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1 Prime note sull’assetto delle competenze legislative statali e regionali nella proposta di revisione costituzionale del Governo Renzi di Gino Scaccia 1 16 aprile 2014 1. Prologo. 2. Gli ambiti di legislazione esclusiva. 3. La clausola di supremazia. 4. Le competenze residuali. 5. Epilogo. Verso un’autonomia legislativa regionale “ottriata”. 1. Prologo Del disegno di legge costituzionale predisposto dal Governo Renzi mi limiterò ad esaminare alcuni aspetti concernenti la revisione del titolo V della Costituzione, e in particolare il nuovo assetto delle competenze legislative statali e regionali. Mentre nell’attuale art. 117 tali competenze sono distribuite secondo uno schema ternario (esclusive, concorrenti, residuali), nella proposta di riforma sono del tutto soppresse le competenze concorrenti, si conferma la clausola di residualità in favore del legislatore regionale e viene inoltre introdotta la delega di esercizio della funzione legislativa in materie di competenza esclusiva statale. La scomparsa delle competenze concorrenti non può suscitare grandi rimpianti. Il criterio basato sulla distinzione fra norme di principio e norme di dettaglio è infatti sempre stato troppo teorico e sfuggente per funzionare efficacemente da linea di divisione e anzi ha rappresentato una delle cause dell’esplosione del contenzioso costituzionale. Del resto questo criterio di riparto era rimasto un unicum nell’esperienza comparata; abbandonato nel 2006 anche dalla Germania, che pure lo aveva declinato nelle forme della Rahmengesetzgebung di cui all’art. 74 GG in modo più razionale di noi, prevedendo che la legislazione locale fosse 1 Professore Ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Teramo

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Page 1: Prime note sull’assetto delle competenze legislative ... · statali e regionali nella proposta di revisione costituzionale del Governo Renzi di Gino Scaccia1 16 aprile 2014 1. Prologo

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Prime note sull’assetto delle competenze legislative

statali e regionali nella proposta di revisione

costituzionale del Governo Renzi

di Gino Scaccia1

16 aprile 2014

1. Prologo. 2. Gli ambiti di legislazione esclusiva. 3. La clausola di supremazia. 4. Le

competenze residuali. 5. Epilogo. Verso un’autonomia legislativa regionale “ottriata”.

1. Prologo

Del disegno di legge costituzionale predisposto dal Governo Renzi mi limiterò

ad esaminare alcuni aspetti concernenti la revisione del titolo V della Costituzione,

e in particolare il nuovo assetto delle competenze legislative statali e regionali.

Mentre nell’attuale art. 117 tali competenze sono distribuite secondo uno

schema ternario (esclusive, concorrenti, residuali), nella proposta di riforma sono

del tutto soppresse le competenze concorrenti, si conferma la clausola di residualità

in favore del legislatore regionale e viene inoltre introdotta la delega di esercizio

della funzione legislativa in materie di competenza esclusiva statale.

La scomparsa delle competenze concorrenti non può suscitare grandi rimpianti.

Il criterio basato sulla distinzione fra norme di principio e norme di dettaglio è

infatti sempre stato troppo teorico e sfuggente per funzionare efficacemente da

linea di divisione e anzi ha rappresentato una delle cause dell’esplosione del

contenzioso costituzionale. Del resto questo criterio di riparto era rimasto un

unicum nell’esperienza comparata; abbandonato nel 2006 anche dalla Germania,

che pure lo aveva declinato – nelle forme della Rahmengesetzgebung di cui all’art.

74 GG – in modo più razionale di noi, prevedendo che la legislazione locale fosse

1 Professore Ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nel Dipartimento di Giurisprudenza

dell’Università di Teramo

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ASTRID RASSEGNA - N.8/2014

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vincolata solo dai principi espressamente posti dal legislatore federale e non anche

– come in Italia – da quelli desumibili dalla legislazione vigente in materia.

Va salutata con favore anche la previsione che, «con legge dello Stato,

approvata a maggioranza assoluta dei componenti della Camera dei deputati,

l’esercizio della funzione legislativa, in materie o funzioni di competenza esclusiva

statale (…) può essere delegato ad una o più Regioni, anche su richiesta delle

stesse e per un tempo limitato, previa intesa con le Regioni interessate».

La possibilità di differenziate discipline regionali in materie di competenza

esclusiva vale a compensare la prevista eliminazione della clausola di asimmetria

di cui all’art. 116 Cost., che prevede l’attribuzione alle Regioni, previa intesa con

lo Stato, di ulteriori forme e condizioni di autonomia in tutte le materie concorrenti

e solo in alcuni delimitati ambiti di legislazione esclusiva statale2. La proposta di

revisione rovescia la prospettiva, indicando le materie statali per le quali la

delegazione non è consentita3 e quindi espande, potenzialmente, gli ambiti di

intervento della legislazione regionale e, a rimorchio di questa, della funzione

amministrativa. Il nuovo art. 117, comma quinto, prevede infatti che – in caso di

delegazione – la legge disciplina l’esercizio delle funzioni amministrative nel

rispetto dei princìpi di sussidiarietà (art. 118 Cost.) e di integrale finanziamento di

dette funzioni con le risorse di cui all’art. 119 Cost. Quanto ai limiti della potestà

legislativa regionale delegata, la proposta in commento fa espresso cenno soltanto

a quello temporale, con formulazione che non chiarisce in modo inequivoco se la

delega possa essere conferita “anche” o “solo” per un tempo limitato4. Ulteriori più

specifici limiti, eventualmente ricalcati su quelli previsti per la delegazione

2 Organizzazione della giustizia di pace, istruzione e tutela dell’ambiente e dell’ecosistema.

.

3 Ordine pubblico e sicurezza; cittadinanza, stato civile e anagrafi; giurisdizione e norme

processuali (salva l’organizzazione della giustizia di pace); ordinamento civile e penale; giustizia

amministrativa. 4 La frase incidentale «anche su richiesta delle stesse (Regioni) e per un tempo limitato» può essere

intesa nel senso che l’avverbio “anche” si riferisce sia alla richiesta sia al tempo o nel senso che

esso è riferibile solo all’iniziativa regionale e non al tempo di esercizio del potere delegato. Per

ragioni sistematiche è questa seconda soluzione ad apparire più convincente.

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legislativa nell’art. 76 Cost., potranno peraltro essere definiti in sede di intesa con

la Regione, ferma sempre restando la possibilità di unilaterale revoca statale della

delega, avendo essa ad oggetto l’esercizio e non la titolarità della funzione

legislativa.

2. Gli ambiti di legislazione esclusiva

Lo Stato ha legislazione esclusiva in una serie di materie e funzioni, indicate

nelle lettere da a) a z). Prima di segnalare quelle più innovative rispetto al quadro

vigente è opportuno soffermarsi sul significato del riferimento alle «funzioni».

Esso appare diretto a dare forma positiva alla giurisprudenza costituzionale che –

fin dal 2002 – ha elaborato la nozione di materie funzionali o “trasversali”,

distinguendole dalle materie-oggetto e dalle materie ordinamentali.

In queste “materie non materie”5, lo Stato ha competenza in relazione a tutti gli

oggetti e rapporti strumentalmente connessi a uno scopo o interesse di rilievo

nazionale, senza che siano preventivamente determinabili gli ambiti in relazione ai

quali tale interesse può venire in considerazione. In tal senso lo spazio della

materia trasversale può essere definito solo nell’atto in cui, con il concreto

esercizio della competenza, un dato interesse viene assunto a fine prevalente della

disciplina statale. Quando la fonte è valida, l’estensione della materia tende a

coincidere con l’estensione della regolazione statale. La legge statale ripartisce e

qualifica in concreto le due competenze» (nazionale e regionale) e proprio per

questa sua capacità conformativa della competenza regionale è soggetta a uno

scrutinio stretto di proporzionalità/ragionevolezza. Non può infatti comprimere

l’autonomia normativa locale oltre quanto sia strettamente necessario al

conseguimento del fine statale6. Dove più forti sono l’intreccio e il

5 Così le definisce la sent. n. 228/2004.

6 Riprendendo una terminologia diffusa nella letteratura di lingua tedesca, si potrebbe affermare che

il criterio ordinatore della relazione tra unità dell’ordinamento e articolazione pluralistica degli

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condizionamento della legislazione trasversale sulle competenze regionali (ad

esempio in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni

sanitarie e assistenziali), è inoltre necessario il coinvolgimento delle Regioni nella

fase attuativa della legge7. Con la previsione secondo cui lo Stato ha legislazione

esclusiva in alcune «materie» e «funzioni», il legislatore di revisione fa proprie

queste acquisizioni della giurisprudenza costituzionale; riconosce, cioè, che non

tutte le materie di competenza esclusiva statale sono soggette alle medesime forme

di controllo costituzionale, né tutte articolano identicamente i loro rapporti con la

potestà attuativo-regolamentare.

Venendo più specificamente agli elenchi delle materie, sono state riattribuite

allo Stato, in accoglimento di un’opinione unanime in dottrina, competenze

legislative che nel vigente titolo V sono irrazionalmente affidate alla potestà

legislativa concorrente: grandi reti di trasporto e di navigazione, produzione,

trasporto e distribuzione nazionali dell’energia, porti e aeroporti civili,

ordinamento della comunicazione. Torna così saldamente in mani statali la

disciplina delle principali leve dello sviluppo economico, che la giurisprudenza

costituzionale aveva cercato di riconoscere allo Stato attraverso percorsi

argomentativi molto originali e talora fortemente creativi rispetto alla littera

Constitutionis (si allude specialmente alla sentenza n. 303 del 2003 e alla

“sussidiarietà legislativa”). A queste opportune ricollocazioni in capo allo Stato di

competenze oggettivamente corrispondenti a interessi nazionali, si somma la

previsione di numerose nuove competenze esclusive: le infrastrutture strategiche,

l’ordinamento scolastico, l’istruzione universitaria, l’ordinamento delle professioni

intellettuali, la programmazione strategica della ricerca scientifica e tecnologica, il

commercio con l’estero, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema

tributario, il sistema nazionale e coordinamento della protezione civile, la

previdenza complementare e integrativa, i beni paesaggistici.

interessi sta nella regola del “mezzo più lieve” (Gebot des mildesten Mittels), nell’esigenza di

evitare interventi sovradimensionati e “inutili” sulle sfere di autonomia costituzionale delle Regioni. 7 Un esempio nella sent. n. 88/2003.

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Sempre nell’ambito delle materie di legislazione esclusiva, nella competenza di

cui alla lettera p) sono ora ricompresi «ordinamento, organi di governo,

legislazione elettorale e funzioni fondamentali dei Comuni, comprese le loro forme

associative8, e delle Città metropolitane; ordinamento degli enti di area vasta». Il

riferimento alla disciplina ordinamentale degli enti territoriali infraregionali dà

copertura al Testo Unico degli Enti Locali (d.lgs. n. 267 del 2000) e lo rende

uniformemente applicabile, in ogni sua parte, alle Regioni ordinarie, superando i

dubbi che erano sorti al riguardo in dottrina e nella giurisprudenza amministrativa

proprio per la mancata espressa previsione, nel vigente art. 117, lett. p), di una

competenza statale sull’ordinamento degli enti locali.

Tutte le materie esclusive di cui si è finora detto operano secondo lo schema

della riserva di competenza in senso tecnico, della competenza-esclusione, secondo

il quale a diversità formale di atti corrisponde una separazione di ambiti materiali9.

E’ preservata perciò in esse la piena corrispondenza materia-competenza, perché la

norma costituzionale di attribuzione funge immediatamente da limite di legittimità

della fonte regionale, senza la mediazione di alcuna norma legislativa di

produzione che ulteriormente definisca il contenuto del vincolo.

Vi sono però altre competenze statali esclusive che articolano il loro rapporto

con le fonti regionali secondo uno schema diverso, in base al quale allo Stato

spetta dettare le sole “norme generali” della materia. Questa tecnica di riparto,

attualmente operante in materia di istruzione (ove peraltro la competenza esclusiva

statale deve accordarsi con la materia concorrente “istruzione” e con la competenza

residuale nominata in tema di istruzione e formazione professionale) è ora estesa a

una molteplicità di materie: procedimento amministrativo e lavoro alle dipendenze

8 La competenza sulle forme associative ritaglia ambiti di materia dalla competenza regionale

residuale sulla disciplina delle Comunità montane (riconosciuta dalla sent. n. 244/2005). 9 Su questa nozione di competenza come separazione di campi è d’obbligo il rinvio a G. ZANOBINI,

Gerarchia e parità fra le fonti, in Scritti vari di diritto pubblico, Milano, 1955, 299 ss., 321 e a

V.CRISAFULLI, Gerarchia e competenza nel sistema delle fonti, in Studi in memoria di Guido

Zanobini, Milano, 1965, III, 202.

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delle amministrazioni pubbliche (lett. g); tutela della salute, sicurezza alimentare e

tutela e sicurezza del lavoro (lett. m); attività culturali, turismo e ordinamento

sportivo (lett. s); governo del territorio, urbanistica (lett. u). Tutte materie che,

venute meno le competenze concorrenti, sono da ascrivere alla legislazione

residuale regionale per la parte non coperta dalle “norme generali” di fonte statale.

Può sembrare che in tal modo sia stato sostanzialmente riprodotto il meccanismo

di ripartizione delle competenze operante nelle materie concorrenti. Come in

queste ultime la competenza statale è limitata ai principi fondamentali, con riserva

alle Regioni della normativa di dettaglio, nelle materie sopra indicate sarebbe

limitata alle “norme generali”, con conseguente competenza regionale residuale a

dettare le norme non generali. In realtà la differenza fra le due tecniche di

distribuzione delle competenze è sensibile.

La Corte costituzionale ha infatti chiarito nella sentenza n. 279 del 2005 che «le

norme generali (…) si differenziano (…) dai principi fondamentali, i quali (…) non

esauriscono in se stessi la loro operatività, ma informano, diversamente dalle

prime, altre norme, più o meno numerose». Secondo la Consulta sono norme di

principio quelle che ammettono molteplici modalità di attuazione, territorialmente

diversificate; “norme generali” quelle «capaci di esaurire in se stesse la loro

operatività» e di assumere perciò contenuto minutamente regolativo. Ulteriormente

specificando, “norme generali”, indipendentemente dal loro contenuto di principio

o di dettaglio, cioè dalla densità precettiva della disciplina statale, sono quelle

«sorrette, in relazione al loro contenuto, da esigenze unitarie» e quindi dalla

volontà politica di risultare «applicabili indistintamente, al di là dell’ambito

propriamente regionale»10

. Una tale scelta politica, come è intuibile, può essere

censurata dalla Corte costituzionale soltanto in ipotesi macroscopiche di evidente

irragionevolezza, incoerenza, incongruenza. Ne deriva che il legislatore statale, in

tutte le materie in cui è autorizzato a porre norme generali, è in condizione di

definire pressoché liberamente l’area di estensione della disciplina regionale. La

10

Così ancora sent. n. 279/2005.

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legislazione statale, prima che da norma regolativa, funge perciò da norma sulla

normazione, che definisce e qualifica, in concreto, la sfera materiale della

competenza regionale. E le “norme generali”, nelle sopra richiamate materie di

legislazione esclusiva, hanno funzione analoga alle “norme generali” (il lessico

onomastico è significativo) che, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400

del 1988, regolano la materia “delegificata” e orientano l’esercizio della potestà

regolamentare delegata. Come queste ultime pongono norme uniformi e

inderogabili, e segnano con ciò i limiti di oggetto delle fonti secondarie, così le

“norme generali” di competenza esclusiva delimitano lo spazio nel quale si può

dispiegare la legislazione regionale, ponendosi per essa come disciplina

inderogabile11

. In questi termini, fra la competenza statale sulle “norme generali” e

la legislazione regionale residuale non sussiste un concorso vincolato, come nelle

materie concorrenti, ma un concorso sostanzialmente libero12

.

Le competenze residuali nominate risultanti “per differenza” dalla competenza

esclusiva statale quanto alle norme generali sono dunque atipiche perché soggette

non solo ai vincoli indicati nel primo comma dell’art. 117 Cost., ma anche,

11

Anche sul piano dei contenuti regolativi parrebbe sussistere una simmetria: come le norme

generali sull’istruzione hanno un contenuto più puntuale dei “principi fondamentali”, così «le

“norme generali regolatrici della materia” hanno, tendenzialmente una funzione delimitativa più

stringente rispetto ai “principi e criteri direttivi”» che vincolano costituzionalmente l’esercizio della

delega legislativa (così Corte cost., sent. n. 303/2005). In dottrina, G.DE MURO, Le delegificazione:

modelli e casi, Torino, 1995, 76, ritiene che l’ambito prescrittivo delle norme generali regolatrici

«debba per lo meno coincidere con quello individuato dai “principi e criteri direttivi” (…) o,

meglio, con quello individuato dalla Corte costituzionale come necessario a fondare la legittimità

degli atti amministrativi di indirizzo e coordinamento» (su cui Corte cost., sent. n. 150/1982); S.

LABRIOLA, Compressione e deviazione, non ampliamento dei poteri normativi dell’esecutivo in

Italia, in Quad.cost. 1988, 104 sostiene che l’espressione “norme generali” denoti «una estensione

virtuale maggiore» rispetto a quella dei principi della delega legislativa; in senso analogo G.TARLI

BARBIERI, Le delegificazioni (1989-1995). La difficile attuazione dell’art. 17, secondo comma,

della legge 23 agosto 1988, n. 400, Torino, 1996, 129. 12

L’ipotesi tipica di concorso libero si realizza quando le norme poste da una fonte limitano o

condizionano la capacità di produzione di altra fonte per il semplice fatto di essere intervenute o di

sopravvenire sulla materia e presuppone che a nessuna delle fonti concorrenti sia attribuita una

riserva di disciplina: sul punto basti il rinvio a V.CRISAFULLI, Gerarchia e competenza , cit., 202.

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appunto, alle “norme generali”. Questo limite, a sua volta, potrà essere inteso dalla

giurisprudenza costituzionale come necessario oppure eventuale. Nel primo caso le

“norme generali” dovranno essere ricavate, in assenza di loro espressa

enunciazione, dalla legislazione statale vigente, come accade già per i principi

fondamentali in materia concorrente13

; nel secondo, dovranno invece risultare da

atti normativi specificamente destinati a porle, che si autoqualifichino come tali14

.

Ciò che, tra l’altro, consentirebbe di definire in modo preciso la cornice entro la

quale le Regioni possono iscrivere la loro attività legislativa, contribuendo così a

ridurre le occasioni di contenzioso costituzionale.

Pare certo, in ogni caso, che nell’esercizio della competenza esclusiva a definire

“norme generali” il legislatore statale potrà restringere la legislazione regionale nei

ristretti confini della mera attuazione-integrazione, trovando una debole

opposizione nelle impugnazioni regionali per la già evidenziata difficoltà di

esercitare un controllo costituzionale realmente incisivo sulle competenze in

esame. In materie di grande rilevanza politica e sociale, in cui le Regioni esercitano

un’intensa attività amministrativa, come il governo del territorio, l’urbanistica, la

salute, il turismo, le attività culturali, gli spazi dell’autonomia regionale non sono

adeguatamente garantiti dalla norma costituzionale di competenza e dipendono in

realtà dalla unilaterale e sostanzialmente insindacabile scelta del legislatore statale.

3. La clausola di supremazia

13

L’orientamento è stato confermato, dopo la revisione del titolo V, da sent. n. 282/2002 e n.

120/2005. 14

Questa seconda prospettiva, più sensibile alle ragioni dell’autonomismo, è avvalorata dalla prassi

applicativa in tema di “norme generali sull’istruzione”. Tutti i decreti legislativi che hanno attuato

la delega contenuta nella legge 28 marzo 2003, n. 53 manifestano infatti già nel titolo l’intento di

porre la disciplina generale uniforme della materia: cfr. il d.lgs. 19 febbraio 2004, n. 59

(Definizione delle norme generali relative alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo dell’istruzione, a

norma dell’articolo 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53), il d.lgs. 15 aprile 2005, n. 76, recante

«Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all’istruzione e alla formazione» e il d.lgs. 15

aprile 2005, n. 77, recante «Definizione delle norme generali relative all’alternanza scuola-lavoro».

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G. SCACCIA - PRIME NOTE SULL’ASSETTO DELLE COMPETENZE LEGISLATIVE STATALI E REGIONALI

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In base al quarto comma dell’art. 117 Cost. «Su proposta del Governo, la legge

dello Stato può intervenire in materie o funzioni non riservate alla legislazione

esclusiva quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica

della Repubblica o lo renda necessario la realizzazione di programmi o di riforme

economico-sociali di interesse nazionale».

Questa “clausola di supremazia” consente al legislatore statale di imporre limiti

di validità o di efficacia alla legge regionale in tutti gli ambiti sui quali lo Stato non

disponga già di un titolo di competenza esclusiva. La clausola (diversamente

dall’omologo art. 72 GG, al quale il comma in esame si ispira anche nel fraseggio),

si applica senza limitazione di materie, e quindi è liberamente attivabile sol che

ricorrano l’esigenza di tutelare l’unità giuridica o economica o di realizzare

programmi o riforme economiche e sociali di interesse nazionale. Si tratta di un

dispositivo che risponde alla necessità di assicurare al sistema delle competenze un

punto di chiusura, così da garantire, pur nella diversificazione pluralistica degli

interessi, l’unità dell’ordinamento. In tal senso esso assolve a una funzione che la

giurisprudenza costituzionale ha insediato nella cosiddetta “chiamata in

sussidiarietà” e, in prospettiva, ne decreta il superamento. Come la chiamata in

sussidiarietà, la clausola di supremazia fungerà infatti da competenza di necessità

(Bedarfkompetenz)15

, derogatoria dell’ordine formale delle competenze per

materia, ponendo l’intero sistema delle autonomie normative regionali sotto la

riserva di una clausola generale derogatoria unilateralmente azionabile da parte

dello Stato.

Fra sussidiarietà legislativa e clausola di supremazia vi sono però differenze

notevoli, che attengono ai loro presupposti di esercizio. Quelli della “sussidiarietà

legislativa” sono stati scolpiti nella sentenza-madre n. 303 del 2003 e consistono:

a) nella inadeguatezza dell’ente regionale a svolgere la funzione amministrativa

attratta a livello statale; b) nella necessità di un accordo con la Regione interessata,

15

Cfr. art. 11, comma 2, Costituzione austriaca; e già art. 9 della Costituzione di Weimar.

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ASTRID RASSEGNA - N.8/2014

10

nel quale prenda forma la concreta disciplina di attuazione della legge statale. E’

vero che queste condizioni, interpretate dapprima in modo rigoroso, sono state

“ammorbidite” nella giurisprudenza successiva (ad esempio ammettendo

l’attrazione a livello statale della sola funzione di coordinamento normativo e

quindi configurando la sussidiarietà come meccanismo di spostamento della

competenza legislativa a prescindere da quella amministrativa); ma resta fermo che

la sussidiarietà esige almeno «una condizione minima e imprescindibile per la

legittimità costituzionale della disciplina legislativa statale»: la previsione di forme

più o meno intense di cooperazione e di concertazione con le Regioni16

. Ed è

proprio la procedimentalizzazione “forte” della sussidiarietà a “depoliticizzarne” il

controllo costituzionale, che si incentra su parametri valutativi dotati di una qualche

oggettività e controllabilità giuridica (l’an dell’accordo, il rispetto del principio di leale

collaborazione) senza focalizzarsi, se non nei casi di manifesta irragionevolezza,

sull’attendibilità della scelta – squisitamente politica – di “attrazione” della competenza.

I presupposti di esercizio della clausola di supremazia non sono altrettanto

stringenti e promettono di essere soggetti a uno scrutinio di costituzionalità non

particolarmente incisivo. Lo suggerisce l’esperienza applicativa dell’art. 72 della

Legge fondamentale tedesca, che – al pari della clausola di supremazia italiana –

autorizza il legislatore federale a intervenire “fuori competenza” «quando lo

richiedono la tutela dell’unità giuridica ed economica», secondo il modello della

konkurrierende Gesetzgebung. Il Bundesverfassungsgericht ha riconosciuto che

queste formule sono «concetti giuridici (…) così indeterminati, che, nel valutare se

il perseguimento di tali finalità richieda una legislazione federale, è largamente

decisiva la loro concretizzazione» e per questo ha ritenuto di doversi limitare a una

verifica di non manifesta irrazionalità della scelta legislativa, da svolgersi nelle

forme molto blande del controllo di evidenza (Evidenzkontrolle)17

. Su

sollecitazione dello stesso tribunale costituzionale, oltre che dell’unanime dottrina,

16

Sent. n. 383 del 2005. 17

BVerfGE 13, 230, 233 ss.

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G. SCACCIA - PRIME NOTE SULL’ASSETTO DELLE COMPETENZE LEGISLATIVE STATALI E REGIONALI

11

la norma è stata allora due volte modificata (nel 1994 e nel 2006) allo scopo di

elevarne l’insufficiente grado di giustiziabilità18

; e solo nel 2002 la Corte di

Karlsruhe ha previsto per essa un nuovo modello di verifica giudiziale19

.

Sennonché il diligente tentativo della Corte di scolpire le nozioni di unità giuridica

ed economica, lungi dal fugarli, ha rinfocolato i dubbi circa la loro effettiva

controllabilità giuridica. Secondo i giudici tedeschi, infatti, la tutela dell’unità

economica «risponde all’interesse complessivo dello Stato se riguarda la

preservazione della capacità funzionale dello spazio economico della Repubblica

federale (…); se dunque discipline differenziate a livello territoriale o il mancato

intervento dei Länder arrechino considerevoli svantaggi al sistema economico

complessivo»20

; mentre l’unità giuridica «riguarda in via diretta i presupposti

istituzionali dello Stato federale e solo indirettamente le condizioni di vita dei

cittadini», sicché il legislatore federale non è autorizzano ad intervenire invocando

la generica finalità di migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Dinanzi ad

affermazioni simili, che spostano l’asse del controllo costituzionale su valutazioni

inafferrabili, talora di natura economica (come verificare se la legge risponde alla

«preservazione della capacità funzionale dello spazio economico» nazionale?) è

ragionevole supporre che la Corte italiana sperimenterà le medesime difficoltà

incontrate dal Bundesverfassungsgericht e che si limiterà a sanzionare il cattivo

uso della clausola di supremazia solo in ipotesi eccezionali di macroscopica

carenza dei presupposti. Si comprende, allora, come l’unica realistica possibilità di

limitare un uso centralistico di questa clausola potenzialmente “onnivora” stia nella

procedura di approvazione delle leggi che ne sono espressione21

, ove sarebbero

18

Come si legge nella proposta della commissione costituzionale congiunta del Bundestag e del

Bundesrat in BRDrucks 360/92, nota 56. 19

Nella sentenza del 24 ottobre 2002 sui “cani pericolosi”: BVerfGE 106, 62, 135 ss. 20

BVerfGE 106, 62, 146 ss. 21

Non a caso questa era la proposta della commissione costituzionale congiunta

Bundestag/Bundesrat istituita nel gennaio 1996.

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ricomposte in sede politica controversie difficilmente risolubili in sede

giurisdizionale.

Sotto questo profilo la garanzia apprestata dall’art. 70, quarto comma, del testo

di riforma non appare sufficiente. La norma prevede che per i disegni di legge di

cui all’art. 117, comma quarto, «la Camera dei deputati possa non conformarsi alle

modificazioni proposte dal Senato delle Autonomie pronunciandosi nella votazione

finale a maggioranza assoluta dei suoi componenti». E tuttavia, per far scattare una

clausola che consente allo Stato di travolgere, senza limiti costituzionali di materia,

le già deboli autonomie legislative regionali, sarebbe opportuno prevedere che

queste leggi “fuori competenza”, al pari di quelle costituzionali, siano sottoposte al

procedimento bicamerale paritario, con riconoscimento di un vero potere di blocco

al Senato delle autonomie. Tanto più in presenza di una legge elettorale che, grazie

a un corposo premio di maggioranza, consente a una minoranza numerica di

conseguire la maggioranza assoluta dei seggi della Camera.

Prima di concludere resta da dire che l’esigenza di tutelare l’unità giuridica ed

economica, cui l’art. 117, quarto comma, collega l’attivazione della clausola di

supremazia, è già ora, nel secondo comma dell’art. 120 Cost., uno dei presupposti

di esercizio dei poteri sostitutivi statali. Il che fornisce ulteriori decisivi argomenti

alla tesi, attualmente contrastata, secondo la quale l’art. 120 autorizza il Governo a

esercitare poteri sostitutivi di natura amministrativa (ed eventualmente

regolamentare), ma non legislativa22

. In caso contrario, infatti, l’art. 120

22

Così C. MAINARDIS, I poteri sostitutivi statali: una riforma costituzionale con (poche) luci e

(molte) ombre, in Le Regioni, 6/2001, 1387 ss.; R. TOSI, La legge costituzionale n. 3 del 2001: note

sparse in tema di potestà legislativa e amministrativa, in Le regioni, 2001, 1241; A. ANZON, I

poteri delle regioni dopo la riforma costituzionale. Il nuovo regime e il modello originario a

confronto, Torino, 2002, 217; S. MANGIAMELI, La riforma del regionalismo italiano, Torino, 2002,

150-151; G. SCACCIA, Il potere di sostituzione in via normativa nella legge n. 131 del 2003, in Le

regioni 4/2004, 883 ss.

Contra: P.CARETTI, L’assetto dei rapporti tra competenza legislativa statale e regionale, alla luce

del nuovo titolo V della Costituzione: aspetti problematici, in Le regioni, 2001, 1229; A.CERRI, Alla

ricerca dei ragionevoli principi della riforma regionale, in AA.VV., Problemi del federalismo,

Milano, 2001, 211; E.GIANFRANCESCO, Il potere sostitutivo, in La Repubblica delle autonomie.

Regioni ed enti locali nel nuovo titolo V, a cura di T.Groppi e M.Olivetti, II ed., Torino, 2003, 239.

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G. SCACCIA - PRIME NOTE SULL’ASSETTO DELLE COMPETENZE LEGISLATIVE STATALI E REGIONALI

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risulterebbe un inutile doppione dell’art. 117. Per l’effetto, anche l’art. 8 della

legge n. 131 del 2003, il quale, nel dare attuazione all’articolo 120 Cost., afferma

espressamente che i provvedimenti di sostituzione sono anche normativi, dovrà

essere riferito ai soli poteri regolamentari.

4. Le competenze residuali

Venute meno le competenze concorrenti, spetta alle Regioni la potestà

legislativa in riferimento a tutte le materie e funzioni non espressamente riservate

alla legislazione esclusiva dello Stato, con particolare riferimento alla

pianificazione e alla dotazione infrastrutturale del territorio regionale e alla

mobilità al suo interno, all’organizzazione in ambito regionale dei servizi alle

imprese, dei servizi sociali, sanitari e scolastici (nel rispetto dell’autonomia delle

istituzioni scolastiche), all’istruzione e formazione professionale.

Accanto a queste competenze residuali individuate direttamente dal nuovo terzo

comma dell’art. 117, e per questo enumerate, altre competenze sono scorporabili

dai titoli di competenza statale per implicito. Si fa riferimento, oltre ai profili di

disciplina non costituenti “norme generali” nelle materie di cui alle lettere n, s, u,

(ne abbiamo già riferito supra, par. 2), ai casi in cui la competenza statale si radica

sulla dimensione nazionale o internazionale dell’interesse (porti e aeroporti civili,

infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione, sistema della

protezione civile, commercio con l’estero). Da essa è desumibile, infatti, la

competenza regionale residuale per la disciplina, in quei medesimi ambiti, di

rapporti e interessi di rilievo esclusivamente locale.

Va apprezzato il tentativo di ancorare almeno in parte l’accertamento della

competenza residuale a criteri meno sfuggenti dell’argumentum ex absentia,

quello, cioè, fondato sulla mera assenza di un determinato oggetto di disciplina

normativa dall’elenco delle materie di legislazione esclusiva statale. Questo

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ASTRID RASSEGNA - N.8/2014

14

criterio, infatti, per ragioni che abbiamo altrove illustrato23

, raramente ha rilievo

autonomo ed esclusivo ai fini dell’assegnazione della competenza. Lo dimostra

meglio di ogni argomentazione la giurisprudenza costituzionale, ove le materie

residuali sono state ricavate prevalentemente dall’analisi storico-normativa. In una

sorta di parallelismo rovesciato fra funzione amministrativa e legislativa, la Corte

ha ritenuto che alle Regioni fossero da intestare, nell’attesa dei ulteriori più ampi

trasferimenti di funzioni, competenze legislative non inferiori a quelle

corrispondenti alle funzioni trasferite alla stregua della legislazione vigente e

specialmente dei decreti di attuazione delle leggi Bassanini. Seguendo questa linea

di ragionamento sono state già individuate dalla giurisprudenza costituzionale

competenze residuali che ben si potrebbero formalizzare in un apposito elenco

(non tassativo): agricoltura24

, agriturismo25

, commercio26

, artigianato27

, pesca28

,

industria e insediamenti produttivi29

, trasporto pubblico e viabilità locale30

, sagre e

fiere31

, servizi pubblici locali32

, lavori socialmente utili33

, edilizia residenziale

pubblica34

, organizzazione amministrativa delle Regioni e degli enti pubblici

regionali e stato giuridico ed economico del relativo personale35

, edilizia

sanitaria36

, servizi e politiche sociali37

, usi civici38

.

23

G. Scaccia, Legislazione esclusiva statale e potestà legislativa residuale delle Regioni, in

Trasformazioni della funzione legislativa, vol. IV – Ancora in tema di rapporti Stato-Regioni

dopo la riforma del titolo V della Parte II della Costituzione, F. Modugno e P. Carnevale (a

cura di), Napoli, 2008, 113 ss. 24

Sent. n. 12/2004. 25

Sent. n. 339/2007. 26

Sent. n. 1/2004. 27

Sent. n. 162/2005. 28

Sent. n. 213/2006. 29

Sentt. nn. 14/2004 e 49/2006. 30

Sent. n. 222/2005. 31

Sent. n. 1/2004. 32

Sent. n. 29/2006. 33

Sent. n. 219/2005. 34

Sentt. nn. 118/2006 e 94/2007. 35

Sent. n. 274/2003. 36

Sent. n. 105/2007. 37

Sentt. n. 287 e 423/2004.

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G. SCACCIA - PRIME NOTE SULL’ASSETTO DELLE COMPETENZE LEGISLATIVE STATALI E REGIONALI

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Quanto all’estensione della competenza residuale, la previsione di una clausola

di supremazia accentua le differenze, già ora evidenti, fra legislazione residuale e

legislazione esclusiva statale. In astratto, la legge regionale adottata nell’esercizio

di una potestà residuale compone l’ordinamento giuridico in posizione in tutto

analoga alla legge del Parlamento; ed entro il proprio ambito territoriale, può

abrogare disposizioni legislative statali (o meglio delimitarne la sfera territoriale di

efficacia39

), senza incontrare ostacolo nella loro natura di principio. Ma mentre è

soggetta, quanto ai limiti necessari, v’è assoluta equivalenza fra legge statale e

legge regionale, quest’ultima soffre di limiti eventuali che rendono ad essa non

riferibile l’attributo dell’esclusività. L’area entro la quale agisce la potestà

residuale non può essere definita avendo esclusivo riguardo alla norma

costituzionale di attribuzione. In essa può infatti penetrare, ridefinendola, una

norma statale condizionante, capace di riconformare in concreto l’attribuzione

regionale assegnata in astratto, non solo attraverso le potestà trasversali, che sono

state peraltro “legittimate” dalla proposta di riforma, ma anche, e soprattutto, per

effetto della clausola di supremazia. In tal senso può dirsi che la competenza

statale opera nei rapporti tra fonti, quella regionale nei rapporti tra norme. E che il

quadro dei limiti della legislazione regionale ha un carattere meramente

tendenziale, perché nessuno spazio normativo regionale, pur quando sia certa la

sua attinenza a una materia residuale, è, in concreto, completamene impermeabile

alla legislazione statale, che, ove sopravvenga, prevale sulla disciplina regionale

incompatibile, determinandone l’abrogazione. Non sussiste dunque, a favore della

fonte regionale, una riserva di materia in senso pieno.

38

Sent. n. 39/2007. 39

La legge regionale, come del resto quella statale, non può invece disporre la sospensione dell’atto

legislativo che ritenga viziato di incompetenza: è infatti escluso dal sistema costituzionale «che il

legislatore regionale (così come il legislatore statale rispetto alle leggi regionali) utilizzi la potestà

legislativa allo scopo di rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato che ritenga

costituzionalmente illegittima, se non addirittura solo dannosa o inopportuna, anziché agire in

giudizio dinnanzi a questa Corte, ai sensi dell’art. 127 Cost.» (sent.n. 198/2004).

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ASTRID RASSEGNA - N.8/2014

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5. Epilogo. Verso un’autonomia legislativa regionale “ottriata”.

Ad una visione d’insieme, la riforma prefigura un modello di autonomismo che

abbandona del tutto ogni ambizione “federalista” e imprime ai rapporti fra Stato ed

enti territoriali un tratto marcatamente centralistico, specie con riguardo

all’esercizio della funzione legislativa. L’elemento di sistema che caratterizza la

riforma è in effetti la drastica riduzione degli spazi della legislazione regionale. Il

massiccio incremento delle competenze esclusive statali, la soppressione di quelle

concorrenti, unitamente alla presenza di una clausola di supremazia che funge da

criterio di chiusura (e di deroga) degli elenchi di materie delineano i contorni di un

riparto di competenze che ulteriormente marginalizza la già debole produzione

legislativa regionale.

Sotto questo riguardo il regionalismo di ispirazione federalista vagheggiato dalla

riforma del 2001 cede il campo a un autonomismo “per concessione statale”, o se

si preferisce “ottriato” nel quale – come si è argomentato – gli ambiti di

competenza regionale sono soggetti a incursioni statali più penetranti e più

difficilmente controllabili in sede di giudizio costituzionale di quelle attualmente

consentite. E i confini delle materie regionali non si ricavano tanto dall’analisi

delle norme costituzionali di competenza, ma risultano piuttosto il mero “effetto

riflesso” della volontaria autolimitazione del legislatore statale. Questa

riallocazione centripeta della legislazione è, a sua volta, il segno di una generale

sfiducia nell’autonomia legislativa regionale, che in questi anni non ha saputo e

potuto dare buona prova di sé, e consegue alla presa d’atto che in uno spazio

giuridico sempre più integrato la presenza di due livelli di legislazione (europeo e

nazionale) lascia fatalmente al legislatore regionale solo margini di intervento

ridotti, di attuazione più che di autentica progettazione e innovazione normativa. In

questo senso la riforma in itinere, che ha nella svalutazione della potestà legislativa

regionale il proprio Leitmotiv, sembra prospettare un più generale spostamento

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G. SCACCIA - PRIME NOTE SULL’ASSETTO DELLE COMPETENZE LEGISLATIVE STATALI E REGIONALI

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dell’asse cartesiano dell’autonomismo dall’attività legislativa a quella

amministrativa40

.

40

Secondo una prospettiva che in dottrina è stata da ultimo avanzata da M. CAMMELLI, Regioni e

regionalismo: la doppia impasse, in Le Regioni 4/2012, 673 ss. e, se si vuole, G. SCACCIA, L’ente

regionale fra mitologia federale e realtà costituzionale, in Riv.AIC 1/2014.