il popolo veneto n°20 - 2011

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Fondato nel 1921 n.20 Fondato nel 1921 n.20 Fondato nel 1921 n.20 Fondato nel 1921 n.20/2011 www.ilpopoloveneto.blogspot.com /2011 www.ilpopoloveneto.blogspot.com /2011 www.ilpopoloveneto.blogspot.com /2011 www.ilpopoloveneto.blogspot.com Direttore Emanuele Bellato Direttore Emanuele Bellato Direttore Emanuele Bellato Direttore Emanuele Bellato .LA NOTTE DELLA REPUBBLICA. di Francesco Toscano Sono passati 19 anni esatti dall’eccidio di Capaci nel quale persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. L’Italia non è più quella di allora, tutto è cambiato. Gli impresari dell’epoca oggi fanno i politici e la politica tutta è ridotta a triste cabaret. La morte di Falcone turbò le coscienze dei giusti e quel sangue servì, specie in Sicilia, per dare il via alla riscossa sociale e civile di un popolo, quello siciliano, che trovò su quei corpi straziati la forza di ribellarsi al giogo mafioso e alle sue regole perverse. Ma la domanda è un’altra. Al netto della retorica, delle parate e delle frasi fatte, chi ha per davvero raccolto gli insegnamenti testimoniati in vita dal giudice Falcone? Pochi, o forse nessuno. Fa inorridire pensare, a quasi un ventennio dalle stragi, il limbo nel quale la verità vera è rimasta incagliata. Nonostante una miriade di pentiti e una palesata unità d’intenti tra le forze politiche

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Fondato nel 1921 n.20Fondato nel 1921 n.20Fondato nel 1921 n.20Fondato nel 1921 n.20/2011 www.ilpopoloveneto.blogspot.com/2011 www.ilpopoloveneto.blogspot.com/2011 www.ilpopoloveneto.blogspot.com/2011 www.ilpopoloveneto.blogspot.com Direttore Emanuele Bellato Direttore Emanuele Bellato Direttore Emanuele Bellato Direttore Emanuele Bellato

.LA NOTTE DELLA REPUBBLICA.

di Francesco Toscano

Sono passati 19 anni esatti dall’eccidio di Capaci nel quale persero la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. L’Italia non è più quella di allora, tutto è cambiato. Gli impresari dell’epoca oggi fanno i politici e la politica tutta è ridotta a triste cabaret. La morte di Falcone turbò le coscienze dei giusti e quel sangue servì, specie in Sicilia, per dare il via alla riscossa sociale e civile di un popolo, quello siciliano, che trovò su quei corpi straziati la forza di ribellarsi al giogo mafioso e alle sue regole perverse. Ma la domanda è un’altra. Al netto della retorica, delle parate e delle frasi fatte, chi ha per davvero raccolto gli insegnamenti testimoniati in vita dal giudice Falcone? Pochi, o forse nessuno. Fa inorridire pensare, a quasi un ventennio dalle stragi, il limbo nel quale la verità vera è rimasta incagliata. Nonostante una miriade di pentiti e una palesata unità d’intenti tra le forze politiche

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per rendere giustizia alle vittime attraverso la ricerca di tutti i responsabili, ancora oggi sembra di essere all’anno zero. Le procure continuano

ad indagare per scoprire i mandanti a volto coperto, così coperto che probabilmente non li scopriremo mai. A brandelli l’opinione pubblica viene messa al corrente di verità parziali, di indizi poco rassicuranti che svelano il dubbio atroce che in realtà, su quelle morti, troppi sciacalli abbiano costruito fulgide e istituzionali carriere politiche. Sconsolato mi domando: ma se anche dovessimo oggi comprendere e sapere le dinamiche più profonde che per una diabolica interpretazione delle “ragion di stato” portarono allo scientifico sacrifico di alcuni servitori delle istituzioni, questo servirebbe forse a lenire il dolore? Non credo, il dolore aumenterebbe. Perché una giustizia che arriva dopo vent’anni, quando ormai i frutti velenosi dei compromessi più indicibili sono stati tutti raccolti, farebbe solo aumentare la rabbia e i rimpianti. Ma ciononostante la verità va inseguita e pretesa comunque e ad ogni costo. Perché se i vili coccodrilli che hanno pianto e contemporaneamente seppellito il cadavere di Falcone e degli uomini della scorta sono riusciti a sfuggire al giudizio della cronaca, quello della storia non darà loro scampo. E la storia raramente si prostituisce sull’altare della forza.

(Francesco Toscano)

Giovanni Falcone (Palermo, 18 maggio 1939 - Palermo, 23 maggio 1992). Magistrato ucciso dalla mafia. Nella strage di Capaci persero la vita anche: Francesca Morvillo (moglie del giudice Falcone) e tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro.

“Si può benissimo avere una mentalità mafiosa senza essere un criminale”. Giovanni Falcone “Un uomo fa quello che è suo dovere fare, quali che siano le conseguenze personali, quali che siano gli ostacoli, i pericoli o le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana”. J. F. Kennedy

(citazione che Giovanni Falcone amava spesso ripetere) “A questa città vorrei dire: gli uomini passano, le idee restano, restano le loro tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini”. Giovanni Falcone “Non è retorico né provocatorio chiedersi quanti altri coraggiosi imprenditori e uomini delle istituzioni dovranno essere uccisi perché i problemi della criminalità organizzata siano finalmente affrontati in modo degno in un paese civile”. Giovanni Falcone “Il coraggioso muore una volta, il codardo cento volte al giorno”. Giovanni Falcone

“Hanno chiuso cinque bocche, ma ne hanno aperte cinquanta milioni”. Maria Falcone

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> Politica

Soffia, soffia …un vento nuovo La fine del “berlusconismo” è alle porte di Ivano Maddalena

Soffia, soffia… Un vento nuovo. Un vento leggero, non ancora gagliardo! Ma c’è. Si sente distintamente e ha cominciato a mostrare effetti inequivocabili sotto il cielo della politica italiana. Di tale vento le elezioni amministrative, nel loro primo turno, hanno mandato un segnale chiaro della sua cifra e portata. Il vento soffia e si sente, viene da lontano. Viene dal basso ed è segno della lotta e della resistenza che cominciano a raccogliere i primi frutti. Ma non basta. Troverà lungo la sua strada nuove energie? Incontrerà alleati e formerà una coalizione in grado di dare la spinta finale? La botta risolutiva? Quanto manca alla liberazione? Le sentinelle annunciano che la fine del berlusconismo è alle porte. Una settimana, due, un mese, poco di più. Passerà e alcuni profeti da tempo

l’annunciano e il popolo comincia a capire e a mettere in pratica. Soffia a Milano il vento nuovo e già da tempo qualcuno invitava a leggere i segni dei tempi. Penso al cardinale di Milano Dionigi Tettamanzi che, in una omelia in cattedrale, scriveva l’epitaffio sulla tomba del berlusconismo chiedendo: “Perché molti agiscono con ingiustizia, ma non vogliono che la giustizia giudichi le loro azioni?” Questo intervento dell’uomo di chiesa non è ingerenza, ma sana riflessione, risveglio delle coscienze per una politica che sia secondo verità, giustizia e bene comune. Tettamanzi è alla fine del suo mandato ormai. Difficile trovare il successore per certa gerarchia, anche se i proni al governo non mancano in campo ecclesiastico.

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IL POPOLO VENETO N.20/2011 PAG.4 A me piacerebbe leggere di Bregantini nuovo vescovo di Milano, ma se Berlusconi ha ancora grande influenza su Bertone e Bagnasco mi sa che non sarà così. Sognare non costa nulla però! I milanesi, non tutti a dire il vero, ma certamente quelli dotati di capacità autonoma di giudizio, hanno compreso il messaggio del loro vescovo ed agito di conseguenza alle urne il 15 e 16 maggio scorso. Siamo solo al primo round a Milano, Napoli e in altre città e province dove si vivrà il ballottaggio. Se da una parte soffia un vento nuovo, dall’altra parte la macchina del fango non ha certamente smesso di infangare e dividere. In questo secondo tempo della campagna elettorale in vista dei ballottaggi emergerà tutta la potenza di melma dei due alleati Moratti e Berlusconi; sono stati alleati politici in vista delle votazioni, si trasformeranno in alleati economici per tentare di vincere e recuperare quel seggio da dove si amministreranno gli appalti per l’Expo 2015, già da tempo nei progetti e programmi delle cosche camorriste, ‘ndrangheta e mafia. Se persone come Borrelli invitarono e invitano a: Resistere! Resistere! Resistere! Ci sarà un perché! Speriamo che la miriade di promesse che risuoneranno in maniera ossessiva, siano messe in ridicolo e non credute dai milanesi e non solo, pena la morte della giustizia, della libertà, della democrazia, del lavoro, della solidarietà. Prima o poi comunque i tiranni e gli

usurpatori cadono, o son fatti cadere, o si dimettono vedi per esempio Strauss-Kahn. Altri stanno per cadere davvero: Gheddafi! A Napoli è finito il bassolinismo. In Italia finirà il berloscunismo? Il duce di Arcore in questi giorni credo parlerà meno e si darà da fare in ciò che gli è riuscito e riesce molto ultimamente: comperare voti e clienti. Inutile dire che c’è tanto da fare. Da fare là dove si è vinto e penso a Torino e Bologna. C’è da fare a Milano e Napoli per far soffiare vento nuovo in modo gagliardo e

impetuoso. Certo abbiamo già ottenuto dei risultati positivi ma non eccediamo in trionfalismi. Ora si tratta di valorizzare questi risultati con intelligenza e non compiendo gli errori del passato recente. Il centrosinistra deve, assolutamente deve, trovare unità se vuole essere credibile e

tornare a governare il paese. Una cosa è certa, non si guardi troppo al Terzo polo, ma si volga lo sguardo ai “grillini”. Il quadro politico è in evoluzione, lenta certo, ma il cambiamento c’è. I “grillini” si stanno organizzando come partito. Non si può ignorarli. Da parte loro si auspica un’entrata chiara e non solo di protesta nelle istituzioni. Solo così si diventa efficaci propositori e più costruttivi. La sinistra non può non raccogliere alcuni stimoli preziosi della loro presenza e della loro iniziativa poiché rappresentano molti cittadini critici e responsabili. Soffia, soffia… un vento nuovo! Il vento della liberazione.

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> Politica

Chi sono gli estremisti? A Milano una campagna elettorale rovente di Emanuele Bellato

Il centrodestra è ancora frastornato dalla batosta subita alle recenti elezioni amministrative. Solo Verdini si ostina a definire l’esito del voto: “un sostanziale pareggio”. Il nervosismo si percepisce dai silenzi di Berlusconi e dalle fughe in avanti di Bossi: “non ci faremo trascinare a fondo”, seguiti da repentini retromarcia: “…Adesso le riforme”. Le promesse di smorzare i toni dello scontro politico, per privilegiare contenuti e programmi, sono durate lo spazio di qualche dichiarazione. Già oggi (19/5 ndr) il Senatur ha definito Pisapia, candidato sindaco del centrosinistra, “un matto che vuole trasformare Milano in zingaropoli” e ieri sera, durante la puntata di “Exit” condotta da Ilaria D’Amico su La7, Lupi, Ravetto e Tosi si sono scagliati in maniera inaudita contro Pisapia in collegamento video, mentre la Moratti, declinando l’invito a partecipare alla trasmissione, si sottraeva al confronto. Lo squadrismo verbale degli esponenti del centrodestra crea delle situazioni paradossali, come quando

l’esponente leghista Matteo Salvini dichiara: “la base ci sta chiedendo di non far prevalere gli estremisti”. Appunto. Ma i problemi di Berlusconi e della destra non si fermano a Milano. Sempre ieri la maggioranza è stata battuta in aula per ben 5 volte. Forse, più che un incidente di percorso, si tratta dell’ennesimo messaggio intimidatorio lanciato dai “famelici responsabili” non ancora sazi dopo aver ricevuto dieci poltrone, e dai “grandi” esclusi, tra cui l’ex mezzobusto Rai Pionati. E poi i “mal di pancia” di Scaiola, Miccichè e Tremonti. E intanto l’Italia declina. Secondo i dati Istat, diffusi nei giorni scorsi, l’inflazione sale al 2,6% nel mese di aprile. Dato record da novembre 2008. Insieme all’inflazione aumenta anche la disoccupazione giovanile. E ancora i tagli del Governo alla cultura, alla ricerca, al sociale e la privatizzazione dei beni pubblici. Con questo scenario il vero problema della sgangherata coalizione di centrodestra non è l’impostazione sbagliata di una campagna elettorale, ma 15 anni di malgoverno.

IL POPOLO VENETO

Fondato nel 1921 Anno 90 n. 20 / 2011 www.ilpopoloveneto.blogspot.com e-mail: [email protected] Direttore Responsabile: Emanuele Bellato Reg. Tribunale di Rovigo Numero 16/04 R.A.A. Cron.2287/04 del 21/10/2004. Reg.stampa N. 11/04. Stampa in proprio (22/05/2011). Giornale gratuito

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> Società

Siamo sull’orlo di una crisi sociale

Secondo un recente studio dell’Istat l’Italia vive una fase di fortissima depressione economica. I disoccupati aumentano e persino molti occupati finiscono con lo scivolare nella triste categoria dell’esclusione sociale a causa di salari irrisori e di politiche inadeguate. Siamo più poveri, precari e senza molte prospettive. Ma se sull’analisi delle cose quasi tutti concordano, sulle ricette le ipotesi si sprecano. Il ritornello che va per la maggiore da un ventennio a questa parte è quello incentrato sulla retorica “della crescita”. Siamo messi così, spigano fior di professori, perché il sistema è ingessato e l’economia è asfittica. Certamente è una parte del problema. Ma la verità non è racchiusa in questa minimalistica analisi. E’ vero, l’Italia fatica a produrre ricchezza ma quella che produce è spalmata in maniera diseguale. Le disparità economiche aumentano in maniera vertiginosa, il contraltare delle nuove e crescenti povertà è rappresentato infatti dai lussi smisurati che una ristretta élite di iperprivilegiati può permettersi sulle spalle delle categorie più deboli. E’ ora di pretendere politiche

pubbliche che mettano un freno a questa barbarie non più sostenibile. Bisogna potenziare il welfare, imporre salari dignitosi e proporzionati al merito, colpire le rendite parassitarie e le pratiche familistiche e di favore. Una società molto diseguale è sopportabile solo nella misura in cui è estremamente limpida. Solo, cioè, nella misura in cui le enormi differenze economiche e sociali sono direttamente proporzionate al merito e all’impegno dei singoli individui. Le differenze italiche sono al contrario spesso soltanto il frutto di prassi consolidate, di logiche clientelari, familistiche e di favore. Tutto è stato privatizzato. La politica e il concetto stesso di interesse pubblico è sacrificato sull’altare dell’interesse particolare. Siamo ai prodromi di una crisi sociale dai risvolti imprevedibili. L’incantesimo che ha tenuto fino ad ora il Paese inebetito e paralizzato sta per terminare. E il risveglio repentino dei sonnambuli è pacificamente considerato un momento molto pericoloso. Per tutti. (Francesco Toscano)

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> Ambiente & Salute

Manifestazione “No Pedemontana” Appuntamento a Breganze, sabato 28 Maggio, alle ore 15.30

Riceviamo e pubblichiamo l’appello dei Comitati difesa salute e territorio “No Pedemontana” Altovicentino-Malo e Valle Agno contro l’inizio dei lavori per l’autostrada Pedemontana veneta Cosa accomuna la resistenza all’Autostrada Pedemontana Veneta con l’opposizione al nucleare, con la battaglia contro la privatizzazione dell’acqua ed il nucleare, e la mobilitazione a favore dei beni comuni? Perché, acqua e nucleare creano aggregazione e opposizione in grande misura, mentre grandi opere quali TAV, autostrade, ponte sullo stretto e cementificazione meno? Eppure tutti questi temi sono conseguenze della stessa logica: la vendita del bene comune in favore degli interessi di entità economiche (le corporations) e dei capitani di ventura (i managers) che le guidano oggi, nel nuovo medioevo tecnologico, La nostra percezione delle grandi opere cambia a seconda di dove abitiamo: siamo portati a pensare che una grande opera riguardi chi abita nel territorio che la supporta.

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Eppure, le grandi opere vengono costruite sottraendo risorse comuni a piccole utili opere e lasciando il deserto nel territorio e nei cuori di tutti. Riguardo all'acqua, noi esseri umani, capiamo in modo istintivo che essa ci è indispensabile per vivere: è un diritto che acquisiamo con la nascita, come l’aria che respiriamo, come il nome che ci viene dato, come la dignità. Chi mai penserebbe di pagare per l’aria? Chi potrebbe farci pagare il nostro diritto a respirare? Come potremmo rinunciare al nostro nome. E quanto soffriamo quando ci viene tolta la dignità? Questa è la nostra percezione “animale”. Noi persone comuni, capiamo la pericolosità dell’energia nucleare, a causa di esperienze e accadimenti occorsi durante la nostra vita (l'ultimo: Fukushima). Di conseguenza non riteniamo di dover rischiare la vita per produrre energia. Noi percepiamo istintivamente che il nostro diritto a vivere supera il diritto di qualsiasi organizzazione di qualsiasi tipo e natura a produrre elettricità da sprecare e non siamo disposti a rinunciare a tale diritto. Il territorio idoneo, la qualità dell’aria, la qualità dell’ambiente, livelli di rumore non inquinanti, lo spazio verde, il cibo, la bellezza del paesaggio, un vita a misura di persona sono diritti naturalmente acquisiti Di questo noi cittadini, ci accorgiamo solo se ci soffermiamo a pensarci. Noi siamo vissuti all’interno della civiltà dell’automobile e abbiamo sempre visto solo edificazione ed espansione continua e nuove infrastrutture di collegamento in perenne realizzazione. Oggi questo modello ha perso di senso. L’edificazione è puramente speculativa. Il mercato immobiliare è drogato, poiché a fronte di inesistente domanda si continua a creare nuova offerta. A fronte di un’economia e di un mondo che cambia La APV è (nel migliore dei casi) la risposta vecchia a un problema che ha altre soluzioni. Noi temiamo che dietro l’autostrada vi sia un progetto di trasformazione del territorio che trasformerà le zone agricole sempre più ristrette, in zone logistiche-commerciali. Ci vogliono far credere che la felicità sta nel comperare oggetti e merci. Ci vogliono far credere che la bellezza sia avere labbra a canotto, seni al silicone, muscoli all’estrogeno. Ci vogliono convincere che il progresso sia la vita che stiamo vivendo. Ci vogliono far credere che a questo modo di vivere non c’è alternativa. Non è così. Noi pensiamo che l’alternativa esista e che sia il vero progresso. Progresso significa: sobrietà degli stili di vita, produzione e consumi consapevoli, energie rinnovabili, organizzazione del lavoro a misura di persona, realizzazione dell’individuo attraverso la pratica delle proprie abilità, economia prossimale, mobilità immobile, rapporti tra persone e non tra soggetti economici, ridimensionamento dei valori economici e rafforzamento dei valori umanistici, giustizia sociale, riconoscimento dei diritti ambientali. Per tutto questo, noi lanciamo una manifestazione a Breganze (VI), per sabato 28 Maggio 2011 alle ore 15.30 in via Ferrarin (concentramento al parcheggio vicino agli impianti sportivi), in difesa delle colture pregiate, del territorio, della qualità della vita, dei beni comuni contro la cementificazione del territorio per un nuovo modo di vivere. www.difesasaluteterritorio.blogspot.com

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> Cultura

Quali libri ci hanno reso più italiani? 15x10, il gioco del Piccolo Festival della Letteratura

Il Piccolo Festival della Letteratura celebra i 150 anni dell’Unità con un gioco che anticipa la sua ottava edizione,dal 24 al 26 giugno a Palazzo Bonaguro a Bassano del Grappa

In occasione delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia e per lanciare l’ottava edizione del Piccolo Festival della Letteratura, l’Associazione culturale Palomar di Bassano del Grappa (VI) propone un gioco cui tutte le persone di tutte le età sono invitate a partecipare: un esercizio di memoria storica letteraria nonché l’occasione per far sentire la propria voce in un campo che è quasi-esclusiva dell’erudizione della critica letteraria. Quante volte, a scuola, avremmo voluto dire alla classe che un certo testo proprio non ci piaceva? Quante volte abbiamo

desiderato che si parlasse di un libro che, invece, ci aveva emozionato? Questa è l’occasione per dire la propria! Con ‘15x10’ Palomar e il Piccolo Festival chiedono a tutti quanti di elencare i dieci libri italiani (pubblicati a partire dal 1861) che, in qualche modo, ci hanno resi più italiani: libri di qualsiasi genere, dimensione o spessore culturale, classici o novità editoriali. Si potrà inviare la lista in molti modi: sul sito www.piccolofestival.it (sezione dedicata), su Facebook (evento “15x10” collegato alla pagina “Piccolo Festival della Letteratura”) o semplicemente via mail ([email protected]). Con il contributo di tutti, Palomar elaborerà la lista dei quindici libri più scelti in generale: la selezione letteraria per il 150° a cura del Piccolo Festival e del suo pubblico! Questi quindici libri andranno ad occupare una sezione apposita della libreria del Piccolo Festival, che si terrà nel fine settimana dal 24 al 26 giugno e che, per questa ottava edizione, tornerà ad occupare i saloni signorili del Palazzo Bonaguro di Bassano del Grappa (VI). Durante i giorni del Piccolo Festival, inoltre, una tra le persone che avranno partecipato a ‘15x10’ inviando la propria lista, estratta a sorte, riceverà in premio tre libri a scelta, regalati dall’Associazione Palomar.

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> Musica

Calicanto e Uaragniaun in concerto La tradizione musicale veneta e pugliese si incontrano

Doppio concerto all’insegna dell’incontro tra le musiche popolari veneta e pugliese venerdì 27 maggio al Teatro Goldoni di Bagnoli di Sopra (PD) e sabato 28 maggio a Villa Zusto a Vigodarzere I veneti Calicanto e i pugliesi Uaragniaun, forti di una stima e un' amicizia trentennale, suoneranno insieme in due concerti unici, in un terreno musicale fluido e suggestivo sul quale i due gruppi storici della scena folk italiana si confronteranno, uniti nello spirito dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia, uno dei principali motivi ispiratori di Mousikè, I concerti della Fondazione. Due delle migliori voci in assoluto del panorama etnico italiano, la veneta Claudia Ferronato e la pugliese Maria Moramarco, condivideranno il palco emozionando il pubblico con la musicalità dei loro dialetti, le ballate, canti sociali e

religiosi, ninne nanne, tarantelle e manfrine, furlane, pizziche e tammurriate. Ad accompagnarle alcuni dei più apprezzati musicisti tradizionali d'Europa che si districheranno tra una varietà inusuale di affascinanti strumenti popolari italiani quali zampogne e cornamuse, tamburelli e tammorre, mandole, liuti, clarinetti, ocarine, organetti e fisarmoniche. Per l'occasione è previsto, inoltre, un particolare omaggio a Garibaldi, eroe dei due mondi, attraverso brani in cui gli strumenti della tradizione italiana dialogheranno con quelli della tradizione dell'America Latina, sottolineando l'importanza di questo patrimonio etno-antropologico, ricchezza che entrambi i gruppi da vari lustri si sforzano di salvaguardare attraverso operazioni musicali non sono di restauro filologico ma anche attraverso una sapiente contaminazione musicale che incontra plausi anche tra le nuove generazioni. Storico gruppo della musica etnica italiana Calicanto nasce nel 1981 con il preciso obiettivo di lavorare al recupero e alla valorizzazione della musica tradizionale veneta e nord adriatica. Alla passione per la ricerca etnomusicale e organologica sisono aggiunti negli anni innumerevoli interessi trasversali che hanno condotto il gruppo ad affrontare nuovi stimoli e nuove composizioni musicali legate anche al mondo della poesia, del teatro, della pittura, della cinematografia. Vanta produzioni discografiche e artistiche in tutto il mondo da Vancouver ad Ankara, da

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Helsinky a Jerez de la Frontera. Tra le collaborazioni internazionali spicca quella del 2002 con il grande violoncellista Yo-Yo MA al XXXVI Smithsonian Folklife Festival di Washington e quella recentissima in Turchia e Portogallo con la Hattusha Orchestral Ensemble diretta da Ertug Korkmaz. Calicanto è Claudia Ferronato, voce, Roberto Tombesi, voce, organetti, mandole, ludro Giancarlo Tombesi, contrabbasso, Francesco Ganassin, clarinetti, ocarine, oboi popolari, Alessandro Arcolin, percussioni. Uragniaun è leggenda e mito, è un suono, un’onomatopea ma è anche una località dell’Alta Murgia barese, una rozza tagliente

ricca di misteri e passioni. Maria Monamarco reinterpreta in maniera assai originale il repertorio meno conosciuto della tradizione popolare pugliese e, più in generale, dell’Italia meridionale. Un viaggio suggestivo attraverso il canto dello spirito: pastorali, liriche devozionali, canti liturgici, preghiere arcaiche e litanie ancestrali che riescono a stimolare l’eccezionale vocalità della cantante degli Uragniaun. Fanno da sponda ai voli spirituali della Monamarco i plettri di Luigi Bolognese, le percussioni di Silvio Teot e gli strumenti a fiato di Nico Berardi. L’ingresso è gratuito fino ad esaurimento dei posti

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> Diario di viaggio

Sudafrica, la Nazione Arcobaleno Rubrica a cura di Francesca Monti

I riflettori di tutto il mondo sono stati puntati sul Sudafrica in occasione dei Mondiali di calcio 2010, che per la prima volta sono stati organizzati nel continente africano, tra vuvuzelas e il waka waka di Shakira, ma questo paese, che ha dato i natali a grandi personaggi come Mandela e Miriam Makeba, situato all’estremità sud dell’Africa, ha molto da offrire ai visitatori. Un paese, il Sudafrica, che per anni ha dovuto lottare contro il razzismo e

l’apartheid. Nel 1948, dopo la fine della guerra, il Partito Nazionale vinse le elezioni, e iniziò ad attuare nel paese la politica segregazionista nota come apartheid, ideata dai primi ministri boeri, soprattutto da Hendrik Frensch Verwoerd (in carica dal 1956 al 1966). L’obiettivo era quello di isolare i diversi gruppi etnici del Sudafrica, lasciando che ognuno di essi si sviluppasse in un proprio contesto sociale, economico e territoriale. Verwoerd spiegò

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IL POPOLO VENETO N.20/2011 PAG.13 anche che il ruolo predominante dei bianchi nei processi politici che avrebbero portato all’autonomia delle diverse etnie era giustificato dalle circostanze storiche, ovvero dal ruolo fondamentale che i boeri avevano avuto nella nascita del Sudafrica. Questa situazione diede origine a gravi contrasti interni e all’isolamento internazionale, finché il 27 aprile 1994 si tennero le prime elezioni democratiche con suffragio esteso a tutte le etnie, e venne eletto presidente il capo dell’ANC Nelson Mandela, cui successe poi il delfino Thabo Mbeki nel 1999. Il periodo di transizione dal regime dell’apartheid al nuovo corso politico fu gestito da un tribunale speciale istituito nel 1995 a Città del Capo, la Commissione per la Verità e la Riconciliazione. “Il bambino negro non entrò nel girotondo dei fanciulli bianchi. I fanciulli bianchi giocavano tutti in un vivo girotondo di canzoni fresche ed allegre risate… Il bambino negro non entrò nel girotondo. E arrivò il vento accanto ai bambini e ballò con loro e con loro cantò le canzoni e le danze delle aspre tempeste. Il bambino negro non entrò nel girotondo. Uccelli e stormi volarono cantando sulle teste ricciute dei bambini e si posarono tutti intorno. Alla fine volarono i loro voli, cantarono i loro inni. ma il bimbo negro non entrò nel girotondo”, recita una poesia di

G.B. Victor, che rispecchia le condizioni di vita attuali dei neri, che restano ancora difficili, tanto che i quartieri più lussuosi sono abitati dai bianchi, mentre i neri vivono nelle townahip, i quartieri poveri ai margini della società, formati da case popolari e baraccopoli. Il Sudafrica, chiamato anche Rainbow

Nation (“nazione arcobaleno”, ovvero “abitato da persone di diversi colori”), conta sei importanti città: la capitale Johannesburg, Città del Capo, Pretoria, Bloemfontein, Durban, Port Elizabeth. Ho avuto la fortuna di fare un viaggio in Sudafrica lo scorso anno, fermandomi una settimana a Città del Capo, la capitale legislativa del Sudafrica e la terza città più popolosa del Paese. Quando si arriva a Città del Capo si rimane sorprendentemente colpiti dalla bellezza del paesaggio, con le Table Mountain che svettano

verso il cielo, abbracciando la città e riflettendosi nell’azzurro dell’oceano. Città del Capo fu il primo insediamento europeo del Sudafrica e porta i segni culturali e architettonici della storia del paese, dallo sbarco dei primi coloni olandesi al primo discorso di Nelson Mandela dell’era post-apartheid. Gli antichi edifici in stile cape dutch sono affiancati da moderni grattacieli e lussureggianti giardini botanici. Sono tanti i posti da visitare: il centro, detto City Bowl, il famoso molo del Victoria & Alfred Waterfront, dove fare shopping e ammirare lo strepitoso panorama, il museo marittimo

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e il Two Oceans Aquarium, con una vasta varietà di fauna marina dell’Oceano Atlantico e dell’Oceano Indiano; Adderly, la strada più storica che attraversa da nord a sud la città, ricca di grandi centri commerciali. Ci sono poi lo Scratch Patch, un’esposizione di minerali e l’Imax Theatre-Cyber World che offre spettacoli hi-tech e film in 3D. Dal molo parte il Robben Island Ferry, che porta i turisti alla celebre Robben Island. Sin dalla fine del XVII secolo, l’isola fu adibita a prigione dai coloni europei. Dal 1836 al 1931 fu utilizzata come colonia per lebbrosi, e nel XX secolo divenne carcere per prigionieri politici nel periodo dell’apartheid, tra i quali ci fu Nelson Mandela. E proprio alla sua prigionia a Robben Island, Mandela ha dedicato molti capitoli dell’autobiografia “Lungo cammino verso la libertà”. Altra

meta imperdibile, il giardino botanico di Kirstenbosch, situato sul lato est della Table Mountain, in cui ci sono quasi 10.000 piante, tra cui tutte le principali specie del fynbos sudafricano. Meritano una visita anche il quartiere malese Bo-Kaap, con le tipiche case colorate, Constantia, la zona più esclusiva della città, dove vivono le grandi famiglie storiche del Capo e vip come Desmond Tutu o Wilbur Smith. E’ possibile visitare anche le township, situate nella zona di Cape Flats, ma è meglio farsi accompagnare da una guida locale o acquistare uno dei vari tour, poiché è un luogo poco sicuro. Da Cape Town si possono fare delle bellissime escursioni come quella alle Table Mountain, salendo con una funivia fino alla sommità della montagna, spesso coperta da una nube, che viene chiamata “la tovaglia”.

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Oltre al Tafelberg, ci sono altri imponenti rilievi: Lion’s Head (“testa di leone”), Devil’s Peak (“picco del diavolo”), Twelve Apostles (“dodici apostoli”) e Signal Hill (“collina del segnale”). Ci sono tour che portano a Cape Winelands, con visita della storica città di Stellenbosch, famosa per i vigneti, alla regione semi-desertica del Grande Karoo, costellata di fiumi e canyon, o che percorrono la celebre Garden Route (“Strada dei giardini”), strada panoramica che da Città del Capo conduce fino a Port Elizabeth, attraversando splendidi posti come Hermanus, Mossel Bay, George, Wildeerness, Knysna e Plettenberg Bay che offrono la possibilità di ammirare tesori della fauna marina come barriere coralline,

delfini e otarie, ma anche squali, e le balene, da luglio a dicembre, quando i cetacei si avvicinano alla baia per partorire o allattare i piccoli. Durante il mio soggiorno a Città del Capo ho acquistato due escursioni, una all’Inverdoorn Game Reserve, una riserva privata a circa due ore di strada dalla città, dove ho potuto ammirare da vicino leoni, springbok, l’animale simbolo del Sudafrica, antilopi, wildbeats, giraffe, zebre, bufali, rinoceronti, aquile, ghepardi, a bordo di una jeep. Un’esperienza incredibile. Se avete tempo a disposizione conviene prendere un volo interno con destinazione Parco

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IL POPOLO VENETO N.20/2011 PAG.16 Kruger, nel nord del paese, dove potrete venire a contatto con i big five (rinoceronti, leoni, bufali, leopardi e ghepardi), oltre a un’infinità di altre specie. L’altro tour che ho scelto è stato quello che mi ha portata al mitico Cape Point, che tradizionalmente viene considerato come il punto più a sud del continente africano e come punto di separazione tra l’Oceano Atlantico e l’Oceano Indiano, anche se in realtà è Capo Agulhas. La regione attorno al Capo è una riserva naturale chiamata Cape of Good Hope Nature Reserve, costituita da circa 7700 ettari lungo 40 km di costa, ospita numerose specie di uccelli, in particolare struzzi, antilopi, gnu, facoceri e babbuini, la tipica vegetazione è costituita dal fynbos della zona del Capo. Il Capo di Buona Speranza è una spiaggia formata da ciottoli. Poco più a nordest si trova il punto più elevato di Cape Point, raggiungibile in funicolare (dal nome simbolico di Flying Dutchmen, ovvero Olandese Volante), dove c’è un grande ristorante panoramico, il Two Oceans Restaurant, e due fari, quello più antico fu attivo dal 1860 al 1919 ma, a causa della sua posizione eccessivamente elevata, risultò spesso inefficace a causa della nebbia. Siamo saliti a piedi fino al faro, un’impresa faticosa, ma quando si arriva in cima e si guarda il panorama mozzafiato, ci si perde nella bellezza della natura e si dimentica la fatica fatta. Prima di arrivare a Cape Point, abbiamo percorso la scenografica Chapman’s Peak Drive, e ci siamo fermati a Simon’s Town, una cittadina situata sulla costa orientale della Penisola del Capo, nella Provincia del Capo Occidentale. Il suo porto si affaccia sulla False Bay. Storicamente Simon's Town è stata una base navale. Nei pressi di Simon’s Town si trova la splendida Boulders Beach, una delle spiagge più popolari della Penisola,

che dal 1985 ospita una colonia di pinguini africani. E’ un’esperienza veramente emozionante venire a contatto con questi bellissimi animali, che si tuffano dalle scogliere e camminano tra le persone senza timore. E ora qualche curiosità gastronomica: i piatti tradizionali del Sudafrica sono a base di carne di pollo o tacchino, o montone stufato condito con cocco o spezie, oppure per gli stomaci forti ci sono piatti con carne di serpente delle rocce, il tutto annaffiato dai famosi vini sudafricani Sauvignon blanc, Hanepoot, Merlot, Shiraz, Pinot nero, Ruby, Tinta barocca e Pontat. Anche il pesce occupa un posto importante con piatti di crostacei, ostriche, aragoste, granchi, gamberi, conditi semplicemente con limone od uniti a fresche insalate. Il pesce di taglia medio-grande come la trota, il kingklip o lo shoek, viene accompagnato con salse speziate, cucinato alla griglia, con banane, o al cartoccio di foglie di banano. Diffusissima la tradizione del barbecue, considerato come un momento di incontro e socializzazione. Buonissimi il succo di mango e i dolci a base di cocco. Non servono vaccinazioni particolari, solo se si va nelle zone del Kruger e del Mpumalanga è consigliata la profilassiantimalaria. La moneta corrente è il rand, per fare un euro servono circa 10 rand. La vita in Sudafrica è economica, una cena a base di pesce costa all’incirca 10-15 euro. Per lo shopping consiglio la zona del Waterfront, mentre per i souvenir ci sono i mercatini. Un ultimo sguardo all’oceano da Sea Point, una camminata in spiaggia tra migliaia di conchiglie ed è già ora di prendere il volo del ritorno a casa, con ancora negli occhi e nel cuore tante splendide immagini del Paese dell’Arcobaleno.

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> Auto

La “Vagabunda” ha trovato casa Adesso racconta le sue storie al Museo dell’Automobile

Romano d’Ezzelino (VI) - La storia di “vagabunda” è quella di una Flavia coupè del 1964 che il giornalista giramondo Roberto Chiodi acquista nel 1996 per partecipare nientemeno che alla Pekino-Parigi per veicoli storici. L’auto viene rinforzata nelle sospensioni, rialzata da terra, aggiunto qualche accorgimento, come due comodi sedili di una Maserati biturbo. Chiodi prende il via con la moglie Rita. Organizzazione inglese, che vuol dire pedalare! Quello che conta è la resistenza, l’intesa con il co-pilota, la macchina. Deserto del Gobi, tutto il Tibet (dieci volte oltre i 5.000 metri!), Pakistan, Iran. Fantastico! Nel 2000 viene deciso il “Giro del Mondo in 80 giorni”. Partenza in centro a Londra dal Ponte della Torre, la Flavia è una delle più piccole di cilindrata. A Pekino Chiodi-Chiodi sono quarti assoluti e primi di categoria, ma la povera Flavia è esausta. Nel Nord del Canada l’auto finisce in un

burrone. Sembra la fine, ma non per la Flavia che rabberciata alla meglio rientra a Londra e poi in Italia. Sono avventure che vanno raccontate, condivise, così Chiodi aggiorna costantemente il suo sito (www.girodelmondo.com), mentre essendo giornalista, con la moglie che scatta migliaia di immagini, realizza reportage su quotidiani, settimanali specializzati, collegamenti radiofonici ed una miniserie televisiva per RAISAT Ragazzi. La “vagabunda” ha visitato deserti e montagne, meraviglie su meraviglie. E poi i ricordi dei coniugi Chiodi, come quell’italiano incontrato a Kamloops (Canada) che diceva di possedere la vigna più alta del mondo, del concorrente giapponese che li mandò a cena e si fece carico, di notte in Cina, della riparazione

del radiatore della Lancia, il meccanico in Patagonia che non volle essere pagato (Italia, en mi corazòn), l’appassionato peruviano (Lanzia Flavia? La primera al Titicaca!), il saldatore sovietico che al momento del conto,

disegnò sul parafango impolverato uno zero e, alla insistenze di Chiodi, dentro al cerchio tracciò una mezzaluna. Quello era il prezzo. Un sorriso. Adesso “vagabunda” riposa e racconta le sue storie al Museo dell’Automobile “Bonfanti-VIMAR” di Romano D’Ezzelino (VI), donata con generosa passione da Rita e Roberto Chiodi.

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> Sport

Feltre ospita il Campionato di Deltaplano

Dal 5 al 12 giugno la cittadina di Feltre (Belluno) ospiterà il campionato italiano di deltaplano, organizzato dall'associazione Para & Delta Club Feltre. La competizione è valida anche per l’assegnazione del Trofeo Guarnieri, giunto alla 28^ edizione. Il centro operativo sarà presso la Birreria Pedavena nella località omonima; i piloti decolleranno dal massiccio dolomitico del Monte Avena, presumibilmente da Campet, un vastissimo pascolo di circa 11.500 mq posto a 1417 metri d'altezza. Da qui sono possibili diversi percorsi lungo le Alpi Feltrine, fino a sconfinate sopra l’Altopiano dei Sette Comuni, verso ovest, o in Friuli, dalla parte opposta. Il campione italiano

2011 sarà eletto in base alla somma dei risultati delle diverse task, una per ogni giornata di gara, meteo permettendo. Sono già iscritti 70 piloti, compreso l’alto atesino Anton Moroder campione uscente (foto), ma è lecito prevedere una partecipazione ben più ampia. Attesi i piloti del team azzurro, campioni del mondo e d’Europa in carica, che voleranno con animo rivolto ai mondiali ormai alle porte. Infatti nella seconda metà di luglio saranno chiamati a Sigillo (Perugia), dove l'Italia ospiterà il campionato del mondo, per difendere il titolo in loro possesso; in particolare il trentino Alex Ploner, medaglia d’oro nella scorsa edizione.