lo sguardo | il numero trentacinquesimo

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FREE PRESS abbiate pieta almeno di chi non puo difendersi Lo Sguardo | mensile di libera informazione per ogni libero lettore Lo Sguardo numero trentacinquesimo www.losguardo.eu anno quarto Redazione e Direzione Goito MN | Stampa Studio Grafico Mela+a Goito | Registrato presso il Tribunale di Mantova n° 01/2012 del 24/02/2012 AUTOPSIE MEDIATICHE

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Page 1: Lo Sguardo | Il Numero Trentacinquesimo

FREEPRESS

abbiate pieta almeno di chi non puo difendersi”“

Lo Sguardo | mensile di libera informazione per ogni libero lettoreLo Sguardonumero trentacinquesimo

www.losguardo.euanno quarto Redazione e Direzione Goito MN | Stampa Studio Grafico Mela+a Goito | Registrato presso il Tribunale di Mantova n° 01/2012 del 24/02/2012

AUTOPSIEMEDIATICHE

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2 Lo Sguardonumero trentacinquesimo

ASSUEFATTIDAL DOLORE

L’EDITORIALE di olga annibaletti

È recente la notizia che alcuni parenti di Loris Stival, il bambino deceduto in circostanze ancora da chiarire nel Novembre dello scorso anno, abbiano percepito diverse somme di denaro in cambio di comparsate nei salotti televisivi dove, imboccati a più riprese, avrebbero so-stanzialmente recitato un copione a discrezione degli autori dei programmi. La cosiddetta “tv del dolore” non è nuova a cose di questo genere ma fa sempre un po’ impressione rendersi conto che esistono situazioni nelle quali anche la morte di un innocente bambino torna utile per fare cassa. La condivisione morbosa di dettagli, video rubati all’in-timità familiare, foto d’infanzia, primi piani di lacrime, camerette immacolate, tutto è lecito quando si danno in pasto a milioni di telespettatori spaccati di vita altrui come a volerci far dire che anche se questo non capiterà mai a noi, possiamo almeno sbirciare nel dolore altrui, quel dolore che nella tv spazzatura di oggi fa share e attira i voyeur della morte.Sono decine, purtroppo, i delitti celebri sui quali si è scritto e detto tutto e il contrario di tutto, siamo tal-mente assuefatti al dolore che a stento riconosciamo quando si è superato, se non il limite della decenza, al-meno quello del buonsenso e del rispetto per le ignare vittime che vengono ripetutamente smembrate me-diaticamente. Questi pseudo addetti all’informazione pubblica, come cani affamati, vanno a caccia di intrighi e sordidi segreti, e guai ad aver avuto delle vite senza scheletri nell’armadio perché allora si avanzeranno illa-zioni, ipotesi strampalate fino a spingersi anche alla ca-lunnia, qualora fosse necessario, tutto pur di incassare telespettatori. Ci stiamo abituando al male e il frenetico ritmo dei tg e dei talk show, non fa che amplificare l’incapacità di ela-borazione di ciò che stiamo vedendo fino a renderci pas-sivi e del tutto inermi, privi della fondamentale capacità di percepire la realtà per quello che è, trasformando le tragedie in vicende da tv, patinando il tutto fino a non avere più il senso di ciò che è accaduto.I processi al giorno d’oggi sono ben lontani dalle aule di tribunale e quando vi si approda l’opinione pubblica ha già sentenziato, al punto che è più facile che un “super-testimone” parli davanti alle telecamere del pomeriggio piuttosto che in una questura; tutto questo ci aiuta a dare il senso del dolore oggi, come vengono vissute e come vengono percepite le morti, tanto che fa notizia quando un genitore non si lascia nemmeno avvicinare

dai giornalisti, ci stupisce quando non ci sono parenti a rilasciare una qualunque dichiarazione. Insieme allo share crescono i partiti degli innocentisti e dei colpevolisti, si susseguono commenti sui social media e ci si schiera di qua o di là come se si trattasse di una partita di pallone. La spettacolarizzazione della morte ha trasformato la percezione che la massa ha di essa, contribuendo a rendere i più del tutto indifferen-ti, completamente privi di qualsivoglia compassione di fronte a tutto quello che non sia materiale per Pomerig-gio Cinque e affini.Sbaglia chi guarda o chi trasmette? La domanda è an-cora senza risposta ma il dibattito resta aperto e ciclica-mente si ripresenta l’occasione per prendere finalmente una posizione netta che sia di monito per tutti gli scia-calli privi d’anima che avrebbero il compito di fare infor-mazione mentre, invece, puntano solo alla commedia drammatica; Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine dei Giornalisti, ha dichiarato che saranno denunciati tutti i casi di esercizio abusivo della professione utilizzando “l’occhio umido” e la “recitata partecipazione” per fare ascolti e lucrare sulle tragedie altrui. Questo fenomeno negativo si potrebbe spiegare considerando che sono pochissime le trasmissioni che si occupano di cronaca ad essere condotte da giornalisti, pochi anche gli iscritti all’Ordine presenti come ospiti, e il rischio è che questa mancanza di professionalità - intesa come padronanza del mestiere - crei una discrepanza tra fatti concreti ed eventi romanzati, che è quello al quale assistiamo ogni giorno davanti ai teleschermi.Aldo Grasso, parlando di come i mass media seguirono la tragedia di Vermicino, durante la quale trent’anni fa la Rai trasmise in diretta l’agonia fino al tragico epilogo di un povero bambino intrappolato da giorni in un poz-zo, disse che: “una cosa è soffrire, un’altra vivere con le immagini della sofferenza, che non rafforzano necessa-riamente la coscienza o la capacità di avere compassio-ne, anzi possono anche corromperle”.L’empatia per un dramma non si manifesta sicuramen-te attraverso la dissezione virtuale del cadavere della vittima, né tantomeno ascoltando per giorni le testi-monianze di amici, parenti e vicini; fiumi di parole che fanno quasi dimenticare di chi si sta parlando fino a fare sembrare tutto un infinito caso di cronaca, con plastici e ricostruzioni degne delle peggiori fiction di serie b.La vita non è un film e non lo è nemmeno la morte, ab-biate pietà almeno di chi non può difendersi.

ciclicamente si ripresenta

l’occasione per prendere

finalmente una posizione

netta che sia di monito

per tutti gli sciacalli

privi d’anima che

avrebbero il compito di

fare informazione mentre,

invece, puntano solo alla

commedia drammatica.

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Lo Sguardonumero trentacinquesimo

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@Flavio Casetta

“Ho sentito per passaparola dei fatti accaduti ieri sera a Parigi perche' non guardo mai la TV. E' terribile quel che e' successo e penso a quanti son usciti di casa per passare un weekend e non torneranno indietro perche' finiti in mezzo ad un gioco piu' grande di loro e di noi tutti. Non so' se sono stati gli arabi invasati, i servizi segreti travestiti da arabi, non lo so'. Provo dispiacere per delle vite buttate nel cesso in questo modo. Non punto il dito contro nessuno, se non contro i fondamentalismi. Non importa in nome di quale dio si compiano questi atti, importa invece del fatto in se'. Io sono sempre del parere che se ripudiassimo il dio fatto a nostra immagine e somiglianza si vivrebbe meglio perche' se dio e' mistero, se dio e' cio' con non conosciamo, non potremmo definirlo e conoscerlo e saremmo accomunati solo dal desiderio di entrare in contatto con lui senza spingerci oltre.Non approvo tutte quelle immagini commemorative che pervadono i social network, tanto tra due giorni si tornera' a parlare di figa e di impicci altrui. Dovremmo invece vi-vere tutti i giorni con la consapevolezza che i responsabili di questi fatti siamo anche noi, con il nostro modo di vivere da paese dei balocchi, e piu' di tanto non dovremmo stupirci. Non credo in fondo che la religione in se' perseguisca la violenza, ma credo invece che in molti casi la religione diventi gioco di potere, di politica, strumento di manipolazione e dominio.Le risorse energetiche non sono infinite, e far vivere sopra la media alcuni di noi vuol dire che altri pagano per noi. Perche' alla base di questi scontri stanno le risorse energetiche. Purtroppo noi non abbiamo la loro determinazione e soccomberemo. Noi che abbiamo la pancia piena siamo amorevoli e compassionevoli. Loro sono affamati. Ma in fondo credo lo siano perche' noi mangiamo anche per loro e gli buttiamo le poi le briciole.Un quesito, sollevato dal fisico italiano Tullio Regge: se questi conflitti nascono per una cattiva ripartizione delle ricchezze, chiedetevi di quanto abbia bisogno un uomo per vivere e provate ad immaginare quanto consumiamo noi e quanto consumano nel terzo mondo. Per vivere meglio, servirebbe una migliore ripartizione delle ricchezze. Ma l' uomo e' affamato, e lo sono tanto loro quanto noi. L' unica differenza, e' che noi ab-biamo le vivande.”

@Marco Giulio Camurri

“Su questo pianeta ci sono persone catti-ve e che “vorrebbero solo vedere il mondo bruciare”. E’ un dato di fatto. Ci sono.Però il seme della pazzia nella testa di que-ste persone spesso non germoglia se non c’è un concime adatto. Potete venirmi a dire che quelli che han fatto il macello a Parigi erano dei pazzi, dei perversi, gente cattiva in partenza, ed è tutto vero, ma senza la promessa di un pa-radiso con delle vergini da violentare non si sarebbero lanciati in attentati al costo della loro stessa vita.Venitemi pure a raccontare che c’è qual-cuno che tira i fili, forse è anche vero, ma senza quello schifo che si chiama religione questi pazzi non avrebbero fatto quello che han fatto.Mi sfugge come l’evoluzione umana abbia generato il “senso della religione”, spero che il DNA si liberi presto della parte che dà origine alla necessità di guardare oltre la propria morte e dare all’aldilà piu’ im-portanza che all’aldiqua. Se ci fosse un dio con un minimo di bontà d’animo dovrebbe scendere ora per mettere fine a tutti gli omicidi perpetrati nel suo nome. Bastereb-be una parola, UNA, per mettere a tacere quelli che credono nei falsi déi. Il fatto è che di divinità non ne esiste alcu-na, oppure che Dio è cosi sadico da restare lassù e godersi lo spettacolo.Spero davvero che l’evoluzione faccia la sua parte. Presto. E che i bastardi a cui ver-rà in mente di emulare i terroristi di oggi levino il prima possibile il proprio DNA dalla discendenza umana, possibilmente senza portare con sè altri innocenti.”

@ Gino Strada

“La guerra e’ lo strumento piu’ crudele e piu’ stupido che si possa immaginare e non funziona nemmeno“. Se si va a guardare indietro nella storia, le guerre sono state sempre decise dai ricchi e dai potenti che hanno mandato a morire i figli dei poveri. Non ci sono popoli che vogliono la guerra, altrimenti i governi non dovreb-bero raccontare palle per mandare la gente in guerra. E’ un refrain che sentiamo sempre. Ogni volta c’e’ stato un salto di qualita’. Ma quello che sta succedendo e’ o non e’ legato anche alla politica di guerra? Alla scelta della guerra? E’ questa scelta che crea i disastri. E’ possibile che non riusciamo a pensare un mondo sen-za guerra? Siamo l’unica specie che si fa la guerra. La guerra distrugge pezzi di umanita, e’ contro l’uomo, e’ disumana. Dobbiamo toglierci la guerra dalle palle, come si suol dire.”

#prayforPARIS

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Nella sera di venerdì sette attentati a Parigi hanno cau-sato la morte di almeno 120 persone, secondo le stime della magistratura francese. Gli assalitori hanno utilizza-to armi di diverso tipo, ci sono state sparatorie e secondo le prime ricostruzioni alcune esplosioni. Non ci sono an-cora rivendicazioni affidabili degli attentati.François Molins, il procuratore di Parigi, ha dato qualche informazione sul numero delle persone uccise negli at-tacchi: ha parlato genericamente di “alcuni morti” allo Stade de France, di 18 morti in rue de Charonne, di un morto in boulevard Voltaire, di 5 morti in rue dela Fon-taine au Roi e di 14 morti in rue Alibert. Non ha invece dato informazioni precise sulle persone morte al Bata-clan, un locale piuttosto famoso anche per i suoi concer-ti, dove sono state tenute in ostaggio circa 100 persone: la polizia ha fatto irruzione nella notte, liberando decine di persone; secondo le autorità sono morti gli assalitori e i media francesi parlano di quattro persone morte tra le forze di sicurezza (non è chiaro se si tratti di agenti). Molins ha parlato di 5 assalitori morti, ma le notizie sono ancora molto confuse e non è chiaro chi abbia organizza-to e condotto gli attacchi. Alla cittadinanza è stato con-sigliato di restare in casa. Ci sono state anche esplosioni fuori dello Stade de France – nel nord della città – lo sta-dio dove questa sera si stava giocando una partita ami-chevole tra le nazionali di calcio di Francia e Germania. Il presidente francese François Hollande, presente allo stadio, è stato fatto allontanare per ragioni di sicurezza. Hollande ha tenuto una conferenza stampa poco dopo

Anonymous è una forma di attivismo politico e un fenomeno di Internet che identifica singoli utenti o intere comunità online che agiscono anonimamente - in modo coordinato o anche individualmente - per perseguire un obiettivo concordato anche approssi-mativamente. In un videocomunicato diffuso in rete,

francia: la strage del tredici novembre

sette attentati, oltre un centinaio di vittime, piu di 300 feriti di

cui molti gravi. il presidente ha dichiarato lo stato di emergenza

gli attacchi: ha dichiarato lo stato di emergenza e ha an-nunciato il ripristino dei controlli alle frontiere. Intanto è stata convocata una riunione di emergenza al ministero degli Interni per fare il punto della situazione.Quello di venerdì sera in Francia è il più grave attacco terroristico contro una città europea dalle esplosioni di Madrid del 2004, che portarono alla morte di 191 per-

sone. Per la Francia, poi, è il secondo grave attacco nel giro di un tempo relativamente breve: sono passati 11 mesi dalla strage nella redazione di Charlie Hebdo e in un supermercato kosher di Parigi, mentre lo scorso ago-sto solo l’intervento di tre persone ha evitato una nuova strage su un treno che viaggiava da Amsterdam a Parigi. [da Il Post]

anonymous#opparis“siamo sulle tracce

dei terroristi e

non ci fermeremo”

un avatar legge con un forte accento francese una brevissima nota sugli attentati di Parigi chiamando a raccolta tutti coloro che si riconoscono negli ideali di libertà della galassia hacktivista. Il video annuncia ufficialmente l'apertura di #OpParis e l'intenzione di perseguire autori, mandanti e fiancheggiatori degli attentati parigini. Questo il testo: "Saluti a voi, citta-dini del mondo. Noi siamo Anonymous. Prima di tutto vogliamo esprimere il nostro dolore e solidarietà per le vittime, i feriti e le loro famiglie. Per difendere i nostri valori e la nostra libertà siamo sulle tracce degli appar-tenenti ai gruppi terroristici responsabili degli attacchi, non ci fermeremo, non dimenticheremo, e faremo tutto il necessario per porre fine alle loro azioni. Durante gli attacchi a Charlie Hebdo, avevamo già dichiarato la nostra determinazione a neutralizzare chiunque attac-casse le nostre libertà. Adesso faremo lo stesso. Aspet-tatevi la nostra totale mobilitazione. La violenza non ci indebolirà, ma ci darà la forza per unirci e combattere insieme la tirannia e l'oscurantismo. Noi siamo Ano-nymous. Noi siamo legione. Non dimentichiamo. Non perdoniamo. Aspettateci". [ADC]

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Lo Sguardonumero trentacinquesimo

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Due uomini israeliani sono stati uccisi in seguito a un’aggressione nei pressi di Hebron, in Cisgiordania. I due uomini sono padre e figlio, hanno rispettivamente 40 e 18 anni e sono stati uccisi con dei colpi di arma da fuoco mentre stavano percorrendo in automo-bile una strada nei pressi della colonia israeliana di Othniel. Haaretz, il più importante quotidiano israeliano, ha scritto che al momento dell’attacco oltre ai due uomini erano presenti in macchina altri cinque loro familiari: fra questi c’è un sedicenne lievemente ferito e secondo la televisione israeliana Channel 2 tre bambini ricoverati in ospedale in stato di shock. Non è ancora chiaro chi abbia compiuto l’attacco, ma il partito po-litico di estremisti islamici Hamas ha lodato sul proprio sito ufficiale «la coraggiosa azione portata avanti dalla resistenza a sud di Hebron».L’attacco di oggi fa parte di una serie di notevoli violenze accadute a Hebron, una città piuttosto pericolosa anche in tempi relativamente distesi del conflitto fra Israele e Pa-lestina e in cui è già accaduto in passato che venissero attaccate automobili israeliane. Sempre a Hebron venerdì mattina un ragazzo palestinese è morto a cause delle ferite riportate dopo uno scontro con l’esercito israeliano durante il funerale di un altro ra-gazzo palestinese, ucciso mercoledì in un ospedale di Hebron da alcuni agenti israelia-ni travestiti da palestinesi. Venerdì pomeriggio invece, dopo l’attacco all’automobile israeliana, un ragazzo palestinese di 23 anni è stato ucciso durante uno scontro con l’esercito isreliano. Dall’inizio di ottobre, da quando cioè è cominciato un nuovo ciclo di violenze fra israeliani e palestinesi, sono morti almeno 14 israeliani e almeno 75 palestinesi, fra cui 45 stavano per compiere o avevano appena compiuto un attacco contro israeliani.Cosa sia successo esattamente nell’attacco di venerdì non è ancora chiaro: secondo Haaretz il responsabile è una persona sola, che si è appostata sulla strada finché non ha visto passare una macchina israeliana. L’agenzia di stampa palestinese Ma’an ha scritto che le autorità israeliane hanno isolato le strade che portano all’area dell’at-tacco e al vicino campo per profughi palestinesi di Fawwar. Ma’an ha anche scritto che i due uomini uccisi sono dei coloni israeliani, ma la notizia non è riportata dai media israeliani. L’attacco di venerdì ha una dinamica simile all’episodio che ha dato origine a questo nuovo ciclo di violenze, quando giovedì 1 ottobre una coppia di israeliani è stata uccisa in Cisgiordania, mentre viaggiava in auto sulla strada che collega gli insediamenti israeliani di Elon Moreh e Itamar, non lontano da Nablus.Un episodio più bizzarro è avvenuto invece giovedì 12 novembre all’ospedale di He-bron, nel quale prima dell’alba è entrato un gruppo di circa venti uomini definiti dal New York Times degli agenti segreti israeliani travestiti da palestinesi. Un uomo del gruppo era travestito da donna incinta ed era trasportato su una carrozzina. Il gruppo di uomini è stato ripreso da una telecamera di sicurezza dell’ospedale, il cui video è stato diffuso su YouTube.

israele e palestina: cosa sta accadendo

nuove e inarrestabili serie di violenze e scontri in cisgiordania

Nel video si vede il gruppo entrare nell’ospedale con molta circospezione, toglier-si man mano il travestimento e poi uscire nel giro di dieci minuti. Gli uomini erano entrati nell’ospedale per arrestare un ragazzo palestinese di 20 anni, che hanno ef-fettivamente catturato e portato via con loro. Nel corso dell’arresto però il gruppo di uomini ha anche ucciso il cugino dell’uomo arrestato, un palestinese di 27 anni. L’eser-cito israeliano ha confermato l’operazione, spiegando che l’uomo che hanno arrestato era sospettato di avere accoltellato un israeliano a ottobre in Cisgiordania, e che suo cugino ha assalito i soldati israeliani arrivati nell’ospedale.I giornali israeliani e internazionali sono ancora piuttosto cauti nel definire l’ultimo ciclo di violenze una “intifada”, un termine che descrive violenze e boicottaggi appog-giati dalle autorità palestinesi nei confronti degli israeliani. Stanno anche circolando i primi dubbi sul fatto che le recenti violenze siano state direttamente incoraggiate da post violenti circolati sui social network (diversi giornali italiani e internazionali hanno parlato di “Intifada di Facebook”, “Intifada 3.0”). Un’inchiesta pubblicata sul rispettato Times of Israel suggerisce che i social network abbiano avuto una parte nell’inaspri-mento delle violenze, ma che non siano così centrali come raccontato da alcuni gior-nali e che sostanzialmente siano ancora minoritari rispetto a forme di propaganda “tradizionale” come i canali televisivi legati ad Hamas o altri gruppi radicali. [da Il Post]

L’aeronautica francese nella notte tra domenica e lunedì 16 Novembre ha attac-cato la città siriana di Raqqa, considerata il principale centro di comando dell’ISIS (o Stato Islamico). In Francia, intanto, la polizia è ancora alla ricerca di Salah Ab-deslam, ritenuto uno dei terroristi coinvolti negli attentati di venerdì. Per ora si conoscono i nomi di altre quattro persone oltre a Salah Abdeslam, che avrebbero partecipato agli attentati: si tratta di Ibrahim Abdeslam, fratello di Salah, di Omar Ismaïl Mostefai, di Ahmad Al Mohammad e di Samy Aminour.

parigi, identificati

altri due attentatori

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Le prime elezioni democratiche della Birmania dopo la fine del regime militare nel 2011 hanno premiato La Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu kyi, 70 anni, celebre eroina della democrazia birmana. Ha inflitto una severa sconfitta al Partito dell’Unione, Solidarietà e Sviluppo guidato dall’attuale presidente Thein Sein, un ex generale vicino ai militari.Aung San Suu kyi,incarna la storia della Birmania moderna: è figlia dell’eroe dell’indipendenza birmana dall’impero britannico sancita nel 1947; si allontana da Rangoon nel 1960 seguendo la madre, ambasciatrice in India, vive in vari paesi e poi si stabilisce in Inghil-terra; sposa e madre, decide di ritornare in patria nel 1988. Il paese è scosso da rivolte contro la dittatura mi-litare; lei si unisce ai movimenti di rivolta e ne diven-ta uno dei leader. I militari sopprimono la rivolta nel sangue e disconoscono i risultati delle elezioni da lei vinte nell’anno successivo. Viene arrestata e passa 15 dei 20 anni successivi in prigione, agli arresti domici-liari o sottoposta a restrizioni nei suoi spostamenti. La sua popolarità internazionale cresce, diventa un’icona vivente della resistenza non violenta e riceve il premio Nobel. Finalmente libera nel 2012, prosegue con de-terminazione la sua battaglia politica sino alla vittoria di pochi giorni fa.I militari, pur legati al partito di Thein Sein, hanno ri-conosciuto la vittoria di Aung San e si dichiarano pronti a collaborare con il nuovo governo. “L’esercito farà del suo meglio, in cooperazione con il nuovo governo”, ha dichiarato il capo di stato maggiore Min Aung Hlaing in un discorso di fronte agli alti ufficiali delle forze armate, reso pubblico qualche giorno dopo. “La fiducia del pub-blico può essere guadagnata” ha aggiunto Min Aung Hlaing facendo appello alla “obbedienza e disciplina” dei militari. I militari mantengono comunque una forte influenza sulla politica birmana, hanno di diritto il 25 % dei seggi parlamentari e hanno il monopolio su alcune posizioni-chiave della struttura di potere del paese. Il processo di apertura alla democrazia, iniziato

birmania: la rivoluzione di aung san suu kyi

la figlia dell’eroe dell’indipendenza birmana cambiera il paese

da qualche anno, sembra comunque una via obbligata anche per il futuro: le sorti economiche della Birmania si sono risollevate proprio per questo, con il sostegno internazionale prima negato alla dittatura militare. La Birmania è ancora un paese molto povero, con un reddito medio di soli 1700 $ pro capite ed un tasso di disoccupazione di quasi il 40%. Ma il potenziale è no-tevole; pur avendo una base produttiva ancora legata all’agricoltura, le risorse naturali sono abbondanti – metalli, gemme e idrocarburi – e la popolazione è nu-merosa e giovane. Gasdotti di recente costruzione por-tano il gas birmano in Cina ed India; la francese Total è da qualche anno impegnata con le sue tecnologie per la produzione di petrolio e gas. Società cinesi, giappo-nesi, europee ed americane aprono uffici ed investono nel paese. La Birmania è povera di infrastrutture, ma è in costruzione una grande autostrada che collegherà Bangkok con l’India attraversando il territorio birma-no. I capitali provenienti dall’estero spingono quindi la crescita nel paese a tassi superiori al 5% annuo, ma l’e-conomia è in gran parte centralizzata e controllata dai militari. Questo è un freno allo sviluppo economico e alla diffusione del benessere: il nuovo Parlamento do-vrà varare riforme in senso liberale, se vuole assicurare al paese una crescita economica diffusa e sostenibile. Una sfida agli interessi costituiti dei militari, che hanno dominato per oltre sessant’anni.Sul fronte interno, i leader birmani dovranno affronta-re il problema della coesione sociale: tensioni etniche e religiose piagano la società birmana. Il paese è in maggioranza buddhista e la minoranza musulmana soffre di discriminazioni sociali ed economiche. In anni recenti si sono moltiplicati gravi episodi di violenza anti-musulmana in varie zone del paese, con uccisioni ed incendi di moschee, case e negozi. Decine di miglia-ia di musulmani si sono dovuti rifugiare nel vicino Ban-gladesh. Il locale clero buddhista ha spesso sobillato i fedeli contro i musulmani e porta una responsabilità morale per questo stato di tensione. La stessa Aung

San, ben sapendo quanto poco popolari siano gli isla-mici nel paese, si è rifiutata di condannare la violenza religiosa esplicitamente.Nel nord del paese continua da decenni la ribellione dei Kachin, una minoranza etnica di fede prevalente-mente cristiana protestante. Gli scontri hanno causato nel tempo migliaia di vittime; in centinaia di migliaia hanno abbandonato le loro case e vivono adesso in squallidi campi profughi nella vicina provincia meri-dionale cinese dello Yunnan. Il conflitto ha origine ai tempi dell’indipendenza della Birmania e si trasforma in una vera e propria guerra quando la regione procla-ma la propria indipenedenza nel 1960. Nel 1994 un armistizio inizia un lungo interludio di relative quiete sino al 2011, quando un attacco da parte dell’esercito di Rangoon riaccende le ostilità; tra alti e bassi, queste sono ancora oggi in corso.In politica estera la priorità sarà riparare le relazioni, difficili negli ultimi anni, con il potente vicino cinese. La Cina, principale alleato e partner economico del pa-ese nel periodo della dittatura militare, è ora percepita negativamente da molti. Questo a causa del compor-tamento privo di scrupoli degli uomini d’affari cinesi, accusati di corrompere le gerarchie militari e saccheg-giare le risorse naturali del paese senza ritorni tangi-bili per l’economia locale. Al contrario, i rapporti della Birmania con Europa, Stati Uniti e Giappone sono rifio-riti negli ultimi anni. Nel 2011 è iniziato il processo di riforma politica voluto dal presidente Thien Sein e sono state gradualmente tolte le sanzioni economiche occi-dentali contro il paese. L’amministrazione Obama vede questo paese non solo come un mercato emergente molto promettente, ma anche come una nazione da arruolare nella strategia anti-cinese ‘pivot to Asia’, vol-ta a bilanciare lo strapotere e l’espansione cinese nel sud est asiatico. Obama ha visitato Rangoon nel corso del suo tour asiatico del 2011 e il presidente birmano Thien Sein è stato accolto calorosamente a Washington nel 2013, prima visita di un leader birmano dal 1966.

notevole il potenziale

birmano. pur avendo una

base produttiva ancora

legata all’agricoltura,

le risorse naturali sono

abbondanti.

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Lo Sguardonumero trentacinquesimo

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E’ in un lussuoso hotel della località turistica di Antalya che la Turchia ha ospitato i leader dei venti paesi più in-dustrializzati al mondo, per un vertice di due giorni. “Al summit del G20 si è parlato di commercio internazionale, di politiche per il lavoro, di lotta al’evasione fiscale - dice l’inviata di euronews, Margherita Sforza - ma strage ter-roristica di Parigi, proprio alla vigilia del summit, ha però ridefinito l’agenda”. Grande assente è stato ovviamente François Hollande per ciò che ci è ben noto, sostituito dal suo Ministro degli esteri, Laurent Fabius, a cui il Presidente turco Erdogan ha espresso le personali condoglianze. Dura e unanime, ovviamente, la condanna espressa dai leader del G20 nei confronti degli attacchi terroristici avvenuti non solo a Parigi pochi giorni fa, ma anche ad Ankara il mese precedente.Si sono concentrati su sei questioni chiave. Crisi dei ri-fugiati | Il G20 deve guidare una risposta coordinata e innovativa alla crisi che ne riconosca il carattere globale e le conseguenze economiche, promuovendo una mag-giore solidarietà internazionale nella protezione dei rifugiati. Agenda per l’occupazione, la crescita e gli investimenti | Il principale risultato dovrebbe essere l’aggiornamento delle strategie per la crescita e dei piani per l’occupazione del G20. L’UE sosterrà l’ambizione di cre-scita del 2% concordata lo scorso anno. Esprimerà inoltre apprezzamento per l’agenda del G20 per gli investimenti, che funge da utile supporto al piano di investimenti per l’Europa. Porrà in particolare rilievo la qualità degli in-vestimenti pubblici e privati. L’UE mirerà a mantenere la regolamentazione del settore finanziario fra le priorità. Il G20 dovrebbe prendere le decisioni collettive necessarie a evitare un’altra crisi. Occupazione giovanile e inclu-sione sociale | L’occupazione giovanile resta una priorità assoluta. L’UE sosterrà l’adozione di uno degli obiettivi del G20, che mira a ridurre del 15% entro il 2025 la percentua-le di giovani maggiormente a rischio di restare a margine del mercato del lavoro. Trasparenza fiscale | Si dovrebbe concludere un accordo ambizioso per intraprendere ulte-riori azioni a livello globale volte ad affrontare l’elusione ed evasione fiscale transfrontaliera. Per una maggiore tra-sparenza, il G20 dovrebbe in particolare dar prova di lea-dership politica riguardo alla questione della concorrenza fiscale dannosa e allo scambio di informazioni relative agli accordi fiscali preventivi transfrontalieri. Impulso politi-co per l’apertura degli scambi | Il commercio mondiale ha subito un rallentamento, con un livello di crescita in-feriore a quello dell’attività economica mondiale. Il G20 deve incaricare i negoziatori di trovare, per la conferenza ministeriale dell’OMC che si terrà a Nairobi, una soluzione ad un’importante serie di questioni, in particolare a van-taggio dei paesi meno sviluppati. Negoziati dell’ONU sui cambiamenti climatici | L’UE esorterà il G20 ad operare in stretto contatto con i partner per attuare l’A-

i capi di stato al vertice del g20, ad antalya

“le parole non sono abbastanza, e il momento di agire”

genda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibi-le. Il G20 dovrà anche mostrarsi determinato a concludere un accordo solido, ambizioso e completo alla conferenza dell’ONU sui cambiamenti climatici che si terrà a Parigi. L’UE promuoverà la graduale eliminazione delle sovven-zioni ai combustibili fossili e una più stretta cooperazione in materia di energie rinnovabili e di efficienza energetica.L'Italia nel contesto internazionale e' piu' forte di un anno fa, e' un Paese solido in grado di dire la sua ai tavoli del G20. Con questa certezza Matteo Renzi lascia Antalya al termine della due giorni turca e dopo aver partecipato alla riunione del 'Quint' assieme a Barack Obama, David Came-ron, Laurent Fabius (ministro degli Esteri francese in sosti-tuzione di Francois Hollande) e Angela Merkel accanto alla quale il presidente del Consiglio era seduto.Lo scorso anno, a Brisbane, c'era la Spagna. Quest'anno tocca all'Italia, che non avra' un ruolo determinante nei colloqui, "ma adesso c'e'", come ripete piu' volte Renzi ai suoi interlocutori piu' stretti. E c'e' molta Italia anche all'e-stero, impegnata a dirigere missioni internazionali, come in Kosovo, in Afghanistan o in Libia dove le Nazioni Unite hanno da poco designato il generale Paolo Serra a guidare il percorso verso la stabilizzazione del Paese, senza dimen-ticare Filippo Grandi, l'italiano chiamato a guidare l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Quella Libia diventata, per Renzi, un paradigma di come le cose non vanno fatte: il premier e' convinto del fatto che non si debba agire sull'onda della rabbia per quanto accaduto a Parigi, che occorra evitare di fare scelte "ragionando con la pancia", ma agire in base a cio' che dice "il cervello, al limite il cuore".Contro il terrorismo serve una "strategia europea", soste-nuta dalla Russia e di cui si facciano guida gli Stati Uniti.

Incoraggiante, da questo punto di vista, che il formato di Vienna, con i colloqui aperti anche alla Russia, sia stato replicato in occasione del G20. Il risultato e' stato un do-cumento in cui ci si impegna al contrasto del fenomeno dei foreign fighters, a sanzionare i Paesi finanziatori del terrorismo, a rafforzare le misure per la sicurezza dei cieli e allo scambio di informazioni riguardanti i sospetti. La digitalizzazione e la creazione di data base condivisi sono ritenuti dal premier un primo punto di partenza per un approccio efficace al problema. Questo, assieme al rifiuto di assimilare terroristi e rifugiati. "Una cosa sono i rifugiati e una cosa il terrorismo. I rifugiati sono persone che scap-pano dalla fame, dalla guerra e dal terrorismo stesso". Non si dimentichi, ha poi aggiunto, che la maggior parte degli attentatori vengono dalle nostre periferie, come "il boia dell'Isis, quel losco figuro di esecutore di ostaggi, che e' stato ucciso martedi' e che era un cittadino inglese". Evi-tare le "banalizzazioni", dunque, "ma nessuna sottovalu-tazione del fenomeno", e' la linea del governo. "Siamo un Paese solido, in cui i controlli si fanno e per questo voglio ringraziare polizia, carabinieri e guardia di finanza, coloro che indossano una divisa e che dimostra ogni giorno il pro-prio attaccamento al Paese". Lo stesso attaccamento che il premier vorrebbe vedere nei partiti. Il rammarico sta nel vedere che, quando gli altri leader seggono ai tavoli inter-nazionali, possono contare sul sostegno di tutte le forze politiche del proprio Paese e anche le opposizioni remano nella stessa direzione dell'interesse nazionale per tornare a fare le opposizioni 'senza esclusione di colpi' al ritorno in Patria, nelle aule Parlamentari. Di qui il richiamo: "Rima-niamo uniti come Paese, serve forza per affrontare le sfide che abbiamo davanti". E per "dare, tra dieci mesi, il colpo definitivo alla crescita".

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regno unito: cameron scrive a donald tusk

il primo ministro britannico e le richieste al presidente del consiglio

europeo auspicando che il proprio paese non venga escluso dall’ue

David Cameron, primo ministro del Regno Unito, ha scritto una lettera a Donald Tusk, presidente del Consi-glio europeo, elencando le richieste perché il suo paese possa continuare a far parte dell’Unione Europea. La lettera, che è lunga sei pagine e si può leggere integral-mente qui, spiega che tutte le quattro richieste si posso-no racchiudere in una singola parola – “flessibilità” – ed è un passo propedeutico al referendum sulla permanen-za o l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, che si terrà entro la fine del 2017.Il governo britannico teme che i 19 paesi dell’euro possano approfittare del loro trovarsi in maggioranza nell’UE – i paesi dell’UE sono in tutto 28 – per approva-re riforme senza il consenso di chi non fa parte dell’eu-ro. I britannici sono interessati soprattutto alle riforme dei mercati finanziari, particolarmente importanti per Londra. Cameron chiede quindi l’introduzione di un meccanismo che impedisca ai paesi che condividono l’euro di cambiare le regole anche per gli altri, oppure l’introduzione di una specie di “freno di emergenza” che permetta al Regno Unito di sospendere iniziative di questo genere; e chiede che i paesi che non fanno parte dell’euro possano decidere di non aderire a riforme del settore bancario. Il problema è che un simile meccani-smo andrebbe inserito nei trattati fondamentali dell’U-nione e i tempi tecnici rendono impossibile arrivare a quest’obiettivo entro la fine del 2017.Mettere la competitività nel DNA dell’intera Unione Eu-ropea è il più semplice tra gli obiettivi enunciati da Ca-meron, anche per quanto è vago. Il governo britannico fa riferimento soprattutto alle norme e ai regolamenti europei che possono frenare lo sviluppo dell’economia:

chiede di rimuoverli, e chiede di rendere più facile la circolazione di merci, capitali e servizi. Mantenere la so-vranità del Regno Unito risulta più delicato, in quanto il governo britannico chiede che sia data al Regno Unito la possibilità di recedere dall’impegno – incluso nel Trat-tato di Roma – per lavorare alla creazione “di un’unione ancora più stretta” con gli altri paesi dell’Unione Euro-pea. Quelle parole – sono solo tre in inglese: “ever closer union” – secondo Cameron non sono solo simboliche, e in questi anni hanno giustificato decisioni che hanno ridotto il potere del Parlamento del Regno Unito a van-taggio di quello europeo. Cameron chiede di introdurre una norma che permetta ai parlamenti dei singoli paesi, coalizzandosi, di bloccare norme decise dal Parlamento europeo; e di rafforzare il principio di sussidiarietà, spo-stando i luoghi in cui si prendono le decisioni più vicino possibile alle persone coinvolte da quelle decisioni. “De-cida l’Europa dove necessario, decidano le nazioni dove possibile”.Controllare l’immigrazione e limitare gli abusi della li-bertà di movimento è il tema che sta più a cuore agli elettori britannici ma anche quello su cui è più difficile che il governo Cameron ottenga quello che spera. Ca-meron chiede che al Regno Unito sia permesso di intro-durre una legge sul diritto di asilo che permetta di ac-cedere al welfare – sgravi fiscali, case popolari e bonus per i figli – solo agli stranieri che risiedono nel paese da almeno quattro anni. Cameron chiede inoltre che quando un nuovo paese entra nell’Unione Europea, i suoi cittadini non abbiano immediatamente diritto alla libertà di movimento negli altri paesi finché l’economia del loro paese non si è “allineata” con quella del resto

dell’UE, e che si sorvegli meglio sui matrimoni contratti solo per permettere a un cittadino extra-comunitario di raggiungere l’UE.Nel presentare le sue richieste, che dovranno essere di-scusse dalla Commissione e dai capi di stato e di governo dei paesi membri, Cameron si è rivolto direttamente ai cittadini britannici: ha detto che lui rimane favorevole alla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea, a queste condizioni, ma che comunque dovranno essere gli elettori a prendere una decisione una volta per tutte. «Sarete voi, il popolo britannico, a decidere. In quel mo-mento avrete in mano il destino del nostro paese. Que-sta è una decisione fondamentale per il nostro paese, probabilmente la più importante che avremo modo di prendere nell’arco delle nostre vite. E sarà una decisione definitiva».Il referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’U-nione Europea era una delle promesse elettorali di David Cameron. Il voto si terrà entro il 2017 – anche il Parti-to Laburista, dopo un iniziale scetticismo, è favorevole alla consultazione – e sottoporrà agli elettori il quesito: “Should the United Kingdom remain a member of the European Union or leave the European Union?” (“Pen-si che il Regno Unito dovrebbe rimanere un membro dell’Unione Europea o lasciare l’Unione Europea?”). Ca-meron ha detto che spera che le sue richieste vengano accolte, e che in quel caso farebbe campagna elettorale perché il paese rimanga nell’UE; Jeremy Corbyn, nuovo segretario del Labour, ha detto che prima di prendere una decisione vuole vedere se e come Cameron cambie-rà le condizioni per la permanenza del Regno Unito. Lo UKIP, il partito di destra xenofobo e nazionalista guidato da Nigel Farage, ha già detto che intende votare per l’u-scita dall’UE; i Liberaldemocratici, i Verdi e gli indipen-densti scozzesi e gallesi intendono votare invece per la permanenza nell’UE.La prima e ultima volta che i cittadini britannici si sono espressi sui rapporti tra Regno Unito e Unione Europea è stato nel 1975, quando ratificarono con un referendum l’entrata del paese nella Comunità Economica Europea (CEE). Negli ultimi anni però i movimenti anti-europeisti sono cresciuti molto, come mostrano anche i recenti successi elettorali dello UKIP: nel 2014 ha vinto le ele-zioni per il Parlamento europeo superando Conservatori e Laburisti, mentre alle elezioni legislative ha preso circa 4 milioni di voti, il 13 per cento del totale. Per questo molti, tra cui lo stesso Cameron, sono convinti che per arginare i movimenti anti-europeisti sia necessario un nuovo voto popolare che decida la questione una volta per tutte.

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LA GERMANIA e i rifugiatisi sta valutando se ridurre le garanzie

concesse viste le difficolta d’accoglienza

Oggi pomeriggio l’Eurogruppo, l’assemblea che riunisce i ministri dell’Economia dei paesi che adottano l’Euro, ha rinviato lo stanziamento di una tranche di 2 miliardi di euro dei primi 26 miliardi previsto dal programma di aiuti, di cui la Grecia ne ha già ricevuti 13 per pagare i debiti e ne riceverà altri per la ricapitalizzazione delle pro-prie banche (la Banca Centrale Europea ha stimato che teoricamente ce ne vorranno 14,4). Prima della riunione il ministro tedesco dell’Economia, notoriamente molto critico verso il governo greco, aveva avvertito che sarebbe stato difficile raggiungere un accordo in giornata.A oggi, nonostante abbia approvato diverse riforme fra cui quella del sistema pen-sionistico, la Grecia non ha ancora approvato tutte quelle necessarie a sbloccare i 2 miliardi di euro. Secondo alcuni funzionari europei che hanno parlato col Wall Street Journal, al momento la Grecia ha attuato solamente due terzi delle riforme necessa-rie. Pierre Moscovici, il commissario per l’Economia della Commissione Europea, ha comunque detto che nelle scorse settimane ha avuto colloqui «molto positivi» con il primo ministro greco Alexis Tsipras e col ministro dell’Economia Euclid Tsakalotos. Ancora oggi, prima della riunione aveva spiegato che «la situazione rimane posi-tiva». Come ha scritto il Wall Street Journal, il problema principale ruota intorno a una riforma pensata dal governo greco per proteggere le case di alcune persone che sono rimaste in arretrato con i pagamenti del mutuo, dato che la precedente legge

è scaduta. La sua proposta iniziale era quella di impedire il pignoramento di case dal valore inferiore a 300mila euro, ma secondo i creditori il limite è troppo alto. La Grecia ha quindi proposto di abbassare il limite a 180mila euro e di introdurre criteri basati sui guadagni delle famiglie, ma ancora non si è arrivati a una soluzione. Reuters ha scritto che altri problemi riguardano il prezzo minimo sulle medicine e un controverso aumento dell’IVA sull’educazione privata: il governo greco ha approvato un aumento al 23 per cento per reperire 300-400 milioni di euro, salvo poi scoprire che le scuole private erano frequentate anche dai greci più poveri grazie alle loro rette piuttosto basse. Il governo greco ha quindi cambiato idea e vuole togliere la nuova tassa prima che entri in vigore, ma deve trovare un altro modo per recuperare quei soldi.Negli ultimi giorni però ci sono state diverse buone notizie per la Grecia. Il program-ma di privatizzazioni sta proseguendo come previsto, la stima della BCE per la rica-pitalizzazione delle banche è di 10 milioni di euro inferiore rispetto alle prime stime dei creditori, e il Financial Times dice che il governo greco potrebbe tornare a ven-dere titoli di stato sul mercato internazionale nel 2016 (ha smesso di farlo a luglio del 2014). La prossima scadenza della Grecia – qui c’è una lista completa – sarà il 13 novembre, giorno in cui la Grecia dovrà dare 1,4 miliardi ai suoi creditori privati, ma per ora non sembrano esserci rischi che il pagamento venga saltato.

Venerdì 6 novembre il ministro degli Interni tedesco, Thomas de Maizière, ha annunciato a sorpresa che d’ora in avanti i cittadini siriani in arrivo in Germania godran-no soltanto di una forma di protezione temporanea definita “sussidiaria”, e non del completo diritto d’asilo. La dichiarazione di de Maizière è parsa segnare un im-portante cambio di strategia del governo tedesco, che finora ha ricevuto molte lodi per la sua decisione di ac-cogliere le richieste di asilo di tutti i migranti siriani che arrivano nel suo territorio. Poche ore dopo, però, il suo stesso ministero ha parzialmente smentito de Maizière. Attraverso un portavoce, il ministero ha fatto sapere che nessun cambiamento è stato ancora approvato, e che le misure in questione devono ancora essere discusse dal governo. Ad ogni modo, oggi sappiamo che il governo tedesco sta considerando l’ipotesi di porre dei limiti alle politiche prese questa estate sui siriani.Le notizie di venerdì hanno subito provocato molte di-scussioni, visto che lo scorso agosto la Germania aveva annunciato che avrebbe immediatamente concesso ai cittadini siriani tutti i benefici dello status di rifugiati, senza fra l’altro indagare sul tragitto percorso per ar-rivare in Germania, come invece prevedono gli accordi di Dublino. Fra i diritti garantiti ci sono il ricongiungi-mento familiare e l’accesso a una serie di programmi di sostegno economico. Questo tipo di ampia protezione

è stato esteso in maniera quasi altrettanto automatica anche ai migranti provenienti dall’Eritrea e ad alcune minoranze irachene.La forma di protezione sussidiaria che sarà discussa dal governo tedesco è prevista dalla legislazione europea ed è studiata per le persone considerate in pericolo ma che non soddisfano tutti i criteri necessari per diventare dei rifugiati a tutti gli effetti. Prevede gli stessi benefici dello status di rifugiato ma dura solo tre anni e può es-sere revocata. Finora è stata utilizzata molto poco dal governo tedesco: dei quasi 40mila siriani a cui in agosto è stato garantito lo status di rifugiati, solo 53 hanno ot-tenuto una protezione sussidiaria. Ora il governo sem-bra considerare un suo maggiore utilizzo e ha annuncia-to che le persone che godono di protezione sussidiaria non potranno chiedere il ricongiungimento familiare nei primi due anni di soggiorno nel nuovo paese.Nelle ultime settimane sembra che la Germania stia faticando a reggere il numero di richieste di asilo arri-vate nel paese, un numero che era già altissimo e che è aumentato ancora di più dopo la decisione dello scorso agosto. Circa 800mila richiedenti asilo sono arrivati in Germania nel 2015 e più di un milione sono attesi entro la fine dell’anno. Si tratta di un numero diverse volte più alto di tutte le richieste d’asilo che l’Italia ha ricevuto negli ultimi dieci anni, meno di duecentomila.

Giovedì i tre alleati che formano la coalizione che ap-poggia il governo di Angela Merkel, il suo partito la CDU, gli alleati bavaresi della CSU e il partito socialista della SPD, hanno concluso una lunga trattativa per mo-dificare alcune misure secondarie sull’immigrazione. In seguito ai colloqui, il governo ha deciso di rendere più facili i rimpatri degli immigrati considerati illegali e di ridurre a tre settimane il periodo entro il quale una richiesta d’asilo deve essere approvata o respinta. Se-condo i giornali, nel corso della prossima settimana gli alleati terranno nuove conferenze per stabilire eventuali nuove restrizioni all’immigrazione.

grecia: eurozona rinvia nuovamente gli aiuti

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usa: legge hero abrogata

abrogato con la maggioranza in texas il

decreto contro le discriminazioni sessuali

Domenica 8 novembre si è votato in Croazia per le ele-zioni politiche: i conteggi dei voti non sono ancora de-finitivi, ma i risultati ufficiali indicano che la coalizione di centrodestra (Coalizione Patriottica) guidata dall’U-nione democratica croata (Hdz) di Tomislav Karamarko ha vinto ottenendo 59 dei 151 seggi del parlamento. La coalizione dei socialdemocratici del premier uscente Zoran Milanović si è fermata a 56 seggi. Karamarko ha annunciato la vittoria dicendo che la sua coalizione do-vrà assumersi «la responsabilità di garantire una vita migliore in Croazia». La maggior parte della campagna elettorale, oltre che dalla crisi economica, è stata occu-pata dalla questione dei migranti: la Croazia si trova lungo la cosiddetta “rotta balcanica”, cioè quella rotta che dalla Turchia porta i migranti fino alla Germania, e più a nord fino ai paesi della Scandinavia. Un altro aspetto delle elezioni molto discusso dai giornali è il risultato del partito centrista Most, che in croato signi-fica “ponte”. Fondato solo tre anni fa, oggi è già il terzo partito del paese e, sempre secondo i risultati parziali, ha ottenuto 19 seggi al parlamento. Vista la vittoria di misura del centrodestra, Most sarà fondamentale nel-la formazione di una futura coalizione di governo: le trattative post-elettorali non si annunciano comunque semplici. Durante la campagna elettorale il leader di Most, Bozo Petrov – che ha 36 anni e è sindaco della città dalmata di Metkovic – ha parlato della necessità di riforma del settore pubblico, del sistema giudiziario e dello sviluppo delle imprese e ha anche garantito – firmando un impegno scritto davanti a un notaio – che il suo partito avrebbe dato sostegno a un governo solo in cambio di un programma e garanzie precise su que-sti tre temi.Sia per i conservatori di Hdz che per i socialdemocratici si tratta comunque di un risultato deludente: nelle pre-cedenti elezioni il centrosinistra aveva vinto ottenendo la maggioranza con 80 deputati e Hdz, fino a qualche mese fa, nei sondaggi era dato in vantaggio con un margine molto più ampio rispetto agli attuali risultati (circa dieci punti percentuali in più rispetto ai social-democratici). Karamarko guida il partito dal 2012: l’Hdz aveva subito una pesante sconfitta elettorale alle precedenti elezioni e diversi suoi esponenti erano stati coinvolti in una serie di scandali per corruzione, compreso l’ex primo ministro Ivo Sanader. La crisi dei migranti e la situazione economica del paese hanno però contribuito alla ripresa del partito: dopo sei anni di recessione, la Croazia è tornata a crescere ma la di-soccupazione rimane ferma a più del 15 per cento, il livello più alto in Europa dopo Grecia e Spagna.

Gli elettori di Houston hanno votato in maggioranza per abrogare il decreto contro le discriminazioni sull’orienta-mento sessuale e l’identità di genere. Lo scrutinio non è ancora stato completato ma secondo la stampa locale il No ha vinto con un ampio margine. Vediamo nel dettaglio cos’è accaduto.Martedì 3 novembre a Houston, in Texas, si era votato un referendum per abrogare o confermare un decreto contro le discriminazioni sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. La Houston Equal Rights Ordinance (HERO), nota anche come Proposition 1, voluta dalla sindaca della città Annise Parker – Democratica al suo terzo e ultimo man-dato, lesbica e attivista dei diritti LGBT – è stata molto contestata dai Repubblicani e da vari gruppi religiosi loca-li, che hanno voluto ridurre la discussione a un dibattito sul rischio che uomini malintenzionati ne approfittino per dichiararsi donne e infilarsi nei bagni delle donne. La que-stione ha assunto rilevanza nazionale e il risultato è molto atteso.La Houston Equal Rights Ordinance estendeva di fatto i diritti stabiliti dalle leggi federali in materia di acquisto e affitto delle case, nel campo del lavoro e in tutte le con-trattazioni – sia pubbliche che private – ad altre quindici categorie “protette”: tra queste rientravano quelle basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. La nuova legge dà a coloro che ritengono di essere stati discriminati sulla base del loro orientamento sessuale la possibilità di presentare una denuncia. Proposta nell’aprile del 2014 e votata circa tre mesi fa, l’ordinanza è stata molto contra-stata dai Repubblicani e da vari gruppi religiosi: dopo una lunga battaglia legale, la Corte Suprema del Texas aveva deciso di sottoporre la legge a un voto popolare.La campagna per confermare il decreto è diventata una priorità nazionale per gruppi e associazioni che difendo-no i diritti degli omosessuali, ed era sostenuta, tra l’altro, dalla Human Rights Campaign: la più grande associazione a tutela di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali degli Stati Uniti. Diverse categorie commerciali locali e società hanno dato il loro sostegno (Houston tra l’altro ospiterà il Super Bowl del 2017, altro motivo per cui la storia è diventata un

caso nazionale): tra le più importanti c’è anche Apple, che ha quattro negozi a Houston e che con un comunicato ave-va precisato che la loro azienda e i loro negozi «sono aperti a tutti, a prescindere da dove provengano, che aspetto hanno, la fede che professano e chi amano». L’iniziativa aveva ottenuto l’appoggio anche del Presidente Barack Obama, del vicepresidente Joe Biden e della candidata alle elezioni presidenziali Hillary Clinton.I sondaggi mostravano però che gli elettori e le elettrici si trovavano divisi sulle norme e alcuni analisti prevedevano la non approvazione. La campagna contro il decreto è stata infatti molto pesante e, secondo diversi media, scorretta. Gli oppositori della legge avevano infatti rinominato la Houston Equal Rights Ordinance “ordinanza del bagno” affermando che il decreto «permette a ogni uomo, in qualsiasi momento, di entrare in un bagno per donne sem-plicemente affermando di sentirsi donna quel giorno». Il gruppo Campaign for Houston sosteneva che la legge non ampliasse nessun diritto in particolare, ma che semplice-mente istituisse il diritto per uomini «sessualmente confu-si» di entrare a loro piacimento nei bagni dove si trovano donne e bambine.Il New York Times pubblicava, lunedì 2 novembre, un edi-toriale in cui invitava a votare per l’approvazione dell’ordi-nanza: “L’ordinanza di Houston permetterebbe alle persone transgender di utilizzare i bagni pubblici in linea con la loro identità di genere. Questo è un diritto fondamentale che non fa nulla per mettere in pericolo gli altri. Non c’è assolu-tamente alcuna prova, empirica o aneddotica che suggeri-sca che le persone transessuali abbiano una propensione a molestare o a compiere violenza sessuale contro le persone nei bagni e negli spogliatoi. Di contro, ci sono prove concre-te che le donne transgender subiscono discriminazioni ter-ribili e violenze di tutti i generi. I 17 stati e le oltre 200 città che hanno esteso le protezioni ai transgender americani non hanno servizi igienici pubblici meno sicuri degli altri. A Houston non sarebbe diverso. Le leggi esistenti criminaliz-zano già le molestie e la violenza sessuale: è assurdo soste-nere che questa ordinanza potrebbe autorizzare i predatori sessuali o incoraggiare chiunque a violare queste leggi.”

croazia:

ha vinto il

centrodestra

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UNESCO: kosovo non ammesso

il paese non ne e stato riconosciuto membro

Il Kosovo non è stato riconosciuto come paese membro dell’UNESCO, l’Organizzazione della Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. Ci sono stati 92 voti a favore, 50 contro e 29 si sono astenuti: tuttavia è necessaria una maggioranza di due terzi (94 voti) perché un nuovo paese venga riconosciuto. Il Kosovo è stato riconosciuto singolarmente da 111 paesi da quan-do ha dichiarato la sua indipendenza nel 2008. Anche alcune istituzioni internazionali in questi anni hanno riconosciuto il Kosovo, tra cui Banca Mondiale e la Corte Internazionale di Giustizia. La Russia e la Serbia, che ha combattuto contro il Kosovo nella guerra del 1998-99,

si sono opposte al riconoscimento del Kosovo da parte di varie organizzazioni internazionali. La Russia ha usa-to il suo potere di veto per impedire il riconoscimento del Kosovo come membro delle Nazioni Unite. La Ser-bia continua a considerare il Kosovo come una propria provincia autonoma, ma negli anni i due paesi hanno firmato alcuni accordi per normalizzare i loro rapporti. Il Kosovo ha fatto domanda per il riconoscimento dell’U-NESCO lo scorso settembre: nel paese ci sono molte chiese ortodosse e il Kosovo aveva promesso il mante-nimento e la protezione del patrimonio culturale serbo nel suo territorio, se fosse stato riconosciuto.

Il Parlamento portoghese ha votato e approvato una mozione di sfiducia contro il governo di centrodestra guidato da Pedro Passos Coelho, che si era insediato ap-pena undici giorni prima. Favorevoli alla mozione sono stati tre partiti di sinistra che fino a pochi giorni fa non sembravano avere intenzione di formare un’alleanza: il Partito Socialista guidato da António Costa – la princi-pale forza politica di sinistra del paese – il Partito Co-munista e il Bloco de Esquerda, un partito di estrema si-nistra legato a Syriza. Dopo la sfiducia votata a Coelho, che era a capo di un governo di minoranza, ci si aspetta che il presidente portoghese dia l’incarico di formare un nuovo governo ad António Costa, che dovrebbe riuscire a trovare una maggioranza in Parlamento.Coelho, la cui coalizione all’inizio di ottobre era stata la più votata nelle elezioni, è stato sfiduciato a causa delle misure di austerità che lui e il suo governo hanno adot-tato nei precedenti quattro anni di governo. In realtà

il Portogallo è considerato da molti come un esempio positivo del funzionamento delle misure di austerità imposte dall’Europa ai paesi che hanno ottenuto dei piani di salvataggio internazionale: diversi osservatori, oltre che i rappresentanti dei partiti di sinistra porto-ghesi, hanno però sottolineato come rimangano diversi problemi – fra cui l’elevato debito pubblico e l’enorme numero di portoghesi emigranti all’estero – e come le misure di austerità abbiano avuto un costo sociale molto alto (prima delle elezioni Costa aveva detto che il programma di austerità ha prodotto “nient’altro che povertà”).I tre partiti di sinistra che si sono accordati per formare un nuovo governo – e che insieme alle ultime elezioni avevano ottenuto il 62 per cento dei voti – sono molto diversi tra loro. Il nuovo governo sarà molto probabil-mente guidato da Costa, 54 anni ed ex sindaco di Lisbo-na, che il Guardian definisce pronto a ritirare alcune mi-

sure di austerità e ad aumentare il reddito disponibile alle famiglie, senza però violare le regole di deficit di bilancio europee. Martedì Costa ha già cercato di ras-sicurare gli investitori portoghesi e i partner dell’Euro-zona dicendo, mentre usciva dal Parlamento: «Siamo nella posizione di poter assicurare il pieno compimento dei nostri obblighi internazionali, ma nel frattempo permetteremo al reddito delle famiglie di aumentare, così come all’economia e all’occupazione di migliorare».Molti hanno però diversi dubbi su come il nuovo gover-no si comporterà su alcuni temi specifici: per esempio i comunisti, che hanno una lunga tradizione marxista-leninista, hanno fatto una grossa campagna per la nazionalizzazione delle banche e delle società ener-getiche. Il Bloco de Esquerda chiede invece da tempo che il Portogallo esca dalla NATO, uno sviluppo davvero difficile da immaginare oggi. A riguardo Costa ha det-to: «È possibile migliorare i redditi delle famiglie senza condividere le stesse opinioni sulla NATO. È possibile al-leviare la pressione fiscale che opprime la classe media anche se si è in disaccordo sulla nazionalizzazione del settore dell’energia». In diversi credono che soprattutto comunisti e Bloco de Esquerda abbiano dovuto fare pa-recchie concessioni per ottenere di far parte del nuovo governo (l’accordo tra partiti di sinistra non è ancora stato reso pubblico).Ora il presidente della Repubblica, Anibal Cavaco Silva, dovrà decidere se dare l’incarico a Costa di formare un nuovo governo. Cavaco Silva potrebbe anche decidere di fare un’altra cosa, che però sembra ad oggi molto im-probabile: potrebbe dare l’incarico a un governo tecni-co che avrebbe i poteri costituzionali di approvare delle leggi piuttosto limitate e considerate “di emergenza”, e indire nuove elezioni non prima del prossimo giugno.

Portogallo: mozione di sfiducia per il governo

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ISRAELE RIFIUTA

MATTEO SALVINIDopo la Nigeria, anche per un altro viaggio di Matteo Salvini ci sono problemi: si tratta di quello che avrebbe dovuto fare in Israele, bloccato dall’ambiasciata romana. Tutto pare essersi consumato nella massima discrezione, anche perché il disco rosso di Israele assume tutto un altro peso. L’ambasciata a Roma, che fa capo a Naor Gilon, ha fatto sapere in via ufficiosa come la missione debba essere considerata politicamen-te inopportuna alla luce delle posizioni che il capo leghista ha assunto sulle politiche per l’immigrazione, ma anche per le alleanze «estreme» strette in Europa. Il tandem con la destra populista e con venature raz-ziste di Marine Le Pen non è considerata la migliore credenziale per presentarsi a Gerusalemme. Per di più, lo stop è stato notificato qualche giorno prima della manifestazione di Piazza Maggiore a Bologna. Sarà per quello che non se ne è saputo molto sino a oggi? Per chi non lo ricor-dasse, su quel palco Salvini è salito con Silvio Berlusconi ma anche con Giorgia Meloni, erede della destra italiana e tra i manifestanti erano ben visibili le insegne (e le teste rasate) di Casa Pound.

È cominciato a Roma il primo processo legato all’in-chiesta giudiziaria conosciuta come “Mondo di mezzo” o “Mafia Capitale”, che lo scorso dicembre aveva porta-to all’arresto di decine di persone in Sicilia, in Abruzzo ma soprattutto nel Lazio. Alle 11 è iniziata l’udienza preliminare per il giudizio abbreviato dell’ex direttore generale dell’AMA, Giovanni Fiscon, e di altri quattro imputati: l’istanza è stata respinta per Fiscon e accolta per le altre quattro persone coinvolte. Giovanni Fiscon sarà quindi imputato a partire dal 5 novembre prossimo nell’ambito del processo in cui compariranno altri 40 imputati. AMA è l’azienda municipalizzata che a Roma si occupa di gestione dei rifiuti.Il rito abbreviato è stato invece accolto per Emanuela Salvatori, ex responsabile del coordinamento ammini-strativo per l’attuazione del Piano nomadi del comune di Roma; Emilio Gammuto, collaboratore di Salvatore Buzzi, una delle persone al centro dell’inchiesta; Raffae-le Bracci e Fabio Gaudenzi, accusati di usura nei confron-ti di un imprenditore.Fiscon è accusato di corruzione aggravata: avrebbe fa-vorito l’organizzazione di Massimo Carminati e Salvato-re Buzzi in cambio di favori e denaro. La difesa di Fiscon aveva presentato l’istanza di giudizio abbreviato con-dizionato all’audizione di 26 testimoni tra cui l’attuale presidente di AMA Daniele Fortini, l’ex sindaco Gianni Alemanno e l’ex amministratore delegato di AMA Fran-

co Panzironi, coinvolto a sua volta nell’inchiesta. All’u-dienza di oggi non è presente il sindaco dimissionario Ignazio Marino, che il 12 ottobre scorso aveva firmato l’atto di costituzione di parte civile per il comune di Roma: lo sostituisce l’assessore alla Legalità e magistra-to in aspettativa Alfonso Sabella.L’AMA – di cui si è parlato molto negli ultimi giorni a causa del licenziamento di decine di dipendenti assunti in passato con pratiche irregolari, e per un’intervista in cui il suo presidente suggerisce che ci sia una correspon-sabilità dei cittadini nel degrado di Roma – è l’azienda municipalizzata che sta al centro di uno dei filoni più importanti dell’inchiesta “Mafia Capitale” e di quello che i pm avevano definito un «ramificato sistema cor-ruttivo» che aveva a che fare con l’assegnazione di ap-palti e finanziamenti pubblici.Il prossimo 26 ottobre comincerà il secondo processo con rito abbreviato legato a “Mafia Capitale”, per l’ex as-sessore comunale di Roma Daniele Ozzimo insieme ad altre quattro persone. L’accusa della Procura di Roma è sempre corruzione. Il prossimo 5 novembre avrà invece inizio il processo per altre 40 persone che, a vario titolo, sono state accusate di reati che vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso alla corruzione, dalla turbativa d’asta all’estorsione, al riciclaggio e all’usura. Tra gli imputati del 5 novembre ci saranno anche Massi-mo Carminati e Salvatore Buzzi.

mafia capitale

anche l’ex dirigente generale di ama

tra gli imputati, al quale peraltro e

stato negato il rito abbreviato

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CASA BERTONE: l’ex segretario del vaticano nega

in tutta questa storia tarcisio bertone continua a definirsi una vittima

Nelle cronache vaticane che continuano a occupare, anche oggi, diverse pagine dei giornali nazionali oltre a nuovi particolari su arresti, documenti trafugati e conti dello IOR, c’è una vecchia storia: quella della casa dell’ex segretario di Stato della Santa Sede Tarcisio Bertone. Ma non sono le sue dimensioni, stavolta, ad essere al centro della questione, ma chi abbia pagato per la sua costosa ristrutturazione: Bertone dice di essere stato lui usando i suoi risparmi, ma secondo il giornalista Emi-liano Fittipaldi la ristrutturazione sarebbe stata pagata usando i soldi di una fondazione che raccoglie fondi per i bambini in cura nell’ospedale pediatrico Bambin Gesù. L’appartamento – che i giornali specificano essere un attico e che sono in realtà due appartamenti uniti all’ultimo piano di Palazzo San Carlo in Vaticano – si trova vicino alla casa Santa Marta, residenza di papa Francesco. Sulle sue dimensioni circolano diverse cifre: 700 metri quadri, 500, 350. Bertone dice che è di 296 metri quadrati e che il terrazzo è condominiale. Nel suo libro “Avarizia”, il giornalista Emiliano Fittipaldi (per vari motivi coinvolto nel racconto dell’ultima inchiesta del Vaticano perché avrebbe avuto come fonte per la stesu-ra alcuni degli ultimi documenti trafugati) ha ricostruito

la vicenda della sua ristrutturazione, scrivendo che è co-stata circa 200.000 euro e che è stata pagata dalla Fon-dazione Bambin Gesù, che raccoglie fondi per l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di proprietà della Santa Sede. La notizia è stata confermata anche da Giuseppe Profiti, presidente della fondazione fino allo scorso gennaio. In un’anticipazione del suo libro pubblicata su Repubblica, Fittipaldi scrive:«Partiamo dal Bambin Gesù. O meglio da una fonda-zione controllata, nata nel 2008 per raccogliere denaro per i piccoli pazienti. Gli investigatori della società di revisione PricewaterhouseCoopers (PwC) nella bozza del rapporto consegnata al Vaticano il 21 marzo 2014 dedicano alla onlus italiana con sede in Vaticano alcuni passaggi. Nel focus si evidenzia l’affitto di un elicottero, nel febbraio 2012, per la bellezza di 23 mila e 800 euro. Pagati sull’unghia dalla fondazione Bambin Gesù “a una società di charter per trasportare monsignor Bertone dal Vaticano alla Basilicata per alcune attività di marke-ting svolte per conto dell’ospedale”. Ma c’è un’altra spe-sa della fondazione non pubblicata sul rapporto PwC che rischia di imbarazzare il Papa e il Vaticano.Quella che riguarda il pagamento dei lavori della nuova casa di Bertone a palazzo San Carlo. La fondazione, de-finita da PwC come “un veicolo per la raccolta di fondi volti a sostenere l’assistenza, la ricerca e le attività uma-nitarie del Bambin Gesù” ha saldato le fatture dei lavori per un totale di circa 200mila euro, pagati all’azienda Castelli Real Estate dell’imprenditore Gianantonio Bandera. “Gentile dottor Fittipaldi, alle sue domande” precisa Bertone, “rispondo che il sottoscritto ha ver-sato al medesimo governatorato la somma richiesta come mio contributo ai lavori di ristrutturazione. Non ho nulla a che vedere con altre vicende “. Profiti, fino al 2015 presidente sia del Bambin Gesù che del consiglio direttivo dell’omonima fondazione conferma invece la spesa autorizzata a favore dell’appartamento di Berto-

ne, già finito nella bufera per la sua ampia metratura. La parcella, spiega Profiti, sarebbe stata giustificata dal fatto che la casa del cardinale sarebbe stata poi messa a disposizione della fondazione stessa per finalità “isti-tuzionali”: “È vero: con i soldi stanziati da noi è stata ristrutturata una parte della casa di Bertone. Cercando di ottenere in cambio la disponibilità di potere mettere a disposizione l’appartamento”». Quello che si sa è che la ristrutturazione è cominciata dopo che l’ex segretario di Stato è decaduto dal suo incarico e che è costata, se-condo quanto dichiarato da Bertone, 300 mila euro. In un’intervista al Corriere della Sera, l’ex segretario di Sta-to ha spiegato la sua versione dei fatti: l’appartamento gli era stato assegnato in accordo con papa Francesco e con il Governatorato del Vaticano, l’organo di governo della Santa Sede: come gli altri appartamenti assegnati ai cardinali, anche quello di Bertone è di proprietà del Governatorato stesso e avrebbe dovuto essere ristruttu-rato a spese del Governatorato. Nell’anno in cui è stato assegnato l’appartamento a Bertone, non era stata però messa a bilancio alcuna somma per la ristrutturazione: «Avrei dovuto sostenere io le spese. (…) Mentre avan-zavano i lavori e alla Ragioneria arrivavano le fatture da pagare, fui invitato dal Governatorato a saldare». Bertone – che si definisce una «vittima» di tutta questa storia – ha quindi spiegato che «come risulta da una precisa documentazione» ha versato al Governatora-to la somma prelevandola dal suo conto e pagando la ristrutturazione con i propri «risparmi». Sul coinvolgi-mento della Fondazione Bambin Gesù, Bertone ha det-to di aver saputo solo dopo che erano state presentate fatture anche alla Fondazione: «Io non ho visto nulla. Ed escludo in modo assoluto di aver mai dato indicazioni o autorizzato la Fondazione ad alcun pagamento». Ber-tone conclude dicendo di aver «dato istruzioni» al suo avvocato «di svolgere indagini per verificare cosa sia realmente accaduto».

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La scorsa settimana l’ISPRA, l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ha diffuso i dati ag-giornati al 2014 sulla produzione e gestione dei rifiuti urbani a livello comunale, suddivisi per tipo (carta, le-gno, plastica, rifiuti elettronici, ecc.). I dati riguardano quindi la quantità di rifiuti urbani prodotta nelle varie zone d’Italia, la percentuale di raccolta differenziata e le tecniche di smaltimento utilizzate (compostaggio, digestione anaerobica, trattamento meccanico biologi-co, incenerimento, smaltimento in discarica e import/export). Il rapporto completo, di quasi 600 pagine, si può leggere integralmente qui, ma sono disponibili an-che delle comode schede di sintesi.Abbiamo prodotto quasi 30 milioni di tonnellate nel 2014, in leggera crescita (+0,3 per cento) rispetto al 2013, dopo tre anni in cui era stata registrata una ridu-zione complessiva di quasi 3 milioni di tonnellate. Sono numeri molto legati ai classici indicatori socio-econo-mici, in particolare alla spesa delle famiglie. Ma i dati non sono omogenei sul territorio: nel Nord la produ-zione di rifiuti è aumentata dell’1,4 per cento, mentre continua a scendere al Centro e al Sud, rispettivamente dello 0,3 e 0,9 per cento. Ci sono significative differenze regionali: l’Emilia Romagna e la Toscana producono più rifiuti urbani per abitante (636 e 601 kg), quasi il dop-pio delle regioni in fondo alla classifica, la Basilicata e il Molise con 349 e 387 kg.Il Programma nazionale di prevenzione dei rifiuti fis-sa come obiettivo una riduzione del 5 per cento della produzione parametrata al PIL, in relazione ai valori del 2010, da conseguire entro il 2020: siamo già al 4,6 per cento. Se volete sapere quanti rifiuti produce il vostro comune (o se li differenzia), potete cliccare qui e sele-zionarlo tra gli oltre 8.000 comuni italiani. Soltanto nel 2014 l’Italia ha raggiunto l’obiettivo del 45,2 per cento di raccolta differenziata (13,4 milioni di tonnellate, di cui 5,7 di frazione organica e 3,2 di carta e cartone) che si era posta per il 2008. Eravamo al 41,8 per cento nel

2013: in gran parte il raggiungimento si deve a un au-mento delle regioni del Centro e del Sud, che restano comunque ancora molto indietro (40,8 e 31,3 per cen-to) rispetto a quelle settentrionali (56,7 per cento).A fronte di una norma nazionale che imporrebbe una raccolta minima del 65 per cento, solo due regioni soddisfano questo requisito, il Veneto e il Trentino Alto Adige col 67,6 e 67 per cento. Le più lontane sono la Sicilia al 12,5 e la Calabria al 18,6 per cento. La migliore regione tra Sud e isole è la Sardegna, ottava col 53 per cento. Tra le città, solo Venezia e Verona superano il 50 per cento (Milano è al 49,9) mentre Catania, Palermo e Messina non raggiungono ancora nemmeno il 10 per cento.Parliamo comunque della raccolta, cioè del sistema che preleva i rifiuti divisi per tipologia per inviarli verso il sistema di smaltimento o recupero più adatto, quindi solo la prima fase dell’intero processo di gestione dei rifiuti: valori di raccolta elevati non sempre corrispon-dono a un’elevata differenziazione, per esempio se il cassonetto della carta è pieno di altri rifiuti. Prima dello smaltimento finale, inoltre, circa due terzi dei ri-fiuti indifferenziati vengono comunque sottoposti a un pre-trattamento, principalmente meccanico biologico, per separare ulteriori materiali, stabilizzare la frazione organica, ridurre umidità e volume.Lo smaltimento in discarica è ancora, in Italia, la desti-nazione prevalente dei nostri rifiuti: interessa il 31 per cento dei rifiuti urbani prodotti – in calo rispetto al 37 per cento del 2013 – e in termini assoluti in la metà di quanto (oltre 18 milioni di tonnellate) veniva smaltito nel 2002. Viene bruciato il 19 per cento dei rifiuti urba-ni, il 17 direttamente negli inceneritori, generalmente con produzione di acqua calda e energia elettrica, e cir-ca il 2 per cento da altri impianti produttivi (per esem-pio come combustibile nei cementifici). Il trattamento biologico dei rifiuti organici interessa il 16 per cento dei rifiuti totali, con la produzione di compostaggio,

mentre per un quarto del totale si riesce efficacemente a effettuare un recupero di materia (tipicamente carta, alcune plastiche, vetro e metalli).In Italia ci sono 279 impianti operativi per il compo-staggio dei rifiuti organici (verde e umido) e 29 per la digestione anaerobica dei rifiuti con produzione princi-pale di biogas, trattamenti che avvengono per il 75 per cento nel Nord del paese. L’incenerimento avviene in 44 diversi impianti (13 nella sola Lombardia), con la pro-duzione nel 2014 di oltre 4,5 milioni di MWh di ener-gia elettrica (per avere un’idea, poco più dell’energia elettrica consumata dal comune di Roma in un anno). È interessante il dato sui rifiuti urbani esportati, cioè quelli che mandiamo fuori dall’Italia, pagando: il 56,6 per cento viene usato per recuperare energia, il 41,6 è recuperato sotto forma di materia e solo l’1,9 per cento va in discarica.Gli imballaggi sono oltre un terzo dei rifiuti totali, nel 2014 11,9 milioni di tonnellate, in aumento di oltre il 3 per cento rispetto al 2013: quasi l’80 per cento viene recuperato e solo un 15 per cento viene bruciato. I 28 stati dell’Unione Europea hanno prodotto nel 2013 cir-ca 243,2 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, l’1,2 per cento in meno rispetto all’anno precedente. La riduzio-ne risulta, in media, più marcata nei nuovi Stati membri che nei primi 15 paesi a far parte dell’UE. Il 28 per cento dei rifiuti urbani viene riciclato, il 15 per cento viene av-viato a compostaggio, mentre il 26 per cento e il 31 per cento vengono, rispettivamente, inceneriti e smaltiti in discarica, ma con valori molto diversi tra gli stati: tipica-mente utilizzano più le discariche e meno il riciclaggio i paesi che hanno aderito più recentemente all’UE. I ri-fiuti cosiddetti speciali, cioè quelli non urbani, sono in Italia oltre 130 milioni di tonnellate, oltre 4 volte i rifiuti urbani. Ma la normativa che ne regola lo smaltimento è diversa, sono rifiuti che vengono prodotti “lontano” da noi (nelle industrie, negli ospedali, nei laboratori, ecc) e quindi ce ne interessiamo molto meno. [MS]

raccolta differenziata: i nuovi dati

ispra ha diffuso gli aggiornamenti nazionali relativi all’anno 2014

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la citta di sordello eletta capitale italiana della cultura 2016

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Mantova è stata eletta capitale della cultura 2016. Resterà in carica per un anno e riceverà una cifra pari a un milione di euro per la realizzazione di un progetto culturale e arti-stico. Sede del Festival Letteratura, la città medioevale offre numerosi luoghi di interesse che sono una tappa obbligata per chiunque visiti la città.Secondo il Corriere della Sera, la nostra città, proclamata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, può vantare uni-versalmente alcune delle bellezze più preziose al mondo tra cui l’inconfondibile panorama visibile dal Ponte di San Giorgo, la famosa skyline così bella da sembrare un quadro considerato uno scenario che sembra letteralmente dipin-to; Palazzo Ducale, uno dei principali edifici storici cittadini conosciuto anche come Reggia dei Gonzaga a partire dal 1308; la celeberrima Camera Picta, o Camera degli Sposi, ad opera del Mantegna situata nel Castello di San Giorgio; per non parlare delle Piazze, come Piazza Sordello, Broletto, Erbe e Mantegna che consentono, aggirandosi per esse, di respirare l’atmosfera antica e medievale che pervade de-cisamente tutta la città; la Basilica di Sant’Andrea, la più grande chiesa di Mantova peraltro, opera di Leon Battista Alberti nella cui cripta di conservano reliquari con la terra intrisa del sangue di Cristo che, secondo i testi sacri e le leg-gende, sarebbe stato portato dal soldato romano Longino; Palazzo Te, la tappa obbligata per eccellenza, tra gli esempi più belli dell’architettura rinascimentale; il Teatro Bibiena (o Teatro Scientifico dell’Accademia), realizzato da Antonio Bibiena tra il 1767 e il 1769 per poi essere stato decorato dal 1773 al 1775 con una facciata del Piermarini realizzata da Paolo Pozzo e, non ultimi, gli indimenticabili cosiddet-ti Amanti di Valdaro, alle volte chiamati anche Amanti di Mantova, resti umani, di un uomo e una donna rinvenuti abbracciati e risalenti al Neolitico ritrovati a Valdaro, appun-

to, nelle vicinanze del capoluogo nel 2007. Tutto questo (e molto altro) ha determinato la vittoria di Mantova, spun-tandola su Aquileia, Como, Ercolano, Parma, Pisa, Pistoia, Spoleto, Taranto e Terni, finaliste e scelte all’unanimità dal-la Giuria presieduta da Marco Cammelli tra le complessive ventiquattro candidate al titolo.Il Sindaco, Mattia Palazzi, è stato protagonista nei più svariati ed importanti network televisivi tra cui anche Sky TG24 la mattina di mercoledì 28 Ottobre dove, intervistato in un collegamento in diretta in cui ha espresso il massi-mo entusiasmo e garantito impegno costruttivo al fine di dimostrare quanto la nostra realtà cittadina sia pronta ad intraprendere un percorso così straordinario a seguito della nomina nazionale. “Il progetto che abbiamo presentato e le iniziative che proporremo per le famiglie, i bambini, sulla cultura, il restauro e la promozione del nostro patrimonio storico e artistico saranno iniziative davvero d’attrazione internazionale” così ha affermato Palazzi al quale poi è sta-

to chiesto un punto di vista sulle recenti vicende romane, aggiungendo a tal proposito “Sono sindaco da quattro mesi e non me la sento di dare consigli al sindaco di Roma. Certo posso dire che Roma non interessa solo ai romani, Roma è la capitale, Roma è l’Italia e Roma ha bisogno di un go-verno forte, stabile, coeso e credo che un tira e molla non faccia bene alla città”. Palazzi ha inoltre precisato che con il finanziamento di un milione di euro stanziato dal Mibact si riprenderà e perfezionerà il dossier dei mesi di luglio e ago-sto scorsi al fine di connettere in maniera molto forte cul-tura ed economia, anche per via del fatto che attraverso la prima si consentirà di costruire nuove professionalità, nuo-ve fruibilità dei beni storici, artistici ed espositivi. La giunta Palazzi, per altro, ha deciso nei giorni scorsi di investire già a partire dal prossimo anno ben quattro milioni di euro a favore del completamento delle opere di restauro delle fac-ciate di Palazzo Te, Teatro Bibiena e Torre della Gabbia per non trascurare nessun dettaglio delle bellezze mantovane.

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“Intrecciamoci”- atto secondo. Dopo la sentita parte-cipazione di cittadini ed istituti geriatrici al progetto proposto dall’Associazione “Arte dell’Assurdo” durante lo scorso inverno, tornano con energia e carica positiva gli incontri di yarn bombing per lavorare a maglia e dare sfogo alla propria creatività. “Sferruzzare” tutti insieme è sinonimo di socializzazione e di condivisione. Rappresenta uno stimolo positivo che riduce lo stress, aiuta a sorridere e a disintossicarsi dai ritmi frenetici della quotidianità. Dal rivestimento dell’autobus Apam, che tanto successo ha riscosso sia in occasione del Festival degli Artisti di Strada “Famille de la Rue” che del Festivaletteratura, alla realizzazione di palline colorate per decorare un al-bero di Natale, donato da Bonini Garden, che sarà posi-zionato sul sagrato della Rotonda di San Lorenzo, grazie alla disponibilità dell’Associazione dei Domenicani e di Rosanna Golinelli Berto, responsabile della Rotonda. Questa la nuova colorata sfida di “Arte dell’Assurdo”, patrocinata dal Comune, alla quale gli istituti Mazzali di Mantova e Cordioli di Marmirolo hanno aderito con gioia ed entusiasmo. “Abbiamo costatato che il lavoro a maglia realizzato du-rante lo scorso anno dagli ospiti delle nostre strutture ha portato benefici psico-fisici per chi si è dedicato a questa attività; continueremo a supportare l’iniziativa perché la riteniamo terapeutica e importante sia per socializzare che per sentirsi utili alla collettività”. A conferma di ciò uno studio su oltre due mila persone over 65enni ha rilevato che dedicarsi con costanza ai fer-ri aiuta a ridurre gli effetti della demenza senile, mante-nendo in attività il cervello e tutte le funzioni collegate. “In occasione dell’anteprima di Famille de la Rue, che andrà in scena l’8 dicembre, inaugureremo l’albero di Natale con le decorazioni realizzate con la lana, corda, uncinetto, cotone e altri materiali”, commenta la presi-dente di “Arte dell’Assurdo” Annalisa Venturini. “La scel-ta delle palline colorate non è stata casuale, ma è stata ponderata per coinvolgere chiunque volesse partecipa-re al nostro progetto, senza escludere nessuno”. Gli ospiti delle strutture geriatriche sono già pronti per iniziare questa nuova stimolante avventura. Tra pallon-

cini, colla e stoffe colorate avranno tempo un mese per realizzare le proprie decorazioni, con la supervisione delle referenti degli istituti Enrica Bodini (Mazzali) e Carla Savazzi (Cordioli). L’iniziativa è aperta a tutti i cit-tadini sia per partecipare attivamente alla creazione di palline colorate che per donare materiale utile alla loro realizzazione con ritrovo al Bar Commercio in via Spa-gnoli n. 20 ogni giovedì dalle 17 alle 19 fino alla fine di novembre. Direttrice artistica del progetto è Nives Manini, pronta a dispensare consigli e suggerimenti a chi decidesse di “intrecciarsi” per la prima volta. Ad oggi oltre al Mazzali e al Cordioli, anche svariate associazioni hanno manifestato la propria disponibilità a sostenere l’iniziativa: L’Ago di Manto, Insieme per Valletta Valsec-chi, Nit Cafè e Confcommercio. “Vedere le persone anziane così entusiaste per questo progetto è davvero motivo di felicità per tutti noi. Sono impazienti di realizzare le decorazioni perché avere un obiettivo nella vita è fondamentale e grazie ad “Intrec-ciamoci” i nostri ospiti stanno vivendo un periodo ma-gico”.Per informazioni visitare il sito www.artedellas-surdo.it, oppure inviare una mail a: [email protected]

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Torna la sentita iniziativa dell’Associazione “Arte dell’Assurdo” con il coinvolgi-mento degli Istituti geriatrici Mazzali e Cordioli. Obiettivo? Realizzare decorazioni per addobbare un abete sul sagrato della Rotonda di San Lorenzo.

di natale

e decorazioniUna tappa importante è stata raggiunta giove-dì 3 settembre nell’aula consiliare del Comune di Mantova alla presentazione del progetto ai numerosi soggetti mantovani pubblici e privati che hanno aderito all’iniziativa. Ne hanno par-lato, dopo l’introduzione della referente locale del progetto Emanuela Medeghini, il sindaco Mattia Palazzi e la coordinatrice del comitato scientifico Roberta Garibaldi, del Centro Studi dell’Università di Bergamo. “Abbiamo deciso di aderire – ha sottolineato Palazzi – perché vogliamo fare un percorso che permetta di coinvolgere i soggetti che operano sul territorio e fare squadra insieme alle altre città per avere un maggiore peso e capacità di reperire le risorse. In queste terre custodiamo le migliori eccellenze nel campo culturale ed enogastronomico. Siamo in grado di offrire prodotti tipici di elevata qualità”. La partnership è composta da Regione Lom-bardia, i Comuni di Bergamo, Brescia, Cremona e Mantova, le Camere di Commercio di Berga-mo e Cremona e l’Università di Bergamo come coordinatore scientifico di progetto. I nuovi attori locali che hanno aderito parteciperanno alla stesura del programma che si realizzerà nel 2017.Come ha spiegato la coordinatrice Garibaldi, l’obiettivo del progetto è da una parte di mi-gliorare la qualità della vita nelle regioni euro-pee a livello locale, attraverso la valorizzazione delle culture alimentari tipiche, la sollecitazio-ne all’innovazione gastronomica e l’educazione ad una migliore salute e sostenibilità; dall’altro a livello internazionale vuole essere una piat-taforma di scambio di conoscenze delle regioni d’Europa che fanno parte dei soci fondatori.Le quattro provincie daranno vita ad esperien-ze comuni per la valorizzazione i temi legati al food e alla sostenibilità. Negli ultimi anni la gastronomia ha assunto un ruolo centrale nelle aspettative e nelle motivazioni dei viag-giatori, è divenuta un vero e proprio fattore di attrazione e di promozione della destinazione. Il patrimonio enogastronomico può essere per-tanto un elemento di valorizzazione dell’offerta turistica. Il progetto ha suscitato interesse negli interlocutori mantovani che hanno partecipato alla presentazione.

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migliorare la

qualita della vita‘

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IL POMA RICONOSCIUTO CENTRO ADDESTRAMENTO EUROPEO

Un intervento da primato, l’Azienda Ospedaliera di Mantova fa scuola in Europa. Tecnica mini-invasiva, chirurghi toracici e cardiologi impiantano un defibrillatore unico al mondo. L’intervento eseguito per la prima volta su una ragazza di 14 anni.

i nuovianticoagulantiTerapia innovativa a Mantova, Asola e Bozzolo per oltre 200 pazienti. Tra i vantaggi un’azione più rapida e meno complicanze emorragiche.

Una terapia anticoagulante innovativa, che si affianca a quella tradizionale, con numerosi benefici per il pa-ziente. Da circa un anno il SIMT (Servizio Immunoema-tologia e Medicina Trasfusionale), diretto da Massimo Franchini, ha attivato l’ambulatorio NAO (nuovi antico-agulanti orali), che ha in cura ad oggi oltre 200 pazienti con patologie della coagulazione fra le sedi di Mantova, Asola e Bozzolo. Si tratta di uno dei primi centri NAO a li-vello regionale, accreditato da FCSA (Federazione centri per la sorveglianza della terapia antitrombotica).La nuova categoria di farmaci viene utilizzata in alter-nativa al tradizionale Coumadin e ha dimostrato alcu-ni vantaggi rispetto a quest’ultimo: azione diretta sui fattori della coagulazione; minori complicanze emor-ragiche; non è richiesto un monitoraggio periodico, ma

Un defibrillatore inserito nel sottocute senza toccare né il cuore né i vasi sanguigni. Una tecnologia unica al mondo, applicata all’ospedale di Mantova e impiantata per la prima volta a una ragazzina di 14 anni. L’Azienda Ospedaliera Carlo Poma è tra i pochi centri italiani a eseguire questo intervento, che vede protagonista l’équipe multidi-sciplinare guidata dal chirurgo toracico Andrea Droghetti (della struttura di Chirurgia Toracica diretta da Giovanni Muriana) e composta dai cardiologi Patrizia Pepi e Alberto Reggiani (Cardiologia di Mantova, direttore Roberto Zanini), Daniela Pozzetti e Mario Pasqualini (Cardiologia di Pieve di Coriano) con l’aiuto del direttore del Capo Diparti-mento Cardio Toraco Vascolare Maria Cristiana Brunazzi. Per le sue caratteristiche di ‘non invasività’ - il sistema non necessita dell’inserimento di elettrocateteri nel cuore – il defibrillatore sottocutaneo utilizzato al Poma costi-tuisce una straordinaria novità tecnologica in termini di efficacia e sicurezza. Le due componenti, il generatore e l’elettrocatetere, vengono posizionate rispettivamente sul lato sinistro della gabbia toracica e nella regione sternale. Il chirurgo toracico Andrea Droghetti ha studiato e messo a punto una “tecnica sotto-muscolare a due incisioni” in grado di ridurre il numero di tagli e migliorare il comfort

del paziente portatore di defibrillatore. Droghetti, che ormai vanta la maggiore espe-rienza nazionale di impianti, forma chirurghi e cardiologi per l’applicazione di questa tecnica, tanto che il Poma è divenuto Centro Altamente Specializzato di Addestramen-to Europeo.Spiega Droghetti: “Siamo felici di offrire e diffondere questa nuova tecnologia ‘salva-vita’ a pazienti affetti da malattie aritmologiche, che sono spesso giovani e a rischio di morte cardiaca improvvisa, come nel caso della ragazzina di questi giorni. Questo defibrillatore sottocutaneo rappresenta una delle frontiere più avanzate della tecno-logia applicata alla chirurgia mini-invasiva in ambito cardiologico. Siamo riusciti a far apprezzare la nostra tecnica con ottimi risultati clinici, grazie alla collaborazione con i cardiologi e al supporto della Direzione Strategica”.La paziente 14enne operata da Droghetti nei giorni scorsi al Poma è appena stata dimessa ed è in buone condizioni. Affetta da una cardiopatia congenita, a settembre era stata colta da arresto cardiaco durante l’ora di educazione fisica al Liceo Scientifico Belfiore. Dopo i primi soccorsi a scuola era stata ricoverata in Rianimazione e quindi sottoposta all’intervento di impianto del defibrillatore.

soltanto un follow-up clinico-laboratoristico a distanza di 3-6 mesi dall’assunzione del farmaco.Il Coumadin continua comunque a essere impiegato, con pari efficacia, anche perché i nuovi anticoagulanti in alcuni casi sono controindicati: i professionisti dell’am-bulatorio valutano caso per caso la migliore terapia da somministrare al paziente. Il Centro TAO (terapia anticoagulante orale) dell’Azienda Ospedaliera, che fa capo sempre al Servizio Immunoematologia e Medicina Trasfusionale, segue oltre 4.000 pazienti con la terapia tradizionale negli ospedali di Mantova, Asola e Bozzolo.Il Centro NAO ha recentemente aderito allo studio mul-ticentrico ‘START’, coordinato dall’Azienda Ospedaliera di Cremona, che ha come obiettivo il monitoraggio della

sicurezza delle terapie con i nuovi anticoagulanti orali. Collabora attivamente con i medici di medicina gene-rale del territorio e con tutte le strutture dell’Azienda Ospedaliera Carlo Poma per l’arruolamento e il follow-up dei pazienti.Quando e come si accede al Centro NAO? L’accesso agli ambulatori NAO di Mantova, Asola e Bozzolo richiede l’impegnativa del medico di famiglia per ‘visita ema-tologica per presa in carico ambulatorio NAO (8049)’. Il centro è attivo: a Mantova il giovedì, dalle 8 alle 16.30 (prenotazioni telefonando alla segreteria di reparto, 0376-201234); ad Asola il lunedì e il mercoledì, dalle 13.30 alle 15.30 e a Bozzolo il martedì, dalle 13.30 alle 15.30 con accesso attraverso il CUP.

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E’ stato consegnato ieri pomeriggio al direttore dell’o-spedale Carlo Poma di Mantova il libro che l’ong Pobic ha dedicato al suo progetto “Emergency Transport” in Costa D’Avorio, che si è concretizzato grazie al generoso sostegno dell’azienda ospedaliera Carlo Poma. Proprio per dimostrare la sua riconoscenza al direttore Luca Filippo Maria Stucchi e al dottor Gian Paolo Castelli Pobic ha donato le prime copie del libro direttamente alle due persone che si sono spese in prima persona nel progetto. Il Carlo Poma è stato il partner prezioso

libro dedicato al progetto emergency transportMantova è stata un partner prezioso dell’ospedale di Bongouanou in Costa D’Avorio per la concretizzazione del progetto

dell’ospedale di Bongouanou, città capoluogo dell’o-monima provincia in Costa D’Avorio, tramite il gemel-laggio siglato il 28 luglio 2008 coadiuvato dal dottor Carlo Antonio Calamari (allora responsabile dell’Areu di Mantova). L’anno successivo il progetto è entrato nel vivo, con il primo corso tenuto all’ospedale di Bon-gouanou da Gian Paolo Castelli (subentrato a Calamari alla direzione dell’Areu). Il secondo corso, a causa della situazione politica del paese africano, si è svolto nell’a-gosto 2012, quando c’è stata anche la consegna delle

ambulanze.Oltre al libro Pobic ha appena pubblicato il nume-ro zero del suo periodico, che in questi giorni si può trovare al Festival della Letteratura di Mantova, dove Pobic è presente con un gazebo in via delle Pescherie. Nel numero zero si raccontano sia la nascita e la lunga storia dell’associazione sia i momenti più significativi del viaggio che, per il terzo anno consecutivo Pobic ha effettuato dal 27 luglio al 7 agosto. In quel periodo una delegazione composta da medici, infermiere e logisti dell’ong è stata a Yenagoa, città dello Stato del Bayel-sa, nel Delta del Niger, dove si trovano alcuni ospedali partner con i quali sono attivi i progetti “Emergency Transport” e “Cuore Aperto”. Inoltre, come accade du-rante ogni viaggio, la delegazione si è recata nelle case delle famiglie di molti dei bambini che l’ong fa arrivare in Italia per essere operati al cuore e avere così salva la vita. Situazioni di povertà e miseria, che fanno capire l’urgenza di azioni di aiuto: questi sono stati i momenti più profondi e toccanti, come è possibile vedere diret-tamente dalle fotografie sulla pagina Facebook di Po-bic (https://www.facebook.com/pages/ONG-POBIC-ONLUS) o sul sito (www.ong-pobic.org) dove il viaggio è raccontato day by day.Pobic aspetta il pubblico del Festival della letteratura in via delle Pescherie, per scambiare conoscenze, con-tatti ed esperienze, oltre che per avere informazioni sui suoi progetti in Africa e in Italia, dove l’ong ha attivato il servizio di trasporto di emergenza, attraverso la sua centrale operativa con sede a Bozzolo (Mn).

a scuola solo

se vaccinati?Obbligo di vaccinazione per le iscrizioni a scuola, e sanzioni, con la collaborazione de-gli ordini professionali, per i medici che non dovessero seguire le indicazioni. Sono tra i punti qualificanti del piano nazionale Vaccini del ministero della salute, approvato stamane dai presidenti di regioni, ma non dalla conferenza Stato-Regioni, dopo che il ministero dell’Economia ne ha chiesto un rinvio per approfondire ‘’alcuni aspetti tecnici’’, legati all’impatto finanziario del provvedimento. Un rinvio del parere finale legato quindi alla copertura economica, come ha spiegato il sottosegretario all’Econo-mia Pier paolo Baretta: ‘’la richiesta di rinvio sul provvedimento sui vaccini è motivata da ragioni tecniche. Il testo è complesso e il tempo per analizzarlo è stato scarso. Ne parleremo col Ministero della Salute per condividere la relazione tecnica e pensiamo di concludere positivamente entro la prossima conferenza straordinaria’’. Dello stesso tenore il coordinatore degli assessori al Bilancio, Garavaglia: ‘’l’intesa verrà prevedibil-mente trovata nel corso della prossima Stato-Regioni, ma in ogni caso bisogna dare al governo il tempo necessario per fare gli approfondimenti circa l’impatto finanziario sul piano dei vaccini’’. Naturalmente l’ obbligatorietà delle vaccinazioni per potersi iscrivere a scuola, dovrà essere regolata da un ‘’aggiornamento’’ della normativa.

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le indagini aproposito di omeopatiaNegli Stati Uniti la Food and Drug Administration sta concludendo una lunga consultazione sulla sua efficacia e potrebbe introdurre regole più severe per i produttori.

Negli Stati Uniti la Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia del governo che si occupa di regola-mentare farmaci e prodotti alimentari, sta conclu-dendo una lunga consultazione avviata a inizio anno sull’omeopatia, il controverso sistema che secondo i suoi sostenitori serve a “curare” dalle malattie uti-lizzando dosi estremamente diluite di ciò che causa i sintomi nelle persone malate.L’iniziativa della FDA potrebbe portare a una revisio-ne delle etichette riportate sui prodotti omeopatici per distinguerli meglio dai farmaci veri e propri, dopo anni in cui erano stati sostanzialmente ignorati dall’a-genzia statunitense. Criticata da tempo da medici e ricercatori, l’omeopatia è stata definita inefficace per il trattamento di qualsiasi patologia lo scorso marzo dal National Health and Medical Research Council, il più importante istituto australiano di ricerca medica, sulla base di oltre 255 studi scientifici pubblicati negli ultimi anni sulle pratiche omeopatiche.Molto diffusi in alcuni paesi europei, i prodotti omeo-patici hanno un mercato sempre più consistente anche negli Stati Uniti: le stime più recenti, riferite al 2013, parlano di volumi di vendita intorno ai 6,4 miliardi di dollari per i rimedi di questo tipo. Proprio le dimen-sioni del mercato e i nuovi studi molto critici circa la sua efficacia hanno spinto l’FDA ad analizzare meglio l’omeopatia, in vista dell’introduzione di regole più ri-gide. Oltre a essere ritenuti inefficaci per la cura delle malattie, i prodotti omeopatici possono causare seri problemi alla salute. La stessa FDA solo nel 2009 ha ricevuto più di 130 segnalazioni da parte di pazienti che avevano perso la capacità di riconoscere gli odori in seguito all’assunzione di un prodotto omeopatico a base di zinco. L’anno seguente l’agenzia dovette invece fare i conti con un tipo di pastiglie omeopatiche – ven-dute come “prodotto naturale al 100 per cento” – che causavano seri effetti collaterali nei bambini.Finora i prodotti omeopatici negli Stati Uniti non sono stati sottoposti a particolari controlli, a differenza dei farmaci tradizionali che devono superare una enor-me serie di test e prove cliniche molto costosi prima di essere approvati e messi in vendita. La FDA verifica

unicamente che gli omeopatici siano prodotti in am-bienti puliti e sicuri, come fa del resto per gli alimenti in generale, ma non si occupa di valutare l’efficacia dei trattamenti eventualmente indicata sulle etichet-te. Il controllo è quindi molto blando e di gran lunga inferiore rispetto ad altri prodotti da banco venduti in farmacia, come gli integratori alimentari e le vitami-ne, cui sono imposti limiti circa le dichiarazioni sui loro effetti indicati nelle etichette.La FDA ha dato tempo fino a oggi alle parti interes-sate (produttori, consumatori, medici, ricercatori) per inviare i loro commenti, dopodiché i responsabili dell’agenzia tireranno le loro conclusioni con l’even-tuale introduzione di nuove regole. Cercando di venire incontro alla FDA e di evitare norme troppo severe, alcuni produttori di omeopatici hanno detto di essere disposti a rivedere il modo in cui sono fatte le etichet-te, aggiungendo per esempio una dicitura in cui si specifica che i loro prodotti non sono stati testati dalla FDA. Altri propongono di eliminare le diciture in latino con il nome dei composti che si trovano all’interno di soluzioni e pillole, in forme enormemente diluite.Le teorie legate ai principi omeopatici furono elabo-rate dal tedesco Samuel Hahnemann agli inizi del XIX secolo: dicono che la salute di ogni persona è dovuta a una sorta di “energia vitale immateriale”, che prov-vede ad armonizzare le varie parti dell’organismo. Secondo Hahnemann per curare una malattia bisogna utilizzare una medicina che produca nell’organismo una specie di malanno artificiale, simile a quello di cui soffre già il paziente; la malattia indotta deve sostitu-irsi a quella già esistente e poi deve scomparire. Il trat-tamento prevede l’utilizzo di dosi infinitesimali della sostanza, che viene diluita decine di volte in una so-stanza neutra, acqua (con una percentuale di alcol) o zucchero, nel caso dei preparati solidi. Se sull’etichetta c’è scritto 15C, significa che la sostanza è stata diluita 15 volte in 99 parti diluenti, per un totale di 10015. La diluizione nei prodotti omeopatici è tale da rendere praticamente impossibile che la sostanza possa avere un minimo effetto su chi assume questo tipo di pro-dotti, hanno spiegato in più occasioni diverse ricerche

scientifiche.I prodotti omeopatici possono comunque indurre di-versi effetti, a volte legati alle altre sostanze “inattive” presenti nella diluizione. Yvette d’Entremont ha rac-contato di recente su Slate come è riuscita a ubriacarsi bevendo alcune boccette di un prodotto omeopatico che, secondo le indicazioni sull’etichetta, sarebbe do-vuto servire contro la stipsi. Il prodotto era costituto al 20 per cento da etanolo, come un blando liquore, ma era normalmente venduto in farmacia e senza partico-lari limitazioni per i minorenni, che per esempio non possono acquistare alcolici fino ai 21 anni nella mag-gior parte degli Stati Uniti.Le vicende dei prodotti omeopatici negli Stati Uniti si intrecciano con le leggi via via approvate dal Congres-so. Nel 1938 furono aggiunti agli elenchi dei normali farmaci, e negli anni seguenti ebbero sempre meno successo perché disponibili solo per la vendita presso gli ambulatori degli omeopati. Le cose cambiarono nel 1988 quando una nuova legge consentì la vendita di questi prodotti sugli scaffali delle farmacie, senza la necessità di presentare una ricetta medica. Negli anni le loro confezioni sono diventate sempre più simili a quelle degli altri farmaci, e il fatto che siano spesso esposte insieme ai medicinali veri e propri confonde i consumatori, che pensano di potere ottenere gli stessi risultati con un prodotto omeopatico riducendo gli ef-fetti collaterali.La FDA non è comunque l’unica agenzia federale sta-tunitense ad avere avviato nuove verifiche sugli omeo-patici. La Federal Trade Commission (FTC), che si occu-pa della tutela dei consumatori e della libera concor-renza, a fine agosto ha pubblicato un documento in cui solleva diversi dubbi sull’omeopatia, invitando la FDA a regolamentare meglio il mercato dei prodotti omeo-patici “che possono causare danni ai consumatori”.In Italia i prodotti omeopatici possono essere venduti solo in farmacia. La spesa per il loro acquisto è intera-mente a carico dei clienti: non sono previste conven-zioni dirette con il Servizio sanitario nazionale, ma ogni Regione ha la facoltà di includerle sulla base di vari criteri.

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I pazienti schizofrenici che ricevono dosi inferiori di farmaci antipsicotici rispetto al normale, compensando con il dialogo con un terapista e con il sostegno della famiglia, riescono a tenere la malattia sotto controllo molto più efficacemente rispetto a chi segue protocolli di cura tradizionali con alte dosi di farmaci. Questa tesi, nota da tempo ai ricercatori, è stata ulteriormente con-fermata con la pubblicazione del più accurato e metico-loso studio sul trattamento della schizofrenia mai rea-lizzato negli Stati Uniti, dove da anni si discute di nuove leggi per migliorare le strutture sanitarie in cui sono ricoverate le persone con particolari disturbi mentali.Il nuovo studio è legato al Recovery After an Initial Schi-zophrenia Episode (RAISE), un progetto realizzato dal National Institute of Mental Health (NIMH), la struttura pubblica che fa parte dell’agenzia governativa che si occupa della salute negli Stati Uniti. La ricerca è durata sei anni e ha analizzato gli effetti sui pazienti e la let-teratura già esistente circa i trattamenti precoci per le persone affette da schizofrenia. Lo studio è in parte ba-sato sulle esperienze degli ultimi decenni di altri centri per il trattamento delle malattie mentali, soprattutto nei paesi scandinavi, dove da tempo si attuano terapie che prevedono un minore ricorso ai farmaci con un’as-sistenza psicologica più intensa, che coinvolge anche le famiglie dei pazienti.È difficile definire la schizofrenia in poche parole, per-ché con questo termine vengono intesi diversi compor-tamenti mentali anomali e patologici. Semplificando, è una malattia che porta a una costante alterazione del pensiero e del comportamento, in forme quasi sempre croniche che portano chi ne soffre a vivere un forte disadattamento. Ci sono vari livelli di gravità della ma-lattia, che causa allucinazioni uditive, deliri paranoidi e discorsi disorganizzati. La schizofrenia viene diagno-sticata osservando il comportamento del soggetto che potrebbe soffrirne ed elaborando, in seguito, una tera-pia che spesso prevede l’utilizzo di farmaci antipsicotici, che sopprimono i ricettori di neurotrasmettitori come la dopamina e la serotonina.I farmaci consentono di solito di tenere sotto controllo i sintomi, ma causano effetti collaterali tra cui aumento di peso, tremori e costante stanchezza. Il problema è che i pazienti, a causa della loro condizione, non sem-pre collaborano e diventa quindi difficile proseguire la terapia e mantenerne gli effetti positivi. In Italia si stima che ci siano almeno 150mila persone affette da schizofrenia, negli Stati Uniti sono circa 2 milioni.La ricerca finanziata dal NIMH è stata pubblicata sulla rivista scientifica The American Journal of Psychiatry e, secondo diversi esperti, potrebbe essere la base per rivedere le linee guida per trattare la schizofrenia. Lo studio mette in evidenza due elementi essenziali: il

schizofrenia, un nuovo grande studioI risultati sono i più importanti mai realizzati oltreoceano, meglio ridurre i farmaci e puntare sul dialogo con un terapista

trattamento precoce all’emergere dei primi sintomi e l’impiego di terapie che coinvolgano di più il paziente, senza limitarsi alla somministrazione di antipsicotici. Sistemi di cura simili sono già impiegati in diversi paesi del mondo, compresa l’Italia, dove dal 2007 il ministero della Salute ha iniziato ad aggiornare le linee guida per gli interventi precoci nella schizofrenia.Secondo i ricercatori è essenziale che i pazienti inizino le terapie ai primi episodi psicotici, che di solito si pre-sentano nella tarda adolescenza o intorno ai 20 anni di età, con comportamenti che talvolta sono sottovalutati perché poco ricorrenti e isolati nel tempo (la diagnosi è delicata perché può essere confusa con altri disturbi come eccessi d’ansia e depressione). Prima si inizia la terapia, dice lo studio, prima si ottengono risultati sod-disfacenti. Non si tratta di un’osservazione così sconta-ta: negli Stati Uniti in media trascorrono 18 mesi tra il primo episodio psicotico e il momento in cui viene ini-ziata la somministrazione dei trattamenti.Lo studio riconosce l’importanza dei farmaci antipsico-tici, che funzionano molto bene su alcuni pazienti, ma non tutti ne tollerano gli effetti collaterali. Basandosi su esperienze realizzate in altri paesi, come l’iniziativa “Dialogo aperto” in Finlandia, i ricercatori hanno veri-ficato l’efficacia di un approccio diverso a quello con i classici dosaggi di farmaci. I test sono stati realizzati in 34 cliniche, in 21 stati, nelle quali a seconda dei casi sono state somministrate le classiche terapie o quelle con meno medicinali. Nel secondo caso, i terapisti han-no ridotto il più possibile le dosi degli antipsicotici (fino

alla metà), in modo da ridurre gli effetti collaterali, af-fiancando altre soluzioni per assistere i pazienti. Il piano ha compreso l’analisi degli impieghi o delle scuole più adatte a seconda dei sintomi presentati da ogni parte-cipante. Alle famiglie dei pazienti sono stati offerti corsi per comprendere meglio la malattia dei loro parenti e aiutarli ad affrontarla. I pazienti sono stati sottoposti a sedute più lunghe e articolate in cui dialogare con i tera-pisti, che li hanno aiutati a conoscere e a gestire meglio i loro sintomi, soprattutto per quanto riguarda le alluci-nazioni. Uno dei consigli è, per esempio, ignorare le voci che i pazienti sentono nella loro testa, o di rispondere per scacciarle.I test hanno interessato in tutto 404 persone al loro pri-mo episodio psicotico, quasi tutte con una ventina d’an-ni. Circa metà ha ricevuto il nuovo trattamento combi-nato, mentre l’altra metà è stata sottoposta alle normali terapie. Nei mesi iniziali il primo gruppo ha dato risultati deludenti rispetto al secondo; dopo due anni gli effetti tra i due gruppi erano praticamente uguali e alla fine della ricerca i pazienti del primo gruppo hanno mostrato di avere nel complesso meno sintomi e di stare meglio. E tutto questo con una dose ridotta di antipsicotici, tra il 20 e il 50 per cento in meno rispetto all’altro gruppo.La ricerca ha rischiato più volte di non essere comple-tata, proprio per la difficoltà nel diagnosticare rapida-mente i primi episodi psicotici e avviare le terapie. Ma proprio su questo punto è necessario insistere, dicono gli esperti, per portare a linee guida più precise e utili per i pazienti.

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DAIDO moriyama in coloril fotografo giapponese alla sozzani

fino al 10 gennaio 2016

Per la prima volta arriva in Italia alla Galleria Carla Sozzani di Milano, un corpus di oltre cento fotogra-fie a colori di Daido Moriyama, il maestro giapponese del bianco e nero.

milano

Milano,Galleria Carla SozzaniCorso Como 10info call +39 02 653531www.galleriacarlasozzani.org

“Il bianco e nero racconta il mio mondo interiore, le emozioni e i sentimenti più profondi che provo ogni giorno camminando per le strade di Tokyo o di altre città, come un vagabondo senza meta. Il colore descrive ciò che incontro senza filtri, e mi piace registrarlo per come si presenta ai miei occhi. Il primo è ricco di contrasti, è aspro, riflette a pieno il mio carattere solitario. Il se-condo è gentile, riguardoso, come io mi pongo nei confronti del mondo.” Hiromichi (Daido) Moriyama, nato a Ikeda, prefettura di Osaka, nel 1938, distingue così la sua produzione fotografi-ca nella videointervista che introduce la mostra. Apprezzato in tutto il mondo per la sua graffiante, sovente sgranata e sovrae-sposta, fotografia in bianco e nero, dalla fine degli anni Sessanta è andata imponendosi prima in Giappone e successivamente in ambito internazionale, come il primo vero sguardo rivoluzio-nario sulla società nipponica. Il 1969 è l'anno in cui Moriyama pubblica sulla rivista Provoke "Eros" il racconto di una notte con un’amante in una stanza d’albergo, e la serie interamente realizzata in un drugstore di Aoyama mentre fuori infuriava la protesta giovanile. Oggi, a distanza di cinquant'anni Moriyama presenta il suo lavoro a colori alla Galleria Carla Sozzani. Daido Moriyama in Color raccoglie per la prima volta una selezione di 130 fotografie inedite, realizzate tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta, anni decisivi nei quali si è compiuta la for-mazione di Moriyama. La strada, teatro prediletto del fotografo

giapponese, è il tema centrale del lavoro di quegli anni, periodo storico particolare per il Giappone che, dopo la ricostruzione e il boom economico successivi alla fine della seconda guerra mon-diale, si trovò a vivere e affrontare l’occupazione americana e poi la contestazione studentesca, sull’onda di quanto accadeva in Europa e negli Stati Uniti. Affascinato dalle esperienze della beat generation e in particolare dalla lettura del capolavoro di Jack Kerouac “Sulla Strada”, il trentenne Moriyama inizia allora il suo solitario e interminabile cammino, un viaggio senza fine raccon-tato dalle immagini. Immagini di un Paese che vive in bilico fra tradizione e modernità, di cui Moriyama attraverso fotografie non convenzionali, nei soggetti quanto nella forma - secondo i dettami lanciati da Provoke per cui ciò che conta è “l’esperienza di un momento”- cerca di carpire significativi frammenti di re-altà, utilizzando in maniera anarchica la macchina fotografica. I suoi scatti più estremi vennero raccolti nel volume Farewell Photography pubblicato nel 1972. Oltre alla strada, ai vicoli bui e stretti che ancora oggi si celano appena dietro le grandi arterie che attraversano Tokyo, oltre ai locali, che siano essi ryokan, sale di pachinko o night club, ai ritratti di auto e moto americane di grossa cilindrata, agli scatti dei poster di divi americani ed euro-pei, spiccano in mostra i nudi femminili caratterizzati dai colori pop e acidi tipici di quegli anni, ma delicati, ingenui nella loro naturale sensualità.

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MilanoForma Meravigli

Project room for photographyinfo call +39 02 5811 8067

www.formafoto.it

vivian maieruna fotografa ritrovata

fino al 31 gennaio 2016

La mostra, a cura di Anne Morin e Alessandra Mauro, è realizzata in collaborazione con diChroma Pho-tography e promossa da Forma Meravigli, un’iniziativa di Fondazione Forma per la Fotografia in colla-borazione con la Camera di Commercio di Milano e Contrasto. Il caso fotografico che ha conquistato il mondo arriva per la prima volta nel capoluogo lombardo.

MILAN

O

La vita e l’opera di Vivian Maier sono circondate da un alone di mi-stero che ha contribuito ad accrescerne il fascino. Tata di mestiere, fotografa per vocazione, non abbandonava mai la macchina foto-grafica, scattando compulsivamente con la sua Rolleiflex. È il 2007 quando John Maloof, all’epoca agente immobiliare, acquista durante un’asta parte dell’archivio della Maier confiscato per un mancato pagamento. Capisce subito di aver trovato un tesoro prezioso e da quel momento non smetterà di cercare materiale riguardante questa misteriosa fotografa, arrivando ad archiviare oltre 150.000 negativi e 3.000 stampe.La mostra presentata da Forma Meravigli raccoglie 120 fotografie in bianco e nero realizzate tra gli anni Cinquanta e Sessanta insieme a una selezione di immagini a colori scattate negli anni Settanta, oltre ad alcuni filmati in super 8 che mostrano come Vivian Maier si avvi-cinasse ai suoi soggetti. Figura imponente ma discreta, decisa e in-transigente nei modi, Vivian Maier ritraeva le città dove aveva vissuto – New York e Chicago – con uno sguardo curioso, attratto da piccoli dettagli, dai particolari, dalle imperfezioni ma anche dai bambini, dagli anziani, dalla vita che le scorreva davanti agli occhi per strada, dalla città e i suoi abitanti in un momento di fervido cambiamen-to sociale e culturale. Immagini potenti, di una folgorante bellezza che rivelano una grande fotografa. Le sue fotografie non sono mai

state esposte né pubblicate mentre lei era in vita, la maggior parte dei suoi rullini non sono stati sviluppati, Vivian Maier sembrava fo-tografare per se stessa. Osservando il suo corpus fotografico spicca la presenza di numerosi autoritratti, quasi un possibile lascito nei confronti di un pubblico con cui non ha mai voluto o potuto avere a che fare. Il suo sguardo austero, riflesso nelle vetrine, nelle pozzan-ghere, la sua lunga ombra che incombe sul soggetto della fotografia diventano un tramite per avvicinarsi a questa misteriosa fotografa. Vivian Maier. Una fotografa ritrovata presenta al pubblico l’enigma di un’artista che in vita realizzò un enorme numero di immagini senza mai mostrarle a nessuno e che ha tentato di conservare come il bene più prezioso. Come scrive Marvin Heifermann nell’introduzione al ca-talogo, “Seppur scattate decenni or sono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata… Maier si dedicò alla fotografia anima e corpo, la pra-ticò con disciplina e usò questo linguaggio per dare struttura e senso alla propria vita conservando però gelosamente le immagini che rea-lizzava senza parlarne, condividerle o utilizzarle per comunicare con il prossimo. Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi”. Il libro Vivian Maier. Una fotografa ritrovata edito da Contrasto accompagna la mostra.

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menchu galil colore nel cubismofino al 21 novembre 2015

L’evento, organizzato in collaborazione con il centro di documentazione Fundación Menchu Gal vedrà la partecipazione straordinaria di Miguel Zugaza Miranda, direttore del Museo del Pradodi Madrid e Fran-cisco Calvo Serraller, docente di Storia dell’Arte all’Università Complutense di Madrid ed ex direttore del Museo del Prado. L’incontro, moderato da José Juan González de Txabarri, segretario della Fundación Menchu Gal, verrà introdotto dal direttore della sede romana del Cervantes, Sergi Rodríguez López-Ros.

roma

Roma,Istituto CervantesModeratore José Juan Gonzàlezde Txabarriwww.roma.cervantes.esinfo call +39 06 8537361

Originaria di Irun, Menchu Gal è cresciuta e si è formata artistica-mente tra Madrid e Parigi, dove si trasferì a causa della guerra ci-vile. Tornata in patria nei primi anni quaranta ha fatto parte della cosiddetta Scuola di Madrid diventando un punto di riferimento per molti artisti. Allieva di Amédée Ozenfant, Daniel Vazquez Diaz e Benjamin Palencia, particolarmente legata ai principali artisti baschi come Gaspar Montes Iturrioz e Aurelio Arteta, ha rappre-sentato la Spagna tre volte alla Biennale di Venezia (1940, 1950, 1956). La sua produzione pittorica – principalmente incentrata su ritratti, paesaggi e nature morte - è considerata da critici e storici tra le più significative del Novecento spagnolo. Una esplosione di colori! Così vengono descritti i lavori della Gal, finalmente in mostra anche a Roma, in prima nazionale. Attraverso dipinti di diversa dimensione appartenenti a collezioni speciali e altri di proprietà della Fondazione Menchu Gal verrà raccontata la car-riera pittorica di una delle più rilevanti artiste spagnole del XX secolo. Dalla sua prima fase espressionista ai dipinti del cosid-detto periodo buio (etapa negra), in cui i movimenti di astrazio-ne e il cubismo sono appositamente rappresentati. Mettendo in risalto gli aspetti chiave della sua proficua produzione artistica,

in particolare i paesaggi e le opere astratte che si esulano dalla rappresentazione oggettiva della vita reale. Relatori della tavola rotonda – ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibi-li, con traduzione in italiano – due tra i più apprezzati critici d’arte spagnoli. Miguel Zugaza Miranda, storico dell'arte e museologo classe 1964, è l’attuale direttore del Museo Nacional del Prado, il più importante e visitato museo al mondo insieme al Louvre di Parigi. A soli 30 anni è stato vice direttore della conservazione presso il Museo Reina Sofia (1994-1996). Successivamente è stato direttore del Museo di Belle Arti di Bilbao, partecipando in prima persona all’ambizioso processo di modernizzazione e di espansio-ne della struttura. Francisco Calvo Serraller, invece, è uno storico, saggista, critico d'arte e professore universitario spagnolo, classe 1948. Laureato in Filosofia, specializzato in Storia dell'Arte presso l'Università Complutense, dove insegna Storia dell'Arte Contem-poranea dal 1989, è membro della Real Academia di Belle Arti di San Fernando dal 2001 ed è stato direttore del Museo Prado dal 1993 al 1994. Collabora regolarmente con il quotidiano El Pais, sin dalla sua fondazione nel 1976 e coordina la serie “Concetti fon-damentali nella Storia dell'Arte spagnola” della casa editrice Toro.

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ARte non da pARtedi manuela torre

“Preferendo il cielo rosso; piuttosto che blu.”

Paul Gauguin.

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Come si legge in una lettera di August Strindberg, datata nel gennaio dell’anno 1895: “Paul Gauguin è il selvaggio che odia una civiltà fastidiosa; una specie di Titano che, geloso del Creatore, nei momenti di ozio, forgia una piccola creatura, tutta sua. Gauguin è il bambino che smonta giocattoli, per ricostruirsene altri; è colui che rinnega e sfida, preferendo vedere il cielo rosso, piuttosto che blu, come fanno tutti gli altri”.Paul Gauguin nasce a Parigi, il 7 giugno del 1848.Trascorre la sua prima infanzia a Lima. Tornato in Francia, poi, all’età di 17 anni, si imbarca, come marinaio, per la Guadalupa; mentre, l’anno seguente, sceglie di imbarcarsi nuovamente, ma, stavolta, per fare il giro del mondo. Rientrato a Parigi, dopo cinque anni di mare, si impiega presso un agente di cambio: siamo, precisamente, nel 1871; ed è questo, il medesimo periodo in cui comincia anche la sua attività di pittore dilettante. Nel 1883, a causa di una profonda crisi economica attraversata dalla Francia, Gauguin abbandona il suo impiego, in favore della pittura. Comincia, inoltre, il suo desiderio di distaccarsi dalla solitudine dell’alienazione sociale generale, a vantaggio di una vita semplice e libera: raggiunge, così, terre lontane e primitive: nel 1885, è a Pont-Aven, in Bretagna; nel 1887, a Panamá e nella Martinica; nel 1888, ancora a Pont-Aven e ad Arles; nel 1888-90, nuovamente in Bretagna, a Pont-Aven e a Le Pouldu. Nel 1891-93, invece, è a Tahiti. Nel 1894, ritorna a Pont-Aven. Nel 1895, si trasferisce a Tahiti e, infine, nelle isole Marchesi. Inquadrando, alla perfezione, la persona, ed anche un po’ il personaggio, nel suo primo arrivo a Tahiti, rammenta, di Gauguin, il giovane ufficiale

Jenot: “Fin dal momento dello sbarco, Paul aveva attirato, su di sé, gli sguardi degli indigeni, provocando il loro stupore ed anche i loro lazzi; soprattutto quelli delle donne. Ciò che attirava l’attenzione, su Gauguin, erano, in particolare, i lunghi capelli pepe e sale, che ricadevano, in boccoli, sulle spalle, sotto un largo cappello di feltro scuro a larghe tese, alla cowboy. Gauguin, saputolo, dapprima ne rise; ma, dopo qualche settimana, anche per il gran caldo, si fece tagliare i capelli...!”. E’ appropriato chiarire che, quelle di Paul Gauguin, non sono evasioni o scappatoie; piuttosto, come li definisce Giulio Carlo Argan, questi spostamenti, per l’artista, diventano veri e propri viaggi di lavoro, valutato che il principio cardine di tutta la sua poetica muove proprio intorno al recupero di una purezza, originaria ed iniziale, che permette di scoprire la reale radice e motivazione, profonda, dell’essere e del sentire, finendo quasi per ringiovanire, in una mitica barbarie. Ricettivo a tutti gli influssi (tra cui, quelli di Corot, Courbet, Manet, Degas, Cézanne, Puvis de Chavannes, Van Gogh...), Paul Gauguin porta, comunque, avanti una propria visione artistica, dove il quadro, dipinto a memoria e non dal vero, in una profondità non di spazio ma di tempo, con una luce emanata dagli stessi soggetti/oggetti ritratti, si fa messaggio e comunicazione. “Nei miei quadri - spiega Gauguin - ogni elemento è attentamente considerato e studiato prima [...]. Occorre stimolare l’immaginazione,

come fa la musica [...], attraverso la misteriosa affinità che esiste tra certe combinazioni di colori, linee e la nostra mente...”. Il rifiuto di Paul Gauguin verso ogni classicismo, nonché il suo gusto per gli idoli barbari, è da ritenersi in anticipo, di una generazione, su quello degli espressionisti e dei cubisti. La sua opera influenza Nabis e Fauves (Gauguin sta ai Fauves, come Cézanne sta al Cubismo, per intenderci). Alle generazioni future, Paul Gauguin è fiero di affermare che lascia, in eredità, il “diritto di tutto osare”.

Da dove veniamo? Cosa siamo? Dove andiamo?1897 olio su tela, 140 x 375 cm,

Museum of Fine Arts (Boston)

Fanciulle tahitiane con fiori di mango,1899 olio su tela, 94 x 73 cm,The Metropolitan Museum of Art (New York)

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CLose UP

di marco brioni

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Dal 29 Agosto al 13 Settembre a Perpignan si è tenuto quello che dagli addetti ai lavori è considerato il più importante festival di fotogiornalismo. Nella prima settimana si sono concentrate conferenze, letture portfolio, visite guidate alla mostre da parte degli autori e, nella meravigliosa cornice del Camposanto, le proiezioni notturne. I veri mattatori del 2015 fotogiornalistico sono stati loro: Bulent Kilic, vincitore morale del Word Press Photo meno

giornalistico della storia, grazie allle incredibili foto dal confine turco siriano e degli scontri di Istanbul, e Daniel Berehulak, vincitore del Pulitzer grazie alle drammatiche foto dell’epidemia di Ebola in Sierra Leone. Affrontare in così breve spazio le ventisei mostre e gli innumerevoli avvenimenti di questi sette giorni sarebbe quantomeno riduttivo; ci concentreremo quindi su alcune di esse, che potranno tornare utili in chiave futura ai nostri lettori.

Bulent Kilic – From Kiev to KobaneGià avevamo apprezzato il valore di questo piccolo grande turco lo scorso anno quando il TIME lo elesse “fotografo dell’anno” per le sue fotografie dall’Ucraina. La non assegnazione del World Press Photo of the year alla incredibile foto della ragazza turca durante gli scontri di Istanbul grida ancora vendetta. Ma la vendetta è un piatto che va assaporato freddo e, nell’anno della definitiva rottura tra il panel del WPP e Jean Francois Leroy (padre padrone della manifestazione francese), il buon Bulent vince il premio più ambito: il Visa d’Or nella categoria News. Le fotografie ripercorrono gli ultimi due anni di attività e spaziano dagli scontri nelle piazze di Kiev, impressionanti per la violenza mostrata, alle macerie di Kobane, passando per le manifestazione di Istanbul alle drammatiche immagini del confine turco-siriano.

Daniel Berehulak - The Ebola EpidemicMattatore del 2015 con il Premio Pulitzer il suo lavoro sull’Ebola in Sierra Leone, Guinea e Liberia, è dirompente e stringe il cuore. In particolare le fotografie si focalizzano non solo sulla morte in se ma su aspetti più psicologici quali l’ansia di vivere nelle zone di quarantena o l’angoscia di non poter seppellire i propri cari i cui corpi devono essere bruciati per evitare ulteriori contagi.

Giulio Piscitelli - From There to Here: Immigration and Fortress EuropeIl vincitore del World Report Award (in mostra a lodi dall’11 al 31 ottobre al Festival della Fotografia Etica) ci propone uno spaccato dei tanti viaggi della speranza che dall’Africa o dalle tumultuose regioni del Medio Oriente migliaia di disperati intraprendono attraverso il mediterraneo e le altre vie terrestri di accesso all’Europa.

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l’ombelico del mondo[festival di fotogiornalismo]

Goran Tomasevic Giù il cappello di fronte a questo mostro del fotogiornalismo. Quest’anno ci propone alcuni scatti dei violentissimi scontri avvenuti in Burundi dopo la decisione del presidente Pierre Nkurunziza di ricandidarsi, andando contro la costituzione, per la terza volta alle presidenziali del Burundi. Molti altri sono gli autori esposti che meriterebbero un approfondimento e per questo vi rimandiamo al sito www.visapourlimage.com. Quello che resta di fronte a manifestazioni di questo tipo è un grandissimo senso di ignoranza riguardo ai fatti del mondo, fatti che solo tramite le mostre fotografiche riescono a superare i filtri spesso imposti da tv e giornali ed a mostrare una realtà troppo spesso celata o mal riportata per incapacità giornalistica o, peggio, malafede.

Nancy Borowick - Cancer Family, OngoingQuesta davvero l’esposizione che ci ha strappato il cuore dal petto. Nancy documenta il lungo percorso di cura dei due genitori, che scoprono entrabi di avere un cancro al quarto stadio. Prima il padre, poi esattamente un anno dopo la madre, si spegneranno lentamente tra i travagli tipici del male del secolo. Un lavoro che commuove, di una delicatezza e una sensibilità incredibile.

Sergey Ponomarev - Assad’s SyriaNella parte più suggestiva del Couvent des Minimes la splendida mostra del giovanissimo Russo free-lance per il New York Times. Durante la bellissima iniziativa delle visite guidate degli autori alle mostre gli chiediamo delucidazioni sul suo lavoro. ”Come Russo – ci spiega Sergey – l’unico modo che ho per andare in Siria è visitare le zone controllate da Assad”. Gli chiediamo come giudichi il dittatore siriano dall’alto della sua posizione di osservatore privilegiato: “Come giornalista il mio compito è quello di entrare in una bolla in cui nessun altro può entrare, documentare ciò che vi accade, e portarlo fuori per mostrarlo al mondo”. L’idea è che ne esce è di una nazione devastata in cui il rumore delle esplosioni è difentato un normalissimo sottofondo paragonabile a quello del traffico nelle nostre città.

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Libriamo Libridinedi sara tordi per mondonna

Nata a Firenze e vissuta a lungo negli Stati Uniti d’America, Oriana Fallaci è considerata la più grande giornalista italiana di sempre e una delle scrittrici italiane più apprezzate del XX secolo. La sua esistenza scorse all’insegna del binomio tra scrittura e impegno civile. A 14 anni prese parte alla Resistenza partigiana militando nel gruppo Giustizia e Libertà, maturando dentro di sé quella volontà di essere “in prima linea” che in seguito la spinse a raccontare da vicino i principali teatri di guerra del Novecento. La sua attività dal fronte, a cominciare dal 1967 con la guerra in Vietnam, diede vita alla figura dell’inviato speciale, in quel momento sconosciuta al panorama giornalistico italiano. La sua tenacia e il suo carattere indomito le consentirono di ritagliarsi un ruolo da protagonista in una professione che fino a quel momento era appannaggio del mondo maschile. Gli anni Settanta la videro trovarsi faccia a faccia con i “grandi” della Terra, incalzati dalle sue domande scomode: da Golda Meir a Yasser Arafat, da Henry Kissinger a Muammar Gheddafi, fino alla storica intervista con l’Imam Khomeini, nel corso della quale si tolse il velo per protestare contro la condizione delle donne nei regimi islamici. Parallelamente coltivò in quegli anni il suo primo amore: la “letteratura”. Dai resoconti dei suoi viaggi come Niente e così sia (1969) e Intervista con la storia (1974) ai due capolavori autobiografici Lettera a un bambino mai nato (1975) e Un uomo (1979). Ad oggi, in totale, i suoi libri hanno registrato vendite per venti milioni di copie in tutto il mondo. Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle di New York, si fece portavoce attraverso articoli e libri di una forte denuncia sulla decadenza della civiltà occidentale, destinata secondo lei a soccombere di fronte al fondamentalismo islamico. Questo la portò ad essere oggetto di critiche e contestazioni. Affetta dal cancro, lasciò gli USA per vivere gli ultimi giorni della sua esistenza nell’amata Firenze, dove scomparve il 15 settembre 2006.

LETTERA AUN BAMBINOMAI NATOAutore: Oriana FallaciEd: BUR

Lettera a un bambino mai nato è uno di quei libri che ti straziano il cuore e ti mettono di fronte alla realtà dei fatti, una lettera cruda e sincera che venne pubblicata per la prima volta nel 1975.Mi sono concessa questa lettura tutta d’una fiato, una sera che poi è diventata notte e quella notte la ricordo bene: ho pianto tantissimo. Sarà questione di iper sen-sibilità, mi son detta, così ho pianto ancora, sentendomi irrimediabilmente svuotata. Ci sono tematiche che toc-cano le corde più profonde dell’animo e l’aborto è uno di questi: ci divide in fazioni e ci spacca, – soprattutto noi donne, dall’interno – ma questo la Fallaci lo spiega sicuramente meglio di me. L’aborto non è tuttavia il solo tema del libro bensì il filo conduttore che vuole riportar-ci alla vita e alla morte, per farci riflettere sul significato dell’esistenza e la responsabilità che ci impone.Una donna in carriera e per giunta sola, scopre di essere incinta, così nasce un monologo in cui lei si domanda quanto sia giusto decidere della creatura che porta in

grembo, si chiede se voglia affrontarlo il mondo là fuori, se un giorno il suo bambino gli rinfaccerà di essere nato.Nella propria lettera questa donna di cui non conoscia-mo neppure il nome, parla apertamente al proprio figlio dei dubbi e dei timori che l’assalgono, in tutta sincerità, ribadendo, a più riprese, come anche l’infelicità per lei sia meglio del nulla, del non nascere affatto, si chiede se suo figlio avrà la forza di lottare giorno dopo giorno e se anche lei avrà la forza di combattere il pregiudizio di chi le sta attorno. La protagonista, ad un certo punto, de-cide di mettere se stessa e le proprie esigenze di lavoro davanti al piccolo, mettendosi in viaggio, nonostante il

parere contrario del medico. Si svolgerà un immaginario processo alla sua persona, dove ognuno esprimerà la propria opinione in merito ma solo il suo bambino, avrà l’ultima parola. “Era davvero una gabbia ed era davvero un tribunale e s’era svolto davvero un processo dove tu mi avevi giudicato colpevole perché io mi giudicavo colpevo-le, mi avevi condannato perché io mi condannavo.Restava soltanto da decider la pena e questa era ovvia: ri-fiutare la vita e tornare al nulla con te. Ti ho teso le braccia. Ti ho supplicato di portarmi via con te, subito. E tu mi sei venuto accanto, mi hai detto: «Ma io ti perdono, mamma. Non piangere. Nascerò un’altra volta».”

IDEA PROGETTAZIONE STAMPAamela+STUDIOGRAFICO

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TEATRO MAGRO_a cura di Kati Gerola

SPRINTFINALE (2015)

Il mensile di libera informazione per liberi lettori stampato su carta riciclata certificataRedazione e Direzione via Romanello 7 Goito MN | tel + fax 0376.60291 | Stampa Studio Grafico Mela+a | Registrato presso il Tribunale di Mantova n° 01/2012 del 24/02/2012

Impaginazione Studio Grafico Mela+a | Editor Pamela Moreschi | Capo Redattrice & GhostWriter Olga AnnibalettiIn collaborazione con Baldus, Kati Gerola, Annalisa Venturini, Marco Stoppa, Denise Izzo, Sebastiano Ricci, Manuela Torre, Vera Mascoli, Massimiliano Franchetto

Matteo Bruni, Giacomo Rebecchi, Giuseppe Barreca, Sabita Esposto, Marco Stoppa, Paola Lazzarini, Giulio Cisamolo, Manuel Garini, Marco BrioniSinergie attive con Teatro Magro, Gattacicova, Arte Dell’Assurdo

Contatti [email protected] | [email protected] | www.losguardo.eu | www.facebook.com/losguardo | www.issuu.com/_losguardoPer la vostra pubblicità all’interno de Lo Sguardo [email protected]

Teatro Magro in questi ultimi due mesi dell'anno è impegnato su parecchi fronti.

Dopo aver viaggiato in territorio nazionale a Barletta, e all'estero a Parigi e a Dubai, grazie alle performance nell'ambito di eventi azien-dali e manifestazioni fieristiche – caratteristica peculiare che lo distingue da altre realtà tea-trali, Teatro Magro sta sviluppando i prossimi consistenti progetti.

A livello sociale, si sta impegnando in un pro-getto coordinato Asl Mantova, che vede innu-merevoli iniziative nei sei distretti provinciali, destinato a sensibilizzare gli adolescenti e gli adulti in merito alla grave patologia del gioco d'azzardo. Gli appuntamenti vedono repliche nelle scuole e nei centri di aggregazione di Via-dana, Poggio Rusco, Suzzara, Castiglione Delle Stiviere e Mantova.

Nel campo dell'educazione, sono iniziate le di-

verse attività educative: i laboratori ormai tra-dizionali Lab@Home, che prevedono corsi per tutte le età nella sede del Teatro Magro in via Brescia 2C, i laboratori per le scuole di ogni ordi-ne e grado, e i seminari destinati ad un pubblico specifico. Da segnalare, infatti, il seminario de-stinato a insegnanti ed educatori condotto da Flavio Cortellazzi, che si terrà a Legnago il 21 e 22 novembre in preparazione del Festival della Fiaba 2016.

Infine, per il settore spettacolare, una trasferta interessante che coinvolgerà gli attori di Teatro Magro in una tournée a Napoli e a Benevento. I quattro diversi monologhi 'Senza Niente' an-dranno in scena in diverse rassegne campane, nel finesettimana dal 18 al 20 dicembre.

Per rimanere aggiornati su tutte le iniziati-ve e i progetti di Teatro Magro www.teatro-magro.com oppure https://www.facebook.com/teatro.magro

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a cura di giuseppe barrecacine

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Il film è girato in bianco e nero, d’inverno, a Parigi. I pro-tagonisti sono tre: Odile (interpretata da Anna Karina, allora moglie di Godard), Franz (Sami Frey) e Arthur (Claude Brasseur). La trama è lineare, in apparenza, e vive di ingredienti diversi: c’è una storia d’amore, o meglio, un rapporto in cui due uomini ambiscono una stessa donna (un richiamo a Jules e Jim di Truffaut?); c’è un intrigo, una storia oscillante tra il thriller e il film d’a-zione. Odile infatti confessa a Franz che a casa di sua zia c’è una grossa somma di denaro: da quel momento la progettazione del colpo s’intreccerà ai tentativo dei due di conquistare Odile, fino alla risoluzione della vicenda. Il “colpo” ha un esito farsesco, o meglio, tragicamente farsesco, perché i soldi in casa non si trovano, Odile ten-tenna, ha paura e, alla fine, nulla va bene alla banda.I tre non appaiono capaci di perpetrare delitti; inoltre, la “gara” per conquistare Odile sembra coinvolgerli appe-na, anche perché Odile preferisce chiaramente Arthur: non danno certo l’idea di essere persone che stanno progettando un colpo: appaiono spesso goffe, incerte, tenere. D’altra parte, la tensione drammatica è assen-te dal film, perché al regista non interessa tenere lo spettatore con il classico fiato sospeso; lo scioglimento della vicenda è quasi comico, come a voler mettere alla berlina il tentativo di prendersi troppo sul serio dei due aspiranti delinquenti e della loro titubante complice.Vi è senza dubbio nella pellicola un intento dissacra-torio, sia verso un genere di film d’azione, sia verso un

Jean-Luc Godard, uno dei maestri della “Nouvelle Vogue”, gira a metà degli anni ’60 un film che diverrà cult, non solo per la sua struttura né per la trama, ma per alcune scene rimaste celebri. Si pensi a quando i tre protagonisti decidono di battere il record mondiale della visita più veloce al Louvre: li si vede correre ridendo tra le sale, in una scena che Bernardo Bertolucci riproporrà nel 2003 nel suo film The Dreamers. Oppure si pensi alla danza dei tre attori in un bar: essi ballano coordinati e sorridenti, mentre il regista filma la scena con un unico piano-sequenza senza cambiare inquadratura. Non è un caso, dunque, che il maestro Godard abbia degli ammiratori celebri e fedeli, tra cui si annovera Quentin Tarantino, il quale ha chiamato “Band à part” la propria casa di produzione cinematografica (sembra che Godard però non impazzisca per i film del regista americano).Ecco cosa ha detto Godard a proposito di Band à part: “Si è trattato di fare un film come agli inizi, cioè un film da poco, a basso costo e girato in poco tempo, che accordasse importanza così al personaggio come alla maniera in cui lo si fa agire. Un film che corrispondesse ai film di serie B che amo nel cinema americano”. Benché abbia questo retroterra, Band à part non è certamente un film di serie B, bensì una delle più celebri pellicole della Nouvelle Vogue.

uso della cultura nel cinema un po’ stereotipato; la fa-mosa scena della corsa al Louvre prende in giro l’allora nascente cultura di massa, della quale le visite guidate erano un ridicolo epifenomeno. Ma tutto il film, secon-do quanto afferma lo stesso Godard, è un tentativo di rivincita della cultura popolare contro quella fintamen-te ‘alta’: “La cultura popolare si prende la rivincita nelle forme che le sono specifiche: una poesia di Aragon si trasforma in canzonetta cantata nel metro, e in un bar i tre amici invece che discutere di filosofia come negli altri film di Godard eseguono una serie di passi di dan-za: i testi shakespeariani su cui, nella prima parte del film, si applicavano i tre nella loro lezione d’inglese sono dimenticati” (A. Farassino, Godard, il Castoro, Genova 1995, p. 60).Il gesto dissacratorio si indirizza anche verso altri film di Godard stesso, più seriosi e filosofici, per cui Band à part appare come una sorta di liberazione delle energie potenziali del mezzo espressivo e dei suoi attori. Si pensi alla gravità e alla complessità del rapporto uomo-donna tratteggiato nel film del ’63, Le Mepris, tratto da un ro-manzo di Alberto Moravia, a fronte dell’ingenuità, della leggerezza e della capacità di illudersi che caratterizza i tre personaggi di Band à part. I tre giocano, quasi come ragazzi, quando frequentano il corso d’inglese, scam-biandosi sguardi e corteggiandosi. La differenza con altri film di Godard appare lampante, anche perché la vicenda di Franz, Arthur e Odile è annegata in un clima

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onirico, all’interno del quale lo spettatore non è in grado di calarsi completamente; né, d’altra parte, è possibile immedesimarsi appieno con gli attori, dal momento che la vicenda è raccontata da una voce narrante, recitata da Godard stesso, che non smette di rammentare allo spet-tatore che sta solo assistendo alle vicende di un film.Si è detto che Odile ama Arthur, ha scelto lui, ma il finale sconvolge tutto; il colpo va male e un accenno di trage-dia c’è. Forse la zia di Odile è stata uccisa. Arthur torna indietro per controllare, ma sopraggiunge suo zio, il quale, saputo del colpo, vorrebbe avere la propria parte. La sparatoria tra Arthur e lo zio è prolungata e tragico-mica: alla fine muoiono entrambi, dopo essersi sparati diversi colpi a distanza ravvicinata. Arthur, prima di ca-dere a terra, compie diversi volteggi, come un ballerino, anzi, secondo la voce narrante: “come l’uccello indiano che viene al mondo senza zampe e non si posa mai”. Odile e Franz osservano la sparatoria e poi scappano. Ora Odile dovrà amare Franz: la scena che li ritrae in auto mentre fuggono è lunga, senza interruzioni. Odile asse-risce di essere disgustata dalla vita, Franz invece sembra sollevato: riflette amaramente sul fatto che le persone sono incapaci di stare unite, anche quando vivono assie-me. Poi questo afflato filosofico si esaurisce di fronte a una questione più pratica: dove andare? I due andranno

nei mari del sud, romanticamente costretti ad amarsi. E la voce narrante suggella con queste parole il finale del film: “La mia storia finisce qui, come in un romanzo eco-nomico, in questo istante sublime dell’esistenza in cui nulla è in declino, nulla si degrada e nulla decade. Nei prossimi film vi verranno raccontate, in cinemascope e in technicolor questa volta, le nuove avventure di Odile e Franz nei paesi caldi”.Il tentativo di eliminare ogni psicologismo, ogni appro-fondimento culturale, ogni sottile caratterizzazione dei personaggi funziona appieno: il carattere caotico e di-sordinato del film costringe lo spettatore attento a non distrarsi, né a dover seguire i blandi patimenti dell’ani-mo degli attori. La scena è nuda ed essenziale, i dialoghi leggeri, senza particolari approfondimenti linguistici. È come se Godard avesse voluto dimostrare in questo modo che la cultura non è un’armatura che deve co-stringere il cinema a seguire solo certe strade; il cinema è libero, come il regista stesso, il quale costruisce, come dice lui, un film “molto triste, sentimentale e romanti-co”, un po’ poliziesco, un po’ d’amore, un po’ thriller e un po’ comico. In altre parole, un film ricco, che non annoia mai, e che dimostra la vitalità del cinema, che sa essere cultura “alta” senza ossificarsi in forme congelate da un presunto ideale di bellezza.

amatorecine

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Chiara Ferretti – Fashion Journalist ha scritto di lui “Manuel Garini nasce a

Mantovail 28 luglio di qualche anno fa,

segno zodiacale Leone.Fin da piccolo dimostra di possedereun’innata creatività e senso estetico.

Inizia a lavorare nella modaappena abbandonatigli studi a soli 18 anni,

come semplice commessodi una Jeanseria

e nel frattempo fa il fotomodelloper arrotondare.

Una carriera in ascesaquella di Manuel,

che da allora ha collaboratocon le più grandi catene

e boutique del lusso del nord Italia,curandone allestimenti,

vetrine e come personal shopper.Oggi dirige una delle più importanti

boutique italiane situata nelcentro storico di Mantova,

Via Verdi 41,del gruppo Bernardelli.

Grazie alla sua gestione,la storica boutique mantovana,

da sempre famosa per lasua immagine classica

e anni ’80, ha iniziato a guadagnareuno stile più raffinato,

sia nel gusto di vetrine ed allestimentisia nella scelta dei Brand

di alto livello e prime linee.Manuel, segue in prima persona,

affiancato dall’aiuto didue grandi collaboratrici,

forte della fiducia e degli insegnamenti del sig. Stefano Gozzoli,

ogni singolo aspetto della boutiqueincluso il marketing e i social network,

captandone da subito l’importanza(ad oggi Via Verdi 41 su Facebook

vanta oltre 9.300 followers).

BACK TO BASIC.FALL/WINTER 2015

_di Manuel Garini

Rieccoci, passate bene le vacanze estive? Immagino...Devo dire che io nemmeno me le ricordo più ormai, finite a fine agosto con un settembre davvero sofferto, pieno di impegni e di lavoro ed essere già prossimi a quelle natalizie! Ma davvero dopo le vacanze ti viene voglia di tornare alla realtà? A quella veloce monotonia giornaliera? Probabilmente no. Pertanto pensavo di abdicare, come il nostro CARO amico, #Ratzy.

46cento.com | [email protected]

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Ma, non potendo fare altrimen-ti e non avendo trovato nessuno disposto a mantenermi, ho de-ciso alla fine di essere forte, di armarmi di #GIRLPOWER e di tornare alla realtà!

Sembra passata una vita dall’ultimo nostro incontro ma no, non bisogna perdere tempo, la moda non aspetta, ne tantomeno va in vacanza, quindi bisogna essere sempre sul pezzo, sennò: GIRL POWER!

SEI FUORI!

Diamo un occhio a qualche must maschile per questo Autunno Inverno 2015.Questa stagione l’uomo è caratterizzato dal ritorno del CAMMELLO e di tutti i colori coloniali. Non sto parlando del dromedario ovviamente ma del color cammello che pro-babilmente ricorderete perché nell’armadio dei nostri nonni c’è sicuramente qualche ca-davere di quel colore.

Ecco, richiudete quel povero armadio sprigionante nafta-lina e aggiorniamo il sof-tware al 2015, il che non è semplice per tutti, ma noi ci proviamo.

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facebook.com/46cento

2Per questo inverno 2015 ho percepito un ritorno al Basico, #BackToBasic appunto, un ritorno alle origini, la rivisitazione del classico, in special modo il ritorno prepotente del Cammello. Come vedete qui sopra un classico cappotto monopetto in lana, morbidissi-mo e caldo, ma con la grinta dei modelli fittati dei giorni nostri. Il cappotto cammello è davvero un MUST. Anche quest’anno per quanto riguarda i capospalla, si reinventano, i classici iconici diventano attuali ed innovativi, come ha fatto ad esempio Herno con questo classico taglio Bomber in pelle scamosciata davanti con maniche e schiena in lana impermeabilizzata principe di Galles. Davvero stupendo.

Per continuare la nostra carrellata di capo-spalla invernali vi propongo alcuni pezzi che mi hanno particolarmente colpito, come ad esempio questo doppiopetto Aspesi, il classico peacot ma rivisitato in chiave moderna con la giusta vestibilità per l’uomo che vuole essere elegante ma allo stesso tempo sportivo: lana cotta con interno in neoprene per mantenere la temperatura corporea costante.

Un altro capo stupendo per quest’inverno è sicuramente il piumino! Chi non ha bisogno di un nuovo piumino? Burberry, che non de-lude mai propone un classico piumino molto chic ovviamente in diversi colori con la possi-bilità di trasformarlo in uno smanicato, infatti le maniche sono dotate di una comodissima cerniera che permette di staccare completa-mente le stesse e di poter godere di questo giubbino una versione smanicata.Herno, invece, reinventa il ripstop trasforman-dolo in un velo di leggerissimo nylon lucido, un piumino dalla leggerezza impalpabile e veramente caldo per gli inverni più freddi, l’ultralight engeineering 7 den.Quindi occhio a non continuare ad acquistare i soliti piumini commerciali come le pecore, Be different!

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A NOI CI PIACE!

OH YES!

Anche quest’anno l’accessorio più in voga è sicuramente lo zaino. Lo zai-no che diventa un vero e proprio must per le collezioni dei più importanti stilisti che lo trasformano ogni volta, utilizzando pellami e nylon sempre più ricercati, ed anche i prezzi per questo motivo salgono. Lo zaino che nasce come accessorio sportivo, oggi è il tocco finale anche per i look più eleganti. Quindi, anche look con abito elegante, cappotto e cravatta, metti lo zainetto!!Ora un po’ di look a random per farvi capire più nel dettaglio il BACK TO BASICS. Per i ragazzi, i più giovani, ma anche per i NON giovani torna il look COLLEGE anche quest’anno, ma vediamo insieme qualche look.

Vi amo tutti sempre e ciaoooo! xxx

Ecco, adesso non ci resta che aspet-tare il prossimo aggiornamento. Nel frattempo mi raccomando, non per-dete tempo e impupatevi bene altrimenti se vi vedo per strada sti-le... non fatemelo dire per favore! Sicuramente sarà mia premura farvi sapere che allora...

IL MIOGIUDIZIO

NON SERVE PIÙA UN CAZZO!

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_pic di Valentina Piccoli

caleidoscopio

a cura di vera mascoli

LASSU doveil cielo eun po piu bluIl cuore della Valle di Ledro è un lago dall'acqua cristallina che esplode in tonalità bluastre e si fonde con la verde cornice che lo contorna. Il Lago di Ledro è celebre per i ritrovamenti di reperti di una civiltà palafitticola, risalenti all'età del Bronzo. Nella stessa area ora sorge il museo delle Palafitte, dove sono state ricostruite queste abitazioni preistoriche. Una piacevole passeggiata circonda tutto il lago: di giorno ci si può godere il lago immersi nella natura, rinfrescandosi con un tuffo o facendo sport (come la vela o la canoa). La sera centinaia di lucciole illuminano il percorso, rendendolo ancora più suggestivo. Per una migliore vista del lago, la Cima Parì è uno dei punti da cui è possibile ammirarlo in tutta la sua eleganza: camminando sui sentieri della Pri-ma Guerra Mondiale, costeggiati da distese di Botton d'oro, che impreziosiscono il paesaggio, si arriva alla cima, da cui si ha una visuale a 360 gradi.Per rifocillarsi dalle camminate in montagna, dopo un Hugo (aperitivo tipico del Trentino a base di sciroppo di sambuco, prosecco e menta) è possibile gustare un'ampia scelta di pietanze tipiche della tradizione di montagna come la Carne Salada o la polenta di patate, oppure i particolari Gnocchi Boemi e per concludere le Livanze: tipico dolce della tradizione boema, accompagnate da marmellata di frutti di bosco. Un liquore nato proprio sulle sponde del lago è invece il Picco Rosso: caratterizzato dal colore rosso brillante, dal gusto di fragole e frutti di montagna e dall'elevato grado alcolico. Un piatto tradizionale della sola Valle di Ledro sono i “Caponec”: una pietanza a base di erbe montagna e pane raffermo, avvolta in una foglia di vite e che, una volta cotta, sprigiona tutta la sua golosità. Una valle che accoglie gli amanti della natura, dello sport, della buona cucina, della vita all'aria aperta e anche della buona musica. La Valle di Ledro è infat-ti una una delle località che ospita “La Festa della Musica”, manifestazione nata per celebrare il solstizio d'estate e che ospita artisti provenienti da ogni parte del mondo. La forza della musica unisce grandi e piccini: si canta, si balla e ci si diver-te ai ritmi più svariati. Patrimonio dell'Unesco dal 2011 e Riserva della Biosfera dal 2015, la Valle di Ledro è un luogo riparato dalla vita frenetica di tutti i giorni, ideale per rilassarsi, camminare in montagna e respirare a pieni polmoni. Si pos-

sono fare piacevoli passeggiate in mezzo ai boschi di Concei; riscoprendo il dolce gusto delle fragoline di bosco, soffermandosi sui dettagli dei fiori di montagna e percorrendo sentieri costeggianti staccionate di legno che racchiudono piccoli prati verdeggianti.La Valle ha delle peculiarità uniche: nelle semplici feste tradizionali, nella storia italiana che si intreccia con la storia locale (da Garibaldi alla Prima Guerra Mon-diale), nel gusto dello Strudel e nei fiori che abbelliscono tutti i balconi dei villaggi che la costituiscono. La Valle di Ledro è un piccolo angolo di paradiso, dove ci si può ancora meravigliare per le cose semplici.

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Sono ricchi, sono belli, sono famosi, mostrano tutti segni di disturbi compor-tamentali mai curati. Chi sono? Forse le Kardashian? I Kennedy? I Rinaldi? NO! SONO I FORRESTER! Ventisette stagioni sulla cresta dell’onda tra amori, intrighi e mutande che volano. Nessuno lavora e tutti pensano solo ad accoppiarsi, ignari dell’esistenza di anticoncezionali e docce fredde, è forse proprio per questo che sono entrati nei cuori di milioni di fans in tutto il mondo, quotidianamente affa-mati di nuove storie e con in testa sempre la stessa domanda: “CON CHI SI SPO-SERÀ QUESTA VOLTA BROOKE?” Icone scintillanti di una Los Angeles incredibil-mente popolata solo dalla loro celebre stirpe e dalle sue ramificazioni, i Forrester sono dei Borgia 2.0 e, tra lustrini e instancabili limoni, senza sentire la vecchiaia, si lanciano in trame sempre più intricate tra personaggi vecchi e nuovi. Per chi se lo è perso e per chi non lo guarderebbe manco sotto tortura, arriva il riassuntone!

Ve lo dico subito: Maya nasce uomo e cresce donna dai capelli crespi. Se Un Posto Al Sole finisce al Tg1 per il primo bacio gay della tv italiana, Beautiful non finisce da nessuna parte perché gli altri Paesi sono più avan-ti di noi. Mesi e mesi e mesi a botte di puntate di 15 minuti intervallati da 45 di pubblicità di materassi, mi hanno provato al punto che non avevo nemmeno più voglia di gridare a Brooke che è una peripatetica, quin-di eccoci qua, il mistero è risolto!Mentre Rick è a Big Bear (le pareti di questo chalet hanno visto più accoppiamenti di tutti i documen-taristi della National Geographic messi insieme) per chiedere in sposa la sua dama, alla Forrester si trama perché la notizia resti segreta ma fanno i conti senza Bill che, manco fosse Alfonso Signorini con i calzini dei magistrati, si sente ardere dentro il fuoco del dovere di cronaca (invece era solo acidità di stomaco n.d.r.) e, nonostante le minacce molto intimidatorie di Katie, spiattella tutta la storia sul giornale più usato nelle lettiere del mondo.Dietro a tutto questo vociare c’è Wyatt, la mandibola più inutile di Los Angeles, che dopo aver sedotto Ni-cole ed essersi fatto svelare questo snervante arcano,

di olga annibaletti

è corso da papà Bill che in tempo zero ha diffuso la notizia talmente all over the world che Maya si è do-vuta rintanare in soffitta, convinta che Rick non la ami più perché al termine di una telefonate non le ha detto ciccipucci. Infiniti malintesi dopo si scopre che (come al solito) era stato un albero caduto lungo la strada a far chiudere la conversazione al capo supremo della Forrester Cri-esciòn.Durante la latitanza di Maya però tutti i membri della famiglia allargata Forrester ficcano il becco negli affari altrui (disclaimer ufficiale della serie) e prima hipster Eric e poi gluglu Brooke tentano invano di convincere il figlio a ripudiare l’amata perché rea di aver nascosto a tutti un potenziale scandalo mondiale (non ce ne frega niente a noi in realtà ma vaglielo a spiegare a loro), ma Rick è sordo - oltre che stupido - e l’amore trionferà sempre sull’odio (cit. di un certo spessore).Tutto il resto è di una noia impressionante ed è un sus-seguirsi di Ridge che cerca di riprendersi il trono alla Forrester, di Steffy che intende riprendersi Liam, di Brooke che vuole riprendersi chiunque. Tiene banco la sparizione di Maya però e presto tente-

ranno di contattare la Sciarelli ma per ora si affidano agli addominali di Carter (sembra solo a me un’idiozia far cercare l’attuale fidanzata all’ex? può essere ma i Forrester non brillano certo per intelligenza).Ma dove sono finiti i personaggi fondamentali? Ivy si sta strappando i capelli perché Quinn è stata riassunta alla Forrester e tra le due non scorre buon sangue, scor-rono più che altro tentativi di omicidio; Caroline rientra a casa con la sedia a rotelle dopo esser stata coinvolta in un incidente (“strano!”, direte voi, ma questa volta è stata colpa della vita reale che ha falciato le ginocchia dell’attrice) tenuto nascosto a Ridge per non farlo ulte-riormente preoccupare; poi c’è Aly… Ma che ce frega di Aly?!Nelle prossime settimane (o anni luce, tenendo conto dei ritmi di Mediaset) scopriremo quanto fa 25 + 12 + 12 e siccome questo mica è Lost ve lo dico subito che sono le somme delle quote aziendali dalla Forrester Criesciòn di Ridge, Steffy e Bill che, per la milionesi-ma volta, tenteranno la scalata per la poltrona in pelle umana dell’ufficio di Rick.Come andrà a finire?Lo scopriremo solo tra un Mastrota e l’altro..

BPBEAUTIFULPEOPLE

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cuori all blacksgli all blacks si sono riconfermati campioni del mondo, battendo

nella finale londinese del 31 ottobre l’australia riconfermano il

primato del 2011. e la seconda coppa del mondo consecutiva che si

aggiudicano i neozelandesi, la prima risale al 1987.

«Devi sempre restare positivo, sorridente, perché questa malattia cerca di distruggerti poco alla volta.Voglio insegnare ai miei figli che non c'è niente di facile in questa vita e che devi sempre lavorare duro. Non si devono arrendere, perché io non mi arrenderò. Mai»._Jonah Lomu

Lo sport va a cercare la pauraper dominarla, la fatica per trionfarne,la difficoltà per vincerla.

“_Pierre de Coubertin

Nella loro storia di rugbisti gli All Blacks sono conosciuti per l'Haka, la danza che compiono prima di ogni partita, con lo scopo di intimidire gli avversari; è definita talvolta come una danza di guerra, ma essa rappresenta la tra-dizione Maori legata alla Nuova Zelanda, ne esistono di-versi stili. Muscolosi, forzuti e combattivi in campo, sono dei giganti dal cuore d'oro come Sonny Bill Williams, me-diano d'apertura. Nella semifinale del mondiale 2015, dopo aver battuto gli Springbok, consola il giovane Jesse Kriel, che riporta l'episodio così: “It shows the kind of pla-yer and the kind of person he is, and shows what rugby is about”.Gesti che sono comuni in uno sport come il rugby, dove il rispetto è un valore massimo. Durante i festeg-giamenti al Twicknham Stadium, Sonny viene raggiunto in campo da un ragazzino, che placcato da un uomo della sicurezza gli era finito sui piedi. Posa per alcune foto con il piccolo fan e lo riaccompagna al suo posto sugli spalti e in un gesto inaspettato gli regala l'appena conquista-

ta medaglia da campione del mondo. La sua generosi-tà è stata ripagata ricevendo successivamente un'altra medaglia. Il 18 Giugno 1995 gli All Blacks e il mondo intero scoprirono un ragazzo che sarebbe diventato una leggenda: Jonah Lomu, 20 anni appena, smaterializza-va davanti Tony Underwood , Will Carling e Mike Catt e segnava la meta più memorabile della storia del rugby. Quell'indimenticabile match contro l'Inghilterra durante la coppa del mondo sudafricana, lo incoronò leggenda dello sport. Amato, temuto e rispettato, un giocatore unico: “Ricordate che il rugby è un gioco di squadra. Per-ciò, tutti e 14, passate la palla a Jonah Lomu”. Un rugbista implacabile e implaccabile visto il numero di mete che portò a segno solo nel mondiale del 1995; faceva cadere come birilli coloro che cercavano di ostacolare la sua cor-sa verso la meta. Un gigante alto quasi due metri, la cui corsa è stata fermata da una malattia ai reni. Un amba-sciatore del rugby, un tedoforo della palla ovale.

a cura di vera mascoli

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Ammetto di essere un complottista matricolato. Sono uno di quelli che crede che le scie chimiche servano in realtà ad occultare la presenza di enormi astronavi alie-ne in orbita intorno alla Terra, dalle quali esseri rettiloidi collusi con i nostri governanti ci tengono in uno stato di totale asservimento. Credo che JFK sia stato assassinato a causa di ciò, che Saddam Hussein fosse cugino di qua-rantaduesimo grado della Regina d’Inghilterra, che Hit-ler sia fuggito in Sudamerica e che i tumori si possano curare con la limonata, benché sarebbe forse preferibile il Gin-Lemon. Può sembrare quindi ovvio che, con tali presupposti, il controverso finale della stagione del Motomondiale mi sia apparso quasi come una sorta di allenamento defa-

quel pasticciato brutto di valencia

dietrologia di un complottoa cura di massimiliano franchetto

tigante, essendo abituato a strepitare contro le organiz-zazioni finanziarie plutocratico-sionistico-massoniche che ci imprigionano in questa sottospecie di Matrix. Del resto le premesse c’erano tutte: il campionato gestito da un’organizzazione spagnola con sponsor spagnoli, ben quattro gare in Spagna e piloti di punta, guarda caso, spagnoli, con il solo Valentino Rossi, leggenda vivente del motociclismo, in grado di contrastarne lo strapotere.Tuttavia, per una volta, mi limito ad analizzare i fatti, leggendoli da semplice appassionato di sport motoristi-ci che non si perde una gara in tv da quasi trentacinque anni e che, proprio a causa di questo, si sente, eufemisti-camente parlando, stomacato da tutto quanto si è detto e scritto in questi giorni. Ci si è messo persino Marco Travaglio che, pur di appagare il suo ego, ha pensato bene di arieggiarsi l’epiglottide, arrivando addirittura a contraddire Franco Uncini (!), per poi rimangiarsi tutto in uno splendido esercizio di Mirror Climbing. Ora non ci resta che aspettare il suo prossimo intervento sul cam-pionato pakistano di Cricket…Tenendo ben chiaro che le mie sono semplici conside-razioni da bar, il primo aspetto che balza agli occhi è l’incomprensibile avventatezza delle dichiarazioni di VR dopo il gran premio di Australia, che passerà comunque alla Storia come la più bella e combattuta gara di Moto Gp degli ultimi vent’anni, vinta proprio da Marquez con un sorpasso nel finale su Lorenzo.La sensazione è che Valentino abbia contribuito in pri-ma persona ad innescare il famigerato complotto di cui poi è stato vittima. Incomprensibile per un personaggio navigato come lui, che della forza mentale ha sempre fatto un’arma in più e che, fin dal debutto, ha sempre saputo gestire abilmente il suo rapporto con i media. Ovvio quindi che un bamboccio ultra egocentrico come Marquez, che pur essendo dotato di un “manico” straor-dinario non ha mai brillato per condotte di gara all’inse-gna del massimo fair play, se la legasse al dito. Invidia? Rancore per il sorpasso forse fin troppo duro subito da Valentino ad Assen? Un rigurgito di nazionalismo spa-gnolo da parte di, udite udite, un catalano? Non lo sa-premo mai. Il dato oggettivo è che nell’assurdo balletto di Sepang Marquez aveva un passo più lento di quasi due secondi rispetto al warm up e rispetto al suo com-pagno di squadra, quindi ci vuole poco a dedurre che il suo unico scopo fosse quello di disturbare Valentino, an-ziché lottare per la vittoria o, per lo meno, per il podio. Il resto l’abbiamo visto tutti: la manovra scorretta di Rossi, giustamente sanzionata da una race direction tutt’altro che autorevole, pronta a lasciarsi scappare a denti stretti che si sarebbe dovuto prendere qualche provvedimen-to anche a carico di Marquez. Per non parlare poi del patetico atteggiamento di Lorenzo, intervenuto a chie-dere una punizione più pesante ai danni di Valentino,

indispettendo i vertici della Yamaha ed i suoi sponsor, dimostrando così una maturità da seconda elementare e beccandosi pesanti critiche persino da suo padre.A Valencia si è svolta la logica conclusione di questo psicodramma, con la rimonta furibonda quanto vana di Valentino e i due giannizzeri in tandem con un ritmo as-solutamente blando (circa un secondo sopra i tempi del warm up, come dire, andiamo a mangiarci un gelato): Lorenzo davanti e Marquez impegnato a guardargli le spalle senza mai attaccarlo, salvo dare prova della sua proverbiale aggressività solo per rispondere a Pedrosa. Al di là delle reazioni piccate da parte di Livio Suppo, che in quanto team manager HRC, si è trovato costretto a fare l’avvocato del diavolo, ciò che balza agli occhi in tutta questa faccenda è la totale perdita di credibilità del top del motociclismo mondiale, il cui futuro è rap-presentato da due bambocci che mascherano con la loro aggressività, nel caso di Lorenzo solo verbale, una totale mancanza di carisma e di personalità, che ha come di-retta conseguenza la totale incapacità di far presa sul cuore dei tifosi, persino a casa loro, come dimostrano le immagini del Ricardo Tomo di Valencia tappezzato di giallo.Personalmente preferisco pensare che non ci sia stato nessun complotto e che Rossi si sia lasciato scappare certe dichiarazioni solo perché mal consigliato o per provare a testare la tenuta nervosa dei suoi avversari, tuttavia il polverone che si è scatenato ha avuto l’effetto, oltre che di fargli perdere il decimo titolo mondiale, di mettere a nudo i grossi limiti di chi gestisce la baracca della Moto GP, ormai quasi interamente declassata a campionato spagnolo e sempre più incalzata, in termini di popolarità, dalla Superbike.

Puo sembrare quindi ovvio

che, con tali presupposti, il

controverso finale della

stagione del Motomondiale mi sia

apparso quasi come una sorta

di allenamento defatigante,

essendo abituato a strepitare

contro le organizzazioni

finanziarie plutocratico-

sionistico-massoniche che

ci imprigionano in questa

sottospecie di Matrix.

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flamg

Per le adozioni e per le richieste di aiuto i numeri telefonici sono i seguenti: 347/9339927 – 347/7587816 se non richiamiamo subito è perché siamo oberate di lavoroe siamo in poche quindi preghiamo le persone di mandarci un sms o ancora meglio utilizzare la casella di posta elettronica: [email protected]

Carlotta è una micetta molto sfortu-nata, da tempo è in gattile e nessuno la nota... è portatrice di Corona Virus per cui cerchiamo per lei una famiglia che la adotti come figlia unica (senza altri gatti, ma può vivere con cani). È molto dolce, è sempre in cerca di carezze. Non merita una vita in gattile, anche lei ha diritto ad essere felice!

in amichevole collaborazione conSguardi con la coda

Marty, nemmeno un anno, appello urgente! Vi prego di aiutarci ad evitare l’entrata in gattile. Nessuno ha dato disponibilità siamo in enorme difficoltà. Nessuno ci aiuta. Mandate un sms a Fernanda 3477587816. Tutte le spese veterinarie e di mantenimento sono a carico nostro fino ad adozione.

EMERGENZA PAPPEAbbiamo bisogno di cibo umido,

meglio se in bustine, sia per gattini che per gatti adulti, per gli anziani

e con problemi.Per info contattateci ai numeri

347/9339927, 348/0438317 oppure 3471560793, lasciate sms se non ri-

spondiamo, grazie!

RISTORANTE PIZZERIA

di DAVIDE FORONIVIA PEDAGNO 56 - 46044 GOITO MN

0376 604761 - 392 0239252Piazza Sordello 27 Goito 037660207

- VENERDÌ SERA KARAOKE -

Virgola l'abbiamo recuperato a seguito segnalazione in strada a Cerese. L'ab-biamo portato dal veterinario, vaccina-to, sterilizzato e testato. È risultato Felv positivo, ma Virgola è in gran forma. Ha 10 mesi ed ha tanta voglia di coccole. Cerchiamo per lui una famiglia senza altri gatti o con gatti felv positivi.

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Canile San Lorenzo di PegognagaVia Provinciale Est 15 • tel 0376 558704 • mobile 349 355 2499 • www.canilesanlorenzo.it

Nel 1994 nasce il canile San Lorenzo ad opera della famiglia Giovannini. Il canile Intercomunale San Lorenzo è una struttura di accoglienza per i cani randagi recuperati nei Comuni di: BORGOFORTE • FELONICA • GONZAGA • MOGLIA • MOTTEGGIANA • PEGOGNAGA • QUISTELLO •SAN BENEDETTO PO • SAN GIACOMO DELLE SEGNATE • SAN GIOVANNI DEL DOSSO • SCHIVENOGLIA • SUZZARA • VIADANA • VILLA POMA. All'interno del Canile operano i volontari della LAV sede di Mantova, che si occupano della socializzazione, sgambatura, adozioni e controlli post affido dei cani ospiti | [email protected]

Annibale | Se non fosse per la sua età, sembrerebbe un cucciolo. Molto dolce ed affettuoso, ha passato tanti anni nei canili. Nato nel 2003, taglia medio grande, Anniba-le cerca una famiglia che veda la luce in que-gli occhi marroni e non la barbetta bianca sul suo muso. Sicuramente un ottimo compagno per chi conduce una vita tranquilla e lenta. Annibale ha energia, ma come ogni cane anziano ha bisogno di una cuccia morbida, passeggiate lente e la possibilità di recupera-re fisicamente i tanti anni di vita in gabbia. Lui ci spera!

Albertino | Lui è Alberto, detto Alberti-no. Nato nel 2003, maschio di piccola taglia. Quando è arrivato in canile era diffidente e non si lasciava manipolare per mettere la pettorina. Con calma e pazienza, siamo riu-sciti a trasmettergli la serenità di una pas-seggiata. A distanza di un anno è diventato molto carino ed è lui che cerca le coccole e la nostra vicinanza. Esce volentieri in pas-seggiata, non va tanto d’accordo con gli altri cani, anche se una convivenza con altri cani sarebbe comunque da valutare. Adozione in appartamento, perchè si arrampica e scappa.

Anastasia | è il tipico cane sfiduciato dall’uomo. Titubante e un po’ schiva, sta cercando di riconquistare la fiducia nelle persone. Lei è una elegante incrocio segugio, media taglia, già sterilizzata nata nel 2014. Al guinzaglio si dimostra brava e attenta, le piace passeggiare e annusare nell’erba. Si-curamente la sua fiducia aumenterà sempre più e la sua bontà la farà essere una ottima compagna di vita. Manca solo chi si innamo-rerà di lei e del sue essere così delicata.

Andy | È un incrocio pitbull, nato nel 2006 ed entrato in canile ancora cucciolone. Ha tanta voglia di correre fuori da quel box trop-po piccolo per lui, ma nell’autunno del 2013 si è fatto male ad un ginocchio mentre salta-va nell’area di sgambamento. Lui è energico e muscoloso, il ginocchio si è sistemato, ma potrà sempre essere un’articolazione che pre-senterà qualche difficoltà. Per lui cerchiamo una famiglia che abbia già avuto esperienze nei cani molossi e che non abbia attualmente altri cani. Andy è ben predisposto con i suoi simili, ma serve tempo per la convivenza.

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horreurparigi tredici novembre duemilaquindici