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Page 1: Guide dell’Accademia Urbensegare allRinterno delle mura. seguivano altri assalti, che veniva-no vittoriosamente respinti. il cala-re delle tenebre sospendeva gli scontri. il mattino

Guide dell’Accademia Urbense

Lerma

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Memorie dell’Accademia Urbense (nuova serie) n° 40Collana diretta da Alessandro Laguzzi

ISSN 1723-4824

Impaginazione di Simona Vaga e Alessandro Laguzzi

Fotolito DRP-Aessandria

Segreteria: Giacomo Gastaldo

le fotooriginali sono state fatte dall’amministrazione Comunale

L’autore ringrazia la Signora Adelina Calderoneper la disponibilità e la

cordialitàcon cui ha seguito il lavoro.

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Guide dell’accademia urbense

aLessandro LaGuzzi

Guida

di Lerma

Associazione Oltregiogo

Accademia Urbense - Ovada

2001

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Lerma è un suggestivo paeseposto fra i colli preappenninici alladestra del Piota, in cima ad una rivascoscesa, che si eleva in quel trattoper più di 50 m, quasi a perpendi-colo, sul corso del torrente.L’agricoltura è alla base della suaeconomia, in particolare il vigneto,che numerose importanti aziendevinicole valorizzano producendo iltipico Dolcetto d’Ovada, ilCortese dell’alto monferrato edaltri vini locali. Vi sono poi mobili-fici ed altri laboratori artigianali.

Del paese parla NicolaGhiglione in una poesia dedicata aZita, la donna amata:

In questo silenzio anticodi case di pietra e di cortili,dove il mostofa un rumore quasi nascostocome di riviscorrenti dentro a un bosco,noi due, con i nostri pensieri,scegliemmo la strada in collinaper cogliere del tramontoquell’ora che assopiscee le cose incide,così quel tuo sole al tramontobrillò sulle vigne.E andando per un sentiero più brevecogliesti un quadrifoglio,un miracolo quasiche ti fece tanto gioire.

settembre 1967

La storia

Nel 1166 Guglielmo V dimonferrato, detto “il vecchio” perla precoce canizie, infeudato dall’imperatore Federico Barbarossa diCastelletto, rocca, rondinaria,tagliolo e Casaleggio, cerca diconquistare il castello di Parodi perrenderlo a Guglielmo saraceno,signore del luogo e suo nipote, a

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Lerma

Nella pagina a lato le mura delCastello e del Ricetto di Lerma

Sopra il torrione del Castellorisalente al XII secolo

A pagina 5 in alto, veduta aereadel Castello e del Ricetto

In basso, Ricetto, portali in pietradella casa canonica (secolo XIII)

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cui i Genovesi l’avevano strappatocon l’inganno. Durante l’ampiamanovra di accerchiamento che ilmonferrino conduce lungo la Valledel Piota, viene distruttarondinaria, il mitico insediamentoabitativo creato dai cercatori d’oro

lungo la valle. Gli scampati alladevastazione, signori e popolani, sirifugiano allora su un rilievo sco-sceso che domina la valle, che pre-sto cercano di fortificare. sonoloro, secondo la tradizione, chedanno vita ad erma o elma, l’at-tuale Lerma. Per questa sua posi-zione dominante, il paese, puressendo un piccolo centro, rivestìsempre un grande interesse strate-gico, come testimoniano ancoranotevoli vestigia delle sue fortifica-zioni: un castello signorile, unricetto o borgo murato ed una torrequadrata detta “dell’albarola”.

Dell’esistenza di un luogo forti-ficato si parla per la prima volta inun documento del 1184 con cui isignori di morbello, di Pobleto e disommaripa, dai quali dipendeva ilcastello, promettevano aglialessandrini che “dabunt castel-

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Chiesa di San Giovanni al Piano,a lato, San Cristoforo, facciata(1512)

In basso, Cristo Pantocratore,catino dell’abside

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lum et locum de Lelma ad facien-dam pacem et guerram cui volue-rint”. successivamente, nel 1198 iconsoli di Lerma si accordavanocon gli uomini di alessandria pro-mettendo di riceverli “intra villa deBelma et in recepto et omnen for-ciam sibi dabunt excepta turri”.Questi due documenti attestanocome, già sul finire del Xii secolo,il paese avesse un ricetto e fossemunito di torre. tale documenta-zione di un receptum dovrebbeessere una fra le più antiche perquesto genere di insediamenti.inoltre, dai documenti citati si puòdedurre che vi doveva essereun’organizzazione dei rustici, per ilreceptum, in qualche modo autono-ma dal consortile signorile chegovernava il castello.

all’inizio del Xiii secolo, ilborgo diventa oggetto della lenta eprogressiva penetrazione cheGenova sta mettendo in atto inoltregiogo e che interessa ben pre-sto tutto l’ovadese. Già nel 1204

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Guglielmo tonso, figlio del defun-to Guido e signore di un terzo delluogo, giura fedeltà a Genova;quindi, nel 1209, si dichiara vassal-lo della repubblica. Nel 1223 irimanenti condòmini cedono lealtre due quote.

L’importanza strategica e mili-tare di Lerma per Genova appareparticolarmente evidente durante lelotte del 1273 tra la città e i mar-chesi del Bosco. in quell’anno iGenovesi, reagendo all’ennesimoepisodio di soperchieria nei con-fronti dei propri mercanti e dei benidei propri cittadini e per protegge-re gli abitanti dell’oltregiogo edelle podesterie di Voltri e dellaPolcevera, inviarono due corpi di

spedizione: uno comandato daegidio di Negro, che transita per levie di Parodi e Casaleggio, l’altroguidato da Jacopo Doria, podestàdi Voltri, proveniente da Cerisola.L’armata genovese, forte di più diduemila uomini, quattrocento mili-tes e cento balestrieri, si concentrò“apud castrum Elme”, per poi pro-seguire vittoriosamente alla occu-pazione di ovada e all’espugna-zione del castello di tagliolo

sul finire del Xiii secolo la pro-prietà di Lerma, frazionata fradiversi possessori, giunge peracquisto in mano della potentecasata genovese dei rosso dellaVolta. Pochi anni dopo, nel 1303,due documenti comprovano cheBrancaleone Doria (il personaggiocitato da Dante nell’inferno) acqui-sta il castello e la giurisdizione diLerma. L’acquisto, a cui si aggiun-geranno quelli di silvano etagliolo, sommato al possesso dimolare, ricevuto dal figlio in dote,farà coltivare a Brancaleone il pro-getto di costituire nella zona uno

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A lato, cascina Bessica

In basso, Lerma e il Piota in unacarta del XVII secolo

Nella pagina a lato, la Ferriera eil Santuario di Santa Maria dellaRocchetta lungo il Piota (sec. XVI)

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stato dei Doria, disegno destinato afallire per la fedeltà di ovada alComune Genovese.

Nel corso del trecento Lermaviene riconosciuta come terra delmonferrato sotto la signoria deiPaleologi, infatti il feudo vieneconfermato nel 1355 a Giovanni iiPaleologo dall’imperatore Carlo iVdi Lussemburgo. ma l’influenzagenovese non viene certo meno,perché il borgo è acquistato dalComune di Genova, che ne presi-dierà il castello per diversi anni.sul finire del secolo il feudo vienepoi ceduto ad antonio Grillo e suc-cessivamente, nel 1414, venduto aottobono della potente famigliagenovese degli spinola. Da que-st’anno in poi Lerma rimarrà salda-mente nelle mani di questa casata.

il castello, nei secoli XVi-XVii,continua ad essere al centro diavvenimenti bellici. Nel 1528Lerma ospita un corpo di duemila

fanti e cinquanta cavalieri francesi,capitanati da montejeau e daVillerche, che tentano un colpo dimano contro andrea Doria. inseguito, per personale intervento diquest’ultimo, nel 1542, i Lermesiottengono la riconferma dei loroantichi privilegi e nel 1547 la com-posizione di alcune vertenze conGenova. il castello offre poi rifu-gio ad alcuni ribelli al re di spagna,che nel 1575 riescono a respingereun attacco di don emanuele diLuna, governatore di alessandria,il quale invano cerca di occupare laforte posizione con una compagniadi cavalleggeri e cinquanta fanti.

La Guerra Di Lerma

il fatto più rilevante nella storiadel borgo, passato poi, un po’ pom-posamente, alla storia come: “LaGuerra di Lerma”, avvenne peròdurante la “Guerra dei trent’anni”,quando una trentina di Lermesi,

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con le loro donne, tennero testa amillecinquecento spagnoli guidatida don Diego d’aragona, maestrodi Campo di s. m. Cattolica, nelcorso di una spedizione organizza-ta contro Luca spinola dal marche-se di Caracenas, Governatore dimilano.

Nel tardo pomeriggio del 29luglio 1649, un distaccamento dialcune centinaia di fanti e cavalierispagnoli, avanguardia di un vero e

proprio esercito al Comando diDon Diego d’aragona, si accampa-va nel “Borgo del piano” del paese.richiesti dal Capitano della terra,Giorgio Baldo, di dichiarare conquali intenzioni venissero e seerano in possesso delle debite auto-rizzazioni, risposero che per amoreo per forza si sarebbero acquartie-rati nel borgo a spese della comuni-tà. La determinazione che mostra-vano, in netto contrasto con lo statodi pace fra spagna e monferratoche regnava in quel tempo, spinse ipaesani ad armarsi per non soggia-cere alla prepotenza. subito siaccendevano degli scontri conmorti e feriti in campo spagnolo.Poi il numero soverchio costringe-va gli ardimentosi paesani a ripie-gare all’interno delle mura.seguivano altri assalti, che veniva-no vittoriosamente respinti. il cala-re delle tenebre sospendeva gliscontri. il mattino seguente, dopouna notte insonne passata a sorve-gliare le mura, lo spettacolo dellavalle brulicante di truppe a piedi oa cavallo che, sopraggiunte nellanotte, si disponevano a battaglia,raggelava i difensori. era giocofor-za arrendersi. e così fecero, dopouna breve trattativa, i Lermesi, acui furono garantiti salvi la vita egli averi. Promessa che lo sprez-zante don alonso si affrettò poi arinnegare, quanto meno per l’ulti-ma parte, imponendo alla comunitàl’onerosa contribuzione di duecen-to doppie di spagna, riscosse lequali le truppe si allontanarono.

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In basso, Agostino Spinola,raffigurato come donatore nelcatino dell’abside dellaParrocchiale

Nella pagina a lato,il Castelloe le mura del Ricetto. Nel torrioneè stata ricavata, nel sec. XVI,l’abside della Parrocchialedi San Giovanni

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alla loro partenza, però, per punirel’ardire di quegli zotici Lermesi,che avevano ardito opporsi lorocon le armi, lasciarono in paese unpresidio che, scrive il martinengoparafrasando il manzoni: “non avràmancato di insegnar la modestiaalle fanciulle e alle donne del paesee accarezzare di tempo in tempo lespalle a qualche marito e a qualchepadre”.

oltre che dalle guerre, la vita ela storia di Lerma fu percorsa dauna lunga e plurisecolare serie dicontroversie di confine con lecomunità di tagliolo, mornese,Casaleggio Boiro e della ValPolcevera. Particolarmente gravefu la situazione nel XVii secolo,periodo costellato di rapine, abi-geati, sconfinamenti e furti, tantoche dovettero intervenire ripetuta-mente i feudatari di Casaleggio, dìtagliolo, di mornese, il podestà diovada, il capitano di Polcevera e larepubblica di Genova.

occupata dai savoia nel 1708,

con la Pace di utrech Lerma entròufficialmente a far parte dei posse-dimenti di quella dinastia.

Con il passaggio ai savoia lasituazione cambiò sensibilmente,come del resto altrove nell’altomonferrato, per il rigido centrali-smo introdotto da Vittorioamedeo ii. L’amministrazionepiemontese cercò quasi subito diimporre anche a queste localitànuovi carichi fiscali, scontrandosiimmediatamente con le secolariabitudini della comunità. Né isavoia riservarono miglior tratta-mento ai feudatari, perché ognipretesto venne usato per riaffer-mare il potere dello stato.

a fine secolo, lo spirito rivolu-zionario giunto con l’esercitofrancese guidato da Napoleoneprovocherà, anche in questoborgo, notevoli cambiamenti el’emergere del ceto borghese.

L’unità d’italia e poi l’avven-to del nuovo secolo promettevanouna vita migliore per le campa-

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gne, ma poi lo scoppio dellaGrande guerra portava tantiLermesi a morire nelle trincee delCarso o lungo le pendici delGrappa.

il periodo fascista coincide,per il paese e per tutto l’ovadese,con la crisi del settore vitivinico-lo, pesantemente colpito dallaperonospera, e con la sua faticosarinascita, mentre le Feste ven-demmiali segnano il momento dimaggior consenso per il regime.

La seconda guerra mondialevide nascere, sui monti che cir-condano Lerma, un forte movi-mento partigiano, che fu più voltecolpito dalla rappresaglia nazi-fascista tanto che la “Benedicta”è assurta a simbolo nazionale disacrificio.

oggi il borgo, dopo il massic-

cio spopolamento che ha caratte-rizzato le campagne, negli anni‘60 e ‘70 del secolo passato, hatrovato un suo equilibrio e cercauna valorizzazione in campo turi-stico a cui lo destinano: la piace-volezza dei luoghi, le testimo-nianze del patrimonio storico edartistico, le tradizioni enogastro-nomiche e folkloriche, la cordiali-tà degli abitanti.

IL CasteLLO

L’attuale castello di Lerma, cheè uno dei più belli della zona, risa-le nelle sue strutture fondamentalialla fine del XV secolo quando lacostruzione venne realizzata daLuca spinola. il ricco ed influentepatrizio genoveseera stato creatoCavaliere di sproni d’oro da CarloViii, re di Francia, il quale soffrivaevidentemente del “mal della pie-tra” tanto é vero che a lui si devo-no la ricostruzione del Castellodella Pieve a teco, l’edificazione

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A lato, Parrocchiale e Oratorio in una foto di fine ‘800

In basso, la circonvallazionenegli anni ‘20

Nella pagina a lato, due vedutedel Castello Spinola

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della chiesa dedicata a sanGiacomo a Cornigliano e, con ilcardinale Giuliano della rovere(futuro papa col nome di Giulio ii),quella della chiesa di santa mariaincoronata sulle alture, che da que-sto edificio avrebbero preso ilnome. a Luca va anche il merito diaver restaurato ed ampliato, aLerma, il santuario di Nostrasignora delle rocchette.

L’imponente edificio del castel-lo, che si apre sulla piazza del ricet-to, ha conservato, fra le più antichefortificazioni, il severo torrionerotondo, che domina la valle delPiota. L’intonaco nuovo, le persia-ne moderne, che vi stonano parec-chio, dissimulano in parte l’anticastruttura, ma la forma massiccia el’esclusione verso il basso di qual-siasi apertura, che non sia una feri-toia svelano l’antica torre del Xiisecolo. Lo schema costruttivo è acorpo unico in stile francesizzante

e simile come impianto ai castelli,più o meno coevi, di montaldeo, dimornese e di silvano d’orba. Lacostruzione ha così assunto unapianta a pentagono irregolare, conil lato sud difeso dal torrione. Lostesso apparato difensivo rivela un

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edificio di transizione, tra la fortifi-cazione ed il “maniero signorile”.in effetti, nel castello di Lermamancano le caditoie tra un becca-tello e l’altro, i merli stessi sonoparte integrante di finestre e deltetto (particolari riscontrabili anchenel mastio quadrato); in altre paro-le l’intero apparato a sporgere èdivenuto quasi un elemento deco-rativo. a rimarcare la funzione didimora signorile segnaliamo anchela sobria presenza di bifore nellaparte più alta e dal lato nord.L’edificio risulta così ingentilito,ma non per questo è del tuttosguarnito o indifeso: sotto ognifinestra vi è una feritoia strombatada usare come bombardiera e suilati due fuciliere completano gliapprestamenti bellici. simbolo dicomando e signoria, nella partenord, rivolta verso il borgo, s’in-nalza la nuova torre quadrata. sullaparete est è dipinto un enormestemma degli spinola col mottoPotius mori quam foedari. si trattanel complesso di un edificio fattopiù per intimidire i possibili avver-sari che a scopo offensivo, macapace di svolgere, come abbiamovisto, una certa sua funzione mili-tare, anche se, ovviamente, non ingrado di resistere ad un regolareassedio con artiglierie. al centrodel castello è ricavato un caratteri-stico cortile triangolare quattrocen-tesco, con arcate e colonne in pie-tra e bifore. all’interno, i numerosisaloni, le sale ed altri ambientiespongono alle pareti una ricca col-

lezione di quadri, fra i quali alcunidi notevole valore artistico(rubens, Van Dyck). Completanol’arredamento mobili d’epoca esuppellettili antiche. Notevole poila galleria degli stemmi, così chia-mata perché in essa sono affrescaticinque grandi stemmi della casaspinola inquartati con gli stemmidelle famiglie congiunte: Doria,Pallavicino, Negrone … Va ricor-dato, infine, che il castello era statoampliato, nel 1538, con la costru-zione di un salone, prospiciente lapiazza principale del borgo, ma

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Nella pagina a lato, l’aladel Castello prospettanteverso l’abitato

In basso, un entrata al Castello

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che l’attuale edificio occupa, pro-babilmente, solo una parte dell’an-tica superficie fortificata, chedoveva comprendere tutta la piazzaantistante.

anche questo castello, comemolti altri dell’ovadese e dell’oltregiogo, fu studiato dall’archi-tetto d’andrade. oggi appartiene almarchese andrea spinola.

La LeGGeNDa DeLLe rose D’oro

una leggenda, che ancora si tra-manda fra gli abitanti del luogo èlegata al soggiorno al castello, nel1565, di donna isabella Corvalan,dama d’onore della regina diCastiglia. si narra che in queltempo, un giorno, giungesse almaniero un forte numero di armatia cavallo, che innalzavano unostendardo genovese. introdotti nelcortile d’onore, i cavalieri chieserodi donna isabella, che si sapevaapprestarsi al rientro in patria, allaquale consegnarono in un preziososcrigno di cristallo, un dono dellarepubblica marinara per laregina. si trattava di tre rose d’oroi cui petali rossi erano altrettanti

preziosissimi rubini che diffonde-vano all’intorno bagliori infuocati.il dono nascondeva, nella disposi-zione delle pietre preziose, nel lorocolore, nella loro dimensione e nelnumero, un messaggio in grado diessere interpretato solo dagliappartenenti ad alcuni ordini caval-lereschi segreti, iniziati all’esoteri-smo. infatti la sovrana, che era affi-liata ad uno di essi e svolgevaun’intensa attività politica, era datempo in relazione segreta con larepubblica.

Donna isabella, visti i tempiperigliosi, volle mettere al sicuro inun nascondiglio segreto il donostraordinario e, di notte, aiutatasolo dall’ancella più fida, pare loponesse in una cavità del cortile frail loggiato e la scala esterna. Pochigiorni dopo dovette partire di pre-mura per milano, dove l’avevarichiamata il Viceré spagnolo, chedoveva fornirle istruzioni partico-lari per il suo viaggio di ritorno inspagna. Le rose rimasero al castel-lo, dove la dama progettava di tor-nare nel suo tragitto verso l’imbar-co. Non sappiamo quali accadi-

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menti le abbiano poi impedito direalizzare questo suo proposito,fatto sta’ che non tornò e che lerose offerte alla sovrana di spagnarimasero occultate nel nascondi-glio.

il tempo cancellò anche il ricor-do di quegli avvenimenti finché,sul finire dell’ottocento, il ritrova-mento fortuito di alcuni appunti frale pagine di un vecchio volumerisvegliò il ricordo di quei fatti e,un po’ per gioco, un po’ perché nonsi sa mai, si fecero delle ricerche,anche con l’aiuto di un rabdoman-te, ma invano. tuttavia pareche il documento ritrovatofornisse un’ indicazionepreziosa. affermava infattiche in un determinato gior-no dell’autunno inoltrato,che peraltro non indicava, esolo in quel giorno, il sole,verso il tramonto, raggiun-geva con i suoi raggi obli-qui la nicchia segreta,facendo avvampare i rubiniche riverberavano attorno illoro splendore. allora ilcastello pareva avvolto dauna luce infuocata cheincuteva un vago sensod’inquietudine. in quelmomento il vecchio manie-ro svelava il suo segreto,ma era questione di attimi,poi il colore si stemperavanelle rosate iridescenze diun quieto tramonto monfer-rino e per un altro anno loscrigno poteva tornare a

dormire il suo sogno indisturbato.

La ParroCChiaLe DeLLa VerGiNe

Dei saN GioVaNNi Battista e Dei

saNti martiri

Del primitivo castello, oltre almastio circolare, rimane una delletorri del recinto, adattata ad absidedella chiesa parrocchiale. Questasi raggiunge passando sotto l’arcoche ci introduce sulla piazzetta chesi affaccia sulla Valle del Piota,offrendo al visitatore uno straordi-nario panorama. Davanti alla chie-sa, si ergeva fino a pochi anni fa, il

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Nella pagina a lato, il Castelloe il Ricetto in una foto di fine ‘800del signor Paolo Parodi

In basso, l’absidee il presbiterio della Chiesaparrocchiale di San Giovanni

A pagina 17, San Giovannibattezza Gesù, affrescodi Gian Battista Paggi, lunettadell’abside della Parrocchialedi San Giovanni

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tronco cavo di un olmo plurisecola-re, che il poeta Ghiglione ha volutoricordare:

Ormai fermo al suotronco l’olmo nondissimula quanto lungafu la sua storia.

Assente della sua frondositàè muta spogliacome quando da un corpol’anima si scioglie.

al suo posto un nuovo olmoattende ora pazientemente che iltempo lo porti ad emulare l’antico.sulla piazza prospetta la facciatadella chiesa, ad una sola navata.Difficile è stabilire esattamente l’e-poca della fondazione di questachiesa dedicata a san GiovanniBattista. Nel 1576 il visitatore apo-stolico mons. Gerolamo regazzoniparla di “Parrocchia di santa mariadel Castel dell’erma” Nell’interno,al centro dell’abside, visibile al disopra dell’altare, in una nicchia,protetta da un robusto vetro anti-sfondamento, è posta la preziosatavola raffigurante la Vergine conBambino* di Barnaba da

modena, un tempo icona veneratanel santuario di Nostra signoradelle rocchette. al fianco i bustidei santi Giovanni e Pietro, inlegno, poggiano su mensole ricava-te dalle radici dell’olmo centena-rio.

in alto, dipinto nel catino del-l’abside vi è un pregevole affresco,recentemente riscoperto. si trattadi un’opera di scuola genovese del1608, d’ignoto autore, che raffigu-ra il Battesimo di Gesù da parte delBattista*. il Cristo, con le braccia

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A lato, in primo piano il vecchiotronco dell’olmo prospicentela Parrocchiale

In basso, Madonna con Bambino,tavola di Barnaba da Modenaora nell’abside della Parrocchiale

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conserte, è in piedi, nell’acqua delfiume che scorre in dissolvenza tradue rive verdeggianti e sassose, e ilBattista, appoggiandosi a un basto-ne a forma di croce, si sporge versodi lui dalla riva versando l’acquacon una ciotola; al di sopra, lacolomba dello spirito santo e,affacciato a uno squarcio dellenubi, il Padreterno compiaciuto.Dietro Gesù si scorgono dei fan-ciulli. ai lati sono effigiati, genu-flessi, agostino e Cecilia spinola,i feudatari del posto, che sonoanche i committenti dell’opera,forse per impetrare la nascita di unsospirato erede. entro triangoli,che coi loro vertici s’incuneanocon perfetta scansione nella scenadel Battesimo, sono effigiati treputti con gli strumenti simbolicidella Passione (martello, flagelli,croce, corona di spine, lancia).Nelle tre lunette, che le basi arcua-te dei triangoli disegnano nellaparte sottostante, troviamo SanFrancesco, la Sacra Famiglia e un

altro Santo, separati da riquadricon lo stemma ripetuto deglispinola. emilio Podestà ha ipotiz-zato che l’ideazione e i cartoni pre-paratori dell’opera siano diGiambattista Paggi (Genova1554-1627), per le notevoli affinitàstilistiche con l’analogo soggettoda lui dipinto, a olio, nel 1617, perla chiesa parrocchiale di GenovaPontedecimo. aggiunge poi: “l’e-secuzione materiale che, accanto atalune acerbità, rivela in certi parti-colari capacità non comuni, sipotrebbe invece immaginare dimano del quindicenne GiulioBenso, venuto a Genova dalla nati-va Pieve di teco ed accolto a botte-ga dallo stesso Paggi su raccoman-dazione degli spinola”. L’ipotesitiene anche conto del fatto che, sol-tanto un secolo prima, Pieve diteco e Lerma erano entrambe sottola signoria di Luca spinola, per cuiè comunque da ritenere che GiulioBenso (Pieve di teco 1668) discen-da da un lermese, emigrato in quel

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tempo nel paese ligure. La casatadei Benso è, infatti, una delle piùantiche e numerose in Lerma.

Della parrocchiale ricordiamole tele di San Carlo orante e delBattista nel presbiterio, al primoaltare a destra pala con Madonna,fra Santa Maria Maddalena e S.Caterina che mostra ad un domeni-cano la tela raffigurante SanDomenico, giunta miracolosamen-te in Soriano Calabro; nella suc-cessiva Cappella del sacro Cuore,alle pareti, tele di San Carlo oran-te ai piedi della croce, laMaddalena e un frate e diSant’Agata, San Francesco,Sant’Apollonia, un Santo vescovo e

un Santo militare (Defendente?).sulla parete sinistra, alla primacampata, un ex voto del 1618, teladi scuola genovese sulla quale siaccalcano, attorno ad un morente(probabilmente uno spinola), cheappoggia il capo su due origliericon nappe e l’iscrizione S. Alesius,un pontefice (Paolo V?) seguito daun corteo di eminenti ecclesiastici,un sovrano, ed i famigliari in pre-ghiera, mentre dall’alto la trinitàguarda benevolmente la scena. siapre poi nella parete una nicchiacon reliquie dei santi martiri, a cuisegue una cappella con tela di SanCarlo nella duplice veste di peni-tente col cappio al collo e di soc-corritore dei poveri. segnaliamoinoltre una lapide del 1612, chericorda alcuni ampliamenti esegui-ti per volere di agostino e Ceciliaspinola, un bel Crocefisso delXViii secolo, opera della bottegadi anton maria maragliano, euna croce processionale seicente-sca.

iL riCetto

all’uscita dalla chiesa, a destrauna discesa si addentra nel ricetto,che si sviluppa su di uno speronestrapiombante su due lati e, quindi,privo di fortificazioni su di essi,disposto su di un asse nord ovest-sud est. il complesso del ricetto eramunito di due accessi: uno a valleed l’altro di pertinenza del castello.secondo uno schema molto regola-re, dalla via principale si dipartono,a pettine ed a distanze costanti, le

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In basso, scorcio del Ricetto Nella pagina a lato, Via Crucis,affresco della Chiesa di SanGiovanni Battista al Piano

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vie che delimitano le varie isoleedilizie. molto interessante è latipologia di questi fabbricati, chepresentano una struttura tipica adue vani sovrapposti, con un’aper-tura al piano terra ed una al pianosuperiore. Vale la pena di notare ivari particolari costruttivi, fra cuisono da segnalare: i camini dellevie laterali ad ovest, alcuni elemen-ti in cotto del XV secolo e, special-mente, la struttura di alcuni porta-li realizzati in pietra (i più antichirisalgono all’Xi e Xii sec.).segnaliamo quelli al piano terradella Canonica..

Dall’accesso inferiore del ricet-to si dipartiva un sentiero scoscesoche scendeva in fondo valle e,costeggiando la riva del torrente,un tempo, raggiungeva la Chiesa dis. Giovanni.

La Chiesa Di saN GioVaNNi

Battista aL PiaNo*

La chiesa, eretta, probabilmentedurante l’Xi secolo, sulla rivadestra del Piota, a poche decine dimetri dalla riva, e a circa 20 ventiminuti di cammino dal ricetto, èora inglobata all’interno del cimite-ro. Per lungo tempo fu la parroc-chiale di Lerma e solo nelCinquecento cedette il proprioruolo all’oratorio posto all’internodel borgo murato. La struttura sipresenta nella forma più semplice,a capannina, ad una sola navata conil tetto a capriata. Le pareti lateralisono interrotte da strette finestrealternate a lesene e percorse in alto,in prossimità del tetto, da archetticiechi. L’abside risulta più strettarispetto alla larghezza della navata,un piccolo campanile a piantatriangolare scalena si eleva dipochi metri sul tetto della costru-

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zione. sulla facciata esterna è raffi-gurato in modo rozzo un imponen-te San Cristoforo, protettore deiviandanti e dei guadi, datato 1512.

all’interno, l’abside e la paretedestra riccamente affrescata con-trastano con la povertà del tessutomurario, fatto di pietre del fiume emattoni pieni legati con semplicemalta. Gli affreschi si presentano informe arcaizzanti con “reminiscen-ze franco-provenzali” (Cuttica direvigliasco) nella descrizionedegli ambienti e dei costumi; masono state anche riscontrate note-voli analogie con pittori attivi inLombardia, come Galdino daVarese (mulazzani). Nel catinoabsidale domina la figura di CristoPantocratore, entro una mandorla,cui sono giustapposti i simbolidegli evangelisti. al di sotto di que-ste figure, entro nicchie separate dacolonne tortili, i santi: Michele,Pietro, Giovanni Battísta, Lorenzo,Giacomo e Benedetto. sotto, in unpiccolo riquadro, si trova una figu-ra di donna inginocchiata, sempli-cemente vestita, la committente o,come ritiene la tradizione popolare,la persona incaricata di preparare eportare i pasti ai pittori.Nell’intradosso dell’arco trionfale,dodici figure di Profeti e Sibille.

isolata nello stipite di sinistradella finestrella absidale è, infine,una Madonna col Bambino.

La parete settentrionale dellachiesa è interamente occupata dauna Vía Crucis** a sedici stazionidi un autore ignoto definito

maestro della Pieve di Lerma,realizzata “secondo il modelloanteriore a quello propagato da sanLeonardo di Portomaurizio verso lafine del seicento” (Podestà), sudoppia fila. La rappresentazione ècertamente rozza, se paragonata adaltre coeve, ma l’insieme risulta digrande suggestione.

“Nella paretina di sinistra, a latodell’arco trionfale, è raffiguratosant’antonío abate, commissio-nato da Lazarino molinario, men-tre di fronte ad esso, nella contro-facciata è dipinto san Bartolomeo,commissionato da un lermese dinome Bertola” (Ferrando).

Per questi affreschi (si discutese siano tutti della stessa mano) èstata proposta una datazioneristretta al primo quarto del Cin -

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Nella pagina a lato, Ecce Homo,particolare di una stazione dellaVia Crucis della Chiesa di SanGiovanni Battista al Piano

In basso, figurina orantepopolarmente identificatacome la persona incaricatadi preparare i pasti ai pittori

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quecento.

iL saNtuario

Di N. s. DeLLe roCChette

sulla strada da tagliolo aLerma, prima del ponte sul Piota,sulla destra, si diparte una stradache porta al santuario di N. s.delle Grazie, volgarmente chiama-to delle rocchette (o dellarocchetta) per i neri strapiombi dipuddinga su cui poggia.Nell’edificio, - come attesta unalapide - è la foresteria che offrivaalloggio a chi percorreva l’antica“strada del sale”, che metteva incomunicazione l’alto monferratocon la vicina Liguria. una leggen-da vuole che la montagna di fronteal santuario attuale fosse il luogodi raccolta dell’oro estratto nellavalle da schiavi che qui trovarono

asilo e, convertitisi poi al cristiane-simo, vi eressero il primitivosantuario. Lungo la strada sonoancora visibili i piloni della ViaCrucis, in gran parte erosi e scalci-nati, sicché delle antiche stazioniaffrescate solo qualcuna risultaancora fruibile e leggibile. La chie-sa, che era stata in origine (fine delXiii sec.) una filiazione delmonastero di s. maria di Banno,venne ricostruita nell’ultimo quar-to del sec. XVi, e rimaneggiatanelle forme odierne nel 1619 daimarchesi di Lerma agostino eCecilia spinola in ringraziamentodella sospirata nascita di un erede(nacquero due gemelli). in quel-l’occasione, al santuario donaronoanche la preziosa tavola dellaMadonna col Bambino di Barnabada modena (sec. XiV), ora nellaparrocchiale di Lerma, dove sonopure altre tele un tempo conservatenel santuario.

Per secoli qui risiedette uncappellano incaricato del servizioreligioso. Durante i periodi dipestilenza e di guerra, il santuariofu meta di pellegrinaggi e puntodi riferimento per i fedeli che, perintercessione della Vergine, impe-travano protezione e grazie. Lotestimoniano gli ex-voto tuttorarimasti.

Le Chiese CamPestri

si tratta di chiese erette inonore di santi protettori dei vian-danti e del lavoro agricolo. Pressodi esse si celebravano un tempo le

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A lato, Madonna con Bambino,affresco della Chiesadi San Giovanni al Piano

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“rogazioni”, riti per propiziarebuoni raccolti e scongiurare cala-mità ed epidemie. Nella chiesa disan rocco, in regione Piano c’èun dipinto che raffigura il santocon alle spalle un angelo il qualeregge la scritta Eris in pestepatronus; presso la chiesa di sansebastiano fu collocato il lazza-retto durante la peste del 1630 e leepidemie di colera dell’ottocento.La chiesa di san Bernardo ha sulfronte un porticato, che è stato persecoli rifugio di viandanti e dierranti di ogni specie. sanPantaleo si trova lungo la stradaper le Capanne di marcarolo, untempo uno dei pochi valichiappenninici esistenti, ed haanch’essa sul fronte originario iruderi di un ampio porticato.

La torre DeLL’aLBaroLa

a nord dell’abitato, ai confinifra Lerma, silvano e Castellettod’orba, rimangono i ruderi dellatorre dell’albarola. si pensa chefacesse parte di un sistema difensi-vo di avvistamento creato contro leincursioni della perfida “gentesaracena”, attorno all’anno mille. ilsuo compito era di riprendere isegnali provenienti dalla Colma e,con falò accesi sulla cima, avvisarela non lontana torre del Gazzolo (s.Cristoforo), che avrebbe inviato

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A lato, la Chiesettadi San Bernardo

In basso, il Santuario di NostraSignora delle Rocchette

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l’allarme alla pianura. Chi sale allatorre si rende immediatamenteconto della ragione di quella collo-cazione: di lassù la vista spaziadalla valle del Piota a tutto l’arcoappenninico, e poi ancora giù versole colline fino alla Pianura Padana.

La tradizione erudita vuole che,in seguito, abbia avuto funzione dicampanile per santa maria inPrelio, cioè per la Pieve di silvanod’orba, in quanto è situata su uncolle posto ad oriente della stessa.

Verso la fine del secolo XVii pres-so l’albarola venne costruital’abbazia di san Filippo Neri, dallaquale deriva il nome dell’odiernacascina abbazia.

L’osserVatorio astroNomiCo

Gestito dall’associazioneCulturale “alessandra Ferrari eilaria merlo”, l’osservatorioastronomico di Lerma funziona siacome centro di ricerca sia comepolo didattico per le scuole e per i

visitatori. esso è ubicatonel territorio di Lerma,alla som mità di una colli-na isolata tra i vigneti e leginestre, in localitàCostalunga. L’edificio,realizzato in cementoarmato, è struttu rato sutre piani per otto metrid’altezza. al seminterra-to è situa to il laboratoriofotografico, mentre ilprimo piano è riservatoalla strumentazione disupporto; l’ultimo, costi-tuito da una cupola diquattro metri di diametro,in vetroresina, su struttu-ra portante in ferro e iso-lata con lana di vetro,ospita il telescopio.

Le PisCiNe ComuNaLi

il complesso dellePiscine di Lerma, attivodalla metà degli anni ‘70,rappresenta per tutta lazona dell’ovadese

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In basso, la Torre dell’Albarolae sullo sfondo il Monte Tobbio

Nella pagina a lato, in altole piscine comunali

In basso, l’Osservatorioastronomico gestitodall’Associazione culturale“Alessandra Ferrarie Ilaria Merlo”

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un’occa sione eccezionale per pra-ticare sport nel più completobenessere.

Gli impianti, recentementerimodernati, offrono la possibilitàdi praticare nuoto, tuffi, tennis, cal-cetto, pallavolo, beach volley e cal-cio saponato, sotto l’attenta sorve-glianza di istruttori professionali.in particolare vengono effettuaticorsi speciali per bam bini, consoluzioni di abbonamento estrema-mente vantaggiose. un bar e unatavola calda rendono piacevole ilsoggiorno ai clienti. Concerti,attrazioni e tornei sportivi ravviva-no le serate in piscina delle estatilermesi.

IL ParCO NaturaLe DeLLe

CaPaNNe DI marCarOLO

una larga parte del territoriocomunale è inserita nel ParcoNaturale delle Capanne dimarcarolo, parco regionale istitui-to nel 1979 che proprio a Lerma hala sua sede logistica. situato all’e-strema punta meridionale dellaregione, posto a cavallo fra

l’ovadese e il Gaviese, è una dellepiù estese riserve naturali delPiemonte. si tratta di 85 Km qua-drati di territorio montuoso, carat-terizzato da una presenza umanamolto limitata, essendo pratica-mente circoscritta alle circa cin-quanta persone, che abitano ilnucleo di Capanne di marcarolo. il

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suo territorio è segnato dalle formearrotondate dei monti Colma,Pracaban e Poggio, che fanno coro-na alla tozza piramide del montetobbio (1092 m), il quale domina

l’intero territorio. sulla cima dellavetta si erge la chiesetta dedicata aNostra signora di Caravaggio, conlocali adibiti a rifugio. Nella parteorientale spiccano il monte delleFigne (la cima più alta, con i suoi1172 m), il taccone e il Leco. Èpercorso dai torrenti Lemme, Piotae Gorzente. Lungo il corso di que-st’ultimo l’opera dell’uomo hacostruito attraverso sbarramenti, ilaghi omonimi e quelli dellaLavagnina. L’ambiente protettogode di un clima particolare per laconfluenza di correnti marine emontane. La flora del Parco, per laconcomitanza di una serie di situa-zioni climatiche particolari, èmolto ricca e molto varia, con spe-cie anche rare come la DroseraRotundifolia, pianta carnivora checresce nelle zone umide del parco,la bellissima Rosa Gallica, la Or -

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A lato, il biancone, la sua figuraè diventata il simbolo del Parco

In basso, la diga dell’acquedottoDe Ferrari Galliera che formail primo lago della Lavagnina

A destra, il territorio del Parco

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chis Laxiflora e la EpipactisPalustris, la viola di Berto loni, iltulipano selvatico e la piccola macoloratissi ma Rosa Pendulina.interessante è la grande varietà dianimali protetti; tra gli ungulatisono presenti il capriolo e il cin-ghiale. tra i carnivori, difficili daincontrare per le loro abitudini not-turne, troviamo la volpe, la donno-la, la faina, il tasso, la puzzola; frai rapaci la poiana, il gheppio, ilfalco pecchiaiolo, il gufo, l’alloccoe il bar bagianni. il biancone, conun’apertura alare che sfio ra i duemetri, giunge ogni anno dall’africaper nidi ficare ed è diventato il sim-bolo del parco. Ben rappresentatisono i rettili, che costituiscono labase dell’ alimentazione del bian-cone: il biacco, il colubro diesculapio, la coronella austriaca, la

vipera aspis e, nelle zone piùumide, la natrice dal collare. tra glianfibi è presente la salamandrapezzata, e tra i lepidotteri spicca ilmacaone, coloratissima farfalla, dibreve vita ma di grande bellezza.

PasseGGiate eD esCursioNi

molte sono le località di Lermae dintorni che possono diventaremeta di passeggiate a piedi o acavallo o di vere e proprie escur-sioni. Per raggiungere la localitàCirimilla si scende dal Paese alponte sul Piota prendendo poi lastrada che si diparte immediata-mente a sinistra prima di attraver-sarlo. il percorso, costeggia poi lariva del fiume, che in estate è bal-neabile e offre tratti sufficentemen-te profondi da consentire ai gitantibrevi nuotate. se invece si intende

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raggiungere il santuario dellamadonna delle rocchette, bisogne-rà attraversare il ponte ed imbocca-re la prima strada a sinistra. in que-sto caso si percorre l’altra riva deltorrente, ma le occasioni di refrige-rio sono le stesse. Più impegnativauna passeggiata alla torredell’albarola, che prevede unadiscesa in Valle scura e una cam-minata fra vigne e tufi bianchi.ombreggiata e in mezzo al boscola passeggiata al Castello diCasaleggio, la cui strada si rag-giunge scendendo verso il Piota un600 metri sulla sinistra prima delponte. La stessa strada, quandoormai il Castello è in vista, si bifor-ca. Prendendo a destra si raggiun-gono i Laghi della Lavagnina.

il Lago della Lavagnina puòessere il punto d’arrivo di una pas-seggiata o quello d’inizio per un’e-scursione al Valico deglieremiti. Dalla diga siimbocca a sinistra, dietro lacasa del guardiano, uno ster-rato che costeggia intera-mente lo specchio d’acqua.superato il primo lago, siraggiunge il secondo, ora-mai quasi del tutto riempitodi detriti, e in vicinanza diun traliccio elettrico siincontra un segno giallo,che indica il sentiero checonduce al monte tugello.L’itinerario prosegue lungole rive del torrenteGorzente. Dopo un chilome-tro e mezzo dal secondo

lago, si incontra un bivio.Prendendo a sinistra, si inizia asalire dolcemente, ma in seguito ilsentiero si trasforma in un’erta,fortunatamente breve, che portaalla località Prà Grass. Di lì unacomoda mulattiera raggiunge ilValico degli eremiti, dove incon-tra la strada asfaltata che damornese e Voltaggio porta alleCapanne di marcarolo. il luogopuò essere il punto di partenza perun’escursione al monte tobbio.

esCursioNe aL moNte toBBio

anche se non è la montagna piùalta, il tobbio è sicuramente lamontagna più caratteristica e fre-quentata del Parco naturaleCapanne di marcarolo.

Facilmente individuabile anchedalla pianura alessandrina per lasua forma conica e la cappelletta

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Nella pagina a lato, il Santuariodi Nostra Signora delle Rocchette,in primo piano le roccie dipuddinga che gli danno il nome

In basso, la Viola Bertoloniie Daphne cneorum

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sulla cima, offre un panoramastraordinario della cerchia alpina,sui rilievi appenninici e sul vicinomar tirreno.

il percorso più breve per rag-giungere la cima del monte partedal Valico degli eremiti e segue lamulattiera realizzata per trasportarei materiali necessari alla edificazio-ne della cappella che si trova sullacima. Dedicata a Nostra signora diCaravaggio, la chiesetta fu edifica-ta sulla vetta nuda e rocciosa nel1897. annesso all’edificio religio-so vi è un piccolo rifugio del Caidi Novi e ovada, mentre dell’altracostruzione, che si può vederenelle antiche foto, non restano chepoche tracce.

salita. Dal valico degli eremiti(593 m) si imbocca l’antica mulat-tiera (indicazioni) a destra dellacappelletta a fianco della strada. ilsentiero nel primo tratto attraversa

un rimboschi-mento artificialedi pino nero, poiil cammino, fat-tosi più ripido,affronta il pie-troso e spogliocostone. Conuna lunga seriedi tornanti ci siimmette (1 ora e30 mm.) sullamulattiera chesale dal passodella Daiola. inbreve si raggiun-ge quindi la

panoramica vetta. La tradizionevuole che 1’arrivo in cima sia salu-tato dal rintocco della campana.

Discesa. si ridiscende lungo ilmedesimo sentiero.

un altro possibile itinerario peril tobbio, meno arduo e quindiconsigliato ai gitanti non partico-larmente allenati, è il seguente:

La salita. Dal guado delGorzente (Pedanca nuova, 440 m)si risale la strada provinciale perqualche centinaio di metri in dire-zione di Voltaggio, sino ad indivi-duare uno sterrato (nei pressi c’èuna fontana), che sale nel boscosulla destra. superata la catena dichiusura, si percorre questa sterratache tagliando le pendici meridiona-li del tobbio porta al caratteristicoinsediamento della CascinaNespolo (650 m, 30 mm.). Qui silascia il sentiero, che continuaverso il fondo del vallone, per pie-

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gare invece decisamente a sinistra(indicazioni), inoltrandosi nelbosco, dove campeggiano vetustiesemplari di castagno, e raggiunge-re in pochi minuti i resti diroccatidella Cascina tobbio (700 m). airuderi si può arrivare anchemediante un sentiero che iniziasulla sinistra dello sterrato centometri prima della cascina Nespolo(questo sentierotorna indietro sinoad un bivio dovesi svolta decisa-mente a destra -rari segna via).Dalla cascinatobbio si prose-gue lungo il sen-tiero, ora evidentee ben segnalato,tagliando a mez-zacosta il pendiocon direzionenord-est. uscitidal bosco, unatraccia sulla sini-stra per metterebbedi raggiungeredirettamente lavetta lungo la cre-sta sud-ovest, maè un percorso dis-agevole e pococ o n s i g l i a t o .Giunti alla depres-sione del passodella Daiola (858m, 1 ora), trascu-rando i numerosisentieri che qui

convergono, ci si volge a sinistra e,seguendo la larga mulattiera chesale a tornanti sul versante est, siguadagna faticosamente la cima.

“auriFoNDiNae” e miNiere D’oro

Lungo le valli del Piota e delGorzente s’incontrano cumuli diciottoli di cui è difficile capire lanatura. si tratta dei residui del

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Nella pagina a lato,giovane femmina di capriolo

In basso, il cono del MonteTobbio si specchia nel Lagodella Lavagnina

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lavaggio delle sabbie aurifere chefin dall’antichità pre romana venivafatto in queste valli e che i romanitrasformaro no in sfruttamentosistematico con l’impiego dimigliaia di schiavi. in epoche suc-cessive la ricerca aurifera continuòcon l’escavazione di miniere, tut-t’oggi esistenti, e con l’installazío-ne di due frantoi per la lavorazionedel minerale. Lo sfruttamento, adopera di ditte anglo - francesi, duròfino alla fine dell’ottocento. tuttoquesto sarà testimoniato nel museostorico dell’oro italiano che verràaperto a Lerma, nel quale, oltre adammirare reperti e documenti, saràpossibile imparare a riconoscere ea lavorare le sabbie aurifere dellazona. (si ringrazia il Dott.Giuseppe Pipino per le informazio-

ni fornite).

Per saperne di più:

emiLio PoDestà, Lerma. Storiae vita dalle origini alla fine delSettecento, ovada, Pro Loco diLerma, accademia urbense, 1995.

emiLio PoDestà, Gli Statuti diLerma del 1547, in: Documenti perla Storia dell’Oltregiogo monferri-no, ovada, accademia urbense,2000.

GiaNNi rePetto, Careghé.(Traversando l’Appennino piemon-tese), ovada, accademia urbense,1995.

accademia urbense sito internet:www.accademiaurbense.it

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Questo volume, a cura dell’Accademia Urbense,

è stato impresso nel mese di Gennaio 2002

dalla Tipografia Canepa di Spinetta Marengo

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