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Il mio Bosch Così il bene batte il male di MICHAEL CONNELLY N on sono mai stato un bravo studente. Ero svogliato e, se allora fosse esistita una de- finizione del genere, il mio comportamento sarebbe stato diagnosticato come sindrome da deficit di attenzione. Spesso marinavo la scuola o arrivavo inritardoalle lezio- ni. Preferivo leggere i romanzi polizie- schi di Chandler e Hammett che i clas- sici di autori come Melville e Joyce, così come preferivo guardare i film noir piuttosto che fare i compiti. Quando cominciai a frequentare l'università della Florida me la cavai per il rotto deUa cuffia. Fui sospeso, reintegrato, posto in libertà vigilata. Capitava solo di rado che un argomen- to trattato in uno dei corsi mi facesse alzare la testa e catturasse la mia atten- zione. Una delle rare volte in cui questo accadde fu durante un corso di studi umanistici a cui mi ero iscritto solo perché pareva estremamente facile, tanto da farmi pensare che sarei riusci- to a ottenere quel voto alto che avrebbe potuto migliorare la mia media sca- dente, evitandomi di essere buttato mori. L'argomento era il Fdnascimento ita- liano, con un focus particolare su Mi- chelangelo e gli straordinari risultati che l'artista aveva ottenuto sia nella pit- tura che nella scultura prima dei tren- t'anni. D suo lavoro celebrava la bellez- za e la meraviglia della vita e della fede. Michelangelo è stato il faro che ha illu- minato il periodo tra la fine del XV e la prima metà del XVI secolo a Firenze e a Roma. La sua opera è stata caratteriz- zata da forme umane eroiche, uomini e donne dai corpi perfetti che si schie- ravano coraggiosamente contro il ma- le. Per contrasto, ci disse il professore, nel Nord Europa il clima culturale era diverso. La visione del mondo era più buia. Nel periodo in cui Michelangelo scolpiva il David, forse la sua opera più bella e duratura, un pittore fiammingo di nome Hieronymus Bosch creava un trittico dallo stile inconfondibile, Il PIEMME

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Il mio Bosch Così il bene batte il male

di MICHAEL CONNELLY

N on sono mai stato un bravo studente. Ero svogliato e, se allora fosse esistita una de­finizione del genere, il mio comportamento sarebbe

stato diagnosticato come sindrome da deficit di attenzione. Spesso marinavo la scuola o arrivavo in ritardo alle lezio­ni. Preferivo leggere i romanzi polizie­schi di Chandler e Hammett che i clas­sici di autori come Melville e Joyce, così come preferivo guardare i film noir piuttosto che fare i compiti.

Quando cominciai a frequentare l'università della Florida me la cavai per il rotto deUa cuffia. Fui sospeso, reintegrato, posto in libertà vigilata. Capitava solo di rado che un argomen­to trattato in uno dei corsi mi facesse alzare la testa e catturasse la mia atten­zione. Una delle rare volte in cui questo accadde fu durante un corso di studi umanistici a cui mi ero iscritto solo perché pareva estremamente facile, tanto da farmi pensare che sarei riusci­to a ottenere quel voto alto che avrebbe potuto migliorare la mia media sca­dente, evitandomi di essere buttato

mori. L'argomento era il Fdnascimento ita­

liano, con un focus particolare su Mi­chelangelo e gli straordinari risultati che l'artista aveva ottenuto sia nella pit­tura che nella scultura prima dei tren-t'anni. D suo lavoro celebrava la bellez­za e la meraviglia della vita e della fede. Michelangelo è stato il faro che ha illu­minato il periodo tra la fine del XV e la prima metà del XVI secolo a Firenze e a Roma. La sua opera è stata caratteriz­zata da forme umane eroiche, uomini e donne dai corpi perfetti che si schie­ravano coraggiosamente contro il ma­le.

Per contrasto, ci disse il professore, nel Nord Europa il clima culturale era diverso. La visione del mondo era più buia. Nel periodo in cui Michelangelo scolpiva il David, forse la sua opera più bella e duratura, un pittore fiammingo di nome Hieronymus Bosch creava un trittico dallo stile inconfondibile, Il

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giardino delle delizie, che avrebbe la­sciato un segno importante nel mondo dell'arte.

L'opera di Bosch esprimeva 0 caos e l'oscurità: le conseguenze del peccato, la perdita della grazia, le sofferenze che patiscono gli uomini in questa vita e nell'aldilà.

Quando il professore iniziò a proiet­tare alcune diapositive delle opere di Bosch sullo schermo della classe, mi raddrizzai, improvvisamente attento. Ehi, aspetto un attimo, e questo cos'è?, pensai, decisamente catturato. Mi chiesi quale animo perverso avesse creato quelle immagini terribili, quelle diaboliche torture. Quali pensieri si erano inseguiti nella mente dell'artista per dare origine a quelle immagini?

Il contrasto tra i portatori di luce e chi invece rappresentava l'oscurità mi sarebbe rimasto impresso. Ai miei oc­chi riguardava le scelte che facciamo e i sentieri che decidiamo di percorrere. H mondo di Michelangelo celebrava la luce, in quello di Bosch la luce era spa­rita.

t Il desiderio di diventare un narratore

nacque più o meno contemporanea­mente alla mia fascinazione per Hie-ronymus Bosch. Decisi che volevo fare lo scrittore e che quello di cui volevo

parlare era proprio quel contrasto tra luce e buio. Più precisamente, volevo scrivere il tipo di storie che amavo leg­gere. I romanzi polizieschi, i thriller. Storie di uomini che si calano negli

abissi della depravazione e dell'abbrut-timento, che danno la caccia agli assas­sini e ai torturatori, che sanno trovare la luce smarrita nell'oscurità.

H problema era come arrivarci. Non avevo alcuna esperienza del mondo del crimine e di chi lo contrasta, tranne per un'unica notte passata in una sta­zione di polizia in quanto testimone marginale di un reato. Avevo visto un uomo nascondere una pistola. Se vole­vo scrivere del lato oscuro dell'umani­tà, dovevo trovare il modo di conoscer­lo.

Pensai che forse l'unico sistema era quello di ottenere un accredito stampa e quindi, dopo sei anni di college, mi laureai in giornalismo e iniziai a occu­parmi di cronaca nera. Nei dieci anni successivi scrissi di poliziotti, di killer, di vittime. Mi occupai di ogni tipo di crimine, dai serial killer che agivano spostandosi da un luogo all'altro, alle guerre tra bande per la droga, ai più

atroci delitti passionali. Scrissi di omi­cidi commessi in due zone dove la vio­lenza sembrava all'ordine del giorno ma era spesso caratterizzata da aspetti insoliti: la Florida meridionale e il Sud della California. Se un omicidio aveva qualche elemento di bizzarria, era sempre lì che veniva commesso.

*r n bagaglio di esperienza che conqui­

stai servì a prepararmi per l'obiettivo che mi ero prefissato: quello di scrivere romanzi polizieschi. Raggiunti i tren-t'anni mi sentii pronto a raccogliere la sfida. Ne scrissi due e li buttai. Non

erano all'altezza di essere pubblicati, ma il secondo era meglio del primo ed era questo che contava. Stavo imparan­do.

Con il terzo avvenne la magia. Allora vivevo a Los Angeles e decisi che la qualità più importante del mio prota­gonista doveva essere quella di saper interpretare alla perfezione una scena del crimine. Sarebbe arrivato sul luogo dove era stata sottratta una vita e non solo avrebbe capito quello che era suc­cesso, ma avrebbe trovato in sé la de­terminazione e la rabbia per impe­gnarsi in una caccia senza tregua al col­pevole.

Riflettei a lungo su come chiamare il mio detective, n nome era importante perché era come una finestra aperta sulla sua anima. Non solo, ma doveva indicare chiaramente che era un porta­tore di luce in un mondo di tenebre.

A un tratto tornai con la memoria agli anni del college e alla classe dove avevo visto proiettate suUo schermo quelle immagini di caos e di sventura. Dopo tutto, che cos'è una scena del cri­mine se non la raffigurazione immobi­le di una violenza ormai passata, la conseguenza di un mondo impazzito, dove, nella battaglia tra il bene e il ma­le ha vinto il male? Ci vuole un uomo buono e giusto per capire il male. Ci vuole un uomo coraggioso per sfidare gli abissi e portare la luce nell'oscurità.

A quel punto capii come si sarebbe chiamato il mio detective. Si sarebbe chiamato Hieronymus Bosch.

(traduzione di Mariagiulia Castagnone)

•?• RIPRODIIZIONE RISERVATA

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A scuola Michael Connelly non è un granché: svogliato, si presenta in ritardo o non si presenta affatto. All'università va anche peggio: è sospeso, reintegrato, messo in libertà vigilata Poi un giorno si iscrive a un corso di studi su Michelangelo, la luce del Rinascimento. E scopre che nell'Europa del Nord, un pittore fiammingo di nome Hieronymus Bosch racconta il caos e la disgrazia, il peccato e l'abisso. Il buio. Quando Connelly decide di fare lo scrittore di gialli non fatica a trovare il nome del suo detective: Hieronymus Bosch detto Harry. Solo chi conosce il male sa come affrontarlo

l

La serie Il detective Hieronymus Bosch è il protagonista dell'omonima

serie tv che Premium Crime sta mandando in onda dal 24 febbraio, tutti i mercoledì per

dieci settimane in prima serata (ore 21.10). La serie è

basata su tre romanzi pubblicati da Piemme con il marchio tascabile Pickwick:

dall'8 marzo i tre romanzi saranno in vendita in un volume intitolato Bosch

(traduzioni di Gianni Montanari per La bionda

di cemento, Mariagiulia Castagnone per La città

delle ossa, Stefano Tettamanti per /( cerchio del lupo,

pagine 912, €19,90) L'autore

Michael Connelly (1956), uno dei maestri della crime fiction,

è autore di una ventina di romanzi con protagonista

Harry Bosch, detective della poliziadiLosAngels.il

prossimo titolo, La stanza brucia, uscirà il 10 maggio

L'anniversario Hieronymus Bosch è nato a

's-Hertogenbosch (Paesi Bassi) il 2 ottobre 1453 e qui

è morto il 9 agosto 1516: per il cinquecentesimo

della morte la sua città natale gli ha dedicato una mostra (Hieronymus Bosch. Visions

ofa Genius) al Noordbrabants Museum fino all'8 maggio

(www.bosch500.nl). Qui sopra: il pannello centrale

del Trittico di Haywain (1500-02, El Escoriai); a destra: un particolare

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