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Flavio Turchet Cell. +39 335 70 61 395 Email: [email protected] Web: www.flavioturchet.com UTD Instructor Trainer UTRtek Tek2 Staff Instructor FIPSAS-CMAS *** Instructor BLS FIPSAS-DAN Instructor ASD DIR/Hogarthian Divers C.F. 91085250933 CONI Reg.Naz. ASD n.188163 1 PRIMA PARTE L’evoluzione del Side Mount dalle origini allo Z-system di UTD Le origini del Side Mount Il motto di Voltaire “nulla si crea nulla si distrugge ma tutto si trasforma”, trova anche in ambito subacqueo un buon modo di essere rappresentato. Niente è completamente nuovo alla luce del sole ma viene riutilizzato ed arricchito sotto la spinta dell’evoluzione delle conoscenze, dei materiali e delle tecniche. Allora scopriamo che i DPV, oggi usati con grande divertimento da parte dei subacquei, altro non sono che l’evoluzione degli SLC (Siluri a Lenta Corsa) con cui sono state compiute straordinarie imprese belliche. Oppure i rebreather che oggi consentono di raggiungere profondità e tempi ineguagliabili, rappresentano la naturale evoluzione dell’ ARO (Aurorespiratore ad Ossigeno) che proprio a causa di quel gas era limitato nella sua possibilità esplorative. Stessa sorte per il sistema d’immersione Side Mount che, nonostante trovi la sua genesi negli angusti ambienti ipogei, oggi offre nuove possibilità ai subacquei, estendendo gli ambienti d’utilizzo, le finalità esplorative e ricreative.

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ASD DIR/Hogarthian Divers C.F. 91085250933 CONI Reg.Naz. ASD n.188163

1

PRIMA PARTE

L’evoluzione del Side Mount dalle origini allo Z-system di UTD

Le origini del Side Mount

Il motto di Voltaire “nulla si crea nulla si distrugge ma tutto si trasforma”, trova anche in ambito

subacqueo un buon modo di essere rappresentato. Niente è completamente nuovo alla luce del sole

ma viene riutilizzato ed arricchito sotto la spinta dell’evoluzione delle conoscenze, dei materiali e

delle tecniche. Allora scopriamo che i DPV, oggi usati con grande divertimento da parte dei

subacquei, altro non sono che l’evoluzione degli SLC (Siluri a Lenta Corsa) con cui sono state

compiute straordinarie imprese belliche. Oppure i rebreather che oggi consentono di raggiungere

profondità e tempi ineguagliabili, rappresentano la naturale evoluzione dell’ ARO (Aurorespiratore ad

Ossigeno) che proprio a causa di quel gas era limitato nella sua possibilità esplorative. Stessa sorte

per il sistema d’immersione Side Mount che, nonostante trovi la sua genesi negli angusti ambienti

ipogei, oggi offre nuove possibilità ai subacquei, estendendo gli ambienti d’utilizzo, le finalità

esplorative e ricreative.

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Con il termine Side Mount si intende il sistema d’immersione in base al quale le bombole vengono

posizionate ai lati del corpo del subacqueo anziché alle sue spalle. Il termine si contrappone infatti a

quello di Back Mount, con il quale si indica la quasi totalità dei sistemi d’immersione fino a qualche

tempo fa proposti da tutte le agenzie didattiche conosciute. Molti subacquei hanno da sempre usato

un sistema Back Mount senza saperlo o solo perché non esisteva un palese termine di paragone con

un sistema diverso od ancora, e questa è la ragione più plausibile, perché il sistema Side Mount

veniva adoperato solo da una nicchia ristretta di subacquei, talmente poco conosciuta ed altrettanto

poco determinante da poter costituire un vero e proprio termine di paragone.

Le origini del Side Mount interessano il mondo della subacquea solo marginalmente. Le bombole al

fianco venivano infatti adoperate dagli speleologi per esplorare ambienti ipogei che spesso

presentavano stretti laminatoi1 o sifoni2.

Esempi di sifoni

In particolar modo i sifoni imponevano una configurazione minimalista che potesse essere facilmente

smembrata e ricomposta per passare dalle porzioni di galleria asciutta a quelle sommerse. Questa

caratteristica serviva anche a risolvere le difficoltà logistiche e di accesso ai siti d’immersione. Molti

passaggi sommersi, intricati e stretti, venivano percorsi camminando sul fondo piuttosto che a colpi

di pinna. Non vi era quindi nemmeno la necessità di CA (Compensatori d’Assetto), quanto piuttosto

di efficaci imbrachi a cui agganciare e dai quali sganciare con rapidità piccole bombole d’acciaio

durante i numerosi imprevisti che la penetrazione poteva presentare. Ma qual’è stato il lungo

1 Cunicolo basso e piatto, generalmente formato per scorrimento in condizioni freatiche lungo un giunto di

stratificazione orizzontale 2 Anche se normalmente gli speleologi identificano con questo termine tutti i tratti di galleria allagati, in realtà il

sifone è una porzione di tunnel ipogeo con andamento concavo, in cui l’acqua spinta dalla pressione si dirige

prima verso l’alto e poi verso il basso.

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percorso capace di cambiare il modo di interpretare esigenze e finalità così particolari verso il Side

Mount odierno?

L’esperienza inglese

Il pionieristico mondo dell’esplorazione speleosubacquea è da sempre pervaso da una intensa

attività di sperimentazione, finalizzata il più delle volte a delineare gli strumenti migliori per le

penetrazioni degli ambienti particolari che si presentavano davanti. Questo approccio

“personalistico”, incentrato esclusivamente alla soluzione di particolari problemi od esigenze del

gruppo e dettato da valutazioni soggettive, creò una frammentarietà e disomogeneità delle tecniche

speleosubacquee nel mondo. Ogni area sviluppò attrezzature e procedure di penetrazione

decisamente diverse che assecondavano le necessità contingenti. In Inghilterra, l’esplorazione di

Swildon’s Hole iniziò in maniera seria intorno al 1934, ad opera di due pionieri Graham Belcombe e

Jack Sheppard. I primi strumenti utilizzati furono alquanto avventurosi e rispecchiavano la penuria di

risorse e la povertà dell’offerta di un’industria subacquea che doveva ancora nascere. Ciò rende

senz’altro questi pionieri degli eroi, capaci di provare sulla propria pelle i rischi dell’esplorazione di

un mondo ignoto attraverso empiriche attrezzature auto-costruite. Il primo strumento di

respirazione subacquea partorito nel 1934 da questi uomini avventurosi fu una valvola d’immissione

ed una d’emissione, collegate a 12 metri di gomma da giardinaggio. La temerarietà era ancora più

evidente se si pensa al fatto che non esistevano ne mute stagne ne mute umide, e le penetrazioni

venivano effettuate esclusivamente con il normale abbigliamento. Le descrizioni delle sensazioni

provate da questi uomini, dal freddo alle difficoltà di respirazione attraverso questo lungo tubo,

nonché dei molteplici incidenti subiti ci lasciano oggi sbigottiti ma testimoniano una ferrea volontà

mossa da un istinto tipico dell’essere umano, incapace di resistere al fascino dell’ignoto. Nel 1935 fu

applicata una pompa capace di fornire aria al subacqueo attraverso una tubazione più lunga. Il

collegamento con la superficie che caratterizzò questa prima fase esplorativa costituiva un grosso

impedimento ed un limite rilevante alla penetrazione. Lo stesso Belcombe affermava “ Noi

consideriamo il superamento degli ostacoli delle grotte principalmente come dei problemi tecnici e

vorremmo servirci di tutti gli aiuti tecnologici ai limiti dei nostri tempi, dell’ingenuità e delle finanze”.

Sulla base di questo proposito nel novembre del 1936, con un sistema di auto-respirazione di

fortuna, Belcombe superò un sifone segnando il record della prima immersione non vincolata ad un

tubo nel Regno Unito3. I sistemi di auto-respirazione esistenti all’epoca non erano di facile

reperimento, sia in termini di disponibilità che di costi. L’ARO (Autorespiratore ad Ossigeno ovvero il

3 Era chiaro che quella dell’autorespiratore era la strada da seguire per gli obiettivi di penetrazione. Belcombe e

Sheppard presero contatti con la l’azienda Siebe Gorman per avere in prestito l’Oxylithe, un rebreather ad

ossigeno ma la richiesta venne respinta poiché quelle macchine non potevano essere usate per scopi civili.

Ottennero comunque delle attrezzature simili a quelle usate dai francesi a Fontaine de Vaucluse in Francia,

sempre costituite da un tubo collegato alla superficie.

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primo Rebreather CCR ad ossigeno) era impiegato esclusivamente dai militari e, nel periodo in

considerazione, era considerato una risorsa strategica per cui gli scopi civili della penetrazione in

grotta non erano senz’altro prioritari. Ciononostante dal 1936 iniziò quella che si può definire la “fase

dell’ossigeno” nell’esplorazione delle cavità sommerse inglesi. Questa fase perdurò per tutti gli anni

40 e, ancora nell’anno della fondazione del Cave Diving Group nel 1946, veniva esplicitamente

indicato che i membri fossero equipaggiati con due indumenti protettivi e due respiratori. Uno degli

obiettivi primari del CDG era quello di addestrare alla penetrazione nelle grotte principalmente a

secco. La parte sommersa era giudicata un accidente ed un vero e proprio ostacolo alla penetrazione.

Mentre, per esempio, in Francia o negli Stati Uniti la speleosubacquea stava diventando una sorta di

sfida per i subacquei esperti in cerca di nuove esperienze, in Inghilterra essa rappresentava un

ulteriore sfida che avrebbero dovuto affrontare coloro che avevano avuto una formazione

prettamente speleologica, che a sua volta mutuava quella dei rocciatori. L’imbraco utilizzato era

molto simile a quello impiegato dagli alpinisti e non era finalizzato al trasporto di bombole. Durante

questi lunghi anni a cavallo della Seconda Guerra Mondiale, furono dimostrati i limiti dell’ARO in

termini di massima profondità operativa e furono registrati numerosi incidenti legati alla pericolosità

della pressione parziale del gas impiegato4. Il successivo passaggio all’aria compressa divenne quindi

indispensabile e fu determinato dalla progressiva diffusione dell’invenzione del sistema di erogazione

di Cousteau-Gagnan. La normale aria compressa e la capacità di essere erogata con relativa facilità

consentiva a questo punto di superare tratti sommersi di gallerie sempre più profondi e favoriva al

tempo stesso una nuova interpretazione della configurazione. Uno dei principali artefici delle grandi

innovazioni compiute a cavallo tra gli anni 50’ e 60’ fu Mike Boon. Agli inizi della sua attività cominciò

disponendo le bombole sulle spalle ma scopri molto presto che questo sistema presentava dei

pericoli nei passaggi stretti con il rischio che gli urti potessero rompere i delicati strumenti di

erogazione posti nella zona cieca dietro il collo. Nell’aprile del 1962 nel sifone di Hardrawkin Pot nello

Yorkshire, Mike Boon adoperò un nuovo metodo di posizionamento delle bombole, disposte lungo i

fianchi tra l’ascella e l’anca attraverso l’utilizzo di una giberna. Era l’inizio dello stile Side Mount.

Questo stile a bandoliera incrociata presentava altre varianti che lo rendevano estremamente

cangiante in base alle necessità di penetrazione. Molto spesso le bombole, in genere molto piccole e

d’acciaio, venivano applicate ancora più in basso a livello dei fianchi sfruttando la fascia ventrale

dell’imbraco per facilitarne l’attacco e lo stacco, per agevolare le torsioni del busto nonché per

favorire i movimenti delle braccia durante le operazioni di penetrazione. Infatti, per penetrare in

questi anfratti occorreva compiere delle vere e proprie scalate e discese da rocciatori e qualsiasi

impedimento alla completa manovrabilità del braccio avrebbe diminuito le potenzialità penetrative.

4 L’azienda Siebe Gorman aveva sviluppato due apparati ad ossigeno a circuito chiuso il DSEA (Davies

Submarine Escape Apparatus) ed l’Anphibian Mark I. Il Cave Diving Group cominciò ad utilizzare una versione

modificata del DSEA. Ben presto le ulteriori necessità di penetrazioni portarono i membri del CDG all’utilizzo

dell’Aqualung con la diluizione dell’ossigeno.

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Per lo stile inventato da Mike Boom, si può quindi parlare di “No Mount”, cioè le bombole sono solo

appese con un punto d’ancoraggio unico dalla parte del collo o attraverso altri fascioni lungo il fusto

mentre il fondo rimaneva a penzoloni libero di muoversi in ogni direzione.

Esempi di configurazione No Mount durante penetrazioni a secco e in acqua (immagini tratte da Martyn Farr, The

Darkness Beckons, Diadem Books, London 1991)

Era senz’altro una configurazione asservita a scopi di perlustrazione in ambienti per la maggior parte

aerei e le bombole potevano essere rimosse e riposizionate con una grande facilità per le

progressioni subacquee. L’imbraco era quindi concettualmente semplicissimo e finalizzato a

consentire discese e scalate a secco non certamente in immersione libera. Questo imbrago,

impiegato per le penetrazioni a secco e per quelle sommerse, divenne un elemento distintivo del

Cave Diving Group tanto che ben presto, probabilmente i francesi, coniarono per esso il termine di

“imbraco o configurazione all’inglese”, ancor oggi utilizzato spesso, anche se in modo impreciso,

come sinonimo di Side Mount. Come anticipato precedentemente, non possiamo parlare ne di una

vera e propria configurazione definita ne, tanto meno, di uno stile d’immersione. Gli speleosubacquei

venivano gravati di quantità importanti di zavorra, poiché l’obiettivo principale era quello di

camminare sul fondo (bottom-walking) contrastando la spinta idrostatica delle mute5. La maggior

parte degli ambienti ipogei allagati del vecchio continente, costituiti da fondi rocciosi e temperature

dell’acqua piuttosto rigide, determinarono lo sviluppo di tecniche subacquee piuttosto “rozze”, svilite

in primo luogo proprio dall’utilizzo di ingombranti sottomuta e grandi quantità di zavorra per

affondarli.

5 L’approccio era molto più simile a quello del palombaro piuttosto che del subacqueo. Ad accentuare questa

caratteristica contribuì l’impiego dei primi prototipi di muta stagna introdotti verso la fine della Seconda Guerra

Mondiale. La WHODD (Wookey Hole Diver’s Dry Suit) necessitava di almeno 15 kg di zavorra. Anche con

l’avvento delle mute umide che sembravano poter garantire migliori qualità termiche o forse maggiore

protezione dalle abrasioni, le cose non cambiarono dal punto di vista del bilancio idrostatico

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Penetrazioni “Bottom Walking” e a secco (immagini tratte da Martyn Farr, The Darkness Beckons, Diadem Books, London

1991)

Anche con il graduale passaggio alle mute umide in tessuto gommato a cominciare dal 1961, le cose

cambiarono poco e si complicarono con l’avvento del neoprene. Gli elevati spessori utilizzati per

amplificare l’azione coibente del materiale esigevano notevoli quantità di zavorra per essere

affondati ma, chiaramente, rendevano lo speleosubacqueo decisamente negativo con l’aumentare

della profondità. La speleosubacquea inglese, italiana e francese, come quella di altre aree d’Europa,

crebbe con caratteristiche notevolmente differenti rispetto all’esperienza americana. In Messico e

negli Stati Uniti, gli straordinari ambienti ipogei avrebbero determinato infatti un netto distacco dalle

tecniche e dalle configurazioni del Vecchio Continente.

L’esperienza americana e le prime innovazioni dello stile Side (No) Mount europeo

Guardando al Side Mount così come lo conosciamo oggi e pensando alla sua lontana genesi nelle

grotte inglesi, difficilmente riusciamo a trovare dei punti di contatto. Se non fosse perché entrambi

sono caratterizzati dallo spostamento delle bombole ai lati del corpo, nient’altro è in grado di

accomunare la leggerezza che il Side Mount odierno esprime rispetto alle immagini del passato

colme di senso di pesantezza, quasi che la gravità avesse infierito su quei pionieri più di quanto sia in

grado di fare oggi. L’evoluzione verso uno stile più pulito, ergonomico e bilanciato dal punto di vista

idrostatico è stata supportata allo stesso modo dalla temperatura dell’acqua e dagli spaziosi ambienti

che sistemi carsici come quello della Florida e dei Cenotes in Messico sapevano regalare. Come uno

stile d’immersione, legato essenzialmente a spazi limitati ed esigui con la necessità di lunghe e

faticose penetrazioni aeree, abbia potuto insinuarsi in una situazione ipogea così diversa, non è però

di facile comprensione. Innanzitutto, dobbiamo pensare alla difficoltà che la comunicazione

incontrava nel periodo preso in considerazione. L’eco delle imprese compiute o delle tecniche

utilizzate non era amplificato da quel tam tam internettiano e multimediale che conosciamo oggi. Si

sviluppavano realtà piuttosto chiuse che si nutrivano quasi esclusivamente delle proprie esperienze.

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Tutto aveva i contorni sfumati del passaparola, pervaso dall’autoreferenzialità e lontano dallo spirito

del confronto. Difficile quindi determinare quanto l’esperienza inglese abbia potuto influire

sull’evoluzione verso il Side Mount nel territorio americano. Quello che è certo è che in questo paese

la sperimentazione del sistema venne portata avanti da esploratori molto conosciuti e, spesso, ebbe

il carattere non di una precisa scelta quanto piuttosto dell’evento fortuito ed occasionale sotto la

spinta di necessità contingenti. Nessuna guerra di posizioni o contrapposizioni filosofiche rispetto allo

stile Back Mount imperante, quanto piuttosto un approccio candidamente utilitaristico. Ciò che

caratterizzava i primi grandi esploratori del mondo sommerso, non ancora permeato da interessi e

vincoli commerciali, era il senso della convenienza e dell’utilità. Si prendeva tutto ciò che poteva

essere utile a perseguire un fine specifico sfruttando ciò che c’era a disposizione, le sue varianti e

spesso diventando inconsapevolmente laboratori di nuove idee. Sembra che l’occasione ufficiale

dell’utilizzo del Side Mount in Florida possa essere legata a due famosi esploratori, Sheck Exley e Wes

Skiles, e ad un triste episodio accaduto Royal Spring nel nord della Florida sul finire degli anni 70. Essi

furono infatti costretti a sperimentare una configurazione Side Mount dopo alcuni vani tentativi di

recuperare il corpo di un subacqueo bloccato in un cunicolo angusto con le tradizionali bombole

sulla schiena .

Man mano che le pinne sostituivano gli scarponi, si sentiva l’esigenza di migliorare la configurazione

per renderla più bilanciata dal punto di vista idrostatico, a cominciare dall’introduzione in acqua

dolce delle bombole d’allumino rispetto a quelle d’acciaio e del CA (Compensatore d’Assetto o BCD,

GAV, Jacket ecc.)

La Florida, con i suoi ambienti ipogei caratterizzati da ampi spazi sommersi, diede l’occasione per una

svolta importante alle caratteristiche della configurazione europea. Alla fine degli anni 70’, Woody

Jasper6 modificò “il sistema all’inglese” spostando le bombole più in alto ed introducendo appunto il

CA. Era l’inizio di una sperimentazione per adattare un sistema che presentava degli straordinari

vantaggi ad un’ambiente decisamente diverso. Più che risolvere problemi di penetrazione, molto

spesso il sistema consentiva una più efficace gestione della logistica esterna, riducendo le difficoltà di

trasporto di pesanti bibombola verso i luoghi d’immersione con ingressi disagevoli o lontani dalle

principali vie di comunicazione. Wes Skyles7, esploratore e documentarista del National Geografic,

continuò la sperimentazione dell’amico ampliando le possibilità del sistema all’interno di sistemi di

grotte quali Cow Spring e Juge Hole.

6 Woody Jasper focalizzo i suoi interessi sul Side Mount a seguito di un incidente che lo rese incapace di

utilizzare il manifold 7 Wesly Skyles, scomparso a seguito di un misterioso incidente subacqueo nel 2010, fu uno dei più importanti e

conosciuti speleologi subacquei della Florida. Il film “Sanctum” di James Cameron è ispirato ad una avventura

occorsa ad una sua spedizione speleosubacquea.

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Da sinistra a destra: Woody Jasper, Wes Skyles, Lamar Hires

Nel 1995, Lamar Hires, fondatore della Dive Rite ed allievo di Wes Skyles, creò il Transpac un imbraco

che poteva essere adattato al Side Mount. Questo prodotto racchiudeva in se tutti i suggerimenti

provenienti dalla sperimentazione individuale che aveva prodotto in passato numerosi strumenti

artigianali, ma gettava le base di quello che sarebbe stato dieci anni più tardi il primo vero sistema

per Side Mount, il Nomad.

A sinistra il Transpac e a destra il Nomad, il primo sacco ad essere impiegato solo in configurazione Side Mount

Da quel momento l’industria subacquea aveva identificato una nuova tipologia di produzione per un

nuovo mercato in potenziale espansione. Seguirono infatti l’Armadillo, il Recon, l’Hollis SM 100, ecc.

L’elemento che contraddistingue l’evoluzione del design è la ricerca dell’aspetto minimalista con la

progressiva riduzione delle dimensioni dei sacchi e la volontà di sfruttare una migliore ergonomia.

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Il Side Mount e l’incontro con la configurazione hogarthiana

Durante gli anni 80 in Florida, attorno al gruppo

speleosubacqueo del WKPP, si stava sviluppando un intenso

dibattito sulle configurazioni migliori da utilizzare in grotta.

Anche se questo sistema concentrava tutte le sua attenzioni

sullo stile Back Mount, con la costruzione di un sistema

estremamente rigido e standardizzato, molti dei presupposti

erano assolutamente condivisibili ed esportabili per lo stile Side

Mount.

La filosofia di Bill Hogarth Maine8 venne applicata anche al sistema Side Mount attraverso importanti

scelte di ergonomia e di pulizia dell’intero sistema. Lo stesso Steve Bogaerts utilizza l’aggettivo

“bogaerthian “ per identificare una

configurazione ed un modo di fare

Side Mount che si avvicina al principio

hogarthiano del “meno è meglio”. La

sua ricerca si tradusse nella

realizzazione di un CA estremamente

contenuto, il razor, capace di

assecondare pienamente la filosofia

dello stile d’immersione hogarthiano.

Nel suo sistema Side Mount, che egli

stesso definisce “bogaerthiano” per

l’egemonia degli influssi hogarthiani, la

ricerca di semplicità e minimalismo si

concretizzò oltre che in una razionalizzazione del bilancio idrostatico e delle scelte idrodinamiche,

anche in un’accurata configurazione degli erogatori mutuata dallo stile Back Mount. Chiaramente,

non potendo contare sulla presenza di un manifold, le bombole distribuite ai lati del corpo erano

separate e per questo dovevano essere dotate rispettivamente di un primo, di un secondo stadio e di

un manometro. Il subacqueo respira alternativamente dall’erogatore principale con frusta lunga

collegato alla bombola di destra e da quello di backup (vincolato al collo con elastico) collegato a

quella sul suo lato sinistro, al fine di bilanciare il gas nelle bombole e di conseguenza la loro spinta

idrostatica. Questo sistema consente una ottimale gestione dei guasti poiché permette di escludere

una delle due bombole a seguito di un problema in qualsiasi punto del loro circuito. Lo svantaggio è

8 Bill Hogarth Maine è considerato il padre della “configurazione hogarthiana” che da lui ha infatti preso il

nome. I principi sui quali essa si basa sono “meno è meglio” e “se non ti serve non portarlo”, contribuirono alla

creazione di una configurazione essenziale, idrodinamica e molto pulita

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che ci si possa trovare nella condizione di dover effettuare una donazione mentre si sta respirando

dal backup riducendo notevolmente l’efficacia dell’atto. Lo stile Side Mount boegarthiano, con la

scelta della separazione delle due bombole, prendeva una posizione netta nella diatriba che

coinvolgeva il mondo della subacquea tecnica tra i sostenitori del manifold separatore ed il mondo

DIR. Quest’ultimo infatti, considerando che un gran numero d’incidenti in grotta poteva essere

collegato ai delicati e continui cambi d’erogatore per il bilanciamento del gas nelle bombole, aveva

definitivamente optato per un manifold capace di pescare da entrambe le bombole. Il vantaggio di

poter escludere un circuito in caso di guasto salvando metà del contenuto del gas continuava ad

avere effetto ma, cosa molto importante, il subacqueo poteva continuare a respirare sempre

dall’erogatore con la frusta lunga per la donazione.

L’evoluzione del Side Mount: Monkey Diving ed immersione ricreativa

Come abbiamo potuto certamente notare fin qui, il Side Mount ha una origine strettamente legata

alla speleosubacquea e trova ancor oggi numerosi sostenitori tra i frequentatori dei più svariati

ambienti ipogei di tutto il mondo. Una delle caratteristiche principali di questo stile d’immersione è

infatti la flessibilità che ben si adatta alle svariate necessità operative e logistiche dell’immersione in

grotta. La grande facilità con cui si può smontare e ricomporre per le differenti esigenze di

un’immersione, rende il Side Mount perfettamente adattabile ai più diversi ambienti. Anche le più

ampie grotte sommerse possono presentare notevoli difficoltà d’accesso, o perché situate in zone

montane impervie o perché localizzate magari in mezzo una fitta giungla equatoriale. I sentieri di

accesso a queste ambite mete d’immersioni possono risultare troppo tortuosi ed impervi per

consentire il passaggio con pesanti bibombola in acciaio, tenuti insieme dalle fasce metalliche. Le

difficoltà logistiche possono quindi essere superate in maniera efficace dal trasporto sul luogo

d’immersione di leggere bombole in alluminio da 11,5 litri, che oltretutto sono di facile reperibilità

poiché possono essere considerate le più diffuse al mondo. Fino a questo punto si è però parlato di

immersioni complesse per logistica e difficoltà intrinseche. Qualcuno potrebbe a questo punto

obiettare: ma che cosa centra questo tipo di immersioni estreme con la subacquea ricreativa? La

gestione ridondante del gas nel Side Mount tradizionale, poiché le bombole sono completamente

separate, è affidata a due primi e due secondi stadi che vengono usati in maniera alternata per

bilanciare le bombole stesse e di conseguenza l’assetto del subacqueo. Questo tipo di configurazione

e la relativa tecnica di utilizzo hanno quindi ben poco di ricreativo. La nuova sfida del Side Mount

negli ultimi anni è stata, ed è ancora, proprio quella di far uscire il sistema dalla nicchia della

subacquea tecnica e speleologica per avvicinarlo al mondo della ricreativa. Risulta interessante

notare come questa operazione sia stata compiuta in passato anche per lo stile Back Mount. La

subacquea ricreativa Back Mount con monobombola rappresenta una seconda generazione

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subacquea rispetto agli inizi in cui imperava il bibombola con gruppi erogazione separati. Ancora

oggi, nell’era dell’”Octopus” ricreativo, alcune agenzie didattiche attuano scelte di compromesso

affidando alla presenza di due gruppi distinti di erogazione collegati ad una sola bombola il compito

di restituire una parvenza di sicurezza alla gestione del gas, ben sapendo che in realtà ciò offre solo

un vantaggio approssimativo per la mancanza di un manifold e contenitori separati. Altrettanto

interessante è notare come delle varianti del Side Mount bibombola siano da sempre state praticate

dai subacquei Back Mount quando gli scopi dell’immersione lo suggerivano. La pratica di utilizzare gli

scooter in pochi metri d’acqua, indossando unicamente lo schienalino (backplate) e una bombola

stage o decompressiva, era ed è talmente diffusa tra gli utilizzatori del Back Mount da diventare un

vero e proprio stile, anche se sarebbe meglio parlare di “abitudine” d’immersione. Nel 2005 Andrew

Georgitsis e Faisal Khalaf coniarono per esso il termine di “Monkey Diving” che diventò

estremamente popolare grazie alla diffusione di svariati video in Internet. Si tratta di un tipo

d’immersione condotta in acque superficiali votata al più assoluto relax e divertimento. Spesso un

modo per spezzare o inframezzare una vacanza di immersioni impegnative o, altrettanto spesso,

utilizzata per perlustrare laghi, fiumi e torrenti per

valutare la fattibilità di future immersioni o per

qualsiasi altra ragione fosse necessario tuffarsi in

pochi metri d’acqua senza avere troppi fastidi

logistici. Il subacqueo indossa lo stesso schienalino

utilizzato per il Back Mount e posiziona una

bombola con l’apposito imbraco al fianco. Come

ridondanza di sicurezza viene spesso ricostruito un

octopus aggiungendo un secondo stadio di backup

sulla bombola. La semplicità di questa tipologia

d’immersione va di pari passo con la facilità degli

ambienti in cui può essere utilizzata. Le acque calde

la muta umida hanno favorito il successo di questa “abitudine”, proprio perché la presenza della

muta stagna con pesanti sottomuta avrebbe richiesto eccessive quantità zavorra che avrebbero tolto

la praticità e divertimento al sistema stesso (per essere utilizzato per la perlustrazione di fiumi e

torrenti dove l’acqua è gelida, occorre infatti aumentare notevolmente la zavorra sul backplate

riducendo i vantaggi ed il fascino libertario del sistema stesso). Il limite del sistema, segnato dalla

scarsa profondità e dall’acqua calda, trova la sua giustificazione proprio nelle modeste condizioni di

sicurezza relative alla mancanza del CA ed alla configurazione dei secondi stadi nel momento della

donazione in caso di OOA. Il Monkey Diving, anche se consacrato da uno come Andrew Georgitsis

che incarna il sistema DIR, ne rappresentava l’antitesi. Il senso di libertà però contribuiva a stimolare

il desiderio in molti subacquei di riuscire a trasferire a questo stile d’immersione la stessa dignità del

Subacqueo in configurazione Monkey - http://monkey-diving.com/

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Back Mount ovvero, configurare il Side Mount monobombola allo scopo di essere utilizzato dal

subacqueo ricreativo, mantenendo però inalterate le abilità e conoscenze sviluppate nel Back Mount.

Lo Z-System: Il Side Mount DIR/hogarthian di UTD

Come detto poc’anzi, il Side Mount trovava poca affinità con il sistema d’addestramento DIR. Anche

se la presenza delle bombole al fianco sinistro non rappresentava una novità, poiché faceva parte

della configurazione utilizzata nei corsi tecnici. Era tutto il resto che non quadrava, a cominciare dalla

mancanza di un manifold e dalla distribuzione delle fruste che avrebbe costretto un ripensamento

totale delle abilità acquisite e, di conseguenza, di tutto il metodo d’addestramento. Lo scoglio

principale da superare per utilizzare il Side Mount all’interno dell’addestramento DIR/hogarthian di

UTD era quello di riuscire ad appropriarsi dei vantaggi offerti dal nuovo sistema integrandolo però a

quello Back Mount esistente. Una cosa analoga era stata compiuta all’interno del WKPP, nel

momento in cui gli evidenti limiti alla penetrazione imposti dal circuito aperto resero necessario

riconsiderare le posizioni filosofiche relative all’impiego dei rebreather. La macchina e l’elettronica

diffondevano un particolare senso di disagio in chi era abituato al controllo totale sull’immersione e

sulle strategie d’utilizzo condiviso dei gas. Lo sforzo nel cercare di rendere compatibile la tecnologia

con l’addestramento DIR/hogarthian, si concretizzò nell’Halcyon pSCR. Nell’utilizzo di queste

macchine, niente di quanto imparato dal subacqueo durante le fasi d’addestramento sostenute in

ambito DIR doveva cambiare, soprattutto durante le fasi concitate di un’emergenza subacquea. Allo

stesso modo, anche il Side Mount doveva integrarsi all’interno delle abilità acquisite, richiedendone

la minima quantità di nuove e, comunque in assoluta coerenza con quelle già ottenute. L’anima della

configurazione hogarthiana, sulla quale si costruisce tutto l’addestramento DIR, doveva rimanere

inalterata o quanto meno subire minimi cambiamenti non conflittuali. L’obbligo era quello di riuscire

a rispettare i tre principi cardine: coerenza, modularità ed intercambiabilità.

Coerenza - L’idea di inserire un manifold capace di distribuire il gas che esce dalla bombola in bassa

pressione a tutti i dispositivi della configurazione hogarthiana, determina il primo grande vantaggio,

quello cioè di ricostruire alle spalle del subacqueo la stessa configurazione delle fruste utilizzata nel

Back Mount e di consentire la respirazione sempre dalla frusta lunga. La memoria muscolare e tutte

le procedure di team, apprese durante l’addestramento di base, rimangono inalterate poiché una

volta attaccato al primo stadio attraverso l’attacco QC6, il gas raggiunge immediatamente tutti i

dispositivi. Anche in presenza di una sola bombola, la situazione è analoga a quella di un octopus

ricreativo. Frusta lunga, back up, CA, stagna (ricreativo) vengono utilizzate sfruttando la memoria

muscolare consolidata.

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Modularità – Il vantaggio più importante

del manifold e delle connessioni QC6 è

legato alla capacità del sistema di essere

modulare ed espandibile ( di questo

importante strumento si parlerà più

avanti compiutamente). Significa che il

sistema può essere integrato ed

accresciuto in base alle difficoltà tecniche dell’immersione quindi due o più bombole fino ai massimi

livelli di difficoltà. In particolar modo, l’introduzione del manifold agevola l’integrazione dei circuiti

dell’ MX Z-rebreather, consentendo al Side Mount di essere facilmente integrato con la più leggera

ed idrodinamica configurazione CCR sul mercato. Lo Z-Side Mount System di UTD può essere

considerato un condensato minimalista delle strumentazioni utilizzate nelle più moderne

apparecchiature subacquee.

Intercambiabilità – L’attrezzatura utilizzata per il Back Mount

può essere utilizzata anche nel Side Mount senza grosse

difficoltà ed ingenti spese. In base alle esigenze, finalità e

particolarità di un’immersione si può procedere all’utilizzo del

Back Mount o del Side Mount. Ciò favorisce anche la

formazione di team misti con subacquei che hanno la capacità

di utilizzare sistemi diversi ma che condividono le stesse

procedure

Nella seconda parte verrà analizzata nel dettaglio l’attrezzatura destinata al sistema Side Mount

Bibliografia

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Exley S., Basic Cave Diving, NSS 1986

Farr M., The Darkness Beckons, Diadem Books, London 1991

Fileccia A., Speleologia Subacquea, Vallardi &C., Milano 1996

Kakuk B., Heinerth J., Side Mount Profiles, Heinerth Production Inc., Florida 2010

Sistema erogazione del gas del Z- Side Moun. Si possono collegare una o due bombole in base alle esigenze ricreative o tecniche dell'immersone

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Stone W.C., The Wakulla Spring Project, Ed. William Stone, 1989

Thiry J.P., Techniques de plongee souterraine, Societé Spelologique de Wallonie 1986

Turchet F., L’immersione in corrente, La Mandragora, Imola, 2010

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