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Questa è un'anteprima parziale del libro. Ladicitura ***TESTO OMESSO*** presentein alcune pagine indica che è stato omessodel testo per rendere congruenti la versionetradotta in italiano e quella originale in lati-no.

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Il dialogo di Salomone e Marcolfo

con testo latino

Traduzione, prefazione e note di

Gian Carlo Macchi

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IL DIALOGO DI SALOMONE E MARCOLFO

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Parte prima

Prologo

Ai tempi in cui re Salomone sedeva sul trono di suo padre Davide, ripieno di sapienza e di ricchezze, arrivò da oriente un tale di nome Marcolfo, dal volto bruttissimo e deforme, ma molto eloquente. Con lui c'era la moglie, a sua volta spaventosa e rozza oltre ogni immagina­zione. Portati al cospetto del Re su suo ordine, se ne stavano entrambi in piedi davanti a lui, guardandosi l'un l'altro.

Marcolfo era piccolo di statura; aveva una grossa testa e una fronte molto spaziosa, rubiconda e rugosa; le orecchie pelose che pendevano fino a metà mascella; gli occhi grossi e loschi; il labbro inferiore pen­dente come quello di un cavallo; la barba sporca e irsuta come un ca­prone; le mani tozze; le dita corte e grosse; i piedi rotondi; il naso gros­so e gibboso; le labbra grandi e grosse; l'aspetto asinino; i capelli come i peli dei caproni. Le scarpe ai suoi piedi erano molto grossolane; la vita era cinta da una mezza spada: la guaina era crepata nel mezzo e rabberciata sulla punta; l'impugnatura era di tiglio, ornata di corno di capra. I vestiti erano di un bruttissimo colore, cenciosi e stazzonati: il corpino era corto; la tunica arrivava alle natiche; le calze erano rappez­zate.

Sua moglie18 era piccola e grassissima, con grosse mammelle; ave­va capelli spinosi; sopracciglia ispide come il dorso di un maiale; barba da caprone; orecchie d'asino; occhi loschi; aspetto di serpente; carna­gione rugosa e scura. Una mosca di piombo ornava le grosse mammel­le. Aveva le dita grosse e tozze, ornate di anelli di ferro; il naso grossis­simo; le gambe corte e grosse, pelose come quelle di un orso. La tunica era pelosa e lacera; le scarpe rotte e screpolate. Di una donna simile un giovane scrisse questi versi: La donna deforme, soggetta a forme di tenebra, col suo brutto aspetto si allontani dal giorno. È brutto aver molta cura di una donna brutta: la donna brutta sopporti il suo bruttissimo difetto.

18 Politana, la moglie di Marcolfo, dopo questa descrizione e dopo che il marito ne avrà elencato gli ascendenti, anzi le ascendenti, tutt'altro che nobili (v. pag. 12), non apparirà più nel Dialogo.

Prologo 11

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Dialogo

Re Salomone, dopo averli osservati, così parlò e disse: “Chi siete e da dove proviene la vostra stirpe?”

Marcolfo rispose: “Dì prima tu la genealogia tua e dei tuoi avi; poi io ti dirò la nostra”.

Salomone rispose: “Io provengo da dodici generazioni di patriarchi: Giuda generò Fares, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naason, Naason generò Salmon, Salmon generò Booz, Booz generò Obed, Obed generò Isaia, Isaia ge­nerò il re Davide, il re Davide poi generò Salomone. E io sono il re Sa­lomone”.

Marcolfo rispose: “E io provengo da dodici generazioni di rustici: Rustico generò Rusta, Rusta generò Rustino, Rustino generò Rusticel­lo, Rusticello generò Tarta,19 Tarta generò Tartolo, Tartolo generò Palta, Palta generò Farsi,20 Farsi generò Farsolo, Farsolo generò Marqua, Marqua generò Marcolo, Marcolo generò Marcolfo. E io sono Marcol­fo il folle.

Mia moglie poi proviene da dodici generazioni di puttane: Puttana generò Puttanella,21 Puttanella generò Ludibrut, Ludibrut generò Bon­strut, Bonstrut generò Boledrut, Boledrut generò Ploidrut, Ploidrut ge­nerò Lorda, Lorda generò Corta, Corta generò Cortella, Cortella generò Cucula, Cucula generò Polita, Polita generò Politana. E questa è Po­litana, mia moglie”.

Salomone disse: “Ho sentito che sei loquace e scaltro, anche se sei rozzo e brutto. Perciò dobbiamo avere una disputa fra noi: io ti interro­gherò e poi tu mi risponderai.

19 Il nome potrebbe essere connesso con l'inferno (propriamente il luogo in cui Giove precipitò i Titani) o con la feccia del vino, entrambi tuttora chiamati anche “tartaro” in italiano.

20 Il nome è probabilmente connesso col cibo e deriva forse dal latino “far­cio”, rimpinzarsi, o dal latino “far”, farro.

21 In latino “Lupitana genuit Lupitan” e così via. In latino la parola “lupa” indica anche la prostituta. Ne rimane traccia in italiano nella parola lupa­nare, nel senso di bordello. Certo che Marcolfo, mentre presenta sua mo­glie come figlia di buona donna (anzi di buone donne), se ne guarda bene dal dire la stessa cosa di sé: infatti parla solo dei suoi ascendenti maschi. Ci penserà però Salomone (v. pag. 37) a pareggiare i conti, quando gli dirà: “In realtà meretrice, anzi più che meretrice, è stata quella [donna] che ha generato un simile figlio”.

12 Il dialogo di Salomone e Marcolfo

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S: “Ci sono molti che sopportano la fame e tuttavia sopportano le mogli”.

M: “Un miserabile non aveva il pane e tuttavia comprò un cane”.S: “Rispondi allo stupido adeguandoti alla sua stupidità, altrimenti

crederà di aver giudizio!”M: “A ciò che ha sentito, la pietra57 risponde con l'eco”.S: “L'ira non ha misericordia e quindi chi parla mosso dall'ira,

commette il male”.M: “Non dire cattiverie al tuo amico quando sei adirato, per non

dovertene pentire una volta che ti sarai calmato”.S: “La bocca del nemico non dice la verità e in realtà dalle sua lab­

bra non risuona il vero”.M: “Chi non ti ama ti diffama; e chi vuol abbandonare il suo cane

perché ha la rabbia, gli mette un nome”.58

S: “Pondera quello che prometti, ma dai più di quanto hai promes­so!”

M: “Fai il passo lungo come l'abito!”59

S: “Se gliene dai l'occasione, il saggio crescerà in saggezza”.60

M: “Riempiti la pancia, e aggiungerai merda”.S: “La saggezza aumenta nell'uomo che l'ama”.M: “Lascia che il culo scoreggi e vibrerà da solo!”S: “Un buon pasto e un cattivo pasto sono migliorati dalle zuppe”.M: “Le zuppe rendono le bocche tenere e il culo appiccicoso”. S: “Dormi quanto basta!”M: “La pigrizia è dannosa per chi non dorme anche se può”.S: “Siamo sazi; rendiamo grazie a Dio!”

57 pietra. In latino “petra”. In alcuni codici si trova “quercus” (cioè “quer­cia”).

58 In [BEN01] il Benary riporta “qui suum canem vult perdere per rabiem, imponit illi nomen”, che ho tradotto come qui sopra. In [MAR01] tuttavia il Marini congettura che la frase originale potesse essere “non imponit illi nomen”, ipotesi che allo Ziolowski [ZI001] appare plausibile. In tal caso una possibile traduzione potrebbe essere “non gli dà un nome” o “non lo chiama col suo nome”.

59 abito. In latino “saccum” (cioè “saio”, “abito di tela di sacco”).60 Proverbi (9:9): “Da' consigli al saggio e diventerà ancora più saggio;

istruisci il giusto ed egli aumenterà il sapere”.

Dialogo 21

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S: “Mi basterebbe un onore non duraturo, se solo Dio avesse sotto­messo il mondo intero al mio potere”.73

M: “A un cagnolino non si dà tanto, quante sono le moine che fa con la coda”.

S: “Chi arriva tardi a tavola non ottiene cibo”.M: “Il ghiottone non mangia tutto”.S: “Non temere quando tua moglie è molesta con te!”M: “Quando il pastore è debole il lupo caca lana”.S: “Chi ha una moglie malvagia non può sentirsi al sicuro”.M: “Chi ha un cavallo cattivo non deve lasciarlo in ozio”.S: “I discorsi ben fatti non si addicono a uno sciocco”.M: “A un cane non si addice portare la sella”.S: “Batti i fianchi a tuo figlio finché son teneri!”74

M: “Chi bacia l'agnello, ama l'ariete”.75

S: “Il cielo quando si rannuvola vuol far piovere”.M: “Il cane quando curva la schiena76 vuole cacare”.S: “Tutti i sentieri vanno ad un'unica strada”.M: “Tutte le vene vanno a un unico culo”.S: “A un uomo buono una buona moglie”.77

M: “A un buon banchetto un buon cacare”.78

S: “Fa una buona impressione una bella moglie vicino a suo mari­to”.

M: “Fa una buona impressione una pentola piena vicino al tizzone”.S: “Fa una buona impressione una spada79 al mio fianco”.

73 Nel Primo Libro dei Re (3:13) Dio dice a Salomone: “Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria, come a nessun altro fra i Re, per tutta la tua vita”.

74 Libro di Siracide (30:12): “Piegagli il collo quando è giovane, e battigli i fianchi finché è fanciullo, perché poi intestardito non ti disobbedisca e tu ne abbia un profondo dolore”.

75 Già Petronio Arbitro (14 – 66) nel Satyricon cita il proverbio, più greve, secondo il quale “può sostenere il toro chi ha sostenuto il vitello”.

76 curva la schiena. In latino “crupitat”, da “crupa” (cioè “groppa”).77 Libro di Siracide (26:3): “Una brava moglie è davvero una fortuna, viene

assegnata a chi teme il Signore”.78 buon cacare. In latino “bonum cacare”. In alcuni codici si trova però

“bona fercula”, cioè “buone pietanze”.79 spada. Cioè l'emblema della regalità.

Dialogo 25

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Parte seconda

Capitolo primo

Un giorno il re Salomone, tornando coi suoi cacciatori e molti cani da una partita di caccia, passò per caso davanti all'abitazione del folle Marcolfo.85 Quando la gente intorno gli disse che quella era l'abitazione di Marcolfo, vi entrò a cavallo piegando la testa all'ingresso e chiese chi fosse dentro.

Marcolfo, che era seduto accanto al fuoco e sorvegliava una pentola piena di fave, rispose al Re: “Qui dentro ci sono un uomo, un mezzo uomo e una testa di cavallo; e quanto più salgono tanto più scendono”.

Al che Salomone disse: “Ma cosa dici?”Marcolfo rispose: “Io sono l'uomo intero che siede qui dentro; tu

sei il mezzo uomo che sta seduto di fuori, sul cavallo, e guarda dentro; la testa del cavallo è quella del tuo cavallo su cui sei seduto”.

Allora Salomone disse: “E chi sono quelli che salgono e scendo­no?”

Marcolfo: “Le fave che stanno bollendo nella pentola”.Salomone: “Dove sono tuo padre e tua madre, tuo fratello e tua so­

rella?”Marcolfo: “Mio padre di un danno sta facendo due danni. Mia ma­

dre sta facendo alla sua vicina ciò che lei non sarà più in grado di farle. Mio fratello siede fuori di casa e ammazza tutti quelli che trova. Infine mia sorella sta seduta nella stanza da letto e piange di ciò di cui ha riso per un anno”.

Salomone: “Che cosa significa questo?”Marcolfo: “Mio padre è nel suo campo e siccome vuole chiudere ai

passanti un sentiero, ci mette dei rami spinosi; i passanti quando arri­vano fanno due strade86 e così di un danno ne fanno due. Mia madre chiude gli occhi alla sua vicina che sta morendo e che non potrà più fare a lei la stessa cosa. Mio fratello sta seduto fuori di casa, al sole, coi vestiti stesi davanti a sé,87 e tutti i pidocchi che trova li ammazza. Per

85 Nella prima parte del racconto (v. pag. 11) Marolfo era arrivato da oriente solo con la moglie. Ora invece abita non lontano dalla corte con madre, padre, fratello e sorella.

86 Cioè passano a destra e a sinistra dei rami spinosi.87 “Extendendo le sue pelle e vestimente”, è tradotto nel “Dialogo … intitu­

lato Salomone e Marcolpho” [LAM01].

28 Il dialogo di Salomone e Marcolfo

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finire mia sorella in passato ha fatto l'amore con un ragazzo, e fra giochi e dolci palpatine e seducenti baci, adesso che è incinta piange di ciò che allora rideva”.

Capitolo secondo

Al che Salomone disse: “Bene queste cose. Ma da dove arriva que­sta astuzia, contadino?”

Marcolfo: “Ai tempi di tuo padre Davide, quando eri bambino, un giorno i medici di tuo padre presero un avvoltoio per preparare delle medicine; e mentre usarono le sue membra per le loro necessità, tua madre Bersabea prese il suo cuore e, dopo averlo posato su una crosta di pane, lo mise sul fuoco e te lo diede da mangiare; e a me, che allora ero nella cucina, buttò la crosta. Dunque mangiai la crosta inzuppata del grasso dell'avvoltoio; da questo, così spero, a me è venuta questa astuzia, come a te, per aver mangiato il cuore, è venuta la saggezza”.

Salomone: “Così possa Dio aiutarti! A me Dio apparve a Gabaon e mi colmò di saggezza”.88

Marcolfo: “Si dice che siano saggi alcuni che si ritengono scioc­chi”.

Salomone: “Non hai sentito quali ricchezze mi ha donato Dio oltre alla saggezza?”89

Marcolfo: “L'ho sentito. So infatti che dove vuole Dio, lì piove!”

88 Nel Primo Libro dei Re Dio apparve in sogno a Salomone, che si era re­cato a Gabaon per offrigli sacrifici e, dopo avergli chiesto che cosa desi­derasse e aver udito la sua risposta, gli disse (3:11-3:13): “Perché hai do­mandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discer­nimento per ascoltare le cause, ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te. Ti do pure ciò che non hai domandato: ricchezze e gloria, cosicché fra i Re non vi sarà nessuno come te, per tutti i giorni della tua vita”.

89 V. nota precedente.

Capitolo terzo 29

*** TESTO RIMOSSO ***

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Fine del codice S

… Il re Salomone arrossendo chiese a Marcolfo, promettendogli e concedendogli la grazia, di entrare alla sua corte.

Fine del codice S 47

*** TESTO RIMOSSO ***

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… Marcolfo, uscito dal forno, andò a casa e poi entrò alla corte del Re e vi rimase.

E quando, in una certa occasione, la regina etiope di Salomone, che egli molto amava e per la quale disprezzava Dio e si era allontanato da Dio e sacrificava agli idoli che lei adorava;101 accadde, in una certa occasione, che un Re pagano, ma vicino del re Salomone, arrivando da lui come ospite, commise adulterio con la moglie del re Salomone e si mise d'accordo con lei per portarla via dal Re. Marcolfo, considerando l'infedeltà di quella regina etiope, riferì la cosa a Salomone. Salomone, adirato con Marcolfo e non credendogli, lo coprì d'insulti.

Marcolfo: “Non mi credi? Riguardo a ciò vedrai e udrai cose sor­prendenti, con dolore del tuo cuore”.

In realtà la moglie, in base all'accordo col Re pagano, cadde malata e, con l'inganno, diventò come morta.

Marcolfo, che aveva capito il misfatto, riferì a Salomone: “Niente si può ritenere sicuro con una moglie. Non è malata, ma sana; non morta, ma viva”.

Salomone, di nuovo adirato, disse: “Menti in modo pessimo”.

Marcolfo: “Non mento, ma ti proverò la verità di questa cosa”.

Salomone: “Come … vuoi provarla?”

Marcolfo: “Mi si dia del piombo”.

E, ricevuto il piombo, lo fece liquefare col fuoco e, dopo averle steso le palme delle mani, vi versò il piombo in modo tale da perforare le mani da entrambe le parti.102 Quella, in realtà, come se non sentisse alcun dolore, non mosse un membro.

Marcolfo disse: “Te lo proverò di sicuro, e lo vedrai; ma tardati un po'”.

Quando la Regina fu posta nel sepolcro, i suoi valletti, come lei aveva prima richiesto, fecero un'apertura nel sepolcro, per permetterle di respirare. Il re Salomone, adirato per la morte della moglie, prima del tramonto si coricò.

Marcolfo, durante il crepuscolo, arrivò da lui segretamente e gli disse: “Alzati e vedrai che tua moglie è viva, e così io intendo provarti la verità”.

101 Ho lasciato la costruzione di questa frase e della successiva così com'è in latino, contorta e zoppicante dal punto di vista sintattico.

102 da entrambe le parti. Cioè “da una parte all'altra”.

48 Il dialogo di Salomone e Marcolfo

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DIALOGUS SALOMONIS ET MARCOLPHI

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Pars I

Prologus

Cum staret rex Salomon super solium Dauid, patris sui, plenus sa­piencia et diuicijs, vidit quendam hominem Marcolfum nomine a parte orientis venientem, valde turpissimum et deformem, sed eloquentissi­mum. Vxorque eius erat cum eo, que eciam nimis erat terribilis et rusti­ca. Cumque eos rex pariter conspectui suo exhiberi iussisset, stabant ambo ante eum se mutuo conspicientes.

Statura itaque Marcolfi erat curta et grossa. Caput habebat grande; frontem latissimum, rubicundum et rugosum; aures pilosas et vsque ad medium maxillarum pendentes; oculos grossos et lipposos; et labium subterius quasi caballinum; barbam sordidam et fetosam quasi hirci; manus truncas; digitos breues et grossos; pedes rotundos; nasum spis­sum et gibbosum; labia magna et grossa; faciem asininam; capillos ve­luti sunt spinule ericiorum; calciamenta pedum eius rustica erant nimis; et cingebat renes eius dimidius gladius; vaginam quoque mediam habe­bat crepatam et in summo capite repalatam; capulum de tilia factum erat et cum cornu hircino ornatum. Vestimenta coloris turpissimi, pan­niciosa104 atque rugosa: pelles curte, tunica vsque ad nates. Calige repa­gulate.

Uxor quoque eius erat pusilla et nimis grossa cum grossis mammis. Comam habebat spinosam; supercilia setosa quasi dorsum porcinum, barbam ut hircus, aures asininas, oculos lippos, aspectum colubrinum, carnem rugosam et nigram; et musca de plumbo ornabat grossas mam­mas eius; digitos habebat grossos et breues, ornatos annulis ferreis; na­tes valde grandes; tybias breues et grossas in modum vrse pilosas. Tu­nica eius erat pilosa et diruta; calciamenta fissa et crepata. De tali qui­dam juuenis dixit versus:

Femina deformis tenebrarum subdita formis Cum turpi facie transeat absque die.Est mala res multum turpi concedere cultum, Sed turpis nimium turpe ferat vicium.

Dialogus

Rex vero Salomon, cum eos conspexisset, sic orsus est dicens: “Qui

104 panniciosa. Il Benary in [BSN01] ipotizza che stia per “pannosa”. Dunque gli abiti di Bertoldo sarebbero stati “cenciosi”.

Dialogus 55

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estis vel vnde est genus vestrum?” Marcolfus respondit: “Dic tu nobis prius geneologiam tuam et pa­

trum tuorum; et tunc indicabo tibi genus nostrum”. Salomon dixit: “Ego sum de duodecim generacionibus propheta­

rum: Judas genuit Phares; Phares genuit Esrom; Esrom genuit Aram; Aram genuit Aminadab; Aminadab genuit Naason; Naason genuit Sal­mon; Salmon genuit Boos; Boos genuit Obed; Obed genuit Ysay; Ysay genuit Dauid regem; Dauid autem rex genuit Salomonem, et ego sum Salomon rex.”

Marcolfus respondit: “Et ego sum de duodecim generacionibus ru­sticorum: Rusticus genuit Rustan; Rustan genuit Rusticium; Rusticius genuit Rusticellum; Rusticellus genuit Tartan; Tartan genuit Tartol; Tartol genuit Farsi; Farsi genuit Farsol; Farsol genuit Marcuil; Marcuil genuit Marcuart; Marcuart genuit Marcol; Marcol genuit Marcolfum, et ego sum Marcolfus follus.

Uxor vero mea de duodecim generacionibus lupitanarum: Lupitana genuit Lupitan; Lupitan genuit Ludibrut; Ludibrut genuit Bonstrut; Bonstrut genuit Boledrut; Boledrut genuit Ploidrut; Ploidrut genuit Lor­dan; Lordan genuit Curtan; Curtan genuit Curticellam; Curticella genuit Cuculam; Cucula genuit Politam; Polita genuit Politanam, et hec est Politana, vxor mea”.

Salomon dixit: “Audiui te esse verbosum et callidum, quamuis sis rusticus et turpis. Quamobrem habeamus inter nos altricacionem. Ego te interrogabo, tu vero subsequens responde michi”.

Marcolfus respondit: “Qui male cantat, primus incipit”.

56 Il dialogo di Salomone e Marcolfo

*** TESTO RIMOSSO ***

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M: “Prande quod habes et uide quid remaneat”. S: “Multi sunt qui famem sustinent et tamen sustinent vxores”. M: “Miser homo panem non habebat et tamen canem comparabat”. S: “Responde stulto iuxta stulticiam suam, ne sibi uideatur esse sa­

piens!” M: “Petra quod audit, illi respondet echo”. S: “Ira non habet misericordiam, et ideo: qui per iram loquitur, per­

petrat malum”. M: “Ne dicas amico tuo malum iratus, ne postea penitearis placa­

tus”. S: “Os inimici non loquitur veritatem, nec verum labia eius perso­

nabunt”. M: “Qui te non amat, ipse te diffamat; et qui suum canem vult per­

dere per rabiem, imponit illi nomen”. S: “Considera que promittis, sed plenius quam promiseris presta!” M: “In quantum habes longum saccum, tende pedem!”S: “Da sapienti occasionem, et addetur ei sapiencia”.M: “Infarcire ventrem, et addetur tibi merda”. S: “Qui amat sapienciam, additur illi”. M: “Laxa culum pedere, et ipse concuciet se”.S: “Bonum conuiuium malumque conuiuium suppis decoratum”. M: “Suppe faciunt teneras buccas et culum viscosum”. S: “Quod satis est dormi!” M: “Cui licet et non dormit, pigricia nocet illi”.S: “Sacietate repleti sumus; referamus deo gracias!”

62 Il dialogo di Salomone e Marcolfo

*** TESTO RIMOSSO ***

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S: “Sufficeret michi temporaneus honor, si tantummodo deus vni­uersum orbem terrarum mee dicioni subiugasset”.

M: “Non tantum datur catello, quantum blanditur cauda sua”.S: “Qui tarde venit ad raensam, suspensus est a cibo”. M: “Gluto non comedit totum”. S: “Cum molesta tibi fuerit uxor tua, ne timeas!” M: “Molli bergario lupus caccat lanam”. S: “Qui habet malam vxorem, non potest securus esse”.M: “Qui habet caballum prauum, non debet eum lassare ociosum”. S: “Non decent stulto composita verba”. M: “Non decet canem sellam portare”. S: “Tunde latera filij tui, dum tenera sunt!”M: “Qui osculatur agnum, amat arietem”. S: “Celum quando imbilat, pluuiam facere vult”. M: “Canis quando crupitat, cacare vult”. S: “Omnes semite ad vnam viam tendunt”. M: “Omnes vene ad vnum culum tendunt”. S: “A bono homine bona mulier”. M: “A bono conuiuio bonum cacare”. S: “Bene decet uxor pulchra iuxta virum suum”. M: “Bene decet olla plena iuxta ticionem”.S: “Bene decet gladius honestus iuxta latus meum”.

Dialogus 65

*** TESTO RIMOSSO ***

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Pars II

Caput I

Igitur rex Salomon quadam die cum venatoribus suis et multis co­pulis canum de venacionis prosecucione rediens forte transibat ante ho­spicium Marcolfi folli. Cui cum dictum fuisset a circumstantibus ibi esse hospicium Marcolfi folli, diuertit illuc cum equo suo et inclinato capite sub limine hostij requisiuit quis intus esset.

Marcolfus vero ad focum sedens et ollam plenam fabis custodiens respondit regi: “Hic intus est homo et dimidius homo et caput equi; et quanto plus ascendunt, tanto plus descendunt”.

Ad hec Salomon ait: “Quid hoc est quod dicis?”Marcolfus respondit: “Homo integer ego sum intus sedens; dimi­

dius vero homo tu es super equum extra sedens et intus prospiciens; caput equi caput est tui caballi super quem sedes”.

Tunc Salomon dixit: “Qui sunt ascendentes et descendentes?” Mar­colfus: “Fabe in olla bulientes”.

Salomon: “Vbi sunt tuus pater et tua mater, tuus frater et tua soror?”

Marcolfus: “Pater meus facit de vno dampno duo dampna. Mater vero mea facit sue vicine quod ipsa ei amplius non faciet. Frater autem meus extra domum sedens quicquid invenit occidit. Soror denique mea in cubiculo sedens plorat risum annotinum”.

Salomon: “Quid ista significant?”Marcolfus: “Pater meus in campo est suo et semitam transeuncium

occupare cupiens spinas in semitam ponit, hominesque venientes duas uias faciunt, et ita facit de vno dampno duo dampna. Mater vero mea claudit oculos morientis vicine sue, quod ipsa vicina ei amplius non fa­ciet. Frater autem meus extra domum sedens ad solem et pelliculas suas ante se tenens pediculos quos invenit omnes occidit. Soror denique mea preterito tempore quendam iuuenem adamauit, et inter ludicra et molles tactus et basia viciata quod tunc risit modo pregnans plorat”.

Caput II

Ad hec Salomon: “Bene istud,” inquit, “sed, o rustice, vnde tibi ista versucia?”

Marcolfus: “Tempore Dauid, patris tui, cum esses infantulus, medi­

Caput II 67

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ci patris tui quadam die pro agendis medicinis vnum uulturem accepe­runt; et dum singula membra suis necessitatibus expendissent, Bersabe, mater tua, cor illius accepit et super crustam panis ponens in igne as­sauit ac tibi comedere dedit, michique, qui tunc in coquina eram, cru­stam proiecit. Ego vero ipsam crustam adipe uulturis perfusam comedi; et inde ut spero michi hec versucia evenit, sicut et tibi pro cordis come­stione sapiencia”.

Salomon: “Sic te deus adiuuet! in Gabaon michi apparuit deus et ipse repleuit me sapiencia”.

Marcolfus: “Talis dicitur esse sapiens qui ipse habet se pro stulto”.Salomon: “Nonne audisti, quales diuicias donauit michi deus super

ipsam sapienciam?”Marcolfus: “Audiui. Scio enim quod ubi vult deus ibi pluit”.

68 Il dialogo di Salomone e Marcolfo

*** TESTO RIMOSSO ***

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Finis codicis S

…. Rex vero Salomon cum magno rubore Marcolfum petiuit pro­mittens et dans sibi graciam, vt intraret curiam eius.

…. Marcolfus vero de fornace descendens domum suam iuit et post hoc in curia[m] regis intrauit ac permansit.

111 V. pagina 63.112 V. pagine 61 e 66.

Finis codicis S 83

*** TESTO RIMOSSO ***

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Cumque quadam vice regina Salomonis ethiopica, quam multum diligebat et propter quam deum spernebat ac a deo recesserat idolisque que ipsa colebat propter eam illis sacrificabat, contingit quadam vice quod quidam rex paganus sed vicinus regis Salomonis, veniens ad eum quasi hospes, concubuit cum vxore regis Salomonis in adulterio et cum ea condictauit, quod eam a rege apportaret. Marcolfus vero considerans nequiciam illius ethiopice regi[ne] retulit Salomoni. Salomon iratus ad Marcolfum et ei non credens eum verbis obruit.

Marcolfus: “Michi hoc non credis? De re videbis et audies mirabilia cum dolore cordis tui”.

Illa vero iuxta condictamen cum rege pagano infirmam se fecit et in fraude facta tanquam mortua.

Marcolfus sciens nequiciam retulit Salomoni: “Nil tutum creden­dum est mulieri. Non infirma est sed sana, non mortua sed viua”.

Salomon iterum iratus dixit: “Mentiris, pessime nequam".Marcolfus: “Non mencior, sed rei veritatem probabo”.Salomon: “Quomodo …. vis probare?”Marcolfus: “Detur mihi de plumbo”.Et accipiens plumbum liquefecit per ignem extendensque palmam

ipsius plumbum fudit, ita quod ad vtramque partem manus plumbum perforauit. Illa vero tanquam nullam penam sentiret nec aliquo menbro mouit.

Marcolfus dixit: “Ad[h]uc ego probabo certius, tuque videbis, sed modicum sustine”.

Cum iam regina ad sepulcrum poneretur, camerarij ipsius vnum fo­ramen in sepulcro fecerunt, vt anhelitum haberet, sicud prius deman­dauerat. Rex Salomon iratus de morte vxoris sue ante occasum solis in cubiculo se collocauit.

Marcolfus in crepusculo ad eum secreto venit eique dixit: “Surge et videbis quod vxor tua vivit, si[c]que tibi volo de veritate probare”.

84 Il dialogo di Salomone e Marcolfo

*** TESTO RIMOSSO ***