in cerca di sicurezza. l'europa e il mediterraneo nella nuova geopolitica dell'energia

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Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo QUADERNI ISSM -102 - Gaetano Calenzo In cerca di sicurezza. L'Europa e il Mediterraneo nella nuova geopolitica dell'energia Consiglio Nazionale delle Ricerche

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Quaderni ISSM no. 102 (2006)

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Page 1: In cerca di sicurezza. L'Europa e il Mediterraneo nella nuova geopolitica dell'energia

Istituto di Studi sulle Società del Mediterraneo

QUADERNI ISSM

-102 -Gaetano Calenzo

In cerca di sicurezza. L'Europa e i l Mediterraneo

nella nuova geopolitica dell'energia

Consiglio Nazionale delle Ricerche

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QUADERNI ISSM

- 102 -Gaetano Calenzo

In cerca di sicurezza. L'Europa e i l Mediterraneo

nella nuova geopolitica dell'energia

- Napoli -2006

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Editing by Aniello Barone e Paolo Pironti

Copyright © 2006 by CNR-ISSM Tutti i diritti riservati. Parti del lavoro potranno essere riprodotte

previa autorizzazione citando gli autori e CNR-ISSM

Edizione fuori commercio

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INDICE

Introduzione pag. 3

Il fabbisogno energetico regionale e le riserve mondiali 4

Interdipendenza e logistica 7

La sicurezza energetica: opzioni strategiche 10

Conclusioni 15

Note " 19

Bibliografia " 21

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I N CERCA D I SICUREZZA. LEUROPA E I L MEDITERRANEO NELLA NUOVA GEOPOLITICA DELL'ENERGIA

Gaetano Calenzo

Introduzione

La mattina del 1° gennaio 2006, dando corpo alle previsioni degli analisti e ai timori dei governi europei, la compagnia di stato russa Gazprom annunciava l'interruzione della fornitura di gas naturale all'Ucraina. Per quanto ufficialmente dettata da motivazioni legate alla rinegoziazione del prezzo del gas russo in Ucraina, ritenuto - non senza un fondamento di verità - troppo al di sotto del livello di mercato, vi sono pochi dubbi sul fatto che la mossa della Gazprom costituisse l'epilogo di una disputa squisitamente politica che da lunghi mesi contrapponeva Mosca e Kiev, dopo la rottura intervenuta tra i due paesi con la «rivoluzione arancione» che aveva portato alla presidenza ucraina i l leader dell'opposizione filoccidentale Viktor Yushenko. La risposta immediata dell'Ucraina fu quella di sottrarre per i propri usi interni parte del gas in transito verso l'Europa occidentale, causando di fatto una riduzione degli approvvigionamenti europei che ha costretto alcuni paesi (in particolare l'Italia) ad intaccare le proprie riserve strategiche. Dopo qualche giorno di panico, la crisi si chiudeva con i l raggiungimento di un nuovo accordo tra la Gazprom e l'ucraina Naftogaz, che ridefiniva le condizioni di accesso dell'Ucraina al gas russo ad un prezzo maggiore di quello precedente, ma ancora in termini abbastanza favorevoli per Kiev.

L'episodio appena ricordato è un utile punto di partenza per definire i l tema che questo paper si propone di affrontare. Esso ha infatti nuovamente richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica (già risvegliata dall'aumento del prezzo del petrolio) per quella che si appresta ad essere, con ogni probabilità, una preoccupazione costante dei policy makers negli anni a venire: la sicurezza degli approvvigionamenti energetici. Vi è da sempre unanimità di giudizio nel riconoscere che le fonti di energia rivestono un'importanza strategica fondamentale per le economie moderne: tutti i processi produttivi, in ogni singola fase, necessitano di un apporto energetico per andare avanti. Questo fatto si traduce in una fonte di potenziali problemi nel momento in cui occorre fare i conti con una distribuzione geografica delle principali risorse energetiche tale da garantirne i l sostanziale controllo

* Ringrazio Silvana Bartoletto per i suggerimenti e i commenti alle precedenti bozze di questo saggio

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da parte di un ristretto gruppo di paesi. In quest'analisi assumo infatti come data l'ipotesi che, finché lo sviluppo di tecnologie sufficientemente avanzate non renderà più conveniente l'utilizzo su vasta scala di fonti di energia alternative e/o rinnovabili (vento, energia solare, idrogeno, etc), la loro incidenza sulla produzione di energia r imarrà marginale e limitata localmente, mentre i combustibili fossili continueranno verosimilmente ad essere la fonte più utilizzata ancora per molto tempo.1 Ciò pone, oggi come in passato, problemi geopolitici assai scottanti dal momento che i principali giacimenti sia di petrolio che di gas naturale sono localizzati in massima parte in due regioni: i l Medio Oriente e l'ex Unione Sovietica. Le crisi petrolifere che i paesi dell'Europa occidentale si sono spesso trovati a fronteggiare, quindi, sono un effetto non tanto della scarsità di risorse esistenti, quanto della struttura oligopolistica del mercato, dominato, come è noto, dal cartello dell'oPEC. L'aggiunta della Russia al gruppo dei principali paesi produttori non modifica in maniera apprezzabile la situazione, per via dell'uso che Mosca appare sempre più intenzionata a fare dell'arma energetica per i l perseguimento di fini politici legati al recupero dello status di grande potenza.

A confermare questo scenario è sopraggiunto in marzo un accordo tra la Gazprom e l'algerina Sonatrach, di cui cercheremo di analizzare gli effetti sul mercato, mentre i l caos in cui versa l'Iraq, la scottante questione del nucleare iraniano e la più recente guerra tra Israele e Libano contribuiscono a mantenere i l prezzo del greggio sopra i 70 dollari al barile. Una soluzione che garantisca ai paesi europei la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel lungo periodo, dipenderà dalla capacità dei governi europei di diversificare i paesi fornitori. Una delle partite centrali si giocherà verosimilmente nel Mediterraneo, che potrebbe ritornare ad essere i l baricentro della politica energetica mondiale, dopo circa un trentennio in cui la sua importanza era stata relativamente ridimensionata.2 Nel tentativo di spiegare in che modo ciò potrà realizzarsi, questo studio riassumerà la situazione attuale degli scambi di petrolio e gas naturale nel Mediterraneo, le proiezioni sul fabbisogno energetico futuro, le strategie messe a punto dai principali attori in gioco, i progetti di nuove infrastrutture e, infine, i rischi e le probabilità di successo cui questi andranno incontro.

7/fabbisogno energetico regionale e le riserve mondiali

I numerosi studi sull'energia regolarmente pubblicati da centri di ricerca, enti governativi e compagnie petrolifere forniscono un dato certo da cui è necessario prendere le mosse: petrolio e gas naturale sono le merci più scambiate nel bacino Mediterraneo. Ciò è peraltro in linea con la tendenza globale, dal momento che, con un volume medio delle transazioni pari a 2-3 miliardi di dollari al giorno (vale a dire i l 12% del commercio mondiale), quello del petrolio è di gran lunga i l più grande mercato reale del mondo, mentre i l gas naturale occupa i l secondo posto con un traffico giornaliero

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del valore di 200 milioni di dollari.3 Nel Mediterraneo questa situazione risulta poi accentuata dal fatto che i principali paesi della sponda nord, vale a dire Francia, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia, sono membri dell'Unione europea e dunque le loro economie sono altamente integrate. D i conseguenza, la maggior parte degli scambi commerciali di questi paesi avviene all'interno del mercato comune europeo, senza coinvolgere più di tanto la sponda sud. Unica eccezione è costituita, appunto, dal petrolio e dal gas naturale, di cui quattro paesi della sponda meridionale (Algeria, Libia, Egitto e Siria) sono esportatori: complessivamente, questi quattro paesi incidono per circa i l 27% del greggio e i l 32% del gas importato dall'Unione europea.4 Proprio i l fatto che queste siano le uniche merci scambiate in grandi quantità tra le due sponde del Mediterraneo accresce notevolmente l'importanza relativa di tale mercato nella regione. Rispetto al contesto globale, poi, è interessante notare come i l Mediterraneo sia area di transito per i l 20-25% del commercio mondiale di petrolio.5

Questo ruolo, poi, è verosimilmente destinato a crescere costantemente d'importanza nei prossimi decenni, alla luce del tendenziale continuo aumento che si prevede per i l fabbisogno energetico nel Mediterraneo. Secondo uno scenario sviluppato dall'Observatoire Méditerranéen de l'Energie (OME), la domanda totale di energia primaria nella regione potrebbe arrivare a 1.365 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) nel 2025. Aumento che, vale la pena sottolineare, riguarderà specialmente i paesi della sponda meridionale ed orientale: infatti, la domanda di energia primaria di questo gruppo di paesi dovrebbe crescere tra i l 2000 ed i l 2025 nell'ordine dei 340 Mtep, vale a dire i l 3,8% annuo. Questo incremento sarà dovuto allo sviluppo economico e alla crescita demografica, in un'area in cui 16 milioni di persone non hanno ancora accesso all'elettricità. L'OME stima inoltre che la Turchia diventerà i l secondo maggior consumatore di energia nel Mediterraneo.6 Come è facile immaginare, la parte dominante di questo fabbisogno in aumento è coperta dai combustibili fossili (petrolio, carbone e gas): nel 2000, gli idrocarburi incidevano per i l 75% del consumo energetico nell'area settentrionale e per i l 96% in quella sud-orientale. Tuttavia, le proporzioni in cui queste risorse sono consumate hanno subito variazioni importanti nel corso degli anni: anche se i l petrolio continua a dominare i l mercato energetico e a soddisfare metà della domanda di energia primaria nel Mediterraneo, e anche se la domanda di greggio aumenterà in termini assoluti, la sua incidenza sul consumo di energia è in progressiva diminuzione. In misura sempre maggiore, infatti, si tende ad impiegare i derivati del petrolio solo per usi per i quali non vi sono alternative, per esempio come lubrificanti e come combustibili per i trasporti (questi ultimi tendono comunque ad una maggiore sostituibilità). Per contro, i l consumo di gas, insignificante all'inizio degli anni 70, ha raggiunto i l 21 % del bilancio energetico del Mediterraneo nel suo insieme, e i l 27 % per i paesi del sud­est.7 L'incremento del fabbisogno di gas è determinato in gran parte dall'impiego sempre maggiore che esso trova nella produzione di energia elettrica - essendo meno inquinante rispetto al carbone e maggiormente

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accettato dall'opinione pubblica rispetto all'opzione nucleare, specialmente in Italia - e nel riscaldamento domestico, che però riguarda soprattutto i paesi del Mediterraneo settentrionale, la sua importanza essendo certamente limitata in regioni desertiche come i l Nord Africa ed i l Medio Oriente. I l gas naturale ha anche iniziato ad essere impiegato come carburante per autoveicoli, costituendo così una parziale alternativa alla benzina. Sempre secondo TOME, i l consumo di gas naturale nel Mediterraneo dovrebbe crescere ed un ritmo del 3,7% annuo, passando da 176 Mtep nel 2000 a 445 Mtep nel 2025; per quella data, l'Italia sarà divenuta i l maggior consumatore di gas nell'area, seguita da Turchia, Francia, Algeria, Egitto e Spagna.8 Sostanzialmente simili sono le proiezioni fatte da altre organizzazioni internazionali, anche se stime più recenti fanno pensare ad un possibile incremento della domanda di carbone nei prossimi anni, come risposta all'aumento del prezzo del gas.

Sarà ora utile dare uno sguardo d'insieme allo stato attuale delle riserve mondiali e alla loro distribuzione geografica, essendo questo dato cruciale per comprendere quali potranno essere le evoluzioni delle strategie messe a punto dai vari governi in vista del perseguimento dei rispettivi obiettivi di status politico o di sicurezza energetica. Poiché le stime su come queste riserve andranno a modificarsi nel tempo, grazie ai progressi nelle tecnologie di esplorazione ed estrazione, sono assai incerte, sarà necessario prendere in considerazione soltanto quelle riserve la cui esistenza è data per certa, con la consapevolezza dei limiti che ciò impone alle capacità di previsione circa l'andamento dei mercati.

Per quanto riguarda i l petrolio, le riserve mondiali accertate alla fine del 2005 ammontavano complessivamente a 163,6 miliardi di tonnellate, pari a circa 1.200 miliardi di barili. D i queste riserve accertate, ben 101,2 miliardi di tonnellate, vale a dire i l 61,9% del totale, sono localizzate nel Medio Oriente, al cui interno spicca l'Arabia Saudita (36,3 miliardi di tonnellate; 22% delle riserve mondiali), seguita da Iran (18,9 miliardi di tonnellate; 11,5%), Iraq (15,5 miliardi di tonnellate; 9,6%), Kuwait (14 miliardi di tonnellate; 8,5%) ed Emirati Arabi Uniti (13 miliardi di tonnellate; 8,1%). Un altro 11,7% delle riserve mondiali si trova nella regione eurasiatica, concentrato in massima parte in Russia (10,2 miliardi di tonnellate; 6,2%) ed in Kazakistan (5,4 miliardi di tonnellate; 3,3%). In America Latina i l Venezuela costituisce la sola voce importante, con 11,5 miliardi di tonnellate e i l 6,6% delle riserve mondiali; in Libia e Nigeria sono presenti i principali giacimenti africani, pari rispettivamente al 3,3% e al 3%. Un altro dato interessante è che i l 75,2% di queste riserve è localizzato in paesi membri dell'oPEC, i l 14,6% in paesi non appartenenti all'oPEC e i l restante 10,2% nell'ex Unione Sovietica, i l che dà un'idea abbastanza chiara della posizione dominante occupata dal cartello nel mercato mondiale.9 Accanto alle cifre assolute e percentuali sulle riserve petrolifere attuali, è molto utile considerare anche i l rapporto tra riserve e produzione, in quanto esso ci fornisce un'informazione che dai dati assoluti non può emergere: la probabile durata delle risorse disponibili, dato un certo livello di produzione annuale.

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A livello mondiale, i l rapporto riserve/produzione è pari a 40,6: ciò significa che, con l'attuale tasso di sfruttamento, le riserve mondiali di petrolio dovrebbero durare approssimativamente una quarantina d'anni. Scomponendo i l dato aggregato, i l rapporto riserve/produzione varia significativamente da regione a regione: 81 nel Medio Oriente, 40,7 in America Latina, 31,8 in Africa, 22 in Eurasia, 13,8 in Asia e Pacifico e 11,9 nel Nord America.10 Ciò significa che le riserve si esauriranno molto più rapidamente nel Nord America, in Asia e in Eurasia, e che quelle del Medio Oriente potrebbero durare - sempre fatto costante l'attuale livello di produzione - circa i l doppio rispetto alla media globale. L'uso del condizionale qui è d'obbligo, perché si può facilmente intuire che, nel momento in cui i giacimenti russi e kazaki giungeranno all'esaurimento, si renderà necessario incrementare la produzione nel Medio Oriente e in Venezuela, facendo diminuire i l rapporto anche in queste zone. E' comunque evidente che i l pianeta continuerà a dipendere essenzialmente dal gruppo OPEC per soddisfare i l proprio fabbisogno di petrolio.

Veniamo al gas naturale. Anche qui la figura è dominata essenzialmente dai paesi del Medio Oriente e dalla Russia, che alla fine del 2005 disponevano di riserve rispettivamente pari a 72,13 e 47,82 trilioni di metri cubi, ovvero i l 40,1 % e i l 26,6% del totale mondiale. Asia e Pacifico dispongono dell'8,3 % e l'Africa di un altro 8%, percentuale raggiunta anche dalle riserve delle due Americhe sommate insieme. A differenza di quanto avviene per i l petrolio, tuttavia, i l paese che dispone dei giacimenti più grandi non è l'Arabia Saudita (le cui risorse conosciute non sono particolarmente consistenti), bensì la Russia, che viene superata solo dalla somma dei giacimenti di Iran e Qatar (rispettivamente i l 14,9% e i l 14,3% del totale). A prima vista, dunque, la Russia occupa una posizione dominante nel mercato del gas naturale. I l rapporto riserve/produzione indica che le riserve totali di gas del pianeta dovrebbero soddisfare la domanda per circa 65 anni e, fatta eccezione per i l Nord America, dove la disponibilità di gas non va oltre i l prossimo decennio, in nessuna regione si riscontra una disponibilità inferiore ai 40 anni. Nel Medio Oriente, in particolare, tenuto conto del fatto che i l livello di produzione di molti paesi di quest'area è oggi molto inferiore alle potenzialità, la durata prevista delle riserve supera i 100 anni; una situazione analoga esiste in Africa, i cui giacimenti dovrebbero essere in grado di soddisfare la domanda per i prossimi 88 anni; le riserve russe possono durare 80 anni, e quelle dell'America Latina per circa mezzo secolo.11

Interdipendenza e logistica

Abbiamo accennato i l fatto che i paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo soddisfano la quasi totalità del proprio fabbisogno di petrolio e gas grazie all'importazione. Solo per fare un esempio, l'Italia importa i l 92% del petrolio e l'82% del gas per i propri consumi, e i suoi principali

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fornitori sono Algeria, Libia e Russia (da quest'ultima giunge i l 32% delle forniture di gas).12 Tra le due sponde del Mediterraneo esiste quindi un forte legame di interdipendenza, peraltro abbastanza simmetrico: da un lato l'Europa meridionale si rifornisce principalmente dai paesi mediterranei produttori, dall'altro questi esportano in Europa una quota preponderante dei loro idrocarburi. Per quanto riguarda l'Unione europea nel suo complesso, essa importa più del 50% dei propri consumi energetici; i l 45 % delle importazioni di petrolio provengono dal Nord Africa e dal Medio Oriente, e un altro 40% arriva dalla Russia.13 In futuro la quota russa delle importazioni europee, sia di petrolio che di gas, potrebbe aumentare, non solo per l'aumento dei consumi europei ma anche alla luce del fatto che l'Egitto e la Siria diverranno molto presto importatori netti di petrolio, e in più la Siria sarà anche importatore netto di gas. In realtà, le riserve di Algeria e Libia - ancora in gran parte inesplorate, stando a recenti rilevamenti geologici - sono virtualmente in grado di compensare senza difficoltà la scomparsa di questi due paesi dall'elenco degli esportatori, ma per effettuare valutazioni realistiche occorre tenere in debito conto le possibilità offerte dalla logistica, cioè dalle infrastrutture destinate al trasporto e alla distribuzione di petrolio e gas, e dai progetti di potenziamento di tali infrastrutture che sono attualmente in fase di studio o di realizzazione.

Partiamo dal petrolio. Come è noto, i l greggio può essere fatto arrivare dai paesi produttori ai paesi consumatori via mare, trasportato dalle petroliere, e via terra, attraverso gli oleodotti. Entrambi i sistemi logistici presentano vantaggi e svantaggi: i l trasporto marittimo è particolarmente adatto a paesi insulari o con posizioni geografiche e caratteristiche territoriali tali da non concedere alternative, ma può rendere problematica la gestione del traffico nei mari interni, per via del più alto rischio di incidenti che possono causare seri danni ecologici e della presenza di stretti, sempre più soggetti a congestioni del traffico marittimo e ad una serie altre minacce (restrizioni del traffico da parte delle autorità, atti di terrorismo o di pirateria, etc.)14; per contro, gli oleodotti consentono i l trasporto di greggio attraverso grandi distese continentali a costi relativamente contenuti (direttamente proporzionali alla distanza coperta), ma la loro realizzazione richiede massicci investimenti iniziali e inoltre queste infrastrutture sono soggette a rischi se possibile anche maggiori di interruzione dei flussi da parte dei paesi di transito, oltre ad essere molto esposte ad atti di sabotaggio ad opera di gruppi armati attivi in aree politicamente instabili. L'Europa importa petrolio con entrambi i sistemi, ma principalmente via mare dai paesi arabi attraverso i l Mediterraneo. Tuttavia, i l trasporto marittimo difficilmente potrà aumentare di intensità a causa delle difficoltà appena accennate: la necessità di salvaguardare l'equilibrio ecologico del Mediterraneo riducendo i l rischio di dispersione di idrocarburi nel mare e, soprattutto, i l fatto che gli stretti attraverso cui le petroliere devono passare (Suez, Bosforo e Dardanelli, e in misura minore Gibilterra) hanno ormai raggiunto la loro massima capacità operativa. A titolo esemplificativo basti pensare che nello stretto del Bosforo, dal 1996 al 2003, vi sono stati in media 5.450 passaggi

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di petroliere all'anno, con una punta di 7.427 passaggi nel 2002.15 Ciò è dovuto al fatto che i l passaggio attraverso gli stretti turchi è regolato dalla Convenzione di Montreux del 1936, che impone la completa libertà di transito senza alcun pedaggio e senza obbligo di pilotaggio. Questo regime aveva una sua logica nell'epoca in cui fu istituito, quando il traffico medio attraverso i l Bosforo era di soli 12 vascelli al giorno; ma oggi che per lo stretto transitano oltre 130 navi al giorno, è più che comprensibile che la Turchia stia premendo per una rinegoziazione del trattato che consenta di ristabilire una qualche forma di controllo.16 Per quanto riguarda invece gli oleodotti, la rete maggiormente sviluppata è quella ereditata dal dissolto sistema sovietico che collega i giacimenti russi ai vari paesi dell'Europa orientale, le cui direttrici essenziali sono quella che passa per l'Ucraina e sfocia nel mar Nero e quella che attraversa Bielorussia e Lettonia fino al Baltico (attualmente in fase di potenziamento). Un'importante novità è costituita dalla recente entrata in funzione della nuova pipeline Baku-Tbilisi-Ceyhan, che ha iniziato a pompare i l petrolio del Mar Caspio verso i l porto turco di Ceyhan e che potrebbe essere prolungato in futuro verso la penisola balcanica (come vedremo più avanti). Nel frattempo, l'innovazione tecnologica rende ormai possibile la costruzione di oleodotti subacquei con margini di sicurezza accettabili e a maggiori profondità, per cui sono in fase di studio o di costruzione alcuni collegamenti tra i l Nord Africa e l'Europa attraverso i l Mediterraneo, che potrebbero alleviare i problemi di congestione del traffico di petroliere.

Tutto sommato, i principali costi per i l petrolio non sono tanto connessi al trasporto quanto piuttosto allo sviluppo dei campi di estrazione. A l contrario, per i l gas naturale è proprio i l trasporto la principale componente di costo. I l gas può essere trasportato in forma gassosa tramite gasdotti oppure via mare, sotto forma di gas naturale liquefatto (GNL), ma quest'ultimo sistema richiede un processo di trasformazione. I l processo inizia nel paese esportatore, dove il metano (che costituisce l'80-90% della miscela chiamata gas naturale) viene portato allo stato liquido raffreddandolo a -160°C a pressione atmosferica e successivamente caricato su navi metaniere. Durante i l trasporto via nave i l GNL viene sempre mantenuto a -160°C e a pressione prossima a quella atmosferica. Arrivato a destinazione i l GNL viene scaricato nell'impianto di rigassificazione, dove viene riportato allo stato gassoso e immesso nella rete dei metanodotti.17 Sia i gasdotti che la tecnologia GNL richiedono notevoli investimenti, e la scelta di privilegiare l'una o l'altra tecnologia è determinata generalmente da valutazioni comparative di costi e benefici. Da un punto di vista strettamente economico l'utilizzo di gasdotti comporta sicuramente dei vantaggi: in primo luogo, i l gas si propaga da solo nei tubi, escludendo i costi che invece comporta i l trasporto su nave; in secondo luogo, i l costo di costruzione è una funzione della distanza coperta e del diametro dei tubi, mentre i l volume di gas trasportato è proporzionale al quadrato del diametro, i l che implica importanti economie di scala. I l GNL invece comporta dei costi sostanziali per la liquefazione e la rigassificazione, perché una parte significativa del

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gas estratto deve essere usata per fornire energia a questi processi, indipendentemente dalla distanza. Tuttavia, è la distanza che determina in definitiva quale delle due tecnologie è meglio adottare a fini di efficienza: si può dire che i gasdotti siano preferibili per coprire distanze non superiori ai 1.500 km, vi è una sostanziale parità di costi per distanze che vanno dai 1.500 ai 3.000 km, mentre distanze maggiori rendono più conveniente puntare sul GNL. In ogni caso i l GNL tende a diventare progressivamente meno dispendioso, grazie al miglioramento in termini di efficienza della tecnologia di trasformazione.18 I l sistema maggiormente utilizzato per l'approvvigionamento di gas dei paesi europei è attualmente quello dei gasdotti, che possono contare su infrastrutture molto sviluppate e procedono lungo due direttrici, una meridionale e una orientale. Da sud, i l gas algerino raggiunge l'Europa tramite i l gasdotto Enrico Mattei (già Transmed), che attraversa la Tunisia, i l Canale di Sicilia, la Sicilia, lo stretto di Messina e la penisola italiana; i l gasdotto Pedro Duran Farrel (già Maghreb-Europa), che passa per il Marocco e giunge in Spagna attraverso lo stretto di Gibilterra, prolungandosi verso Portogallo e Francia; e i l Green Stream, dalla Libia alla Sicilia. Da est la rete di gasdotti che parte dalla Russia ha due diramazioni principali: la Transgas, che attraversa l'Ucraina e la Slovacchia e da qui si sdoppia in modo da raggiungere Milano passando per l'Austria e Francoforte attraverso la Repubblica ceca; e la Yamal-Europa, che passando per la Bielorussia e la Polonia giunge fino a Berlino.

I l principale problema della rete di distribuzione del gas russo, come si è potuto constatare durante lo scorso inverno, è che la sua struttura originaria risale all'epoca sovietica e risente pertanto della filosofia ispiratrice dell'URSS: la centralizzazione. Circa i l 90% delle esportazioni di gas russo diretto all'Europa occidentale e ad altre aree passano infatti per l'Ucraina, poiché le pipelines convergono in un punto localizzato in una regione dell'Ucraina prossima ai confini di Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania. Se la «guerra del gas» tra Russia ed Ucraina ha creato tanti problemi all'Europa, ciò è dovuto largamente a tale centralizzazione del sistema, perché i l controllo di questo importante snodo costituisce un forte incentivo per i l Cremlino a non voler rinunciare alla propria influenza su Kiev. Per i paesi europei è quindi fondamentale andare alla ricerca di strategie che permettano di aggirare l'ostacolo: vedremo adesso quali sono le possibilità di intervento per garantire in futuro la sicurezza degli approvvigionamenti.

La sicurezza energetica: opzioni strategiche

Per iniziare i l discorso sulla sicurezza energetica, occorre prima di tutto definire in maniera più precisa i l tipo di minaccia a cui si riferisce tale concetto. Anche se si parla spesso di un rischio generico di interruzione delle forniture, in realtà non tutte le interruzioni costituiscono realmente una minaccia. Ipotizzando ad esempio un'interruzione improvvisa e totale delle forniture di gas da parte del paese produttore - l'unica eventualità

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che porrebbe seriamente a rischio la sicurezza energetica dei paesi dipendenti - in un contesto in cui le infrastrutture esistenti non consentono al paese consumatore di procurarsi altrove i l petrolio o i l gas di cui ha bisogno, allora la rilevanza della minaccia d ipenderà essenzialmente dalla durata dell'interruzione. Se l'interruzione ha solo natura temporanea, una contromisura ragionevolmente efficace può essere i l ricorso a riserve strategiche precedentemente accumulate (una misura che, come accennato all'inizio di questo saggio, si è resa necessaria in Italia durante la crisi dello scorso inverno); ma se si assume che l'interruzione degli approvvigionamenti è dettata da motivazioni politiche, allora è improbabile che la sua durata sia hmitata, e questo è i l caso specifico in cui essa costituisce una seria minaccia alla sicurezza energetica, contro la quale né le riserve strategiche né altre opzioni potrebbero realisticamente costituire un rimedio.19

Trovandosi i paesi europei in una chiara situazione di dipendenza energetica nei confronti di paesi produttori la cui affidabilità politica è discutibile, le sole opzioni strategiche disponibil i per prepararsi all'eventualità che questi ultimi ricorrano all'arma energetica per scopi politici sono necessariamente dilungo periodo. Occorre prima di tutto notare che, mentre la tendenza dei paesi produttori è storicamente quella di associarsi in cartelli per aumentare i l proprio potere contrattuale (è i l caso dell'OPEC), tra i paesi consumatori vi sarà in futuro una sempre maggiore competizione per assicurarsi l'accesso a risorse naturali la cui disponibilità, per quanto possa rivelarsi anche molto maggiore di quella attualmente conosciuta, è pur sempre limitata. La competizione si sta già accentuando fortemente a causa della crescita economica delle economie emergenti, in particolare Cina e India che entro i l 2025 avranno più che raddoppiato i l loro livello di consumi, superando del 9% la domanda di energia delle economie avanzate.20 L'ingresso sul mercato di questi paesi è destinato a creare grossi problemi all'Europa per il semplice fatto che i paesi produttori si troveranno nella posizione di poter scegliere dove vendere i l loro petrolio e i l loro gas, godendo perciò della capacità di far accettare agli acquirenti condizioni contrattuali particolari ed eventualmente di imporre loro clausole politiche. Ciò sarà particolarmente vero per la Russia, che sta rafforzando la propria posizione grazie alla politica sempre più spregiudicata con cui i l presidente Putin si muove nel mercato mondiale del gas (dopo la campagna contro la Yukos e la ri-nazionalizzazione della Gazprom), e per l'Iran, a causa delle ambizioni di potenza regionale e dei timori di isolamento internazionale legati al programma nucleare in fase di sviluppo, che accreditano come potenziale deterrente la minaccia di sospendere le forniture di petrolio verso i paesi europei. Per questi ultimi, le sole strategie plausibili di lungo periodo sono di due tipi: quelle indirizzate alla massima diversificazione possibile del mix energetico - puntando sulle fonti cosiddette «a l t e rna t ive» , dal fotovoltaico alle biomasse e ai biocarburanti, e incoraggiando la ricerca e l'innovazione tecnologica - e quelle finalizzate a creare maggiore concorrenza diversificando i potenziali fornitori con la

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costruzione di nuove infrastrutture e stabilendo nuove partnership con i paesi produttori, come del resto sollecitato dalla Commissione europea.21

Non è questa la sede appropriata per parlare di diversificazione del mix energetico e di fonti alternative. Per quanto riguarda invece la diversificazione dei paesi fornitori, occorre precisare che questo problema investe oggi soprattutto i l gas naturale i l quale, a differenza del petrolio, non costituisce ancora un mercato «globale» a tutti gli effetti, i l che implica che continuano ad essere cruciali i problemi legati alla logistica. Infatti, mentre i l mercato del petrolio, grazie al contemporaneo uso di oleodotti e petroliere, è ormai sufficientemente al riparo dal rischio della segmentazione, questo rischio è ancora molto presente nel mercato del gas, con i l risultato che la logistica possiede un valore geopolitico determinante, consentendo a chi ne detiene i l controllo di elargire premi e punizioni, in altre parole di esercitare potere. Ciò non impedisce, ovviamente, che si giochino ancora importanti partite geopolitiche nel settore petrolifero, come nel caso della contesa - a suo tempo definita da alcuni « i l Grande Gioco del xxi secolo» -consumatasi negli anni passati tra Russia, Turchia, Iran e Stati Uniti intorno alle opzioni di sbocco per i giacimenti del Mar Caspio, disputa conclusasi con la costruzione, su iniziativa statunitense e turca, del già citato oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan.22 A quest'ultimo potrebbe allacciarsi, in futuro, un'altra pipeline che raggiungerebbe i l porto turco da Kirkuk, nel Kurdistan iracheno. Tuttavia tale progetto è per il momento irrealizzabile: i l suo destino dipenderà necessariamente dal ripristino di un ragionevole livello di sicurezza in Iraq, la cui attuale forma di governo è. . . l'anarchia.

Sul mercato del gas la situazione è oggi estremamente fluida, e mentre si scrive molti equilibri sono in discussione. Da una parte, una strategia cui si sta ricorrendo per limitare problemi come quelli dello scorso inverno con l'Ucraina consiste nella realizzazione di gasdotti diretti dal paese produttore al paese di destinazione finale, evitando i l transito per paesi terzi. Attualmente sono in corso i lavori per la costruzione di tre nuove pipelines subacquee verso l'Europa, di cui due passeranno per i l Mediterraneo e uno per il Baltico. La Medgaz, promossa da un consorzio di compagnie europee tra cui ENI, Total, Gaz de France e BP, a partire dal 2009 collegherà direttamente l'Algeria alla Spagna, senza transitare per i l Marocco; la GALSI, ultimo risultato della storica collaborazione tra ENI e Sonatrach, porterà gas algerino direttamente in Sardegna e da qui alla penisola italiana, aggirando la Tunisia; infine la North Transgas attraverserà i l Baltico da San Pietroburgo fino al nord della Germania. Si può notare, tuttavia, che tutti e tre questi progetti hanno per protagonisti proprio i due paesi produttori che, insieme, dominano il mercato europeo per i l 60-70%. Se fino a pochi mesi fa questo dettaglio non era considerato importante (si riteneva anzi che i nuovi gasdotti potessero indurre una maggiore concorrenza tra i l gas russo e quello algerino), l'improvviso accordo di cooperazione tra Gazprom e Sonatrach ufficializzato nel marzo scorso sta mettendo seriamente in difficoltà i governi europei. Da esso dovrebbero scaturire progetti comuni per lo sviluppo di nuove reti di trasporto del gas e per la costruzione di nuovi impianti GNL, nonché

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probabilmente la costituzione di una piattaforma comune di prezzi, i l che rivela senza troppi dubbi l'intenzione di formare un cartello (che gli analisti hanno prontamente ribattezzato «OPEC del gas») . 2 3 Inoltre, stando ad ulteriori dettagli di più recente acquisizione, l'accordo prevedrebbe anche la possibilità per le due compagnie di «scambiarsi quote dei loro gasdotti nel mondo - si vocifera anche di GALSI». 2 4 Poco più tardi, Mosca ha compiuto altre abili mosse che completano i l quadro della strategia russa, come ad esempio la disponibilità dichiarata i l 15 giugno da Vladimir Putin, a margine del vertice della Shanghai Cooperation Organization (sco), per la costruzione di una pipeline Iran-Pakistan-India - un progetto proposto da Teheran fin dal 1996 - lunga 2.775 km ed avente un costo di 7 miliardi di dollari, da completarsi nel 2009. La partecipazione di Gazprom a tale progetto offrirebbe alla Russia un duplice vantaggio: «Un potenziale concorrente (l'Iran) dirige le sue risorse verso est, diminuendo così sensibilmente le possibilità degli europei di diversificare le loro fonti d'approvvigionamento di gas. Nello stesso tempo, acquisendo nuovi mezzi per influire sulla distribuzione del gas su scala eurasiatica, la Russia mette in opera la propria strategia di diversificazione dei mercati» . 2 5

Questo rinnovato dinamismo russo ha messo in allarme i circoli politici europei e sembra aver dato la spinta necessaria ai governi a ricercare nuove vie da intraprendere per aggirare un «accerchiamento energetico» che rischia di compromettere gravemente la posizione economica e politica dell'Europa. Mentre i l progetto putiniano di rinascita della grande potenza eurasiatica grazie all'uso strategico del gas continua a collezionare successi, l'Unione europea sembra avere finalmente ritrovato una qualche capacità d'iniziativa comune dopo le tensioni legate all'affare Suez-Gaz de France, e ha messo a segno almeno un colpo. Un po' di tempo dopo la caduta in disgrazia del magnate Mikhail Khodorkovski la sua Yukos, fallita e indebitata di circa 28 miliardi di dollari con i l fisco russo, ha accettato di vendere alla polacca PKN Orlen i l suo 53,7% della lituana Mazeikiu Nafta, che possiede l'unico impianto di raffinazione del Baltico; una volta ottenuto i l via libera dalla Commissione europea e dal Parlamento lituano, la società polacca potrà acquistare anche la restante quota in mano al governo di Vilnius. Ciò consentirà di formare un grande polo energetico dell'Unione in un'area finora totalmente dipendente da Mosca per i l proprio fabbisogno, riducendo così i rischi connessi ad un'eventuale nuova «guerra del gas» . 2 6

Ad ogni modo, resta i l Mediterraneo lo scacchiere principale su cui si concentreranno le attenzioni e le mosse degli attori nel corso della partita. Si può ritenere che la chiave di volta del futuro equilibrio energetico regionale sarà la Turchia, la quale, confinando con un gruppo di paesi che si affacciano sul Mar Caspio - e che da un punto di vista geopolitico costituiscono potenzialmente la regione esterna di un «Mediterraneo allargato» - si presenta come il candidato naturale al ruolo di «corridoio energetico». 2 7

Data la sua particolare posizione, la Turchia potrebbe ricevere gas naturale da ben 5 diverse fonti: Russia, Mar Caspio, Iran, Iraq ed Egitto. Ciò ha dato luogo ad una intensa competizione politica tra i produttori per accedere al

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mercato turco, in costante crescita. Storicamente, la Russia è da sempre i l principale fornitore della Turchia - copre circa i l 70% del suo fabbisogno -grazie ad un gasdotto che attraversa Ucraina, Moldova, Romania e Bulgaria; nel 2002 è stata inaugurata una nuova pipeline, la Blue Stream, che evita i l transito per questi paesi e giunge direttamente in Turchia passando per i l Mar Nero. I l progetto Blue Stream mirava a saturare i l mercato turco, impedendo così ai potenziali concorrenti l'accesso alla Turchia ed al mercato europeo. Alla partita prendevano parte anche gli Stati Uniti, che contro tale progetto promuovevano le esportazioni dall'Egitto - possibilmente rifornendo anche Israele - e contemporaneamente premevano per sviluppare le esportazioni dal Turkmenistan attraverso l'Azerbaigian, evitando per ragioni politiche l'Iran. In seguito i l Turkmenistan è stato scartato come produttore privilegiato per via della scoperta del giacimento Shah Deniz in Azerbaigian, che permetterebbe di ridurre i costi accorciando le distanze.28

Nel frattempo, la pipeline Baku-Tbilisi-Ceyhan è divenuta operativa ed ha aperto una nuova rotta per i l petrolio proveniente dal Mar Caspio, che potrà giungere in Europa via mare, dal porto di Ceyhan; accanto a questa è in fase di realizzazione un gasdotto parallelo Baku-Tbilisi-Erzurum dal quale i l gas del Mar Caspio potrà giungere più avanti anche in Europa, una volta che siano ultimati due importanti progetti che insieme al suddetto gasdotto andranno a costituire un unico complesso integrato. Uno di questi, in fase di costruzione, è una struttura composta di due interconnettori: l'interconnetto re Turchia-Grecia (cui dovrebbe poi allacciarsi un altro gasdotto che percorrerebbe l'intera penisola balcanica, fino all'Austria) e l'interconnettore Grecia-Italia, proposto a completamento del primo e giudicato realizzabile dall'UE, con cui nel 2003 i l progetto originario dell'interconnettere Turchia-Grecia si è trasformato nel progetto per l'interconnettore Turchia-Grecia-Italia. L'altro progetto non è ancora entrato in cantiere, ma si presenta come altrettanto promettente: i l Nabucco, la cui direttrice prevista dovrebbe partire da Ankara come diramazione del Baku-Tbilisi-Erzurum e, allacciandosi all'interconnettore Turchia-Grecia, attraverserebbe Bulgaria, Romania ed Ungheria per arrivare in Austria e congiungersi alla rete dell'Europa centrale. Tutti i paesi dell'area hanno interesse ad essere coinvolti in questo progetto per attenuare la loro posizione di dipendenza, e se questa imponente infrastruttura venisse realizzata in tempi ragionevolmente brevi essa costituirebbe un passo avanti non trascurabile nel cammino verso la sicurezza energetica dell'Europa. La posizione di quest'ultima, poi, risulterebbe ancora migliore se nello scacchiere mediorientale si dessero condizioni più favorevoli. In primo luogo, la pacificazione dell'Iraq, che consentirebbe finalmente di sviluppare l'enorme potenziale produttivo di petrolio e gas di questo paese - annullato prima dall'embargo internazionale e poi dalla guerra civile in corso — che potrebbe fare i l suo ingresso nel mercato come concorrente. In secondo luogo, l'uscita dallo stallo diplomatico della trattativa sul nucleare iraniano, il cui esito non potrà non avere ripercussioni sulle scelte di Teheran circa la destinazione da privilegiare per le proprie esportazioni di gas. L'Iran ha,

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almeno sulla carta, maggior interesse a preferire l'Europa in quanto più agevole da un punto di vista logistico, mentre la rotta asiatica, malgrado l'espansione di tale mercato, è ancora piena di incertezze data l'assenza di una rete infrastrutturale già sviluppata. Tuttavia, questa considerazione potrebbe passare in secondo piano nell 'eventualità di un isolamento internazionale della repubblica islamica, per la quale in tal caso non vi sarebbero alternative al mercato orientale e l'Europa rischierebbe così di perdere l'occasione di intensificare gli scambi con un importante fornitore.

Nel frattempo, allo scopo di allargare ulteriormente la rosa dei potenziali fornitori, i governi europei dovranno accrescere gli investimenti nel GNL, che offre almeno il vantaggio della flessibilità. Anche se rischiano di incorrere nel problema della congestione degli stretti (come le petroliere), le navi metaniere sfuggono al controllo cui sono soggette le pipelines, offrendo la possibilità di procurarsi i l gas praticamente ovunque nel mondo. Inoltre, la riduzione dei costi del GNL potrebbe in futuro rendere questa tecnologia perfino preferibile rispetto al trasporto via gasdotto, i l che consentirebbe al mercato del gas di divenire anch'esso, come quello del petrolio, meno esposto ai rischi del controllo politico delle infrastrutture. Nel breve periodo, puntare sulla costruzione di nuovi impianti di rigassificazione (in Italia ad esempio esiste oggi un solo terminal, quello di Panigaglia) e dotarsi di una flotta di navi metaniere di grandi dimensioni significa essenzialmente creare una «corsia d'emergenza», cui poter ricorrere nell'eventualità di un'interruzione dei normali flussi attraverso i gasdotti. Bisognerà inoltre rafforzare con ogni mezzo la cooperazione con i paesi produttori nell'ambito del Partenariato euro-mediterraneo, in primo luogo includendovi la Libia che, come principale produttore di petrolio della regione, non può rragionevolmente continuare ad esserne esclusa. Soprattutto, la politica energetica dovrebbe divenire parte integrante della politica estera e commerciale dell'Unione europea, che avrebbe bisogno di essere dotata della capacità di sviluppare una strategia comune, dialogando attivamente con i paesi produttori del Golfo Persico e dell'Africa, oltre che con la Russia.29 La Commissione ha proposto nel suo libro verde alcune iniziative interessanti, come ad esempio l'istituzione di una «comunità paneuropea dell 'energia», con un nuovo trattato e con accordi bilaterali, per coinvolgere partner strategici come Turchia ed Ucraina ed incoraggiarli a cooperare maggiormente con l'Unione.3 0 I l successo di iniziative del genere dipenderà ovviamente dalla capacità di offrire i giusti incentivi ai paesi coinvolti perché considerino utile ai propri interessi intensificare la collaborazione.

Conclusioni

Questo saggio ha tentato di descrivere l'attuale situazione dell'Europa riguardo al problema della sicurezza energetica. Sono state evidenziate le sfide geopolitiche che provengono da importanti paesi fornitori e che necessitano di risposte rapide incentrate sul dialogo e sulla ricerca di

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alternative. Sulla base di quanto rilevato, è possibile indicare alcune strategie d'uscita dalle difficoltà presenti che, intraprese con tempestività, potrebbero aiutare l'Europa a mettersi al riparo dalle minacce di paesi che, come la Russia, appaiono intenzionati ad usare l'energia come strumento di influenza politica. Le risorse politiche cui poter attingere a questo scopo non mancano, e risultati concreti potrebbero essere raggiunti presumibilmente concentrandosi su alcune opzioni strategiche che in alcuni casi comporteranno anche scelte particolarmente «audac i » : appoggiare le iniziative della Turchia per rendersi più indipendente dal gas russo, magari prospettando migliori condizioni per l'adesione di Ankara all'Unione che, al di là dei dubbi di carattere culturale, avrebbe i suoi indubbi vantaggi strategici; compiere ogni sforzo possibile per evitare l'isolamento diplomatico dell'Iran, che comporterebbe conseguenze decisamente negative per i suoi partner commerciali, Italia in testa; intensificare i contatti con i paesi produttori, soprattutto quelli che si affacciano sul Mediterraneo; raggiungere una convergenza a livello intergovernativo per ampliare le competenze dell'UE nel settore energetico.

L'idea principale che emerge da quest'analisi è quella di un «ritorno» del Mediterraneo al ruolo di baricentro strategico fondamentale per l'equilibrio energetico. Questa prospettiva porrebbe le basi per rendere più stabile i l mercato dell'energia rispetto ad oggi, e da tale condizione potranno avvantaggiarsi in primo luogo i consumatori. Qualora nel mercato in questione entrassero con più facilità elementi di concorrenza finora scarsamente operanti sul lato dell'offerta, l'uso politico delle risorse energetiche potrebbe iniziare a risultare meno efficace in quanto i paesi produttori ne sarebbero dissuasi dai meccanismi di mercato con regole più eque, come ad esempio la limitazione di strumenti contrattuali quali le clausole di destinazione, che spesso vincolano la fornitura di combustibile all'impegno del paese consumatore a destinarlo esclusivamente all'uso interno. I progetti di infrastrutture nel bacino mediterraneo, che abbiamo passato in rassegna, rappresentano oggi la principale sfida che l'Europa è virtualmente in grado di lanciare allo status quo energetico, e qualora venissero realizzati i l risultato potrebbe essere un mercato ragionevolmente concorrenziale, assai meno esposto ai rischi di carattere geopolitico.

Per quanto riguarda l'Italia, essa dispone di alcune carte da giocare per farsi promotrice del dialogo energetico: soprattutto, occorre sfruttare al meglio le buone relazioni che i l nostro paese intrattiene da sempre con molti importanti paesi produttori, dall'Algeria all'Iran, allo scopo di facilitare la cooperazione euro-mediterranea, nel solco della migliore tradizione avviata negli anni '50-'60 da Enrico Mattei. Apparentemente i l nuovo governo sta manifestando una concreta volontà di imprimere questa direzione alla politica estera italiana, vedendo nel Mediterraneo i l naturale centro dell'interesse nazionale, ed ha avviato un ciclo di incontri al vertice nella speranza di costruire una base di garanzia per la sicurezza energetica del paese. Nell'immediato, i l governo ha anche dato i l via libera per la

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costruzione di quattro nuovi rigassificato ri entro i l 2011 - peraltro tra varie opposizioni relative alla pericolosità degli impianti ed alle scarse prospettive occupazionali da questi offerte - ed i l ministro per le attività produttive Bersani si sta mostrando molto attivo nell'ambito del Consiglio U E per l'energia.

I paesi europei non sono in grado di affrontare da soli, in ordine sparso, le sfide geopolitiche incombenti nel mondo dell'energia. Solo unificando gli sforzi e perseguendo una politica coerente sarà possibile garantire nel lungo periodo quella sicurezza energetica di cui è impensabile fare a meno, ma che si rischia di perdere cercando di inseguire nell'immediato vantaggi unilaterali. E i l Mediterraneo sarà sicuramente uno degli scacchieri decisivi nei quali, nel prossimo futuro, si misureranno le forze in campo e si decideranno gli esiti della partita.

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NOTE

1 Alla ricerca sulle energie alternative, che pure avanza a ritmi relativamente buoni, si affianca ovviamente lo sviluppo di nuove tecnologie di esplorazione e sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas naturale. Questi progressi, a dispetto delle più pessimistiche tesi dal sapore neo-malthusiano, tendono continuamente ad allontanare nel tempo il momento in cui le riserve di combustibili fossili giungeranno ad esaurirsi, in quanto i giacimenti esistenti si rivelano più vasti rispetto alle stime precedenti, altri ne vengono scoperti e le nuove tecnologie consentono di estrarre maggiori quantità di minerali e di sfruttare giacimenti che prima erano troppo costosi e/o difficili da utilizzare, superando le cosiddette «scarsità relative». Si vedano A. CLÒ, Economia e politica del petrolio, Compositori, 2000, e B. LOMBORG, L'ambientalista scettico. Non è vero che la Terra è in pericolo, Mondadori, 2003. Ciò non toglie fondatezza alle preoccupazioni circa l'inquinamento atmosferico che l'uso massiccio di combustibili fossili inevitabilmente comporta, esternalità che alcuni suggeriscono di prendere in considerazione nel calcolo costi/benefici.

2 I I Mediterraneo rivesti un ruolo strategico molto importante per i flussi globali di petrolio negli anni '50 e '60, ma in seguito questa situazione andò incontro a cambiamenti a causa di una serie di circostanze, tra cui: la chiusura, per alcuni anni, del Canale di Suez; il calo della domanda europea di petrolio a seguito degli shock degli anni 70; l'embargo nei confronti di due importanti paesi produttori, la Libia e l'Iraq, rimosso solo di recente; e la scoperta di giacimenti nel Mare del Nord e in Africa occidentale. Si veda G . LUCIANI, Le relazioni energetiche nel Mediterraneo, in F. ZALLIO (a cura di), L'Europa e il Mediterraneo. Partner o vicini scomodi?, Egea, 2004.

3 Dati Total Fina Elf, 28 marzo 2006.

4 A. KERAMANE, L'energia e la sua distribuzione: petrolio, gas naturale, elettricità, Jaca Book, 1996.

5 S. BARTOLETTO, L'energia, in P. MALANIMA (a cura di), Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2005, CNR-ISSM, I l Mulino, 2005.

6 G . BENOIT & A. COMEAU (a cura di), A Sustainable Future for the Mediterranean. The Blue Plan's Environment and Development Outlook, Earthscan, 2005.

7 Ibidem.

8 Ibidem.

9 BRITISH PETROLEUM (BP), Quantifying Energy. BP Statistica! Review of World Energy 2006. Le stime fatte dall'ENl sull'ammontare delle riserve mondiali sono leggermente inferiori rispetto a quelle della BP: la World OH and Gas Review 2006 pubblicata dall'impresa petrolifera italiana parla di circa 1.124 miliardi di barili al 1° gennaio 2006, quindi con uno scarto di circa 76 miliardi di barili rispetto a quanto riportato dalla compagnia inglese. Queste differenze mostrano una volta di più le difficoltà oggettive nel compiere calcoli precisi sulle risorse effettive del pianeta, senza però modificare nella sostanza le valutazioni oggetto di questo saggio.

1 0 BP, Quantifying Energy. Anche il rapporto riserve/produzione, ovviamente, risulta inferiore nella World OH and Gas Review 2006 dell'ENl.

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1 1 BP, Quantifying Energy.

1 2 S. BARTOLETTO, L'energia.

" LG. ZABALA, La Europa dependiente, «Cuadernos de Energia», No. 11, Febbraio 2006.

1 4 J.-P. RODRIGUE, Straits, Passages and Chokepoints: A Maritime Geostrategy of Petroleum Distribution, «Les Cahiers de Géographie du Quebec», Voi. 48, No. 135; si veda anche A. BIGANO & P. SHEEHAN, Assessing the Risk ofOUSpills in the Mediterranean: the Case of the Route from the Black Sea to Italy, Working Paper 32.2006, Fondazione ENI Enrico Mattei, Febbraio 2006.

1 5 Statistiche Turkish Maritime Pilots' Association.

1 6 D.L. BRITO, Congestion ofthe Turkish Straits: A Market Alternative, Working Papers, Rice University, Department of Economics, Febbraio 1999.

1 7 Ulteriori informazioni tecniche disponibili sul sito web di GNL Italia.

1 8 J.T. JENSEN, The Future of Gas Transportation in the Middle East: LNG, GTL and the Pipelines, presentazione per la Conferenza Annuale dell'Emirates Center for Strategie Studies & Research, Abu Dhabi, 27 settembre 2004, Jensen Associates.

1 9 G. LUCIANI, Security ofSupply for Naturai Gas Markets: What is it and what is it not?, INDES Working Papers, Centre for European Policy Studies, No. 2, Marzo 2004.

2 0 S. BARTOLETTO, L'energia. Prezzi, produzione, mercati, in P. MALANLMA (a cura di), Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2006, CNR-ISSM, I l Mulino, 2006.

2 1 COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura, Libro verde, COM(2006) dell'8 marzo 2006.

2 2 Le proposte avanzate dagli altri attori in gioco consistevano in una pipeline che transitasse per l'Iran terminando nell'Oceano Indiano, (sfruttando la vicinanza geografica di Azerbaigian, Kazakistan e Turkmenistan), o in una direttrice orizzontale verso il Caucaso ed il Mar Nero. Si vedano S. BOLUKBASI, The Controversy over the Caspian Sea Minerai Resources: Conflicting Perceptions, Clashinglnterests, «Europe-Asia Studies», Voi. 50, No. 3, 1998, e T. WAELDE, S. VINOGRADOV & A. ZAMORA, The Caspian Dilemma: Prosperity or Conflict?, «Caucasian Regional Studies», Voi. 5, No. 1-2, 2000.

2 3 G. GUAZZO, L'asse Russo-Africano e l'einkreisung energetico dell'Europa, «Politica Estera», Luglio-Agosto 2006.

2 4 «La Repubblica», 11 settembre 2006.

251. TOMBERG, La Russia e l'Iran gettano le basi per una nuova distribuzione energetica mondiale, «Eurasia», 26 giugno 2006.

2 6 D. URSO, La geopolitica dell'energia e la geostrategia delle pipelines, «Politica Estera», Luglio-Agosto 2006.

2 7 A.M. KlLig , Turkey's naturai gas necessity, consumption and future perspectives, «Energy Policy», No. 34, 2006.

2 8 A.N. PAMIR, Turkey: The Key to Caspian OH and Gas, Research Papers, Institute for Advanced Strategie and Politicai Studies, Settembre 2001.

2 9 A. CORRELJÉ & C. VAN DER LINDE, Energy supply security and geopolitics: A European Perspective, «Energy Policy», No. 34, 2006.

3 0 COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Una strategia europea per un'energia sostenibile, competitiva e sicura.

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