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I FLUIDI DI ARISTOTELE LATTE-SANGUE E SPERMA L’ALLATTAMENTO DI SPALLA E CUORE E IL SIMBOLISMO DEL CORPO. Un caso emblematico Il latte è l’unico cibo che un neonato può consumare, durante il primo periodo della sua vita e contro un più lungo periodo in cui saranno i genitori ad occuparsi della sua alimentazione. Il latte è un liquido che lascia il corpo della madre e le cui caratteristiche sono ovunque sempre le stesso. L’allattamento infatti è un fattore naturale e universale. Esso supera inoltre un evidente fase fisiologica. Non si può dunque dubitare sul fatto che sia una funzione vitale che colleghi un bambino a sua madre, ma comunque esso si situa al confine sempre e ovunque al confine del biologico. Vi sono infatti vari significati simbolici associati all’allattamento, partendo infatti da presupposti teorici dello studioso Claude Levi Strauss in l’atomo di parentela e quelle della sua allieva Francoise Heritier riguardanti la valenza differenziale dei sessi, si è arrivati a studiare il simbolismo del l’allattamento al seno in Sicilia. Cercando di carpire informazioni riguardo anche la sua storica origine. L’indagine si è rivolta alla quasi totalità delle provincie di Palermo, Agrigento e a circa la metà di quelle di Trapani, Caltanissetta ed Enna. Questi dati poi sono stati comparati con quelle di donne di altre regioni come la Calabria e la Puglia. Due tipi di latte, di spalla e di cuore Per le donne siciliane esistono due tipi di latte: quello di spalla e quello di cuore. Questi due tipi di latte presentano caratteristiche differenti ed opposti, e la denominazione connota la parte del corpo da cui esso proviene. Il latte di cuore è infatti considerato di “non buona qualità” , anche se il cuore simbolicamente viene associato a valori simbolici positivi, esso è infatti la sede dei sentimenti e dell’amore , e appunto per questa ragione può nello stesso tempo essere sede di emozioni negative; si presume infatti che la paura e le pene possano essere trasmesse ai bambini tramite il latte di cuore e non possa invece accadere tramite Francoise Heritier , famosa allieva della scuola francese di Claude Levi Strauss, di cui ha ereditato la cattedra al College de France, parla di “valenza differenziale dei sessi ”, intendendo definire con questa espressione l’esistenza dell’oggettiva differenza sessuale biologica . Come scrive in un saggio “Maschile e femminile. Il pensiero della differenza” del 1996, in nessuna civiltà infatti si è finor a realizzata una piena parità o addirittura una predominanza della donna sull’uomo, nemmeno in società moderne come quelle occidentali. La studiosa infatti partendo da società moderne rivolge la sua attenzione verso l’analisi di questo carattere arrivando ad analizzare perfino le tribù che vivono in società di base matrilineare. Studiando infatti tribù come i Crow, i Samo, i Nuer, i Haya, cercherà di comprendere quali siano le modalità per avviare un procedimento diverso che rompa con la tradizione e conduca l’individuo alla presa di coscienza dell’esistenza di una logica duale, non di opposizione, in cui ogni sforzo teso all’annullamento della differenza, sia destinato a crollare.

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I FLUIDI DI ARISTOTELE

LATTE-SANGUE E SPERMA

L’ALLATTAMENTO DI SPALLA E CUORE E IL SIMBOLISMO DEL CORPO.

Un caso emblematico

Il latte è l’unico cibo che un neonato può consumare, durante il primo periodo della sua vita e contro un più

lungo periodo in cui saranno i genitori ad occuparsi della sua alimentazione. Il latte è un liquido che lascia il

corpo della madre e le cui caratteristiche sono ovunque sempre le stesso. L’allattamento infatti è un fattore

naturale e universale. Esso supera inoltre un evidente fase fisiologica. Non si può dunque dubitare sul fatto

che sia una funzione vitale che colleghi un bambino a sua madre, ma comunque esso si situa al confine

sempre e ovunque al confine del biologico.

Vi sono infatti vari significati simbolici associati all’allattamento, partendo infatti da presupposti teorici

dello studioso Claude Levi Strauss in l’atomo di parentela e quelle della sua allieva Francoise Heritier

riguardanti la valenza differenziale dei sessi, si è arrivati a studiare il simbolismo dell’allattamento al seno in

Sicilia. Cercando di carpire informazioni riguardo anche la sua storica origine.

L’indagine si è rivolta alla quasi totalità delle provincie di Palermo, Agrigento e a circa la metà di quelle di

Trapani, Caltanissetta ed Enna. Questi dati poi sono stati comparati con quelle di donne di altre regioni

come la Calabria e la Puglia.

Due tipi di latte, di spalla e di cuore

Per le donne siciliane esistono due tipi di latte: quello di spalla e quello di cuore. Questi due tipi di latte

presentano caratteristiche differenti ed opposti, e la denominazione connota la parte del corpo da cui esso

proviene. Il latte di cuore è infatti considerato di “non buona qualità” , anche se il cuore simbolicamente

viene associato a valori simbolici positivi, esso è infatti la sede dei sentimenti e dell’amore , e appunto per

questa ragione può nello stesso tempo essere sede di emozioni negative; si presume infatti che la paura e le

pene possano essere trasmesse ai bambini tramite il latte di cuore e non possa invece accadere tramite

Francoise Heritier , famosa allieva della scuola francese di Claude Levi Strauss, di cui ha ereditato la

cattedra al College de France, parla di “valenza differenziale dei sessi”, intendendo definire con questa

espressione l’esistenza dell’oggettiva differenza sessuale biologica . Come scrive in un saggio “Maschile

e femminile. Il pensiero della differenza” del 1996, in nessuna civiltà infatti si è finora realizzata una

piena parità o addirittura una predominanza della donna sull’uomo, nemmeno in società moderne

come quelle occidentali. La studiosa infatti partendo da società moderne rivolge la sua attenzione verso

l’analisi di questo carattere arrivando ad analizzare perfino le tribù che vivono in società di base

matrilineare. Studiando infatti tribù come i Crow, i Samo, i Nuer, i Haya, cercherà di comprendere quali

siano le modalità per avviare un procedimento diverso che rompa con la tradizione e conduca

l’individuo alla presa di coscienza dell’esistenza di una logica duale, non di opposizione, in cui ogni

sforzo teso all’annullamento della differenza, sia destinato a crollare.

quello di spalla. Se una madre che allatta di cuore prende un grosso spavento, espone il bambino a rischi

pericolosi. Il suo latte “avvelenato” può provocare al bambino “la botta di latti”, si rischia perciò di

provocare mal di pancia, paralisi, cecità o addirittura morte. Al fine dunque di evitare conseguenze negative

derivate dal latte “scantatu” la madre svuoterà il seno aspettando qualche giorno prima di iniziare

nuovamente l’allattamento e poi cambierà la posizione del bambino rispetto al corpo cercando di

mantenere i piedi del piccolo in modo tale che tocchino la parte esterna del suo corpo, tutto ciò permetterà

di ripristinare l’ordine.

Spesso può accadere che tale ordine venga scombussolato da una questiona insita nel bambino che si

denota da delle “trecce di latte” o “trizzi di donna” ovvero uno stoppino di capelli che si allarga nella testa

ma che non va pettinato o tagliato perché cadrà da solo ad un certo punto.

Le donne che in genere allattano di cuore sono comunque soggette a vari disordini. Ad esempio la

congestione mammaria provocata da un raffreddamento che in Sicilia prende il nome di “u pilu a minna”;

succede che il “latti mpitratu” fa indurire il seno.

Dunque sembra che ad ogni proprietà negativa del latte di cuore corrisponda una proprietà positiva del

latte di spalla. Il primo è infatti leggero, lento (lentu), poco denso, annacquato, vicino ad una sorta di piccolo

latte detto latticeddu, che è insufficiente a soddisfare il bambino, infatti quest’ultimo se allattato con il latte

di cuore tende sempre a piangere. Mentre quello di spalla è denso, cremoso, appiccicoso, grasso, ricco di

tante proprietà nutritive e soddisfare bene il bambino facendolo dormire bene.

Parlando con delle informatrici di Palermo ci viene infatti detto che all’allattamento di spalla corrispondano

anche diversi formicolii provenienti dalla spalla destra, dovuti sicuramente alla velocità con cui fluisce il

latte, una in particolare delle informatrici ci riferisce di avvertire un calore e un formicolio e talvolta il latte

scorre così velocemente che il bimbo rischia di affogare.

Comparando le donne siciliane con quelle di altre regioni del sud Italia il latte di spalla e quello di cuore

mantengono le loro proprietà ma ciò che cambia spesso è la connotazione della parte del corpo. In Salento il

latte di cuore ad esempio diventa di testa, è infatti il sangue che scende fino al seno a rendere il latte di

cattiva qualità, esso è detto Caprignu o Citrignu perché proveniente da una donna magra e debole. Inoltre la

credenza vuole che il latte di spalla possa trasformarsi per mezzo di magie da parte di donne gelose in latte

di testa. In Calabria, in provincia di Catanzaro il latte di cuore diventa di petto e viene detto Caprino perché

avente qualità simili a quelle del latte di capra poco denso. Inoltre si ritiene che il latte di testa indebolisca

molto la donna che allatta anche se comunque in questo territorio ha buone qualità. A Napoli infine

ritroviamo lo stesso latte di spalla che mantiene le stesse proprietà di quelle conosciute in Sicilia.

Inversione strutturale e necessità

Secondo dunque le indagini le alterazioni subite da donne che allattano sono delle questioni universali. Per

quanto riguarda il latte di spalla questo si pensa provenire dalla ossa della spalla, considerata infatti come

una delle regioni del corpo da cui proviene la sostanza alimentare. Anche quindi alle parti del corpo è

associato un valore simbolico. In Salento, come in Sicilia e Napoli ai bambini viene infatti detto :<< Mangia,

che ti arriva alle ossa>>. In Sicilia in particolare vi sono vari proverbi e credenze popolari che considerano

queste parti del corpo simboli di mascolinità. Quella del flusso del latte è infatti la parte della spalla destra

in opposizione simmetrica alla parte sinistra del cuore. Esiste dunque questa necessità di questa inversione e

opposizione strutturale di dietro/avanti, destra/sinistra e mascolino/femminile.

Principio maschile e latte di spalla

La normalità del latte di spalla è dunque associata alla stabilità relativa alla stabilità della colonna

vertebrale, una informatrice infatti ci dice: << il latte di spalla è buono perché la spalla è stabile ed è sempre

la stessa, mentre quello di cuore fa molto movimento>>. Del qualità del latte di spalla di conseguenza

vengono associate inconsciamente a qualità dell’uomo quindi del padre o del figlio, mentre le altre del latte

di cuore alla madre e alla figlia.

In molte regioni in particolare in Sicilia per stabilire il sesso del nascitura vengono effettuare delle prove

precedenti al parto, in particolare queste prove riguardano il corpo femminile. Ad esempio la forma della

pancia, il modo della donna di sedersi, il tendere le mani o piegarsi in avanti, il modo in cui un ago o un

anello sospeso da un filo oscilla sulla pancia. Spesso capita che vengano utilizzate le secrezioni del seno che

appaiono al quinto mese di gravidanza chiamate colostro o latte, se la secrezione è appiccicosa e quindi

trattiene un oggetto che viene incollato al seno, si tratta di un maschio, viceversa invece trattasi di una

femmina; oppure questa prova la si può fare con le dita indice e pollice per verificare se è appiccicoso. Sono

comunque le stesse prove che si effettuano anche una volta avvenuto il parto questa volta però per

verificare se si tratta di latte di spalla o di cuore.

Altre credenze sottolineano l’associazione fra principio maschile e latte di spalla; infatti si dice u latti veni di

l’ossa no di morsa , nel senso che le proprietà del latte sono dovute al fatto che provengono dalla ossa e non

da ciò che mangiano. Questa espressione può ricollegarsi ad un’altra credenza che sostiene che lo sperma

provenga dalle ossa. In Sicilia ad esempio ad un eccesso sessuale si associa lo svuotamento della spina

dorsale “mi scaricavu a carina” oppure “mi sucò puru a midudda”. Ritornando a Francoise Heritier infatti

studiando la società Samo evidenza proprio questa caratteristica.

Anche Giuseppe Pitrè, folklorista siciliano, nella sua opera “Popolo Siciliano”, ci dice che il liquido seminale

discende per tradizione dal midollo dell’osso della schiena. E parlando di allattamento ci dice inoltre che la

diversità dei sessi influenza la qualità del latte della madre. Se infatti un bambino il latte sicuramente ha le

qualità del latte di spalla , se è una bambina avrà qualità del latte di cuore. Quindi solitamente è opportuno

affidare la propria bambina ad una balia il cui figlio è maschio. Inoltre il latte di una donna incinta di un

maschio è ritenuto un rimedio contro la sordità, basta versarne qualche goccia nel canale uditivo, oppure

utile anche per il mal di pancia.

In particolare la Heritier in riferimento alla società Samo del Burkina Feso, evidenzia come alla base della

società nella relazione tra uomo e donna, ci sia la struttura binaria, di cui lo stesso Levi Strauss aveva

parlato, in cui gli elementi si muovo in opposizione. Questa opposizione di uomo/donna molte società la

identificano nel binomio caldo/freddo, mentre l’uomo coincide con il caldo e la terra, la donna coincide

con il freddo quindi le piogge e l’umidità.

Giuseppe Pitré dedica un intero capitolo all’allattamento nella sua opera dal titolo Popolo Siciliano,

anche lui infatti accennerà alla credenza del latte di spalla e del latte di cuore e riguardo all’idea che le

qualità del latte vengano influenzate dal sesso del nascitura egli ci dice: << Accade che una bambina

non prosperi col latte materno. Le ragioni di ciò potrebbero essere molte; ma tra tutte nessuna è più

convincente di questa: che il latte di una donna che s’è sgravata d’una bambina non ha le buone

qualità del latte di una donna che s’è sgravata d’un bambino. È allora il rimedio è presto trovato: dare

a quella bambino il latte di madre di un maschio giacché il latti di masculu è uttibili >>.

Vi è dunque la convinzione che questo latte di spalla provenga dall’uomo. La stessa Francoise Heritier

studiando delle convinzioni arabe ha potuto verificare che vi è l’idea che il latte provenga dall’uomo e che

tutto ciò dà origine a divieti e strategie di alleanze femminili. Si pensa in definitiva che lo sperma introdotto

nella donna si depositi in questa parte simbolicamente considerata maschile che è la spalla.

Lo sperma e il latte

Il fatto che il periodo di gravidanza e di allattamento non comporti l’interruzione del sesso è da ricollegarsi

ad alcune credenze, in cui si sostiene l’importanza di questo per la produzione del latte. Alcune informatrici

ci riferiscono dell’importanza di continuare ad avere rapporti sessuali durante la gravidanza, perché prima

di tutto il nascituro deve condividere la gioia dei genitori e poi perché questo migliora le qualità del latte. A

Canicattì infatti in provincia di Agrigento alcune donne ci riferiscono che lo sperma contiene potere

fertilizzante e perciò migliora le qualità del latte.

Addirittura altre due informatrici ci riferiscono del fatto che probabilmente lo sperma definisca il sesso del

nascituro. Solitamente i rapporti sono interrotti al settimo mese di gravidanza per paura di provocare un

cambiamento del sesso del nascituro, se la donna si rende conto di aspettare una femmina quando invece

desidera un maschio, può riprendere i rapporti che influenzano così il cambio di sesso.

Un’idea diffusa è quella che per dare alla luce un maschio è necessario durante il rapporto sessuale

“appuntiddiari i peri” cioè spingere i piedi contro il muro o la barra del letto in modo che lo sperma penetri

più in profondità nel corpo della donna.

Il sangue e il latte

Altra logica di opposizione riguarda il ritorno dopo il parto del ciclo mestruale. Un’altra categoria di

opposizione infatti riguarda l’allattamento pulito da quello detto sporco o in siciliano “Lordu”, per segnalare

che si è in presenza delle mestruazioni. Si ritiene infatti che le mestruazioni sporchino il latte e che

addirittura potessero trasformare il latte di spalla in latte di cuore. Il latte lordu quindi è più debole, acquato

e contiene meno sostanza e così rischia di prendere le caratteristiche del latte di cuore. L’allattamento al

seno inoltre che secondo la credenza dovrebbe mettere al riparo da altre gravidanze, con le mestruazione

rischia di perdere questa immunità, il sangue mestruale contamina il latte materno e questo non può non

piacere più al bambino. Biologicamente il ritorno del ciclo non segna il tempo da quando si rischia la

gravidanza, poiché il rischio lo si corre in concreto i giorni precedenti all’arrivo delle mestruazioni, poiché

tutto ciò indica che è già avvenuta l’ovulazione. Infatti molte donne che allattano non si rendono neanche

conto di essere rimaste nuovamente incinte. Quindi il rischio in questo periodo è molto più alto rispetto alla

ricomparsa delle mestruazione in cui per usanza si ricomincia ad utilizzare i metodi contraccettivi come

quello popolare più diffuso del coito interrotto.

La nuova gravidanza dunque non impedisce la produzione di latte. L’allattamento solitamente viene così

interrotto per riservare il latte al nuovo nascituro come se fosse una riserva esauribile. Queste misure ci

dicono le informatrici mirano ad evitare la morte di uno dei due bambini. Si parla infatti di “latte della

gelosia”. Pericoloso diventa se il sesso del bambino al ventre è una femmina e quello che si allatta un

maschio, in questo caso si sospende l’allattamento. Infatti a Favara si dice a fimmina o masculu cciu duna, u

masculu a fimmina un cciu duna, ciò si riferisce al fatto che un maschio non lascerebbe abbastanza latte per

la sorella nel ventre.

Tutto ciò inoltre riporta ad un corto circuito di tipo incestuoso, probabilmente questa la causa del divieto di

allattamento in questi casi. Qui entra in gioco la questione dell’incesto di secondo tipo in cui si pensa che vi

sia una sorta di punto di incontro nel corpo della madre fra i fluidi del padre e quelli dei figli. Ecco perché in

casi rilevanti ci si astiene dal sesso.

Una memoria corporea

Alcune credenze durante la gravidanza riguardano il cambiamento fisico del volto della madre. Se il sesso

del nascituro è maschile, la madre evidenzierà dei cambiamenti del volto, mentre se si tratta di una

femmina questi cambiamenti non si manifesteranno. Questo perché la bambina prende il volto della madre

e quindi non ha motivo di modificarlo, mentre il bambino che è di sesso opposto deve necessariamente

avere il volto diverso da quello della madre. Alcune informatrici inoltre riferiscono di una vena blu nel naso

che spunta se il sesso del nascituro è maschile, e invece questa vena si ritrova perpendicolarmente fra

l’occhio e lo zigomo se si tratta di una femmina. Questi sono esempi di memoria corporea evidenziabili in

credenze che legano anche i bambini nati con quelli che nasceranno. Dall’attaccatura dei capelli nella nuca è

infatti possibile capire se il prossimo bambino sarà maschio o femmina. Se è di forma allungata o vi è un

piccolo punto centrale il futuro bambino sarà maschio, se di forma arrotondata o vi sono due punte laterali

allora si tratterà di una femmina.

Altri casi emblematici riguardano la trasmissione di un carattere tramite il latte, una donna ad esempio di

facili costumi definita Muntuata cioè che fa parlare molto di sé non può dare il latte a nasciture poiché da

essa erediterebbero questa caratteristica di femmina volubile. Mentre se si tratta di un maschio anzi è una

cosa positiva perché in tal modo può acquisire qualità venendo a contatto con tanti tipi di sperma. Sempre

Giuseppe Pitré infatti descrive a seconda del sesso del nascituro i diversi tipi di nutrice più adatti alla buona

crescita dei bambini delle famiglie aristocratiche. Nella scelta di una nutrice da tenere in casa e retribuire è

necessario valutare il latte prima di tutto, facendo colare un cucchiaio di latte nell’acqua se questo si

deposita nel fondo allora esso è un latte denso di buona qualità, poi la nutrice deve avere un figlio di tre

mesi, il cui marito era lontano, che non ha amanti, il cui latte è pulito cioè che non ha le mestruazioni. Se il

marito dovesse ritornare lo sperma non deve essere reintrodotto poiché rischierebbe di inquinare il latte.

Questa logica di umori richiama gran parte delle credenze e degli usi ritrovati nella società musulmana.

Questo poiché è noto che gli arabo-berberi hanno colonizzato la Sicilia per quasi tre secoli. Perfino da dati

egizi testimoniano questo collegamento di credenze a forme di allattamento e cerimonie di trasmissione di

fluidi vitali.

Francoise Heritier espone una teoria nel suo libro Les deux soeurs et leur mere, antropologie de

l’inceste, in cui osserva e teorizza oltre classico incesto di primo tipo, anche un incesto di secondo tipo.

Mentre l’incesto di primo tipo si riferisce ai rapporti sessuali fra genitori e figli, o tra fratelli e sorelle, o

fra due sorelle o due fratelli, quello di secondo tipo non avviene nel contatto fisico tra le due persone

consanguinee ma tramite una terza persona con la quale queste due persone hanno avuto una

relazione: come succede quando due sorelle o una madre e una figlia hanno rapporti con lo stesso

uomo oppure quando due fratelli o un padre e un figlio hanno rapporti con la stessa donna. Questo

incesto è considerato ancora più grave del primo poiché fondato sull’identità di genere in seno alla

consanguineità. Nel caso delle gravidanze i fluidi del padre e i figli vengono a contatto tramite il corpo

della madre.

La vergine del latte di spalla

Prova dell’importanza di certi sincretismi sono anche indizi che ritroviamo nell’arte europea. Sono stati

infatti ritrovati a Palermo due dipinti di artisti anonimi datati il primo agli inizi del XIV secolo e l’altro al XV

secolo. Questi due quadri confermano la manipolazione simbolica del corpo e anche la trasmissione di tale

credenza nell’orizzonte religioso. Essi rappresentano infatti una Vergine che allatta al seno il bambino, ma

questo seno subisce uno spostamento evidente fino alla spalla destra, una caratteristica che il pittore ha

voluto volutamente sottolineare con molto entusiasmo all’interno di un giogo speciale del vestito. Nella

prima immagine che si trova al Museo Archeologico di Agrigento, il bambino prende il seno con la mano

destra, mentre con la sinistra tiene in mano un globo appiattito sul petto inferiore della madre, nella

seconda immagine proveniente dalla Chiesa di San Giovanni dei lebbrosi e conservata al Museo Diocesano

di Palermo, il bambino non tiene più il seno della madre, ma con la mano destra si gratta un piede e l’altra

ad altezza del seno della madre tenta di prendere un oggetto nelle mani della madre. Entrambi i dipinti

presentano molte analogie stilistiche, ciò che ci fa quindi pensare che siano state prodotte dallo stesso

autore. Infatti la madre e il figlio presentano la stessa forma degli occhi in entrambi i dipinti, le stesse

sopracciglia, stesso disegno di labbra, stessa piega del collo, identica anatomia del seno, ritenuto quasi un

terzo seno simbolico, stessa posizione della mano destra della vergine, stesse dita affusolate, stessi riccioli

del bambino e ancora identico drappeggio dell’orlo della veste del bambino, stessa scollatura degli abiti

della Vergine e stesso velo. Insomma in generale la composizione è molto simile. Altra immagine simile con

le stesse caratteristiche si trova invece al Museo Pepoli di Trapani. Nessun altro esempio è stato trovato al

di fuori del quadro artistico europeo, neanche paragonando queste immagini ad altre della Madonna Litta,

come quelle della scuola di Leonardo è possibile trovare queste analogie. Il pittore siciliano infatti ha voluto

rappresentare una credenza che è stata trasmessa e che rimane incisa nel nostro sistema di pensiero fino ai

giorni nostri. Nei vangeli canonici, e in particolare nel proto-vangelo di Giovanni si presentano le

giustificazioni di una tale credenza con queste parole: << Vergine del latte di spalla >>; il richiamo

ovviamente è al mondo arabo-berbero che come avevamo detto colonizzò la Sicilia per circa tre secoli.

Questo sistema di pensiero è perciò stato trasmesso alle donne da altre generazioni. È solo nella

generazione che ci ha preceduto che inizia a perdersi questa tradizione di credenze a causa dell’apparizione

e uso dell’arte artificiale. Questo è uno dei segni più evidenti di mutazione antropologica di cui abbiamo

responsabilità e colpa e ne siamo nello stesso tempo vittime.

I FLAGELLANTI (I VATTIENTI)

A NOCERA TERINESE, in provincia di Catanzaro, ad una manciata di Km. dall’Aeroporto, dalla Stazione C.le

F.S. e dal Bivio Autostradale di Lamezia Terme, ed altrettanto dicasi per i confini dalla città di Cosenza, che

la calma, la monotonia, la tranquillità di tutti i giorni, vengono letteralmente stravolte, in occasione del

VENERDI e SABATO SANTO DI PASQUA, attraverso una tradizione secolare, risalente, all’incirca, al

1260/1300, che, con straordinaria puntualità, si rinnova annualmente.

E’ in questo ridente paese di circa 6 mila abitanti, incastonato tal quale un presepe nella Valle del Fiume

Savuto, con profonde radici nella Magna Grecia al punto da essere fortemente identificata sicuro Sito delle

rinomate colonie greche di Terina o Temesa, che viene perpetrato il “RITO DEL SANGUE” mediante

l’autentica e pura autoflagellazione, operata da un centinaio di persone del luogo che, per devozione, per

grazia ricevuta o per un voto fatto, si percuotono i “polponi” delle cosce e delle gambe con degli arnesi

definiti il “CARDO” e la “ROSA”, facendo defluire sangue copioso e percorrendo gli identici sentieri tracciati

dalla imponente Processione della Stupenda, indescrivibile Statua della Madonna Addolorata (PIETA’).

Una Statua incantevole e paradisiaca che induce al pianto al solo rimirarla, un Gruppo Ligneo del peso di

circa 5 quintali, dal valore inestimabile, di ignoto artista, e forse risalente al 1300, secondo le indicazioni

fornite dalla scomparsa antropologa Ida MAGLI in una nota del suo volumetto “GLI UOMINI DELLA

PENITENZA”. Tradizione vuole che fosse stata scolpita da un pastorello che, a lavoro completato, divenne

cieco per evitare di farne riproduzione.

Si tramanda che prima di questa Sacra Icona della Pietà, ormai, dai residenti, da sempre consacrata

“dell’Addolorata”, nel corso della processione si trasportava altra Statua dell’Addolorata, ancor oggi

conservata gelosamente in una nicchia della Chiesa Matrice.

Rito antichissimo, sulla cui introduzione vi sono enormi incertezze (Agostiniani, Benedettini, Gesuiti, Minori

Conventuali o Passionisti ??), ancor oggi vivo, vegeto e vibrante in un paese che, tra l’altro, fu Feudo degli

Ospedalieri di San Giovanni, progenitori dei Cavalieri di Malta, fatto sta che il VENERDI SANTO A SERA di

OGNI ANNO, intorno alle ore 20,00, gli “Apostoli” (Portantini), vestiti di lungo camice bianco e corona di

spine in testa, prelevano la pesante Statua dalla Chiesa dell’Annunziata ove è ben allocata da sempre e, a

spalle, con ritmo lento e cadenzato, danno inizio alla “VIA CRUCIS”.

A metà percorso processione intervengono, puntuali, 10 o 15 Vattienti (Flagellanti) che, per l’appunto,

inginocchiandosi devotamente dinnanzi alla Pietà, si autoflagellano lasciando che la Statua, poi, raggiunga

la Chiesa Madre di San Giovanni Battista per la predica dei Sermoni.

Il “clou” della Settimana Santa lo si rinviene nella intera giornata del SABATO seguente, con inizio alle ore

8,00 del mattino, allorché la Statua, sempre stabile sulle spalle degli “Apostoli”, è nuovamente prelevata

dalla Chiesa di appartenenza per essere trasportata in processione per l’intero paese, vicoli e viuzze

compresi, facendone rientro intorno alle ore 18,00.

Le restanti Chiese situate in varie zone del paese, ivi compreso il luogo che funge da Monte Calvario,

rivestono ruolo di Sepolcri, prima fra esse quella sita nel magnogreco Rione Motta, già Tempio dedicato a

Bacco, per come si evince dai Bassorilievi ancora ivi impressi a sfidare i secoli. La Statua fa delle piccole soste

anche presso appositi altarini approntati dinnanzi ad alcune case di fedeli e, comunque, è seguita da

migliaia di fedeli, molti dei quali emigrati all’uopo rientrati in terra natìa, centinaia di turisti di ogni parte del

mondo, una elevata presenza di sociologi, antropologi, etnologi, storici e filosofi, ed è preceduta dalla

Banda Musicale che, unitamente alle nenie dei devoti, intona marce funebri di alta levatura, la “JONE” del

Petrelli in primis, apportando possente ed intensa commozione.

E la commozione sfiora i confini dell’impossibile allorché tra l’immensa calca si vedono emergere quelle

CROCI RIVESTITE DI STRISCE DI PANNO ROSSO, autentica “calamita” di mille e mille cineprese e delle

numerose Troupe Televisive Inglesi, Tedesche, Francesi, Giapponesi ecc. ecc.

SONO LORO, i VATTIENTI che, con portamento contrito e sofferente, silenziosi e solenni, attuano il rito

dell’autoflagellazione, così come già sommariamente descritto. Vestiti, di norma, con pantaloncino nero

rimboccato fino ai fianchi e maglietta pure di colore nero (LUTTO), essi preparano la prima fase della

flagellazione (INIZIAZIONE) nel garage delle loro abitazioni percuotendo le parti del corpo già descritte con

la “ROSA”, un disco di sughero ben levigato e di facile presa, fino a farvi confluire il sangue, dopo di chè si

passa all’uso del “CARDO”, altro disco di sughero sul quale sono infissi 13 pezzi di vetro acuminati (GESU’ E

GLI APOSTOLI), tenuti saldi alla radice da una mistura di cere vergini. Con il CARDO si provocano lacerazioni

con conseguente abbondante fuoriuscita di sangue. Tale “operazione” viene ripetuta più e più volte nella

maniera più sentita e straziante possibile, specie quando avviene il fatale e sublime momento dell’incrocio

col Sacro Simulacro. I Vattienti hanno in testa una CORONA di SPINE di “SPARACOGNA” (cespuglio spinoso

degli asparagi selvatici) che poggia su una bandana nera detta “MANNILE”, che ha il compito di rinsaldare

la capigliatura e che anticamente veniva prolungata fino agli occhi a mò di benda. Con una cordicella (in

segno di “CONTINUITA’”) assicurata alla vita, ad essa saldamente afferrato ed a distanza di un metro, lo

segue il proprio “ACCIOMU” (ECCE HOMO), un giovane dal torso nudo, vestito di un semplice panno rosso e

portante, poggiata sulla spalla, una croce, di canna o stecche di legno, interamente rivestita con strisce di

panno rosso (SANGUE SGORGANTE), anche egli con una corona di Spina Santa in testa. Il flagellante ha al

suo seguito anche un terzo elemento, un amico che porta una tanica di vino rosso (L’ACETO DATO A GESU’

CON LA SPUGNA) da versare, di tanto in tanto, sulle parti insanguinate, sia come disinfettante, sia come

lavaggio antiraggrumazione. Terminato il lungo giro penitenziale di notevole e faticosa durata, il Vattiente

rientra nel luogo di partenza ove lava le parti con un infuso di rosmarino, dalle potenti proprietà

cicatrizzanti, messo preventivamente a bollire in un pentolone, dopodichè, vestiti gli abiti da civile si

aggrega al corteo processionale.

Innumerevoli Università Studi Italiane, ove possono rinvenirsi svariate, autentiche Tesi di Laurea

sull’argomento, non ultime Roma, Messina, Perugia,. Siena, Treviso, Torino e Bologna, una infinità di

studiosi e ricercatori, quali quelli del Musée de l’Homme di Parigi o del CNR, nell’affrontare la problematica,

hanno divagato su assiomi riferentesi al Paganesimo ed agli Albori del Cristianesimo ma, anche in assenza,

ancor oggi, di precise risorse documentali all’infuori di quanto rinvenuto negli Archivi della Parrocchia

(1777) e del preposto Vescovato (1361), una cosa è sacrosanta ed inoppugnabile. I due Penitenti (Vattiente

ed Acciomu), entrambi collegati dalla CORDICELLA, incarnano la Figura del Cristo nell’estrema fase della Sua

Passione. Il Vattiente altri non è che Gesù flagellato alla Colonna, mentre l’Acciomu, così come da

Abbigliamento e “Titolo” (Ecce Homo), è Gesù presentato al popolo da Pilato. La simbologia del Vattiente è

ulteriormente avallata da una delle tante Confessioni di Santa Brigida, conclamante che Gesù fu flagellato

alla Colonna da BENDATO ed infatti, qualcuno lo attua ancora oggi, come già cennato, anticamente i

Vattienti si flagellavano col volto bendato, così come lo si nota dalle poche foto del 1900 custodite presso la

Pro Loco.

Pasqua a Verbicaro: Il Rito dei Flagellanti

Nel bacino del Mediterraneo, in vari paesi, vengono praticati riti del sangue come espressione di credo

religioso. Alcuni di essi sono simbolici, altri hanno una pratica reale. In Calabria tali eventi si svolgono in due

località: a Nocera Terinese (CZ) nella serata del Venerdì Santo e nella mattinata del Sabato Santo, e a

Verbicaro (CS) alla mezzanotte del Giovedì Santo.

I due riti, che possono apparire identici, in realtà divergono in vari aspetti. Se è concessa una similitudine

sono come prosa e poesia che appaiono due insiemi di parole, ma sappiamo bene la differenza.

Tra il pomeriggio del Giovedì Santo e la susseguente mattinata del Venerdì si svolgono i maggiori riti

pasquali di Verbicaro. In questa pagina viene raccontato e mostrato il rito dei Vattienti ricorso tra la

mezzanotte di Giovedì 17 e Venerdì 18 aprile 2014.

Nel pomeriggio (alle ore 16) e in serata (alle ore 20) sono state replicate le liturgie dell’Ultima Cena e della

Lavanda dei piedi in due diverse chiese.

Alle ore 22 circa si sono tenuti i due banchetti che anticipano e introducono l’uscita dei Flagellanti.

Quest’anno sono stati composti due gruppi di Vattienti formati da 4 persone ciascuno.

Per tradizione i ritrovi conviviali corrispondono, in numero, ai gruppi di Vattienti che usciranno. Poco prima

della mezzanotte nei catoj (*) dei ritrovi arrivano i Vattienti di riferimento che completano le operazioni di

eccitazione ematica degli arti inferiori (avviate in altri locali) fino al sanguinamento e si avviano per le strade

del paese per circa un’ora.

A differenza di Nocera Terinese ove molti Vattienti girano da soli (naturalmente con l'Ecce-Homo) e qualche

volta in gruppi numerosi, a Verbicaro si gira in piccoli gruppi (abitualmente in quattro o sei). Si differenziano

anche per l’abbigliamento; hanno in comune lo strumento di percussione detto cardillo a Verbicaro e cardo

a Nocera.

A Verbicaro, restando in gruppo, percorrono il tragitto cittadino tre volte. L’uscita pubblica si conclude nel

vecchio lavatoio pubblico per il lavaggio degli arti flagellati.

I punti di maggiore esternazione della flagellazione sono le chiese, restando sulla porta.

Due dei Vattienti avanzano, s’inginocchiano sulla soglia, fissano l’altare protendendo mani e braccia come a

cercare un contatto; segue la flagellazione della parte superiore delle cosce favorite al sanguinamento per

la postura in tensione; ciò per la durata di circa due minuti.

Nel frattempo gli altri due restano indietro di qualche metro, con atteggiamento compunto, con la mano

vuota afferrano il dorso della mano occupata dal cardo, si chinano leggermente verso l’altare, e si muovono

avanti e indietro con passetti brevissimi.

Ne segue un'alternanza di posizione delle due coppie e un successivo indietreggiando del gruppo con testa

china e figura volta alla chiesa per alcuni metri.

Oltre alle chiese i punti di flagellazione sono calvari, altarini, edicole votive e punti di particolare significato

sociale e personale.

La quasi totalità degli astanti arrivati a Verbicaro per assistere al rito si ferma davanti alle chiese in attesa

del triplice passaggio dei gruppi.

E’ risultato personalmente utile andar dietro ad un gruppo per un intero giro del paese.

I contenuti propri di questo evento assumono un rilievo ancor più forte nella straordinaria struttura

architettonica delle innumerevoli scale esterne del borgo.

La flagellazione in piedi è variegata ed è collaborata, quando occorre, dal portatore del vino che a volte

versa il liquido sugli arti sanguinanti, altre volte (su richiesta del Vattiente) si riempie la bocca di vino e lo

spruzza con veemenza sulle cosce flagellate.

Lungo il percorso può verificarsi che, per un breve tratto, i Vattienti si disperdano per battersi in

determinati punti che hanno una valenza personale. Su alcuni muri lasciano l’impronta della mano cosparsa

di sangue.

A sostegno del grande sforzo fisico profuso è allestito lungo il tragitto un piccolo banchetto con

disponibilità di bevande: the, aranciata, e simili che in pochi secondi assumono riprendendo

immediatamente il cammino.

Il battersi in determinati punti con valenza personale mi ha fatto associare tale contesto al canto della

Ninna di Natale di Amantea che in passato i cantori dedicavano (al mattino prestissimo), sotto il balcone, ad

una famiglia coinvolta in qualche particolare situazione.

L’uscita dei vattienti si conclude nel lavatoio pubblico (non più in uso ovviamente) ove si evidenziano le

condizioni degli arti flagellati e la gran quantità di sangue intrisa sulle carni.

Nelle operazioni di lavaggio sono aiutati da qualche congiunto davanti ad una folla di curiosi e operatori

mediatici. Seguono in locali privati, nella riservatezza del caso, le ulteriori fasi di trattamento igienico-

sanitario.

Cala il silenzio sui Vattienti.

L’orologio segna qualche minuto oltre l’una di notte, ancora due ore e inizierà la processione

notturna dell’Addolorata e dei misteri che dalle ore tre alle otto del mattino coinvolgerà gran parte del

paese a rappresentare un altro spaccato tra religione, tradizione e cultura popolare di notevole rilievo.

il Catoijo (detto anche “catuvu”) è un vecchio locale deposito, cantina, ripostiglio nel quale vengono

accatastate cose vecchie e arnesi per usi occasionali; vi trovano posto anche il vino e le riserve alimentari.

SIGNIFICATO E SPIEGAZIONE ANTROPOLOGICA:

La prima spiegazione che si da a questa antica tradizione riguarda l’Inversione di genere, cioè gli uomini si

flagellano per perdere del sangue, cosa che invece alle donne succede naturalmente col ciclo mestruale, poi

si collegano all’ombelico dell’ Ecce Homo per impossessarsi in qualche modo del potere femminile di essere

in grado di procreare, le donne invece durante il rituale si occupano di uno dei ruoli che fin dall’antichità

era un ruolo degli uomini e cioè coltivare in questo caso i famosi Lavureddi detti anche sepolcri o Giardini di

Adone nell’antica Grecia.

I LAVUREDDI

Nel libro sacro dello zoroastrismo, Zarathustra proclama: «Chi semina il grano edifica l’ordine». Il nome che

i contadini di Marineo danno al campo di frumento è lavuri. I lavureddi sono, quindi, piccoli campi di grano,

di lavoro e di ordine.

Vengono realizzati per adornare la scalinata dell’Altare della reposizione (comunemente detto del Santo

Sepolcro), all’interno della chiesa Madre. Il frumento viene seminato dai devoti nella stoppa umida proprio

in queste ore, per essere tenuto al buio all'interno delle proprie abitazioni fino alla Settimana Santa. Sono i

confrati della confraternita del Santissimo Sacramento ad allestire la caratteristica Scala Illuminata

addobbata con rami d’ulivo e fiori. Al centro della chiesa vengono sistemati un centinaio di piatti

germogliati portati dalle famiglie e dagli alunni delle scuole. Attraverso una scala, gli angeli di Dio salgono e

scendono nel sogno biblico di Giacobbe. La scala dei lavureddi serve, quindi, a favorire un contatto con

l’aldilà, e a propiziare ritualmente l'innalzarsi delle messi, trattandosi di una forma di pensiero per analogie.

Si tratta della tradizione legata alla Settimana Santa più ricca di simboli ancestrali, che affonda le radici in

tempi molto remoti, antecedenti alla stessa venuta di Gesù. Nell’antichità i devoti di Adone,

all'approssimarsi della primavera seminavano in contenitori di terracotta chicchi di grano, che facevano

germogliare in assenza di luce. Con queste nuove piantine ornavano, nei giorni antecedenti l'equinozio di

primavera, il sepolcro della loro divinità, il giardino di Adone, propiziandone la resurrezione.

Nel caso invece della settimana santa in Calabria nei paesi in cui si esegue il rito del Vattienti, i Lavureddi

vengono preparati per adornare la statua della Pietà davanti la quale i Flagellanti compiranno il rito della

flagellazione. Questi Giardini segnano in qualche modo la morte e la rinascita tipica di Gesù Cristo che

muore e rinasce.

SAN GENNARO

San Gennaro (cui nome era Janauro, derivante dalla jens Januaria dedita al culto del Dio Giano) nasce nel 3

secolo d.C e molto presto rimane orfano di madre e viene allevato da Eusebia, la sua balia, e affidato dal

padre a un guardiano di porci. Qui conosce un eremita lo educherà alla vita cristiana.dell’infanzia abbiamo

poche fonti, infatti, lo ritroviamo vescovo di Benevento durante le persecuzioni di Diocleziano. Mentre va a

far visita al diacono Sosio, insieme a Festo e Desiderio, viene riconosciuto cristiano e per tal motivo

imprigionato. Fu dapprima obbligato a offrire sacrifici agli dei, ma rifiutò proclamando un grande atto di

fede. Ciò gli valse le torture e sevizie, in seguito fu costretto a lottare contro gli orsi venendo infine

decapitato sotto gli occhi della sua nutrice il 19 settembre 305 a Pozzuoli. Il fenomeno della liquefazione

avviene in 3 periodo specifici: la prima domenica di maggio ( si ricorda la 1 traslazione delle reliquie da

Pozzuoli a Napoli) il 19 settembre (giorno del martirio) e il 16 dicembre ( si ricorda l’eruzione del Vesuvio del

1631 che secondo le credenze popolari sia stata fermata per intercessione del santo). Tale fenomeno viene

definito fatto mirabolante e no miracolo. Ciò deriva da un esperimento e non si pronuncia sulla liquefazione,

non definendolo miracolo perché esso presuppone una trascendenza sia dall’ambito religioso sia da quello

scientifico. La liquefazione avviene solo se le ampolle dove sono presenti i grumi si trovano vicino la testa del

santo e nella processione devono essere compresenti. Se la grazia tarda ad arrivare le parenti (discendenti

da Eusebia, in menopausa) lanciano preghiere o insulti, e sono chiamate così in riferimento al ciclo

mestruale (al sud Italia il ciclo viene chiamato infatti parenti o cose) le parenti danno al Santo vari epiteti tra

cui faccia gialla che è dovuto al malessere (le donne irascibili per il ciclo vengono definite faccia gialla).

Su San Gennaro ,Caravaggio fece un dipinto in cui è racchiuso tutto ciò che riguarda il santo. Altro

fenomeno importante ma che non viene più e la liquefazione del latte della vergine gloriosa di Pozzuoli.

Tutto l’anno il latte si trova in stato solido ma la notte tra il 14 e 15 agosto diventa liquido. Quindi questi

due fluidi sono manipolati in funzione rituale. Sempre a Pozzuoli è ancora presente la pietra su cui San

Gennaro è stato decapitato e il 19 settembre le macchie di sangue presenti su di essa diventano di Rosso

Vivo.

Il significato antropologico è probabilmente quello di far risalire alla figura di San Gennaro un personaggio a

carattere androgino dalla doppia natura sessuale, quasi affemminata che può dunque ricollegarsi al ciclo

mestruale.

LE OSSA DEI MORTI

-COSE MORTE-

L’argomento trattato in questo capitolo conclusivo del libro è la festa dei morti in Sicilia. Le caratteristiche

di questa festa sono in grado di riassumere la funzione dei fluidi in cornici culturali del Sud Italia. La festa

dei morti, viene celebrata anche in altri paesi del sud Italia, che condividono con la Sicilia gli stessi sistemi

di credenze. In molti paesi della Sicilia, i bambini ricevono regali non solo a Natale o per l’Epifania (non solo

da Babbo Natale o dalla Befana), ma anche in occasione dell’apertura delle feste del ciclo invernale, il

giorno della commemorazione dei defunti, il due di Novembre. I doni ricevuti in questa occasione, sono

chiamati: i cosi di morti ( le cose dei morti), perché i genitori fanno credere ai loro bambini, che a portare i

doni siano i parenti defunti più intimi, nella notte tra il primo e il due di novembre. Al mattino, i bambini

trovano oltre ai giocattoli, anche frutta fresca o secca, torte, abiti, materiale scolastico ed a volte anche un

paio di centesimi. Le cose dei morti, venivano nascoste in casa per i bambini, che al mattino

intraprendevano la loro ricerca. I regali venivano posti in un cestino, in scarpe lasciate ai piedi del letto, o in

vassoi posti sul tavolo. Pratica nota ovunque in Sicilia, che rispecchia l’atmosfera gioiosa, è l’aspettativa dei

bambini e il rapporto di fiducia che questi istaurano con i morti, attraverso i doni che si aspettano da loro. I

bambini irrequieti e speranzosi, vanno a letto presto e prima di addormentarsi rivolgono delle preghiere ai

defunti, affinchè questi non facciano orecchie da mercante. La preghiera fanciullesca è questa:

«Armi santi, armi santi,

iu sugnu unu e vuatri siti tanti,

mentri ca sugnu nta stu munnu di guai

cosi di morti mittitiminni assai.»(pag 152)

Tra i dolci e i pasticcini è sempre presente una Bambola di Zucchero (pupacciena, pupa cu ll’anchi torti, pupi

ri zuccaru).

- La tipologia dei pupi è varia ed è anche legata al gusto, al costume e alle vicende del tempo: i

personaggi più comuni sono ancor oggi i paladini del teatro popolare, ma si trovano anche degli

sposi in abito nuziale, bambini abbracciati in una barchetta a vela, bersaglieri, galletti, ceste con

fiori, clowns e alcune figurine come damine e coppie danzanti.

Oltre alla bambola di zucchero, vi sono anche: piccoli rami o altre torte a base di miele, frutta di marzapane

(o a frutta marturana) e biscotti a pasta particolarmente dura, con un forte odore di chiodi di garofano,

che in diversi luoghi della Sicilia vengono chiamati OSSA: “ ossa di morti”, “muscardini”, “mustazzoli”,

“scardini”, “nucàtuli”, “carcagneddi” e “crozza di morti”.

Questi biscotti sono costituiti da due parti di diversa consistenza, forma e colore, risultanti dalla amalgama

di zucchero e farina. La parte che fa da base è irregolare ed è composta da zucchero caramellato ed è piena

e rossastra; la parte superiore è composta da farina, ha una forma cilindrica o a diamante , è bianca e

rappresenta un osso cavo. Questa parte, ovvero “l’osso vero e proprio” , a volte, viene realizzata con l’uso

di stampini, per ottenere così immagini religiose, floreali e immagini di scheletri, tibie e teschi.

- Queste ossa, oltre che dai vari dolcieri, vengono preparati anche dai turrunara (coloro che

preparano il torrone).Si tenga presente che in alcuni paesi queste ossa vengono preparate per altre

ricorrenze, per esempio per l’Immacolata a Palermo e altrove, mentre a Noto e a Palazzo Acreide

vengono eseguite soprattutto per Natale.

Altrettanto comune alla preparazione di dolci, è la preparazione di altri cibi che vengono lasciati a

disposizione dei morti all’ingresso della casa o su un tavolo. Questi cibi, vengono mangiati il giorno

successivo da un povero, che rappresenta i morti. Nei paesi in provincia di Agrigento , si lasciano anche

delle candele all’ingresso delle case, o sui balconi, per illuminare il cammino dei morti.

In altre parole, si stabilisce un canale di comunicazione simbolica che permette, attraverso lo scambio di

particolari prodotti alimentari, il ritorno dei morti sulla terra. E’ corrente infatti, l’espressione: “cc’è

cciavuru ri muorti” ( si sente l’odore dei morti quando portano i doni ai bambini).

Fino a poco tempo fa, era consuetudine per esempio, consumare il due di Novembre, sulle tombe dei

propri morti, un pasto,( spesso di fave e un piccolo pane ripieno di formaggio, olio d’oliva e acciughe) e nel

frattempo si “discuteva con il caro defunto”, mettendolo a conoscenza di tutti gli eventi familiari più

importanti che si erano verificati durante tutto l’anno. I morti in taluni casi , diventano essi stessi cibo per i

bambini, fino alla loro pubertà; l’espressione «mangiare i morti», indica proprio il consumo di questi doni

alimentari portati dai morti. E’ solo all’età di 12-13 anni, che i genitori rivelano ai loro figli , che i “morti

portati” sono persone viventi (vale a dire i genitori) e non i defunti. Così, finchè i bambini non rientrano nel

ciclo fecondo, la loro condizione viene espressa utilizzando un richiamo che trasforma in un giorno

all’anno, i vivi in morti e viceversa. Le ossa sono il cuore, per così dire, di questa manipolazione

simbolica del rapporto tra i vivi e i morti.

-LA PROCESSIONE DEI MORTI-

Un racconto sulla messa per i morti raccolto a Camastra, in provincia di Agrigento, articola in modo

emblematico, i due codici: il cibo e il corpo , in cui le ossa si caricano di una funzione simbolica.

Una donna, al suono delle campane si reca in chiesa insieme al suo bambino, per seguire la messa. La

chiesa era affollata. Siedono alle prime file, accanto ad una anziana signora, che dona al bambino che

piange, un tarallo, cioè una frittella a forma di corona, per consolarlo. La messa si conclude, la madre del

bambino si volta e vede che la chiesa, stranamente era vuota. Capisce dunque, che nel luogo si era svolta la

messa per i defunti (cioè fatta da morti) e il tarallo che l’anziana aveva donato al bambino, era un

osso.(mangiare il tarallo era come succhiare un osso).

In un altro piccolo paese della provincia di Agrigento, Realmonte, si racconta che un fanciullo orfano ,

desideroso d’incontrare i suoi genitori, li cerca durante la processione dei morti. Ad ogni corpo/defunto

che incontrava, domandava: non arrivano mio padre e mia madre? E i morti gli rispondevano: Dietro,

dietro! I morti erano tanti che il povero orfanello non ne poteva più, e scoppiò in lacrime, fino a quando

arrivarono i suoi genitori che lo consolarono regalandogli dolci. Suo padre gli donò anche una candela , che

nei giorni seguenti risultò essere delle piccole ossa della mano.

- Da questa storiella ripete la sua origine una frase proverbiale: Veni me patri?- Appressu. Che si suol

dire, quando si attende una persona che non giunge mai.

I racconti conducono in due direzioni opposte e complementari ,adottate dalla morte: 1) i morti tornano

sulla terra per consumare una vendetta, soprattutto se sono stati uccisi. 2) oppure tornano per rinnovare

il loro rapporto con la vita, come nel caso qui analizzato.

Questi racconti sono pieni di segni, e il carattere benefico o molto dannoso del ritorno dei morti sulla terra,

dipende dal comportamento e le azioni dei vivi. I morti non dovrebbero incontrare ostacoli sulla loro strada

e nemmeno vita.

Nel loro corteo, viaggio, i morti seguono quest’ordine: vanno prima coloro che morirono di morte naturale,

poi i giustiziati, indi i disgraziati, cioè i morti per disgrazia loro incolta, i morti di subito, cioè

repentinamente, e via di questo passo. A Casteltermini invece, il viaggio è ogni sette anni , e i morti lo

fanno attorno al paese, lungo le vie che devono percorrere le processioni solenni. E ‘ durante il loro

passaggio appunto, che lasciano i loro regali ai fanciulli buoni.

I genitori diventano “i morti” che portano i doni ai loro figli, mentre i fantasmi sfilano lungo un percorso

canonico che include quasi sempre quello della Via Santa e il cimitero, il calvario o la chiesa.

-SOSTANZA OSSEA-

Il consumo di ossa di questo tipo, sottoforma di biscotti o pane è noto anche in altre regioni italiane, come:

il Piemonte, il Veneto, il Friuli, l’Umbria, la Calabria e la Puglia ( a Lecce sono chiamati “Fanfullicchi”, oppure

“ossa dei morti” ; sono biscotti a forma di elica che i genitori acquistano il due di Novembre per i bambini,

all’uscita dal cimitero), ma anche in Spagna e addirittura in Messico.

In Sicilia, come altrove si dice che il seme , origine della vita si trovi incapsulato nelle ossa. Pitrè riporta la

convinzione che in Sicilia il liquido seminale circoli lungo le ossa della schiena fino al midollo, quindi, circoli

attraverso la colonna vertebrale, dalla testa al fallo. Anche Leonardo Da Vinci condivideva questa teoria, al

punto tale da disegnare il percorso del seme , che immagazzinato nella testa scende fino al pene lungo la

colonna vertebrale, in un lento deflusso, che diventa brusco nel momento dell’atto sessuale “svuotando”

l’uomo della sua sostanza. Come se la capacità dell’uomo di procreare corrispondesse alla sua capacità

intellettuale.

Molti costumi, soprattutto alimentari, potrebbero svelare il loro significato più profondo dalla teoria di

consanguinità agnatica (consanguinité agnatique) , teoria che risale alla “Generazione degli animali” di

Aristotele, il cui sperma è veicolo di sangue. I padri si rivolgono spesso ai loro figli, usando le espressioni:

“sangu du me sangu”, o “sangu miu”. Sangue e sperma sono permeabili tra loro e formano un’area

semantica comune, che spiega anche la funzione simbolica della materia rossastra e ossea , delle “ossa dei

morti”. A livello popolare, l’ipotesi era che la base rossastra simboleggiasse una bara, con consistenza piena

e dura, mentre la parte bianca, che rappresenta l’osso, rimane vuota. Nei paesi attorno Agrigento, le ossa

dei morti, sono chiamate “carcagneddi”( piccoli talloni), in cui la parte rossastra rappresenta la carne. Si

rinvia all’opposizione ossa/carne, associati rispettivamente ai termini oppositivi maschio/femmina.

Ai bambini, che non potevano vedere i morti, si ricordava di coprire con attenzione la testa e gli occhi, in

modo da non impaurirsi alla visione del morto , ne tantomeno dispiacere il defunto e i piedi nel momento

in cui si mettono a letto, e si diceva loro che altrimenti: “lI morti vennu e ti grattanu li pedi” o te li

solleticano. Ecco perché la notte dei morti, in casa si nascondevano tutte le grattugie, per evitare che i

morti potessero grattare i piedi ai bambini. Il limite fisiologico della pubertà non è banale, da quel

momento i bambini ricevono dalla natura ciò che il morto fino a quel momento gli donava simbolicamente

con le loro ossa trasformati in biscotti. E’ durante la pubertà che la divulgazione del “segreto”, permetterà

ai bambini di passare dal mondo dei morti a quello dei vivi.

-LA MORTE PRIMA DELLA VITA-

Se vero che c’è vita dopo la morte, che viene sottilmente a contrastare la certezza angosciosa della morte

dopo la vita, è anche vero che il periodo prima della vita riproduttiva è simbolicamente associata in molte

delle società umane, alla morte. Durante la notte dei morti, tutti simbolicamente devono morire, compresi

i bambini. Antonino Buttitta, ha una duplice spiegazione per identificare i bambini con la morte: in primo

luogo , stabilisce l’equivalenza con il seme, quindi crea una correlazione con il ciclo vegetale; in secondo

luogo , si riporta questa identificazione con i riti iniziatici. Per raggiungere condizione di adulti, i bambini

devono dunque simbolicamente morire. E proprio la sepoltura simbolica dei bambini siciliani sotto le

coperte, connota il valore del gioco rispetto alla morte.

Quando si avvicina la festa, i bambini cercano chi dovrà andare a parlare ai morti in favor loro; e se non

stanno buoni si “minacciano” che non sarà fatta nessuna raccomandazione, non si parlerà ai morti. Per lo

più promette di andare a parlare ai morti, chi ha intenzione di fare dei regali ai bambini; così si spiega il

proverbio sulla festa dei morti: “Si nun vennu li morti, nun caminanu li vivi” ovvero “Vennu li morti pri

caminari li vivi”.

Vi è anche l’usanza che un giovane debba aspettare la festa dei morti per dare alla sua futura moglie

l’anello di fidanzamento, nascosto in un cestino di frutta di marzapane in modo che lei lo trovi al momento

giusto. La sposa è promessa in presenza di una famiglia più allargata, che comprende anche i morti, che si

suppone essere all’origine del dono dell’alleanza. La fiducia da parte del morto, acquisisce in modo

simbolico e inconscio, il ruolo di alimentatore-procreatore che tornerà concretamente dopo il matrimonio.

In conclusione, la riflessione della festa dei morti rievoca il trattamento delle ossa dei vinti e dei loro

antenati dell’antica Masopotamia. Assurbanipal, a Nippur aveva ucciso il governatore e nascosto le sue

ossa. Distruggendo le ossa dei vinti, si distrugge la loro storia passata e futura. Si rivela inoltre, che in

Mesopotamia, le ossa dei morti, anche se sottoterra, nella tomba, continuano a vivere, ed essere in una

sorta di cordone ombelicale legati al gruppo familiare o etnia, condividendo lo stesso destino.

Nelle ossa vi è il principio della trasmissione ininterrotta della vita. E’ questa la logica che vi è in Sicilia per

quanto riguarda l’uso simbolico delle ossa dei cari genitori defunti , in occasione della festa d morti.