflessi nei testi latini.

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    7 ERNST H. GOMBRICH, Kunst und Fortschritt, Kln, 1978, fig. 1-4.8 ERNST H. GOMBRICH, The Debate on Primitivism in Ancient Rhetoric, Journal of the

    Warburg and Courtauld Institutes, XXIX, 1966, pp. 24-38.

  • infatti facile vedere che lintera struttura delle Vite vasariane deri-va da quegli scrittori antichi6, quali Cicerone, Plinio e Quintiliano,che descrissero il progresso dellarte greca come progresso dellamimesi nellarte; imitazione della natura che possiamo tuttoravedere come una successione analoga a quella proposta dal Vasari,se paragoniamo i successivi sviluppi nella rappresentazione dellafigura maschile, partendo dalle statue rigide e dure del VI secolofino alla chiarezza e serenit del canone policleto, fino alla graziadi Prassitele e al naturalismo rivoluzionario di Lisippo, che dichia-rava non avere avuto altro maestro che la Natura7.

    Non mi sorprenderebbe che molti di voi avessero una marcatapreferenza per la scultura arcaica o primitiva piuttosto che per leopere dellinizio del periodo ellenistico. Questo non implica che simetta in dubbio la maggiore bravura di Lisippo nellimitare laforma e i movimenti del corpo maschile; si potrebbe per averedubbi sulluso fatto di questa bravura.

    Vorrei, ora, sottolineare che questo un atteggiamento perfet-tamente razionale. Insisto nellaffermare che razionale perch hosostenuto che la teoria sul ciclo vitale delle arti di cui ho parlatoprima non razionale. A differenza del Vasari e dei suoi seguaciconsapevoli o meno, io non credo che le arti fioriscano solo perappassire, o che esista una inevitabile tendenza della maturitverso la decadenza, anche se lo si afferma di continuo. Per, comeho detto prima, mi sembra perfettamente ragionevole e legittimomettere in causa luso di qualsiasi arte. La vera base logica delgusto dei primitivi il fatto che quasi ogni genere di maestria sipresta allabuso. Questa possibilit stata scoperta, dibattuta estabilita dai critici antichi della retorica8, essendo la retorica larteche gli antichi Greci stimavano al di sopra di ogni altra, giacchnella democrazia limitata delle loro citt-stato larte del dibattito e

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    9 QUINTILIANO, Institutio oratoria, XII, x, 3.

  • della persuasione era essenziale per avere successo. Era ancheunarte della quale si poteva fare cattivo uso. Platone non cessavadi battere e ribattere il suo sospetto verso gli argomenti speciosi ele suadenti acrobazie verbali dei professionisti e maestri di reto-rica, i sofisti. Secondo lui erano pervertitori della verit, come loerano anche i poeti e gli artisti che creavano illusioni invece di rive-lare la realt. Si sa che Platone aveva unammirazione particolareper larte millenaria degli Egiziani perch era basata su un ritualeantichissimo e immutabile, mentre limitazione della natura noncreava che illusioni sensibili e sensuali.

    Non sappiamo se ci siano stati artisti contemporanei a Platoneche abbiano accettato i suoi precetti, adottando lo stile di unepo-ca precedente; sappiamo invece che esistita una tendenza di que-sto genere fra i Romani. Studiosi di arte antica parlano di uno stilearcaicizzante, di imitazioni alquanto nostalgiche di statue arcaichegreche che erano molto di moda a Roma fra i conoscitori darte.Gli stessi Romani amavano inserire certi motivi egiziani neidipinti murali delle loro case sia per motivi religiosi sia come uncondimento piccante. Quintiliano nota fra i suoi contemporaneiquesta predilezione per il primitivo, e la considera una formacaratteristica di quello che noi chiameremmo snobismo, un mododi rendersi interessanti, intelligendi ambitu9. Invece di attribuiretale predilezione a scrupoli morali Quintiliano ci offre, dunque,una diagnosi in termini di psicologia sociale che non ha perso nulladella sua validit. Era stato per un altro maestro di retorica, ilgrande Cicerone, a fare la diagnosi psicologica pi penetrante diquella tendenza estetica. Cicerone ne turbato e con ragione; luiche si gloriava di aver portato alla perfezione larte delloratorialatina, dovette constatare con disappunto che la dovizia e lelegan-za delle sue cadenze suadenti non erano oggetto di universaleammirazione come si era aspettato. Cera una fazione di giovaniaristocratici che cominciavano a farsi strada, i quali giudicavano il

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  • suo stile corrotto, simile a quello dei sofisti che essi avevano impa-rato a disprezzare. Questi giovani auspicavano il ritorno alla lim-pida semplicit dellantica oratoria attica, priva di abbellimenti edi trucchi. Cicerone deve avere particolarmente sentito limpor-tanza di respingere quellargomento morale con cui si tacciava ilsuo stile di corrotto e corruttore. E trov cos unaltra spiegazionedel perch la perfezione della sua maestria non aveva destato lam-mirazione di quei giudici tanto sofisticati. Il suo commento meritadi essere citato per intero.

    difficile dire per quale ragione le cose che pi dilettano inostri sensi e sembrano pi attraenti a prima vista sono lestesse dalle quali rifuggiamo pi presto, presi da una speciedi saziet e di disgusto. Quanto le nuove pitture sono supe-riori alle pi antiche per vivacit e variet di colori; eppure,bench le possiamo trovare attraenti allinizio, poco doponon ci piacciono pi, mentre i vecchi dipinti mantengono illoro fascino malgrado il loro aspetto rude e antiquato.

    Senza pretendere minimamente che siano quelli i dipinti cheCicerone aveva in mente, pensiamo a immagini soavi come moltedi quelle presenti a Pompei per metterle a confronto con dipintigreci pi antichi trovati a Paestum. Per spiegare questa preferenzaCicerone continua:

    Nel canto, quanto pi dolci e deliziosi sono i trilli e i legatiche le note ferme e severe, eppure non solo le persone sofi-sticate, ma anche la folla finisce per stancarsene se li senteripetuti troppe volte. Potete osservare la stessa cosa per tuttoci che riguarda i sensi; i profumi troppo dolci e penetranti

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    10 CICERONE, De oratore, III, 98.

  • ci stancano pi presto che quelli di fragranza pi discreta, equalcosa che ha profumo di terra piace pi che il profumodello zafferano. Anche per il tatto c un limite alla morbi-dezza e alla leggerezza che ci pu essere piacevole, e quantoal gusto, il pi sensibile al piacere di tutti i sensi, chi pifacilmente sedotto da ci che dolce, come pronto arespingere e provare ripugnanza per il troppo dolce... e cosin tutto il piacere pi grande si trova al limite del disgustopi forte. Non dobbiamo dunque meravigliarci, se questoaccade anche nellarte della parola10.

    Che cos questa reazione che Cicerone descrive con tanta elo-quenza? Vorrei proporre una diagnosi psicologica; io qui vedo unadifesa dalla seduzione, il timore di abboccare troppo facilmenteallesca. Fino a qui lesperienza soggettiva del disgusto potrebbeavere un nesso con largomento morale di Platone. La preferenzaper forme pi rozze, che Cicerone descrive come la reazione di unpalato stanco, ha una certa affinit forse con la repulsione morale,dato che le reazioni non sono mai determinate da una sola moti-vazione. Insomma deve esistere una ragione pi universale del solotedio per farci preferire le forme pi antiche di arte. Mi riferiscoalla reverenza per lantico presente generalmente in quasi tutte leculture, una reverenza strettamente collegata alle credenze religio-se. Platone aveva certamente scoperto qualcosa di importantequando lod limmobilismo dellarte sacra egiziana giacch lartesacra legata al rituale e alla liturgia non dovrebbe seguire i capric-ci della moda. Unimmagine venerata da tempo immemorabileassume unaura di maest e di imponenza che non possibile ritro-vare in una pi recente: questo naturalmente gli antichi lo sapeva-

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    11 PORFIRIO, De abstinentia, ii.12 QUINTILIANO, Institutio oratoria, X, i, 88.

  • no. Il filosofo platonico Porfirio paragonando le statue antiche allenuove dice che le prime, bench di forma semplice, sono consi-derate di natura divina, mentre le nuove, pur essendo finite conmaggiore arte, possono essere ammirate ma nessuno crede cheabbiano la stessa natura divina11.

    Le opere dei tempi pi remoti hanno veramente un che di sacroe di divino che non si pu ricreare a volont. Basta pensare aldibattito costante che accompagna, almeno in Inghilterra, i tenta-tivi di sostituire i testi della versione autorizzata della Bibbia con-sacrati dal tempo con una versione nuova pi consona alla linguaparlata del nostro tempo per rendersi conto della forza di questoattaccamento al remoto passato.

    Quello che sono per noi i testi delle Sacre Scritture lo erano ipoemi di Ennio per i Romani. Veneriamolo, dice Quintiliano,come veneriamo i boschi sacri consacrati dal tempo, dove legrandi querce antiche non sono forse tanto belle quanto sono mae-stose12. Le statue antiche possiamo arguire non erano nean-chesse considerate belle, ma davano il senso del sublime.

    Con lintroduzione di questo termine il sublime usato percelebrare unesperienza estetica sono arrivato al motivo ultimo cheil Settecento doveva ereditare dai dibattiti estetici dei critici delmondo antico, particolarmente quelli sullo stile letterario. Mi rife-risco al frammento del trattato greco attribuito a Longino, intito-lato Del Sublime. In questo lavoro, immensamente sottile e pro-fondo, Longino opina che il sublime una forma di espressioneche non si pu ottenere di proposito. Chi cerca di conseguirlo disolito finisce nel pomposo. Il fatto che il sublime e Longino citacome esempio la descrizione biblica della creazione della luce

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    13 PSEUDO - LONGINO, Del Sublime, XXXIV, I.14 EDMUND BURKE, A Philosophical Enquiry into the Origin of Our Ideas of the Sublime

    and the Beautiful, London, 1770.15 Op. cit., Parte V, sez. VII.

  • non una questione di tecnica. Un discorso pu essere assoluta-mente impeccabile, ma proprio per questo non ottenere nessuneffetto. Il grande Demostene, per esempio, spesso nelle sue ora-zioni non teneva conto delle regole, eppure era superiore a uncerto Iperide dai discorsi impeccabili13. Il sublime una questionedi ispirazione, di un pensiero che dietro le parole, ed la qualitdi una mente nobile che non pu essere simulata. Se possedete ildono del sublime, potete permettervi di dimenticare il bello.

    Ho accennato solo brevemente allargomento di quel trattatomemorabile perch quello che mimporta qui lidea che esistonodue categorie di eccellenza in ogni forma darte. Il bello ha unpotente rivale nel sublime. Era unidea che si rivel assolutamenteesplosiva nelle mani dei critici accademici del Settecento.

    Lautore che introdusse Longino nel pieno della discussione fuEdmund Burke, la cui Inchiesta filosofica sulle origini delle nostreidee sul sublime e sul bello, pubblicata in prima edizione nel 1756,mi sembra uno dei libri di estetica pi interessanti che siano maistati scritti14. Naturalmente segue la tradizione stabilita daLongino, quando parla delle caratteristiche delle diverse lingue.Le lingue altamente raffinate, come il francese, secondo lui, gene-ralmente mancano di forza, mentre le lingue della maggioranza deipopoli non raffinati hanno grande forza ed energia di espressio-ne15, in altre parole hanno maggiore affinit col sublime. Burkesegue anche la tradizione antica di paragonare gli effetti stilisticidella parola con gli effetti di creazioni naturali o culturali, il che loporta a fare qualche accenno ad opere darte preistoriche e primi-tive.

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    16 Ibid., Parte II, sez. XII.17 Ibid., Parte II, sez. III.18 JEAN FRDRIC BERNARD, Crmonies et coutumes religieuses de tous les peuples du

    monde (con illustrazioni di B. Picart), Amsterdam, 1723-37.

  • Stonehenge non ha alcunch di ammirevole, n per compo-sizione, n per ornamentazione: ma quegli enormi massi dipietra rozza, posati ritti uno sopra laltro, rivolgono il pen-siero verso limmensa forza che fu necessaria per compierequellopera. La rozzezza dellopera in s aumenta limpres-sione di grandiosit, dato che esclude lidea di arte e diinventiva; la maestria produce un altro genere di effetto, bendiverso da questo16.

    Burke parla una volta sola di un tempio barbarico e non per lasua forma, ma per limpressione di terribile oscurit.

    Quasi tutti i templi pagani erano bui. Perfino nei templi bar-bari degli Americani dei giorni nostri si tiene lidolo in unangolo buio della capanna dedicato al culto17.

    Ci si domanda che cosa avesse in mente il Burke. Forse ricor-dava certe incisioni dellopera monumentale di Picart sulle ceri-monie e sui riti dellumanit nelle quali erano rappresentati in unacapanna delle Antille idoli inventati18.

    Ma non per queste osservazioni di ordine secondario che iltrattato di Burke ha unimportanza decisiva per il nostro tema,quanto per gli argomenti che adduce per distinguere fra il bello eil sublime. Scartando la teoria platonica secondo la quale il bello un riflesso del divino, Burke adott lempirismo di John Locke etent di trovare le origini di queste due sensazioni nelle reazionipsicologiche naturali, per non dire biologiche. Il sublime sarebbeuna forma di timore o terrore, radicato nelle reazioni del-

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    19 JEAN-JACQUES ROUSSEAU, Sur lorigine et les fondements de lingalit parmi les hom-mes, Genve, 1754, II, Oeuvres compltes, III (d. Pliade), Paris, 1966, p. 171.

  • lindividuo di fronte ad una minaccia e perci collegato allistintodi autoconservazione. Daltra parte la bellezza collegata allattra-zione sessuale, cio allistinto della conservazione della specie.

    Lidentificare di fatto il bello con la sensualit erotica pu esse-re apparso non insostenibile in unepoca che aveva visto sorgerequello che noi chiamiamo lo stile rococ, particolarmente inFrancia. I nudi seducenti di Boucher corrispondono senza dubbiomeglio alla teoria di Burke che a quella di Platone. E non nep-pure sorprendente che laccusa di effeminatezza e quello che iochiamo il terrore della corruzione abbia toccato una corda sensi-bile in una societ che si dava a quelle forme darte sensualistiche.In questo campo, come anche in altri, la societ era pronta a pre-stare orecchio alle prediche di Jean-Jacques Rousseau, il profetadella vita semplice. Il nome di Rousseau, si sa, sempre collegatoal richiamo di un ritorno alla natura, ma stato anche osservatoche egli non professava un primitivismo a oltranza. Quello cheRousseau respingeva nella societ del suo tempo era una civiltbasata sullineguaglianza. Per lui let delloro era quella dellauto-sufficienza, quando tutti potevano soddisfare i propri bisogni, siaccontentavano delle loro rustiche capanne, erano vestiti di pelli dianimali e si ornavano come potevano dipingendosi il corpo con di-versi colori e usando penne e conchiglie come ornamento19. Unasimile mentalit non poteva non trovare la tradizionale storia del-larte piuttosto sospettosa: se prendiamo lantichit egiziana, oanche lantica Grecia o Roma, vediamo che i loro monumentierano frutto del sistema della divisione del lavoro, se non dellaschiavit. Queste erano fantasie.

    Ma in quellatmosfera di angosciosi esami di coscienza larte e

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    20 J. J. WINCKELMANN, Gedanken ber die Nachahmung der griechischen Werke in derMalerey und Bildhauerkunst, Dresden, 1755. Per questo e il seguente vedi ERNST H.GOMBRICH, Kunst und Fortschritt, cit., pp. 29-59.

  • la cultura dei Greci apparivano come lunica via concreta per usci-re dalla corruzione. Parlo del secondo profeta di quel periodo,Johann Joachim Winckelmann, che predicava soprattutto sullar-te: con le sue Riflessioni sullimitazione delle opere greche di pittu-ra e di scultura del 175520, apr le porte alla reazione neoclassicacontro il rococ in Germania. Pu sembrare un po paradossaleparlare del profeta della bellezza classica in relazione al gusto deiprimitivi, ma ho cercato altrove di dimostrare che Winckelmannnon fu affatto estraneo a questa svolta radicale nella storia delgusto. Nella Dresda delle figurine di porcellana e del Barocco esu-berante dello Zwinger, egli lanci un appello appassionato, miran-do, come tanti altri riformatori, a far sentire la sua voce contro lacorruzione dellepoca e il suo gusto artistico. Larte era diventataeffeminata perch cos era la gente. Nella sua mente non esiste unanetta distinzione fra primitivismo duro e primitivismo morbidoquando mette a confronto la sua epoca con let delloro che perlui era nella Grecia antica.

    Prendete un giovane Spartano, figlio di un eroe e di uneroi-na, che nella sua infanzia non mai stato costretto in fasce,che dallet di sette anni ha dormito per terra e ha imparatofin dalla tenera et a nuotare e fare la lotta, mettetelo accan-to a un giovane sibarita del nostro tempo e poi ditemi qualedei due deve essere scelto da un artista come modello peruna figura di un giovane Teseo o Achille o perfino Bacco.

    Il fatto che limmagine dei Greci cos idealizzati si fonde nellamente del Winckelmann con il sogno del Settecento, il nobile sel-vaggio.

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    21 J. J. WINCKELMANN, Geschichte der Kunst des Alterthums, Dresden, 1764.

  • Vedete lIndiano dal pi veloce che corre dietro a un cervo,come mutevoli sono i suoi umori, come flessibili e scattanti isuoi nervi e muscoli, come snello e leggero il suo corpo. cos che Omero mostra a noi i suoi eroi.

    Si sa che il vangelo di Winckelmann fu poi cristallizzato nellaformula della nobile semplicit, e bench la superiorit del sem-plice sul complesso non si identifichi con la preferenza per il pri-mitivo piuttosto che per il progredito, i due concetti possono facil-mente fondersi.

    Questo accadde quasi impercettibilmente quando Winckel-mann si accinse a scrivere la sua Storia dellarte antica, pubblicata nel176421. Come storico, logicamente doveva ricercare le origini del-larte antica, ma aveva ben poco che gli servisse da guida. Lenormequantit di statue e di rilievi che trov al suo arrivo a Roma era statastudiata esaurientemente da studiosi dellantichit interessati alletestimonianze sulla religione e sui costumi degli antichi, ma pocoo niente era stato fatto per tentare di catalogare il materiale in or-dine cronologico e collegarlo con le testimonianze degli scrittoridellantichit sul sorgere delle arti. Non c da meravigliarsi cheWinckelmann sia andato a cercare aiuto per questa ricostruzionenella storia della letteratura, compresa la Poetica di Aristotele, gicitata per descrivere levoluzione della tragedia greca. Lipotesisostenuta da Winckelmann era che larte arcaica greca doveva averecarattere simile alle opere di Eschilo, il primo grande tragico, coscome lo stile pi evoluto doveva essere simile allo stile di Sofocle. Ilprimo era violento e oscuro, il secondo sereno e bello. Basandosi suqueste analogie e sullo studio di qualche moneta greca e di gemmeintagliate, Winckelmann elabor una teoria sulla successione deglistili nellantica Grecia, cominciando da uno stadio rude e angolosofino a quello che egli chiam lo stile elevato, che, possiamo dedur-re, era pi sublime che bello. Questultimo, per, prepar la strada

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  • al trionfo della bellezza al tempo di Fidia, uno dei pi famosi mae-stri, i cui lavori sono tutti andati perduti, ma il cui riflessoWinckelmann trov nella serena bellezza di una Minerva di pro-priet del suo patrono, il cardinale Albani. Questo stile di bellezza,al quale evit di dare una data troppo precisa, fu seguito da unperiodo in cui lelemento dominante era la grazia e che a sua voltasi svilupp in due stadi ben distinti. Nel primo la grazia era ancoradi tipo sublime, il secondo fu definito dal Winckelmann il periododella grazia piacente o seducente. Non si pu ignorare lambiva-lenza del Winckelmann verso questa ultima fase per il suo caratteredi sensualit e di mollezza. Senza dirlo chiaramente, egli lascia capi-re che questo che apr la strada alla decadenza dellarte greca versola trivialit e leffeminatezza. Se Winckelmann si fosse soffermatotroppo a lungo su questa immagine del declino dellarte antica,avrebbe certamente dovuto condannare molte delle sculture che ituristi ammiravano a Roma: e ci sarebbe stato contrario al suoscopo di mettere larte antica su un piedistallo. Prefer descrivere isintomi della corruzione nellarte in analogia con le tendenze mo-derne, additando nei grandi virtuosi dellra barocca, GianlorenzoBernini e Pietro da Cortona, i corruttori dellarte. questa reiteratainsistenza sui pericoli della corruzione che port il classicismo diWinckelmann pi vicino al gusto dei primitivi di quanto possa sem-brare a prima vista. Soprattutto le sue lodi per i vasi greci pi anti-chi, che a quel tempo erano attribuiti agli Etruschi, fecero impres-sione e mostrarono chiaramente agli amatori darte che il rigoredella forma e della linea era una virt che larte arcaica aveva incomune con i maestri del primo Rinascimento.

    vero che Winckelmann credeva di cogliere questo rigoreincorrotto in opere che ora consideriamo copie romane di epocarelativamente decadente, ma mentre il suo inno in prosa allApollo

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    22 ISAIAH BERLIN, Vico and Herder, London, 1976.

  • del Belvedere pu sembrare esagerato e addirittura invasato al let-tore moderno, quello che importa dal punto di vista storico lat-teggiamento verso larte che egli cercava di inculcare. Egli vedevanellarte greca lespressione immediata della nobile anima greca, eil suo rispetto per questo ha un carattere quasi religioso.

    Forse questo esclusivismo tocc un punto nevralgico special-mente in Germania, una Germania divisa e piuttosto arretrata nellacultura, dove cominciava ad affiorare il nazionalismo. Le pretesedella Francia di essere la guida culturale dellEuropa, il centro del-leleganza e del galateo, cominciavano a dare noia specialmente aiTedeschi, dato che il loro eroe nazionale, Federico il Grande, re diPrussia, condivideva apertamente quellopinione, non scriveva chein francese e si era circondato di studiosi e filosofi francesi nella suagallicizzante Potsdam. In un certo senso si pu affermare che la cul-tura tedesca ha sempre portato le cicatrici di quella esperienza e cheil suo ben noto bisogno di affermarsi nacque in quel tempo. I suoiinizi furono piuttosto innocui e perfino benefici. Senza dubbio eralecito rammentare al pubblico la molteplicit delle culture e delleconquiste dellumanit. Il portavoce di questo punto di vista eraJohann Gottfried Herder. Herder non cedeva a nessuno nella suaammirazione per larte greca, cos come la conosceva, ma il suo inte-resse principale era per la poesia piuttosto che per le arti figurative,e fu questo interesse a portarlo a prediligere i primitivi. Non cheripudiasse la societ del suo tempo, anzi aveva fede nella possibilitper il genere umano di progredire da uno stato di barbarie a quellodi umanit, di razionalit e perfezione etica. Ma pensava che questoprocesso, per quanto desiderabile, comportasse rischi per certe qua-lit delluomo e che lepoca primitiva fosse superiore alla nostra perlimmaginazione e quindi nella poesia. Herder in questo riprese iltema che era stato proposto per la prima volta da un grande pensa-

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    23 J. W. GOETHE, Von deutscher Baukunst, 1772.

  • tore napoletano, Giambattista Vico, allinizio del secolo XVIII22.Vico era un primitivista duro, che credeva nella barbarie delle eteroiche, ma pensava anche che durante quegli albori tutti i popolifossero dotati di unimmaginazione straordinariamente vivida.Quando il linguaggio era ancora una novit per luomo, esso eramolto meno astratto: era pieno di immagini concrete, in altre paro-le era poetico. Le epopee di Omero ci danno ancora unidea dellamentalit e delle capacit di quei tempi eroici. La predilezione per ilprimitivo ebbe cos un nuovo impulso che poteva unirsi facilmentecon lammirazione per la qualit sublime della lingua primitiva. Ilfatto che interessava particolarmente a Herder era che questa dot-trina non mostrasse alcun segno di settarismo nazionalistico.

    Tutti i popoli erano in qualche modo partecipi di queste carat-teristiche nelle loro fasi primitive. Herder trasse stimoli per elabo-rare la sua teoria anche da una raccolta di ballate antiche pubbli-cate in Inghilterra e dallinteresse destato dalle poesie di un miticobardo celtico, Ossian, che poi si rivelarono apocrife. Ma in questoi Celti e gli Inglesi non erano soli. Herder pubblic una raccolta dicanti popolari, tratti da ogni fonte disponibile, sotto il titolo allet-tante di Voci dei popoli in canti. Dato che ogni popolo aveva la suavoce individuale, chi avrebbe osato negare questo ai Tedeschi?

    Una delle manifestazioni pi importanti di questo nuovo orgo-glio pu essere attribuita direttamente a Herder: parlo di una delleprime pubblicazioni di Johann Wolfgang Goethe, che usc nel1772 in un volume curato da Herder e che aveva il significativotitolo Del carattere e delle arti dei Tedeschi. Il saggio di Goethe intitolato Dellarchitettura tedesca23. Goethe era andato a studiarelegge a Strasburgo e l aveva conosciuto Herder. Impressionabilecomera, rimase sbalordito dalla grandiosit e dalla maest dellacattedrale gotica di Strasburgo che per lui fu una sorpresa totale,dato che era cresciuto con tutti i pregiudizi del suo tempo controquello stile di costruzione barbarico.

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  • Come si sa, la parola gotico era usata nel senso di barbaro,come noi oggi parliamo di vandalismo, attribuendo ingiustamenteal solo popolo dei Vandali che saccheggiarono Roma una caratte-ristica anche troppo diffusa in altri. Goethe, totalmente ignaro diqueste generalizzazioni, accett il termine gotico nel senso attri-buitogli a quel tempo, nella convinzione che fosse stata quella anti-ca trib germanica a creare lo stile gotico, tanto superiore a suogiudizio a tutto ci che avevano creato gli arroganti Francesi, que-gli stessi Francesi che in verit avevano elaborato lo stile goticonellle-de-France e che, sempre allinsaputa di Goethe, avevanogi da allora cominciato ad apprezzare i pregi singolari di quellostile cos diverso.

    Non che queste considerazioni tolgano alcunch alla magnificen-za dellinno in prosa di Goethe in lode del quasi mitico architettodella cattedrale, Erwin von Steinbach, inno dal quale spira un fer-vore mistico pari a quello con cui Winckelmann reag alla visionedellApollo del Belvedere. Ma non pago delle sue lodi, Goethe vole-va demolire tutta lestetica che aveva condotto al disprezzo di untale capolavoro. Come ci si pu aspettare, per lui le radici di queipregiudizi erano in quella stessa effeminatezza che era stata con-dannata da Rousseau e da Winckelmann, ma la sua reazione loport ancora oltre. Forse reag con tanta violenza perch nella casadei suoi genitori a Francoforte regnava unatmosfera di eleganzarococ, il padre proteggeva il pittore filofrancese Seekatz e gli avevafatto fare un ritratto di tutta la famiglia in stile pastorale, nel quale sivede Goethe ragazzo vestito da pastorello. Non perci sorpren-dente che fosse sopravvenuto il disgusto della saziet e che circadieci anni dopo lo stesso ragazzo avesse esclamato: Come odioquelle bambole imbellettate dipinte dai nostri maestri... Le loropose teatrali, lartificio dei loro colori e le loro vesti sgargianti hannoaffascinato le nostre donne. Onesto Albrecht Drer, deriso dainostri moderni, la pi legnosa delle tue figure mi pi cara.

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  • A noi le opere di Drer non sembrano particolarmente legno-se, ma evidentemente langolosit di alcune delle sue figure lo con-trassegnava come un primitivo agli occhi del Settecento. Non con-tento per di avere espresso in questo modo la sua preferenza,Goethe va oltre e condanna tutto il culto della bellezza adottandoil vocabolario del sublime, ma portando largomento a estremi mairaggiunti dai suoi predecessori. Il passaggio nel quale si rivolge aun giovane amico immaginario merita di essere citato quasi peresteso.

    ... non lasciare che questa molle idolatria della bellezza vizi iltuo apprezzamento di ci che rude e pieno di significato,giacch una sentimentalit morbosa finisce col non poter tol-lerare altro che una facile mediocrit. Vogliono farti credereche le belle arti devono la loro esistenza a un nostro presun-to bisogno innato di abbellire quello che ci circonda. Non vero. Potrebbe essere vero soltanto nel senso che cor-risponde alla mentalit delluomo comune o dellartigiano,ma certo non alla terminologia dei filosofi.Larte creazione molto prima di essere bellezza, eppure vera e grande, spesso pi vera e pi grande di quanto bella.Giacch nelluomo esiste un bisogno innato di creare che simanifesta non appena ha assicurato la propria sopravvivenza.Non appena il semidio libero dal timore e dalle cure si d dafare nel suo tempo libero per trovare unattivit nella qualepossa infondere il suo spirito. cos che il selvaggio d formae colore alle sue noci di cocco, alle sue penne, al suo corpo constrani disegni, figure spaventevoli, tinte sgargianti, eppure, perarbitrarie che siano le forme di queste sue creazioni, il tuttodiventer armonioso anche senza avere le giuste proporzioniperch una singola emozione fonde il tutto in unentit carat-teristica. questa arte caratteristica che la sola vera arte.

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  • Bisogna ammettere che questa una presa di posizione sor-prendente; sorprendente perch generalmente accettato chelarte tribale ha cominciato ad essere apprezzata soltanto nelnostro secolo. Per di pi non siamo proprio sicuri di che cosaGoethe avesse in mente con questo suo entusiasmo per le noci dicocco, le penne e i corpi umani dipinti. Purtroppo dobbiamo con-cludere che forse tutta una sua invenzione. Rousseau, comericorderete, aveva parlato dei suoi paesani idealizzati la cui arte delgenere fai da te comprendeva labbellimento della loro persona.Racconti di viaggiatori in paesi lontani possono avere completatolimmagine del buon selvaggio dotato di creativit artistica.Tuttavia il fatto stesso che questo passaggio sia rimasto senza ecoper tanto tempo indica un problema cruciale perch mette in lucela differenza essenziale fra larte figurativa e larte della parola. Lapoesia primitiva sembra essere stata molto pi accessibile delle im-magini primitive. La differenza fondata su una realt innegabile,cio sul fatto che il dono della parola universale per il genereumano, mentre larte di creare immagini, specialmente immaginiche imitano la vita, si deve imparare in ogni societ e non tutte lesociet apprezzano e insegnano questarte. Questa differenza pal-pabile fra poesia primitiva e arte primitiva ci aiuta a spiegare lacrisi del gusto artistico nel tardo Settecento.

    Senza dubbio gli artisti volevano rispondere allentusiasmogenerale per la poesia di Ossian e di Omero, ma in un certo sensomancavano di un idioma in cui potessero rendere un omaggio ade-guato al culto che era allora di moda. Flaxman colse latmosferadel momento nelle sue illustrazioni di Omero adottando lo stiledei vasi greci pi antichi, ma se il suo stile indicava una preferen-za per le opere dei vasai greci pi severe e perci pi sublimi, lesue illustrazioni sono ben lontane da quello che i Greci omerici

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    24 MARGARET MARY RUBEL, Savage and Barbarian, Oxford, 1978.

  • potevano conoscere o creare. Lo stesso vale per i numerosi dipin-ti e disegni ispirati al fantasioso primitivismo della presunta poesiadi Ossian. Le loro figure eroiche e muscolose devono la loro ispi-razione in gran parte a Michelangelo che non era certamente pri-mitivo, ma era considerato la personificazione stessa del sublime24.

    Bisogna dire che un sottile cambiamento di direzione nel gustoera sopravvenuto nel tardo Settecento, ragion per cui il mondodellarte si andava polarizzando sempre di pi. Mentre Raffaellosembrava ancora lincarnazione del bello, era Michelangelo cherappresentava lideale del sublime. Perfino Reynolds nei suoi dis-corsi allAccademia rivela che il suo pensiero si concentrava sem-pre di pi sulle alte virt del sublime visto come lantidoto alla cor-ruzione dellepoca. Il discorso daddio tenuto verso la fine del1790, su Michelangelo, particolarmente caratteristico dellatmo-sfera che sfoci nella rivoluzione definitiva del gusto, giacchMichelangelo in quel discorso diventa lincarnazione del sublime,veramente pari ad Omero ed a Shakespeare, i due idoli della rivo-luzione anticlassica. Come gli altri critici prima di lui, Reynolds siserve degli strumenti e della terminologia tradizionale degli antichiretori:

    Che lArte si trovi in uno stato di degenerazione continuadallet di Michelangelo al presente un fatto che deve esse-re riconosciuto; possiamo attribuire con ragione questodeclino alla stessa causa alla quale gli antichi critici e filosofiattribuirono la corruzione delleloquenza: indolenza, nonapplicarsi al lavoro come facevano i nostri grandi predeces-sori, desiderio di trovare scorciatoie, ecco le cause, secondolopinione generale, che hanno portato dalla casta bellezzanaturale delleloquenza dei vecchi tempi allo stile forzato e

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    25 JOSHUA REYNOLDS, Discourses on Art, San Marino, 1959, Discourse 15, pp. 265-282.

  • tronfio che ora di moda.

    Michelangelo dunque stranamente investito del ruolo del severooratore attico, e la via aperta per la degradazione perfino diRaffaello, giudicato troppo piacevole. Preferire il sublime non lostesso che preferire il primitivo, ma osservate come in Reynolds le duecose comincino a unirsi: Il sublime in Pittura, come in Poesia, sog-gioga a tal punto, prende talmente possesso della mente che non rima-ne posto per prestare attenzione a chi critica i pi minuti particolari.Le piccole eleganze dellarte di fronte a queste grandi idee espressecon tanta grandezza perdono ogni valore e diventano, almeno per ilmomento, indegne della nostra attenzione. Lesattezza del giudizio, lapurezza del gusto, caratteristiche di Raffaello, la grazia squisita delCorreggio e del Parmigianino, tutto sparisce alla loro presenza25.

    Probabilmente Reynolds voleva esortare chi lo ascoltava a ricor-dare sempre il contrasto fra le grandiose immagini della Creazionedi Michelangelo sul soffitto della Cappella Sistina e quelle dellacosiddetta Bibbia di Raffaello, gli affreschi delle Logge che eranoattribuiti a Raffaello stesso.

    oramai proverbiale dire che le rivoluzioni divorano i proprifigli. E se mi permesso di prolungare questo lungo discorso dipochi minuti, cercher di offrire la prova che anche in questo con-testo qualsiasi dichiarazione provocatoria pu essere superata daunaltra pi estremista.

    Dopo che Reynolds ebbe condannato Raffaello come quasi cor-rotto, segu il turno di Michelangelo. Questo risulta da un testoprezioso venuto alla luce una quarantina di anni fa: uno scritto

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    26 The Ironical Discourse, pubblicato in Portraits by Sir Joshua Reynolds, ed. Frederick W.Milles, London, 1952. pp. 123-126.

    27 E. J. DELCLUZE, Louis David, son cole et son temps, Paris, 1855. Vedi anche ERNSTH. GOMBRICH, Kunst und Fortschritt, cit., pp. 67-68, e GEORGE LEVITINE, The Dawn ofBohemianism, London, 1978.

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    satirico di Reynolds che contiene una parodia delle opinioni cheegli doveva aver riscontrato fra i giovani artisti:

    Dovete rendervi conto del fatto che la nostra arte in statodi corruzione e ha abbandonato uno per uno i principi disemplicit, cominciando dai tempi di Michelangelo, il primogrande corruttore del gusto naturale delluomo. Quale deca-denza dopo lantica semplicit dellarte! Imitiamo dunque ilgrande Mirabeau.Gettiamo nel fuoco tutte le pitture, le stampe e i disegni diRaffaello e di Michelangelo. Ricominciamo da capo lartesulle solide basi della natura e della ragione26.

    Sarebbe interessante saperne di pi sui bersagli della satira diReynolds e sui veri obbiettivi dei gruppi radicali chiamati da luisatiricamente i Sansculottes dellArte, ma anche questi pochiaccenni ci danno unidea pi chiara sulla ribellione che avvenne inFrancia verso il 1797 e sul suo sfondo europeo. Mi riferisco almovimento di un gruppo di studenti che diventarono noti sotto ilnome di les primitifs o anche les barbus, i barbuti. Il centro eralo studio del pittore pi famoso di Parigi, Jacques-Louis David, euno dei suoi allievi, Jean Delcluze, ci ha lasciato nelle sue memo-rie una descrizione diventata famosa di quei drammatici avveni-menti27. Spero che vi riconoscerete molti degli elementi che hodescritto finora in quelle che ho chiamato le radici della ribellione.

    David, che aveva preso parte attiva alla rivoluzione francese, erafamoso come uno dei paladini della severit neoclassica; i suoidipinti celebravano le virt incorrotte dellra classica. Nel 1797circa, per, aveva cominciato una grande tela con un messaggiomorale diverso: quello che era necessario per sanare le ferite deglianni del Terrore era la riconciliazione, e per questo scelse un epi-sodio dellantichit, quello delle Sabine che fecero cessare la bat-

  • taglia fra i loro fratelli e i loro mariti. Le Sabine, si sa, erano staterapite durante un banchetto dai guerrieri romani, e ne avevanoavuto figli, quindi imploravano che questi fossero risparmiati. Pareche David si fosse vantato che in questa sua opera avrebbe seguitolideale austero dei Greci pi fedelmente che in passato, ma quan-do gli studenti furono ammessi a vedere il dipinto ne rimaserooltremodo delusi. Secondo Delcluze non trovarono nel dipinton nobilt n semplicit, in breve nulla di primitif, il nuovogrand mot, la parola magica, la stessa che si usava nel parlare dellepitture sui vasi greci.

    Al confronto di questo ideale lopera del loro maestro, malgradotutte le sue buone intenzioni, portava le tracce della corruzione edella sensualit. Con il pregiudizio e lesagerazione dei giovani nelcondannare la generazione precedente, dichiararono che il dipintodi David meritava tutti gli epiteti obbrobriosi che essi scagliavanocontro la frivola arte dellancien rgime: era Van Loo, Pompadour,Rococ. Pare che lultima parola sia stata usata in questa occasioneper la prima volta come un termine di scherno. Non occorre spie-gare Pompadour; Van Loo era stato uno dei pittori preferiti dellraborbonica. Sappiamo che il capo della ribellione era un certoMaurice Quay, che girava vestito da Agamennone, con una lungamantella, e amava discorrere sulla maledetta corruzione dellepoca.Venerava Omero, la Bibbia e soprattutto Ossian, giacch Ossian erail pi primitivo di tutti. Quanto ad Euripide, anche lui non era altroche Van Loo, Pompadour, Rococ. Le sole opere darte che rico-nosceva erano i vasi dipinti, le statue e i rilievi della Grecia pi anti-ca. Tutta la produzione artistica dopo Fidia era per lui manierata,falsa, teatrale, abominevole e ignobile. La pinacoteca del Louvre era

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    28 Knstlehrbriefe ber Kunst, ed. Hermann Uhde-Bernays, Dresden, 1926. La lettera diRunge, del 9 marzo 1802, a pag. 402.

  • SERIE DI SEMINARI DI STORIA DELLARTE

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  • In appendice al saggio di Ernst Gombrich si pubblica qui le-lenco delle serie di seminari e delle giornate di studio di storia del-larte, di architettura e di urbanistica organizzate dallIstitutoItaliano per gli Studi Filosofici. Per le serie di seminari organizza-te nella sede di Venezia, presso le Scuole estive di Alta FormazionedellIstituto e nellambito del programma di didattica dei conte-nuti si possono consultare i volumi: Le Scuole di Alta FormazionedellIstituto Italiano per gli Studi Filosofici. Un progetto per ilMezzogiorno e per lItalia, a cura di Giuseppe Orsi e Aldo Tonini,nella sede dellIstituto, vol. I, Napoli 1997, vol. II, Napoli 2001 (unterzo volume in preparazione). Per le pubblicazioni anche distoria dellarte dellIstituto si rinvia a: Una visione europea dellacultura. Ricerche e pubblicazioni, a cura di Mariangela Isacchini,nella sede dellIstituto, Napoli 2002. Una elencazione delle mostredarte e di architettura dellIstituto si trova nel volume: IstitutoItaliano per gli Studi Filosofici. Annuario 1975-2000, nella sededellIstituto, Napoli 2002.

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  • LA PREFERENZA PER IL PRIMITIVO, LE RADICI DELLARIBELLIONE, Napoli, 21-26 settembre 1984. Ernst H. Gom-brich (The Warburg Institute, London) LEONARDO, UNANUOVA IMMAGINE DELLARTISTA-SCIENZIATO, Napoli,9-11 maggio 1985. Augusto Marinoni LO STORICO E LEBELLE ARTI, UNA RELAZIONE DIFFICILE, Napoli, 16-20settembre 1985. Francis Haskell (University of Oxford) LACATTURA DELLINFINITO, 19-22 ottobre 1987. LeonardoBenevolo (Universit di Roma La Sapienza) SULLE ROTTEMEDITERRANEE DELLA SCULTURA NEL RINASCI-MENTO: BARTOLOM ORDOEZ E DIEGO SILOE TRABARCELLONA, NAPOLI E CARRARA NEI PRIMI ANNIDEL REGNO DI CARLO V, 16-18 novembre 1987. FerdinandoBologna (Universit di Roma Tor Vergata) MICHELAN-GELO, 1-3 febbraio 1988. Carlo Giulio Argan (Universit diRoma La Sapienza) ASPETTI DELLA CARICATURA:STORIA E TEORIA, 7-15 aprile 1988. Ernst H. Gombrich (TheWarburg Institute, London) IPOTESI PER UN ESTETISMOSPECULATIVO, 18-21 aprile 1988. Rosario Assunto (Universitdi Roma La Sapienza) CENTRO E PERIFERIA NELLAR-TE ITALIANA DEL TRECENTO, 20-23 giugno 1988. EnricoCastelnuovo (Scuola Normale Superiore, Pisa) DEGLI USIDEL PASSATO NELLARTE, OVVERO LA TRADIZIONECOME FIGURA RETORICA VISIVA, 20-24 giugno 1988. IrvingLavin (Institute for Advanced Study, Princeton) LARCOTRIONFALE DI ALFONSO DARAGONA NELLE ROTTEMEDITERRANEE DELLA SCULTURA, 12-15 dicembre 1988.Ferdinando Bologna (Universit di Roma Tor Vergata)

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  • ORIGINE E DIFFUSIONE DEL MUSEO DI ARTE E INDU-STRIA NELLOTTOCENTO IN EUROPA, IN ITALIA E ANAPOLI, 16-19 gennaio 1989. Arturo Fittipaldi (Universit diNapoli) LAVANGUARDIA RUSSA, 22-24 febbraio 1989.John E. Bowlt (University of Southern California) ARTISTI ECONTESTO SOCIALE. ESEMPI DEL CINQUECENTO AVERCELLI, 5-9 giugno 1989. Giovanni Romano (Universit diTorino) PROBLEMI EUROPEI DI COLLEZIONISMO FRASETTECENTO E OTTOCENTO, 12-15 giugno 1989. PaolaBarocchi (Scuola Normale Superiore, Pisa) LARTE DELLACOMMEMORAZIONE NEL RINASCIMENTO, 19-23 giugno1989. Irving Lavin (Institute for Advanced Study, Princeton), LINFINITO IN CITT: LA VICENDA DI PIAZZA SANPIETRO A ROMA, 24-27 ottobre 1989. Leonardo Benevolo(Universit di Roma La Sapienza) NEL RAGGIODELLESCORIAL: FRANCESCO DA URBINO E PEL-LEGRINO TIBALDI; ROMOLO CINCINNATI DA ROMA AGUADALAJARA, 5-8 febbraio 1990. Maria Cal (Universit diSalerno) LA CAPPELLA SANSEVERO: STORIA DI UNAFABBRICA ARTISTICA E DI UN PROGETTO IDEOLOGI-CO, 26 febbraio-1 marzo 1990. Rosanna Cioffi (Universit diNapoli) IL ROMANISMO, 23-27 aprile 1990. Nicole DacosCrif (Universit di Bruxelles) LA PITTURA DELCARAVAGGIO COME SENSATA ESPERIENZA ALLEORIGINI DELLET MODERNA, 28 maggio-1 giugno 1990.Ferdinando Bologna (Universit di Roma Tor Vergata) LANASCITA DI UN SISTEMA MUSEALE A NAPOLI FRASETTECENTO E OTTOCENTO, 21-24 maggio 1991. ArturoFittipaldi (Universit di Napoli) ARTE E ISTITUZIONIARTISTICHE NELLA TOSCANA DELLOTTOCENTO, 4-7febbraio 1991. Ettore Spalletti (Soprintendenza per i Beni Artisticie Storici , Firenze) LA FOTOGRAFIA E LIMMAGINE DI

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  • NAPOLI NELLOTTOCENTO, 11-15 marzo 1991. Daniela DelPesco (Universit di Roma Tor Vergata) LA PITTURA DIPAESAGGIO E IL CONTRIBUTO NAPOLETANO ALLATEORIA DELLA MACCHIA NELLARTE DELLOTTO-CENTO, 25-28 marzo 1991. Maria Antonietta Picone (Universitdi Napoli) TEOFILO PATINI E LA RIFONDAZIONEDELLA PITTURA VERISTICA DAL PROCESSO ALRISORGIMENTO ALLA PRESA DI COSCIENZA DELLAREALT NELLE PROVINCE CONTINENTALI DELLITA-LIA MERIDIONALE, 8-11 aprile 1991. Ferdinando Bologna(Universit di Roma Tor Vergata) RICERCHE SUL DIVI-SIONISMO, 3-6 giugno 1991. Marisa Dalai Emiliani (Universitdi Genova) LARTE DELLA COMMEMORAZIONE NELRINASCIMENTO II, 17-20 giugno 1991. Irving Lavin (Institutefor Advanced Study, Princeton) LA LETTERATURA ARTI-STICA COME STRUMENTO DI INTERPRETAZIONE STO-RICA, 20-23 gennaio 1992. Ferdinando Bologna (Universit diRoma Tor Vergata) LETTERATURA CORTIGIANA ELETTERATURA FIGURATIVA INTORNO ALLO STUDIO DIISABELLA DESTE, 24-28 febbraio 1992. Giovanni Romano(Universit di Torino) LARTE GRAFICA DI GOYA O ILDESCENSUS AD INFEROS DELLUMANIT MODERNA,16-20 marzo 1992. Andr Stoll (Universit di Bielefeld) ARTISTI, MERCANTI, PUBBLICO, NELLA SECONDAMET DELLOTTOCENTO, 23-26 marzo 1992. Maria MimitaLamberti (Universit di Milano) IL LUOGO E LESISTENZANELLA LETTERATURA DARTE, 30 marzo-2 aprile 1992.Andrea Emiliani (Soprintendente per i Beni Artistici e Storici,Bologna) RICERCHE DEL VEDERE: ALCUNI ASPETTIDELLA STORIOGRAFIA ARTISTICA TEDESCA TRA XIX EXX SECOLO, 11-14 maggio 1992. Stefano Gallo (Universit diRoma Tor Vergata) LA COOPERAZIONE INTEGRATIVA

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  • Patrizia Castelli (Universit di Pisa) NAPOLI CROCEVIADEUROPA NELLA SECONDA MET DELLLOTTOCEN-TO. LE ARTI FIGURATIVE, 21-24 febbraio 2005. Simonetta DeMarinis (SICSI) DIEGO VELZQUEZ: TEORIA E PRATI-CA DELLA PITTURA NEL SIGLO DE ORO, 23-27 maggio2005. Sebastian Schtze (Queens University, Kingston) GIANLORENZO BERNINI: PRODIGIO, ARISTOCRATICO,SOCIOLOGO, 20-24 giugno 2005. Irving Lavin (Institute forAdvanced Study, Princeton) JUSEPE DE RIBERA LO SPA-GNOLETTO O LA GIOSTRA DELLE PASSIONI ANTICHENELLARTE BAROCCA A NAPOLI, 22-25 novembre 2005.Andr Stoll (Universit di Bielefeld).

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  • SERIE DI SEMINARI DI ARCHITETTURA

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  • BAROCCO ROMANO, 19-22 ottobre 1992. Marcello Fagiolo(Universit di Firenze) BAROCCO NAPOLETANO, 26-29ottobre 1992. Gaetana Cantone (Universit di Napoli FedericoII) LA CITT BAROCCA, 9-10 novembre 1992. Cesare DeSeta (Universit di Napoli Federico II) BAROCCO LOM-BARDO, 16-18 novembre 1992. Luciano Patetta (Politecnico diMilano) BAROCCO LOMBARDO E BAROCCO EURO-PEO, 9-11 dicembre 1992. Maria Luisa Gatti Perer (UniversitCattolica di Milano) TRASFORMAZIONI URBANE EARCHITETTURA BAROCCA, 25-26 gennaio 1993. GiancarloAlisio (Universit di Napoli Federico II) BAROCCO LEC-CESE, BAROCCO SALENTINO, 1-2 febbraio 1993. MarioManieri Elia (Universit di Roma La Sapienza) BAROCCOLECCESE, 5-18 febbraio 1993. Vincenzo Cazzato (Centro diStudi sul Barocco Leccese) IL BAROCCO IN EMILIA, 1-2marzo 1993. Anna Maria Matteucci (Universit di Bologna) ILBAROCCO IN SICILIA, 15-18 marzo 1993. Salvatore Boscarino,Maria Giuffr (Universit di Palermo) IL BAROCCO NAPO-LETANO E LOPERA DI FERDINANDO SANFELICE, 29-30marzo 1993. Alfonso Gambardella (Universit di NapoliFederico II) MOMENTI DEL BAROCCO IN SICILIA, 5-7 aprile 1993. Lucia Trigilia (Centro di Studi sul Barocco in Sicilia) ALLA RICERCA DEL PIANO PERDUTO. SEMINARI DIURBANISTICA (in collaborazione con il Dipartimento diConservazione dei Beni Architettonici ed Ambientali della Facoltdi Architettura dellUniversit di Napoli Federico II), Napoli,8 novembre-6 dicembre 1993. Relazioni di: Luigi Mazza(Politecnico di Milano), Francesco Indovina (Universit di

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  • Venezia), Patrizia Gabellini (Universit di Firenze), PiercarloPalermo (Politecnico di Milano), Bruno Gabrielli (Universit diGenova), Edoardo Salzano (Istituto Universitario di Architettura,Venezia), Vittorio Borachia (Politecnico di Milano), AlbertoMagnaghi (Universit della Calabria), Giulio Ernesti (IstitutoUniversitario di Architettura, Venezia), Bernardo Secchi (IstitutoUniversitario di Architettura, Venezia) LUrbanistica, 7-14 otto-bre 1993. Relazioni di: Vincenzo Spagnuolo Vigorita, VincenzoCarbone, Ugo Iaccarino, M. Alessandra Sandulli, GiuseppeAbbamonte, Lucio Iannotta, Lucio Marotta, Filippo PatroniGriffi Il suolo e il territorio, 21 ottobre-4 novembre 1993.Relazioni di: Mariella Cozzuto, Franco De Simone, GennaroTerracciano, Giovanni Quadri, Guido Dangelo, VincenzoGiuffr, Antonio Lamberti, Umberto Realfonso, VincenzoCocozza, Gherardo Marone, Sabatino Santangelo, Nicola Spinosa LAmbiente 11-18 novembre 1993 . Relazioni di: GiuseppeAlbano, Aldo De Chiara, Fabio Donadono, Roberto Marrama,Stefano Ciancio, Roberto Gava, Alessandro Pagano, FrancoPugliese Gli illeciti urbanistici, 25 novembre-2 dicembre 1993.Relazioni di: Francesco Filipponio, Luigi Maruotti, GiuseppePalma, Leonardo Pasanisi, Antonio Guizzi, Felice Laudadio,Giovanni Leone, Guido Romano Gli illeciti penali, 9-16 dicem-bre 1993. Relazioni di: Luigi Cavalli, Carmine Antonio Esposito,Oberdan Forlenza, Elio Palumbo, Eugenia del Balzo, NicolaGaviano, Ettore Stravino, Bruno Von Arx Gli illeciti civili, 13gennaio 1994 . Relazioni di: Guido Belmonte, Alessandro Cafiero,Fabrizio Forte, Giuseppe Oliviero LARCHITETTURABAROCCA IN ITALIA, 18 gennaio-25 maggio 1994. Relazioni di:Marcello Fagiolo (Universit di Firenze), Gaetana Cantone(Universit di Napoli Federico II), Francesco Divenuto(Universit di Napoli Federico II), Cesare De Seta (Universitdi Napoli Federico II), Alfonso Gambardella (Universit di

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  • Napoli II), Luciano Patetta (Universit di Milano), GiancarloAlisio (Universit di Napoli Federico II), Aurora Scotti(Universit di Torino), Vincenzo Cazzato (Centro di Studi sulBarocco Leccese), Maria Giuffr (Universit di Palermo), AnnaMaria Matteucci (Universit di Bologna).

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  • GIORNATE DI STUDIO DI STORIA DELLARTE,

    DI ARCHITETTURA E DI URBANISTICA

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  • EDOARDO PERSICO, 1900-1936 (in collaborazione con laFacolt di Architettura dellUniversit di Napoli), Napoli, 26-27novembre 1985. Relazioni di: C. De Seta, R. De Fusco, M. M.Lamberti, A. DOrsi, R. Dimichino, E. Giammattei, A. DAuria, J.L. Cohen, M. L. Scalvini NAPOLI E IL BAROCCO NELLI-TALIA MERIDIONALE (in collaborazione con il Ministero per iBeni Culturali e Ambientali, lUniversit di Napoli, lAccademiaNazionale dei Lincei, la Soprintendenza per i Beni Artistici eStorici di Napoli, la Soprintendenza per i Beni Architettonici eArtistici di Salerno e Avellino), Napoli, 28 ottobre-1 novembre1987. Relazioni di: Romeo De Maio, Gaetana Cantone, FrancescoDivenuto, Francesco Carmelo Greco, Giorgio Fulco, AnielloFratta, Alfonso Gambardella, Giosi Amirante, Antonio Litta, JrgGarms, Leonardo Di Mauro, Mario Manieri Elia, VincenzoCazzato, Michele Rak, Antonio Borrelli, Montserrat Moli Frigola,Stefano Capone, Agostino Ziino, Mia Lombardi, Pier LuigiChiapparelli, Silvana Savarese, M. Raffaella Pessolano, M. TeresaPerone, Ilia Delizia, Guido DAgostino, Tatiana Kirova,Alessandro Viscogliosi, Giancarlo Alisio, Biagio de Giovanni,Cesare De Seta, Mario Di Pinto, Fulvio Tessitore, AnnachiaraAlabiso, Fidia Catalano, Fernanda Capobianco, TeodoroFittipaldi, Laura Giusti, Rita Pastorelli, Denise Maria Pagano,Roberto Middione, Maria Ida Catalano, Marina Causa Picone,Ileana Creazzo, Luisa Ambrosio, Pierluigi Leone De Castris,Linda Martino, Rossana Muzii, Luciana Arbace, Francesco LaMarra PLURIDISCIPLINARIT E PROGETTAZIONEAMBIENTALE (in collaborazione con il Dipartimento diConfigurazione e Attuazione dellArchitettura dellUniversit di

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  • Napoli e con il Dottorato in Tecnologia dellArchitettura delPolitecnico di Milano), Napoli, 25 maggio 1990. Relazioni di:Virginia Gangemi, Ali Akkak, Mirilla Bonnes, Andrea Campioli,Emilia Costa, Emanuela Dentis, Franco Galdiero, Ugo Leone,Francesca Muzzillo, Manuela Perugia, Sergio Pone, Elena Re LIMMAGINE DELLA CITT EUROPEA IN ET DI ANTI-CO REGIME, Napoli, 27-29 ottobre 1990. Relazioni di: C. DeSeta, M. Furnari, B. Fortier, L. Olivato, G. Ricci, M. Reed, B.Roeck, A. De Roux, T. Lochard, G. Fabre, C. Nieres, O. Zeller, F.Marias, A. Rabanal, E. Santiago, T. Zarebska, L. Bortolotti, L. DiMauro LE GUIDE STORICO-ARTISTICHE: FONTI,TESTIMONIANZE DEL GUSTO, IMMAGINI DI UNACITT (in collaborazione con lAssociazione Culturale Muse &Musei), Napoli, 15-16 gennaio 1992. Relazioni di: AndreaEmiliani, Ferdinando Bologna, Giancarlo Alisio, Francesco Aceto,Valter Pinto, Nicola Spinosa, Fiorella Sricchia Santoro, GeorgesVallet, Cecilia Mazzo, Leonardo Di Mauro, Daniela Del Pesco,Ermanno Bellocci, Arturo Fittipaldi MISURE E MISURA-ZIONI. LALTRO: CENTRO DELLARTE (in collaborazionecon lEnte per le Ville Vesuviane), Napoli, 14-15 novembre 1992.Relazioni di: Pier Aldo Rovatti, Marisa Albanese, GabriellaDalesio, Shirazeh Houshiary, Carlo Sini, Cristina Pistoletto,Simona Marino, Pino Ferraro, Anton Roca, Angelo Trimarco,Vincenzo Vitiello, Alessandro Dal Lago, Renato Mambor,Massimo Carboni, Cloti Ricciardi, Cecilia Casorati, ArcangeloIzzo, Paolo Monti, Achille Bonito Oliva MONARCA DELLAPITTURA: PIERO AND HIS LEGACY (in collaborazione conlInstitute for Advanced Study di Princeton, il Center forAdvanced Study in the Visual Arts di Washington, il Paul GettyCenter for Research in the History of Art and the Humanities e ilJ. Paul Getty Museum), Washington, 3-5 dicembre 1992.Relazioni di: Marilyn Aronberg Lavin (Princeton University),

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  • Stephen Nichols (The Johns Hopkins University), MichaelCurschmann (Princeton University), Serafin Moralejo (Univer-sidad de Santiago de Compostela), Jack Freiberg (Florida StateUniversity), Marc Fumaroli (Collge de France), Martin Kemp(University of Saint Andrews), Daniel Arasse (Universit de ParisPanthon-Sorbonne), Maurizio Calvesi (Universit di RomaLa Sapienza), Colin Eisler (Intitute of Fine Arts, New YorkUniversity), Bert Meijer (Nederlands Interuniversitair Kunst-historisch Instituut, Florence), Paul Grendler (University ofToronto), J.V. Field (Imperial College of Science, Technology &Medicine, London), Martin Kemp (University of Saint Andrews),John Shearman (Harvard University), Christine Smith (SyracuseUniversity Program in Florence), Albert Boime (University ofCalifornia at Los Angeles), Michael Zimmerman (Zentralinstitutfr Kunstgeschichte), Rosalind Krauss (Columbia University) NOSTALGIA DELLA MEMORIA O REALT URBANISTI-CA. IL CENTRO STORICO E ANTICO: IPOTESI DINTER-VENTO E RISPETTO DELLA LEGGE (in collaborazione con ilConsiglio dellOrdine degli Avvocati e Procuratori di Napoli),Napoli, 17 giugno 1993. Relazioni di: Vincenzo Caianiello,Bartolomeo della Morte, Benito Aleni, Gilberto Antonio Marselli,Antonio De Simone, Guido DAngelo, Errico Soprano, AdrianaBaculo Giusti, Antonio Iannello, Mario De Cunzo, VincenzoCocozza CITT STORICA E MOBILIT (in collaborazionecon lUniversit di Napoli Federico II, Dipartimento diConfigurazione e Attuazione dellArchitettura e Dipartimento diPianificazione e Scienza del Territorio), Napoli, 16 maggio 1994.Relazioni di: Virginia Gangemi (Universit di Napoli FedericoII), Corrado Beguinot (Universit di Napoli Federico II),Rocco Papa (Universit di Napoli Federico II), MarcelloAngrisani (Universit di Napoli Federico II), Nicola Pagliara(Universit di Napoli Federico II), Agostino La Bella

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  • (Universit di Roma Tor Vergata), Sergio Brancaccio, CarmineGambardella, Gennaro Improta, Domenico Orlacchio LUNE-SCO PER LA TUTELA DEI CENTRI STORICI: NAPOLIPATRIMONIO DELLUMANIT (con lAlto Patronato del-lUNESCO - Centre du Patrimoine Mondial, in collaborazionecon la Sopritendenza ai Beni Artistici e Storici di Napoli, con laSoprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, con lUniversitdi Napoli Federico II, con la Regione Campania, con il Comunedi Napoli e con il Consiglio Nazionale delle Ricerche), Napoli, 3-5 novembre 1994. Saluti di: A. Bassolino, G. Marotta, S. De Caro,M. A. De Cunzo, F. Lucarelli, A. Parlato, N. Spinosa. Relazioni di:Vincenzo Giura, Giancarlo Riccio, Mario Antonio De Cunzo,Nicola Spinosa, Stefano De Caro, Francesco Lucarelli, GianfrancoMossetto, Giovanni Cordini, Galia Saouma Forero, MarcoCuratola, Hernan de Souza Zumaeta Peixoto, Carlos Tasara,Giorgio Recchia, Paolo De Stefano, Elvira Petroncelli, LuigiLabruna, Giovanni Pugliese Carratelli, Vezio De Lucia, EireneSbriziolo, C. Gasparrini, Antonio Iannello, Ugo Carughi, GuidoDonatone ANTONIO BRESCIANI: VIAGGIO TRA ICOLORI DEL PI CONTEMPORANEO E ANTICO DEGLIARTISTI NAPOLETANI (in collaborazione con lAccademiaCulturale Italiana e con il Patrocinio della Regione Campania),Napoli, 9 dicembre 1994. Relazioni di: Giovanni Scalera(Commissione Cultura Regione Campania), Nino DAntonio,Luciano Caramel, Maria Pia Vivarelli, Maria Antonietta Picone NUOVE STRATEGIE COGNITIVE E PROGETTUALI PERLA CITT (in collaborazione con il CRU), Napoli, 27-28 gennaio1995. Relazioni di: Pierluigi Crosta, Giuseppe Dematteis, GuidoMartinotti, Aimaro Isola, Salvatore Veca, Carlo Olmo, Pier CarloPalermo, Michele Sernini, Silvano Tintori, Bruno Gabrielli, LuigiMazza, Bernardo Secchi AMBIENTE E SVILUPPO SOSTE-NIBILE (in collaborazione con lUniversit di Siena, lUniversit

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  • di Napoli Federico II, il CIRAM e con lEkoclub Roma),Napoli, 9-10 febbraio 1995. Relazioni di: Gerardo Marotta(Istituto Italiano per gli Studi Filosofici), Geo Nocchetti, VittorioSilvestrini (Universit di Napoli Federico II), Filippo Strati(Studio Ricerche Sociali, Firenze), Franco Giampietro (Roma),Carlo Ippolito (Napoli), Riccardo Basosi (Universit di Siena),Guido Barone (Universit di Napoli Federico II), GiuseppeRolandi, (Universit di Napoli Federico II), Fulvio Riccio(Napoli), Antonio Rapolla, (Universit di Napoli Federico II),Enzo Tiezzi (Universit di Siena) BERLINO: ARCHITETTU-RA ED URBANISTICA NELLA COSTRUZIONE DELLACITT CAPITALE (in collaborazione con il Goethe Institut diNapoli, con lIstituto Universitario di Architettura di Venezia econ la Presidenza della Facolt di Architettura dellUniversit diNapoli Federico II), Napoli, 10 marzo 1995. Relazioni di:Benedetto Gravagnuolo (Universit di Napoli Federico II),Uberto Siola (Universit di Napoli Federico II), LudovicaScarpa (Universit di Venezia), Dieter Hoffmann-Axthelm(Teorico della pianificazione urbana), Helmuth Geisert (Teoricodellarchitettura), Salvatore Bisogni (Universit di NapoliFederico II), Giorgio Grassi (Universit di Milano), Klaus TheoBrenner (Universit di Berlino), Francesco Venezia (Universit diVenezia), A.R. Burelli (Universit di Venezia), H. Stimmann(Senatbaudirektor di Berlino) LA FORMA DELLA CITT (incollaborazione con lAssociazione Basilicata 1799, lUniversitdegli Studi della Basilicata, lOrdine degli Architetti e lOrdinedegli Ingegneri di Potenza, lIstituto Gramsci Veneto e con ilPatrocinio del Consiglio Regionale della Basilicata), Potenza, 7-9aprile 1995. Relazioni di: Francesco Scaringi, MargheritaPetranzani, Umberto Curi (Universit di Venezia), VincenzoVitiello (Universit di Salerno), Armando Sichenze (Universitdella Basilicata), Caterina Virdis (Universit di Padova), Bernardo

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  • Secchi (Istituto Universitario di Architettura di Venezia), RenatoFuccella (Universit della Basilicata), Carlo Manzo (Universitdella Basilicata) LA CITT VERDE: TECNOLOGIEAMBIENTALI PER LA RINATURALIZZAZIONE DELLHA-BITAT URBANO (in collaborazione con lUniversit degli Studidi Napoli Federico II - Dipartimento di Configurazione eAttuazione dellArchitettura, con lIstituto Nazionale diBioarchitettura Sezione di Napoli e con il Patrocinio del MinisterodellAmbiente), Napoli, 15 giugno 1995. Relazioni di: AnnaSgrosso (Dipartimento di Configurazione e Attuazione del-lArchitettura), Ugo Sasso (Istituto Nazionale di Bioarchitettura),Virginia Gangemi (Dipartimento di Configurazione e AttuazionedellArchitettura), Maria Bottero (Politecnico di Milano), PierAngiolo Cetica (Universit di Firenze), Salvatore Dierna(Universit di Roma La Sapienza), Giovanni Dispoto (Comunedi Napoli, Sezione Urbanistica), Andreas Kipar (Architetto pae-saggista), Fulco Pratesi (Presidente onorario W.W.F.), Ugo Sasso(Presidente Nazionale I.N.B.A.R.), Giuseppe Zampino(Soprintendente ai Beni Ambientali e Architettonici di Napoli) NATURA, ARCHITETTURA, DIVERSIT. GIARDINI, PAE-SAGGI, ECOLOGIE A CONFRONTO (in collaborazione colDipartimento di Progettazione Urbana - Sezione ArchitetturadellUniversit di Napoli Federico II, con il CentroInteruniversitario di Studi e Ricerche per il Giardino e il PaesaggioMediterraneo e con la Societ Botanica Italiana), Napoli, 12-14ottobre 1995. Relazioni di: Tadashi Yokoyama (Universit diTokyo), Gianni Venturi (Universit di Firenze), Qi-Heng Wang,Wang Wei (Tianjin University), Monique Mosser (C.N.R.S.),Massimo Venturi Ferriolo (Universit di Salerno), Maurizio Russo(Istituto Politecnico di Milano), Ettore Pacini (Universit diSiena), Mladen Obad Scitaroci, Bojana Bojanic (Universit diZagabria), John Miles, Monique Mosser, Judith Trimble

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  • (University of Geelong, Australia), Cesare De Seta (Universit diNapoli Federico II), Allan Ruff (Universit di Manchester),Karsten Jorgesten (University of Norway), Chen Yi (Universit diShanghai), Domenico Luciani (Fondazione Benetton), DonatellaMazzoleni (Universit di Napoli Federico II), Sandro Pignatti(Universit di Roma La Sapienza), Almo Farina (Museo diStoria Naturale), John Miles (Scottish Office of Ecology), StefanoMazzoleni (Universit del Molise), Maurizio Paolillo (Universitdi Genova), Rong Ma (Beijing University) GESTALT FIN-DEN. LE ARCHITETTURE DI FREI OTTO E BODO RASCHJR. (in collaborazione con lUniversit degli Studi di NapoliFederico II e con il Goethe Institut di Napoli), Napoli, 13novembre 1995. Relazioni di: Renato Nicolini (AssessoreallIdentit del Comune di Napoli), Otfried Zimmermann(Direttore del Goethe Institut di Napoli), Rosalba La Creta(Direttore del Dipartimento di Progettazione Urbana del-lUniversit di Napoli Federico II), Raffaele Sirica (PresidentedellOrdine degli Architetti della Provincia di Napoli), AldoCapasso (Universit di Napoli Federico II), Frei Otto (DirettoredellIstituto per le Strutture leggere dellUniversit di Stoccarda),Bodo Rasch Jr. (Visiting Professor negli U.S.A. e in ArabiaSaudita, Direttore della SL di Stoccarda), Augusto Vitale(Universit di Napoli Federico II) CULTURA ARTISTICA,CITT E ARCHITETTURA NELLET FEDERICIANA (incollaborazione con la Facolt di Architettura della SecondaUniversit di Napoli, il Comitato per le Celebrazioni Federiciane,la Soprintendenza ai Beni Artistici e Ambientali di Napoli,lAmministrazione Provinciale di Caserta e il Museo Campano),Caserta, 30 novembre-1 dicembre 1995. Saluti di: OrtensioZecchino, Gian Marco Jacobini, Alfonso Gambardella, FrancescoCipolla, Angiolina Maria Romanini. Relazioni di: Maria StellaCal Mariani (Universit di Bari), Enrico Cuozzo (Universit di

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  • Napoli Federico II), Jurgen Krger (Universit di Karlsruhe),Alfonso Gambardella (Seconda Universit degli Studi di Napoli),Stefano DAvino (Universit di Chieti), Rosanna Di Battista (Uni-versit di Venezia), Daniela Esposito (Universit di Roma La Sa-pienza), Donatella Fiorani (Universit di Roma La Sapienza),Daniela Jacazzi (Seconda Universit degli Studi di Napoli), GiosiAmirante (Universit di Napoli Federico II), Vittorio FranchettiPardo (Universit di Roma La Sapienza), Claudia Bonardi(Politecnico di Torino), Elena Manzo (Seconda Universit degliStudi di Napoli), Pio Francesco Postilli (Univers