micro insieme

48
SECREZIONI BATTERICHE La secrezione nei Gram – coinvolge il trasporto attraverso l’envelope cellulare che consiste di 2 membrane (IM e OM e il periplasma interposto). I Gram – in particolare hanno sviluppato strategie per esportare substrati nello spazio EC o direttamente nella cellula ospite. Vi sono diversi tipi di secrezione: 1. Secrezione di tipo I le proteine vengono secrete attraverso un macchinario semplice che attraversa interamente l’envelope. Il traslocone consiste di una ABC (ATPase-binding-cassette), di una proteina di fusione di membrana e di un poro che attraversa l’OM. I substrati di questa pathway, come l’alfa-emolisina, posseggono una sequenza all’estremità C-terminale non clivata. La TSS1 viene utilizzata da: a) E. coli; b) Bordetella pertussis 2. Secrezione di tipo II I substrati di tale secrezione contengono una normale sequenza segnale N-terminale che media l’attraversamento della IM mediato dai trasloconi Sec o Tat. Le proteine si ripiegano nel periplasma prima di attraversare la OM, trasferimento che è mediato da una struttura complessa definita secretone. Questo consiste di un poro conservato nell’OM (la secretina) e una struttura pilus- like nella IM che potrebbe agire in qualità di pistone per spingere i substrati attraverso la secretina (poro dell’OM). La biogenesi della secrezione di tipo II è strettamente correlata a quella del pilo di tipo IV (omologia). La TSS2 viene utilizzata, per la secrezione di tossine da: a) P. aeruginosa; b) Vibrio cholerae 3. Secrezione di tipo III è caratterizzata dalla presenza dell’ingectisoma, che è una struttura needle-like che forma un canale il quale attraversa interamente l’envelope cellulare e si estende a prendere contatto con la cellula ospite. L’archittettura della struttura permette la diretta iniezione di fattori di virulenza dal citoplasma batterico all’interno della cellula ospite. Viene utilizzata principalmente da: a) Yersinia Pestis; b) Salmonella tiphymurium 4. Secrezione di tipo IV trasporta substrati direttamente nella cellula ospite attraverso una complessa struttura trans-envelope che culmina in una struttura fimbriale, il pilo, a livello della superficie cellulare batterica. Questo meccanismo può trasportare DNA e proteine mediante un processo “one o two-steps”. Viene utilizzata principalmente da: a) Bordetella pertussis; b) H. pylori; c) Legionella (utilizza anche la secrezione di tipo VI)

Upload: caterina-sarnicola

Post on 30-Jul-2015

375 views

Category:

Documents


6 download

TRANSCRIPT

Page 1: Micro Insieme

SECREZIONI BATTERICHE

La secrezione nei Gram – coinvolge il trasporto attraverso l’envelope cellulare che consiste di 2 membrane (IM e OM e il periplasma interposto). I Gram – in particolare hanno sviluppato strategie per esportare substrati nello spazio EC o direttamente nella cellula ospite. Vi sono diversi tipi di secrezione:

1. Secrezione di tipo I le proteine vengono secrete attraverso un macchinario semplice che attraversa interamente l’envelope. Il traslocone consiste di una ABC (ATPase-binding-cassette), di una proteina di fusione di membrana e di un poro che attraversa l’OM. I substrati di questa pathway, come l’alfa-emolisina, posseggono una sequenza all’estremità C-terminale non clivata.

La TSS1 viene utilizzata da:a) E. coli;b) Bordetella pertussis

2. Secrezione di tipo II I substrati di tale secrezione contengono una normale sequenza segnale N-terminale che media l’attraversamento della IM mediato dai trasloconi Sec o Tat. Le proteine si ripiegano nel periplasma prima di attraversare la OM, trasferimento che è mediato da una struttura complessa definita secretone. Questo consiste di un poro conservato nell’OM (la secretina) e una struttura pilus-like nella IM che potrebbe agire in qualità di pistone per spingere i substrati attraverso la secretina (poro dell’OM). La biogenesi della secrezione di tipo II è strettamente correlata a quella del pilo di tipo IV (omologia).

La TSS2 viene utilizzata, per la secrezione di tossine da:a) P. aeruginosa;b) Vibrio cholerae

3. Secrezione di tipo III è caratterizzata dalla presenza dell’ingectisoma, che è una struttura needle-like che forma un canale il quale attraversa interamente l’envelope cellulare e si estende a prendere contatto con la cellula ospite. L’archittettura della struttura permette la diretta iniezione di fattori di virulenza dal citoplasma batterico all’interno della cellula ospite.

Viene utilizzata principalmente da:a) Yersinia Pestis;b) Salmonella tiphymurium

4. Secrezione di tipo IV trasporta substrati direttamente nella cellula ospite attraverso una complessa struttura trans-envelope che culmina in una struttura fimbriale, il pilo, a livello della superficie cellulare batterica. Questo meccanismo può trasportare DNA e proteine mediante un processo “one o two-steps”.

Viene utilizzata principalmente da:a) Bordetella pertussis;b) H. pylori;c) Legionella (utilizza anche la secrezione di tipo VI)

5. Secrezione di tipo V utilizza un semplice meccanismo two-step nel quale il traslocone Sec viene utilizzato per la traslocazione attraverso la IM. Un dominio beta-barrel (al centro del quale vi è un canale idrofilico) che è contiguo alla proteina secreta o espresso come entità separata è necessario per la traslocazione attraverso la OM. È detta anche “secrezione AT”, ed è uno dei sistemi di secrezione più distribuiti tra i batteri gram -. Le sue principali caratteristiche sono la semplicità di traslocazione attraverso la OM, dal momento che i suoi substrati possono mediare il loro proprio trasporto attraverso il doppio strato lipidico esterno. Le proteine secrete dalla pathway AT sono tipicamente fattori di virulenza con diversi ruoli nella patogenesi.

6. Secrezione di tipo VI è di recente scoperta. Il sistema è richiesto per la secrezione di alcuni fattori di virulenza nel Vibrio Cholerae e nello Pseudomonas aeruginosa. I substrati vengono sintetizzati senza la sequenza segnale Sec-type all’estremità N-terminale, sicchè il macchinario di traslocazione è Sec-indipendente o Tat-indipendente. Questo tipo di secrezione si caratterizza per la presenza di vescicole che si dipartono dalla OM.

Quindi la secrezione di tipo VI si ritrova in:a) Vibrio cholerae;

Page 2: Micro Insieme

b) Salmonella enterica;c) Pseudomonas aeruginosa;d) Legionella pneumophila (utilizza anche la secrezione di tipo IV)

7. Secrezione di tipo VII sembra che il Mycobacterium tubercolosis abbia sviluppato un nuovo e specializzato tipo di secrezione, per il trasporto di proteine EC attraverso la sua CW (cell wall) idrofobica e notevolmente impermeabile. Il genoma dei micobatteri codifica per 5 di questi sistemi di trasporto. Due di questi, ESX-1 e ESX-5 vengono coinvolti nella virulenza. I componenti di ESX-1 probabilmente formano una struttura multisubunità a livello dell’envelope cellulare molto simile a quella delle secrezioni di tipo I e di tipo IV.

I batteri Gram – secernono un ampio spettro di proteine le cui funzioni includono la biogenesi di organelli (quali pili e flagelli), l’acquisizione di nutrienti, la virulenza e l’efflusso di farmaci e di altre tossine.

Il trasferimento di tali proteine a livello della superficie batterica coinvolge il trasporto attraverso l’IM, il periplasma e l’OM. Diverse pathways si sono evolute per la funzione secretiva. Queste pathways possono essere suddivise in 2 grandi gruppi:

1) Pathway Sec-dipendente le proteine che sfruttano tale pathway utilizzano un macchinario comune, il traslocone SEC, per il trasporto attraverso la IM e si differenziano principalmente per il macchinario che media la secrezione attraverso l’OM; la pathway Sec-dipendente raggruppa:

Secrezione di tipo II; Secrezione di tipo V; I 2 partener secretori TPS e CU (chaperone usher);

2) Pathway Sec-indipendente tende a permettere il passaggio diretto dal citoplasma all’ambiente EC in un singolo step e non coinvolge mediatori periplasmici. Questa pathway include:

T1S; T3S; T4S è sempre Sec- indipendente; Tat è un pathway Sec-indipendente alternativa che è conosciuta come una traslocazione che sfrutta twin-

arginine; essa è implicata nel trasporto di proteine, già configurate e correttamente ripiegate, al periplasma.

TPS

Il sistema TPS condivide numerosi similiarità con la pathway AT. La pathay TPS è notevolmente diffusa tra i Gram – ed è dedicata alla secrezione di numerose proteine con funzioni di virulenza. La sua peculiarità è quella di coinvolgere una proteina accessoria per la traslocazione delle proteine attraverso l’OM. Viene utilizzata da:

a) Bordetella pertussis;b) H. influenzae

CU

La pathway CU è dedicata all’assemblaggio e alla secrezione di una superfamiglia di strutture di superficie associate alla virulenza batterica. Questa pathway assembla tipicamente fibre rod-like (simil-bastoncellari) chimati pili e fimbrie ma anche possono assemblare strutture capsule-like amorfe. Viene utilizzata da:

a) E. coli uropatogeni

Page 3: Micro Insieme

SECREZIONE DI TIPO III

Nella maggior parte le proteine batteriche vengono rilasciate nelle cellule ospiti da T3S. L’apparato di T3S consiste di 2 anelli che provvedono a un continuo flusso proteico attraverso la IM e la OM, incluso lo strato di PG. L’anello della IM è il più grande dei 2 anelli coassiale. L’anello della OM è composto da proteien della famiglia delle secretine, che è nota anche per essere coinvolta nella secrezione di tipo II. Una struttura needle-like sporge dalla superficie batterica ed è associata all’anello della OM.

Batteri che sfruttano la T3S sono:

E. coli (EPEC e EHEC); Shigella; Salmonella; Yersinia Pestis; Bordetella pertussis è responsabile di malattia respiratoria, infezione del tratto urinario, setticemia ed endocardite; Chlamydia trachomatis (è un organismo a trasmissione sessuale); Chlamydia pneumoniae è responsabile di malattia respiratoria, oltre che essere correlata al danno da aterosclerosi.

L’ingectisoma è un nano-macchinario che si è evoluto per il rilascio di proteine batteriche, attraverso la secrezione di tipo III. Esso consiste di una struttura basale, che rassomiglia alla struttura basale di un flagello, sormontata da un needle (spuntone) e un filamento (o un lungo pilo).

SECREZIONE DI TIPO IV

La secrezione di tipo 4 è presente in tutti i plasmidi dei gram - negativi, questa secrezione, e quella di tipo 2ss, codificano una famiglia di proteine ATPasi che operano l'assemblaggio di filamenti exracellulari: pili flagelli e fagi filamentosi oppure nel trasporto di DNA dentro (trasformazione) e fuori da una cellula (coniugazione). La secrezione di tipo 4 si divide in due gruppi E ed F. La secrezione di tipo 4 è multiforme, è un macchinario di base che può assumere almeno 3 meccanismi:

1. Trasferimento diretto da battere a battere di nucleoproteine (DNA + proteine, con un meccanismo differente fra gram – positivi e gram – negativi).

2. Trasferimento diretto del DNA.3. Trasferimento delle proteine (che abbiamo visto essere delle tossine)

In alcuni casi, la secrezione di tipo 4 permette il passaggio diretto di proteine da batteri a cellule eucariotiche, come nel caso della legionella pneumophila, tramite le quali modifica il vacuolo entro cui è fagocitata dal macrofago .La secrezione di tipo 4 comprende al suo interno:

a) Coniugazione;

b) Sistema tot icm della Legionella pneumophila;

c) Capacità di assumere o rilasciare DNA come in: Campylobacter; Hhelicobacter pylori; Neisseria gonorrhoeae.

La parte più importante dell’attività secretoria di tipo 4 è quello di trasferire nelle cellule proteine (tossine) per conto di batteri intracellulari.Si ha dunque una componente ATPasica, una componente che costituisce il canale e una componente che costituisce il pilum (su modello dell’agrobacterium tumefaciens).

I modelli di riferimento quindi sono:

1. Modello del canale (si suppone che si costituisca un vero e proprio canale)2. Meccanismo a pistone proteico (le proteine cambiano misura)3. Per quanto riguarda i pili si ha un sistema in cui parte delle proteine coinvolte costituiscono un sistema di competenza nei casi in

cui si trasferisce solo DNA (verso l’interno o verso l’esterno).

Page 4: Micro Insieme

N.B. Per meccanismo di competenza si intende la capacità di una cellula batterica di compiere una determinata operazione.

BATTERI CON SECREZIONE DI TIPO IV:

a) Legionella pneumophila;b) Bordetella pertussis;c) Helicobacter pylori;d) Nessun gram + (eccetto gli enterococchi che posseggono meccanismo di coniugazione)

MEMBRANE TARGETING

Nei batteri, sia le proteine secrete che quelle di membrana vengono inzialmente sintetizzate nel citoplasma e successivamente dirette verso la IM per la traslocazione.

Le proteine secretorie si legano allo chaperone SecB e poi vengono direzionate (targeted) verso SecA, che è una ATPasi, probabilmente localizzata sulla superficie della membrana plasmatica. Molte proteine di membrana vengono direzionate alla membrana stessa attraverso la pathway SRP (signal-recognition particle). SRP si lega al sito di uscita del ribosoma. Il targeting delle proteine nascenti richiede GTP, e viene eseguito da parte di SRP dopo l’interazione di SRP con il recettore FtsY. Dopo l’idrolisi di GTP, SRP è rilasciato da FtsY e la proteina di membrana nascente viene direzionata verso la traslocasi-Sec, per poter essere integrata nella membrana plasmatica.

SRP è un complesso di un RNA 4,5 S e di una GTPasi, che riconosce domini idrofobici transmembrana nelle proteine di membrana nascenti dal ribosoma.

SECREZIONI GENERALI DEI BATTERI

Sec

Tat è il meccanismo di “twin arginine translocation”, è responsabile della traslocazione di proteine esportate che si ripiegano prima della traslocazione e che legano tipicamente cofattori metallici; le proteine vengono trasportate al periplasma;

YidC (o Insertasi) inserisce proteine Sec-indipendenti nella membrana citoplasmatica. Inoltre assiste anche la Sec-pathway nell’inserzione di proteine nella membrana. Ha una funzione principale nell’assemblaggio di proteine che trasducono energia, infatti in assenza del sistema YidC è meno ATP.

Sortasi si ritrova principalmente nei gram +

REGOLAZIONE E CONTROLLO DELL’ATTIVITÁ METABOLICA

FORMAZIONE DI ENZIMI NEI BATTERI

Le cellule batteriche possono cambiare il proprio pattern di enzimi, in modo da adattarsi all’ambiente specifico. Spesso la concentrazione di un enzima nella cellula batterica dipende dalla presenza del substrato per l’enzima:

Gli enzimi costitutivi sono sempre prodotto indipendentemente dalla composizione del mezzo nel quale la cellula cresce;

Gli enzimi inducibili vengono prodotti dalle cellule in risposta a particolari substrati; ossia vengono prodotti soltanto quando ve ne è il bisogno. Nel processo di induzione, il substrato provoca la formazione dell’enzima, così da essere chiamato induttore.

Un enzima reprimibile è un enzima la cui sintesi viene downregolata dalla presenza, ad esempio, del prodotto finale della pathway a cui lo stesso enzima normalmente partecipa. In questo caso, il prodotto finale è definito corepressore e può agire sul repressore attraverso un meccanismo di inibizione allosterica.

REGOLAZIONE DELLE REAZIONI ENZIMATICHE

Page 5: Micro Insieme

Nelle cellule batteriche, le reazioni enzimatiche possono essere regolate in 2 modi:

a) Inibizione a feed-back controllo della regolazione dell’attività enzimatica, che viene utilizzato in genere per la regolazione di pathway di biosintesi; è definita anche end-product inihibition; tale inibizione regola l’attività di enzimi preesistenti.

b) End-product repression controllo della sintesi enzimatica che agisce nella regolazione di pathway di biosintesi, ma anche nell’induzione enzimatica e nella repressione catabolica. Tale regolazione modula la sintesi di enzimi (ancora da produrre). La repressione catabolica è considerata un controllo positivo in quando determina un aumento nella trascrizione delle proteine.

MECCANISMI DI GENETICA BATTERICA

Il modo migliore per osservare il nucleo di un battere è quello dell’assunzione di colorazioni, normalmente ad alta risoluzione (come colorazione di Voigen, Giemsa), attraverso cui possono vedersi batteri in attiva replicazione. Al microscopio elettronico è impossibile vedere un nucleo, a meno che non si usino determinati accorgimenti.

L’arrangiamento del DNA cromosomico nei batteri è piuttosto caratteristico. Segmenti consecutivi di DNA cromosomico sono disposti in domini supercoiled, i quali costituiscono una formazione circolare.

Nel Caulobacter crescentus, l’origine della replicazione è localizzata a livello del polo flagellato, mentre il terminus della replicazione si localizza al polo opposto. Inoltre, le braccia sx e dx del cromosoma sono orientate in parallelo rispetto all’asse longitudinale della cellula.

In E. coli, invece, ori e ter (origine e termine) sono entrambi localizzati al centro della cellula.

Esistono batteri con più cromosomi:

Le brucelle hanno 2 cromosomi; Le borrelie hanno cromosomi lineari e non circolari la borrelia burgdorferi è la causa della malattia di Lyme

Il cromosoma, però, è in generale unico e circolare, ed ha una condensazione importante, significativa. L’organizzazione del cromosoma, il quale nelle specie batteriche più piccole ha poco meno di 1 MLN di basi, mentre nei batteri più grandi raggiunge anche 7 MLN di basi, comprende la presenza di geni sono distinguibili per la differenza in composizione di basi. Gli operoni sono organizzazione di geni sotto un unico promotore, in quanto gli operoni batterici sono policistronici.

Il cromosoma batterico tipicamente contiene una singola origine di replicazione definita oriC. In E. coli, oriC è costituita di ca. 250 paia di basi e contiene 9 elementi ripetuti BP (binding proteins), chiamati box Dna A, i quali sono siti di legame specifici per la proteina iniziatrice Dna A. La sequenza di consenso di questi box DNA A è 5’-TTATCCAC-3’, anche se vi possono essere più varianti. Dna A inoltre lega un’altra classe di sequenze, i siti I. La DNA A è una ATP-asi, che a seconda del proprio stato di fosforilazione modula l’attacco ai siti di consenso. In vicinanza dei box di DNA e ai siti I vi è un elemento ricco in AT (adenina-timina) di DNA, definito DUE, composto di 13 paia di basi, il quale è un a regione che contiene box di ATP-DNA, che sono simili ai siti I, e i quali legano selettivamente DnaA solo in presenza di ATP. L’interazione di DNA A con oriC favorisce la progressione dell’inizio della replicazione. DnaA resta legata a tali siti lungo quasi tutto il ciclo cellulare, e inoltre oligomerizza.

Assieme al DNA supercoiled e ai fattori strutturali del nucleoide, l’assemblaggio della DnaA facilita direttamente il distacco dei filamenti dal DUE, così da generare gli strands di DNA necessari alla formazione dell’elicasi (DNA B-C) e del macchinario di replicazione (il REPLISOMA). I meccanismi di regolazione successivamente inattivano la DnaA stimolando l’idrolisi di ATP durante la formazione del replisoma:

a) L’elicasi nel B. subtilis prende il nome di DNA C, mentre il caricatore è DNA I, DNA P e DNA D;

b) L’elicasi in E. Coli è la DNA B, mentre il caricatore è DNA C

L’elicasi si lega al DNA graize al riconoscimento del box di DNA. LA struttura che la DNA A riconosce è una struttura HTH (helix-turn-helix). La connessione tra il legame di ATP e l’attivazione della DNA A è un evento cruciale. Sebbene la DNA A si leghi strettamente ai box di DNA, indipendentemente dallo stato del proprio nucleotide, in verità essa si lega ai siti con minore affinità soltanto in presenza di ATP. Questa associazione sembra essere lo step finale e quanto più necessario per la formazione del complesso nucleoproteico.

Page 6: Micro Insieme

Le AAA+ ATPasi sono ATPasi che sono associate a varie attività cellulari, e comprendono diverse proteince che agiscono come oligomeri nel controllo di un’ampio spettro di processi biologici. Il modulo AAA+ può essere suddiviso in 2 sottodomini:

a) Walker A motivo ricco in glicina, caratteristico dell’ATPasi;b) Walker B è importante l’interazione dei residui acidici di tale dominio con gli ioni magnesio associati.

MECCANISMI DI REGOLAZIONE DELL’ORIGINE DELLA REPLICAZIONE

È sempre più evidente che i batteri utilizzano un ampio spettro di strategie di regolazione per prevenire la duplicazione aberrante dei propri genomi.

In E. Coli, tali meccanismi operano di concerto per assicurare che la replicazione cromosomica avvenga ogni volta che vi sia un ciclo cellulare. In E. coli sia oriC che DNA A sono target di regolazione:

a) Il processo di sequestrazione dell’origine (ossia di oriC) assicura che le origine nuovamente replicate vengano transitoriamente private della loro capacità di dar via a nuovi rounds di iniziazione il processo di sequestrazione è modulato dall’ATP;

b) L’inattivazione della DNA A, fa sì che vi sia la possibilità di bloccare l’attività di tale fattore iniziatore al sito di origine.

SEQUESTRAZIONE DELL’ORIGINE

L’oriC di E. coli contiene 11 siti GATC che sono disposti tra i box di DNA e l’elemento DUE. Queste sequenze sono in genere metilate a livello dell’adenina per via dell’azione della DAM metiltrasferasi; ad ogni modo, immediatamente dopo il passaggio della forchetta di replicazione, i siti GATC possono ritrovarsi in uno stato transitorio emimetilato. La proteina SeqA si lega con alta affinità alle sequenza GATC emimetilate, un’attività di legame del DNA che, in combinazione con l’alta densità di sequenze GATC a livello dell’oriC, permette il sequestramento delle origini recentemente replicate, così da prevenire l’iniziazione. Quindi, SeqA interferisce sui siti più deboli di legame della DNA A al Dna, così da fungere da repressore dell’inizio della replicazione. Evidentemente, molti siti GATC in oriC coincidono con siti di scarso legame della DNA A, così da permettere a SeqA di legarsi, per bloccare direttamente l’associazione al DNA, e di settare oriC a uno stato di pre-iniziazione. Queste sequenze altamente ordinate e conservate sono inoltre coinvolte nell’organizzazione dei cromosomi nascenti figli.

SeqA è costituita di un modulo di oligomerizzazione N-terminale che è connesso al dominio C-terminale, il quale lega GATC ed interagisce con i nucleotidi di maggiore importanza delle sequenze GATC; ad ogni modo, SeqA necessita per legarsi stabilmente all’elica di DNA di 2 sequenze di GATC emimetilate.

INATTIVAZIONE DELLA DNA A

Vi sono inoltre numerose regioni lungo il cromosoma, al di là di oriC, che contengono box di DNA e che possono legare la proteina DNA A. Tra queste, il locus DAT A possiede un’enorme capacità di legame alla DNA A, che viene quindi sequestrata dalla sua funzione di legame al DNA. Tale regolazione tiene comunque conto della titolazione di tali siti, ossia del numero di siti disponibili per il legame alla DNA A. La localizzazione prossimale di DAT A alla regione oriC, sembra portare a interpretare la presenza di DAT A, come valvola di accumulo delle DNA A, così che vi sia inattivazione della replicazione.

L’inattivazione regolata della DNA A (RIDA) è un altro evento nel controllo replicativo, ed è stimolato direttamente dall’idrolisi di ATP dalla DNA A, dopo che l’iniziatore (ossia DNA A) dà luogo alla separazione dei due filamento. Questo è importante, in quanto mutanti difettivi della capacità ATPasica di DNA A avranno un sovrainizio del ciclo cellulare. Componenti della RIDA sono:

a) DNA pol III;b) Proteina Hda (omologa della DNA A) essa si localizza alle origini non legate si lega alla subunità beta della

DNA pol III, così da stimolare a questo livello l’attività ATP-asica della DNA A, ed inattivare la funzione stessa del fattore iniziatore (DNA A).

Page 7: Micro Insieme

MECCANISMI DI TERMINAZIONE DELLA REPLICAZIONE

La sequenza di terminazione è la sequenza Ter in E. Coli, che blocca la forchetta di replicazione, in quanto è una trappola per tale macchinario, il quale entra ma non riesce ad uscire da tale regione. La proteina terminatrice è Tus (in E. coli si lega a Ter in forma di monomero), mentre i B. subtilis vi è una proteina (che si lega al sito Ter come un dimero).

Ciascun replisoma è composto di una DNA pol III che è responsabile della duplicazione di entrambi i filamenti stampo del DNA, assieme a un primosoma che sintetizza ripetutamente degli RNA primer per il legame iniziale del macchinario allo stampo di DNA. Il primosoma si muove in direzione 5’-3’, sostenuto dall’elicasi DNA B, che è anche responsabile della separazione dei filamenti di DNA. Il complesso Tus-Ter è la struttura terminatrice del processo di replicazione.

Il primo studio che mise in evidenza la durata del ciclo di replicazione batterica fu quello di Jacob Bolmann, il quale intuì che i plasmidi (materiale cromosimico circolare, autoreplicantesi, indipendente dal cromosoma) possono in alcuni casi inserirsi lineramente nel cromosoma batterico circolare. Quando questo accade, vi può essere coniugazione, per cui vi è passaggio di geni del cromosoma batterico da un cromosoma all’altro. Bolmann, attraverso il famoso esperimento dell’accoppiamento interrotto, capì che il DNA batterico era circolare, nonché anche che i plasmidi negli HFR (high frequency ricombination) si potevano inserire in punti diversi del cromosoma, così da riuscire a calcolare l’intera durata del ciclo di replicazione batterica, il quale è di ca. 100 minuti.

Il complesso Tus-Ter inizia la sua attività a 10 minuti dall’inizio della replicazione e termina a ca. 55 minuti. Questo tipo di mappaggio temporale ha permesso di interpretare le funzioni fenotipiche (ossia di espressione di determinate proteine o di replicazione di determinati geni) in base al minutaggio:

a) La replicazione inizia a oriC, e prosegue bidirezionalmente per la presenza di 2 forchette replicative. OriC è posta a 85 minuti, e le 2 forchette si muovono in due direzioni opposte, terminando a 28 minuti (ossia nella posizione 28 minuti del batterio coli non vuol dire dopo 28 minuti). La regione 28 minuti è una regione con 5 geni Ter, 3 dei quali sono particolarmente vicini (ter A, ter B e terC).

La replicazione si studia maggiormente nei plasmidi che nei batteri. Nel plasmide R6K si è dimostrato la presenza di 2 origini e di un singolo termine. La replicazione inizia nella regione alfa, nonché anche nella regione beta termina a livello della stessa regione Ter.

Nel 1977 fu determinato il sito di terminazione nel cromosoma di E. coli, attraverso l’utilizzo di plasmidi R (plasmidi di resistenza batterica resistenti agli antibiotici), che sono plasmidi coniuganti, i quali scambiandosi geni sono in grado di resistere agli antibiotici.

Il Terminus di coli non è posto in una regione singola alla quale si ancora Tus, ma tra 23-55 minuti. Per cui i siti di terminazione sono più di uno; le sequenze di consenso sono ricche in timina e in guanina e non producono siti di legami molto stabili, dal momento che il macchinario di terminazione deve potersi legare e slegare facilmente.

Il gene tus si trova a 11 paia di basi dopo il sito di TerB. Tus vuol dire “Termination Utilization Substance”. Il suo promotore è la regione posta a -10 basi. La proteina Tus si lega a Ter e blocca la replicazione. La presenza di “Tus attiva” riduce la sua trascirzione, mentre la presenza di molti siti TerB favorisce la trascrizione di Tus, in quanto si hanno più promotori.

Tus è una proteina di 308 aa. Il complesso Tus-TerB blocca la proteina più importante per la replicazione, la DNA B, che è l’elicasi responsabile della separazione dei filamenti muovendosi in direzione 5’-3’, così da permettere l’azione della DNA pol III. Un filamento (quello leader leading strand) è replicato continuamente, mentre il lagging strand è sintetizzato in maniera discontinua attraverso una seria di frammenti (segmenti di Okazaki). Vi è inoltre il bloccaggio della DNA primasi (DNA G), sulla quale agisce anche l’elicasi DNA B.

Quando il replisoma viene bloccato dal complesso Tus-Ter, la sintesi del leading strand viene fermata 4 basi prima della sequenza di 6 G-C posta in TerB. Invece, per quel che riguarda il lagging strand, la sintesi può essere bloccata in vari punti (a 55, 66, 82 basi prima di TerB).

CITOCHINESI BATTERICA

Nei batteri la replicazione del DNA avviene contemporaneamente alla divisione cellulare.

Al termine della replicazione, vi è un punto di divisione cellulare, necessario per la separazione dei 2 cromosomi neoforamtisi, che devono raggiungere la corretta posizione.

Page 8: Micro Insieme

Molte proteine sono riconosciute essere specificatamente coinvolte nel processo di divisione celluare. Molte di queste proteine hanno il prefisso Fts, e sono ancorate alla membrana cellulare; il loro dominio più grande protrude nel citoplasma o nel periplasma.

1) La citochinesi nei gram + è regolata dall’avanzamento circolare del setto;

2) La citochinesi nei gram – sembra essere correlata alla costrizione dell’anello FTSZ. Infatti l’assemblaggio del divisoma inizia con il posizionamento dell’anello FtsZ al centro della cellula. L’anello viene ad essere stabilizzato da FtsA e ZipA (Z-interacting protein A). Successivamente vi è il reclutamento all’anello citochinetico di FtsK, FtsW, FtsQ, FtsL e di FtsN.

La divisione inizia nel momento in cui viene posizionato FtsZ in prossimità della membrana citoplasmatica al centro della cellula, così da suggerire un legame stretto tra la polimerizzazione citoplasmatica di FtsZ e la sintesi periplasmatica del PG.

La forza di citochinesi è fornita da un meccanismo contrattile basato su un complesso di actomiosina. Le proteine motrici sono kinesina, miosina, dineina.

Nel B. subtilis è stata identificata una proteina, EzrA, che modula la frequenza e il posizionamento della formazione dell’anello FtsZ. Nonché sembra avere un ruolo regolatore fondamentale nella depolimerizzazione di FtsZ durante la contrazione dell’anello.

Vi sono inoltre numerose proteine quali quelle di partizione (PAR scoperte e studiate solo nei plasmidi) che sembrano intervenire nel processo di costrizione dell’anello.

È stato scoperto che la formazione dell’anello di FtsZ in E. coli coincide con la terminazione della replicazione del DNA, e questo ha portato a sostenere la sua preponderante importanza all’interno del processo di divisione cellulare.

Oggigiorno si parla di segresoma, ossia di un complesso multiproteico che porta alla segregazione dei cromosomi replicati.

CONDENSAZIONE DEL DNA E SEGREGAZIONE CROMOSOMICA

Come gli eucarioti, i procarioti posseggono proteine strutturali di mantenimento cromosomico (SMC protein).

La proteina SMC-like di E. coli è Muk-B, che ha funzione simil-istonica, ossia di mantenimento della struttura genomica batterica. Essa ha a che fare con la segregazione batterica. È un omodimero con una forma a roccehtto con le estremità tubulari. Lega l’ATP e il GTP, nonché anche il Dna:

a) La parte N-terminale può legare FtsZ polimerizzata, quindi l’anello, in presenza di GTP quindi Muk B sembra legare il DNA a FtsZ, anche se in verità ci sono ipotesi contrarie dettate dal fatto che Muk B sembra sia confinata al nucleoide.

In B. subtilis esiste una molecola SMC-like di condensazione del DNA, il quale è manipolato nel momento in cui (negli eucarioti) si ha la mitosi. Il cromosoma batterico si segrega mentre viene replicato, quindi non vi può essere condensazione simultanea. Quindi queste proteine più che avere una funzione di condensazione, hanno una funzione di impalcatura.

Importante è stata anche l’individuazione delle proteine Min (si chiamano così, perché se mutate non permettono più la divisione nei piani equatoriali nei bacilli, in particolare in E. coli), le quali sono fondamentali per l’identificazione dei piani di divisione ai livelli dei poli:

1) In E. coli tali proteine Min oscillano tra i 2 poli (con un periodo di 1-2 minuti), così da creare 2 gradienti di concentrazione, che siano meno elevati al centro, così da favorire il posizionamento di FtsZ proprio al centro della cellula;

2) In B. subtilis non vi è questa oscillazione

LETHAL DOSE AND INFECTIOUS DOSE IN BACTERIA

La potenza di una tossina si basa sul calcolo della LD50.

Page 9: Micro Insieme

The Lethal dose (LD) is an indication of the lethality of a given substance or type of radiation. Because resistance varies from one individual to another, the 'lethal dose' represents a dose (usually recorded as dose per kilogram of subject body weight) at which a given percentage of subjects will die.

The most commonly-used lethality indicator is the LD50, a dose at which 50% of subjects will die.

1. ID50 [infectious dose 50%] a. Infection never assured:

i. Different organisms have different per-individual probabilities of successfully infecting a given host.

ii. For some pathogens very large number must be exposed to the host in order for infection to occur while for other pathogens relatively few individual microorganisms are necessary to induce disease.

b. Measurements of pathogenicity:

i. The infectious dose 50% is a measure of the likelihood of a host acquiring a disease given exposure to a pathogen.

ii. The likelihood that disease will occur increases as the number of pathogens gaining access to the host increases.

iii. The number of pathogens required to cause disease (or, at least, infection) in half of the exposed hosts is called the ID50.

c. More than one:

i. ID50s typically are 1, that is, it usually takes far more than just exposure to a single organism for a host to become infected.

ii. This is one reason why we can be surround by microorganisms and even pathogens and still remain healthy most of the time.

2. LD50 [lethal dose 50%] a. The number of pathogens required to cause lethal disease in half of the exposed hosts is called an LD50.

Adherence

b. Attachment to host: i. Once entry has been accomplished, most microorganisms have mechanisms of host attachment, a.k.a.,

adherence.

ii. For bacterial pathogens, successful adherence is usually a necessary prerequisite for virulence and even infection.

c. Such microbial structures as glycocalyx and fimbriae (i.e., attachment pili) are involved in adherence.

Damage to the host

d. During infection there are three general mechanisms by which a pathogen can induce damage to the host: i. Direct damage

ii. via hypersensitivity reactions

iii. Toxin induced-damage

Direct damage

e. Consequences of pathogen growth: f. Direct damage results from the means a pathogen utilizes to:

i. adhere

ii. grow

Page 10: Micro Insieme

iii. evade host defenses

g. Direct damage is usually the more minor of the three general methods of pathogen induced damage.

LE SPORE E LA SPORULAZIONE

I batteri si riproducono per scissione semplice. Alcuni bacilli Gram +, aerobi ed anaerobi (appartenenti rispettivamente ai generi Bacillus e Clostridium), in determinate condizioni ambientali danno origine a particolari cellule strutturalmente e funzionalmente differenziate che prendono il nome di SPORE.

Le spore batteriche sono precisamente delle endospore, ossia si originano all’interno della cellula madre (SPORANGIO) divenendo libere nell’ambiente in seguito alla disgregazione dello sporangio. Le spore sono delle forme di resistenza che consentono al batterio di sopravvivere in un ambiente sfavorevole.

RIPRODUZIONE BATTERICA

Il materiale genetico primario dei batteri (DNA) è organizzato in una unica struttura (unica molecola) di forma circolare, cui si dà il nome di cromosoma batterico o cromonema. Il materiale cromosomico è ancorato alla membrana citoplasmatica; la duplicazione del cromosoma batterico si accompagna alla duplicazione del punto di attacco alla membrana, per cui i 2 nuovi cromosomi sono ancorati alla membrana citoplasmatica separatamente; successivamente si ha l’accrescimento delle membrane batteriche ed il conseguente allungamento della cellula batterica, partendo dal punto di separazione tra le 2 zone della membrana cui sono ancorate le 2 strutture cromosomiche. Continuando l’accrescimento della cellula nella porzione centrale, le 2 strutture cromosomiche si allontanano sempre di più l’una dall’altra per l’allontanamento reciproco delle zone della membrana cui essi sono ancorati. In questo modo le 2 strutture cromosomiche vengono distanziate in modo sufficiente perché la separazione delle 2 cellule figlie le trovi dislocate nelle 2 zone corrispondenti di citoplasma.

Nei batteri, la presenza di un unico cromosoma consente la esatta ripartizione del materiale genetico fra le 2 cellule figlie mediante un sistema di dislocazione assai semplice, ma altrettanto efficace (che possiamo considerare una specie di apparato mitotico rudimentale) nel quale la membrana citoplasmatica, ancora una volta gioca un ruolo fondamentale.

La separazione delle cellula batterica nelle 2 cellule figlie, per scissione semplice, è causata dalla formazione di un setto che si diparte dalla membrana citoplasmatica e si approfondsce con direzione centripeta nel citoplasma lungo un piano che nei bacilli è perpendicolare all’asse maggiore della cellule e nei cocchi è più o meno equatoriale.

All’interno del setto di membrana citoplasmatica si forma contemporaneamente un ulteriore setto di parete cellulare che può rimanere a lungo incompleto mantenendo una stretta continuità spaziale fra le varie cellule neo formate che rimangono pertanto riunite in aggruppamenti caratteristici.

SPORE E SPORULAZIONE

Le spore sono cellule disidratate. Esse sono in grado di disperdersi nell'ambiente per resistere a condizioni avverse e, successivamente, generare (o rigenerare) un individuo vitale, in habitat più adatti alle loro condizioni di vita (temperatura ottimale, presenza di acqua e di sostanze nutrienti).

Esistono due categorie radicalmente diverse di spore:

le spore di resistenza, dalle quali ritorna alla vita lo stesso individuo che ha prodotto la spora (si tratta normalmente di esseri unicellulari e, più precisamente, di eubatteri);

le spore di riproduzione, che costituiscono un mezzo di riproduzione (per es. funghi); le spore di riproduzione differiscono dai semi perché si originano senza fecondazione.

Spore di resistenza

Le spore di resistenza o Endospora si formano in risposta a condizioni ambientali squilibrate come ad esempio temperature non ottimali o scarsa presenza di nutrienti e di acqua. Durante lo sviluppo di un'endospora l'accrescimento vegetativo o la divisione

Page 11: Micro Insieme

cellulare si arrestano. La spora formata viene espulsa dalla cellula dopo una lisi della parete cellulare, in questa forma la spora è in uno stato di dormienza ovvero il suo metabolismo è quasi impercettibile; rimane in queste condizioni fino a che le condizioni esterne non ritornano favorevoli. Queste variazioni positive nell'ambiente provocano:

1. una attivazione della spora 2. una successiva idratazione

3. una fase di crescita e sviluppo

Il tempo rivegetativo di una spora è di circa un'ora.

Le spore batteriche sono tipiche di alcuni Gram + quali i bacilli, gli Streptomyces e i clostridri.

Spore riproduttive

Un altro tipo di spore sono le spore riproduttive, presenti nei funghi, nelle piante e in molti protisti. Si dividono in mitospore che, essendo geneticamente identiche alle cellule somatiche dell'individuo che le produce, danno luogo a riproduzione agamica, e meiospore aploidi ma derivanti da individui diploidi, che danno riproduzione gamica in quanto geneticamente diverse dalle cellule del genitore.

Le spore sono organizzate a strati:

1) Primo strato o esosporio;

2) Secondo strato o rivestimento strato rigido di natura proteica con alternanza di aa che impediscono la degradazione della parete operata dalle proteasi ;

3) Terzo strato o cortex strato di PG;

4) Quarto strato o core, che contiene DNA; Ribosomi; Ac. dipicolinico

FISIOLOGIA DELLA SPORULAZIONE E SIGNIFICATO DELLA SPORA

La sporogenesi batterica può essere considerata una particolare espressione della capacità di adattamento cellulare alla disponibilità saltuaria di alimenti nell’ambiente. Il meccanismo alla base della sporogenesi può essere interpretato come una derepressione, operata da particolari situazioni metaboliche, dei geni che regolano la sintesi degli enzimi e quindi lo svolgimento dei processi metabolici necessari alla produzione di spora.

INFIAMMAZIONE

IL RUOLO DELL’INFLAMMASOMA

PROTEINE NLRs (NODs e NALPs)

Le proteine NODs e NALPs sono una serie di proteine che costituiscono il pattern recettoriale di riconoscimento, che sono intracellulare (al contrario dei TLR che sono extra-cellulari).

Sono responsabili del legame al PMAP. Il dominio effettore può essere:

a) Dominio di reclutamento di caspasi per le NODs;

b) Dominio pirinico per le NALPs

Le NALPs sembrano avere un ruolo molto importante nell’immunità innata durante l’infezione. La funzione delle proteine NALPs è quella di agire come scaffold molecolari per l’inflammasoma, una piattaforma molecolare per l’attivazione delle caspasi infiammatorie, in modo particolare caspasi-1, la quale necessita per la propria attivazione anche dell’azione della caspasi-5.

Page 12: Micro Insieme

L’inflammasoma sembra attivarsi in risposta al LPS, così da indurre l’attivazione della caspasi-1, che successivamente avvia il rilascio di IL-1 e IL-18. L’attivazione della caspasi-1è fondamentale per la risposta infiammatoria durante la sepsi.

I PILI

Sono appendici più rigide rispetto ai flagelli, non sono lunghe e sono fondamentali per la coniugazione e per l’interazione dei batteri con i fagi.

I pili posseggono quindi dei recettori per i batteriofagi, inoltre i pili di tipo I mannosio-sensibili mediano l’adesione di alcuni batteri a cellule eucariotiche. I pili di tipo I sono di 7 nm, e sono costituiti da subunità di pilina di 17 kDa.

I pili ed altre appendici fanno parte dei meccanismi di virulenza di alcuni batteri, in modo particolare degli enteropatogeni e quindi degli E.Coli, i quali sono i principali costituenti della flora batterica aerobica nell’uomo.

I Coli posseggono gli antigeni O (antigeni del LPS) e gli antigeni H (antigeni dei flagelli). Ci sono almeno 6 gruppi di coli (ciascuno con i propri sierotipi) che sono patogeni.

La diarrea è determinata o da EPEC (enteropatogeni) o da ETEC (enterotossigeni); gli enteropatogeni (EPEC) determinano una particolare lesione ultrastrutturale attraverso la quale essi entrano in diretto contatto con la membrana plasmatica apicale dell’enterocita, causando una distruzione localizzate dell’orletto a spazzola intestinale e una distorsione locale della struttura della membrana. Questo contatto provoca un marcato riarrangiamento del citoscheletro, in modo particolare la formazione di un dominio ricco in actina a livello del contatto tra cellula e battere, producendo il cosiddetto piedistallo; tale processo è definito come AE lesion (attaching and effacing lesion), così da permettere il movimento del battere a livello della superficie cellulare. Tale lesione provoca una riduzione nell’assorbimento della mucosa intesintale, che inevitabilmente conduce a uno squilibrio elettrolitico con conseguente diarea. La AE lesion dipende da innumerevoli fattori come la temperatura, lo stress meccanico, ecc. In determinate e appropriate condizioni, le cellule EPEC esprimono il bundle-forming-pili (Bfp), è un pilo che forma un ciuffo e che permette l’ancoraggio batterico alla cellula. L’EPEC aderisce alle cellule epiteliali attraverso il cosidetto “modulo di aderenza localizzata”. Tale fenotipo è inducibile, per cui in un terreno di coltura gli EPEC si localizzano soltanto in alcuni punti, che corrispondono ai moduli di aderenza localizzata.

L’aderenza dipende sia da geni cromosomici sia da geni presenti sul plasmide (che esprimono l’EAF EPEC adherence factor), per cui la possibilità che un Coli sia EPEC dipende dal fatto che sul plasmide abbia geni che specificano per EAF. L’EAF assieme altri prodotti dei geni cromosomici costituisce il Bfp.

Il Bfp è costituito da ciuffi larghi 50-500 nm e lunghi 14-20 micrometri e si dispongono formando un network tridimensionale. Esso sembra appartenere a pili del IV tipo, similmente a quelli espressi da altri batteri quali Pseudomonas aeruginosa, Neisseria gonorrhoeae, Vibrio cholerae. Il Bfp è necessario per poi permettere l’espressione dei prodotti dei geni che costituiscono le fasi successive di virulenza.

LOCUS OF ENTEROCYTE EFFACEMENT

Page 13: Micro Insieme

L’abilità di EPEC di indurre AE lesions è associata alla presenza di una grande isola cromosomica di patogenicità, definita LEE (locus of enterocyte effacement), la quale contiene i geni che provvedono a fornire la AE lesion. LEEs si ritrovano negli EHEC, nell’Helicobacter pylori e in altri batteri.

Il primo gene identificato nella LEE è stato il gene eae che specifica per l’intimina, la quale è presente in tutte le AE lesions, ed è fondamentale per attivare le pathway per la trasduzione del segnale che portano al rimodellamento della superficie cellulare eucariotica a livello del sito di lesione batterica. Mediante tali processi si può avviare infine la secrezione di tipo III (è un meccanismo di esportazione di proteine, in modo particolare ESPA, ESPB, ESPD) che caratterizza l’azione patogena di EPEC. Se non avvengono questi processi, il meccanismo di secrezione non viene avviato.

ASSEMBLAGGIO DEI PILI

Per assemblare i pili c’è bisogno di proteine assemblatrici prodotte in sede citoplasmatica e poi esportate mediante un sistema Sec-dipendente:

L’estremità N-terminale del peptide segnale delle subunità dei pili (o fimbrie) viene clivata durante il loro trasporto attraverso la membrana citoplasmatica, mediata dal sistema Sec-dipendente;

Nel periplasma, lo chaperone (C) completa il dominio Ig-like delle subunità della fimbria in qualità di donatore del filamento beta;

L’interazione dello complesso chaperone/subunità della fimbria con la proteina U (usher) permette la sostituzione dello chaperone donatore del filamento beta con l’estremità N-terminale del filamento beta di una seconda subunità, così da unire le varie subunità in unico filamento che è trasportato attraverso la OM, mediante il LEE.

TIPI DI PILI

Seguendo la filogenesi delle proteine C ed U è stato possibile raggruppare i pili in varie famiglie (alfa, beta, gamma, ecc).

1. Le fimbrie beta sono caratteristiche dell’E. Coli K12;2. Le fimbrie gamma1 sono caratteristiche delle Enterobacteriaceae (gammaproteobacteria), tra cui ricordiamo E. coli (alcuni

sierotipi), Proteus mirabilis; tali fimbrie corrispondono alle fimbrie di tipo 1 (mannosio-sensibili);3. Le fimbrie kappa sono quelle più flessibili e sono caratteristiche delle Enterobacteriaceae. Il pilo sessuale appartiene a

questo tipo di fimbrie.

PILO TIPO IV

Si ritrova nella Legionella pneumophila, in Neisseria gonorrhoeae, in Neisseria meningitidis, in Pseudomonas aeruginosa, in E. coli (15) e in Vibrio cholerae.

I pili di tipo IV sono caratterizzati da una regione di omologia all’estremità amino-terminale della sequenza aminoacidica. Le componenti proteiche coinvolte nella formazione dei pili di tipo IV sono state implicate nella secrezione proteica, nella motilità e nell’assemblaggio del filamento di interazione fagica.

I FLAGELLI

Page 14: Micro Insieme

Il flagello dei batteri è sia un organello motore, sia un apparato di assemblaggio e di esportazione delle proteine. Si estende dal citoplasma all’esterno della cellula. Tutte le subunità proteiche degli elementi esterni devono essere esportati, e tale esportazione implica il coinvolgimento di una secrezione di tipo III, anche utilizzata per la secrezione di fattori di virulenza.

Sei dei componenti dell’apparato di esportazione sono proteine integrali di membrana e sembrano siano localizzate all’interno del corpo basale del flagello. Altre 3 componenti sono solubili e sono: una ATPasi che indirizza l’esportazione, un regolatore dell’ATPasi, e uno chaperone. I substrati esportati diffondono attraverso uno stretto canale nella struttura crescente per poi assemblarsi all’estremità distale, spesso con l’aiuto di una struttura di capping.

STRUTTURA DEL FLAGELLO

Corpo basale

Consiste di diversi anelli sovrapposti:

MS ring anello di proteine integrali di membrana; Un bastoncello che attraversa lo spazio periplasmico; P ring anello periplasmico; L ring anello dell’OM (outer membrane).

Il corpo basale è una struttura passiva, infatti riceve la torsione dal rotore per poi propagarla attraverso la molla al filamento.

Il motore flagellare

Funziona attraverso un meccanismo rotore, e può essere suddiviso in:

Statore Consiste di diverse copie, organizzate attorno al corpo basale, di una struttura di integrale di membrana costituita da 2 proteine: MotA e MotB. Lo statore è legato non covalentemente al peptidoglicano;

Rotore Consiste di diverse copie di una proteina chiamata FliG; è legato non covalentemente all’MS ring e assieme alle proteine Mots è responsabile delle generazione della torsione.

Lo switch

La motilità è sotto il controllo di fattori ambientali e il motore possiede più di una modalità di azione come risposta a tali diverse segnalazioni. Il meccanismo di movimento più studiato è quello della rotazione in senso orario o antiorario, la quale richiede uno switch, che in Salmonella consiste di 3 proteine: FliG, FliM e FliN. FliG sembra fondersi con la proteina FliF dell’MS ring e partecipare sia allo switching che alla generazione della torsione, mentre FliM è il target per l’output della trasduzione di segnale.

Il gancio

Page 15: Micro Insieme

È una struttura cilindrica, che funziona come una giunzione universale. Nei batteri come Salmonella, che possiede molteplici flagelli che emergono da diversi punti della cellula, il gancio permette aquesti flagelli di funzionare effettivamente come tali. La lunghezza dell’hook viene controllata dalle proteine FlhB e FliK dell’apparato di secrezione.

Il filamento flagellare

È di forma allungata e cilindrica. La struttura sembra essere costituita di 11 fibrille che formano il cilindro.

Proteine capping

All’estremità del filamento crescente vi è una struttura di capping. Tra queste ricordiamo FliD che è essenziale per la polimerizzazione del filamento.

Proteine di giunzione

Tra il gancio e il filamento vi sono 2 piccole zone di collegamento che vengono chiamate proteine di giunzione. Essi sono adattatori di struttura. Una volta che il gancio ha raggiunto la sua forma matura, la hook cap (costituita da FlgD) viene sostituita da 3 successive zone proteiche: la prima proteina di giunzione gancio-filamento è FlgK, la seconda proteina di giunzione è FlgL e infine la terza proteina che è quella del filament-cap, ossia FliD.

ASSEMBLAGGIO

L’ordine di assemblaggio delle strutture flagellari è un meccanismo lineare che prosegue incorporando strutture da quelle più prossimali a quelle più distali: dai componenti integrali e periferici di membrana ai compartimenti periplasmico e dell’OM, fino ai componenti che si estendono all’esterno della cellula. Questo assemblaggio recluta la pathway Sec per i componenti integrali di membrana e per altri. Ad ogni modo, la maggior parte delle componenti sfrutta una patwhay di secrezione di tipo III.

Nell’assemblaggio sono coinvolte diverse proteine. Tutte le proteine che devono fare un ampio lavoro devono avere a disposizione energia facile, che si ottiene legando un nucleotide ad alta energia, avendo dominio -asico. La proteina che deve essere trasportata all’esterno ha un suo regolatore e uno o più accompagnatori( le proteine non devono essere modificate nei passaggi). Esistono inoltre proteine di integrazione con il motore flagellare, quali le proteine del MS ring, del P ring (tutte queste sono esterne).

I primi eventi nell’assemblaggio del flagello sono quelli di assemblaggio dei componenti integrali di membrana attraverso il sistema Sec.

L’assemblaggio dell’MS ring della membrana citoplasmatica può verificarsi dapprima in assenza di altri componenti flagellari. L’MS ring è fondamentale per la struttura flagellare, per il suo assemblaggio e per la sua funzione. L’MS ring sembra essere importante come base di montaggio per lo swith del rotore, inoltre esso si connette mediante FliE all’intera struttura assiale, così da permettere la rotazione flagellare. Infine esso è punto di localizzazione dell’apparato di esportazione.

Un’altra componente importante è quella delle proteine Mot, le quali possono essere inserite nella membrana in qualsiasi momento. Esse costituiscono lo statore e sono proteine integrali di membrana che circondano l’MS ring.

Assemblaggio del rotore/switch FliG e lo C ring (costituito da FliM e FliN) insieme costituiscono il rotore/switch e vengono assemblati sull’MS ring. Sono proteine periferiche di membrana.

ESPORTAZIONE FLAGELLARE: PATHWAYS TIPO III

Le caratteristiche di tale meccanismo (utilizzato come meccanismo di virulenza da alcuni batteri in questo caso non verranno assemblati l’hook e il corpo basale) sono:

Costituzione di una struttura ben definita che serve all’assemblaggio e alla motilità flagellare;

Page 16: Micro Insieme

Fatta eccezione per FliK (proteina di controllo della lunghezza della molla) e per FlgM (fattore antisigma) le proteine esportate vengono incorporate nella struttura.

Le componenti dell’apparto di esportazione sono divise in:a) Solubili FliH, FliI e FliJ sono aspecifiche e sono coinvolte nell’esportazione di tutti i substrati;b) Associate alla membrana.

Vi è un continuo canale centrale nella struttura nascente. Le subunità vengono assemblate distalmente, attraverso la diffusione per questo canale, che riceve tali subunità da una parte della membrana al centro dell’MS ring.

ASSEMBLAGGIO DI FliE E IL BASTONCELLO FLAGELLARE

La prima struttura che utilizza la pathway di tipo III è probabilmente FliE, la quale è una proteina inusuale. Essa è una componente del corpo basale, ed è non solo un substrato che attraversa il canale di tale pathway ma facilita anche il trasporto di altri substrati.

Le proteine bastoncellari sono molteplici, ma 4 di queste sono definite come FlgB, FlgC, FlgF e FlgG. Esiste inoltre un’altra proteina FlgJ che è bifunzionale, possiede un’attività muramidasica all’estremità C-terminale, nonché un legame ad alta affinità per le proteine bastoncellari all’estremità N-terminale;

La muramidasi del dominio C-terminale di FlgJ sembra essere importante per la digestione locale dello strato di PG, permettendo l’inserimento del bastoncello nascente.

ASSEMBLAGGIO DI L RING E P RING

Sia la proteina periplasmica FlgI sia la lipoproteina L-ring dell’OM FlgH vengono esportate attraverso il sistema Sec (o primario) per 2 motivi: perché sono destinate a compartimenti definiti e quindi non vi è rischio di diluizione; inoltre, perché esse devono essere assemblate prossimalmente in modo circonferenziale e non distalmente.

ASSEMBLAGGIO DEL GANCIO

Consta della sostituzione del rod cap, con l’hook cap, mediante FlgD. Da questo punto in poi l’addizione di altre subunità avviene soltanto a livello endogeno. La formazione dell’hook cap sembra essere particolarmente correlata allo sviluppo dell’L ring.

APPARATO DI ESPORTAZIONE

FliI è l’ATPasi che energizza il processo di esportazione;

FliH è importante per un assemblaggio efficiente del flagello;

Page 17: Micro Insieme

FliJ, FliH e FliI sembrano essere tra di loro in connessione, e hanno specificità per i domini solubili delle componenti di membrana dell’apparato di esportazione FlhA (interagisce con l’MS ring) e FlhB (è fondamentale nel decidere quale substrato deve essere esportato ad ogni stadio del processo di assemblaggio);

FliO, FliP, FliQ e FliR sono proteine associate alla membrana che intervengono anch’esse nel meccanismo di esportazione con ruolo ancora sconosciuto. Sembrano localizzarsi a livello del poro centrale all’interno dell’MS ring del corpo basale flagellare.

Lo switch signal sembra essere dato dal legame di FliK (implicato nel monitorare la lunghezza del gancio) e FlhB. A tale livello c’è un cambiamento di specificità di substrato per il passaggio dalla fase di assemblaggio delle parti iniziali del flagello all’assemblaggio del filamento vero e proprio. In tale fase è fondamentale il ruolo dell’hook. Quando esso ragginge i 55 nm la specificità di substrato passa da substrati bastoncellari o del canale a substrati propri del flagello. C’è una proteina che determina questo; si chiama FlgM ed inibisce la trascrizione dei geni tardivi sequestrando il σ28 (il fattore sigma specifico flagellare = è la subunità dell’RNA pol batterica che riconosce sequenze del promotore). Dopo l’export di FlgM inizia la produzione del filamento. Le 3 proteine principali che intervengono nello switch sono:

1) FlhB è un membro dell’apparato di esportazione, che va incontro ad autoclivaggio per formare 2 sottodomini che interverranno nello switch;

2) FliK misura la lunghezza del gancio e interagisce con FlhB;3) Flk (o fluke funziona come un secondo blocco a livello del processo di switch, per prevenire che si inizi la

formazione del filamento prima che il bastoncello e il gancio abbiano completato la loro maturazione).

Il modello più recente per esplicare la modulazione della lunghezza del gancio è quello che certifica la presenza di un molecular-clock che si basa su 3 punti fermi: la overespressione di proteine del gancio produce un allungamento della struttura dell’hook; un hook mutante che sia difettivo nella proliferazione produce un gancio ridotto; l’overespressione di un mutante difettivo di proliferazione produce un gancio di lunghezza normale. Queste informazioni portano a considerare che vi sia un orologio che tenga conto del momento in cui dare inizio allo switch.

È evidente quindi che vi sia un accoppiamento tra la genetica del flagello e l’assemblaggio del flagello stesso. E’ un sistema regolato a livello genetico e a livello trascrizionale, ossia un sistema di equilibrio tra l’inibizione o il blocco della trascrizione di fattori sigma, e l’attivazione di fattori sigma. Questo è un metodo citato già per quanto riguarda il programma della sporulazione, e la deprogrammazione della sporulazione. Anche nel flagello il sistema a livello genetico è regolato dal meccanismo di attivazione e disattivazione dei geni che producono il sigma.

Il locus genico di controllo flagellare nella Salmonella Typhumurium è di 60 geni. I trascritti di tali geni sono organizzati in modo gerarchico, che si basa sulla presenza di 3 classi di promotori che agiscono alternativamente in risposta al meccanismo di assemblaggio. In S. Typhumurium (S.T.) l’operone principe è FlhDC, il quale controlla sia la sintesi che l’assemblaggio del flagello. Risponde a stimoli chemotattici, attivando fosfatasi e chinasi, le quali attiveranno o inibiranno l’espressione di fattori di trascrizione che a loro volta andranno a stimolare o bloccare i promotori. FlhDC produce sia proteine FlhD che proteine FlhC, le quali assieme formano un complesso multimerico, che funziona come attivatore trascrizionale dipendente dal sigma più frequente nei batteri, ossia quello a cui sono sensibili buona parte dei promotori dei geni e degli operon batterici, in modo particolare in tal caso i promotori flagellari. Questi promotori, attivati dal complesso multimerico, trascrivono geni che sono importanti per la struttura e per l’assemblaggio del rotore; una volta terminato il rotore, vengono trascritti promotori controllati da un altro sigma, il σ28. Prima dell’assemblaggio del rotore, infatti, il sigma 28 era inibito da FlgM, fattore che viene secreto nel momento in cui si è finito l’assemblaggio del complesso gancio-corpo basale (HBB). Infatti tale fattore è necessario per permettere la trascrizione dei geni e la maturazione dei trascritti che condurranno alla formazione del rotore, necessario affinchè possano poi assemblarsi i prodotti dei geni dei filamenti di flagellina, i quale possono costituirsi soltanto se già formato il rotore (meccanismo di regolazione temporale).Un altro modulatore è FliT che inibisce sia FlhDC e l’autoinibizione di FlhDC (fornita dalle proteine che sono intervenute precedentemente le quali sono anche auto-inibitorie come se tenessero sempre a freno il meccanismo).

SCHEMA IMPORTANTE DA STUDIARE

Page 18: Micro Insieme

STRUTTURA DEI TREPONEMA PRIMITIA E LORO MOTILITÁ

I treponema primitia fanno parte della famiglia delle spirochete, e sono interessanti per il loro vario ruolo all’interno del sistema gastrointestinale delle termiti, dove concorrono con i protozoi nella digestione della cellulosa, liberando poi idrogeno molecolare. La struttura di tali batteri ottenuta dalla visualizzazione mediante tecniche che non ne permettono l’alterazione (quali la sostituzione con gel o con ghiaccio) è molto caratteristica. I treponemi sono allungati e per essere visibili bisogna utilizzare il microscopio a campo oscuro (è un microscopio con un condensatore che invia la luce in senso trasversale, in modo da ottenere un campo oscuro; la visione nell’oculare si ha quando vi è diffrazione di un elemento, così da poter osservare i batteri come masse brillanti su sfondo oscuro). I batteri vengono poi colorati con tecniche di impregnazione argentica o con la colorazione di Timenez o di Montanti/Montè, anche se in effetti tali procedimenti sono sorpassati, in quanto oggigiorno si sfrutta l’immunofluorescenza.

Tali batteri hanno a decoro dell’OM elementi sconosciuti che sono bowl-like objects (ossia oggetti a forma di scodella). Al di sotto della OM vi sono i flagelli, inoltre vi sono anche le fibrille e un cono (all’interno del periplasma). Invece del singolo strato di PG che viene osservato nei Gram -, in questo caso vi è un doppio strato periplasmico. Questi 2 strati periplasmici formano uno spazio aperto centrale che contiene 2 flagelli (i flagelli periplasmici sono la caratteristica di questi batteri). In alcune aree la IM (inner membrane) produce delle invaginazioni che protrudono nel citoplasma.

I T.primitia sembrano avere i corpi cellulari rigidi durante il movimento, che si sviluppa seguendo un modulo elicoidale piuttosto che planare.

Page 19: Micro Insieme

GENETICA BATTERICA

Il genoma batterico serve per deposito dell’informazione genetica, ed è la struttura capace di replicarsi, in sincronia con la cellula batterica, per assicurare lo stesso tipo di info genetiche alla cellula neoformata.

Il genoma batterico presenta sue peculiarità:

1. Presenza di un unico cromosoma ed assenza di diploidia genica;2. Assenza di istoni che complessano il DNA;3. Colinearità tra il DNA e le proteine che vengono codificate a partire da esso, per l’assenza di sequenze introniche;4. Utilizzazione dell’intero stampo di DNA, per l’assenza di tratti “ridondanti” dello stesso;5. Tendenza dei geni batterici, che codificano per proteine correlati, di ritrovarsi legati in unità trascrizionali multicistroniche

denominate operon;6. Esistenza di unità genetiche accessorie, plasmidi, in aggiunta al singolo cromosoma.

La presenza di una APLOIDIA fa sì che vi sia una condizione negativa per cui, in caso di mutazione genetica questa verrà espressa nella codifica della proteina corrispettiva e una condizione positiva per cui si può modificare la sintesi di proteine andando ad agire nell’attivazione o nella inattivazione dei promotori che avviano la replicazione dei geni interessati.

PLASMIDI

I plasmidi sono unità genetiche associate al cromosoma batterico (unità extracromosomiche). Sono costituite da un DNA bicatenario, con una quantità in coppie di basi compresa tra 10000-200000, molto inferiore rispetto alla dimensione del cromosoma (coppie di basi da 1 a 5 MLN). Un singolo batterio può contenere diverse tipologie di plasmidi. Una specie batterica possiede un corredo plasmidico peculiare, nel quale rientra il concetto di “gruppi di compatibilità”, ossia la possibilità, all’interno di un battere, di ritrovare soltanto i plasmidi che possono coesistere tra di loro.

Un plasmide è dotato di un corredo genetico capace di assicurarne la duplicazione e l’inserzione nella cellula figlia. I plasmidi che non hanno attività riscontrate a livello fenotipico, alternative alle sovracitate, prendono il nome di Plasmidi Criptici.

Generalmente la presenza dei plasmidi non è importante per la sopravvivenza del battere in condizioni di ambiente ottimale, bensì è necessaria per la sopravvivenza del battere in condizioni non ottimali, quali possono essere quelle di una “nicchia ecologica”. I plasmidi provvedono così a sintetizzare, dal loro stampo di DNA, macromolecole quali tossine, enzimi che producono una farmaco-resistenza del battere (FATTORE F), oppure pili o altre adesine, inoltre provvedono alla sintesi di batteriocine (che sono “proteine tossiche” capaci di uccidere i batteri) e di siderofori batterici che hanno la funzione di accumulare ferro nella cellula.

Page 20: Micro Insieme

Alcuni plasmidi vengono definiti Plasmidi coniugativi e permettono, mediante la formazione di un “ponte coniugativo” intercellulare, il trasferimento orizzontale del plasmide da una cellula donatrice ad una accettrice, trasferimento che si aggiunge a quello verticale (trasferimento da cellula madre a cellula figlia). I plasmidi coniugativi permettono anche il trasferimento intercellulare di plasmidi non coniugativi, così come di cromosomi (CONIUGAZIONE), meccanismo che prevede dapprima l’inserzione del plasmide nel cromosoma batterico. I plasmidi che possono, così, alternativamente provvedere alla propria duplicazione autonomamente o in associazione al cromosoma, vengono detti Episomi.

SEQUENZE DI INSERZIONE, TRASPOSONI, ELEMENTI INVERTIBILI

All’interno del genoma batterico (DNA cromosomico, e DNA extracromosomico o appartenente ai plasmidi) esistono delle sequenze di DNA trasponibili, ossia capaci di comparire in una regione alternativa del genoma stesso, diversa rispetto alla regione di localizzazione originale. In effetti questo processo è verificabile previa duplicazione della sequenza trasponibile; la sequenza che viene ad essere trasposta non è quella originale, bensì la sequenza copia. L’inserzione di una sequenza in un sito alternativo, è determinata dalla digestione di un tratto del doppio filamento di DNA, dalla formazione di una apertura asimmetrica che viene riempita dalla aggiunta di sequenze nucleotidiche, e dal legame finale che si viene a creare tra le estremità del segmento trasposto e le estremità nucleotidiche del doppio filamento di DNA ivi presente. Questo processo ha come aspetto peculiare un effetto mutageno, ossia è capace di modificare la sequenza nucleotidica di un gene, in modo da determinarne l’incapacità di sintesi di quella determinata macromolecola. In condizioni non letali, questo effetto mutageno promuove l’espressione di una macromolecola diversa rispetto a quella originale.

Gli elementi trasponibili sono:

1. Sequenze di inserzione. Sono sequenze piuttosto corte (800-2000 coppie di basi) che sono caratterizzate da estremità in cui sono presenti sequenze di basi piuttosto ripetute, che decorrono in senso complementare rispetto al filamento contrapposto (formazione di palindromi) o che decorrono nello stesso ordine, e che sono responsabili della codifica degli enzimi necessari al processo di inserzione dell’elemento trasponibile nel sito genomico alternativo;

2. Trasposoni. Sono sequenze più ampie di quelle di inserzione (più di 2000 coppie di basi). Hanno alle loro estremità sequenze di inserzione, nonché sequenze nucleotidiche ripetute. In aggiunta alla codifica di enzimi necessari all’inserzione nel sito genomico alternativo identificato, vi è nel “core” del trasposone la presenza di geni che sono responsabili della “ANTIBIOTICO-RESISTENZA”. La scoperta dei trasposoni ha permesso di comprendere come in effetti vi è la possibilità per queste sequenze correlate alla farmaco-resistenza di saltare da un sito all’altro del genoma, e di localizzarsi in regioni che sono possibilmente trasferibili mediante processi di coniugazione.

3. Elementi invertibili. Sono sequenze più complesse delle precedenti. Hanno permesso di comprendere il fenomeno della “VARIAZIONE DI FASE”, che si riscontra in generi di batteri come ad es. quello della Salmonella. In questo genere batterico, vengono in effetti alternativamente espressi flagelli costituiti da antigeni diversi (flagelli di fase I o flagelli di fase II), in modo da evadere l’azione della RI. In effetti gli elementi inveritibili posseggono in aggiunta alle sequenze geniche riscontrabili negli altri elementi trasponibili, la presenze di sequenze nucleotidiche che codificano per un enzima specifico, la DNA-invertasi, che permette la rotazione della sequenza genomica attorno ad un asse centrale immaginario, di 180°. È noto che la macchina trascrizionale batterica sia costituita da unità trascrizionali chiamate operon, che sono controllate da sequenze promoter, correlate al gene operatore. Quando il promoter viene attivato per esposizione a fattori proteici attivanti, permette a sua volta l’espressione e la conseguente attivazione della RNA polimerasi, che trascrive specifici mRNA. Nel genere Salmonella abbiamo 2 unità trascrizionali che codificano per proteine flagellari diverse. L’una codifica per la flagellina di tipo HI, caratteristica del flagello in fase I, e codifica per un repressore del promoter che avvia la codifica per la flagellina di tipo H2, in modo che se il repressore è attivo viene bloccata la sintesi del flagello di fase II; l’altra unità trascrizionale ha attività opposte. La DNA-invertasi quando espressa fa sì che vi sia una inversione strutturale (rotazione dell’elemento invertibile) e funzionale, sicchè venga ad essere codificata la flagellina di tipo H2 e invece bloccata la sintesi della flagellina di tipo H1.

TRASFERIMENTO INTERCELLULARE DEL MATERIALE GENETICO

3 sono i meccanismi di trasferimento intercellulare di materiale genetico cromosomico nei batteri:

1. Trasformazione;2. Trasduzione;3. Coniugazione

Page 21: Micro Insieme

Questi meccanismi sono notevolmente differenti tra di loro, sebbene abbiano in comune il fatto che il trasferimento del materiale genetico non comprende l’intero cromosoma, ma parte di esso. In effetti non si verrà a creare mai un zigote nella cellula ricevente, bensì si parla di merozigote. Inoltre è evidente che il trasferimento intercellulare è sempre “polarizzato”, ossia è caratterizzato dalla presenza di una cellula donatrice e di una cellula accettrice. Il DNA della cellula donatrice, definito “esogenote”, manca della caratteristiche che ne consentono una autonoma replicazione intracellulare, non è quindi un replicon, ossia un DNA capace di auto-replicarsi. Per tale motivo, a meno che l’esogenote non si integri al replicon della cellula ricevente, non si avrà la sua replicazione, così che rimarrà esclusivamente nella cellula donatrice originaria senza trasmettersi alla progenie. L’unico caso in cui l’esogenote non si integra al replicon della cellula recettrice è quello in cui il trasferimento è a carico dei plasmidi coniugativi.

1. Trasformazione

Il processo di trasformazione fu per la prima volta descritto da Griffith che studiava la patogenicità dei Streptococcus pneumoniae. Scoprì che se in un topino si poneva una miscela di streptococcus capsulato (virulento) e streptococcus acapsulato (virulento), i cocchi acapsulati si trasformavano nei cocchi capsulati. Alla base di questo processo c’è la capacità di inserire nel codice genetico di un battere (DNA), un filamento di DNA proveniente da batteri adiacenti (questo si specificò dopo le scoperte di Avery, McLeod, e McCarty sul DNA).

Tra i Gram + abbiamo il Bacillus subtilis e lo Streptococcus pneumoniae che sono capaci di trasformazione, mentre tra i Gram – abbiamo Nesseria gonorrhoeae, Haemofilus influenzae e parainfluenzae.

Affinchè sia possibile la trasformazione nei Gram + è necessario che il battere passi dapprima attraverso il processo di attivazione del “fattore di competenza”, il quale viene codificato a partire da una serie di geni, definiti geni Com, importanti anche per la sporulazione e nei flagelli. Questo processo comprende la possibilità, in una popolazione recente di S. pneumoniae, di sintetizzare da parte delle cellule capsulate e quindi virulente, una proteina molto piccola, detta appunto Fattore di competenza, in grado di interagire con recettori posti su cellule adiacenti, e di avviare processi di derepressione genica così da sintetizzare 8-10 proteine capaci di avviare il processo di trasformazione.

Tra queste proteine vi è l’autolisina, capace di digerire una parte della membrana cellulare, in modo da poter esporre il DNA posto nell’ambiente EC (proveniente da altre cellule, ma con omologie rispetto al DNA della cellula considerata) a delle DNA Binding-Protein e a una nucleasi. Le DNA BP legano il doppio filamento di DNA, mentre la nucleasi provvede a digerirne un filamento. L’altro filamento viene quindi introdotto nella cellula e si lega a una parte del DNA ivi presente in cui esistono regioni di omologie o complementari, in modo da formare un ETERODUPLEX. Questo verrà poi duplicato, così una parte della progenie possiederà DNA trasformante e l’altra parte invece possiederà DNA proprio della cellula.

Nei batteri Gram – il processo della trasformazione è molto simile a quello descritto per i Gram +, soltanto che non si provvede alla formazione del fattore di competenza. Sembra che questo venga ad essere sostituito da proprietà del mezzo di coltura.

È possibile inoltre avviare una trasformazione artificiale in laboratorio mediante introduzione di DNA esogeno, contenuto in un replicon costruito in laboratorio ed, eventualmente, provvedendo alla sua ricombinazione con l’endogenote, attraverso una serie di artifizi sperimentali.

La trasformazione serve essenzialmente a consentire il trasferimento di DNA tra batteri affini.

2. Trasduzione

Il processo della trasduzione si è evoluto tenendo conto degli errori che si presentano durante i meccanismi replicativi fagici. Il batteriofago o fago, non è altro che un virus parassita dei batteri. Esso è fornito di un genoma a DNA (con i caratteri di un replicon), circondato da una capsula proteica, che ne permette l’interazione, l’adsorbimento, e la penetrazione all’interno della cellula target, nonché anche l’esposizione del genoma all’apparato traduttivo della cellula ospite. Distinguiamo 2 tipi dei cicli replicativi del fago, in particolare:

a) Ciclo litico. Condizione in cui il fago inserisce il suo genoma all’interno della cellula batterica, e sfruttando il metabolismo della cellula ospite, avvia i suoi processi replicativi, di trascrizione e traduzione che ne permettono la formazione della nuova entità virionica, pronta a gemmare dalla membrana cellulare (FAGO VIRULENTO), avviando poi la lisi della cellula batterica;

b) Ciclo lisogeno. È il ciclo di eventi in cui un genoma fagico (che non ha caratteri di replicon, ossia non è auto-replicabile) si integra al genoma cellulare batterico, a livello di specifiche sequenze omologhe, in modo da replicarsi in concomitanza alla

Page 22: Micro Insieme

replicazione del genoma ospite. Non vi è espressione del genoma fagico, in quanto esso è tenuto silente da un gene che codifica per una proteina “repressore”, presente nel template fagico. Conseguentemente ad esposizione a determinati stimoli, il genoma fagico viene escisso dall’endogenote (processo di deintegrazione) e si avvia il ciclo litico, con lisi cellulare batterica.

Gli errori che possono incorrere in questi processi sono 2:

a) Durante il ciclo litico, il genoma fagico va incontro a diverse replicazioni, e viene riprodotto in diverse copie, tra di loro concatenate (concatameri), verso le quali agiscono diverse nucleasi, che provvedono a scindere queste catene genomiche, e ad inserirle nelle componenti proteiche sintetizzate de novo, per la costituzione del virione. Vi può essere la condizione per cui venga ad essere scisso il genoma batterico invece di quello fagico da parte delle nucleasi, sicchè tale genoma viene poi ad essere inserito nella componente proteica fagica, con formazione di queste strutture che prendono il nome di particelle trasducenti, che accompagnano i virioni neoformati. Si viene a costituire così una struttura ibrida, che permette il trasferimento intercellulare di materiale genetico batterico. Questo processo prende il nome di TRASDUZIONE GENERALIZZATA, e viene così definita perché il genoma batterico può provenire da qualsiasi cellula donatrice batterica, e inoltre si può considerare qualsiasi regione dell’intero genoma batterico, come regione donatrice.

b) Esiste poi un secondo tipo di trasduzione, definito TRASDUZIONE SPECIALIZZATA, che si riferisce all’errore che incorre durante il processo di deintegrazione del genoma fagico dall’endogenote. Gli enzimi che svolgono tale azione, provvedono erroneamente alla scissione di regioni di genoma batterico adiacenti al genoma fagico, sicchè viene a crearsi una condizione per cui la progenie può essere dotata di attività re plicativa, ma può essere sprovvista di attività litica. Viene definita trasduzione specializzata, perché in questo processo di trasferimento intercellulare genetico batterico, viene ad essere trasferito soltanto quella regione del genoma batterico adiacente al genoma fagico.

3. Conversione lisogenica

Nei batteri lisogeni il DNA del profago non viene espresso, dal momento che esiste un gene fagico che codifica per una proteina “repressore” che non permette l’espressione del DNA. Esistono delle condizioni per cui il DNA fagico può essere espresso, così da influenzare il fenotipo cellulare. A questo fenomeno si dà il nome di conversione lisogenica. Nonostante questo non venga, a rigore, considerato un fenomeno di trasferimento intercellulare di materiale genetico batterico, si può considerare effettivamente un meccanismo di questo tipo, dal momento che in questo fenomeno il DNA fagico silente viene espresso e quindi non è più suscettibile a repressione da parte del gene fagico. Probabilmente tali geni, espressi durante il processo di conversione lisogenica, sono ereditati da geni ancestrali provenienti dal genoma batterico.

4. Coniugazione batterica

Il processo di coniugazione batterico, è un processo che sfrutta la struttrura genetica dei plasmidi, in particolar modo del cosiddetto plasmide F (come tutti i plasmidi è costituito da un DNA circolare bicatenario), che codifica per il pilo F, e per tutta una serie di fattori che favoriscono la replicazione e il trasferimento del replicon da un battere donatore a uno accettore. Il genoma plasmidico contiene una componente di circa 13 geni tra, che provvedono ad associarsi in forma di operon, e codificano per proteine regolatrici del processo di coniugazione. Inoltre vi è una componente genomica plasmidica offerta a un cluster di 4 IS (sequenze di inserzione), inoltre una regione non tradotta.

Le cellule contenenti un plasmide F (fertility) vengono definite cellule F+; mentre le cellule senza plasmide F, vengono definite F-. Se questi 2 tipi cellulari entrano tra loro in rapporto, si viene a formare una “coppia di coniugazione” con l’espressione del pilo F da parte della cellula F+ che costituisce un ponte verso la cellula F-, così da provvedere al trasferimento intercellulare di materiale genetico.

Il meccanismo della coniugazione batterica è molto semplice. Comprende diversi momenti:

a. Scissione di un filamento del DNA bicatenario del plasmide (cellula maschile, donatrice), a livello della regione OriT;b. Avviamento della replicazione del filamento escisso in direzione 5’-3’;c. Trasferimento simultaneo del filamento escisso, attraverso il ponte intercellulare fornito dal pilo, alla cellula accettrice

(cellula femminile) e avviamento del processo di circolarizzazione del filamento del DNA, mediante meccanismo del “rolling circles”;

d. Formazione nella cellula accettrice del filamento complementare al filamento ereditato.

Nelle rare coppie coniugali in cui il trasferimento del genoma plasmidico F si associa al trasferimento del DNA cromosomico (es. in E. Coli), avviene l’inserzione di una parte del genoma del plasmide nel genoma cromosomico, mediante l’interazione tra IS del

Page 23: Micro Insieme

plasmide ed IS del cromosoma. Il plasmide F in queste cellule, che prendono il nome di cellule Hfr (high-frequency-recombination cells), continua ad esprimere i propri geni tra e avvia il processo di coniugazione. In questo processo il trasferimento del genoma del plasmide è accompagnato dal trasferimento del genoma del cromosoma, mediato dal pilo F, il quale è comunque fragile e sottile, e non è capace di trasferire un carico di materiale così imponente, sicchè quasi sempre la coniugazione è parziale. Il genoma misto così pervenuto alla cellula ricettrice può persistere nella cellula ospite in forma indipendente, oppure integrarsi nell’endogenote cellulare, oppure fornire un plasmide F particolare.

In alcuni batteri (es. Enterococcus Faecalis) il processo di coniugazione non è mediato dal pilo, bensì vi è il rilascio di particolare sostanze (feromoni) da parte della cellula ricettrice, che interagiscono con recettori posti sulla cellula donatrice, la quale così sollecitata, sintetizza materiale aggregante che permette il l’aggregazione tra cellule e il trasferimento di materiale genetico.

Esiste inoltre la possibilità di osservare dei trasposoni coniugativi.

FARMACI ANTIBATTERICI

Si distinguono in:

a) Batteriostatici hanno azione reversibile sulla cellula, determinando un blocco metabolico;

b) Battericidi uccidono la cellula infetta

CHEMIOTERAPICI SINTETIZZATI

1) Sulfanilamidici sono analoghi strutturali dell’acido para-aminobenzoico, necessario alla sintesi di acido folico. I batteri necessitano di sintetizzare tale struttura dal momento che non sono in grado di acquisire l’acido folico direttamente dalla dieta, per cui incorporano l’acido p-aminobenzoico.

I sulfanilamidici competono attivamente per l’enzima diidropteroato sintasi, necessario per l’incorporazione di ac. p-aminobenzoico e per la formazione di ac. folico. Sicchè la loro presenza blocca tale produzione, con blocco del metabolismo cellulare.

Gli Enterococchi che sono in grado di acquisire ac. folico direttamente con la dieta sono resistenti ai sulfanilamidici.

2) Inibitori della sintesi del DNA sono derivati dal 2,4-diaminopirimidina con diverse sostituzioni, e sono inibitori della diidrofolato reduttasi (DHFR) necessaria alla sintesi di tetraidrofolato, il quale interviene come navetta metabolica nella maggior parte delle reazioni del nostro organismo.

Nella sintesi di timidilato è necessario che THF venga ridotto a DHF. L’alterazione di tale pathway ad opera degli analoghi della 2-4 diaminopirimidina blocca tale reazione così da avere blocco della sintesi di timidilato e quindi della sintesi di DNA.

3) L’acido p-aminosalicilico è un analogo strutturale dell’ac. p-aminobenzoico che ha azione sui micobatteri, poco sensibili ai sulfanilamidici.

4) Isoniazide : È l’idrazide dell’acido nicotinico; Determina blocco della sintesi di NAD; È attiva soprattutto contro i micobatteri; È rilasciata in forma pro-attiva; Necessita per la sua attivazione di una catalasi-perossidasi;

Page 24: Micro Insieme

L’enzima viene codificato a partire dal gene KatG; Mutazioni nel gene KatG sono una forma di isoniazide-resistenza

5) Nitrofurani e nitroimidazoli : Possono inibire la sintesi di DNA ed RNA; Sono importanti come terapie nelle infezioni urinarie; Possono degradare anche il DNA preesistente

6) Chinoloni : Hanno come struttura di base la 4-oxo-1,4 dichinolina; Agiscono sulle subunità GyrB della girasi e ParC della topoisomerasi IV; Determinano blocco della sintesi di DNA; Es. conosciuto di chinolonico è l’ac. nalixidico utilizzato per l’infezione da micobatterio tubercolare;

ANTIBIOTICI

Sono ricavati da microrganismi a basso P.M. e a basse concentrazioni sono responsabili di una tossicità selettiva nei confronti dei batteri. Sono maggiormente derivati (80%) dagli Actinomycetales, e in modo particolare dal genere degli Streptomyces, nonché da funghi quali Penicillum e Cephalosporium.

ANTIBIOTICI BETA-LATTAMICI

Posseggono un anello beta-lattamico di base e interferiscono con la sintesi del PG. Hanno un anello tetratomico azetidinico beta-lattamico:

a) Tiazolidinico Penicilline;b) Diidrotiazinico Cefalosporine

La struttura di base è:

1. Penicilline ac. 6-aminopenicillanico;

2. Cefalosporine ac. 7-aminocefalosporanico

PENICILLINE

Sono derivate dal Penicillum chrysogenum; Differiscono per il gruppo acilico legato al gruppo aminico; La Penicillina G (o benzil-penicillina) ha come gruppo acilico l’ac. fenilacetico; Sono attivi contro tutti i Gram + e contro i cocchi Gram – (Neisseriae); Non sono attivi contro la maggior parte dei Gram -, in quanto questi posseggono l’OM (resistente) e nello spazio

periplasmico sono ricchi in beta-lattamasi;

Esistono penicilline semisintetiche in grado di evadere le beta lattamasi (meticillina).

Le penicilline ad ampio spettro sono:

a) Sulfossipenicilline;b) Ureidopenicilline;c) Aminopenicilline (ampicillina, amoxicillina);d) Carbossipenicilline

Le penicilline sono in grado di bloccare il legame di transpeptidazione tra le catene peptidiche laterali e di legare le PBPs.

Page 25: Micro Insieme

Inoltre sono in grado di degradare la struttura del PG reclutando l’enzima mureina-idrolasi.

CEFALOSPORINE E CEFALOMICINE

Derivano dal Cephalosporium achremonium; Sono attive contro i Gram -; Tra le più recenti vi sono le metossimine

ALTRI FARMACI BETA-LATTAMICI

1) Monobattamici : Sono costituiti da un anello beta-lattamico monociclico; Prodotti da Chromobacterium Violaceum; Hanno notevole affinità verso i Gram – (ad esclusione degli anaerobi obbligati)

2) Gamma-lattamici : Sono attivi contro i Gram -; Evadono l’azione della beta-lattamasi

ALTRI ANTIBIOTICI CHE INIBISCONO LA SINTESI DI PG

1) Fosfonomicina;2) Cicloserina;3) Ristocetina;4) Vancomicina si complessa al dimero D-ALA, impedendo l’azione delle PBPs

ANTIBIOTICI CHE AGISCONO SULLE MEMBRANE BATTERICHE

Polimixine:

Sono attive solo sull’OM dei Gram -; Determinano uno squilibrio osmotico

ANTIBIOTICI CHE INIBISCONO LA SINTESI DI DNA

Novobiocina:

Lega GyrB della topoisomerasi II su un sito diverso rispetto a quello dei chinoloni; Ha azione sinergica a quella chinolonica

ANTIBIOTICI CHE INIBISCONO LA SINTESI DI RNA

Rifampicina

Si lega alla subunità beta della RNA pol batterica; È attiva nei confronti di Gram + e Gram -; È soprattutto attiva contro il Mycobacterium tubercolosis

Page 26: Micro Insieme

INIBITORI DELLA SINTESI PROTEICA

INIBITORI DELLA SUBUNITÁ 30 S

1) Tetracicline : Legano la subunità 30S; Sono attivi sia nei Gram + che nei Gram -; Impediscono l’attacco dell’aa-tRNA

2) Aminoglicosidi : Legame irreversibile a 30 S; Sono inattivi contro anaerobi obbligati

INIBITORI DELLA SUBUNITÁ 50 S

1) Macrolidi (Eritromicina): Si legano all’RNA 23S della subunità 50S; Agiscono da disaccoppianti tra l’arrivo dell’mRNA e l’attacco dell’aa-tRNA; I chetolidi sono una nuova specie di macrolidi maggiormente attivi

2) Cloramfenicolo : Interagisce con la subunità 50S; Blocca la peptidil-trasferasi; Inibisce la sintesi proteica

RESISTENZA AI FARMACI ANTIBATTERICI

La resistenza ai farmaci antibatterici viene acquisita ex-novo come risultato di una modificazione genomica:

a) Mutazione resistenza cromosomica;

b) Acquisizione di determinanti genetici trasferimento di elementi coniugativi (posti su plasmidi) o di elementi posti su trasposoni; è definita resistenza a collocazione plasmidica

Da tale resistenza bisogna tener distinte:

a) Resistenza naturale o intrinseca un battere è di per sé resistente a un determinato antibiotico o antibatterico;

b) Resistenza fenotipica in determinate condizioni ambientali un battere può essere resistente transitoriamente a un farmaco

TIPI DI RESISTENZA

1) Resistenza ai beta-lattamici : Produzione di beta-lattamasi in grado di idrolizzare il legame amidico di penicilline e cefalosporine;

Le beta-lattamasi sono:a) Nei Gram + inducibili ed esocellulari;b) Nei Gram - inducibili/costitutive ed endocellulari (collocate nel periplasma)

Page 27: Micro Insieme

Il meccanismo di resistenza è legato a determinanti antigenici presenti sui trasposoni.

Altri meccanismi di farmaco-resistenza sono:a) Ridotta permeabilità (riduzione della formazione di porine, con modifica della struttura del LPS) al

farmaco;b) Mutazioni cromosomiche che portano ad una alterata sintesi di PBPs, con ridotta affinità per i beta-

lattamici;c) Blocco degli enzimi autolitici si arresta la crescita cellulare ma non la lisi cellulare

2) Resistenza agli aminoglicosidi : È a controllo plasmidico; Ridotta permeabilità agli aminoglicosidi

3) Resistenza ai glicopeptidi (vancomicina) Acquisizione di un trasposone (presente su plasmide coniugativo), con geni che codificano per enzimi in grado di

sostituire il dimero D-ALA con un D-ALA – D-lattato, impedendo così il legame del farmaco.

4) Resistenza ai sulfanilamidici : Resistenza presente soprattutto nelle Enterobacteriaceae; Sintesi di enzimi DHFR (da determinanti antigenici posti su trasposoni o plasmidi) che presentano minore affinità

per l’inibitore rispetto a quelli omologhi sotto controllo cromosomico

5) Resistenza al cloramfenicolo : Produzione di acetil-transferasi, controllata da geni presenti su plasmidi e trasposoni

6) Resistenza ai chinolonici ed alla novobiocina : Riduzione della sintesi di enzimi con affinità per il farmaco;

7) Resistenza ai macrolidi : Modificazione del bersaglio ribosomiale mediante un processo di metilazione dell’adenina nella frazione 23S del

rRNA

8) Stafilococchi meticillino-resistenti : Meticillino-resistenza indica una resistenza anche nei confronti di tutte le penicilline semisintetiche; Il meccanismo di base della resistenza sembra essere data da una diminuità affinità per le PBPs

SINTESI DEL PEPTIDOGLICANO

DIVISIONE CELLULARE ED ELONGAZIONE

Durante il ciclo cellulare batterico, il nuovo peptidoglicano (PG) deve essere sintetizzato a livello del sito di divisione cellulare (ossia il setto); nei bacilli, ossia nei batteri a forma bastoncellare, quali E. coli e B. subtilis, PG deve anche essere sintetizzato lungo la parete cellulare (questo processo è presente anche nello S. pneumoniae).

Page 28: Micro Insieme

La divisione cellulare e l’elongazione della parete sono processi che richiedono la localizzazione precisa di una varietà di proteine essenziali, le PBPs, su specifici siti della CW.

Spesso si osserva crescere, nei batteri gram –, due nuclei (almeno 2), in una unica cellula batterica. I batteri gram – sono in genere batteri ad alta moltiplicazione, quindi con tempo di divisione molto brevi (ca. 30 minuti); mentre avviene la moltiplicazione in tali batteri, essi contemporaneamente producono proteine. Non si tratta soltanto di suddividere la cellula, ma di suddividerla contemporaneamente alla replicazione del genoma. In questo processo è importante il ruolo di FTSZ.

Una volta che FTSZ si posiziona a livello del setto, gli altri membri del macchinario di formazione del PG iniziano assemblarsi al sito di divisione in una maniera specifica ed interdipendente: FtsA, ZipA e ZapA, le cui funzioni principali sono quelli di stabilizzare l’anello FtsZ.

Successivamente FtsK, FtsQ, FtsL, FtsB, FtsW, FtsI (una PBP di classe B), FtsN e AmiC si localizzano a livello del setto.

PBPs

Esistono più di 430 tipi di PBP di classe A e più di 350 PBP di classe B, codificate dal genoma batterico. Dal momento che le PBPs sono molecole associate alla membrana:

Le molecole di classe A portano sequenze che codificano per domini GT (glicosiltransferasi) e TP (transpeptidasico); Le molecole di classe B espongono solo un dominio TP, preceduto da una unità N-terminale (a funzione sconosciuto).

Le PBP possono distinguersi anche in HMM PBPs (high molecular mass PBPs) e LMM PBPs (low molecular mass PBPs).

CITOSCHELETRO BATTERICO

Il citoscheletro batterico contiene numerose protein che hanno ruoli cellular improtanti nella segregazione del DNA, nella polarità cellulare e nella sporulazione. Altre protine batteriche, le proteine Min, sembrano far parte del citoscheletro, e partecipare alla divisione cellulare.

Il citoscheletro si costituisce di cavi di MreB, che assumono in vivo forma a spirale con diverse curvature.

Studi sul B. subtilis hanno dimostrato che esso (battere Gram +) possiede un unico gene mreB, che codifica per 3 omologhi di actina, MreB, Mbl e MreBH, che interagiscono tra di loro e si assemblano in unico filamento ad elica, così da avere un ruolo importante nella determinazione della forma cellulare.

È importante nella morfogenesi batterica il ruolo di MreC, che è una proteina di membrana, parte di un complesso che include le proteine MreD e RodA; essa è essenziale per la sopravvivenza di molti batteri; l’inattivazione di tale complesso è correlato alla perdita della forma cellulare e alla successiva lisi.

L’apparato di divisione cellulare è strettamente associato alla regolazione della morfologia della cellula. Non solo questo apparato comprende le sintasi e le idrolasi del PG, che mediano la formazione del setto, ma anche proteine come MurG, l’enzima che catalizza l’ultimo step della formazione citoplasmatica del PG, il quale risulta associato all’apparato di divisione cellulare.

FTSZ

È il primo degli omologhi del citoscheletro batterico ad essere scoperto, ed è richiesto per la divisione cellulare, dove forma una struttura ad anello (Z ring) a livello del setto. FtsZ è capace di idrolizzare il GTP, per cui è un omologo a tutti gli effetti della tubulina. FtsZ ha un ruolo fondamentale nella divisione cellulare, soprattutto nel richiamo delle altre proteine al sito di divisione.

La presenza nei bacilli (batteri a bastoncello) di 2 famiglie di proteine del citoscheletro MreB e FtsZ, è per lo più associata a 2 fasi della crescita della CW, l’elongazione e la divisione. Le proteine MreB non vengono codificate dalla maggioranza dei genomi dei cocchi (eccezione sono alcuni cianobatteri e la Clamydia).

L’appropriata localizzazione dell’anello FtsZ è seguita dal reclutamento di altre proteine di divisione al centro della cellula, tra cui le PBPs. La prima PBP ad essere individuata nel coordinare il processo di divisione nello S. pneumoniae è la PBP3. Utilizzando il suo dominio transpeptidasico provvede a degredare i substrati peptidici. Prima che la divisione cellulare inizi, PBP 3 sembra localizzarsi tutt’intorno la superficie cellulare, eccetto a livello dell’equatore, dove si accumulano pentapeptidi che sono substrati attaccati dall’attività transpeptidasica delle altre PBPs, che vengono quindi richiamate a tale livello. L’enzima che distrugge la CW settale degli

Page 29: Micro Insieme

streptococchi è probabilmente PcsB, e suoi ortologhi (ossia proteine con diversa composizione ma stessa funzione). L’inattivazione di tale enzima non permette la divisione cellulare, sicchè vengono a formarsi lunghe catene pluricellulari, caratterizzate da anormalità nella forma delle cellule.

Gli enterococchi hanno una proteina chiamata SagA (SagB o Sal A) a seconda delle specie in cui si ritrova, la cui estremità N-terminale è analoga a PcsB.

Nello S. pneumoniae, una volta che il setto viene distrutto, le cellule restano attaccate mediante la punta dei loro poli e formano una lunga catena, fin quando non interviene una idrolasi chiamata LytB, la quale assicura la separazione cellulare. Un’altre idrolasi che si ritrova in S. pneumoniae è LytA, la quale ha un ruolo minore nella lisi cellulare.

DIVISIONE CELLULARE NEI COCCHI

La sintesi del setto procede attraverso una crescita centripeta, fino alla formazione del setto che si fonda al centro della cellula. Dopo che il setto è completato, le 2 cellule figlie si dispongono assieme in una singola sfera, senza alcun segno di invaginazione. Soltanto alla fine della divisione cellulare il setto provvede ad individuare le 2 cellule figlie.

DIVISIONE CELLULARE ED ELONGAZIONE

È noto che l’inizio della divisione richiede la formazione di un anello FtsZ propriamente localizzato. I bacilli hanno 2 principali sistemi per assicurare il corretto assemblaggio dell’anello FtsZ nel mezzo della cellula:

Effetto di occlusione nucleoide corrisponde alla capacità del nucloide (l’equivalente batterico del nucleo) di prevenire la divisione cellulare in sua prossimità. Un effettore specifico di tale meccanismo è la proteina Noc, identificata nel B. subtilis; esiste inoltre un suo analogo funzionale in E. coli, chiamato SlmA. Queste proteine sono DNA-BPs che prevengono che l’assemblaggio del macchinario di divisione cellulare avvenga in prossimità del nucleoide.

Sistema Min agisce nel prevenire la formazione dei setti in vicinaza dei poli della cellula. Le proteine MinC e MinD formano un complesso che agisce in qualità di antagonista dell’assemblaggio dell’anello di FtsZ:

a) Nel B. subtilis, l’attività del complesso MinC-D è limitato ai poli, attraverso un fattore specifico chiamato DivIVA, che direttamente recluta l’inibitore a tale livello (a livello dei poli cellulari);

b) In E. coli, Min C-D oscilla tra i poli, formando un gradiente con la minima concentrazione nel mezzo della cellula, e MinE è il fattore che limite l’attività del complesso Min C-D a livello del centro cellulare.

L’effetto netto dei 2 sistemi è quello di far assemblare e far localizzare l’apparato di divisione cellulare a livello del setto.

Le proteine Min sono presenti in poche specie di cocchi quali:

a) N. gonorrhoeae;b) N. meningitidis;

Il sistema Min non è presente in molti altri tipi di cocchi quali:

a) Stafilococco;b) Enterococco o Streptococco

Come fanno quindi tali cocchi a localizzare il loro centro?

Al contrario dei bacilli, i cocchi hanno un infinità di piani di divisione cellulare che possono dare origine a 2 cellule figlie. I cocchi, in genere, non hanno necessità di un sistema Min. Infatti la zona di massimo diametro è quella in cui un polimero circolare (nucleoide) si localizza in prossimità della membrana cellulare, così come l’anello FtsZ. I cocchi circolari si dividono attraverso 2-3 piani perpendicolari. Quindi, il cromosoma deve segregarsi lungo 2-3 assi perpendicolari che sono perpendicolari ai piani del setto.

Page 30: Micro Insieme

Negli ovococchi, invece, esiste un meccanismo di moltiplicazione ben definito; tutti i batteri appartenenti a tale famiglia si moltiplicano nella stessa direzione, così da costituire delle piccole catene, e l’equatore si localizza a livello del nucleoide, in quanto quest’ultimo è in posizione centrale.

DIVISIONE CELLULARE E SPOROGENESI

Vi è una proteina identificiata in bacillus T, che è SPOIII (SPO sta per spora). La sporogenesi è il fenomeno più eclatante della divisione cellulare.

Il bacillus o il clostridium hanno questo tipo di moltiplicazione: improvvisamente, per ragioni non note cambiano il loro programma: c’è un interruttore che passa dal programma A, di moltiplicazione vegetativa, a quello B, dove si produce la spora. Da quel momento c’è un altro interruttore, per cui si passa di nuovo al programma A. Ci sono una serie di operazioni che fanno sì che da spora si passi a un programma vegetativo e viceversa. Questo è molto importante, perchè le spore sono le formazioni batteriche più pericolose, sono strutture molto resistenti ai prodotti chimici e fisici.

Una proteina di divisione è FtsK, che serve alla risoluzione di dimeri di nucleo. E’ una proteina molto simile a SPOIII. Quindi, vi sono varie proteine che hanno a che fare con la divisione cellulare e con la ripartizione.

Nel caso dei plasmidi, ci sono delle proteine ben note che sono le Par (Par sta per partition), che sono delle proteine che dirigono la ripartizione dei plasmidi (problema della segregazione dei plasmidi: i plasmidi non possono segregare tutti in una cellula , altrimenti morirebbero). Due sono le proteine di ripartizione fondamentali: Par A e Par B. Ci sono zone del DNA che hanno a che fare con queste proteine, in modo da determinare con certezza la ripartizione dei due nuclei da una parte e dall’altra Quando tali proteine sono mutate, abbiamo una ripartizione errata o addirittura scontro tra setto e nucleo, non abbiamo posizionamento esatto dei due nuclei replicanti da un lato e dall’altro.

Sappiamo che MreB è quella proteina che viene ripartita elicoidalmente nei batteri e che fa sì che vi sia la crescita laterale del peptidoglicano di tutta la parete.

Poi c’è la proteina FtsZ, che determina la mediana equatoriale della divisione cellulare.

Nei bacilli sappiamo che esistono due montaggi per costruire peptidoglicani: quello del setto e il laterale.

a) Nel laterale la molecola chiave è MreB; b) Nel centrale o del setto è FtsZ.

Sappiamo che deve esserci qualcosa che impedisce produzione di peptidoglicani laddove c’è il nucleo. Sappiamo che esistono delle proteine dove si moltiplicano i nuclei, che i due punti centrali sono uno opposto all’altro. I due oriC, quello vecchio e il replicato, si posizionano ai poli, poli dove non si hanno setti normalmente, a meno che non siano mutate delle proteine che sono le Min(cells). Quando c’è mutazione in queste proteine, il setto si mette vicino ad un polo invece che nel mezzo. E allora si creano le Min cells(da cui il nome delle proteine Min).

E’ evidente che, da un punto di vista del movimento, deve esserci una preminenza dell’azione Min, perchè le proteine Min corrono da un polo all’altro continuamente e creano un gradiente nei poli. La presenza di Min è minore al centro. Tra le proteine Min tuttavia vi è una Min E che blocca le altre in una certa posizione.

NUCLEOID OCCLUSION

Nei mutanti, dove manca Min o dove il sistema Min non è funzionante, la divisione può avvenire ai poli ma non c’è mai laddove ci sono i nucleoidi. Ciò vuol dire che vi sono due proteine diverse in coli e subtilis e hanno nomi diversi (knok-out in subtilis e SLM A in coli), ma con la stessa funzione di nucleoid occlusion. Queste proteine proteggono il nucleo dalla crescita di peptidoglicani. Ci sono altre proteine probabilmente a livello della parete .

La selezione poi avviene attraverso FtsZ e la produzione dell’anello Z. Le proteine coinvolte sono:

a) Mre B; b) Min; c) FtsZ organizza il setto

Queste sono proteine simil-citoscheletriche:

Page 31: Micro Insieme

a) Min E modula il movimento di tutte le altre proteine Min; è un fattore di specificità topologica. Min E può creare accumulo di tali proteine su un polo o sull’altro. Laddove c’è tale accumulo, si ha l’inibizione della divisione. In altri casi può succedere che le proteine Min si dispongano in modo elicoidale, similmente a Mre B. Nelle altre specie le proteine Min sono più fisse, non hanno oscillazione da un polo all’altro (B. subtilis);

b) Le proteine Min circolanti sono MinD e MinC.

Negli E. coli la nucleoid occlusion corrisponde alla zon in cui si ha invaginazione delle membrane delle pareti verso il centro, fenomeno seguito dalla fusione.

Nel B. subtilis si tratta, invece, di una vera e propria crescita progressiva delle pareti settali che alla fine vengono a suddividersi.

COLORAZIONI PER L’ACIDO RESISTENZA

Le specie di:

M. tubercolosis; Nocardia; Legionella miedadei

In generale le colorazioni seguono tale schema:

Un sottile striscio del campione, preparato ed asciugato all’aria viene fissato per esposizione al calore; Viene poi trattato con un colorante primario penetrante; Viene decolorato con un reagente contenente un acido minerale forte; Viene colorato con il colorante di contrasto

L’acido-resistenza è dovuta alla formazione di arilmetano-micolati tra la fucsina e gli acidi micolici presenti negli involucri cellulari del micobatterio.

COLORAZIONE DI ZIEHL-NIELSEN

Richiede che il colorante primario, costituito da fucsina-fenicata, venga riscaldato durante la colorazione fino al punto di evaporazione. L’agente decolorante è rappresentato da una soluzione di acido cloridrico concentrato e alcol al 95%; il colorante di contrasto è il blu di metilene.

COLORAZIONE DI KINYOUN

Differisce dalla Ziehl-Nielsen in quanto non è necessario riscaldare il colorante primario. Una maggior concentrazione di fucsina-fenicata nel colorante primario ne facilita la penetrazione, rendendo inutile il riscaldamento.

COEFFICIENTE DI SEDIMENTAZIONE (misurato in Svedberg)

È un numero adimensionale che misura il rapporto tra la velocità di sedimentazione, di un corpo ideale (sfera) e quella del corpo in esame, a parità di condizioni di riferimento. In date condizioni fisiche (temperatura, pressione, viscosità del mezzo) il coefficiente di sedimentazione è influenzato soprattutto dalla forma del corpo che sedimenta - intuitivamente, una sfera decanterà con velocità diversa da una lamina sottile - ma anche da altri fattori, quali la concentrazione di particelle decantanti nel mezzo.

AZIONE PATOGENA DEI BATTERI

Page 32: Micro Insieme

Le 2 tossine più potenti conosciute, in assoluto, sono:

a) Tossina tetanica;b) Tossina botulinica

L’esotossina più potente è invece la tossina botulinica.

ESOTOSSINE (che agiscono a livello delle strutture superficie cellulare)

Le principali esotossine che agiscono a livello delle strutture della superficie cellulare, sono rappresentate da:

a) Tossina esfoliativa;b) Tossine emolitiche o citolitiche (emolisine o citolisine)

TOSSINA ESFOLIATIVA (o EPIDERMOLITICA)

È una tossina monomerica prodotta da S. aureus, della quale sono note 2 varietà antigeniche (tossina esfoliativa A e B). La tossina esfoliativa è la causa fondamentale della cosidetta Sindrome della cute ustionata (SSSS). Il meccanismo d’azione sembra riconducibile al processo di una attività serino-proteasica atipica, che viene attivata solo dopo la fissazione della tossina a livello dello strato granuloso dell’epidermide e che rende la tossina in grado di provocare la rottura delle proteine della ECM.

TOSSINE EMOLITICHE (emolisine, citolisine)

Comprendono una prima serie di tossine prodotte da diversi batteri Gram +, il cui prototipo è rappresentato dalla tossina alfa-emolisina di S. aureus.

Tutte queste tossine presentano alcuni gruppi –SH essenziali per la loro attività (tossine tiol-dipendenti) e sono rapidamente inattivate in presenza di ossigeno e sono quindi denominate emolisine-O (streptolisina-O di S. pyogenes oppure di pneumolisina di S. pneumoniae); sono proteine monomeriche che polimerizzano sulla membrana delle cellule sensibili, formando oligomeri (eptamerici) “tubolari” che si inseriscono nella porzione lipidica della membrana causando la formazione di pori che alterano profondamente gli scambi della cellula con l’ambiente, causandone la morte (in genere per apoptosi).

Un altro tipo di tossine emolitiche/citolitiche sono le tossine RTX, così denominate per la presenza di una serie di sequenze ripetute ricche in glicina, che conferiscono alla tossina la proprietà di legare calcio. Il prototipo di questo gruppo di tossine è rappresentato dalla emolisina di E. coli, che svolge un ruolo di rilievo nella patologia extraintestinale.

Tossina delta di S. aureus agisce anch’essa come tossina emolitica.

TOSSINE ADP-RIBOSILANTI

Funzionanto staccando la nicotinamide dal NAD e trasferendo la rimanente pozione ADP-ribosile su una proteina bersaglio.

TOSSINE CHE AGISCONO SULL’AMP

a) Tossina colerica;b) LT di E. coli

Page 33: Micro Insieme

ESOTOSSINE CITOTOSSICHE PER AZIONE SUL CITOSCHELETRO

Oltre alle tossine monomeriche A e B di C. difficile che agsciono come glicosil-trasferasi, esistono tossine binarie, costituite da componenti A (active) e B (binding), che sono secrete separatamente e si riuniscono solo alla superficie della cellula bersaglio; esse hanno come specifico bersaglio l’actina del citoscheletro cellulare. Il prototipo di questa famiglia è la tossina C2 di C. botulinum. Essa è costituita da:

a) C2I subunità A ha attività ADP-ribosilante in grado di catalizzare l’ADP ribosilazione dell’actina monomerica e dell’actina F non polimerizzata, alterando il citoscheletro;

b) C2II subunità B

Un altro esempio di tossine attive sul citoscheletro è costituito dal gruppo di tossine che comprendono:

1. Fattore citotossico necrotizzante prodotto in 2 varietà antigeniche:a) CNF-1;b) CNF-2

Vengono prodotte da molti stipidi di E.coli uropatogeni.

2. Tossina dermonecrotica di Bordetella:a) CNF-1 agisce deaminando la glutamina ad acido glutammico sulla proteina Rho, che è una GTPasi che

controlla l’attività di proteine G coinvolte nella trasmissione del signalling all’apparato citoscheletrico.

ESOTOSSINA CARBONCHIOSA

È prodotta dal Bacillus anthracis, ed è formata da 3 componenti, nessuno dei quali è tossico da solo, che sono:

1) Fattore I o EF edema factor;

2) Fattore II protective antigen; rappresenta il componente B della tossina che rende possibile l’ancoraggio e la penetrazione dei fattori A nella cellula bersaglio.

3) Fattore III lethal factor

I fattori “attivi” responsabili della tossicità della tossina sono i fattori EF e il fattore III (LF).

Distinzione dei fattori:

1. Fattore II rappresenta il componente B della tossina il quale, ancorato alla superficie cellulare, in corrispondenza di una proteina transmembrana ATR (anthrax toxin receptor), viene attaccato da proteasi di membrana che ne distaccano un frammento di ca. 20 kD, scoprendo una porzione della molecola che rappresenta un recettore in grado di consentire l’ancoraggio del fattore I (EF) e/o del fattore III (LF).

2. Fattore I è una adenilato ciclasi batterica che si attiva in presenza di calmodulina provocando un netto incremento della concentrazione IC di AMPc, con conseguente risposta edematogena per l’accumulo di liquidi negli spazi intercellulari (pustola carbonchiosa caratterizzata da un edema locale);

3. Fattore III è una metalloproteinasi in grado di attaccare alcune chinasi che intervengono nelle cascate di segnali.

Page 34: Micro Insieme

La tossina carbonchiosa sembra abbia il suo bersaglio preferenziale nelle cellule del reticolo-endotelio e in particolare nei macrofagi.

La tossina carbonchiosa rappresenta insieme alla capsula il principale fattore di virulenza del Bacillus anthracis; questi 2 elementi sono codificate da 2 diversi plasmidi:

a) pX01;b) pX02

ESOTOSSINA TETANICA ED ESOTOSSINA BOTULINICA (TOSSINE NEUROTROPE)

1) L’esotossina tetanica determina PARALISI SPASTICA;

2) L’esotossina botulinica determina PARALISI FLACCIDA

Distinzioni:

TOSSINA TETANICA (tetanospasmina) è lo strumento essenziale del C. tetani, batterio sporigeno, anaerobio obbligato, le cui spore, praticamente ubiquitarie nel materiale fecale e nel terreno, se introdotte in tessuti traumatizzati in presenza di ridotto afflusso di ossigeno (tessuto necrotico), possono germinare dando luogo alle forme vegetative che producono una tossina attiva, che diffonde nell’organismo per via ematica e risale centripetamente lungo i nervi periferici, così da raggiungere il SNC dove blocca gli impulsi inibitori della contrazione muscolare riflessa, provocando una serie di spasmi generalizzati, che interessano sia i flessori che estensori PARALISI SPASTICA.

La tossina tetanica presenta una sola configurazione antigenica ed è codificata da un plasmide. La tossina è sintetizzata come una singola catena peptidica che si libera in seguito alla lisi del batterio ed è tagliata da una proteasi in 2 peptidi, rispettivamente:

a) Peptide H (pesante) componente B della tossina che si lega alle cellule nervose consentendo la penetrazione nel citosol del peptide L;

b) Peptide L (leggero) componente A, è una zincopeptidasi che ha il suo bersaglio nella sinaptobrevina importante per l’esocitosi del neurotrasmettitore inibitore GABA; per cui viene bloccata l’esocitosi di GABA.

TOSSINA BOTULINICA è l’unico strumento di patogenicità del C. botulinum, batterio sporigeno, anaerobio obbligato le cui spore possono contaminare diversi alimenti nei quali, in presenza di condizioni di parziale o totale anaerobiosi (es. conserve sott’olio) possono germinare, dando le forme vegetative che producono una potente tossina relativamente resistente all’azione dei succhi gastrici, la quale si assorbe nell’intestino (si tratta di una intossicazione alimentare e non di una infezione) e diffonde nell’organismo con un bersaglio specifico a livello del SNP impedendo il rilascio di acetilcolina a livello della sinapsi colinergica della giunzione neuromuscolare PARALISI FLACCIDA (seguita da paralisi della m. respiratoria con morte).

Della tossina botulinica si conoscono almeno 7 distinti tipi antigenici (A-G) prodotti da differenti stipiti di C. botulinum e codificati da geni a collocozione cromosomica (A) o plasmidica (G) o nel genoma integrato di un fago temperato (C e D).

Anche per la tossina botulinica vale la sintesi della tossina tetanica, con la medesima distinzione. Il blocco della normale esocitosi dell’Ach determina blocco della trasmissione dell’impulso nervoso alla muscolatura, con paralisi flaccida.

ESOTOSSINE CHE AGISCONO COME SUPERANTIGENI:

Page 35: Micro Insieme

a) Enterotossine stafilococciche;

b) Tossina dello shock tossico (sempre di S. aureus);

c) Tossine pirogene streptococciche (presenti in diversi tipi)

TOSSINA COLERICA (azione analoga ha LT di E. coli)

È prodotta da batteri che si localizzano nell’intestino (tenue). Le tossine si legano agli enterociti attraverso l’interazione con un ganglioside presente sulla superficie cellulare. L’interazione è seguita dalla traslocazione della componente A, formata da 2 peptidi A1 e A2 uniti da ponti disolfurico, e alla liberazione di A1, dotato di attività ADP-ribosilante. Il bersaglio è la subunità alfa di una proteina G, che controlla l’attività dell’enzima adenilato ciclasi. La ADP ribosilazione della subunità alfa ad opera della tossina colerica (o della tossina LT di E. coli ETEC) impedisce l’azione della GTPasi e la ricostituzione della proteina G nel trimero originario ed il conseguente incremento patologico della concentrazione IC di cAMP. Negli enterociti ciò determina una disregolazione dei canali che controllano il passaggio di ioni nel lume intestinale, determinando uno squilibrio elettrolitico e quindi l’eliminazione di una notevole quantità di acqua che finisce con la capacità di riassorbimento del colon, con:

a) Diarrea profusa;b) Shock ipovolemico;c) Acidosi;d) Anuria

TOSSINA PERTOSSICA

È uno degli strumenti principali dell’azione patogena di Bordetella pertussis ed è costituita da una tossina di tipo A-B con una struttura esamerica (A-B5):

L’oligomero B serve a legare la tossina ad alcune gp di membrana per traslocare la componente A; La componente A presenta una azione ADP ribosilante, che catalizza il trasferimento di ADP-riboso ad un R cisteinico

vicino al termine carbossilico della subunità alfa di una serie di proteine G, che la disaccoppia dal suo recettore con permanente alterazione nela trasduzione del segnale.

In particolare, la tossina pertossica ha come target la subunità-alfai (inibitoria) che regola negativamente l’attività dell’adenilato ciclasi. Una volta ADP-ribosilata, la subunità alfa(i) della proteina G non riesce a regolare negativamente l’enzima, per cui vi sarà una elevata concentrazione di cAMP.

La tossina pertossica determina accumulo di muco a livello delle vie respiratorie.

TOSSINA A DI P. AERUGINOSA

Determina ADP-ribosilazione di EF-2; Blocco della sintesi proteica